Lezioni di fisica generale 2 (con OCR) 9788846702272, 8846702271

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Lezioni di fisica generale 2 (con OCR)
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UNIVENDILA

DI FIOA

HBLIOTECA DI MATEMATICA, INFORMATICA E FISICA

nventario N° 0891.

5 >9

di

ce

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, UNM'VERSITÀ DIPISA

. Luigi E. Picasso

IOTECA INTE: DIR.

MAÉ: LT LL

SEZ. DI FISICA

Lezioni di

Fisica Generale 2

ALEPH n°

26 2545

"iii ul Mr nb

.

ITA" DI PISA = SISTEMA BIBLIOTECARIO

MIF003797 , DIP.DI FISICA PISA.

EDIZIONI ETS

È vietata Ja riproduzione, anche parziale, di questo volume, quale che sia il mezzo impiegato: microfilms, fotocopie, fotostatiche, ecc. L'illecito sarà penalmente perse-

INDICE

guibile a norma dell'art. 171.legge 22 aprile 1941, n. 633.

XetErmRostATICA DELLE CARICHE FISSE 1A La legge di Coulomb 120 Il campoelettrico

...........

1

Li...

4

LS L’approssimazionedel discreto con il continuo: distribuzioni di cariche

147 DI Flusso

Li... ii

19 Il teoremadella divergenza e il teorema di Gauss

10 lu

1.6 Le leggi di trasformazione del campoelettrico

15

Il campoelettrico di distribuzioni simmetriche

19

1.7

18° Il potenziale del campo elettrico

.........0 00

19Campo elettrico e potenziale a grandi distanze ai L'energia di un sistema di cariche 1.12°

22

................0...

26

|...

28

.........0. ii

31

...............

35

io Dal campo alle sorgenti: le discontinuità

3

.....i............,

6

Le equazioni di Poisson e di Laplace

ELETTROSTATICA DEI CONDUTTORI

asa Iconduttori 2

.......... Lei

38

Il fenomenodell’induzioneedil problemadell’elettrostatica dei conduttori ...........0. 00

41

2.3 Le gabbie di Faraday

45

‘4

46

I coefficienti di capacità e di potenziale

T:5 Capacità e condensatori

..........

TU Metodi di soluzione di problemidi elettrostatica dei conduttori 2.7 Effetti di bordo

49

.....

53

........0000 000

57

3. CORRENTI STAZIONARIE © Copyright 1999 EDIZIONI ETS

Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa e-mail [email protected] www.edizioni-ets.com Distribuzione

PDE, Via Tevere54,150019 Sesto Fiorentino {Firenze] ISBN 88-467.0227-1

3.1 Densità di corrente e conservazione della carica

....................

3.2 La legge di Ohm... ii

...

3.3. Il lavoro del campoelettrico 3.4.

59 62 64

Un modello classico per la conduzione

i

.............-

65

Indice

Indice

3.5. Laforza elettromotrice

......... 0

3.6 Carica scarica di un condensatore

.........0i

Il campo magnetico: introduzione fenomenologica

...-....00

132

7.5 HI campo magnetico a grandi distanze... 7.6 Forza magnetica su un circuito Li...

135

71

7.4 Tì campodisorgenti invarianti per riflessioni

..................

74

4.2 Da Galileo ad Einstein...

76

4.3 Il principiodirelatività

TT

Li...

128

7.3 Il campo di unaspira e di un solenoide

ELEMENTIDI TEORIA DELLA RELATIVITÀ 4.1

|...

68

T.1

..........000 2/2

139

..........-.00 0

140

L’inversione del tempo...

141

L'effetto Hall

7.8 Le simmetrie nell’effetto Hall

4.4 Il tempo non è ugualepertutti

80

7.9

4.5 Le trasformazioni di Lorentz

83

I CAMPI DI CORRENTI LENTAMENTE VARIABILI

4.6 Le trasformazioni di Lorentz senza rotazioni

86

8.1

Introduzione.

.................

89

8.2

L’approssimazione delle correnti lentamente variabili

...............

90

8.3 I solenoide

4.7 Dilatazione dei tempi e contrazione delle lunghezze 4.8 Composizione delle velocità

4.9 La geometria dello spazio-tempo

.........

91

LL...

94

4.10 Il tempo proprio e la quadrivelocità

‘ DINAMICA RELATIVISTICA 5.1 Le equazioni della dinamica 5.2 L'energia

97

..................

.

5.3. Massaed energia

.

5.4 La legge di trasformazione delle forze

dot

102

...............000.0 00

105

6.1 Introduzione

..........0 0...

6.2 Sorgentifisse: forza su una carica in moto 6.3 Il campo magnetico

...... 0.0.

......... i...

6.4 La legge di trasformazionedelle sorgenti

................-.....006.

6.5 La legge di trasformazionedei campi 6.6 La forza di Lorentz

6.8 Le equazioni di Maxwell

144

.........00..-

144

......... iii ............... 8.4 I coefficienti di mutua induzione e di autoinduzione 8.5 L'effetto Kelvin ........-/0/ 0/2 8.6. L’autoinduzione di un cavo coassiale...

147

8,7 L'energia magnetica... 8.8 Circuiti induttivi ........ Le

9.1

La corrente di spostamento...

9.4

ll 113 117

.........

118

.......... 0.0

119

Circuiti in correntealternata

7.1 Isignificato del rotore e il teoremadi Stokes 7.2 Le equazioni della magnetostatica DI

................,....

122

............--..0

125

153 154 155 157

.......0../ 0

162

163 166 169

10. LA FORZA ELETTROMOTRICE NEI CIRCUITI IN NOVIMENTO

.............. La legge di Faraday-Newmann peri circuiti in moto Li... 10.2 Conduttori in moto in un campo magnetico

10.1

173 178

11. ENERGIA E QUANTITÀ DI MOTO DEL CAMPO

ELETTROMAGNETICO

11.1

L’energia del campo elettromagnetico

11.2 Il teorema di Poynting

% MAGNETOSTATICA

150

. LA CORRENTE DI SPOSTAMENTO NEI CIRCUITI CAPACITIVI

108

se

6.7 Il campo elettromagnetico di una carica in moto uniforme

.......i i

107

115

............

.............

.........00...... 9.2 Lacorrente di spostamentoneicircuiti capacitivi 9.3 Icircuito RLCO ...... 00

. LE EQUAZIONI DI MAXWELL

136

...............-

.........0- 0

11,3 La quantità di moto del campo elettromagnetico 11.4 Un esempio ... mancato, e il problema dei 4/3 ili

183

189 191 192

Indice

12. LA PROPAGAZIONE DFI CAMPI

12.1 L'equazione delle onde 12.2 Le onde piane

196

.................

197

12.3. Dalle sorgenti ai campi: le soluzioni ritardate ...................,, 12.4 Le onde piane monocromatiche ....... i.

200

\.................

202

12.5 Un caso realistico: l'onda emessa da un’antenna

199

13. FENOMENI ONDULATORI 13.1 Introduzione

207

13.2

L’interferenza

13.3

La diffrazione

13.4

Laluce

13.5

L’interferometro di Mach e Zehnder

207

Li... iii ee .............

209 211 213

Fenomenologia

14.2

Posizione del problema... e

Li...

14.3. La polarizzazione dei dielettrici ........... 14.4 Le cariche di polarizzazione ............ . 14.5. Le equazioni dell’elettrostatica nella materia ..................... 14.6 L’energia del dielettrico 14.7

Forze in presenza di un dielettrico

15. PROPRIETÀ MAGNETICHE DELLA MATERIA 15.1 Campivariabili nella materia 15.2

Fenomenologia

......... 0...

15.3. Il momento magnetico degli atomi 15.4

La corrente di magnetizzazione

15.5 Le sostanze ferromagnetiche 15.6 Schermaggio magnetico 15.7 L'energia magnetica

Il corso di Fisica Generale 2 tradizionalmente comprende l’elettromagnetismo classico e talvolta, come in questo caso, la teoria della relatività. Il problema è che quando si scrive un libro sull’elettromagnetismo si sa da dove cominciare ma non sì sa dove finire: l’elettromagnetismo classico è uno dei capitoli più belli, ma anche uno dei più vasti della fisica classica. : Ma questo non è un trattato di elettromagnetismo, è solo un libro di lezioni tenute agli studenti del 2° anno e un corso ha una durata limitata e quindi impone necessariamente una scelta fra i tanti argomenti che noi docenti riteniamo che “non possono essere ignorati”; in effetti il contenuto di questo libro va un po’ oltre a quello che è

normalmenteil programmadelcorso.

Questo lavoro nasce dalla mia esperienza di insegnamento presso il Corso di Laurea

in Matematica dell’Università di Pisa ed è probabile che tanto l'impostazione quanto la scelta degli argomenti siano stati condizionati dai “gusti” e dalla mentalità degli studenti di questa disciplina. L'impostazione non è quella “storica”, secondo la quale l’elettromagnetismo ha preceduto, e anzi determinato, la teoria della relatività: seb-

14. IL CAMPO ELETTRICO NELLA MATERIA 14.1

PREFAZIONE

215 216

216 220 223 227 232

bene venga anche brevemente esposto lo sviluppo storico dell’elettromagnetismo, sia l’introduzione del campo magnetico sia le equazioni di Maxwell si appoggiano in maniera determinante sul principio di relatività e sull’invarianza della carica elettrica. In questo senso si muove anche l’impostazionedell’ottimo libro sull’elettromagnetismo de “La fisica di Berkeley” e gli studenti sembrano apprezzare l'economia concettuale di

questa impostazione. Ogni docente ha le sue fissazioni e al lettore non ci vorrà molto tempo per scoprire che la mia è l’uso delle simmetrie: sono uno strumento molto potente e, specialmente nel caso del campo magnetico che ha proprietà di trasformazione non banali per riflessioni, permette di risolvere problemì che a prima vista si presentano come “casì disperati”.

L'elenco delle omissioni sarebbe più lungo dell’indice di queste dispense, dato che ho

cercato di privilegiare i concetti di base rispetto ai molti e pur importanti sviluppi

238 241

243

i... i

248

LL...

249

Li... i

255

Li...

257

dell’elettromagnetismo. Nel caso degli studenti di Fisica i corsi di laboratorio vengono in soccorso a integrare quegli argomenti che qui o non sono trattati (p.es. strumenti di misura, ottica geometrica) o dei quali vengono fornite solo le basi teoriche (circuiti, motori, ecc.). In particolare il capitolo sui fenomeni ondulatori (interferenza, diffrazione) è molto ri-

dotto: per ragioni di tempo, per l’impossibilità di utilizzare gli strumenti matematici

necessari ...; l’obiettivo non è quello di una discussione ragionevolmente esauriente di questi argomenti, ma quello di mettere in grado lo studente di seguire i ragionamenti che normalmente servono per introdurre i fondamentidella Meccanica Quantistica (interferenza con singolo fotone, esperimenti con il polaroid, ecc.): è auspicabile che al 3° o al 4° anno anchegli studenti di Matematica imparinoin cosa consiste la seconda

rivoluzione scientifica del XX° secolo,

Molti sonoi colleghi che ringrazio per le loro osservazionie consigli: le Dott.®* L. Bosmane S. Degl’Innocenti, i proff. L. Bracci, R. Mannella e in modoparticolare il prof.

"i

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2 P. Menotti per le discussioni veramente illumi nanti su un problema non proprio banali quello che viene riportato nel capitolo 11.4, Sia chiaro che questi colleghi non sono ne

sponsabili degli eventuali errori nei quali posso essere incorso: nell’elettromagnetisi to il rischio di dire cose inesatte è tutt'altro che trascurabile; anzi, direi che nd vi

Insegna questa materia ... c'è sempre da imparare.



1 a Veramente con piacere ringrazio gli studenti che hanno seguito questo corso nell'ann accademico 1997-98, anno in cui hoiniziato Îa stesura di queste dispense, per il cont È buto positivo che moltidi loro (studenti veram ente molto bravi) con le loro d de ed il loro spirito critico, inconsapevolmente hanno dato a questo lavoro. Smante

L'immagine riportata sul frontespizio è una riproduzione di unaincisionedi Paolo L: sinio ripresa dalla Tribuna di Galileo: “Si presenta in essa quell’adunanzadell’i stit to di Francia, nella quale il celebre Volta espos e al Consesso degli uomini più dottid'E; o

topa le importanti esperienze della famosa sua Pila”. (Fra gli altri, sono ri ; di ti Napoleone, Monge, Laplace, Legendre e Biot). ' Prodosti Ringrazio il Prof. Roberto Vergara Caffar elli, responsabile del Centro per la vazione e lo studio degli strumenti scientifici, e il personale del Centro consigliato e fornito questa bella ripro duzione,

€) avermi o per avermi

Luigi E. Picasso

Pisa, ottobre 1999

1.

ELETTROSTATICA DELLE CARICHE FISSE

1.1 La legge di Coulomb Iniziare oggi, nell’era dell’elettronica più spinta, il corso di elettromagnetismo citando

le palline di sambucoe le bacchette di ebanite o di vetro strofinate con pelle di coniglio per convincerci dell’esistenza di fenomeni “elettrici”, legati ad un particolare stato dei corpi (corpi “elettrizzati” o elettricamente carichi), sarebbe — a dir poco - anacronistico: la costituzione atomica della materia era già nota alla fine del secolo scorso (fine del 1800), come pureil fatto che gli atomi - normalmente elettricamente inerti (neutri) - contengono particelle cariche che possono essere estratte da essi con diverse tecniche. Thomson misurò il rapporta fra la loro carica e la loro massa e trovò cheil risultato era

indipendente sìa. dalla tecnica usata per estrarre queste cariche (effetto termoionico, effetto fotoelettrico, raggi X ecc.), sia dalla sostanza da cui venivano estratte: a queste particelle, presenti in tutti gli atomi, fu dato il nomedielettroni. Più tardi (1909) Millikan ne misurò la carica, confermandol’identità di queste particelle. Quindi, quello

che gli antichi chiamavano “fiidco sottile” qualcosa che conferiva ai corpi quella misteriosa proprietà di attrarre o respingere altri corpi nelle stesse condizioni, altro non è che un eccesso o un difetto di elettroni rispetto allo stato normale del corpo, e che rende il corpo stesso elettricamente attivo, cioè carico.

L'esistenza di due tipi di cariche era già nota dai tempi delle bacchette di vetro o di

ebanite: per dirla in termini più moderni, era noto dall'esperienza che la proprietà di due cariche di respingersi è una relazione di equivalenza. Fu Franklin, verso la metà

del *700 che proposedi chiamare positive le cariche di una classe di equivalenza (quella delle cariche delle baccheite di vetro), e negative quelle dell'altra classe: qualunque altro nomesarebbe andato altrettanto convenzioneopposta {e in tal

caso gli elettroni risulterebbero cariche positive).

Il punto di partenzadi tutto l’elettromagnetismo è la legge di interazione fradue cariche, stabilita sperimentalmente da Coulomb nel 1785: la forza che sì esercita fra due corpi carichi inquiete, di dimensionipiccole rispetto alla loro distanza, è proporzionale

alle due cariche, inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza ed ha la di-' rezione della congiungente i due corpi. Se usiamola convenzione di Franklin (91-92 > 0 per cariche equivalenti, g1 - q2 < 0 altrimenti), la legge di Coulomb può essere serittà

fa= De fi A 3 (FF)

(Pa =Fa)

(1.1)

dove 13 è la forza cheil corpo di carica g2 esercita sul corpo dì carica g1, f12 è il

versore diretto da gg a gi € È unacostante di proporzionalità positiva) La proporzionalità inversa al quadrato della distanza è fondamentale: l’elettromagnetismo sarebbe completamente diverso da quello che è se la dipendenza da r nella (1.1)

fosse diversa (p.es. ethr[r?). Tanto per fare un esempio, la velocità delle onde elet-

tromagnetiche (nel vuoto) dipenderebbe dalla loro lunghezza d'onda(il fotone avrebbe

massa): in effetti oggile misure. delle. differenze dei-tempi-di-arrivo..di-onde.elettro. magnetichedi frequenze diverse (luce, radio onde, ecc.) provenienti dall’esplosione di

stelle Tontane costituiscono la prova più convincente della validità della legge r-? alle 1

L.E. Picasso; Lezioni di Fisica Generale 2

Elettrostatica delle cariche fisse

grandi distanze. Il grado di accuratezza con cui questa legge è stata verificata dipende

con Dalla (1.1’) risulta che due cariche di 1 coulomballa distanza di 1cmsi respingono cui da dyne, 1015 x una forza F = 9 x 10° - 10*N = 9

dalle dimensioni esplorate, in quanto ne dipendono i metodi di verifica: da una parte

su 10° per distanze dell’ordine di qualche decimetro a 1/10per distanze cosmiche. La verifica sperimentale della proporzionalità di a ciascuna delle due cariche gi e qs è sostanzialmente una verifica dell’additività delle cariche (con la convenzione di

Franklin di attribuire segni opposti a cariche non equivalenti): la forza che g2 esercita

su un (piccolo) corpo costituito da due corpi di cariche gj e gf (eventualmente uguali) è uguale alla forza che si esercita su un corpo dicarica 9g; = 91 + gf.

La costante £ dipende dall’unità di misura della carica. A questo proposito si possono

seguire due strade: ©

>

°

i) considerare la carica elettrica, o — se risulta più comodo per ragioni di riproducibilità — altra grandezza fisica legata ad essa (p.es. la corrente elettrica) come una nuova grandezza fondamentale, fissare un campionechene definisce l’unità di

misura, e quindi determinare (sperimentalmente) il valore di k;

ii) fissare arbitrariamente il valore di % nella (1.1), considerata come una costante cas adimensionata (numero puro); a questo puntola carica elettrica risulta una granÈ dezza derivata le cui dimensioni sono [Q] = [MT]? TT” , e unità di misura è fissata dalla legge di Coulomb. La prima possibilità è quella adottata nell’ambito del SI, in cui viene presa come

nuova grandezza fondamentale l’intensità di corrente e se ne definisce l’unità di misura, l’ampère A (del quale daremola definizione più avanti). Di conseguenzaresta fissata l’unitàdi misura della carica, il coulomb (C), e £ (che quindi è una grandezza dimensionata) risulta sperimentalmente £ x 9 x 10°. In questo casosi preferisce porre k = 1/4reo, e €o è detta permittività del vuoto. ” Quindi nel SI la legge di Coulombsi scrive

Bo — Treo Pi rh, A:;

0 0 = 885x107! unità dele SI (MESA) . +



(1.1°)

Lacarica dell’elettrone (misurata da Millikan) è e=1.6x 107!9C

(1.2)

(con e si indica il valore assoluto della carica dell'elettrone). Il coulomb corrisponde

quindiallacarica di circa 6 x 10!5 elettroni:.è una carica molto grande, comesi capisce

dal fatto che fra due cariche di un coulomballa distanza di 1 m si esercita unaforza di

9 x 10° N, cioè circa 10° kgp! Il sistema

di Gauss si avvale invece della seconda possibilità: éss0 è definito dalle

iinitàsistema del CGSe dalla scelta & = 1; l’unitàdi carica elettrica.= il franklin -

è quindi la carica che posta a distanza di 1cm da una carica/identica. larespinge con una forza di i dyna. Il sistema di Gauss nell’ambito dell’elettrostatica è anche detto

sistema CGS elettrostatico, e le unità delle grandezze elettriche (alle quali in molti casi non viene dato un nome) vengono sovente indicate con ues (unità elettrostatiche). Quindi nelsistema di Gauss la legge di Coulombsi scrive (sistema di Gauss).

(1.1)

(1.3)

1C=3x 10° ues

e quindi per l’elettrone e = 4.8 x 107!° ues.

(1.2°)

il siNell’Elettromagnetismo (contrariamente alla Meccanica) è necessario specificare ed il SI il isto, abbiamov come quanto, in utilizzare mo intendia che stema di unità misura di unità delle scelta sistema di Gauss non differiscono semplicemente per la

(comeinvece l'MKSe il CGS nell’ambito della Meccanica), e neì due sistemile formule

tolo, tuttavia, N fondamentali vengono scritte in maniera diversa. In questo primocapi

in cui l'unica legge fondamentale è la legge di Coulombe nel quale verranno stabilite

del sistema le relazioni fondamentali dell’elettrostatica, possiamo rimandare la scelta

dedi unità utilizzando la (1.1) senza specificare il valore di è: tutte le relazioni che

di Gauss durremo da essa possono essere immediatamentescritte nel SI o nel sistema

semplicemente ponendo & = 1/4reg oppure & = 1. Quando si introduce il campo magnetico le cose non sono più così semplici in quanto la definizione stessa di campo magnetico è diversa nei due sistemi, come appare dal mododiscrivere la forza che un campo magnetico esercita su una carica in moto: F= qua B nel SI, e F= q(7/c) AB nel sistema di Gauss (c è la velocità della luce), e di conseguenza tutte le relazioni in cui interviene il campo magnetico differiscono peril fattore k/c. Da un punto di

vista teorico preferiamoutilizzare il sistema di Gauss in quanto fa intervenire soltanto

la velocità della luce come costante fondamentale, anziché la permittività del vuoto eo e la permeabilità magnetica del vuoto go (legate a c dalla relazione e = 1//€0/0), con la conseguenza che tutte le formule risultano più semplici, ma soprattutto le equazioni fondamentali dei campi elettromagnetici nel vuoto esibiscono esplicitamente la simmetria fra il campo elettrico ed il campo magnetico, simmetria che ha carattere fondamentale in quanto richiesta, anzi imposta,dalla teoria della Relatività. volt, Tuttavia le unità pratiche, quelle con le quali abbiamo una certa familiarità: il conperdereil vogliamo non se MKSAe l’ampère, l’ohm altre, sono unità del sistema

gli tatto con i fatti più elementaridell’elettromagnetismo ed una certa sensibilità per

ragguaglio ordini di grandezza, dovremo acquisire una certa familiarità con i fattori di

fra le unità di misura nei due sistemi. 0, equiLa (1.1) è unalegge sperimentale, stabilita per corpi di piccole dimensioni nelle stesse valentemente, per distanze grandi rispetto alle dimensioni dei due corpi;

g2 € 43, condizioni si verifica sperimentalmente che la forza che due corpi di cariche forze anche in posizioni diverse, esercitano su un corpo di carica g1 è la sommadelle

di carica gi: in altri Fi e F13 che ciascuno di essi eserciterebbe da solo sul corpo

di sotermini, le forze esercitate dalle cariche sì sommano vettorialmente (principio

are vrapposizione). Tuttavia la (1.1) non ci è di grande aiuto se vogliamo determin

caso in cui letota che siessreita fra corpi di dimensioni non trascurabili, o anche nel zione dell'indu fenomeno il per caso, tal in quanto in i, alcuni di essi siano conduttor dalla distanza te fortemen dipende corpi sui cariche delle one disposizi la tica, elettrosta izione fra i corpi stessi. Allora assumiamo la (1.1) insieme al principio di sovrappos 3

)

Elettrostatica delle cariche fisse

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

come “legge costitutiva” valida per cariche puntiformi. Ciò significa che attribui

alla(1.1) un significato puramente matematico, ma da essa - grazie al Srincipiodi sovrapposizione — è possibile ricavare la forza che si esercita fra due qualsivogliaco; i carichi, di dimensioni arbitrarie: basta considerare ogni corpo carico come support di cariche puntiformi (opportunamente distribuite sul corpo), e calcolare la Ford che i

esercita su uno di essi comeil risultante delle forze che ogni carica puntiformedi

di

altro corpo esercita sulle cariche puntiformi del corpo stesso. Dopo tutto è O quello che sì fa per le interazioni gravitazionali: la legge di gravitazione di Newtonsi assume valida per masse puntiformi, e da essa si può ricavare la forza che si esercita fra corpi di dimensioni e forma arbitrarie. Il ruolo, nell’uno come nell'altro caso “del

princip sovrapposizione anche se esprime un concetto quellodi i

l’additività vettoriale delle forze, che consideriamo scontato, è un princi jo del sle avremo molte occasioni di apprezzare l’importanza e la portata. Poco quat

In ogni situazione sarà bene ricordarsi che la (1.1) per cariche puntiformi è una l matematica: le cariche puntiformi in natura non esistono, e se dovessero sorge: Lei problemi dovremo saper distinguere quali sono realmente problemifisici e quali invece dovuti oialte c ecc) al concetto matemati co dii carica i puntiforme i (ambiguità, iguità, divergenze, di energie i x

wa Il campo elettrico IL: posizione Sia data una carica puntiforme g; nella lz1on: Fi

i t rico gene o efiniamo campo elettrico Definiamo campo

(1.4)

o

EA E_ F_A (GF ù)

cioè ad ogni punto di R?, ad esclusione del punto # = #1, è associatoil vettore É1(F);;

la carica _g1 è detta la sorgente del campo. Il campoelettrico ha le dimensioni di una forza diviso una carica cari e quindi indi sisi misura mi in i dyne/fitanklin ì nel sistema i i i

newton/coulomb nel SI. £ di dave, ci TT__, N significato di È è il seguente: se nel punto (generico) F è presente una carica (pun-

tiforme)siforza che per la (1.1) €data da »

è

.

.

eni

ci

15

Se la sorgente è fissa nel punto fi, la (1.5) resta valida qualunquesia la carica : D) punto fin tal caso F' è proporzionale a q ed il campoelettrico AG) è la forza chi

si esercita su una carica g (in F) divisa per g, ed è indipendente da 9g, e

quindi - in

questo caso - il campoelettrico è la forza agente sull’unità di carica. 'Se ia sorgente non è fissa (per esempio è attaccata ad una molla) ma #) è la sua posizione quandola

carica gq sì trova nel punto #, è ancora vero (grazie alla (1.1)) che qÉ1(7) è la fo

che gi esercita sulla carica g, ma non è più vero che detta forza è proporzionale "io quantoal variare di 9 può cambiare laposizione della sorge ; SPIIOEZAGI

Se abbiamo n cariche (puntiformi) g; nelle posizionif;il campi

trico è definito

ogni # # #;) comeiII la sommadei campielettrici É;(#)generati dalle iano(ee1 —#).

(1.6)

ttrico. sono punti di singolarità del campoele Si noti che le posizioni delle sorgenti o discusso quell re semp — apposizione di EG7) è - grazie al principio di sovr

Il significato a g posta in fela forza che si esercita su una caric sopra: E(F) è il rapporto fra la la definizione sono nelle posizioni ;. In ogni caso carica stessa, quando le sorgenti gi una carica, meno o nte punto considerato sia prese di EG) prescinde dal fatto che nel ), quindi spia” ca “cari e anch 0 ce”, “carica esploratri (la cosiddetta “carica di prova”, o quali lisce stabi che cioè

izione “operativa”, quella che abbiamo dato non è una defin il campoelettrico are il campo. Sovente sì definisce

misure occorre fare per determin sia così piccola la forza e la carica, quando questa (in un punto) comeil rapporto fra e operativa, izion defin ta è solo apparentemente una da non influenzare le sorgenti: ques per cui, per rone, elett dell’ a quell esiste in natura è in quantola carica più piccola che uttore dove cond un ro dent o tric elet o camp il ire esempio, non sarebbe possibile defin parte di un elettroni, e quindi influenzabili da le sorgenti non fisse sono proprio gli elettrone “di prova”. qualche

definizione di campo elettrico sia di A questo punto è legittimo chiedersi se la , può sembrare che il e alla luce della discussione fatta sopra

utilità. In effetti, anch sse, icolarmente rilevante: se le sorgenti sonofi concetto di campo elettrico non sia part qualsiasi una su itano eserc esse che forza la lare il campo elettrico permettesì di calco ittura o, masi tratta semplicemente di una riscr carica in un punto qualsiasi dello spazi — che via tutta — a ittur , riscr zione pposi di sovra della legge di Coulomb più il principio sonofisse, le

carica. Se le sorgenti non evidenzia la proporzionalità della forza alla e dal valore di g (oltre che da eventuali ione posiz dalla ate rmin loro posizioni sono dete problema delle posizioni di equilibrio il vere altre forze), € determinarle significa risol risolto questo problema è già risolto g): e gi (le di un sistema di n + 1 punti materiali ra che

le g; esercitano su q. Quindi non semb anche quello di determinare la forza che he ci di grande aiuto. Ma il fatto è che la domandac

il concetto di campoelettrico sia farci capire che i problemi di interazionefra. siamno posti è intempestiva: per ora serve a stacomplicati. L’elettromagnetismno (l’elettro (molte) cariche elettriche sono problemi ente calm radi vista di o punt un da lemi prob tica è un caso particolare) affronta questi , ma i arie del problema non sono più le forze diverso e innovativo: le incognite prim amecc a teori una non e o, teoria di camp campi(elettrico € magnetico); è quindi una generali che

tivi quello di stabilire le equazioni nica di molte particelle, e ha come obiet ci zionidi Maxwell) e gli strumenti matemati

devonoessere soddisfatte dai campi (equa per risalverle. di are i casi in cui| le sorgenti sonofisse: In questo primo capitolo ci limiteremoa studi può cita espli ne soluzione(la cui determinazio ogniproblemaè allora possibile fornire la tica elettrosta che di calcolo); la vera natura dell’ comunque richiedere complicate tecni l’elettroeremo tratt cui in o itol p rossimocap cometeoria di campo la incontreremo nel ma libere di fisse, sono non he caric le ttori condu statica dei conduttori, in quanto sui altre cariche: interazioni reciproche e con eventuali muoversi sotto l’effetto delle loro del

ce ruolo delle cariche sia comesorgenti tipico delle teorie di campo è questo dupli di esso. campo sia comeoggetto di azioni da parte

ntele linee campo elettrico si può ottenere media Una utile rappresentazione grafica del al campo nti tange sono o punt ogni in che orientate

di forza del campo: sono linee

5

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2 elettrico in quel punto e hanno lo stesso verso. Per esempio, le linee di forza del campo generato da una sola carica puntiforme sono le semirette uscenti dalla posizione in cui si trova la sorgente, il verso è quello uscente dalla sorgente se questa ha carica positiva, entrante se ha carica negativa. Se il campo è generato da più cariche puntiformi, le linee di forza hanno in generale un andamento complicato; tuttavia, grazie alla singolarità

1/r? del campo generato da ogni sorgente, tanto più ci si avvicina ad una sorgente,

tanto menoil campodifferisce da quello generato dalla sola sorgente vicina, comese le altre non ci fossero, quindi anchele linee di forza hanno in un intorno di ogni sorgente

lo stesso andamento delle linee di forza di una caricaisolata. In tutti i punti in cui sonodefinite, le linee di forza sono curve

regolari che non si intersecano; i punti singolari sono quelli în

cui sono presenti le sorgenti, dove possono partire o arrivare infinite linee di forza, oppure quelli in cui É=0 (p.es. il

punto di mezzo della congiungente due cariche uguali), in un intorno dei quali il tipico andamento delle linee di forza è

quello rappresentato in figura 1.1. Ognilinea di forza che fig. 1.1 esce da una sorgente positiva o vaall'infinito o, se non si arresta in un punto in cui

È = 0, finisce in una sorgente negativa. Impareremo nel seguito maggiori dettagli

sulle proprietà delle linee di forza; per esempio vedremo che la densità delle linee di

forza in prossimità di un punto è proporzionale all'intensità del campo elettrico in quel punto: per fornire una anticipazione di questo risultato, consideriamo una sola sorgente (positiva) e n linee di forza uscenti simmetricamente da essa; ogni sfera con centro nella sorgente (raggio r) è attraversata da tutte le n linee di forza, la cui densità (numero/superficie) è quindi inversamente proporzionale alla superficie della sfera, cioè a r?, come E. Quindile linee di forza forniscono una buona rappresentazione non solo della direzione e del verso del campoelettrico ma, in virtù della legge 1/r?, anche dell’intensità. 1.3 L’approssimazione del discreto con il continuo: distribuzioni di cariche Da unlato le nostre cariche puntiformi hanno solo carattere “costitutivo”, cioè servono

per costruire le cariche (estese) reali (persino l’elettrone è esteso: r & 107*? cm), d’altro

lato anche le distribuzioni di carica sui corpi macroscopici (bacchette di vetro, palline

di sambuco, conduttori) sono costituite da numerosissime cariche di piccole dimensioni (elettroni, ioni) a distanze dell’ordine delle dimensioni atomiche (a 1075 cm). Queste distribuzioni, discrete sulla scala microscopica, sono, alla scala macroscopica, convenientemente approssimate con distribuzioni continue. In modo analogoalla definizione

di densità di massa, definiamo la densità di carica in un punto P formalmente come

an 7) dove AV è un volumetioattorno al punto P, g è la carica totale contenuta in esso, e n

pe

AV + significa che la massima dimensione di AV tende a zero (AV tende a zero non solo come volume, ma anche come forma). In effetti il limite nella (1.7) fa parte solo della definizione formale: a causa della struttura (microscopicamente) discreta della distribuzione di carica, affinché (x,y,z) risulti una funzione continua (salvo la pre6

Elettrostatica delle carichefisse

ttaa hett che bacc da 7nabac i come p.es. nel passaggii o s scala macroscopica à su Di a ancor o s quan sti arre senza di discontinuit esì è n ecessario cheil processo dì limit a og nita in elettrizzata al vuoto), e. In questo modo p è defi pich 1 osco micr a che cari ro di seo. me ero osco ami micr ma n olo i me ntiene un gran nu picc ca te oscori dia in un interno - macr tarizzato 9 punto comela densità me si . Così, Se con rande — del punto stesso co amente i ttrico esterno che ne alteri e

campo ele zeti ini di rtasitio Piano)è fon soggetto ad un le cariche (come accade neì pez del ica cop ros ne mic zio ibu (Sesstr e scarico vicinoe lapecchee ttrizzata o in un conduttor oe dalla bacchetta di vetro ele ulta nulla: è bene ren: es o o Tuaira) à macroscopica di caricaopil ris em rr te ot 7), stro) la densit (1. la nel AV e ve ece veramente facessimo tender a zer ,. aTa PA a di iare, su distanze du Da( s var ò pu ett che — i rone):; ica cop (do ros {n° c'è mic à e it lov a m dens to lo 22 C/m3 (laddove èè presente un pro tone) a —10 marta ògià essere COM È ica dell’ordine di 103C/mî pu cop ros mac n dato, se o am Ro bi . ab dI È tevole. che con la definizione che x

he chiaro

È p' | ( dal tempo di; pendente lta indi risult 1 p(£ {. ,Y | 2) risu st: ionarie te staz te men ica cop po ros tem mac i i e e r n conddizioni termica Sentni e

meriensità

ra

ne npo 1 elero : im nonostante il moto di agitazio ,ale mero di cariche mil 1 nu gran un i, i To n i): i se AV contiene p te men a non sono macroscopica co carica in esso contenut temp dal bbe ere ente, invece, dipend immaginare quanto disordinatam 20! AV te limi microscopica nel può assumere valori sia pomassa, la densi ità di carica Contrariamente alla densità di contearica Q Ova sitivi che negativi. lareÌa c:r ibi e calco ibil è poss calcolalii ile ssib carii ca £' f è ità didi i èpo ità la dens no n se è nota vi a, , e ar lo n quel Vicevers a le simi o 1ì procedimento è del tutt are CI e ta in un arbitrario volume V. one nizi defi alla ta por che a curva y = f(x) e e con ii pere Icolare l'area sottesa dall td ini n), con ione f(2) (integrale di Rieman one ei Er Pi integrale definito della funz sal or) quisono tre: supponiamo chef del numero di dimensioni, che +» i po A mne e gono AVA sia so); chiu e to ita lim tinua nel volumeV (insieme i nto p io interno a AV; allora qua o, per cui di V e f; un punto arbitrar mett volu simo i a la carii ca contenu ta nell’i-e F. )AVi approssim meglio p(F (1.8) mrav Qv = lim Dayavi = fa 1 o diametÈ,ro dei ere a zero il massim nder face! nd 0 tend izza zz to face e t reali vien jene 00 — n te limi limi ìl ì e dov

ical a da una distribue il campo elee ttrico generato lari cale per ede proc i si ogo anal In modo dividiamoil volume V in n un volume V: come prima sudo dove Fi è zione di carica p contenuta In met o è fi = p(ri)AV, contenuta nell’i-esimo volu ettrico oel camp al volumetti AVi. La carica isce ribu rema della media), e cont (teo o mett volu al rno inte o un punt nel punto f° (1.9) G-7)= pl? (FRAN.

volumetti AVi.

E(#) =k;I)

i ndi ) de AV; qui tto uti umete me E vol ionii del ì ension ì re delle dim molto maggio è a #;| — |î se La (1.9) vale do man som ene qualsiasi punto P, si otti il campo elettrico totale, in 1

L.E. Picasso; Lezioni di Fisica Generale 2

Elettrostatica delle cariche fisse

* (principio di sovrapposizione) quando tutti i volumetti AV; tendono a zero, cioè nel

limite n — 00: in tal mado il punto P finisce per essere (infinitamente) lontano da ogni volumetto, ad eccezione di quello che tende a zero avendo sempre P come punto

interno, ma vedremoche nel limite AV — 0 questo porta contributo nullo al campo in P. Quindi

;

Bir

.

Ti

_

= f Gear tda (1.10)

Il campo elettrico prodotto dalla densità di carica macroscopicap è esso stesso il campo elettrico macroscopico cioè, come p, la media del campo elettrico microscopico nell’intorno di ogni punto. Nella (1.10) # è il punto in cuisi calcola il campoelettrico ed F#‘ il generico punto, all’interno del volume VW, in cui è presente la sorgente p(#') e rispetto al quale viene

effettuatal'integrazione. Dalla fi 10) può sembrare, a causa della presenza del denominatore |F — #‘|B, che il punto # debba essere esterno al volume V, così comenella (1.6) # deve essere diverso da ogni #;: no,lasingolarità per # = #’ nella (1.10) è solo apparente, come vedremofra poco, per cui E (se p è ovunquefinita) è definito anche dentro V, dove sono presenti le sorgenti.

Non avremo occasione di calcolare l’integrale di volume che compare nella (1.10) se non forse in qualche caso particolar

mare — o definire - coordinate diverse da quelle cartesiane ed il loro uso nel calcolo di integrali di volume. Il simbolo dV che compare in un integrale di volume è il ricordo deivolumetti AV; su cuisi effettua la sommache porta alla definizione di integrale, e per questa ragione è detto “elemento di volume infinitesimo”, e la sua espressionein termini delle coordinate fig. 1.2 “dipende quella dei volumetti finiti AV; - dalle coordinateutilizzate: se uti-

lizziamo coordinate cartesiane, dV = dr dydz; se utilizziamo coordinate cilindriche (r, 08,2), dV = dr. rd0 dz: = rdrd0dz; se utilizziamo le coordinate sferiche o

coordinate polari definite da (v. figura 1.2) fi =rsen?cosg

y=rsenfsené r>0; 0 EPGF)=-EG).

(1.44)

La trasformazione gi + —q; (0 p(x) + —p(7)) è detta Coniugazione di carica. La coniugazionedi carica non può essere una trasformazionediinvarianza(salvo îl caso

banale E = 0), ma può esserlo composta con altre trasformazionidiscrete.

Per esempio, se abbiamo due distribuzioni simmetriche rispetio 2=0 ad un piano (piano 2 = 0) ma di cariche opposte, comein figura 1.8 (o anche nel caso di un dipolo: sisiema costituito da due cariche g e —g), la composizionedi unariflessione rispetto al piano z=0 con la coniugazionedicarica, p'(x,9,2)} = —p(2,y,-2) é una trasformazione di invarianza delle sorgenti: fig. 1.8 p'(2,4,2) = —p(2,4,—2) = p(2,y, 2), per cui dalle (1.39) e (1.44), se Ri; è la matrice

diagonale con gli elementi diagonali Ri; = R22= 1, Rss=-1,

E:(c,y, 2) = RuEi(2,y,2) cioè

(1.45)

0(£) = 4rr?E;(r) = 4rkQ() > EG)= 190a

(1.47)

QUr)

(1.48)

dove

SLI = I Pet? dr' dA = ar fe) vrde

(l’ultimo passaggio è reso possibile dal fatte che l’integrando p(r') non dipende dagli angoli 6 e g, e l’angolo solido totale {da =47). Quindi: se p(r) = 0 per r > R, il campoelettrico per r > R è identico a quello di una carica puntiforme uguale alla carica totale, posta nel centro di simmetria; se p(r) = 0 per r < A, il campoelettrico è nullo per r < R (questo il caso, per esempio, di una sfera con distribuzione superficiale uniformeo sulla sua superficie); se

pr) =

p0= Q/irR r

r>R

Nellefigure 1.9a e 1.9b è riportato il campo elettrico rispettivamentedi unadistribuzione uniforme e sulla superficie di «una sfera di raggio R e quello

2

EGF)=

Dr ref

+Ea s>R r? °

Er

Ey(c.y,2:)= —Ey(2,4,-2)

(1.46)

E.(c,y,2)= £(0y,-2).

di una distribuzione uniforme

fig. 1.9a

Po all’interno della stessa sfera.

7

fig. 1.9b

2. Sorgenti a simmetriacilindrica: p= p(0) (0= Va? +y? ) 57)= Eco) è. Presa come superficie di Gauss un cilindro di raggio p e altezza h, con asse coincidente con l’asse 2, il flusso attraverso le basi è nullo, mentre quello attraverso

la superficie laterale è 20h E, per cui, se Mg) è la carica per unità di altezza

Ea)= RA, L

(0.3

iss1 ! i

contenuta nelcilindro di raggio e (Mg) = Q0)/h),

Ex(2,9,2) = 0,e

18

19

Lu

P è un punto non appartenente all’asse 2, Gp è la rotazione di 180° attorno alla

retta per P ortogonale all’asse 7, quindi £(P) deve essere parallelo a detta retta:

Le

le rotazioni di 180° attorno ad ogniretta perpendicolare all’asse 7. Ci sono anche

le riflessioni, ma non ne avremo bisogno. Sull’asse z È = 0 (seè definito); se

1. Sorgenti a simmetria sferica: 0 = p(r), Î(F) = E,(m)# Presa come superficie di Gauss (cioè superficie che sfruttiamo per utilizzare il teorema di Gauss) la sfera di raggio r concentrica con la distribuzione dicarica, detta Q(r) la carica contenuta dentrola sfera di raggio r, dal teorema di Gauss si ha

(00

Per esempio, un cilindro con carica uniformemente distribuita al suo interno, oppure unfilo rettilineo indefinito con densità lineare A costante. Il gruppodi invarianza contiene le rotazioni attorno all’asse z, le traslazioni parallele all'asse 2 e

La

p= pia+98).

Rx Il campo elettrico di distribuzioni simmetriche

Cul

Riprendiamo in considerazione gli esempi del paragrafo precedente e utilizziamo il teorema di Gauss per calcolare il campoelettrico.

Dl

passante per P sulla quale quindi £ haintensità costante, è radiale ed è ovunque diretto o verso l’esterno o verso l'interno: in definitiva E(f)= E,(r)f. 2. Distribuzione con simmetria cilindrica; preso l’asse 2 come asse di simmetria,

(_.l

Elettrostatica delle cariche fisse

{uu

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me "

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Elettrostatica delle cariche fisse

É8)= di è

(1.51)

che abbiamo e quindi vediamoche il campo diverge come 1/9. Questo risultato,

anticipato nel paragrafo 3, vale per una distribuzione lineare qualsiasi: vedremonel paragrafo 10 che in ogni punto P di una distribuzione lineare la componente radiale di È diverge come 2KM(P)/e (per unadistribuzione lineare generica il campo ha - in generale - anche altre componenti, ma queste restano finite e continue),

. Distribuzione con simmetria piana: p = p(2), E=(0,0, E. (1). Supponiamochela distribuzionesia diversa da zero solo fra due piani: p(z) £ 0 per 21 < 2 < 22. Nella regionepriva di sorgenti z > 27 (oppure z < 21) prendiamo comesuperficie di Gauss un cilindro con le basi ortogonali all’asse 2 (figura

NESS, fig. 10 < z1 € l’altra

(1.52)

zi

dove con e abbiamo indicato la carica per unità di area contenutafra. i piani 2 = z: ez= zo.

In questa caso, siccome È = (0,0, E;(2)), il problemaè unidimensionale per cui si può arrivare semplicementeallostessorisultato ancheutilizzandola (1.35) (cioè la forma locale del teorema di Gauss) che assumela forma

vr

+

7

ottiene sommando i campiprodotti da ciascuna delle due —|l > {> distribuzioni (principio di sovrapposizione): i due campi sono concordi fra i due piani e discordi nelle due regioni E=0 |E=4ro| £20 esterne (nella figura 1.11 le frecce superiori rappresentanoil campogenerato dalla distribuzione positiva, quelle inferiori quello generato dalla distribuzione negativa), quindi fig. 111 £=4rko trai duepiani E=0 all’esterno (1.56) Unsistema del genere è detto condensatore, in quanto “condensa” il campo nella regione compresa fra i due piani (due piani paralleli con distribuzioni uguali possiamo quindi chiamarlo un “anticondensatore”, in quanto il campo è diverso da

zero soloall’esterno).

Torniamo alla distribuzione p(z) fra i due piani 7 = 21 e z = zo. Possiamo dividere l'intervallo 21, 22 in n strati di ampiezza Az, e considerare il campoelettrico come la sovrapposizione dei campi prodotti da questi n strati: per n — 00 ciascuno di questi strati finisce per generare il campo di una distribuzione super-

(1.53)

ficiale piana di densità p(z;)Az, quindi campi opposti per 2 > z2 e per 2 < z1.

Quindi, sappiamocheil campoè costantenelleregioni senza sorgenti, conosciamo la discontinuità quando si passa da una regioneall’altra, ma questavoltail teorema di Gauss non ci permette di determinareil campo: tra poco capiremo perché. Supponiamoora che la nostradistribuzionesia unadistribuzione superficiale piana e, costante, sul piano 2 = 0: in questo caso il gruppodi invarianza delle sorgenti contiene anchela riflessione rispetto al piano 2 = 0, comepurele rotazioni di 180° rispetto ad ogni retta giacente in detto piano. Alloral’orbita di ogni punto P è

prietà: E,(z > 22) = — E.(2 < zi). Questa è l'informazione che ci mancava per determinare il campodella distribuzione p(z): se non ci sono altre sorgenti

divf = ce = 4rkele).

po

e vediamo, anche in questo caso, che la componente radiale del campo subisce una

con distribuzioni costanti 7 e —e. Il campo elettrico si

nella regione z > 22 (figura 1.10), troviamo che za

(1.55)

r>R

Supponiamoora di avere duepiani paralleli rispettivamente

con valori diversi nelle due regioni: infatti, se ora prendiamo come superficie di

E.(2 > 22) - E:(2 za

20f p(2') da" per 2 < 21 (3°

(1.57)

*

Abbiamo detto “se non ci sonoaltre sorgenti”; questa è la ragione per cui simmetrie e teorema di Gauss non sonostati sufficienti a determinare il campo: simmetrie

e teorema di Gauss sono compatibili con la presenza di altre sorgenti lontane con le stesse simmetrie, per esempiola distribuzione p(z) potrebbetrovarsiall’interno di un condensatore. In effetti la (1.52) determina il campo a meno di un campa costante parallelo all’asse z. 21

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Elettrostatica delle cariche fisse

di tto che la ragione per cuiil campo elettrico Un'ultima osservazione: può venire il sospe distribuzione possa

ii) Il potenziale è definito a menodiuna costante additiva: se Po è un punto arbitrario

te dalle due parti della una distribuzione piana uniforme o è costan ianza delle sorgenti. Dovrebbe trattare! invar di scaturire da una qualche proprietà perché noi la abbiamo dedotta usando il di una proprietà peculiare della legge 1/r2, radici de fatto che ilcampo, li toni sue le teorema di Gauss: la risposta è sì, edha invariato se

i

+ Aîqe f +

AF,

ti

(1.62) 1

e

o

di una carica di 100C producealla distanza Piirtioronzadi Imlo stesso tampo che no vengo ezze lungh le tutte se scala: di ianza 10m. Questa è quella che si chiama invar ato, il campo ele rico

td

x

,

a E(7) = EF), inalterata (0 = g/A5 = A°9/A°AS), e di conseguenz non è piana le sue dimensioni distanza (se invece la superficie

forza e (energia) potenziale:

de

1.8 Il potenziale del campo elettrico è un campo centrale, quindi conservativo; Il campo elettrico di una carica puntiforme

9 d gad=_v_/9 Va (33 a)

Pf = Wyda' __8f definita la rotazione (0 rotore) del campoelettrico, continue) dady {o di qualunque altro campo vettoriale) come

1.59 (1.59)

pae (SP. BP, dE, _dE, 0E, 0Ez AD)

ques (G

r

alla curva) € abbiamo alla curva: E:= E. (# è il versore tangente

Siccomeil campo elettrico è definizione di elemento dilinea orientata d5 = #ds. conservativo la sua circuitazione è sempre nulla

frd=o ndente dal percorso. e l'integrale di linea fra due punti Pi € Pa è indipe 22

(1.61)

dr se)

Elena

VAE

(1.85)

(1.66)

per cui si dice che il campoelettricoun campoirrotazionale.. Nel capitolo 7

e itazione del cai sto, si definisce circu i) Dato un qualsiasi circuito chiuso y orie ntato, , anche non con: riale vetto campo asi qualsi a elettrico (la definizione si applica 3

7, la componente di E tangente dove E;(s) è, nel punto di ascissa curvilinea s di introdotto la

dz dz

dalla (1.63) si ha

poelettrico.

(1.60)

(1.64)

Poiché (teorema di Schwartz) per ogni funzione (con derivate seconde “miste”

(1.58)

onservativi, con riferimento al Richiamiamole proprietà fondamentali dei campic

fs € [E94

d

bla”)

lineari. Si noti che siccome il e analoghe per le distribuzioni superficiali e per quelle anche il potenziale elettrico è campoelettrico è un campodiforza per unità di carica, | Lu. c . l’energia potenziale per unità di carica, cam-

vativo)

dp

L'operatore gradiente (grad) sovente viene anche indicato con il simbolo V (“na-

o anche il campoelettrico di più giazie al principio di sovrapposizione £ coliservativ ue (le cariche devono essere 1n contin i cariche puntiformi, e quello delle distribuzion dato da (lo si confronti con ormeè puntif carica una di campo quiete).Il potenziale del

p(#°) ? safe

1.9)

É dolema= (3.7 3) -en

cambiano).

averido posto pio) = 0. Per una distribuzione di volume

si

ili) La relazione fra il campoelettrico e il potenziale è uguale a quella che si ha fra

campoindipendente dalla

puntiforme) il potenziale gravitazionaledovuto 3 una massa

a

dalal P° 4e(P) è quindiil lavoro (positivo o negativo)che occorre faredall'esterno (cioè contro le forze del campo) per portare la carica da Po a P. In generale gg(P:) — ae(Pi) è il lavoro che occorre fare per portare la carica dal punto Pi al punto P..

lo stesso fattore al quadr cambiate per un fattore e le cariche per distribuzioneuniforme su un piano resta una modo o quest in Ma ato. invari resta cioè genera un

Y

Di

Quindi, se le sorgenti sonofisse e g è unacarica “esploratrice”, è.lavoro. fatto dalle forze del campoelettrico sulla carica g quando questa viene spostata

Sp

vedremoil significato geometrico della rotazione di un campo vettoriale; la parola stessa fa capire che ha a che fare, nel caso in cui il campovettoriale sia il campo delle velocità di un fluido, con i motirotatori del fluido: un campodivelocità è irrotazionale se non ci sono vortici. La (1.66) è condizione necessaria perché un campo vettoriale sia conservativo; è anche sufficiente se lo spazio è semplicemente connesso (cioè ogni circuito chiuso è riducibile con continuità ad un punto): quando discuteremo i campivariabili (nel

tempo) incontreremo casiin cui la (1.66) è soddisfatta, ma il campoelettrico non è conservativo. :

iv) H campoelettrico è in ogni punto {non singolare) ortogonale alla superficie equipo-

tenziale passante per quel punto ed è diretto nel verso in cuiil potenziale decresce. Le superfici equipotenziali integrano le informazioni grafiche sul campoelettrico

fornite dalle linee di forza: siccome le superfici equipotenziali di una carica pun-

tiforme sono sfere, anche in presenza di più sorgenti — analogamente a quanto già 23

landi

Elettrostatica delle cariche fisse

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

visto perle linee diforza - le superfici equipotenziali tendono alla formasferica al diminuire della distanza da unacarica puntiforme.

Nel sistema di Gauss il potenziale si misura in statvolt: fra due punti si ha una

differenza di potenziale di 1 statvoltse il lavoro che occorre fare per portare una carica

di 1franklin da un puntoall’altro è di 1erg. Nel SI l’unità di potenziale è il più noto volt (v): 1 volt = 1joule/1 coulomb. Si ha

1Vv

=

107 erg 1 —rrr“sa: Trimeshim 300 statvolt;;

tatvolt = 3 300V 1statvolt

1.67 (1.67)

Siccomei potenziali (o meglio: le differenze di potenziale) sono misurabili molto più direttamente e semplicemente che non le forze e le cariche, ed inoltre i campielettrici

di solito vengono generati stabilendo unadifferenza di potenziale fra due conduttori ad una certa distanza, si preferisce esprimere la misura dei campielettrici in volt/metro

o in statvolt/cm (anziché in newton/coulomb o dyne/franklin): naturalmente si tratta della stessa unità di misura espressa in termini di grandezze diverse (talvolta si usail V/cm che è 100 volte il V/m e î/300 es). In fisica atomica viene usata normalmente comeunità di energia l’elettronvolt (eV): come dice il nome è la carica dell'elettrone per 1 volt:

1eV = 1.6 x 107! coulomb- 1 volt = 1.6 x 107!* joule=

(168)

=16x 107!?erg.

° -]9

Esempi



101 va

1. Consideriamo unelettrone che gira attorno al protonea distanza di 0.53 x 1078 cm (modello di Rutherford dell'atomo di idrogeno). Il campo elettrico a cui è soggetto l’elettrone è -10 ;

paia LIL 17x10%ues=51x10°V/em 7? (0.53x 10-8) i

Il potenziale (rispetto all’infinito) nella posizione dell'elettrone è



210 e 248107 009169 = 27.2V 97 rn 053x108

x

iQ

(1.69) 24

Ke)

la sfera il campo elettrico al-

(050)

l'interno è nullo e quindiil po-

tenziale è costante: anche se

il campoelettrico è discontinuo(v. figura 1.9a) attraverso

È

fig. 1.12a

2_)

7

(730)

%

fig. 1.12b

la superficie della sfera,Îlpononderivate) è continuo (se l’integrando è discontinuo ma Finito,l'integrale è continuo), e quindiall’interno vale #Q/R (figura 1.12a).

Se invece la carica è uniformemernteall'internodella sfera, il campo

elettrico è dato dalla (1.49) ed il potenziale (all’interno) per la (1.62) è

"Que - dii, "Qi em=s-4 5 54/7 dr'= Q

Qi

Da

Q

ri

SARRI)

(1.70)

re

Nella figura 1.12b è riportato w(r), nel caso di unadistribuzione p > 0 (altrimenti il grafico deve essere ribaltato). 3. Condensatore piano: distribuzioni piane uniformi o e —o a distanza d. Il campoelettrico è dato dalla (1.56): siccome all’esterno il campo è nullo,il potenziale nelle due regioni esterne è costante, con valori diversi. Preso il piano z = 0

coincidente con la distribuzione —s e 2 = d quello della distribuzione e, si ha (figura 1.13) 0

per z < 0

lo(=} d

fig. 1.13

è

(1.71)

dove la scelta @ = 0 per 2 < 0 è arbitraria: la cosa importanteè che la differenza di potenziale fra le due distribuzioni è 4rkod = Ed.

+

2. Potenziale dovuto ad una sfera di raggio RR con carica Q distribuita a simmetria sferica. Il campoelettrico è dato dalla (1.47) e all’esterno dipendesolo dalla carica totale. Preso (00) = 0 (tutte le volte che ciò è possibile faremo tacitamente questa scelta), si ha r> R.

(6)

g(2) = {iste: per 0 0) divÉ=0 se o = V2k, quindi

4ra = E;(0*) — E:(07) = 2E:(0*)= 2V2xo cos ny cos Kz > pa VInos/k Il campoelettrico sulla superficie vale 2700 cos ay cos Kz e siccome

oo e ef(2n/n)? = 4.8 x 10719/10715 = 4.8 x 10° nes

raggiunge valori molto elevati: tuttavia, come per la densità di carica, la sua media è nulla ed inoltre, a causa del fattore esponenziale, a distanza di pochi passi reticolarisi è già ridotto praticamentea zero.. 2. Un disco conduttore di raggio R ruota con velocità angolare costante w attorno al . o. proprio asse. Vogliamo calcolare Îl campoelettrico e la densità di carica dentro il conduttore. In condizioni stazionarie: 2 4 4 Mm. 23% > È div = 4np °F: £= > -ef+mur=0 Siccome il disco è neutro, deve essere presente anche una densità superficiale 9, che però non è possibile calcolare in modo elementare. Supponiamo cheil disco compia 100giri/s; calcoliamoil campoelettrico alla distanza di 10 cm dall’asse (la

massadell’elettrone è m, = 0.9 x 107?" g): 0.9 x 10727

18 x 10710”

2

AU=eodme 'd=T®

(4.8 x 10719)?

10-8

22x10! erg a 10eV

(in realtà è più piccola per circa un ordine di grandezza). Inoltre, quando un elettrone ha attraversato la superficie, risente da parte del conduttore di una forza attrattiva dovutasia al fatto che il conduttore — con un elettrone in

meno — è carico positivamente, ma soprattutto perchè l’elettrone esterno induce sulla superficie del conduttore prossima all’elettrone una carica positiva. Complessivamente,

E, = Kipoe °° cos ay sen kz

E=

distanza dell’ordine del passo reticolare d, con il piano negativo verso l’esterno del

(27)? - 104.10 107! ues.

Prima di concludere questo paragrafo, cerchiamo di capire — almeno qualitativamente - perchè gli elettroni non scappano dal conduttore. All’interno del conduttore ogni

di una forza elettrone, circondato sia da cariche positive che négative, risente in media

l’energia che occorre fornire all’elettrone per estrarlo dal conduttore è detta lavoro di estrazione, ed è dell’ordine dell’elettronvolt. L’estrazione degli elettroni si può realizzare, per esempio, riscaldando il metallo (effetto

termoionico), oppure inviando su di esso luce di lunghezza d’onda opportuna(cioè minore di un certo valore di soglia) (effetto fotoelettrico). Allora si capisce anche che se accostiamo due metalli diversi, che quindi hanno diversi potenziali di estrazione, i due conduttori non sonoallo stesso potenziale, ma fra essi

c’è una differenza di potenziale uguale alla differenza dei potenziali di estrazione, e di

conseguenza un forte campoelettrico nella regione (di qualche 10-4cm) di contatto

fra i due. La citata natura quantistica di questo fatto, anche se apparentemente lo ab-

biamospiegati in termini puramente classici, sta molto a monte: è la stessa struttura

cristallina del conduttore, e poi il fatto che nel fenomeno di aggregazione degli atomi si liberino degli elettroni, che richiede la Meccanica Quantistica per essere spiegata. Îl problema può essere visto - formalmente - come un problema di analisi dimensionale: supponiamo che le equazioni della Fisica Classica (i principi della Meccanica più le equazioni dell’elettromagnetismo) siano in grado di spiegare che se mettiamo insieme molti atomi, p.es. di rame, questi si devono organizzare in un cristallo con un ben preciso passo reticolare. Quindi le equazioni devono determinare anche questo passo reticolare in termini delle costanti che entrano nelle suddette equazioni (massa e carica dell’elettrone, massa dei nuclei e velocità della luce c): l’unica grandezza con le dimensioni di una lunghezza che può essere costruita con le costanti fondamentali è il cosiddetto “raggio classico dell'elettrone” r. = e?/m.c? = 2.8 x 10715 cm, troppo piccolo per poter essere di qualche utilità per spiegare passi reticolari 5 ordini di grandezza maggiori. In generale, si può dire che alla Fisica Classica manca una lunghezza fondamentale dell’ordine di 107% cm per spiegare la struttura della materia, cioè le dimensionidegli atomi, delle molecole, i passi reticolari... In meccanica quantistica interviene un’altra costante fondamentale, Ia costante di Planck f che ha le dimen-

incontra l’ultimo strato di cariche positive (gli ioni), circondati da una “nuvola” di

sioni di una quantità di moto per una lunghezza (0 di un’energia per un tempo), e con essa è possibile costruire una lunghezza fondamentale, chiamata “raggio di Bohr” co = h°/m.e? = 0.53 x 1078 cm, ed è proprio la grandezza che determina dimensioni degli atomi, energie di ionizzazione, lavori di estrazione, eccetera.

40

4l

nulla; ciò non è più vero quando sì avvicina alla superficie: arrivando dall’interno cariche negative. Quindi il conduttore “termina” con uno strato di carica positiva seguìto da uno di carica negativa: questa distribuzione può essere schematizzata come

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2 2.2

Il fenomeno dell’induzione ed il problema dell’elettrostatica dei con-

duttori

Se avviciniamo una carica ad un conduttore scarico, sulla sua superficie si manifesta una distribuzione di cariche: di segno opposto in prossimità della carica esterna, e quindi

{il conduttore è scarico) dello stesso segno più o meno dalla parte opposta. Questoè il

fenomeno dell’induzione elettrostatica; intuitivamente si capisce che esso è dovuto alle

forze coulombiane che la carica esterna esercita sulle cariche libere nel conduttore, ma

non dimentichiamoci che esistono anche le forze coulombianefra le cariche libere. Per questo motivo è più suggestivo, e soprattutto più utile, vedere la cosa in termini diversi: le cariche si devono ridistribuire sulla superficie del conduttore in modo tale che la somma del campoelettrico da esse prodotto e quello prodotto dalla carica esterna sia nullo all’interno del conduttore, e quindi il conduttore sìa equipotenziale.

Questo ci fa capire che il problema dell’elettrostatica in presenza di conduttori è tuit’altro che banale: si pensi ad esempio ad una carica puntiformein prossimità di una sfera conduttrice; come si fa a sapere quale deve essere la distribuzione superficiale sulla sfera in grado di garantire campo nullo dentro tutta la sfera? (Più avanti saremo in grado dirisolvere questo problema).

Un problemache invece siamo in grado dirisolvere subito è quello di determinare la distribuzione di carica indotta sulla superficie di una lastra conduttrice piana “infinita” da una una carica puntiforme g: il campo è ovunque la sovrapposiA zione del campo della carica g e di quello della distribuzione (non uniforme) incognita o sulla superficie della lastra affacciata alla carica g; supponiamo (ma più avanti vedremo che fig21 questa ipotesi non è necessaria) che lo spessore della lastra sia infinito (per la precisione, “più infinito” della larghezza della lastra), per cui se eventualmente ci fossero delle cariche distribuite anche sulla superficie “lontana” queste non contribuirebbero. Dentro la lastra il campo è nullo e quindi quello prodotto dalla distribuzione o è opposto a quello della carica 4 (figura 2.1); nell’attraversare la distribuzione cambia segno la componente normale alla superficie del campo prodotto da e (invarianza perriflessioni), mentre resta inalterata la componente parallela, quindi il campo prodotto da e sulla superficie esterna della lastra è uguale a quello di una carica —g, immagine speculare di g rispetto alla superficie della lastra: noto il campo sulla superficie della lastra (che è due volte la componente normale di quello dovuto alla carica g), per la (2.2) è nota la densità e. Vedremo più avanti che in tutti i punti esterni alla lastra (dalla parte di g), e non solo sulla superficie della lastra, il campo è uguale a quello delle due cariche g e —g: questo, come pure quello relativo allo spessore della lastra, sono due problemi che finché non

abbiamo le idee chiare su come si pone ìl problema dell’elettrostatica in presenza di conduttori, dobbiamolasciare in sospeso. Vediamoallora comesi formulail problerna dell’elettrostatica in presenza di conduttori,

cioè quali sono i dati e quali le incognite. Contrariamente al caso delle cariche fisse, qui noi non abbiamo nessun controllo sulla distribuzione delle cariche sui conduttori: 42

Elettrostatica dei conduttori ciò che noi possiamo decidere è solo quant'è il potenzi ale di un conduttore, in quanto con opportune batterie possiamo portarlo al potenzi ale che ci pare; oppure la carica che gli cediamo, poi come questa si distribuisce non dipend e da noi. Quindi, dati n

conduttori di formanotae in posizioninote(figura 2.2), il proble ma dell’elettrostatica

dei conduttori si può presentare nelle seguenti forme:

i) Problemadi Dirichlet: sono dati i potenziali g;, = 1---n ditutti conduttori Il problemaè quello di determinareil campoelettrico (o Îl potenzia le) in tutto lo spazio, la carica totale su ciascun conduttore e come è distribu ita.

In effetti l’unico problemaè quello della determinazione del potenziale, in quanto notoil potenziale è noto il campo elettrico, quindi — per la (2.2) - le distribuzioni 0i(2, y, 2) su tutti i conduttori e quindile loro cariche = ls Ti(2,u,2) dS;. ii) Problema di Neumann: sono datele cariche Q;, i= 1 -‘n di tutti i conduttori. Il problema è sempre quello di determinare il potenziale in tutto lo spazio sapendo che assumevalori costanti (incogniti) sui conduttori. ilì) Problema misto: di alcuni conduttori sono notii potenzia li, di altri le cariche. Vedremo chesia il problema di Neumannchequello misto sono riconducibili al problema

di Dirichlet, per cui cominciamo con questo. Siano dati n conduttori ci, siano S; le loro superfic i

esterne e So una superficie che li racchiude (figura 2,2), che può essere la superficie interna di un conduttore cavo,

oppure la superficie all'infinito (che possiamo pensar e comela superficie sferica interna di un grande conduttore cavo). Se non esistono cariche (fisse) esterne ai condut-

tori, nella regione X. di spazio delimitata dalle superfic i S; dei conduttori e da So il potenziale deve soddisf are

l'equazione di Laplace A p(2,Y,2) = 0 con assegnate condizioni al contorno: g(x,y,z) = g; sull’i-esimo con-

fig. 2.2

duttore, (2,42) = eo sulla superficie So; di solito,

dato che ìl potenziale è definito a meno di una costante, 40 viene preso uguale a zero

specialmente se So è la superficie all'infinito: sovente So viene indicata comela terra o

la massa del sistema; “mettere a terra” (o “a massa”) un condutt oresignifica portarlo al potenziale di So stabilendo tra i due il contatto tramite un filo conduttore. Date queste condizioni al contorno, è noto che il problema ammette soluzione: non

possiamo dimostrarlo, ma sappiamocheallora la soluzio ne è unica. Se ci sono anchedelle cariche fisse, perfissare le idee diciam o unadist

ribuzione p, il po

fenziale deve soddisfare (in R) l’equazione di Poisson Ag(x,y,2) = -4rp(z,y, 2) con le condizioni al contorno g(2,y,2) = gi (i= 0-..n): mediantela (1.59) calcoliamoil potenziale $(x,y, 2) dovutosolo alle cariche fisse, e sia d;(£,y, 2) il valore che assume

su(i=0--.n). Quindi risolviamo l’equazione di Laplace Ax(2, y,:}= in con le condizioni al contorno sulle superfici Sì x; (2,42) = gi — Pi(2,0, 2): anche in questo caso la soluzioneesiste ed è unica, e g(£,g,4) = x(2,y,2) + $(2,4, 2) risolve il problema.

Quindi il problema di Dirichlet è un problema prettamente matemati co: la soluzione

43

I

LE, Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

sappiamo che esiste, ma trovarla è tutto un altro discorso; non esiste una formula risolutiva (come la (1.59) per il caso delle cariche fisse), per cui i problemirisolubili

sono pochi, e acquistano particolare importanza metodidi soluzione applicabiliin casi particolari (comeil metododelle immagini), e anche metodigenerali di approssimazione (comeil metododelrilassamentoe il calcolo delle variazioni).

Comegià nel caso delle carichefisse, le chances di risolvere un problema aumentano

moltissimo in presenza di simmetrie (conduttori sferici, cilindrici, piani conduttori

infiniti...); però è chiaro che non possiamofare riferimento alla discussione del ca-

Elettrostatica dei conduttori

P(£,9,2) = pi

(2.3)

soddisfa l'equazione di Laplace per r > e la corretta condizione al contorno, quindi - per l’unicità della soluzione - è la soluzione. Questo metodo funziona quandoè facile indovinare la soluzione. Oppure: siccome il conduttore è invariante per rotazioni, per il corollario tale deve essere ancheil potenziale, quindi il campo elettrico è un campocentrale e di conseguenza la densità di carica o è costante sulla superficie della sfera. Allora per la (1.69)

pitolo 1.6, in quanto presuppone la conoscenza della distribuzione di carica: dobbiamo riformulare il teoremarelativo alle leggi di trasformazione del campoelettrico ed il corollario sul campo delle distribuzioni simmetriche in termini del potenziale (anzichè di campoelettrico) e delle condizioni al contorno (anzichè della distribuzione di carica). Per semplicità enunciamoil teoremanell'ipotesi che non esistano cariche fisse esterne ai conduttori: la formulazione generale è possibile ed è immediata.

2.3 Le gabbie di Faraday

Teorema. Sia (2)

In questo paragrafo utilizzeremo l’equivalenza fra il problema di Dirichlet, il problema

(2 = (21,72,23)) la soluzione del problema del Dirichiet nella

regione R delimitata dalle superfici 5; dei conduttori a potenziali gi, e dalla superficie So a potenziale go, e sia Y(z) = Re + a una isometria dello spazio (v. 1.37)). Allora

e'(x) = e(47!(x)) è la soluzione del problema di Dirichlet nella regione R' = Y(R)

delimitata dalle superfici $/ = w(S;) di conduttori a potenziali pi, e dalla superficie

Sg = (50) a potenziale po. (Se So è la superficie all’infinito, S = So).

Segue allora dal teorema, ma solo a posteriori, che 0{(2) = 0;(47*(x)). Basta dimostrare che g'(x) è una funzione armonica nella regione R', dopodichè il teorema è dimostrato in quanto, siccome g' (4(2)) = (2), è ovvio che g'(x) assume i valori g; su S/ e pp su Sg, quindi è una soluzione del problema di Dirichlet in R',

e per l’unicità della soluzione è la soluzione. Per quanto riguarda la dimostrazione che se A g(7) = 0, allora A p'(x) = 0, si può fare in modo elementare applicando le regole di derivazione (parziale) delle funzioni composte. Ma è meno laborioso e più istruttivo ragionare come segue: A '(7) è, per la (1.83), il flusso per unità di volume del campo vettoriale grad y'(x) nel punto a € R', ma questo è uguale al flusso per unità di volume(i volumisono invarianti per isometrie) del campovettoriale grad g(2) nel punto #7!(x) € R, che è nullo peripotesi, quindi è nullo ancheil primo. Segue allora immediatamenteil

Corollario. Se S{= Sì, i=0---n, allora g(x) = p(47!(2)). Cioè: se una isometria lascia invariate le superfici equipotenziali S;, anche il potenziale resta invariato. (Per maggiore generalità S; è l’insieme delle superfici su cui = gi: possono esistere più conduttori identici alla stesso potenziale, mandatil’unonell’altro

dalla trasformazione). Esempio

Sfera conduttrice di raggio Ra potenziale 7. Vogliamo determinare il potenziale in tutto lo spazio esternoalia sfera. Possiamo ragionare in due modi: la funzione 44

em) =

4roR?



r>R

e(Ri=p > Q=4r0R°=GR

(2.4)

in accordo con la (2.3).

di Neumann e quello misto, equivalenza che dimostreremo nel prossimo paragrafo. Sia dato un conduttore cavo, sia S; la sua superficie interna ed S. quella esterna.

Consideriamo diversi casi.

1. All’interno della cavità non sono presenti cariche.

Il potenziale è costante (40) sul conduttore, e quindi su Si, e soddisfa l'equazionedi Laplace in tutti i punti interni: (x, y, 2) = {0 soddisfa l'equazione e la condizione al contorno e quindi è la soluzione. Quindi il campo elettrico è nullo dentro la cavità e, per la (2.2), non ci sono cariche sulla superficie ixterna, indipendentemente dal fatto

che il conduttore sia carico 0 no, € dal fetto che all’esterno ci sia o meno un campo elettrico. Se il conduttore € carico, tutta la carica si trova sulla superficie esterna. Sela sfera dell’esemrio alla fine del paragrafo precedente è cava, qualunquesia la forma

della sua superficie interna, la carica della sfera è solo quella sulla superficie esterna data dalla (2.4), ed il potenziale dentro la cavità è F. 2. All’interno della cavità sono presenti delle cariche: il problema interno. Se Q. è la carica totale contenuta dentro la cavità, questa induce su S, una carica uguale ed opposta: infatti presa come superficie

di Gauss una qualsiasi superficie S (figura 2.3) compresa fra Sj ed Se, € quindi tutta interna al conduttore, siccome £ = 0 dentroil conduttore il flusso attraverso S è nullo, e quindi Îa carica totale racchiusa da S, Qi più la carica su S;, è nulla. Se il conduttore è

scarico, una carica pari a G; si ritrova distribuita sulla superficie

esterna; se il conduttore ha una carica Q, su S. è presente la carica

fig.

23

Q'% = Q+0Qì. Quindi sulla superficie esterna è sempre presente 8° tutta la carica contenuta dal conduttore. Anche in questo caso il potenziale è completamente determinato dalle condizioni assegnate all'interno (posizione delle cariche fisse, potenziali o cariche degli eventuali conduttori) e dal valore (costante) che il potenziale assume su S;. Il potenziale del conduttore, cioè della “gabbia di Faraday” dipende dalle condizioni esterne (se si richiede 45

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Elettrostatica dei conduttori

che (00) = 0), per cui se cambianole condizioniesterneil potenzialeall’interno cambia per una costante (addititiva), ma questo è irrilevante perchè ciò che conta sono sempre

le differenze di potenziale, ovvero il campoelettrico. Quindiall’interno della gabbia

passonoessere calcolati in modo semplice (però impareremoa farlo}, mentreall’esterno non cambia nulla.

campoelettrico, differenze di potenziale e distribuzionidi carica sugli eventuali conduttori sono indipendenti dalle condizioni esterne e dalla carica del conduttore. Quindi, in particolare, siccomeall’esterno il campo potrebbe anche essere nullo, le cariche sulla superficie interna Sj si distribuiscono in modo tale da garantire che il campo prodotto

Sono dati n conduttori c; nella regione R, racchiusi dalla superficie Sp: per dimostrare che il problema di Neumann è equivalente aì problema di Dirichlet basta stabilire che i potenziali ; dei conduttori e le loro cariche Q; sono legati da unarelazione lineare e

3. All’interno della cavità sono presenti delle cariche: il problema esterno.

Sia '(2,y,z) la soluzione del problema di Dirichlet con le condizioni al contorno

da esse e dalle cariche interne è nullo nella regione occupata dal conduttore.

2.4 I coefficienti di capacità e di potenziale

invertibile. Poniamo ugualea zero il potenziale di So.

La carica totale sulla superficie esterna del conduttore dipende (anche) dalla carica interna alla cavità (Q°* = Q + Qi), ma la sua distribuzione o. su 5, non dipende da come la carica interna Q; è distribuita all’interno, cioè dalle posizioni delle cariche

fisse e dalle distribuzioni sugli eventuali conduttori. Infatti, siccome la carica totale di un conduttore ne determina il potenziale (equivalenza del problema di Neumann e di

e'(2,1,2) = i su c;e siano Q!le cariche dei vari conduttori: 1

(e -/ ci(c,y,2)dS; = =/ El (x,y, 2) dS; ,

1 , 3 = fade (£,9,2) d$i

Dirichlet), la soluzione all’esterno del conduttore, e quindi anche la distribuzione ce, è

determinata, e unica, indipendentemente da comele cariche sono distribuite all’interno.

In particolare, le cariche interne possono venire rimosse, ed una carica uguale fornita

al conduttore (in modo da mantenere inalterata la carica totale), e all’esterno non

cambia nulla.

Quindi anche le cariche sulla superficie esterna insieme alle cariche

esterne generano un campo nullo nella regione occupata dal conduttore: ciò significa che il problemainterno e, quello esterno sono indipendenti.

Esempio Unacarica puntiforme g è posta al centro di una coronasferica conduttrice di raggi Ri e Re.

L’interno: per “ovvie ragioni di simmetria” il campo ell’interno è centrale; per il teorema di Gauss è il campo della sola carica g. Sulla superficie interna 0; è costante e 47.R?a; = —g, oppure dalla (2.2) 4rg; = —9/R?. Si noti che ci, per la (1.47), produce campo nullo per r < Ri; (e quindi, in questo caso, îl campo interno è, come sapevamo, solo quello generato da g), e che 0; insiemea qg generano campo nullo per » > Ri.

L'esterno: ci si riconduce facilmente al problema già discusso di una sfera conduttrice con potenziale assegnato. In definitiva:

sà O c=£

Elettrostatica dei conduttori

Li

L.È. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

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Elettrostatica dei conduttori

dove 5 = 4ra? è la superficie del condensatore; la (2.28) è maggiore peril fattore a/$

in quanto la differenza di potenziale fra le armature di ciascun condensatoreè la stessa, e la carica è la sommadelle cariche: Q = Q1+ Q2 = VCI + VC, da cuila (2.31).

5, a distanza 5 (“condensatore piano”). Supponiamo che $ « VS, in mododa poter approssimare il campoelettrico fra i due piani comeil campoelettrico (1.54) fra due distribuzioni piane infinite: si dice che stiamo trascurando gli “effetti di bordo”, un problema sul quale torneremo più avanti. La differenza di potenziale fra le armature del condensatore è data dalla (1.71), per cui dalla (2.23) si ha

Concludiamo questo paragrafo con l’espressione dell'energia di un condensatore carico,

della capacità di una sfera di raggio « rispetto all’infinito. Consideriamo ora il condensatore costituito da due conduttori piani e paralleli di area

= 25 5

(2.29)

4noé 476 cioè la stessa espressione del condensatore sferico.

La tecnologia per la costruzione di condensatori si evolve continuamente per venire incontro alle sempre crescenti esigenze di miniaturizzazione deicircuiti: l’idea di base è sostanzialmente quella di interporre fra duestrati conduttori sottili (anticamente fogli di alluminio), uno strato di ossido (0 altro isolante) quasi monomolecolare; in questo modosi ottiene un sistema che ha una capacità di almeno 107? F/m?. (Anticamente si usava come strato isolante la carta che, per quanto fosse sottile, certamente non era monomolecolare: questo “sandwich” veniva ripiegato e impacchettato strettamente in

un piccolo volume).

Nella figura 2.6 viene riportato il simbolo usato nei LL circuiti elettrici per rappresentare un condensatore LL e il collegamentoin serie e in parallelo di due conT TL densatori. Due condenstori sono collegati in serie TO quando una armatura dell’uno è elettricamente colfig. 2.6 legata ad una armatura dell’altro: il collegamento elettrico fra due elementi di un circuito viene rappresentata da unalinea sottile, in quanto normalmente è realizzata con fili conduttori. Il collegamento in parallelo si realizza collegando ogni armatura di un condensatore ad una armaturadell’altro.

Supponiamo che i due condensatori, di capacità Ci e C2, siano “buoni condensatori”,

per cui la presenza dell'uno non modifica la capacità dell'altro; quando essi vengono collegati in serie il sistemache ne risulta è equivalente ad un condensatore di capacità

c= (È + 3)

(2.30)

Infatti, quando la carica Q viene trasferita da una delle arma ture libereall’altra, sulle armature collegate vengono indotte rispettivamente le cariche —Q e @ (buoni condensatori!), e sìccome

| (HH E ee ed-9 fig. 2.7

V=M+W=Q/C+0Q/02

cioè del lavoro che occorre fare per trasferire la carica Q da una armatura all’alira: dalla (1.92), usando la (2.23) si ottengono le seguenti espressioni equivalenti 1

1

1

10?

8353101 + Qa02) = 20V307 = 20V? =È =Q=-0). 3 3°C (Q=@ Qa).

32 (2.32)

Nei vari casi particolari (p.es. condensatore sferico, condensatore piano) è possibile verificare direttamente l’equivalenza delle (2.32) con la (1.94). 2.6 Metodidi soluzione dì problemidi elettrostatica dei conduttori L'idea che sta alla base di molti metodi di risoluzione di problemi di elettrostatica

dei conduttori è quella di sfruttare la conoscenza della soluzione di un problema di elettrostatica, tipicamente di cariche fisse, per risolverne un altro. Per esempio, sia

data una distribuzione di cariche, (x,y, 2) il potenziale prodotto da essa, e sia S una superficie equipotenziale (x,y,z) = go. Dalla discussione sulle gabbie di Faraday sappiamo che se 4 non è costante dentro S, S deve contenere delle cariche. Rimosse {solo) le cariche eventualmente contenute dentro S, se cè un conduttore la cui superficie esterna coincide con $,all’esterno del conduttore #(x, y,2) risolve il problema di Dirichlet con il conduttore a potenziale 0: infatti (x,y, 2) soddisfa l'equazionedi Poisson nella regione esterna al conduttore, e la corretta condizione al contorno su S. Per l’unicità della soluzione, è la soluzione. Inoltre, la densità di carica sulla superficie

del conduttore è data dalla (2.2) e quindi, essendo noto il potenziale, è calcolabile;il campoelettrico su S, e quindi ancheil flusso di È uscente da S, è lo stesso prima e dopo,quindi per il teorema di Gauss la carica totale sul conduttore è uguale alla carica totale della distribuzione che era contenuta dentro S e che abbiamo rimosso.

Il metododelle cariche immagine utilizza questo procedimentoall’inverso: sia dato un

sistema di conduttori c; di superfici S;, ed una distribuzione di cariche nella regione

R delimitata dalle superfici S; dei conduttori e dalla “massa” Sp. Il problema è quello di determinare il potenziale in R, date le condizioni al contorno sui conduttori, cioè

per ciascuno diessi il potenziale ; 0 la carica Q;. Il problema è risolto se è possibile trovare una distribuzione di cariche fisse esterna ad ®, cioè nelle regioniinterne alle S; (cariche immagine), che, insieme alla distribuzione di cariche fisse contenuta ìn R, genera in assenza dei conduttori c; un potenziale (x,y, 2) che è costante su ogni S;, e soddisfa su di esse le condizioni al contorno assegnate: (£, y, 2} = 4:, se è assegnato il potenziale, altrimenti ds.(È) = 4rQ;, se è assegnata la carica. In tal caso g(2.y.2) è la soluzione in ® del problemacon i conduttori. Esempi

ne segue la (2.30). Se i due “buoni” condensatori vengono collegati in parallelo, la capacità del sistema è la sommadelle capacità:

C=C1+0

(2.31)

52

1. Consideriamo un dipolo: due cariche g e —q nelle posizioniz=y=0, z = ta. Il potenziale è P(2,4,2) = 55 7 374) 53

(2.83)

e=d

prendere comepolol’origine e calcolare solo p.}, mentre il potenzialeall’infinito è

un potenziale di dipolo con p = 2ga: la ragionedella discrepanza sta nel fatto che la distribuzione delle sorgenti (0) si estende su una regioneinfinita dello spazio, per cui il procedimento seguìto per ricavare lo sviluppo del potenziale a grandi

la superficie equipotenziale con g = 0. Le superfici equipotenziali con 9 < 0 sono superfici chiuse

nella regione 2 < 0 contenenti la carica negativa (appiattite dalla parte del piano z = 0, allungate

distanze non può essere applicato.

Sulla carica g si esercita una forza dovuta al campoelettrico generato dalla carica sulla superficie del conduttore, e quindi uguale alla forza esercitata dalla carica immagine: quindi il conduttore attira la carica con una forza pari a

nella direzione opposta), viceversa per quelle su

cui p > 0.

Se sostituiamo (per esempio) la ca-

rica negativa con un conduttore c avente come superficie (esterna) una superficie equipotenziale

fig. 2.8

5 che la contiene, se su S_ {(2,y,2) = go la (2.33) risolve (esternamente al conduttore) il problemadell’induzione esercitata dalla carica g sul conduttore c il cui potenziale sia 0 (problemadi Dirichlet). La carica totale sul conduttore c (a potenziale 40) è —q. Ovviamentela (2.33) risolve ancheil problema (di Neumann)in cuisia assegnata la carica —q del conduttore e. In entrambii casi la carica —g (che non c'è più) è la carica immagine del problema ed è situata esternamente alla regione che ci

” interessa. In particolare, e questo è il caso più interessante, il conduttore può essere una lastra piana infinita la cui superficie “esterna” coincide con il piano 2 = 0. In

questo caso la (2.33)risolve, nella regione : > 0, il problemaelettrostatico {che abbiamogià in parte discusso) di una carica puntiforme q posta a distanza a dalla superficie di un conduttore pianoinfinito, messo a terra (40 = 0). Anchein questo caso la carica —g è la carica immagine del problema edè situata esternamentealla regione checiinteressa (2 > 0).

La carica indotta sulla superficie del conduttore sì calcola facilmente: è, per la (2.2), proporzionale al campo elettrico associato al potenziale (2.33), sul piano z=0

1 1 2a =_=: EOS 02) =—

2.34 (234)

277% La carica totale sulla superficie 2 = 0 del conduttore si può 2 ottenere dalla (2.34) per integrazione, oppure medianteil teorema di Gauss applicato alla superficie infinita costituita dal piano 2 = —e chiuso dalla semisfera all’infinito fig. 2.9 nella regione della carica +9 (più correttamente, figura 2.9, si considerail flusso attraverso la semisfera di raggio Re centro nell'origine, completata dal disco equatoriale di raggio A appena dentro il conduttore, e poi si prende il limite per È + 00): detto flusso è nullo perchè è nullo il campo elettrico dentro il conduttore, ed è nullo il flusso attraverso la semisferaall'infinito perchè il campo è un campodi dipolo, e quindi di ordine O(r73) all'infinito, mentre la superficie è di ordine O(r?). Quindila carica totale sulla superficie del conduttore è —g. Vale la pena di osservare che il momentodi dipolodella distribuzione di carica (g e 0) è parallelo all’asse z (grazie alla simmetria delle cariche) e vale p = ga (basta 54

=£.

(2.35)

(Li,

w=-031

4a? L'energia elettrostatica del sistema, viste le (1.89) e (1.92), può essere calcolata come

V= 3(600%(0,0,)+ [eee 0)dz dy) È da

(2.36)

dato che 4°, come nella (1.89), è il potenziale dovuto solo alla distribuzione

o(5,9): 4(0,0,)=-9/20, è 9(2,9,0)=0.

Possiamo anche calcolare U in modo più diretto come il lavoro necessario per portare la carica qg da z=00az=a (r=y=0): siccome quando la carica è a distanza 2 dal piano su di essa, per la (2.35), si esercita la forza F,(2) = -q2/42?, si ha

q U=-| / ° F, (2) dz = / td Ldr=--1. 3 de n

(2.36)’

Si noti U che è la metàdell'energia —g°/2a del dipolo costituito da 4 e da —g a distanza 2a: infatti il lavoro per portare due cariche (reali) q e —q a distanza 2a, mantenendole in posizione simmetrica rispetto al piano z = 0, è il doppio del lavoro su ciascunacarica; nel caso che stiamo considerando una delle due cariche non c’è, e quindiil lavoro che occorre fare è la metà (oppure: quando viene spostata la

carica reale, la carica immaginesi sposta da sola!).

. Campodi una carica puntiformeg a distanza ! dal centro O di una sfera conduttrice di raggio R < l: è un altro problemaclassico del metodo delle cariche immagine. Cominciamo con il caso in cui la sfera è a po-

tenziale zero (sfera a massa). Ovviamenteci interessa il potenziale all’esterno della sfera. Possiamo sperare di poter sostituire la sfera con una carica puntiforme g' a distanza l’ da O, con l' < R, in modotale che il potenziale prodotto da g

P



2%)

e da g' sia nullo su quella chie era la superficie

della sfera conduttrice? Proviamo: dette r ed r‘ le distanze di un punto della sfera da g e g', deve

S 7

fig. 2.10

essere g/r + g'/r'“= 0, cioè r/r = -g/g'; ma questa è proprio la definizione dì cerchio di Apollonio, nel piano, e di sfera di Apollonio, nello spazio. Il cerchio (o la sfera) di Apollonio hail centro sul prolungamento della retta congiungente g e g! nel punto a distanza ! da g ed ! da g' tali 55

L

e assume tutti i valori da —co (avvicinandosi a —g) a +00 (avvicinandosia 9); il piano 2 = dè

Elettrostatica dei conduttori

LL

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Elettrostatica dei conduttori

che 1/1’ = (4/9')?, e raggio R = VIT. Quindi, i dati essendo R,q ed /, una carica q = —qR/l a distanza ! = R?/I dal centrodellasfera, è la carica immagine del .

4

problema.

Il potenziale in un punto P esterno al conduttore è

q_q&

(2.37)

e(0,4,2)3 77 7

dove r ed r', indicatenellafigura 2.10, sonole distanze di P da g e dalla posizione della carica immagine g'. La carica totale indotta sulla sfera è 9' = —g R/l. Si ) noti che se g si allontana, g’ si avvicina al centro.

Supponiamo ora che la sfera, anzichè a potenziale zero, sia una sfera scarica € isolata, cioè la sua carica totale è nulla: se aggiungiamoalsistema un’altra carica immagine —g/ nel centro della sfera, la superficie della sfera resta equipotenziale (a potenziale go = —9'/R = 9/1), e la carica totale sulla sfera è nulla. In questo

caso il potenziale fuori dal conduttore è

dR =L_ lr + Iro p(£,1,2) = r

(

2.37 )

dove ro è la distanza del punto P dal centro della sfera. In generale, una opportuna

carica nel centro permette di soddisfare qualsiasi condizione al contornosullasfera. . Sfera conduttrice in un campo elettrico uniforme. Vogliamo stabilire come un campo uniforme o, per esempio generato da due piani paralleli con densità di carica (fissa) co e —v0, viene modificato dalla presenza di una sfera conduttrice di raggio R scarica e isolata, e determinare la densità di carica indotta sulla sua superficie. Si può procedere in due modi: i) prendiamo l’asse z parallelo e concorde con Fo; il potenziale è go(7,y,2) =

— Eoz, e sulla superficie della sfera vale —ERcos0. Le eventuali cariche imma-

gine (carica totale nulla) devono produrresulla superficie della sfera un potenziale uguale e opposto (tutt'al più a menodi unacostante): il potenziale di un dipolo puntiformeè, ad ognidistanza, P.F_ pcosì rè 57 r per cui, se prendiamo comecariche immagine un dipolo puntiforme con 7 = RÎÉ0 posto nel centro dellasfera, il potenziale 5. R3 . _ PF _ RÒ3 ) __ _E (2.38) =) 75) 3 Eorcost(1 p(2,y,2:) = —Eoz+ FE —B(1

è nullo sulla superfcie della sfera, e per r > A risolve il problema. ii) Possiamo pensareil campo uniforme E comeprodotto da due cariche qe-a

nelle posizioni e = y= 0, 7 = Fo nellimite zo — 00, g — 00: infatti (il calcolo è

simile a quello che ha portato alla (1.75))

_ (

1

pa(2,y,2)=9 VE+P+

56

_ 4 (

1.

1

zo \/L+ (r/z0)7+ 22/20

VI+ (7/20) — 2/20

) 4

2a:

zi

(2.39)

per cui basta che 29/23 + £o quando z) + co. Le cariche immagine(rispetto alla sfera conduttrice) delle due cariche g e —g, sono le cariche —gR/zo e +4R/z0 nei punti F.R°/z5 ed hanno momentodi dipolo p = 249/23 concorde con l’asse £. Quandoza + 00 le duecariche immagine costituiscono un dipolo puntiforme con

d = RSÉo posto nel centro della sfera, come prima.

Per determinare la carica indotta sulla superficie della sfera occorre calcolare il campoelettrico sulla sfera: siccome sappiamoche È è ortogonalealla superficie, è sufficiente che calcoliamo la derivata di g rispetto ad r: per r costante, uguale ad R, g non varia. Dalla (2.38) si ha

4ro = En =-SE = 3800088

3

>

>= — Eqcos8 = op così Ar

3E0

008 dr

(2.40)

quindi il campo elettricoÈa inducesulla sfera la distribuzione (2.40) che ha momento di dipolo f= RF. Siccomeil campo dentro la sfera conduttrice è nullo, segue chela distribuzione (2.40) produce per r < R un campoelettrico uniforme pari a —Eo quindi, in generale, una distribuzione superficiale 00 cos? sulla superficie di una sfera, produce dentro la sfera il campo £ = —(47/3)00 f. 2.7 Effetti di bordo Abbiamo calcolato il campo elettrico di distribuzioni di carica aventi come supporto

cilindriinfiniti, fili rettilinei, piani (conduttori e non) infiniti, ecc., ben sapendo chetali

distribuzioni non corrispondonoa situazioni reali: sembra quasi che l’unica ragione per

cui ce ne siamo occupatisia quella che in questi casi campoelettrico e potenziale, grazie alle simmetrie di questi sistemi, sono facilmente calcolabili. In un certa senso questo è vero, però non è l’unica ragione: lo vedremo esplicitamente su alcuni esempi, ma è abbastanza chiaro a priori che i campicalcolati per queste distribuzioni possono costi-

tuire una buona approssimazione dei campidi distribuzionifinite, in opportuneregioni di spazio di dimensioni piccole rispetto alle dimensioni delle distribuzioni. Per esempio, abbiamovisto alla fine del capitolo 1.10 che una distribuzionelineare di lunghezza finita ha la stessa singolarità di una distribuzione lineare su unfilo rettilineo infinito, quindi a piccole distanze le due distribuzioni diventano indistinguibili: la ragione di ciò sta nella legge 1/r?, per cui i contributi delle regioni lontane di una distribuzione diventano sempre meno importanti. Per Îo stesso motivo ci aspettiamo che unadistri-

buzione costante o sulla superficie di un disco di raggio A generi un campoelettrico che in prossimità del centro del disco non si discosti molto da quello di una identica distribuzione su un piano infinito. Supponiamoil disco nel piano z = 0 con il centro

nell'origine, il campo elettrico può essere calcolato facilmentesull’asse (asse 2), ed è

=) 274 y7 + (27 20)?

0 _ pol id _ 2ro( Z2_ FE È 23) E°=E%=0, E=

57

(2.41)

L.E, Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

zione pianainfinita; in un | Peroe=y=0, = 0£ E, = +270, comeper una distribu

3.

intornodell’origine, per : > 0 si ha

E,= 2re(1 _ i + 0(38/R°))

CORRENTI STAZIONARIE

3.1 Densità di corrente e conservazione della carica

è accettabile vicino al che conferma che l’approssimazionedel disco con un piano infinito

in direzione dell’asse z, sia verso centro finchè z < R. Piùcisi allontana dalcentro, sia

questo scostamento il bordo, più il campo sidiscosta da quello di un pianoinfinito: o trascurato Abbiam bordo”. di “effetto come è ciò che normalmente viene indicato piano: in atore condens un di à capacit la o calcolat o abbiam gli effetti di bordo quando della finita one dimensi alla o questo caso gli effetti di bordo non sono dovuti soltant carica la ri, condutto dei sono e armatur le siccome distribuzione, ma ancheal fatto che,

si ha un accumulo verso nonè distribuita uniformemente, comein un pianoinfinito, ma armature, ma è diverso le fra to i bordi. Il campoelettrico non è completamente confina che uniscono le facce forza di linee alle oltre are, particol in da zero anche all’esterno e di un’armatura interne delle armature, ci sono linee di forza che vanno dall’esterno

armature. all’esterno dell’altra, e queste si hanno principalmente versoi bordi delle La necessità di un campo elettrico anche all’esterno del condensatore è dettata dal fatto che il campoelettrico è conservativo: se È fosse confinato in una regionelimitata di spazio, la circuitazione di £ lungo un circuito del tipo di quello rap-

uu CC]

fig. 2.11

presentato in figura 2.11 (il lato interno lungo una linea di ali ad forza, uno esterno doveipotizziamo cheil campo sia nullo, e gli altri due ortogon lato dal solo uto contrib ebbe ricever quanto in zero, da iversa È dove È # 0) sarebbed , dipolo campodi interno (in effetti il campo a grande distanza dal condensatore è un e). armatur le fra a distanz la per tura con momentodidipolo pari alla carica su un’arma in contraÈ chiaro quindì che trascuraregli effetti di bordo può portare a conclusioni quello tipo tore condens un se accade che quello : è energia zionedell' conserva la sto con fosse co elettri campo il se carica: di figura 2.11 viene attraversato da una particella verla particel la tivo, conserva non quindi e atore, diverso da zero solo dentroil condens be uscireb ed atore, condens il rsando attrave campo) del e direzion (in ta rebbe accelera la particel la e riportar poi e con energia cinetica diversa da quellainiziale; si potrebb

atore dove il campo nella posizione iniziale lungo un percorso tutto esterno al condens

ai bordi, e elettrico è (per ipotesi) nullo. Nella realtà, invece, le linee di forza vicino in modo la particel arela rallent soprattutto all’esterno del condensatore, provvedonoa netica. energiaci cheall’inizio e alla fine abbiala stessa piano che, Questi effetti di bordo portano a correzionialla capacità di un condensatore (2.29) dalla data quella di e nel caso di armaturecircolari di raggio È, risulta maggior 01. 6/R=0. se per circa il 17% per $/R = 0.1, e di circa il 2%

Quandofra i capi di unfilo conduttore viene mantenuta, per esempio tramite una pila

una differenza di potenziale, le cariche libere all’interno del conduttore non possono essere in equilibrio (il conduttore non è equipotenziale), e si ha una correnteelettrica nelfilo conduttore, cioè un motodicariche. Fissato un orientamentosulfilo, si definisce intensità di corrente / la quantità di carica che attraversa una sezione £ delfilo nell’unità di tempo nella direzione presa come verso positivo:

def dQ 0

(3.1)

dove Q{t) è la quantità di carica che attraversa S nell'intervallo di tempo (to, t) «(to è arbitrario). In generale / dipende sia dal ternpo (se la differenza di potenziale

non è costante), che dalla posizione della sezione S. L’intensità di corrente può essere positiva o negativa: per esempio può essere negativa o perché S è attraversata da cariche negative nel verso assunto come positivo, oppure perché cariche positive attraversano 5 nel verso negativo.

Nel SI l’unità di misura di corrente è l’ampère (A): si ha unacorrente di 1ampère Ce una superficie S quando la carica di 1 coulomb attraversa S in 1s. Dalla .3) si ha 1A=3x 10° ues.

(3.2)

È ovvio che si può avere un moto di cariche, e quindi una corrente, non solo in un filo conduttore, ma più in generale in un conduttore di forma qualsiasi e anche nel

vuoto, come per esempio nel tubo di un televisore dovegli elettroni estratti per effetto termoionico da un filamento caldo vengono accelerati da un’opportuna differenza di

potenziale. Possiamo pensare alle cariche in moto come ad un fluido, e definire la densità di corrente /(z,y,2,t): supponiamo di avere una densità di carica p(z,y,z,t) e sia

&(x,y,2,t) il campodivelocità delle cariche: w(2,4,2,1) è la velocità (media) delle cariche cheall’istante # si trovano in un intorno del punto (x,y, 2). Allora

Fa,9,2,1) E02,9,02,9, 2,0).

39)

Îa,y, 2,0)) = Li pi(2,y, 2,t):(2,Y, 2,1)

(3.3)

Più in generale, la corrente potrebbe essere dovuta a più distribuzioni, ciascunaconil proprio campo di velocità, come per esempio in un gas o in un liquido dove si hanno portatori di carica (ioni) sia positivi che negativi che si muovono con velocità diverse, o anche in certi acceleratori di particelle dove vengonofatti circolare in senso inverso sia elettroni che positroni (elettroni positivi). In questi casi la (3.3) si generalizza nel modoseguente: cioè la densità di corrente è la sommadelle densità di corrente associate ai diversi

portatori di carica in moto con velocità diverse: in un conduttore in quiete abbiamo

58

59

3

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Correnti stazionarie

gli elettroni di conduzione con un certo campo di velocità, e gli ioni del reticolo con densità opposta ma campodi velocità nullo.

Grazie al significato di fiusso (v. capitolo 1.4), la quantità di carica che attraversa nell’unità di tempo una superficie orientata S, cioè la corrente I(5), è il flusso di 7 attraverso S:

I(5) = / Fas.

(3.4)

5

Esempio

attraverso S esce della carica, si ha una corrispondente diminuzione della carica conte

nuta in V, e viceversa (ciò non sarebbe vero se dentro V le cariche nascessero dal nulla

o scomparissero nel nulla). Formalmente:

Ps(/) = 0.

La (3.6) può essereriscritta in formalocale, nello stesso sensoin cui il teoremadi Gauss è tradotto in formalocale dall’equazione div È = 4rp: dal teorema della divergenza

In un filo conduttore le cariche in moto sonosolo gli elettroni, per cui la densità di

corrente è data dalla (3.3). Vogliamo calcolare ia velocità che comparenella (3.3). Supponiamocheil filo abbia una sezione S di 1 mm?e sia percorso da unacorrente

di 1A. Siccome in un conduttore ci sono circa 10?3 elettroni di conduzione/emî,

si ha

p= 16 x 107191029 = 1.6 x 10*C/em? 1

>

us & = ran cm/s as 107? cm/6.

(3.5)

Un valore così piccolo per la velocità degli elettroni ci fa capire che si tratta di una velocità media: gli elettroni di conduzione costituiscono un gas e, comele particelle di ogni gas, sono animati da un moto disordinato con energia cinetica media dell'ordine di &T'e quindi, a temperatura ambiente, velocità termica dell’ordine di VKT/m &

107 cm/s. Questa che abbiamo appena calcolato è la “velocità quadratica media”, cioè (17)!/2: in condizioni normali qualsiasi componente della velocità ha media nulla,in quanto non c'è nessuna direzione privilegiata (distribuzione isotropa delle velocità);n presenza di una differenza di potenziale ai capidelfilo, e quindi di un campoelettrico all’interno del filo, a questa distribuzione isotropa delle velocità si sovrappone una piccola velocità d'insieme nella direzione delfilo, il cui valore medio è dato dalla (3.5). Una delle leggi più importanti e meglio verificata dellafisica è la legge di conservazione della carica elettrica: la carica totale di un sistemaisolato resta costante nel tempo. Quando negli esperimenti di fisica delle particelle elementari vengono prodotte parti celle cariche, queste vengono sempre prodotte insieme ad altre particelle in modo tale che la carica totale delle particelle prodotte è nulla: per esempio nell’urto di raggi y (fotoni di altissima energia) con nuclei pesanti vengono prodotte coppie di elettroni e pesitroni: y + et + e”, ed è sperimentalmente ben verificato che la carica del posi trone è opposta a quella dell’elettrone. Un altro esempio è costituito dal decadimento del neutrone

n — p+ e + V:

insieme all’elettrone viene prodotto un protone ed

un antineutrino; sperimentalmente è stato stabilito che la carica del neutrone e quella del neutrino sono minori di 107?!e, e con la stessa precisione che è nulla la carica del protone più quella dell’elettrone: quindi la legge di conservazione della caricaè stabilita con una precisione dell’ordine di una parte su 1021. La legge di conservazione della carica si può esprimere in questo modo: se 5 è la superficie che racchiude un volume V, e Qv(t) è la carica contenuta in esso all’istante

t, la corrente uscente da S è uguale alla diminuzione di Qv(#) nell'unità di tempo: se

60

(3.6)

5()) = VERCE / div J(2,y,2,t) dV

(3.7)

dQv(1)

38)

5

e poiché

v

d

dox,y,2,1) av

(è lecito portare la derivata rispetto a dentro l'integrale), dalla (3.6) si ha 5 7 de(e,y, 2,1) div J{x,y,2,1)dV=DODO

[divi

e per l’arbitrarietà del volume V ._r_ dp ° divT+ = 0

(AEREI

ay

(3.9)

(3.10) nota come equazione di conservazione della carica: le sorgenti di J'sonoi punti in

cui si ha una diminuzionedi carica (9p/dt < 0), i pozzi quelli in cui si ha un accumulo.

In condizioni stazionarie (per definizione) Y e p sono indipendenti dal tempo, quindi dalla (3.10) per una corrente stazionaria divJ(2,y9,2)=0 7 (3.41) da cui segue che la corrente uscente da una qualsiasi superficie chiusa è zero. In

particolare, se la corrente è confinata dentro un filo conduttore, il filo stesso è un tubo di flusso, e quindi la corrente che attraversa una sezione delfilo è indipendente dalla

posizione della sezione, dal suo orientamento e dal tempo: sidicecheilfilo (o il circuito di cuiil filo fa parte) è percorso da una corrente continua I; per questa ragione la

(3.11) è detta equazione di continuità (talvolta useremo questo termine anche pe”

l’equazione (3.10)).

dt

Nel seguito avremo a che fare con le cosiddette “correnti lentamente variabili” # per esempio sono correnti lentamente variabili quelle che scorrono nei circuiti alimentati dalla forza elettromotrice a 50 hertz di cui disponiamo nelle nostre case. La densità di una corrente lentamente variabile è della forma

I(2,4,2,1)= (ou 4)f(0)

(3.12)

con f(t) una funzione lentamente variabile, un concetto che chiariremo nel seguito; sé, comespesso accade (circuiti senza condensatori), div Jo(2,y,2) = 0 allora anche

le correnti lentamente variabili sono a divergenza nulla per cui la corrente I(t) in un circuito, pur dipendendo dal tempo, è la stessa attraverso qualsiasi sezione delcircuito ;

quella a 50 hertz delle nostre case /(t) = Incoswt si chiama “corrente alternata”. 61

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Correnti stazionarie

3.2 La legge di Ohm

Se fra due superfici di un conduttore (p.es. fra i capi di unfilo) si ha una differenza di potenziale V, la corrente I nel conduttore è proporzionale a V:

(3.13)

Va RI

dove R, il coefficiente di proporzionalità, è detta la resistenza del conduttore. La (3.13), nota come la legge di Ohm, è stata stabilita da G.S. Ohm ne] 1827: non è una legge fondamentale dell’elettromagnetismo, ma piuttosto segue da specifiche proprietà della materia in cui si muovonoi portatoridi carica. Quindi, comediscuteremo, anche la sua validità non ha carattere generale, ma costituisce un’ottima approssimazionein molte situazioni sperimentali. NelSI l’unità di misura di resistenza è l’ohm (9): un conduttore ha l&resistenza di lohm quando una differenza di potenziale di 1 volt produce una corrente di 1 ampère.

Nelsistema di Gauss la resistenza ha le dimensioni di un tempo diviso una lunghezza, cioè l’inverso di una velocità, e

1V

1

183 3 II

ues = 1.1 x 107!?ues;

Nella figura 3.1 è riportatoil collegamentoin serie ed in parallelo delle resistenze con il simbolo per le resistenze usato nei circuitielettrici. Le resistenze in serie si sommano: per la (3.11) la corrente / nelle dueresistenze è la stessa, quindi Vi = R,/, V:.= f2/, da cui V=V%+V = (R:+Ra)I, quindi R= Ri + R2. Se le resistenze sono collegate in parallelo si sommanogli

Tues=9x 102? Q. (3.14) Ri

Ri

TT Ra

fig. 3.1

inversi delle resistenze: poiché V= AxheVa Azfe,

sempreperla (3.11), la corrente totale è I= I1.+/2, si ha 1/R=1I/V=1/R1+1/R2. Anche in questo caso conviene esprimere la legge di Ohm in formalocale. Innanzi tutto osserviamo che la resistenza è definita per una porzione di conduttore chesia un tubo

di flusso di J (perché in un tubodiflussoè ben definita la corrente chevi scorre), chiuso

da due superfici equipotenziali. Consideriamoall’interno di un conduttore un tubo di flusso infinitesimo di 7: sia AS la sua sezione, AL la lunghezza ed A la sua resistenza.

Se il conduttore è costituito da un materiale isotropo (proprietà fisiche indipendenti dalla direzione), J ed È sono paralleli e dalla (3.13) si ha = RAS-

V=ESL=RI=RIAS > B=TpÎ

cioè definita la resistività del mezzo

der.

(3.15) 3.16

RAS

(3.16)

ge(2,9, 2) = lim 77 (il limite è per AL, AS — 0), si ha

84m

E(2,4,2) = 0e(2,0:2)Î(2;9, 2); Î(24,2) = 00(2,4,2)E(2,y,2)

62

La resistività o. è ben definita dalla (3.16) (cioè il limite di RAS/AL esiste) come conseguenza del fatto, contenuto nella derivazione della (3.15), che per la legge delle resistenze in serie, se il mezzo è omogeneo(e in un intorno infinitesimo di un puntolo è) Rè proporzionale a AL, mentre per quella delle resistenze in parallelo A è inversamente

proporzionale a AS. La resistività è quindi una proprietà (locale) del conduttore: in altri termini, mentrela resistenza di un conduttore dipende non soltanto dal materiale (rame, argento ...) di cui è costituito, ma anche dalle sue dimensioni, dalla sua forma e da come viene collegato al resto del circuito, 0; dipende solo dal tipo di materiale; ce, che è semplicementel’inverso di ., è la conducibilità del mezzo. La (3.17) hagli stessilimitidi validità delle legge di Ohm, dicui è l’espressione locale; in particolare il campoelettrico nel conduttore non deve essere troppo intenso, altrimenti

altera il meccanismo della conduzione, e tanto 9; quanto e; dipenderebbero dal campo elettrico: la (3.17) costituisce l’approssimazionelineare della (in generale complicata)

relazioneesistente fra campoelettrico e densità di corrente. Se il mezzo che stiamo considerando è omogeneo, g: è costante; in questo caso, per un conduttore di sezione costante S e lunghezza £ si ha

L

R= 3°

(8.18)

La (3.18) vale per correnti stazionarie o lentamente variabili: in questo caso tuttoil conduttore è un tubo di flusso e la densità di corrente è uniforme dentro il conduttore, mentre per correnti rapidamente variabili la corrente scorre prevalentemente sulla superficie (“effetto pelle”) e quindi la resistenza risulta maggiore di quella data dalla (3.18). n Dalla (3.16) si vede che le dimensioni di e; sono quelle di una resistenza per una lunghezza, e normalmenteil suo valore viene espresso in N .cm: per esempio, la resistività del rame è 1.7 x 1075 cm, e la resistenza di unfilo di rame lungo 10m e di sezione

1mm?perla (3.16) è R= 1.7 x 1076 - 103/107? = 0.170. Nel sistema di Gauss la

resistività si misura in secondi; per la (3.14) la resistività del rame è 1.9 x 10715 ues. Esempi

1. Vogliamo calcolare la resistenza di una coronasferica conduttrice di raggi ri e ra, fra le sue superfici interna ed esterna.

Consideriamo una corona sferica di raggio r e spessore infinitesimo Ar; per la (3.18) la sua resistenza è 9-Ar/4rr?, quindi per la legge delle resistenze in serie R=0 fo prgn f(11). , Arr A4n\r ra

(3.19)

2. La corrente circola (in senso rotatorio attorno all'asse) in un cilindro conduttore cavo dì raggio interno a, spessore s e altezza h. Vogliamo calcolare la resistenza

del circuito. Questa volta il circuito è il parallelo delle corone cilindriche di raggio r (a < r < a+s), spessore Ar e altezza A; la lunghezzadi ciascuno di questi circuiti elementari è L=2rr e la sezione AS = hAr, e per la (3.18) la resistenza è 2rg.r/hAr. Per Ja legge delle resistenze in parallelo, conviene calcolare l’inverso della resistenza: 63

na:

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

2=

(270)blog EE

W = p(2,y,2)AVÉ - î(2,y4,3)= È. TAV

ame. hlog ((a + s)/a)

3.20) (

Se invece la corrente scorre fra la superficie interna e quella esterna del cilindro,

analogmentealla (3.19) si ottiene =

f=e /

st dr

Qe

sr = 5a 2rhr

2rh log

*

a+s

l&

3.21

a

(8.21)

diversa dalla (3.20), a confermadel fatto che la resistenza di un conduttore dipende da comeviene collegato al resto del circuito. 3.3 Il lavoro del campo elettrico Un conduttore fra i cui estremi c’è una differenza di po

tenziale V, è percorso da una corrente stazionaria /. Ciò significa che nell'intervallo di tempo At unacarica pari a

-

(3.22)

Se sugli elettroni di conduzione non agissero altre forze, il lavoro fatto dal campo elettrico produrrebbe un aumento della loro energia cinetica, cioè un'accelerazione nella direzione del campo e quindi un aumento della corrente (una differenza di potenziale di un volt accelererebbe un elettrone libero ad una velocità di circa 10° m/s). Ma, a causa della presenza del reticolo entro cui si muovono, e con il quale gli elettroni interagiscono, su una scala di tempi macroscopica la loro energia cinetica non cambia e

continuano a muoversi nella direzione del campoelettrico con la loroirrisoria velocità

media poiché ad ogni urto con gli ioni del reticolo perdono l’energia cinetica acquisita tra un urto e l’altro: si tratta del contatto termico fra due gas, il gas di elettroni ed il reticolo; il campo elettrico fa lavoro sul gas di elettroni aumentandonel’energia, ma questa energia rapidamente si equipartisce fra i due gas. Quindi aumenta l’energia

)

interna del conduttore, che si scalda. Questo effetto è noto comeeffetto Joule, e la

potenza (3.22) eguaglia la potenza dissipata dagli elettroni ed è detta potenza Joule. Grazie alla (3.13) la (3.22) può essere anche scritta come v2

W;=PR= x

(3.227)

7)

In generale, sia data una densità di corrente 7, non necessariamente in un conduttore,

ed un campoelettrico È. Sia AV un volumettoinfinitesimo, p(x,y,z)AV la carica in esso contenuta (ad un certo istante), e #(x,y, 2) la sua velocità. Il lavoro che il campo elettrico fa nell’unità di tempo (la potenza) sulla carica in AV è 64

w(2,9,2) = É(2,4,2) Î,4,2).

(3.24)

u=oj?=o.È°

(3.25)

Se siamo in un conduttore il lavoro del campoelettrico va in energia interna (effetto Joule), altrimenti in energia cinetica delle cariche e, forse (ne riparleremo), anche in qualche altra forma di energia (radiazione). La (3.24) è la forma locale della (3.22); se siamo in un conduttore vale la (3.17), e

quindi

che costituisce la formalocale della (3.22’). ‘3.4 Un modello classico per la conduzione

--

IAt entra nel conduttore dall’estremo a potenziale magfig. 3.2 giore e una identica quantità di carica esce dall’altro estremo(figura 3.2): ciò è equivalente al passaggio della carica JAt dal potenziale V al potenziale 0, quindi il campo elettrico ha fatto sulle cariche del conduttore il lavoro £= VIAL, e quindi una potenza (lavoro per unità di tempo)

Wy= IV.

(3.23)

e quindi la potenza w per unità di volumeè

Per capiresia l’origine della legge di Ohm che suoilimitidi validità, occorre capire in termini un po’ più quantitativi il meccanismo della conduzione. Consideriamo un conduttore omogeneo e di sezione costante; dalla (3.17) e dalla (3.3) si ha 7= p7=

v:È, da cui segue che in presenza di un campoelettrico i portatori di carica si muovono

con velocità (media) costante in direzione del campo, proporzionale al campostesso.

Anchese il comportamento dei portatori di carica in un conduttore (che può essere un

metallo, ma anche un liquido od un gas jonizzato) èè molto complicato e soprattutto richiederebbe una trattazione Quantistica, possiamo capirne gli elementi essenziali in

un semplice modello classico dovuto a Drude e Lorentz. Per comoditàci riferiremo al casoin cuii portatori di carica sonogli elettroni. L'idea fondamentale di questo modello è questa: tra un urto ed il successiva congli ioni delreticolo gli elettroni si muovonodi

moto uniformemente accelerato sotto l’azione del campo elettrico È, l’urto con gli ioni altera in modo casuale la direzione della velocità deglielettroni, in modo tale che dopo

un certo numerodi urti, cioè in media dopo un certo tempo 7, la direzione del moto dell’elettrone è completamente scorrelata, cioè indipendente, dalla direzione iniziale. Il

significato preciso di questa ipotesi, di natura statistica, è questo: se immaginiamo un

gran numerodielettroni che inizialmente si muovonotutti in una certa direzione, dopo un tempo 7, in seguito agliurti, le loro direzioni di moto sono uniformementedistribuite in tutte le direzioni. Per semplicità assumeremoche sia sufficiente un solo urto perché

si realizzi questa “perdita della memoria” delle condizioniiniziali, cioè assumiamo che

7 sia uguale al tempo medio fra due urti. Sia d;(t) la velocità dell’i-esimoelettrone all'istante t e # Îa sua velocità subito dopo l’ultima collisione, avvenuta al tempo

tiR=

ct: di:

dt) È 2 Né dt) G

a a

da (re) /

Correnti stazionarie

(3.27) 65

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Correnti stazionarie

e prendiamo la media di ambo i membridella (3.26): N

e

1

N

10) = ND LED

(3.28)

media degli Il primo termine a secondo membrodella (3.28) è la velocità (vettoriale) distribuzione di statistica nostraipotesi la nullaper è che urto, un dopo elettroni subito

medio trascorso aniforme in tutte le direzioni; il secondo termine contiene il tempo al prossimo fino trascorrere deve che medio tempo al dall'ultimo urto; esso è uguale

r/2!): per urto, ed entrambi sono uguali a 7, il tempo medio fra due urti (e non

una certa ruota esce convincersene si pensi al gioco del Lotto, in cui un dato numero su

anche se è uscito in media ogni 18 settimane, e la probabilità che esca è sempre 1/18, i numeriin giocare (inutile settimane 100 di ritardo in è se o precedente la settimana da un partire a settimane, 18 di ritardo!), quindi il tempo medio di attesa è sempre diventa (3.28) la momento qualsiasi. Quindi

(3.29)

a=-!f

.

m abbiamo (il rapporto costantefra la velocità ed il campo, cioè er/m, è quello che quando . elettroni). degli mobilità la introdotto i conduttori abbiamo chiamato mezzo viscoso un in particella una di moto il ricorda ci (3.29) dalla espresso Il risultato alla forza: il soggetta ad una forza costante, in cui la velocità limite.è proporzionale

mo microscopico modello che abbiamo appena discusso ci fornisce un possibile meccanis . di ciò che macroscopicamente appare comeattrito viscoso. la è —en, allora volume, di unità per e Sia ora n, in numerodi elettroni di conduzion

si ha densità di carica e —en.@î la densità di corrente; quindidalla (3.29) e dalla (3.37) 03

(3.30)

ener.

m è la legge di La relazione lineare fra campoelettrico e corrente, contenuta nella (3.29), per arrivare fatte i Leipotes modello. del lli quindique Ohm, i cui limiti di validità sono 7 coincida che supposto (avere li confutabi ente difficilm e rali, moltogene sono alla (3.29) utilizzato avere di fatto il per con il tempo medio fra due urti è irrilevante), se non come delle palline in i concetti della fisica classica, cioè avere trattato gli elettroni

data dalla un flipper; quindi dobbiamo chiederci in quali condizioni la conducibilità r ed n solo (3.30) Nella (3.30) può risultare dipendente dal campoelettrico applicato.

troppo intenso possono eventualmente dipendere da E: in effetti se il campo elettricoè

ciò accade quando il tempo medio fra due urti può venire modificato sensibilmente;

paragonabile alla velocità l'incremento di velocità degli elettroni fra un urto e l’altro è

termica deglielettroni cioè, in terminidi energia, quando

eEl = kT

(3.31)

percorsa fra dove l è il cammino libero mediodeglielettroni, cioè la distanza media ambiente ura temperat a elettroni: degli media cinetica l'energia due urti, e (3/2)AT / = 107 em in un ET = 0.025eV, 1 1074cm in un metallo o in un liquido, mentre della legge di Ohm gas; in quest’ultimo caso (che è il caso più sfavorevole) la validità richiede

66

kT E < 7 0.025 -10°V/em = 25kV/em.

(3.32)

Un campo molto intenso può produrre (specialmente in un gas in cui il camminolibero medio è abbastanza grande) un altro effetto: se l’energia cinetica chegli elettroni(o gli ioni portatori di carica} acquistano fra un urto e l’altro è abbastanza grande,nell’urto contro altri ioni o atomi possono ionizzarli, quindi aumentail numerodi portatori di carica, aumenta di conseguenza la probabilità dialtri urti con conseguente ionizzazione,

e così via: si instaura un processo catastrofico risultante in una scarica all’interno del

conduttore (il gas}. È quello che succede in una lampada al neon, e in questi casì la legge di Ohm nonè più applicabile (ne dipende da E). Un'altra situazione in cui il modello di Drude — Lorentz cessa di essere applicabile si presenta quando il campo elettrico è rapidamente variabile: per scrivere la (3.26) abbiamo supposto il campoelettrico (praticamente) indipendente dal tempo fra un urto e l’altro; è chiaro che, per esempio nel caso di cammpielettrici variabili nel tempo

sinusoidalmente, se il periodo è confrontabile con r (o minore), il meccanismo della conduzione sarà radicalmente modificato. Inoltre, come vedremo più avanti, in questi casi si ha anche un altro effetto: la presenza di un campoelettrico autoindotto che

altera la distribuzione della correnteall’interno del conduttore (effetto pelle}, e quindi la resistenza del conduttore stesso, che risulta quindi dipendere dalla frequenza w del campoapplicato. Qualitativamente il modello di Lorentz - Drude per la conducibilità ci permette di

capire l’aumentodella resistenza dei conduttori metallici con la temperatura, in quanto un aumento della temperatura comporta una diminuzione del tempo mediofra due urti e quindi, per la (3.30), una diminuzionedella conducibilità. Non possiamo però andare molto lontano con questo argomento, che certamente non è în grado di spiegarci il fenomeno della superconduttività a basse temperature: la conducibilità di molti metalli subisce un improvviso ed enorme aumento ad una data temperatura (detta “temperaturacritica T.”), dipendente dal tipo di metallo, dell’ordine di qualche Kelvin (T: = 20K peril rame): al di sotto di questa temperaturacritica la resistenza del

conduttore diventa praticamente nulla. Si tratta di una vera e propria transizione di

fase, comela solidificazione di un liquido, e la fisica classica non è in grado di spiegare

le transizioni di fase.

Un altro caso in cui si manifesta l’inadeguatezza del modello classico è quello del Na (sodio): la conducibilità del sodio a temperatura ambiente risulta essere o. =

1.9 x 1017 ues, e la densità di portatori di carica (uno per atomo in questo caso) è ne = 2.5 x 10°cm"? per cui dalla (3.30) risulta 7 = 3 x 10-!4s che corrisponde, alla velocità di agitazione termica di circa 10° cm/s, ad un camminolibero medio di

unatrentina di passi reticolari! Come fa una pallina in un flipper denso diostacoli a superarne impunemente e regolarmente una trentina, senza incontrarne nessuno? Sarà la Meccanica Quantistica a fornire la spiegazione, sostituendo alla descrizione degli elettroni comepalline, una descrizione degli elettroni come onde, e le onde, grazie ai fenomeni di interferenza a cui danno luogo, in una struttura ordinata come quella di

un cristallo si comportano in maniera ordinata. 67

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Correnti stazionarie

3.5 La forza elettromotrice Se consideriamo una parte di un circuito percorso da corrente, come abbiamo fatto

quando abbiamo introdotto la legge di Ohm, o quando abbiamodiscussol’effetto Joule,

la corrente che vi circola è dovuta al campoelettrico nel conduttore 0, equivalentemente, alla differenza di potenziale agli estremi della parte di circuito considerata. Ma se consideriamo l’intero circuito, percorso da una corrente stazionaria, non basta il campo

elettrico per spiegare la corrente che ‘vi circola: infatti un circuito percorso da una corrente stazionaria, o anche da una cotrente lentamente variabile ma a divergenza

Seil circuito è aperto, cioè il generatore nonè collegatoal resto

+

del circuito, siccomeall’interno del generatore le cariche sono in equilibrio, è presente un campo elettrico che esercita sulle cariche una forza uguale e opposta a fine, quindi £ coincide con la differenza di potenziale (d.d.p.) fra il polo positivo e quello negativo, a circuito aperto. Ma è chiaro che la f.e.m. non va confusa con la differenza di potenziale: sono due concetti diversi, il primo hasignificato per le forze non conservative, il

Î

fig. 3.4

nulla, deve necessariamente essere un circuito chiuso: se vale la (3.11) i tubidiflusso di

secondo è definito solo per i campidiforze conservativi.

compionotraiettorie chiuse, ed inoltre, a meno cheil circuito non sia superconduttore, dissipano energia per effetto Joule. Ma il campo elettrico (statico) è conservativo, e quindi il lavoro che fa sulle cariche lungo un percorso chiuso è nullo, pertanto una corrente in un circuito richiede la presenza di forze non conservative motrici agenti

positivo a quello negativo sottol’azione del campoelettrico, mentre all’interno del ge neratorele cariche (di solito non le stesse che circolanoall’esterno) si muovono dal polo

Ì non possono interrompersi, quindi le cariche che si muovono in un circuito elettrico

sulle cariche, cioè che fanno lavoro positivo sulle cariche quando queste percorrono

l’intero circuito, Un dispositivo in grado di mettere in gioco queste forze è detto un generatore di forza elettromotrice: le normali pile o la batteria di un’automobile

sono generatori di forza elettromotrice.

Si definisce forza elettromotrice in un circuito (f.e.m.), non una forza, ma il lavoro

fatto dal generatore sull’unità di carica quando questa percorre l’intero circuito; la

f.e.m., normalmente indicata con £, è quindila circuitazione della forza sull’unità di carica, e il suo segno dipende dalla scelta del verso di percorrenza del circuito:

= s f E, dî

(3.33)

dove F, è la forza totale agente sulla carica 4 (ia forza dovuta al

fig. 3.3

simbolo usato perla pila.

La definizione di f.e.m. data dalla (3.33) è generale e sarà particolarmentesignificativa nel caso dei campivariabili (legge di Faraday-Neumann), in cui le forze non conservative agiscono lungo tutto il circuito; nel caso di una pila o di una batteria le forze non conservative sono localizzate nel generatore e vanno da guello che abbiamo indicato comepolo negativo al polo positivo, quindi la f.e.m. £ è l’integrale (3.33) soloall’interno del generatore, limitato alle sole forze non conservative Foe, se nel circuito di figura 3.3 il verso di percorrenza è quello antiorario,

(3.34) 68

All’interno del generatore il motodelle cariche comporta una più o meno grande dissipazionedi energia pereffetto Joule: siccome / è la quantità di carica che circola nell'unità di tempo, dal bilancio energetico riferito al moto delle cariche dentroil generatore e all’unità di tempo

Ie+1f E .ds=I€-V)=W;>0 +.

(3.35)

(dove V è la d.d.p. fra il polo positivo e quello negativo), si vede che quandoil circuito è chiuso V < €: la differenza £ — V è detta “caduta di potenziale” all’interno del

generatore, e dipende dalla corrente I, difatti è nulla per / = 0. Se assumiamo che

il comportamento del mezzo in cui si muovonole cariche all’interno del generatore sia ohmico, cioè schematizzabile con una resistenza r, detta resistenza interna del

IE-V)=Pr

è quindi un generatore in grado di fare un lavoro di 91 se la carica di 1C percorre un circuito come quello di figura 3.3, nel quale abbiamo riportato il

e=!1 / (taFo. di,

negativo a quello positivo, cioè, grazie alla presenza delle forze non conservative , contro il campoelettrico.

generatore, dalla (3.35) e (3.22”) si ha

campo elettrico possiamo a piacere includerla o no in F,, in quanto la circuitazione di £ è nulla). Il circuito sul quale è definita la f.e.m.in generale è una linea chiusa, non necessariamente unfilo conduttore. La f.e.m. ha le dimensioni di un potenziale, e si misura nelle stesse unità: ìn volt nel SI, in statvolt nel sistema di Gauss. Una pila da 9V

°

Quando il circuito è chiuso, all’esterno del generatore le cariche circolano dal polo

>

e&-V=Ir

©

Vaf-rl

°

(3.36)

e quindi in questa ipotesi la caduta di potenziale è proporzionale alla corrente erogata. In unapila nuova la resistenza interna è di qualche decimodi ohm, e cresce con lPuso

fino a raggiungere il valore di qualche ohm (valorisolo indicativi, in quanto dipendono molto daltipo di pila). Nella figura 3.5 abbiamoriportatoil circuito equivalente ad un generatore di f.e.m.: un generatore “ideale” (cioè con resistenza = gin 4 interna nulla) con in serie una resistenza uguale alla resistenza r interna; quando il generatore eroga una corrente I, la d.d.p. fra

fig. 3.5

i poli + e — del generatore è datadalla (3.36). L'equazione di un circuito come quello della figura 3.3, cioè l'equazione che lega la f.e.m. £ del generatore (diresistenza interna r) e la corrente nel circuito {di resistenza R), per la legge di Ohm e la (3.36) è

Vafori=RI > E=(R4rL (3.37) Oppure: la potenza erogata dal generatore, che per definizione di f.e.m. è W = EI, deve eguagliare la potenza dissipata sia all’interno del generatore che nella resistenza 69

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Correnti stazionarie

esterna, e quindi per la (3.22?) e le (3.35), (3.36)

(3.38)

£I1=r+PR

da cui dividendo perI si riottiene la (3.397). re o, equivaMa qualè l'origine delle forze non conservative all’interno del generato seconda del a varia domanda questa a risposta La lentemente, chi fornisce l’energia? (0 cosa) fa chi da fatto è lavoro il (1931) Graaff de Van di re generato nel generatore: sfera grossa una su itate poidepos girare la cinghia che trasporta le cariche che vengono è che chimica, pila una in carica; sfera dalla o prodott cava, contro il campoelettrico

il lavoro un sistema termodinamico in ambiente a temperatura e pressione costanti,

di Gibbs eguaglia (se le trasformazioni sono reversibili) la variazionedell’energialibera te l’ambien con lavoro di e calore di scambio ’è quindic cambiata di segno: £ = —AG, rgia inesterno, ma quasi tutto il lavoro “elettrico” proviene dalla variazione dell’ene

terna (energia chimica) del sistema.

nte non di inUn esempio di generatore di f.e.m. molto istruttivo, anche se certame

di vetro teresse commerciale comele pile, è costituito dalla pila a gravità: un tubo Ag; la di rodi dueelett estremi li portaag verticale contiene una soluzione di Ag*NO5e tubo lungoil Ag* ioni degli azione concentr della o aument un forza di gravità provoca entrambiin dall'alto verso il basso; di conseguenza i due elettrodi non possono essere restando Ag*, e ioni soluzion mandain e superior odo equilibrio con la soluzione: l'elettr

è carico negativamente, mentre nella parte inferiore del tubo, dove la concentrazione maggiore, ioni Agt si deposîtano sull'elettrodo, caricandolo positivamente. Quindisi

Moltiplichiamo numeratore e denominatore a secondo membrodella (3.39) per il nu-

mero di Avogadro Na: siccomeil peso atomico dell’Ag è 108, e Nye = 96500C (costante di Faraday), per A = 1msitrova £ = 11x 10-5V. 3.6 Carica e scarica di un condensatore 11 circuito difigura 3.7 (circuito RC) è costituito da una pila di f.e.m. Vo, unaresistenza

È (che include l’eventuale resistenza interna della pila), un condensatore di capacità

C, ed un interruttore I a due vie: nella posizione A ia pila è inserita nel circuito, che

quindiè il circuito di carica del condensatore; nella posizione B la pila è esclusa ed il condensatore si scarica attraverso la resistenza R. Portiamol’interruttore nella posizione A; fissiamo arbitrariamente come verso di percorrenza del circuito che definisce il segno della corrente quello (orario) che va esternamente dal polo positivo della pila a quello negativo; indi- «T B chiamo con V(#) la d.d.p. all’istante # fra le armature del condensatore secondoil verso stabilito (V(t) è la d.d.p. fra ! fig. 3.7 l’armatura superiore e quella inferiore), e scriviamo l’equa-

zione del circuito eguagliando la d.d.p. (0 f.e.m.) Vo con la sommadelle d.d.p. ai capi dei vari elementi del circuito (i conduttori che collegano i vari elementi del circuito di

pig hannoresistenza trascurabile, in caso contrario la loro resistenza viene inglobata n

:

W=RIM4VO);

eletinstaura un campoelettrico dal basso verso l'alto, necessario per l’equilibrio fra trodi e soluzione.

Quandoil circuito viene chiuso, per effetto del campo elettrico gli elettroni passano lungoil circuito esterno dall’elettrodo superiore, dove sono in eccesso, all’elettrodo inferiore: per ognielettrone che lascia l'elettrodo superiore, per ripristinare l'equilibrio fra elettrodo e soluzione, uno ione Ag+ passa in soluzione, e per ogni elettrone che arriva all’elettrodo inferiore uno ione viene neutralizzato e quindi un

altro ione passa dalla soluzione all’elettrodo; in definitiva, per ogni

elettrone che percorreil circuito esterno, un atomodi Ag “cade” dal-

Feletirodo superiore a quello inferiore ed il lavoro fatto su di esso è

Mgh, dove M è la massadell’atomodi Ag. In questo caso la forza non

se prendiamo V(t), l'equazione del circuito è .

fig. 3.6

(3.39)

70

_

Vi) =

l’intero circuito chiuso non è percorso da unastessa carica: fuorigli elettroni (leggeri), gravità, un dentro gliioni argento (pesanti). È proprio questo fatto che permettealla la stessa nonè siccome motrice: forza campo diforze conservativo, digiocareil ruolo di In nullo. è non gravità dalla fatto lavoro il chiuso, massa che compiel’intero circuito do superiore si l'elettro poco a poco : partenza di stato allo torna non sistema il effetti consuma e aumenta la massa di quello inferiore. Quindi la f.e.m. della pila a gravità è e

(3.40)

Poiché Q(t) è la carica sull’armatura superiore del condensatore, si ha /(t) = Q(t) = CV(t), quindi possiamo prendere come incognita indifferentemente I(t), QU) o V(t):

1

perché conservativa motrice è la forza di gravità! Questo è possibile

sad

VO o.

IL

Vo

(3.41)

nel + FG

che è identica all’equazione per la velocità di un corpo in un mezzo viscoso, soggetto ad una forza costante: il prodotto RC ha le dimensioni di un tempo (indipendentemente dal sistemadi unità), ed è l’analogo del tempo di smorzamento nel moto in un mezzo viscoso. Esso è detto tempodiscarica(o di carica) del condensatore, e viene indicato con r: se prendiamo, per esempio, R= 1099; C = 10nF,si ottiene 7 = 10758. La soluzione generale della (3.41), che è un'equazione lineare non omogenea, è

(3.42)

V(t) = W+ Aet!/”.

Con la condizione iniziale V(0) = 0 (il condensatore inizialmente è scarico), si ha

v@)= (1-4);

IM= CV= ner.

(3.43)

Nella figura 3.8 abbiamoriportato sullo stesso grafico sia l’andamento di V(t) che quello

di RI(t).

71

"1

7)

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Correnti stazionarie

Ci sono un paiodi cose da discutere a proposito del modo biamoapplicato la legge di Ohm in un caso in cui la corrente non è stazionaria; questo è lecito purché la corrente sia una corrente lentamente variabile, che in questo caso significa che r deve essere abbastanza grande, Grande _ rispetto a cosa? Anticipando cose che giustificheremo in ” fig. 3,8 seguito, r deve essere grande rispetto al tempo chei segnali elettromagnetici (che viaggiano alla velocità della luce) impiegano ad attraversare il circuito: se il circuito ha Je dimensioni di 30cm questo tempo è di 10-°s mentre, comeabbiamovisto, con R= 1099, C= 10nF, r=10-9s. Si noti che anche se /(t) è lentamente variabile, 7 non è a divergenza nulîa perché il circuito (cioè il tubo di flusso) si interrompe sulle armature del condensatore: e infatti sull’armatura superiore si ha un accumulo dicarica, e su quella inferiore una diminuzione, in accordo con la (3.10). La seconda cosa che vogliamo discutere è la discontinuità Vo/R in I(1): la corrente è nulla finché nonsi chiude l’interruttore, poi improvvisamente passaal valore Vn/R, e questo è un po’ sospetto in quanto, schematizzazioni a parte, di solito le grandezzefisiche variano con continuità. Anche qui interviene il fatto che la corrente non è stazionaria;

E;= /TR LOL = = x J mod= (8) Gi |e 22/7 di co

in cuì abbiamo ottenuto la (3.43): in primo luogo ab-

Ver

o V(1)?

ì

3h * 3evi

che coincide, come dovevamoaspettarci, con l'energia immagazzinata nel condensatore nella fase di carica, data dalla (2,32). E quant'è l’energia dissipata nella resistenza nella fase di carica del condensatore? Il contosi può fare nello stesso modo e non presenta difficoltà, main effetti non c'è bisogno

di fare nessun conto: nella fase di carica la pila fa circolare la carica Q = Cl, quindi

(definizione di f.e.m.) compie il lavoro QU, = CV}; metà di questo lavoro (3CV?) va

in energia del condensatore, quindil’altra metà viene dissipata nella resistenza. L'importanzadei condensatori nella tecnica elettronica risiede sostanzialmente nel fatto che consente di introdurre nell’equazione di un circuito un tempo caratteristico del circuito, cioè la possibilità di correntivariabili grazie alle proprietà intrinsechedelcircuito:

l'alternativa sarebbe quella di fare intervenireil tempodall'esterno, per esempio tramite

un generatore di f.e.m. variabile.

r fig. 3.9

71

1]

Dopo un tempo to > 7 il condensatore è (praticamente) carico al potenziale Vo; a questo punto portiamol'interruttore nella posizione B. La nuova equazionedel circuito e

(3.44)

cioè la (3.41) con Vo = 0. Presa to come nuovaorigine dei tempi, la soluzione della {3.44) con la condizioneiniziale V(0) = Vo è

V)= Me;

I0)=CV@)= dr

(3.45)

cioè corrente e potenziale si portano esponenzialmente a zero conil solito tempo carat-

teristico r. Il segno — nell’espressionedi /(t) è dovutoalfatto che ora la corrente circola in senso antiorario, e noi non abbiamo cambiato la convenzione sul verso delle correnti positive (potevamo farlo). Anche in questo caso la I(t) presenta una discontinuità, che in realtà non esiste. Calcoliamo l'energia dissipata per effetto Joule nella resistenza durante la scarica del condensatore: 72

00

(3.46)

quando la corrente in un circuito dipende dal tempo, di0 venta importante un'altra grandezza caratteristica del circuito, oltre alla resistenza e la capacità: l’induttanza,il cui effetto, più o meno grande a seconda di quanto rapidamente varia la corrente, è quello di introdurre una specie di inerzia alle variazioni della correnteconil risultato, mostrato nella figura 3.9, di rendere continuoil passaggio della corrente dal valore 0 al valore (quasi) Wy/R.

VO = poro

Vv?

73

4.

ELEMENTI DI TEORIA DELLA RELATIVITÀ

4.1 Il campo magnetico: introduzione fenomenologica

1 fenomeni magnetici erano noti già nell’antichità, grazie all’esistenza di magneti naturali (Fe3 04) e di quelli costruiti artificialmente (le calamite). L'interazione fra oggetti magnetizzati è una interazione a distanza e pertanto la deseriviamo dicendo che ognuno di essi genera nello spazio un campo magnetico, e che a loro volta gli oggetti ma-

gnetizzati risentono dell’azione del campo magnetico. Contrariamente al caso delle forze elettriche, i fenomeni magnetici non sono (sperimentalmente) riconducibili all’interazione fra “cariche magnetiche” o “poli magnetici”: l’interazione fra due magneti dipende, oltre che dalla distanza, anche dall’orientamento relativo; fra due magnetisì esercita non solo una forza, ma anche un momento.

Il primo passo importante per capire l'origine del magnetismosi ha intorno al 1819 con

gli esperimenti di Oersted, il quale scoprì che un circuito percorso da corrente fa de-

viare l’ago di una bussola, € viceversa che un magnete esercita una forza su un circuito

percorso da corrente: un circuito percorso da una corrente genera un campo magnetico

ed essa stesso risente dell’azione di un campo magnetico, quindifra due circuiti si devonoesercitare delle forze, come fra due magneti. In effetti gli esperimenti di Ampère {1820} confermano quanto sopra: duefili paralleli percorsi da corrente si attirano se le

correnti sono concordi, altrimentisi respingono. È su questo fatto che si basa la definizione dell’ampère come unità fondamentale del SI: duefili paralleli rettilinei indefiniti

distanti Î metro sono entrambi percorsì dalla corrente di 1 ampère se la forza fra ì due

fili per unità di lunghezza è di 2 x 1077 N/m.

La domanda che si pone a questo punto è che relazione c’è fra i magneti e i circuiti percorsi da corrente. Per rispondere a questa domanda osserviamo che l’esperienza insegna che le cariche ferme non risentono dell’azione del campo magnetico e non generano campo magnetico e che invece le cariche in moto, siano esse libere comein un tubo a raggi catodici (tubo del televisore) o in un acceleratore di particelle, o trascinate da un supporto comenel generatore di Van de Graaff, o in motoall’interno di un conduttore, generano un campo magnetico e risentono dell’azione di campi magnetici. Inoltre sappiamo che la materia è costituita da cariche in movimento (gli elettroni orbitanti attorno ai nuclei), cioè da tanti circuiti microscopici: normalmente questi circuiti sono isotropicamente orientati e i loro effetti magnetici si cancellano macroscopicamente, con l’eccezione dei materiali ferromagnetici, in cui correlazioni a lungo raggio fra gli orientamentidi questi circuiti fanno sì che gli effetti magnetici si manifestino anche a livello macroscopico.

Quindi le sorgenti del campo magnetico sono le cariche in movimento, e una carica

în movimento in un campo magnetico è soggetta ad una forza. Fino a questo punto

non abbiamo dato una definizione operativa di campo magnetico: a questo fine occorre ricavare dall’esperienza le caratteristiche della forza che il campo esetcita su una carica (puntiforme) ìn moto: supponiamo che non ci siano campielettrici; l’esperienza dice che la forza è proporzionale alla carica e alla sua velocità v, ed è sempre ortogonale a 7; un po’ meno semplice da verificare sperimentalmente, ma possibile, è la dipendenza 74

Elementi di Teoria della Relatività

lineare della forzadalla velocità è: #7; + #]= fa]+ F[82], quindi l'applicazione è una appli

V —+

cazione lineare antisimmetrica, infatti

0=(+2)-Fn+2])

>

a fa]=-n Fa).

(4.1)

Una applicazione lineare antisimmetrica nello spazio a tre dimensioni, se non è banale ha un nucleo unidimensionale e può sempr e essere scritta come il prodotto vettore Ta un opportuno vettore del nucleo e il vetto re al quale è applicata, quindi possiamo sempreporre, esplicitando la proporzion alità fra la forza e la carica. =

Ù

Pa na B

(Sistema di Gauss}

(4.2) dove —(g/c]}È è l’opportuno vettore del nucle o (il segno — perché abbiamoscrittoil

prodotto vettore in senso inverso). Il vettor e È, che dipende in gener

ale dal punto, è cià che definiamo campo magnetico, che quind i è definito dalla forza che esercita su una carica in moto. Si noti che F', cioè la forza di Lorentz, è ortogonale

sia a 7 (forza a lavoro nullo o “deviatrice”) che a F. La (4.2) è l’espressione della forza su unacaric. în movimentonel sistema di Gauss; nel SI viene scritta senzail fattore 1/c: ° F=ginB (Sistema Internazionale). (4.29) Nel sistema di Gauss il campo magnetico ha le stesse dimensioni del campo elettrico ° si misura in gauss (6): un campo di 1G esercita sulla carica di 1franklin che ha la velocità di 1 em/s una forza di 1/(3 x 101°) dyne: il campo magnetico terrestre ha rainensità di circa 0.5G (varia da posto a posto). Nel SI A si misura in weber/m? ( A /m?), più spesso chiamato tesla (T) (evidentemente il weber è nel SI l’unità di misura per ilflusso del campo magnetico): un campo di 1T esercita la forza di IN sulla carica di 1C che ha la velocità di 1m/s, Si ha 1N _ 105 dyne =n

1tesla =

1C-1m/s"

e_ 3x10%ues -107cm/s — 10° gauss.

(4.3)

Vedremo che se è presente anche un campo elett rico la forza su una carica è data da

F=a(£+215)

(4.4)

un risultato non ovvio in quanto la caric a è in moto, e noi per ora sappiamoso lo che

un campoelettrico esercita una forza gE su unacarica jca in i ; ni. quiete (definizione di; campo

» elettrico).

Supponiamo di essere in un certo riferiment o inerziale K, cheil

campo elettrico È sia nullo ma sia presente un campo magnetico È, Prendiamo una carica g e facciamola muovere con velocità 7 costante: per esemp io una pallina di sambucoinfilata in filo rettilineo, e fatta muovere con velocità unifo rme, Sulla pallina il campo ma; netico esercita una forza data dalla (4.2), e che in quest o caso è compensata dalla Peazione i del vincolo (il filo). Mettiamoci ora nel rifer imento K' rispetto al quale la pallina è ferma: su di essa il campo magnetico non eserci ta più nessuna forza, però la reazione del vincolo c’è sempre (e continua a consumare il vincolo), e siccome

la pallina è ferma ci deve essere un’altra forza che agisce su di essa. Siccome la pallina è carica ve st’altra forza non può che essere un campo elettr ico; quindi la presenza di (solo) un

75

LE. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Elementi di Teoria della Relatività

un campo elettrico in K'. Per campo magnetico in K comporta la presenza di (anche) superconduttore percorso da filo un da o esempio, in Ail campo magnetico è generat

gnetici (la velocità della luce) è costante, la stessa in tutte le direzioni, indipendente

elettrico per essere corrente (una volta instaurata, la corrente non ha bisogno di campo protoni), in K cè quanti i elettron mantenuta); siccomeil conduttore è neutro (tanti rispetto a K c'è me) (unifor moto in K'' imento unrifer n solo campo magnetico, mentrei sonole sorgenti di questo anche un campoelettrico: prima a poi dovremo capire dove

. campoelettrico. di numero certo un da o generat co, elettri campo un (solo) o Viceversa, se in XK abbiam

o un campo magnecariche fisse, in K' queste cariche sono in moto, e quindi generan

digressione. tico. Prima di trarre delle conclusioni da questo discorso, facciamo una l’asse 2 con ate coordin di sistema un o, troviam ci dove Terra sulla Preso, nel posto e 2, dell’ass ne direzio in gravità verso l’alto, possiamo affermare che c'è un campo di moil cambia ora se Ma x. e dell’ass ne direzio in ma non c'è nessun campo di gravità angolo sistemadi coordinate, per esempio ruotandolo rispetto al precedente di un certo i Nessunos x! l'asse lungo anche attornoall’asse y, ecco che nasce un campodi gravità è ravità campodig il ovvia: troppo fin è cosa la commuove per questa scoperta, perché

coordinate una entità fisica ben precisa e ben definita indipendentemente dasistema di qualunque di lla (comeque ione descriz usato per la sua descrizione, ed è ovvio che la sua

dalla velocità della sorgente, ed ha un ben preciso valore, c. Ma se c è la velocità della

luce in un certo riferimento, la velocità della luce in un altro riferimento deve essere

c' = Ve? + 02 + 2cvcosì, con ovvio significato dei simboli. Dovrebbe pertanto esistere un unico e ben preciso riferimento in cui valgono le equazioni di Maxwell, quello nel

quale la luce ha velocità c: un “Riferimento assoluto”, o “Riferimento dell’etere”, il supposto mezzo invisibile, imponderabile e che pervade ognicorpo, in cui si propagano

le onde elettromagnetiche, così come l’aria è il mezzo (meglio: un mezzo) in cuisi propaganole onde sonore. Un tale riferimento è improbabile che si muova solidalmente con la Terra (cerchiamo di non commetteregli errori del passato): allora nel corso di

un anno la Terra sì muove rispetto ad esso con velocità diverse. Quindi dovremmo

aspettarci che la velocità della luce (misurata sulla Terra) dipenda dalla direzione di

propagazione, perché se v è la velocità della terra rispetto all’etere, al variare della direzione di propagazione la velocità della luce deve variare da c+vac-v. Gli

esperimenti di Michelson e Morley (1887 e annisuccessivi), ripetuti in diversi periodi dell’anno, continuati e migliorati prima dagli ideatori stessi poi da altri negli 80 anni

successivi nelle condizioni più diverse, hanno mostrato che la velocità della luce è in-

vettore) cambia a seconda del sistema di coordinate usato. L’analogia con la discus-

dipendente dalia direzione di propagazione, e quindi non hanno rivelato alcun indizio di un eventuale moto della Terra rispetto all’etere. Siccomegli esperimenti sono stati

ento, sione sui campielettrici o magnetici che vanno e vengono a seconda del riferim a è in primo luogo che che i cambiamentidiriferimento assumono un ruolo analogo spazio nello già non vero è ciò o che vedrem quello dei cambiamenti di coordinate (e in tridimensionale, ma nello spazio-tempo,cioè in uno spazio quadridimensionale), ed separate, entità sono non ico magnet campo il ed ttrico campoele il che luogo secondo

muova solidalmente con la Terra. A] giorno d’oggi le confermedella costanza della velocità della luce non vengonosoltanto dai laboratoridifisica: molte applicazioni tecnologiche funzionano correttamente proprio perché la velocità della luce è indipendentedalriferimento(e quindiin particolare dal motodella sorgente e da quello del rivelatore): dal General Positioning System (GPS) che permette di fornire la posizione di un oggetto (nave, aereo, carro armato

nelcomponenti gr, gy,9: sono aspetti dello stesso ente: 7), che si trasformano l’uno nto. riferime entidi l’altro per cambiam smo: il famoso Non casola teoria della Relatività ha avutooriginedall’elettromagneti Relatività della teoria della basi le gettate o lavoro di Einstein del 1905 in cui venivan un secolo Quasi nto”. movime in corpi dei inamica lettrod “Sull’e ristretta era intitolato lo svidopo la nascita della teoria della Relatività, ci permetteremo di non seguire

plicisime da enunciare, ma ciascuna delle quali ha portato ad una vera rivoluzione del pensiero scientifico: il principio di relatività enunciato da Galileo vale anche per l’elettromagnetismo (Galileo non conosceva i fenomenilegatiall’elettricità, per cui parla di volo di farfalle, gocce che cadono ...). Questo postulato mette la parola fine alla ricerca del riferimento assoluto: le equazioni di Maxwell valgono in ogniriferimento

si parlava sione precedente è evidente: qui si parla di cambiamenti di coordinate, là discusdalla trarre mo possia che ione conclus di cambiamentidi riferimento, quindi la

co (proprio come le ma due aspetti della stessa entità fisica, il campo elettromagneti

e del campo luppo storico: partiremo dal principio di relatività per capire sia l’origin ttrico. campoele al legano lo che ntali fondame ni magnetico, sia le equazio

4.2 Da Galileo ad Einstein

ì riferimenti Il principiodirelatività affermachele leggidella fisica sonole stesse in tutti ti inerriferimen i tutti in re particola in in motorelativo traslatoriorettilineo uniforme: ziali.

chiaro da In effetti il principio di relatività era già stato enunciato in modo molto Maxwell con quando Galileo; il problema si è riproposto oltre due secoli più tardi i delequazion dalle o: definitiv teorico Pelettromagnetismo ha raggiunto il suo assetto aelettrom segnali dei velocità chela segue ) Maxwell di l’elettromagnetismo (equazioni 76

effettuati anche usando come sorgenti di luce le stelle, è anche escluso che l’etere sì

ecc.) con la precisione di pochi metri, al controllo delle navicelle spaziali, ecc..

Ed ecco che a questo punto interviene Einstein, con una delle sue (tante) idee, sem-

inerziale, e quindi la velocità della luce è c în ogniriferimento inerziale. E evidente il contrasto con la nota formula di composizione delle velocità, contrasto

che sarà risolto da una profonda revisione dei concetti di spazio e di tempo assoluto che sono alla base della fisica newtoniana. 4.3 Il principio direlatività Il significato del priàcipo di relatività è indipendente da quali sonole leggi della fisica: le equazioni di Maxwell potrebbero essere diverse da quelle che sono, la velocità della luce potrebbe non essere costante, ecc.. Le conseguenze del principio di relatività sarebbero diverse, ma l’enunciato del principio ed il suo significato non ne dipendono: esso afferma chele leggi della fisica, quali che siano,sonole stesse in tuttii riferimenti TI

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

M(t) = Noe”

Elementi di Teoria della Relatività

(4.11)

quindi se al tempo t = 0 osserviamo un mesone w, la probabilità che dopo un tempo t non sia ancora decaduto è

PI) = so = ettlr

(4.12)

ed è nota comela legge di decadimento esponenziale; r (che ha le dimensionidi un tempo) è detta vita media della particella, e ogni particella instabile ha una ben determinata vita media. Essa è definita nel sistemadi riferimento in cui la particella è fermae si ottiene, grazie alla (4.11), misurandoil tempo necessario perché il numero di particelle si riduca di un fattore e = 2.71828....

La vita media dei mesoni 4 è n, © 2x 10°5s. Nei raggi cosmici che arrivano sulla terra c'è abbondanza di mesoni y che vengono prodotti nell’urto di raggi cosmici primari con i nuclei presenti negli strati alti dell'atmosfera. Un esperimento classico è consistito nel misurare il fiusso di mesoni 4 (cioè il numero di particelle che giungono su una

data superficie in un dato intervallo di tempo) nel laboratorio d'alta quota al Plateau

Rosa, e confrontarlo con il flusso al livello del mare: i mesoni 4 sono moltoveloci, e viaggiano quasi alla velocità della luce, quindi impiegano circa 1075s a coprire la distanza di = 4000 metri che separa il Plateau Rosa dal livello del mare, e quindiil flusso di mesonial livello del mare dovrebbe essere circa e75 0.007 volte il flusso in quota, mentre l’esperienza rileva un fiusso quasi 100 volte maggioredi quello previsto.

L’interpretazione di questo risultato è che 7, è l’intervallo di tempo fra due eventi

{N = Na, N = Ne/e) misurato in un certo riferimento, quello rispetto al quale le

particelle sono in quiete (cioè che si muove insiemeai mesoni 4), e l’intervallo di tempo fra gli stessi due eventi misurato nel riferimento della terra risulta diverso (molto più

lungo): questo fatto è noto comeil fenomeno della dilatazione dei tempi, sul quale ritorneremo. Per la stessa ragione, molte particelle che hanno una vita media molto

breve (= 107155), riescono a lasciare una traccia visibile almeno al microscopio nelle emulsioni fotografiche in cui sono prodotte: senza la dilatazione dei tempiesse in media potrebbero percorrere solo qualche decimo di micron dall’istante in cui sono prodotte a quello in cui decadono. Abbiamo prima citato, in termini alquanto paradossali dato che non è certo nelle situazioni della vita comune che si può mettere in evidenza la relatività degli intervalli temporali, il caso della durata di un viaggio in treno: ebbene, in tempi non troppo

lontani (1971) un esperimento del genere è stato fatto. Si tratta dell'esperimento di Hafele-Keating che hanno montato su due aereoplani due identici orologi atomici: i

due aerei sono partiti insieme dallo stesso aereoportoall’equatore ed hanno fatto il giro

del mondo, uno viaggiando verso est — cioè in verso concorde a quello della rotazione terrestre, e l’altro verso ovest atterrando insieme dopo circa 50 oreall'aereoporto di partenza. I due orologi, regolati all’inizio in modo da segnare lo stesso tempo, controllato che effettivamente finché si trovano in uno stesso riferimento restano sincro-

nizzati, all’arrivo segnavano tempidiversi: l’intervallo di tempo segnato dall’orologio sull’aereo “più veloce” (quello che viaggiava verso est) era minore di quello segnato dall'altro orologio (proprio come per i mesoni 4), con una differenza di circa 300 ns 82

(ns= nanosecondo = 1078): il viaggiosui due aerei, partiti insieme dallo stesso posto e atterrati ìnsieme ha avuto durate diverse, e quindi anche diverse da quella misurata

dalla torre di controllo a terra.

Così stando le cose, le leggi di trasformazione delle coordinate per cambiamenti dì

riferimento che conosciamo nell’ambito della fisica newtoniana, anche se risulteranno

essere un'ottima approssimazione tutte le volte che le velocità in gioco {velocità delle particelle e dei sistemi di riferimento) sono molto minoridella velocità della luce, non

vanno bene: în esse è implicita l’ipotesi newtoniana di tempo assoluto # = t. Non

discuteremo comele equazioni generali di trasformazione debbano essere modificate,

madetermineremo soltantole leggi di trasformazionefra due riferimenti inerziali.

4.5 Le trasformazioni di Lorentz

Sono dati due riferimenti inerziali X e K' in motorelativo il secondo rispetto al primo con velocità 7. Un dato evento può essere osservato da entrambii riferimenti; se

©, y,2 sono le coordinate nel riferimento A rispetto ad una terna cartesiana O, i, j,é del puntoin cuisi verifica l’evento, e # è l’istante, sempre nelriferimento K, in cui l’evento avviene, diremoche l’evento ha — nelriferimento X — coordinate spazio-temporali ci, 2\y,z: utilizziamo ci come coordinata temporale, di modo che tutte e quattro le coordinate hanno le stesse dimensioni. Le coordinate spazio-temporali dello stesso

evento nelriferimento X” saranno, rispetto ad una terna O', î',j', &' (terne destrorse),

ci a'iy' a.

Indichiamo con x la quaterna, anzi, il quadrivettore (ci, x, y, 2) e, naturalmente,

x = (ct' 2°, y', 2'). Le singole componenti del quadrivettore di solito vengono indicate con Zy (4 = 0,1,2,3): ro=ct,x1=%,r2=Y,23= 2;

&h=ct', ecc..

Vogliamo determinare la relazione fra x e 2°, cioè la legge di trasformazione delle co-

ordinate spazio-temporali di uno stesso evento in due diversi riferimenti; nell’ambito

della fisica newtonianail problema lo abbiamorisolto tacitamente assumendo che la coordinata temporale di un evento fosse la stessa in tutti i riferimenti: # = t (trasfor mazionigalileiane”); ora lo risolveremo senza l’ipotesi del “tempo assoluto”, ma con l'ipotesi della costanza della velocità della luce: queste leggi di trasformazione sono

dette trasformazioni di Lorentz. È sottinteso, e lo abbiamo già detto nella discus sione precedente, che in entrambii riferimentisi utilizzano identici orologi e identici

regoli per misurare tempo e lunghezze (altrimentila velocità della luce non avrebbe lo stesso valore nei dueriferimenti). Sia L l'applicazione £ + 2’; scelta (a piacere) in Xl’origine O l’origine dei tempi,

prendiamo in A” comeorigine il punto O'cheall’istante t = 0 coincide con O, e questo stesso istante comeorigine dei tempi: questa è una scelta che facciarno solo per ragioni di semplicità; in altri termini l'evento che consiste nella coincidenza delle origini O e O‘ ha coordinate spazio-temporali (0,0,0,0) sia in X che in K'. Quindi

x'= La);

I(0)=0.

(4.13)

La primacosa che vogliamo dimostrare è che l'applicazione £ è lineare; l’ipotesifisica su

cui si basa la dimostrazioneè quella dell’omogeneità dello spazio e del tempo: le leggidi trasformazione cercate devono essere indipendenti dalla scelta dell’origine O e da quella 83

1

Elementi di Teoria della Relatività

2 L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale cato non al sempre del principio direlatività appli dell’origine temporale. Si tratta pur relazione la se o: traslati nello spazio e nel temp caso di riferimenti in motorelativo, ma to ad una

in moto relativo cambiasse in segui I fra le coordinate di due riferimenti o ambi i riferimenti, il riferimento K e quell traslazione degli assi e degli orologi di entr -3, n 1 = t £;, ali a, sia O di coordinate spazi traslato non sarebbero equivalenti. Allor a origine dei tempi (in K) e #' le coordinate nuov la cE = Z0 e A, la nuova origine in o-temporale in K', cioè spazio-temporali della nuova origine spazi

(4.14 #'=L(F). 5 2'y/= evento sono y= x—£ in K e Rispetto alle nuoveoriginile coordinate di un si traducein in K': l'indipendenzadalla scelta dell'origine

e

y=Ly

>

e-#=10-5)

L(x-#)=L(e)- LE)

(4.15)

che esprimela linearità di L. m

Possiamo quindi riscrivere la (4.13) come = Lr

(4.16)

l'origine spazio-temporale in K'in modo dove L è una matrice 4x 4 (se avessimo scelto .

; mmo 2'= La + a) indipendente da quella in X anziché la (4.16) avre amo partire facci i; iment rifer mbii entra cin Imponiamoorachela velocità dellalucesia origine di idall’ quind (e 0 = et stant all’i K di ne origi un segnale luminoso (fotone) dall’ in K, 2,y,2 inate coord trario) P di K' all'istante # = 0), in direzione del punto (arbi o arriv e O da nza parte i event due i dovearriva all’istante t tale che ct? = 2244 +22: nza costa la per e K', in ,2°) 2°,y' (ct', 0,0); in P del fotone hanno coordinate (0,0, +22. Sia della velocità della luce si ha c?#"? = 2°? + y 3, } 0 -100 7? 5 (417 | Y} + o100 def

GS

( 5 I

I

0010

{

-l

2 (417)

qo0oil è definito come l’opposta della matrice (“tensore metrico di Minkowski”; talvolta G (4.17), allora la condizione (4.18)

ar+ +2?

grazie alla (4.16) sì scrive

1Gr=0

«>

>

da 2449422

(4.19)

‘'LGLa=0.

Vogliamo dimostrare che dalla (4.19) segue

‘LGL=G

yi: v

(4.20)

L

(4.207)

cioè, per ogni evento,

4a = a +44 2-2.

Poniamo

mo

'LGL =ro r-= M=|Mm G= ma

mi ma

a

84

Ma

421 42)

tridimensionale), e (utilizziamo il grassetto per grandezze chesiriferiscono allo spazio

sia 2 = (0, +7) con xj= 2-2 7 si ha

(‘#Gr=0). Dalla (4.19), posto m= (mi, ma, ms),

(4.22)

='oMr=cfmt2om ste Me,

—) ed essendo Sommandoe sottraendo le due equazioni (quella con il + e quella conil

ri = e 2, si ottiene moa=0,

(4.23)

'2(moI+M)z=0

e siccome x è arbitrario e M = ‘M,si ottiene , M=-moG. m=0; M=-moI > Mero

(4.24)

detL= 1, Resta da dimostrare che mo = —1; a questo scopo basta dimostrare che

perché in tal caso per la (4.21) det M = detG e dalla (4.24) det M = médetG > mi =1 > mo = #l (mo è reale), ed mo=1 è escluso dal teorema di Sylvester.

Osserviamo intanto chel’ipotesi che la velocità della lucesia c in entrambii riferimenti { non è sufficiente per dimostrare che det L = +1, in quanto la velocità della luce in

e in K! è c anche se in Kle unità di misura sono il metro ed il secondo, mentre in K' sono p.es. il km edil ks (kilosecondo): un cambiamento delle unità di lunghezza e di tempo per uno stesso fattore comporta che L viene divisa per lo stesso fattore.

Quindi se vogliamo dimostrare che det £ = +1 dobbiamo fare intervenire l’ipotesi che in tuttii riferimenti vengono usatigli stessi regoli e gli stessi orologi, cioè le stesse unità. Questa ipotesi interviene tramite il principio direlatività in quanto esso ci garantisce che se gli osservatori in due riferimenti diversi usano le stesse unità di misura allora per ogni fenomenofisico in uno dei dueriferimenti ne esiste uno soggettivamente identico nell’aliro; quindi, in particolare, se K e È sono dueriferimenti, e L è la matrice di trasformazione da X ad un (terzo) riferimento K', allora esiste un (quarto) riferimento &' tale che L è anche la matrice di trasformazione da Kak' K'ef' sono soggettivamenteidentici rispetto a K e K. Quanto sopra significa che l’insieme A di tutte le trasformazioni di Lorentz ,L non dipende da quale riferimento (K, K, ---) si parte, e che A è un gruppo: infatti, siano LoLiè Li e La le trasformazionidi Lorentz da Ka K\edaKa Ka;prodotto L3.=

esso stesso unatrasformazionediLorentz, K

K3, quella che si 6ttienecomponendo

o X3 (che 1r trasformazione da X a Ki con la trasformazione da A a quel riferiment

moto esiste)il cui moto (e orientamento)rispetto a Ai è “soggettivamente identico” al ovvia: è inversa ione trasformaz della a L'esistenz X. a rispetto 7 di nto) (e orientame per quanto appenadetto, l’inversa della trasformazione da K a K' è la trasformazione da K'a K.

formano Stabilito cheil principio di relativitàcomportachele trasformazioni di Lorentz

L= un gruppo A, consideriamo l’omomorfismo da A al gruppo moltiplicativo R\{0}: i sottogrupp ha non A Siccome A. di AT il'cui nucleo è un sottogruppo normale morfismo dell’orno nucleo il poiché e gruppo, o dall’inter e ità normali diversi dall’ident contiene almeno le rotazioni, ne segue che det L= 1VL. m Nota: stiamo considerando solo il casoin cui le temediriferimento sonotutte destrorse

trasformazioni (o tuttesinistrorse): il “gruppo di Lorentz proprio”; in caso contrario le

8000

-

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Elementi di Teoria della Relatività

fra riferimenti dello stesso tipo costituiscono un sottogruppo normale del gruppo di

particolari (trasformazioni di Lorentz “senza rotazioni”), ma queste e le rotazioni ge neranol’intero gruppo (vedi figura 4.1). .

Lorentz con riflessioni.

Quindi per ogni trasformazionedi Lorentz vale la (4.20); è vero ancheil viceversa, cioè

ogni applicazione lineare che soddisfa la (4.20) è la legge di trasformazione delle coor-

dinate spazio-temporali fra due riferimenti in moto relativo uniforme(senza. restrizioni sugli orientamenti delle terne). Non diamo una vera e propria dimostrazione di questa affermazione, maci limitiamo a “contare” quante sono le trasformazioni di Lorentz, e

quante sono le matrici che soddisfano la (4.20): una trasformazione di Lorentz è individuata da 6 parametri, 3 per assegnare la velocità relativa #, e altri 3 corrispondono

ai possibili orientamenti della terna #,j',#' rispetto alla terna î,j,& (niente di nuovo

sotto il sole: un corpo rigido, o un riferimento, ha 6 gradidi libertà), le matrici che soddisfano la (4.20) costituiscono il gruppo ortogonale rispetto al prodotto scalare de-

finito dalla matrice G (il gruppo 50(3,1)), e anche in questo caso sono necessari 6 parametri per individuare una matrice ortogonale: 16 = 4 x 4 sono gli elementi di una matrice, e 10 sono le condizioni indipendenti espresse dalla (4.20) (e non 16, in quanto sono condizioni fra matrici simmetriche). Quando si ha a che fare con delle trasformazioni, e in particolare con trasformazioni

di coordinate, sono importanti gli invarianti, cioè quelle grandezze che mantengono il loro valore sotto la trasformazione considerata. Per esempio, nel caso di rotazioni

o traslazioni (o entrambe insieme), se 21,Y1, #1 € 22,Y2,22 sono le coordinate di due

punti, si ha che

L’ipotesi che gli assi x e 2’ coincidono significa che y=0,2=0 «& y'=0,2"=0, che si traduce in Z20 = Za1 = 0, Z30 = Za: =0, quindi

L= (è 5)

(4.28)

con A, B, D matrici 2 x 2. Dalla (4.20) si ottiene

‘AgA=g; ‘AgB=0; 'BgB+'DD=I

MEDIE

ca

Dalla prima delle (4.29) segue che A è invertibile (det(A) # 0), quindi dalla seconda B = 0, e dalla terza che D è ortogonale: quindi mediante una rotazione di matrice D-! attorno all’asse x’ è possibile orientare gli assi y’ e 2° comegli assi y e z, cioè

Lor = L33= 1, L23= Lse=0. Poniamo

4a=(2 di):

a>0, d>0

(4.30)

le ultime due condizioni sono dettate dalla richiesta che gli assì x e 2’ siano orientati

nello stesso verso, e così pure per gli assi dei tempi (gruppo di Lorentz ortocrono).

Dalla prima delle (4.29) si ha

(21 — 22)? + (yi — 92)? + (21 — 20) =

= (25-20) + (vi w9)+ (1-29)?

(4.25)

e quindi (21 — 22)? + (y1 — y2)? + (21 — 22)? è un invariante(la distanza fra due punti non dipende da comesi scelgono le coordinate!).

Nel caso delle trasformazioni di Lorentz, queste sono caratterizzate dalla (4.20) che

esprime l’invarianza del prodotto scalare ‘yGz e in particolare di Gr. Quindi è invariante (v. (4.20?)) s=al ty 4a 00?

(4.26)

e nel caso di due eventiè invariante la loro “pseudodistanza” spazio-temporale (4.27)

ab=cd;

d°-5=1.

(4.31)

La seconda delle (4.31) dice che a e c sono proporzionali a d e b, la prima e la terza più

la positività di a e d dicono cheil coefficiente di proporzionalità è 1, cioè a= d, c= è;

infine, posto a? = cosh°@; c? = sinh*@, e tenuto conto che a > 0 a=cosh@; c= — sinh@

(4.32)

(il segno — nella seconda delle (4.32) solo per comodità), quindi et' = ci cosh8 — 2 sinh8 x =xcosh? — ctsinh?

!=y

(4.33)

4.6 Le trasformazionidi Lorentz senza rotazioni In questo paragrafo determiniamo esplici-

tamente le matrici L associate a particolari trasformazioni di Lorentz; quelle fra riferimenti X e K' con gli assi paralleli, e velocità relativa parallela agli assi (coincidenti) x er: l’unico parametro libero è la velo-

cità scalare v di K” rispetto a XK. È vero che

si tratta di trasformazioni di Lorentz molto

86

ww

@,

(As)? = (21 — 22)? + (v1 — ya)? + (21 — 20)? — (tt).

al-cì=1;

=.

Infine, imponiamoche la velocità di K' rispetto a K è v: dalla seconda delle (4.33) si

k'

vede che la legge oraria dell'origine O’ di K' è, in XK, 5

c=cttanh@8

>

v=ctanh@

&

0 = tanh 2.

(4.34)

n parametro 8 è detto rapiditàdelriferimento K' rispetto al riferimento K; le trasformazioni di Lorentz senza rotazioni costituiscono un sottogruppo abeliano del gruppo A: esse sono rappresentate dalle matrici 87

LE, Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

L(0) =

cosh@

— sinh ?

— sinh@

0

Elementi di Teoria della Relatività

0

cosh @

(4.35)

I

e la legge di composizione è data da

(4.36)

L(01)L(02) = L(92)L(0,) = L(0 +92)

©)

quindi le rapidità si sommano: se #è la rapidità di K1 rispetto a K, e 92 quella di Ka

rispetto a 1, la rapidità di Ky rispetto a K è 03= 01 + 82; non così perle velocità,

infatti poiché vi = ctanh@ e v2 = ctanhA., dalla (4.36) si ottiene per la velocità v3 di Korispetto a {

va = v;10v) = ctanh(8; +92) = c

tanh @, + tanh #2 1+tanhfitanh99

vi tv 1+v1v2/c? °

(4.37)

La (4.37) costituisce la legge di composizionedelle velocità nel casodi velocità parallele,

sulla quale ritorneremo fra poco.

Disolito le (4.33) si scrivono esplicitando ia dipendenza da v: dall’identità cash? 9 =

(1- tanh?9)-! si ottiene

sE i

sinh@=fy(v)

(4.38)

e quindi

(4.39) v

tari 3°). Le trasformazioniinverse delle (4.39) si determinano facilmente osservando che per la (4.20) L7* = G'LG e risulta che si ottengonodalle(4.39) scambiando 7,t con xt

2= 10)+00) y=y'

(4.40)

25203

tav)+57) e questosignifica cheil riferimento K sì muoverispetto a K‘ con velocità —&. Se u/c « 1le (4.39) si riduconoalle trasformazionigalileiane, mentreinvecele differenze con la cinematica galileiana (0 newtoniana) sono tanto più rilevanti quanto più v è confrontabile con c: 102

Consideriamo un mesone 4 che viaggia con velocità v rispetto alla Terra (riferimento K), e prendiamo un riferimento (K‘) che si muova solidalmente con il mesone: quindi K' si muove con velocità v rispetto a A°, ed il mesone è fermo rispetto a K'. Sia (in K') t| l’ istante in cui il mesone & viene prodotto e # quello in cui decade; le coordinate spaziali di questi due eventi sono le stesse perché il mesoneè fermo. Poniamo

At = #3 — t|. Vogliamo determinare l’intervallo temporale At = t2 — t1 fra questi due eventi nel riferimento della terra (K). Possiamo procedere in due modi: dalle (4.40) ty = (0)+ 57),

ta= rt + 52)

>

At=yv)At

(4.42)

oppure, ed è più istruttivo, sfruttando l’invariante (4.27): siccome vAt è lo spazio percorso (in {) dal mesoney tra il momentodella produzione a quello del decadimento,

grazie alla (4.27) (o alla (4.207) si ha

e(At') = ce(At)?- (41)?

>

At=vy(v)At

(4.43)

quindi, se p.es. 8 = v/c= 0.99

cosh 8 = y(v) =

e v con —ti

4.7 Dilatazione dei tempi e contrazione delle lunghezze

Yo) =1+ 3a +...

(v/c&1);

r(0) +00 sevic.

(4.41)

Dalle (4.38) e (4.39) risulta che deve sempre essere |v] < c: la velocità relativa di due riferimenti è sempre minoredella velocità della Îuce, che quindi costituisce la velocità limite. 88

vo)

1

1

Tag

v50 27

(4.44)

e quindi Af x 7AY. In conclusione Se At è l'irtervallo temporale fra due eventi nel riferimento in cui essi sono spazia!mente sovrapposti, l'intervallo temporale in un riferimento che si muova con velocità v rispetto ad esso è y(v)Ato, e quindi è maggiore di Ato (dilatazione dei tempi). Ato è detto “intervallo di tempo proprio”fra i due eventi. Nel capitolo 4.4 in cui abbiamosollevato il problema della composizione delle velocità, abbiamo messo in dubbio che la misura della distanza / fra due punti del carrello effettuata nel riferimento del carrello sia uguale alla distanza fra gli stessi punti misurata dal riferìmento della strada. Per vedere come stanno le cose, dobbiamo prima definire chiaramente come si misurala distanza fra due punti P{ e Pi. Nelriferimento (K‘) in

cui i due punti sono fermi(il riferimento del carrello) non c’è problema: si confronta

la distanza fra i due punti con l’unità di lunghezza. In un riferimento (K) rispetto al quale i due punti si muovono (con velocità v) si procede comesegue (per definizione): ad un certo istante i si registrano (traguardano) le posizioni dei due punti e poi con calma si misura la distanza fra le posizioni Pi e Pà registrate. Supponiamo che i due punti P{ e P} differiscano solo perl'ascissa x’ {il segmento P{P{ è parallelo all’asse x'); siano x e xle loro ascisse, e quindi Ax' = 25 — #1 la loro distanza in K'. Dobbiamo calcolare la distanza spaziale Ar = x2(t) — z1(f) fra i due eventi costituiti dalla registrazione in XK delle posizioni ad uno stesso istante # dei due

punti mobili: dalla (4.39)

ri=r0(e di),

22 = N01 - dt)

quindi le leggi orarie in A dei punti P{ e P} sono 89

(4.45)

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

1 ri(t) = get,

1, so(t) = greto

Elementi di Teoria della Relatività

(4.46)

Supponiamoora che P si muova in Acon velocità ortogonaleall’asse r°:

g=0,y()=ut', =.

da cui

Ar= DAx

(4.47)

rv)

e quindi Se Lo = Aw' è la lunghezza di un segmentonelriferimento in cui è in quiete (la “lunghezza propria”), la lunghezza L = Ax - definita come detto sopra — in un riferimento che si muove rispetto ad esso con velocità v parallela al segmento, è L = Lo/y(v) e quindi minore di Lo (contrazione delle lunghezze). Possiamocapire il perché di questorisultato nei seguenti termini. Gli eventi di coordinate spazio-temporali x), t, 22,1, che consistono nella registrazione in K delle posizioni dei due punti, sono simultanei in XK, ma nonlo sono in K': usiamo nuovamentel’inva-

riante (4.27)

L-0=L1i- (A)

>

L

|A 87 .

(4.48)

(4,52)

Se ci accontentiamo di determinare fp possiamo ragionare comesegue:

(up) = v

(4.53)

infatti P si muove sull’asse y' che si muoverispetto a A° con velocità v in direzione dell’asse 2;

(ue=

Ay_

Ay

1

= =_=

at

3ae

10)!

difatti dall'ultima delle (4.40) At = y(v)At (Az'= 0). L'angolo a chela traiettoria di P forma con l’asse y in A è dato da

_ eh, (Ple= r0)=2 tana =

(4.55)

e se P è unfotone (« = c), l'angolo a (angolo di aberrazione) è dato da tano = Oh =

Quindi La simultaneità di due eventi non sovrapposti è relativa al riferimento.

Consideriamoora il caso in cui i due punti abbiano la stessa ascissa 2’, ma p.es. ordinata y' diversa: Lo = y5 — yj- In questo caso dalle (4.39) si ha L = Lo, quindila contrazione

delle lunghezze riguarda solo quelle che non sono ortogonali alla direzione del moto

relativo dei due riferimenti. La stessa cosa vale per la simultaneità: due eventi la cui

4.54

(4.54)

(4.56)

che differisce dall’espressione nonrelativistica peril fattore y. Se la propagazione della luce fosse istantanea (c = 00) non ci sarebbe aberrazione: la misura dell’aberrazione della luce proveniente da stelle allo zenit, dovuta al motodirivoluzione della terra ha permesso a J.Bradley (1725) una buona determinazione della velocità della luce.

separazione spaziale è ortogonale alla direzione del motorelativo di dueriferimenti, se sono simultanei in uno di essi sono simultanei anchenell’altro.

4.9 La geometria dello spazio-tempo

4.8 Composizione delle velocità

4. Nello spazio vettoriale associato M è definito un prodotto scalare la cui matrice è G, data dalla (4.17). Un vettore v di M è detto di tipo tempo se (v,v) < 0, di tipo spazio se (v,v) > 0, di tipo luce se (vv) =0.

Un punto P si muove in A” con legge oraria

eu =%, =

(4.49)

Vogliamo determinare la sua legge oraria nel riferimento K. Dalla prima delle (4.40) e dall’ultima delle (4.39)

= Au +o)t = A+ 0) (e - 25) __utv

t,y=% 252

up

=

suor

utv

=T_3

> (4.50)

(dimostrare!) e le due classì di equivalenza in cui V viene decompostosi indicano con

per tutte); V+ è detto il “cono futuro” e V7 il “cono passato”. In ogni base ottonormale ((ea,e3) = 4625 ) esiste un solo vettore di tipo tempo; viceversa, dato un vettore normalizzato eo di tipo tempo, esiste una (ma non una sola!) base ortonormale contenente eo. I riferimentiinerziali “ortocroni” (quelli nei qualiil tempo “scorre nel verso giusto”, cioè un fotone prima parte e poi arriva) sono in corrispondenza biunivoca con ì vettori di V+ (non di tutto V perché il tempo “scorre in un verso solo”): ogniriferimento inerziale X è univocamente individuato da un vettore

eo € V+ che definisce “l’asse delle #”; lo spazio (fisico) tridimensionale K' è il sotto4.51

1+ uv/e?

Nell’insieme V dei vettori di tipo tempo, (v1,v2) < 0 è una relazione di equivalenza V+ e V- (la scelta di quale è l'una e quale è l’altra è arbitraria e viene fatta una volta

: (+04) (uti » It uv/e? quindi la velocità del punto P rispetto a A è

Considerato in terminiastratti, lo spazio degli eventi è uno spazio affine di dimensione

(4.51)

spazio di M ortogonale ad eo; una terna î, j, & in A costituisce insieme ad eo una base

ortonormale ortocrona in M. Le trasformazioni di Lorentz L, definite dalla (4.20), sono le matrici che trasformano basi ortonormali ortocrone in basi ortonormali ortocrone.

cioè la (4.37). Si noti che se u < c e v < c, uov < c, e in particolare se u = c (fotone, segnale luminoso) uov = c, come deve essere.

e consente di introdurre il concetto di distanza: la distanza fra due punti Pe Q è

90

91

Ristretto alla varietà tridimensionale Xil prodotto scalare definito da G è euclideo

a

1}

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Elementi di Teoria della Relatività

la norma del vettore PQ, ed in termini di essa sono definiti i concetti metrici della geometria euclidea (teorema di Pitagora, trigonometria...); lo spazio degli eventi è primadi tutto uno spazio affine, e quindi ha in comune con lo spazio euclideo i concetti della geometria affine (rette, piani, parallelismo. ..), mentre quelli legati alle proprietà metriche risultano modificati in quanto sono indotti dal prodotto scalare definito dal tensore metrico G che non è positivo definito (geometria di Lorentz-Minkowski). Le relazioni geometriche nello spazio-tempo sonorelazionifisiche fra gli eventi, e sono indipendenti dal riferimento (cioè invarianti per trasformazioni di Lorentz) proprio comenello spazio euclideo le proprietà e le relazioni puramente geometriche (teorema di Pitagora, teorema deiseni...) prescindono dall’uso delle coordinate, cioè dalla scelta

di una base (invarianza per rotazioni); ovviamente esistono anche problemi che fanno esplicito riferimentoalle coordinate{“la proiezione sull’asse £ di un segmento è uguale a...) Se diciamo, per esempio, che ie leggi della fisica newtoniana sono formulate in termini

geometrici in uno spazio euclideo, intendiamo che esse sono formulate in termini di vettori (magari anche tensori. ..), fanno uso della geometria euclidea (p.es. vediil significato geometrico del prodotto scalare o di quello vettoriale fra due vettori), e come tali sono indipendenti dalla scelta delle coordinate. Il superamento della fisica newtoniana significa che ora l’ambiente naturale in cui si formulanole leggi dellafisica è lo spazio degli eventi, e che in questo spazio quadridimensionale esse devono essere formulate in termini geometrici, la geometria essendo ora quella di Lorentz-Minkowski; la

geometria dello spazio-tempo,cioè in definitiva il tensore metrico G, determina quindi

la fisica in tuttii riferimenti inerziali: le leggi dellafisica (neiriferimentiinerziali) sono esprimibili come relazioni geometriche nello spazio-tempo {vuoto}. Per esempio, la propagazionerettilinea della luce è espressa dicendo che la linea di universodi un fotone è unarettaisotropa, cioè parallela ad un vettore isotropo ((v,v) = 0, detto anche “vettore di tipo luce”), mentrele linee di universo delle particelle sono le rette (o i segmenti) “di tipo tempo”, la “linea di universo” di una particella o dì un fotone è l’insieme degli eventi sovrapposti alla particella stessa (una particella vive almeno per un certo tempo e occupa posizioni nello spazio e quindi individua una successione di eventi). In ogniriferimento la linea di universo della particella è vista come unarelazione fra le sue coordinate spaziali e la sua coordinata temporale, cioè come la sua legge oraria: secondo questo “modo di pensare quadridimensionale” la linea di universo è (dal puntodi vista cinematico) la particella, la legge oraria le sue coordinate. Esaminiamo un po’ più da vicino la geometria di Lorentz-Minkowski; per semplicità ci limitiamo ad uno spazio-tempo bidimensionale, con tensore metrico g come nella (4.29), e quindi le trasformazioni di Lorentz in questo spazio sono le (4.33), relative

soltanto alle coordinate 2 e t. Tutti i vettori (normalizzati) di tipo tempo in V+ sono i vettori

clé) = (Sì3) , (eo(6), (9) =-1:

0 peril segno della 1* componente); ortogonali ad ey sonoi vettori (normalizzati) 92

sinh é

c1(9)=£ (Co) » (e:(#),c(4)) =1

(4.58)

(il segno * dipende dalla scelta del verso dell'asse x). Scelto il segno +, le basi orto

normali ortocrone sono

Col) il)= (ERI). al= (SR).

Date due basi {eo($1). e1(41)};

(159)

{eo($2), e1($2)} si ha

(e0(61), co($2)) = — cosh(é1 — $2);

(co($1), €1(92)) = sinh($1 — #2)

4.60 (ex(62), co(92)) = —sinh(61 — da): (e1(41),e1(6) = cosh(e, — ga) (499

Se vogliamo rappresentare in R? lo spazio-tempo (bidimensionale), in esso le due bisettrici dei quadranti (1,3) e (2,4) rappresentano le dueretteisotrope, cioèle linee di universo dei fotoni passanti perl'origine: le rette isotrope costituisconoil cono-luce,

perché in A costituiscono la superficie di un cono (quadridimensionale) a due falde (V+ e V7); il cono-luce separa i vettori di tipo tempo da quelli di tipo spazio. Una base {ea(9), e1(4)} è rappresentata da due vettori simmetricamente disposti rispetto ad una delle rette isotrope e se “applicati” all’origine hannol'altro estremo rispettiva-

mentesulle iperboli x£$— rÎ=1,e 2 - r}=1 Esempi

1. Possiamo ritrovare per via geometrica le trasformazioni di Lorentz senza rotazioni,

date dalla (4.33).

Siamo nello spazio-tempo quadridimensionale; i riferimenti X e K' siano indivi

duati rispettivamente dai vettori di V* eo ed e}. Completiamo le basi prendendo i versori î e î’ entrambinel piano individuato da eg ed eh, e concordi (1-8/>0); nel piano ortogonale prendiamo $ = j'; #= #, per cui y/'=y 2/=%. Quindi

ci siamo ricondotti allo spazio-tempo bidimensionale discusso sopra. Se E è un evento in questo spazio e v il vettore che lo individua,si ha (posto e) = î, =?)

v = Zotg + 210: = che +26

quindi dobbiamoesprimere ep ed e; in terminidi sh ed e): si ha

(4.61)

to = 06} + Bei

e dalle (4.60) con ea($1) = e4, ca($2)

a=-(e),6) =cosh@,

ca e 0=41— @2, si ha

8=(6,e)=-sinh?

eo = cosh ep — sinh@ e/

>

(4.62)

e analogamente

ei = sinh@ eh + cosh@ e).

(4.63)

Inserite le (4.62) e (4.63) nella (4.61) si ottengonole (4.33). Nelle (4.60) d1 — #2 è la rapidità delriferimento ex(91) rispetto al riferimento

ta($2).

2. Ritroviamo per via geometrica la dilatazione dei tempi.

Siano Ei ed E2 gli eventi corrispondenti alla produzione e al decadimento del 93

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Elementi di Teoria della Relatività

mesone 4 e sia v E V+ il vettore EF. In ogni riferimento il tempo di vita

del mesone 4 è la coordinata temporale (in quelriferimento) del vettore v: nel riferimento in cui il mesone è in quiete v è parallelo all’asse dei tempi e, quindi detto 7 il tempodi vita del mesonenel suoriferimento di quiete, si ha

(er = va).

(4.64)

In un riferimento individuato da ep la coordinata temporale del vettore v, cioè l'intervallo temporale At fra i due eventi, si ottiene da v= chteo+ati

>

cAt = —(0,e0) = —er(e0,60) = cr cosh@ = cy(v)m.

(4.65)

nee di universo degli estremi di una sbarretta

quiete della sbarretta e) è parallelo alle due linee di universo ed ei hala direzione simmetrica (linee punteggiate nella figura 4.2). In un riferimento K la lunghezza Z è per definizione la distanza fra le due linee di universo fi ig. 42 . ° presa ad un dato istante. Dalla figura si vede che i vettori Loej e Lei differiscono per un vettore parallelo ad ej, quindi

La quadrivelocità u = (uo, #) viene definita comeil rapporto fra lo spazio percorso ed

il tempo proprio impiegato percorrerlo:

Lo=L(e,6)

e dalla (4.63)

uo

Abbiamo determinato la legge di composizione delle velocità in due casi particolari, quelli in cuiil moto della particella è parallelo oppure ortogonalealla velocitàrelativa

dei due riferimenti. Non c’è nessun problema a determinare le formule di composizione

delle velocità nel caso generale in cui la velocità % della particella nel riferimento K è comunqueorientatarispetto alla velocità relativa 7 di K' rispetto a A: diamodiretta menteil risultato nel caso di trasformazioni senza rotazioni, lasciandone la derivazione

,

ui

def ©

1.

Ar a

din Ar “2

det; ©

Ay 22

dim, Ar ua

dt

u= PISA

a

4

= vYw)d;

uo = cr(w).

def def

lim

Az SI

aim, Ar (4.68)

cAt, Ax, Ay, Az, cioè quella delle coordinate spazio-temporali:

u' = L(0)u

(4.70)

in particolare (trasformazioni senza rotazioni)

us = Y0)(us — fu) y

(1- wsv/e?)

ia

a

ù' = Wo(-#)

(4.71)

uu;

(4.66)

(4.69)

Siccome Ar è un invariante, la legge di trasformazione della quadrivelocità è quella di

u, = Vy

We = V Wy

_

cAt —;

I, Ar'

de

4.10 Il tempo proprio e la quadrivelocità

w

der © lim . _

e per la (4.67) si ha

Lo = L cosh? > L= Lo/r(v).

#

è uniforme, si definisce (ad ogni istante) l’iptervallo (infinitesimo) di tempo proprio

tangente cambia daistante a istante. Per comeè stato definito, l'intervallo di tempo proprio è un invariante e, se w è la velocità della particella in un riferimento K, e quindi anche la velocità del riferimento tangente rispetto a K, per la (4.42) 0 (4.43) 0 (4.65) si ha ht Ar= 5)” (4.67)

a quella di ef rispetto alle linee del cono-luce

comeesercizio: ul =

Cominciamo con la

definizione di tempo proprio di una particella in moto: se la particella si muove di moto rettilineo uniforme il tempo proprio r è il tempo misurato nelriferimento in cui la particella è in quiete: abbiamo già incontrato questo concetto a proposito della dilatazione dei tempi e della vita media del mesone y. Se il moto della particella non

è detto riferimento tangente al moto della particella, in quanto è individuato dal versore eo tangente alla linea di universo della particella; ovviamente il riferimento

di lunghezza propria Lo. Nel riferimento K' di

>

legata alla velocità di una particella, che ha leggi di trasformazione identiche a quelle

delle coordinate, e quindi più semplici di quelle della velocità.

Ar comel'intervallo di tempo misurato in un riferimento inerziale rispetto al quale la particella è istantaneamente ferma: con terminologia molto espressiva un tal'riferimento

3. Ed infine la contrazione delle lunghezze. Nella figura 4.2 le linee tratteggiate sono leli-

Lee =Le+aeh

cambiando riferimento cambianosia il numeratore che il denominatore. Dal momento che ci sarà utile più avanti, possiamo definire una grandezza, detta quadrivelocità,

Ì

uh = 1v)(vo — Bur).

Siccome per la (4.69) è anche u) = cy(10°), dall'ultimadelle (4.71) e dalle (4.69) si ha

a

r(v)(1- wsu/e?)

uh = ey(w!) = r(v)(to — Bus) = cr(0)7(w)(1 — vw/2°)

(4.72)

che nei casì particolari citati prima coincidono con le inverse (vr + —v) delle (4.51) e

da cui, essendo i’ = 0(—-1) (la particella ha velocità i rispetto a A che ha velocità —& rispetto a K”), si ottiene l’identità

94

96

(4.54).

{__L

v=ereh,

Le (4.66) non hanno un aspetto particolarmente attraente, e neppure tanto facile da ricordare: la ragione sta nel fatto che, essendo la velocità definita come spazio/tempo,

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

s'= d0(2).

(0) =(01 — vs/09);

(4-79)

generale al posto di vws si (Nella (4.73) 7 è parallelo e concorde con l'asse z; nel caso ha 7. d).

Dalle (4.69) e (4.71) si ha

5.

DINAMICA RELATIVISTICA

5.1 Le equazioni della dinamica

calcoli troppo laboriosi.

Le equazioni della dinamica newtoniana sono senz'altro accettabili quandole velocità delle particelle sono molto minori della velocità della luce: questo ce lo garantisce l’ottimo accordofra teoria ed esperienza in moltissimesituazioni, dal moto dei pianeti, a quello delle sonde spaziali a quello di cariche lente in campi elettromagnetici, eccetera. Tuttavia, da un lato nulla ci garantiscea priori che le leggi che valgono per basse velocità debbano conservarela loro validità anche nel caso di velocità relativistiche, d’altro lato è evidente che la seconda legge di Newton è in contrasto con il principio di relatività in

fattori y Onde evitare confusioni, si noti che in questa discussione intervengono due

a c. Quindi ci troviamonella necessità di procedere ad una revisione delle leggi della

1! )w = NW — è)

(4.74)

Nw)w, = YW)wy

rw)= Nww

ate senza per cui, grazie alla (4.73), si ottengono le (4.66), che risultano così dimostr consignificati diversi: uno, y(v), dovuto al cambiamentodi riferimento, ed uno, y(w), nella definizione della quadrivelocità.

quanto prevede che una particella possa raggiungere qualsiasi velocità, anche superiore dinamica.

Possiamo affrontare il problema in due modi: o indurrele leggi dai fatti sperimentali (come a suo tempo fece Newton), oppure - con atteggiamento più teorico - cercare di modificare le leggi di Newton lo stretto necessario in modo da renderle compatibili con il principio di relatività. Seguiremo questa seconda strada che — deve essere chiaro — non ha carattere deduttivo (non è possibile dimostrare la necessità delle ipotesi che faremo) percui, in ultimaanalisi, la correttezza dei risultati ottenuti può essere sancita esclusivamente dall'accordo con i fatti sperimentali. I principi della dinamica newtoniana da mettere in discussione sonotre: il primo prin-

cipio (“un corpo non soggetto a forze o soggetto a forze a risultante nullo si muove di motorettilineo uniforme”) non contrasta con il principio di relatività in quanto un

moto uniforme in un riferimento è uniforme in qualunquealtro riferimento, e quindi lo assumiamo vero anche in ambito relativistico. Una volta accettato ne consegue che se È = 0 in un riferimento allora la forza è nulla in qualsiasialtro riferimento (f = 0 > #'=0) e quindi forze uguali in un riferimento, anche se di natura diversa, sono uguali in ogni riferimento. Il terzo principio, nella sua formulazione newtoniana (“la forza che A esercita su B è ad

agni istante uguale ed opposta alla forza che B esercita su A”}, non può essere vero în generale: A e B possono essere molto lontani e la loro posizione relativa può cambiare nel tempo; il 3° principio richiederebbe che un qualche segnale viaggiasse da un corpo all’altro con velocità infinita: un segnale non è “puro spirito” ma qualcosa di molto più concreto, cioè energia e quantità di moto(l'interazione fra due corpi può essere vista

come uno scambio di quantità di moto fra di essi), e ciò contrasta con l’esistenza di una velocità limite. Detto in modo diverso, ma equivalente, se in un certo riferimento

ad un datoistante le due forze sono uguali (e opposte), questo in generale non è vero in un altro riferimento, in quanto la simultaneità è relativa al riferimento. Ancheseil nostro obiettivo è solo quello di costruire la dinamicarelativistica per una particella, mentre il 3° principio interviene nel caso di sistemi con più particelle, è senz'aliro opportuno spendere due parole sia per dare un’idea della profonda revisione dei 96

97

I.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Dinamica relativistica

concetti della meccanica newtoniana, a cominciare dal concetto di forza, che comporta

la riformulazione del 3° principio nella meccanica relativistica, sia perché - come ve-

dremo - questa revisione influenza anche la formulazione del 2° principio. L’idea newtoniana di azione istantanea a distanza lascia il posto al concetto di campo;

l’interazione fra due corpi lontani è sempre mediata (trasmessa) da un campo, il campo

elettromagnetico nel caso di particelle cariche, quello gravitazionale fra masse, il campo

delle forze nucleari fra i nucleoni, eccetera; ogni particella interagisce “per contatto”

con il campo, trasferendo ad esso quantità di moto, talvolta anche energia e/o momento della quantità di moto, che viene poi totalmente o parzialmente trasferita, in un

tempofinito, all’altra particella. Il campo assume così il ruolo di una vera e propria entità fisica, e quindi è parte delsistema: il sistema delle due particelle non è più un sistema isolato, ma lo è il sistemacostituito dalle particelle più il campo (o i campi) con il quale interagiscono. Il 3° principio, che nella fisica newtoniana è equivalente alle

leggi di conservazione della quantità di moto e del momento angolare per un sistema isolato, viene nella teoria della relatività sostituito da queste leggi di conservazione per il sistema comprendente anche il campo: è sulla base di queste idee che arriveremo alla formulazione del 2° principio. Si consideri ad esempio l’urto fra due protoni: urto non significa necessariamente contatto fra due sferette dure, ma che le due particelle vengono a trovarsi abbastanza

vicine da poter risentire ciascuna delle modifiche del campo dovuteall'altra particelia (due nucleoni possono interagire tramite il campo delle forze nucleari solo fino ad una

distanza che praticamente non supera i 107!?cm); i protoni interagiscono sia conil

campoelettromagnetico (sono particelle cariche, e la carica elettrica misura l’intensità dell’interazione con il campo elettromagnetico), sia con quello nucleare: se non tutta l'energia e quantità di moto trasferite dalle particelle ai campi vengono riassorbite dalle particelle, il campo resta “eccitato”, e questa eccitazione si propaga nello spazio. A questo punto ci mette lo zampino la Meccanica Quantistica, secondo cui Je eccitazioni

wtoniana possono sopravvivere in una formulazionerelativistica: la forza È a secondo

membrodella (5.1) è il risultato dell’interazione della particella con un altro sistema e, se P è la sua quantità di moto,si ha

dP__

= F4

di

dP

#30

La (5.2) esprimela conservazione della quantità di moto peril sistemacostituito dalla

particella e l’esterno con cuiinteragisce, e permette diridefinire la forza come la quantità di moto trasferita alla particella (dall'esterno) nell'unità di tempo (definizione dinamica di forza). Questa definizione può essere adottata tale quale anche in ambito

relativistico in quanto, come abbiamovisto nella discussione precedente , la conserva

zione della quantità di moto totale delsistema particella—esterno (campo, ...) viene

assunta come formulazione del 3° principio nella meccanica relativistic a. Quindi la (5.1) è anche — per definizione di forza - l'equazione del motorelativistica per una par-

ticella: ùl problema è spostato sulla definizione di P; che non può mantenere la forma

newtoniana p'= mi. Assumeremo che la quantità di moto di una particella abbia la forma °

b= f(v)d;

{0)=m

(5.3)

cioè che f sia proporzionale a #, con coefficiente di proporzionalità che dipende solo dal

modulodella velocità (in uno spazio omogeneo ed isotropoesistono forse alternative?) e cercheremo di determinare f(v) assumendo la conservazione della quantità di moto în ogni riferimento peril sistema costituito dalla particella e da ciò con cuiinteragisce. doteche scrivere, poiché ci sarà utile, la (5.3) in termini della quadrivelo cità CEZIOLA

F=g)i, d0)=m

(00)= fr).

dei campi sono “quantizzate”, cioè non possono trasportare quantità arbitrarie di ener-

Consideriamo l’urto fra due particelle 1 e 2 di uguale

due protoni possono prodursi fotoni, cioè i quanti del campoelettromagnetico, e anche

velocità uguali e opposte 7 e —i' (figura 5.la); assu miamo che l’urto avvenga per contatto, o che co-

gia e quantità di moto, ma solo quantità ben determinate. Ed ecco che nell’urto dei — se l'energia dei due protoniè sufficientemente elevata - i mesoni 7, che sono i quanti

(5.2)

(5.4)

massa, che in un riferimento {o hannoinizialmente

4y

fo

201 a !

di eccitazione del campo nucleare. Quindi, in definitiva, nella meccanica relativistica non esiste una vera e propria dina-

munque il campo che trasmette l’interazione non resti eccitato, per cui la quantità di moto prima e

CTZ È i DN

di gradi di libertà, ma la teoria di ogni sistema composto da più particelle interagenti è necessariamente una teoria di campo, e un campohainfiniti gradi dilibertà.

tre assumiamo che l’urto sia elastico, cioè con con-

fig Sla

micadei sisterni nel senso della meccanica newtoniana,cioè sistemi con un numerofinito

Ma l’obiettivo principale di questo paragrafo è la riscrittura del secondo principio, cioè dell’equazione F = mà. Intanto, nella meccanica newtoniana questa equazione può essere scritta come

dd a x” P

(5.1)

dove con d abbiamoindicato la quantità di moto della particella. Conformemente al nostro programmadi modificare la (5.1) lo stretto necessario per renderla compatibile con il principio di relatività, vediamo quali concetti fondamentali della meccanica ne98

dopo l'urto è solo quella delle due particelle. Inol-

servazione dell’energia cinetica totale. Non conosciamo ancora l’espressione dell'energia cinetica (relativistica) di una particella, ma ci basta supporre che sia una funzione crescente della velocità Ev). La conservazione della quantità di moto, sia che si

utilizzi l’espressione (5.3) o la (5.4), ci permette di

:

x al f AT TT fig. 5.1b

concludere (basta assumere che f(v)v sia una funzione iniettiva) che dopo l'urto le due particelle hannovelocità uguali ed opposte e dalla conservazione dell’energia si deduce che il modulo delle velocità è ancora v, Prendiamo gli assi 2 e y comein figura 5.la, per cui le componenti x delle velocità 99

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Dinamica relativistica

y i prima e dopo l'urto, e le componenti dì ciascuna delle due particelle so no ugual ispetto a motor in K to rimen unrife da sso proce cambiano segno. Osserviamo ora il K le componenti 2 delle

de _

le (4.66) anche in Koindirezionedell’asse x (figura 5.1b): per uguali prima e dopo l’urto, € le composono elle partic due delle una ciasc velocità di vale anche per le quadrivelocità,il cuì cosa stessa la nenti y cambiano segno, pertanto grazie alle (4.71), le componenti y delle modulo quindi non cambia nell’urto. Inoltre, fra di loro (a parte il segno), in quanto i quadrivelocità delle due particelle sono ugual sono uguali nel riferimento Ko:

(5.5)

lui,yl = luz,y]

elle

entiy delle velocità delle due partic (mentre invece dalle (4.66) si vede che Je compon ità di m oto in K, utilizzando la (5.4) € quant della sono diverse). Per la conservazione zioni nell’ urto e sono dovute soltanto al la (5.5) si ha (Ap, Ai rappresentano le varia cambiamento di direzione di 7 di ©)

) lt gl (A$1[= g(0) 1A711= 29(01) lungli 1A#} = 29(v2) luz = 29(v2 (5-6) Aîi+A4f=0 > |Af11= [AF] > 91) = g(v2)

della velocità v delle due particelle in L’arbitrarietà della velocità di K rispetto a Koe in dipendenti, e quindi che g è indipenKo permettono di concludere che v) e v2 sono cioè m, g= dente da v. Dalla (5.4) si ha allora

(67)

Fa mi=my()7

che è l’espressionerelativistica della quantità di moto. Esempi

soggetta ad una forza costante 1. Studiamo il moto unidimensionale di una particella

F.

= 0, (0) = 0, si ha Dalla (5.1) e (5.7), posto g = F/m e presi (0)



v

gega 7 > 0° TA

20) = È (vIFGi7oà- 1) o anche

2 2 (e + c/g) — et = (e°/9)

per cui, essendo v(v) costante, la soluzione coincide con quella non relativistica purdi sostituire m con my(v): la particella descrive una circonferenza di raggio p con velocità angolare + dati da

pe

PT

gB

(5.11)

© vole

5.2 L’energia

Nella meccanica non relativistica la definizione di energia cinetica nasce dal teorema co) forze vive, per cui tentiamo la stessa strada anche in ambito relativistico; dalla

di . Fis £.g=F. di 7

(5.12)

ed ora si . ha si tratta di vedere se il 1° membi ro puòÒ essere scritto i i i una funzione E(v). Siccome ? come la derivate di

dov) _ 1a, dF si ha

di aa

(6.19)

db .___ dla,

di

d

* ame (i +1) ambo e me? nia)

(5.14)

quindi definita l'energia

E(v) dE mule

(5.15)

dE(v) = F7

TT

(5.8)

( e pertanto questo È e quindi la linea di universo della particella è un’iperbole detto “moto iperbolico”). c/g=3x 107s, cioè w l anno)si Per lil < c/g (se g è l’accelerazione di gravità rato. accele nte rmeme ritrovano le leggi del moto unifo in un campo magnetico uniforme. 2. Moto bidimensionale di una particella carica e quindi anche alla quantità La forza (di Lorentz) è sempre ortogon ale alla velocità il modulo ) di d, e quindidi non (e one are solo la direzi 100

(5.10)

abbiamo il teorema delle forze vive nella forma

>

(5.9)

di moto, per cui può cambi T. Allora

%

di

di MOI

(5.16)

Per piccole velocità dalla (4.41) abbiamo

reg

1 E(v) (0) = mel me + Im? 4/04 gno + 0(08/e4)

(5.17)

quindi E(v) differisce (per piccole velocità) dall'energia cinetica non relativistica per la costante me?: ciò non costituisce un problema in quanto nel teorema delle forze vive intervengono sempre e soltanto differenze di energia. Si potrebbe ridefinire l’energia (cinetica) sottraendo mc? ad E(v), tuttavia ciò non conviene per la seguente ragione, se osserviamola definizione della quadrivelocità data dalla (4.69), sì riconosce che i

E) _ mua 2 =

(5.18)

quindi possiamo definire il quadrivettore energia-quantità di moto

def

E .

pE mu=(po= — P)= (mex), m(4)7) 101

°

(5.19)

E' = x(v)(E -— pe)

Pi = (re UTI

P, = Py P,=P..



È 03)

(5.20)

b_

L’invariante (per trasformazioni di Lorentz) associato al quadrivettore p è 2

(p,p}= pGp= E +P°= mie(1- 0/0) = me.

(5.21)

d=e Li

(5.22)

© Dalla (5.19) e dalla (5.21) si ha

E= vp ?c+ me.

Nella meccanica relativistica i concetti di quantità di moto e di energia sono “primitivi” rispetto al concetto di velocità, una delle ragioni è che nelle equazioni del moto

interviene la quantità di moto e non (direttamente) ia velocità, un'altra è di carattere più sperimentale: la velocità non può superare la velocità della luce, mentre quantità di moto ed energia non sonolimitate superiormente; non è certo facile distinguere (sperimentalmente) una velocità di 0.99c da una di 0.999c, mentreil fattore y(v), che entra sia nella definizione della quantità di moto che dell’energia, in un caso vale (circa) 7.1, e nell’altro 22.4. Ma la ragione più importante sta nel fatto che in natura esistono particelle di massa nulla: i fotoni (quanti di luce) e (forse) i neutrini. In questi casi quantità di moto ed energia non sono definiti dalle (5.7) e (5.15), ma sono grandezze primitive, legate fra di loro dalfatto che l’invariante (p, p) è nullo e quindi £ = c[p|; p è un quadrivettore di tipo luce e non esiste il riferimento tangente alla particella, cioè un riferimento in cui f= 0: dalla (5.22) segueinfatti che la velocità di queste particelle è e in qualsiasi riferimento. 5.3 Massa ed energia La teoria della relatività di Einstein costituisce una delle rivoluzioni scientifiche di questo secolo, e come tale ha attratto l’attenzione anche dei “non addettiai lavori”, comefilosofi, storici ed anche, in buona misura, dell’uomo della strada. Se fate una piccola indagine in questi ambienti di non addettiai lavori (ma nonsolo), scoprirete che ai primi posti di quelli che sono considerati i puntidi rottura più rilevanti rispetto alla fisica newtoniana, viene citata la dipendenza della massa dalla velocità. Eppure fino a questo punto questo concetto qui non è venuto fuori! La ragione sta nelfatto che fra gli addetti ai lavori esistono due scuole di pensiero (e nemmeno tantotolleranti l’una neiriguardi dell’altra): una, e corrisponde al puntodivista che noi abbiamoadottato, definisce la massa come un invariante, e pertanto indipendente dalla velocità, l’altra definisce la massa come m = mo7(v), dove mo è la “massa a riposo”, cioè quella che per noi è tout-court la massa (invariante). Questo secondo punto di vista corrisponde a chiedersi come deve essere modificata la definizione della massa affinché la (5.1) sia 102

modificatala definizione di quantità di moto. È chiarochele definizioni non cambiano

la fisica, e quindi non c'è nulla di sbagliato nell’adottare una o l’altra definizione di massa, ma è lecito chiedersi quale sia più opportuna. La scuola pisana appartiene alla prima scuola di pensiero, e quindi è scontato che qui metteremo in evidenza i

pregi della prima definizione ed i difetti della seconda. In primo luogo, qualunque fisico sperimentale delle alte energie quando produce una nuova particella ne misura l’energia e la quantità di moto e determina la sua massa tramitela (5.21), che fornisce la massa invariante; în secondo luogo, la cosiddetta massa relativistica altro non è, a parte il fattore costante c?, che l’energia: che ragione c’è per chiamare con nomidiversi la stessa cosa? Un illustre fisico sostiene che molte delle discussioni frai fisici nascono dal fatto che chiamano con lo stesso nome cose diverse, e con nomidiversi la stessa cosa. Ammesso che i sostenitori della massa relativistica siano d’accordo su quanto sopra, a questo punto tirano fuoril’asso dalla manica: tutto bene, però è inconfutabile, data Fesistenza di una velocità limite, che l’inerzia (forza/accelerazione ?) aumenta con

la velocità. È vero, se però nella (5.1) esplicitiamo la dipendenza dall’accelerazione, ci accorgiamoche i coefficienti dell’accelerazione tangenziale e di quella normale sono diversi, e sono dati rispettivamente da my? e da my (il primo lo abbiamo trovato nella derivazione del teorema delle forze vive, il secondo nel moto di una carica in campo magnetico), e quindi se vogliamo identificare l’inerzia con la massarelativistica

dovremmointrodurre due masse, una longitudinale ed una trasversale.

Maallora }a famosae celebrata equivalenza massa-energia dove va a finire? Questo è un problema diverso, ed è un problemaserio, non didefinizioni. Va un po’ oltre gli scopi dì questa introduzione alla teoria della relatività una discussione esauriente

di questo problema, che riguarda la dinamica dei sistemi composti, tuttavia data la sua rilevanza cercheremo dì mettere a fuoco, anche se solo su un esempio, i concetti

fondamentali. Consideriamo un sistema di due particelle 1 e 2 che effettuano un urto; supponiamo

che le particelle interagiscano solo a piccole distanze, per cui prirna dell’urto possono essere considerate particelle libere. La quantità di moto prima dell’urto è

P=i+f2

(5.23)

e siccomesi conserva tale è anche dopol’urto: per esempio, se le particelle dopo l’urto

sono libere (cioè non sono rimaste attaccate) e il campo che trasmettel’interazione non si porta via quantità di moto allora

Bi+Pi=P.

(5.24)

Si ha il seguente fondamentale Teorema: se la quantità di moto si conserva in tutti i riferimenti, allora si conserva

(in tutti i riferimenti) anche l'energia.

Infatti, posto P= 71 + 72, E= E\+E2, dette AP, AF le lorovariazioninell’urto, se K e K'sono dueriferimenti dalla seconda delle (5.20) si ha

0=AP:=rv)(4P. - vi2) = noe > AE=0 103

(5.25)

L..

compatibile con il principio di relatività, mentre noi ci siamochiesti come deve essere

Lio

le cui leggi di trasformazione sono identiche a quelle della quadrivelocità e quindi a quelle delle coordinate: per trasformazioni senza rotazioni

Lilo

Dinamica relativistica

(__.

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

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Dinamicarelativistica

e poi dalla prima delle (5.20) segue AE" =0. m

Il teorema appena dimostrato ha validità generale; esso si applica ad ogni sistema isolato, qualunque sia la sua natura: un nucleo, costituito da nucleoni e campo delle forze nucleari; un atomo, costituito da un nucleo, elettroni e campo elettrico, ... ._

Il teoremarichiede solo cheperil sistemasia definita la quantità di moto (totale) P e l'energia E, e che questi si trasformino come un quadrivettore: allora, siccome per il

3° principio la quantità di motosi conserva,e peril principiodirelatività ciò è vero in ogniriferimento, ne segue che anche l'energia si conserva. Ritorniamo alle nostre particelle che si urtano: da quanto sopra segue che nel processo d’urto che stiamo considerando si conserva anche l’energia. Ma alloraesistono sologli urtì elastici? E se le due particelle restano attaccate? Esaminiamola situazione. Supponiamo per semplicità che le due particelle abbiano la stessa

massa m, che inizialmente viaggino con velocità opposte 7 e —# sulla stessa retta, e

che dopol'urto restino attaccate. Primadell’urto la quantità di moto totale P è nulla, l’energia è

interna del sistema. Così, per esempio, il deutone (nucleo del deuterio, isotopo dell’idrogeno con numero atomico A = 2) è una particella composta da un protone e un neutrone tenuti insieme dalle forze nucleari, e la sua massa è inferiore di 2.2 MeV/c? alla sommadelle masse dei componenti (1 MeV = 10° eV; protone e neutrone hanno masse quasi uguali e di circa 940 MeV/c?); questo difetto di massa (che sì ha per tutti i nuclei) è dovuto al

fatto che, poiché il sistema è legato (cioè occorre fornirgli energia per dissociarlo), il

contributo dell’energia potenziale è negativo. Nella fusione di due nuclei i prodotti della reazione hanno massa inferiore alla somma

delle masse dei componenti, per cui si libera energia: consideriamo p.es. la fusione di deuterio e trizio (nucleo dell’isotopodell'idrogeno con A = 3) che produce una particella a (nucleo dell’atomodielio) ed un neutrone

dit-a+n, Siccome deuterio e trizio sono (praticamente) in quiete, si ha

E = Mac? + Mic? = EÎ = Motvo)e® + Mnrtn)e®

(5.26)

E = E\+ E2= 2m(v)c?

e siccomesi conservano queste sono anche la quantità di motoe l’energia della particella composta che si forma nell’urto e quindì, per ia (5.21), la particella composta ha una massa data da

M?8=E?°- P*=(E+E)}-0 >

M=2mv)>2m

(5.27)

In altri termini, la conservazione dell’energia e della quantità di moto implica la non conservazione (o la non additività) della massa. Ma l’urto è anelastico e l’energia sì conserva: ne segue che l'energia cinetica nelriferi» mento del centro di massa, nel nostro caso data da

E +.E2-2me? = 27m+...)

(5.28)

si converte in altra forma di energia (legge generale di conservazione dell’energia o 1° principio della termodinamica): energia interna (e quindi la particella composta è più calda dei componenti primadell’urto), oppure energia potenziale (p.es. fra le due particelle poteva esserci una molla che poiresta bloccata alla massime compressione), eccetera: la massa M della particella composta, moltiplicata per e?, è uguale quindi a tuttoil contenuto energetico della particella, non solo alla sommadelleenergie di riposo {2mc?) dei componenti, ma anche a tutte le altre forme di energia interna (cioè nel riferimentoin cuiil sistema ha quantità di moto nulla) ai sistema: questo il significato dell’equivalenza massa-energia 0, equivalentemente, del termine “inerzia dell'energia” . Nel caso di un gas, per esempio, o di qualsiasi altro sistema termodinamico, Me

eguaglia quindi, a meno di una costante (Y; m;c?), l'energia interna / delsistema.

Qualsiasi sistema composto, sia esso un sistema “compatto” (come un nucleo, un atomo e — chi lo sa? — forse un elettrone, un protone ...), o anche un insieme di particelle

(5.29)

(5.30)

e l’energia liberata (sotto forma di energia cinetica dei prodotti della reazione) è data da

Ma (va) — 1)c2 + Ma (va) — 1)? = (Ma + Mi — My — My) e?

= 17.6 MeV

(5.31)

(a questo punto è chiaro perché è consuetudine esprimere le massedelle particelle e dei

nuclei in MeV/c?, e anche in GeV/c?: 1GeV = 10° eV).

Il problema della fusione consiste principalmentenel fatto che per realizzare la reazione occorre portare i nuclei ad una distanza d dell'ordine di 107!” cm, ma fra i nucleisi esercita la repulsione coulombiana, per cui è necessario che essi abbiano un’energia

cinetica dell’ordine di e?/d = 10% eV, e quindi che il plasma (gas di nuclei ed elettroni:

alla temperatura che stiamo per determinare gli atomi sono completamente ionizzati) abbia una temperatura T = 10° K: non secondarioè il problema di riscaldare il plasma, mantenendolo confinato in una regione lontana dalle pareti del contenitore. 5.4 La legge di trasformazione delle forze

La legge di trasformazione della forza è definita dal fatto che la (5.1) deve essere

soddisfatta in ogni riferimento e quindi è identica a quella di dp/dt; anche la legge di trasformazione della forza, come quella della velocità, è abbastanza complicata, e la ragione è la stessa: si trasformano sia il numeratore (Ap) che il denominatore (At). Nel caso della velocità abbiamo trovatoutile introdurre la quadrivelocità, qui conviene

introdurre la quadriforza G = (Go, G)

der dp

(dpa dp

(5.32)

EP)

il fattore c?, con l’energia totale del sistemanel riferimento del centro di massa (riferimento in cui P = 0), la cui originerisiede quindi, almenoin parte, nella struttura

indipendenti, è quindi caratterizzato esternamente da una massa che coincide, a parte

comela derivata del quadrivettore energia—quantità di moto rispetto al tempo proprio, percui - se & è la velocità della particella - grazie alla (4.67) e alìa (5.16) (teorema delle forze vive)

104

105

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

si ha

o

Gy =10)F; = Av)(G0+0)

>

F=Fr

G=v0)E =

>”

h=7%j5

1_po

(5,35)

vare le equazioni cercate.

nente nella direzione di Como quindi la componente della forza, che è la compo erimento cangente al ° grato: dalrif ndo passa nente longitudinale” F]), resta invariata e la componente della forza or oso le rio, e quindi è uguale in tutti ì riferimenti, mentr n del fattore y(u) rispetto al suo vai

a # (“componente trasversa” Fi) si riduce riferimento tangente: __l_po

Ati: fi=tgi

al principio di relatività le equazioni dell’elettromagnetismo devono essere le stesse in tuttii riferimenti inerziali (l'etere non esiste!), cioè devono essere invarianti per le trasformazioni dei campi: vedremo comeÌa richiesta di covarianza permetta di rica-

(5.36)

Nei capitoli successivi, poi, esamineremole conseguenze più

importanti delle equazioni di Maxwell.

°

Per portare avanti questo programma dobbiamoessere disposti a fare un certo numero di ipotesi, o postulati. Ecco ì postulati di cui avremo bisogno e che assumiamovalidi

(_. Lil

in generale, qualunquesia il moto delle sorgenti:

Pi Principiodisovrapposizione:

campo generato. da più sorgenti..è cugualealla_

somma dei campi. generati, da.ciascunasorgente.

Py Lalegge di trasformazione del campoelettrico per isometrie delle sorgenti e per coniugazione di carica; nel caso del campoelettrico statico queste sono espresse dalla (1.39) e dalla (1.44). In particolare, le proprietà di simmetria del campo conseguenti alle simmetrie delle sorgenti. €

mpi per.cambiamenti di. riferimento dipendono

non.da quali. sorgenti li hannogenerati. Questo postulato dà al'eoncettodi campo un significato autonomo, indipendente dalle sorgenti: la conoscenza del campo in una data regione dello spazio-tempo è sufficiente per

determinarnele proprietà in detta regione. p

i Gauss”percariche in moto:il flusso.del.campo.elettrico attraverso le chiusa è ugualea 47volte lacarica totale contenuta al.auointerno,

indipendentemente dal moto delle cariche. In formalocale è espresso dall’equadiv E(2,y,2,t) = 4r0(2,y, 2,1).

(6.1)

Più avanti avremo bisogno di un postulato analogoriguardante il campo magnetico: lo enunceremo a tempo debito. Il quarto postulato è il meno ovvioe richiede qualche parola di commento, in quanto può

106

107

Lu.

=

zione del campoelettrico e di quello magnetico per cambiamenti di riferimento. Grazie

I e

fio . sit nel riferimento del laboratorio, î la cella parti della ità veloc la è 7 se e, colar In parti g iassi tanea e c°= (0, F ) la quadriforza e forza nel suo riferimento di quiete istan di V, ione direz la con idono atorio coinc x del riferimento tangente e di quello del labor

L'obiettivo di questo capitolo è la formulazione delle equazioni di Maxwell, che sono le equazioni fondamentali dell’elettromagnetismo in quanto permettono, in linea di principio, di determinareil campo elettro-magnetico, note le sorgenti. La strada che ci proponiamodi seguire è diversa da quella che storicamente ha portato alla formulazionedell’elettromagnetismo, basata sui fondamentali esperimenti di Oersted, di Ampèree di Faraday. Noi seguiremo questo procedimento: in primo luogo, sostanzialmente usandosoloi principidell’elettrostatica (e la relatività), dimostreremo l'esistenza di forze dipendenti dalla velocità della particella, convenientementedescritte dall’introduzione del campo magnetico 8; quindi determineremoleleggi di trasforma-

{ul

(5.34)

6.1 Introduzione

_

PI od). va

ro)F, = 10)Fy AO)= N0)A

LE EQUAZIONI DI MAXWELL

{tuLe.

ur) a; NW)= y(u)(1(V) Fe — verzni -7)

6.

l_

(5.33) Go = 0) p vg; Ga yf. e a, comela quadrivelocità, si trasforma Per cambiamenti di riferimento la quadriforz pora! li, energia-quantità di moto.. Ji o-tem spazi e come agni quadrivettore (coordinat vel ocità di K' rispetto a K, se ii ( în direzione degli assi ©, come al solito) è la

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

solo essere suggerito (non dimostrato!) dagli esperimenti; vediamo brevemente quali fatti lo suggeriscono: atomi e molecole sono sistemi neutri costituiti da cariche in moto (non solo gli elettroni, ma in maniera ancorpiù rilevante i protoni dentro i nuclei), e se

la (6.1) non fosse valida potrebbe essere non nullo il flusso del campo elettrico uscente da una superficie contenente l’atomo (o la molecola). In effetti, ciò che si verifica sperimentalmente è che all’esterno dell’atomoil campo elettrico è nullo, € quindi anche il

flusso: se così non fosse, un fascio di atomi ben collimatoinviato fra le armature di un condensatore carico verrebbe deflesso, o quanto meno sparpagliato, in quanto il campo elettrico di ogni atomoeserciterebbe una forza sulle cariche delle armature, e quindi fa

quantità di moto dell’atorno dovrebbe variare. Esperimenti molto precisi effettuati con atomidi elio 0 di cesio non hanno evidenziato alcun apprezzabile effetto. La logica è un po’ traballante, în quanto la conclusione (carica nulla -+ flusso nullo) si appoggia sull’ipotesi che gli atomi siano rigorosamente neutri, cioè che la carica dell’elettrone sia uguale (a parte il segno) a quella del protone: in effetti questi stessi esperimenti vengano interpretati come una provadell’esatta neutralità degli atomi, però in questo caso viene assunta la validità della (6.1). La cosa più sensata che possiamo fare a questo punto, è non solo in relazione alla “non giustificazione” della (6.1), ma anchein relazione al fatto che stiamo accingendocì a “costruire” l’elettromagnetismo, è quella di riportare quanto già detto nella prima lezione delcorso difisica 1:

. il rapporto fra teoria ed esperienza è molto complesso: spesso è la teoria che “na-

sce” dai fatti osservati, talvolta invece essa precede gli esperimenti, anzi Ji suggerisce

(tra i tanti possibili esempi: la Relatività Generale e la deflessione gravitazionale della luce, la Meccanica Quantistica relativistica e la scoperta del positrone). Im questo complesso rapporto fra teoria ed esperienza, non sempre, anzi raramente, i fatti speri

mentali ammettono una interpretazione univoca, e quindi portano univocamente alla formulazione di una teoria: nella maggior parte dei casi è troppo semplicistico dire “il tale esperimento prova che ...”: dietro ad una affermazione di questotipo ci sono tutte

I

le ragioni, vuoi teoriche, vioi sperimentali, che hanno portato ad escludere tuttele altre possibili interpretazioni: la “prova”diupateoriarisiededi.solito in un complessodi esperimenti e di “eleal suacoerenza interna e, aspetto non trascurabile,nella Sua semplicità ed eleganza.”

__-

6.2 Sorgentifisse: forza su una carica in moto Nell”ambito dell’elettrostatica abbiamo,definita.il.c4mpo elettrico come,forza che

C

una

carica

unitariaferma (con le precisazioni discusse nel capitolo 1.2).

Bora in poi questa assunta come definizione del campoelettrico in generale, indipendentemente dal fatto che le sorgenti del campo siano in quiete o no. Questa

definizione è in accordo con l’espressione (4.4) della forza di Lorentz (che però non

abbiamo ancora dimostrato, e quindi non siamo autorizzati a far riferimento ad essa,

se non come regola mnemonica): Jnfatti,selesorgentisonoinmoto.sarà-anche

un campo magnetico,.ma su una carica in quiete.la forza è soloquelladovutaal.campo. elettrico.

Il primo passo per realizzare il programma enunciatoall’inizio di questo capitolo è ia determinazione della forza che un campoelettrostatico generato da sorgenti in quiete 108

Le equazioni di Maxwell esercita su una carica moto.

Per fare ciò, utilizzando la definizione di campoelettrico, prima determineremo la forza nel riferimento in cui la carica è (istantaneamente) in quiete (riferimento tangente) e

di conseguenza,le sorgenti sono in moto: a tal fine dovremo preliminarmente stabilire come si trasforma il campoelettrico quando si passa dal riferimento di quiete delle sorgenti ad un altro riferimento; a questo punto, siccome sappiamo comesì trasformano le forze per cambiamenti di riferimento, siamo in grado di determinare la forza nel

riferimento in cui le sorgenti sono in quiete (e la carica è in moto), ed il problema è risolto.

La legge di trasformazione del campo elettrico dal riferimento in cui le sorgenti sono in quiete ad un altro riferimento non è la legge generale di trasformazione del campo elettrico, che determineremo più avanti, in quanto stiamo assumendo che esista un

riferimentoin cui tutte le sorgenti sono in quiete (mancail campo magnetico).

La strategia che seguiamo in questo caso e che seguirerno anche nel caso più generale

è quella di considerare un sistema di sorgenti per il quale il campo nel riferimento in cui queste sono in quiete è noto, e i postulati P, ««. py ci consentono di determinareil

campo in unriferimento in cui esse sono in molo:siccomeperipotesi (p3) le proprietà

di trasformazione dei campi sono indipendenti dalle sorgenti, le leggidi trasformazione determinate in questi casi particolari hanno validità generale. Poichéci aspettiamo che la componente del campo parallela alla. velocità.delle sorgenti

Fiudo-diversodalleroltibonent) eparatamenteii due casi.

Supponiamo che in un riferimento K° sia data una distribuzione superficiale piana ca di carica, ferma. Il campo elettrico £° sappiamo che è ortogonale al piano e vale

+2700 (v. (1.54)). Sia ora X unriferimentorispetto al quale K° ha velocità uniforme # ortogonale al piano della distribuzione: in A° le sorgenti sono in moto(figura 6.1). Vediamoquali informazionisì ottengono sul campo elet-

trico in K utilizzando le proprietà di simmetria delle sorgenti e Îl postulato p,. Le sorgenti sono caratterizzate sia dalla densità superficiale o (in generale o # 00) che

A le

dalla loro velocità #, quindi il gruppo di invarianza delle

sorgenti, che deve lasciare invariate entrambe, contiene fig. 6.1 le traslazioni parallele al piano e Je rotazioni attornoagli assi paralleli a #. L’invarianza per le rotazioni attorno a detti assi ci garantisce cheil campo è (anche in A) ortogonale al piano della distribuzione e, comenelcaso statico,

il “teorema di Gauss” Pa permette di concludere che È è costante nei due semispazi separati dalla distribuzione, ma non chein essi il campo è lo stesso (in modulo), perché viene menosia l’invarianza

perriflessioni rispetto al piano, che quella per rotazioni di x attornoalle rette del piano (F + —#): di conseguenza non siamo in grado, tramite il teorema di Gauss, di calcolare il campo dalle due parti della distribuzione. Aggiriamo il problema supponendo che in X° sia pre-

sente una seconda distribuzione piana —co parallela alla 109

A__. Lfig.



62

80

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Le equazioni di Maxwell

nulla in K°) per cui, sempre per p, (coniugazionedi carica), questa seconda distribuzione produce un campo opposto a quello prodotto dalla prima,e il campototale è la

sommadei due campi (p,): anche in X, ìndipendentemente dai valori che assume dalle dueparti di ognisingola distribuzione, il campoelettrico è nullo fuori dal condensatore, mentreall’interno è ortogonalealle distribuzionie, per il “teorema di Gauss” (comenel

caso statico), vale 470. Quanto vale 0? Sia A l’area (poi è sottinteso che prenderemo A 00) in K° di ciascuna distribuzione; la carica totale su una di esse è Q = 09 A ed è invariante, cioè è la stessa in K; anche l’area A della distribuzione è la stessa in’ K e in K°, perché solo le dimensioni parallele alla velocità relativa 7 cambiano per

trasformazioni di Lorentz (contrazione delle lunghezze), quindi o = 00 e il campo, che ha solo la componente parallela a #, è lo stesso nei due riferimenti: Ej= 5Î .

(6.2)

Quindi, in generale (grazie a p} la compone; SECOMPIE riferimento d

à U delle sorgenti è la stessa nel na.

ù le s0rgeniti3000 moto: im

(A posteriori, grazie alla(6 (6.2), possiamo quindi concludere che il il campo di una distribuzione piana in moto in unadirezione ortogonale al piano è lo stesso nei due semispazi, perché lo è nel riferimento di quiete delle sorgenti). Vediamo ora il comportamento della componente di È

6.3).

5° fig. 6.3

Rispetto al caso statico viene meno (perché 7 non resta invariata) soltanto l’invarianza delle sorgenti per rotazioni attorno agli assi ortogonali alla distribuzione, che garantiva l’ortogonalità di É a detto piano; l’invarianza per riflessioni rispetto a qualsiasi piano ortogonale alla distribuzione e parallelo a 7 esclude la componente parallela al piano e ortogonale a 7, ma nonè possibile, sulla base delle simmetrie, escludere la componente parallela a #. Tuttavia essa è esclusa dalla (6.2), in quanto se in X il campo avesse una componente parallela alla velocità essa sarebbe presente anche nel riferimento di quiete della distribuzione. Quindi, come nel caso

statico, il campo è opposto dalle due parti della distribuzione (p.es. invarianza per riflessioni rispetto al piano della distribuzione) e vale +27 (Gauss). Se A è l’area della distribuzione nelriferimento K° di quiete delle sorgenti, in K l’area della distribuzione è A/y(v) per la contrazione della dimensioneparallela a 7, e quindi a = (vv

(6.3)

dunque in K il campo è y(v) volteil campo in A°. In questo caso il campo è ortogonale alla velocità di A° rispetto a K°:

EL=o()E0.

(6.4) 110

la componente del campoelettrico ortogonale alla velocità è delle sorgenti aumenta del

fattore Y(v} rispetto al suo valore nel riferimento di quiete delle sorgenti.

Finalmente possiamo determinare la forza che un campoelettrico generato da sorgenti in quiete esercita su una carica in moto.

Sia X il riferimento “del laboratorio” (cioè quello in cuici interessa vedere come vanno le cose); in A le sorgenti del campo sonoin quiete ed unacarica g si sta muovendo (ad

un certo istante) con velocità 7. Sia A”il riferimento tangente (riferimento di quiete istantanea di g), e quindi in esso le sorgenti sono in moto con velocità —?. In K', per

la definizione di campoelettrico e per le (6.2), (6.4)

(6.5)

Fi =qE, = vv)dEx

Fi=aEj=9Pii

quindi, per le (5.36), nel riferimento X del laboratorio

Fy= = 9Ex;

1

Fi=Fi=sP

e quindi (sorgenti in quiete, carica in moto}

F=qÈ

(6.6)

in accordo con l’espressione (4.4) della forza di Lorentz in quanto, essendo le sorgenti in quiete, non c’è campo magnetico. 6,3 Il campo magnetico Dimostrare l’esistenza del campo magnetico si-

ortogonale al moto delle sorgenti: supponiamo che la distribuzione superficiale piana si muova rispetto a { con velocità uniforme # parallela alla distribuzione (figura

Quindi, in generale

Lo

prima (condensatore). In K° il campo totale è non nullosoloall’interno, è ortogonale alle distribuzioni e vale E° = 4roy. In X (figura 6,2) le due distribuzioni hanno densità superficiali opposte e e —e (la carica è invariante per trasformazioni di Lorentz, ed è

gnifica dimostrare che nella situazione generale in cuile sorgentisono in moto, è possibile defiy nire un vettore £ tale che la forza chesì esercita su una carica in moto può essere scritta nella forma (4.4) (forza di Lorentz). Noi dimostreng È remoche ciò avviene in un caso particolare (distribuzione superficiale in moto), quindi, una fig. 6.4 volta determinate le leggi generali di trasformazione dei campi elettrico e magnetico per cambiamentidiriferimento, saremo in grado di dimostrare la (4.4) in generale. Sia data, nel riferimento X del laboratorio, una distribuzione superficiale piana o in

motocon velocità # parallela alla distribuzione. Una carica g è in motocon velocità &. Vogliamo determinarela forza chesi esercita sulla carica, nel riferimento del laboratorio. Non possiamoutilizzare la (6.6) in quanto nel riferimento del laboratorio tanto le

sorgenti quanto la carica sono in moto, ma possiamoutilizzarla nel riferimentodi quiete

delle sorgenti, poi la legge di trasformazione delle forze ci permette di trasportare il risultato nel riferimento del laboratorio. Sia y = 0 il pianodella distribuzione, e l'asse x parallelo a è (figura 6.4). Sia A”il

riferimento di quiete delle sorgenti, in moto con velocità & rispetto a K. In K' per la

(6.6) si ha

F'=aÈ':

Fi=0;

Fi=+2m0g; 111

Fi=0;

s= Lo

(6.7)

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Le equazioni di Maxwell

(+ 0 — a seconda che y è 0) e la carica g ha velocità ©’ che si ottiene componendo & con la velocità — di X rispetto a A/: 7 = d0(-d) La forza nel riferimento K si ottiene dalle (5.34) (la velocità di K rispetto a K/ è —u):

u

AVE = 10)= selero!

(6.8)

F,=0

avendo fatto uso nell'equazione per £; dell’ultimadelle (6.7) e della seconda delle (4.74): Ho), = r(v)vy; 1(v°), che compare nell’equazione per Fy, sì ottiene dall’identità (4.73) con gli opportuni cambiamenti di notazioni: uv; ;

Av) = UO(1- #)

(6.9)

per cuisì ottiene

E;= «Pes 13; F,= 42093 et o; F,=0. Essendo (grazie alla ( 6.4) È = (0, +2r0, 0) e definito Ba (0, 0, «Arce,

(6.10) (611)

(al solito: il segno + per y > 0 e — per y < 0) si ha (per orasolo in questo caso particolare)

F=aftalnB.

(6.12)

Quanto sopra mostra, come a suo tempo affermato, che il campo magnetico è una entità non disgiunta dal campo elettrico, e che anzi è una conseguenza della legge

di Coulomb(in K” c'è solo un campoelettrostatico) e delle leggi di trasformazione

del campoelettrico. La cosa è ancora più evidente se in Ainvece di avere solo la

distribuzione o in moto con velocità #î, abbiamo anche unadistribuzione — o con velocità

—i, sovrapposta alla precedente. Allora peril principio di sovrapposizione in K non c’è campo elettrico, mentre il campo magnetico è presente ed è il doppio di quello dato dalla (6.11): infatti 8 non dipende separatamente dalla densità di carica e dalla sua velocità, ma dalla corrente, in questo caso dalla corrente superficiale 7 = 207

(in generale # = Y; ciù). Ora non c'è più un riferimento di quiete delle sorgenti; per individuare l’origine della forza dovuta dovuta al campo magnetico in questo caso, supponiamo(solo per semplicità) che la carica g abbia velocità © parallela e concorde ad de y> 0. Nelriferimentodel iaboratorio Xsulla carica si esercita una forza F che per la (6.12) è parallela all'asse y ed è data da 4

Fy= POL

(6.18)

quindinel riferimento A° in cui g è in quiete, per la seconda delle (5.36), su si esercita la forza 112

4rcu

v

ele

(6.14)

Da dove viene questa forza? È vero che in K° c'è un campo magnetico, ma poiché iu

questo riferimento la particella è ferma, per definizione di campo elettrico questa forza non può che essere dovuta ad un campoelettrico. In effetti in K° le due distribuzioni

Yo)f = xa (0 + tnt 2) = 20527 Hue! Xv), = +g73270 ro)

F =YM)AE=-70)

superficiali hanno rispettivamente velocità u' = uo(—v) e u” =(-u)o(-v) e quindi per la (6.3) la densità di carica non è nulla (come in X), ma vale (usiamo la (6.9)) F=0 +0" = (Mw) NA) = HAI - v0/08) — (1+ wv/e8)) co uv

=-M0)0

(6.15)

quindi, essendo il campo elettrico £° = 277,la forza sulla carica qg è

ro=irta 4ncu

v

(19

in accordo con la (6.14). Quindi, ancora, la forza F è conseguenza della legge di Coulomb nel riferimento di quiete della carica g. Concludiamo questo paragrafo con il calcolo dell’eventuale campo magnetico prodotto da una distribuzione

(A_a/

superficiale piana o in moto(nelriferimento K del laboratorio) con velocità & ortogonale al piano della distribub zione (figura 6.5). Procediamo in modo simile a quello che ci ha portato alla (6.11): sia g una carica in moto fig. 6.5 con velocità 7 in A e quindi con velocità #' = 70(-7) nel riferimento K' di quiete delle sorgenti. Presi gli assi e di K e K” paralleli a d, in K' (sorgenti in quiete, carica in moto)

(6.17)

F=qgf' = (+2709,0,0)

quindi in K

H0)F- = ru) (er + Arni) = Aur()(1+ si) Fi rv) A, = N) F,= 0;

(18)

Nv)F. = vv)Fi=0

per cui, essendo # = 7'ot, dalla solita identità (4.73) y(v) = rtu)y(e!)(1 + uv /e2) e dalla (6.2) si ottiene PaP=ab'=qgÈ

(6.19)

e quindila distribuzione considerata non produce campo magnetico in K.

6,4 La legge di trasformazione delle sorgenti Abbiamo visto che le sorgenti del campo elettromagnetico sonole cariche e le correnti; neì paragrafi precedenti abbiamo anche visto come cambianole densità superficiali di carica quando si passa dalriferimento di quiete delle sorgenti ad un altro riferimento; ora vogliamo trovare la legge di trasformazionedelle sorgenti, cioè delle cariche e delle correnti, fra due riferimenti qualsiasi, nel caso generale in cui eventualmente non esiste 113

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

per cominciare, che la densità di corrente + sia dovuta ad un’unica distribuzione di

Du

Le equazioni di Maxwell

un riferimento in cui le sorgenti sono in quiete. Sappiamo che in generale la densità di corrente, definita dalla (3.3”), è dovuta a più distribuzioni di carica p;, ciascuna con il proprio campo di velocità %;; supponiamo,

6.5 La legge di trasformazione dei campi Per determinarela legge dì trasformazione dei campi dobbiamoconsiderare una situa-

zione in cui in un punto P di coordinate (x,y, ) e all'istante # di un riferimento K

carica p con campo di velocità &: = pi. Sia, nel riferimento X, p(2,y, 2,4) la densità di carica nel punto P di coordinate (x,y, 2)

sono dati un arbitrario campo elettrico £(£,y,z,t) ed un arbitrario campo magnetico . B(2,y,2,t), e quindi determinare in un riferimento K' in moto rispetto a X campo

riferimento K° in moto rispetto a K con velocità 7 (nel quale la carica considerata è istantaneamente in quiete), questa stessa carica (là carica è invariante) occupa il volume AV). Siccomenel passaggio da K° a K la dimensioneparallela a 7 si contrae del fattore y(u), si ha

“la legge generale di trasformazione: per esempio, la legge di trasformazione del campo elettrico dal riferimento di quiete delle sorgenti ad un altro riferimento non fornisce

al tempo t, (7,4,,t) la sua velocità e sia AV un volumetto(“infinitesimo”) contenente P; fissiamol’attenzione sulla carica g = pAV contenuta in AV all’istante t: nel

AV = IUAV; > == NUTT- = _A

(6.20)

in accordo con la (6.3); p, © e fo sono calcolate in corrispondenza allo stesso evento E, che ha coordinate (x,y,2,t) in XK, e (20, Ya, 20, to) in K°.

Dalla (6.20) J = più = por(u)î, quindi (cp, 7) = po-(cy(u), y(u)?); siccome

Po, per definizione, è invariante (come la massa e l’intervallo di tempo proprio), e (ey(u),y(u)d) sono le componenti della quadrivelocità, (cp, 7) si trasforma come

un quadrivettore (la quadricorrente): se Aè un riferimento in moto con velocità

d || x, 2" rispetto a K sì ha

p=r0)(p- 5a)

L= 10)(- 0) 53%

(6.21)

Ji=J,. 1 due membridelle (6.21) vanno calcolati in corrispondenza dello stesso evento, cioè i

primi membri sona funzionidi (x/,y/,2',t"), mentre i secondi membri sono funzioni di (x,9, 2,1), e la relazione fra le due quaterne di coordinate è data dalle (4.39) e (4.40).

Se la densità di corrente è dovuta a più distribuzioni di carica, cioè è data dalla (3.37), le (6.21) valgono per ogni pi, dj, ed essendolineari valgono anche per la loro somma. Quindiin definitiva le (6.21) costituiscono la legge di trasformazione delle sorgenti nel caso generale. Se le sorgenti sono distribuzioni superficiali di carica e e di corrente # su un piano parallelo alla velocità di Arispetto a A (piano x,y), allora siccome e = pAs, Fa

TA, dove As è lo “spessore” della distribuzione, ed è ortogonale a © (e quindilo stesso in K e in A”), moltiplicando ambo i membridelle (6.21) per As si ha

o'=Xo(e- Sr)

FL= 1(v)(F, — v0) F=F

(622)

elettrico e magnetico £‘(2°,y/,2%,1), B‘(24,y/,2,t'). Grazie al postulato p,, non ha importanza quali sorgenti utilizziamo per generare i campi, mentre invece è importante che questi siano arbitrari, altrimenti non potremmoessere sicuri di avere determinato

la legge generale di trasformazione del campoelettrico, proprio perché nel riferimento

di quiete delle sorgenti non c’è il campo magnetico (se vogliamo determinare la legge di trasformazionedei vettori nello spazio tridimensionale per rotazioni attorno ad un asse, certamente non ci limitiamo a considerare solo vettori paralleli all’asse!). Dobbiamoscegliere un sistema di sorgenti per le quali siamoin grado di determinare i campi non solo in XK, ma anchenel riferimento A; presi (cornealsolito) gli assi x

e 2’ nella direzione e verso della velocità & di A” rispetto a K, consideriamoallora in X le seguenti sorgenti: tre distribuzioni superficiali statiche 01, 02, 03 rispettivamente nei tre piani x = 0,y=0,z = Ò, e tre correnti

superficiali neutre (cioè p.es. ciascunaè costituita da due densità superficiali di carica opposte in, moto con velocità fi ig. 6.6 . . , opposte), di cui due (7,4, 75) nel piano : = 0, rispettivamenteparallele all'asse y e all’asse r, e la terza (7.5) nel piano y = 0 e parallela all’asse x (figura 6.6). In K il campo elettrico è esclusivamente determinato dalle tre distribuzioni 01,02, 03,

e se consideriamo per esempio un punto con x > d,y> 0,7 > 0, è dato da

È =2x(01, 02, 03)

(6.23)

e, data l’arbitrarietà di 01, 02,03, è completamentearbitrario.

2

Abbiamovisto (equazione (6.11)} che una corrente superficiale piana 7 (lamina di corrente) produce un campo magnetico parallelo al piano e ortogonale a 7, dato da B = (2n/c)F A dove fà è la normaleal piano, dalla partein cui si calcola È (che infatti è opposto dalle due parti del piano). Allora, semprein un punto con £ > 0,y> 0,2 > 0, le tre lamine di corrente producono il campo

B= gi FE FS).

(6.24)

A questo punto dobbiamo determinare i campi in K': petil principio di sovrapposizione

sì ottengono sommandoi campi prodotti da ciascunadelle sei distribuzioni considerate.

Cominciamo con la distribuzione 01 nel piano e = 0. Già sappiamo (equazione (6.2)) che il campoelettrico in X° è uguale a quello in K:

F=F,=0.

È = È=27(7,,0,0) 114

(6.25) 115

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Le equazioni di Maxwell

e che (equazione (6.19)) la distribuzione considerata non produce campo magnetico in K':

e le inverse, che si ottengono cambiando in —f. È sottinteso che i due membridelle (6.35) vannocalcolati in corrispondenzadello stesso

Bi=0.

(6.26)

Ei= 1()E2= (0, 75,,0);

Bs= 35(0,0, -(0)020) = (0,0, -#78,).

(627)

I campi prodotti in K‘ da 93 si ottengono in modo analogo:

E = E = (0,0,y8,); By= 200, (0020, 0) = (0, 878, 0).(6.28) Ed ora calcoliamo i campi prodotti in K dalle laminedi corrente. Dalle (6.22) si ha c=0; e quindi

F4=0;

È1=0;

F4=5F/

(6.29)

!=(8.,0,0).

Sempre dalle (6.22) sì ha v

(6.30) v

cs = r(0)(0- 2378) = MUURIZE

FIS V)FE

d=(0,78,,0).

(632)

©)

Infine, in modo analogosi ottengono i campi prodotti in K' da 7 (nel pianoy=0):

É1=27(0, n) 378, 0)=(0,-872,,0;

5{=(0,0,yB:). (6.33)

Riassumiamo per comodità il risultato delle (6.26)-(6.28), (6.30), (6.32) e (6.33):

É{=(E. É=(0

3=(0 È =(0 Es =(0

0

E

0)

0 )

0 0

vE.) 0)

0

B1By)

0

0

E=(0 -@B. 0) Poiché È'= £1+--+É/ e B'=B{+... trasformazione cercata:

EI=E; Ei = v(v)(E, — BB.)

o

0

ME, 0 rBy

0 )

0 ) 0)

quelle del campo elettromagnetico sonosei(si tratta di un tensore antisimmetrico); per

questo motivo il campo eletiromagnetico ammette due invarianti (grandezze che hanno lo stesso valore in tutti i riferimenti):

È -D.,

(6.34)

0 1Bi ) dalle (6.34) si ha la legge di

(6.35)

Ep

(6.36)

comesi può verificare direttamenteutilizzando le (6.35). Se esiste un riferimento K' in cui il campo magnetico 8’ è nullo (e quindi in A‘ le sorgenti sono in quiete), dalle seconde delle (6.35) si ottiene che nel riferimento del laboratorio A

B:=0, B,=-9E,, B=BE > B=lnE

(6.37)

{v'è la velocità di A” rispettoal laboratorio); analogamente, se in K' c'è solo un campo magnetico (generato da correnti neutre: £’ = 0), allora in X

E=-iA8

(6.38)

La presenza di un campoelettrico in K è dovutaalfatto che, perle (6.21) (ole (6.22)), anche se in X/ è nulla la densità di carica, non è nulla nel riferimento del laboratorio. 6.6 La forza di Lorentz Finalmente siamo in grado di dimostrare che la forza che si esercita su una carica in moto è sempre data dalla (4.4): sia # la velocità (ad un certo istante) della carica g nel riferimento K e sia K' il riferimento tangentealla carica, con 7 || e, 2%. Siccome in K' la carica è (momentaneamente) ferma, per definizione di campo elettrico e per le

(6.35)

.

F'agE' =

0)

Bi =v){B — BE)

116

Le trasformazioni del campo elettromagnetico sono diverse da quelle dei quadrivettori, se non altro per il fatto che le componenti di un quadrivettore sono quattro, mentre

2

-8E)

BI = Bi {6 = Yv)(B, + 8E:)

E: = 1V)(E. + 8B,)

funzioni di (2,7, 2,1).

(6.31)

e quindi in K° è presente, oltre al campo magnetico prodotto da 7/5, anche un campo elettrico di modulo 2rey parallelo all'asse 2 (la distribuzione è nel piano £ = 0):

Fg =27(0,0, -r0)555) = (00,878);

evento, cioè i primi membrisono funzionidi (x‘,y/, 2°, t'), mentre ì secondi membri sono

qE:

r9E,- fB.)

(6.39)

r9(E. +fB,).

Dalle (5.36) (ia componente x è quella parallela a i, le componenti y e z sono quelle

trasverse)

-

F=q

qb:

E - 988; qE, +98B,

>

>

-

ol

E = È =(£,0,0);

Consideriamo ora la distribuzione 02 nel piano y = 0. Per la (6.4) (o equivalentemente dalle (6.22)) in K' abbiamounadistribuzione e) = y(v)e2 in motoin direzione dell'asse x con velocità —v, quindi anche unacorrente superficiale X/Z = —voh, per cui

F=gE+g

AB.

(6.40)

L'introduzione del campo magnetico ci permette quindi di determinare la forza su una carica in moto senza bisogno ogni volta di ricorrere al riferimento tangente alla carica e alle leggi di trasformazionedelle forze. 117

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Le equazioni di Maxwell

6.7 Il campo elettramagnetico di una carica in moto uniforme Una semplice applicazione delle (6.35) consiste nel determinare i campi elettrico e

magnetico generati da una carica puntiforme q in motorettilineo uniforme con velocità 3. Prendiamo l’asse x coincidente con la traiettoria della carica, e l'origine nel punto

occupatoall’istante # = 0. Se K° è il riferimento di quiete di g, perle (6.2) e (6.4) (o equivalentemente per le (6.35)) si ha qro

_

(0)

2

I) a zo

Esempio

= GIF ya + 9p?

-

Ey(2,y, 2,1) = y(v)Eg (co, v0, 20) = Giga _

0

(6.41)

3° principio della dinamica newtoniana è soddisfatto. La forza su gi (sorgente in quiete, carica in moto) è

E:(2,y, 2,4) = vv)E:(x0, Yo, 20) = (+ + 237? dove z0=7(0)(2 vi);

sega —

Ey(2,y,2,1)= '

E.(2,y,3,1)=

v=Y

203%;

OI)

ù; —-

quindi

Pu) (x — vt)? +9 + 2]?!

(6.42)

me:

fo)? (x — vi) +9 + 2]? F

E=0)= (Pal ++3? ”

(6.43)

da cuisi vede che È è radiale ma non a simmetziasferica, in quanto il suo modulo dipende non solo dalla distanza r dall’origine (dovesì trova la carica), ma anche dall’angolo @ fra # e 7, cioè l’asse x; 202,2 = r

18 sa lil Lu 5(r,9) i — ri (1- 87 sen? 9)97? 1 (22+(1- 829° + 22)]

(6.44)

e quindivale g/(yr)? per = 06? = 7,6 y9/r? per 9 = +r/2: il campoè più intenso peril fattore y? nella direzione ortogonale al motorispetto alla direzione longitudinale.

È un campo non conservativo; per dimostrarlo basta calcolare la circuitazione lungoil circuito rappresentato nella figura 6.7: lungo la linea di forza # = @; fra ri e r2, poi

(se #2 > @1), per cuila circuitazione è non nulla.

118

(6.46)

quindi 71, # —F;. In questo caso, quindi, la conservazione della quantità di moto vale per l’intero sistema costituito dalle due cariche e dal campo elettromagnetico 6.8 Le equazioni di Maxwell Abbiamovisto in un caso particolare, quello in cui si ha una corrente superficiale co-

stante, la necessità di introdurre il campo magnetico per poter esprimere în modo semplice la forza che si esercita su una carica in moto: ovviamente questo risultato vale anche in tutti i casi ottenibili da questo per sovrapposizione, e anzi più in gene rale quando ogni sorgente (carica puntiforme, distribuzione di volume, ...) si muove di moto rettilineo uniforme, per cui per ciascuna di esse esiste un riferimento di quiete

(nonil riferimento tangente, che esiste sempre), in generale diverso da sorgente a sorgente. Noi abbiamo preso questo fatto comel’indicazione che quando si hanno sorgenti in moto (arbitrario) esiste il campo magnetico, con la proprietà (per ora l’unica che conosciamo) di trasformarsi in base alle (6.35): dall’esistenza di B e dalle (6.35) abbiamo ricavato la (6.40), e questo non è un risultato di poco conto! Sappiamo quindi che le cariche in movimento generano il campo magnetico, e qualè il suo significato, ma — a parte i casì citati - non dobbiamoilluderci che sia sempre pos-

sibile determinarlo così come abbiamoottenuto la (6.11), anche perché in generale non

lungo l’arco di circonferenzafra A) e #2, poi lungola linea di forza 6 = 02 fra rg e ri, ed infineil circuito viene chiuso con non contribuiscono alla circuitazione perché È è radiale, nei tratti lungo le due linee di forza £(r,92) > E(r,01)

Fa= 1027 î

da esse generato.

v mantenendo inalterata la forma:

l’arco di circonferenza fra 03 e 81; gli archidi circonferenza

(6.45)

(definizione di campoelettrico):

MOLE

ve

1;

(3 è il versore dell’asse y); la forza su gz si ottiene dalla (6.44) con @ = 7/2

fre - di)? +9 + 27) 8/2

Possiamo studiare il campoall’istantet = 0, dato che si sposta rigidamente con velocità Bian

Una carica gi si muove con velocità costante v lungo l’asse , e una carica gr è ferma nel punto x = 0, y = d. Vogliamocalcolare, nell’istante in cui gi passa per l’origine, la forza che ognicarica esercita sull’altra, per vedere se in questo casoil

siamo neppurein grado di determinare il campoelettrico generato da sorgenti in moto.

T

fig. 6.7

lu

_

Se v/c = 1, tutto il camposia elettrico che magnetico è praticamente concentrato vicino al piano ortogonale al moto passante per la carica.

Quindi la teoria non è ancora completa: il problema che dobbiamoaffrontare è quello di stabilire le equazioni che ci permettano, date le sorgenti, di determinare i campi elettrico e magnetico, e per fare questo è necessario introdurre un nuovo postulato.

Abbiamo alcuni esempi di campo magnetico, quello determinato da una corrente superficiale costante, e quello dovuto ad una carica in moto uniforme. Il primo è un campo 119

(ul.

po

togonale sia ad È, e quindi ad #, che a #, cioè all'asse ». Quindile linee di forza di B sono circonferenze parallele al piano yz, con centro sull'asse x: lungo una linea di forza i) modulo del campo magnetico è costante.

Li.

-

Ex(2,y,2,1)= El(co,v,z0)

Per calcolare il campo magnetico possiamoutilizzare la (6.37): B è in ogni punto or-

0}

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Le equazioni di Maxwell

costante (opposto dalledue parti del piano su cui scorre la corrente), ed il secondo è dato dalla (6.37), con Èdato dalla (6.43): in entrambii casi sì verifica che divB=0,

ovvero che il flusso di 3 attraverso qualsiasi superficie chiusa è uguale a zero. Del resto, come abbiamo già messo in evidenza a suo tempo, è sperimentalmente accertato

che non esistono cariche magnetiche sorgenti di flusso; prendiamo questo fatto come l’ulteriore postulato da aggiungere ai quattro citati all’inizio di questo capitolo: s Non esistenza della cariche magnetiche: le linee di forza del campo magnetico

non scaturiscono da (o scompaiono in) “poli magnetici”, ma si richiudono su se stesse (alfinito all'infinito), e di conseguenza è nulloil flusso di 3 uscente da qualsiasi superficie chiusa. In forma locale questo postulato è espresso dall’equazione

div 8(2,4,2,1)= 0.

(8.47)

Il pricipio di relatività stabilisce che la (6.1) e la (6.47) devono essere vere in qualsiasi riferimento(inerziale): div 8(x,y,:,t}=0 © dvb’y. 1,0) = 0 e analogamente div É(2,y,2,t) = 4mp(z,y, 2,3) © div É(2,9,2,4) = 4np'(',/,2 ,t), essendo i campinei diversi riferimentilegati dalle (6. 35) e le coordinate di un evento legate dalle

(4.40) (= +), yy = = Nv)(+ v2%/02)); vediamoallora

quali sono le implicazioni di questa affermazione. Si ha

dB

0B, dr

dB. dt

88:

dBy

QÒE;

0B: _

8B,

,0Ey

gi I(3 +95)

e quindi

(6.48)

(E) 0= div d' =20) {avd+a KE +0 2).|} 108:

EA

1

cdi +{rot £), = 0.

3_4r-

10£

rot B= va Ta

(6.52)

Le (6.1), (6.47), (650) e (6.52) sono le equazioni di Maxwell, che riscriviamo riunendole in un'unica tabella: div É = 4rp rot É+ 198 =0

0%

(6.53)

divB=0

rot = Ur, a

cdi

Esse, insieme all'espressione della forza di Lorentz, determinano i campi, note le sorgenti, e la loro interazione con le sorgenti stesse e quindi costituiscono le equazioni

fondamentali dell’elettromagnetismo. Se le sorgenti sono descritte da densità di carica

e di corrente, conviene definire la densità di forza (di Lorentz) f(x,y,2,t) comela forza

chesi esercita sulla carica contenuta in un volumetto (infinitesimo) AV, diviso per AV:

f=ph+ 1748.

185:

= 700) ( dal =de dat a dai de +B-ta

dB _

da cui come prima si ottiene

(6.54)

Nonc'è fisico che, conoscendoneil significato, la portata e la storia, resti indifferente davantiall'eleganza e alla semplicità formale delle (6.53), (6.54). La semplicità delle equazioni di Maxwell è solo un fatto estetico: dal punto di vista matematico si tratta di un sistema di equazioni differenziali nelle sei incognite Ex, Ey; E:; Bs, By, Ba, lineari solo se le sorgenti sono assegnate, e la loro soluzione esatta, ad eccezione di pochi casi semplici di distribuzione delle sorgenti, rappresenta

un problemaproibitivo. Nei prossimicapitoli, partendo dalle situazioni più elementari, impareremo a determinarne la soluzione in casi particolarmente significativi, a capire

>

il significato e l’importanza dei vari termini che entrano nelle (6.53) e quali approssi(6.49)

mazioni sonolecite e si rendono necessarie in particolari condizioni.

Se poi K‘ si muoverispetto a A in direzione dell’asse y o dell’asse z, si ottengono le altre due componenti dell'equazione

rot È + 108, 0

(6.50)

che costituisce la condizione necessaria e sufficiente perché divB=0 & divB'=0. Analogamente, grazie alla prima delle (6.21),

47= 4rx(v)(p- 621,) = div È’

= (0) {div 4g È del- (pot D.]} 120

(6.51) 121

Magnetostatica

T.

CIAS] = F;(2,9- Ay/2,2)Az+ Fy(-+ Az/2,y,2)Ay+

MAGNETOSTATICA

— Fs(x,y+Ay/2,,3)4x— Fy(r — 4x/2,y,2)Ay= _ (0A, _9dE:

ma di Stokes 7.1 Il significato del rotore e il teore

il rotore è posdivergenza di un campo vettoriale, anche per 'B ndente dalle indipe cioè eca, ntrins sibile dare una definizionei E diverla e coordinate: è un po’ più complicata perché, mentr e, la rotazione genza di un campo vettoriale è un campo scalar fig. 7.1 ale. vettori è essa stessa un campo P un punto interno e y il suo contorno, Sia AS unasuperficie infinitesima orientata, to a AS.

antiorario rispet sul quale il verso di percorrenza è, per definizione, quello tazione di F su 7. Vocircui la C[AS] e C1) classe (di iale Sia F un campovettor idee su cuisi basa la sonole quali dire gliamo dimostrare (main effetti ci limitiamo a lineare: ione licaz unaapp è CIAS] dimostrazione) che (per AS — 0) AS 3

“ (74)

cIAS]= YO RAS; = RP). AS. is

superficie infinitesima AG è La (7.1) dice che la circuitazione di F sul bordo di una vettoriale vettoriale È. Il campo uguale al flusso attraverso AS di un opportuno campo

(1.65). È vedremo essere proprio la rotazione di F definita dalla AS il triangolo ABC della per — semplicità per prendiamo (7.1) la dimostrare Per sia ABCA. Si consideri il y di percorrenza di figura 7.1, orientato in modo che il verso assi cartesiani. Si ha agli parallele sono facce tre cui in 7.1) tetraedro OABC(figura

(7.2)

AS= ASzî+ ASyj+ AS, È

i tre assi (cioè le aree con dove AS, ASy, AS, sono le componenti di AS lungo segno OBC ecc.). delle circuitazioni OBCO, Poiché la circuitazione lungo ABCA è uguale alla somma

e quindi

CIAS] = CIAS:7]+ [AS 5) + CIAS: è} CIAS; î) CAS, 3] AGg4 CIAS, è} AS, ZI

il vettore È è definito da

CASS]

FIAS RI

prim

1.3 (7.3) CIAS, #]

Co Ra = fim agi PS AS! Ra= lim as

(9

è infinitesimo) esiste(finito) al quando il limite (che era sottinteso dal fatto che AS orientamento.

sua forma e dalsuo tendere a zero di AS, indipendentemente dalla la rotazione di F' nel punto P, definita con de coinci È e vettor il che ora o triam Dimos rettangolo parallelo al piano £,y di lati Ax, Ay

dalla (1.65): prendiamo per AS un

Si ha con centro nel punto P di coordinate (x,4,2). 122

n.

CIASA (05,

dFs\_

a

(7.6)

e analoghe per le altre componenti. In generale

PN =. CASA (rot F) = (ret f)-à= lim XE

(7.7)

quindi la rotazione di un campo vettoriale F è un campo vettoriale le cui componenti

sono la circuitazione per unità di area del campo F lungoi bordi di superfici orientate nella direzione della componente considerata.

Sia' ora S una superficie orientabile su cui rot f' è ovunque definito, e sia y il contorno (se S è una superficie chiusa y è nullo: una superficie chiusa non ha bordo). Se S viene divisa in due parti 5) e Sz da una linea y' (figura 7.2) che è quindi

il tratto a comune, ma con versi di percorrenza opposti, dei due contorni 71 € 72, si ha

fra Y

7.2 Ss

(7.8)

Fdi+ f Fo ds. n

fix,

na

Quindi, se AS; |.-AS;---ASn è unapartizione di 5, si ha

(7.9)

fi u= Lf pd

7, im ti e per la (7.1) nel limite n + co

n Lim DO

ini ni

da cui

AS

_o

.

dio Res Jim, CASTO (Gi 7 3) = (1067),

OCAO, 0ABO, cioè

DOSILI DTT = CISOZII 46,4 ASTA, as

(7.5)

= (Fi 1/1, che è la condizione espressa

dalla (7.28), Y, > 7, percui certamentel’effetto della corrente di salita è molto minore di quello dovuto alla corrente 7,. Vediamo in dettaglio cosa succede nel caso del solenoide a spirecircolari (di raggio a); peril principio di sovrapposizione il campo è la sommadi quello dovuto a 71, che è quello del solenoide a spire

sovrapposte, e di quello dovuto alla corrente di salita che ha le stesse simmetrie

delfilorettilineo, e quindi per la (7.30) genera un campoche è nulloall’interno del

solenoide, e identico a quello di unfilo, dato dalla (7.42), fuori dal solenoide, cioè

per 0 > a. Se è importante che il campoall’esterno sia nullo basta sovrapporre all’avvolgimento “dal basso verso l’alto” un secondo avvolgimento, continuazione del primo,dall’alto verso il basso e nello stesso verso di rotazione del primo.

. Sistematoroidale: solenoidefinito con spire di forma arbìtraria C richiuso su se stesso (Y = C' @ 51). La figura 7.11 illustra il toro a spire circolari.

Il gruppo di invarianza, qualunque sia la forma delle

spire, contiene le rotazioni attorno all'asse del toro e

trascurando “l’elicoidalità” dell’avvolgimento, le riflessioni rispetto ad ogni piano passante perl’asse. Quindi

il campo ha solo la componente tangenziale By. Le linee

fig. 7.11

di forza sonocirconferenze coassiali con il toro e le uniche che concatenano corrente sonoquelle interne al toro, e la corrente concatenata è NI dove N è il numero di

spire, e / la corrente in ciascuna di esse. Quindi il campo è diverso da zero solo dentro il toro e vale

2NI Be= 57

(7.45)

4mnI/c. In questo caso non possiamo concludere che il campo è nullo all’esterno, in quantoil solenoide potrebbe trovarsi immerso in un campo magnetico uniforme

7.5 Il campo magnetico a grandi distanze L'assenza di cariche magnetiche ha come conseguenza cheil campo magnetico decresce almeno come r-3 a grandi distanze. Così comenel caso elettrostatico conviene de-

Nel caso del solenoide a spire circolari il problema non si è posto perché conoscevamoil campo sull'asse: in questo caso basterebbe rendersi conto che la (7.24) dà luogo ad un campo che tende a zero per r che tende all’oo nel piano delle spire,

magnetismo è più semplice determinare l'andamento a grandi distanze del potenziale vettore. Qui ci limitiamo a determinaresolo il primo termine (termine di dipolo ma-

parallelo a quello del solenoide (p.es. perché all’interno di un grandé solenoide).

Un solenoide “reale”, a parte il fatto che è di lunghezzafinita, non è costituito da

spire sovrapposte, ma il filo è avvolto a elica su un opportuno supporto, quindi la

134

0

Le linee di forza sono circonferenze ortogonali al filo e con centro su di esso; il

lari), ma anche una componente “di salita”, cioè parallela alla suddetta direzione:

CL

(7.42)

{-_.

Belo) = 2

corrente F non ha solo componenti ortogonali alla direzione rispetto alla quale il

«solenoide è invariante per traslazioni(l’asse del solenoide, nel caso di spire circo-

terminare il comportamento a grandi distanze del potenziale, anziché del campo, nel

gnetico) dello sviluppo del potenziale vettore in termini di multipolo, nel caso di un

unico circuito (spira) percorso da corrente. Dalla (7.22), se la corrente è concentrata in un filo conduttore,

135

LL

al piano passante per P e per l’asse di simmetria, e quindi ha solo la componente

tangenziale Be, e pertanto vale la (7.30). Seil sistemaè il filo rettilineo si ha

Lun

Magnetostatica

I

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Magnetostatica

(7.46)

f 4m=1ta PI za I Pdf 4 feona fd dn=

man

Il primo termine è nullo (fal= 0); peril secondosi ha,se fi è un versore arbitrario e utilizzando il teorema di Stokes (con rot' indichiamola rotazione rispetto alle variabili

2',4/,2°), a

+

(7.48)

(1.49)

{nel caso di una spira piana & è l’area della spira),

Ka= 47.

(1.50)

quindi il potenziale vettore, e perciò anche il campo magnetico, a grandi distanze dipende dall'area della spira e non dalla sua forma. Siccome À = O(r7?), ne segue, comeanticipato, $ = O(r73

Il risultato espresso dalla (7.50) è generalizzabile ad un numero qualsiasi di spire: in tal caso rîì è il momento magnetico totale del sistema di correnti, ed è dato dalla somma dei momenti magnetici delle varie spire. 7.6 Forza magnetica su un circuito Il campo magnetico esercita una forza sulle cariche in moto, e quindì anche su un circuito percorso da corrente. Questa forza si determina direttamente dall'espressione della forza di Lorentz: se trascuriamo lo spessore del filo conduttore che costituisce il

3)

©)

circuito, il che è lecito se la variazione 52 del campo attraverso la sezione del filo è piccolarispetto al campo (62/8 s

>

e 541Ò u = RI

It)= n + Ae(RIL)!

mata una induttanza: in pratica una bobina con molte spire

(8.58)

(8.60)

L/R ha le dimensioni di un tempo (indipendentemente dal sistema di unità) e dà la misura del tempo che impiega la corrente ad avvicinarsi al valore asintotico Vo/R: asintoticamenteil circuito si comporta comeun circuito puramente resistivo (corrente costante => f.e.m. autoindotta nulla). L’energia magnetica del circuito în regime asintotico vale

= 311(co) = (8) .

(8.61)

Portiamo ora l’interruttore I nella posizione B; la nuova equazione del circuito è la

(8.55) con VW = 0, e la soluzione con la condizione iniziale 7= Vo/R è

10) = heQ00r0

(8.62)

e l'energia dissipata per effetto Joule nella resistenza è 159

LE. Picasso: Lezionì di Fisica Generale 2 0

1

Va

E; = J RI*(t) di = 2L (È) o

1 campidi correnti lentamente variabili

2

(8.63)

2°\R

che ovviamente coincide con l’energia immagazzinata nel circuito. In effetti l’interruttore I deve essere un po’ più sofisticato di quello schematicamente

riportato nella figura 8.4, in quanto deve consentire dì disinserire la pila senza che il circuito resti temporaneamente aperto: cerchiamo infatti di capire cosa succede se portiamol’interruttore nella posizione C. Siccomeil circuito è aperto in esso non circola

corrente, quindi l'energia magnetica è zero; ma allora dove è andata l’energia (8.61)

immagazzinata nel circuito? Vediamo la cosa da un altro punto di vista: aprire il

circuito significa far sì che la resistenza del circuito passi dal valore A ad un valore

praticamenteinfinito; in effetti questo passaggio non è istantaneo, ma per molte ragioni

(l'aria fra i contatti dell’interruttore è debolmente conduttrice, il distacco dei contatti

è rapido ma nonistantaneo, ...) avviene in un tempo breve ma non nullo. Comunque, il repentino aumento della resistenza del circuito comporta una repentina diminuzione

della corrente e quindi, trattandosi di un circuito induttivo, un forte aumento della fe.m. autoindotta e quindi un elevato campoelettrico fra i contatti dell’interruttore, in grado di ionizzare l’aria fra di essi e consentire il passaggio delia corrente. Questo

degli atomie si manifesta sotto formadiscarica (la classica scintilla che si vede quando si apre un interruttore di un circuito contenente elementi induttivi comei motoridegli elettrodomestici). Questa scarica è nota come ertracorrente di apertura del circuito e può essere molto dannosa non solo peri contatti ma anche per l’uomo, dato che la f.e.m. può raggiungere valori veramente molto elevati, anche se solo per un breveintervallo di tempo. Per evitare le extracorrenti si mettono in atto particolari precauzioni, come l’aumento graduale della resistenza, condensatori in parallelo con l’interruttore .... Ritorneremo sull’argomento quando avremodiscusso i circuiti in cui è presente anche

un condensatore.

Riprendiamo in considerazione il sistema costuitito da due avvolgimenti toroidali sovrapposti che abbiamo introdotto nell'esempio 1 del paragrafo precedente. La rappresentazione circuitale di due induttanze fra le quali è importante la mutua induzione è quella della figura 8.5, in cui i due avvolgimenti vengono disegnati affacciati. fig. 8.5 Supponiamoora che uno deidue circuiti, diciamo ci, sia collegato ad un generatore di fie.m. £(1) = £o coswt, mentreil secondo è chiuso su una resistenza R2 (comprendente la resistenza dell’avvolgimento c2); sia R1 la resistenza dell’avvolgimento ci. La f.e.m. nel circuito primario (c1) è la sommadella fe.m. esterna £(t), di quella indotta da cy e di quella autoindotta, mentre la f.e.m. nel secondario è la sommadi quella indotta da ci e di quella autoindotta. Quindi le equazioni del circuito sono

VOCNI0O

—q

passaggio di cariche attraverso l’aria a sua volta produce eccitazione e ionizzazione

{10 — Lul (8) — Lxoda(t) = Ra; (1) — Laal(t) — La I(t) = Rol(t)

cile, tuttavia preferiamo discuterle nell'ipotesi che la resistenza Ri,del primariosia

trascurabile, cioè

Ril € Lul(t) = Luoh

> R&uLu

e cheil secondario sia aperto, 0 equivalentemente R7 = 00, per cui /3(t) = 0. In queste ipotesi la prima delle (8.64) diventa

Inh@)=£0

(8.66)

E(9) = Luk) = 7 £0)= 7 80)

(8.67)

e la f.e.m. nel secondario, che pensiamochiuso da unalinea (non da un conduttore), o equivalentemente dallaresistenza infinita, grazie alle (8.46) e (8.47), è

quindiil rapporto fra la f.e.m. a circuito nel secondario e la f.e.m. del generatore che alimenta il primario è uguale al rapporto fra il numerodi spire (rapporto di trasformazione). Su questo principio si basa il funzionamento del trasformatore, che permettediottenere forze elettromotrici in rapporto (quasi) arbitrario rispetto a quella del generatore. Dalla (8.66), con £(t) = fp coswt, si ha

o) h0)= iii

(8.68)

senwi

quindila corrente è sfasata di 90° rispettoalla f.e.m. del generatore; la potenza erogata dal generatore (lavoro fatto nell’unità di tempo) è 2

W(1)= €011) = SE sen Qt

(8.69)

e quindiè nulloil lavoro fatto in un periodo, come è giusto che sia, dato che l’energia magneticadel sisterna è anch'essa periodica (e quindi in un periodo non cambia) e non c'è dissipazione pereffetto Joule, Se il secondario viene chiuso su una resistenzafinita, la corrente nel primariorisulta sfasata rispettoalla f.e.m. di un angolo $ diverso da 90°, dipendente da R2, per cuiil lavoro fatto dal generatore in un periodo non è più nullo ed eguaglia l’energia dissipata da Ro. È interessante notare che l’energia dissipata nel secondario proviene dal lavoro fatto dal generatore sul primario, e che fra primario e

secondario non c'è contatto diretto ma sono in interazionefra, di loro solo attraverso il campo.

(8.64)

che costituiscono un sistema di equazioni accoppiate. La loro soluzione non è diffi-

160

(8.65)

161

La corrente di spostamentoneicircuiti capacitivi

LA CORRENTE DI SPOSTAMENTO NEI CIRCUITI CAPACITIVI

Esempio Una sfera contenente un materiale radioattivo emette particelle

9.1 La corrente di spostamento

cariche uniformementein tutte le direzioni. La corrente è quindi a simmetria sferica: J(F,t) = Jr(r,t)f. Vogliamo determinareil

La corrente di spostamento Js, definita dalla (8.13), fu introdotta “a mano” da Maxwell per ragioni di coerenza delle equazioni: gli esperimenti, principalmente quelli

La corrente non è a divergenza nulla, in quanto ha le sue sorgenti nella sfera radioattiva; presa una sfera di raggio r si ha

effettuati da Faraday concorrenti variabili, avevano permessodistabilire l’esistenza di

forze elettromotrici indotte dalle variazioni del campo magnetico, e quindi l'equazione (6.50), ma non erano in grado di mettere in evidenza il fenomenoreciproco, descritto dalla (6.52), cioè l’esistenza di campi magnetici dovuti alle variazioni del campoelettrico, fenomeno che avrebbe richiesto esperimenti mirati alla ricerca di questo effetto,

e condotti con correnti rapidamente variabili nel tempo. Le equazioni per il campo magnetico erano quindi ancora quelle della magnetostatica (7.14), e fu chiaro a Maxwell che queste sono accettabili solo se la corrente Y, pur dipendendo dal tempo, è a divergenza nulla: infatti, come abbiamogià notato, la 2° delle (7.14), grazie alla (7.12), implica divj = 0. Di qui la necessità di correggere l’equazione per il campo magnetico:

3_ 45 rot B= 2j +?

:

(9.1)

in modo che anche la divergenza del secondo membrosia nulla. Il ragionamento di Maxwell fu molto semplice: siccomevale l’equazione di conservazione della carica (3.10), prendendo la divergenza di ambo i membri della (9.1) si ha

diva = -Maiyj= 4180 _ 10 divZ= div (198) e ct cè

(8.2)

per cuiipotizzò cheil termine mancantenella (9.1) fosse proprio (1/c)0£/8t, e quindi scrisse la (6.52), che noi abbiamo invece ricavato come conseguenza del principio di relatività.

1l termine “corrente di spostamento” a noi oggi non sembra molto appropriato: lo era invece per Maxwell che, occupandosi di campivariabili all’interno dei dielettrici, notava che la corrente di spostamento corrispondeva effettivamente ad uno spostamento di cariche, quelle che costituiscono i dipoli molecolari, all'interno del mezzo. Siccome

div(7+J3) =0

(9.3)

è chiaro che pozzi e sorgenti dell'una sonorispettivamente sorgenti e pozzi per l’altra:

sì può quindi dire che la corrente di spostamentocostituisce la continuazione,o il prolungamento, di 7; per esempio, quando un condensatore viene caricato, la corrente di

conduzione termina su una armatura e scaturisce dall’altra: la corrente di spostamento salda questa interruzione fra le armature del condensatore, infatti mentre il condensatore si carica varia Il campoelettrico fra le armature, e quindi è presente la corrente di spostamento. La corrente totale di spostamento /s all’interno del condensatore, dove

la corrente di conduzione / è nulla, è precisamente uguale a /. 162

campo magnetico generato da questa corrente.

= 4rr27,(r,6)= 2 =- 19,(8) 8(5) = mm

>

dI X

=- d(1) kln)=-75

fig 91 . (9.4)

dove Qr(t) è la carica contenuta dentro la sfera di raggio r all’istante t. Siccome la densità di carica è a simmetria sferica, per il teorema di Gauss si ha

È) = LO > Js(71)=-S7,1)

(9.5)

quindi J(#,t) + Js(7,t) = 0 ed il campo magnetico è nullo. Potevamo ottenere più rapidamente lo stesso risultato usando le simmetrie: le sorgenti sono a simmetria sferica, quindi il campo magnetico, se non è nullo, è radiale, ma un campo radiale non è a divergenza nulla in quanto non è nulloil flusso uscente da una sfera concentrica con la distribuzione, e siccome div 3 = 0 ne segue B=0.

Nel capitolo precedente abbiamo discusso situazioni in cui la corrente di spostamento può essere trascurata. Abbiamo visto che ciò è possibile quando i) le correnti sono

lentamentevariabili, e ii) div/' = 0. L'esempio appena discusso dimostra l’importanza della corrente di spostamento quando la corrente non è a divergenza nulla; l’altro caso in cui la corrente di spostamento giuoca un ruolo essenziale si verifica quando le correnti, e quindi i campi, sono rapidamente variabili, come nelle antenne che generano le onde elettromagnetiche. In questo capitolo ci occupiamo ancora di campi generati da correnti lentamente va-

riabili ma, diversamente dai casi trattati nel precedente capitolo,in situazioni in cui la

corrente di spostamento nonè, a priori, trascurabile.

9.2 La corrente di spostamento neicircuiti capacitivi Se in un circuito, sempre in regimedi correnti lentamente variabili, sono presenti dei condensatori, le equazioni (8.12) non sono applicabili in quanto la 1% richiede che la corrente sia a divergenza nulla, ma le armature dei condensatori, essendo regioniin cui

si hanno variazioni della densità di carica, costituiscono pozzi e sorgenti per T. Per la

stessa ragione la divergenza del campoelettrico non è nulla, e quindi anche la 4° delle

(8.12) deve essere modificata.

L'approssimazionedelle correnti lentamentevariabili, che consiste nella determinazione dei campifino all'ordine L/er, può essere facilmente riproposta anche nel casoin cuiil campoelettrico non è dovuto soltanto alla variazione del campo magnetico, ma anche

alla presenza di cariche: per esempio quelle sulle armature dei condensatori. La differenza rispetto alla trattazione del capitolo precedente stanel fatto che mentre allora, in assenza dicariche, si partiva dal campo “quasistatico” Bo{z, y, 2,t) soluzione 163

LL

9.

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

La corrente di spostamento nei circuiti capacitivi

della (8.4), per ottenere iterativamente ì termini delle serie (8.7), ora partiamo dai campi quasi-statici Eo, soluzione delle equazioni

fa Fo(2,4,2,1) = 47p(2,0,2,1)

0.8)

rot Éx(x, y2,6)=0

°

(e che sonorisolte dalla(1.10) con p = p(#° ,9)), e da Bo che è determinato sia dalla corrente di conduzione Jche da quella di spostamento T? , in quanto sonodello stesso ordine: EpwQ/2° > Mx Q/L? = II? =J divdi =0 =



rod = 7432);



È

soa 1980,

9.7

(917)

Lacorrente J'+ SQ? è a divergenza nulla: la verifica è d'obbligo in quanto J2 non è tutta la corrente di spostamento ma solo quella dovuta al campo quasi-statico Éo, comunque si effettua utilizzando, come nella (9.2), l’equazione di conservazione della carica e la 1° delle (9.6). Calcolato Édalle (9.6), Bo è dato dalla formula di Biot - Savart (7.23):

Ba(7,1)= =1 [IONE i [REA gp

(9.8)

doveil primo integrale è effettuato lungoi conduttori nei quali scorre la corrente, mentre il secondo è esteso a tutto lo spazio in cui è presente la corrente di spostamento, cioèil campoelettrico Fo. A primavista la presenza del secondo integrale nella (9.8) sembra precludere ognipossibilità di determinare Bg e quindi {e questo è il nostro obiettivo) la f.e.m. in un circuito: la circostanza tanto favorevole quanto sorprendente è che questo integrale, in questo caso in cui rot Ép = 0, è nullo! Un modo (uno dei tanti) per dimostrare questa affermazione è quello di prendere la rotazione di ambo i membridella 2° della (9.7) e di utlizzare la formula (7.20) per la doppia rotazione, con Bo al posto di 4: siccome divd0=0, si ha rot(rot Bo) = -A Bo = I E rot(J+ Î)

(9.9)

e poiché in questo caso, per la (9.6) rot ti = 0, si ha

AB= -T rot $

(9.10)

che è l’equazione di Poisson per le componenti di Bo, ed è la stessa che si ottiene prendendola rotazionedella 2° della (7.14); siccomeper sorgenti in una regionelimitata dello spazio il campo magnetico si annulla all’infinito, la soluzione della (9.10) è unica e quindi è data dalla (7.23), cioè dal primo Mentenella (9.8):

J(#',t) rot a 1 [IFLH)A(F-#) =-2 f TONO o(34) 11 fo) ollava n ilay

Bo7,t} = -

. (0.11)

dove la seconda eguaglianza è una identità cerantia da una opportuna integrazione perparti. Il risultato è importante, ma va preso con le molle: importante perché dimostra che 164

il campo è completamente determinato dalla sola corrente di conduzione, per cui se l'interruzione nel circuito è soltanto dovuta alla presenza di condensatori, praticamente

non differisce dal campo di un circuito chiuso, in quantoil contributo “mancante”, se é è la separazione fra le armature del condensatore ed / la lunghezza del conduttore,

possiamoaspettarci chesia dell'ordine di 6/! rispetto a Ba; seil circuito contiene anche

una induttanza questo rapporto è certamente molto piccolo;

con le molle perché può

indurre nella tentazione di considerare nullo l’effetto della corrente di spostamento,

e quindi di poterla ignorare. È vero che la corrente di conduzione (in questo caso) “contiene già il DNA della corrente di spostamento”(infatti per le (9.6) e (9.7)VI è

un campo irrotazionale le cui sorgenti; a parte Ìl segno, sono quelle di JT), ma sì noti

che anche se Bo è dato dalla (9.11) in cui J? non compare, la determinazione di Bo mediante il teorema della circuitazione (teorema di Stokes}, non può prescindere dalla corrente di spostamento, dal momento che è una conseguenza della (9.7):

fE «df= Sal+ s)

(012)

ed ignorare JI FO nella (9.12) porta inevitabilmente a contraddizioni in quanto, siccome la sola corrente di conduzione J non è a divergenzanulla,il flusso di 7 dipende dalla superficie e non solo dal suo contorno.

Si noti che quanto sopra chiarisce anche la discussione che abbiamo fatto a proposito delle (7.23) e (7.24), quando abbiamofatto notare che il contributo al campo dovuto ad una porzionedifilo non soddisfa la seconda delle (7.14): ora vediamo che soddisfa

una equazione comela (9.7), con l’opportuna corrente di spostamento univocamente determinata dalla porzione di corrente consìderata.

Esempio Consideriamo il sistema illustrato nella figura 9.2: un condensatoresferico alimentato da una corrente I(t) tramite due fili rettilinei collegati alle due armature. Il campo elettrico IO) è diverso da zero solo all’interno del condensatore, e

quindi anche la corrente di spostamento è confinata fra le armature del “buon condensatore”. Il sistema ha le solite

invarianze: rotazioni attorno al filo (asse 2) riflessioniri-

spetto a qualsiasi piano passante per l’asse z, quindi per la (9.12) il campo magnetico in ogni punto a distanza £ dall’asse fig. 92 è dato dalla (7.30), dove 7, è la corrente totale, cioè di conduzione più quella di spostamento, concatenata con la circonferenza di raggio e; per ogni punto esterno

al condensatore

2I(t Bolt) = zo

(9.13)

infatti in questo caso ], = It): basta prendere come superficie una calotta tutta esterna al condensatore, dove JO 7? è assente, che è quindiattraversata solo dalla corrente delfilo. Se invece prendiamo un puntofra le due armature del condensatore, Ip riceve contributo solo (o anche) dalla corrente di spostamento. 165

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

La corrente di spostamento nei circuiti capacitivi

Se chiudiamoil circuito cortocircuitando il condensatore, cioè con

[ E de.

un filo fra le due armature comenella figura 9.3, il campo cambia

solo all’interno del condensatore, e in modo sensibile solo in una piccola regione attornoal tratto di filo aggiunto.

Possiamo anche verificare (per il sistema descritto nella figura 9.2) cheil 2° integrale nella (9.8) è nullo: supponiamo che la carica sulla sfera interna (e di conseguenza anche su quella esterna) sia uniformementedistribuita, allora #0, e anche J?, è radiale, quindi

1]

Rea A(F- FP)

Fap

IAA AF)

=z

ez)

(9.18)

Il segno = è d’obbligo in quantoil coefficiente di autoinduzioneè stato definito per un

circuito chiuso: ovviamente in un condensatore la separazione fra le armature è minima

e trattareil circuito comese fosse chiuso, alla luce della discussione che abbiamo fatto a proposito della (9.11), è pienamente legitiimo. Mettendo insiemele (9.16), (9.17) e (9.18) si ottiene l’equazionedel circuito di(t)

fig. 9.3

LO 4 RIG)+V()=0. di

dv

J JC,.(11,6) (FF =} flo se i) Ei di av=in feCo i Di dv

(0.19)

l’ultimo integrale èè un campo uguale.al campoua generato da una densità di carica a simmetria sferica 79, /r', quindi è un camporadiale ed il suo prodotto

esterno con 7 è nullo.

(9.19)

Anche in questo caso, e con le stesse approssimazioni contenute nella (9.18), si può ritrovare la (9.19) medianteil bilancio energetico: nel circuito è presente sia energia magnetica Um che energia elettrica Vg: Um =lir. = 511 ;

19° Ur = >

(9.20)

e la loro diminuzione nell’unità di tempo deve eguagliare l’energia dissipata per effetto

Joule:

9.3 Il circuito RIC

LI()Î() + VOI) + 820) =0

Consideriamoil circuito RLC di figura 9.4, e supponiamo che, con l’interruttore aperto, il condensatoresia carico alla

La soluzione della (9.19) richiede la conoscenza, come condizioniiniziali, di / e di V ad

d.d.p. Vo, quindi chiudiamol’interruttore. Quando l'inter-

un certo istante; possiamoscrivere la (9.19) come equazionenella sola incognita Q(i):

ruttore è chiuso, e quindi circola una corrente /(t), nel cir-

PO)

cuito sono presenti due campielettrici: uno è il campo Éo AIB (conservativo) soluzione delle equazioni(9.6), dovuto alle ca| riche Q(1) e —Q(t) sulle armature del condensatore, l’altro fig. 9.4 è il campoelettrico (non conservativo) autoindotto i che nell’apprassimazione delle correnti lentamentevariabili è soluzione delle equazioni

divé,/=0

con Bidefinito dalle (9.7) e dato dalla (9.11). Per determinarel’equazionedel circuito

procediamo in modo simile a come abbiamoricavato con le (8.57) e (8.58) la (8.55): la differenza sta nel fatto che ora, a causa della presenza del condensatore, il circuito non è chiuso. Preso comeverso positivo per la corrente quello orario, cioè dall’armatiura A

all’armatura 8 attraverso la resistenza e l’induttanza si ha, come nella (8.57),

mentre

B

/ En -dl=-V(1)

(9.17)

A

dove V(t) è la differenza di potenziale fra l'armatura B e l'armatura A, e 166

(9.22)

EI,

pil

ae ta + 310 =

(9.23)

La (9.23) richiede come condizioni iniziali I e Ì ad uncerto istante, ma queste sono determinate, grazie alla (9.19), dalla conoscenza di V e di I (o di Q e 0) allostesso istante, quindi la (9.23) è equivalente alla (9.19) e alla (9.22). Tanto nella forma (9.22) che in quella (9.23) l'equazione del circuito è identica all’equazionedi un oscillatore smorzato: nella (9.22) Q(t) prendeil posto di x(t), L quello della massa, 1/C' quello della costante elastica, mentre È è l’analogo del coefficiente y

di attrito viscoso; l'energia magnetica Uy e quella elettrica Uz sono rispettivamente

(9.16)

A

1

madisolito sì preferisce prendere come funzione incognita I{t): derivandorispetto a ? la (9.22) si ottiene

.

fd + È) -dÎ= RIG)

pdQl)

LR 7 +R_Tdi +500)=0

(015)

3 1480 rot £, = a

(9.21)

(si è fatto uso della relazione Q/C = V), da cui la (9.19).

l'analogo dell'energia cinetica e dell’energia potenziale dell’oscillatore.

Pertanto rimandiamo per la determinazionedellasoluzione della (9.23) (o della (9.22)

alle Lezioni di Fisica Generale 1, capitolo 11: qui ci limitiamo a richiamare gli aspetti essenziali’ della soluzione. Il circuito ha una “frequenza propria” wo ed un “tempo di smorzamento” r dati da 1

=L.

(9.24)

“= ge" R

167

LE. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

La corrente di spostamento nei circuiti capacitivi

Sono possibili due regimidi funzionamento, a seconda che 1/(27) 2 wo, cioè R/L 2 2/VLÈ: nel primo caso (R/L > 2/VLC) I(1) è combinazionelineare di due esponenziali reali decrescenti:

Se nel circuito è presente un generatore di f.e.m. £(t) in serie con gli altri elementi del circuito, nella (9.18) £; è la somma del campo autoindotto e di quello dovuto al generatore, per cui

-

cant.

I)= eten;

1/R

R?

4

if R°_4\. na=z(7*77-75)

(0.25)

Il casotipico è quello di un circuito senza induttanza (circuito RC) in cui L è non nullo

solo perché qualunquecircuito, in quanto concatena il flusso del campo magnetico da esso prodotto, ha un coefficiente di autoinduzione diverso da zero.

In questo caso,

poiché L/R 1, cioè T ® 1/wo, per cui la corrente compie molte (& Q) oscillazioni prima che queste si

al fatto che le equazioni che permettono di determinare la corrente in ogni ramo del circuito sono un sistema di equazioni differenziali lineari, in generale non omogenee a

causa della presenza di generatori di f.e.m. Sono elementi non lineari (e quindi fanno parte dell’elettronica non lineare) i diodi e i transistor: un diodo, per esempio, è un oggetto che presenta una elevata resistenza alla corrente in un dato verso, e unaresistenza trascurabile se la corrente Îo percorre nel verso opposto, quindi l'equazione che lega la d.d.p. ai capi di un diodo conla corrente che lo attraversa non è una equazionelineare, comelo è — invece — l'equazione che lega la d.d.p. ai capi di unaresistenza con la corrente che la attraversa (legge di Ohm). Un circuito (in generale) .è costituito da maglie e nodi: una maglia è un percorso chiusoall’interno delcircuito, ed un nodo è un punto in cui due o più elementi sono colle-

siano apprezzabilmente smorzate. Il periodo delle oscillazioni, in questo caso in cui la resistenza è molto piccola (R « VL/C: per esempio solo quella del conduttore che costituisce l’induttanza e deifili di connessione), è praticamente Ty = 2/wo, cioè

gati fra di loro. Nelcircuito di figura 9.5, nel quale sono

Se le condizioniiniziali sono (come prima) I(0) = 0, I(0)= —Vo/L,

il generatore la resistenza e l’induttanza, infine la terza è

quello de) circuito LC.

.

10)=- O)ne? cena.

(9.33)

I

I

il cui grafico, a parteil segno, è quello della figura (3.9):

3=1

/ Br cala £0)- 0

168

indicati ì tre nodi, si riconoscono tre maglie: una contiene

il generatore la resistenza e la capacità, un’altra contiene quella costituita dal condensatore e dall’induttanza; le tre

maglie non sono indipendenti nel senso che, per esempio,

fig. 9.5

la terza si ottiene percorrendo la prima maglia e poi la seconda in senso inverso.

169

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

La corrente di spostamentonei circuiti capacitivi

Possiamo prendere come incognite le correnti Ix(t) nei vari

(l'indice j distingue le varie maglie, le correnti I; ---, Ia, Lia = Gia:

rami del circuito, che però non sono tutte indipendenti fra

di loro: siccomein regimedi correnti lentamente variabilila

la soluzione generale è la sommadella soluzione generale del sistema omogeneoassociato

(£;(t) = 0 Y$) e di una soluzione particolare. Noi siamo interessati a quest’ultima, in quanto ogni soluzione del sistema omogeneo, a causa dell’energia dissipata nelle resistenze, in assenza di f.e.m. esterne è destinata a smorzarsi in un tempo più o meno

ziali, le incognite {x (1). Consideriamo ad esempio il circuito di figura 9.5; fissato come

verso delle correnti nella prima e nella seconda maglia (maglia RC e maglia AL) il verso orario (cioè dal generatorealla resistenza), detta / la correntenellaresistenza, /1 quella nel ramo contenenteil condensatore ed /) quella nell’induttanza, Vi la differenza di potenziale fra l'armatura superiore del condensatore e quellainferiore, si ha I=h+"%

(9.36)

fe -—V.= RI E- LI = RI. Se prendiamo la differenza fra le due ultime equazionisi ottiene

(9.37)

V-Lhb=0

che è l’equazione della terza maglia: la dipendenza delle maglie si traduce quindi nella dipendenza delle equazioni.

Vogliamoora. discutere il caso in cui le f.e.m. £;(t) esterne siano della forma &;(t) =

e coswt (oppure, è indifferente, &;(t) = € sen wi }: in questo casosidicecheil circuito

è alimentato in corrente alternata(c.a.). Se il circuito difigura 9.6 è alimentatoin c.a. l'equazione del circuito è identica a quella di un oscillatore forzato: dalla (9.35) si ha dQ dQ 1,_ IptRat 9 = fosenot

(9.38)

oppure, prendendo comeincognita I(t),

dI(t)

dit)

1

_

(9.39)

+ RA + sio = Éqwcoswt.

Anziché discutere separatamentei circuiti in c.a. delle figure 9.5 e 9.6, (l’oscillatore forzato, e quindiil circuito di figura 9.6, è stato trattato nel corso di Fisica Generale 1), forniamogli elementi di una trattazione generale che può essereutilizzata per tutti i circuiti lineari alimentatiin c.a. Abbiamo visto che le equazioni del circuito sono un sistema di equazionidifferenziali lineari della forma .

1

Lidi +-+ Riliit oc +4 gQat-0= 50) 170

:

jal...n

(940)

soluzione se le f.e.m. sono £;(t) = tia senwi, quindi per la linearità delle equazioni, se

poniamo

E;(t) = E eî0! = £0(coswt + isenwt)

(9.41)

cerchiamo la soluzione particolare nella forma

Ix(t) = |If|ef(utten) = 10 gilt

ID = [Ie

(9.42)

Con la posizione (9.41) e (9.42), le (9.40) diventano, dopo avere diviso peril fattore e! comunea tutti i termini,

ì += iL; I%+ 4004 + RiBlb+ 144 +7 — iL

,

j

l...n.

(9.43)

Le equazioni del circuito sono ora un sistema lineare di equazioni algebriche nelle incognite complesse IP: |/0| è il valore assoluto della corrente checircola nell’elemento k-esimo, mentre «x è lo sfasamento(l'anticipo di fase) della corrente rispetto alla f.e.m. Il grosso vantaggio delle (9.43) è che, trattandosi di equazionialgebriche, esse sono formalmente identiche alle equazionidi un circuito costituito da sole resistenze con f.e.m. costanti £?: nelle equazionidi un circuito puramenteresistivo la corrente (reale) nella k-esima resistenza è moltiplicata per Rx; ora la corrente (complessa) nel k-esimoelemento è moltiplicata per l’îÎmpedenza complessa Zx (l'inverso di un’impedenzasi chiama ammettenza, ed è indicata con Y), dove a seconda che l’elemento sia una

L

9.4 (una sola maglia) abbiamoscrittola (9.19) (o la (9.35) se è presente un generatore comenella figura 9.6): è possibile dimostrare (p.es. per ìnduzione) che le equazioni di conservazione della corrente ad ogni nodo e quellerelative ad un insieme completo di maglie indipendenti sono necessarie e sufficienti a determinare, date le condizioni ini-

lungo. Se le f.e.m. sono £;(t) = e coswt, la soluzione particolare la cerchiamo della forma Ix(t) == {IP|cos(wt + ga). Se la soluzioneesiste, allora {I{{sen(wt + gx) costituisce la

{O

fig 9.6

servazione della corrente); per ogni maglia possiamo scrivere un'equazione nello stesso modoin cuiperil circuito di figura

Cu.

I

(div 7 # 0 solo sulle armature dei condensatori), la corrente entrante in ogni nodo deve eguagliare quella uscente (con-

resistenza, un'induttanza o una capacità si ha

z=f

R

dl

(9.44)

=

Di conseguenza, in particolare, valgono per le impedenzein serie e in parallelo le stesse regole che valgono per le resistenze in serie e in parallelo: le impedenze in serie si

sommano, mentre nel caso di elementi in paralielo si sommano le ammettenze.

Vediamoallora come si ritrovanoi risultati (già noti dalla trattazione dell’oscillatore forzato) relativi al circuito difigura 9.6. Poiché i vari elementi sonoin serie, l’impedenza del circuito è

Z=R+iuL- = VR+ (01-10) e; tang= -i@i — 1/wC)

(9.45) 171

CL

densità di corrente è a divergenza nulla lungo tuttoil circuito

L de

in

generale sono diverse, in quanto fra i diversi elementi possono essere presenti dei nodi);

um

-)

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2 e quindi E p=



€o

VIET GL 1/00)°

;

ie

Se utilizziamo le (9.24) si ha

=

oI_

10.

(9.46)

10.1 La legge di Faraday-Newmannperi circuiti in moto

Eow/L Vl — 2}? + w2/7?

(0.47)

che ha la stessa forma dell’ampiezza dell’oscillatore forzato e, come per quest'ultimo,

è evidente il carattere risonante del circuito quando w & wo. Per questa ragione il circuito di figura 9.6 è detto circuito risonante.

Per concludere, consideriamo la maglia LO del circuito di figura 9.5. L'ammet tenza della maglia fra ì due nodi è

YV=iC-1/ui);

LA FORZA ELETTROMOTRICE NEI CIRCUITI IN MOVIMENTO

[= Cp ui

(9.48)

che tendea zero (e quindi l’impedenza tende all’infinito) per w & wo. Quindi, nel

circuito di figura 9.5, quando w si avvicina ad wo la corrente nel ramo contenente il

generatore tende bruscamente a zero: per questa ragioneil circuito di figura 9.5 è detto circuito antirisonante.

] fenomeni che si manifestano quando un conduttoresi trova all’interno di un campo elettromagnetico in generale sono molto complessi, in quanto il modo in cui cariche e correnti si distribuiscono nei conduttore non è assegnato a priori ma dipende, oltre che dai campi esterni, anche dai campi che esse stesse producono: un esempio di

questo tipo di problemiè fornito dall’effetto pelle che, proprio per la complessità del problema, abbiamo discusso solo in termini qualitativi. Nella maggior parte dei casì che abbiamo trattato, i conduttori erano costituiti dai fili dei circuiti percorsi da corrente

per cui, almeno in regime di correnti lentamentevariabili, la distribuzione della corrente all’interno dei fili conduttori non é né particolarmente rilevante, né particolarmente influenzata dai campi generati dal circuito stesso. A maggior ragione sono complicati i problemi riguardanti i conduttori in movimento in un campo elettromagnetico. Tuttavia, siccome anchenella vita di tutti i giorni abbiamo a che fare con gli effetti del moto di conduttori in campi magnetici (motori, generatori di corrente alternata, ...), dedichiamo questo capitolo alla discussione degli effetti più rilevanti e delle idee generali che stanno alla loro base. Consideriamoun circuito conduttore y() in moto în un campo magnetico statico B(x,y,z). Non è richiesto che il circuito si muovarigidamente: esso non solo può cambiare posizione, ma durante il moto può anche deformarsi. Sia 7 la velocità (all’istante 1) del generico punto di y; le cariche nel circuito hanno velocità 747 dove & è la velocità delle cariche rispeito al

circuito ed è non nulla solo se si riferisce ai portatori di carica e se nel circuito scorre corrente: quindi 7, se non è nulla, è

1

poni

4. dî

nt)

fig. 10.1

tangente a 7 (sia © che © in generale dipendono dal punto del circuito considerato). A causa della presenza del campo magnetico, le cariche sono soggette alla forza di Lorentz F = (9/c)(+ 7) A B: la circuitazione di questa forza lungo + (divisa per q) è per definizione la forza elettromotrice nel circuito; siccome 7 A B è ortogonale a 7, si ha

e= find di.

(10.1)

Moltiplichiamo ambo i membri della (10.1) per At e permutiamoi fattori nel triplo prodotto:

(FAM) AB -dl= B-(dlrgAt)=B. di

(10.2)

dove dà è )’area spazzata dal tratto dldelcircuito nell'intervallo di tempo 1,41 + At. Detta AA l’area spazzata dall’intero circuito 7 nell'intervallo di tempo t,t + Af (ia superficie laterale nella figura 10.1), per la (10.1) e la (10.2) si ha

E)AL= 2824(8). 172

(10.3) 173

Siccome div d = 0, è nullo il flusso di B uscente dal volumeracchiuso da AA e da due

nullo, trasferisce complessivamente al sistema una potenza nulla, quindiil lavoro sugli elettroni dovuto alla f.e.m. deve essere accompagnato da un lavoro opposto: infatti abbiamo visto che quando nel circuito circola corrente è solo una parte della forza di Lorentz F = (4/c)(7+ 7) A B che è responsabile della f.e.m., e si ha

(10.4)

e quindi dalla (10.3) e (10.4)

(10.5)

Et) = id.

La (10.5) è identica alla (8.2): in ogni caso la f.e.m. in un circuito è data dalla variazione del flusso di J attraverso il circuito, sia essa dovuta al fatto cheil circuito è fermo, ma È varia nel tempo(flusso concatenato), oppure al motodel circuito in un campo magnetico statico (flusso tagliato), o anche a tutti e due glieffetti insieme. Nelle due situazioni che portano rispettivamente alla (8.2) e alla (10.5), le cause delle f.e.m. sono (o almeno sembrano) diverse: nel primo caso la f.e.m. è dovutaall’esistenza di un campo elettrico non conservativo, mentre nel secondo caso è presente solo un campo magnetico, e la f.e.m. trae origine dalla forza di Lorentz sulle cariche; si può anche dire che nel primocasola f.e.m. esiste anche su circuiti non materializzati da un conduttore,

mentre nel secondo caso è presente solo in un circuito conduttore. Tuttavia, la distinzione che abbiamo fatto fra la f.e.m. in un circuito fermo e in un circuito in moto, non è così essenziale come può apparire a prima vista: supponiamo,

per esempio, cheil circuito si muova di motorettilineo uniforme (in direzione dell'asse x) in un campo magnetico statico B(z,y, 2). Nelriferimento K' solidale conil circuito è presente un campoelettrico £‘ dato dalla (6.38) (con i ruoli di K e di X” scambiati): se, visto che le velocità dei conduttori sono sempre molto piccole rispetto alla velocità

della luce, poniamo y(v) = 1, in K' si ha

E(2',f 2,4) = =nB(0,9,2,1) = z AB(2' + 00,92)

(10.6)

=; 198’ véb rsd'= to

(10.7)

e quindi, in K°, la f.e.m. nel circuito è dovuta al campoelettrico É' e coincide (nell’approssimazione Y(v) = 1) con la f.e.m. calcolata nel riferimento X del laboratorio. Si noti che se 88/0 = 0 (per esempio nel caso di un campo uniforme), È' è conservativo,

e non si ha variazione di flusso né in K (flusso tagliato), né in A‘ (flusso concatenato):

08/0x + 0 è essenziale affinché in K” il campo magnetico dipenda dal tempo e dia quindi luogo ad un campoelettrico non conservativo. Quindi, almeno nel caso di circuiti in moto uniforme,l’attribuzione della causa della f.e.m. alla forza di Lorentz o ad un campo elettrico non conservativo, non è un fatto

intrinseco, ma è solo una questionediscelta del riferimento, cioè di punto di vista. Alla stessa conclusione si perviene anche quandoil motodel circuito non è uniforme, per lo meno nel caso in cui è un motorigido. Se 7 è la corrente che circola nel circuito (in moto) y, la f.e.m. sviluppa una potenza W = &, che disolito viene (almeno in parte) dissipata per effetto Joule nella resistenza del circuito; tuttavia è chiaro che la forza di Lorentz, che è una forza a lavoro 174

o=F-(71+M)= i+ mA8.(7+9)

(10.8)

e quindi su un trattodidi circuito, se A è la densità dei portatoridi carica (= Au), Adi.

=

_.

Ad

LinBia+ i B.î+ anb.g= TUAB 7=0.

(10.9)

Il primo terminenella (10.9), integrato su tutto il circuito, è la potenza Wi.e.m. svi-

luppata dalla f.e.m., ed il secondo (integrato sul circuito), uguale e apposto al primo, è il lavoro negativo fatto (nell’unità di tempo) dalla forza di Lorentz contro le forze che mantengono in moto il circuito o, in assenza di forze meccaniche esterne, coincide con la variazione (negativa) dell’energia cinetica del circuito: detta Wecc la potenza

meccanica della forza di Lorentz sulla spira, la (10.9) può quindi essere riscritta come

Wise. + Wmeec = 0.

(10.10)

Questa discussione riprende quella che abbiamofatto alla fine del capitolo 7.6 per spiegare comela forza di Lorentz può mettere in moto una spira percorsa da corrente; in effetti, la (10.10) può essere letta in due modi: se nel circuito un generatore fa circolare una corrente, il circuito viene messo in moto dalla forza di Lorentz a spese

del generatore (Wimecc > 0, Wram. < 0); se invece il circuito viene mantenuto in movimento da forze esterne in esso viene indotta una f.e.m. (Wrem. > D, Wnecc < 0), e possiamo concludere che dal punto di vista energetico sono le forze meccaniche esterne che determinano la potenza sviluppata dalla forza elettromotrice, Quindi, nel primo caso si realizza un motore elettrico, mentre nel secondo si realizza un generatore di f.e.m. Da quanto sopra segue che possiamo dare una espressione per la forza risultante che

un campo magnetico esercita su una spira percorsa da una corrente /, valida anche nel

caso in cui la spira nonè piccola.

Immaginiamochelaspira, a partire dalla posizionein cui vogliamocalcolarela forza su

di essa, effettui un motorigidoe traslatorio: questo deve essere pensato come un moto

virtuale, cioè indipendente da quello che è il motoreale della spira. In corrispondenza a questo moto “virtuale” dalla (10.10) si ha

Winecc= =Wrem==I(1)£,(1) = 10 sO) . A

da4(8) = - (21428) - Bxo(8))

n

(arbitrarie) superfici che rispettivamente hanno come contorni y(t+ At) e v(t), per cui

(10.11)

Siccome il motovirtuale della spira è rigido e traslatorio, la sua posizioneall’istante t è univocamente determinatadalla posizioneall'istanteiniziale e dalla leggeoraria F(t) di un suo punto, quindi ®{B) è funzione(solo) di F(t) e si ha

dB) _ 00(8) de; di

©

dr

d

= grad (8) - è

e siccome tutti i punti della spira hanno la stessa velocità 7,

(40.12) Wmecc = #-7. Dalla

(10.11), essendo © arbitraria (il moto virtuale è arbitrario), si ha 175

{LL

La forza elettromotrice nei circuiti in movimento

LL

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

7)

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

La forza elettromotrice nei circuiti in movimento

Pa 1 grad (103)

(10.13)

che sì riduce alla (7.62) se la componente di È ortogonalealla spira può essere considerata costante sull’area della spira. Si noti che la (10.13) fornisce la forza risultante agente sulla spira, per cui in pratica non è di grandeutilità se la spira (o il circuito) è deformabile (comeil circuito che discuteremo nel prossimo esempio), dato che in questo

caso ciò che interessa è la forza sulle varie parti che costituiscono il circuito. Analogamentealla (10.13), il momentorisultante agente sulla spira è determinato dalla derivata di &(8) rispetto all’orientamento della spira.

I

TI

Esempi 1. Una sbarretta metallica si muove con velocità

uniforme # su due guide metalliche parallele, a distanza d, collegate fra di loro da un filo conduttore, comein figura. Il dispositivo è soggetto

od

_



Bvd

_ B?v°d?

= 13 RT Rei

3 ra

Per la (7.53) il campo magneticoesercita sulla sbarretta la forza

P=linB

(10.14) (10.15)

dove d è il vettore di modulo d parallelo alla sbarretta, il cui verso coincide con quello di percorrenza del circuito (dal basso verso l’alto). Si noti che la forza

risultante sul circuito è nulla, dato che le forze che si esercitano sui lati opposti

1

sono opposte (e in effetti per unatraslazionerigida del circuito il fiusso di B non cambia), ma quella che a noiinteressa è la forza sulla sbarretta mobile. È, data dalla (10.15), è opposta a #; per mantenerela sbarretta in moto unforme occorre esercitare dall’esterno una forza —F 1 la cui potenza è

2,20?

Wen=-P7= -IBud= Pd

verso destra, e supposto che per t = 0 la sbarretta sia ferma si ha Fr= Bd.

[EI E = Pd,

(10.17)

cioè la sbarretta viene messa in moto e quindiil sistema è sostanzialmente un (rudimentale) motoreelettrico. Da dove proviene l’energia cinetica della sbarretta? Dalla discussione fatta sopra risulta che l’energia deve essere fornita dal generatore G: infatti la f.e.m. indotta nel circuito è data dalla (10.14) e il generatore G, per mantenere I costante, deve aumentare di —£ la propria f.e.m., quindi fornire (in più) una potenza

(10.16)

(10.18)

. Una spira di area A ruota con velocità angolare co-

stante w attorno ad un asse ortogonale ad un campo

magnetico uniforme. Se @(1) = wt è l’angolo fra la normale al piano della spira e 8, si ha ABw I(1) = ABcoswt; > £()= senwi. nata.



—_

42 _ _

In questo caso quindinella spira abbiamo unaf.e.m. alter-

ii _ une

fig. 10.3

Se ad esempio prendiamo A = 400cm?, B= 103G, w= 27-5087! (c.a. a 50Hz), si ottiene

E(t) = Eosenwt,

Eo=126V.

(10.19)

Laf.e.m. può essere aumentata di un fattore N prendendo, anziché unasola spira, un avvolgimento di N spire: su questi principi si basa il funzionamento di un alternatore (generatore di f.e.m. alternata). Sia ora R la resistenza della spira (oppurela resistenza del circuito che utilizza la f.e.m. generata nella spira); la potenza dissipata per effetto Joule è £2

A? B?w?

2

Wi= 3 aos ut.

(10.20)

1 campo magnetico esercita sulla spira un momento M parallelo all'asse di rota-

zione (asse 2), che per le (7.49) e (7.59) è dato da I... 3 I

M,= AA BÌ: =-7ABsenvt.

che eguaglia la potenza dissipata per effetto Joule. Il risultato è indipendente dal verso di B e da quello di È (We. è quadratico in entrambi), ma non dal segno — nella (10.5) (0 nella (8.2)); con il segno + nella (10.5), Wes sarebbe negativa: un modo per ottenere dal circuito sia calore Joule, sia lavoro positivo sull’esterno! 176

mantenendola costante (“generatore di corrente”). Il campo magnetico esercita sulla sbarretta una forza data dalla (10.15): preso l’asse 2 orientato da sinistra

W=-£I= Bud = Fav; = dimo).

ad un campo magnetico uniforme ortogonale al piano delle guide. Sia A la resistenza del cir fig. 10.2 cuito, che supponiamo tutta concentrata nella sii sbarretta. Vogliamo calcolare la f.e.m. nel circuîto, la potenza dissipata per effetto Joule, e la potenza delle forze meccaniche che occorre esercitare sulla sbarretta per mantenerla in moto con velocità #. La variazionediflusso nel circuito è dovuta esclusivamente (irascuriamo l’autoin-. duzionedel circuito) al fatto che aumentala sua area (deformazionedel circuito). Si ha (il verso di percorrenza nel circuito è quello antiorario) Bed

Supponiamo ora che un generatore G faccia circolare nel circuito una correnteI,

(10.21)

e quindiil motore che mantiene in rotazione la spira deve fornire un momento -M e una potenza




(11.23)

lip 1/I\?_1; Fo=2ipe 518 +308-3 45(2) =

11.2 Il teorema di Poynting

(11.30)

dv,(5) = -dy,(5)

la (11.29) costituisce la forma globale del teorema di Poynting e si legge nel modo seguente;

la diminuzionenell’unità di tempo dell'energia totale contenuta dentro un volume Vv è data dal flusso uscente da V del vettore di Poynting; questo flusso coincide con il flusso entrante nel volume circostante ed eguaglia l'aumento dell'energia totale in esso contenuta.

Il flusso del vettore di Poynting è quindi l’energia trasferita fra due sistemi nell'unità di

tempo, quello contenuto nel volume Vj e quello contenuto nel volume adiacente Da, ed

il vettore di Poynting ha quindiil significato di densità di corrente di energia, così come + hail significato di densità di corrente di carica. L’analogia fra p,J e u,d è molto stretta: se all’interno del volume V non sono presenti sorgenti, la (11.29) dice che l'energia del campo contenuta in V può cambiare solo perché c’è un flusso di energia attraverso la superficie che delimita V: all’interno del volume V vale l'equazione di continuità per l'energia du

divf4 2 =0

(muzeV)

189

(11.31)

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Energia e quantità di moto del campoelettromagnetico

identica all’equazione (3.10) di continuità per la corrente. L'introduzione del concetto di densità e flusso di energia del campo elettromagnetico non ha solo un valore formale: permette di considerare il campo (ed eventualmente le sorgenti) contenuto in un volume V esso stesso come un sistema in interazione con il campoe le sorgenti esterni a V, ed il vettore di Poynting descrive questa interazione:

esso permette dì andareoltre l’idea maxwellianadi localizzazione dell’energia, in quanto ora non solo sappiamo quanta energia si trova in un dato volume ma anche, seguendo

le lineediflusso del vettore S, dove essa andrà o da dove essa è venuta; per la (11.26) pozzie sorgenti di (flusso di) energia sono i punti in cui du/0t + E.T#0.

essere uguale a quello entrante nelfilo. In definitiva, le linee di forza del vettore di Poynting escono dalla pila ed entrano nel conduttore: la pila è la sorgenteed il

filo il pozzo. Se poi nel circuito è presente anche un’induttanza, come prima troviamo che nel

filo entra la potenza W) = RI? ma,a differenza di prima, dalla pila deve uscire un

flusso maggiore, dato che l’energia del campo magnetico deve aumentare: infatti,

se facciamo il confronto con il caso precedente a parità di corrente nelfilo, e

quindi dentro la pila, e quindi a parità di campo magnetico ovunque e di campo

elettrico nel filo, il campo elettrico dentro la pila è maggiore in quanto riceve

ancheil contributo del campoelettrico autoindotto, concorde con il campoelettrico

Esempio

Consideriamouncircuito costituito da unapila e da unfilo conduttorediresistività

@:- Prendiamo come volume V quello (strettamente) occupato dal circuito, pila

compresa. All’interno del conduttore è presente un campoelettrico che per la legge dì Ohm in formalocale è dato dalla (3.17); se con E; indichiamo la componente di Èparallela alfilo (l’unica non nulla dentro al conduttore), si ha

B= 0.3 = ALI

(11.22)

dove Ras l è a resistenza di un trattodifilo di lunghezza (infinitesima) AL. Siccome la componente tangenziale di È è continua (rot È = 0) attraverso fa superficie delfilo, la (11.32) è anche la componente tangenziale di £ sulla superficie esterna di V, Poiché il filo è percorso da corrente, è presente anche un campo magnetico che, sempre sulla superficie esterna di V, vale

Bi= È

(11.33)

dove a è il raggio del conduttore. Allora in ogni punto della superficie esterna di V il vettore di Poynting è non nullo, ha una componente diretta verso il filo

(componente radiale), che per la (11.32) e la (11.33) vale e =

Rari? ott

(conservativo) presente all’interno della pila.

Ovviamente gli esempi che abbiamo appena discusso non aggiungono nulla di nuovo a ciò che già sapevamo a proposito del bilancio energetico, anche perché si tratta di situazioni stazionarie o quasi-stazionarie; forniscono però un modo diverso di vedere le cose, un modoin cui il campo gioca un ruolo importante e che diventa insostituibile nei casi in cui interviene in maniera essenziale la propagazione dei campi (campi rapidamente variabili). 11.3 La quantità di moto del campo elettromagnetico Per costruire il campo elettromagnetico non solo occorre fare lavoro sulle sorgenti ma, in generale, occorre anche cedere dall’esterno ad esse un impulso; comeperl’energia, parte di questo impulso si ritrova come quantità di moto del sistema meccanico (sorgenti e loro supporti), ed il resto è, per definizione, la quantità di moto del campo elettromagnetico. La quantità di moto del sistema meccanico è la sommadell’impulso totale ceduto dalle forze esterne e di quello 7°® ceduto dalle forze del campo (“forze interne”): quest’ultimo sarebbe nullo se valesse il 3° principio della dinamica nella sua formulazione newtoniana (il risultante delle forze interne -— in questo caso elet. tromagnetiche - fra i componenti del sistema meccanico sarebbe nullo), ma in generale è diverso da zero ed il suo opposto è quindila quantità di moto P del campo. Quindi

Pa) = -ÎM(-00,1) =-fe[(pÈ +=2ÎAB) dv.

11.3

Se bi 2raAL (11.34) e nel tratto difilo di lunghezza AL si ha un flusso entrante di energia dato da

®($) = 2ra ALS, = RaLl”

(11.35)

e quindi nell’intero filo entra la potenza W; = R/?, esattamente uguale a quella che viene dissipata per effetto Joule. Ovviamente non è un caso: siccome dentro il filo non cambia né l’energia cinetica degli elettroni, né il campo, l’energia che entra o si trasforma in energia interna del filo se questo è termicamenteisolato, oppure viene ritrasferita sotto formadi calore all’esterno (avremo quindi anche un

(11.36)

L’integrale di volume che compare nella (11.36) si trasforma in una espressione contenente solo i campisostituendo alle sorgenti p, È le loro espressioni ricavate dalle equazioni di Maxwell: il calcolo è alquanto più laborioso che non quello che ha portato alla (11.9) (anche in questo casoi flussìall'infinito sono nulli), per cui lo omettiamo; il risultato è

< 1; Pi 1 x d = -J8+ +17 B)dv = (Es) = 37/5

(11.37)

B=© 4me 0 [Bn54r=3 5a ° e

(11.38) °

flusso di energia termica uscente). Inoltre, siccomel'energia del campoall’esterno del volume V {cioè del circuito) non cambia, a questo flusso entrante in V deve

e quindi

è opposta al campo elettrico, quindi campo elettrico e campo magnetico danno luogo ad un flusso del vettore di Poynting uscente dalla pila, che quindi deve

La quantità di moto del campoè quindi proporzionale all’integrale del vettore di Poynting: 5/c? è perciò la densità di quantità di moto del campo.

corrispondere un uguale flusso uscente: infatti all’interno della pila la corrente

190

191

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Energia e quantità di moto del campoelettromagnetico

Se sul sistema sorgenti-campo non agiscono forze esterne, cioè se il sistema è isolato,

grandezza: supponiamo di avere in un volume V di 10% cm? un campo elettrico di

la quantità di moto totale si conserva;infatti

dPrrece 3 leo,53 db X = [(e8+17A5)v=-F

z( d

3 mecc

moto del campo vale

+P)=0.

(11.39)

5

11.4 Un esempio ... mancato, e il problema dei 4/3 Il problema che vogliamo discutere in questo paragrafo, anche se verrà trattato în forma elementare, ci porta un po’ oltre a quello che è l’obiettivo di queste lezioni: infatti riguarda una problematica che, pur avendo radici nel passato, è ancora oggetto in tempirecenti di discussione nella letteratura specializzata. Consideriamoil sistemadi figura 11.1: fra le armature di un condensatore a facce piane parallele, carico, è presente un solenoide,

con l’asse parallelo alle facce del condensatore, percorso da cor-

4re

_ 10-10? 104

" 4n.3x 1019

m3x 1074 gem/s

(11.40)

e quindi anche se tuttoil dispositivo avesse una massadi soli 10g, raggiungerebbe la velocità di 3 x 1075 cm/s. È evidente che non possiamo fare un esperimento per vedere se il carrello si muove

o no, e quindi per decidere se il meccanismo che abbiamoipotizzato è corretto: per fortuna esiste un bellissimo e semplicissimo ragionamento, dovuto a P. Menotti, che ci permette di escludere che il carrello possa mettersi in moto. Supponiamoil carrello fermo e almenounodei due campi(p.es. quello magnetico) nullo; se il meccanismo sopra ipotizzato fosse corretto, “caricando” il solenoide (cioè facendo circolare corrente in

all’inizio e alla fine è nulla), quindi in definitiva il sistema si sarebbe spostato di un certo tratto, in una certa direzione. Se osserviamo tutto il processo da un riferimento

fig. 111

Supponiamoora che il condensatore o il solenoide venga “scaricato” su unaresistenza,

anch'essa parte di tutto il dispositivo. Alla fine il campoelettrico o quello magnetico è nullo, per cui è nullo il vettore di Poynting e quindi la quantità di moto del campo.

Dove è andata a finire la quantità di moto che il campoinizialmente possedeva? La

conclusione più naturale, visto che la quantità di moto del campo più quella del sistema meccanico (condensatore+solenoide+carrello) si conserva, è chesisia trasferita al sistema meccanico, e quindi cheil carrello sì metta in moto fino a raggiungere una certa velocità, che poi mantiene. Questa conclusione sembra corroborata dalla considerazione seguente: supponiamoche venga “scaricato” il solenoide; siccomela corrente varia, il campo elettrico indotto dalla variazione del campo magnetico esercita una

forza sulle cariche presenti su ciascuna armatura del condensatore: le componenti di queste forze parallele alle due armature sono uguali, in quanto le cariche sono opposte, ma anche la componente di È parallela alle armature è opposta su di esse. Quindiil condensatore, solidale al carrello, è soggetto ad una forza parallela alle armaturee ortogonale all’asse del solenoide (comeil vettore di Poynting). Per contro, a primavista, il campoelettrico del condensatore non esercita alcuna forza sul solenoide, e quindiil

risultante delle forze (interne!) fra il condensatore ed il solenoide è diverso da zero, ed il carrello si dovrebbe mettere in moto. Il discorso è analogo, e la conciusione ia

stessa, se invece viene scaricato il condensatore: in questo caso è il campo magnetico

prodotto dalla corrente di spostamento che esercita una forza sulla corrente che scorre nel solencide.

Prima di andare avanti, mettiamo qualche numero per renderci conto degli ordini di 192

p=-LeBv

esso) il sistema dovrebbe mettersi in moto, e successivamente “scaricando” il solenoide il sistema dovrebbe rallentare fino a fermarsi(il sistemaè isolato e la quantità di moto

rente costante. Il tutto è montato su un carrello.

Nel sistema è presente sia un campo elettrico che un campo magnetico che, a parte gli effetti di bordo (che possono essere resi trascurabili), sono fra loro ortogonali. Quindi ìl vettore di Poynting non è nullo ed è ortogonale sia all’asse del solenoide che a quello del condensatore, per cui il campoelettromagnetico possiede una quantità di moto.

3 x 103 volt/em ed un campo magnetico di 10*G, fra loro ortogonali. La quantità di

in moto con velocità 7 rispetto al laboratorio in direzione ortogonale allo spostamento

del carrello, ci accorgiamo cheall’inizio e alla fine il momento angolare del sistema

(rispetto ad un polo arbitrario) è diverso: la velocità del sistema è sempre —?, ma la distanza dal polo è cambiata, Ma il momento angolare di un sistemaisolato si conserva (in ogni riferimento), quindiil carrello non si è mosso. Si noti che questo ragionamento fa uso soltanto delle leggi di conservazione della quantità di moto e del momento angolare, e del principio di relatività, e sembra portare ad una conclusione assurda: se il carrello non si muove, da dove viene la quantità di moto del campo elettromagnetico quando nel solenoide scorre la corrente (e il condensatore è carico)? Sembra proprio (ed è) un rompicapo: l’unica conclusionelogica chesalvisia le leggi di conservazionecheil principio di relatività (e per la quale indicheremo anche possibili meccanismi) è che, così come un campo elttromagnetico statico può possedere una quantità di moto, anche un sistema meccanico fermo possa possedere una quantità di moto (chiamata nella letteratura “hidden momentum”, cioè “quantità di moto

nascosta”, in quanto non associata ad un moto del centro di massa del sistema): in effetti un sistema meccanico (nel nostro casoil condensatoree il solenvide) per non disintegrarsi richiede la presenza di forze di coesione, quindi in esso è presente un campo di forze (del quale non è necessario specificare la natura, anche se sostanzialmente è

di natura elettromagnetica), e quindi non è assurdo che in seguito alle tensioni interne

al materiale provocate dall’azione del campoelettromagnetico sulle sorgenti anche a

questo campo possa essere associata una quantità di moto. Quindi in definitiva la quantità di moto totale del sistema è nullasia all’inizio che durante tutto il processo:

la quantità di moto del campo elettromagnetico è compensata,istante per istante, dalla quantità di moto “nascosta” del sistema meccanico, e perciò non era corretta la nostra

supposizione che durante la “scarica” (o la “carica”) del solenoidesì esercitasse solo una forza sulle armatre del condensatore, e non una reazione sul solenoide.

193

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Un altro possibile meccanismopercui in un sistema meccanico ioni È + -

in cui è presente sia un campo elettrico che una corrente (e

quindi un campo magnetico) si può instaurare una quantità

di moto nascosta è ben illustrato dal seguente modello.

Immaginiamodi avere un tubo in cui circolano liberamente in

Energia e quantità di moto del campo elettromagnetico

—-

DI

n

È id. _

4

_

c

Bio

Dan

ig. 11.2 versi opposti cariche positive e negative e che questa “spira”, percorsa da una corrente stazionaria, si trovi in un campoelettrico uniforme, come nella figura 11.2. Supponiamochela corrente giri in senso antiorario (A—+C + B+

DI A).

Fissiamo l’attenzione sulle cariche positive: per effetto del campoelettrico la loro velocità nella metà di destra è maggiore che nella metàdi sinistra, tuttavia siccomela

corrente è stazionaria la loro densità è inversamente proporzionalealla velocità (pv è costante), per cui, se prendiamo per la quantità di moto di una particellal’espressione nonrelativistica 7 = mi,si vede subito che la quantità di motototale P delle cariche è nulla. Ma se prendiamol’espressionerelativistica 7 = my(v)# ne risulta una quantità di motototale diretta verso l’alto nella figura 11.2 perché, grazie al fatto che y(v) aumenta con la velocità, i punti in cui la velocità è maggiore portano un contributo maggiore alla quantità di moto (rispetto al caso newtoniano), nonostante la minore densità (che è sempre inversamente proporzionale a v). Le cariche negative portano un contributo alla quantità di moto identico a quello delle cariche positive. Questa è la “quantità di moto nascosta” nel sistema, in quanto tutto il sistema è stazionario(il centro di massa è fermo), e il calcolo esplicito mostrerebbe che è esattamente uguale e opposto alla

quantità di moto del campo elettromagnetico: siccome per la (11.26) le sorgenti del vettore di Poynting $ sono i puntiin cui E.T

E=myc(1+ 39°),

pa imr(o)

(11.42)

ed è evidente che energia e quantità di moto non sì trasformano correttamente come un quadrivettore, e in particolare non vale la relazione (5.21) m?ct = E? — p?e?. Alla soluzione di questo problema, noto come “il problemadei 4/3”, hanno contribuito in molti, da Poincaré a Fermi (quando ancora lavorava a Pisa): le forze di coesione di natura non elettromagnetica necessariamente presenti all’interno dell'elettrone per

garantirnela stabilità costituiscono un campo(il campo degli sforzi di Poincaré) al quale è associata energia e quantità di moto (nascosta), e solo quando anchequesti contributi vengono presi in considerazione si ottengono per l’elettrone una energia e quantità di motototali (elettromagnetici + meccanici) che si trasformano correttamente come un quadrivettore,

La conclusione è quindi che la struttura meccanica di un sistema ed il campo diforze che ne garantisce la stabilità è sempre importante, in particolare quando si vogliano costruire modelli classici delle particelle.

verso della quantità di moto del campo effettivamente opposto a quello delle cariche circolanti.

Come abbiamo detto all’inizio del paragrafo, questa problematica nasce da lontano: all’inizio di questo secolo (1900), praticamente in concomitanza con la nascita della teoria della relatività, Abraham e Lorentz tentaronodi costruire una teoria puramente elettromagnetica dell’elettrone, attribuendone la massa, in base alla formula E = me?, esclusivamente all’energia elettrostatica, Questa teoria si scontrò subito con alcune difficoltà: in primo luogo siccomel’energia è inversamente proporzionale al raggio a dell’elettrone (pensato come unasferetta), non è possibile considerare l’elettrone come un oggetto elementare puntiforme senza struttura (cioè prendere il limite a + 0), ma è necessario attribuire ad esso una dimensionedell’ordine di e?/mc? e 2.8 x 10-15 cm (il cosiddetto “raggio classico dell'elettrone”). Mase l’elettrone ha una struttura, cioè delle

dimensioni, la speranza di poterlo decrivere in termini puramente elettromagnetici deve essere abbandonata, in quanto necessariamente devono essere presenti forze di natura

non elettromagnetica che gli impediscano di disintegrarsi per effetto della repulsione coulombiana. Ma il problemaprincipale nacque da un evidente conflitto con la teoria della relatività: se schematizziamol’elettrone come unasferetta di raggio a con carica uniformemente 194

2

p=: —_ F=plzi

195

La propagazione dei campi

12.

LA PROPAGAZIONE DEI CAMPI

nota anche come equazione di d’Alembert;.in analogia con l’equazione dì Laplace, la (12.4) spesso vienescritta introducendo l’operatore O] di d’Alembert:

12.1 L'equazione delle onde

In questo capitolo, lungi dal presentare una trattazione esauriente del problema generale

della determinazione dei campinote le sorgenti, cercheremo di capire, sopratutto con ausilio di qualche semplice esempio, l’importantissimo fenomeno della propagazione

dei campi elettromagnetici (onde elettromagnetiche), e della loro produzione. Il punto di partenza sono (ovviamente) le equazioni di Maxwell (6.53); supponiamodi essere in una regione di spazio priva di sorgenti: le (6.53) si scrivono allora div È = 4rp

cdi

(12.1)

divd=0

12.2 Le onde piane Per capire il fenomeno della propagazione dei campi, consideriamo l’equazione (12.4) e

riduciamoci al unidimensionale, caso andando a cercare quelle soluzioni che dipendono da una sola variabile spaziale (z), oltre che dal tempo: f= f(2,t); queste soluzioni

sono dette onde piane, in quanto per ogni # sono costanti su ogni piano x = costante.

,

individuare quella determinatadalle sorgenti, che stannofuoridella regione considerata. Limitiamociallora a trovare alcune (semplici) soluzioni delle (12.1), poi cercheremo di capire quali sorgenti possono determinarle. Convieneriscrivere le (12.1) ìn modo diverso, prendendola rotazione di ambo i membri

della 2° e della 4° ed utilizzandol’identità (7.20)che,essendo (nel vuoto)sia È che d

A divergenza nulla, si scrive

rot(rotB)= -AF

(12.2)

2

aB-a-

12.5 (12.5)

'

(12.6)

Poiché

of _dfd Be de de

df dn _df dn de dE

o,

PI_PI PI PI vi Da? = de * Dion! dndé

10f _df_df cod dn

105 Pi 305 a = de

“Been!

®f dn

quindi in termini delle nuove variabili la 125) si scrive d°f 39 =

(12.7)

la cui soluzione generale è

S(E,n) = f+(6)+f-(mM)= far t)+f-(2 +8)

(12.8)

dove f. ed fx sono due funzioniarbitrarie: infatti

.

(12.3)

che, rispetto alle (12.1), hannoil vantaggiodi essere disaccoppiate.Le (12.3) non sono

2-4

E

É=2x-ct

infinite dimensioni: la vera difficoltà nasce quando fra queste infinite soluzioni occorre

108

de?

{ima

i Mazwell*“nel vuoto”). Le (12.1) sono tutto sommato abbastanza semplici, tratta di un sistema lineare ed omogeneo di equazionidifferenziali, anche se l'insiemedelle soluzioni (cioè la soluzione generale) costituisce una spazio vettorialea

ap 396. dt,

&f(a,t) - _ 18/38) _ .

Per risolvere la (12.5) conviene effettuare il cambiamentodi variabili

4r- 10É rotB= 7° + =

e quindi

(12.4?)

In questo caso la (12.4) diventa

rot È + 188 _ =0

rot(rot Î)= -AÈ;

184° O =A- 57903

Of=0;

equivalenti alle do 1) (non contengono l’informazione che È e 5 sono a divergenza nulla, e neppureil legamefra E e Bstabilito dalle (12.1) ), tuttavia sono importantiin quanto, come vedremo, determinano la propagazione ondosa dei campi, e per quesia ragione equazioni della forma (12.3) sono note come equazioni delle onde. Ogni componente del campoelettrico e di quello magnetica obbedisce quindi all’equazione delle onde

18f 47

(12.4) 196

df RE c(d)0

(12.9)

comporta che df/97 è indipendente da £, cioè df/0n = g9(n), che integrata dà la (12.8), dove f_ è una primitiva di g, e f+ è la costante arbitraria (rispetto a n), e quindi è un’arbitraria funzionedi €. Quindi, nel caso unidimensionale, la soluzione genefunzione fi che, avendo valore costante nei punti in

z

Tet

E

cui x — ct è costante,trasla con velocità 6 nella direfig. 12.1 zione positiva dell’asse r mantenendo inalterata la propria forma(figura 12.1), e di una funzione f_ che trasla, sempre con velocità c, nella direzione negativa dell’asse x. 197

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

La propagazione dei campi

La (12.5), se c è una opportunacostante, descrive per esempio il moto delle (piccole) perturbazioni lungo una corda tesa (“equazione della corda vibrante”): in questo caso 7 f(2,t) è lo spostamentoall'istante t del generico punto x della corda, in direzione ortogonale alla corda (“onde trasversali”), cioè la forma della corda all’istante #, e = VT/4 (7 la tensione della corda e 4 la sua densità lineare di massa) è la velocità di propagazione delle perturbazioni lungo la corda. Descrive altresì la propagazione unidimensionale del suono in un mezzo(aria, acqua. ..): in questo caso f(x,t) è (indifferentemente) la pressione nel punto x (all’istante t),

oppurela densità, o anche lo spostamento medio(in direzione dell'asse x) delle particelle

del fluido rispetto alla loro posizione quandoil mezzoè in quiete (“onde longitudinali”).

Torniamoalle (12.3) e cerchiamo soluzioni della forma

È= (x -c),

A

(12.10)

cioè onde piane progressive, che siano anche soluzioni delle (12.1). Dalla 1° e dalla 3° delle (12.1) segue che — a parteil caso di campicostanti che non ci

interessa - sono nulle le componenti x di È e di B, e quindi che le “onde elettromagne-

tiche sono trasversali. Dalla 2° delle (12.1), tenuto conto che É e 8 non dipendono da ye da z, che E, = Br =0,€ che perle onde progressive 8f/0i = —cdf/dx, si ha

8E, __18B,

da cd °° de

de

_0B,

ed dr

(12.11)

la 4° delle (12.1) porta allo stesso risultato) da cui si vede che le componenti (E;, B,) sono indipendenti dalle componenti (E,, 8.). Possiamoallora porre

E,=B.=0

(12.12)

per cui dalle (12.11) (sempre escludendo campicostanti) si ha

E=(0,0, f(e-ct));

B=(0,-f(e- a),0).

(12.13)

Una soluzione del tipo (12.13) è detta onda piana polarizzata linearmentein direzione dell’asse z, in quanto il campoelettrico è in ogni punto parallelo all’asse 2. Analogamente, se invecedelle (12.12) poniamo E, = B,y=0,si ha

È=(0,9(2-— ct), 0);

B=(0,0, g(2- a)).

(12.14)

La soluzione (12.14) è un'onda piana polarizzata in direzione dell’asse y.

Poiché le (12.1) sono lineari e omogenee, anche qualsiasi combinazionelineare delle (12.13) e delle (12.14) è soluzione delle (12.1):

E=(0,g(2- ct), f(e-ct));

B=(0,-f(2-d),g(2-@)).

(12.15)

Sì noti che È e B hanno lo stesso, modulo e sono ortogonali:

È -B=0; EB=0

U=cP.

Per le onde che viaggiano in verso opposto all’asse x la trattazione è simile,e si ottiene

B=(0,f(0+0), 0 dA B:=0, , B,=0,B,= 3 , Bi =} ,e

(12.24

2a7%514 2/0) 20

?

(12.25)

ftt e/o) r 0 e per £ < 0; resta da dimostrare cheeffettivamente costituiscono la soluzione corrispondente alle sorgenti date: a questo scopo basta notare che il campo magnetico ha la/corretta discontinuità AB, = 4rF0f(t)/c attraverso la lamina di corrente (la corrente di spostamento non contribuisce alla discontinuità). La soluzione trovata consiste quindi di un'onda piana polarizzata nella direzione della

corrente, che si allontana (sia per x > 0 che per x < 0) dalle sorgenti. Vale la pena confrontare le (12.24), (12.25) con la soluzione calcolata nell’approssimazione delle correnti lentamente variabili, che dà luogo a campi indipendenti dalla distanza dal pianodellesorgenti (f(t + 2/0) + f()). 12.4 Le onde piane monocromatiche Le onde monocromatiche, non necessariamente piane, sono particolari onde che dipendono dal tempo in modoperiodico esclusivamente tramite le funzioni senwt e coswt: F(£,y,2,t) = a(x,y, 2)senwt + b(£, 4,2) coswt

(12.26)

e quindi, siccome 0°F/0° = -w?F, le funzioni spaziali a(x,y,2) e b(2,9,2) (che genericamente indichiamo con f(2, Y2)) soddisfano (nel vuoto) l'equazione 2

(12.27)

4f+53f=0.

Siccome le onde piane sono funzionidi (x:t.ct), le onde piane monocromatiche sono

combinazionilineari di seni e coseni dell’argomento {w/c){x + ct), e quindi sono tutte della forma w

F(2,t) = focos(“(z è ci) + 6) = focos (te 2wt+9);

k==

(12.28)

perciò esse non solo sono, per ogni fissato x, periodiche nel tempo con periodo

T 3 2a/w, e quindi con frequenza v = w/27, ma,per ognit fissato, sono funzioni pe riodiche in £ con lunghezza d’onda, cioè periodo spaziale, A = 27/k = 2xc/w = c/v: 200

raf _1_9 37 var

_£.

(12.29)

"53

dipende dalla Lafase $ nella (12.28) non ha unsignificato fisico particolare, in quanto tempi. dei e/o te coordina delle ine dell’orig scelta scrivere Più in generale, se fè è la direzione di propagazionedell'onda, possiamo

(12.30)

ÈBKA

F(2,9,2,1) = focos(k-F-wt+4),

e quindi dalla (12.14) (per l’onda progressiva) e dalla (12.17) (per l'onda regressiva) 2rFo

_2r =,

ed il vettore k è detto vettore d’onda.

in direzione dell’asse 1) Le onde elettromagnetiche piane monocromatiche (progressive

sono della forma

E(x,t) = (0, Eey cos (kx — wt + $), Fo, cos (kr - wi + Ù)).

(12.31)

univocamente Grazie alle (12.15) è sufficiente l’espressione del campo elettrico: B è ed insieme modulo tesso hannolos 8 ed È a, determinato da È e, comein ogni ondapian a. Per destrors le ortogona terna una ine) nell’ord formano( zione alla direzione di propaga to fisico, ma quanto detto sopra, è e 7 nella (12.31) non hanno separatamente significa lo ha solo la loro differenza. attraversa L'intensità / dell’ondaè definita comel’energia (media su un periodo) che propagazione; essa nell'unità di tempo l’unità di superficie ortogonale alla direzione di

al fatto ‘è quindi data dal modulo del vettore di Poyntingmediato su un periodo; grazie che £ e 5 sono ortogonali e hanno lo stesso modulosi ha

I=z/ ISlat=t/ pid Pos (0 Loy Ea) (1239) 1

47

a

+

1

Te

iz

$

c

12

n

_ (la mediadi cos? (wt + d) è 1/2). P dello spazio è data dalle punto to ognifissa in È vettore dal Latraiettoria descritta equazioni parametriche Ez(8) =0

(12.33) Ey(t) = Egg cos (AT —wt + $) E;(t) = Eocos (k7— wt + 4) descritta in un ché sono (in generale) le equazioni di un'ellisse, che viene interamente (in ogni campoelettrico il cioè segmento, un in degenera periodo: .se $ = + l’ellisse l’angolo l’assey con forma che 0) = x piano al (parallela direzione nella punto)oscilla (onda 7), ed în 6 dato da tan? = Ey:/Eoy, quindi l'onda è polarizzata linearmente

questo caso la (12.31) assumela forma

(E -E=0)

B(2,t) = Eocos(ke - wt + $),

(onda 7).

(12.34)

percorso in verso orario L)Se Ey = Ee g-4= +7/2, l’ellisse sì riduce ad un cerchio,

= 7/2, e in verso (per un osservatore che vede l’onda propagarsi verso di lui) se $—circolare destra polarizzazione di parla si primocaso nel antiorario se $ — $ = —1/2: 0_.): (onda sinistra circolare polarizzazione di secondo nel e +), (onda

Èx,t)= 20, Fsen (kr — ut + $), cos(kxe — wi + 6))

In tuttigli altri casisi dice che l'onda è polarizzata ellitticamente. 201

(onde 04). (12.35)

-

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

La propagazione dei campi

Le onde piane monocromatiche sono quindicaratterizzate dalla frequenza (0 equivalen-

r al denominatore della (12.37), faremo un’altra approssimazione, nota come approssìmazione di dipolo: poniamo

temente dalla lunghezza d’onda), dall’intensità, dalla direzione di propagazione e dalla

polarizzazione.

Le onde radio hanno lunghezze d’onda dell’ordine di 10m (onde corte}, 100m (onde medie), 1000 m (onde lunghe), mentre per le trasmissioni in modulazione di frequenza e per la televisione vengonoutilizzate onde con frequenze attorno ai 100 Mh (A & 3 m);

il radar utilizza onde centimetriche (v & 101° Hz); attorno ai 1014 Hz abbiamola ra-

diazione infrarossa; la luce visibile ha lunghezza d’ondafra i 7000 e i 3000A. Più oltre (lunghezza d’onda minore) la luce ultravioletta, i raggi X (v = 10! Hz) ed infine i raggi y. Le onde piane sono ovviamente nonfisiche, in quanto richiedono sorgentidistribuite in regioni di estensione infinita; a maggior ragione sono non fisiche le onde piane monocromatiche, che sono non ntille per ogni t, dat = —00 at = +00 e quindila stessa cosa deve valere per le sorgenti. Tuttavia, da un lato la loro non-fisicità non è diversa da quella dei solenoidiinfiniti, deifili rettilinei indefiniti ..., e persino da quella dei campi statici che richiedono che la posizione delle sorgenti sia immutabile da un tempoinfinito: esse quindi possono rappresentare una buona appros-

simazione in regioni limitate dello spazio lontane dalle sorgenti, e per intevalli di tempo finiti; d’altro lato, grazie alla linearità delle equazioni di Maxwell nel vuoto, la somma(finita, infinita anche con la potenza del continuo) di onde piane di diversa frequenza, intensità, direzione di pro-

pagazionee polarizzazione, è ancora soluzione delle equazioni di Maxwell,

ed è possibile dimostrare che in questo modosi può ottenere qualsiasi soluzione.

fig. 12.2 si

(12.36)

Is(z) si annulla aglì estremi dell’antenna, e per esempio può essere della forma I0(2) = Io sen k(1- |z}). Vogliamo determinare i campi a grande distanza: a questo scopo calcoleremo il potenziale vettore, prendendo per esso l’espressione “ritardata” simile alla (12.20)

(12.37)

che non dimostriamo, ma che per lo meno abbiamovisto funzionare bene in un caso

particolare (siccome la corrente è parallela all'asse z, le altre componenti di A sono

nulle). Oltre all’approssimazione delle grandi distanze, che consiste nel sostituire |r— #'| con 202

poco nell'intervallo di tempo 1/c che la luce impiega a percorrere la distanza uguale alla lunghezza dell’antenna. Infatti, grazie allo sviluppo (1.75), H1-|F- Foa f(t- rfe+tà-#‘/c)

= I rd+ iero

(12.39)

e quindi deve essere

(12.40)

pier e

Questa è simile all’approssimazione delle correnti lentamente variabili, però è una ri-

chiesta molto più debole, in quanto ristretta solo alla regione dell’antenna, mentre invece i campi verrannocalcolati a grande distanza, e quindi in una regione molto più ampia. Se - per esempio - la corrente nell’antenna è sinusoidale, cioè f() = cos wî, la (12.40) equivale a wl/c «1, cioè AL In definitiva, grazie alle approssimazionifatte e alla (12.36), la (12.37) diventa

4 Li6-r19fn).

(24)

L’integrale nella (12.41) è una costante che ha le dimensioni della derivata rispetto al

momento di dipolo, per cui indicheremoil prodotto di questa costante con f(t) con

Una antenna è sostanzialmente un conduttore, che assumiamorettilineo e di lunghezza 21, nel quale un generatore mantiene unacorrente variabile(figura 12.2). Presal’origine nel centro dell'antenna, e l’asse 2 lungo la stessa, supponiamo chela corrente sia della forma

colEF finti), A.(£0)=

Questa approssimazione richiede non solo che r > I, ma anche che la corrente vari

tempo di una carica per una lunghezza, cioè della derivata rispetto al tempo di un

12.5 Un casorealistico: l’onda emessa da un'antenna

1,1) = DAf0).

(12.38)

ft |F- Fo) f(t— r/c).

di):

(12.42)

A(rI)= ento. re

Si noti che a grandidistanze il potenziale vettore è di ordine 1/r, e non 1/72 come nel caso statico ((7.50) ): la ragione sta nel fatto che ora la corrente non è a divergenza _ nulla, per cuiil suo integrale esteso al circuito non è nullo.

Per calcolare B dobbiamoprenderela rotazione di A: nel calcolo dobbiamotrascurarei

termini 0(1/r?) che provengonodalle derivate di 1/r nella (12.42), quindi il contributo al campo magnetico a grandidistanze provienesolo dalle derivate del numeratore nella (12.42); poiché 8r/8x; = z;/r, si ha

_ dA, _bt=r/o)y

Bs =

ay

re?

r

TOT 8a

re

r

B= BA bt r/e) © B,=

(12.43)

0

che può essere scritta nella forma più compatta

203

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

La propagazione dei campi

Brog=-Bezrldana

wt sen? @ = CENB=ZL 3 pè Sen Sa qEnB= rEBi= Tago (kr (kr UA W1)f,

PC

24 sen'@ sen? _ 97257 _ Pow! IM= Fd = gori

o anche, posto 7= pà,

5F7)= i dlt-r/) hf.

(12.44)

Il campoelettrico sì* calcola dall’equazione dÈ/èt = crot 3, al solito trascurando i

termini 0(1/r?), ed escludendo Ta presenza di un campo statico:

aa

1

(8

E(F,t)= 3 (PU-r/o)Ai) hè.

(12.45)

Ci sono molte cose da dire a proposito del risultato ottenuto, alcune delle quali hanno carattere generale:

1. i campidovutia sorgenti variabili, contenute in una regione limitata dello spazio, a grande distanza dalle sorgenti hanno caratteristiche diverse dai campi generati da sorgenti statiche (o stazionarie): questi ultimi decrescono almeno come 1/r? nel caso del campoelettrico, e come 1/r5 nel caso di quello magnetico; lo sviluppo dei

campi variabili in potenze inverse della distanza dalle sorgenti, invece, comincia

(o meglio: può cominciare) con termini di ordine 1/r, sia nel caso del campo

elettrico che di quello magnetico. I terminidi ordine 1/r costituiscono il campo

diradiazione;

2. tanto È quanto 4 dati dalle (12.44) e (12.45) sono (dove non nulli) ortogonali fra di loro, hanno lo stesso modulo e

segnale è migliore se l’antenna del ricevitore è parallela alla direzione di polarizzazione dell’onda. Nella figura 12.4 è riportata una rappresentazione : grafica dell’intensità in funzione dell’angolo @ fra

la direzione di osservazione e quella dell’antenna:

I(r,6) è proporzionale alla lunghezza del segmento

ST

fra l’origine e il punto d’incontro con la curva, sulla

semiretta che forma un angolo# conl’antenna. L'energia media (su un periodo) che nell’unità di tempoattraversa una sfera di raggio r per la (12.48) è

204

I

2

fig. 12.4

4

_. Paw 2 2 Pow W= Bartg8 ot” J. sen” @dcos@ = 3A

(12.49)

ed è indipendente dal raggio (per r > /); ciò è dovutoal fatto che, essendo il campo di radiazione di ordine 1/r, la corrente di energia è di ordine 1/r?, mentre la superficie della sfera è proporzionale a r?: è quindi il campodi radiazione che è responsabile del trasporto di energia in regioni comunque lontane dalle sorgenti. Quindi la (12.49) è anche la. potenza media che il generatore deve erogare all’antenna.

sono tangenti alle sfere centrate sull’antenna, cioè sono orto

Le (12.44) e (12.45) valgono in tutti i casi in cui si ha un sistema di cariche il cui momentodi dipolo j' varia nel tempo,con derivata seconda diversa da zero: per esempio unacarica oscillante, o più in generale una carica accelerata. L’irraggiamento quindi

fig. 12.3

servazione l’onda è polarizzata linearmente;

3. ll vettore di Poynting, cioè la corrente di energia, è parallelo ad # e quindile linee di forza di 5 sono rette: ciò si esprime dicendo che la propagazione delle onde ‘elettromagnetiche (nel vuoto) è rettilinea. Supponiamoora che la corrente nell’antennasia sinusoidale; in questo caso si ha p(t) =

Posen wt, e quindi Zia

quindi l’emissione di energia da parte dell'antenna non è isotropa; è massima in direzione ortogonale all’antenna ed è nulla nella direzione parallela: un ricevitore allineato con l’antenna non riceve alcun segnale; inoltre, in una data posizione, la ricezione del

XA

gonali al vettore 7 dall’antenna al punto di osservazione (0 “punto potenziato”); È è diretto lungo i meridiani mentre il campo magnetico è diretto lungoi paralleli: come per le onde piane, £, d e la direzione di osservazione # formano una terna destrorsa (figura 12,3); lungo ognidirezione di os-

(12.48)

richiede che le cariche abbiano un'accelerazione: in effetti sappiamo che una carica in moto uniforme genera un campo che decresce come 1/r?, e quindi non è un campo di

radiazione. Esempio

Calcoliamo la potenza media irraggiata da un’antenna alimentata da un generatore che eroga una corrente sinusoidale di pulsazione w = 10%s7! tale che

w?

Efmi)= ES (kr — wi) (PO AF)Af

2

B(F,i) = 23 sen (kr wi)jîA#

(12.46)

quindi l'onda emessa dall’antenna è monocromatica (nell’approssimazione di dipolo). Siccome(9 è l'angolo fra i e Po)

|Pa A#L = I(Po A #) A #| = posen@ si ha

(12.47)

i / In(2)da= 10Am

(12.50)

-i

(per esempio un’antenna di 1 m alimentata con una corrente media di 10 A). Siccome

p(i) = posenwt > p(t) = powsenut > pw= e dalla (12.49) si ottiene

204

205

so

(12.52)

La lunghezza d’onda della radiazione emessa è

(12.59)

= 27° 20m w

quindi se la lunghezza dell'antenna è dell’ordine del metro, l’approssimazione di

dipolo può essere considerata accettabile.

Infine, vediamo esplicitamente in quali condizioni la soluzione data dalle (12.46) può

essere approssimata con un'onda piana: r al denominatore delle (12.46) può essere considerato costante (r = ro) se all’interno della regione di osservazione esso varia pocorispetto alla distanza dalle sorgenti: jr — ro) «& ro; prendiamo l’asse x diretto dalle sorgenti alla regione di osservazione, e sia d la dimensione trasversa all’asse 2 di detta regione. All’interno della regione di osservazione (2

2,72

ro), e se d < ro, si ha

r= VI+FPFP?ME(+ Sii)

(12.54)

per cui kr a kx(1+(y°+°)/2r2) e quindi, essendo d° € rf, possiamoporrenella

(12.46)

sen (kr ut) sen(kr wi) °

ro



FENOMENI ONDULATORI

13.1 Introduzione In questo capitolo discuteremo alcuni dei più importanti fenomenicaratteristici delle

grandezze che obbedisconoall’equazione delle onde: si tratta di quei fenomeni(interferenza, diffrazione ...) che storicamente hanno permesso distabilire la natura ondulato ria della luce e, successivamente, dei raggi X, ma che essendo conseguenze dell’equazione. delle onde si manifestano per molti altri sistemi, comeil suono, le ondein un liquido,

ecc... Dato che la nostra discussione riguarda solo i fenomenielettromagnetici, gli argomenti di questo capitolo rientrano in quello più vasto dell’Ottica ondulatoria (o Ottica fisica), un capitolo della fisica di grande interesse ma anche molto esteso: basti solo dire che il suo naturale completamento è l'Ottica geometrica. Il nostro obiettivo non è quello di una discussione ragionevolmente esauriente di questi argomenti (sia pure con le limitazioni che le tecniche a nostra disposizione ci impongono), ma unadiscussione mirata alla comprensione degli argomenti che normalmente vengonoutilizzati come introduzione ai fondamenti della Meccanica Quantistica: que-

sto spiegasia la trattazione molto semplificata del problema dell’interferenza che quella,

praticamente solo a livello qualitativo, del problemadella diffrazione. Un'altro argo mento che possiamo portare per giustificare le nostre scelte, è che lo strumento ma-

tematico “naturale” per la discussione di questi problemi, in particolare quello della

In definitiva, come anticipato, se le dimensioni sia longitudinali (Ar) che trasverse (d) della regione di osservazione sono molto minori della distanza dalle sorgenti, la

diffrazione, non è tanto quello delle formule approssimate di Huygens-Fresnel, ma quello della trasformata di Fourier, un argomento che solitamente viene trattato nei corsi degli anni superiori al secondo.

e l'onda descritta dalla (12.46) può essere approssimata con un’onda piana.

13.2 L’interferenza

curvatura dei fronti d’onda e l’attenuazione con la distanza possono essere trascurate

L’interferenza, come altri fenomeni ondulatori, trae origine dalla linearità delle equa-

zioni di Maxwell nel vuoto, per cui ogni combinazionelineare di soluzioni è anch'essa

una soluzione (principio di sovrapposizione). Sia data un’onda piana monocromatica che si propagain direzionedell'asse x:

É(c,t) = (0, E0ycos (k2 = wt +9), e: cos(ke — wt+4))

(13.1)

Se consideriamo uno schermo pianoin direzione ortogonale alla direzione di propagazione (per esempio una lastra fotografica), l’intensità che incide sullo schermo, data dalla (12.32), è indipendente da y e da z (oltre che dalla posizione dello schermo): lo schermo viene quindi “illuminato” uniformemente. 2 _ Supponiamoora che sullo schermo incidano due onde piane £1(2,t) ed £2(x,t) con la stessa frequenza e che si propagano entrambein direzione dell’asse 7:

È(2,t)= (0, EI, cos(ks — ut + d1), EÎ, cos(ks — wt+41)) E2(2,1) = (0, ES, cos(kz — wt + 62), ES, cos (kx — wt +42))

(13.2)

il campo É(r,t})= E (2,1) + È-(2,1) è ancora un’onda piana monocromatica, e ancora lo schermo viene illuminato uniformemente. Tuttavia, in generale, l'intensità con cui lo schermo vieneilluminato (cioè l’intensità dell'onda £(2,t)), non è la sommadelle intensità delle due onde piane É1(x,1) ed #2(2,t): infatti, tenuto conto che 206

207

{iL

r

(12.55)

13.

Lu

0010_= 10%oe _ ConTee? _75 31301 erg = 100 watt. x 10199? W=

(lu

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1

fîtT

i_

Fenomeni ondulatori

1

z/ cos (wi — &) cos (wi' — 0) di' = 7008 (a- #8) si ha

,

(13.3)

13 P|E( + L= (D+ le+ 201) le, 1) =1h+b+ (ELPÙ, cos ($1 — $2) + E,E9,cos (wi — #2)}

per cui

(13.4)

argomenti del seno, in quanto, per piccole lunghezze d’onda, cioè grandi £, anche se r

varia poco (Ar < r), kr può variare di parecchi multipli di 27: in particolare vedremo

che la distribuzione dell'intensità sullo schermo dipende proprio dalla differenza fra kri ekra.

Allora, posto n= (c/8r)(A/D)? (l'intensità sullo schermo dovuta a ciascunasorgente), 13(y, 2) = 2Io(sen?(Er; — ut + 6) + sen?(kra — vi)+ + 2sen (Er, — wt + $) sen (kr — wt)) =

h+ 265 0), e di frange più scure dovel’interferenza è distruttiva

(cos (2kdz/D + d) < 0). La larghezza Az di ogni frangia, cioè la distanza fra due massìmi o due minimidiilluminazione, è data da

D_ 27

y=0,z4d, lo schermo nel piano = D, conD>d.

Prendiamo per i campi emessi dalle due sorgenti quelli dati dalla (12.46); limiteremo la regione di osservazione sullo schermo alla zona in cui y,z « D, per cuiin tutti i punti

fe D_—>

di detta regione i raggi F, e Fx provenienti dalle due sor-

>

tD_

AD

As= 3%

ed i centri delle frange chiare si trovano nei punti dati da 2kdzn $ AD

î

genti formano fra di loro un piccolo angolo, di modo che fig. 13.1 possiamo assumere che sia i campielettrici che quelli magnetici delle due onde siano paralleli (onde polarizzate nello stesso modo). Con le ipotesifatte, in tutta la regione di osservazione # 90° (sen? & 1} per entrambele onde provenienti dalle due sorgenti; in detta regione Ea Ilze

(13.9)

L'intensità di illuminazione sullo schermo varia quindi in direzione dell'asse : da 0 a 41 con un alternarsi periodico di frange più chiare dove l'interferenza è costrut-

2kedAz

Supponiamooradi avere due sorgenti poste nei punti 2 = 0,

)

5

+é=27

>

zz =)

(13.10) n= t1,42,.

(13.11)

per cui se viene variato lo sfasamento @ fra le due onde, tutta la figura di interferenza

(cioè l'insieme delle frange) si sposta rigidamente. 13.3 La diffrazione

Supponiamo che un'onda piana (p.es. monocromatica) incida ortogonalmente su uno

(13.7); non possiamo considerarle costanti quando compaiono nella forma &r come

schermo nel quale è praticato un foro di forma arbitraria: circolare, rettangolare, ... Gi si potrebbe aspettare che l’onda prosegua oltre il foro con un profilo, nel piano ortogonale alla direzione di propagazione, uguale alla forma del foro, e quindi che si abbia unpassaggio netto dalla zonailluminata alla zona d'ombra. Ciò non è possibile, in quanto E e 8, pur in assenza di sorgenti, subirebbero unadiscontinuità nel passaggio da una zonaall’altra. Si potrebbe obiettare che una separazione netta fra zona illuminata e zona d'ombra non è fisica, in quanto il bordo del foro (anche se “otticamente ben lavorato”) non è una linea geometrica , ma una regionefisica in cui si passa dal vuoto

208

209

En(F,1)= È sen (kri —wt +9),

re= VD+9+(2+d4)?

n

A

E3;.(7,1)= Prius (kra — wt)

(13.7)

Inoltre, nella regione dello schermo alla quale siamointeressati, consideriamo costanti ed uguali a D le distanze ri ed ra dalle sorgenti che compaiono nei denominatori della

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Fenomeni ondulatori

allo schermo su distanze dell'ordine (almeno) delle dimensioni atomiche, e quindisi potrebbe supporre che l’ondaoltreil foro, relativa a qualsiasi componente del campo elettrico o magnetico, sia della forma F(2,4,2,t)= AS(y, 2) cos (kx — wt)

x>0

(13.12)

dove A cos(ks — wi) è l'onda incidente sullo schermo (posto nel piano x = 0), S(, 2) è la funzione caratteristica del foro opportunamente regolarizzata, cioè una funzione

derivabile quanto basta, che vale 1 quando y, 2 sono interni al foro, e nulla al di fuori di una regione appena superiore a quella del foro.

Neppurela (13.12) può essere soluzionedell'equazione delle onde (12.4), indipendente mentedal fatto che F sia una componente del campo elettromagnetico, o una qualsiasi grandezza che deve obbedire all’equazione delle onde (onda sonora, onda in unliquido, ...}; infatti

10°F 3 = AF -— +

ds 98 Al + 35) cos (kx - wt) (2

1 (13.13)

quindiaffinché F sia soluzione dell’equazione delle onde è necessario che

825, ou

025 la

dy? + 62?

(

0

19.14

graduale e non monotono, per cui su uno schermo in un piano 2 = D » d, l’imma-

gine del foro appare come una macchia illuminata di dimensioni & #D, contornata da un insieme di anelli scuri e anelli chiari di intensità rapidamente decrescente (figura di diffrazione del foro): se ? = A/d non è trascurabile, le dimensioni della figura di diffrazione hanno poco a che fare con le dimensionidelforo.

Se il foro è di formarettangolare di lati a,5; a < è, la figura di diffrazione risulta allungata nella direzione del lato corto (Ay & AD/a), e accorciata nella direzione del lato lungo (Az = AD/6). Esempio

Calcoliamo la dimensione A della frangia centrale prodotta da un forellino di 0.1 mm, attraversato da luce di lunghezza d'onda A = 6000 A (lucegialla), su uno schermo a distanza D = 2 dal foro: -5 2

Ae PIENO elem» 01 mm

(13.15)

Se l’onda (piana e monocromatica) incide ortogonalmente su uno schermosul quale sono )

È facile vedere che la (13.14) ammette solo la soluzione identicamente nulla: basta,

per esempio, pensare 4 come un potenziale elettrostatico in tre dimensioni (costante rispetto a ), privo di sorgenti. Ciò significa che la forma della soluzione oltre il foro è molto complicata, e non è nem-

menopossibile determinarla esplicitamente (occorre soddisfare le condizionial contorno imposte dalla presenza dello schermo).

Non possiamo andare molto a fondo nella discussione di questo problema: anche le

trattazioni approssimate richiedono una discussione non banale per essere giustificate.

La cosa più semplice che possiamo dire, e che è alla base delle trattazioni approssimate (principio di Huygens - Fresnel dedotto dalle formule di Kirchhoff), è che il foro si comporta come una sorgente estesa di onde elettromagnetiche: è comese ogni elemento infinitesimo del foro si comportasse come un'antenna (parallela al campo elettrico incidente) ed essa, mantenuta in oscillazione dal campoincidente ed in fase con esso, emettesse un’onda del tipo della (12.46); il campooltreil foro è quindi la sovrapposizione dei campi emessi da questo insiemeinfinito di antenne infinitesime, e l'interferenza fra tutte queste onde determina la distribuzionedell'intensità. 10) 11 risultato è che, per esempio nel caso di un foro circolare di raggio d > A, l’intensità è praticamente diversa da zero in un cono di apertura # & /d, attorno alla direzione dell'onda incidente(il fattore numerico di proporzionalità fra 8 e A/d dipende dalla forma del foro): questo è il fenomeno della diffrazione, evidentemente tanto più rilevante quanto più piccolo è il foro, e tanto mA/d ? maggiore la lunghezza d’onda. Per angoli maggioridi @, fig. 13.2 l'intensità tende a zero con oscillazioni di ampiezza de210

crescente (figura 13.2). Quindiil passaggio dalla zona illuminata alla zona d'ombra è

praticati due fori di dimensionipiccole rispetto alla loro distanza 2d, qualitativamentela

situazioneè identica a quella discussa alla fine del paragrafo precedente: il campooltre lo schermoè la sovrapposizione dei campidati dalla (13.7) (con g = 0), cioè dei campidi due antenne nei punti z = +d (maciò è vero solo se è valida l’approssimazionedi dipolo, cioè se la dimensionedei fori è molto minore della lunghezza d'onda), ed il risultato è (sui piani a distanza D > d) unafigura di interferenza simile a quella data dalla (13.9): se la condizione cheil foro sia piccolo rispetto alla lunghezza d’onda non è soddisfatta (p.es. nel caso della luce), l'intensità delle frange decresce allontanandosi dalla frangia centrale. Si noti che la larghezza delle frange, data dalla (13.10), coincide con la dimensione della frangia centrale della figura di diffrazione di un foro di dimensione 2d: in effetti tutta la figura di interferenza può essere considerata comela figura di diffrazione prodotta da una fenditura di altezza 2d in direzione dell'asse 2; il fatto che questa fenditura sia in buona patte ostruitasiriflette sull’intensità, e in misura molto minoresulla posizione, delle frange adiacenti a quella centrale. 13.4 La luce Il processo di emissione della luce da parte degli atomi è un processo quantistico, che non può essere spiegato con le leggi dell’elettromagnetismo classico: in un atomo gli elettroni hanno una accelerazione quindi, come ogni carica accelerata, dovrebbero

emettere onde elettromagnetiche perdendo in tal modo energia fino a fermarsi; siccome l’unica configurazionedi equilibrio è quella in cuigli elettroni sono appiccicati al nucleo (non esistenza di posizionidi equilibrio stabile nel vuoto), ne segue chetutti gli elettroni finirebbero per cadere sul nucleo, e quindi le dimensioni stabili dell’atomo sarebbero

quelle nucleari, cioè circa 1071? + 1071 cm (“collasso per irraggiamento”).

Uno dei risultati fondamentali della Meccanica Quantistica è che l’energia di un atomo

(energia cinetica più energia potenziale) non può essere arbitraria, ma può solo avere determinati valori discreti E, limitati inferiormente: Eq < Ei < E2.

>

D= 6

>

A4ro=4700 > 0=0%0q

e)

dro=4r(0+0) > d'= 7003 Ame

(14.44)

quindi 0’ e e sono proporzionali ma di segno opposto.

Invece a parità di campo e potenziale le cariche sui conduttori sono € volte maggiori che nel vuoto. Esempi

1. Fra le armature di un condensatore a facce piane parallele “infinite” a distanza d è presente una lastra di

dielettrico di spessore s e costante dieletirica e. Una fig. 14.5 batteria mantiene fra le armature una d.d.p. V. Il campoelettrico è uniforme e ortogonale alle armature ed è diverso da zero solo dentro il condensatore. Le prime due affermazioni seguono (come in assenza del dielettrico) dall’invarianza per traslazioni e per rotazioni attorno agli assi ortogonali alle armature, mentre l’ultima deve essere giustificata perché mentre nel vuoto la dimostrazionesi basa sul fatto che il campodi ciascuna armatura è uguale e op-

posto dalle due parti della distribuzione, ora a causa della presenza del dielettrico da una parte sola di ogni armatura vengono meno le simmetrie che permettono di collegare il campo dalle parti opposte dì ognisingola armatura. Comunquela dimostrazione è semplice, perché il campo elettrico è la sovrapposizione dei campi

di quattro distribuzioni superficiali uniformi, le due distribuzioni e e —c sulle armature e a’, —' sulle superfici del dielettrico ed il risultato è campo nullo fuori

dal condensatore: siccome agli effetti del calcolo del campo elettrico l’unica cosa

del dielettrico che ci interessa sono solo le sorgenti p' e 0°, la lastra è equivalente a due distribuzioni o' e —e' nel vuoto. L’induzione dielettrica D è costante fra le armature del condensatore e vale 470 (Gauss), perciò E = 4r@ nel vuoto e E = 4r0/e nel dielettrico, quindi —1 €

Vv = 4no(d- 3) + 4r0î = 4r0(d-s

) > dro= VIZIO

a',la carica di polarizzazione sulla superficie della lastra affacciata alla distribuzione 0, si calcola come differenza fra il campoelettrico nella lastra ed il campo 225

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Il campo elettrico nella materia

nel vuoto:

dro! = dn dro = dro 1=£;

gi= leo Meg

€ € € in accordo con la (14.44). Quindi se o > 0, g/

0=69+9)

>

q= ie q

. Unasferadidielettrico omogeneosi trova în un campoesterno uniforme £g. Vogliamo determinareil campoelettrico totale E = É,+ È', dove E' è il campoprodottodalla sfera. Il problema è simile a quello di una sfera conduttrice in un campo uniforme, che abbiamo discusso nel capitolo 2.6, ma è più complicato perché la condizione di campo nullo dentro la sfera conduttriceè orasostituita dalle condizioni (14.40) sulla superficie della sfera e da È + Éo a grandidistanze. Siccome un conduttore può essere pensato come un dielettrico con € = 00, e nel caso della sfera conduttrice

il campo che essa produce al suo interno è uniforme (opposto ad E0), possiamo sperare che anche nel caso della sfera non conduttrice essa si polarizzi in modo da produrre al suo interno un campouniformeparallelo ad Eo. In questa ipotesi (da verificare a posteriori), P è uniformenella sfera e per la (14.22) sulla superficie si ha o'(0) = P.A = Pcosl. Dalla (2.40) sappiamoche questadistribuzione produce dentro la sfera il campo È' = —(4r/3)P. Ma P= yx.£= xe(E0 + É), quindi

>

È=

(14.48)

Resta da controllarechele (14.40) sono soddisfatte. Per la componente tangenziale basta fare la verifica solo per il campo £', perché Eo è continuo. Sulla superficie della sfera, dall'interno, si ha (prendiamo la tangente È nel verso in cui @ cresce) eni

E{= E'sen0= 3 Posen?

e sulla superficie esterna E/{=

10 (ees2) _ psen? _ e— 1 go senl.

—RO8\

R?

RCF

Per la componente normale, dall’interno

; 1-e Ei = Encos@ — E' così = Escos? + fo 0089 = 34000089 e dall’esterno

Se poi la sferetta è (macroscopicamente) puntiforme,il campo (É o D) vicino ad essa è poco influenzato dall’eventuale presenza di altre cariche (a distanza grande rispetto alle sue dimensioni), e quindila carica g' è uniformemente distribuita con densità 0’ = g'/4ra?, dove a è il raggio della sferetta.

(dae = €= 1)

Il campo È prodottoall’esterno dalla distribuzione 0‘, come nel caso della sfera conduttrice, è uguale a quello di un dipolo puntiforme posto nel centro della sfera, di momento 7'= (47/3)RP (R il raggio dellasfera), per cui dalla (14.47)

3

24

È

(1447)

6 __3e e-1 _ 8 (pcosé Et = Encos?-— FT) Er cos? + 25 F Ea cos0 3337 7Eo cos

quindi, poiché eEÎ = E, le (14.40) sono soddisfatte.

4. Consideriamo ora una cavità sferica di raggio A in un dielettrico omogeneo nel quale è presente un campo esterno E° uniforme(in assenzadella cavità). La somiglianza conil problema precedente è evidente: ora abbiamo una sfera “di vuoto” in un mezzo denso. 11 campoelettrico è completamente determinatodalle (14,38) e dalle (14.40), quindi dalle sorgenti esterne “vere” che determinanoil campo E° (per esempioduedistribuzioni superficiali di cariche fisse o e —0) e dalle condizioni al contorno (14.40). Rispetto al problema precedente cambianosolo queste ultime, perchéorail dielettrico è all’esterno della sfera, ed il vuoto all’inteno: prima avevamo Ef = eEn, ora abbiamo eEs = Ei, cioè E = (1 /e) Ei, quindila soluzionesi ottiene sostituendo in quella ottenuta precedentemente € con 1/e (si potrebbe dire che il vuoto ha costante dielettrica 1/6 rispetto al mezzo). Quindi, in particolare, dentro la cavità abbiamo

(14.49)

B= cu.

14.6 L'energia del dielettrico

L'energia di un sistemadi cariche in presenza di materiali dielettrici è definita - come nell’elettrostatica nel vuoto - comeil lavoro che occorre fare per realizzare la configura zionefinale. Questo lavoro normalmente è quello fatto da una pila per spostare cariche da un conduttore ad un altro (come quandosi carica un condensatore), oppure danoi, 227

Il campoelettrico nella materia

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2 p.es. per spostare conduttori (come allontanare avvicinare le armature di un condensatore ...): in ogni caso si tratta di lavoro fatto, contro le forze del campo elettrico È, sulle cariche “vere” (o “libere”), le uniche sulle quali possiamo agire direttamente

dall'esterno. Vedremo che l’espressione dell’energia in termini del potenziale è sempre data dalle (1.89) + (1.92) (nelle quali g, e, & sono le cariche “vere”), tuttavia il risultato è tutt'altro che scontato, tant'è vero che vale solo nell’approssimazione lineare (Î pro

porzionale a È): sì pensi per esempio a un materiale ferroelettrico; se, dopo averlo

polarizzato, si rimuovonole sorgenti esterne, la polarizzazione non si annulla, quindi è presente (in tutto lo spazio) un campoelettrico e l'energia del sistema è non nulla, in contrasto con le (1.89) + (1.92), dato chele cariche libere sono assenti. È quindiistruttivo vedere comesi riottengono le (1.89) + (1.92) in presenza di dielettrici e qual è il ruolo della linearità, sulla falsariga del metodo seguito nel capitolo 1.11, anziché in modo più semplice, ma più formale,

Cominciamo conil calcolo del lavoro necessario per portare un certo numero di cariche puntiforminella configurazione finale: la differenza rispetto al caso in cuiil dielettrico è assente sta nel fatto che mentre nel caso del vuoto ognicarica viene portata nella sua posizione finale nel campo di sorgenti fisse, cioè delle cariche già portate, ora questo non è più vero perché il campoelettrico generato dal dielettrico dipende dalla posizione della carica trasportata, in quanto ne dipende la polarizzazione indotta.

Limitiamocia considerareil caso in cuiil sistema è costituito da un materiale dielettrico e da due cariche puntiformi g1 e g2 in posizioni Pi e P. (figura 14.7). Se vale la (1.89)

(e questa è la nostra tesi) il lavoro necessario per realizzare questa configurazione è 1

U= glae®X2) +49(Pa)]

(14.50)

dove, come nella (1.89), gl!) è il potenziale dovuto alla carica g2 e al dielettrico e

analogamente (2)è il potenziale davutoalla carica g1 e al dielettrico. Portiamola carica gi nella posizione Ai: il lavoro Zy non è nullo,

come ne) caso del vuoto, perché il dielettrico si polarizza (anzi, ZL, < 0); chiamiamo giil potenziale generato dal dielettrico

quando c'è solo gi in Pi, allora Z1 nonè qigi(Pi) perché le cariche di polarizzazione del dielettrico non sono fisse ma nascono mentre gi viene trasportata dall’infinito, bensì

L= pov: (Pi)

ea

0% fig. 14.7

(14.51)

az fl L= rl) n= [ 9 “

(9/,

1

Dg

x

(14.59)

delle cariche fisse ne quelle Oraportiamog2 in P,; il lavoro La è quello contro il campo

quello contro il campo già instaurate da gi nel dielettrico (quelle che generano 41), più amo 3 il potenziale dovuto alle cariche di polarizzazione prodotte da g2: se chiami a quandosi trova da sole e generat rico dovutoalle cariche di polarizzazione del dielett ale generato dal potenzi il mezzo, del tà lineari la per in P. in assenza di gi, allora è git 92€ La è dato da dielettrico quandosia gi che g7 sono nelle posizioni Pi e Pa

1 La = q2(012(P2) + pi(Pa)) + 51092(Pa)

qa? (er = uni

Quindi

1

L=L1+La= tai(P) + qofp12(P2) + pi(P)+ 59202(Pa)

(14.53)

(14.54)

q1 in PAil lavoroè ancora Mase invece portiamo prima la carica 92 in Pa e poila carica

posizioni delle L (per la linearità del mezzo la polarizzazione finale dipende solo dalle cariche, e non da comeci sonoarrivate), quindi 1

L= sqspa(Pa) + q1 (p12(P1) + eo(Pi)] + guei(Pi)

(14.55)

e sommando membro a membrole (14.54) e (14.55) si ottiene

L= zo fox(P:) + p2(P1) + 212(P.)] + ta (ea(P2) + ps (Pa) + paa(Pa)j] (14.56)

® (#02) + 20(Pa)].

distribuzioni continue A questo punto la generalizzazione al caso di più cariche e alle anche i presenza di valgono (1.92) + (1.89) le quindi i, problem non presenta ulteriori dielettrici. (1.94): per ottenere Invecel’espressionedell’energia in termini del campo è diversa dalla = div È, mentre 4rp vuoto nel valida ione l’equaz (1.93) (v. la (1.94) è statautilizzata

= div D), ed il risultato in presenza di dielettrico questa è sostituita dell'equazione 47p

14.57 (14.57)

Er) DIF 1 fim

trattazione. In questa valida nell’approssimazionelineare in cui abbiamo svolto tutta la scrivere te entemen approssimazione possiamo equival

2/5 =2/Pa dV. 2 v-pf&w=z

(14.58)

e tutto sommatoil fattore 3 non dovrebbe stupirci, comunque vediamoin dettaglio da dove viene. Ha la stessa origine del fattore ì nel lavoro per caricare un condensatore, o del fattore } nel lavoro per portare una carica davanti ad unalastra conduttrice (v. (2.36)): supponiamo di portare la carica gi nel punto P un pezzettino dg alla volta; per la linearità del mezzo il potenziale generato dal dielettrico quando abbiamo portato in Pi unacarica g è proporzionale a g, e quindi è oi = (9/q1)g1 e il lavoro per portare l'ulteriore pezzettino dg di carica è AP) da, quindi

(14.58) consideriamo il Per capire l'origine della differenza fra la (1.94) e le (14.57), da un’armatura portata viene che caso della carica di un condensatore: se Q è la carica Venergia del quindi e fatto, lavoro il e, all'altra e V è la d.d.p. finale fra le armatur dielettrico. un oppure vuoto Îl ecisia armatur le fra che sia sistema, è in ogni caso 10V, enti equival oni Se C = Q/V la capacità del condensatore, abbiamo le espressi

228

229

_laya_ 10° U=

3CV "5.

(14.59) Seil condensatore è riempito didielettrico allora € = €Co e quindi dalle (14.59) si vede che a parità di d.d.p. V l’energia del condensatore can il dielettrico è € volte maggiore dell’energia del condensatore nel vuoto, mentre a parità di carica trasferita il risultato è opposto: il condensatore con il dielettrico ha meno energia, La differenza fra questi due casi è dovuta alle cariche di polarizzazione: a parità

di potenziale (con il delettrico e nel vuoto) il campoelettrico è lo stesso quindi è la stessa la carica totale Qo che lo determina, ma nel caso in cui è presente il dielettrico

la carica totale è la sommadi quella “vera” @ trasferita da una armatura all’altra e di quella di polarizzazione Q' sulla superficie del dielettrico, che vale (v. (14.44) (14.45)

Q' = —[(e-1)/dQ e siccome ha segno opposto a @ ne segue che Q > Qo, precisamente Q = €0o; cioè bisogna trasferire una quantità di carica maggiore, e quindi fare un

lavoro maggiore.

Invece, a parità di carica trasferita, nel caso del condensatore conil dielettrico

la d.d finale è minore che nel vuoto (peril solito fattore €) serapre a causa delle cariche di polarizzazione, e quindi è minoreil lavoro fatto.

Le (14.58) dicono la stessa cosa: a parità di d.d.p. il campo elettrico è lo stesso, quindi U = eUo, mentre a parità di carica è lo stesso D, quindi VU = Uo/e. ” Ma perché la discussione che abbiamofatto all’inizio del capitolo 11 ci ha portato a concludere che l'energia del campo, nel caso statico , è data dalla (1.94), e ora invece troviamo l’espressione (14.57)? Eppure gli argome nti del capitolo 111 sembravano molto generali e quindi dovrebbero essere validi anche in presenza di dielettrici. Il motivo, come ora cercheremodi chiarire, sta nel fatto che la (14.57) non rappresenta l’energia del campo, bensì l’energia delsistema campo + dielettrico. Cercheremo anche di spiegare le ragioni che ci inducono ad adottare un punto di vista diverso da quel espresso nel capitolo 11. seo Secondo la definizione del capitolo 11 l'energia del campo è data dall’opposto del lavoro fatto dal campoelettrico su tutte le cariche che costitu isconoil sistema: quelle di conduzione chefiniscono sulle armature del condensatore (le cariche “vere”) più quelle dentro il dielettrico, mentre quello che noi abbiamo calcola to è solo il lavoro fatto sulle cariche “vere”. Detto in altri termini, l’energia del campo, sempre secondo la definizione del capitolo 11, è data dal lavoro L®* fatto dall'es terno sul sistema, meno la variazione dell’energia del sistema meccanico, mentre quello che noi abbiamocalcolato per arrivare alla (14.57) è solo L°*, cioè il lavoro fatto dalla batteria (o da qualunque altro dispositivo esterno) per caricare il condensatore, e non abbiamo sottratto la variazione di energia del dielettrico, dovuta al fatto che si polarizza. Quindi la (14.57) è l’energia totale del sistema campo + materia, e non soltant o l'energia del campo: si noti che questo paragrafo non lo abbiamointitolato “energi a del campo”, bensì “ener gia del dielettrico”. i Perché allora non sottrarre dalla (14.57) l'energia della materi a e quindidire che l'energia del campoè sempre data dalla (1.94)? Per esempio, se le molecole fossero costituite da cariche collegate fra loro da molle che si allungano quando il mezzo sì polarizza, potrebbe sembrare ragionevole mantenere una distinzione fra l'energia del campo e le. 230

1 campoelettrico nella materia nergia meccanica delle molle. 1l punto è che questa separazione, qualora (nel caso delle

molle) fosse formalmente possibile, non avrebbe molto sensofisico poichél’energia del dielettrico è intimamente legata a quella del campo: P esiste perché c'è £, ed E a sua volta dipende da quanto vale Pe non è possibile utilizzare separatamente le due energie

{quando il condensatoresì scarica, si “scaricano” automaticamente anche le molle).

La differenza fra il punto di vista adottato nel capitolo 11 e quello attuale è dovuta al fatto che nel capitolo 11 abbiamo adottato un punto di vista in cui si assume una chiara distinzione fra campo e materia: ci sono le particelle (elettroni, protoni, ...) e c’è il

campo (questo è quello che nel capitolo 11 abbiamo chiamato l’“elettromagnetismo nel vuoto”); la trattazione di questo capitolo è invece una trattazione macroscopica in cui ia materia è vista, come in termodinamica, attraverso un processo di media: non distinguiamo più la struttura microscopica, per cuì è irrilevante che ie molecole siano pensate come cariche collegate da molle che si allungano quando il mezzo viene pola-

rizzato, oppure che invece delle molle ci siano dei campielettrici, e quindi è irrilevante fa natura (meccanica o elettrica) dell'energia dovuta alla polarizzazione; il dielettrico è ora una specie di omogeneizzato in cui campo e materia non sono più distinguibili. Quindi campo + dielettrico costituiscono un unico sistema termodinamicoe la (14.57), essendo il lavoro fatto dalle forze esterne sul sistema, rappresenta la variazione della sua energia. Quale energia? Poiché abbiamo a che fare con un sistema termodinamico dobbiamo precisare in quali condizioni realizziamo la “trasformazione”, cioè la configurazione finale delle cariche. Se il sistema è termicamenteisolato il lavoro delle forze esterne rappresenta la variazione dell’energia interna, mentre se durante il processo di “carica” la temperatura del sistema viene mantenuta costante, per esempio perché il

sìstema è a contatto con l’ambiente esterno, (come accade normalmente), e il processo di “carica” viene realizzato in maniera reversibile, allora la (14.57) rappresenta la variazione dell’energia libera. . La distinzione è importantesolo se la costante dielettrica dipende dalla temperatura, cioè per le sostanze polari, perché solo in questo caso si hanno scambi di calore con l'esterno durante il processo dì carica (Q < 0). Inoltre, se € = e(7) e il sistema è

termicamente isolato, siccome la sua temperatura varia man mano che il campo viene

instaurato, e poiché la temperatura è funzione del lavorofatto sul sistema(e quindi del campo), viene meno la presupposta linearità fra campo e polarizzazione. Quindi, in generale, la (14.57) rappresenta la variazione di energia libera delsistema,in quanto nell’approssimazione lineare le trasformazioni che realizzano la configurazione

finale delle cariche sono reversibili o, per essere più precisi, possono essere realizzate

in modoreversibile (la carica di un condensatore attraverso una resistenza è, per il sistema costituito dal solo condensatore con o senzail dielettrico, una trasformazione

reversibile, purché abbastanza lenta).

Possiamo vedere dove nasce la difficoltà di separare l'energia della materia da quella totale: consideriamo un dipolo pe chiediamoci quant'è il lavoro che deve fare un campo

elettrico esterno È per cambiarne il momento da ga P+ dp. Schematizziamo ìl nostro dipolo come due cariche —q e g a distanza # (ma qualunque altra schematizzazione, come p.es. quella adottata nel paragrafo 3 per una molecola 231

A

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

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x

non polare, andreb a ; be altrettantoanto| bene). , Se È + #4 dé il cam po elettrii co compie i sulle due cariche il Jatoro ql da =E - df; se il dipolo è indotto dal campo, allora nell'approssimazione lineare 7= a+È, quindi il lavoro fatto dal ca; ind i momento di dipolo jo è topo per indurre il Po _ Po la L =/ E8015 = [ el2_ag_l de = pal = 3È È

(14.60)

Consideriamo ora i dipoli contenuti in un volume AV del dielettrico; il lavoro fatto dal campo per polarizzare il volume AV è = is3Y31 >; Bb i

(14.61)

dove, comenella (14.26), E; è il campo elettrico microscopico che agisce sull’i-esimo dipolo.

Se fosse lecito nella (14.61) sostituire f; con il momento

di dipolo medio nel volume AV e anche È; con il suo valor medio, allora sarebbe possibile esprimere il lavoro per polarizzare il dielettrico in termini del campo macroscopico e della densità di polarizzazione P, maciò equivarrebbe a sostituire il valor medio di un prodotti

il prodotto dei valori medi, e questo non lecito: 1 3 iene]

1 = L=3D Biorimnavini # navip È IE4V

.

a

2

14.7 Forze in presenza di un dielettrico

Gi limitiamo a discutere solo alcuni probl emi semplici perché in generale, siccomeil CaDO dlettrico odifce Ù maniera più o menosignificativa la struttura interna dei n 1elettrici, l problema del calcolo delle forze in PI presenza a didi dielet di trici ici èè abbastanza Cominciamo con il calcolo della forza risult ante che si esercita su un dielettrico: il problema è di interesse solo nel caso che si tratti di un dielettrico solido, come ad esempio 1 pezzettini di carta attirati da una bacchetta elettrizzata, altrimenti - nel

caso di fluidi - la conoscenza della forza risultante è di scarsa utilità, e ciò che invec e interessa è la distr

ibuzione delle forze (e quindi p.es. la press ione) all’interno e sulla superfirie del mezzo (liquido o gassoso), e quest o è un problema molto più delicato da rattare,

Supp ) orren mo che le deformazioni prodotte dal campo nel dielet i trico, i 1 anisotropia, siano trascurabili. soa conseguente Se un dipolo P, al solito schematizzato comed uecariche a disianza (infinitesima) &, si trova in un campo elettrico, la forza risultante su di esso è

Pi= @E(4+ 7) gE(#) = g[E;(#) + grad E; -a] - g2;(#) =P-gradE;=))p;ò;E;

>

F=(p.)f

abbiamo usato per l'operatore gradienteil simbolo V, v. (1.64)). questo sto

°

(14.62)

punto0 ci ci piacerebbe poter dire che la forza che si esercita su un volumetto AV didielettrico è data da (PAV. VE, ma questo purtroppo non è vero: ciò che è 232

Il campoelettrico nella materia vero è chela forza risulante che si esercita sui dipoli nel volumetto AV è Cr va, dove, come nella (14.26), E; è il campo microscopico agente sull’i-esima molecola; il

punto è che anche in questo caso, comenella (14.81), non è lecitosostituire a 7; e a È;

i loro valori medi perché la media di un prodotto non è il prodotto delle medie. Ma noi siamointeressati alla forza /' che sì esercita su tutto il dielettrico, e non su

ciascun volumetto AV, per cui possiamo dimenticarci del campo microscopico generato dalle molecole del mezzo perché l’interazione di questo campo con le molecole stesse sono forze interne, ed il loro risultante è nullo. Quindì, se £o è il campo prodotto da tuite le sorgenti esterne al dielettrico: cariche fisse, conduttori carichi, altridielettrici, siccome È è un campo macroscopico (e quindi coincide con la sua media in ogni volumetto AV),

F= f(#-védr.

(14.63)

v Se le sorgenti esterne sono solo cariche fisse (0 sorgenti trascurabilmente influenzabili dalla presenza del nostrodielettrico), allora Èoè il cam po preesistente all’inserzione del

dielettrico, il cosiddetto “campo esterno”, ed in tal caso la (14.63) è più significativa

dell’espressione che ricaveremo tra poco in termini del campo totale (macroscopico) È, perché È'o sì determina più facilmente di É. Se invece le sorgenti esterne sono

influenzate dalla presenza del dielettrico (conduttori, altri dielettrici vicini), allora Éy è il campo che avremmose dopo aver “congelato” le sorgenti esterne rimuovessimoil dielettrico, In questo caso è meglio riscrivere la (14.63) in termini di £. _ Ladifferenza fra È ed fu è il campo macoscapico prodotto dalla densità (media) P dei dipoli del nostro dielettrico, cioè dalle cariche p' e 0’, quindise nella (14.63) sostituiamo È con È semplicemente aggiungiamoil risultante delle forze che p' e 2’ esercitano su se stesse, cioè zero. Quindi si ha anche

F= fia.

(14.64)

Vale la pena ribadire che sia la (14.63) che la (14.64) possono solo essere utilizzate per

calcolare la forza risultante su tutto il nostro dielettrico, e non su una parte di esso,

per cui ci guardiamobene daldire che (P.V)£ (o (P. WE) rappresenta la densità di forza (forza per unità di volume) all’interno del dielettrico. La (14.64) può essereriscritta in diversi modi. Per esempio, sfruttando il fatto che È è conservativo (2;E = d;E;) e che P= x.É si ha (è sottointesa la sommasugli indici ripetuti)

k=f Rosgiav= f xE;a8;av = f Idv > 1

v

v

Pa

v2

fi n [naar

(14.65)

La (14.65) mostra che i pezzettini di carta si muovononella direzione in cui aumenta

l'intensità del campo, cioè verso la bacchetta elettrizzata, e che la forza è proporzionale al quadrato del campoelettrico, e questo perché îl momentodi dipolo indotto è esso stesso proporzionale al campo. 233

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Il campoelettrico nella materia

In effetti se i nostri pezzettini di carta sono piccoli (e quindi non troppo vicini alla

bacchetta elettrizzata), convieneutilizzare la (14.63): se # è un punto del pezzettino

di carta, posto d; Eoi(#) = d; Eoi(Fo), la (14.63) diventa

Fi(F0) = ( , 04V) Giura) = È-V)EU(î0)

(14.66)

dove P il momentodi dipolo totale indotto. La (14.66) è identica alla (14.62): con l’approssimazionefatta il pezzettino di carta si

è un sistema isolato. Supponiamo che il condensatore, dopo essere stato caricato, sia stato sconnesso dal generatore, e usiamo la secondadelle (14.59). Allora lo spostamento virtuale dell'armaturaè fatto a carica costante e, se 2 è l’asse ortogonale alle armature (verso l'alto), sull’armatura superiore si ha

portalo),

ca da - n 1,

(14,69)

comporta come un dipolo puntiforme in un campoelettrico, e in entrambii casi si ha una forza su di esso solo se il campo non è uniforme.

e si ritrova n (14.68) (F, < 0). A prima vista sembra che se utilizziamo la 1° delle (14.59), e quindi se il condensatore è collegato alla batteria, sì ottenga un risultato diverso, anzi proprio il risultato opposto a quello dato dalla (14.69) e

L'energia è un concetto fondamentale per il calcolo delle forze, anzi indispensabile quando si vogliano calcolare le forze di natura elettrica all'interno di un dielettrico.

ora il condensatore non è un sistemaisolato, quindi la variazione della sua energia perlo spostamento di un’armatura nonè solo data da —F Az, ma anche dal lavoro

Supponiamodi voler calcolare la forza (risultante) che si esercita su un sisterna. Im-

maginiamodi far compiere al sistema uno spostamento rigido e traslatorio in una certa

direzione, p.es. in direzione {spostamento “virtuale”, come quello che nel capitolo

10.1 applicato ad una spira ci ha permessodi ricavare la (10.13)); se F è la forza ri-

sultante agente su di esso il lavoro che dobbiamofare dall’esterno è — Fx Ax, e siccome

il lavoro fatto sul sistema eguaglia la variazione della sua energia totale YV ne segue

che, se (x,y, 2) sono le coordinate di un punto qualsiasi del sistema (in un motorigido

traslatorio tutti i punti si spostano nello stesso modo), 7, = —(0U/8r), quindi

F=- gradU(c,y,2)

(14.67)

cioè la stessa relazione che vale per un punto materiale fra energia potenziale e forza.

In alcuni degli esempi che discuteremoin effetti risulterà molto più semplice calcolare la forza a partire dall’energia, che non in mododiretto. Esempi

quindi una forza repulsiva fra le armature. L'errore consiste nel dimenticare che

VAQ fatto dalla batteria per mantenere costante la d.d.p. mentre la capacità varia

a causa della variazione della distanza fra le armature. Si ha

AU =-F,Az+VAQ F, = _qU

290 _

ata

-3

30C

ue dC _

TIE

3dC Hei

e orasi ritrova la (14.68), conrn segno giusto.

. Supponiamoora che la lastra di dielettrico sia inserita solo parzialmente fra le armature del conden-

satore (figura 14.8). La capacità del condensatore è una funzione crescente C(7) della posizione x

della lastra: se le armature sono rettangolaridi lun-

1. Consideriamo il condensatore dell’esempio 1 del paragrafo 5, con una lastra di dielettrico al suo interno (figura 14.5). Vogliamocalcolare ja forza che sì esercita su una armatura.

L’armatura è soggetta al campoelettrico delle due distribuzioni superficiali 0’ e —o' sulle superfici della lastra, e al campodell’altra armatura. Il campo delle cariche di polarizzazione è nullo fuori della lastra, quindi resta solo il campo dell’altra armatura. Se Q è la carica (vera) e A la superficie delle armature,la forza fra le armature è attrattiva e vale 2

F=2n0Q= an

(14.68)

ed è indipendente dalla presenza della lastra di dielettrico, sia che s < d, sia che

s = d (cioè se la lastra riempie completamenteil condensatore). Vogliamo ritrovare la (14.68) utilizzando la (14.67). L'energia del condensatore è data dalle (14.59): quale delle due espressioni conviene usare? Ovviamenteil risultato non deve dipendere da questa scelta, comunquein generale la prima conviene quandoil sistema è a potenziale costante, cioè con il condensatore collegato ad una batteria, la seconda, invece, conviene quando il sistema è a carica costante, cioè 234

(14.70)

dove AQ è la carica trasferita dalla batteria. Siccome Q = VC il potenziale resta costante, AQ= VAC e Î ha

(14.71)

& nn

fig. 14.8

ghezza l, r è comenella figura 14.8 e trascuriamogli effetti di bordo, C(0) = Co, C(1) = eCo. Supponiamoil condensatore carico, maisolato. Allora l’energia

10° @=3%5)

(14.72)

è una funzione decrescente di 2, quindi sulla lastra di dielettrico si esercita una forza che tende a risucchiarla dentro al condensatore (F, > 0). Se trascuriamo gli effetti di bordo nel calcolo di C(x) possiamo facilmente calcolare questa forza grazie alla (14.67); C(2) può essere calcolato comela capacità di due condensatori

in parallelo, unodi capacità (x/7)eCo, e l’altro ((I-2)/1)Cr (0< 2 0), e questo perché sia il momento di dipolo indotto che il momento di dipolo medio (nel caso delle sostanze polari) è sempre nello stesso verso del campo. In secondo luogo, semprenel caso dei dielettrici, la dipendenza delle proprietà dielettriche dalla temperaturasi ha solo per le sostanze polari, cioè quelle in cui la polarizzazione è dovuta all'orientamento dei momenti di dipolo permanenti (o propri), mentre è assente per le sostanze non polari; nel caso magnetico solo le sostanze paramagnetiche hanno un comportamento che dipende dalla temperatura. Infine, notiamo che le espressioni della forza e del momento che un campo magnetico esercita su un momento magnetico sono formalmente ìdentiche a quelle della forza e del momento che un campoelettrico esercita su un dipolo, purdi sostituire p con m ed

241

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Proprietà magnetiche della materia

È con È: i momentisono dati rispettivamente dalla (7.59) e dalla (14.15); per quanto riguarda le forze, tenuto conto che (nel caso statico) il campoelettrico è conservativo, e quindi 4;E; = 0; Ei, la (14.62) puòessereriscritta come (v. anche (14.65)

Fa LL, p;59;E; = x, piùE;

>

F=Vvp. È)

(15.10)

€ la (7.62), come abbiamo già detto a suo tempo, in generale si scrive

F=vVim-B).

(15.11)

Questo confronto suggerisce che nel passaggio dalla trattazione dei dielettrici a quella

delle sostanze paramagnetiche e diamagnetiche il momento magnetico si degli atomi o delle molecole prenda il posto del momentodi dipolo 7; la densità di magnetizzazione, definita come =

ii

M(z,y,z2) = Loi

(15.12)

15.3 Il momento magnetico degli atomi Nel paragrafo precedente abbiamoillustrato il comportamento della materia in un campo magnetico e per analogia con la trattazione dei dielettrici abbiamo anticipato quello che dovrebbeessere il risultato di una trattazione teorica del problema. Il punto è che, a stretto rigore, non esiste una teoria classica del magnetismo nella materia, dato che secondola fisica classica (0 meglio, la meccanica statistica classica) non esiste néil diamagnetismo, né il paramagnetismo,né il ferromagnetismo: sono tutti fenomeni che possono essere correttamente spiegati solo facendo ricorso alla meccanica quantistica, in quanto intervengono in maniera determinantesia lo spin dell’elettrone, cioè il suo “momento angolare intrinseco”, sia il principio di esclusione di Pauli, sia gli effetti legati alla quantizzazione.

Quindi non potremo andare molto lontano con una trattazione puramente classica e il

linguaggio classico che useremo sarà spesso inadeguato.

Nel capitolo 7.5 abbiamo definito il momento magnetico n diuna spira percorsa da

quello della densità di polarizzazione P; che nelle sostanze diamagnetiche il momento magnetico sia un momento magnetico indotto, in verso opposto al campo magnetico inducente, mentre le sostanze paramagnetiche siano quelle i cui atomi possiedono un

corrente; in generale, se abbiamo una distribuzione di volume / di corrente contenuta in un volumefinito V, il momento magnetico i è definito come

piamente soddisfatta da tutte le sostanze paramagnetiche e diamagnetiche), M è pro-

Innanzi tutto la (15.16) coincide con la (7.49) se la corrente è stazionaria ed è concen-

momento magnetico proprio (o permanente), che parzialmente si allinea conil campo. Inoltre, nell’ipotesi che il comportamento magnetico del mezzo sia lineare (ipotesi am-

porzionale a B, e la costante di proporzionalità Xm è detta suscettività magnetica;

in effetti, sempre comeeredità dei tempi in cui H era considerato il campo fondamentale, anziché M = xmB si pone

M= mf.

(15.13)

In praticale duedefinizioni, la (15.13) e quella più naturale ma non adottata M = XmB, sono equivalenti perché, grazie alla (15.8), differiscono per termini di ordine (Xm)?, e Xm è sempre molto piccolo: |xm] = 1078 per le sostanze diamagnetiche, ed arriva eccezionalmente ad assumere il valore di & 1073 nel caso dell’ossigeno liquido (paramagnetico), ma in questo caso (ovviamente) la temperatura è molto bassa. La suscettività magnetica xm dovrebbe essere (ed è) negativa per le sostanze diama-

gnetiche, e positiva per quelle paramagnetiche.

In tuttii casi in cui M è proporzionale ad 7 (0 equivalentemente a B)si definisce la permeabilità magnetica 4, analogaalla costante dielettrica €, come

def

a = 14 47Xm

(15.14)

per cui în questi casi dalla (15.8) e (15.13) si ha

B= ul.

(15.16)

trata in una spira (brevemente: si usa l’identità è -(FA di) =-(FA È). di dove A è un versore arbitrario, poi si usa il teorema di Stokes e l’identità rot(A è) =-28);inse condo luogo, sempre nel caso di una corrente stazionaria (div J = 0), con la definizione (15.16) vale la (7.50), cioè 2a

A(Ff)=

RAF 7

+.

Consideriamo ora un atomo; gli elettroni che ruotano attorno al nucleo danno luogo ad una distribuzione di corrente rapidamente variabile nel tempo; se però facciamo la media di questa corrente su un tempo granderispetto ai periodi orbitali degli elettroni (T = 10-!5s), sparisce la dipendenza dal tempo e il momento magnetico (medio) dell'atomo dato dalla (15.16) è costante. (La media temporale trasforma, per esempio, un elettrone che ruota su un’orbita circolare di raggio a con velocità v in una spira percorsa dalla corrente stazionaria I! = {e/2ra)v; in una trattazione quantistica la media temporale non è necessaria perché la corrente in un atomo è automaticamente stazionaria). , Il processo di media che portato alla distribuzione di corrente J = pi, dove p è la distribuzionedicarica degli elettroni e i7è il campodelle velocità di questadistribuzione,

(15.15)

La permeabilità magnetica 4 può essere maggiore o minore di 1 e, come abbiamo visto, per le sostanze non ferromagnetiche differisce poco da 1, per cui gli effetti magnetici sono generalmente trascurabili, 242

nELlrxs)av. Ze Jv

porta anche ad unadistribuzione di massa y deglielettroni proporzionale a p : & = —{m/e)p (m è la massa dell'elettrone), e quindi J = —(e/m)u#. Se inseriamo questa relazione nella (15.16) si ha

A a/r.

(15.17) 243

7

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Proprietà magnetiche della materia

‘ L’integrale nella (15.17) è il momento angolare È dell’atomoche, in seguito al processo di media, viene ora considerato come un sistema continuo; quindi

=- I.

(15.18)

Il momento magnetico dato dalla (15.18) è detto “momento magnetico orbitale”, in quanto è dovuta al moto orbitale degli elettroni. Inoltre, ogni elettrone ha un momento magnetico intrinseco (cioè anche quando è fermo), detto anche momento magnetico di spin, anch'esso proporzionale al momento angolare intrinseco #, ma con coefficiente di proporzionalità -e/mc, cioè il doppio di quello che comparenella (15.18). Il momento magnetico intrinseco, come it momento angolare di spin, è di natura com-

pletamente quantistica: per aiutare l'intuizione uno può pensare all’eletirone come se fosse una sferetta carica rotante; questo però è solo un modello che non è in grado di spiegare il comportamento dell’elettrone.

Il momento magnetico dell'atomo è la somma(vettoriale) dei momenti magnetici orbitali e di quelli di spin e se non è nullo allora diciamo che l'atomo ha un momento magnetico proprio. Secondo la meccanica quantistica il momento angolare è “quantiz-

zato”, cioè i valori che può assumere sono solo i multipli interi della costante di Planck,

divisa per 21: & = 4/2r 10°?erg s, e siccome il momento angolare di un atomo, quando non è nullo, è sempre di poche unità di A, l’ordine di grandezza del momento magnetico proprio di un atomo è

_ a_i eh T.09x 4.8 x 10-10-1027 Lg. ma = 193x160 = 0.9 x 107?" -20 erg/gauss

(15.19)

legge di Lenz, siccome B > 0, la variazione della velocità dell'elettrone è in verso tale da dar luogo ad un campo magnetico opposto a quello del solenoide quindi, siccome la carica dell’elettrone è negativa, se l’elettrone ruota in verso orario rispetto al verso di È (wo < 0) viene rallentato,altrimenti (wo > 0) viene accelerato allafine la velocità angolare w dell'elettrone sarà diversa da quella iniziale wo.

Per calcolare w supponiamo chesia trascurabile la variazione del raggio dell’orbita, cioè che la forza centrale Ze?/r? sia molto maggiore della forza di Lorentz; allora ia componente centripeta di F = mà, tenuto conto che ora c'è anche la forza di Lorentz, è

mor = ze + Por.

(15.21)

2

r

ce

Posto - eB

5 me e tenuto contodella (15.20) si ha wi - Quw, -uf=0

>

w=w + /witw?

15.22)

(15,23)

e se trascuriama wi rispetto a wè si ha, sia per wp > 0 che per we < 0,

(15.24)

dW=wT+w,.

Primadi tutto verifichiamo in quali condizioniè legittimo trascurare w? rispetto a w$

(mettiamo Z = 1): e è@5 mi

Br.

Di ima E 7 md!

m, è una costante fondamentale ed è chiamata magnetone di Bohr.

(

2,

wi «wo > B°«

Ame? 73

(15.25)

In un campo magnetico le sostanze i cui atomi possiedono un momento magnetico proprio si comportano come le sostanze polari in un campoelettrico, quindi non ci soffermiamo ulteriormente su di esse, ma preferiamo discutere il caso delle sostanze i cui atomi non hanno un momento magnetico permanentein quanto, come abbiamo già anticipato, il loro comportamento in un campoesterno presenta differenze rispetto a quello delle molecole non polari in un campoelettrico.

e se poniamo r = 1078 cm si ha che deve essere B < 10! gauss, e questa è anche la condizione che deve essere verificata affinché sia trascurabile la variazione del raggio dell’orbita. . Il significato della (15.24) è questo: qualunque sia la velocità e il verso di rotazione dell’elettrone, il campo magnetico induce una variazione della sua velocità angolare data da w, (frequenza di Larmor), e quindi una variazione Ar del momento magnetico

inducenell’atomo un momento magnetico secondo il meccanismoche ora descriviamo.

angolare di una carica libera in un campo magnetico uniforme, data dalla (5.11) {con 1(v) = 1): infatti in questo caso wo = 0 e dalla (15.23) segue che, se la particella non è ferma, w = 24. Il risultato espresso dalla (15.24) è lo stessose, invece di accendereil campo magnetico, l’atomo viene portato da una regione in cui B = 0 ad una in cui B# 0 in questo caso è la forza di Lorentz dovuta alla velocità con cui l’aiomo viene spostato che produce la variazione della velocità angolare dell'elettrone. _ La variazione di tf mediata su un periodo è data da (l’asse z è orientato come B)

Se un atomonon possiede un momento magnetico proprio, un campo magnetico esterno

Cominciamo con un caso semplice: immaginiamodi avere unelettrone che ruota attorno

ad un nucleo di carica Ze descrivendo un'orbita circolare di raggio r con velocità angolare wo data da Ze mufr= ">

(15.20)

Mettiamo l'atomo dentro un solenoide con l’asse ortogonaleall'orbita dell'elettrone e supponiamocheinizialmente # = 0(7= 0}; quindi accendìamola corrente nel solenoide finché il camporaggiungeun certo valore 8 # 0. Poiché il campo magnetico varia, si ha un campo elettrico indotto, e siccome la sua circuitazione lungo l'orbita dell’elettrone

associato al suo moto. Si noti che la frequenza di Larmor è la metà della velocità

22

Ara, = DIAa See ga © 4me? ET p 2rre ce

(15.28)

non è nulla, il suo effetto è quello di modificarela velocità orbitale dell’elettrone: per la

quindi il momento magnetico indotto è opposto al campo magnetico: il segno — viene dalla legge di Lenz, e questa è l’origine del diamagnetismo.

244

245

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Proprietà magnetiche della materia

Così, per esempio, se abbiamo due elettroni che ruotano in versi opposti sulla stessa orbita attorno ad un nucleo (trascuriamo la repulsione fra gli elettroni), il momento magnetico proprio dell’atomo è nullo, ma se l'atomoviene posto in un campo magnetico

il momento magnetico indotto è il doppio di quello dato dalla (15.26).

Senella (15.26) prendiamo r = 10-58 em, B = 104 gauss si ha |Arn.] & 10-25 erg/gauss, 5 ordini di grandezza inferiore al magnetonedi Bohr: all’incirca lo stesso rapporto chesi

hanella teoria dei dielettrici fra il momento di dipolo indotto da un campo di 104 V/cm

e i momentidi dipolo permanenti.

Abbiamo capito su un esempio semplice l’origine del diamagnetismo: il risultato è generale, indipendente dal moto degli elettroni all’interno di un atomo, in quanto il

campo magnetico esterno - tramite il campo elettrico indotto o la forza di Lorentz - induce su un sistema di elettroni legati un moto di insieme di rotazione attorno

m,=-Z

2

i FI

(15.31)

dove r? il raggio quadratico mediodell’atomo: varia da atomo ad atomo, ma è sempre dell’ordine di 10-58 em. Il problema che abbiamo appena discusso ha molti punti in comune con il problema della rotazione del piano di oscillazione di un pendolo di Foucault al polo, e ciò è do-

vuto all’identità formale fra la forza di Coriolis in un riferimento rotante e la forza di Lorentz. (Abbiamo detto che secondo la meccanica quantistica il momento angolare può assumeresolo valori multipli di f, mentre dalla (15.29) risulta che L, è proporzionale a 8,

quindi può assumere qualsiasi valore: non c'è contraddizione, perché nella formulazione hamiltoniana della meccanica il momento angolare “canonico” £ = f'A p' in presenza di un campo magnetico è diverso dal momento angolare “cinetico” #A (md), cioè

alla direzione del campocon la frequenza di Larmor, e quindi un momento magnetico opposto a B (teorema di Larmor); vale la pena di dare una dimostrazione (una delle

P # mi, ed è il momento angolare canonico che è quantizzato, mentre nelle (15.17) e

Consideriamo un atomodi numero atomico Z e, per semplicità, supponiamochesi trovi al centro di un solenoide nel quale viene acceso il campo. Supponiamo cheall’inizio il

Dalla (15.31) segue che il momento magnetico indotto è proporzionale al campo magnetico, e quindi possiamodefinire la polarizzabilità magnetica am di un atomo:

tante possibili) di questo fatto.

momento angolare È dell'atomosia nullo, e quindiperla (15. 18) l’atomo non possiede momento magnetico orbitale proprio, Calcoliamo mediante il teorema dell’impulso angolare il momento angolarefinale dell’atomo. Le forze che il nucleo esercita su ogni elettrone sono a momentonullo (forze centrali), e quelle di repulsionefra gli elettroni sono forze interne, quindi a momentorisultante nullo; le uniche forze che hanno un momento non nullo sono le forze di Lorentz —e(È + (8/0) A 5) che agiscono sugli elettroni, dove È è il campo elettrico indotto dalla variazione di 3 ed è dato dalla (8.20). Il momentodella forza di Lorentz su un elettrone è

M=-een(B+IhBy

E=tenb.

(15.27)

Usiamol’identità ZA (fA6) =(3-3)8- (4-3) e prendiamol’asse £ nel verso di È, si ha

M,=-È (8-r08+218- AF 98)=£TEd (a? +39)B). (15.28) Sommando sugli Z elettroni e integrando sul ternposi ottiene eB

eB--—

_ 2 L= > > (e°+ 7); = = 53% (+42).

ini

(15.29)

In modoanalogo, ma alquanto più laborioso, si dimostra che le componenti Ls e Ly

sono (in media) nulle. Pt per la (15.18), il momento magnetico indotto è dato da

E GI I).

(15.30)

m=-z1

Siccome sappiamo the l’effetto del campo magnetico sulle dimensioni delle orbite è trascurabile € per un atomo con È = 0 non c’è nessunadirezione privilegiata, 17 = 7 = 22 = (1/3)r?, quindi possiamoscrivere 246

(15.18) interviene il momento angolarecinetico).

f= amb ami

(15.32)

(come abbiamo detto a proposito della (15.13) le definizioni in terminidi Bodi # in pratica sono equivalenti), analoga alla polarizzabilità elettrica definita dalla (14.9). Anche in questo caso la proporzionalità fra momento magnetico e campo è solo approssimata, in quanto segue dall’aver trascurato nella (15.31) la dipendenza del raggio medio delle orbite degli elettroni dal campo (come nel modello di atomo che ci ha portato alla (14.9) abbiamotrascurato la deformazionedella distribuzionedi carica negativa), ma la (15.25) ci garantisce che (per le sostanze diamagnetiche) ciò è legittimo per i campi che possono essere prodotti in laboratorio.

Dalla (15.31) si ha che la polarizzabilità (dia)magnetica am di un atomoconZ elettroni è dell’ordine di e Amn==Z

1° -Z-5 x 10759cm?

(15.33)

6me? cioè parecchi ordini di grandezza (3 + 5) inferiore alla polarizzabilità elettrica (a, 10-24 em), e ciò spiega come maigli effetti magnetici nelle sostanze non ferromagnetiche sono quasi sempretrascurabili. Grazie alla piccolezza di a, la suscettività magnetica x» definita dalle (15.12) e (15.13) è con ottima approssimazione data da Xm = Ram = —nZ ur

(15.34)

6me? ° {n è il numero di atomiper unità di volume), in quantoil campo microscopico prodotto dai momenti magnetici indotti è sempre molto piccolo, per cui non è necessario ricercare

una formula analoga a quella di Mossotti-Clausius. Le misure di suscettività magnetica

costituiscono vin buon metodo per ricavare le dimensioni degli atomi delle sostanze diamagnetiche. 247

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Proprietà magnetiche della materia

15.4 La corrente di magnetizzazione La densità di magnetizzazione M èdefinita dalla (15.12): resta da vedere che essa

coincide con il campo Mintrodotto in maniera formale nell’equazione (15.5), cioè che effettivamente la densità di magnetizzazione dà luogo a una corrente, detta di magnetizzazione.

La dimostrazione formaledi questo fatto è simile a quella che ci ha permessodi stabilire

le (14.22): si parte dall’identità

M;= 3(FA rot M}; + div(M;m) — di(F-M)).

(15.35)

Consideriamo, per esempio, la componente x: se î è il versore dell’asse x possiamo scrivere gli ultimi due termini nella (15.35) come div (M.7— (7: M)î), quindi per il teorema della divergenza si ha

fsav=3 ftraroeaiiarii (Far FA = 3/ [FA rot M};dV + 5/ {FAC N A)},d5.

(15.36)

D'altronde, se 7, è la corrente di magnetizzazione dentro il volume V e Fii, la corrente (di magnetizzazione) sulla superficie 5 del volume V, per la (15.16) si ha” . = F 1Y, dV4 _ F !\ ds. faar= x (FAT 7 f(FAFN):

(15.37)

Dal confronto fra la (15.36) e la (15.37) e dal fatto che, scelta opportunamente l’origine delle coordinate e le dimensioni del volumedi integrazione lè lo stesso argomento che abbiamoutilizzato per passare dalle (14.20) e (14.21) alla (14.22)), gli integrali di volume sono infinitesimi di ordine maggiore di quelli di superficie, si conclude l’uguaglianza degli integrandi; ancora sfruttando l’arbitrarietà dell'origine, e quindi del vettore F, segue

J=zertM;

F,=cMaù

(15.38)

Una dimostrazione alternativa consiste nel mostrare che il campo generato da una

magnetizzazione M in un volumearbitrario V genera lo stesso potenziale vettore delle

correnti J/, e 7}, date dalla (15.98):

rot M(F') AA [FeoA(FSp ff!) v=/I Lava[MECLI dS. (15.39) Il vantaggio della prima dimostrazione è che si applica anche al caso inIa la magnetizzazione dipende dal tempo, mentre la seconda vale nel caso statico. Va comunque notato che da entrambe le dimostrazioni emerge che fa magnetizzazione in un volume V è equivalente ad una corrente di volume J', e ad unacorrente superficiale #/,, e non necessariamente che queste correnti esistono all’interno del volume V: infatti parte della magnetizzazione è dovuta al momento magnetico intrinseco degli elettroni, e non sembra che essosia attribuibile ad un motodicariche, cioè a “correnti amperiane”(il modello dell'elettrone come unasferetta carica rotante è solo un modello e non sembra corrispondere alla realtà). 248

Per capire l’origine delle (15.38), supponiamodi avere un cilindro uniformemente magnetizzato parallelamente all'asse: la figura 15.1 illustra una sezione delcilindroe le le correnti atomiche che danno luogo alla magnetizzazione(si confrontila figura 15.1 con la 14.3). È chiaro che la corrente che attraversa una qualsiasi superficie (molto maggiore delle dimensioni degli atomi) tutta infig. 15.1 terna al cilindro è nulla: ogni atomo contribuisce in egual misura ad una corrente che

attraversa la superficie in un verso e nel verso opposto. Invece sulla superficie laterale del cilindro le correnti atomiche danno luogo ad una corrente superficiale (in verso

antiorario nella figura 15.1) ortogonale alla direzione di M. Se invece la magnetizzazione non è uniforme sono possibili anche correnti di volume all’interno del cilindro: per esempio, se la densità di magnetizzazione varia con la distanza dall’asse, si hanno correnti di volumecircolanti attorno all’asse. 15.5 Le sostanze ferromagnetiche

Supponiamodi avere una calamitadi forma cilindrica: siccome una calamita (0 magnete permanente) genera un campo magnetico, necessariamente la magnetizzazione M deve essere non nulla. Supponiamo che M sia costante dentro 1) cilindro, e diretto come

Passe. Vogliamo capire come sono fatti i campi 8 ed 7 all’interno e all’esterno del magnete, se l’unica sorgente dei campi è la magnetizzazione M. Îì problemapuò essere affrontato da due puntidivista diversi, a secondachelo si voglia studiare in termini di Bo di f. Lasorgente di B è solo la corrente superficiale di magnetizzazione che, perla (15.38),

è data da 7 = cM circola in verso antiorario attorno alla direzione di M, perciò il magnete è equivalente ad un solenoide con le stesse dimensionidel cilindro magnetizzato. Quindi, in particolare, dentro ìl cilindro B nonè uniformee lesuelinee di forza vanno nello stesso verso di quelle di M, sono più dense al centro, risultano incurvate

verso l’esterno, alcune di esse attraversano la superficie laterale e tutte si richiudono

su se stesse, L'unica discontinuità di F si ha per la componente tangenziale attraverso

la superficie laterale del cilindro.

Le equazioni per d=5-4nM sono

{ div = -4rdivM

(15.40)

Apm = AndivM

(15.41)

rot H = 0 da cuisi vede che in questo caso (cioè in assenza di correnti esterne) Bè, come È, un campo irrotazionale in tutto lo spazio, quindi ammette un potenziale: H = — grad pm, e dalla 1° delle (15.40) si ha quindi le “cariche magnetiche” sorgenti di É sono date da pm = — divM.

In effetti, siccome M è discontinuo attraverso la superficie del cilindro (M = fuori),

la (15.41) ha significato solo se pensiamo che M decresca rapidamente, ma con regolarità, dal valore che. haall’interno delcilindro al valore nullo fuori, altrimenti la (15.41),

valida separatamente all’interno e all’esterno delcilindro, deve essere completata dalla 249

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Proprietà magnetiche della materia

condizione (derivante da div d = 0) che la componente normale di 7 (A verso l'e sterno) subisce una discontinuità uguale a 47M,, corrispondente ad una distribuzione superficiale di “cariche magnetiche” om = Mn. Nelcasodelcilindro uniformemente magnetizzato abbiamo una distribuzione superfi-

ciale di sorgenti (per #) sulle basidelcilindro, positive sulla base verso cui è diretto M7 (il “polo nord” della calamita), negative sull’altra (“polo sud”). Quindi il campo dè

identico, sia dentroil cilindro che fuori, al campoelettrico di un cilindro uniformemente

H:=-4r0m=-4rM;

B=-H44rM=0

(15.44)

ed in questa approssimazione (condensatore “infinito") all’esterno del magnete

E (e quindi anche B) è nullo. In alternativa, sempre grazie al fatto che d & ò,

possiamo considerare il magnete come unaspira di raggio è percorsa dalla corrente

I = cMd,quindi il campo magnetico È dentro e fuori, ma vicino al centro del magnete, per la (7.26) è

2rMA GG:

gi ansi 4 EMA ? b

polarizzato o, equivalentemente, di due distribuzionisuperficiali di carica o e —o sulle due basi del cilindro. In particolare, dentroil cilindro É non è uniformee le suelinee di forza vanno in verso opposto a quelle di M {dal “polo nord” al “polo sud”) e sono incurvate verso l’interno, come quelle del campoelettrico dentro un condensatore nel quale le dimensioni delle armature sono confrontabili con la loro distanza (gli “effetti di bordo”). La componente normale di # subisce unadiscontinuità in modulo uguale

quindi in questo caso il metodo della corrente fornisce la correzione di ordine d/b

Esempi

a grande distanza lo stesso campo (campo di dipolo); ovviamente a grande distanza (r > L, r > 8) le approssimazioni di solenoideinfinito o di condensatore infinito non sono valide.

a 47M attraversole basidelcilindro e all’esterno 5 e # coincidono. 1. Consideriamo due magneti, uno a formadicilindro

lungo e sottile, e l’altro a formadi cilindro largo e basso (figura 15.2). Supponiamo che la magnetizzazione, diretta lungo l’asse, sia la stessa nei due

cilindri Nel primocaso (cilindro lungoe stretto) possiamo

(CI

B,= il an;

A=Boad=o0.

2ralM

B, = 4nrM-

2ra? M

TO

(15.42)

(15.43)

Non c’è contraddizione fra la (15.42) e la (15.43) in quantoil 2° metodo fornisce, in prossimità del centro, la correzione di ordine (a/£}? all’approssimazionedi solenoide infinito e la 2° delle (15.43) è, allo stesso ordine, in accordo con la (7.28). Con il 1° metodo, quello della corrente superficiale, possiamo concludere che B,

sull’asse e subito fuori del magnete vale con buona approssimazione 27M (ia metà

del valore che ha nel centro) e quindi (o anche con 11 metododelle cariche magnetiche) H. vicinoalle basi e all’interno del magnete vale —2r.M. Consideriamo orail secondo magnete. Se èladistanza fra le basi (di raggio 6),

siccome d « È, all’interno e lontano dai bordi H è come il campoelettrico dentro a un condensatore a facce piane parallele infinite, cioè

250

volume del magnete, quindi se i due magneti hanno lo stesso volume generano

GTYS 2

qualsiasi volume è nullo) e sulla superficie Mn = 0,

fig. 15.2

Oppure possiamo considerare il magnete come due distribuzioni superficiali di cariche magnetiche om = M e om = —M sulle duebasi; se è il raggiodelcilindro e 2L la sua lunghezza, siccome a « L, a grande distanza dalle basi il campo # è quello di due cariche magnetiche puntiformi tam = +70%0m = +ra?M; così, per esempio, nel centro del magnetesi ha H,= TE

Per entrambi i magneti il momento magnetico totale è m = M -V, dove V è il

magnete lungo e stretto della figura 15.2 richiuso su se stesso in forma di anello (figura 15.3). Supponiamo che la magnetizzazione abbia solo la componente tangenziale My (v. figura 7.6), costante. Siccome div M = 0 (perché il flusso di M uscente da

fi

(15.45)

all’approssimazione del condensatoreinfinito.

2. Consideriamo ora un magnete toroidale; per esempio il

approssimare il campo magnetico È dentroal cilin-

dro con il campo di un solenoide infinito nel quale nI= F = eM, quindi(all’interno e lontano dalle basi)

B:=

il campo # non ha sorgenti, quindi è ovunque nullo. Quindi dentro al magnete c'è solo il campo magnetico B = 4nM e all’esterno B = # = 0. Il risultato è indi-

pendente dalla formadella sezione del toro. Se il magnete è aperto, come nella figura 15.4, ma la

fig. 15.4 distanza fra le due superfici esterne è piccola rispetto alle loro dimensioni, il campo magnetico #all’interno è praticamente uguale a quello del magnete della figura 15.3 e siccome 8 è continuo attraverso i “poli” del magnete, anchefra i poli vale (circa) 47M, come H.

È importante a questo punto farsi un’idea di quanto può valere la magnetizzazione M in un magnete permanente. Partiamo dall’osservazione che i materiali ferromagnetici diventano paramagnetici al disopra della temperatura © di Curie, quindisi tratta di sostanze i cui atomi dispongono di un momento magnetico proprio; in secondo luogo sappiamo che una sostanza ferromagnetica in un campo magnetico non uniformerisente di una forza proporzionale al campo, e non al quadrato del campo comele sostanze diamagnetiche e paramagnetiche. Nel caso di queste ultime, come nel caso dei dielettrici, la proporzionalità al quadrato del campo deriva dal fatto che è il campo stesso che produce il momento magnetico sul quale poi esercita la forza. Questo fa supporre che nelle sostanze ferromagnetiche i momenti magnetici atomici risultino già quasitutti

allineati nella stessa direzione, nonostante l’effetto disallineante della temperatura. Il motivo per cui questo succede si è cominciato a capire solo intorno al 1930 (ma tutt’ora 251

L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Proprietà magnetiche della materia

il problema non è completamenterisolto), in quanto il meccanismo che favorisce così fortemente l’allineamento dei momenti magnetici non è attribuibile alla forza che si

si produce quando un intero dominio (che contiene diversi miliardi di atomi) cambia

esercita fra due magneti atomici (che anzi, quando questi sono affiancati, tenderebbe

a disporli antiparalleli), ma è di natura quantistica e ha le sue radici nel principio di esclusione di Pauli. Consideriamoil ferro magnetizzato. Il momento magnetico proprio di ogni atomo dì ferro è uguale a due magnetoni di Bohr, il numero atomico del ferro è (circa) 56 (in 56 grammidi ferro ci sono Na = 6x 10°? atomi) e la densità è 7.9g/cm5, quindi la densità di magnetizzazione di saturazione, cioè se tutti i momenti magnetici sono allineati, è

M= È -6.x 1029 +2 0,9 x 10722 = 1500gauss

(15.46)

quindi il campo magnetico del ferro dovuto alla magnetizzazione è dell’ordine di 47M 2 x 10% gauss

(15.47)

Teattpe:

in accordo con l’esperienza. Siccome abbiamovisto che nelle sostanze diamagneticheil

momento magnetico indotto è dell’ordine di 1075 + 10-9 magnetonidi Bohr 4g, questo è anche l’ordine di grandezza del rapporto fra la magnetizzazione di una sostanza diamagnetica (o anche paramagnetica a temperatura ambiente) e una ferromagnetica. Una magnetizzazione come quella data dalla (15.46) corrisponde ad una densità superficiale di corrente enorme:

F=cM =45x10!ues=15x 10*A/em.

(15.48)

Il campo magnetico dato dalla (15.47) è quello di saturazione, cioè praticamente il massimo che si può ottenere all’interno del ferro magnetizzato; il campoall’interno di una comune calamita, a parte il fatto che come abbiamovisto negli esempi precedenti dipende (anche) dalla sua forma,è dell’ordine di 104gauss, pur sempre un valore ragguardevole. Inoltre, se prendiamo un pezzo di ferro, a meno che questo non sia

stato preventivamente trattato in maniera opportuna(c’è ferro e ferro), non manifesta

alcuna magnetizzazione (invece le forbici di acciaio, cioè ferro temprato, sono quasi sempre magnetizzate). Maallora, nel ferro comune i momentì magnetici atomici sono allineati o no? Un pezzo di ferro, comele altre sostanze ferromagnetiche,è costituito da regioni, chiamate domini di Weiss, nelle quali i momenti magnetici atomici sono effettivamente allineati (lungo particolari direzioni determinate dalla struttura cristallina del ferro), ma nel passaggio

more magnetico”, opportunamente anplificato e trasformato in rumore acustico, che

bruscamente la propria magnetizzazione perallinearsi con i dominivicini, già allineati con il campo(effetto Barkhausen). Il risultato, aumentando il campo esterno, è un

progressivo estendersi delle dimensioni dei domini “ben allineati” a spese degli altri, e quindi la maguetizzazione del nostro campione.

Il modoin cuii diversi materiali ferromagnetici si magnetizzano quandoviene applicato un campoesterno dipende daltipo di materiale, dal trattamento meccanico subito (p.es. la tempratura), la presenza di impurità, ecc. Senza addentrarci nella enormecasistica delle possibili situazioni, consideriamo due casi abbastanza emblematici, quello del ferro

dolce, e quello dell’acciaio (che sono due rapresentanti della categoria dei materiali “magneticamente dolci” e di quelli “magneticamente rigidi”). Supponiamodi avere due avvolgimenti toroidali sovrapposti, come quelli considerati nell’esempio 1 nel capitolo 8.7, entrambi avvolti su un supporto ferromagnetico sa-

È gomatoin formatoroidale; nel primario, mediante un generatore di corrente, facciamo passare una corrente I(t) fig. 15.5 inizialmente nulla e che aumentiamo gradualmente. Mesenel indotta f.e.m. la misuriamo diante un voltmetro condario; nellafigura 15.5 è riportata la rappresentazione circuitale di questo sistema: le righe nere fra le due induttanze significano che primario e secondario sono avvolti sullo stesso supporto magneticoe la freccia attraversoil generatore di corrente significa che è possibile variare la corrente erogata.

La conoscenzadella corrente comporta,grazie all’ultimadelle (15.9) e al teorema della

circuitazione, la conoscenza di H nel supporto ferromagnetico: la (7.45) ora vale con

H al posto di B

(15.49)

Ho) = IO.

Se il supporto toroidale è sottile possiamo considerare Hg costante sulla sua sezione. BI Variando la corrente nel primario si ha una f.e.m. indotta nel se-

sul piano macroscopicoè l’assenza di magnetizzazione. Le dimensionidi queste regioni sono dell’ordine di qualche micron e possono anche essere viste al microscopio. Evidentemente, per qualche ragione (che ha a che fare con una sorta di competizione fra l’energia di superficie, quella che separa un dominiodall'altro, con l’energia di volume, quella associata al volume dei domini), la situazione in cui nei diversi domini i momenti magnetici atomici non sono allineati nella stessa direzione è energeticamente quella più favorevole; questa situazione può però essere modificata mediante l’applicazione di un campo magnetico esterno, il cui effetto è quello di rendere energeticamente più favorevoli domini sempre più grandiin cui i momenti magnetici atomici sono allineati con il campo esterno: è addirittura possibile registrare sperimentalmenteil “ru-

condario che, siccomela 3° delle (15.9) è uguale all’equazione nel vuoto, è sempre data dalla (8.2), e quindi è proporzionale a B (e non ad #); la conoscenza di B(#) in ultima analisi permette di determinare B ad ogniistante, e quindi B in funzione di H; i se il comportamento dei materiali ferromagnetici fosse lineare fa 15.6 fig. di angolare coefficiente il e curva B = B(H) sarebbe unaretta, _ questa retta sarebbe la permeabilità magnetica 4; sperimentalmente invecesi ottengono curve del tipo di quella riportata nella figura 15.6 (curva di magnetizzazione), qualunquesia la sostanza ferromagnetica (ferro dolce, acciaio,.. Je Va notato che la scala sull’ordinata e quella sull’ascissa sono ben diverse, circa per un fattore 103: il campo magnetico di saturazione Bear, quello che nella figura 15.6 corrisponde alla lìinea tratteggiata orizzontale, nel caso del ferro dolce e dell'acciaio è un campo dell’ordine di 15000 gauss, che si raggiunge quando il campo H vale circa

252

253

da un dominio di Weiss all’altro la direzione dell’allineamento cambia, ed il risultato

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Proprietà magnetiche della materia

dell’acciaio. Quindi possiamo dire che praticamente tutto il campo Bsa: è dovuto alla magnetizzazione: bea ATMsat.

Per la (15.49), se 0 = 10cm e N = 1000 (possiamorealizzare il primario con un avvolgimento a più strati), si ottiene un campo H di 200 0ersted con una corrente / di 10 A che, siccome le spire sono 1000 su una circonferenza di = 60m, corrisponde ad una corrente superficiale di circa 170 A/cm: una discreta corrente, mairrisoria rispetto a quella di magnetizzazione (v. (15.48)); la (relativamente) piccola corrente / è servita solo a “mettere in ordine” i domini di Weiss. Fino a questo punto il comportamento del ferro dolce e dell'acciaio non è sostanzialmentediverso: l’acciaio è solo un po’ più “rigido” nel raggiungere la saturazione. La vera differenza si manifesta se ora, dopo avere raggiunto Bsa:, diminuiamola cor-

rente I, e quindi il campo H. Nel caso dei materiali “magneticamente (molto) dolci” la curva di magnetizzazione della figura 15.6 viene percorsaall’inverso (in realtà solo approssimativamente), e quindi il processo di magnetizzazione è reversibile 0, detto in altri termini, È è una funzione univoca di A e questa relazione funzionale è l’equazione

costitutiva che bisogna aggiungerealle (15.9). In questi casi (materiali magneticamente dolci), almeno quando per piccoli valori di H la curva B(H) può essere approssimata con una retta, è possibile definire la permeabilità magnetica del mezzo dalla relazione

B= uff

(15.50)

e, come è già abbastanza evidente dal grafico 15.6, i valori di 4 sono molto grandi: possono variare da 4 = 10 a gi = 10% in casi speciali può addirittura arrivare a valori

pre 108.

Invece, nel caso dei materiali “magneticamenterigidi”, se dopoavere raggiunto la saturazione (lungola linea tratteggiata nella figura 15.7) diminuiamo il campo H, 8 segue la curva indicata dalla freccia verso sinistra, e quindi di-

minuisce molto lentamente e non è nullo quando # (cioè la corrente nel primario) è nulla: questa è il campo residuo nel nostro campione, dovuto alla magnretizzazione residua: il campione è quindi è diventato un magnete permanente, con un campo interno non molto inferiore al campo di saturazione, cioè circa 10*gauss. Per smagnetizzare il mafig. 15.7 gnete è necessario invertire la corrente in modo da avere un campo H in verso opposto: il valore H, che corrisponde nel grafico 15.7 a B=0 è detto forza coercitiva e vale, nel caso dell’acciaio, circa 60 0ersted. La curvaa tratto pienonella figura 15.7, che si ottiene variando con continuità la corrente nel primario, è detta ciclo di isteresi; se poi, in un punto del cielo di isteresi dove la pendenza è grande cerchiamo di invertire il processo (se la corrente stava diminuendo ora la facciamo aumentare), B non ripercorreall’inverso la curva, ma segue un percorso diverso:

il ciclo di isteresi non è reversibile (torneremo su questo punto nel paragrafo 7). Quindi 8 non è una funzione univoca di F, in quanto dipende dai valori precedente

mente assunti da H, cioè dalla storia passata. In questo caso non è possibile scrivere

254

un'equazione costitutiva che lega fra loro 8 e A. La ricerca per la realizzazione di materiali con ben precise caratteristiche magnetiche

è molto attiva, sopratutto sotto la spinta di uno sviluppo tecnologico che fa sempre maggior uso di questi materiali: fra i materiali “dolci”, necessari per la costruzione dei motori e dei trasformatori, citiamo i permalloy, sostanzialmente leghe di nichel e

ferro, che hanno un elevato campo magnetico residuo {= 5000 gauss) e una piccolissima forza coercitiva (= 4 x 1075 oersted); fra i materiali “rigidi”, necessari per le memorie magnetiche, i magneti permanenti, ecc., il citatissimo Alnico V, una lega che contiene

în percentuali ben precise oltre all’alluminio, il nichel e il cobalto (da cui il nome), anche ferro e rame, che ha un camporesiduo di 13000 gauss e una forza coercitiva di 550 cersted. 15.6 Schermaggio magnetico Se vogliamo schermarci dal campoelettrico, ci mettiamo dentro la cavità di un condut-

tore (gabbia di Faraday): l’effetto schermante deriva dal fatto che in un conduttore il

campoelettrico è nullo - quindi il conduttore è una regione equipotenziale — e dall’unicità della soluzione dell'equazione di Laplace, date le condizioni al contorno (problemi

di Dirichlet e di Neumann). Esiste la possibilità di schermarci da un campo magnetico esterno, per esempio dal campo magnetica terrestre? Il problema è di notevole rilevanza pratica in quanto in diverse situazioni (funzionamentodi apparecchiature elettroniche, misure in assenza di campi magnetici, ...) è necessario creare regioni nelle quali la presenza, e quindi gli effetti, di campi magnetici esterni siano praticamente nulli. Vedremo che i materiali magneticamente dolci di elevata permeabilità magnetica (4 — 00) si comportano, per quanto riguarda H, come i conduttori nei confronti del campoelettrico: uno dei materiali particolarmente adatto a questo scopo è il Supermalloy per il quale, per piccoli

campi, si può scrivere la (15.50), con 4 = 10°. L’idea è questa: siccome B all’interno di un materiale magnetico (dolce) è dell’ordine del campo esterno Bo, ed H = B/u, se pu — 00 ne segue che H — 0; se dentro il

materiale H = 0 siamonella stessa siuazione di un conduttore nei confronti del campo elettrico.

Il punto più delicato è che dobbiamo convincerci che effettivamente dentro a un materiale di elevata permeabilità magnetica (e quindi facilmente magnetizzabile) B “resta finito”, cioè dell'ordine di By. Consideriamo per semplicità una sfera del nostro materiale in un campo esterno do = Hp uniforme: siccomele equazioni per H sonoidentiche a quelle del campoelettrico (in

unaregione priva di correnti di conduzione), il problema di determinare # all’interno della sfera magnetizzabile è identico a quello di determinare il campoelettrico dentro una sfera di dielettrico in un campo esterno, problema Îa cui soluzione è data dalla (14.47); quindi dentro la sfera magnetizzabile =_ 3a 3 3 3 2 H= Ho > 8=3,,) (15.51) 2+ 4

da cui si vede che effettivamente se 1 + 00, H +0, B- Bo.

Supponiamo di mettere un corpo cavo dì materiale magneticamente dolce con ele-

255

Lul

30 0ersted (1 cersted = 1 gauss!) nel caso del ferro dolce, e (circa) 200 oersted nel caso



L.E. Picasso: Lezioni di Fisica Generale 2

Proprietà magnetiche della materia

vata permeabilità magnetica in un campo esterno Bi (per esempio, unasfera cava). Nell’approssimazione 4 — 00 tutta la regione occupata dal materiale è una regione

equipotenziale per il potenziale magnetico m (perché H = 0), e quindi è equipotenziale anche la cavità (upicità della soluzione dell'equazione A pm = 0). Ma dentro la cavità, cioè nel vuoto, 5 = 7 > B=0 quindi, nellimite « + co, abbiamorealizzato lo schermo magnetico. Nella regione occupata dal materiale (fra l'esterno e la cavità) il campo magnetico 8 non è nullo e come conseguenza del fatto che è un camposolenoidale (divB = 0) le suelînee di forza hanno un andamento molto particolare: siccome dentro i= 0, fuori i= 3 ela componente tangenziale di H è continuaattraverso la superficie, ne segue

che #, e quindi 8, è ortogonale alla superficie esterna del materiale (comeil campo elettrico sulla superficie di un conduttore); entrando, la componente tangenziale di B subisce una discontinuità (a causa della corrente superficiale di magnetizzazione) che ha l’effetto di allontanarele linee di forza dalla normale e incapalarle nella regione fra

la superficie esterna e quella interna; siccome la componente normale di B è continua e nella cavità 5 = 0, seguechele linee di forza di # che arrivanosulla superficie interna del materiale sono tangenti ad essa. Ne segue, specialmente se la regione occupata dal

materiale è sottile (p.es. una corona sferica di raggi interno ed esterno quasi uguali)

che tutte le linee di forza che entrano nel materiale si addensano nel piccolo volume

a disposizione: questa concentrazione delle linee di forza nei materiali magnetici ad alta permeabilità permette di aumentare notevolmentei coefficienti di auto e mutua induzione di avvolgimentirealizzati attorno a supporti magnetici (chiamati nuclei magnetici), in quanto la presenza del nucleo magnetico provoca un aumentodell’intensità del campo e unariduzione del flusso disperso (cioè non concatenato dal circuito). Esempi 1. Supponiamo di mettere una coronasferica di un materiale di permeabilità magnetica 4 in un campo esterno uniforme Fo. Vogliamostimarel'intensità del campo magneticoall’interno della cavità. La soluzione esatta del problemaè possibile ma complicata per cui, se ci accontentiamo di una stima, faremo delle approssimazioni. Se non ci fosse la cavità, il campo Htera dentro la sfera sarebbe quello dato dalla

(15.51). Se ora supponiamocheil raggio esterno della corona sia molto maggiore Ù quello interno, possiamo approssimare il campo ? nella cavità come il campo in una cavità sferica in un mezzoinfinito di permeabilità 4 nel quale è presente (in assenza della cavità) il campo uniforme Hstera: la soluzione, fatte le opportune

sostituzioni è data dalla (14.49)

He® Bow

34

è

_

Ia

=

La

guaire Gt

(l’ultimo passaggio corrispondeal caso 4 > 1).

(15.52)

2. Ne capitolo 8.4 abbiamocalcolato il coefficiente di autoinduzione di un avvolgimento toroidale a spire rettangolari (N spire, raggio interno a, esterno È, altezza h). Vediamo comesi modificail risultato, dato dalla (8.32), se le spire sono avvolte su un materiale ferromagnetico dolce per il quale vale la (15.50). 256

La definizione di coefficiente di auto (o mutua) induzione è sempre la stessa: 0(B)/cI, solo che ora la corrente I determina H tramite l’ultima delle (15.9)

rot di = 4rt/e, ed è dato dalla (15.49): la stessa espressione che si ha nel vuoto

per B (v. (7.45)). Siccome assumiamoche valga la (15.50) si ha (se il materiale è omogeneo)

3(3) = $(u) = ud(4)

(15.53)

quindiil coefficiente di autoinduzionerisulta y volte quello nel vuoto:

__ 2uN?h, db L= 7 log}:

(15.54)

15.7 L'energia magnetica Comenel caso dei dielettrici, si arriva al concetto di energia del sistema campo + mate

ria a partire dal lavoro che occorre fare sul sistema per instaurare il campo magnetico.

Siccomenel caso dei dielettrici ci siamo limitati al caso in cui è valida l’approssimazione lineare, non sempre le conclusioni raggiunte in quel caso possono essere trasferite al caso magnetico, dato che le sostanze magneticamente interessanti di solito sono quelle

ferromagnetiche. Come abbiamogià discusso nel caso dei dielettrici, le forze esterne sono quelle che i generatori devono esercitare contro le forze del camposulle cariche “vere” per instaurare i campi: il lavoro fatto nell’unità di tempo (potenza) dalle forze esterne è dato da wi =-f8 Tav.

(15.55)

La (15.55) formalmente coincide con —W(t) dato dalla (11.3) ((nella (11.3) 3) W è la potenza delle forze del campo), ma il contenuto è diverso. Nella (15.55) J è solo la corrente di conduzione (quella dovuta al moto delle cariche “vere”}, e non contiene le correnti

microscopiche, quelle che compaiono nelle equazioni (14.4) per i campi microscopici e che, mediate, danno luogoalle correnti dipolarizzazione e a quelle di magnetizzazione

(equazione (15.5)). Nella (11.3), invece, Jè tuttala corrente, sia quella di conduzione che le correnti microscopiche. Come abbiamogià rilevato a proposito della discussione

fatta nel caso dei dielettrici, la (11.3) in pratica ha senso quando ha senso fare una

chiara distinzione fra campo e materia (elettromagnetismo nel vuoto).

Per determinare in generale quella che normalmente viene chiamata energia del sistema

campo + materia

= /* qyest(y) de

(15.56)

(mache più correttamentefino a prova contraria dovremmolimitarci a chiamare “lavoro fatto sul sistema”), si procede comenel capitolo 11.1. Occorre però usare le equazioni (15.9), dato che in esse $ è la corrente di conduzione: moltiplichiamo scalarmente la 4° e la 2? delle (15.9) rispettivamente per È e per É e sottraiamole:

= o a =_ 403 +, 1/3 4dD — 08 Buotf-Hof= Ep.Î4 (E 742)

257

(15.57)

Proprietà magnetiche della materia

quindi grazie all’identità (11.6) si ottiene

3 r_ -È.j

1/3 0D (BR.

.I 608\

c 2

3

caso delle sostanze diamagnetiche o paramagnetiche le conclusioni sono le stesse come

3

di j - n(£ + )+ È diE 18)

(15.58)

e quindi

est =] = 0D. wea)

==

. 08

(7 +8).

(15.59)

La (15.59), comele (15.9), è indipendente dalle equazioni costitutive che legano É, #

a De H e anche dal fatto che queste esistano 0 meno; in generale non è possibile ricavare, integrando su t, l’energia del sistema U (4) in termini dei campiall’istante t, perché abbiamo visto che ci sono casi in cui i campi ad un dato istante, e quindi

anche l'energia del sistema, dipendono dalla storia precedente del sistema (fenomeno dell’isteresi). Se il comportamento del mezzo è lineare, allora 3 = all, D= «È, per cui

3 0dDu_las [ea = gl. D,

3 08,

123;

H Gp= 38 B

(15.60)

e in questo caso quindi

1 < 3 3 UO=/ED+A Dv.

(15.61)

La(15.61) si riducealla (14.57) nel caso chesia presente solo un campo elettrico statico,

e nel caso che sia presente solo un campo magnetico statico dà

1

4

Un = fis.

(15.62)

Esempio

Riprendiamoin considerazione l’avvolgimento toroidale dell'esempio 2 del paragrafo precedente e calcoliamoil lavoro che un generatore deve fare perfar circolare una corrente 7 nel circuito.

Si ha

dUm(t , Cul) ret) =MILVA >

103

PN.

è

Um = gLP° = era log =.

nel caso deidielettrici, però in questi casì sappiamoche gli effetti della presenza della materia sul campo magnetico, e quindi sull'energia, sono di solito molto piccoli.

H caso importante è quello delle sostanze ferromagnetiche, anche perché in questi casi le trasformazioni possono essere irreversibili.

Supponiamo di fare effettuare ad una sostanza ferromagnetica il ciclo di isteresi a contatto con l’ambiente, quindi in condizioni isoterme,nell’intervallo di tempo t1, t2.

Il lavoro fatto sul sistema per la (15.59) è dato da

= 08W). I end “#/f* d(fA-G

Supponiamo, masolo per semplicità, che B ed H siano costanti dentro il materiale, allora siccomenell’intervallo di tempo (#1, t2) 8 ed compiono uncielo, se è il volume del campione, possiamoriscrivere la (15.64) come Vv

I

Le 2 fa $fdB

| (15.65)

da cui si vede che, se 3 e F sono paralleli (comenel caso di un magnetetoroidale) L°°* è dato dall’area racchiusa dal ciclo di isteresi nel piano (H, B), proprio comenel piano di Clapeyron (V, p) il lavoro fatto sul sisterna in un ciclo è l’area racchiusa dalciclo {L > 0seil ciclo è percorso in senso antiorario). Poiché L°* # 0 e il cielo è monotermo, necessariamente è irreversibile e L°* > 0 (postulato di Lord Kelvin). Siccome il sistema ha compiuto un ciclo, la sua energia libera (e anche la sua energia interna) non è cambiata, quindi il lavoro fatto eguaglia interamente il calore ceduto all'ambiente (il nucleo ferromagnetico si scalda e mediante l’opportuno sistema di raffreddamento il calore viene trasferito all’esterno). Quindi in questi casi (trasformazioniirreversibili) la (15.59) non rappresenta la variazione di qualche formadi energia (interna, libera, ...), masolo il lavoro fatto nell’unità di tempo sul sistema: sappiamoinfatti che nei processi isotermiirreversibili la differenzafra il lavoro fatto e la variazione dell’energia libera è positivo ed è uguale a TA S, dove l’entropia è quella totale del sistema e delle sorgenti; in un ciclo TA $ è il calore scambiato con l’ambiente.

(15.63)

Se invece usiamola (15.62), per la (15.49) si ha p

A

2a

è

Ou=g fav = È ( dé f H?ode= È T

AN?ZI2

ei

6

loga

che coincide con la (15.63).

Nel capitolo 14.6 abbiamo messoin evidenza che la (14.57) rappresenta, per un dielettrico mantenuto a temperatura costante e per trasformazionireversibili, la variazione 4 + della sua energia libera 7 = /—TS tra lo stato conil campo e quello senza campo. Il problemadelsignificato dell’energia magnetica Uw si pone neglistessi terminie nel 258

(15.64)

259

Luo.

L.E. Picasso; Lezioni di Fisica Generale 2

2) 7)

INDICE ANALITICO A Aberrazione (Angolo di) 91

(Coefficienti di) 47 di un condensatore 51, 215, 225-226

Alnico V 255 Ammettenza 171 AMPÈERE (ampère, A; Unità) 2, 74, 137 (Teorema di) 125 Angolo solido 8 Antenna 202 (Potenza irraggiata da una) 205 Approssimazione di dipolo 203 Armoniche (Funzioni) 35 Autoinduzione 152

BI0T - SAVART (Legge di) 127

BoHR (Magnetone di) 244 {Raggio di) 41 BRADLEY 91

CLausius (v. MossotTI)

Coefficienti di autoiduzione 152 di mutua induzione 150 di capacità 47 di potenziale 47 Coercitiva (Forza) 254 Composizione delle velocità 80, 88, 90-91,

Ho

irrotazionale 23

I

D

RLC 166

— piana 20-22

magnetico 74-75, 111

94+96

— di saturazione 252, 253 - di una lamina di corrente 112, 134 - di una spira 128 - di un filo 134 — di un solenoide 129-131, 134--135 - di un toro 135 — rotante 182 residuo 254 solenoidale 124 Capacità

Condensatore 51

(Capacità di un} 51, 215, 225-226 (Carica e scarica del) 7ì-+73

Conducibilità 63 Coniugazione di carica 18, 140 Cono futuro, luce, passato 9I Conservazione della carica 60-61, 125 Conservazione del flusso nelle spire superconduttrici 188

260

indotta 148

secondario {o indotto) 150, 160

LC 168

— lineare 20

di spostamento 146, 162

RC 71, 168 RL 158

risonante 172

Caduta di potenziale 69 Cammino libero medio 66 Campo di radiazione 204 elettrico (definizione) 4, 108 - di una distribuzione sferica 19 - cilindrica 19-20

Doppio strato 41

— in un magnete 252 di polarizzazione 239

superficiale 112 Costante dielettrica 215, 223 Costante di FARADAY 71 di PLANCK 41, 212, 7? CouLomB (Legge di) 1 {coulomb, C: Unità) 2, 3 Covarianza della leggi fisiche 79 Curie (Temperatura di) 241 Curva di magnetizzazione 253

primario (o inducente) 150, 160

c

lentamente variabile 61, 146

di magnetizzazione 239-240, 248

250

BARKHAUSEN (Effetto) 253

{Intensità di) 59 (Lamina di) 115, 134

{Densità di) 59

Cariche immagine 53 Cariche magnetiche (sorgenti di #) 249 Cavità in un dielettrico 227 Cavo coassiale 155, 157-158 CGS elettrostatico (Sistema) 2-3 Ciclo di isteresi 254 {Lavoronel) 259 Circuitazione 22 per unità di area 123 Circuito antirisonante 172 equivalente 69

(Momento su un) 219 Dipolo magnetico (v. Momento magnetico) DrrICHLET (Problema di) 43 Discontinuità del campoelettrico 29 del campo magnetico 131 Distribuzioni di carica di volume 7 di superficie 9 lineari 9 Divergenza 11 (Teoremadella) 12 Domini di WEISS 252 Dominio di armonicità 35

continua (o stazionaria) 61

di un conduttore 50

B

3

Contrazione delle lunghezze 89-90, 94 Coordinate sferiche (o polari} 8 Corrente alternata 61 - (Circuiti in) 169-172

D’ALEMBERT (Equazione di) 197 Decadimento esponenziale 81-82 Densità di carica (v. Distribuzioni) di corrente 59

di corrente di energia 189 di energia 33, 189

di magnetizzazione 240, 242, 248

Drupe - LORENTZ (Modello di} 65

E

Effetti di bordo 57-58, 236

Effetto BARKHAUSEN 253 fotoelettrico 41 JOULE 64 HALL 140-141 pelle {o KELVIN} 63, 154-155 termoionico 41

EINSsTEN 77 (Relazione di) E = Av 212

Elettrone 2, 3 {Raggio classico) 41, 194 (Teoria di ABRAHAM - LORENTZ) 194

Elettronvolt (eV: Unità) 24 Energia (v. anche Densità)

di polarizzazione 217, 238-239

del campoelettromagnetico 184-185 del campo magnetico 156

di quantità di moto dei campo 191

di un condensatore 53, 229-2230

Diamagnetismo 24], 245 Difetto di massa 105

Diffrazione 209-211

Dilatazione dei tempi 82, 89, 93-94

Dipolo (Approssimazione di) 203 Dipolo elettrico (v. anche Momentodi di-

polo) 18, 26-27 (Forza su un) 232

elettrostatica 31 - di un dielettrico 229

libera 231, 258-259

magnetica 258 relativistica 102-+105 Equazione delle onde 196 di conservazione della carica 61, 125

K

M

Gauss (gauss, G: Unità) 75 (Sistema di) 2-3 (Superficie di) 19 {Teoremadi) 13 Generatore di forza elettromotrice 68 di corrente 139 Gradiente 23

KEATING (v. HAFELE) KELVIN (v. Effetto)

MACH - ZEHNDER(Interferometro di) 213

Gruppodi invarianza delle sorgenti 17 Gruppodi Lorentz 85

Lavoro di estrazione 41 Lavoro nelciclo di isteresi 259 Legge di BIoT - SAVART 127 di densità delle linee di forza 14 di FARADAY - NEUMANN 144 — peri circuiti in movimento 173

FARAD (farad, F: Unità) 50 FaRADAY (Costante di) 71

H HAFELE e KEATING (Esperimento di) 82

(Gabbia di) 45

HaLL(Effetto) 140-141 (Resistenza) 140 HENRY (henry, H: Unità) 151-152

- NEUMANN (Legge di) 144 Ferromagnetismo 241, 249-255

Flusso 10 concatenato 174

I

tagliato 174

Impedenza 171 Induttanza 158 Induzionedielettrica D 223 Induzione elettrostatica 42 Induzione mutua (v. Coefficienti)

(Tubodi) 14

(v. Conservazione del flusso ...) Forza coercitiva 254

Intensità (di un’onda piana) 201

di Lorentz 75, 117

Interferenza 208-209 costruttiva 208 distruttiva 208

elettrica su un dipolo 232, 242

su un dielettrico 233-234 magnetica su una spira 138, 175-176 - su un dipolo magnetico 138, 242 su una carica in moto 111, 117 Forza elettromotrice (f.e.m.) 68, 144 autoindotta 148 indotta 144 Fotone 212 Frangedi interferenza 209 FRANKLIN 1 {franklin, Fr: Unità) 2

(Frange di) 209

Interferometro di MACH — ZEHNDER 213 Invarianti del campoelettromagnetico 117

(Grandezze) 80, 86 Invarianza di scala 22

Inversione del tempo 142

Isteresi (Ciclo di) 254 (Lavoro nel} 259

Frequenza 200

J

di LARMOR 245 Funzioni armomiche 35 Fusione nucleare 105

JOULE (Effetto) 64 (joule, J: Unità) 69 (Potenza) 64

262

(Densità di) 240, 242, 248

Lamina di corrente 115, 134

di saturazione 252, 254

in un magnete permanente 252, 253 residua 254 Magnetone di BoHR 244 MaLus(Legge di) 212-213 Massadi una particella 102 di un sistema 104 ed energia 102-105 nulla (particelle di) 102 Massa(o Terra) 43

LAPLACE (Equazione di) 35

LARMOR (Frequenza di) 245

(Teorema di) 246

MILLIKAN 2

MmwkowsKI (Tensore metrico di) 84, 92 MKSA(Sistema) 2 Mobilità 38, 66 Molecole polari 217, 238-239 non polari 217, 238 Momento angolare 244 canonico 247 cinetico 247 Momentodi dipolo, di quadrupolo 26 Momentodi dipolo indoito 217-218 proprio (o permanente) 217, 219-220 Momento magnetico 136, 243

di LENZ 148 di MaLus 212-213 di OHM 62, 65-66 — in formalocale 62 di trasformazione 78

- del campo elettrico 110, 11], 116

— del campo elettromagnetico 116 — della carica 79-80 - della massa 79-80, 102-103 - delle sorgenti 114 LEN2Z(Legge di) 148 Linea di universo 92 Linee di forza 5-6 fra i conduttori 39 (Legge di densità delle) 14 Livelli energetici 212

(_

proprio 85 — ortocrono 87, 91

F

L

(i

GREEN (Formula di) 36

Magnete cilindrico 2494251 toroidale 251 Magnetizzazione (Curva di) 253

indotto 242, 244-247

intrimseco 244 orbitale 244 proprio (o permanente) 242, 244 Momento su un dipolo elettrico 219 magnetico 137

LoRENTZ (v. anche DRUDE) (Forza di) 75, 117

{Gruppo di) 85, 87 (Trasformazioni di) 83+-88 — senza rotazioni 86-+-88 Luce polarizzata 213 Lunghezza (o profondità) di penetrazione

L

— per l’energia 189 di D’ALEMBERT 197 di LAPLACE 35 di Polsson 28 Equazioni costitutive 240 Equazioni di Maxwell 121 nel vuoto 196 nella materia 240 Equivalenza massa-energia 103--105 Extracorrente di apertura 160, 169

G

MossoTTI - CLAUSIUS (Formula di) 223

Moto di una carica in campo magnetico 100-101

Moto iperbolico 100 Motore 175, 177, 181

155

a induzione 182 Multipoli 27

Lunghezza d’onda 146, 200 Lunghezza propria 90

263

{_

di continuità per la corrente 61

Polaroid 212 Potenza irraggiata da un’antenna 205 Potenza JOULE 64 Potenziale 22

N

--4

NEUMANN (Problemadi) 43

(Cadutadi) 69

o

Potenziale magnetico 249 Potenziale vettore 126 ritardato 199, 202 PovNTING (Teoremadi) 189

OERSTED(cersted, Oe: unità) 240 OHM (Leggedi) 62, 65-66

CUI

2)

(ohm, 9: Unità) 62

Onda

(Vettore di) 189

(Frequenza di un'o.) 200

Problema di DIRICHLET 43

(Intensità di un’o.) 201 (Lunghezza d’o.) 200 (Periodo di un’o.) 200 (Polarizzazione di un'o.) 198, 201 {Propagazionerettilinea di un’o.) 204 (Vettore d’o.) 201

di NEUMANN 43

misto 43 Profondità (o lunghezza) di penetrazione 155

Propagazione rettilinea di un'onda 204

Onde (Equazione delle) 196

Q

longitudinali 198 monocromatiche 200 piane 197-199 — progressive 198 trasversali 198 Ottupolo 28

Quadrivettore 83

energia-quantità di moto 101 Quadrupolo 26, 28 Quantità di moto 98--100 (Conservazione della) 99, 103 del campo elettromagnetico 191 — densità 191

GTTT

I

Paramagnetismo 241 Pelle (Effetto) 63, 154-155

Periodo (di un'onda monocromatica) 200 Permalloy 265 Permeabilità magnetica 242 del vuoto 126 Permittività del vuoto 2 Pila a gravità 70 PLANCK (Costante di) 41, 212, 244

nascosta 193

R Raggio classico dell’elettrone 41, 194 Raggio di BoHR 41

Rapidità 87 Resistenza 62 HALL 140

PoincARÉ 195

(Campodegli sforzi di) 195 Poisson {Equazione di) 28 Polari (Molecole) 217 Polarizzabilità elettrica 218, 219, 238-239 magnetica 247

interna 69 Resistività 62 Riferimento del centro di massa 104

Polarizzazione (di un’onda piana) 198, 201

Rifrazione delle linee di forza 224 Rotazione (o Rotore) 23, 122-123

tangente 95

Polarizzazione (Corrente di) 239 Polarizzazione (Densità di) 217, 238-239

264

SEIFERT (Superficie di) 124 Sfera dielettrica in campo esterno 226-227 Sfera magnetizzata 255 Simultaneità 90 Sistema di unità 2 Solenoide 129-+-131, 134+135, 147-150

Sostanze diamagnetiche 241 ferromagnetiche 241, 249-255 paramagnetiche 241 polari 217

Spire superconduttrici (conservazione del flusso nelle) 188 Stabilizzatore 17 STOKES (Teorema di) 123 Superconduttività 67 Superficie di SEIFERT 124

Quadricorrente 114 Quadriforza 105 Quadrivelocità 95

P

di AMPÈRE 125

S

Supermalloy 255 Suscettività elettrica 221 magnetica 242, 247

T Temperatura di CURIE 241 Tempo proprio 89, 95 Tensione 149 Teorema della divergenza (o di GREEN) 12 della conservazione dell'energia 103 della media 35 delle forze vive 101

di di di di di

Gauss 13 LARMOR 246 PoyNTING 189 reciprocità 151 Srokss 123

Terra (o Massa) 43 Testa (tesla, T: Unità) 75

Terzo principio della dinamica relativistica 97-98

Trasformatore 160-161

Vv Velocità

(Composizione delle) 88, 90-91, 94-96 delle cariche in un conduttore 60, 66 quadratica media 60

Vettore di PoYNTING 189 d’onda 201

isotropo (o tipo luce) 91, 92 tipo spazio, tipo tempo 91

Vita media 82

w WEBER (weber, Wb: Unità) 75 Weiss (Domini di) 252

Z ZEHNDER (v. MACH - ZEHNDER)

1

4) ©)

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