Mastru Andria Sanna de Ottierj pintore

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Francesco Amadu

Mastru Andria Sanna pintore

Edizioni il Torchietto - Ozieri

de

Ottierj,

Francesco Amadu

Mastru Andria Sanna de Ottierj pintore

Edizioni il Torchietto - Ozieri 2011

Grafica di copertina: Gianni Chirigoni

Finito

Gennaio 2011 Ozieri - Piazza P. Micca

di stampare nel mese di

nella Tip. il Torchietto di

I - Premesse

1. A titolo personale I cagliaritani Cavaro e il "Maestro di Ozieri" sono stati definiti dagli in­ tenditori come i più importanti pittori nella storia della nostra isola. Quanto segue ha l'intento di dare a questo "Maestro" il nome indicato nel titolo, "Mastru Andria Sanna de Ottierj, pintore", il quale altro non è che la trascrizione esatta del nome, cognome, e qualifica di pittore, di un sacerdote della Chiesa di Santa Maria in Ozieri che nel 1591-92 sta dipingendo un gruppo di quadri (o "polittico") per la Chiesa di San Paolo di Nule: opera quasi certamente perduta nel crollo di quella Chiesa. II Sanna muore qualche anno dopo, quale Cappellano e amministratore della Chiesa di Loreto in Ozieri, dove sta (e ci starà per quasi tre secoli) il suo capolavoro. Quest'ultima notizia ci risulta da atti del 1611, come si dirà più avanti. Muore quasi come fosse a casa sua, annotando in un unico regi­ stro (appena iniziato, con solo due fogli scritti) le entrate e le spese della Chiesa e sue personali. Sono già cinquant'anni che mi interesso di lui, e credo di poter dare una risposta convincente a quanti hanno tentato finora, con argomenti non del tutto solidi, di individuare il Maestro in pittori del Continente, dal nord al meridione d'Italia non solo, ma affacciando anche l'ipotesi di un qualche ar­ tista non italiano. Il presente, comunque, non vuol essere un libro "sulla storia dell'arte sarda", ma più semplicemente un libro di "storia", quale ci risulta da documenti inediti del Cinquecento e del Seicento, e da altri fatti già noti. Quanto sopra mi ha indotto a fare qualcosa di diverso da uno studio siste­ matico, nel quale non si usa la parola più usuale che ci sia, quell'io che è più adatto non solo ad un "memoriale" o ad un articolo sul giornale, ma anche quando si è talmente convinti da fare di una tesi quasi una questione personale. Al lettore di queste pagine l'augurio di un giudizio sereno.

Francesco Amadu

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2. Il Maestro di Ozieri nella storia dell'arte sarda Preferisco riportare, già dalle prime pagine, il giudizio di uno dei più competenti nella storia dell'arte sarda, il Prof. Sabino Jusco che di questo personaggio parlava molti anni fa a Sassari.(1) Si tratta di un giudizio equilibrato, senza alcuna di quelle ipotesi del tutto personali, avanzate da alcuni critici, come si vedrà più avanti. kkkk

Il dott. Sabino Jusco... Ha parlato nel salone dell'istituto d'Arte di Sassari sul "Maestro di Ozieri"... padrone (un miracolo per quei tempi) di una cul­ tura figurativa vastissima e complessa, informata alla Scuola romana, a co­ noscenza del genio raffaellesco e dell'opera di Michelangelo, orientata verso il manierismo toscano del Rosso e del Pontormo, e non ignara delle conqui­ ste leonardesche e degli atteggiamenti della scuola lombarda. Conoscenza e cultura che si spingono oltre confine, se si tien conto della patetica tavola - particolare del retablo di Ozieri - della "Visitazione", chia­ ramente modulata sulle opere e stampe del Durer. Molti anni or sono un studioso tedesco, Hermann Voss, pubblicando una Crocefissione su tavola esistente sul mercato antiquario di Wiesbaden, rico­ nosceva nel modulo iconografico del "Cristo di Nicodemo" di Oristano la chiara provenienza sarda del dipinto, e lo accostava ad altra "Crocefissione" da lui studiata nella parrocchiale di Cannero sul Lago Maggiore ed ivi per­ venuta dalla Chiesa di Santa Croce di Sassari. Questi i primi segni di una scoperta che rivelava un nuovo pittore notevolmente superiore alla media della pittura sarda del Rinascimento". Indipendentemente dal Voss, il Delogu in una monografia sui Cavaro ca­ gliaritani di Stampace, citava un ignoto artista che chiamava "maestro di Ozieri" cui assegnava il retablo smembrato della chiesa di Benetutti. Grazie a felici ritrovamenti e restauri recenti, a documentati raffronti in­ terpretativi, il dott. Jusco, al nucleo dei dipinti di Wiesbaden Cannero, Ozieri e Benetutti, ha potuto aggiungere altre opere tra cui il San Sebastiano del Museo Sanna e la stupenda Sacra Famiglia di Ploaghe, fino a ieri attribuita erroneamente a Filippino Lippi: autentico capolavoro, nel quale risalta la vi­ gorosa capacità compositiva del pittore sardo, non sopraffatta dalle evidenti risonanze leonardesche e michelangiolesche. Con questa opera si conclude il recupero di un maestro della pittura sarda degno di condividere con Pietro e Michelangelo Cavaro un primato che le opere a noi pervenute, largamente giustificano nel piano e nella luce del Ri­ nascimento in Sardegna. La portata dell'insegnamento del Maestro di Ozieri è notevole soprattutto 4

nella provincia sassarese. L'intero retablo di Perfugas è opera della sua bot­ tega. Così come nell'orbita del nostro artista rientra la finissima tavola ora a San Pietro di Silki e probabilmente la preziosa tavoletta veronicale del Duomo sassarese. L'oratore ha concluso augurandosi che fortunate ricerche d'archivio e nuovi re­ perimenti di opere possano finalmente recuperare quei dati storici e cronologici in­ dispensabili per ricostruire completa la personalità del Maestro di Ozieri.

(1) Una di quelle stranezze che capitano talvolta: un foglio di giornale strappato del quale manca la data, con la sola sigla del cronista (FF)

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3. Un precursore Agli inizi del Cinquecento si era avuto, nell'ambito dell'attuale diocesi di Ozieri un altro grande nome nella storia dell'arte Sarda, Giovanni Muru, au­ tore della mirabile ancona di Nostra Signora del Regno in Ardara. Fu più fortunato del Maestro di Ozieri, perché dal Parroco di quella chiesa, nell'Ot­ tocento, fu casualmente rinvenuto, fra le tavole dell'ancona, un "tassello" a sé stante, studiato poi da Giovanni Spano.(2) Recava l'iscrizione:

IOANNES + MURU + ME + PINSIT continuata poi su altra tavola dell'ancona: EN L'A(N)I MDXV Mi ha dipinto Giovanni Muru l'anno 1515

Se tanto è stato scritto sul "Maestro di Ozieri", assai poche sono le pub­ blicazioni non specializzate che citino questo artista degno di stare accanto ai più illustri nomi dell'arte sarda.(3)

(2) Bollettino archeologico sardo. 1859, pag. 143 ss. Cfr. Miscellanea Amadu, voi. 21, pag. 16. (3) Più ampie notizie si possono vedere nella pubblicazione "Diocesi di Ozieri. Itinerario giubilatre. Fede Storia e Arte", con testo di Francesco Amadu, edita in preparazione al Giubileo del Duemila, ma senza note ti­ pografiche.

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II - Antichi registri

1. Una visita a Osidda Scrivo queste note quando sono ormai trascorsi più di cinquantanni da quando nel 1959, in occasione di una visita alla Parrocchia di Osidda come Can­ celliere e Archivista della Curia Vescovile di Ozieri, ebbi la possibilità di esami­ nare la documentazione conservata in quell'Archivio parrocchiale. Tra esse, un bel volume manoscritto, antico, rilegato in tutta pergamena, dal titolo sempli­ cissimo: "Libro de Osidda". Scorrendo le pagine del libro appresi che verso il 1591-92 era stato incaricato di ornare con un retablo la chiesa di San Paolo un pittore che veniva chiamato “Mastru Andria Sanna de Ottierj, pintore". Comunicai questa inaspettata novità al Prof. Giuseppe Della Maria, Direttore del Bollettino Bibliografico Sardo, il quale la pubblicò nel primo numero del 1960. Da cento e cento documenti desumiamo che i cognomi si scrivono sempre con la iniziale maiuscola. Del '600 ci è rimasto un atto che elenca tutti i capofa­ miglia di Ozieri, ognuno con nome e cognome. Da esso veniamo a conoscere che a Ozieri esiste anche il cognome Pintore, vivo ancor oggi in vari paesi, anche con la variante spagnola Pintor. Non troveremo mai Pintore dopo il nome di Andrea Sanna, ma sempre pintore con la minuscola. Occorre tener presente che troviamo spesso il titolo di Mastru dato ai "mae­ stri" artigiani (ancor oggi: su mastru), ma anche a sacerdoti, forse nell'accezione di "maestri della dottrina cristiana". Tanto il nome quanto il cognome erano comuni a Ozieri, e infatti a lui con­ temporaneo troviamo il Mastru Joanne Andria Sanna, anch'egli sacerdote presso la chiesa di Santa Maria, il più giovane dei due. Nel Liberu de sa promissa(4) iniziato verso la fine del Cinquecento, che registra le offerte che fanno i fedeli per la celebrazione di messe o per altri servizi reli­ giosi possiamo leggere le seguenti annotazioni: - al foglio 19: su R° M° Andria Sanna Minore de dies (= più giovane) offerit a sos Officios 25 liras et cuddas garrigat subra sa domo posta in Bingiaza a oios a Santa La­ guia. .. A12 de July 1593. Not. Ladu. (foglio 19). - al foglio 28 (non numerato, ma dopo il foglio 27): Domos a costadu a sa domo de Mru Andria Sanna pintore in Montiju (atto del 1593, senza l'annotazione del Notaio). In altri documenti vediamo che il primo dei due sacerdoti elencati viene 7

chiamato Joanne Andria, variante che potrebbe suggerire l'ipotesi che fossero fratelli(5). Il dubbio rimane perché hanno abitazioni diverse: il "minore de dies abita in Bingiazza, l'altro in Montiju, rioni dei quali si è conservata la denomi­ nazione fino ad oggi. Il fatto che a questo venga aggiunta la qualifica di "più giovane" viene forse confermata anche dal fatto che di "Andria Sanna pintore" abbiamo nel 1611 no­ tizia della morte già avvenuta, come si vedrà più avanti.

(4) Ozieri, Archivio Capitolale. Il cognome Sanna fu semprefra i più diffusi sia a Ozieri sia nella zona. Un altro Sanna, sacerdote, troviamo a Ozieri proprio in quegli anni. Leggiamo nel "Liberu Octavu" dell'archivio della Chiesa di Santa Maria, al foglio 25/a, "Die XVIII mensis Augusti 1592.Otiery... presentibus testibus su

Rdo M° Franciscu Sanna retore de Butule... "

(5) Chi scrive aveva due fratelli: Pietro Maria e Pietrino: nomi in qualche modo “imposti": il primo come

omaggio ad un parente ancor vivo (a casa c'era “lo zio prete"...) e l'altro in ricordo di un omonimo defunto.

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2. Un abbaglio Da buon cristiano ogni tanto mi confesso da un sacerdote. Ma non mi sono mai confessato di aver preso un abbaglio, un qui prò quo, come si di­ ceva in latino, o come si dice volgarmente un granchio! Commenti? Uno solo, che richiama un proverbio latino: "Sapientis est mutare consilium", e dato che non mi credo un "insipiente = non sapiente... ma anche sciocco", mi appello a Cristoforo Colombo che pur non essendo uno sciocco aveva pensato di essere arrivato in India, e invece... "e invece aveva scoperto l'America"! In questo Libro de Osidda era nominata la chiesa di San Paolo. Dalla mia raccolta di studi e documenti che ho chiamato "Miscellanea" risultava 1'esistenza nella parrocchia di Osidda di una chiesa chiamata dei "Santi Pietro e Paolo". Pensai quindi ad una particolare usanza locale di abbreviare il nome di una chiesetta esistente fuori dell'abitato, chiaman­ dola di San Paolo. E rimasi in tale falsa convinzione per anni, fino a quando in occasione di altre visite ad Osidda mi accorsi di una specie di "tranello" nel quale ero incappato. Anche se il titolo era, come detto, "Libro de Osidda" il realtà esso era il libro di amministrazione di DUE parrocchie: quella di Osidda e quella di Nule: di ciò mi accorsi sfogliando tutto il registro, trovandovi alcuni atti registrati a Osidda, e vari altri a Nule. Il Rettore, nello scrivere il titolo del libro si era contentato solo di Osidda! Ben diverso il registro di Nule, tenuto esattamente un secolo dopo quello di Osidda, dal titolo "Libro de las franquesas y de los ganados y pastores de las Iglesias de Nule y Osidda" relativo all'amministrazione dal 1698 in poi(6) Così al 1728 (dopo oltre un secolo) vediamo che partecipa al Sinodo dio­ cesano anche il sacerdote Don Giuseppe Andrea Pes, come procuratore (e fratello?) di Don Giovanni Battista Pes, Rettore di Nule e Osidda.(7) Non era caso unico: avveniva anche in altre parrocchie. Per questo ab­ binamento di uffici e quindi di titoli troviamo ampia documentazione: per il Seicento e il Settecento: ad esempio nel manoscritto Noticias antiguas dell'Archivio Capitolare di Alghero(8) troviamo che sono abbinate, sotto la cura di un solo sacerdote la parrocchia di Buddusò con Alà; Pattada con Bantine e (appunto) Nule con Osidda: non è necessario riportare tante altre citazioni.(9) Non era quindi la chiesa dei SS. Pietro e Paolo quella indicata come chiesa di San Paolo di Osidda, ma era in realtà la chiesa di San Paolo di Nule.

Data l'importanza dell'argomento: a) ho sempre considerato questo come il più solenne abbaglio che abbia mai preso nei miei studi; b) sembra preferibile riportare al capitolo seguente, invece che in appen­ dice, la documentazione desunta dal "Libro di Osidda".

(6) . Cfr. M. VII, pag. 2 ss (7) Cfr. M. V, pag. 105 (8) vol. I,fasc. 76. (9) Cfr. M.XI, pag. 63

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3. Nule. La chiesa di S. Paolo Era una chiesa importante, anche se non ci è possibile individuarne i pregi artistici. Sicuramente l'edificio doveva essere molto antico, per l'usanza plurise­ colare di ricordare i defunti con i suffragi, in particolare con le Messe da ce­ lebrare nelle cappelle cimiteriali che troviamo un po' dappertutto, molte già costruite prima che venisse vietata la sepoltura dentro le chiese, salvo casi eccezionali. Verso la fine del Cinquecento, potendo disporre di mezzi sufficienti, si decide di migliorarne l'arredamento e si chiama un pittore che la fornisca di un gruppo di quadri, o "polittico". Se non abbiamo registri specifici per il Cinquecento riguardo alle sue condizioni economiche, lo deduciamo da varie considerazioni sullo stato finanziario dell'Opera nei secoli seguenti. Tra la fine del '600 e i primi anni del '700 la chiesa possiede quattro greggi di pecore, e la rendita netta per la Chiesa è di un quarto (su pe) del formaggi e degli agnelli. E non sono gruppetti di pecore, ma Antonio Soru e Fedro Piqueras ne pascolano 89; Antonio Cannas 109, Gavino Coloru 75: un totale di oltre 270 capi, solo per questi elencati, ma ve ne sono anche altri, non no­ minati. (10) A confermare lo stato di benessere di quella amministrazione, ricordiamo fra l'altro che ancora nel 1775 la parrocchia di Osidda è debitrice di 41 scudi (una somma considerevole), non sappiamo a che titolo, "à la Iglesia de San Pablo de Nule". Troviamo la notizia nella relazione sullo stato della Parroc­ chia di Osidda, consegnata al Vescovo Joachin Domingo Radicati in occa­ sione della visita pastorale.(11) Tuttavia, un tale benessere non la esime dal mostrare vari segni di vec­ chiaia. Dieci anni prima, nel 1765, si era avuta a Benetutti e a Nule la visita pastorale da parte del Vescovo di Alghero Giuseppe Maria Incisa Becca­ ria.(12) Dal verbale della visita apprendiamo che la chiesa di San Paolo di Nule non doveva essere in condizioni soddisfacenti. Il Vescovo imponeva quindi dei restauri da effettuare tassativamente entro quindici giorni per evitarne il crollo. Nel verbale della stessa visita pastorale troviamo invece espressioni ben diverse circa la chiesa di S. Elena di Benetutti, della quale nel verbale rias­ suntivo vien detto che è assai decorosa, bene ornata e ben curata. Non sappiamo quando sia avvenuto il crollo di questa chiesa di Nule, per la quale gli amministratori non sono stati troppo solleciti. Infatti, se pure il

è possibile che sia citata da qualche parte, di essa non ci rimangono ulteriori notizie se non qualche statistica che ce ne attesta l'esistenza al 1795, ma non si trova nominata in documenti del secolo seguente, ad eccezione di qualche elenco dove si parla della "distrutta" chiesa di San Paolo.

(10) Libro de las franquesas y de los ganados de las Iglesias de Nule y Osidda. Cfr. M.VII, pag. 2 ss. (11) Cfr. M. I, pag. 54 ss.

(12) Cfr. M. II, pag. 144: M. V, pag. 120

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4. Dal Libro di amministrazione della chiesa di San Paolo di Nule Fgl. 4. Resoconto della gestione del 1591: Nota de sa essida qui apo dadu eo dittu (Pedru) fadda pro ditu santu paulu dessu annu presente de 1591. primo.. ittem apo conporadu dae mastru nigola casada ses taulas pro faguer su retaulu de ditta quesia las apo conporadas a resone de degue sodos sa una valen tres liras ittem appo comporadu pro su dittu retaulu unu barriu de taulas mi costat bator liras et mesa ittem apo dadu assu mastru qui at obradu sas taulas dessu retaulu degue liras et bindigui sodos ittem in recattu pro ditu mastru et conpagnu qui portat de manigare et bier tres liras... ittem apo conporadu bindigui sodos in quiaos pro su retaulu. kkkkkk

Hoe à 14 de su mese de maju 1592 naro noranta duos a leadu contos su multu Reverendo segnor arquipedre de sini a donnu pedru pira oberaju dessu gloriosu santu paulu de sa presente villa tantu de sas quentu trintaduas liras et noe sodos qui lifuin restadas in podere sou de sos contos passados dados in podere de su Illmu et Rmu monsenore de saliguera dados in sa villa de benetutj comente et ancora de tres annos qui at dadu contos zoest de sannu 1589 et de sannu 1590 et 1591 in sos quales annos li auiat intradu quentu setanta otto liras et mesa contadu tanbene sa dispesa qui at fattu segundu contenet de intradas et bessidas in su presente liberu quale dispesa est conpresu vinti otto liras et otto dinaris qui at dadu de prima mutta a mastru andria pintore at dispesu duguentas vinti noe liras et bindigui sodos et unu reale de tale qui contadu et iscraculadu totu tantu sintrada comente et disessida restat depidore ditu donnu pira oberaju de dita eclesia de ottanta una lira et bator sodos naro 81 et 4 sas quales ottanta una lira et bator sodos restan et si dassana in podere de su dittu pira oberaju pro restituirelas con su depius qui li intrat sos quales contos si suntfattos et leados in presentia de sos Reverendos mastru gasparru dejana mastru nigola isquintu preuera et firmados ditos contos per ditu senor arquipedre hoe die et anno ut supra et sende presentes tanbene pro testes Jorgi carbone Joanne saba Joanne Manca de nule mastru de sini firmo ut supra. Contu dessa essida dessannu presente 1592. et primo..... ittem appo conporadu duas cannas et mesa de tela pro intelare su retaulu de ditta quesia mi costat a resone de vinti sa canna valen duas liras et mesa 13

ittem appo dadu a mastru andria sanna de ottierj pintore quimbanta sette liras quales sunt pro conplimentu dessa pagua dessu retaulu qui atfattu a ditta quesia ittem in pane et binu et petta pro tres meses pro dittu mastru doigui liras ittem appo ispesu pro sa virgua dessu ferru et loriguas et quiobos qui sunt a reforgiu dessa cortina dessu retaulu vinti sodos inter manifattura et ferru ittem appo conporadu sa cortina pro coberta de dittu retaulu tres liras.-...

4.1. Un'opera perduta Quali e quante le opere rimasteci del Maestro di Ozieri? Lascio agli esperti(13) il compito di discuterne. E' preferibile riportare il semplice elenco delle opere segnalate nel Cata­ logo della Mostra di Ozieri del 1982: a) Polittico della Madonna di Loreto. Ozieri b) Retablo di S. Elena. Benetutti c) Sacra Famiglia. Ploaghe d) San Sebastiano. Sassari. A questi si aggiunge il "Discendimento dalla Croce", di recente venuto da lontano. Quanto detto finora aggiunge un tratto importante, finora sconosciuto, alla biografia di Mastru Andria Sanna: la notizia di un'opera così importante quale è un polittico.

(13) Chi scrive non è un "esperto" in senso tecnico, ma un appassionato collezionista di riproduzioni di

opere d'arte sacra. In una cinquantina di anni ne ha raccolto, in trecento album, più di cinquantamila, tutte a colori.

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5. Benetutti e la chiesa di S. Elena Possiamo fare solo qualche ipotesi sulle origini dello stesso paese di Bene­ tutti sul quale sono state dette tante cose. Il suo nome fu interpretato come ri­ ferito alle salutari acque dei bagni di San Saturnino, località già conosciuta dai Romani col nome di Lesa. Ad escludere tale interpretazione basterà ricordare che il nome lo troviamo già nel '500, epoca in cui l'italiano era in Sardegna una "lingua estera". Già altra volta chi scrive le presenti note ha dovuto battagliare per risol­ vere tale problema(14), battaglia finora dall'esito incerto. Nell'elenco delle "ville" della diocesi di Castro non figura tale toponimo, così come non figura nell'atto di pace del 1388. Il Fara ci dice: "È esposto ad occidente il villaggio di Benetutti, nei cui territorio scomparve il villaggio di Bulteina". Con tutta probabilità il nome è una delle varianti di un originario "Bena 'e Tudi", indicante la "Sorgente di Tudi", toponimo che troviamo anche in altre zone della Sardegna, ad indicare la sorgente "vena, bena" da cui magari ha inizio un fiume, un ruscello. Tale ipotesi venne già affacciata dall'Angius(15), non certo gratuitamente, perché tale radice troviamo in varie altre località, tra cui occorre citarne un to­ ponimo nel territorio del Comune di Narbolia, con la variante "Benetudi".(16) Anche sulla storia del paese sono scarse le notizie. Ipotesi abbastanza plausibile sembra quella secondo la quale, in un certo periodo, da altra lo­ calità non lontana la popolazione si sposta e viene a formare un abitato, pro­ prio per il fatto che il suo nome non figura tra quelli citati da autori antichi. Allo sesso modo, sull'origine della chiesa, altro è difficile dire più di quanto si può desumere dallo stile delle costruzione. Di vari lavori eseguiti nell'Ottocento si parlerà più avanti.

(14) La Diocesi medioevale di Castro, pag. 200 sg. (15) Casalis. Dizionario... a.v.

(16) Una più ampia trattazione si veda in M.XXIV, pag. 70

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6. "Su pintore de Patada" Nei vecchi registri capita spesso che cercando un dato, una notizia, trovi anche qualcosa che non ti aspettavi. Facendo una ricerca sui prezzi e sul valore del danaro nei Seicento trovo alcune annotazioni in un libro di amministrazione: "Libro de quentas de la Iglesia parroquial de Benetutti a primu de triulas de su annu 1643"(17) I conti sono probabilmente tenuti da un obriere laico, perché spesso ci si trova davanti ad errori che un istudiadu non farebbe mai. Alcune annotazioni ci dicono: " a su pintore de Patada pro cabarras de sos cadros quifaguet, vinti liras": "pro agabare a pagare ditos cadros sessanta liras" Per l'anno seguente. "Appo pagadu a su pintore pro su retractu de su padre eternu in su sacrariu 2,10" Chi è questo pittore? Forse non lo sapremo mai. Tuttavia della sua esi­ stenza e della sua opera abbiamo notizie, sia pure sommarie ma ineccepibili da questo registro. Ci troviamo quindi di fronte ad un ignoto pittore pattadese, operante a Benetutti, quasi cinquant'anni dopo la morte di Mastru Andria Sanna. Non poteva essere un dilettante se ricevette una somma quasi uguale a quella data a quest'ultimo: somma non disprezzabile: a quei tempi nei quali equivaleva più o meno al prezzo di una casa d'abitazione.(18) Una semplicissima argomentazione ci dice che la parrocchia di Benetutti non avrebbe mai fatto una spesa così rilevante se avesse già avuto il polittico di Mastru Andria Sanna.

(17) Ozieri, Archivio della Curia Vescovile. (18) Si veda il secondo volume degli Indici della citata raccolta "Miscellanea Amadu" alla voce "prezzi",

dei quali si hanno lunghi elenchi anche per il Seicento.

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7. Ipotesi Sono certo che quanto segue susciterà proteste violente, da ogni parte. E tali proteste giudico pienamente giustificate, in quanto le affermazioni che seguono porterebbero a capovolgere convinzioni universalmente accettate da chi conosce l'argomento. Ci dice il vocabolario che "ipotesi" è "un pensiero posto come possibile,... per spiegare i fatti mancando la perfetta conoscenza di essi". E nel caso presente "conoscenza" non significa altro che documentazione. Quanto segue è una applicazione non del tutto gratuita che si presenta come una spiegazione di varie circostanze già viste: a) Andrea Sanna non avrebbe mai portato da Ozieri un semplice ragaz­ zino per gli attrezzi, ma piuttosto un collaboratore; b) le note dei registri di Nule, già riportate, ci parlano di un "compagno", quindi un collaboratore diretto; c) questo ci porta a concludere che Andrea Sanna, come tutti i pittori che si rispettano, aveva una "bottega": voce che il vocabolario definisce sempli­ cemente come "Studio di pittore", nome classico per indicare gli apprendisti che formavano la scuola". d) è ovvio pensare che in tale scuola si formassero nuovi artisti, che acqui­ sissero non solo la tecnica ma più di tutto lo stile del Maestro. Vista la grossa somma spesa a Benetutti per il pittore di Pattada ci si potrebbe domandare: è assurdo pensare che il retablo di Benetutti sia opera di quel­ l'alunno di Andrea Sanna? Altrimenti non si spiegherebbe questo grosso sacri­ ficio economico (una somma analoga a quella pagata per il polittico di San Paolo) per portare acqua al mare quando in Sant'Elena di Benetutti ci fosse stato già il polittico di Andrea Sanna. È un'ipotesi così irragionevole? Sapendo che è impossibile pensare ad una adulterazione dei manoscritti originali, è possibile trovare un'altra spiegazione di quanto essi contengono? Me lo sono domandato tante volte, e sarei molto grato se qualcuno mi spiegasse perché non è possibile. Lo dico con tutta serietà, senza pretendere che le conclusioni, che in verità sembrano ovvie, siano sacrosanta verità.

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III - Chiese mariane a Ozieri

1. Il Beato Vittorino da Peltre (1439-1494) Ci dà occasione di dare alcuni cenni sulla storia religiosa di Ozieri. I Frati Minori hanno un particolare ricordo di questo Beato, che celebrano per due particolari ragioni: a) l'istituzione di quella provvidenziale opera che conosciamo come "I Monti di pietà". Di fronte, o meglio all'ombra degli sfarzi dei principi, fon­ dava questa istituzione per venire incontro ai tanti bisognosi che rischiavano di morire di fame: fu una delle più importanti istituzioni promosse dalla ca­ rità cristiana; b) la sua lotta a favore della dottrina sulla Immacolata Concezione di Maria, che solo dopo quattro secoli veniva proclamata dogma di fede . I brevi cenni biografici che ne illustrano l'attività, contenuti nella Enciclo­ pedia Cattolica, non parlano di una sua venuta in Sardegna. Ma dagli antichi archivi del suo Ordine veniamo a conoscere che fra il 1469-1471 egli percor­ reva, predicando, varie zone della Sardegna Settentrionale, in particolare a Sassari dove si adoperò per far conoscere e propagandare la devozione alla Madonna delle Grazie, collocandone l'effige nella Chiesa di San Pietro. Della sua visita a Ozieri e della fondazione del Convento dei Minori Os­ servanti con la chiesa della Madonna di Loreto si è già parlato altrove.(19)

(19) F. Amadu, La diocesi medioevale di Bisarcio, pag. 133 sg.

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2. La Madonna di Loreto Il 7 luglio 1466 veniva eletto Vescovo di Bisarcio Ludovico di Santa Croce. Era frate francescano, e tale sua qualifica spiega perché dovette es­ sere proprio il promotore della fondazione di un Convento francescano a Ozieri.(20) Il primo Convento era stato fondato a Oristano nel 1459, il secondo a Sassari nel 1467, il terzo a Cagliari nello stesso anno: quello di Ozieri era dunque il quarto in Sardegna, fondato appunto dal Vescovo Ludovico nel 1470. La scelta fatta dal Vescovo fu sicuramente determinata dalla lenta ma progressiva decadenza di Bisarcio, mentre Ozieri acquistava sempre mag­ giore importanza e consistenza demografica. I Francescani, evidentemente, non preferivano il chiasso dei centri abi­ tati. A Oristano infatti abbiamo per quel periodo il "Convento de la Madalena fuera de Oristan" Altrettanto avveniva a Ozieri e i frati preferirono stabilirsi fuori dell'abitato. Con tutta probabilità si deve ad essi la costruzione della chiesa, o più esattamente il suggerimento che la si edificasse, dato ad autorità civili e a privati facoltosi. Di struttura modesta, la chiesa subì sicuramente degli interventi impor­ tanti nel secolo seguente, anche per la generosità dei Centelles, feudatari dello "Stato di Oliva", formato dall'odierno Monte Acuto ed estendentesi anche in altri territori. Dai Centelles, per via di matrimoni o eredità il feudo del Monteacuto passava il seguito ai Conti di Oliva e quindi ai Borgia, sui quali, per il Cin­ quecento ci è rimasto qualche documento interessante, che conferma la ge­ nerosità dei feudatari verso i Religiosi Vediamo infatti che il 2 febbraio 1588 Francesco Depila, scrivano sosti­ tuto, riprende da scrittura anteriore del 24 giugno 15...(anno illeggibile) una clausola di un memoriale del Conte di Oliva, in possesso del "Magnifico SignoreMazachau de Tola" nel quale sono registrate alcune disposizioni. Tra­ ducendo dal catalano veniamo a sapere che si assegnano: "... Al Monastero di San Francesco di Ozieri cento lire sarde... (riga illeggibile) le quali cento lire saranno donate ogni anno per lo spazio di quattro anni, e passati quelli gli si da­ ranno le cinquanta lire sarde che si è soliti donare".(21) Nel secolo seguente vediamo la chiesa sotto il patronato di un'altra fa­ miglia nobile: quella degli Arca, Baroni di Monti, come ci consta dal testa­ mento di Donna Isabella De Larca et Rugeri (del 1652).(22) Una nota del giornale del 27 gennaio 1999 annunziava una piccola, ma 20

molto significativa scoperta fatta nella chieda di Loreto dai fratelli Gian­ franco e Fiorenzo Saturno, i quali hanno molto contribuito alla conserva­ zione delle memorie storiche di Ozieri. Durante lavori di restauro che una ditta locale stava eseguendo all'in­ terno della chiesetta notarono sul capitello destro d'imposta dell'arco ogi­ vale che delimita il presbiterio un bassorilievo poco leggibile, che in seguito venne riconosciuto indubbiamente come lo stemma della nobile famiglia spagnola dei Centelles.(23) Lo stesso stemma, scolpito, era stato già notato su una parete retrostante l'artistica fontana Grixoni. Ora vediamo che documenti spagnoli ci danno notizia di come, con atto 15 febbraio 1421 redatto a Palermo, il Re Alfonso V concedeva in feudo a Bernardo Centelles, vicerè, le incontrade di Monteacuto, Anglona, Osilo e Meilogu. E' ovvio supporre che i feudatari venissero incontro a eventuali richieste di aiuto da parte dei Frati e dei Religiosi in genere. Fu lunga tradizione da parte dei Centelles e dei loro successori, Borgia, quella di sovvenire alle necessità degli Ordini religiosi. Ancora nel Seicento, qualche anno prima che si decidesse di aprire a Ozieri una scuola tenuta da Gesuiti provenienti da Sassari, vediamo una "Procura di don Pascual Borja y Ponce de Leon, duca di Gandia, a favore di Emanuel de Campo, perché assicuri al Collegio Gesù e Maria di Sassari le elargizioni gravanti sugli Stati di Oliva".(24) Questo segno di benevolenza nei confronti dei Gesuiti, potrebbe aver consigliato al Duca di Gandia di procedere ad un restauro anche della chiesa di Loreto, benché non tenuta da Gesuiti ma da Francescani. "Madonna di Loreto": era una denominazione che non venne mai in uso fra gli ozieresi, presso i quali la località è sempre "Su Redu". Ci sembra di capire che il titolo venne interpretato e "tradotto"(!) in sardo come s'orettu" che in vari posti significa "posto di guardia" (A Pattada si dice ancora "orettende" col significato di "spiando"). Non sembri interpreta­ zione a orecchio, a casaccio. Dalla parte opposta di Ozieri, verso l'ovest, c'era, e c'è ancora, il rione "Sa Pastia" adattamento di "Bastia"che signifi­ cava e significa ancora "posto di guardia". (si veda Bastia, in Corsica). Dopo 58 anni dalla loro venuta, nel 1528 i frati si trasferirono presso la chiesa di San Giorgio nel rione di Bidda Ossana. Di tale chiesa troviamo me­ morie ancora nel Seicento, ma non doveva essere molto adatta per un Con­ vento e decisero quindi di costruire una nuova chiesa come loro sede, quella di San Francesco. La chiesa della Madonna di Loreto, tuttavia, continuò ad essere regolar­ mente officiata, e ne vediamo la documentazione in una Bolla della Curia 21

Romana, in data 11 febbraio 1588, con la quale si concedevano alla chiesa della Madonna di Loreto in Ozieri particolari indulgenze.(25)

(20) F. Amadu, La diocesi medioevale di Bisarcio, pag. 131. Vi si accenna, alla pag. seguente, alla dolorosa

scomparsa di tanti documenti già esistenti nel Convento ozierese di San Francesco, dopo la soppressione degli Ordini Religiosi e la chiusura dei loro Conventi

(21) Archivio del Convento di San Francesco in Ozieri. Testo riportato in "Miscellanea Amadu", vol. VII,

pag.l (22) Si veda in M.39, pag. 35. (23) M. 50. 96 (24) Cabdells, Revista d'Investigaciò de l'Associaciò cultural Centelles y Riusech. Oliva, 2009, pag. 52. (25) Alghero. Archivio della Curia Vescovile, “Bolle di concessione di Indulgenze". Cfr. M. 27, 4

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3. La Madonna delle Grazie Abbiamo appena visto come il B. Bernardino da Feltre si adoperò, anche a Sassari, per propagandare la devozione alla Madonna delle Grazie. La prima notizia che abbiamo su questa chiesa esistente in Ozieri risale al 1590. Vediamo infatti che in essa è fondata "una missa sa semana, in Nostra Segnora de sa Gratia qui est in dicta villa de Hotieri"(26). Un'altra citazione(27) di sette anni dopo ci fa sapere che l'edificio è già vec­ chio; di conseguenza pare di dover assegnare la sua edificazione se non al Quattrocento, almeno all'inizio del secolo seguente : in altre parole più o meno coetanea della chiesa di Su Redu o di Loreto: anch'essa quindi sorta ad opera del Beato Bernardino da Feltre. Anch'essa finì poi in quella immensa voragine conseguenza della legge sulla libertà della Chiesa e sequestro dei suoi beni, frutto di quella mentalità che i liberali avevano ereditato dal "Secolo dei lumi" che aveva tentato, anch'esso, di distruggere la religione. Da luogo di preghiera, di celebrazioni religiose, di devozione alla Ma­ donna divenne una "piccionaia" (nel vero senso di allevamento di piccioni) militare! (Meglio non far commenti). Si tentò in tempi moderni di ridarle un significato religioso, ma inutil­ mente, senza esito soddisfacente.

(26) Ozieri, Archivio Capitolare, Libro Magistral nuevo. Lib° 1°, Henero. Si può vedere il testo, con altre citazioni, in Miscellanea Amadu, vol. XVI, pag. 30.

(27) Ozieri. Archivio Capitolare. Carte varie, Fascicolo 24, n.2.In Miscellanea Amadu, vol. 5, pag. 6. Il do­

cumento è interessante anche perchè è forse la prima documentazione. In assoluto, della voce "patacones”, moneta che un ozierese cita nel suo testamento: voce la cui esistenza era stata finora dagli autori assegnata a

qualche anno più tardi. 23

4. Una annotazione fuori tema Joanne Mannu Murgia il 5 novembre 1597 sta dettando le clausole del suo testamento ad Andrea Delogu "iscrianu pro Salvadore Porcu". Tra l'altro, un lascito alla chiesa della Madonna delle Grazie: "...sinde siat dadu (sic) degue liras assa frabica de N,ra S.ra de gra& (sic)". Fra le altre annotazioni: "in domo semi agatat a su presente vintj duos pa­ tacones et tres pezias de quimbanta qui lean suma de sessanta ses liras et degueotto soddos".(28) Come si è visto, della chiesa si ha notizia già sette anni prima. Quindi la parola "frabica" può intendersi in due modi: o come "restauro" oppure come "obera" da cui la voce "obriere". Di qui sorge una questione interessante. Il Birocchi(29) parla a lungo dei patacones. Dice tra l'altro: "Queste speciali monete di necessità sono rimaste finora ignote... Il primo documento che ri­ corda tali patacconi è... in data 24 marzo 1599" Non si tratta di una scoperta sensazionale: però ne desumiamo che la prima notizia, in assoluto, dei "patacones" si ha proprio da questo docu­ mento ozierese del 1597", due anni prima della data segnalata dal Biracchi.

(28) Ozieri. Archivio Capitolare. Carte varie, fasc. 24, atto n,2 Cfr. Miscellanea Amadu, vol. XX, pag. 152 ss. (29) E. Biracchi. Zecche e monete della Sardegnache e monete della Sardegna nei periodi di dominazione

Aragonese e Spagnola in Sardegna, ed. 1952, pag. 152 ss.

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5. Mastru Andria Sanna a Su Redu L'abbiamo già visto, all'inizio in piena attività, mentre a Nule lavora ad un retablo per la chiesa di San Paolo nel 1591. Ed è questa l'ultima delle poche notizie che ce lo documentano da vivo. Vorrei ora un parere motivato su un documento esistente nell'Archivio Capitolare di Ozieri.(30) Lo vediamo ricordato, vent'anni dopo, in un documento in data 11 agosto 1611, quando viene fatto un inventario dell'archivio contenuto in Santa Maria di Ozieri, dopo la sua morte della quale ignoriamo la data. Dopo l'elenco di altri libri presenti, al n. 3 vediamo una annotazione, di cui do sul momento una traduzione per quanto è possibile esatta: "Inoltre, un altro libro bianco legato con corregge nel quale sono notati le entrate e i censi di Nostra Signora di Loreto, e inoltre le entrate e in censi del fu Andria Sanna. Tale libro comprende in tutto novanta fogli, dei quali ve ne sono scritti un foglio (intero) e un poco di un altro riguardanti l'eredità (atti di amministrazione? possidenze?) di Nostra Signora di Loreto, e l'eredità del defunto Mastru Andria Sanna. un foglio e un poco di un altro".(31) Proviamo un po' ad immaginare questo vecchio prete che si trova nella chiesa della Madonna più o meno come a casa sua, e pertanto non fa troppa differenza tra le questioni sue personali e quelle della chiesa,, per cui i conti delle une e delle altre le segna in un solo libro. Nell'Archivio di Ozieri vediamo indicato con la dicitura "Mastru Andria Sanna": la stessa che troviamo nel libro di Osidda.(32) Mi pare che questi due documenti siano una conferma conclusiva nella questione dell'identità del Maestro di Ozieri. E tale conclusione non ha alcun bisogno di ulteriori prove o conferme: non di stretta logica, ma di semplice buon senso, a meno che non si abbiano persuasioni personali definitive e in­ discutibili.

(30) Carte varie, fascicolo 36, Lo si può leggere anche nel vol. n. 36, pag. 98 delle Miscellanea Amadu. (31) Il testo originale non ha le sottolineature, poste per evidenziare.

(32) Ozieri. Archivio Capitolare, Cartella "Censi de mese di Novembre" fascicolo n° 6. Documento integro al volume XXII delle Miscellanea Amadu, pag. 12.

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5.1 Inventario dell'Archivio di Santa Maria di Ozieri. 1611 Il 15 agosto 1611, quando Andrea Sanna è già morto da vari anni, si riu­ nisce il Clero di Santa Maria di Ozieri per procedere all'inventario dei docu­ menti contenuti nell'Archivio della Chiesa. “a XI de Austu 1611 Otiery. Notta de totu sos liberos de sos divinos offisios de sa pnte villa de otiery quales si lean peri inventariu dae domo de su Rdu Nigola Pani Rectore de Bidufe pro los poner intro de sa quaxia de sas tres jaes conforme a sas constitusiones fattas in sa fundatione de sos offisios peri su Illmu Rmu Don Andreu Bacallar olim piscopu de saliguera et a su pnte Archi Episcopu metropolitanu de turras. (sic) Et primu... "Item unu ateru liberu biancu pretu a corias in su quale est notta(da) sa intrada et sensalistas de Nra Senora de su Oreddu et tanbene sas intradas et sensales de su qm Andria Sanna qui leat ditu liberu sa suma noranta follos de sos quales bindat iscriptos de su heretadu de n.ra s.ra de su Oreddu unufollu et pagu de su ateru, et de su heretadu de su q .m m.e (mestre) Andria Sana bindat iscriptos unufollu et pagu de su ateru.

Note storico-filologiche sul documento precedente (1) Solo due secoli dopo, circa, Ozieri diventerà sede vescovile e la Chiesa Cattedrale avrà il suo "Capitolo Cattedrale". Nel Seicento non avendo un Vescovo ha invece la Collegiata, formata ugualmente di Canonici e Benefi­ ciati) . (2) "pretu": in logudorese si dice "presu" a meno che non sia adattamento del campidanese "pretta"che significa "mazzo" di fiori o di altro, per fare il quale occorre legare, intrecciare, attorcigliare dei fili, così come le corregge di cuoio che legavano gli antichi registri. Potrebbe anche trattarsi di una sem­ plice distrazione dello scrivente. (3) "su Oreddu" è la variante popolare del nome Loreto: variante che è suggerita dal fatto che la chiesa era, ed è, situata alla periferia ("in s'oru" de sa idda) Cfr. Miscellanea, vol. IV, pag 29. Attualmente è "Su Redu". (4) "m.e = "Mestre" è la forma spagnoleggiante del sardo "mastru",titolo che gli viene dato anche nei documenti di Nule (nel registro di Osidda). Ed è curiosa questa abbreviazione in spagnolo anche quando si scrive in sardo! (5) Come possiamo vedere, la lingua sarda del Cinquecento e del Seicento ha tanti vocaboli e tante forme verbali molto diverse dal sardo attuale. A questo proposito si possono consultare i due volumi di chi scrive: "Cento documenti in sardo dell'Archivio diocesano di Ozieri", specialmente il se­ condo volume degli Indici nel quale sono presenti molti esempi di questa diversità dell'antico dal moderno. (6) qm: abbreviazione del latino"quondam= "una volta", che corrisponde all'italiano "fu",voce che si usa per indicare un defunto, anch'essa derivante dal latino "fuit".

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6. Conclusione Come chiara, significativa conferma di quanto detto in precedenza, si è scelto il precedente documento che ci fa trovare il Maestro Andrea Sanna Cappellano e Amministratore della Chiesa di Nostra Signora di Loreto a "Su Redu". Come per la prima volta ci appare al suo lavoro di pittore per il polittico di Nule, così per l'ultima lo troviamo Cappellano di quella Chiesa ozierese dove può recarsi ad officiare, come sacerdote amministratore, ma anche ad ammirare, come pittore, quella che è, e tale sarà sempre giudicata, la sua opera migliore. Ed a questo proposito viene spontanea la domanda: "A quando risale il retablo della Madonna di Loreto?" Come è facile dedurre da quanto si è detto, l'ultima sia opera è proprio il retablo di Nule, risalente al 1590-91. Dopo di esso non so ha alcuna notizia diretta di Andria Sanna. Al 1596, in data 8 novembre, (33) troviamo invece il suo quasi omonimo, "su Venerabile M° Joanne Andria Sanna comente yconumu de sas rendas de N.ra S.ra de su Redu". Nel 1611 il registro di Andrea Sanna è già da tempo archiviato. Questo ci porta a concludere che se il Retablo della Madonna di Loreto è la sua opera più bella, deve essere anche tra le prime opere, benché non ab­ biamo alcun elemento per poterla datare.

(33) Ozieri, Archivio Capitolare. Cartella "Censi del mese di novembre", fascicolo n. 6. Cfr. Miscellanea

Amadu, vol.XXII, pag.12.

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7. Eredi Per tutto il Settecento non si hanno notizie di opere d'arte importanti in queste zone del Monteacuto e del Goceano che costituiscono la diocesi di Ozieri. Vediamo, anzi, uno scadimento accentuato e lo rileviamo non solo dal­ l'assenza di particolari opere d'arte, ma anche da qualche resoconto delle vi­ site pastorali che vi si susseguirono. In particolare la visita del 1765 da parte del vescovo di Alghero Giuseppe M. Incisa Beccarla, il quale si trova a Illorai il 21 aprile 1765. Nel relativo ver­ bale, tradotto dal latino in italiano, leggiamo: a) Nell'altare della Madonna del Rosario si cancelli l'immagine della Beata Vergine "ob indecentiam", sicuramente per la qualità della raffigurazione artistica. b) nella chiesa di Santa Croce, "avendo l'Illustrissimo rivolto lo sguardo alla volta della chiesa, vide una certa pittura del Padre Eterno dipinto con tre facce (presumibilmente la raffigurazione della SS. Trinità): comandò quindi che si cancellassero le altre due facce, lasciandone una sola...".(34) Ma anche nelle altre zone durò a lungo questa povertà in campo artistico, ancora nel secolo seguente. Anche se dispiace, è utile ricordare un episodio che ci fa vedere come, talvolta, mancasse del tutto un qualunque gusto ar­ tistico. Nella chiesa di Ghilarza nel 1851 "vi è una tela di Luigi Aspetti, da Vicenza, dipinta da lui nel 1851. rappresentante una grazia ricevuta da un certo Archelao Crispacciu, salvatosi miracolosamente in occasione di una frana. Il Crispacciu che aveva ordinato il quadro ex-voto non fu molto contento della pittura, e avendo pre­ sentato il pittore e la pittura al Vicario Onida, questi protestò che non avrebbe la­ sciato appendere il quadro, se prima non vi si iscrivesse il nome a tutte le cose, affinché non si confondesse l'Arcangelo cogli alberi, o Archelao coi sassi. Quindi fu appesa la pittura dell'Aspetti" (35).

(34) Si veda anche in M. 2, pag. 140. (35) M. Lichen, Ghilarza. Sassari, 1900, pag. 359 sg. Cfr. M. 25. pag. 24,

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IV - Andata e ritorno

1. Partenze. Rimpianti. Dopo aver letto il libro di Renata Serra "Pittura e scultura dall'età romanica alla fine del '500, nel marzo del 1991 pubblicavo su la "Voce del Logudoro" le im­ pressioni riportate dalle molte annotazioni sulle disavventure di numerose opere della pittura sarda.Ne ripropongo qui, parzialmente, la sostanza. Si può ammirare, fra tanti capolavori del Museo Wewel di Cracovia una eccellente opera datata al 1448, del pittore Giovanni da Gaeta, che lavorò nel Lazio e in Campania. "Ma perché parliamo di questo pittore e di questa sua opera? Semplicemente per­ ché per ben quattro secoli tale immagine della Madonna della Misericordia era stata prezioso tesoro che adornava la Chiesa di Nostra Signora del Regno in Ardara" ! Nell'Ottocento l'eterna lotta di chi ha bisogno di soldi e chi ha desiderio di arte, porta la "Madonna della Misericordia" di Ardara ad un lungo pere­ grinare: acquistata dall'antiquario continentale Enrico Castagnino, è presente più tardi in una vendita di opere d'arte a Vienna, e dal 1936 essa è tra le opere di prestigio al Museo Wewel di Cracovia... A chi non si senta di affrontare un viaggio all'estero, vorrei invece consi­ gliare una visita alla cittadina di Cannero, sul Lago Maggiore, in provincia di Novara. Nella chiesa parrocchiale, il turista potrà contemplare il com­ pianto della Madonna e di San Giovanni ai piedi della Croce di Cristo. E' un'opera che ci tocca da vicino, dipinta secondo il parere dei critici d'arte, dal Maestro di Ozieri, qualche armo dopo il retablo della Madonna di Loreto, della Cattedrale di Ozieri. Anch'essa ornava una delle nostre chiese sarde, quella di Santa Croce di Sassari. Anch'essa fu venduta ad acquirenti conti­ nentali, che meglio di noi seppero apprezzare le nostre cose belle. Possiamo ricordare l'analoga, anzi peggiore, sorte, toccata ad un'opera del Maestro di Ozieri: un'altra crocifissione, ove ai piedi della croce vediamo la Madonna e San Giovanni, un dipinto su tavola. Già esistente presso un antiquario di Wiesbaden, fu studiato nel 1930 dal critico d'arte tedesco Her­ mann Voss, e riconosciuto senza alcun dubbio come opera dello stesso autore sia del polittico di Ozieri, sia del Crocifisso di Santa Croce in Sassari. Purtroppo di questa opera non si è saputo più nulla: così concludevo la nota del marzo 1991. Oltre gli esempi ora citati, nel volume di Renata Serra 31

troviamo tante e tante altre lacrimevoli annotazioni su opere già patrimonio della nostra isola e oggi sparse per il mondo: da Barcellona a New York, dalla Corsica alla California, da Palma di Maiorca a Torino, da Milano all'Inghil­ terra. Ogni commento sembra superfluo.

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2. Il Retablo di Benetutti Nel 2000 appariva, su Voce del Logudoro una nota intitolata "L'avventura dei quadri di Benetutti"con particolare riferimento alla Mostra tenutasi anni prima sul Maestro di Ozieri. In particolare richiamavo una notizia data da Giovanni Spano nel 1870 a proposito della ragione per cui il polittico di Benetutti è oggi incompleto: uno "smembramento" fatto in occasione dell'ampliamento e dei restauri alla chiesa parrocchiale di S.Elena verso la metà dell'Ottocento.(36) Il vago, e non esatto accenno dello Spano è più largamente illustrato da altre notizie. Pochi giorni dopo mi arrivava una lettera del Parroco di Benetutti, Don Giovanni Maria Farina, che mi scriveva sull'argomento: "Se permetti vorrei fare alcune precisazioni in merito. Lo Spano dice che lo smem­ bramento del polittico di Benetutti era da attribuirsi ai lavori di ampliamento e re­ stauro della chiesa parrocchiale,verso la metà dell'Ottocento"(37). Riassumendo la lunga lettera, veniamo a sapere che Rettore a Benetutti fu, dal 1820 al 1852 il Dottore Antonio Pes. Questi fece fare vari lavori in chiesa tra i quali la costruzione dell'altare maggiore., ma non ampliò la chiesa:, opera che fu invece compiuta dal Rettore Leonardo Motzo nel 1891, come risulta anche dalla lapide-ricordo" Dopo la morte del Pes, la cura della parrocchia fu affidata provvisoria­ mente al sacerdote Giovanni Maria Angioy, omonimo del ben più conosciuto uomo politico, il quale solo il 14 novembre 1853 ebbe la nomina a Rettore, e tale rimase fino al 1855. Come ci risulta dai registri dell'Archivio parrocchiale di Benetutti, nel 1853 si stanno eseguendo dei lavori nella chiesa parrocchiale di S. Elena. Nel ri­ muovere le suppellettili per far posto ai muratori che imbiancano le pareti, si staccano i quadri e si spostano i mobili. Finiti i lavori di restauro ci si accorge che non è possibile rimettere i quadri come e dove erano prima data la nuova struttura del presbiterio. Si decise quindi di collocarli dietro l'altare maggiore. Alcuni di questi quadri sono semplicemente "vecchi" (non è molto in uso la parola "antico"...), e non si sa proprio neppure cosa farne, tanto più che alcuni di essi sono in condizioni deplorevoli. Si tratta specificamente di a) due quadri senza indicazione dei soggetti, b) due tavole raffiguranti i quattro Evangelisti, c) un vecchio sacrario della parrocchia, (probabilmente un tabernacolo). Che cosa fare di questa "roba vecchia"? L'Angioy, forse lui stesso autore della richiesta, per convincere l'autorità

ecclesiastica ad aderire, si affretta a far apparire i quadri come roba vecchia di cui è bene disfarsi, per avere le somme necessarie ai lavori in corso: "La parrocchia di Benetutti ... non che ritrarre utile o convenienza alcuna dagli oggetti di cui si domanda la vendita... le sono i medesimi quasi d'in­ gombro, ed esposti perciò alla corruzione e disfacimento". La Sede Vescovile di Ozieri è in quel tempo vacante e il Vicario Capitolare crede poco alle dichiarazioni dell'Angioy, perché conosce il valore dei qua­ dri; ma d'altra parte urge terminare il rifacimento dell'altare maggiore, che comporta spese straordinarie. Viene, sicuramente malvolentieri, concessa l'autorizzazione alla vendita; con decreto della Curia Vescovile in data 29 maggio 1853. In esso vengono infatti determinate le condizioni di vendita: a) fornitura alla chiesa di tre nuovi quadri con soggetto e dimensioni da determinare e con cornici "dorate in zecchino"; b) in più il pagamento di 1500 franchi: il tutto da consegnare al momento del prelievo dei quadri vecchi e del sacrario. La data di autorizzazione ha, credo, un suo significato particolare: non si potevano alienare opere così importanti a prezzo di "svendita", proprio per poter completare i lavori in corso. Il prezzo richiesto, e la fornitura di altri quadri con cornice "dorata a zec­ chino" (prezzo in seguito pagato dall'acquirente) ci fa chiaramente compren­ dere la stima in cui erano tenute dagli intenditori queste opere delle quali però altri pensava a disfarsi in quanto pitture fatte alla buona o in condizioni deplorevoli, come fa apparire la richiesta da parte dell'Angioy. Per avere un'idea del prezzo si può avere facendo un raffronto sia pure vago con altri pagamenti che desumiamo anche da registri di altre parroc­ chie. Non molti anni dopo, nel 1860, la parrocchia di Ardara fece restaurare e rimettere a nuovo una grande croce processionale d'argento. Il prezzo ri­ chiesto dall'argentiere fu di dieci lire! Altra documentazione diretta in proposito per il momento non si conosce. Circa l'effettiva conclusione di tale contratto di vendita viene citata dal Catalogo della mostra la notizia che le due tavole raffiguranti ciascuna due evangelisti si trovavano a Benetutti nel 1943: anno in cui, vien detto, furono trafugate durante l'occupazione militare. Non si ha però alcuna conferma scritta circa questa "notizia" tramandata oralmente. Personalmente posso testificare che in una visita a Benetutti fatta negli anni cinquanta vidi nella sagrestia della chiesa parrocchiale alcuni quadri antichi che, non ancora attento a questi problemi, furono solo osservati con interesse, ma non immessi nel reparto mentale "problemi". Comunque sia, il danno veramente ci fu ed oggi non possiamo che dolerci delle leggerezza con cui nel passato vennero alienati o distrutti, o lasciati an­ 34

dare in malora tanti oggetti che oggi avremmo reputati preziosi. E ciò non soltanto nel passato lontano. Molti anni fa mi fu chiesto se va­ lesse o no la pena di conservare una vecchia croce astile di "latta", trovata buttata dietro un armadio di una sagrestia. Bastarono dieci secondi per ve­ dere che la vecchia croce di latta era un pregevole lavoro in "argento" a sbalzo e a cesello, opera quasi certamente di un argentiere sassarese della seconda metà del Settecento. Commenti o "prediche" sembrerebbero superflui. D'altra parte, però, è chiaramente avvertibile un maggiore interessamento da parte delle autorità religiose e civili per questi problemi che tanto spesso si presentano, insieme con una sempre più affinata cura da parte del clero.

(36) Bullettino archeologico sardo 1861, pag.111 (37) M .vol. 52,pag. 58

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3. La deposizione del Cristo morto Ancora oggi, in molti paesi della Sardegna si ripete il sacro rito della de­ posizione di Cristo dalla Croce, celebrato da secoli. In sardo è noto come “s'iscravamentu" espressione ben più realistica del­ l'italiano "deposizione". Il rito è una delle poche scene drammatiche, che nell'antichità si svolge­ vano principalmente nelle chiese, ma anche altrove. Andrea Sanna era sacerdote, come sappiamo, ed avrà, pensiamo, più volte assistito e partecipato a questa sacra rappresentazione durante i riti della Settimana Santa. E questo quadro altro non è se non la rappresentazione di un'esperienza tante volte da lui vissuta.

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4. In attesa del ritorno Di particolare interesse una segnalazione pubblicata da "Voce del Logudoro" (n. 34 - 29.10.2000). Non c'è bisogno di sottolineare l'importanza di questa segnalazione da parte di Antonio Canalis, uno dei più attenti studiosi della storia della cultura ozierese.

Si riparla del Maestro di Ozieri. Una Casa d'aste del nord Italia ha in catalogo, per essere venduta, una "Deposizione dalla Croce", di mano d'artista sardo: ozierese diciamo, e speriamo noi, visto l'alone di mistero che ancora circonda la vera identità del pittore cinquecentesco. La notizia, apparsa sulla "Nuova" la settimana scorsa, è basata sulle ricerche di uno studioso gallurese, Luigi Agus, noto per aver pubblicato un libro sull'altrettanto misterioso Maestro di Castelsardo. Agus ha seguito le tracce delle descrizioni del Valery (Antoine Claude Pasquin, romantico viaggiatore francese che agli inizi dell'Ottocento visitò a lungo la Sarde­ gna). (38) Valery, dopo averlo visto nella cappella dedicata alla Santa Croce nella Chiesa sassarese della Trinità, definì il quadro come il migliore della città di Sassari-. Lo studioso Agus ha avuto conferma dell'esistenza dell'ancona (così gli studiosi chiamano le tavole dipinte destinate agli altari) nell'Archivio Pittorico della Città di Sassari, di Enrico Costa, che lo riprodusse in un disegno, annotando tra l'altro che l'originale era stato acquistato alla fine dell'Ottocento dal "dilettante" pittore Enrico Murtola il quale, dopo averlo sostituito con una copia di sua produzione, lo vendette. L'articolo continuava con un analogo discorso a proposito del quadro della Crocifissione esistente a Wiesbaden.

(38) Il Canalis non citava un altro giudizio del Valery sul Maestro di Ozieri. Lo si riporta nel Capitolo sulla

traslazione del polittico dalla Chiesa di Loreto alla Cattedrale. 37

5. Benvenuto L'auspicio del Canalis divenne realtà pochi mesi dopo. Il Comune di Ozieri con grande tempestività si impegnò in tutti i modi per riavere que­ st'opera d'arte che mancava da un secolo. Per dare il benvenuto si tenne una solenne cerimonia nella Cattedrale il giorno 18 marzo 2001. Leggiamo nella cronaca dell'avvenimento ''quest'opera che è costata poco più di cento milioni oggi vale sul mercato almeno un miliardo", ed era questa effettivamente la stima fatta dagli intenditori, dai competenti. Grandi elogi furono fatti a chi si era adoperato per ottenere un tale risul­ tato, "Un fatto di portata storica... L'essere rientrati in possesso di questo capolavoro è un fatto straordinario, che non ha prezzo". Il critico d'arte Vittorio Sgarbi, venuto apposta a Ozieri per un tale "evento" (se così possiamo dire) illustrava l'importanza del Mestro di Ozieri e in particolare esprimeva il suo parere sia sulla data del quadro sia sull'ap­ prendimento dell'arte da parte del Maestro.(39) Altre notizie di cronaca si possono vedere sui giornali del giorno seguente.

(39) Su tale argomento si parla in altra parte del presente lavoro.

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V - Polemiche

1. Il Maestro di Ozieri: Andrea Sanna? Chi mi conosce sa bene che non ho lo spirito del combattente. Eppure nel presente lavoro mi sono sentito tale, ma solo per combattere tante afferma­ zioni che sul Maestro di Ozieri sono state fatte, presentate prima come ipo­ tesi poi difese a spada tratta come verità indiscutibili: polemiche rinfocolate dopo che avevo proposto il nome di Andrea Sanna, desunto da registri con­ temporanei. Non credo affatto di essere "La Bocca della Verità": sto quindi ben attento ad ascoltare le critiche o anche le semplici osservazioni. Dopo la presa di posizione da parte di Vittorio Sgarbi in occasione del ri­ torno del quadro della Deposizione dalla croce, che dava il suo giudizio sull'età di esso, e cioè "sicuramente" la prima metà del Cinquecento, faccio alcune osservazioni su tale giudizio,pur non essendo uno studioso di arte, ma avendo una certa conoscenza della storia religiosa di Ozieri. a) Come sappiamo, poco dopo il 1470 i Frati Minori Osservanti si stabili­ scono a Ozieri fondando un loro convento presso la località chiamata oggi "Su Redu", adattamento popolare della voce "Loreto", titolo della Chiesa del Convento, all'epoca nettamente separata dal resto dell'abitato. Verso il 1528 la chiesetta viene abbandonata dai frati, probabilmente per la stesa ragione per cui la abbandoneranno i Cappuccini alla fine del secolo: l'insalubrità dell'aria. Altra ragione fu quella della insufficienza dei locali. b) Non è in alcun modo credibile che i Francescani fossero del tutto in­ sensibili all'arte tanto da abbandonare nel 1528 il prezioso dipinto in una chiesa non officiata, in preda alla muffa e agli insetti: ipotesi assurda! E que­ sto è un argomento contro il quale vorrei conoscere un ragionamento che non faccia a pugni non contro la "logica" dei filosofi, ma contro la psicologia più elementare! c) Non possiamo assolutamente pensare che il polittico sia stato eseguito dopo il 1528 per una piccola chiesa di periferia che pur avendo una "Obra", cioè una amministrazione propria, col suo Obriere, il classico “oberaju" non doveva avere grandi risorse per potersi permettere una spesa per un tale opera d'arte. Assai diversa la situazione alla fine del secolo, quando vennero ad offi­ ciare la chiesa i Frati Cappuccini. 39

Si dice che questi rimasero troppo poco tempo nella Chiesa di Loreto per potervi far fare il polittico. Tanto più che si trattava, come detto, di una chie­ setta fuori dell'abitato, senza particolari pregi architettonici, anche se era probabilmente sotto la protezione dei feudatari. Nel caso specifico, tuttavia, la venuta dei Frati Cappuccini che nel 1591 vennero a stabilirsi in Ozieri, proprio presso la chiesetta di Loreto, è da col­ legare con un altro avvenimento importante nella storia ecclesiastica di Ozieri. Nel 1592 il Vescovo di Alghero Bacallar, nell'inaugurare i "Divini Uffici", (anticipo della Collegiata che pochi anni dopo sarebbe sorta con Decreto Pontificio) ricordava quell'altra "grande grazia" che Dio aveva concesso alla "villa" di Ozieri, e cioè la venuta dei Frati Cappuccini che avevano già fon­ dato il loro Convento presso la Chiesa della Madonna di Loreto. Era davvero una grande grazia che dovevano aver aspettato a lungo, e i preparativi non dovevano essere stati di ordinaria amministrazione. Non sappiamo di chi fu la scelta della località dove stanziare il Convento. Venne scelta la chiesa della Madonna Lauretana, con i locali annessi, dove avevano risieduto i Francescani: una chiesa di periferia. E' ovvio pensare che la si dovesse rendere dignitosa, data la "grande gra­ zia" ottenuta. Ed ecco che, di conseguenza, ci possiamo spiegare la cura per una delle più evidenti caratteristiche delle chiese in genere, quale è la pittura sacra. Tanto più che Ozieri aveva un pittore: Mastru Andria Sanna, pintore. Questo lato della questione non è stato mai, non dico affrontato, ma nep­ pure accennato da chi vuole il Maestro attivo nella prima metà del Cinque­ cento. Si citano, arbitrariamente, dei documenti della prima metà del secolo, che parlano del "retablo" di Benetutti: sarei estremamente sorpreso se ciò fosse vero. Può anche darsi che si tratti di "pitture" senza ulteriore specificazione: una cosa, però, è un quadro appeso alla parete: altra cosa è un "retablo". E talvolta la inesattezza dei termini può portare a conclusioni errate; ne ab­ biamo tutti l'esperienza.

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2. I tanti Maestri di Ozieri Ho qui sul tavolo una ventina di articoli sul Maestro di Ozieri, pubblicati in questi ultimi anni. Tra gli altri, uno del 1999 mi dice che "il Maestro di Ozieri" è solo un ignoto pittore tedesco del Cinquecento. Ultimamente ne appare un altro, che prima di iniziare già avverte nel ti­ tolo: "Quasi sicuramente non era nato nell'isola". Il perché di una tale sco­ perta? Nella documentazione sassarese appaiono i nomi di una dozzina di pittori, le cui opere sono in massima parte sconosciute". Tra esse ne spiccano sei: "A uno di questi pittori si debbono forse attribuire le opere attribuite al cosiddetto Maestro di Ozieri". Un semplice ragionamento logico, che chiun­ que potrebbe fare, mi dice che dal "forse" di quest'ultima frase non posso in alcun modo dedurre il "quasi sicuramente" del titolo. Ma non è solo il nostro Maestro di Ozieri ad incappare nelle grandi novità affacciate dalla critica moderna: c'è gente anche molto più importante di lui. Il 7 giugno 1999, alla pag. 37 sul Giornale leggevo una nota riferita al "Prof. Carlo Pedretti sostenitore dell'ipotesi di un Leonardo solo regista, direttore dei la­ vori, dell'ultima Cena". Mi chiedevo: chi ci salverà dai titoli a salve, sparati perentoriamente al solo scopo di attirare l'attenzione? Titoli che se poi fossero scritti sul serio rientrerebbero in quel tentativo sempre più insistito, talora in modo forsen­ nato, di abbattere il passato, le sue credenze o i suoi punti fermi acquisiti, i suoi dogmi: tentativo che vediamo manifestarsi in tutti i campi: dall'arte alla filosofia, alla religione. E il tentativo non è generalmente senza una particolare ragione. Ricordo un'accesa discussione su arte classica e arte moderna, avuta con un pittore che indubbiamente non era un dilettante. Naturalmente si fanno tanti nomi da Giotto al Michelangelo. Altrettanto naturalmente ogni discussione finisce quando sento dire: "Ma che Michelangelo e Michelangelo?! Se ci mettiamo sul serio siamo anche noi capaci di fare quel che ha fatto Michelangelo, anzi meglio". Argo­ mento schiacciante che chiude ogni discussione. Nello stesso articolo di cui si parlava all'inizio leggevo: "Nulla vieta di ipotizzare...". Ed è verissimo: nessuno l'ha mai proibito. Ma una qualunque ipotesi, di qualunque genere essa sia, ha sempre assoluto bisogno di una qualche ragione che la supporti, sulla quale si basi come premessa: ragione che non si riesce davvero a vedere in alcun modo sia in questo sia in altri casi consimili. "Il nome del cosiddetto Maestro di Ozieri, se mai verrà fuori, dovrà deri­ 41

vare dall'oggettivo e inconfutabile accostamento delle sue opere con una te­ stimonianza documentale certa". Una volta, un nome era apparso: quello di Andrea Sanna. Poi venne Vit­ torio Sgarbi, il quale afferma che lo stile del polittico ozierese gli sembra della prima metà del Cinquecento. QUINDI, Andrea Sanna è uno sconosciuto di cui si sono perse le opere. Eppure, se per miracolo diventassi pittore, non potrei mai seguire l'arte moderna, ma solo perché non mi piace. E nessuno potrebbe avere ragioni di criticarmi se dipingessi all'antica, poniamo alla maniera degli impressionisti.

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3. Il Maestro di Ozieri impara l'arte Che conoscesse molto bene la sua arte tutti i critici sono pienamente d'ac­ cordo: se qualche critica c'è stata riguarda solo questioni secondarie, non il complesso della sua arte. Ma dove, e da chi? E' una domanda alla quale non sapremo mai dare una risposta soddisfa­ cente. Naturalmente, il metodo più comune per un pittore anonimo, della cui giovinezza nulla sappiamo, è quello di raffrontare la sua opera con quella di artisti ben conosciuti, famosi, ai quali l'artista possa essersi ispirato. Molti, forse anche troppi sono i tentativi che in questo senso sono stati fatti riguardo al Maestro di Ozieri. Possiamo vederne alcuni. Antonia D'Aniello, nel catalogo della Mostra del Maestro, tenutasi a Ozieri nel 1982, scriveva: ''L'analisi stilistica delle opere rivela una formazione inizialmente lombarda... ". In seguito viene influenzato dall'arte di Raffaello, "alla quale dovette avvi­ cinarsi per la mediazione del salernitano Andrea Sabatini. Lombardia e Vicereame spagnolo rappresentarono i due poli di attrazione" per assimilare la "maniera" moderna, per cui è annoverato tra i "Manieristi". Vittorio Sgarbi va ben più oltre: "Il Maestro di Ozieri si reca sicuramente a Firenze, e vi incontra il Vasari, Pontormo, Rosso Fiorentino e altri artisti toscani di quel tempo... Ma il Maestro di Ozieri non si accontenta di quanto può apprendere a Firenze, e se ne va verso il Nord, fino all’Alsazia, dove conosce il più grande pittore tedesco,, Grunewald... " In italiano, come in tutte le lingue, esistono anche i periodi ipotetici, come "forse, è presumibile". Qui vediamo invece affermazioni sicure come se si trattasse di un fatto di cronaca. Ma oltre il Grunewald vediamo citati tanti altri nomi di artisti che il nostro Maestro avrebbe dovuto o conoscere, di persona o attraverso le loro opere tanti altri personaggi più o meno illustri. Tra essi possiamo ricordare i Ca­ varo (e questo è plausibile), ma poi anche Cesare da Sesto, Polidoro da Ca­ ravaggio, Marcantonio Raimondi, il Durer, lo Pseudo-Bramantino e tanti altri. Ci si dimentica che nel Cinquecento un viaggio dalla Sardegna al Conti­ nente era qualcosa di veramente straordinario, almeno per gente che non avesse una larga disponibilità delle grosse somme necessario per tanto pe­ regrinare. Possiamo anche concedere che alla fine del Cinquecento l'arte ti­ pografica abbia già compiuto molta strada, ma non tanto da far ammirare i colori di un dipinto originale! 43

Proviamo ad immaginarlo questo pittore apprendista, prete con i suoi in­ carichi presso una chiesa di Ozieri, non ancora Maestro, che se ne va in giro e percorre migliaia di chilometri (o di "leghe") da Napoli fino alla Germania, (in carrozza? a cavallo?), e poi se ne ritorna a dipingere a Ozieri. La direi una scuola molto, anzi troppo costosa per un prete. Tanto vale la tesi di chi qualche tempo fa sosteneva che il Maestro di Ozieri era solo un anonimo pittore tedesco le cui opere erano finite dalle no­ stre parti. Ma pur lasciando da parte la singola persona del Maestro, possiamo dire che i contatti della Sardegna col Continente non furono così rari come si crede. Pur nelle attuali condizioni della Biblioteca del Seminario di Ozieri, oltre alla preziosità del rarissimo volume del 1477, stampato a Parigi da alunni del Gutemberg (ne esiste solo un'altra copia in Francia), sono presenti decine di volumi del Cinquecento. E questo nonostante il sequestro della biblioteca ad opera dei "Liberali" dell'ottocento, come risultato della famosa legge su "Libertà della Chiesa e Sequestro dei beni ecclesiastici" (sic!) (40) biblioteca che il Vescovo di Ozieri Serafino Corrias "comprò" con una grossa somma dal Governo anni dopo. E se pure abbiamo parlato delle difficoltà per un singolo di conoscere per­ sonalmente tanti personaggi illustri, non si può negare che furono frequenti, e ben marcati, tanti contatti culturali.

(40) Si veda la Tesi di Laurea di Rita Antonella Sanna, "Libraria ozierese. Studi sul fondo antico della Bi­

blioteca del Seminario", vincitrice del concorso regionale su “Tesi di laurea" del 2009, alla pag. 127.

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4. Giovanni del Giglio Nessuno potrò mai negare i grandi meriti che ha acquisito Luigi Agus, Professore a Tempio di Storia dell'Arte, a riguardo del Maestro di Ozieri, specialmente per quanto riguarda l'opera "La Deposizione dalla Croce". Tuttavia non posso negare il grande stupore che mi procurò la lettura del suo volume su "Giovanni del Giglio. Pittura e scultura a Sassari nella prima metà de XVI secolo". Dopo averlo visto e rivisto mi venne il dubbio: come mai di un artista così importante non avevo mai letto neppure il nome? Manco a dirlo: secondo l'Agus, Giovanni Del Giglio è con assoluta cer­ tezza il Maestro di Ozieri. Vi leggiamo (alla pag.41) che è il pittore più documentato del Cinquecento sas­ sarese. Non possiamo mettere in dubbio che fosse un pittore: in uno dei docu­ menti vediamo che viene chiamato a fare la stima di alcune pitture altrui: in un altro viene chiamato pittore. Ma non lo vediamo mai col pennello in mano! Da tanta e tale documentazione (!) l'Agus deduce che Giovanni Del Gi­ glio deve essere (ed è sicuramente!) autore di almeno 19 opere importanti, di cui una conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze e due nella Galleria dell'Accademia a Venezia! Un corrispondente, sul giornale del 10 nov. 2009 parla diffusamente "del più importante manierista del '500 sassarese, Giovanni del Giglio, altrimenti noto come il maestro di Ozieri". Finora sapevo che "noto" significa "famoso, celebrato, da tutti conosciuto". Eppure non lo avevo mai sentito nominare fino alla lettura del suddetto libro. Di conseguenza sono tutti suoi i dipinti finora attribuiti ad un ignoto pit­ tore chiamato il "Maestro di Ozieri"! Si è (quasi...) tentati di dire che la cosa più giusta che vi sia nel libro è la pagina prima del titolo, dove leggiamo una frase del famoso autore di tante favole, Fedro:"Dum nihil habemus maius, calamo ludimus", frase che in buon italiano dice: "Quando non abbiamo nient'altro da fare, ci divertiamo a gio­ cherellare con la penna"! Non sempre, ma qualche volta capita a tanti, ma non scrivendo di "sto­ ria" autentica. Quel "quasi tentati" di poco prima ha una sua ragione. Dal verbo "lu­ dimus" di Fedro, per poco che si sappia di etimologie, deriva la parola ita­ liana "illudere", che dal vocabolario viene definita "ingannare con lieta apparenza". Altra parola derivata: "illusionista". Con espressione meno elegante potremmo dire che si tratta di una "presa in giro". 45

A proposito della Bibliografia, infine, su 120 opere elencate ne trovo due, della cui presenza in uno studio sul Maestro di Ozieri sarei molto curioso di sapere la ragione: a) Un'opera di Francesco Fara dal titolo "De essentia ìinfantis", che tra­ durrei "Che cos'è un bambino?" del 1567 b) Un commento alla Carta de Logu di Eleonora d'Arborea, dello stesso anno

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5. Roba 'e Continente Marzo 1999. Stiamo cenando, e ad un tratto sento dalla TV una voce di donna che parla del Maestro di Ozieri. Ovviamente drizzo le orecchie e sento dire: "Il Maestro di Ozieri non può essere sardo, perché i paesaggi che ritrae non sembrano paesaggi sardi". In base a tale ragione mi chiedo: se doveva ritrarre paesaggi sardi, perché non anche i personaggi in ragas e in corittu? Ricordo ancora, da quand'ero bambino, le esclamazioni del venditore di biancheria: "Robba ona! Robba ‘e continente!".

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6. Raddoppio! Se è stato salutato con grande gioia il ritorno a casa, da Stoccarda, del qua­ dro della Crocifissione, esso ha creato anche dei problemi tra gli "addetti ai lavori". Leggo sul giornale sassarese del 12 luglio 2009 un'intervista da parte di Giovanni Gelsomino che interroga Luigi Agus su quello che non è semplice fatto di cronaca ma un vero avvenimento. I commenti dell'intervistato im­ pongono alcune riflessioni. Altrove ho parlato del desiderio da parte di tanti di fare della scoperte, di dire novità assolute, e in questo caso ne troviamo più d'una. Riproduco te­ stualmente parte dell' articolo del giornale. - Quale importanza ha questa Crocifissione? - Straordinaria...per due motivi: a) perché si tratta del primo dipinto in assoluto attribuito al Maestro e sul quale si costruì il primo "corpus", perché ora che ho potuto vederlo dal vivo, è senza dubbio la sua opera più arcaica. Non solo, ma conferma definitivamente la mia tesi sulle differenze del corpus che portano ad individuare due artisti distinti. Potrebbe anche darsi: ma la mia mente non riesce a comprendere una si­ mile conclusione cui si aggiunge la parola "definitivamente" che richiama la proclamazione solenne, da parte del Papa, di un articolo "di fede definita", come dicono i teologi. Ma a quale dei due Maestri di Ozieri dovremmo attribuire questa o quell'altra opera? Mi chiedo, infine, se un vecchio prete (morirà entro il 1610) debba essere obbligato a seguire la moda nei vestiti. Vi si parla delle maniche accoltellate (o accollate ...?) che si usavano nella prima metà del Cinquecento mentre nella seconda metà erano più aperte. Ma per la verità occorre notare che, se si vuol parlare di "maniche larghe", nel retablo di Benetutti qualcuna delle donne presenti ha addirittura le mezze maniche: più aperte di così...! "E gli altri dipinti che sono stati attribuiti al Maestro?" "Appartengono inconfutabilmente ad altra mano..." Se invece che "definitivamente" o "inconfutabilmente" avesse usato espressioni come "a mio parere" o "secondo me..." si sarebbe potuto anche discutere, il che non è possibile di fronte a sentenze definitive, inappellabili. Nel volume su Giovanni del Giglio l'Agus accenna anche ad un abbaglio preso da me. Pubblicato nel darne la prima notizia riportava quanto conteneva il "Libro de Osidda":, il quale però si rivelò in seguito una specie di "trappola" in quanto il titolo del registro come sopra riguardava due parrocchie: di Osidda e di Nule. Se si cita l'involontario errore, perché non anche la correzione già fatta e pubblicata molti anni fa? Presumo perciò che l'Agus non la conosca.

Per quanto riguarda l'intervista precedente, qualcun altro ha sentito, giu­ stamente, il dovere di aggiungere una nota, elencando le opere sicure del Maestro: Retablo di Loreto, a Ozieri - Retablo di S.Elena a Benetutti - Sacra Famiglia, a Ploaghe.

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7. Sposato? Un'altra fra le tante ipotesi sulla personalità del Maestro di Ozieri veniva affacciata nel 2004.(41) In un documento sassarese dell'11 marzo 1600 si ha il nome di "Anndria Sanna Pintore de sa villa de Otieri", sposato con una una certa Quederina de Serra. E bisogna dire che in un primo momento la notizia è parsa per lo meno curiosa. Tuttavia, le ragioni per cui non è possibile accettare tale "scoperta" stanno in quel che si è già detto nel primo capitolo, dove sono spiegate "ante lite­ ram", prima cioè che sorgesse la questione.(42) Circa il contenuto dell'articolo vediamo che a) Andria Sanna ha la professione di "bottaio" = "colui che fa, ripara o vende botti" come dice il vocabolario; b) "sembrerebbe.. .parrebbe... è possibile che... si presume che... forse... ipotesi attendibile...". Sono espressioni che si ripetono tante e tante volte. c) Andria Sanna e Antoni Cossu ricevono in tutto 3 lire e 5 soldi per aver preparato una vernice al muratore. Mastru Giromine Massa. d) Conclusione dell'autore: "Tale documentazione porterebbe a riconoscere in quell'Andria Sanna l'artista ozierese". A conti fatti mi pare che tale documentazione non porta proprio da nes­ suna parte. Due ulteriori osservazioni mi pare di poter aggiungere. a) Si parla di questo Andrea Sanna sposato con una certa "Quederina" (Caterina?). In questa relazione non trovo alcun accenno ad un fatto abba­ stanza "notevole": che l'Andrea Sanna di Ozieri è un vecchio e stimato sa­ cerdote, Cappellano, negli anni '90, della chiesa di Loreto a Ozieri, dove è il retablo della traslazione della Santa Casa. 2) Particolari ricerche ho fatto sui cognomi sardi, ed è risultato che il co­ gnome "Sanna" è sicuramente il più diffuso in tutta l'isola. Esiste la parola "omonimia", detto di più persone con lo stesso nome, ma c'è sempe modo di distinguerle. Chi scrive queste note, Francesco Amadu, già sui novant'anni, sa che anche a Roma esiste un altro Francesco Amadu, che però è un bambino che ancora non frequenta le elementari. (41) Voce del Logudoro, n. 23 del 2004. (42) In particolare, per quanto riguarda il doppio cognome possiamo citare un esempio tipico. Viveva a Ozieri il Notaio Luridiana. Su quel cognome è possibile citare un esempio che desumiamo da un registro di matrimoni di Pattada: il giorno 10 marzo 1817 si sposa "Josephus Lurifilius Mathei Luri et quondam Sebastianae Diana".

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8. Il Maestro di Ozieri "manierista"? I critici d'arte sono concordi nell'attribuirgli tale caratteristica. Alla voce "Manierismo", ne trovo la definizione nell'importante Enciclo­ pedia dell'UTET: "Tipici manieristi furono quegli artisti che nei secoli 16° e 17° presero a modello l'inimitabile Michelangelo, e ne derivarono un falso titanismo nella concezione delle figure e una falsa grandiosità nell'insieme". Dando uno sguardo alle opere del Maestro di Ozieri in realtà trovo una falsa grandiosità solo nelle due scene del ritrovamento e della esaltazione della vera Croce, nel polittico di Benetutti: ma sono una eccezione, data la rappresentazione irreale dell'avvenimento. Ma quanto al "titanismo" (!) non lo vedo proprio in nessun altro quadro: basti guardare la semplicità e l'umiltà della "Sacra Famiglia" nella chiesa di San Pietro a Ploaghe: c'è un vero inno alla semplicità e all'umiltà di una mo­ desta famiglia popolana.

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VI - Da su Redu alla Cattedrale

1. Problemi Negli anni Sessanta dell'ottocento l'opinione pubblica ozierese diresse la sua attenzione al polittico conservato nella chiesa ozierese della Madonna di Loreto, conservato ancora, dopo quasi tre secoli nella sua sede originaria di Su Redu. Del viaggiatore francese con lo pseudonimo di Valery si è già parlato a proposito della Crocifissione di Wiesbaden. Piace riportare un altro brano di questo autore: il cui giudizio sul polittico di Loreto merita veramente di essere conosciuto. "Infondo alla chiesa rurale di N.S. di Loreto, buia, nella quale si celebra la Messa una sola volta all'anno, vi è un polittico di sette parti rappresentante "La Vergine e il Bambino Gesù", un "Cristo sulla Croce" un "Ecce Homo", la "Visita della Vergine" a S. Elisabetta", e in basso i "Quattro Dottori della Chiesa" occupati gravemente ad esaminare e a discutere la traslazione della Santa Casa, un quadro di quattro parti, dalla tradizione del paese attribuiti a Michelangelo (sic), il quale nonostante i danni subiti e l'abbandono, sembra veramente degno d'un grande maestro. Alla vista, alla scoperta di un tale capolavoro seppellito in mezzo ai monti, non ho potuto fare a meno di ammirare ancora una volta questa feconda scuola italiana che, dopo aver decorato palazzi, templi e gallerie, aveva diffuso le sue opere fin tra i pastori d'Ozieri". Nonostante il finale su Ozieri, non ancora città ma già su quella strada, dobbiamo sottoscrivere tali impressioni sulla bellezza dell'opera e specialmente dell'abbandono in cui era stata tenuta per quasi tre secoli. Fu il Consiglio Comunale di Ozieri a mettere in risalto il problema della conservazione ottimale del polittico, rivolgendo al Capitolo degli inviti per­ ché fosse risolto il problema. Erano i tempi di poco posteriori alla famosa legge del governo liberale italiano, dal provocatorio titolo "Libertà della Chiesa e sequestro dei beni ecclesiastici"! La risposta del Capitolo, tradotta in parole povere, fu: "Ci pensi lo Stato, che pochi anni fa ha sequestrato i beni della Chiesa, lasciando il Clero senza alcun reddito". Col problema di una maggiore fruibilità di tale opera d'arte da parte di quanti vi avessero interesse, esisteva anche quello di una cura più attenta per la sua conservazione. A questo proposito il Capitolo, con lettera del 12 marzo 1869 comunicava 53

al Comune che, essendo evidenti non gravi ma chiari segni di deteriora­ mento, specialmente per l'umidità vedeva conveniente "darsene incom­ benza a qualche pittore di vaglia nella città di Firenze". Se non si riuscisse ad avere fondi necessari si prospettava come alternativa l'intervento del pittore ozierese Salvatore Ghisaura. La proposta venne accettata dal Consiglio comunale e il Sindaco Contini Fois in data 23 marzo 1870 comunicava al Capitolo che "oggi si è stipolato il contratto col Sig. Salvatore Ghisaura per le opere riguardanti il quadro esistente nella Chiesa rurale di Loreto". Benché non specificatamente espresso, è ovvio presumere che quelle opere consistessero non solo nel "guarnirlo di decenti cornici dorate", ma anche nel "riparare i guasti prodotti dalla umidità che esiste in quella Chiesa e che rende in deperimento un quadro che è di grandissimo pregio artistico". Gli esperti ci dicono che sulla base del polittico si rivelano dei tratti di di­ verso stile, di diversa mano, interpretando tale particolarità con l'ipotesi che il Maestro avesse affidato a suoi allievi il compimento dell'opera. Alla luce delle notizie precedenti è ovvio concludere che tali differenze non sono da attribuire ad allievi del Maestro, ma alla mano di Salvatore Ghisaura. Nel primitivo progetto di mandare a Firenze l'opera per il restauro si ac­ cennava anche all'opportunità di farne una copia che rimanesse nella Chiesa di Loreto, una copia che non si pretendeva fosse un capolavoro come l'ori­ ginale, ma che fosse eseguita "in modo discreto e non sublime"; sempre per l'esiguità dei fondi disponibili. Abbandonato tale progetto,probabilmente per le somme ingenti che ci sareb­ bero volute, venne chiamato il Ghisaura, che accettò entrambi gli incarichi: re­ stauro dell'originale ed esecuzione di una copia. L'opera fu eseguita in pochi mesi. Intanto il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio aveva indetto una mostra da tenersi a Cagliari nel 1871. Ad essa veniva invitato a partecipare anche il Ghisaura per una partico­ lare ragione. Il Comitato organizzatore aveva chiesto ed ottenuto la parte­ cipazione dei migliori Maestri contemporanei, tra cui il Marghinotti, Gaetano Cima, Enrico Serpieri ed altri. Di opere antiche però ne poteva di­ sporre pochissime,e per supplire a tale mancanza fu invitato a partecipare Salvatore Ghisaura, con copie da lui eseguite di opere antiche, segno della grande stima in cui era tenuto. Benché non abbiamo l'elenco specifico, non possiamo escludere che abbia presentato proprio questo quadro. Salvatore Ghisaura non è, pensiamo, da includere nell'elenco dei migliori artisti sardi. La sua opera presenta però dei pregi assai notevoli, ai quali vor­ remmo si rivolgesse maggiormente l'attenzione dei critici d'arte.(43) (43) Cfr,. Miscellanea Amadu, vol. 53, pag. 101 ss.

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2. Corrispondenza. Proposte Si crede bene riprodurre uno scambio di lettere tra il Comune di Ozieri e il Capitolo Cattedrale circa la situazione non ottimale del polittico e la pos­ sibilità di un suo trasferimento alla Chiesa Cattedrale

- Il Comune di Ozieri sollecita il Capitolo per il trasferimento. 1.

Ozieri, 15 maggio 1866. Il Consiglio Comunale nella seduta ordinaria del 3 maggio corrente mese si occupava della conservazione del quadro esistente nella chiesa di Loreto e prendeva la deliberazione il di cui tenore mi affretto a far conoscere al Sign Presidente del Capitolo con preghiera di farne comunicazione allo stesso Ca­ pitolo, ed è come appresso. Il Consiglio unito in 2' convocazione per l'Ordinaria seduta di primavera: Ritenuto che nella Chiesa rurale della Vergine di Loreto esiste un quadro che è ritenuto di grandissimo pregio artistico; Che oltre l'umidità che esiste in quella Chiesa, e che rende in deperimento un monumento così pregevole, vi è anche il pericolo di poterlo involare; Che il Capitolo non ha ancora curato i replicati inviti che il Municipio gli ha diretto per ritirarlo all'Aula Capitolare, o permettere che si ritiri dal Con­ siglio: Delibera ad unanimità a) il Sindaco è incaricato di invitare nuovamente il Capitolo a ritirare l'in­ dicato quadro e conservarlo nell'Aula Capitolare o permettere che si ritiri dal Consiglio. b) qualora il Capitolo né lo ritiri né permetta di ritrarlo, il Sindaco è inca­ ricato di riferirne al Ministero onde lasciare quelle disposizioni che nella sua saviezza stimerà del caso per la conservazione dello stesso quadro. Del che si rileva il presente atto, letto e sottoscritto. Il Sig. Presidente del Capitolo per norma dello scrivente sarà compiacente far conoscere le deliberazioni dello stesso Capitolo. Il Sindaco Bertolotti Sequi Ai Sig. Presidente del Capitolo. Ozieri

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-2. Risposta del Capitolo Ozieri, 30 maggio 1866 Ogni volta che il Municipio ha richiamato l'attenzione del Capitolo su tale questione, questo ha risposto che la sua disponibilità finanziaria non gli per­ metteva di trasferire il detto quadro, e di dotare la chiesa di Loreto di altro quadro decente. Propone perciò che il Comune si addossi le spese per dotare di un altro quadro la chiesa di Loreto, mentre il Capitolo curerebbe il restauro completo del quadro antico e il trasporto di esso alla Cattedrale.

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3. - Il Sotto Prefetto di Ozieri Ozieri, 15 settembre 1867 Il Sottoprefetto di Ozieri. Vitelli, comunica una lettera del Prefetto di Sassari il quale esorta il Capitolo a non lasciar perdere questa occasione propizia per la tutela e la conservazione di una così importante opera d'arte. *****

4. - Dal Sindaco al Capitolo Ozieri, 15 febraio 1868. Il Sindaco di Ozieri Bertolotti trasmette copia della deliberazione che il Consiglio ha adottato sul ritiro e la conservazione del quadro della chiesa di Loreto.

Estratto della deliberazione adottata dal Consiglio del 21 novembre 1967, pendente la sessione autunnale in seconda convocazione. Il Sigr Sindaco ha dato comunicazione della pratica relativa al ritiro e con­ servazione del quadro che esiste nella chiesa rurale di Loreto, e che a giudi­ zio di persone intelligenti è un vero capolavoro. Ed il Consiglio delibera ad unanimità: 1. - La Giunta è autorizzata a concorrere per metà in tutte le spese occor­ renti per il ritiro e conservazione del quadro esistente nella Chiesa rurale di Loreto. 2. - La stessa Giunta è incaricata di scegliere e stabilire di concerto col Ca­ pitolo il luogo pù adatto per il collocamento del quadro medesimo. Il Cons. Anziano Cocco Lopez

Il Sindaco Bertolotti Sequi Fernando Segr°

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-5. Risposta del Capitolo. Ozieri, 21 novembre 1868 “.... Il Capitolo accetta l'offerta fatta dal Comune, cioè di concorrere per metà nelle spese occorrenti... quali di necessità dovranno consistere nel ri­ pulire il medesimo quadro e guarnirlo di decenti cornici dorate per indi col­ locarlo nell'Aula Capitolare, rimpiazzando nella Chiesa rurale di Loreto altro conveniente quadro rappresentante la Santa Casa..". Il Capitolo propone quindi di spedire il quadro a Firenze per il restauro... e per lavorare un nuovo quadro con modica spesa. ***** 6 - Il Sindaco Contini Fois 10 marzo 1869 Il sottoscritto pregiasi di rendere informato il Sigr Vicario Generale Capi­ tolare che nel bilancio del corrente anno trovansi giù stanziate L. 400 per il ritiro del quadro di Loreto, e sostituzione di un altro in conformità a quanto proponevasi dal Capitolo colla nota controcitata: quindi null'altro rimane che prendere gli opportuni concerti per darvi esecuzione.

Il Sindaco Contini Fois

Al Sig, Vicario Generale Capitolare. *****

-7. Risposta del Capitolo 12 marzo 1869 Mentre pregiasi il sottoscritto di ringraziare il Sigr Sindaco a nome del Capitolo dell'avviso che si è compiaciuto dare al medesimo con nota del 10 volgente, n. 42; di avere cioè stanziato nel bilancio comunale L. 400 per il pulimento e conservazione del quadro esistente nella chiesa di Loreto e per provvedere la medesima di altro nuovo; per incombenza dello stesso Capi­ tolo fa osservare che con nota 21 scorso Novembre oltre di essersi dichiarato l'assenso del Capitolo di concorrere per metà delle spese occorrenti per l'ese­ cuzione delle suindicate opere,si manifestò altresì, che per meglio eseguire queste opere il Capitolo vedeva conveniente darsene incombenza a qualche pittore di vaglia nella città di Firenze, inviando così il quadro dismontato e cautamente imballato, e facendovi lavorare il nuovo quadro di cui si avrebbe bisogno, in modo discreto e non sublime, ciò garantirebbe la buona esecu­ zione... Lopez ***** 57

-8. Dal Sindaco 21 marzo 1870 Soddisfacendo il desiderio espresso a nome del Capitolo dai Signori suoi Deputati Canonico Teologo Damiano Masala e Canonico Teologo D.e. Francesco Bertolotti, il sottoscritto pregiasi di informare I'Ill.mo e Rev.mo Monsignor Vicario Generale Capitolare che oggi si è stipolato il contratto col Sig. Salvatore Ghisaura per le opere riguardanti il quadro esistente nella Chiesa rurale di Loreto. La somma convenuta per tutte le suddette opere è di L. 800, ma sic­ come L. 100 si sono addossate dal predetto Canonico Masala, così ne conse­ gue che la spesa gravitante sul Capitolo si restringe a L. 300 tanto per l'adattamento del vecchio in scompartimenti, quanto per la copia.

Il Sindaco Contini Fois NOTA. Le lettere del Capitolo sono trascritte dal relativo Registro della corrispondenza del Capitolo. Le lettere del Comune vi sono allegate in fogli volanti.

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VII - Conclusioni

1. A titolo personale Già sui novant'anni presumo che la presente pubblicazione sia l'ultima, come volume a sé stante, anche se qualche altro volume è in attesa presso il tipografo. Viene spontaneo ricordare il mio primo volume, "La diocesi medioevale di Bisarcio" edito nel 1963 e giudicato (da altri...) il miglior libro sardo pub­ blicato in quell'anno. Una seconda edizione fu curata nel 2003 dal Prof. Giuseppe Meloni del­ l'Università di Sassari, con una lunga prefazione ed una lunghissima biblio­ grafia per oltre 60 pagine. Colgo qui l'occasione per rinnovargli un cordiale ringraziamento. Mi piace pensare che la fortuna di quel libro sia dovuto in modo partico­ lare ai consigli, agli auguri e alla benedizione datimi dal Cardinale Roncalli qualche mese prima che diventasse Papa Giovanni. Valevoli per il primo volume, mi piace ripeterli qui, oggi, per quello che vorrebbe essere l'ultimo.

Francesco Amadu

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2. Buoni auspici Già sui novant'anni prevedo che quello presente sarà il mio ultimo libro a sè stante, anche se continueranno le mie curiosità sul passato. Mi piace per­ ciò ricordare quella specie di trepidazione che mi accompagnò nella prepa­ razione e ancor più nella presentazione del mio primo libro, "La Diocesi medioevale di Bisarcio", che ebbe una buona accoglienza ed una seconda edizione. Da alcuni anni Cancelliere della Curia Vescovile di Ozieri avevo anche l'incarico di curare gli archivi diocesani: Curia, Capitolo, Parrocchie. Nel 1958 il Vescovo Francesco Cogoni mi pregò di partecipare, a Roma, ad un congresso di archivisti ecclesiastici di tutta Italia. In una delle riunioni viene annunziato che parlerà il Cardinale Angelo Roncalli. Finita la breve conferenza mi avvicino al tavolo per chiedere una spiegazione su un punto particolare. Gli altri, per rispetto, si allontanano. Finita la spiegazione il Cardinale mi chiede da dove vengo, cosa faccio. "Sono Cancelliere, Archivista nella Curia vescovile di Ozieri, in Sarde­ gna" "Oh! Anch'io ho cominciato da Cancelliere. Cosa sta facendo di bello"? "Sto preparando il primo volume della storia della mia diocesi. Ho già pubblicato vari articoli, ed ora mi trovo con questo impegno"-. "La stessa cosa che feci io. Mi raccomando: dato che è la prima volta che pubblica, cerchi di prepararlo bene, in modo da fare bella figura! Quando intende pubblicarlo"? "Appena l'avrò terminato e... quando avrò i soldi necessari". "Quanto le hanno chiesto"? "Molto: trecentocinquantamila lire!"Un sorriso, poi: "Anch'io avrei un altro libro da pubblicare; ma ne vogliono quattro mi­ lioni! E quei soldi non ce li ho proprio. Speriamo che ci pensi la Provvi­ denza". E la Provvidenza ci pensò. In altra circostanza, quanto il Cardinale Roncalli era già diventato Papa Giovanni XXIII chiesi al suo Segretario Mons. Capovilla se il libro fosse stato pubblicato. "Subito dopo diventato Papa, il libro è stato pubblicato per conto della Santa Sede" La battuta era d'obbligo: "Anch'io avei altri libri da pubblicare: peccato che non abbiano fatto Papa anche me!" 60

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Posso anche ricordare le dimostrazioni di stima nei miei riguardi che già Paolo VI mi aveva espresso consegnandomi personalmente una medaglia del suo Pontificato. In seguito ebbi l'onore delle felicitazioni nei miei riguardi da parte di Gio­ vanni Paolo II. Nominato "Vescovo titolare" Mons. Pompedda aveva chiesto il titolo di "Vescovo di Bisarcio". Il Papa non conosceva quella antica diocesi e volle sapere qualcosa in merito. Pompedda mi pregò allora di scrivere al­ cuni cenni su di essa. Dopo aver letto attentamente alcune pagine da me scritte, a Mons. Pompedda che voleva riprendersi i miei fogli il Papa rispose;: "No, no! Bello,interessante! Questi fogli rimangono sul tavolo del Papa". Così dovetti farne una copia anche per il nuovo Vescovo.

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Bibliografia

Agus L., Giovanni Del Giglio, Cagliari 2006 Amadu F, La diocesi medioevale di Bisarcio, 2' ediz., Sassari 2003 Amadu F, La diocesi medioevale di Castro, Ozieri, 1984

Bollettino Bibliografico Sardo. Cagliari 1960 Catalogo della Mostra sul Maestro di Ozieri, Ozieri, 1982

Devilla P. Costantino M., I Frati Minori Conventuali in Sardegna, Sassari 1958 Lichen M., Ghilarza, Sassari 1900 Scano Maria Grazia, Pittura e scultura del '600 e '700 in Sardegna, Nuoro, 1991

Serra R., Pittura e scultura dall'età romanica alla fine del '500, Nuoro 1990 Valery, Viaggio in Sardegna, Sancasciano (FI) 1931

Archivi Alghero. Archivio della Curia Vescovile

Nule. Archivio Parrocchiale Osidda. Archivio Parrocchiale

Ozieri. Archivio della Curia Vescovile Ozieri. Archivio Capitolare

Indice

I - Premesse 1. A titolo personale 2. Il Maestro di Ozieri nella storia dell'arte sarda 3. Un precursore II - Antichi registri 1. Una visita a Osidda 2. Un abbaglio 3. Nule. La chiesa di S. Paolo 4. Dal libro di amministrazione della chiesa di S. Paolo di Nule 4.1 Un'opera perduta 5. Benetutti e la chiesa di Sant'Elena 6. Su Pintore de Patada 7. Ipotesi

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III - Chiese Mariane a Ozieri pag. 19 1. Il Beato Vittorino da Feltre. (1439-1494) pag. 20 2. La Madonna di Loreto pag. 23 3. La Madonna delle Grazie pag. 24 4. Una annotazione fuori tema pag. 25 5. Mastru Andria Sanna a Su Redu 5.1 Inventario dell'Archivio di Santa Maria di Ozieri. 1611 pag. 26 pag. 27 Note storico-filologiche sul documento precedente pag. 28 6. Conclusione pag. 29 7. Eredi IV - Andata e ritorno 1. Partenze. Rimpianti. 2. Il retablo di Benetutti 3. La deposizione del Cristo morto 4. In attesa del ritorno 5. Benvenuto

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V - Polemiche 1. Il Maestro di Ozieri: Andrea Sanna? 2. I tanti Maestri di Ozieri

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Il Maestro di Ozieri impara l'arte Giovanni Del Giglio Roba 'e Continente Raddoppio! Sposato? Il Maestro di Ozieri, "manierista"?

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VI - Da Su Redu alla Cattedrale 1. Problemi 2. Corrispondenza. Proposte

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VII- Conclusione 1. A titolo personale 2. Buoni auspici

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