Microsap Linear - Manuale d’Uso [Rel.12.3 ed.]

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MICROSAP REL.12.3 LINEAR

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Formato del File Dati

IV FORMATO DEL FILE DATI

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IV-1

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IV-2

Formato del File Dati

IV.1

STRUTTURA DEL FILE E LINEE DI CONTROLLO

L’input per il solutore Microsap è organizzato su tre livelli: • • •

Livello Iniziale Livello di Processore Livello di Modulo o Comando

Al lancio del solutore l’utente entra nel Livello Iniziale. A questo livello avviene l’esecuzione automatica di alcune funzioni base (riconoscimento e test dell’ambiente hardware e software, riconoscimento delle autorizzazioni ad eseguire il programma, inizializzazioni), ma soprattutto da qui può iniziare l’esecuzione dei diversi Processori. I Processori sono dei veri e propri programmi indipendenti che eseguono un compito specifico, in genere descritto attraverso una serie di linee dati e alla loro conclusione ritornano al Livello Iniziale che può quindi lanciare l’esecuzione di un altro processore, fino al processore di termine esecuzione del solutore ($END). Il lancio di un processore avviene con l’input di una particolare linea dati che contiene il nome identificativo del processore ed eventualmente una serie di parametri. I nomi dei processori si distinguono dall’iniziale, che è sempre $ (ad es., $INPUT, $SOLU, $END, ecc.). Entro un processore possono in genere essere eseguiti differenti Moduli o Comandi, vale a dire differenti funzioni. Nel seguito i nomi “Modulo” e “Comando” sono dei sinonimi. Ciascun modulo è contraddistinto da un nome che inizia sempre con un carattere alfabetico diverso da $. Un modulo di norma richiede l’input di un certo numero di linee dati. Viceversa, il processore può non possedere alcun modulo ed eseguire solo la sua funzione standard che può anche richiedere delle linee dati. Ad esempio, entro il processore $INPUT è sempre presente una funzione standard per l’input dei dati generali e delle coordinate dei nodi, che è indipendente dal problema da risolvere. Oltre ad essa possono però essere eseguiti i moduli TRUSS, BEAM, ecc., a seconda che il problema preveda l’input di elementi Truss, Beam, ecc. Un file di input per il Microsap contiene quindi una serie di linee di controllo che provocano l’esecuzione dei diversi processori e tra queste, una seconda serie di linee di controllo per l’esecuzione dei diversi moduli entro il processore e delle linee con dati numerici. La soluzione di un problema può essere interamente contenuta in un unico file dati oppure può anche essere conveniente suddividere la soluzione in più esecuzioni con diversi file dati. Un caso tipico può essere l’esecuzione del processore $INPUT che prepara il database del problema e l’esecuzione separata del processore $SOLU che effettua la soluzione dell’intero problema o una parte di esso. I file di input del Microsap sono di norma generati attraverso un pre-processor fornito col programma o da un applicativo specifico per il calcolo strutturale di particolari tipologie di problemi (edifici civili in c.a., strutture industriali in acciaio, strutture meccaniche). Il modulo $INPUT richiede l’assegnazione delle linee dati che descrivono il problema. Nel caso di problemi semplici esso può essere preparato direttamente dall'utente con un qualunque programma di trattamento testi. Gli altri processori richiedono in genere l’assegnazione di pochi dati.

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Il nome del processore o del modulo che deve essere eseguito è sempre di lunghezza inferiore a sedici caratteri. Esso deve essere scritto ad iniziare dalla prima posizione nella riga e può essere seguito da una serie di parametri. La linea di controllo contenente il nome del processore o del modulo è di norma seguita da una serie di linee dati che sono lette durante l’esecuzione del processore.

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IV-4

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IV.2

IL LIVELLO INIZIALE

Quando il programma inizia l'esecuzione sono effettuate le seguenti operazioni: • E' ricercata, nel file dati, la linea di controllo contenente il nome del processore da eseguire o il nome di uno dei comandi standard eseguibili entro il Livello Iniziale. • E' eseguito il processore indicato, che leggerà le eventuali linee dati che seguono la linea di controllo. Un processore può eseguire una sequenza prefissata di comandi oppure no. In ogni caso, con la sola esclusione di $END, l’uscita dal processore deve essere effettuata col comando FINISH. La tabella seguente contiene la lista dei diversi processori eseguibili al Livello Iniziale nell’attuale release dei Microsap.

Processore $INPUT $SOLU [parametri] $MSPOST $END Altri Comandi

Funzione Costruzione del database (file nome.MDB). Input dati del problema. Soluzione del problema Post-Processing con interfaccia alfanumerica Termine esecuzione del solutore Interpretazione diretta di diversi comandi di sistema (v. tab.VI.2.1-1)

Linee Dati

• •

Tab.IV.2-1. Comandi Principali Eseguibili al Livello Iniziale

Note. • Il Livello Iniziale, oltre ad eseguire i processori elencati, può esso stesso interpretare ed eseguire direttamente alcuni comandi elementari di sistema (copia di file, rename, ecc.). Alcune di queste funzioni sono anche disponibili attraverso il processore $DOS. La differenza è che in quest’ultimo caso i comandi di sistema sono eseguiti attraverso la Shell DOS. • Il processore $INPUT ha la funzione di costruire il database nome.MDB del problema. Ogni problema è contraddistinto da un nome (“nome lavoro”) e prima di poter essere eseguito richiede la costruzione del file .MDB. In uno stesso file dati per il solutore vi possono essere più comandi $INPUT, per la costruzione di più database di problemi con nomi differenti. $INPUT effettua la lettura delle linee dati che descrivono sia la struttura sia gli ingredienti necessari per effettuare le soluzioni previste. In genere le analisi da eseguire richiedono la costruzione una-tantum di un file .MDB ed eventualmente più comandi di soluzione $SOLU. Il file binario .MDB contiene in effetti le stesse informazioni presenti nelle linee dati, sebbene in una forma rielaborata e più idonea per le successive soluzioni. Contrariamente alle release lineari precedenti del

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Microsap, le fasi di input, check preliminare, output, e soluzione sono ora del tutto separate. Durante la fase di soluzione il programma ha necessità di accedere numerose volte al database in modo efficiente. Questa è la ragione per cui è necessaria la costruzione del file .MDB • Il processore $SOLU provoca l’effettiva esecuzione delle analisi. Nell’attuale release $SOLU procede alla soluzione automatica in sequenza di tutte le analisi descritte nel database .MDB. Le release future potrebbero prevedere la soluzione separata delle diverse analisi e la possibilità di restart. La funzione di restart è utile nei casi di analisi nonlineari impegnative. Attualmente $SOLU non prevede la lettura di linee dati, ma solo il comando di uscita FINISH. Tuttavia nelle release future il processore potrà accettare la definizione di casi di carico separati o di analisi particolari descritte con opportune linee dati. Opzionalmente la linea $SOLU può accettare come parametro il nome del file eseguibile del processo esterno. La soluzione può infatti avvenire entro lo stesso processo che ha lanciato il solutore oppure entro un processo esterno indipendente. Per default questo è MSPSOL.EXE. L’utente può tuttavia cambiare questo nome (v. note alle linee dati del modulo SOLVE). Esempio: $SOLU $SOLU MSPSOL $SOLU MSPSOL.EXE Le linee precedenti sono equivalenti e, se è richiesta la soluzione con processo esterno, è lanciato MSPSOL.EXE. $SOLU SOLU $SOLU,SOLU.EXE $SOLU , SOLU.exe Le linee precedenti sono equivalenti e, se richiesta la soluzione con processo esterno, è lanciato SOLU.EXE. Ovviamente l’utente dovrà rinominare MSPSOL.EXE in SOLU.EXE. • Il processore $MSPOST permette di eseguire una sessione di Post-Processing con semplici comandi alfanumerici. $MSPOST può essere eseguito sia nello stesso file di input della soluzione oppure con un file di input separato. Questo processore è utilizzato principalmente per estrarre i risultati di calcolo dal file .RST generato da $SOLU. Il Microsap possiede una libreria di routine API (dll) che possono essere richiamate all’interno di un programma dell’utente. $MSPOST fornisce un’interfaccia alternativa semplificata alle stesse routine, con potenzialità analoghe. • Il processore $END provoca l’uscita dal Livello Iniziale ed il termine dell’esecuzione del Microsap. Eventuali linee entro il file dati seguenti $END sono ignorate. Essa è generalmente l’ultima linea dati del file.

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IV.2.1 Altri Comandi Eseguibili a Livello Iniziale Oltre a consentire l’esecuzione dei processori elencati in tabella IV.2-1, il livello iniziale può anche elaborare una serie di comandi di sistema o può mandare in esecuzione programmi esterni direttamente senza l’intervento della shell di sistema CMD.exe. La tabella IV.2.1-1 elenca i comandi direttamente eseguibili a livello iniziale e la loro sintassi. Comando

Funzione

!commento /commento RENFILE “old filename” “new filename” DELFILE “file path” CHNGDIR “directory path” DELDIR “directory path” MAKEDIR “directory path” RUNFILE “filename” “command line arguments” WRKDIR “directory path” WRKNAM “workname” CMD linea di comando

Linea di commento Linea di commento Linea di commento Cambia nome al file o copia su diversa cartella Cancella uno o più files Cambia indirizzario corrente Cancella indirizzario Crea nuovo indirizzario Esegue un programma esterno Cambia l’indirizzario di lavoro Microsap Cambia il nome lavoro corrente Microsap Esegue un comando dell’interprete CMD.exe

Tab.IV.2.1-1. Altri Comandi Direttamente Eseguibili al Livello Iniziale

Note. • I parametri di ogni comando sono racchiusi tra virgolette ed eventualmente distanziati con uno o più caratteri (ad es. spazi bianchi). La mnemonica dei comandi deve però iniziare dalla prima colonna ed essere in maiuscolo. Fa eccezione CMD in cui la linea comando non è racchiusa tra virgolette. L’intera linea non può superare i 127 caratteri, compresa la mnemonica. I comandi non possono essere assegnati entro le linee dati dei moduli Microsap, ma possono essere inseriti prima e dopo e anche come linee iniziali del file dati. • Se la linea è tutta bianca oppure inizia col carattere “!” oppure “/” essa è considerata una linea di commento. • RENFILE accetta il path completo. Se il path è diverso, ma sullo stesso disco, è effettuata la copia da una directory all’altra. • DELFILE accetta wildcards per cancellare più files contemporaneamente. • CHNGDIR, MAKEDIR e DELDIR sono le funzioni standard del sistema operativo e non modificano alcuna variabile entro il solutore. • RUNFILE manda in esecuzione il programma assegnato col primo parametro e con eventuali argomenti specificati col secondo parametro. E’ aperto un nuovo processo e il solutore è sospeso temporaneamente fino alla completa esecuzione del nuovo programma. Microsap Rel.12.3

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• WRKDIR modifica il nome della directory di lavoro del Microsap ed esegue CNGDIR per cambiare fisicamente la directory corrente. Deve essere eseguito prima di una nuova esecuzione del processore $INPUT entro lo stesso file dati contenente più lavori. • WRKNAM modifica il nome del lavoro corrente Microsap. Permette di cambiare i nomi dei file generati dal solutore per il lavoro seguente. Deve essere eseguito prima di una nuova esecuzione del processore $INPUT entro lo stesso file contenente più lavori. In caso contrario, il nuovo lavoro riscriverà i file di quello precedente, a meno che non sia eseguito WRKDIR. • Il comando CMD lancia l’interprete di comandi di sistema CMD.exe ed esegue il comando indicato nel seguito della linea, con la stessa sintassi voluta da CMD.exe. • Tutti i comandi possono generare un codice di errore n.78, con esclusione di DELFILE che non genera mai alcun errore.

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IV.2.2 Esecuzione di Più Lavori Entro lo Stesso File Dati La linea di comando per l’esecuzione del solutore è della forma: MSP32.EXE nome processore, file input, file output /direttive Nel solutore in versione libreria Dll l’esecuzione avviene richiamando la routine: MSP_Execute(Loc1,Loc2,Loc3) in cui Loc1 è il puntatore all’indirizzo di memoria contenente la stringa “nome processore, file input, file output /direttive” nome processore = nome del processore dal quale inizia l’esecuzione del file di input. Entro il file di input viene ricercata la prima linea contenente il nome processore e da questo punto inizia l’esecuzione. Le linee precedenti sono ignorate. In genere il nome processore è $INPUT. Il nome processore può essere omesso (oppure può essere bianco). La virgola di separazione, prima di file input deve essere presente. In questa situazione l’interpretazione del file dati inizia dalla prima linea, che non necessariamente deve essere $INPUT. E’ infatti possibile eseguire uno o piu comandi tra quelli dell’elenco di tab.IV.2.11, ad esempio per cambiare il nome lavoro, la directory di lavoro o altro. Lo stesso file può contenere l’esecuzione completa di più lavori, sulla stessa cartella o su cartelle separate. Per default il nome dei file di lavoro e la directory di lavoro coincidono col nome e directory del file di input. E’ comunque possibile, prima dell’esecuzione di $INPUT, riassegnare il nome lavoro e/o l’indirizzario di lavoro.

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IV.3

COSTRUZIONE DEL DATABASE - IL PROCESSORE $INPUT.

L’esecuzione del processore $INPUT permette la costruzione del file binario .MDB (Microsap DataBase), contenente la completa descrizione della struttura e dei dati occorrenti per effettuare le analisi previste. Il processore richiede sempre la assegnazione di linee dati standard, qualunque sia la struttura e le analisi da effettuare (titolo, coordinate dei nodi, ecc.) seguite da altri blocchi di dati che dipendono dalle caratteristiche del modello strutturale (tipi di elementi utilizzati nella schematizzazione) e dal tipo di analisi richieste (statica, dinamica, lineare, nonlineare). Questi altri blocchi sono elaborati in moduli di programma separati che sono attivati da una particolare linea di controllo contenente il nome del modulo (comandi BOUND, TRUSS, ecc). Ciascun modulo richiede la lettura di un numero più o meno elevato di linee dati di tipo generalmente numerico). La tabella IV.3-1 contiene l’elenco dei moduli o comandi eseguibili entro $INPUT. La descrizione e la sintassi di ogni linea dati di ciascun modulo sono trattate in un capitolo separato. Comando

Significato

BOUND

Assegnazione titolo, dati generali, coordinate nodali e codici di vincolo. Linee dati sempre lette all’inizio dell’esecuzione di $INPUT. Assegnazione di un gruppo elementi Boundary.

TRUSS

Assegnazione di un gruppo elementi Truss.

BEAM

SOLID

Assegnazione di un gruppo elementi Beam. Assegnazione di un gruppo elementi Plane, assialsimmetrici, plane strain, plane stress, membranali. Assegnazione di un gruppo elementi solidi Brick.

SHELL

Assegnazione di un gruppo elementi lastra/piastra Shell.

SOLVE

Assegnazione parametri di soluzione step di carico.

EIGEN FINISH

Assegnazione dati per analisi modale e spettro di risposta Comando di uscita dal processore $INPUT

Standard

PLANE

Linee Dati

• • • • • • • • •

Tab.IV.3-1. Comandi Eseguibili dal Processore $INPUT

Note. • Qualunque problema richiede sempre la assegnazione dei dati standard. Per questa ragione $INPUT procede obbligatoriamente alla lettura di una serie iniziale di linee dati non contraddistinte da uno specifico comando (titolo del problema, coordinate dei nodi, ecc.). Tutti i comandi sono seguiti da una o più linee dati. • I comandi da BOUND a SHELL seguono sempre le linee iniziali dei dati standard, ma possono essere eseguiti in qualunque ordine. La struttura può essere composta da più gruppi elementi di diverso tipo. Tuttavia, per uno stesso tipo di elemento, possono essere formati più gruppi. Questi comandi costruiscono su .MDB le caratteristiche dei gruppi di elementi del modello.

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• Il comando SOLVE deve seguire i comandi relativi ai gruppi elementi. SOLVE non esegue la soluzione del problema ma si limita a conservare nel database .MDB le informazioni necessarie alle soluzioni previste. • Il comando EIGEN, se richiesto, deve seguire SOLVE. Le linee dati da esso elaborate conterranno le informazioni che saranno utilizzate nel caso di una eventuale esecuzione di analisi dinamica modale.

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IV.4

STRUTTURA DEL FILE DATI: ESEMPIO.

Si supponga di dover risolvere un problema statico per una struttura composta da tre gruppi di elementi: il primo gruppo è costituito da elementi Boundary, il secondo da elementi Shell ed il terzo ancora da elementi Shell ma con differenti caratteristiche. Il file dati sarà quindi strutturato come segue: $INPUT ingresso nel processore $INPUT •  •  linee dati standard lette dal processore $INPUT •  BOUND  • •  linee dati lette dal modulo BOUND del processore $INPUT (1° gruppo elem.)  • SHELL •  •  linee dati lette nel modulo SHELL del processore $INPUT (2° gruppo elem.) •  SHELL •  •  linee dati lette nel modulo SHELL del processore $INPUT (3° gruppo elem.) •  SOLVE  • •  linee dati lette nel modulo SOLVE del processore $INPUT •  FINISH commando di uscita dal processore $INPUT e ritorno al Livello Iniziale $SOLU ingresso nel processore $SOLU e soluzione del problema FINISH comando di uscita dal processore $SOLU e ritorno al Livello Iniziale $MSPOST ingresso nel processore $MSPOST e output risultati •  •  comandi del processore $MSPOST •  FINISH commando di uscita dal processore $MSPOST e ritorno al Livello Iniziale $END comando di uscita dal Livello Iniziale e fine esecuzione del solutore

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IV.5

FORMATO DELLE LINEE DATI.

Le linee dati del problema sono scritte in formato libero. Ogni linea dati è composta da una serie di campi numerici, caratteri di separazione e da un eventuale commento. Una linea dati può contenere un massimo di 240 caratteri. Il numero dei campi numerici ed il loro significato dipende dalla linea dati: la loro descrizione sarà contenuta nei prossimi capitoli. Un campo numerico è costituito da un valore numerico intero o reale, preceduto e seguito da un qualunque numero di spazi bianchi. Tra le cifre che compongono il numero non è però consentito interporre spazi bianchi. Il carattere di separazione dei campi può essere, indifferentemente, la virgola o lo spazio bianco. Entrambi questi caratteri possono sussistere nella stessa linea. Al termine dell'introduzione dei valori, su ogni linea è possibile aggiungere un commento: questo deve essere preceduto dal carattere "/". Eventuali valori non assegnati, sono considerati come 0 (zero). In quanto segue, i termini "valore zero" e "valore nullo" saranno considerati sinonimi, per indicare una quantità uguale a zero. Per introdurre un campo nullo tra campi non nulli, l'operatore può perciò scrivere due virgole senza alcun valore tra esse. Se i campi nulli non sono seguiti da alcun campo non nullo, ma occupano le ultime posizioni nella linea, essi possono essere ignorati. Come caso limite, se tutti i campi della linea sono nulli, l'utente lascerà semplicemente una linea bianca, o scriverà solamente il commento. Il programma consente l'uso di fattori di ripetizione per campi con lo stesso valore. Se n campi successivi hanno lo stesso valore c, l'operatore può introdurli come n*c. Se c è uguale a zero (n valori nulli), può anche scrivere: n*. Come già detto, nelle linee dati del problema è fatto uso di tre tipi di valori: numerici interi, numerici reali e alfanumerici. E' un intero, ad esempio, il numero di nodi della struttura. E' viceversa un numero reale la coordinata X del nodo. E’ alfanumerico il titolo del problema. Nei prossimi capitoli, dedicati alla descrizione dettagliata delle linee dati dei diversi processori, i campi interi saranno identificati con “I”, quelli reali con “R” e quelli alfanumerici con “A”. Pur non essendovi alcun limite alla larghezza di un campo numerico e in genere al numero di cifre del valore in esso introdotto, esistono tuttavia, per i due tipi di quantità, alcune restrizioni e peculiarità che saranno esaminate in dettaglio.

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IV.5.1 Costanti Intere Possono essere assegnati interi con segno (il segno + è facoltativo) compresi tra i valori -2147483647 e +2147483647 (interi di 4 bytes).

IV.5.2 Costanti Reali Per l'input dei dati reali sono utilizzate esclusivamente quantità in doppia precisione (reali di 8bytes). Una costante reale è costituita da un segno (il segno + è facoltativo) seguito da una parte intera, un punto decimale, una serie di cifre decimali e una parte esponenziale opzionale. La parte intera e quella decimale sono formate da una o più cifre. Tanto la parte intera quanto la parte decimale (ma non entrambe) possono essere omesse. La parte esponenziale è formata dalla lettera "E" o "e" seguita da un intero con segno compreso tra -308 e +308 (esponente). La parte esponenziale indica che il precedente valore è moltiplicato per 10 elevato all'esponente che segue la lettera "E". Sono ritenute fino ad un massimo di 16 cifre significative. Rappresentando il numero con più di 16 cifre significative si ha arrotondamento. Nel seguito sono indicati alcuni modi per scrivere lo stesso valore 123.456: 123.456 123.456E0

+12.3456E1 1234.56E-1

.123456E+3 +.01234560E+04 123456.E-3 1234560E-4

IV.5.3 Esempio di Scrittura di una Linea Dati Sia da scrivere la linea dati B) di $INPUT (Informazioni di Controllo). Essa (v. cap.V) è costituita da sette campi interi. Siano quindi da introdurre i seguenti valori:

Campo 1. Numero di nodi della struttura

= 125

Campo 2. Numero totale di gruppi di elementi

=2

Campo 3. Numero di step di carico

=1

Campo 4. Flag per esecuzione nonlineare

=1

Campo 5. Flag attivazione grandi spostamenti = 0 Campo 6. Flag attivazione stress-stiffening

=0

Campo 7. Codice tipo analisi

=0

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Formato del File Dati

Nelle righe che seguono sono indicati alcuni possibili modi di scrivere la stessa linea dati. 125,2,1,1,0,0,0 125, 2 , 1 , 1 , 0 , 0, 0/Informazioni di Controllo 125 2 1 1 0 0 0 125 2 1 1 0 0 0 / Informazioni di Controllo 125 2 1,1,0 125 2 1 1/Informazioni di Controllo 125 2 1 1 125 2 1 1,,0 125,2,1,1,,,, 125,2, 2*1 ,3*0 125 2 2*1 3* 125 2 2*1/Informazioni di Controllo

Nota: Il fattore moltiplicatore n* può essere usato anche se i dati sono di tipo diverso. Se ad esempio si deve introdurre il numero intero 125 ed il reale 125.0 nel campo immediatamente seguente, si potrà scrivere: 125,125. oppure anche: 2*125 ma non: 2*125.

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Linee Dati del Processore $INPUT

V LINEE DATI DEL PROCESSORE $INPUT

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Linee Dati del Processore $INPUT

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Linee Dati del Processore $INPUT

V.1 - LINEE STANDARD Linea A. Titolo del Lavoro. Numero richiesto: Una.

Campo 1

Tipo A

Descrizione Titolo del problema

NOTE:

a) Questa prima linea dati ha lo scopo di fornire una breve descrizione del problema. Essa è l'unica linea dati contenente un campo alfanumerico (A). La lunghezza del titolo non può superare i 72 caratteri. Eventuali caratteri oltre la colonna 72 della linea sono ignorati. Il titolo del problema è riportato sulla prima pagina dell'output, contenente l'intestazione del programma, e su ogni pagina stampata, accanto alla data e all'ora.

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Linee Dati del Processore $INPUT

Linea B. Informazioni di Controllo. Numero richiesto: Una.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

NUMNP - Numero totale di nodi della struttura

2

I

NGRP - Numero totale di gruppi di elementi

3

I

NSTP - Numero di step di carico statico

4

I

NOLIN - Flag per esecuzione calcolo nonlineare

5

I

LRGDEF - Flag di attivazione grandi spostamenti

6

I

KGEOM - Flag di attivazione stress stiffening

7

I

KANTYP - Codice tipo di analisi

8

R

TREF – Temperatura nodale iniziale T0n

9

I

KEXE – Modalità di esecuzione

10

I

LTIME – Durata massima di esecuzione (min)

NOTE:

a) La struttura è in generale schematizzata attraverso un reticolo (mesh) formato da nodi ed elementi. Un elemento può essere costituito da un solo nodo o da più nodi che delimitano una linea, un’area o un volume. In genere gli elementi sono interconnessi attraverso uno o più nodi, con un punto, una linea o una faccia in comune. I nodi possono distinguersi in strutturali e non strutturali. I primi sono i nodi principali dell’elemento, a cui possono essere associati spostamenti e rotazioni che generano sforzi. I secondi possono essere dei punti secondari, eventualmente appartenenti agli elementi, ed utilizzati per definire l’orientazione dell’elemento o parti di struttura. Il programma consente l’utilizzo di nodi strutturali anche per questi scopi, ma questa pratica è sconsigliata. I nodi con cui è schematizzata la struttura sono numerati consecutivamente da 1 al numero massimo NUMNP (campo n.1) senza seguire alcun ordine particolare. Ogni nodo strutturale possiede generalmente 6 gradi di libertà: le traslazioni Ux,Uy,Uz e le rotazioni Rx,Ry,Rz. L’utente può vincolare uno o tutti i gradi di libertà dei nodi strutturali imponendo ad esso un valore che, come caso particolare, può essere nullo. I nodi non strutturali non devono avere alcun grado di libertà di spostamento o rotazione associato, per cui essi devono essere esplicitamente soppressi. Analogamente, se in uno stesso nodo convergono solo elementi che non

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Linee Dati del Processore $INPUT

trasmettono alcuni gradi di libertà, questi devono essere soppressi. Ad esempio, la biella (Truss) non trasmette rotazioni, per cui, se in uno stesso nodo convergono solo bielle, quel nodo deve avere le tre rotazioni soppresse. Esaminando in sequenza i nodi assegnati, il programma assegna un codice progressivo ai gradi di libertà attivi. A tale codice è associata una diversa equazione. L’utente ha la possibilità di visualizzare per ciascun nodo i gradi di libertà e i numeri di equazioni associati. Per ragioni di efficienza di calcolo tuttavia il solutore riordina internamente le equazioni allo scopo di minimizzare i tempi di calcolo e l’impegno di memoria.

b) La struttura può essere schematizzata utilizzando elementi appartenenti a famiglie diverse. Le diverse famiglie di elementi possiedono generalmente caratteristiche geometriche e proprietà differenti. Le famiglie di elementi contemplate attualmente sono le seguenti. Famiglia Elementi tipo 1 = Truss. Famiglia Elementi tipo 2 = Beam. Famiglia Elementi tipo 3 = Plane Strain. Famiglia Elementi tipo 4 = Axisymmetric. Famiglia Elementi tipo 5 = Solid. Famiglia Elementi tipo 6 = Plate&Shell. Famiglia Elementi tipo 7 = Boundary, Link. Ogni famiglia può a sua volta contenere diversi tipi di elementi che si distinguono per avere funzionalità differenti. Ad esempio, la famiglia delle Beam può comprendere l’elemento Beam prismatico lineare, più semplice, l’elemento Beam a fibre nonlineare, più complesso, o altri elementi Beam adatti per impieghi particolari (strutture metalliche con elementi a sezioni aperte a piccolo spessore). Il tipo di elemento è identificato da un codice xy di due cifre: la cifra x identifica la famiglia, mentre la cifra y identifica il tipo elemento entro la famiglia. Ad esempio, l’elemento tipo 20 identifica l’elemento Beam lineare a sezione prismatica, denominato anche, per maggior chiarezza, Beam20. Per ragioni di efficienza di calcolo, la struttura deve essere schematizzata in gruppi di elementi dello stesso tipo. Ad esempio, se essa utilizza elementi Beam20, Beam22 e Shell60, è necessario definire tre gruppi diversi. E’ tuttavia possibile creare più gruppi utilizzanti lo stesso tipo di elementi. Nell’esempio precedente, gli elementi Beam20 possono essere scissi in due diversi gruppi, per un totale di quattro gruppi. Il numero di gruppi in cui è suddiviso il modello (NGRP) deve essere indicato al campo n.2. Entro ogni gruppo gli elementi sono numerati consecutivamente ad iniziare da 1. Ogni gruppo ha proprietà distinte (materiali, sezioni, carichi, ecc.). La famiglia di elementi tipo 1 è definita nel modulo TRUSS. Le altre famiglie sono definite rispettivamente nei moduli BEAM, PSTRN, AXISY, SOLID, SHELL, BOUND.

c) Al campo n.3 deve essere specificato il numero di step di carico statico. Se l’analisi è di tipo lineare queste sono le diverse condizioni di carico cui è soggetta la struttura. Nelle diverse condizioni di carico la struttura inizialmente scarica è caricata con diverse

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Linee Dati del Processore $INPUT

configurazioni di carico finale. Una configurazione di carico è generalmente formata da forze e momenti concentrati ai nodi, a cui possono essere sommati altri carichi definiti a livello di elemento. I carichi nodali e di accelerazione sono assegnati entro il modulo SOLVE, mentre gli altri sono definiti nelle linee dei moduli elemento (TRUSS, BEAM, ecc.). Nel caso di analisi statica non lineare le modalità di assegnazione dei carichi sono analoghe, ma il carico è introdotto gradualmente in più sottostep, fino al livello specificato. Al tempo t=t0=0 la struttura è scarica e raggiunge il livello finale specificato al tempo t=t1. Gli eventuali step successivi ai tempi t2,t3, ecc. iniziano per default dal livello raggiunto negli step precedenti. L’utente ha comunque la possibilità di ripartire dalla configurazione di struttura scarica, come nell’analisi lineare. Quest’ultima modalità è comunque sconsigliata, poiché può generare confusione nell’interpretazione dei risultati e file eccessivamente voluminosi. Si consiglia quindi in tal caso di scomporre il calcolo in una sequenza di analisi separate.

d) Se le analisi sono di tipo lineare il campo n.4 deve essere nullo. In questo caso anche i campi n.5 e n.6 possono essere lasciati nulli. Le analisi di tipo lineare danno origine ad una sola fattorizzazione della matrice di rigidezza e a tanti passi di soluzione quanti sono gli step di carico. Ogni passo di soluzione è seguito da un passo di calcolo dei risultati finali (essenzialmente il calcolo di deformazioni o sforzi e azioni interne entro gli elementi). Nel calcolo nonlineare sono invece richieste di norma parecchie operazioni di fattorizzazione e numerosi cicli di iterazioni di equilibrio. Inoltre, nel caso di calcolo nonlineare è necessario fornire una serie di linee dati per ogni step di carico, con informazioni relative alle modalità di soluzione (massimo numero di iterazioni, di tentativi, di tolleranza, ecc.). Nella versione lineare del solutore i campi n.4,5,6 non sono usati, ma devono essere comunque inseriti (uguali a zero).

e) Il codice analisi KANTYP può assumere i seguenti valori: 0 = analisi statica (lineare o nonlineare); 1 = analisi modale e sismica (frequenze proprie, modi di vibrare, spettro di risposta). L'analisi statica (KANTYP=0) e quella dinamica modale (KANTYP=1) devono essere condotte separatamente. L’analisi modale non utilizza i carichi sulla struttura (nodali o di elemento), per cui NSTP può essere uguale a zero. Tuttavia essi possono essere inseriti ugualmente, e tutte le relative linee dati saranno lette e ignorate. KANTYP=1 richiede l'esecuzione del modulo EIGEN e la lettura delle relative linee dati. Se il comando EIGEN non è assegnato sarà comunque possibile eseguire l’analisi modale ma ai parametri sarà attribuito il valore di default. Viceversa, in un’analisi statica possono essere inserite anche le linee di EIGEN. f) La temperatura di riferimento TREF, al campo n.8, è la temperatura iniziale T0n di assemblaggio della struttura, vale a dire la temperatura assegnata a tutti i nodi a struttura scarica al tempo t=0. Le temperature nodali ai diversi step di carico sono assegnate nel modulo SOLVE, con le linee B, con cui sono anche attribuite le forze e i momenti nodali concentrati. Si noti che nella condizione di struttura scarica le forze e gli spostamenti nodali sono nulli mentre le temperature sono assegnate costanti su tutti i

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VI-6

Linee Dati del Processore $INPUT

nodi e pari a TREF, che eventualmente può coincidere con la temperatura ambiente (solitamente Tamb=20°C). In un qualunque substep i-esimo il carico termico cui è soggetto un punto entro l’elemento si traduce in una componente di deformazione εth pari a: ε ith = α i (Ti − Ti −1 ) T è la temperatura locale entro l’elemento e α è il coefficiente di dilatazione termica del materiale: nel caso più generale α può assumere valori diversi lungo i tre assi e dare origine quindi a tre diverse componenti di deformazione. Inoltre esso stesso può essere variabile con la temperatura. Esiste una netta distinzione tra temperature nodali e temperature locali dell’elemento. Nel caso generale elementi diversi possono avere temperature locali diverse nello stesso nodo comune. Nei programmi di analisi strutturale le temperature nel modello possono essere definite in modi differenti. In genere esiste quasi sempre la possibilità di definire le temperature sia a livello di nodo che di elemento. Una modalità può escludere l’altra o viceversa le due modalità possono sovrapporsi. Nel caso generale deve essere possibile far dilatare l’elemento in modo differente da quelli adiacenti e questo può essere ottenuto variando i coefficienti di dilatazione termica o le temperature locali dell’elemento. Spesso inoltre risulta comodo assegnare direttamente un salto termico entro l’elemento, ma deve anche essere possibile calcolare la temperatura locale per i materiali le cui caratteristiche sono variabili con la temperatura. Se il punto entro l’elemento coincide con un nodo, la temperatura locale coincide con la temperatura nodale solo se non sono definiti salti termici interni. In caso contrario essi si sovrappongono e fanno variare sia la temperatura sia il salto termico effettivo. In questa nuova release del Microsap è possibile assegnare ad ogni step di carico diverse configurazioni di temperatura nodale, mentre la temperatura iniziale è assunta costante su tutti i nodi. Al primo step di carico le temperature dei nodi variano gradualmente dal valore T0 al valore specificato nel modulo SOLVE. Per ogni step di carico successivo è possibile fornire un diverso vettore di temperature nodali ed esse varieranno gradualmente nei diversi substep tra i valori finali dello step precedente e quelli finali dello step corrente. Entro ciascun elemento la temperatura locale T è determinata dai valori di temperatura Tn assegnati ai nodi (modulo SOLVE) e/o dai salti termici ∆Te assegnati come carichi di elemento e generalmente specificati ai nodi. La temperatura in qualunque punto dell’elemento è calcolata interpolando i valori ai nodi. Sintetizzando, si può scrivere: T = Tn + ∆Te Entro ogni substep il salto termico effettivo è dato dalla differenza tra la temperatura iniziale e finale del substep, come visto all’inizio della nota. Si noti che l’espressione precedente è scritta per il caso in cui lo step di carico sia risolto in una sola iterazione. In effetti la temperatura T, o meglio, Tn e ∆Te, sono introdotte gradualmente a partire dai valori ad inizio step, fino a raggiungere il livello totale di fine step.

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VI-7

Linee Dati del Processore $INPUT

Le temperature entro l’elemento e i salti termici espliciti possono essere ottenuti in modo differente a seconda del tipo di elemento. Entro gli elementi di linea (Truss e Beam) la temperatura locale è definita solo nel punto medio. Negli elementi Shell la temperatura ai nodi è assunta coincidente con quella sul piano medio anche quando il piano medio non coincide col piano dei nodi. Entro il piano dell’elemento essa varia quindi con legge lineare. Nello spessore essa è inoltre considerata variabile con legge lineare se sono stati definiti dei gradienti termici.

g) Il parametro KEXE consente di effettuare la soluzione (ovvero l’esecuzione del processore $SOLU), con due diverse modalità: • KEXE=-1 L’esecuzione del processore $SOLU avviene entro il processo corrente. In generale, qualunque altro valore KEXE0 è equivalente a KEXE=+1. • KEXE=0 L’esecuzione è eseguita nella modalità di default, equivalente a KEXE=+1 (processo esterno).

h) Interruzione Forzata dell’Esecuzione per Tempo Limite. Il parametro LTIME consente di interrompere l’esecuzione di un calcolo di durata eccessiva dopo che sono trascorsi LTIME minuti dal suo inizio. Se LTIME non è assegnato o è nullo, non è posto alcun limite alla durata dell’esecuzione. LTIME è calcolato dall’inizio dell’esecuzione del processore $SOLU. Il calcolo non è interrotto brutalmente allo scadere di LTIME, ma è invece continuato fino a completare in modo pulito la soluzione immediatamente precedente a quella in corso. In analisi statica lineare, il calcolo termina con l’ultimo caso di carico risolto. In analisi modale, il calcolo è interrotto all’ultimo modo convergente estratto. Se invece si tratta di analisi statica nonlineare, essa è interrotta all’ultima soluzione (substep) convergente trovata.

i) Interruzione dell’Esecuzione col File .ABT. Indipendentemente dal parametro LTIME e da eventuali altri parametri specifici imposti per il termine dell’esecuzione (v. ad es. in analisi nonlineare), esiste un ulteriore meccanismo che provoca l’interruzione esplicita e pulita dell’esecuzione del processore $SOLU in qualunque istante. Per ottenere questo è sufficiente creare, anche manualmente, nella directory di lavoro, un qualunque file,

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VI-8

Linee Dati del Processore $INPUT

anche nullo, di nome nomelavoro.abt. Il nome nomelavoro deve essere lo stesso degli altri file di lavoro. Ad intervalli regolari il programma controlla l’esistenza del file con estensione .abt. Se presente esso viene cancellato ed è effettuata una richiesta di interruzione (flag KSTOP=6) che salva i risultati dell’analisi fino all’ultima soluzione convergente ottenuta.

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VI-9

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee C. Dati Nodali. Numero richiesto:

Campo

Tipo

Qualunque, fino ad esaurimento geometrica della struttura.

della

descrizione

Descrizione

1

I

Numero di nodo.

2

I

Codice di vincolo - Traslazione in direzione X

3

I

Codice di vincolo - Traslazione in direzione Y

4

I

Codice di vincolo - Traslazione in direzione Z

5

I

Codice di vincolo - Rotazione attorno a X

6

I

Codice di vincolo - Rotazione attorno a Y

7

I

Codice di vincolo - Rotazione attorno a Z

8

R

Coordinata nodale X

9

R

Coordinata nodale Y

10

R

Coordinata nodale Z

11

I

Indice generazione automatica (KN)

NOTE:

a) Se un codice di vincolo di traslazione lungo un asse globale (X,Y,Z), o di rotazione è posto uguale a zero, il nodo è libero di traslare o ruotare rispetto a quell'asse. Se il codice di vincolo è posto uguale a 1 la relativa traslazione o rotazione del nodo è impedita. Una serie di nodi può avere lo stesso grado di libertà impedito. Per ottenere questo, l'indice del primo nodo della serie deve essere posto uguale a -1 e l'indice dell'ultimo nodo della serie uguale a 1. I nodi definiti nelle linee dati intermedie avranno l'indice di vincolo posto a 1 dal programma. Con qualunque tipo di elemento è possibile usare il legame di dipendenza master-slave per eliminare dei gradi di libertà non necessari. Per dichiarare "slave" un grado di libertà occorre porre il corrispondente codice di vincolo uguale al numero di nodo "master". Questa possibilità è largamente impiegata per la schematizzazione di impalcati rigidi

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VI-10

Linee Dati del Processore $INPUT

per strutture a telaio (v. Problem 2.1). Nei telai piani in genere, ad ogni piano è scelto "master" il nodo di estremità dell'impalcato e dichiarati "slave" per la traslazione orizzontale tutti gli altri (uguale spostamento di piano). Per gli impalcati appartenenti a ossature spaziali vengono di solito dichiarati "slave" gli spostamenti sul piano orizzontale e, in genere, anche la rotazione attorno all'asse verticale passante per il nodo "master" (v. Problem 2.5). Le equazioni corrispondenti a gradi di libertà "slave" sono eliminate.

b) Al fine di evitare problemi nella risoluzione del sistema di equazioni o scarsa precisione nei risultati, l'utilizzatore dovrebbe impedire alla struttura i moti rigidi di traslazione o rotazione lungo gli assi globali X,Y,Z: la struttura deve essere isostatica o iperstatica. Se un grado di libertà è certamente nullo, questo deve essere soppresso dall'utilizzatore (ad esempio tutti gli spostamenti lungo l'asse Z e le rotazioni attorno a X e Y per strutture a telaio piano). Allo stesso modo, se un elemento è incapace di trasmettere alcuni g.d.l., questi dovrebbero essere soppressi. Nodi connessi solo a elementi Truss, ad elementi Plane o ad elementi Solid, dovrebbero avere le tre rotazioni soppresse. Anche se le condizioni di labilità interna devono sempre essere soppresse, esiste tuttavia un caso in cui la struttura può presentare dei moti rigidi o essere totalmente priva di vincoli esterni, rappresentata dai modi di vibrare di "corpo libero". In altri termini, l'analisi modale può essere condotta sia su una struttura isostatica o iperstatica, sia sul modello dotato di moti rigidi.

c) La geometria della struttura è definita assegnando le coordinate X,Y,Z dei nodi rispetto al sistema di riferimento globale di assi X,Y,Z ortogonali: i carichi nodali e gli spostamenti sono definiti in questo sistema. Un sistema di coordinate locale è invece usato per ogni tipo di elemento.

d) Le linee dati nodali possono essere scritte anche senza rispettare l'ordine dei nodi. Se tra una linea e la successiva sono omessi dei nodi, i nodi intermedi sono generati per mezzo del parametro KN dell'ultima linea dati della serie. KN rappresenta l'incremento di nodo ed i nodi intermedi sono posti equidistanti, sulla retta congiungente gli estremi. I valori della temperatura e dei codici di vincolo sono posti uguali a quelli della prima linea della serie. Se l'indice di vincolo rappresenta il numero di un nodo "master", esso è incrementato di KN. La linea dati relativa all'ultimo nodo della struttura deve sempre essere l'ultima.

e) La presente nota chiarisce alcuni aspetti relativi all’uso del legame master/slave. 1) Più nodi sono in genere slave allo stesso master lungo lo stesso grado di libertà. Ad esempio, tutti i nodi su uno stesso piano possono essere dichiarati slave ad un

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Linee Dati del Processore $INPUT

unico master per gli spostamenti Ux, Uy e la rotazione Rz. Sia i nodi master che i nodi slave possono appartenere a qualunque tipo di elemento. 2) Un nodo master può ricevere i contributi di rigidezza, massa e carico dai nodi slave. 3) Un nodo master può quindi anche non essere connesso ad alcun elemento. In tal caso i g.d.l. non accoppiati a slave devono essere soppressi 4) Le forze concentrate su nodi slave sono ricondotte al nodo master in modo automatico. Il programma eventualmente aggiungerà gli opportuni momenti di trasporto. 5) Analogamente, le masse concentrate su nodi slave sono ricondotte automaticamente al nodo master, eventualmente aggiungendo gli opportuni momenti di inerzia polare. 6) Il Microsap utilizza la definizione della matrice di massa ‘a masse concentrate’; le matrici di massa degli elementi sono diagonali con soli termini traslanti. La matrice di massa globale è diagonale e può ricevere sia componenti di traslazione e rotazione tramite la linea dati ‘carichi concentrati’ del modulo SOLVE. 7) Le relazioni di equilibrio dell’impalcato rigido definito, ad esempio, su un piano parallelo a xy sono: R  1 0 y 0  ü x   x  R y  = M 0 1 − x 0  ü y   2   M   y 0 − x 0 r0  ü zz  z dove Rx, Ry, Mz, üx, üy e üzz sono le componenti dei vettori forza e accelerazione del nodo master, x0,y0 sono le coordinate del baricentro della massa M dell’impalcato rispetto al nodo master e r0 è il raggio d’inerzia polare rispetto al master. Si deduce quindi che, nel caso di presenza di impalcati rigidi (e solo in questo caso), è possibile riprodurre l’esatta relazione di equilibrio solo se x0=0 e y0=0, cioè solo posizionando il nodo master in corrispondenza del baricentro delle masse dell’impalcato rigido. 9) Nel caso di analisi dinamica di edifici multipiano ad impalcati rigidi deve essere esplicitamente definito, per ogni impalcato, un nodo master baricentrico. 10) Un impalcato può essere parzialmente rigido e parzialmente flessibile. In tal caso il nodo master sarà posizionato al baricentro delle masse appartenenti alla parte rigida. 11) Se le masse sono introdotte fornendo la densità dei materiali (o eventualmente, nel caso di beam, la massa per unità di lunghezza dell’asta), è il programma stesso che effettuerà le opportune operazioni per introdurre nella definizione della matrice di massa, i termini di inerzia polare riferiti al master. In ogni caso il nodo master andrà sempre posizionato al baricentro delle masse sull’impalcato rigido, ma non deve essere fornita la linea di definizione delle masse concentrate.

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Linee Dati del Processore $INPUT

12) Esempio: 7

8

+

5

9

6.

Se m5 = m8 = 1. m6 = m7 = 2.

6 4

3

Si ha: z

4. y

1

x

x0 = 2.6667 y0 = 2.

2 4.

I nodi 5,6,7,8 saranno posti slave per le traslazioni lungo x e y e per la rotazione attorno a z al nodo master 9 (che riprodurrà lo spostamento e la rotazione dell’intero impalcato. Il nodo 9 sarà definito con la seguente linea dati: 9,0,0,1,1,1,0,2.6667,2.,6.

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VI-13

Linee Dati del Processore $INPUT

V.2 - MODULO TRUSS – ELEMENTO TIPO 10 Linea A. Informazioni di Controllo. Numero richiesto: Una.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Il numero 10

2

I

NUME - Numero totale di elementi Truss del gruppo

3

I

NMAT - Numero di differenti materiali

4

I

NSEZ - Numero di proprietà geometriche delle sezioni

5

I

NLD - Numero di linee di carico

NOTE:

a) L'elemento Truss10 è un'asta rettilinea che può essere definita nello spazio attraverso i due nodi di estremità I e J. Esso può di norma trasmettere solo azioni di compressione o trazione, essendo definita la sola rigidezza estensionale. Ogni nodo trasmette solamente tre componenti di spostamento. Se un nodo è connesso a soli elementi Truss, le sue rotazioni dovrebbero essere soppresse utilizzando i codici di vincolo delle linee standard C di $INPUT.

b) In genere non è possibile assegnare più elementi Truss giacenti sulla stessa linea in quanto sui nodi di connessione la struttura è labile. In questo caso non possono essere assegnate su questi nodi forze o componenti normali all’asse dell’elemento e le traslazioni trasversali dovrebbero essere soppresse. Nelle strutture a traliccio di fatto i cinematismi sono soppressi con l’aggiunta di elementi di controvento capaci di sopportare gli sforzi di compressione o trazione (puntoni o tiranti).

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VI-14

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee B. Caratteristiche dei Materiali. Numero richiesto: Una per ogni materiale, il cui numero NMAT è stato specificato al campo n.3 della linea A.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione materiale

2

R

Modulo elastico del materiale (E)

3

R

Coefficiente di dilatazione termica α (solo per carichi termici)

4

R

Peso specifico gravità)

5

R

γ (solo per carichi dovuti ad accelerazione di

Densità ρ (solo per analisi dinamica o accelerazione centrifuga)

NOTE:

a) Il numero di materiale al campo n.1 deve essere compreso tra 1 e NMAT. Non è comunque richiesto che i materiali siano assegnati in ordine.

b) Il valore al campo n.2 è il modulo elastico del materiale a comportamento lineare. E deve sempre essere assegnato ed essere maggiore di zero.

c) Se il valore al campo n.4 è assegnato negativo esso è considerato dal programma come peso per unità di lunghezza dell'asta.

d) Se il valore al campo n.5 è assegnato negativo esso è considerato dal programma come massa per unità di lunghezza dell'asta.

e) Note le temperature TI e TJ dei nodi, assegnate con le linee B del modulo SOLVE, la temperatura dell’elemento è ottenuta come somma tra la media Tn delle temperature dei nodi e i salti termici ∆Te esplicitamente assegnati come carichi di elemento: T = Tn+∆Te

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Tn = (TI+TJ)/2

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VI-15

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee C. Proprietà delle Sezioni. Numero richiesto: Una linea per ogni differente sezione, il cui numero NSEZ è stato specificato al campo n.4 della linea A.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione della proprietà

2

R

Area della sezione trasversale dell’elemento (A)

NOTE:

a) Il codice di identificazione della proprietà, al campo n.1, deve essere compreso tra 1 e NSEZ. Non è comunque richiesto che le proprietà siano assegnate in ordine.

b) L’area A deve essere sempre maggiore di zero.

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VI-16

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee D. Carichi sugli Elementi. Numero richiesto: NLD linee (v. campo n.5 della linea A), fino alla descrizione di tutti i set di carico.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione del set

2

I

Tipo di carico

3

R

Parametro p1

4

R

Parametro p2

5

R

Parametro p3

NOTE:

a) Il codice di identificazione del set, al campo n.1, può essere un qualunque numero intero positivo. I set di carico possono essere assegnati in qualunque ordine. In genere un set di carico può essere composto da differenti tipi di carico. Per ottenere questo è sufficiente assegnare più linee con lo stesso codice identificativo. Nell’attuale release è comunque previsto solo il carico di tipo 0. I carichi sullo stesso set, anche assegnati con linee non consecutive, si sommano a quelli eventualmente già presenti. Ad esclusione della prima riga, se il numero di set è nullo, il nuovo carico è sommato al set definito per ultimo.

b) I parametri p1,p2,p3 variano col tipo di carico secondo la tabella seguente. Nell’attuale release è previsto solo il carico di tipo 0. Tipo Descrizione 0 Deformazione Iniziale

Tipo 0.

p1

εin

p2

δin

p3 ∆Te

Deformazione Iniziale. Questo tipo di carico permette di assegnare un valore di deformazione iniziale all’elemento, ottenuta come contributo di tre cause di differente origine ma di effetto equivalente: deformazione assegnata esplicitamente, interferenza o gap, salto termico interno. Di norma l’utente sceglierà una sola delle tre modalità, a seconda dell’effettiva origine del carico o della maggiore comodità di assegnazione. In ogni caso la deformazione iniziale introdotta dal programma è la somma dei tre contributi.

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VI-17

Linee Dati del Processore $INPUT

Deformazione iniziale assegnata. Col parametro p1 è assegnato esplicitamente il valore εin=-(Lin-L0)/L0, essendo Lin la lunghezza libera iniziale dell’elemento e L0 la distanza iniziale tra i nodi. Un valore negativo provoca uno stato di compressione iniziale nell’elemento, che si trasmette alle parti adiacenti della struttura e viene quindi parzialmente perso a seconda della sua rigidezza. Questo tipo di carico è del tutto equivalente ad un salto termico. Interferenza iniziale. Il parametro p2 consente di esprimere lo stato di deformazione iniziale attraverso il valore dell’interferenza δin= Lin-L0, per cui è εin=-δin/L0. Un valore di interferenza positivo provoca perciò uno stato di compressione iniziale nell’elemento, che si trasmette alle parti adiacenti della struttura e viene quindi parzialmente perso a seconda della sua rigidezza. Anche questo tipo di carico è del tutto equivalente ad un salto termico. Salto termico iniziale. Il parametro p3 permette di specificare un salto termico ∆Te entro l’elemento, del tutto equivalente ad una deformazione iniziale εin = εth = -(Lin-L0)/L0 = -α⋅∆Te, con α assegnato al campo n.3 delle linee B. Il carico termico entro l’elemento, oltre che attraverso la assegnazione esplicita di ∆Te può anche essere introdotto attraverso le temperature nodali (v. linee B del modulo SOLVE). In genere è utilizzato uno solo dei due metodi a seconda della convenienza. Nel caso di uso contemporaneo dei due metodi i due effetti risultano sommati (v. nota e), linea B e nota f), linea B iniziale di $INPUT). Si noti che ∆Te modifica la temperatura T dell’elemento (e quindi le proprietà dei materiali dipendenti dalla temperatura) e il salto termico effettivo ∆T. Le deformazioni specificate con i parametri p1 e p2 non forniscono invece alcun contributo in tal senso.

c) Carichi Globali di Accelerazione e Gravità. Questi carichi sono inseriti automaticamente su tutti gli elementi del gruppo secondo i fattori di accelerazione specificati nelle linee C1 di SOLVE. La loro entità dipende dal volume e dalla densità e peso specifico del materiale che compone l’elemento (v. linee B delle caratteristiche dei materiali). La densità è impiegata nel calcolo dei carichi di accelerazione centrifuga. Il peso specifico è invece utilizzato per il calcolo dei carichi di accelerazione globale (gravità, come caso particolare). Le componenti di forza centrifuga e di inerzia relative all’intero volume sono suddivise in parti uguali e applicate ai nodi dell’elemento.

d) Input Alternativo per i Carichi di Elemento. La presente linea dati e la successiva consentono di definire qualunque carico e di assegnarlo quindi separatamente agli elementi interessati. Questo metodo consente quindi un notevole risparmio nel numero di linee dati da assegnare. Se tuttavia la generazione di tutti i carichi è stata già effettuata da un pre-processor, le due serie di linee sono ridondanti. Esiste quindi una modalità alternativa, che è attivata attribuendo il segno negativo al parametro NLD della linea A. In questo caso, in luogo del parametro al campo n.1 della presente linea è necessario fornire il numero di elemento e il numero di step di carico di struttura a cui il carico di elemento deve essere attribuito. Le linee seguenti, di assegnazione dei carichi non devono essere inserite. Microsap Rel.12.3

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VI-18

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee E. Assegnazione dei Carichi agli Elementi. Numero richiesto: Qualunque,fino alla assegnazione di tutti i carichi sugli elementi. Lette solo se NLD>0 (v. campo n.5 della linea A). Se presenti, devono terminare con una linea bianca.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Caso di carico (1÷NSTP)

2

I

Numero set di carico

3

I

Elemento iniziale (eli)

4

I

Elemento finale (elf)

5

I

Incremento di elemento (incr)

NOTE:

a) Le linee E non devono essere assegnate se non esiste alcun carico di elemento definito con le linee D. L’ultima linea deve essere bianca, per indicare il termine dell’input dei carichi.

b) Il campo n.1 indica su quale tra gli NSTP step di carico della struttura specificati al campo n.3 della linea B di INPUT deve essere aggiunto il set di carico indicato al campo n.2. Con una linea dati il carico è applicato dall’elemento iniziale eli all’elemento finale elf, con incremento di elemento incr. Se incr non è assegnato, è assunto un incremento unitario. Se elf non è assegnato, è assunto elf=eli e il carico è attribuito al solo elemento eli specificato al campo n.3. c) E’ buona norma assegnare i carichi ordinatamente, step per step. Al campo n.2, per ogni step di carico andranno attribuiti i set di carico scelti tra quelli definiti al campo n.1 delle linee D. In uno step di carico un elemento può essere caricato con un solo set. La composizione dei set (somma di più tipi di carico) deve essere fatta con le linee dati D precedenti. Esempio: 1,2,2,4 1,1,6 1,3,9,13,2 2,1,1,8 2,4,11,12 • (bianca)

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VI-19

Linee Dati del Processore $INPUT

La struttura presenta due step di carico. Nello step di carico n.1 gli elementi dal n.2 al n.4 sono caricati con il set di carico n.2, l’elemento n.6 con il set n.1 e gli elementi 9,11 e 13 col set n.3. Tutti gli altri elementi sono scarichi (o comunque su essi agiscono solo i carichi globali di gravità assegnati con le linee C1 di SOLVE). Nello step di carico n.2, gli elementi dal n.1 al n.8 sono caricati col set n.1 (stesso carico attribuito all’elemento n.6 nello step n.1), e gli elementi n.11 e n.12 con il set n.4.

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VI-20

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee F. Definizione degli Elementi. Numero richiesto: Qualunque,fino al completamento della descrizione di tutti gli elementi NUME del gruppo.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di elemento

2

I

Numero del nodo I

3

I

Numero del nodo J

4

I

Numero di identificazione del materiale

5

I

Numero di identificazione della sezione

6

I

Parametro di generazione automatica KN

NOTE:

a) L'asse locale +x dell’elemento è orientato secondo il vettore che va dal nodo I al nodo J.

b) Se il numero di identificazione del materiale è lasciato uguale a zero, viene assegnato il materiale n.1. Il numero di materiale è scelto tra quelli attribuiti con le linee B.

c) Se il numero di identificazione della sezione è lasciato uguale a zero, viene assegnata la sezione n.1. Il numero di sezione è scelto tra quelli attribuiti con le linee C.

d) Gli elementi devono essere assegnati in ordine crescente. Se tra una linea e la successiva si ha un salto nel numero di elemento, gli elementi intermedi sono generati incrementando i nodi I,J del valore KN (positivo, negativo o nullo) dato al campo n.6 della linea iniziale della serie. In tal caso tutte le caratteristiche degli elementi generati saranno poste uguali a quelle specificate nella linea iniziale. L'elemento finale della serie non è comunque generato, ma ad esso sono attribuiti i valori assegnati dall'utente. L'ultimo elemento della serie può quindi essere usato per la generazione della serie successiva. L’ultimo elemento del gruppo deve essere sempre esplicitamente assegnato. Se KN è lasciato uguale a zero, esso è posto uguale a 1 dal programma. E’ possibile assegnare elementi fittizi (dummy), specificando il nodo I con valore negativo o nullo. Un elemento dummy non fornisce alcun contributo strutturale. Gli elementi dummy possono essere assegnati esplicitamente o generati come qualunque altro elemento. Gli elementi dummy assegnati con I=0 sono elementi nulli, con tutti i numeri di nodo e le proprietà uguali a zero (gli eventuali valori assegnati sono ignorati). Microsap Rel.12.3

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VI-21

Linee Dati del Processore $INPUT

Viceversa, la assegnazione con I0, ma gli elementi sono disabilitati (non è costruita la matrice di rigidezza e l’elemento è come se non esistesse). Il segno del nodo I è solo un contrassegno per disabilitare l’elemento. La attuale release non possiede ancora delle funzioni per riabilitare gli elementi temporaneamente disabilitati, per cui non esiste differenza tra i due casi.

e) Output Risultati di Elemento. Per l’elemento Truss10 sono calcolati i seguenti risultati. •

FJOINT

Forze sui nodi I e J in coordinate globali: tre componenti Fx,Fy,Fz per ciascun nodo, per un totale di sei componenti. FJOINT=-(Fext-Fint) è la forza che il nodo deve fornire per assicurare l’equilibrio dell’elemento, su cui agiscono le forze interne indotte dagli sforzi e le eventuali forze dovute alla presenza dei carichi esterni applicati.



EPST

Deformazione totale εt. Comprensiva della deformazione libera che non genera sforzi (ad es., con elementi Gap e Hook nonlineari) e della deformazione iniziale.



EPS0

Deformazione iniziale e termica ε0+εth.



EPSM

Componente meccanica della deformazione assiale. Genera SIGM.



SIGM

Sforzo meccanico assiale nell’elemento. E’ quello trasmesso agli elementi adiacenti. Genera le forze interne.



TEMP

Temperatura interna dell’elemento. Dipende dalle temperature istantanee nodali e dalle quote di salti termici applicati.



FSIG

Forza interna assiale.

Il programma calcola i risultati a gruppi, con un massimo di 12 componenti per gruppo. Con le funzioni di Post-Processing (routine API o processore $MSPOST) è possibile accedere ai risultati completi (calcolati per tutti gli elementi) conservati nel file .RST. Per l’elemento Truss10 questa release prevede i seguenti gruppi di risultati: • •

Gruppo 0 Gruppo 1

FJOINT Forze nodali su I e J EPST,EPS0,EPSM,SIGM,TEMP,FSIG

6 componenti 6 componenti

Nel caso generale il codice che seleziona i risultati è un intero di nove cifre suddiviso in tre parti: xxxxyyyzz. Questo codice è assegnato col parametro KRESU nelle API. Se i risultati sono ottenuti con $MSPOST, i codici zz, yyy e xxxx sono specificati separatamente con i parametri KRES, KSEZ e KLAY. Per l’elemento Truss10 i campi xxxx e yyy non sono usati e il codice è semplicemente costituito dal campo zz, col seguente significato.

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Manuale d’Uso

VI-22

Linee Dati del Processore $INPUT

• zz = kres

Microsap Rel.12.3

Gruppo risultati, scelto tra quelli sopra elencati. Qualunque altro codice equivale a zz=00.

Manuale d’Uso

VI-23

Linee Dati del Processore $INPUT

V.3 - MODULO BEAM – ELEMENTO TIPO 20 Linea A. Informazioni di Controllo. Numero richiesto: Una. Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Il numero 20

2

I

Numero totale di elementi Beam

3

I

Numero di differenti proprietà geometriche (NPROP)

4

I

Numero di linee di carichi sugli elementi (NLD)

5

I

Numero di differenti materiali (NMAT)

6

I

Numero di differenti serie di offset rigidi (NOFF)

7

I

Numero di differenti proprietà estese (NEXT)

8

I

Numero set sezioni interne (NSZI)

9

R

Valore di default per il fattore di taglio

10

I

Codice per convenzione orientazione della sezione (KOP)

11

I

Numero di linee per la definizione dei vincoli interni (NVI)

Ye ≡ 2 K Xe ≡ 1

J Ze ≡ 3

I

FIG. V.3-1 - Sistemi di riferimento locali e orientazione dell’elemento

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Manuale d’Uso

VI-24

Linee Dati del Processore $INPUT

NOTE: a) Gli elementi Beam20, contenuti entro il modulo BEAM, sono contraddistinti dal numero 20, assegnato al campo n.1. Poiché esistono diversi tipi di elementi Beam, essi sono contraddistinti da un diverso codice. In questo capitolo si descrive l’elemento di base, lineare, di tipo 20. L’input e le caratteristiche coincidono totalmente con l’elemento Beam contenuto nelle precedenti release del solutore nonlineare e nel solutore lineare. b) L’elemento è definito attraverso i due nodi di estremità I e J (fig.V.3-1). Per l’input dei dati e per l’interpretazione dell’output dei risultati relativi all’elemento beam è necessario definire un sistema di coordinate locali xe-ye-ze basato sui nodi. L’asse xe è individuato dal vettore orientato dal nodo I al nodo J. L’asse ye è individuato assegnando un terzo nodo K, giacente sul piano xe-ye in qualunque posizione (tranne che sull’asse xe). L’asse ye è la perpendicolare ad xe passante per il nodo K. Infine, la terna locale è completata dall’asse ze, perpendicolare al piano xe-ye. E’ definito inoltre un sistema baricentrico, con l’asse 1 passante per i baricentri delle sezioni trasversali (l’elemento può avere sezione variabile lungo l’asse) e gli assi 2 e 3 sul piano della sezione, coincidenti quando possibile con gli assi principali d’inerzia. Inizialmente, e nel caso in cui non siano definite estremità rigide, i sistemi xe-ye-ze e 1-23 sono coincidenti (1 ≡ xe; 2 ≡ ye; 3 ≡ ze). c) Nel caso più generale l’elemento vero e proprio può essere spostato in posizione eccentrica rispetto agli assi xe-ye-ze, con la definizione di due tratti rigidi di estremità. In altre parole, gli assi baricentrici 1-2-3 dell’elemento possono essere traslati e ruotati rispetto al sistema locale nodale xe-ye-ze. I vettori DI = I’-I e DJ = J’-J rappresentano i due tratti infinitamente rigidi. Il tratto I’J’ è la parte flessibile dell’asta (v. fig.V.3-2). Questa è la parte dell’elemento di reale interesse, poichè solo essa può ricevere i carichi di elemento, componenti di accelerazione o condizione di suolo elastico e solo entro questo tratto è possibile avere l’output delle azioni di estremità e delle azioni interne. Sui nodi I e J di connessione possono comunque essere definiti i normali carichi nodali (v. linee B, modulo SOLVE) o eventuali spostamenti imposti o soppressi. d) Al campo n.8 deve essere riportato il numero delle linee I necessarie alla definizione delle sezioni interne. Si noti che, nel semplice caso in cui le sezioni siano equispaziate lungo l’asta, non è necessario assegnare esplicitamente le ascisse con le linee I, ma è sufficiente indicare il numero di sezioni equispaziate (con segno negativo) direttamente al campo n.8 delle linee J).

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VI-25

Linee Dati del Processore $INPUT

Z

1 Ye sistema locale baricentrico

J' Ze

Xe DJ

2

sistema locale nodale

3 J I'

DI

I

sistema globale

Y

X

FIG. V.3-2 - Elemento beam con offset rigidi.

e) Al campo n.9 può essere specificato il valore di default da assegnare al Fattore di Taglio (χ) alle aste a cui non è associato un set di proprietà estese (Linee K, campo n.10 uguale a zero) oppure il cui Fattore di Taglio è stato specificato nullo (Linee D, campo n.2 oppure n.3). Se è assegnato un valore (maggiore o uguale a 1.) al parametro, la deformabilità a taglio è attivata per tutte le aste del gruppo. Ad esempio, assegnando il valore 1.2, se non è specificato esplicitamente un fattore di taglio con il set proprietà estese, l’area di taglio sarà AS=A/χ, senza alcuna distinzione riguardo alla direzione locale 2 o 3. f) Il campo n.10 (KOP) stabilisce la convenzione utilizzata per l’orientazione delle sezioni degli elementi. Sono contemplati i casi seguenti. •

KOP = 0

Se il campo n.10 é uguale a zero o non é assegnato, il comportamento è quello standard. L’asse locale 1 coincide con l’asse I-J dell’elemento. Gli assi 2 e 3 definiscono invece la posizione degli assi principali d’inerzia della sezione, e quindi la sua orientazione. Per definire la posizione dell’asse 2 deve essere assegnato il nodo K, giacente sul piano locale 1-2 (come nei vari SAP). Esiste un metodo alternativo al nodo K, che consente di orientare la sezione secondo le direzioni degli assi globali. Se il campo n.4 delle linee J è positivo, esso indica il nodo K da usare per la definizione dell’asse 2. Viceversa, se sono assegnati i valori -1,-2,-3 il piano principale 1-2 sarà orientato parallelamente agli assi globali X,Y,Z e con l’asse 2 concorde con X,Y,Z. I valori –4,-5,-6 producono lo stesso risultato, ma con l’asse 2 con verso discorde a

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VI-26

Linee Dati del Processore $INPUT

X,Y,Z. Ad esempio, se l’asse Z è verticale e verso l’alto, col valore –3 la sezione sarà orientata con il piano principale 1-2 anch’esso verticale e con l’asse 2 verso l’alto. •

KOP = 1,2

Con questa opzione è possibile utilizzare un metodo generale di orientazione alternativo al nodo K. Tale metodo è da preferire poiché evita la definizione di nodi non strutturali. Se al campo n.4 delle linee J è inserito un valore positivo, esso è trattato nel modo usuale, come numero di nodo K. Un valore minore o uguale a zero è invece interpretato come angolo di rotazione attorno all’asse dell’elemento rispetto alla giacitura standard. Se KOP=1 l’angolo è assegnato in gradi. Se invece è posto KOP=2, l’angolo è in centesimi di grado. Poichè il campo n.4 è di tipo intero, col primo metodo è possibile orientare la sezione con precisione di 1 grado, mentre col secondo metodo la precisione è di 0.01 gradi. La giacitura standard per la sezione (angolo zero) è quella con il piano 1-2 parallelo all’asse Z (cioè con l’asse 3 parallelo al piano XY) e l’asse 2 dalla parte di +Z (coincide con K=-3 del metodo precedente). L’angolo è positivo in senso antiorario attorno al vettore I-J = 1. Ad esempio, con KOP=1, se al campo n.4 delle linee J è indicato il valore –30, gli assi 2-3 saranno ruotati di 30 gradi in senso antiorario attorno all’asse 1 rispetto alla giacitura iniziale. Con KOP=2 la rotazione sarebbe invece di soli 0.3 gradi. Per gli elementi con asse parallelo a Z (e fino a 0.5 gradi) la giacitura di default è col piano 1-2 parallelo all’asse X e con l’asse 2 opposto al verso +X, come con K=-4 del caso a). Vedi figura V.3-3. 2 Z 1

J 2

θ

J I

3

I

1 2

θ 3

θ

1

3

Y

I

X

FIG. V.3-3 - Orientazione degli assi locali e rotazione rispetto alla giacitura standard per KOP=1 e 2

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VI-27

Linee Dati del Processore $INPUT



KOP = -1,-2

Le opzioni KOP=-1 e KOP=-2 sono simili al caso b), ma utilizzano la seguente logica. Il nodo K, se usato, deve essere definito sul piano principale 1-3. Utilizzando il metodo di orientazione alternativo (valore nullo o negativo al campo n.4 delle linee J), l’asse 2 è parallelo a XY e l’asse 3 è dalla parte di +Z. Se l’elemento è verticale l’asse 2 è parallelo a YZ e l’asse 3 è opposto a +X. Questa è la convenzione usata ad esempio da Ansys. L’orientazione Microsap (caso precedente) si può ottenere da quella Ansys ruotando il sistema locale di 90 gradi in senso antiorario attorno all’asse 1. g) Se NVI=0 al campo n.11, è utilizzato l’elemento Beam standard per il quale è possibile specificare dei rilasci di uno o più gradi di libertà in corrispondenza dei nodi. In questo caso il codice che specifica i rilasci da inserire è direttamente assegnato nelle linee J degli elementi. Viceversa, se NVI>0 è usato il macroelemento Beam (fig. V.3-4). Da entrambi i lati, la connessione tra il tratto flessibile e il tratto rigido (oppure in coincidenza col nodo, in mancanza di tratto rigido) è generalmente realizzata con vincolo di continuità. In questo caso tutte le componenti di spostamento e rotazione sono trasmessi al tratto adiacente. Viceversa, è possibile utilizzare un macroelemento Beam con connessioni più complesse ottenute con un vero e proprio elemento connettore interposto tra il tratto flessibile e il tratto rigido. La scelta tra l’uso della Beam standard o del macroelemento HPBeam (High Performance Beam) è effettuata unatantum per tutto il gruppo, assegnando NVI>0. In questo caso NVI è il numero di linee dati F necessarie a descrivere i diversi elementi connettori. Se oltre ai connettori esistono anche rilasci ai nodi, i corrispondenti codici sono assegnati nelle stesse linee F.

rilascio conness. semi-rigida I cerniera elasto-plast. nodo braccio rigido FIG. V.3-4 – Connettori, Rilasci e Bracci Rigidi nel Macroelemento Beam (HPBeam)

La matrice di rigidezza e il vettore dei carichi di elemento sono inizialmente scritti come se l’asta fosse composta dal solo tratto flessibile e nel sistema locale 1-2-3, con origine sul primo estremo del tratto flessibile. L’elemento, attraverso opportune matrici di trasformazione è modificato con la seguente sequenza, a partire dall’estremità del tratto flessibile e con termine sul nodo:

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VI-28

Linee Dati del Processore $INPUT

1) Trasferimento dall’asse baricentrico ai centri di taglio. Gli estremi dell’elemento sono spostati dalle estremità del tratto flessibile ai centri di taglio delle sezioni terminali. Gli offset dei centri di taglio sono assegnati nel sistema locale 1-2-3 con le linee D. 2) Inserimento dell’elemento Connettore. L’elemento Connettore è formato da due connessioni semirigide in catena: la prima è un caso più generale di quello visto in precedenza, in quanto permette di variare il grado di incastro tra il vincolo di continuità e il rilascio completo di uno o più gradi di libertà. La seconda connessione permette di attribuire una cerniera elastica o elasto-plastica. Nelle soluzioni di tipo lineare questa seconda connessione si comporta allo stesso modo della prima. Gli elementi Connettore sono assegnati con le linee F. 3) Trasferimento alle estremità dei conci rigidi. Alla trave sono aggiunti i tratti rigidi, orientati in modo generico e definiti con tre componenti che possono essere specificate sul sistema xe-ye-ze, sul sistema 1-2-3 oppure anche sul sistema di riferimento globale (v. linee E). Questa trasformazione avviene ancora su 1-2-3. O più precisamente, la matrice di rigidezza ottenuta è relativa agli spostamenti degli estremi dei tratti rigidi rappresentate da componenti riferite a due sistemi con assi paralleli a 1-2-3. I conci rigide sono definiti con le linee E. 4) Rilascio delle azioni di estremità. La trasformazione precedente ha esteso l’elemento fino ai nodi I e J: la posizione degli estremi dei tratti rigidi coincide infatti con la posizione dei nodi. Tuttavia nodo ed estremo dell’asta devono essere considerate entità indipendenti, ancora separate. L’elemento Beam può infatti essere connesso rigidamente al nodo per tutti i 6 gradi di libertà oppure anche per nessuno di essi. Con i campi n.11 e n.12 delle linee J è possibile disconnettere gli estremi dell’asta dai nodi I e J, i quali saranno in genere collegati ad altri elementi. Questa operazione crea dei vincoli interni di tipo pattino o cerniera, con l’effetto di “rilasciare” o rendere nulla l’azione che altrimenti è trasmessa al nodo. Se non esiste rilascio, il vincolo di continuità fa sì che in quella direzione lo spostamento (o rotazione) dell’estremo dell’elemento coincida con quello del nodo. In caso contrario, è come se esistessero due nodi distinti, parzialmente accoppiati. L’operazione eseguita sulla matrice dell’elemento è una “condensazione statica” dell’equazione che contiene la condizione nota (forza o momento nullo), mentre lo spostamento dell’estremo rilasciato deve essere ottenuta “a ritroso”, dopo la soluzione della struttura e durante il calcolo delle azioni interne. E’ importante notare che il rilascio delle azioni di estremità avviene ancora su assi paralleli a 1-2-3. 5) Trasferimento al sistema globale. L’ultima operazione trasforma la matrice di rigidezza e i vettori dei carichi di elemento dal sistema locale 1-2-3 al sistema globale X-Y-Z unico per tutta la struttura. In altre parole, tutti gli elementi convergenti nello stesso nodo si presenteranno con vettori spostamenti nodali (ancora incogniti) e forze nodali tutti congruenti e riferiti al sistema X-Y-Z.

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VI-29

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee B. Proprietà dei Materiali. Numero richiesto: Una per materiale (NMAT linee - v. campo n.5, linea A). Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione materiale

2

R

Modulo di Young (E)

3

R

Coefficiente di Poisson (ν)

4

R

Peso specifico (solo per carichi di gravità)

5

R

Coefficiente di dilatazione termica (α)

6

R

Densità (solo per analisi dinamica)

NOTE: a) Se il valore al campo n.4 è assegnato negativo, esso è interpretato dal programma come peso per unità di lunghezza dell'asta. b) Se il valore al campo n.6 è assegnato negativo, esso è interpretato dal programma come massa per unità di lunghezza. c) Il coefficiente di Poisson è assegnato esclusivamente per il calcolo del modulo di elasticità trasversale G secondo la relazione: E G= 2(1 + ν ) Pertanto non esistono le usuali limitazioni sul suo valore.

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VI-30

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee C. Proprietà Geometriche. Numero richiesto: Una per differente proprietà (NPROP linee - v. campo n.3, linea A). Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione proprietà

2

I

Tipo sezione (0 = sezione generica)

3

R

Parametro p1 - Area della sezione trasversale (A)

4

R

Parametro p2 - Momento inerzia attorno asse locale 3 (I3)

5

R

Parametro p3 - Momento inerzia attorno asse locale 2 (I2)

6

R

Parametro p4 - Momento d'inerzia torsionale (J)

7

R

Parametro p5

8

R

Parametro p6

NOTE: a) La linea dati rappresentata è scritta per il caso di sezione generica (campo n.2 = 0), per la quale sono assegnate le caratteristiche di inerzia con i parametri p1-p4. Il Microsap possiede comunque una libreria di sezioni per le quali tali proprietà sono automaticamente calcolate dal programma. I dati relativi alle sezioni di libreria (v. fig. V.3-6), saranno esaminati nella seguente nota d). b) Per l'input dei dati delle sezioni dell'elemento beam è definito il sistema di coordinate locale baricentrico 1-2-3. L'asse locale 1 è l’asse baricentrico. Gli assi locali 2 e 3 giaciono su un piano perpendicolare all'asse 1 formando una terna ortogonale destra. Sono riferiti alla terna locale baricentrica: le proprietà geometriche, i carichi sull’elemento, le reazioni agli estremi e le azioni interne o le altre quantità calcolate nei punti interni NSZI dell’elemento (incognite del problema - v. fig.V.3-5). c) Se si indica con Jp il momento d'inerzia polare baricentrico e con q il fattore di torsione, il momento d'inerzia torsionale è definito come: J = Jp/q. Indicando con M1 il momento torcente e con θ l'angolo di rotazione, sussiste la nota relazione: M M1 θ= 1 = q⋅ G ⋅J G ⋅Jp In fig.V.3-6a e V.3-6b sono rappresentate le sezioni di libreria. Il numero che contraddistingue il tipo di sezione va introdotto al campo n.2 della linea C. Il calcolo delle proprietà geometriche J, I3, I2 è effettuato considerando gli assi locali 2 e 3 orientati come in fig.V.3-5. Il programma può eseguire anche il calcolo con gli assi ruotati di 90 gradi (sono scambiati i momenti d'inerzia I2 e I3): in tal caso al numero della Microsap Rel.12.3

Manuale d’Uso

VI-31

Linee Dati del Processore $INPUT

sezione va sommato 100. Ad esempio, la sezione tipo 101 è uguale a quella tipo 1, ma l'asse 2 sarà orientato verso destra e l'asse 3 verso il basso. Si deve notare che utilizzando le sezioni di libreria, sono calcolate tutte le proprietà geometriche. Se la sezione reale differisce da quelle di libreria, o se l'operatore non desidera l'assegnazione di tutte le proprietà, deve introdurre l’area e i momenti d'inerzia considerando la sezione di tipo 0 (generica). Se si desidera introdurre la deformazione a taglio, questo va indicato al campo n.9 della linea A oppure con le linee D seguenti, qualunque sia il tipo di sezione (generica o di libreria).

2

3

I

1

R2 M3 R3

M2

R1 M1 J FIG. V.3-5 - Orientazione della sezione, dei carichi di elemento e delle azioni interne Nota alla fig. V.3-5. Nella attuale release le azioni interne (risultati di elemento) sono concordi con i versi positivi degli assi locali e corrispondono alle forze che il concio di destra (lato nodo J) trasmette a quello di sinistra. Viceversa, nelle release precedenti, erano fornite le forze che il concio di sinistra (lato nodo I) trasmette al concio di destra (segni opposti rispetto all’altra convenzione), tranne nella sezione terminale destra, per la quale era adottata la attuale convenzione.

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Manuale d’Uso

VI-32

Linee Dati del Processore $INPUT

2 2 h

1 3

H

7

3

H

b B

B 2

h

h

2

3

H

2

3

8

H

b

b

B B

B

2 2

h

3

3

D

9

b

H

3 h'

b' 2

h

2 B

10 3

4

3

H

b

t

B 2 h

2

11

5 b

3

H

H

3 B 2

B 2

6

3

D

12

H

t 3

d

B

FIG. V.3-6a - Sezioni di libreria.

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Manuale d’Uso

VI-33

Linee Dati del Processore $INPUT

2 b 2 3

13

17 t α

r

H

3

R B

B 2 B 2

H

18

14

3

3 t

n lati

b

B 2 B 2 t

t H

19

15

3

3 n lati

b

2

t

2

16 3

H

H

20 3 t

b B B

FIG. V.3-6b - Sezioni di libreria

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Manuale d’Uso

VI-34

Linee Dati del Processore $INPUT

Nella tabella seguente sono elencati i parametri p1-p6 da assegnare ai campi 3÷8 in funzione del tipo di sezione. Tipo 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

Sezione Generica Rettangolare Sezione a T Circolare Rettangolare Cava Sezione a I Anulare Angolare Sezione a U Doppio T Angolare Triangolare Triangolare Cava Settore Cavo Poligono Regolare Poligono Reg. Cavo Sezione a C Sezione a Ω Doppio U Doppio U Inversa Sezione a Z

p1 A B B D B B D B B B B B B R B B B B B B B

p2 I3 H H

p3 I2

p4 J

b

h

H H d H H H t H H r n n H H H H H

b b

h h

b b b

h h h

p5

p6

b’

h’

t α (in gradi) t b b b b t

t t t t

d) Elemento Shear Panel. L’elemento Beam20 può simulare il comportamento di una parete di taglio. In particolare, l’elemento può avere un duplice comportamento di tipo Shear Panel lungo uno degli assi locali 2 e 3 (o entrambi) e di tipo Flexural Beam lungo l’altro asse. Il comportamento Shear Panel è attivabile solo per la sezione di tipo 0 (generica). Per attivare il comportamento Shear Panel i campi delle linee C sono modificati come segue. 1) L’area della sezione (campo n.3) deve essere sempre assegnata 2) Se un momento d’inerzia non è assegnato o è nullo, il comportamento dell’elemento nella direzione di inflessione è di tipo Shear Panel. Ad esempio, se I3=0 (campo n.4) l’elemento è di tipo Shear Panel lungo l’asse 2. Analogamente, se I2=0 (campo n.5) l’elemento è di tipo Shear Panel lungo l’asse 3. Se entrambi i campi sono nulli, esso sarà un pannello di taglio in entrambe le direzioni. 3) La normale rigidezza a Flessione e Taglio dell’elemento Beam in una direzione principale può essere espressa come: 1 A K fs = 3 con As = L L χ + 12 EI GAs Se il fattore di taglio non è assegnato (v. linee D) il secondo termine a denominatore non è incluso. Si noti che includendo la deformabilità a taglio l’elemento si deforma maggiormente rispetto al caso in cui è presente il solo termine flessionale. Tranne il caso di travi tozze, il termine tagliante è generalmente trascurabile rispetto a quello flessionale, per cui:

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Manuale d’Uso

VI-35

Linee Dati del Processore $INPUT

12 EI L3 Quando il momento di inerzia è nullo, il primo termine a denominatore non è inserito e l’elemento è di tipo Shear Panel, con rigidezza: GAs K fs = K s = L L’elemento Shear Panel è quindi piuttosto rigido e scarsamente deformabile. Un’altra sua caratteristica è che esso non presenta rigidezza alla rotazione attorno all’asse perpendicolare a quello di taglio. Tale rigidezza può essere fornita da altri elementi che la trasmettano. In ogni caso, il programma assegna una piccola rigidezza alla rotazione. K fs ≈ K f =

4) Anche se l’elemento è di tipo Shear Panel in una o entrambe le direzioni, esso possiede l’usuale rigidezza a compressione/trazione e la rigidezza torsionale. Se si desidera sopprimere quest’ultima, è sufficiente assegnare il momento di inerzia torsionale J (campo n.6) uguale a zero. Anche in questo caso il programma introdurrà una piccola rigidezza. 5) Come visto, se l’elemento è di tipo Shear Panel in una direzione, l’area resistente a taglio è ridotta del fattore 1/χ. Tuttavia, se χ L

Pr

Pr

δ = L0 − L > 0 I

Pr >0

J

I

Pr

Pr

L

J

L

FIG. V.3-11a - Interferenza

FIG. V.3-11b - Pretensione ∆ t>0

∆ t=0

FIG. V.3-11c - Salto termico. 2

Ttop2 2

h

Ttop3

Ttop2 Tbot2

3

J δt 2 >0

Tbot3

b

1

Tbot2

FIG. V.3-11d - Gradiente termico.

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Manuale d’Uso

VI-48

Linee Dati del Processore $INPUT

f) I carichi n.1,2,5,7,8,10 sono introdotti specificando solo due parametri (campi n.3 e n.4): il valore del carico (P, Mt, Mf) e la sua posizione lungo l’asta (α). Il parametro α è il rapporto tra la distanza del carico dal primo estremo e la lunghezza dell’asta. Se α=0., il carico è sull’estremo sinistro; se α=1. è sull’estremo destro; Se α=0.5 è in mezzeria. Se il valore del carico è negativo esso è orientato in senso opposto all’asse locale cui si riferisce (fig.V.3-12). 2

2

Mt

I'

J' P a Lf

P>0 M t >0 α =a/L f

I'

1

Mf

a

J'

1 M f >0

Lf

FIG. V.3-12 - Carichi concentrati.

g) Per i carichi n.3,4,6,9 è possibile indicare i valori iniziale (qA, mtA) e finale (qB, mtB) dei carichi ed i punti di inizio e fine carico (αA e αB). Nel caso particolare in cui il carico sia esteso a tutta la lunghezza dell’asta, è necessario solamente definire i valori qA e qB e nel caso di carico uniformemente ripartito su tutta l’asta è sufficiente assegnare solo qA. Tuttavia per assegnare un carico triangolare agente su tutta l’asta con valore nullo all’estremo destro è necessario assegnare a qB un valore molto piccolo ma diverso da zero, oppure porre αB=1 (fig.V.3-13). 2

2

qb

qA

I' a

q

J' A

B

A

1

I'

B

A

qB

J' 1

b Lf

qA0

αA =a/L f

q A0

FIG. V.3-14a - Tratto di cavo di precompressione a sviluppo parabolico. 2

Lf

b a

I'

y

B

y

T

J'

1

B

A

A T

αA=a/L f α B = b/Lf

yA 0. Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione del set

2

R

Ascissa normalizzata α1

3

R

Ascissa normalizzata α2



















10

R

Ascissa normalizzata α9

NOTE: a) Le linee I sono utilizzate quando in una o più aste del gruppo devono essere specificate esplicitamente le posizioni di un max di 9 sezioni interne all’asta, per il calcolo di azioni interne e spostamenti. Se le sezioni per le quali si desidera il calcolo sono semplicemente equispaziate lungo l’asta, non è necessario fornire la linea I (v. campo n.8, linee J). Ogni linea può contenere da 1 a 9 sezioni. Poichè le ascisse delle sezioni sono normalizzate rispetto alla lunghezza dell’asta, uno stesso set di sezioni può essere applicato a più aste, eventualmente di lunghezza differente. Si noti che αi = ai/Lf, ascissa della sezione interna iesima, è normalizzata rispetto alla lunghezza flessibile Lf dell’asta. Le ascisse αi hanno sempre un valore compreso tra 0. e 1.. E’ consigliabile che le ascisse αi siano assegnate in ordine crescente.

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Manuale d’Uso

VI-57

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee J. Definizione degli Elementi. Numero richiesto: qualunque, fino al completamento della descrizione di tutti gli elementi Beam. Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero dell'elemento

2

I

Numero nodo I

3

I

Numero nodo J

4

I

Numero nodo K

5

I

Numero del materiale

6

I

Numero proprietà geometriche sezione I’

7

I

Numero proprietà geometriche sezione J’

8

I

Codice di calcolo azioni interne (-9÷NSZI)

9

I

Numero set estremità rigide

10

I

Numero set proprietà estese

11

I

Codice vincolo interno su R1,R2,R3,M1,M2,M3 - nodo I

12

I

Codice vincolo interno su R1,R2,R3,M1,M2,M3 - nodo J

13

I

Parametro di generazione automatica (KN)

NOTE: a) Per l'elemento beam deve essere definita una terna di assi locali xe,ye,ze per individuarne l'asse e l'orientazione della sezione, come spiegato alla nota a) relativa alla linea A. Essendo l'asse xe individuato dai nodi d'estremità, la terna è univocamente determinata una volta che è fissato l'asse ye. Sono possibili tre modi per individuare l'asse locale ye: •

Assegnando il nodo K (positivo) giacente su un qualunque punto del piano xe-ye, ma non sull'asse xe. K può appartenere alla struttura o essere un nodo fittizio. In quest'ultimo caso ogni grado di libertà deve essere soppresso (ponendo tutti i codici di vincolo uguali a 1), al fine di eliminarli dal sistema di equazioni (fig.V.3-1).



Ponendo K = -1,-2,-3 l'asse ye è assunto su un piano parallelo rispettivamente agli assi globali X,Y,Z e verso concorde con essi. Ponendo K = -4,-5,-6 l'asse ye è assunto su un piano parallelo rispettivamente agli assi globali X,Y,Z e verso discorde con essi (fig.V.3-17). In altre parole, se al campo n.4 è assegnato il valore -6, ciò

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equivale ad aver assegnato implicitamente un nodo K posizionato su una retta passante per la mezzeria dell’asta e parallela all’asse globale Z, e ad una distanza pari alla lunghezza dell’asta, nel verso delle Z negative. Z

K=-6 K=-3

K=-2 Y K=-5

K=-4

K=-1

X

FIG. V.3-17 - Orientazione semplificata della sezione.



Se KOP≠0 al campo n.10 della linea A, i valori negativi assegnati al campo n.4 anziché essere trattati come detto al punto precedente, sono interpretati come rotazioni (in gradi o centesimi di grado) attorno alla giacitura standard, come detto alla nota f) della linea A. Questo è un nuovo metodo generale che evita la definizione del nodo K per orientare la sezione dell’elemento.

Qualunque sia la modalità adottata, se al campo n.4 è assegnato un valore positivo, esso è interpretato come numero di nodo K. In caso contrario (valore nullo o negativo), esso indicherà l’orientazione degli assi in alternativa al nodo K. Il valore zero è ammesso e il risultato è uguale a quello della nuova modalità di orientazione che si ottiene con KOP=1. b) Con le linee B,C,D,E,F sono state create le librerie dei materiali, sezioni, proprietà estese, offset rigidi e connettori di estremità. Con le linee G si sono definiti i carichi in gioco ed infine con le linee H si sono assegnati i carichi locali alle singole aste (i carichi di accelerazione globale definiti con le linee C1 di SOLVE sono automaticamente assegnati a tutti gli elementi del gruppo). Le aste sono effettivamente definite solo con le linee J come geometria (nodi I,J,K), materiale (campo n.5), sezioni (campi n.6 e n.7) e proprietà (campi n.8÷12). In effetti non è obbligatorio che tutti i materiali, sezioni, ecc., definiti siano poi effettivamente attribuiti alle aste. c) Se il numero di materiale dell'asta (campo n.5) è lasciato uguale a zero, il programma assegna il materiale n.1.

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d) Ai campi n.6 e n.7 sono assegnati i numeri di proprietà geometriche, cioè il numero identificativo delle sezioni di estremità scelte tra quelle definite alle linee C. L’elemento può essere a sezione moderatamente e gradualmente variabile, con dimensioni variabili linearmente lungo l’asse dell’asta. Il rapporto tra le dimensioni lineari delle sezioni di estremità dovrebbe essere non superiore a 2:1, quello tra le aree non maggiore di 5:1 e quello tra i momenti d’inerzia non superiore a 20:1. Se il campo n.7 non è definito o è posto uguale a zero, la trave è considerata a sezione costante. e) Al campo n.8 può essere specificato un codice per ottenere il calcolo delle azioni interne. Se il codice ni non è assegnato o è nullo, il calcolo delle azioni interne all’asta è soppresso e sono trovate solamente le azioni alle estremità del tratto flessibile. Se ni0 le ascisse delle sezioni interne sono quelle del set ni assegnato con le linee I. Oltre alle azioni interne (R1, R2, R3, M1, M2, M3) sono anche calcolati i relativi spostamenti dei punti interni (traslazioni u1, u2, u3 e rotazioni α1, α2, α3) e fino a sei ulteriori componenti di “sforzo”. Queste sei generiche componenti di sforzo saranno attivate nelle prossime release. Nell’attuale release è attivato il calcolo della pressione pt sul suolo elastico, definita come forza per unità di lunghezza. Da essa è possibile ricavare immediatamente la pressione sul terreno σt2 = pt2/B*o σt3 = pt3/H*, essendo B* e H* le larghezze delle suole di fondazione in direzione 2 e 3. f) Al campo n.9 deve essere posto il numero identificativo del set di estremità rigide da applicare, scelto tra quelli delle linee E. Se il campo è nullo o non è definito, la trave non ha estremità rigide. g) Al campo n.10 è posto il numero identificativo delle proprietà estese, tra quelle definite con le linee D. Se il campo n.10 è posto uguale a zero o non è definito non è applicata alcuna proprietà estesa, con eccezione del fattore di taglio, che è applicato nelle due direzioni 1 e 2 col valore di default assegnato al campo n.9 della linea A. h) Il codice di vincolo interno al campo n.11 permette di rilasciare una o più componenti di azione interna, che normalmente è invece trasferita al nodo I. Il codice al campo n.11 è un intero composto di 6 cifre che possono essere 0 o 1. Normalmente è lasciato uguale a zero (000000) e l'elemento trasmette al nodo tutte le azioni R1,R2,R3,M1,M2,M3. La prima cifra è relativa alla componente R1: se è 1, l'elemento non la trasmette. Se è 1 la seconda cifra, la componente R2 non è trasmessa, ecc.. Per il nodo J (campo n.12) il significato dei codici è lo stesso. Esempio: Campo n.11 = 10001 = 010001 Campo n.12 = 100101 Al nodo I è nulla l’azione R2 e l’azione M3 (codice 010001): vi è un carrello con cerniera che permette la traslazione lungo l'asse 2 e la rotazione attorno all'asse 3.

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Al nodo J è nulla l’azione R1 e le azioni M1 e M3 (codice 100101): è possibile la traslazione e la rotazione assiale e la rotazione attorno a 3. i) Esiste un nuovo metodo più generale per specificare i vincoli interni sui nodi e consiste nel definire i codici di vincolo separatamente per i nodi I e J attraverso linee dati separate (linee F). Se NVI>0 al campo n.11 della linea A è utilizzato questo metodo per tutti gli elementi del gruppo e ai campi n.11 e n.12 della linea J devono essere assegnati i numeri di set di vincolo interno da applicare rispettivamente sui nodi I e J. Anzi, l’uso di questo metodo attiva il macroelemento HPBeam dotato di Connettori. Le caratteristiche del Connettore sono assegnate nella stessa linea F che definisce i rilasci sul nodo. Il Connettore è comunque applicato in corrispondenza dell’estremità flessibile dell’asta. Se l’asta non possiede il tratto rigido su quel lato, il rilascio e il Connettore risultano adiacenti e indipendenti. La zona del rilascio e il Connettore hanno lunghezza nulla. j) Gli elementi devono essere assegnati in ordine crescente. Se tra una linea e la successiva si ha un salto nel numero di elemento, gli elementi intermedi sono generati incrementando i nodi I,J del valore KN (positivo, negativo o nullo) dato al campo n.13 della linea iniziale della serie. In tal caso tutte le caratteristiche degli elementi generati saranno poste uguali a quelle specificate nella linea iniziale. L'elemento finale della serie non è comunque generato, ma ad esso sono attribuiti i valori assegnati dall'utente. L'ultimo elemento della serie può quindi essere usato per la generazione della serie successiva. L’ultimo elemento del gruppo deve essere sempre esplicitamente assegnato. Se KN è lasciato uguale a zero, esso è posto uguale a 1 dal programma. E’ possibile assegnare elementi fittizi (dummy), specificando il nodo I con valore negativo o nullo. Un elemento dummy non fornisce alcun contributo strutturale. Gli elementi dummy possono essere assegnati esplicitamente o generati come qualunque altro elemento. Gli elementi dummy assegnati con I=0 sono elementi nulli, con tutti i numeri di nodo e le proprietà uguali a zero (gli eventuali valori assegnati sono ignorati). Viceversa, la assegnazione con I0, ma gli elementi sono disabilitati (non è costruita la matrice di rigidezza e l’elemento è come se non esistesse). Il segno del nodo I è solo un contrassegno per disabilitare l’elemento. La attuale release non possiede ancora delle funzioni per riabilitare gli elementi temporaneamente disabilitati, per cui non esiste differenza tra i due casi. k) Output Risultati di Elemento. Gli elementi Beam20 implementati nella attuale release sono uguali a quelli già presenti nella Rel.9.3. Sono disponibili in output le seguenti quantità. •

FJOINT Forze nodali. E’ un vettore di 12 componenti. Le prime sei componenti sono relative al nodo I (tre forze e tre momenti): FX,FY,FZ,MX,MY,MZ. Le altre sei componenti sono relative al nodo J. Le componenti sono riferite al sistema globale X-Y-Z della struttura. FJOINT=-(Fext-Fint) è la forza che il nodo deve fornire per assicurare l’equilibrio dell’elemento, su cui agiscono le forze interne indotte dagli sforzi e le eventuali forze dovute alla presenza dei carichi esterni applicati.

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FE

Azioni interne. E’ un vettore di 6 componenti (tre forze e tre momenti): R1,R2,R3,M1,M2,M3. Le azioni interne sono riferite al sistema locale 1-2-3 (v. fig. V.3-5) e sono calcolate su un massimo di 11 sezioni sul tratto flessibile. I punti sono identificati con i numeri da 1 a 11 nel seguente ordine: estremo sinistro (dalla parte del nodo I), estremo destro (dalla parte del nodo J), punti 3-11 (punti interni compresi tra l’estremo sinistro e l’estremo destro).



PT

Pressioni sul terreno. E’ un vettore di due componenti: pt2 e pt3. Le pressioni sul terreno sono diverse da zero solo per le travi su suolo elastico. Esse sono calcolate nelle direzioni locali 2 e 3 negli stessi punti di calcolo di FE.



UE

Spostamenti interni. E’ un vettore di 6 componenti (tre spostamenti e tre rotazioni): u1,u2,u3,r1,r2,r3. Anche gli spostamenti interni sono calcolati nel sistema locale 1-2-3 negli stessi punti di calcolo delle azioni interne FE.

Il programma calcola i risultati a gruppi, con un massimo di 12 componenti per gruppo. Con le funzioni di Post-Processing (routine API o processore $MSPOST) è possibile accedere ai risultati completi (calcolati per tutti gli elementi) conservati nel file .RST. Si deve notare che il file .RST contiene in effetti i risultati base: parte dei risultati accessibili dalle API sono calcolati dalle quantità base all’atto della lettura di .RST. Per l’elemento Beam20 questa release prevede i seguenti gruppi di risultati: • • •

Gruppo 0 Gruppo 1 Gruppo 2

FJOINT FE, PT UE

Forze nodali su I e J Azioni interne sezione Spostamenti interni sezione

12 componenti 8 componenti 6 componenti

Nel caso generale il codice che seleziona i risultati è un intero di nove cifre suddiviso in tre parti: xxxxyyyzz. Questo codice è assegnato col parametro KRESU nelle API. Se i risultati sono ottenuti con $MSPOST, i codici zz, yyy e xxxx sono specificati separatamente con i parametri KRES, KSEZ e KLAY. Le prime quattro cifre sono riservate alla selezione degli strati o fibre entro la sezione. Per l’elemento Beam20 queste non sono usate (la sezione può essere pensata come costituita da una sola fibra) e il codice è semplicemente costituito dai due campi yyyzz, col seguente significato. • zz = kres

Gruppo risultati, scelto tra quelli sopra elencati. Qualunque altro codice equivale a zz=00.

• yyy=ksez

Posizione di calcolo entro l’elemento. Il codice yyy indica la posizione della sezione di calcolo dei risultati lungo il tratto flessibile. Il codice yyy è usato solo per i gruppi n.1 e n.2. Per il gruppo n.0 il suo valore è ignorato. Il valore yyy=001 seleziona la posizione dell’estremo sinistro del tratto flessibile. Il valore yyy=002 indica la posizione dell’estremo destro del tratto flessibile. I valori yyy=003-011 individuano la posizione dei punti interni n.1,2,…9. Se yyy dovesse risultare maggiore del numero di punti contenuto in una particolare asta, sono conservati i risultati dell’ultimo punto contenuto. Il valore yyy=0 seleziona tutte le sezioni dell’elemento.

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V.7 - MODULO SHELL – ELEMENTO TIPO 60

Linea A

Informazioni di Controllo. Numero richiesto: Una.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Il numero 60

2

I

Numero totale di elementi

3

I

Numero di differenti materiali (NMAT)

4

I

Numero massimo di temperature per le quali sono date le proprietà dei materiali (NTMAX)

5

I

Numero di proprietà geometriche delle sezioni (NSEZ)

6

I

Numero di proprietà del suolo elastico (NFND)

7

I

Numero linee di carichi sugli elementi (NLD)

8

I

Flag di attivazione elemento membranale KTYPM (-1,0)

9

I

Flag di attivazione elemento flessionale KTYPB (-1,0,1)

NOTE:

a) Shell60 è un elemento shell ad alte prestazioni composto da una parte membranale e da una flessionale i cui effetti possono essere accoppiati tra loro per contemplare i casi di piastre in composito a grosso spessore con i diversi strati comunque orientati. L’elemento membranale è dotato di una vera rigidezza alla rotazione normale (grado di libertà drilling), che consente una più fedele schematizzazione di strutture a guscio non completamente giacenti su un piano e una naturale connessione con elementi beam. Gli elementi implementati sono triangolari o quadrangolari, a tre e quattro nodi rispettivamente. Gli elementi quadrangolari sono ottenuti assemblando in modo automatico più elementi triangolari. Gli elementi triangolari sono di tipo HPE (High Performance Elements) ad alte prestazioni. Hanno una formulazione particolare che li rende paragonabili ai più classici elementi isoparametrici a 6 nodi con deformazione lineare. Contrariamente all’elemento quadrangolare, l’elemento triangolare può essere utilizzato efficacemente per schematizzare l’intera struttura a guscio,

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sebbene la forma composta quadrangolare sia comunque generalmente superiore. L’utilizzo di soli elementi triangolari ha però indubbi vantaggi. L’elemento triangolare consente una più rapida esecuzione, che permette l’uso di suddivisioni più fitte. La suddivisione di qualunque superficie risulta inoltre più semplice ed accurata. L’elemento Shell60 possiede una formulazione che lo rende piuttosto insensibile alla distorsione. Questa caratteristica è particolarmente utile nell’impiego con pre-processor che generano la mesh in modo automatico. In ogni caso, la risposta dell’elemento è tanto più accurata quanto più la sua forma è prossima al triangolo equilatero. L’elemento è definito su un sistema locale xyz, con asse z perpendicolare al suo piano. Ad esso occorre far riferimento per la corretta orientazione dei materiali ortotropi, della geometria della sezione e dei carichi di elemento. Inoltre i risultati sono anch’essi riferiti al sistema locale. I sistemi locali non sono legati all’orientazione e numerazione dei lati dell’elemento ma possono essere assegnati esplicitamente come caratteristica della sezione. I tempi di calcolo degli elementi sono contenuti, grazie al fatto che le matrici di rigidezza sono esplicitamente integrate.

b) L’elemento quadrangolare è definito assegnando la sequenza dei nodi I,J,K,L (v. fig.1 e fig.2). L’orientazione dell’asse locale z è determinata dal verso di percorrenza antiorario dei nodi. L’asse locale x è invece assegnato esplicitamente come caratteristica geometrica (v. linee C). L’elemento triangolare è numerato assegnando il nodo L uguale al nodo K (I,J,K,K) oppure lasciando L=0. L’elemento quadrangolare è ottenuto per sovrapposizione di quattro triangoli. z

Z

y K

L

K

L I

J

x

Y

I

X

J

Fig. 1

t

Fig. 2

c) La formulazione dell’elemento HPE (High Performance Element) Shell60 è basata sulla composizione di un elemento triangolare membranale AnDeS con grado di libertà drilling e sull’elemento DKT (Discrete Kirchhoff Triangle). Il grado di libertà di rotazione (drilling dof) è aggiunto descrivendo attraverso di esso la

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Linee Dati del Processore $INPUT

deformazione di ciascun lato. Molti programmi utilizzano la formulazione Allman Rotation, ma il comportamento degrada, con aumento di rigidezza all’aumentare della distorsione (locking). Gli elementi HPE nella formulazione AnDeS non transitano neppure attraverso le funzioni di forma degli spostamenti nodali ma piuttosto attraverso la definizione della deformazione del centroide e della variazione che questa subisce nel passaggio ai nodi (deviatoric strain). La stessa matrice di rigidezza è la somma di una matrice base (basic stiffness) e di una matrice di ordine superiore (high-order stiffness). Per maggiori informazioni si veda il Report seguente: CU-CAS-03-02 - C.A. Felippa – A Study of Optimal Membrane Triangles with Drilling Freedom – Colorado University, Center for Aerospace Structures – February 2003.

d) Per default, tutti gli elementi del gruppo sono costruiti sovrapponendo l’elemento membranale (KTYPM=0) e l’elemento flessionale nella formulazione thin shell (KTYPB=0). Tuttavia, assegnando KTYPM=-1 oppure KTYPB=-1 esiste la possibilità di disattivare una delle due componenti. Non è possibile disattivarle entrambe.

e) La parte flessionale dell’elemento Shell60 è anch’essa ottenuta con l’approccio AnDeS, ed utilizza per default il noto DKT (Discrete Kirchhoff Triangle). Se KTYPB è posto uguale a zero il taglio fuori piano è trascurato. Altrimenti, se KTYPB è posto uguale a 1, è utilizzato l’elemento DKMT (Discrete KirchhoffMindlin Triangle), formulato secondo la teoria di Reissner-Mindlin. Gli elementi quadrilateri sono identificati con la sigla DKQ e DKMQ.

f) Se i campi n.3,4,5 sono nulli il programma assume comunque per essi il valore minimo uguale a 1 per default. Entro il gruppo elementi deve essere assegnato almeno un materiale definito per almeno un valore di temperatura (deve sempre essere assegnata almeno una serie di linee B). Deve inoltre essere definita almeno una sezione (deve essere assegnata almeno una linea C). I materiali e le sezioni possono essere assegnati in qualunque numero, indipendentemente da quelli effettivamente utilizzati dagli elementi del gruppo.

g) Gli elementi del gruppo possono essere basati su fondazione elastica. In questo caso è necessario inserire le linee D che ne definiscono le proprietà. Se il campo n.6 è nullo le linee D non devono essere incluse. I set di fondazione elastica possono essere assegnati in qualunque numero, indipendentemente da quelli effettivamente utilizzati dagli elementi del gruppo.

h) Gli elementi del gruppo possono ricevere carichi interni di vario tipo. In questo caso è necessario inserire le linee E, che ne definiscono le proprietà e le linee F che li assegnano agli elementi. Se il campo n.7 è nullo le linee E e F non devono essere incluse. I set di carico possono essere assegnati in qualunque numero, indipendentemente da quelli effettivamente utilizzati dagli elementi del gruppo.

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Linee Dati del Processore $INPUT

i) L’elemento Shell60 è considerato a grosso spessore. Il programma compone infatti la matrice di rigidezza con le submatrici principali membranale e flessionale e la submatrice di accoppiamento. L’elemento è inoltre sempre considerato generalmente stratificato, anche quando la sua sezione è omogenea. Anche nell’analisi lineare, la presenza di materiali diversi provoca accoppiamento tra le azioni su piano e fuori piano. Forze agenti sul piano dell’elemento possono quindi generare inflessioni fuori piano e viceversa. Se inoltre il materiale ha comportamento nonlineare questi effetti esistono anche se la sezione è inizialmente omogenea.

j) Gli elementi sono sempre considerati stratificati. Con le linee C che seguiranno è possibile definire vari tipi di sezione. Se il comportamento è lineare e la sezione è omogenea è sufficiente definire un solo strato.

k) I risultati di sforzo, deformazione e stato del materiale sono sempre calcolati in corrispondenza dei punti di integrazione, ubicati sul punto medio di ciascun lato dei triangoli componenti. Inoltre su ognuna di queste posizioni è necessario eseguire l’integrazione su più punti nello spessore. I punti di integrazione nello spessore di ciascuno strato sono sempre due, ubicati sulla faccia inferiore e superiore. In output è possibile richiedere tutti i risultati entro lo spessore o una parte di essi. Per quanto riguarda l’ubicazione sulla superficie, essi possono essere letti direttamente in corrispondenza delle mezzerie di ciascun lato dell’elemento o viceversa essere estrapolati ai nodi, e sono quindi sempre in numero di 4. Per il triangolo semplice la posizione 4 coincide con la posizione 3 (mezzeria del terzo lato oppure posizione del terzo nodo). Per il quadrilatero i punti di integrazione sono tre per ciascun triangolo componente e il risultato sui 4 punti di mezzeria dei lati è ottenuto eseguendo la media dei valori calcolati sulla stessa posizione.

l) E’ possibile definire un massimo di 98 strati nello spessore. Per ogni strato è necessario conservare lo stato di sforzo e deformazione durante un calcolo. I tempi di calcolo e la quantità di spazio su disco e in memoria dipendono in misura rilevante dal numero di strati.

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Linee Dati del Processore $INPUT

Linee B

Caratteristiche dei Materiali. Numero richiesto: Una serie di linee B1-B2 deve essere fornita per ogni materiale, il cui numero NMAT è stato specificato al campo n.3 della linea A. B1. Linea di Identificazione Materiale. Numero richiesto: Una per ciascun materiale. Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione materiale

2

I

Numero di differenti temperature per le quali sono date le proprietà del materiale (NT).

3

R

Peso specifico gravità)

4

R

5

R

Angolo ß di orientazione del materiale (solo per materiali ortotropi)

6

R

Non Usato (porre 0.0)

7

I

Tipo materiale MATTYP (0= bidirezionale; 9= unidirezionale)

γ (solo per carichi dovuti ad accelerazione di

Densità ρ (solo per analisi dinamica o accelerazione centrifuga)

NOTE:

a) Il numero di materiale al campo n.1 deve essere compreso tra 1 e NMAT. Non è comunque richiesto che i materiali siano assegnati in ordine.

b) Il massimo numero NT al campo n.2 tra tutti i materiali, deve essere trascritto al campo n.4 della linea A. c) Per i materiali ortotropi, viene definito un sistema locale N-S-T al quale le proprietà sono riferite (v. fig. 3). L'asse T coincide con l'asse locale z ed è perpendicolare al piano dei nodi I,J,K,L. ß è l'angolo (in gradi) tra l'asse locale x e l'asse N, misurato in senso positivo antiorario attorno all’asse locale z. L'angolo ß si porrà uguale a zero per i materiali isotropi. La direzione dell’asse locale x è definita con le linee C.

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Linee Dati del Processore $INPUT

y

K L N S β x

I

J

Fig. 3

d) Le temperature Tn dei nodi sono quelle assegnate con le linee B del modulo SOLVE. Le temperature effettive nell’elemento in corrispondenza della posizione dei nodi sono poi ottenute sommando i contributi ∆Te dei salti termici di elemento, anch’essi assegnati in corrispondenza dei nodi (v. linee E). Infine, la temperatura locale in ciascun punto del piano medio xy dell’elemento è ottenuta per interpolazione lineare sulla superficie di ciascun triangolo componente. La temperatura locale può inoltre variare linearmente entro lo spessore, se sono stati assegnati dei gradienti termici (v. linee E). Anche il gradiente termico nello spessore è assegnato in genere in corrispondenza dei nodi e varia linearmente sulla superficie dell’elemento. Stabilita quindi la temperatura T(x,y,z), variabile con le coordinate x,y,z locali del punto, è possibile calcolare il salto termico effettivo ∆T e quindi le componenti di deformazione termica: ∆T = T(x,y,z) - TREF

εth = -α⋅∆T

Se l’elemento è di tipo multistrato, composto di materiali diversi nello spessore, i coefficienti α sono quelli del corrispondente materiale. Si noti inoltre che α può variare con la temperatura e con l’orientazione degli assi locali x,y per ciascuno strato (v. linea seguente). Per ulteriori dettagli si veda anche la nota f) alla linea B iniziale di $INPUT.

e) Il campo n.7 (MATTYP) individua il tipo di materiale. Se MATTYP = 0 (default) il materiale è di tipo lineare elastico generalmente ortotropo. Se MATTYP = 9 (armatura) il materiale reagisce solo lungo la direzione β, e non esistono contrazioni trasversali e scorrimenti di taglio. E’ possibile definire più armature con diverse direzioni, eventualmente alla stessa quota (baricentrica). Ogni ordine di armatura occupa sempre uno strato.

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Linee Dati del Processore $INPUT

B2. Proprietà Lineari del Materiale Dipendenti da Temperatura. Numero richiesto: Una per ogni differente temperatura, il cui numero NT è stato specificato al campo n.2 della linea B1. Campo

Tipo

Descrizione

1

R

Temperatura alla quale si riferiscono le proprietà

2

R

Modulo di elasticità in direzione N (En)

3

R

Modulo di elasticità in direzione S (Es)

4

R

Modulo di Poisson sul piano NS (νns)

5

R

Modulo di elasticità trasversale sul piano NS (Gns)

6

R

Modulo di elasticità trasversale sul piano ST (Gst)

7

R

Modulo di elasticità trasversale sul piano NT (Gnt)

8

R

Coefficiente di dilatazione termica in direzione N (αn)

9

R

Coefficiente di dilatazione termica in direzione S (αs)

NOTE:

a) Le linee B2 devono essere assegnate in ordine crescente di temperatura. In base alle caratteristiche specificate il programma costruisce la matrice elastica del materiale in situazione di plane stress. La legge costitutiva del materiale è corretta per la condizione σt=0 (per definizione sono nulli gli sforzi in direzione perpendicolare al piano degli elementi).

b) Ovviamente, per i materiali isotropi è per definizione: En = Es = E νns = ν Gns = Gst = Gnt = E/[2⋅(1+ν)] αn = αs = α c) In casi particolari il programma provvede a fornire valori di default per le caratteristiche dei materiali, se i relativi campi sono lasciati nulli. In ogni caso, En (campo n.2) deve sempre essere assegnato.

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VI-69

Linee Dati del Processore $INPUT

Se Es = 0 il suo valore è posto uguale a En dal programma. En Se Gns = 0 è posto G ns = 2(1 + ν ns ) Se αs = 0 è posto αs = αn. La matrice elastica deve essere definita positiva, per cui deve essere rispettata la E condizione: 1 − ν ns2 n > 0 . Es d) I valori Gst e Gnt possono essere nulli. Non esiste alcun valore di default per cui, se è usato l’elemento resistente a taglio trasversale (KTYPB=1 nella linea A) è necessario assegnare esplicitamente i valori effettivi Gst e Gnt. Il diagramma della deformazione e dello sforzo di taglio fuori piano sono considerati costanti nello spessore dello strato. La matrice elastica del taglio fuori piano di uno strato generico è corretta per il fattore di taglio χ, che può essere assegnato esplicitamente come proprietà della sezione (v. linea C1). Se KTYPB=1, la assegnazione di moduli trasversali Gst e Gnt molto grandi (ad es. Gst=Gnt=103En) dovrebbe produrre in teoria una soluzione prossima a quella della formulazione con KTYPB=0. In realtà, in queste condizioni l’elemento è comunque leggermente più rigido. Viceversa, l’utilizzo di valori molto piccoli (ad es. Gst=Gnt=10-3En) rende l’elemento estremamente flessibile al taglio. Come caso limite, uno o più strati possono essere resi infinitamente flessibili a taglio assegnando Gst=0 e/o Gnt=0. Questa modalità può essere utilizzata nella schematizzazione di pannelli sandwich (v. linea C1).

e) Il programma trova la temperatura media in corrispondenza del punto di integrazione nell’elemento e interpola linearmente i valori delle proprietà meccaniche utilizzando i valori assegnati per la temperatura immediatamente inferiore e superiore alla temperatura media. Se la temperatura media è inferiore a quella minima o superiore alla massima, sono adottati gli stessi valori corrispondenti alla temperatura minima o massima. f) Se il materiale è di tipo 9 (armatura) i campi 3÷7 e 9 non sono utilizzati. Uno strato di materiale di tipo 9 non fornisce alcun contributo di resistenza per il taglio fuori piano all’elemento flessionale con KTYPB=1.

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VI-70

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee C

Proprietà delle Sezioni. Numero richiesto: Una serie di linee C1-C2 deve essere fornita per ogni differente sezione, il cui numero NSEZ è stato specificato al campo n.5 della linea A.

C1. Linea di Identificazione della Proprietà. Numero richiesto: Una per ciascuna sezione. Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione della proprietà

2

I

Direzione locale – Nodo n.1 (NDIR1)

3

I

Direzione locale – Nodo n.2 (NDIR2)

4

R

Posizione zn del piano dei nodi rispetto al piano medio

5

I

Tipo sezione

6

I

Numero di strati (NLAY)

7

R

Parametro p1

8

R

Parametro p2

9

R

Parametro p3

NOTE:

a) Il codice di identificazione della proprietà, al campo n.1, deve essere compreso tra 1 e NSEZ. Non è comunque richiesto che le proprietà siano assegnate in ordine.

b) I campi n.2 e n.3 consentono di assegnare esplicitamente la direzione locale x a cui sono riferite le proprietà geometriche della sezione (v. fig. 4). Il sistema locale della sezione coincide col sistema locale dell’elemento. Questa è una importante novità rispetto alle precedenti release, dove l’asse locale x dipendeva dalla posizione dei nodi e variava in genere da elemento a elemento. Questo è importante poiché gli assi locali del materiale (nel caso di materiali ortotropi), le sollecitazioni e gli sforzi sono tutti riferiti al sistema locale dell’elemento. Inoltre, l’utilizzo della nuova modalità di definizione degli assi locali permette la

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Linee Dati del Processore $INPUT

assegnazione agevole di differenti tipi di carico e non solamente pressioni costanti. NDIR1>0 e NDIR2>0. Nel caso più generale l’asse locale x è assegnato attraverso due nodi (strutturali oppure no). Essi servono per definire una direzione nello spazio. L’asse locale z è il vettore perpendicolare al piano dell’elemento e orientato in verso positivo secondo il senso di percorrenza antiorario IJKL dei nodi. L’asse locale x è ottenuto separatamente per ogni elemento come la proiezione del vettore NDIR1-NDIR2 sul piano dell’elemento. L’asse locale y è perpendicolare al piano xz a completare una terna destra. La direzione NDIR1-NDIR2 non deve essere perpendicolare all’elemento, poiché in tal caso la direzione locale x risulterebbe indefinita e il programma termina con una segnalazione di errore. NDIR1=0 e NDIR2=0. Esiste una orientazione di default, se i campi sono entrambi nulli. In questo caso la direzione NDIR1-NDIR2 coincide con l’asse globale X e la direzione locale x è la proiezione dell’asse X sul piano dell’elemento. Se un elemento è perpendicolare a X, il programma non termina con un errore, ma utilizza automaticamente in alternativa l’asse globale Y per determinare la direzione dell’asse locale y per proiezione. In questo modo si ottiene una transizione uniforme e il risultato atteso, evitando la condizione di singolarità. NDIR1=0 e NDIR2>0. Il primo estremo del vettore direzione coincide con l’origine globale. NDIR1>0 e NDIR2=0. Se NDIR1=1 la direzione locale x coincide con la direzione del lato I-J dell’elemento. Per qualunque altro valore NDIR1>1 la direzione locale x è la congiungente i punti medi dei lati L-I e J-K. Quest’ultima opzione coincide con l’orientazione assunta nella Rel.8.3. La tabella seguente riassume le diverse opzioni. NDIR1 n 0

NDIR2 m 0

0

m

1 >1

0 0

Vettore Direzione Locale Definito dalle coordinate dei nodi n e m Definito dall’asse globale X (oppure Y) Definito dall’origine globale (0.,0.,0.) e dalle coordinate del nodo m Coincide con la direzione del lato I-J Direzione della congiungente i punti medi di L-I e J-K

La fig. 4 mostra la traccia di alcuni elementi con orientazione di default. L’elemento con l’asse z locale parallelo all’asse X globale è singolare ma gli assi locali sono ottenuti correttamente attraverso l’asse globale Y.

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Linee Dati del Processore $INPUT Z

x

z x

z x

z

X

Fig. 4

c) Il campo n.4 permette di posizionare l’elemento su un piano non coincidente col piano dei nodi, ma parallelamente ad esso. Il valore zn è la coordinata locale z del piano dei nodi rispetto al piano medio xy dell’elemento. Ad esempio, se il piano dei nodi coincide col piano medio locale xy dell’elemento, sarà zn=0. Se invece l’elemento ha spessore t e il piano dei nodi è posizionato sulla superficie inferiore, sarà zn=-t/2. Se il piano dei nodi non coincide col piano dell’elemento, le forze nodali inducono momenti fuori piano, per cui è necessario attivare sia la componente membranale sia la componente flessionale dell’elemento. Si deve notare che i risultati di azione interna di forza e momento sono sempre riferiti al piano dei nodi. d) Il campo n.5 definisce il tipo di sezione di libreria. Nelle future release potrebbero essere introdotte altre sezioni composte, non necessariamente omogenee nello spessore, come ad esempio pseudo shell con nervature o a sezione corrugata (fig. 6) . Tipo 0 1 2 3

Sezione Omogenea Multistrato Simmetrico Multistrato Antisimmetrico Multistrato Generico

p1 t tS

p2

p3

χ

νS

e) Al campo n.6 deve essere indicato il numero di strati in cui si desidera suddividere la sezione. NLAY è in genere uguale o superiore al numero di strati di diverso materiale che si alternano nello spessore, considerando comunque che il materiale può essere diverso anche solo per il fatto di possedere una differente orientazione delle fibre. Se la sezione è omogenea le suddivisioni sono effettuate con spessore costante e l’orientazione del materiale è quella specificata al campo n.5 della linea B1 e il materiale è quello specificato per l’intero elemento (campo n.6 delle linee G). In caso contrario, per la sezione Microsap Rel.12.3

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definita multistrato, queste informazioni andranno assegnate separatamente per ciascuno degli NLAY strati con le linee C2. Il valore NLAY deve essere maggiore o uguale a zero e minore o uguale a 98 (numero massimo di strati consentito per questo tipo di elemento). Se NLAY è assegnato uguale a zero è assunto per default un solo strato. Se la soluzione è di tipo lineare e la sezione è omogenea non vi è ragione di utilizzare più di uno strato. Il diagramma degli sforzi entro uno strato è lineare. Per ogni strato il programma conserva sforzi e deformazioni in corrispondenza della faccia inferiore e superiore.

f) Nel caso di sezione omogenea (tipo 0), le sue caratteristiche sono assegnate con i parametri p1,p2,p3 e le linee C2 non devono essere inserite. Lo spessore t deve sempre essere assegnato e non può essere nullo. χ e νS sono invece utilizzati solo per l’elemento thick shell (KTYPB=1, v. nota seguente). Lo spessore t è utilizzato nel calcolo della componente membranale, flessionale, delle forze di gravità e della massa dell’elemento. Una porzione infinitesima di volume è quindi espressa come dV = tdA e la forza di gravità e massa corrispondenti sono rispettivamente γ dV e ρdV, con γ e ρ specificati ai campi 3 e 4 delle linee B1. Componente Membranale. Se si indicano con {T} le forze sul piano agenti su un tratto di lunghezza unitaria in un punto generico dell’elemento e riferite al sistema locale, valgono le relazioni: T xx  2t {T } = T yy  = ∫ {σ M }dz = t [E ]{ε M } = [D M ]{ε M } T  − t  xy  2

σ MXX  {σ M } = σ MYY  σ   MXY 

essendo {σM} e {εM} i vettori sforzi e deformazioni e [E] la matrice elastica di plane stress costruita con i moduli elastici forniti con le linee B2. In pratica, b ⋅ t è l’area della sezione reagente alle forze di piano, essendo b la larghezza unitaria. Componente Flessionale. Se si indicano con {M} i momenti agenti su un tratto di lunghezza unitaria in un punto generico dell’elemento e riferite al sistema locale, valgono le relazioni:  M xx  2t 3 {M } =  M yy  = ∫ {σ B }zdz = t [E ]{κ B } = [D B ]{κ B } 12 M  −t xy   2

σ BXX  {σ B } = σ BYY  σ   BXY 

essendo {σB} e {κB} i vettori sforzi e rotazioni e [E] la matrice elastica di plane b⋅t3 è il stress costruita con i moduli elastici forniti con le linee B2. In pratica, 12

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Linee Dati del Processore $INPUT

momento d’inerzia della sezione reagente ai momenti fuori piano, essendo b la larghezza unitaria. z

z

x

x

Fig. 5

Fig. 6

Per la sezione multistrato le relazioni sono simili, ma gli integrali sono calcolati tenendo conto delle diverse proprietà dei materiali dei singoli strati.

g) Elemento Thick Shell con Deformazione a Taglio Fuori Piano. Per l’elemento con taglio fuori piano (KTYPB=1 al campo n.9, linea A) le deformazioni di flessione (curvature) e taglio (scorrimenti) dipendono dal coefficiente di flessibilità a taglio ϕS(tS,χ,νS), funzione dello spessore tS, del fattore di taglio χ e del modulo di Poisson νS. Il fattore di taglio χ è inoltre impiegato nella costruzione della matrice elastica del taglio trasversale Gsi dello strato i-esimo della sezione: 0  2 χt S2 1 G ϕS = G si =  st 1 −ν S χ  0 G nt  I parametri p1-p3 permettono di specificare i valori tS, χ, νS che il programma usa per il calcolo del coefficiente di flessibilità a taglio ϕS e delle matrici elastiche di taglio. Se la sezione è omogenea, il parametro p1 deve essere pari allo spessore t dell’elemento ed è assunto tS=t. Se la sezione non è omogenea è possibile specificare esplicitamente lo spessore equivalente di taglio tS indipendentemente dagli spessori dei singoli strati. E’ ovvio che, se si desidera assegnare esplicitamente il parametro tS all’elemento thick shell con sezione omogenea, è sufficiente schematizzare la sezione come multistrato, eventualmente composta da un solo strato. In generale il parametro tS può essere interpretato come lo spessore della sezione omogenea equivalente sottoposta a taglio e νS il modulo di Poisson medio in direzione trasversale. Il parametro νS introduce un termine correttivo blando in ϕS, mentre χ interviene anche direttamente sulla matrice elastica di taglio. Nel caso in cui uno qualsiasi dei tre parametri sia assegnato nullo (da preferire nei casi standard) il programma applicherà un valore di default calcolato

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Linee Dati del Processore $INPUT

internamente. In generale, la modifica dei valori rispetto allo standard conferirà maggiore o minore flessibilità a taglio all’elemento. Se p2=0 il programma utilizzerà il valore di default χ=f corretto in funzione dello spessore totale t e dell’area A dell’elemento, al fine di attenuare l’effetto di shear locking. L’elemento thick shell ha infatti un comportamento eccessivamente rigido quando usato con spessori ridotti. L’espressione di f è la stessa adottata da Ansys per gli elementi Shell43, Shell91 e Shell99: A  f = Max  1.2,1 + 0.008 2  t   Si deve notare che la distinzione tra comportamento thin e thick per cui diventa non trascurabile la deformazione a taglio dipende in realtà dal rapporto tra la lunghezza tipica di inflessione e lo spessore dell’intera piastra, piuttosto che dalle dimensioni del singolo elemento. Il parametro χ è limitato tra 1 e ∞. Il suo valore tipico è χ=1.2 (sezione rettangolare omogenea). Se è assegnato a p2 un valore inferiore a 1, il programma assume comunque il valore χ=1. Non esiste limite superiore. Tuttavia, se è assegnato p2=0, il programma calcola automaticamente il valore di default χ=f come visto nella nota g) precedente. Il parametro νS è limitato tra 0.0 e 0.5. Se p3 è assegnato nullo o negativo, è assunto νS=0. Se p3 è assegnato maggiore di 0.5 è comunque assunto νS=0.5. La modifica della flessibilità a taglio dell’elemento attraverso la alterazione del fattore di taglio χ può non essere sempre la più efficace o può non essere sufficiente. Il programma permette perciò di controllare la flessibilità a taglio soprattutto attraverso il parametro tS, il cui valore può variare da zero a infinito. Se il suo valore è nullo l’elemento non presenta scorrimenti per taglio. Viceversa, se tS è infinito gli scorrimenti a taglio sono massimi. Quando tS assume valori molto piccoli o molto grandi la dipendenza di ϕS da νS e χ può essere trascurata. Il parametro tS è limitato tra 1⋅10-10 e 1⋅10+10. Qualunque valore di p1 minore o uguale a 1⋅10-10 corrisponde sempre all’applicazione di ϕS=0. Viceversa, qualunque valore di p1 maggiore o uguale a 1⋅10+10 corrisponde a ϕS=∞. Tuttavia se è assegnato il valore di default p1=0 il programma utilizzerà per tS lo spessore totale dell’elemento.

h) Soluzione Thin Shell con l’Elemento Thick Shell. Nelle note della linea B2 si è fatto notare che la assegnazione di valori Gst e Gnt molto grandi inibisce le deformazioni a taglio. Esiste tuttavia la possibilità di simulare in modo più accurato la soluzione thin shell. Questo comportamento può essere ottenuto assegnando p1=1⋅10-10. In tal caso p2 e p3, Gst e Gnt possono essere lasciati nulli. Si deve comunque porre in evidenza che, se lo spessore della piastra è entro i limiti di validità della soluzione thin shell, l’elemento DKT fornisce una

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Linee Dati del Processore $INPUT

soluzione più precisa di quella ottenibile con la soluzione simulata dell’elemento DKMT.

i) Sezione Sandwich. L’elemento flessionale con KTYPB=1 può essere utilizzato per schematizzare pannelli sandwich, costituiti da un nucleo centrale debole che sopporta tutto il taglio fuori piano e da due lamine esterne che sopportano solo la flessione. La sezione sandwich è quindi una sezione multistrato particolare definita con almeno tre strati. Sia le lamine esterne che il nucleo possono essere comunque suddivisi in più strati, ma costruttivamente lo spessore del nucleo centrale resistente a taglio non dovrebbe essere inferiore al 70% dello spessore totale. Per la corretta schematizzazione del pannello sandwich è necessario assegnare ai materiali delle lamine (linea B2) valori Gst e Gnt nulli. I valori dei moduli elastici En e Es delle lamine dovrebbero essere significativamente superiori a quelli del nucleo (almeno di un fattore 10), ma d’altra parte non tali da produrre risultati imprecisi (meno di un fattore 106). Contemporaneamente è necessario specificare per la sezione del pannello sandwich i valori p1=1⋅1010, p2=1 e p3=0 ai campi n.7,8,9.

Deformazione del Pannello Multistrato senza e con l’Opzione Sandwich

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Linee Dati del Processore $INPUT

C2. Proprietà del Multistrato. Numero richiesto: Una per strato. Solo per sezioni multistrato. Campo

Tipo

Descrizione

1

R

Numero di materiale mi

2

R

Spessore ti dello strato o area armatura Af

3

R

Orientazione βi dello strato

NOTE:

a) Per le sezioni multistrato (tipi 1,2,3) le caratteristiche di ciascuno strato sono esplicitamente assegnate con una linea C2. Il campo n.1 sovverte l’indicazione effettuata al campo n.6 della linea G, in cui si è assegnato il numero materiale a tutta la sezione. I codici di materiale devono essere tra quelli assegnati con le linee B. E’ tuttavia ammessa la definizione di strati vuoti, assegnando il codice del materiale uguale a zero. In questo caso lo spessore dello strato vuoto serve a distanziare gli strati successivi.

b) Lo spessore ti dello strato, al campo n.2, deve sempre essere assegnato maggiore di zero. Per le sezioni multistrato il peso e la massa dell’elemento sono direttamente calcolati dagli spessori e dal peso specifico e densità dei singoli strati. La temperatura di riferimento Tref del multistrato è quella del materiale specificato nella linea G di definizione dei nodi dell’elemento, così come i coefficienti di dilatazione termica αN e αS. In altre parole, solo per quanto riguarda i carichi termici, il multistrato utilizza le definizioni del materiale “equivalente” specificato nelle linee G. Nel caso in cui il materiale identifichi un’armatura, il valore dello spessore equivalente ti o dell’area di armatura Af sono del tutto equivalenti. Tuttavia l’armatura non occupa spazio: in altre parole, lo strato di armatura è collocato alla quota dell’interfaccia tra lo strato precedente e successivo. Strati immediatamente successivi di armatura condividono la stessa posizione (zi-1=zi). La suddivisione tra lo strato precedente e successivo dovrà quindi essere creata in corrispondenza del baricentro dello strato di armatura. Af è l’area di armatura con direzione βi per unità di lunghezza nella direzione perpendicolare.

c) Il campo n.3 sovverte l’indicazione effettuata al campo n.5 della linea B1 in quanto a strati dello stesso materiale possono essere attribuite differenti orientazioni.

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Linee Dati del Processore $INPUT

d) E’ possibile la assegnazione di multistrato generico (fig.7), simmetrico e antisimmetrico (fig.8). Per tutti i tipi di sezione lo strato n.1 è ubicato sulla superficie inferiore della shell e l’ultimo strato NLAY è sulla superficie superiore. Il piano xy rimane comunque posizionato a metà dello spessore totale dell’elemento (ttot). Internamente al programma la rappresentazione di tutti i tipi di sezione coincide con quella del multistrato generico del tipo n.3 L’unica differenza consiste nell’input. Per i tipi n.1 e n.2 è possibile ricorrere ad un input abbreviato, assegnando solo metà degli strati ed il programma procederà alla creazione dei rimanenti. Ad esempio, se la sezione è di tipo n.1 o n.2 ed NLAY=8, il n. di linee C2 da inserire deve essere 4 (primi 4 strati inferiori). Se il numero di strati è dispari è però richiesta la assegnazione dello strato centrale. Se ad esempio la sezione è di tipo n.1 o n.2 e NLAY=9 è necessario fornire 5 linee C2.

e) Nel multistrato simmetrico si assume che gli strati soprastanti il piano xy si susseguano nello stesso ordine di quelli sottostanti e con uguale spessore, materiale e orientazione (β’=β). Nel multistrato antisimmetrico è invece β’=-β. La matrice elastica del multistrato simmetrico gode della proprietà di avere la componente membranale disaccoppiata da quella flessionale. In pratica, l’applicazione di forze sul piano non produce inflessione e viceversa. Un’altra caratteristica notevole (non richiesta però dal programma) si ha quando uno strato ortotropo con orientamento +β è accompagnato da uno strato con orientamento -β. In tal caso si ha anche disaccoppiamento tra sforzi normali e taglio. z

Z

Z

-25

4

t4

3 2

t3 t2 t1

z4

1

Fig. 7. Multistrato generico

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ttot/2

x

25

35

-35

45 90 90 45

-45 90 90 45

35 -25

X

X

35 -25

Fig. 8. Orientazione βi in un multistrato simmetrico e antisimmetrico

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Linee D

Proprietà del Suolo Elastico. Numero richiesto: Una linea per ogni differente set di proprietà, il cui numero NFND è stato specificato al campo n.6 della linea A.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione del set proprietà

2

R

Rigidezza specifica Kf

NOTE:

a) Il codice di identificazione della proprietà, al campo n.1, deve essere compreso tra 1 e NFND. Non è comunque richiesto che le proprietà siano assegnate in ordine. I campi n.2,3,4,5 devono essere quantità maggiori o uguali a zero.

b) In Shell60 la rigidezza del suolo elastico è applicata in direzione normale all’elemento e agisce quindi su tutta la faccia dell’elemento flessionale. La matrice di rigidezza del suolo elastico è costruita integrando lo spostamento normale w e la pressione del terreno σf entro l’elemento attraverso la relazione: σ f = Kf ⋅w Nel caso più generale il programma considera la rigidezza del suolo elastico variabile linearmente entro l’elemento triangolare o entro ciascuno dei triangoli componenti l’elemento quadrangolare, una volta specificati i valori ai nodi. Lo spostamento normale w entro l’elemento flessionale è una funzione di forma cubica dipendente dagli spostamenti e rotazioni dei nodi. La pressione sul terreno è quindi schematizzata con una funzione di quarto grado.

c) Il campo n.2 definisce il valore di rigidezza specifica del suolo elastico (unità di misura: F/L3) da applicare sull’elemento. Nelle analisi lineari il suolo elastico reagisce in ugual modo a trazione e compressione con rigidezza Kf.

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Linee E Carichi sugli Elementi. Numero richiesto: NLD linee (v. campo n.7 della linea A), fino alla descrizione di tutti i set di carico.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione del set

2

I

Tipo di carico (0÷15)

3

R

Parametro p1

4

R

Parametro p2

5

R

Parametro p3

6

R

Parametro p4

7

R

Parametro p5

8

R

Parametro p6

NOTE:

a) Il codice di identificazione del set, al campo n.1, può essere un qualunque numero intero positivo. I set di carico possono essere assegnati in qualunque ordine. Un set di carico può essere composto da differenti tipi di carico. Per ottenere questo è sufficiente assegnare più linee con lo stesso codice identificativo. I carichi sullo stesso set, anche assegnati con linee non consecutive, si sommano a quelli eventualmente già presenti. Ad esclusione della prima riga, se il numero di set è nullo, il nuovo carico è sommato al set definito per ultimo.

b) I carichi di elemento sono costituiti in genere sia da componenti che agiscono sul piano dell’elemento sia da componenti fuori piano.

c) I parametri p1-p6 variano col tipo di carico secondo la tabella seguente.

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Linee Dati del Processore $INPUT

Tipo 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

Descrizione Pressione Costante Pressione Variabile Pressione Idrostatica Salto Termico Costante Salto Termico Variabile Gradiente Termico Costante Gradiente Termico Variabile Forze Ripartite - Lato 1 Forze Ripartite - Lato 2 Forze Ripartite - Lato 3 Forze Ripartite - Lato 4 Momenti Ripartiti - Lato 1 Momenti Ripartiti - Lato 2 Momenti Ripartiti - Lato 3 Momenti Ripartiti - Lato 4 Carico Linearmente Ripartito

p1 p pI p0 ∆T ∆TI δT δTI (fs)S (fs)S (fs)S (fs)S ms ms ms ms q1

p2

p3

p4

p5

p6

pJ ∂p/∂h

pK N0

pL Nh

∆TJ

∆TK

∆TL

δTJ

δTK

δTL

(fn)S (fn)S (fn)S (fn)S mn mn mn mn q2

(ft)S (ft)S (ft)S (ft)S mt mt mt mt q3

(fs)D (fs)D (fs)D (fs)D

(fn)D (fn)D (fn)D (fn)D

(ft)D (ft)D (ft)D (ft)D

N1

N2

N3

Tipi 0-1.

Il carico di pressione (fig.10) agisce sempre perpendicolarmente alla faccia dell’elemento a cui è applicato. Esso interessa solo la parte flessionale della shell. La pressione è considerata variabile linearmente sulla superficie dell’elemento ed è quindi completamente definita dai valori ai vertici. Col tipo 1 è possibile assegnare i valori di pressione sui quattro nodi I,J,K,L (il parametro p4 è ignorato se l’elemento è triangolare). Il tipo 0 è un caso particolare del precedente, con pressione costante su tutta la superficie. Il segno della pressione ne determina il verso di applicazione. Se il valore è positivo la pressione è orientata verso l’esterno, concorde con l’asse z locale.

Tipo 2.

Questo tipo di pressione (fig.11) è caratterizzato da una superficie piana di separazione a livello 0 e pressione p0, e da un vettore perpendicolare ad essa (dal nodo N0 al nodo Nh), che ne determina la posizione e l’orientazione. Su tutti i nodi degli elementi a cui è attribuito questo carico e che stanno sotto la superficie (o esattamente sulla superficie) è attribuita la pressione: p = sign(γ )( p0 + γ h )

γ=

∂p ∂h

Al fine di evitare errori la pressione p0 deve essere assegnata sempre positiva. La profondità h del nodo è anch’essa sempre positiva essendo misurata nel verso positivo del vettore N0-Nh. Il termine tra parentesi è quindi sempre positivo e fornisce il valore assoluto di pressione alla profondità h. La direzione di applicazione della pressione nell’elemento, cioè il segno di p, è determinata dal segno di γ (parametro p2). Il nodo N0 è sempre ubicato sulla superficie di separazione. Il nodo Nh può Microsap Rel.12.3

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VI-82

Linee Dati del Processore $INPUT

essere situato a qualunque profondità. La superficie di separazione è il piano passante per N0 e perpendicolare a N0-Nh. Spesso la superficie di separazione coincide col pelo libero di un fluido, per cui p0=0, e γ è il peso specifico del fluido. Nei casi più frequenti il vettore N0-Nh è parallelo all’asse globale Z. Questo tipo di carico è simile, ma più generale rispetto a quello presente nelle precedenti release.

P0

N0

Z PK

hK

K

Nh

PJ

hJ

J

PI

hI

K

I Y

J X

I

Fig. 10

Fig. 11

Tipi 3-4.

Il carico tipo 4 permette di specificare un salto termico differente in corrispondenza di ognuno dei nodi I,J,K,L dell’elemento. Se l’elemento è triangolare il valore assegnato al parametro p4 è ignorato. Entro l’elemento il campo termico è considerato variabile linearmente. Il carico tipo 3 è il caso particolare in cui il salto termico è considerato costante su tutto l’elemento. Questo tipo di carico produce una dilatazione dell’elemento ed è applicato solo alla parte membranale della shell. Esso si somma all’eventuale carico termico nodale (v. anche nota d) alla linea B1).

Tipi 5-6.

Il carico tipo 6 permette di specificare un gradiente termico nello spessore della shell, di valore differente in corrispondenza di ognuno dei nodi I,J,K,L. Se l’elemento è triangolare il valore assegnato al parametro p4 è ignorato. Entro l’elemento il gradiente termico è considerato variabile linearmente. Il carico tipo 5 è il caso particolare in cui il gradiente termico è considerato costante su tutto l’elemento. Questo tipo di carico produce una curvatura dell’elemento ed è applicato solo alla parte flessionale della shell. Il gradiente termico lungo lo spessore è positivo se induce una curvatura negativa, cioè se tende a far diventare convessa la faccia superiore e concava la faccia inferiore dell'elemento. Indicando con T0 la temperatura sul piano medio a z=0, con Tt la temperatura della faccia superiore e con Tb quella della faccia inferiore e con tB lo spessore dell'elemento, il valore da introdurre sarà:

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VI-83

Linee Dati del Processore $INPUT

T = T0 + z ⋅ δT

δT =

∂T T t − T b = ∂z tB

Sia i salti termici tipo 3-4, che i gradienti termici tipo 5-6 inducono una variazione di temperatura locale e quindi, in genere, una variazione delle proprietà dei materiali che dipendono da temperatura (v. anche nota d) alla linea B1). Tipi 7÷10. I carichi tipo 7-10 consentono di introdurre dei carichi ripartiti (unità di misura: forza per unità di lunghezza) variabili linearmente lungo i lati dell’elemento (fig.12). Guardando l’elemento dalla faccia positiva +z, il lato n.1 è delimitato dal nodo sinistro I e dal nodo destro J. Analogamente, i lati n.2,3,4 sono individuati dai nodi J-K, K-L e L-I. Se il carico tipo 10 è applicato ad un elemento triangolare, esso è ignorato. I carichi sui lati sono assegnati specificando le tre componenti sull’estremo sinistro e le tre componenti sull’estremo destro, riferite ad un sistema locale di assi n-s-t. L’asse t è parallelo e concorde con l’asse locale z dell’elemento. L’asse s è parallelo al lato e orientato verso l’estremo destro. L’asse n è rivolto verso l’esterno dell’elemento. Le componenti n e s sono applicate alla parte membranale della shell. La componente t è applicata alla parte flessionale della shell. K

Lato 3 t Lato 2 I

s n

Estremo Sx ft Lato 1

fs J fn Estremo Dx

Fig. 12

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Tipi 11÷14. I carichi tipo 11-14 consentono di introdurre dei momenti uniformemente ripartiti (unità di misura: momento per unità di lunghezza) lungo i lati dell’elemento (fig.13). Questi tipi di carico sono riferiti sugli stessi sistemi locali dei carichi tipo 7-10, ma sono di valore costante lungo il lato. Le componenti n e s sono applicate alla parte flessionale della shell. La componente t è applicata alla parte membranale della shell. K

Lato 3 t Lato 2 I

s n

Lato 1

Fig. 13

Tipo 15.

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mt ms J mn

Consente di assegnare un diagramma di carico ripartito con legge lineare e con direzione assegnata. Esso da origine sia a componenti di forza normale all’elemento che tangenziale (sul piano). Sono assegnati tre nodi non allineati, sui quali sono specificati i valori di carico ripartito (per unità di area) agente in direzione perpendicolare alla superficie individuata da N1,N2,N3. I valori q1,q2,q3 sono assegnati positivi se concordi col verso positivo della normale, individuato dal verso di percorrenza antiorario di N1,N2,N3. I nodi N1,N2,N3 su cui sono specificati i valori di carico possono essere ubicati in qualunque posizione su un qualunque piano perpendicolare alla direzione in cui agiscono i carichi. I nodi dell’elemento sono proiettati perpendicolarmente al piano N1,N2,N3 e sono trovati i valori di carico che sono quindi scomposti nelle tre componenti locali. Il metodo è simile a quello utilizzato nella descrizione del campo di rigidezza della fondazione elastica (fig.9), ma una volta trovato il valore di q del nodo, esso è scomposto lungo le tre direzioni locali. La fig.14 mostra un caso particolare.

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Linee Dati del Processore $INPUT

Z q

q2, q3

q1 N1

N2, N3

qx qz

q

X

Fig. 14

d) Carichi Globali di Accelerazione e Gravità. I carichi locali di elemento sono assegnati specificatamente elemento per elemento, e sono generalmente riferiti al sistema locale. I carichi globali sono invece riferiti al sistema globale e interessano tutti gli elementi del gruppo. Questi carichi sono inseriti automaticamente su tutti gli elementi del gruppo secondo i fattori di accelerazione specificati nelle linee C1 di SOLVE. La loro entità dipende dal volume e dalle densità e pesi specifici dei materiali che compongono l’elemento (v. linee B delle caratteristiche dei materiali). La densità è impiegata nel calcolo dei carichi di accelerazione centrifuga. Il peso specifico è invece utilizzato per il calcolo dei carichi di accelerazione globale (gravità, come caso particolare). Essi si sommano ai carichi locali di elemento assegnati con le linee E e F. Per escludere la presenza di un qualunque carico di accelerazione globale è sufficiente assegnare uguali a zero i fattori di accelerazione delle linee C1 di SOLVE. Ciascuna componente di accelerazione globale darà in genere origine ad un carico ripartito normale alla superficie dell’elemento (sopportato dall’elemento flessionale) e a due componenti agenti sul piano (sopportate dall’elemento membranale). Questi carichi sono considerati variabili con legge lineare entro l’elemento. Nel caso particolare in cui l’elemento sia solo a comportamento flessionale o solo membranale, le componenti di carico che non possono essere trasmesse sono ignorate.

e) Input Alternativo per i Carichi di Elemento. La presente linea dati e la successiva consentono di definire qualunque carico e di assegnarlo quindi separatamente agli elementi interessati. Questo metodo consente quindi un notevole risparmio nel numero di linee dati da assegnare. Se tuttavia la generazione di tutti i carichi è stata già effettuata da un pre-processor, le due serie di linee sono ridondanti. Esiste quindi una modalità alternativa, che è attivata attribuendo il segno negativo al parametro NLD della linea A. In questo caso, in luogo del parametro al campo n.1 della presente linea è

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VI-86

Linee Dati del Processore $INPUT

necessario fornire il numero di elemento e il numero di step di carico di struttura a cui il carico di elemento deve essere attribuito. Le linee seguenti, di assegnazione dei carichi non devono essere inserite.

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VI-87

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee F

Assegnazione dei Carichi agli Elementi. Numero richiesto: Qualunque, fino alla assegnazione di tutti i carichi sugli elementi. Le linee F terminano con una linea bianca finale. Lette solo se NLD>0 (v. campo n.7 della linea A).

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Caso di carico (1÷NSTP)

2

I

Numero set di carico

3

I

Elemento iniziale (eli)

4

I

Elemento finale (elf)

5

I

Incremento di elemento (incr)

NOTE: a) Le linee F non devono essere assegnate se non esiste alcun carico di elemento definito con le linee E. L’ultima linea deve essere bianca, per indicare il termine dell’input dei carichi. b) Il campo n.1 indica su quale tra gli NSTP step di carico della struttura specificati al campo n.3 della linea B di INPUT deve essere aggiunto il set di carico indicato al campo n.2. Con una linea dati il carico è assegnato dall’elemento iniziale eli all’elemento finale elf, con incremento di elemento incr. Se incr non è assegnato, è assunto un incremento unitario. Se elf non è assegnato, è assunto elf=eli e il carico è attribuito al solo elemento eli specificato al campo n.3. c) E’ buona norma assegnare i carichi ordinatamente, step per step. Al campo n.2, per ogni step di carico andranno attribuiti i set di carico scelti tra quelli presenti al campo n.1 delle linee E. In uno step di carico un elemento può essere caricato con un solo set. La composizione dei set (somma di più tipi di carico) deve essere fatta con le linee dati E precedenti. Esempio: 1,2,2,4 1,1,6 1,3,9,13,2 2,1,1,8 2,4,11,12 • (bianca)

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VI-88

Linee Dati del Processore $INPUT

La struttura presenta due step di carico. Nello step di carico n.1 gli elementi dal n.2 al n.4 sono caricati col set di carico n.2, l’elemento n.6 col set n.1 e gli elementi 9,11 e 13 col set n.3. Tutti gli altri elementi sono scarichi (o comunque su essi agiscono solo i carichi globali di gravità assegnati con le linee C1 di SOLVE). Nello step di carico n.2, gli elementi dal n.1 al n.8 sono caricati col set n.1 (stesso carico attribuito all’elemento n.6 nello step n.1), e gli elementi n.11 e n.12 col set n.4.

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VI-89

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee G

Definizione degli Elementi. Numero richiesto: Qualunque,fino al completamento della descrizione di tutti gli elementi del gruppo.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di elemento

2

I

Numero del nodo I

3

I

Numero del nodo J

4

I

Numero del nodo K

5

I

Numero del nodo L

6

I

Numero di identificazione del materiale

7

I

Numero di identificazione della sezione

8

I

Numero di identificazione del suolo elastico

9

I

Parametro di generazione automatica KN

NOTE:

a) L'ordine di numerazione dei nodi I,J,K,L determina l’orientazione dell’asse locale +z dell’elemento e la distinzione tra faccia superiore e inferiore. La faccia superiore e il verso +z sono quelli per cui il verso di percorrenza I,J,K,L è antiorario. Per gli elementi triangolari il numero di nodo L deve essere posto uguale a zero oppure uguale al numero di nodo K. Se l’elemento è quadrangolare i nodi I,J,K,L, dovrebbero essere complanari. In caso contrario vi sarà una perdita di precisione nei risultati. Il programma calcola un fattore di svergolamento (warping factor) ma nell’attuale release non viene emesso alcun codice di errore o di warning.

b) Se il numero di identificazione del materiale è lasciato uguale a zero, viene assegnato il materiale n.1. In generale il numero di materiale è scelto tra quelli attribuiti con le linee B. Le proprietà del materiale sono ricavate, per ogni elemento, per interpolazione lineare, considerando la temperatura dell'elemento come media aritmetica delle temperature dei nodi.

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VI-90

Linee Dati del Processore $INPUT

c) Se il numero di identificazione della sezione è lasciato uguale a zero, viene assegnata la sezione n.1. In generale il numero di sezione è scelto tra quelli attribuiti con le linee C.

d) Se l’elemento è basato su suolo elastico, i parametri che lo identificano sono attribuiti specificando un set tra quelli assegnati con le linee D. Il suolo elastico costituisce un vincolo generalmente bilaterale agente perpendicolarmente all’elemento. Se l’elemento non è su suolo elastico il campo n.8 non deve essere assegnato, oppure deve essere uguale a zero.

e) Gli elementi devono essere assegnati in ordine crescente. Se tra una linea e la successiva si ha un salto nel numero di elemento, gli elementi intermedi sono generati incrementando i nodi I,J,K,L del valore KN (positivo, negativo o nullo) dato al campo n.9 della linea iniziale della serie. In tal caso tutte le caratteristiche degli elementi generati saranno poste uguali a quelle specificate nella linea iniziale. L'elemento finale della serie non è comunque generato, ma ad esso sono attribuiti i valori assegnati dall'utente. L'ultimo elemento della serie può quindi essere usato per la generazione della serie successiva. L’ultimo elemento del gruppo deve essere sempre esplicitamente assegnato. Se KN è lasciato uguale a zero, esso è posto uguale a 1 dal programma. E’ possibile assegnare elementi fittizi (dummy), specificando il nodo I con valore negativo o nullo. Un elemento dummy non fornisce alcun contributo strutturale. Gli elementi dummy possono essere assegnati esplicitamente o generati come qualunque altro elemento. Gli elementi dummy assegnati con I=0 sono elementi nulli, con tutti i numeri di nodo e le proprietà uguali a zero (gli eventuali valori assegnati sono ignorati). Viceversa, la assegnazione con I0, ma gli elementi sono disabilitati (non è costruita la matrice di rigidezza e l’elemento è come se non esistesse). Il segno del nodo I è solo un contrassegno per disabilitare l’elemento. La attuale release non possiede ancora delle funzioni per riabilitare gli elementi temporaneamente disabilitati, per cui non esiste differenza tra i due casi.

f) Output Risultati di Elemento. Gli elementi Shell60 implementati nella attuale release sono una evoluzione di quelli introdotti nella Rel.9.3. Anzitutto gli elementi di libreria sono formulati in forma stratificata e ogni strato può essere definito di diverso materiale. In output per ogni elemento possono essere ancora richieste le azioni interne per unità di lunghezza (componenti di forza T e componenti di momento M), come illustrato nella figura seguente. Si deve notare che i segni dei momenti sono cambiati rispetto alle release precedenti: il segno è positivo se il momento applicato tende le fibre inferiori. Inoltre, alcuni tipi di elemento possono trasmettere anche le componenti di taglio fuori piano Txz e Tyz. Oltre a questo, nella nuova release sono disponibili svariati risultati di sforzo, deformazione, orientazione degli assi principali e altro. Dove appropriato, i risultati possono essere generalmente ottenuti sulla faccia inferiore e superiore di ciascuno strato o sulla faccia inferiore e superiore dell’elemento (faccia inferiore del primo strato e faccia superiore dell’ultimo strato). L’attuale release prevede il calcolo delle quantità seguenti.

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VI-91

Linee Dati del Processore $INPUT



FJOINT

Forze nodali riferite al sistema globale, con 6 componenti: FX, FY, FZ, MX, MY, MZ. E’ il risultato dell’integrazione di FE eseguita sull’area dell’elemento. Sono sempre riferite ai nodi: pertanto, se è selezionato l’output dei risultati sulle mezzerie dei lati e sul punto 3, FJOINT sarà comunque fornito per il nodo n.3 (nodo K). FJOINT=-(Fext-Fint) è la forza che il nodo deve fornire per assicurare l’equilibrio dell’elemento, su cui agiscono le forze interne indotte dagli sforzi e le eventuali forze dovute alla presenza dei carichi esterni applicati.



FE

Azioni interne per unità di lunghezza, come rappresentate in figura. E’ un vettore di 8 componenti: Tx, Ty, Txy, Mxx, Myy, Mxy, Tyz, Txz. FE è relativo allo spessore complessivo ed è l’integrale degli sforzi calcolato sui diversi strati.



SIGFND Pressione sul terreno di fondazione. Rappresenta una compressione, ma il suo valore è fornito col segno positivo.



WN

Spostamento normale del suolo di fondazione. Causa SIGFND.



TT

Temperatura dell’elemento sul piano medio a z=0. E’ la temperatura interna, che dipende dalla temperatura esterna dei nodi e dai salti termici interni esplicitamente assegnati.



DTZ

Gradiente termico. La temperatura locale del punto di integrazione è data da T=TT+z⋅DTZ. Come FINT, anche SIGFND, WN, TT, DTZ sono sempre riferite ai nodi.



EPSTC

Deformazioni, Curvature e Scorrimenti totali nel piano di riferimento dell’elemento, in coordinate locali e con 8 componenti: εx, εy, λxy, κx, κy, κxy, λyz, λxz.



EPST

Deformazioni totali in coordinate locali e con 6 componenti: εxb, εyb, λxyb, εxt, εyt, λxyt. I pedici b e t (bottom e top) identificano la superficie inferiore e superiore dello strato. I valori EPST, variabili linearmente nello spessore, sono ottenuti dalle deformazioni e dalle curvature EPSTC. Gli scorrimenti fuori piano sono invece costanti nello spessore e sono già contenuti in EPSTC.



EPS0

Deformazioni ε0 locali, con 6 componenti: ε0xb, ε0yb, λ0xyb, ε0xt, ε0yt, λ0xyt. I pedici b e t (bottom e top) identificano la superficie inferiore e superiore dello strato. ε0 è la somma di diversi contributi, di origine termica, plastica, ecc., cioè ε0 = εth + εpl +… Attualmente ε0 coincide con la deformazione termica εth. La differenza EPST-EPS0 è la deformazione meccanica EPSM, che provoca gli sforzi SIGM. Le componenti di ε0 fuori piano sono considerate nulle. EPS0 varia entro ogni strato poiché variano in genere le temperature e le proprietà del materiale.

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VI-92

Linee Dati del Processore $INPUT



EPSM

Deformazioni meccaniche locali, con 10 componenti: εmxb, εmyb, λmxyb, λmyzb, λmxzb, εmxt, εmyt, λmxyt, λmyzt, λmxzt. Si noti che gli scorrimenti fuori piano sono costanti nello spessore, per cui λmyzb=λmyzt=λyz e λmxzb=λmxzt=λxz (v. EPSTC).



EPSP

Deformazioni meccaniche principali. Come EPSM, ma sono fornite le componenti principali nel sistema di assi 1-2-3 (3≡z). Sono calcolate le seguenti 10 quantità: ε1b, ε2b, θεb, εeqvb, εintb, ε1t, ε2t, θεt, εeqvt, εintt, con ε1>ε2 e come usuale, una deformazione positiva produce un allungamento della fibra e una componente di sforzo di trazione (positiva). εeqv è la Deformazione Equivalente di von Mises e εint è l’Intensità di Deformazione, pari al doppio del valore assoluto dello scorrimento massimo sul piano xy. εeqv e εint sono quantità positive. Resta sottinteso che esiste comunque la terza componente ε3=εz=0. L’angolo θε è misurato in radianti in senso antiorario tra l’asse locale x e l’asse principale 1.



SIGM

Sforzo meccanico locale nell’elemento, con 10 componenti: σmxb, σmyb, τmxyb, τmyzb, τmxzb, σmxt, σmyt, τmxyt, τmyzt, τmxzt. Si noti che lo sforzo di taglio fuori piano è costante nello spessore dello strato, per cui τmyzb=τmyzt e τmxzb=τmxzt.



SIGP

Sforzi principali. Come SIGM, ma sono fornite le componenti principali nel sistema di assi 1-2-3 (3≡z). Sono calcolate le seguenti 10 quantità: σ1b, σ2b, θσb, σeqvb, σintb, σ1t, σ2t, θσt, σeqvt, σintt. Vale quanto detto a proposito di EPSP, ma nel caso più generale gli assi principali delle deformazioni non coincidono con gli assi principali degli sforzi, cioè θε≠θσ. σeqv è lo Sforzo Equivalente di von Mises e σint è l’Intensità di Sforzo, pari al doppio del valore assoluto del taglio massimo sul piano xy. La terza componente di sforzo è sempre per definizione σ3=σz=0 (ipotesi di plane stress).

Esistono tre modalità per ottenere il calcolo dei risultati. La forma più generale è attraverso la chiamata di opportune funzioni API. Questo richiede la scrittura di un programma di post-processing e una interfaccia dipendente dal linguaggio di programmazione utilizzato. Una seconda possibilità consiste nell’impiego di un postprocessor che effettui queste operazioni. Il processore $MSPOST incluso nel solutore Microsap permette in modo facile e immediato la stampa dei risultati e l’esecuzione di alcune altre funzioni di post-processing attraverso linee di comando che possono essere inserite nello stesso file di input, dopo la fase di soluzione. Infine, durante una soluzione nonlineare, oltre all’output completo agli step e substep richiesti, alcuni risultati parziali possono essere monitorati con maggior frequenza e conservati sul file .MNT. Per elementi complessi come Shell60, il calcolo contemporaneo di tutti i tipi di risultato su tutte le sezioni e per tutti gli strati o fibre entro ogni sezione può essere proibitivo in termini di tempo di esecuzione e impegno di memoria. E’ quindi necessario l’utilizzo di un metodo di selezione. Questo metodo è fondamentalmente lo stesso per i diversi tipi di elemento e nei tre diversi casi di accesso ai risultati e consente di selezionare il

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VI-93

Linee Dati del Processore $INPUT

gruppo di risultati, le posizioni delle sezioni entro l’elemento e le posizioni entro ciascuna sezione. Per l’elemento Shell60 i gruppi di risultati disponibili sono riassunti nel seguito. Nella attuale release ogni gruppo di risultati può contenere fino ad un massimo di 12 componenti, qualunque sia il tipo di elemento e il metodo di accesso. • Gruppo • Gruppo • Gruppo • Gruppo • Gruppo • Gruppo • Gruppo • Gruppo • Gruppo

0 1 2 3 4 5 6 7 8

FJOINT FE SIGFND, WN, TT, DTZ EPSTC EPST, EPS0 EPSM EPSP SIGM SIGP

Forze nodali su I,J,K,L Azioni interne per unità di lungh. Fondaz. e temperature Deformazioni e curvature totali Deformazioni locali e termiche Deformazioni meccaniche locali Deformazioni principali locali Sforzi meccanici locali Sforzi principali locali

6 componenti 8 componenti. 4 componenti. 8 componenti. 12 componenti. 10 componenti. 10 componenti. 10 componenti. 10 componenti.

Il codice che consente la selezione del gruppo, strato e sezione è un intero di 9 cifre rappresentabile simbolicamente come xxxxyyyzz. Questo codice è assegnato col parametro KRESU nelle API. Se i risultati sono ottenuti con $MSPOST, i codici zz, yyy e xxxx sono specificati separatamente con i parametri KRES, KSEZ e KLAY. Per gli elementi Shell60 il codice è composto come segue: • zz = kres

Gruppo risultati, scelto tra quelli sopra elencati.

• yyy = ksez

Posizione di calcolo sull’area. E’ il numero d’ordine di un nodo (001,002,003,004=I,J,K,L). Se la prima cifra è 1, cioè per yyy=101,102,103,104 i risultati sono calcolati in corrispondenza delle mezzerie dei lati: I-J, J-K, K-L, L-I. Un valore superiore alle posizioni previste per l’elemento seleziona comunque l’ultima posizione. Ad esempio, il valore yyy=004 per l’elemento quadrangolare seleziona il quarto nodo, ma se l’elemento è triangolare è selezionato il terzo nodo. Il valore yyy=00 seleziona tutte le posizioni sui nodi. Il valore yyy=100 seleziona tutte le posizioni sulle mezzerie dei lati.

• xxxx = klay

Risultati calcolati in corrispondenza della superficie inferiore e della superficie superiore dello strato (layer) klay. Se klay=0 i risultati sono calcolati in corrispondenza della superficie inferiore e della superficie superiore dell’elemento. Se la sezione è multistrato questo corrisponde anche alla faccia inferiore del primo strato e alla faccia superiore dell’ultimo strato. Se klay è superiore al numero effettivo di strati dell’elemento sono rappresentati i risultati dell’ultimo strato. Se il codice di selezione xxxxyyyzz è negativo, oppure se xxxx=9999 sono calcolati i risultati di tutti gli strati della sezione contenibili nel buffer.

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VI-94

Linee Dati del Processore $INPUT

y K

L

y I

x

J

z Txz

(top)

Txx Mxy

x

Txy Mxx

Tyz t

Txy Myy

Tyy

(bottom)

Mxy

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VI-95

Linee Dati del Processore $INPUT

V.8 - MODULO BOUND – ELEMENTO TIPO 70

Linea A

Informazioni di Controllo. Numero richiesto: Una.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Il numero 70

2

I

Numero totale di elementi

3

I

Numero di differenti materiali (NMAT)

4

I

Numero linee di carichi sugli elementi (NLD)

NOTE:

a) L’elemento Boundary Bound70 è una molla che può avere contemporaneamente una rigidezza estensionale Kd e una rigidezza torsionale Kr. Essa può quindi trasmettere la forza assiale F e il momento M attorno all’asse. Una particolare caratteristica dell’elemento è che la sua estremità iniziale è sempre collegata al terreno. In altre parole, l’elemento è un supporto elastico che collega un nodo N della struttura ad un punto di appoggio M. Il punto M, su cui può anche essere imposto uno spostamento non nullo (cedimento), non deve essere assegnato.

F

M

I

N

-

n Kd

Kr

J

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Manuale d’Uso

VI-96

Linee Dati del Processore $INPUT

Il supporto Boundary ha infatti solo un punto di applicazione e una direzione, ma ha lunghezza nulla. La direzione può essere specificata in diversi modi. L’elemento possiede un sistema di riferimento locale costituito dall’asse n, con verso dal punto di supporto al nodo di applicazione N. Rispetto a questo asse sono riferiti gli spostamenti imposti del nodo di supporto e i risultati di azioni interne (reazioni vincolari sul nodo N).

b) Se all’elemento è assegnata una rigidezza elevata rispetto a quella della struttura, il nodo N subisce lo stesso spostamento del punto di supporto, essendo di entità trascurabile l’accorciamento della molla. In questo modo è possibile utilizzare l’elemento Boundary per assegnare supporti rigidi (con cedimento nullo o diverso da zero) con qualunque orientazione.

c) Ad ogni elemento Boundary deve essere associato un ‘materiale’. Attraverso le linee dati dei materiali è possibile assegnare la rigidezza estensionale e torsionale. Se la struttura possiede supporti rigidi, non orientati secondo le direzioni globali, può essere sufficiente la definizione di un solo materiale.

d) Nell’elemento Boundary standard lo spostamento dell’estremo di supporto è bloccato e lo spostamento del nodo N è determinato dalla sua rigidezza. Se si desidera assegnare uno spostamento dell’estremo, ciò deve essere fatto attraverso le linee di carico. Se i Boundary sono utilizzati per schematizzare vincoli rigidi e non esistono cedimenti di vincolo, non è richiesta la assegnazione di alcuna linea di carico.

e) Se il Boundary è utilizzato come elemento rigido di contatto (v. note b) e c)) la sua rigidezza deve essere di qualche ordine di grandezza superiore a quella locale della struttura. In altre parole, l’accorciamento subito dalla molla a causa della sua rigidezza non infinita deve essere sufficientemente piccolo da non modificare le condizioni di sollecitazione nella struttura. Tipicamente essa dovrebbe essere tra 10 e 1000 volte superiore. Una rigidezza eccessiva può comunque condurre a risultati imprecisi.

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VI-97

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee B

Caratteristiche dei Materiali. Numero richiesto: Una per ogni materiale, il cui numero NMAT è stato specificato al campo n.3 della linea A.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione materiale

2

R

Rigidezza estensionale Kd

3

R

Rigidezza torsionale Kr

4

I

Flag di attivazione proprietà estensionale (-1; 0)

5

I

Flag di attivazione proprietà torsionale (-1; 0)

NOTE:

a) Il numero di materiale al campo n.1 deve essere compreso tra 1 e NMAT. Non è comunque richiesto che i materiali siano assegnati in ordine.

b) I flag ai campi n.4 e n.5 consentono di attivare o disattivare separatamente la componente di rigidezza estensionale e torsionale: • -1 = componente disattivata • 0 = componente attivata Non è permesso di disattivare entrambe le componenti, in quanto l’intero elemento sarebbe inattivo. Se una componente è disattivata l’estremità dell’elemento non ha alcun vincolo in quella direzione e l’elemento trasla (o ruota) liberamente trascinato dal nodo N.

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VI-98

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee C

Carichi sugli Elementi (Cedimenti). Numero richiesto: NLD linee (v. campo n.4 della linea A), fino alla descrizione di tutti i set di carico.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero di identificazione del set

2

I

Tipo di carico (0)

3

R

Parametro p1 (spostamento imposto)

4

R

Parametro p2 (rotazione imposta)

NOTE:

a) Le linee C e D funzionano in modo identico alle linee di carico degli altri tipi di elementi. Il codice di identificazione del set, al campo n.1, può essere un qualunque numero intero positivo. I set di carico possono essere assegnati in qualunque ordine.

b) Per l’elemento Boundary il tipo di carico (campo n.2) deve obbligatoriamente essere uguale a zero. Queste linee devono essere utilizzate per imporre spostamenti e/o rotazioni non nulle all’estremo. Per default in tutti gli elementi attivi lo spostamento e la rotazione dell’estremo sono nulli.

c) I parametri p1 e p2 sono rispettivamente i valori di spostamento e rotazione imposti all’estremo. Se l’elemento non è attivo l’eventuale parametro specificato è ignorato. I valori sono effettivamente attribuiti agli elementi solo con le linee D seguenti.

d) Input Alternativo per i Carichi di Elemento. La presente linea dati e la successiva consentono di definire qualunque carico e di assegnarlo quindi separatamente agli elementi interessati. Questo metodo consente quindi un notevole risparmio nel numero di linee dati da assegnare. Se tuttavia la generazione di tutti i carichi è stata già effettuata da un pre-processor, le due serie di linee sono ridondanti. Esiste quindi una modalità alternativa, che è attivata attribuendo il segno negativo al parametro NLD della linea A. In questo caso, in luogo del parametro al campo n.1 della presente linea è necessario fornire il numero di elemento e il numero di step di carico di struttura a cui il carico di elemento deve essere attribuito. Le linee seguenti, di assegnazione dei carichi non devono essere inserite.

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Manuale d’Uso

VI-99

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee D

Assegnazione dei Carichi agli Elementi. Numero richiesto:

Qualunque,fino alla assegnazione di tutti i carichi sugli elementi. Le linee D terminano con una linea bianca finale. Lette solo se NLD>0 (v. campo n.4 della linea A).

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Caso di carico (1÷NSTP)

2

I

Numero set di carico

3

I

Elemento iniziale (eli)

4

I

Elemento finale (elf)

5

I

Incremento di elemento (incr)

NOTE:

a) Le linee D non devono essere assegnate se non esiste alcun carico di elemento definito con le linee C. L’ultima linea deve essere bianca, per indicare il termine dell’input dei carichi.

b) Il campo n.1 indica su quale tra gli NSTP step di carico della struttura specificati al campo n.3 della linea B di INPUT deve essere aggiunto il set di carico indicato al campo n.2. Con una linea dati il carico è assegnato dall’elemento iniziale eli all’elemento finale elf, con incremento di elemento incr. Se incr non è assegnato, è assunto un incremento unitario. Se elf non è assegnato, è assunto elf=eli e il carico è attribuito al solo elemento eli specificato al campo n.3. c) E’ buona norma assegnare i carichi ordinatamente, step per step. Al campo n.2, per ogni step di carico andranno attribuiti i set di carico scelti tra quelli presenti al campo n.1 delle linee C. In uno step di carico un elemento può essere caricato con un solo set. La composizione dei set (somma di più tipi di carico) deve essere fatta con le linee dati C precedenti.Esempio: 1,2,2,4 1,1,6 1,3,9,13,2 2,1,1,8 2,4,11,12 • (bianca)

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Manuale d’Uso

VI-100

Linee Dati del Processore $INPUT

La struttura presenta due step di carico. Nello step di carico n.1 gli elementi dal n.2 al n.4 sono caricati col set di carico n.2, l’elemento n.6 col set n.1 e gli elementi 9,11 e 13 col set n.3. Tutti gli altri elementi sono scarichi. Nello step di carico n.2, gli elementi dal n.1 al n.8 sono caricati col set n.1 (stesso carico attribuito all’elemento n.6 nello step n.1), e gli elementi n.11 e n.12 col set n.4.

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Manuale d’Uso

VI-101

Linee Dati del Processore $INPUT

Linee E Definizione degli Elementi. Numero richiesto: Qualunque, fino alla completa descrizione di tutti gli elementi dichiarati al campo n.2 della linea A.

Campo

Tipo

Descrizione

1

I

Numero elemento

2

I

Nodo N in cui l'elemento è applicato

3

I

Nodo I

4

I

Nodo J

5

I

Numero materiale

6

I

Indice di generazione automatica (KN)

NOTE:

a) Il verso dell'elemento è definito dal vettore "n" orientato dall'estremo fisso al nodo N (punto di applicazione della molla). Sono possibili quattro modi per definire la direzione e il verso dell'elemento, cioè per assegnare il vettore n: 1) Assegnando i numeri di nodo I e J, il vettore n, e quindi l’elemento, è parallelo al vettore che va dal nodo J al nodo I. I nodi I e J sono utilizzati solo per orientare il Boundary e non sono fisicamente collegati ad esso. Essi possono appartenere ad altri elementi della struttura oppure possono essere dei nodi fittizi (assegnati con le linee C di $INPUT). In tal caso tutti i gradi di libertà devono essere bloccati (ponendo tutti i codici di vincolo uguali a 1), al fine di eliminarli dal sistema di equazioni. 2) Posto I=0, è assunto I≡N e il vettore "n" è quello che dal nodo J va al nodo N. 3) Se –6 ≤ I ≤ -1 il vettore "n" è parallelo ad un asse globale e verso concorde o discorde, secondo lo schema seguente (fig.V.40): I = -1 , "n" ha verso concorde con l'asse globale X. I = -2 , "n" ha verso concorde con l'asse globale Y. I = -3 , "n" ha verso concorde con l'asse globale Z. I = -4 , "n" ha verso discorde con l'asse globale X. I = -5 , "n" ha verso discorde con l'asse globale Y. I = -6 , "n" ha verso discorde con l'asse globale Z.

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VI-102

Linee Dati del Processore $INPUT

Z

nI=-6 I=-3

I=-2

I=-5

Y

I=-4 I=-1

X

b) Gli elementi devono essere assegnati in ordine crescente. Se tra una linea e la successiva si ha un salto nel numero di elemento, gli elementi intermedi sono generati incrementando il nodo N del valore KN (positivo, negativo o nullo) dato al campo n.6 della linea iniziale della serie. In tal caso tutte le caratteristiche degli elementi generati saranno poste uguali a quelle specificate nella linea iniziale. L'elemento finale della serie non è comunque generato, ma ad esso sono attribuiti i valori assegnati dall'utente. L'ultimo elemento della serie può quindi essere usato per la generazione della serie successiva. L’ultimo elemento del gruppo deve essere sempre esplicitamente assegnato. Se KN è lasciato uguale a zero, esso è posto uguale a 1 dal programma. E’ possibile assegnare elementi fittizi (dummy), specificando il nodo N con valore negativo o nullo. Un elemento dummy non fornisce alcun contributo strutturale. Gli elementi dummy possono essere assegnati esplicitamente o generati come qualunque altro elemento. Gli elementi dummy assegnati con N=0 sono elementi nulli, con tutti i numeri di nodo e le proprietà uguali a zero (gli eventuali valori assegnati sono ignorati). Viceversa, la assegnazione con N0, ma gli elementi sono disabilitati (non è costruita la matrice di rigidezza e l’elemento è come se non esistesse). Il segno del nodo N è solo un contrassegno per disabilitare l’elemento. La attuale release non possiede ancora delle funzioni per riabilitare gli elementi temporaneamente disabilitati, per cui non esiste differenza tra i due casi.

c) Output Risultati di Elemento. Per l’elemento Bound70 questa release conserva sui file .RST, i seguenti risultati. • FJOINT Forze e momenti nodali Fx,Fy,Fz,Mx,My,Mz sul nodo N, riferiti al sistema globale. E’ la scomposizione di SIGM1 e SIGM2. • EPST1 Spostamento totale del nodo N nella direzione locale “n”

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VI-103

Linee Dati del Processore $INPUT

• EPSM1 Deformazione meccanica estensionale dell’elemento (accorciamento o allungamento). Un accorciamento è identificato dal segno negativo e produce una forza interna di compressione. • SIGM1

Forza interna prodotta da EPSM1, negativa se di compressione.

• EPST2 Come EPST1, ma per la rotazione attorno a “n”. • EPSM2 Come EPSM1, ma torsionale. • SIGM2

Come SIGM1, ma di torsione.

Il programma calcola i risultati a gruppi, con un massimo di 12 componenti per gruppo. Con le funzioni di Post-Processing (routine API o processore $MSPOST) è possibile accedere ai risultati completi (calcolati per tutti gli elementi) conservati nel file .RST. Per l’elemento Bound70 questa release prevede i seguenti gruppi di risultati: • •

Gruppo 0 Gruppo 1

FJOINT Forze sul nodo N EPST1,EPSM1,SIGM1,EPST2,EPSM2,SIGM2

6 componenti 6 componenti

Nel caso generale il codice che seleziona i risultati è un intero di nove cifre suddiviso in tre parti: xxxxyyyzz. Questo codice è assegnato col parametro KRESU nelle API. Se i risultati sono ottenuti con $MSPOST, i codici zz, yyy e xxxx sono specificati separatamente con i parametri KRES, KSEZ e KLAY. Per l’elemento Bound70 i campi xxxx e yyy non sono usati e il codice è semplicemente costituito dal campo zz, col seguente significato. • zz = kres

Microsap Rel.12.3

Gruppo risultati, scelto tra quelli sopra elencati. Qualunque altro codice equivale a zz=00.

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Linee Dati del Processore $INPUT

V.9 - MODULO SOLVE Linea A

Linea di Controllo dei Solutori di Equazioni Numero richiesto: Una Campo

Tipo

Descrizione

1

I

MEMAX – Memoria Utilizzabile

2

I

MSOLV – Metodo di Fattorizzazione

3

I

KSOLV – Algoritmo di Fattorizzazione

4

R

TINYK – Modifica Termini Diagonali Matrice di Rigidezza

5

R

TINYM – Modifica Termini Diagonali Matrice di Massa

NOTE:

a) Il campo n.1 regola le attività delle operazioni OOC (out-of-core) durante la fattorizzazione della matrice di rigidezza entro $SOLU. Inoltre, se è utilizzato il metodo di default MSOLV=0, la quantità MEMAX consentirà al programma di stabilire automaticamente se attivare la soluzione In-Core o Out-of-Core. Nei casi più semplici il programma riserva temporaneamente in memoria virtuale lo spazio di cui necessita per allocare le diverse quantità. Alcune operazioni, sia perché non richiedono l’impiego di grandi aree di memoria, sia perché di difficile implementazione per blocchi, sono eseguite obbligatoriamente in memoria. In altri casi entro il codice di programma è prevista la soluzione parziale a blocchi. In altre parole, è il programma stesso che costruisce le matrici suddividendole in parti che sono appoggiate temporaneamente su disco. Poiché la memoria virtuale potenzialmente allocabile può essere ragguardevole, l’uso di MEMAX permette di controllare la quantità di essa da utilizzare. Permettendo l’uso di tutta la memoria potenzialmente allocabile si può incorrere in una elevata paginazione eseguita dal sistema operativo nei casi in cui si abbiano grandi strutture da risolvere e limitata quantità di RAM installata. Viceversa, limitando eccessivamente lo spazio utilizzabile, si può rallentare inutilmente l’esecuzione se il problema da risolvere è relativamente contenuto e la quantità di RAM installata è elevata. Ovviamente, indipendentemente dal valore MEMAX assegnato, la memoria effettivamente utilizzata dipenderà dal problema da risolvere, dalla effettiva disponibilità di blocchi contigui nello spazio di memoria virtuale e dall’esigenza di dover comunque allocare certe quantità per cui non è prevista la suddivisione per blocchi. MEMAX può essere scelto come segue:

Microsap Rel.12.3

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VI-105

Linee Dati del Processore $INPUT

• MEMAX < 0

E’ utilizzata la percentuale –Memax% della memoria fisica disponibile. Ad esempio, se sul computer è installato 1Gb di RAM e si attribuisce MEMAX=-80 (valore consigliato), nelle operazioni eseguibili per blocchi sarà utilizzato circa l’80% della RAM installata (819 Mb), riducendo così sensibilmente la paginazione. In effetti la memoria fisica disponibile al momento dell’esecuzione della fase di fattorizzazione può essere inferiore alla memoria installata. Per questo caso è consentita l’assegnazione di qualunque valore negativo inferiore a –100. L’uso di tali valori può quindi generare una condizione di errore, se non è possibile allocare lo spazio richiesto.

• MEMAX=0

E’ utilizzato il massimo blocco di memoria virtuale allocabile contigua (default). Tale quantità è generalmente inferiore alla memoria virtuale disponibile e allocabile, in quanto questa risulta più o meno frammentata. Di norma è possibile allocare un grosso blocco contiguo, e altri blocchi di dimensione sensibilmente minore (10% o meno).

• MEMAX>0

E’ utilizzata la percentuale Memax% della memoria virtuale disponibile. Ad esempio, se il test di allocazione di memoria fornisce 3000 Mb disponibili, assegnando MEMAX=50 ne verranno usati al massimo 1500 Mbytes.

• MEMAX>100

E’ utilizzata la quantità fissa pari a Memax Kbytes. Ad esempio, assegnando MEMAX=2048 non verranno usati più di 2048 Kbytes = 2 Mbytes.

Per gli ultimi due casi (MEMAX>0) il programma limita comunque lo spazio di memoria utilizzato alla dimensione del massimo blocco contiguo effettivamente allocabile. In tal modo è improbabile che la soluzione termini per memoria insufficiente.

b) Un passo cruciale nell’esecuzione di un’analisi ad elementi finiti di grandi dimensioni è rappresentato dalla soluzione del sistema di equazioni che consente di ricavare gli spostamenti della struttura. In alcuni tipi di analisi (ad esempio, nel calcolo nonlineare) il passo di soluzione del sistema deve essere ripetuto anche centinaia di volte. La soluzione del sistema di equazioni si articola generalmente in quattro fasi distinte: permutazione, fattorizzazione, sostituzione in avanti e sostituzione all’indietro. L’operazione di fattorizzazione consente di suddividere la matrice simmetrica originaria [A] in un prodotto di due matrici triangolari ([L][L]T (nel seguito abbreviato in LLt) o due matrici triangolari e una matrice diagonale ([L][D][L]T (nel seguito abbreviato in LDLt). La fattorizzazione è un’operazione onerosa sia in termini di tempo di calcolo sia di occupazione di memoria. La ragione di questo sta nel fatto che la matrice originaria [A] è sparsa e può quindi essere mantenuta in memoria con un grado di compressione elevato. Purtroppo, durante la fattorizzazione, il fattore triangolare [L] in costruzione non mantiene la sparsità della matrice originaria. Di conseguenza questo si traduce in un maggior numero di operazioni sui coefficienti e maggior quantità di memoria richiesta. Al fine di minimizzare l’uso di queste risorse è sempre necessario un riordino delle equazioni. La fase importantissima di permutazione ha quindi lo scopo di trovare la migliore sequenza di numerazione delle equazioni che renda massima la sparsità di [L],

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Linee Dati del Processore $INPUT

indipendentemente dalla numerazione attribuita ai nodi e ai gradi di libertà, che è arbitraria. Ad iniziare dalla Rel.12.0 il Microsap ottimizza maggiormente la fase di permutazione e assemblaggio della matrice di rigidezza. Anzitutto il programma procede all’assemblaggio simbolico della matrice sparsa originaria, con cui è trovata la “mappa” dei coefficienti non nulli. Questa mappa è utilizzata sia per creare la sequenza di permutazione sia per effettuare l’assemblaggio numerico della matrice permutata ad ogni nuova fattorizzazione. Queste operazioni sono eseguite una sola volta. Il Microsap utilizza l’algoritmo di permutazione Hybrid Nested-Dissection Minimum Degree (Metis) che si è dimostrato il più efficiente.

c) La fase di fattorizzazione è controllata dai parametri MSOLV e KSOLV ai campi n.2 e n.3. Con MSOLV è possibile scegliere la metodologia di fattorizzazione (selezione della libreria matematica utilizzata e selezione della modalità In-Core (default) o Out-Of-Core o OOC). Ad iniziare dalla Rel.12.0 il Microsap impiega per default la libreria Intel Mkl altamente ottimizzata in funzione delle architetture dei processori. In alternativa è ancora possibile l’impiego limitato della libreria Taucs, già disponibile nelle release precedenti. Ogni altro metodo di soluzione, ormai obsoleto, è stato eliminato. I metodi di fattorizzazione In-Core allocano in memoria virtuale sia la matrice sparsa originaria [A], sia il fattore triangolare [L]. Tutte queste matrici sono conservate in forma vettoriale compressa. Tuttavia, mentre la matrice di partenza è scarsamente popolata e necessita di uno spazio relativamente contenuto, il fattore triangolare può assumere proporzioni rilevanti. Nei metodi OOC la matrice originaria è ancora ospitata in memoria virtuale mentre il fattore triangolare è trattato per blocchi e solo un blocco per volta transita in memoria durante la fattorizzazione, mentre gli altri sono archiviati in file su disco. Quando il problema da risolvere è di grosse dimensioni e/o la memoria fisica installata è limitata, l’impiego di un metodo OOC può essere più efficiente o anche l’unico praticabile. Al parametro MSOLV possono essere assegnati i seguenti valori: • MSOLV= 0 Default. Il programma verifica se la soluzione può essere svolta In-Core ed in tal caso è attivato il metodo Mkl In-Core. In caso contrario è attivato il metodo OOC Mkl Out-of-Core, che farà uso della memoria riservata con MEMAX (è utilizzato il parametro al campo n.1). Analogamente, qualunque altro valore attribuito a MSOLV diverso da quelli qui sotto elencati provoca l’utilizzo del metodo di default. Si deve notare che con MSOLV=0 il programma utilizza comunque la quantità di memoria MEMAX dichiarata per stabilire quale metodo impiegare. Se la quantità dichiarata è eccessivamente ridotta rispetto a quella effettivamente disponibile il programma sarà indotto all’esecuzione OOC anche per problemi relativamente piccoli. In genere MSOLV=0 accoppiato a MEMAX=-80 garantisce le migliori prestazioni anche per problemi di grandi dimensioni. • MSOLV=1

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Mkl In-Core. E’ attivata la libreria matematica Intel Math Kernel Library (Mkl) e il metodo di fattorizzazione In-Core. Tutte le matrici e vettori richiesti durante la fattorizzazione e le fasi successive di soluzione sono allocati nella memoria virtuale. Questo è il metodo generale raccomandato, soprattutto per l’analisi nonlineare. Se il problema da risolvere ha dimensioni particolarmente elevate, è possibile che la

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Linee Dati del Processore $INPUT

fattorizzazione con questo metodo risulti inefficiente (tempo di esecuzione elevato) o impossibile (memoria insufficiente). Nel primo caso la quantità di memoria fisica installata e disponibile è inadeguata e il sistema operativo sta utilizzando in modo massiccio il file di swap. Nel secondo caso anche la memoria virtuale risulta insufficiente. Il problema può essere risolto utilizzando il metodo OOC seguente. Con MSOLV=1 il valore MEMAX non è usato. • MSOLV=2

Mkl Out-Of-Core. E’ attivata la libreria Mkl ed il metodo di fattorizzazione OOC. Con questo metodo la matrice di rigidezza iniziale e gran parte dei vettori necessari durante la fattorizzazione risiedono ancora nella memoria virtuale, ma il fattore triangolare è trattato per blocchi. La fattorizzazione e le fasi successive di soluzione avvengono in modo efficiente attraverso la lettura da disco di un solo blocco per volta. Si fa notare che la fattorizzazione di un blocco comporta generalmente la modifica di tutti gli altri blocchi. E’ per questo che l’uso di questo metodo è di gran lunga più efficiente del precedente quando il sistema operativo è costretto ad usare il file di swap. Con questo metodo è possibile indicare la quantità di memoria virtuale da impiegare (parametro MEMAX al campo n.2). Se essa è troppo esigua, gli array che devono risiedere costantemente in memoria non possono essere allocati (memoria insufficiente). Oppure il fattore triangolare è frammentato in un numero eccessivo di blocchi e la soluzione risulta inefficiente. Se la memoria virtuale riservata con MEMAX è eccessiva rispetto alla RAM installata il blocco residente utilizza il file di swap e la soluzione risulta ugualmente inefficiente. La soluzione ottimale si ottiene generalmente riservando una percentuale adeguata della memoria fisica disponibile (ad esempio MEMAX=-80 o MEMAX=-100). Si deve comunque notare che quando il problema può essere risolto con il metodo precedente (MEMAX=1) il tempo di soluzione risulta sensibilmente inferiore (anche meno del 50%). Durante la fattorizzazione OOC sulla directory di lavoro sono aperti una serie di file nomelavoro_OOC.ext (con .ext variabile) che contengono il fattore triangolare a blocchi e altri vettori ausiliari con la mappa della matrice.

• MSOLV=10 Taucs In-Core. Questo metodo alternativo utilizza la libreria Taucs con soluzione In-Core. Nelle Release precedenti tale metodo di soluzione era attivato con KSOLV=3 e KSOLV=4. Si deve notare che il nuovo metodo Mkl In-Core risulta notevolmente più rapido di Taucs In-Core, e può richiedere anche solo il 20% del tempo. Con MSOLV=10 il parametro MEMAX non è usato.

d) Il parametro KSOLV al campo n.3 consente di scegliere l’algoritmo di fattorizzazione più appropriato per il problema da risolvere. Esso specifica la tipologia della matrice su cui il programma deve operare (simmetrica o non simmetrica; reale o complessa) e la tipologia di fattorizzazione (LLt o LDLt). Le analisi strutturali attualmente implementate nel Microsap producono sempre matrici di rigidezza simmetriche a coefficienti reali. KSOLV può essere quindi scelto come segue:

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• KSOLV= 0

Default. Il programma sceglie automaticamente la tipologia di fattorizzazione in base alle caratteristiche del problema da risolvere e alla fase di soluzione corrente. Nel caso di analisi statica lineare (codice di analisi KANTYP = 0) è impiegato il metodo di fattorizzazione [L][L]T (matrice simmetrica definita positiva – v. KSOLV=1). Nel caso di analisi statica nonlineare, il programma inizia la soluzione col metodo [L][L]T, ma attiva automaticamente il metodo [L][D][L]T (matrice indefinita - v. KSOLV=2) se e quando la struttura diventa instabile e la matrice non è più definita positiva. Nel caso di analisi dinamica (KANTYP=1) il metodo di fattorizzazione di default è [L][D][L]T. In genere KSOLV=0 garantisce le migliori prestazioni.

• KSOLV=1

LLt Supernodal. Utilizza la tipologia di fattorizzazione [L][L]T di Cholesky per matrici reali simmetriche definite positive. In analisi statica nonlineare e dinamica possono sussistere limitazioni. Può essere utilizzato sempre in analisi statica lineare e anche in analisi nonlineare quando non si attraversano condizioni di instabilità. In caso contrario, la fattorizzazione può non essere possibile (matrice singolare). Questo metodo è mediamente il 20% più veloce di quello seguente.

• KSOLV=2

LDLt Supernodal. Implementa la fattorizzazione di tipo [L][D][L]T per matrici reali simmetriche indefinite. E’ più lento del metodo precedente ma può essere impiegato per qualunque tipo di analisi, anche su matrici mal condizionate prossime a situazioni di instabilità o con coefficienti diagonali negativi.

e) Durante la fase di assemblaggio della matrice di rigidezza globale il programma effettua un controllo preliminare sui valori della diagonale principale. Infatti, se la struttura è sufficientemente vincolata, se i moti rigidi interni sono stati rimossi, se i materiali sono stati definiti correttamente e gli elementi sono geometricamente corretti, la matrice globale è definita positiva. I coefficienti sulla diagonale sono tutti positivi e di valore preponderante rispetto a quelli fuori diagonale. Se tuttavia esiste qualche moto rigido interno dovuto a rigidezze non assegnate all’elemento (v. elementi Plane Stress, Membranali, Truss) e i relativi assi locali non coincidono con un asse globale, tale problema non può essere rilevato in fase di assemblaggio e diverrà manifesto solo in fase di fattorizzazione della matrice. Esistono comunque dei metodi per ottenere una soluzione spesso corretta anche in presenza di difetti del modello, ma essi devono essere esplicitamente attivati dall’utente (v. note seguenti).

f) Perché la matrice di rigidezza globale sia ben condizionata e per rendere minima la perdita di precisione durante la fase di fattorizzazione, non vi devono essere valori di rigidezza inutilmente elevati. Questo può accadere se sono assegnati materiali con modulo elastico eccezionalmente elevato, elementi con geometria anomala o elementi Boundary con rigidezza troppo alta. Se è eseguita l’analisi dinamica non devono essere presenti masse concentrate elevate connesse a parti di modello con rigidezza minima.

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Linee Dati del Processore $INPUT

Nella maggioranza dei casi questi fatti sono dovuti a errori nella definizione del modello. Il programma fornisce i valori massimi e minimi riscontrati sulla diagonale principale delle matrici globali di rigidezza e massa. L’utente dovrebbe sempre verificare che il massimo e minimo valore di rigidezza diagonale siano innanzitutto positivi e che il rapporto di rigidezza non superi il valore di 1⋅108÷1⋅1010. g) Il parametro TINYK, al campo n.4, permette di correggere alcune labilità interne della struttura nei casi particolari trattati alla nota precedente. Nei casi standard la matrice di rigidezza globale possiede tutti i coefficienti diagonali positivi e preponderanti rispetto agli altri fuori diagonale. Se la struttura è semplicemente priva di vincoli e non esistono altre sconnessioni interne, essa presenterà 6 componenti di moto rigido e la matrice di rigidezza risulterà singolare e non fattorizzabile. Alcuni tipi di elementi possiedono solo una parte dei 6 gradi di libertà. Ad esempio, l’elemento Truss può trasmettere solo azioni lungo il suo asse. Se un nodo è quindi in comune solo con due elementi Truss, esso sarà labile per le traslazioni perpendicolari all’asse e per le rotazioni. Tali gradi di libertà dovrebbero quindi essere soppressi o ad essi dovrebbe essere connesso un elemento (eventualmente fittizio, come un Boundary) che fornisca le opportune rigidezze. Se le labilità interne sono orientate nelle direzioni globali, esse daranno origine a coefficienti nulli sulla diagonale della matrice globale. Altrimenti tale problema comparirà sulla matrice solo in fase di fattorizzazione. Nel primo caso, la soppressione dei moti rigidi può essere ottenuta anche automaticamente, assegnando una rigidezza (eventualmente piccola), ai termini diagonali nulli. Un altro modo che sicuramente stabilizza la struttura, anche nel secondo caso esaminato prima, è quello di aggiungere una minima rigidezza costante a tutti i termini sulla diagonale. Al fine di evitare perturbazioni nella struttura, tale rigidezza aggiunta dovrebbe essere di entità trascurabile rispetto alle rigidezze minime della struttura. Se TINYK=0 i coefficienti diagonali non sono modificati. Se TINYK è assegnato diverso da zero saranno modificati automaticamente tutti i coefficienti diagonali con l’aggiunta di una piccola rigidezza e pertanto un suo uso improprio può produrre dei risultati errati. Viceversa, l’uso attento di questa opzione permette di correggere la condizione di singolarità della matrice di rigidezza e di produrre una soluzione generalmente esatta o comunque tale da rivelare gli errori nella definizione della struttura. L’utente dovrebbe verificare attentamente i risultati ottenuti e correggere quindi il modello inserendo gli opportuni vincoli o le giuste connessioni tra gli elementi. L’uso del parametro TINYK è fortemente sconsigliato in analisi nonlineare e può impedire la soluzione del problema. • TINYK>0. Modifica Relativa dei Coefficienti Diagonali. Tutti i coefficienti diagonali sono incrementati del valore TINYK⋅(10-16⋅KMAXP) essendo KMAXP il massimo valore positivo rilevato sulla diagonale della matrice di rigidezza iniziale. Se l’analisi è nonlineare, la rigidezza infatti non rimane costante. Se si desidera utilizzare questa opzione il valore tipico da usare è quindi TINYK=1. Questa funzione può stabilizzare la struttura rendendo fattorizzabile la matrice di rigidezza. In caso contrario è necessario assegnare a TINYK un valore di rigidezza superiore. Al termine della soluzione il processore $SOLU riporta i valori massimi e minimi sulla diagonale relativi alla matrice di rigidezza iniziale.

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VI-110

Linee Dati del Processore $INPUT

• TINYKNP. In genere, maggiore è NQ rispetto a NP, maggiore è la velocità di convergenza ma maggiore è anche l’impegno di memoria richiesto. D’altra parte, un valore eccessivo di NQ rispetto a NP produce vettori che non sono poi utilizzati e un numero di ortogonalizzazioni elevato. NP può essere piccolo ed essere anche uguale a 1. Tuttavia esso dovrebbe almeno essere pari al grado di molteplicità degli autovalori. Ad esempio, se la struttura non è vincolata, essa avrà almeno 6 moti rigidi con sei autovalori nulli: in tal caso dovrebbe essere almeno NP=6, non essendo possibile separare modi ad uguale frequenza in step successivi. Analogamente, se la struttura possiede simmetrie di rigidezza e massa avrà anche diversi modi cui corrispondono autovalori multipli. Se NP non ha un valore adeguato, alcuni modi saranno elusi. Tutti gli algoritmi prevedono un numero massimo di step per ottenere la soluzione entro un numero limite di iterazioni entro una tolleranza prefissata e possiedono capacità di restart automatico. Nella attuale release la tolleranza con cui è raggiunta la convergenza, il numero di iterazioni massimo per step, il numero di step interni, il numero di restart sono prefissati per ciascun algoritmo a valori di default

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VI-119

Linee Dati del Processore $INPUT

ottimali. Le modalità di soluzione selezionabili con KTYP possono dividersi in due categorie. La prima consente di estrarre tutti gli NFREQ modi in un unico passo entro il quale l’algoritmo di soluzione effettua internamente la suddivisione in step e restart e accantona su disco gli NP modi estratti in ciascuno step (KTYP=2,3). La nuova categoria di soluzioni (KTYP=1) lavora invece più generalmente per intervalli successivi. In pratica, l’intera soluzione di NFREQ modi può essere vista come la successione di più estrazioni modali separate e per certi versi indipendenti, tanto da essere più facilmente svolte anche in parallelo. Nella tabella precedente queste due categorie sono distinguibili per il fatto che la prima non prevede la assegnazione esplicita del parametro NP, ma solo quella di NQ. Quindi per i modi 0,2,3 NP è ignorato. I valori effettivamente utilizzati sono ottenibili attraverso le API o con le funzioni di $MSPOST.

f) FREQI al campo n.4 indica la frequenza dalla quale inizia l’estrazione dei modi. Solitamente FREQI=0., cioè sono richieste le prime NFREQ frequenze proprie e relativi modi di vibrare di una struttura isostatica o iperstatica. E’ tuttavia possibile, assegnando un valore di shift FREQI