Lettere sulla religione. A cura di Telmo Pievani
 9788806214234

Table of contents :
Indice......Page 125
Charles Darwin Lettere sulla religione
......Page 4
Il Libro......Page 2
Introduzione di Telmo Pievani......Page 5
Nota della traduttrice......Page 8
Un conflitto latente nota di T.P.......Page 9
Emma Wedgwood a Charles Darwin
21-22 novembre 1838......Page 11
Emma Wedgwood a Charles Darwin
[c. febbraio 1839]......Page 15
Nell’aprile del 1851 nota di T.P.......Page 20
Charles Darwin a William Darwin Fox
29 aprile 1851......Page 21
Charles Darwin a Joseph Dalton Hooker
13 luglio 1856......Page 23
Alla metà degli anni Cinquanta dell’ottocento nota di T.P......Page 29
Charles Darwin ad Asa Gray
29 novembre 1857......Page 35
Charles Darwin a John Lubbock
22 novembre 1859......Page 41
Asa Gray fu uno degli alleati più preziosi nota di T.P.......Page 43
Charles Darwin ad Asa Gray
24 febbraio 1860......Page 47
Charles Darwin ad Asa Gray
22 maggio 1860......Page 50
Charles Darwin ad Asa Gray
3 luglio 1860......Page 57
Charles Darwin ad Asa Gray
26 novembre 1860......Page 63
Charles Darwin ad Asa Gray
11 aprile 1861......Page 67
In precedenza Asa Gray aveva chiesto a Darwin nota di T.P......Page 72
Charles Darwin ad Asa Gray
Ottobre 1861......Page 73
E soprattutto il naturalismo coerente nota di T.P.......Page 75
Charles Darwin a Mary Everest Boole
14 dicembre 1866......Page 79
Charles Darwin a Joseph Dalton Hooker
8 febbraio 1867......Page 81
Charles Darwin a Ernst P. A. Haeckel
12 aprile 1867......Page 86
Charles Darwin ad Alfred R. Wallace
27 marzo 1869......Page 89
Charles Darwin ad Alfred R. Wallace
26 gennaio [1870]......Page 92
Charles Darwin a Frances Power Cobbe
23 marzo [1870]......Page 94
Charles Darwin a Joseph Dalton Hooker
12 luglio 1870......Page 96
Charles Darwin a Francis Ellingwood Abbot
6 settembre 1871......Page 98
Charles Darwin a Nicolas Dirk Doedes
2 aprile 1873......Page 100
Charles Darwin al figlio George Howard
21 ottobre 1873......Page 102
Negli anni della vecchiaia nota di T.P.......Page 105
Charles Darwin a John Brodie Innes
27 novembre 1878......Page 109
Charles Darwin a Henry Nicholas Ridley
28 novembre 1878......Page 111
Charles Darwin a George John Romanes
5 dicembre 1878......Page 113
Charles Darwin a Reginald Darwin
8 aprile 1879......Page 115
Charles Darwin a John Fordyce
7 maggio 1879......Page 118
Charles Darwin a Nicolaj Alexandrovic Mengden
5 giugno 1879......Page 119
Charles Darwin a Frederick A. McDermott
24 novembre 1880......Page 122
Charles Darwin a Walter Raleigh Browne
18 dicembre 1880......Page 123
Charles Darwin a Walter Raleigh Browne
22 dicembre 1880......Page 124

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«Mi duole dovervi informare che non credo nella Bibbia come rivelazione divina, e pertanto nemmeno in Gesù Cristo come figlio di Dio». Darwin era credente? il padre della teoria dell’evoluzione si riteneva ateo, agnostico o forse teista? E la diceria secondo la quale si sarebbe convertito in punto di morte? L’argomento - come sottolinea il curatore Telmo Pievani suscita da sempre grande attenzione, come se dalla risposta a queste domande dipendesse la compatibilità tra la visione evoluzionistica e le prospettive di fede. Spaziando dalle conversazioni con gli amici Asa Gray e Joseph Hooker a quelle con il vecchio parroco di Down, le trentadue lettere qui raccolte, in larga misura inedite, svelano le riflessioni piu intime del naturalista inglese, che, con il piglio sincero e intimo di una confessione, ci racconta quali furono i suoi tormentati pensieri su teismo e agnosticismo. Traduzione e note di Isabella C. Blum. Di CHARLES DARWIN (1809 -1882) Einaudi ha pubblicato

Viario di

uh

naturalista intorno al mondo, Autobiografia, L'origine

delle specie. Abbozzo del 1841, La variazione decjli animali

e delle piante allo stato domestico. In copertina: Stefano Faravelli, La rivincita di Zenone, tempera su carta, 2000. Progetto grafico: 4óxy.

tzl Classici ISBN 978-88-06-21423-4

€ 9,00

9 788806 214234

© 2013 Giulio Einaudi editore s.p.a.» Torino www.einaudi.it isbn

978-88-06-21423-4

Charles Darwin Lettere sulla religione A cura di Telmo Pievani Traduzione e note di Isabella C. Blum

Einaudi

Introduzione

Charles Darwin, il campione della secolarizzazione del mondo vivente, che ora riposa fra le mura dell’ab­ bazia di Westminster, era credente o non credente? In quale casella dobbiamo etichettare il padre della teoria dell’evoluzione: era forse ateo, agnostico, teista? L’ar­ gomento suscita da sempre attenzioni smodate e non manca mai in coda a ogni dibattito pubblico sul natu­ ralista inglese, come se dalla risposta a queste doman­ de dipendessero le sorti dei tentativi di rendere com­ patibili la visione evoluzionistica e le prospettive di fede. Nel 1915 la fantasiosa «Lady Hope» - al secolo l’evangelica Elizabeth Cotton - fece persino circolare la diceria, del tutto infondata, di una sua conversione in punto di morte. In realtà, nonostante l’uso frequen­ te e disinvolto di citazioni per piegare il suo pensiero in una direzione o nell’altra, le idee darwiniane si sot­ traggono a facili catalogazioni. Il grande naturalista inglese toccò pubblicamente questi argomenti soltanto nell’Autobiografìa senile - in prima versione emendata dalla moglie e poi diffusa dalla nipote Nora Barlow nel 1958 in forma integrale1 - men­ tre nelle sue lettere private è un tema che ricorre. Non può essere altrimenti visto che tanti lo interrogavano, a volte in modo quasi invadente, proprio sulla sua vita spirituale. Almeno duecento dei suoi corrispondenti

1 Charles Darwin, Autobiografia, 1809-1882, trad. it. di L. Fratini, intr. di G. Giorello, Einaudi, Torino 2006.

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TELMO PIEVANI

erano ecclesiastici. Alcuni scambi epistolari assai noti con amici e colleghi - come Asa Gray e Joseph Hooker sono frequentemente citati nella vasta letteratura sul darwinismo. Molti ricordano la metafora del «cappel­ lano del diavolo», l’esempio di sadica a-moralità degli icneumonidi, le riflessioni sull’assenza di finalità nella storia naturale, il dolore e lo scetticismo religioso do­ po la morte della figlia Annie. Ma le lettere raccontano anche di un uomo sinceramente preoccupato del benes­ sere sociale del suo villaggio di Down, nel Kent, pronto a farsi carico di numerose incombenze nella parrocchia anglicana locale. Benché siano tutti spunti provenienti dall’epistolario, nel quadro dell’offerta editoriale italiana sorprenden­ temente non è mai esistita una raccolta tematica delle lettere di Darwin riguardanti la religione, la teologia e i rapporti tra scienza e fede. Nella selezione di trentadue lettere che segue - quasi tutte inedite in italiano e riportate per intero come sono state ritrovate - provia­ mo a colmare questo vuoto, consapevoli di quanto siano preziosi gli scritti privati e apparentemente marginali del naturalista inglese per comprendere la sua officina di pensiero, la laboriosa e spesso tormentata costru­ zione delle sue teorie2. Grazie allo straordinario lavo­ ro di sistemazione e di edizione critica dell’imponente corrispondenza - ovvero il «Darwin Correspondence Project» ancora in corso presso la Cambridge Universi­ ty Library - è oggi possibile proporre anche in edizione italiana i testi privati di Darwin organizzati per speci­ fici temi e tradotti da specialisti di grande esperienza e rigore come Isabella Blum. Ed è proprio a partire dai dettagli meticolosi della traduzione che si riesce ad ap­ prezzare il continuo corpo a corpo di Darwin con un linguaggio che egli spesso avverte come inadeguato ri­ spetto alla novità delle sue concezioni. Da qui il ricorso 2 Si veda a tal proposito la raccolta di scritti privati che precedono la pubblicazione del capolavoro del 1859: Charles Darwin, L'origine delle spe­ cie. Abbozzo del 1842 - Lettere 1844-1858 - Comunicazione del 1858, a cura di T. Pievani, trad. it. di I. C. Blum, Einaudi, Torino 2009.

INTRODUZIONE

vn

alle metafore, a citazioni eterogenee e a quella peculia­ re miscela di terminologia tecnica e di stile colloquiale che troviamo anche nell’ Origine delle specie. Negli scompartimenti più remoti dell’industria darwi­ niana, molte saranno le sorprese riservate al lettore dalle prese di posizione dell’autore, mai scontate, sempre riguar­ dose e prudenti ma al contempo intellettualmente oneste, un intreccio di storia familiare, di incidenti biografici, di tormenti spirituali e di indipendenza di giudizio rispetto a qualsiasi stretta «militanza». La sua lezione di fondo nel distinguere il naturalismo metafisico del filosofo, amante delle generalizzazioni ardite, dal naturalismo metodologi­ co dello scienziato, che non ha più bisogno di ricorrere a ipotesi extra-biologiche ma nemmeno può affermare con sicurezza la non esistenza di entità sovrannaturali per via sperimentale, è ancora oggi un punto di riferimento nel dibattito. Negli scritti privati di questo vittoriano trovia­ mo più dubbi che certezze, più domande che risposte, ma sempre una fiera rivendicazione dell’autonomia della ricerca scientifica. TELMO PIEVANI

Gli originali delle lettere qui tradotte, laddove le fonti non siano specificate in nota, sono tratti dal sito del Darwin Correspondence Project (http://www.darwinproject. ac. uk/). Delle lettere a Reginald Darwin dell’8 aprile 1879 (pp. 82-84) e a Nicolaj Aleksandrovic Mengden del 5 giugno 1879 (p. 86), in­ vece, sono state fornite le trascrizioni non pubblicate dal Darwin Correspondence Project. Si ringraziano i direttori del progetto per aver dato la possibilità di accedere a materiale inedito. La traduttrice desidera inoltre ringraziare il professore Nigel Ross per la preziosa consulenza linguistica su alcuni passi dei te­ sti darwiniani.

Un conflitto latente, benché risolto nella pratica, era già inscritto nella storia delle sue due ascendenze fa­ miliari intrecciate. Darwin proveniva infatti, per linea paterna, da una famiglia di liberali non credenti come suo padre medico Robert e soprattutto come suo non­ no, l’illuminista, anticlericale e vulcanico Erasmus. Il lato materno era invece legato alla stirpe dei pragmatici Wedgwood, ricchi e operosi industriali della ceramica, di religione unitariana, devoti a una divinità non in­ terventista e assai tollerante nei confronti dei progres­ si scientifici e tecnologici. Li univano la filantropia e il mecenatismo, l’appoggio alle riforme sociali, l’odio verso i privilegi di casta e l’abominio della schiavitù1, le pari opportunità da riconoscere a uomini e donne nello studio e nel lavoro. Ed è proprio una giovane donna istruita ed emancipata, una Wedgwood cugina di primo grado di Darwin, sinceramente religiosa ma ben lontana dallo stereotipo della bigotta che talvolta le hanno appiccicato addosso12, la protagonista delle prime due lettere. Nella prima, Emma Wedgwood non è ancora la mo­ glie di Darwin. Nella seconda, si sono sposati da un mese. Lui è un trentenne in rapida ascesa nella comu1 A. Desmond e J. Moore (2009), La sacra causa di Darwin, trad. it. di I. C. Blum e G. Rigamonti, Raffaello Cortina Editore, Milano 2012. 2 Per un profilo aggiornato e documentato di Emma Wedgwood Darwin si veda C. Ceci, Emma Wedgwood Darwin: ritratto di una vita, evoluzione di un'epoca, Sironi Editore, Milano 2013.

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nità scientifica britannica, tornato a Londra nelsi83Ó dopo cinque anni di viaggio a bordo del Beagle. E già stato esposto alle idee di pensatori indipendenti e sostenitori del trasformismo come Robert E. Grant a Edimburgo, nei primi anni di studi di medicina, poi abbandonati. Durante il viaggio si professa ancora un credente ortodosso, ma al ritorno tutto cambia. Sa dell’antichità della Terra, e che le specie non sono immutabili. I trattati di «teologia na­ turale» di Cambridge vanno di gran moda, con quel loro ricercare le vestigia della creazione divina nelle strutture del vivente, ma lui pensa in cuor suo che la visione edifi­ cante dell’ordine naturale e sociale del mondo propugna­ ta da autori come William Paley sia sul punto di crollare. Proprio in quelle settimane sta delineando segretamente nei suoi «Taccuini’ della trasmutazione» i prin­ cipi della discendenza comune e dell’evoluzione per selezione naturale, che smentiscono qualsiasi ipotesi di «creazioni speciali» e assegnano alle contingenze della storia un ruolo centrale. Inizia anche le sue meditazioni sulla natura umana, improntate a un coerente materia­ lismo e a un forte scetticismo religioso. Tutti gli esseri viventi, specie umana compresa, sono imparentati fra loro e nessuno può pensare di essere il fine ultimo della storia naturale, dato che non traspare traccia alcuna di direzione o di provvidenza nelle trasformazioni delle specie. Persino la mente umana, con il suo senso morale e religioso, svela le umili origini animali. Sono idee scomode, anche tra intelletti aperti. Idee capaci finanche di indurre paure e «un vuoto doloroso» fra due novelli sposi. Non sappiamo che cosa Darwin le avesse scritto precedentemente, ma la rinuncia alla credenza nella rivelazione potrebbe dividerli. Emma glielo confida, da par suo, in queste due lettere. Ma non succederà: nella quiete di Down House, l’unione dei Darwin e dei Wedgwood funzionerà anche questa volta. T. P.

3 Charles Darwin, Taccuini 1836-1844, a cura di T. Pievani, trad. it. di I. C. Blum, Laterza, Roma-Bari 2008.

Emma Wedgwood a Charles Darwin1 21-22 novembre 1838

Maer Mercoledì

Mio caro Charles, temo che il Dottore12 non ritenga consono a un’eti­ chetta molto rigida il fatto che io ti scriva prima di aver ricevuto la tua risposta, ma forse l’aver avuto una tua lettera da Shrewsbury potrà salvar qualcosa della mia dignità. Quando sei andato via siamo usciti tutti a fare una passeggiata e per avere un po’ di riparo ab­ biamo fatto esattamente la stessa strada della mattina; giacché non cerco di darmi un contegno, posso confes­ sarti che è stato ben diverso e mi sono sentita molto confusa e svuotata per tutto il giorno. Come adesso apprenderai, si può ben dire che i campioni abbiano un destino tutto loro. Ho tirato fuori dalla mia cre­ denza le tue rocce per eseguire il primo compito serio che tu mi abbia affidato, ma poi me le sono dimen­ ticate e le ho lasciate incartate sul tavolo del salotto e quando sono tornata a casa mi sono assai allarmata nel trovare zio John3 seduto li in loro compagnia. Le ho portate fuori e le ho gettate nello stagno e proprio quando non erano più recuperabili ho pensato «sup­ poni che lui le abbia viste e voglia esaminarle ancora, o riaverle indietro». Comunque sia è andata bene e

1 Emma Wedgwood (1808-1896) e Charles Darwin (1809-1882), all’epo­ ca fidanzati, erano cugini di primo grado, poiché la madre di lui, Susannah (1765-1817), e il padre di lei, Josiah Wedgwood II (1769-1843), era­ no fratelli. 2 II «Dottore», nel lessico familiare dei Wedgwood-Darwin, era Robert Darwin (1766-1848), medico a Shrewsbury e padre di Charles. } John Wedgwood (1766-1844), fratello maggiore del padre di Emma.

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non è stata detta una parola. Hensleigh45 6desidera che io ti inoltri i suoi ringraziamenti e sono stata felicissi­ ma di scoprire che avrebbe accettato la nostra offerta - o meglio la tua, come certamente dovrei dire. Snow’ sta procedendo molto bene. Scende di sotto e si siede tutta seria accanto al fuoco a fare dei ritagli o a leggere, mentre Bro‘ le presta le dovute attenzioni. Fanny sta molto meglio ed è di nuovo allegra. Quando sono con te tutti i pensieri malinconici si tengono lontani dal­ la mia mente, ma da quando te ne sei andato si sono fatte strada a forza alcune idee tristi sulla paura che le nostre opinioni a proposito della questione piu impor­ tante78possano essere molto diverse. La ragione mi dice che i dubbi onesti e dettati dalla coscienza non possano costituire un peccato, ma io sento che tra noi potreb­ be aprirsi un vuoto doloroso. Ti ringrazio dal profon­ do del cuore per la tua franchezza nei miei confronti; sarebbe terribile pensare che tu mi nasconda qualcosa per timore di farmi soffrire. Forse è sciocco da parte mia dirti tutto questo, ma adesso, mio caro Charley, noi ci apparteniamo ed io non posso fare a meno di essere aperta con te. Mi faresti un favore? Sono certa di si, che lo farai: si tratta di leggere il discorso d’addio del nostro Salvatore ai suoi discepoli, quello che comincia alla fine del tredicesimo capitolo [del Vangelo] di Gio­ vanni’. Trabocca di amore per loro, e di devozione e di ogni nobile sentimento. EJa parte del Nuovo Te­ stamento che mi è più cara. E un mio capriccio, e mi farebbe un grandissimo piacere; anche se non so dirti perché, preferisco però che tu non mi dica che cosa ne pensi. L’abito in tessuto scozzese è arrivato ieri sano e salvo, ed è stato dichiarato all’unanimità molto bello e assolutamente non troppo vistoso, quindi ho potuto 4 Hensleigh Wedgwood (1803-1891), fratello di Emma. 5 Julia Wedgwood (1833-1913), figlia di Hensleigh Wedgwood e Fanny Mackintosh (1800-1889), detta «Snow». 6 James Wedgwood (1834-1864), detto «Bro», fratello di Julia. 7 La questione religiosa. 8 Giovanni, 1 3:33 sgg.

LETTERE SULLA RELIGIONE

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scrivere facendo i complimenti e ringraziando, senza alcun peso sulla coscienza. [Il tessuto] è azzurro, nero e verde con una sottile linea trasversale scarlatta.

Giovedì. Suppongo che oggi mi arriveranno tue no­ tizie, ma non tratterrò questa lettera perché io ed Eliz’ andremo a Betley10 911 per le nostre «effusioni dell’anima»11 e quindi domani non potrò scriverti. E una bella gior­ nata, potresti fare una passeggiata in direzione di Bloomsbury. Zia Fanny12 è partita ieri sera con il tre­ no, e tutta la compagnia di Seabridge13 è tornata a ca­ sa. Suppongo che tu abbia incontrato Robert in città. Quando è andato a Oxford ha trovato due suoi amici, immersi nello studio, che parlavano di quanto sarebbe stato bello se lui fosse tornato, e cosi, quando lui entrò davvero, poco mancò che lo prendessero per un fanta­ sma. Immagino che a Oxford si sia preso gioco di Johnny Alien14, visto che questi ha scritto a zia Fanny «Che cosa pensate di questo matrimonio fra E.W. e il dottor Darwin, direi che debba esserci una certa differenza di età, sebbene non abbia mai visto nessuno dei due». E arrivata anche una lettera di zio Baugh15, il quale non ha intenzione di mandare Edward16 a Westminster, ma non sa ancora che cosa farà con lui; d’altra parte dice che avrà cura di non farlo soffrire ancora per lo stesso genere di molestie che ha subito in precedenza, e cioè l’esser tormentato dagli altri ragazzi. Dice molto gen­ tilmente che spera di poter essere presente al nostro matrimonio, cosa della quale potrei anche fare a me9 Elizabeth Wedgwood (1793-1880), sorella di Emma. 10 Betley Hall era la residenza dei Tollet, amici dei Wedgwood e dei Darwin. 11 Citazione da un famoso verso di Pope (da Satìres and epistles of Horace imitateti). 12 Fanny Alien (1781-1875), sorella della madre di Emma. 15 Henry Wedgwood (1799-1885), detto Harry, fratello di Emma, vive­ va con la sua famiglia a Seabridge. 14 John Hensleigh Alien (1818-1868), cugino di Emma per parte materna. 15 Lancelot Baugh Alien (1774-1845), zio di Emma per parte materna. 16 Edward Edmund Alien (1824-1898), figlio di Lancelot Baugh Alien.

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no; certo ha un’energia straordinaria, ma non penso che verrà davvero. Credo che dovresti andare presto a trovare Martineau1718 e la signora Horner10. Non abbia­ 19 mo notizie di Caroline1’, ma la aspettiamo per domani. Oggi sono molto felice e guardo ogni cosa dal suo lato buono - suppongo sia la tua lettera che sta arrivando.

Arrivederci mio caro Charles, la tua affezionatissi­ ma Emma W. Spero tu sia cosi gentile da farmi notare qualsiasi er­ rore di ortografia o di stile, giacché nella moglie di un uomo di lettere non farebbero buona impressione; ad ogni modo io sono in grado di scrivere il tuo nome sen­ za errori e vorrei che tu potessi dire altrettanto a propo­ sito del mio20.

17 Harriet Martineau (1802-1876), scrittrice e amica dei Darwin, in modo particolare del fratello di Charles, Erasmus (si veda qui la nota 2, p. 9). 18 Anne Susan Horner (1789-1862), suocera di Charles Lyell (1797-1875), geologo nonché mentore e amico di Darwin. 19 Caroline Darwin (1800-1888), sorella di Charles. 20 Qui Emma lancia una frecciata a Charles, il quale, in una lettera pre­ cedente, aveva sbagliato e poi corretto il nome di lei.

Emma Wedgwood a Charles Darwin [c. febbraio 1839]1

[...]

L’atteggiamento che vorrei conservare nei tuoi con­ fronti è quello di credere che fintanto che agisci secon­ do coscienza, desideri sinceramente apprendere la ve­ rità e ti adoperi per farlo, non puoi sbagliare; vi sono però alcune considerazioni che si intromettono nel mio pensiero e mi impediscono di essere sempre in grado di offrire a me stessa questa consolazione. Immagino che tu abbia già più volte riflettuto su di esse, ma scrive­ rò comunque quello che ho in mente, confidando, mio carissimo, nella tua indulgenza. La tua mente e il tuo tempo sono pieni degli argomenti più interessanti e dei pensieri più avvincenti, giacché tu vai seguendo le tue scoperte; ciò ti rende però assai difficile sia evitare di bandire come distrazioni altri tipi di pensieri non con­ nessi a ciò che stai studiando, sia riuscire a prestare tutta la tua attenzione a entrambi i lati del problema. Vi è poi un’altra considerazione, che avrebbe un grande effetto su una donna, ma non so se ne esercite­ rebbe altrettanto su un uomo; mi chiedo cioè se il fatto che E[rasmus]12 - della cui intelligenza hai un’altissima stima e per il quale nutri tanto affetto - ci sia passa­ to prima di te non ti abbia probabilmente facilitato, e non abbia in parte cancellato la paura e il terrore che il

1 Questa lettera fu scritta poco dopo il matrimonio di Charles ed Em­ ma, celebrato il 29 gennaio 1839. 2 Erasmus Alvey Darwin (1804-1881), detto «Eras» o «Ras», fratello di Charles, che negli anni giovanili esercitò su di lui un forte ascendente.

IO

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senso del dubbio provoca all’inizio: sentimenti che io non ritengo irragionevoli o superstiziosi. Mi pare anche che la direzione dei tuoi studi possa averti portato a considerare principalmente le difficoltà esistenti da una parte, e che tu non abbia avuto il tempo di considerare ed esaminare tutte le difficoltà esistenti dall’altra; io credo però che tu non consideri definitiva la tua opi­ nione. Possa la consuetudine dell’indagine scientifica, di non credere nulla fintanto che non sia dimostrato, non influenzare troppo la tua mente quando si tratta di cose che non possono essere dimostrate allo stesso mo­ do e che, se vere, sono probabilmente al di sopra della nostra comprensione! Devo dire anche che, nel rinun­ ciare alla rivelazione, vi è un pericolo che non esiste prendendo l’altra posizione, e cioè il timore dell’ingra­ titudine [insita] nel gettar via quello che è stato fatto per il tuo bene e per quello di tutto il mondo: pericolo che dovrebbe farti essere ancor più cauto, forse addi­ rittura spaventarti, a meno che tu non abbia fatto tut­ to quanto era nelle tue possibilità per giudicare one­ stamente. Non so se questo mio sia un ragionare come se una delle due parti fosse nel vero e l’altra nel falso, cosa che ho cercato di evitare; ma non credo. Non sono del tutto d’accordo con quello che hai detto una volta, e cioè che fortunatamente non vi sono dubbi su come ci si debba comportare. Credo che la preghiera sia un esempio del contrario, giacché in un caso è un dove­ re assoluto, nell’altro direi di no. Suppongo tuttavia che tu intendessi parlare di azioni che riguardano gli altri e allora sono quasi, se non del tutto, d’accordo con te. Non desidero alcuna risposta a questa mia: per me è una soddisfazione scriverti queste cose, per­ ché quando te ne parlo non riesco a dire esattamente quello che vorrei, e poi so che avrai pazienza con la tua cara moglie. Non pensare che queste cose non mi riguardino, o che non abbiano una grande importan­ za per me. Ogni cosa che riguarda te riguarda anche me, e io sarei infelicissima se pensassi che noi non ci apparterremo per sempre.

LETTERE SULLA RELIGIONE

II

Ho un po’ di paura che il mio caro mgger* possa pen­ sare che ho dimenticato la mia promessa di non impor­ tunarlo, ma sono certa che mi ama, e non so esprimere quanto mi renda felice, e quanto io l’ami profondamen­ te e gli sia grata per tutto l’affetto con cui rende la mia vita ogni giorno più felice.

’ «My dear Nigger» (il mio caro Negro): questi appellativi erano una consuetudine fra Emma e Charles, che accostavano scherzosamente il ma­ trimonio a una forma di schiavitù. Peraltro, essi provenivano entrambi da famiglie in cui erano profondamente radicate le convinzioni abolizioniste: questi scambi non vanno dunque interpretati come mancanza di sensibili­ tà alla luce di un’attenzione - peraltro tutta moderna - verso il linguaggio politìcally correct. Si veda Adrian Desmon e James Moore, La sacra causa di Darwin, trad. it. di I. C. Blum e G. Rigamonti, Cortina, Milano 2012, in particolare pp. 212-13.

Nell’aprile del 1851 Charles ed Emma perdono la se­ condogenita, amatissima Annie. L’agonia della bambina e il lutto portano Darwin a riflettere sull’insensatezza del dolore e del male che riempiono la natura e che pos­ sono spezzare in questo modo crudele una giovane vita innocente. Già da due anni non partecipa piu alle fun­ zioni religiose domenicali, pur continuando ad aiutare in vari modi la parrocchia nelle attività di assistenza ai bisognosi. Come hanno rilevato i biografi, qui si allar­ ga nel suo intimo la distanza da ogni religione rivelata, oltre che dalla visione consolatoria della natura come espressione di un disegno. Dinanzi a queste tragedie, come può esistere un Dio al contempo onnipotente e infinitamente buono? Darwin resta però un «evoluzioni­ sta riluttante» e benché l’abbia nel cassetto dal 1842 non ha ancora divulgato la sua teoria. In una lettera a Hooker del 1844 confida che la pubblicazione delle sue idee equivarrebbe alla «confessione di un omicidio». Con lo stesso Hooker, nel 1856, immagina quale «gran libro» un «cappellano del diavolo» scriverebbe sulle «opere maldestre, gli sprechi, la grossolana bassezza e l’orrenda crudeltà della natura!». T. P.

Charles Darwin a William Darwin Fox* 29 aprile 1851

Down Farnborough Kent Mio caro Fox, Suppongo che tu non abbia avuto notizia della nostra perdita, dolorosissima e crudele. Povera cara piccola An­ nie12*,proprio mentre si stava ristabilendo cosi bene, a Malvern’, è stata presa da un attacco di vomito, che all’inizio fu ritenuto della minima importanza, ma che ben presto assunse la forma di una febbre bassa, e tremenda, che se l’è portata via in io giorni. - Grazie a Dio non ha sof­ ferto ed è spirata tranquilla come un piccolo angelo. - La nostra sola consolazione è che la sua breve vita è stata co­ munque gioiosa. - Era la mia preferita; il buon carattere, quel suo essere aperta, la spensierata allegria e la grande affettuosità la rendevano adorabile.

La mia cara Emma si sostiene in modo ammirevole, ed è calma e coraggiosa. - Il fatto che non abbia assolu­ tamente potuto unirsi a me nell’assistere il nostro te­ soro ha reso tutto assai più duro: deve partorire quasi a giorni4.

1 William Darwin Fox (1805-1880), secondo cugino di Charles, suo amico e compagno di studi a Cambridge, condivideva con lui la passione per l’entomologia. 2 Anne Elizabeth Darwin (1841-1851), detta «Annie», secondogenita di Darwin ed Emma, si era spenta il 23 aprile, pochi giorni prima che il padre scrivesse queste righe. Per la storia di Annie, e in generale per il contesto familiare di Darwin, si veda Randal Keynes, Casa Darwin, trad. it. di A. Sera­ fini, Einaudi, Torino 2007. 5 Stazione termale nella contea del Worcestershirc. 4 Horace Darwin (1851-1928) nacque venti giorni dopo la morte della sorella, il 13 maggio.

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CHARLES DARWIN

Non ti ho ancora ringraziato per la tua lettera del io, tanto gentile e interessante. Spero davvero che la tua salute sia migliorata.

Tuo affezionato C. Darwin

Charles Darwin a Joseph Dalton Hooker* 13 luglio 1856

Down Mio caro Hooker La tua lettera, come al solito, mi è stata della massima utilità. Ho letto con gran piacere quello che dici sulla rispo­ sta di Huxley123e sono d’accordo, nel modo più completo: è eccellente e chiarissima; io ho pensato fin dal principio che avesse ragione, ma non riuscivo a esporlo con chiarezza a me stesso. - A proposito, ti ricordi l’annotazione di Huxley, «Darwin, un ermafrodito perfetto e a tempo indefinito»’? Lui non riesce a trovarne un caso certo, né sono mai sta­ to in grado di trovarlo io. In merito alla domanda che gli feci, e cioè se gli acalefi dliogradi4 non possano introdurre gli spermatozoi dalla bocca, attraverso la quale entra mol­ ta acqua, mi dà un giudizio simile a quello nostro sul ca­ so del polline, in cui la natura ci sembra tanto maldestra e dissipatrice. Afferma che «l’indecenza del processo va, in

1 Joseph Dalton Hooker (1817-1911), carissimo amico di Darwin, bota­ nico, all’epoca era vicedirettore dei Kew Gardens. 2 Thomas Henry Huxley (1825-1895), naturalista, specializzato nello studio degli invertebrati marini; strenuo difensore di Darwin, al punto da essere ricordato, fra l’altro, come il suo bulldog. La «risposta» a cui accenna Darwin nella lettera si colloca in uno scambio fra lo stesso Huxley e Hugh Falconer (1808-1865), paleontologo e botanico. Hooker aveva scritto (io luglio 1856) a Darwin che la replica di Huxley gli aveva reso chiare, come mai prima, «le distinzioni fra morfologia e fisiologia nella loro relazione con la zoologia sistematica». 3 «Darwin, an absolute & eternai ermaphrodite»: è un memorandum di Huxley, per ricordarsi che Darwin gli aveva chiesto se fosse a conoscenza, o se potesse reperire, esempi di organismi ermafroditi anatomicamente ob­ bligati all’autofecondazione. 4 Gli Acalephae sono i moderni Cnidari (già Celenterati), ovvero organi­ smi come idrozoi, meduse, attinie. I ciliogradi, in particolare, attualmente rinominati Ctenofori, sono un gruppo a cui oggi è riconosciuto il rango di phylum indipendente.

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una certa misura, a favore della sua probabilità, giacché in queste creature la natura si abbassa molto, in tutti i sensi». Che gran libro potrebbe scrivere un cappellano del diavolo’ sulle opere maldestre, gli sprechi, la grossolana bassezza e l’orrenda crudeltà della natura! Rispetto all’incrocio, da un passaggio della tua lettera credo che tu mi abbia frainteso: 10 sono ben lungi dal credere negli ibridi; credo soltanto nell’incrocio all’interno della medesima specie o fra varie­ tà vicine. In questi ultimi due o tre giorni, ho osservato il frumento, e mi sono convinto che L. Deslongchamps* è in errore sul fatto che l’impollinazione abbia luogo nel fiore chiuso; id est, naturalmente posso giudicare solo dalle ap­ parenze esterne. A proposito, una volta R. Brown’ mi dis­ se che l’uso del pennello sullo stigma delle graminacee era sconosciuto: tu ne sai qualcosa? Tempo fa mi hai chiesto se avessi la tua lista delle pian­ te di Madeira compilata da Lemann'; vedo in una nota del «Memoir» di Forbes che, com’egli stesso afferma, l’avevi prestata a lui’; probabilmente non l’ha più restituita. ’ Appellativo con cui era noto il reverendo Robert Taylor (1784-1844), accusato di blasfemia, noto negli anni Trenta per i suoi discorsi sediziosi, pubblicati su «The Devil’s Pulpit», in uno dei quali aveva detto: «Dio e il Diavolo [...] sono un unico identico essere». 6 Jean Louis Auguste Loiseleur Deslongchamps (1774-1849), medico e botanico. L’opera a cui si fa riferimento è Considérations sur les céréales. Partie historique (1842); Partie practique et expérimentale (1843). Bouchard-Huzard, Paris. 7 Robert Brown (1773-1858), botanico e brillante microscopista, scopri 11 nucleo cellulare e osservò quello che poi fu chiamato «moto browniano». Darwin parla dei suoi rapporti con lui nell’Autobiografia. Il pennello a cui accenna Darwin viene usato per deporre il polline sugli stigmi desiderati, quando si procede all’incrocio sperimentale di varietà vegetali. 8 Charles Morgan Lemann (1806-1852), studiò la flora di Madeira e di Gibilterra. 9 Edward Forbes (1815-1854), naturalista, botanico, paleontologo. L’opera a cui fa riferimento Darwin è On thè Connection between thè distribution of thè existing Fauna and Flora of thè British Isles, and thè Geo­ logica! Changes which bave affected their Area, especially during thè epoch of thè Northern Drift, in «Memoirs of thè Geological Survey of Great Britain, and of thè Museum of Economie Geology in London», 1 (1846), pp. 336-532. La nota citata si trova a p. 401 : «Delle 596 specie di angiosperme presenti a Madeira e a Porto Santo, 108 sono endemiche. Di queste 108, 28 si trovano sia a Madeira, sia nelle Azzorre (Lista approntata dal dottor Lemann, gentil­ mente trasmessami dal dottor Joseph Hooker)» [corsivo aggiunto].

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- Allego un tuo vecchio appunto su Lyallia; potrà rin­ frescarti la memoria: per quanto riguarda questa pianta e la Pringlea1011 , penserei che la teoria di Vestiges11, e cioè che siano alghe convertite, fosse buona come un’altra! Confondili e sterminali. Moltissime grazie per le risposte sulle piante del Cile e della Nuova Zelanda. Quello che dici sulle creazioni multiple e le mie idee è verissimo; se dovesse essere dimostrato un caso sol­ tanto, ne sarei schiacciato: ma mentre sto scrivendo il mio libro, cerco di sforzarmi il più possibile per ripor­ tare gli esempi contrari più incisivi e per esporre tali congetture cosi come mi si presentano: ho scavato nei tuoi libri come nella più ricca (e abominevole) miniera [di elementi] contro di me: e quale fatica durissima è stata studiare la tua New Zealand Flora! Poiché devo citarti spessissimo, mi piacerebbe accennare allo studio di Muller12*sulle Alpi australiane: - dove è pubblicato? E un libro? Potrebbe bastarmi un riferimento [bibliogra­ fico] corretto, anche se è sempre sbagliato citare senza controllare di persona. - Mi piacerebbe molto vedere i fogli di Forbes a cui accenni; tuttavia, devo confes­ sare (non so perché) di non avere più molta fiducia nel povero vecchio Forbes. Nel suo famoso e ammirevole «Memoir» sulla di­ stribuzione1’ vi sono vizi di logica inauditi, come mi

10 Lyallia sta per Lyallia kerguelensis, una pianta erbacea perenne; Pringlea è Pringlea antiscorbutica, il cavolo di Kerguelen. Entrambe le piante crescono sulle isole di Kerguelen. 11 «Vestiges» è un’allusione a Vestiges of thè NaturaiHistory of Creation (1844), un’importante opera divulgativa, molto discussa, pubblicata anoni­ mamente da Robert Chambers (1802-1871); spesso ci si riferiva all’autore del testo chiamandolo «Mr. Vestiges». La «teoria di Vestiges» è dunque un’ipotesi avanzata da Chambers, proprio in merito a Pringlea-. «Diversi botanici hanno suggerito che forme superiori si siano sviluppate dalla ve­ getazione marina (...) e nulla vieta di ipotizzare che il cavolo di Kerguelen sia derivato da una tal fonte» {The Kerguelen Land Cabbage, in «Chamber’s Edinburgh Journal», voi. V, 109 (1846), pp. 76-77). 12 Ferdinand Jacob Heinrich von Muller (1825-1896), botanico tedesco, studiò la flora australiana. 15 Si veda la nota 9, p. 18.

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appare chiaro ora che l’ho studiato al punto da poter­ lo sintetizzare per sommi capi in una pagina. - Stando ad esso, avevo proprio ragione quando dicevo che un compilatore è ungnwd’uomo, mentre un pensatore ori­ ginale non è che un uomo comune. Chiunque è in gra­ do di generalizzare e speculare; ma perbacco, mettere assieme una New Zealand Flora con informazioni di seconda mano, quella si che è un’impresa. Sono felicissimo di sapere di Henslow e [dei suoi esperimenti sul] frumento: spero che non ci fossero campi di frumento nelle vicinanze: dovrebbe dichiara­ re la distanza e se [i tempi di] fioritura coincid[ono]14. E adesso sto per chiederti quello che è quasi il più gran favore che un uomo possa chiedere a un altro: e ti do circa 506 settimane per farmelo, cosi che la cosa possa apparire meno tremenda: si tratta di leggere, ma ricopiate bene, le mie pagine (circa 40!!) sulle flore e le faune alpine, sulle flore e le faune artiche e antartiche e sul presunto periodo freddo del pianeta. Per me co­ stituirebbe un enorme vantaggio, perché altrimenti so­ no certo di incorrere in qualche svarione botanico. Ti specificherei i pochi punti sui quali desidero maggior­ mente il tuo consiglio. Ma è abbastanza probabile che tu possa obiettare sostenendo che forse pubblicherai prima di me (io spero di farlo al più tardi fra un anno), cosi che la mia richiesta ti sarebbe d’intralcio e fastidio; e in secondo luogo potresti obiettare per la perdita di tempo, giacché per leggerlo direi che occorrerà un’ora

14 John Stevens Henslow (1796-1861), religioso, botanico e mineralogi­ sta; professore di Darwin ai tempi dei suoi studi a Cambridge, da allora suo amico. Da alcuni anni Henslow stava conducendo esperimenti su TEgilops squarrosa, una graminacea selvatica (qui da Darwin indicata genericamen­ te come «frumento»), per verificare se fosse una specie simile a quella da cui ebbe origine il frumento coltivato (Triticum). Henslow mise Darwin al corrente dei suoi risultati in una lettera del 2 agosto, in cui gli anticipava di aver ottenuto, nelle sue piante sperimentali di TEgilops, alcune caratte­ ristiche simili a quelle di Triticum. Nello scambio con Hooker, Darwin si preoccupava del fatto che quelle caratteristiche potessero essere insorte per ibridazione con vicine piante di frumento domestico. Henslow presentò i suoi risultati al XXVI convegno della British Association for thè Advancement of Science, che si tenne a Celtenham dal 6 al 13 agosto.

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e mezza. - Di sicuro per me sarebbe un immenso van­ taggio, ma naturalmente non devi neanche pensare di farlo, qualora interferisse con il tuo lavoro. Mio caro Hooker Sempre tuo C. Darwin Non considererò questa richiesta in futuro15 come una rottura della mia promessa di non importunarti più per qualche tempo.

A giudicare dalle sue lettere, Lyell sta cambiando posizione sulla mutabilità delle specie alla velocità di un treno, e mi autorizza a mettere qualche frase a tal proposito nella mia prefazione16. Mercoledì vedrò Lyell da Ld. Stanhope17 e gli chie­ derò di inoltrarti la mia lettera; tuttavia, poiché i miei ragionamenti non lo hanno impressionato, si vede che non possono aver forza e che la mia mente, sulla que­ stione, è su posizioni eccentriche; d’altra parte, l’ec­ centricità resta ben salda dov’è. - Capisco di aver da­ to troppa enfasi alla tua opinione sulla continuità delle terre emerse.

15 In latino nel testo. 16 Darwin allude alla prefazione di «Naturai Selection», il «grosso Li­ bro» che non vedrà mai la luce; in particolare, sembra che Lyell lo avesse autorizzato a scrivere che la pubblicazione dell’opera era stata caldeggiata da lui. Non resta traccia di tale autorizzazione, ma il 5 luglio Darwin aveva scritto a Lyell: «Mi fa un immenso piacere poter dire (cosa assolutamente vera) che il mio saggio viene pubblicato dietro tuo suggerimento». 17 Philip Henry Stanhope (1805-1875), quinto conte di Stanhope, sto­ rico e politico. Darwin lo conosceva dai tempi in cui abitava a Londra e parla di lui nell’Autobiografia.

Alla metà degli anni Cinquanta dell’ottocento Dar­ win si è finalmente convinto a scrivere la sua ponderosa opera sulla «selezione naturale», che non uscirà mai perché nel giugno del 1858 la lettura del manoscritto di Alfred R. Wallace, contenente idee molto simili alle sue, lo obbligherà a redigerne un compendio in tutta fretta. Nascerà cosi in pochi mesi L'origine delle specie, un libro nel quale la presenza del «Creatore» non passò inosservata, rivelando di edizione in edizione (furono sei, dal 1859 all’ultima del 1872) le incertezze di Darwin sui possibili margini di compatibilità fra evoluzione e creazione. Nei passi finali del libro, riguardanti il numero dei progenitori iniziali, dietro suggerimento del reverendo riformatore anglicano Charles Kingsley (convinto che l’intelligenza divina si esplicasse nelle leggi della scien­ za), Darwin nella seconda edizione (del 1860) inserisce alcuni riferimenti finali al «Creatore» come ispiratore del soffio iniziale della vita. Nella prima edizione ave­ va invece descritto la comparsa dell’ipotetica forma primigenia come un processo esclusivamente naturale. A testimonianza della sua ritrosia, nella terza edizione elimina di nuovo una delle due occorrenze «teologiche» che aveva introdotto nella seconda edizione, ma ne lascia altre due («laws impressed on matter by thè Crea­ tor» e il celebre inciso della chiusa messo nella secon­ da edizione, «originally breathed by thè Creator into a few forms or into one»). E chiaramente combattuto.

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Nella seconda e terza edizione aggiunge, nelle con­ clusioni, alcuni passi concilianti. Agli inizi anche la legge di gravità fu da Leibniz intesa come «sovversiva della religione naturale e conseguentemente della religione rivelata», ma poi per fortuna il tempo passa: «Non vedo alcuna ragione per pensare che le opinioni esposte in questo volume debbano turbare la fede reli-giosa di chicchessia»1. Cita anche un teologo compatibilista (probabilmente lo stesso Kingsley), senza specificare se condivide o meno le sue posizioni, che gli ha scritto per dirgli quanto sia nobile la concezione di una divinità che crea le forme viventi per poi lasciarle evolvere liberamente. La concessione alla terminologia religiosa, che ritorna in altri passaggi dell’Origine, è ritenuta da autorevoli storici una mossa di cautela diplomatica, per attutire le possibili reazioni21. Darwin infatti nega al suo non meglio definito «creatore» qualsiasi ruolo attivo nel processo biologico e i richiami appaiono spesso come formule retoriche di circostanza per non associare direttamente il libro alle campagne ateistiche di alcuni suoi contemporanei. Alla fine però rimpiangerà quella scelta accomodante, perché darà la stura alle più stravaganti interpretazioni deistiche e teistiche che gli vengono proposte, per lettera, da numerosi commentatori negli anni della vecchiaia. I due approcci intuitivamente più sensati per in­ ferire, nonostante tutto, un progettista intelligente gli sembravano quello della «causa prima» (per cui la scienza studia solo le «cause secondarie») e quello del rifiuto del puro caso, ma «se questa sia un’argo­ mentazione di effettivo valore, non sono mai stato in grado di stabilirlo», scriverà nella lettera a Doades del 1873. A conti fatti, su queste materie restò sempre profondamente agnostico, esercitando un prudente scetticismo a riguardo di tutte le credenze non suffragate 1 Charles Darwin, L’origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6a ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 545. 2 Janet Browne, Darwin, L'origine delle specie. Una biografia, trad. it. di Milvia Faccia, Newton Compton Editori, Roma 2007.

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da prove e non argomentabili, comprese le sue. Non è però del tutto corrispondente al vero sostenere, come ripete lo stesso Darwin in più lettere, che V Origine non ha relazione alcuna con la teologia. Il nome del Creatore compare a più riprese, dalla prima citazione di William Whewell alla chiusa, e i riferimenti teologici non sembrano meri ornamenti stilistici. Il suo naturalismo metodologico non corrispondeva quindi a una totale astensione dal fare affermazioni sull’esistenza e sulle proprietà di entità sovrannaturali3. E non poteva es­ sere altrimenti: la teoria rivale era infatti quella delle creazioni speciali, che a quelle entità ricorreva come suo principio esplicativo, e Darwin la sostituisce con un programma di ricerca integralmente naturalistico. Nella pars destruens, dunque, Darwin fa esplicitamente ricorso ad affermazioni teologiche e filosofiche, come il problema del male e l’esistenza di una causa prima. La cornice è data dalle citazioni deistiche di apertura e di chiusura: Dio non si immischia nelle vicende di dettaglio della storia naturale, cioè nelle cause secondarie che studiano gli scienziati. L’intera materia dell’evoluzione è dunque indipendente da considerazioni riguardanti l’esistenza e l’azione di un’eventuale entità divina. La ricerca scientifica può procedere autonomamente. Su un piano diverso, di tipo filosofico, ciò che possiamo al massimo fare è ipotizzare che il Creatore all’inizio si sia limitato a «imprimere nella materia» le leggi fonda­ mentali della natura. Qui capiamo che forse il deismo darwiniano non è soltanto una concessione diplomati­ ca: è un argomento teologico di base contro ogni teoria di intervento divino diretto in natura, a cominciare da quella delle creazioni speciali e dall’intera teologia natu­ rale (oggi diremmo «Intelligent Design»). E una mossa preliminare nella confutazione della sua teoria rivale. Quando però Darwin entra nel merito di altre pro­ prietà del Creatore, in chiave di demolizione dell’idea

3 Elliot Sober, Dici Darwin Write thè Origin Backwards?, Prometheus Books, Amherst (NY), 2011.



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di creazione speciale, il deismo di partenza sembra sbia­ dire, a favore di posizioni decisamente più agnostiche. La teoria darwiniana predice infatti che la natura sia traboccante di imperfezioni, di stranezze, di tratti ri­ dondanti, di compromessi contingenti. Se ogni forma vivente fosse stata creata proprio cosi da un architet­ to divino, dovremmo concludere che si tratta di un demiurgo pasticcione o incompetente. Torna quindi, dopo la lettera del 1856, l’argomento del «cappellano del diavolo». In questo caso è implicita un’assunzione teologica in merito alle finalità e alle capacità che un Dio creatore avrebbe se esistesse. Lo stesso vale per l’osservazione riguardante l’esuberante e disordinata diversità della vita: la discendenza comune e la selezione naturale sono in grado di dare un senso a tutti questi fatti sparsi. Nel penultimo capitolo dell’Origine l’intero « Sistema Naturale» viene emancipato da qualsiasi «piano del Creatore», a meno di non considerare l’evoluzione stessa, con tutte le sue caratteristiche di contingenza e di neutralità morale, co-me il piano di un Creatore (ma in tal caso nulla verreb-be aggiunto « alle nostre cognizioni»). Affermare infatti apoditticamente che tutto ciò sarebbe stato voluto proprio cosi, dettaglio dopo dettaglio, da un Creatore significa abdicare da qualsiasi spiegazione scientifica: «Ammettere questa ipotesi mi sembra equivalga a rinunciare a una causa reale per una irreale, o almeno per una sconosciuta. Ciò vorrebbe dire considerare l’opera di Dio come uno scherzo e un inganno. Preferirei piuttosto credere, insieme agli antichi e ignoranti autori di cosmo­ gonie, che le conchiglie fossili non appartengono ad animali vissuti in passato, ma sono state create nella roccia per imitare i molluschi viventi sulle coste del mare»4. La teoria delle creazioni speciali, in sostanza, non è predittiva: è vacua sul piano esplicativo e non ha al­ cun valore scientifico. E mera tautologia, una rinuncia dell’intelletto: le cose stanno cosi perché Dio, o qual­

4 Charles Darwin, L'origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6a ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 224.

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siasi altro potere imponderabile, le ha volute cosi «per amore di varietà»: «quasi come i giocattoli in un negozio; ma una tale concezione della natura è inammissibile»5. Allora tanto varrebbe rassegnarsi all’ignoranza degli antichi. Ogni corso ipotetico dell’esperienza può ac­ comodarsi a questa assunzione dogmatica. E detto a più riprese nell'Origine che ciò che risulta strano, in­ comprensibile e improbabile alla luce delle supposizioni creazioniste diviene comprensibile, normale e probabile alla luce della teoria dell’evoluzione: è il tema di fondo che Darwin assegna al capitolo finale. Ai naturalisti che tentavano di spiegare gli organi vestigiali, imperfetti e inutili, come creazioni «per amore di simmetria» e di completamento degli schemi della natura, Darwin ri­ sponde che questa non è una spiegazione ma «una sem­ plice conferma del fatto»: «Che cosa si penserebbe di un astronomo il quale sostenesse che i satelliti de­ scrivono intorno ai loro pianeti orbite ellittiche, “per amore di simmetria”, giacché i pianeti ruotano in tal modo intorno al sole?»6. Filosoficamente, per Darwin la teoria delle creazio­ ni speciali è quindi indifendibile sia che Dio esista sia che Dio non esista. Sarebbe poi molto presuntuoso, ag­ giunge, pensare di conoscere le modalità attraverso le quali si esprimono i poteri intellettuali di un’ipotetica entità divina. Se definiamo Dio come un ente radical­ mente diverso da noi, per poter in tal modo preservare alcuni concetti teologici, non possiamo poi usare questo essere sommamente trascendente per tappare i buchi di ciò che ancora non conosciamo come esseri umani o per sostituire consolidate spiegazioni naturalistiche. In definitiva è proprio l’immagine di questo Dio che fa scherzi e inganni a porre il problema più serio: «Ab­ biamo forse qualche ragione per pensare che il Creatore operi con gli stessi poteri intellettuali dell’uomo?»7.

5 lbid., p. 250. 6 lbid., p. 521. 7 lbid., p. 241.

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All’amico botanico di Harvard Asa Gray, che nel­ la lettera del novembre 1857 acutamente gH fa notare il suo utilizzo di termini finalistici e intenzionali per descrivere la selezione naturale, Darwin ribatte che si tratta di un limite del linguaggio umano, non della sua teoria. La selezione non è un agente, non prevede il futuro, non ha scopi: è un processo demografico che agisce nel qui e ora, un insieme di relazioni ecologiche che producono la sopravvivenza e la riproduzione dif­ ferenziale degli organismi all’interno delle popolazio­ ni. Darwin non smetterà mai di cercare le definizioni più neutrali possibili per spiegare la selezione naturale senza ricorrere ad analogie fuorviami. I due si rendono subito conto che questo è il nocciolo più profondo della questione: la spiegazione evoluzionistica non è soltanto un’alternativa scientifica alla dottrina delle creazioni speciali, non è soltanto la demolizione dell’antropocentrismo, è anche la scoperta che il mec­ canismo di base del cambiamento in natura è radical­ mente ateleologico. Non sono più necessarie né cause finali né progetti intenzionali inscritti nel processo. L’universo di William Paley, al quale Darwin concede l’onore delle armi nella lettera a Lubbock del novem­ bre 1859, è minato alle fondamenta. Che posto rimane allora per il «Creatore» che ancora faceva capolino neU’Origine delle specie? T. P.

Charles Darwin ad Asa Gray1 29 novembre 1857

Down Bromley Kent

Mio caro Gray Questa sarà una lettera straordinaria, quale non avete mai ricevuto da me, giacché non conterrà una sola domanda o richiesta. Vi sono grato per le vostre impressioni sulle mie idee12. Per me, ogni critica prove­ niente da un uomo leale è preziosa. Quello a cui fate cenno, e cioè che il mio lavoro sarà deplorevolmente ipotetico e che ampie parti [di esso] non meriteranno assolutamente di esser definite induttive, in generale, è verissimo; probabilmente, il mio errore piu comu­ ne è l’induzione a partire da fatti troppo scarsi. - Non avevo pensato alla vostra obiezione, sul mio uso del termine «Selezione naturale» come un agente; io me ne servo allo stesso modo in cui un geologo usa la pa­ rola Denudazione, per [indicare] un agente che espri­ me il risultato di diverse azioni combinate. Avrò cura di spiegare, e non meramente per inferenza, che cosa io intenda con quel termine; giacché devo usarlo, altri­ menti dovrei continuare a esprimerlo per esteso in una 1 Asa Gray (1810-1888), botanico americano, fu professore ad Harvard dal 1842 fino all’anno della morte. Corrispondente di Darwin, ne presentò le idee negli ambienti scientifici statunitensi. 2 II 5 settembre Darwin aveva scritto una lunga lettera a Gray, allegan­ do ad essa una sintesi in sei paragrafi sulla selezione naturale (la traduzio­ ne italiana di questa sintesi è pubblicata in Charles Darwin, L’origine delle specie. Abbozzo del 1842 - Lettere 1844-1858 - Comunicazione del 1858, a cura di T. Pievani, trad. it. di I. C. Blum, Torino 2009). Il 30 giugno 1858 quello stesso allegato sarebbe stato poi inoltrato, insieme ad altri documen­ ti, alla Linnean Society, per dirimere la questione della priorità fra Darwin e Wallace (1823-1913; naturalista). La lettera di Gray, contenente le sue impressioni sulle idee di Darwin, non è giunta a noi.

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formula (qui esposta malamente3) all'incirca come que­ sta: «la tendenza (dovuta alla spietata lotta per la vita a cui tutti gli esseri organici sono esposti in un certo momento o in una certa generazione) alla conservazione di qualsiasi leggerissima variazione, in qualsiasi [loro] parte, che sia della minima utilità o che risulti favori­ re la vita dell’individuo che è cosi variato; insieme alla tendenza a ereditarla». Qualsiasi variazione, che non fosse di utilità alcuna per l’individuo, non sarebbe con­ servata da questo processo di «selezione naturale». Ma non voglio stancarvi andando avanti, giacché suppongo di non poter chiarire meglio ciò che intendo, senza un lungo approfondimento. - Aggiungerò soltanto un’altra riflessione: diverse varietà di pecore sono state porta­ te insieme sulle montagne del Cumberland e si è visto che una razza particolare4 prospera assai meglio di tut­ te le altre, al punto che quasi le spinge alla morte per fame: qui direi che la selezione naturale sceglie questa razza, e che tenderebbe a migliorarla, oppure ad averla formata cosi in quel luogo fin dall’inizio. Molte grazie per i semi e gli esemplari di Adlumia: da quello che ho visto, devo confessare di non avere alcuna difficoltà nell’ammettere che, quando suggono Fumaria5, le api incrocino gli individui: e mi azzarde­ rei a prevedere che essa abbia un nettario su entrambi

3 Una definizione molto simile, ma più essenziale e curata nella forma, poiché destinata alla pubblicazione, comparirà nell’Origine delle specie: «in virtù di questa lotta [per la vita], le variazioni, per lievi ch’esse siano e da qualsiasi causa provengano, purché siano utili in qualche modo agli individui di una specie nei loro rapporti infinitamente complessi con gli altri organismi e con le condizioni fisiche della vita, tendono alla conservazione di questi in­ dividui e a trasmettersi ai loro discendenti» (Charles Darwin, L'origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6 ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 131). 4 Si tratta della razza Herdwick. Darwin aveva ricavato questa informa­ zione da Robert Ferguson, The Northmen in Cumberland & Westmoreland, Longman, London 1856 e l’aveva inserita in «Naturai Selection». 5 Adlumia e Fumaria appartengono entrambe alla famiglia delle Fumariacee; in una sua lettera precedente (agosto 1857), Gray aveva espresso forti dubbi sulla possibilità, in queste piante, di una fecondazione incro­ ciata ad opera degli insetti.

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i lati invece che su uno solo, poiché il tipo di cappuccio formato dai petali uniti può essere spinto con ugual fa­ cilità da tutte e due le parti, ma dove il nettario è uno solo (da quanto ho visto) può essere spinto solo in una direzione: vedo che Lecoq* presenta Fumaria come un genere che non può mai essere incrociato con mez­ zi naturali, mentre io sospetto che la sua struttura sia formata in relazione diretta con un piu facile incrocio! !

Vi mando il «Gardener’s Chronicle»6 78 9con una [mia] breve comunicazione sul fagiolo: dopo averla scritta, ho ricevuto* un campione molto interessante di fagio­ li incrociati naturalmente, nei quali il tegumento è in­ fluenzato dall’atto della fecondazione come nel caso dei piselli di Gaertner’. - Per inciso, devo dirvi quanto ho appreso ieri, sebbene non attinente ai vostri interessi, ma sul tema dell’incrocio di individui. I cirripedi (Balanus) sono ermafroditi e con la loro corazza ben chiu­ sa oppongono all’incrocio un ostacolo cosi grande da non poter esser meglio concepito: ho trovato un indi­ viduo, con un pene mostruoso e imperforato, che tut­ tavia conteneva uova fecondate; ignoravo, tuttavia, se potesse trattarsi di un caso di partenogenesi o di uno

6 Henri Lecoq (1802-1871), naturalista francese; l’affermazione riportata qui da Darwin si trova in H. Lecoq, De la Fecondation naturelle et artificielle des végétaux et de l’Hybridation, Audot, Paris 1845, p. 61. 7 Darwin leggeva regolarmente questa rivista (il titolo completo è «The Gardeners’ Chronicle and Agricultural Gazette»), sulla quale pubblicò nu­ merosi contributi. Quello di cui si parla qui, riguardante il ruolo delle api nella fecondazione dei fagioli, era stato inviato alla rivista il 18 ottobre, e venne pubblicato il 24. Charles Darwin, Bees and thè fertilisation of kidney beans, in «Gardeners’ Chronicle and Agricultural Gazette», 43 (1857), p. 725. 8 Gli esemplari gli erano stati inviati il 4 novembre da Henry Coe, giar­ diniere attivo negli anni Cinquanta nell'Hampshire; Coe scrisse a Darwin dopo aver letto la sua comunicazione sul «Gardeners’». 9 Karl Friedrich Gàrtner (1772-1850), medico e botanico tedesco. Gli esperimenti di Gàrtner, citati da Darwin nella sua corrispondenza e anche in Variazione (Charles Darwin, La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico, a cura di A. Volpone, trad. it. di aa.w., Einaudi, Torino 2011, p. 395) sembravano indicare un’azione diretta del polline sulle qualità del tegumento del seme: «[...] il colore del tegumento del pisello viene modificato quando si utilizza il polline di una varietà di colore diverso».

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strano accidente da attribuire a qualche spermatozoo galleggiante; orbene, ieri ho ricevuto la descrizione di un uomo che, mentre osservava alcuni balani, ne vide uno estroflettere il suo lungo pene proboscidiforme e inserirlo nella corazza di un individuo vicino! Mi sono dunque tolto un peso1011 . -

Voi parlate di specie che non hanno alcuna base materia­ le su cui fondarsi; ma questa è forse una difficoltà maggiore di decidere che cosa meriti di chiamarsi varietà e di essere designata con una lettera grecai?] Quando lavoravo alla si­ stematica, so che desideravo di non avere altra difficoltà (già abbastanza grande) di quella di decidere se una forma fosse sufficientemente distinta da meritare un nome; e di non essere tormentato dall’interrogativo - indefinito e ir­ risolvibile - se essa fosse una vera specie. Che gran salto è quello da una varietà ben marcata, prodotta da una causa naturale, a una specie prodotta da un atto distinto della Ma­ no di Dio. Ma sto parlando troppo e a vanvera. - A propo­ sito, l’altro giorno ho incontrato Phillips11, il paleontologo, il quale mi ha chiesto «voi come definite una specie?» - Io ho risposto «non sono in grado di farlo», al die lui mi ha detto «io ho finalmente trovato l’unica vera definizione, - “qualsiasi forma abbia mai avuto un nome specifico!”».

Vi sono infinitamente grato per la vostra offerta (se mai aveste tempo, oberato di lavoro come sembrate

10 Darwin considerava molto importante questa osservazione sui balani: essa si trova citata, oltre che nella sua corrispondenza, anche in «Naturai Selection» (p. 45), nella sua grande opera sui Cirripedi (Living Cirripedia, p. 102), e nell’Ong/we: «[... ] non sono riuscito finora [...] a scoprire un solo animale ermafrodita in cui gli organi della riproduzione siano chiusi in mo­ do cosi perfetto da rendere fisicamente impossibile e l’accesso dall’esterno e l’influenza occasionale di un altro individuo. Per molto tempo ho credu­ to che i Cirripedi costituissero, da questo punto di vista, un caso assai dif­ ficile, ma una fortunata combinazione mi ha permesso di dimostrare che due individui, pur essendo entrambi ermafroditi autofecondantisi, talvolta s’incrociano» (Charles Darwin, L'origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6 ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, pp. 165-66). 11 John Phillips (1800-1874), geologo, paleontologo e corrispondente di Darwin.

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essere) di riconsiderare una lista di specie affini12*, che Hooker forse accorperebbe: non potreste darmi un aiu­ to più fondamentale.

Se lo farete, vi prego, qualora ne abbiate la possibili­ tà, di considerare ordini grandi e piccoli cosi come ven­ gono, perché nella regola potrebbe esistere una qualche differenza fra le grandi famiglie naturali e quelle picco­ le e frammentate. Intendo studiare questo, per quanto riguarda le mere varietà, seguendo Ledebour15. In tut­ to il suo libro e in molte altre Flore, ho trovato la re­ gola universale secondo cui i grandi generi presentano moltissime varietà. Nella Flora Britannica, con l’aiuto del signor Watson14, ho cancellato le varietà meno im­ portanti e ho trovato che la regola regge; e regge anche con le forme che la maggior parte dei botanici britan­ nici considera specie, ma che qualcuno ha considerato varietà. Io ritengo importantissima per il mio lavoro questa regola, perché tale devo considerarla, secondo cui i grandi generi sono quelli che variano di più; credo inoltre che essa sia il fondamento del modo in cui tut­ ti gli esseri viventi sono raggruppati in classi eccetera, unitamente a quello che io chiamo, in modo abbastanza vago, il mio principio di divergenza, e cioè la tendenza dei membri più differenziati di ciascun gruppo a esser 12 In un passaggio sul medesimo argomento, scritto in una lettera a Gray di circa due anni prima (8 giugno 1855), Darwin aveva scritto: «La defi­ nizione che darei di “specie affine" è quella di una specie che voi potreste considerare distinta come tale, pur riuscendo a concepire che qualche altro bravo botanico possa ritenerla soltanto una razza o una varietà; - oppure, ancora, una specie che avete trovato difficile discriminare da alcune altre, pur avendo avuto l’opportunità di conoscerla bene». 15 Karl Friedrich Ledebour (1786-1851), professore di storia naturale e botanico esperto. Il libro a cui allude Darwin è K. F. Ledebour, Flora rossica, Stuttgart 1842-53. Le altre flore consultate, come si evince da una lettera scritta sull’argomento a Hooker il 30 settembre 1857, sono quelle di Koch, Webb e Berthelot, Visiani, e Griscbach. In merito all’opera di Ledebour, Darwin commentava che studiarla sarebbe stato un lavoro molto impegna­ tivo, e apprezzava i dati che vi erano contenuti, utili per stimare le aree di distribuzione dei vari generi, grandi e piccoli. 14 Hewett Cottrell Watson (1804-1881), botanico e studioso della di­ stribuzione geografica delle piante.

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risparmiati dall’estinzione. - Ma ecco che mi diverto a scribacchiare le mie idee senza misericordia.

Perdonatemi mio caro Gray e credetemi profondamente grato, vostro C. Darwin.

Quanto mi piacerebbe sapere quale grande (perché grande dev’essere) falena o bombo visiti e fecondi Lobelia fulgens nelle sue regioni native: voi conoscete qualche giovane botanico del Sud che voglia indagare su questo? Io proteggerei una pianta con una copertu­ ra di garza molto grossolana, e così facendo, sono con­ vinto che non si formerebbe una sola capsula. Ma per Giove, ecco che ho infranto il mio voto, con una sorta di domanda o richiesta!

Charles Darwin a John Lubbock* 22 novembre 1859

Well Terrace Ilkley Otley Yorkshire Martedì Mio caro Lubbock

Ti prego di scusarmi per questo nuovo fastidio. Non so proprio come ho potuto esprimermi cosi ma­ lamente da farti credere che accettavamo il vostro gentile invito a Brighton21. Io intendevo soltanto rin­ graziarti sinceramente per il tuo desiderio di vede­ re questo vecchio stanco. Non so proprio quando ci muoveremo da qui, - ma non prima di una quindici­ na di giorni, e allora vorremo stare un po’ in riposo sotto il nostro tetto. -

1 John Lubbock (1834-1913) fu un uomo politico e un naturalista. Figlio di Sir John William Lubbock, un notabile di Down, John co­ nosceva Darwin fin dall’infanzia quando - nel 1842 - lui ed Emma si erano trasferiti da Londra a Down House. Durante l’adolescenza di Lubbock, i rapporti fra lui e Charles divennero particolarmente stretti, specialmente nel periodo che segui la morte del «Dottore», avvenuta nel 1848: «Per il resto dell’anno e per buona parte dell’anno seguente [Darwin] restò chiuso e isolato dal mondo a Down House, senza ve­ dere nessuno a eccezione del figlio del suo vicino Sir John [William] Lubbock. Il ragazzo [John] era affascinato dal suo microscopio e questo fatto contribuì non poco a salvare Charles dalla disperazione totale, permettendogli di rifugiarsi con lui nel mondo inimmaginabile della vita microscopica. Gli procurò uno strumento identico al suo; diven­ ne a poco a poco il suo padre scientifico» (Adrian Desmond e James Moore, Vita di Charles Darwin, trad. it. di aa.w., Bollati Boringhieri, Torino 2009, p. 416). 2 Pochi giorni prima (il 19 novembre) Darwin aveva risposto a un invito di Lubbock con queste parole, effettivamente ambigue: «Ti rin­ grazio molto per l’invito a Brighton. Spero davvero che tu possa go­ derti la vacanza».

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Credo di non aver mai ammirato un libro più della Naturai Theology di Paley3. Tempo addietro ero quasi in grado di recitarlo a memoria. Sono felice che tu abbia ricevuto il mio libro4, ma temo che te ne sia fatto un concetto troppo alto. - Ti sarei grato di qualsiasi critica, giacché non mi curo delle recensioni, ma dell’opinione di uomini come te, Hooker, Huxley, Lyell eccetera.

Addio. I nostri ringraziamenti congiunti, a te e alla signora Lubbock. Adios. C. Darwin

3 William Paley, Naturai Theology; or, evidences of thè existence and attributes of thè Deity, collected from thè appearances of nature, London 1802. Darwin dovette studiare questo testo per sostenere i suoi esami a Cambridge: un’esperienza che ricordava ancora, molti anni dopo, Autobiografia, dove affermò: «mi piacque quanto la logica euclidea» (Charles Darwin, Viaggio di un naturalista intomo al mondo, Autobiografia, Lettere 183 1-1836, trad. it. a cura di P. Omodeo, Feltrinelli, Milano 1967). 4 II libro in questione è L’origine delle specie, uscito in quei giorni. Darwin aveva espressamente richiesto all’editore Murray di inviarne una copia a Lubbock.

Asa Gray fu uno degli alleati più preziosi nella cam­ pagna di promozione della teoria darwiniana, soprat­ tutto negli Stati Uniti, dove rintuzzò efficacemente le critiche di Louis Agassiz, uno dei principali avversari del darwinismo. Gray forni per anni all’amico oltreoceano informazioni dettagliate sulla distribuzione delle piante nel mondo. Tuttavia, da fervente presbiteriano, non smise mai di spronarlo a trovare un’onorevole soluzio­ ne di compromesso fra la teoria dell’evoluzione e l’idea di una finalità divina operante in natura. Il compatibilismo di Gray prevedeva la rinuncia alla credenza in continui interventi di un Dio creatore. Per quanto improbabile fosse, si poteva piuttosto immaginare che i piani ultraterreni trovassero compimento proprio attraverso l’evoluzione darwiniana. In questo ardito teismo evoluzionistico, il progettista intelligente era nient’altro che la selezione naturale e le variazioni in natura erano procurate proprio da Dio stesso affinché le specie ne traessero beneficio. Darwin non vuole scontentare troppo l’amico, ma neppure dimentica il suo cappellano del diavolo: come può un Dio al contempo onnipotente e buono operare per il mezzo di processi che implicano una tale quan­ tità di sofferenza, di crudeltà, di ingiustizia e di spre­ co? E soprattutto, come può un sommo architetto do­ tato di intelligenza e di preveggenza sopportare che la storia naturale sia cosi radicalmente influenzata da circostanze casuali, da svolte impreviste, da eventi ac-

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cidentali? Nella lettera cruciale del 22 maggio 1860, si schermisce dicendo che non è sua intenzione scrivere in modo ateistico, poi però affonda il colpo: non gli riesce proprio di vedere l’evidenza di un progetto e di benevolenza in tutto ciò. Certo, non c’è da stare allegri nel concludere «che tutto è il risultato della forza bruta». Il puro caso non lo persuade. La chiave interpretativa della storia naturale potrebbe nascondersi piuttosto nel delicato equilibrio fra le leggi necessitanti della natura e il potere dei dettagli contingenti. Attribuire invece a Dio singoli eventi (come un fulmine che uccide un uomo) o addirittura le variazioni ereditarie non è una spiegazione. Le variazioni non sono né ordinate né guidate, ma emergono incessantemente e spontaneamente nelle popolazioni biologiche, senza una direzione, per essere poi filtrate in base alla loro utilità, misurata in termini di sopravvivenza e di riproduzione, nel contesto di ambienti fluttuanti. Gray non demorde e cerca di fare leva sull’unico spiraglio lasciato socchiuso da Darwin, circa la natu­ ra delle leggi: sono o non sono state progettate da un Creatore all’inizio del mondo? Il naturalista inglese in effetti usa l’espressione «designed laws»: leggi proget­ tate, che lasciano poi i dettagli al lavorio del caso. Ma poi si ritrae subito e aggiunge: «Non che questa idea mi soddisfi completamente. Sento, nel profondo, che questa materia è nel suo insieme troppo astrusa per l’intelletto umano. Allo stesso modo, un cane sarebbe autorizzato a speculare sulla mente di Newton». E il passaggio di svolta. Non è possibile escludere in linea di principio la possibilità «che tutte queste leggi possano essere state espressamente progettate da un Creatore onnisciente, che prevede ogni evento e conseguenza fu­ turi», eppure «più ci penso e più cado nello sconcerto; e in effetti, probabilmente l’ho dimostrato in questa lettera». Nelle concessioni a Gray, Darwin raggiunge qui l’apice dell’insofferenza: nella lettera successiva am­ mette di essere confuso in merito a «leggi progettate» e «conseguenze non progettate», ma è la materia in sé

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a permettere di sostenere una tesi e il suo contrario. Inutile insistere. Troppe speculazioni, è molto più in­ teressante smontare in dettaglio le critiche degli scien­ ziati avversari, come Richard Owen, e commentare le ultime imprese oratorie di Thomas H. Huxley. Il suo deismo conciliante (concepito inizialmente in chiave polemica rispetto alla dottrina dell’intervento divino diretto) vacilla quindi principalmente dinanzi al problema del male naturale e alla radicale contingenza a-finalistica dell’evoluzione. Il caso delle sfegidi, simili a vespe, che nascondono nella tana la preda paralizzata destinata al nutri­ mento delle larve, era stato al centro delle sue attenzioni già nell’ Origine per la particolare crudeltà del comportamento. Come potrebbe un Creatore volere tutto questo? Non è una deduzione logica, nota, ma è molto più soddisfacente im­ maginare che il Creatore non abbia previsto direttamente le infinite situazioni di sofferenza, di spreco, di inaudita crudeltà, di terrore e di morte che possiamo osservare in ogni anfratto del mondo naturale. Non resta che rifugiarsi in un qualche ruolo «in­ diretto» del Creatore, a monte di tutto il processo. Nell’Ongzwe aveva scritto che l’istinto orribile delle larve degli icneumonidi, che si nutrono dall’interno del corpo ancora vivo dei bruchi, quello delle formiche schiaviste o del cuculo che uccide i suoi fratelli adottivi vanno intesi «non come istinti appositamente creati» o equipaggiati nei rispettivi animali, ma «come pic­ cole conseguenze di una legge generale»1. Ma è una supposizione talmente vaga da lasciarlo confuso: sono questioni metafisiche «completamente al di fuori della portata dell’intelletto umano», scrive a Gray nella let­ tera del febbraio 1860. Insomma, se interpellato sulla possibilità di conciliare l’evoluzione con un deismo dai contorni annacquati o con panteismi cosmici, la prospettiva non lo appassionava ma non se la sentiva di escluderla definitivamente.

1 Charles Darwin, L'origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6a ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 338.

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Questa tormentata soluzione è stata salutata da alcuni autorevoli evoluzionisti credenti, come Francisco Ayala, con un sollievo che rischia però di essere filosoficamente rischioso. Mettiamo che le leggi generali siano state progettate da una mente superiore, mentre i dettagli macabri siano affidati al caso, come effetti indesiderati. Ciò significa che chi ha pensato a quelle leggi non era in grado di prevedere tutto il resto, cioè quella «mancanza di assoluta perfezione» che reca cosi tanto dolore? Dunque la Causa Prima, di cui Darwin parla quando nell’Autobiografia si definisce un «teista», non sarebbe onnisciente. Darwin stesso sottolinea questa difficoltà logica nella lettera ad Asa Gray del 1866. Se non vogliamo giungere a questa conclusione, allora quegli effetti negativi non sono casuali, ma discendono proprio dalle leggi. Dunque, se le ragioni di questo smisurato dolore naturale si annidano come conseguenze indirette delle leggi di natura (moltiplicarsi, variare, lottare per la sopravvivenza), e se queste leggi di natura sono state davvero impresse da un Creatore nella materia, non abbiamo semplicemente spostato il problema senza risolverlo? In altri termini, perché il grande architetto non ha scelto leggi differenti? L’antimetafisico Darwin sottolinea a più riprese che non si tratta di deduzioni logiche e che la materia è assai confusa. Il fatto è che la teodicea non nasce certo in Darwin, ma con Darwin si radicalizza, poiché scopriamo che quel male e quel dolore (insieme alla felicità e al piacere, che a suo avviso in ultima analisi prevalgono) rappresentano proprio il contesto che ha permesso alla selezione naturale di fare evolvere imperfettamente gli organismi, noi compresi. T. P.

Charles Darwin ad Asa Gray 24 febbraio 1860

Down Broomley Kent Mio caro Gray,

Ho ricevuto ieri la vostra lettera gentilissima e le pa­ gine restanti della recensione1, che ho inoltrato a Hooker, affinché arrivino al dottor Boott12*e poi a Lyell. Queste ultime pagine della recensione conferma­ no nel modo più completo la mia opinione, e cioè che essa sia la più competente pubblicata finora, e voi avete reso alla materia un immenso servizio. E adesso spero davvero sinceramente che non vi costi altro lavoro. - Lyell ha convenuto con me che le pri­ me due pagine sono la cosa migliore mai pubblicata sull’argomento. Vi ringrazio molto per la vostra lettera, che ho in­ viato a Hooker, giacché contiene fatti botanici tanto interessanti. Perché dovreste definire «infelice» uno dei migliori saggi5 mai scritti (almeno secondo la mia opinione) sulla distribuzione geografica delle piante[?] Io spero davvero, e mi starebbe bene per punizione, di poter esser colto grossolanamente in fallo in merito al

1 Asa Gray, Review of Darwin 's theory on thè origin of species by means of naturaiselection, in «American Journal of Science and Arts», 2“ s., 29, PP- 153-84. 2 Francis Boott (1792-1863), medico e botanico. Nato in America, eser­ citava a Londra ed era amico di Hooker e Gray. 5 Asa Gray, Diagnostic characters of new species of phcenogamous plants, collected in Japan by Charles Wright, botanist of thè US North Pacific Exploring Expedition [...] With observations upon thè relations of thè Japanese flora to that of North America, and of other parts of thè northem temperate zone, in «Mcmoirs of thè American Academv of Arts and Sciences», n.s., 6 (18581859), PP- 377-452.

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periodo più caldo che segui all’Epoca Glaciale. - Quel che è certo è che sui periodi geologici piu recenti dob­ biamo ancora capire moltissime cose. Sono felicissimo di pensare (se ho capito bene, ma devo rileggere la vostra lettera) che la somiglianza, per quanto riguarda le piante, fra l’America nordorientale e l’Asia, somiglianza che è maggiore di quella fra l’Ame­ rica nordoccidentale [e l’Asia], non sia assolutamente una grande anomalia come sembrerebbe a prima vista. Ho trovato interessanti i vostri commenti teologici nella recensione, ma devo riconsiderarli. Mi è sempre sembrato che per un Creatore onnipotente e onnisciente, prevedere sia lo stesso che preordinare; ma poi, quan­ do ci penso, mi ritrovo alle prese con un problema im­ barazzante, per certi versi analogo a quelli riguardanti «necessità e libero arbitrio», l’«origine del male», o al­ tri temi simili, completamente al di fuori della portata dell’intelletto umano. L’altro giorno, mentre leggevo la Vita di Newton di Brewster45ho trovato interessante scoprire che Leibnitz in effetti attaccò la legge di gravi­ tà in quanto «sovversiva di tutta la Religione Natura­ le»!! Leibnitz attaccò inoltre Newton per aver usato la gravità, «una qualità occulta, al fine di spiegare il moto dei pianeti. - Newton rispose che la filosofia spiega il movimento degli ingranaggi di un orologio, anche se la causa della caduta del peso non può essere spiegata. Questo mi sembra in un certo senso attinente a quello che voi dite a proposito della Selezione Naturale, e cioè che non è dimostrata come una vera causa’. Non posso fare a meno di pensare che ponete troppa

4 David Brewster, Memoirs of thè Life, Writings, and Discoveries of Sir Isaac Newton, Edinburgh 1855. Darwin farà cenno di questo scambio fra Leibnitz e Newton anche nell’ultimo capitolo della sesta edizione (1872) dell* Origine delle specie-. «Chi sa spiegare qual è l’essenza dell’attrazione di gravità? Attualmente nessuno contrasta l’accettazione dei risultati che de­ rivano da questo elemento sconosciuto, che è l’attrazione; ciononostante in passato Leibnitz ha accusato Newton di introdurre “nella filosofia qualità occulte e miracoli”» (Charles Darwin, L’origine delle specie, trad. it. di C. Balducci, Newton Compton, Roma 2004). 5 «Vera causa», in latino nel testo.

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enfasi sulla comparsa di nuovi organi nel regno animale; quanto meno, è difficilissimo dimostrare l’esistenza di un qualche numero di nuovi organi. - Milne Edwards4* ha tentato [di farlo] ma con scarsissimi risultati. Non si dovrebbero mai dimenticare transizioni, o alme­ no gradazioni, come quella della vescica natatoria nel polmone78-. Cosi, perfino nel caso dell’occhio, giacché è possibile dimostrare l’esistenza di numerose sottili gradazioni, io devo considerare il perfezionamento di questo organo mirabile da parte della selezione natu­ rale come una difficoltà per la nostra immaginazione, e non per la nostra ragione*. Nelle aggiunte al manoscritto, inviate per un’even­ tuale futura edizione, c’è una frase scritta male, qui cor­ retta. Se sapessi di una seconda edizione americana, vi manderei qualche altra aggiunta e correzione. Con la più sincera riconoscenza per la vostra estre­ ma gentilezza, credetemi molto cordialmente vostro Charles Darwin

4 Henry Milne Edwards (1800-1885), zoologo. A proposito della questione della formazione di organi ex novo, in «Naturai Selection» (p. 354) Darwin citò Edwards (Henri Milne Edwards, Introduction à la zoologie generale, ou considérations sur les tendances de la nature dans la constìtution du regneanimai, Paris 1851, pp. 9-10) dicendo: «In tempi recenti, una delle nostre massime autorità ha insistito su come la natura sia prodiga di varietà e avara di innovazioni». 7 «L’esempio della vescica natatoria nei pesci è particolarmente appro­ priato, perché dimostra chiaramente un fatto molto importante: che un or­ gano originariamente costruito per uno scopo, cioè la funzione idrostatica, può trasformarsi in un organo capace di una funzione completamente di­ versa, cioè la respirazione» (Charles Darwin, L'origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6 ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 243). 8 «La ragione mi dice che se si può dimostrare l’esistenza di numerose gradazioni da un occhio semplice e imperfetto a uno complesso e perfetto, essendo ogni grado utile per chi lo possiede [...] allora la difficoltà di am­ mettere che un occhio perfetto e complesso si formi per selezione naturale, sebbene insuperabile per la nostra immaginazione, non deve essere consi­ derata come sovvertitrice della nostra teoria» (ibid., p. 239).

Charles Darwin ad Asa Gray 22 maggio 1860

Down Bromley Kent Mio caro Gray

Devo ancora ringraziarvi per una delle vostre gra­ ditissime lettere (del 7 maggio), con acclusa una pure molto gradita rimessa di 22 £. - La verità è che sono davvero costernato di fronte a tutti i fastidi che vi sie­ te cosi gentilmente sobbarcato per me. Restituisco i conteggi di Appleton1. - Nel caso in cui voleste una ri­ cevuta formale, ve la mando. - Se aveste occasione di comunicare ancora con Appleton, vi prego di esprimer­ gli la mia riconoscenza per la sua generosità, giacché di questo si tratta, a mio avviso. Non sono affatto sor­ preso del calo delle vendite: sono invece estremamen­ te sorpreso per la loro entità. Senza dubbio il pubblico è stato spudoratamente forzato [all’acquisto]! La gente infatti compra il libro pensando che sia una bella let­ tura facile. Mi aspetto che ben presto in Inghilterra le vendite si fermino: eppure, l’altro giorno Lyell mi ha scritto dicendo che, avendo fatto visita a Murray12, ha saputo che nelle ultime 48 ore ne erano state vendute 50 copie. - Sono felicissimo del fatto che farete men-

1 Conteggi relativi alle vendite americane dell’Origine, stilati dall’editore D. Appleton & Co. e inoltrati a Darwin da Gray. Darwin ne prese nota e restituì il foglio a Gray, come Allegato i a questa lettera. I diritti d’auto­ re, pari al 5% sul prezzo unitario di 1,25$, ammontavano, per 1750 copie vendute, a 109,37$ (corrispondenti a 22,00 sterline). 2 John Murray III (1808-1892), editore di Darwin.

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zione, sul Silliman’, delle aggiunte all’Origine4. A giudi­ care dalle lettere (ne hb appena vista una di Thwaites’ a Hooker) e dai commenti, l’omissione più grave nel mio libro è stata quella, io credo, di non spiegare come mai non tutte le forme necessariamente progrediscano, ovvero, come sia possibile che oggi esistano ancora or­ ganismi semplici. - L’articolo pubblicato su «Med. & Chirurg. Review» è di Carpenter’. - Vi manderei il Pictet’, se non riuscite a trovarlo, ma bisognerà che me lo restituiate. - Sedgwick’ mi sta tirando addosso delle gran bordate, ma esclusivamente su basi geologiche. Il prof. Clarke10 di Cambridge afferma pubblicamente che la principale caratteristica di libri come il mio è la ’ In realtà, l’articolo di Gray cui allude Darwin fu pubblicato non sull’« American Journal of Science and Arts» (soprannominato « Silliman’s» in onore del suo fondatore Benjamin Silliman [1779-1864]), ma sull’* Atlantic Monthly»: Asa Gray, Darwin and bis reviewers, in «Atlantic Monthly», 6 (1860), pp. 406-25. 4 Si tratta delle aggiunte e delle correzioni apportate al testo nella quar­ ta edizione americana. 5 George Henry Kendrick Thwaites (1811-1882), botanico ed entomologo. 6 Darwin rispose a Thwaites in una lettera del 21 marzo 1860 e affrontò il problema della persistenza di organismi semplici anche nelle edizioni successive dell'Origine: «Ma si potrà obiettare, come mai, se tutti gli esseri viventi tendono a elevarsi nella scala naturale, ancora esiste una moltitudine di forme inferiori; e perché, in ogni grande classe, alcune forme sono molto più altamente svilup­ pate di altre? Perché le forme più altamente sviluppate non hanno dovunque soppiantato e sterminato quelle inferiori? Lamarck [...] fu condotto a suppor­ re che nuove e semplici forme siano costantemente prodotte per generazione spontanea. [...] Sulla base della nostra teoria, il fatto che gli organismi infe­ riori continuino ad esistere non offre difficoltà, perché la selezione naturale, o la sopravvivenza del più adatto, non include necessariamente uno sviluppo progressivo [...] E si può domandare quale vantaggio [...] una organizzazione superiore rappresenterebbe per un animaletto infusorio - per un verme inte­ stinale - o anche per un lombrico. Se non vi fosse un vantaggio, queste forme [...] potrebbero rimanere per tempo indefinito nelle loro attuali inferiori con­ dizioni» (Charles Darwin, L'origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6 ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, pp. 188-89). 7 William Benjamin Carpenter, Review of Origin in «British and Foreign Medico-Chirurgical Review», 25 (1860), pp. 367-404. 8 Francois Jules Pictet de la Rive, Sur l'origine de l'espèce par Charles Darwin, in «Bibliothèque Universelle. Revue Suisse et étrangère», n.s., 7 (1860), pp. 233-55. 9 Adam Sedgwick (1785-1873), insegnò geologia a Cambridge dal 1818 all’anno della morte, e fu professore di Darwin. 10 William Clark (1788-1869), religioso e professore di anatomia a Cam­ bridge dal 1817 al 1866.

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loro «consumata impudenza». Ho sentito che sul North British c’è una recensione molto severa su di me, da parte di un tal reverendo si­ gnor Dunns11, un ministro della Chiesa libera che si di­ letta di storia naturale. Sarei felicissimo di vedere tutte le buone recensioni americane, poiché sono tutte più o meno utili. - Dite che accennerete ad altre recensioni. Tempo fa, Huxley mi disse che aveva intenzione, di li a poco, di scrivere una recensione su tutte le recensioni, ma non so se poi lo abbia fatto o no. - Se alludete alla Edinburgh [Review], vi prego di prendere nota di alcuni dei punti che vi indicherò su un foglio separato11 12. - Sul numero di «Saturday Review» (uno dei nostri migliori periodici) del 5 maggio, a p. 573, c’è un bell’articolo sulla recensione di Owen13; [l’articolo] difende Huxley, ma non Hooker, ed io credo che Owen tratti quest’ul­ timo in modo assai poco generoso. - Ma sicuramente non ne potrete più, di me e dei miei recensori. Per quanto riguarda la prospettiva teologica della que­ stione, si tratta di un tema sempre penoso per me. - Sono confuso. - Non avevo alcuna intenzione di scrivere da ateo. Ma riconosco che non riesco a vedere, con la stessa sempli­ cità di altri, e come vorrei tanto riuscire a fare, le prove del disegno e della benevolenza [divini] tutt’attorno a noi. Mi sembra che nel mondo vi sia troppa miseria. Non riesco a persuadermi del fatto che un Dio benevolo e onnipotente abbia creato di proposito gli Ichneumonidae14 con la precisa intenzione che si nutrissero del corpo dei bruchi ancora vi­ vi, divorandolo dall’interno; o che un gatto dovesse giocare con i topi. Non credendo questo, non vedo alcuna necessità di credere che l’occhio sia stato espressamente progettato. D’altro canto, io non posso comunque contentarmi di con­ siderare questo meraviglioso universo, e soprattutto la na­ 11 Reverendo John Duns (1820-1909), ministro della libera Chiesa di Scozia. 12 Si tratta dei punti inseriti in allegato a questa lettera. 15 Anonimo, Professor Owen on thè Origtn of Species, in «Saturday Re­ view», 5 maggio 1860, pp. 573-74. 14 Famiglia di insetti imenotteri.

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tura dell’uomo, e di concludere che ogni cosa è il risultato della forza bruta. Sono incline a pensare che tutto sia il risultato di leggi progettate, mentre i dettagli, nel bene e nel male, sarebbero lasciati al lavorio di quel­ lo che possiamo chiamare caso. Non che questa idea mi soddisfi completamente. Sento, nel profondo, che questa materia è nel suo insieme troppo astrusa per l’intelletto umano. Allo stesso modo, un cane sarebbe autorizzato a speculare sulla mente di Newton. - Che ognuno speri e creda quello che può. Sono certamente d’accordo con voi, le mie idee non sono affatto necessariamente atee. Il fulmine uccide un uomo, sia esso buono o malvagio, a causa dell’azione straordinariamente complessa delle leggi naturali - un bambino (che potrebbe poi rivelarsi un idiota) nasce per azione di leggi ancora più complesse - ed io non riesco a vedere alcuna ragione perché un uomo o un altro anima­ le non possa essere stato prodotto, originariamente, da altre leggi; e che tutte queste leggi possano essere state espressamente progettate da un Creatore onnisciente, che prevede ogni evento e conseguenza futuri. Ma più ci penso e più cado nello sconcerto; e in effetti, proba­ bilmente l’ho dimostrato in questa lettera. Sento profondamente la generosità della vostra gen­ tilezza e del vostro interesse. Con sincera cordialità, vostro | Charles Darwin

[Allegato i]15

[Allegato 2] Edinburgh Review16 p. 489. Credo di avervi parlato dell’ingenerosità di Owen in merito alle branchie; in altri lavori indipen­ 15 Qui non riprodotto. Si veda la nota 1, p. 44. 16 Queste note di Darwin, allegate alla lettera per Gray, si riferiscono alla re­ censione di Owen ( 1804-1892, paleontologo e studioso di anatomia comparata) sull’Origine e altre opere, pubblicata su Edinburgh Review: Richard Owen, Re­ view of Origin&otherworks, in «Edinburgh Review», 111 (1860), pp. 487-532.

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denti ha infatti pienamente ammesso che le branchie erano branchie17.

p. 496. quale speciosità fingere di non comprendere che cosa intendessi con « abitanti del Sud America»: chiunque supporrà che in tutto il mio volume io non abbia parla­ to della distribuzione geografica. Egli ignora anche tutto quanto ho detto sulla classificazione, la successione geo­ logica, le omologie, l’embriologia e gli organi rudimentali. p. 500. Applica falsamente a coloro che credono nella creazione quanto io ho detto (in modo troppo grossolano) circa la «cecità di idee preconcette»; men­ tre io applico quelle parole esclusivamente a coloro che rinunciano [a riconoscere] moltissime specie come au­ tentiche, ma credono in altre18.19p. 501. Altera leggermente quello che ho detto. Io mi chiedo se i creazionisti pensino davvero che gli atomi elementari siano stati repentinamente trasforma­ ti in tessuti viventi1’. Lui dice che io li descrivo come se lo credessero; e questa di sicuro è una differenza. -

17 Owen (Lectures on thè comparative anatomy and physiology of thè invertebrate animali, London 1843) aveva attribuito una grande importanza tassonomica a questi organi, riconoscendone la funzione respiratoria prima ancora che Darwin pubblicasse la monografia sui cirripedi; successivamen­ te, però, scrisse una recensione dell’Ongzwe, in cui oltre ad attaccare Dar­ win su altre questioni, criticava la sua interpretazione dell’anatomia delle «branchie» dei cirripedi. Secondo Owen, Darwin non aveva dimostrato il collegamento delle «branchie» con il cuore o con il sistema vascolare: unico elemento che avrebbe potuto dimostrare la natura respiratoria di tali mem­ brane. In seguito, scrivendo ad Huxley il 9 aprile 1860, Darwin confidava: «Vorrei soltanto dirti che ho guardato la prima edizione di «Invertebrata» di Owen, pubblicata prima del mio volume sui cirripedi, e [Owen] ammette che le cosiddette branchie, nei balanidi, sono respiratorie». 18 «Molti eminenti naturalisti hanno di recente espresso in pubblicazioni l’opi­ nione che in ogni genere una moltitudine di specie ritenute vere non sono tali; mentre altre specie sono vere, cioè sono state create indipendentemente: questa mi sembra una conclusione davvero singolare» (Charles Darwin, L'orìgine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6a ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 547). 19 «Ma credono essi realmente che nei periodi innumerevoli della storia della terra, certi atomi elementari abbiano ricevuto l’ordine di trasformar­ si repentinamente in tessuti viventi?» (Ibid., p. 547).

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p. 501. Parla del mio «chiassoso scagliarmi contro» tutti coloro che credono nella creazione: e questa mi sembra un’accusa ingiusta. p. 512. È proprio gustoso che il recensore sia cosi

impregnato dell’opera di Owen da riferirsi a «On thè Nature of thè Limbs» quando intende invece riferirsi al mio libro; e che dia la pagina giusta, alterando tut­ tavia la citazione20. p. 522. Mi fa dire che le vertebre dorsali variano questo è semplicemente falso: da nessuna parte ho det­ to una sola parola sulle vertebre dorsali. p. 525. Che frase meschina è quella su «una qualsi­ voglia pretesa di sincerità» e sul mio travolgere le bar­ riere che avevano fermato Cuvier: un’argomentazione del genere bloccherebbe qualsiasi progresso scientifico. p. 530. Come è disonesto a citare i commenti che feci a voi in merito alla mia breve lettera, come se si applicassero all’intera materia21. p. 530. È disonesto affermare che ci viene richiesto

di accettare la teoria col pretesto dell’imperfezione del­ la documentazione geologica, quando io più e più voi20 Owen cita «young and rising naturalists» [giovani ed esordienti natu­ ralisti], un’espressione di Darwin (Ibid., p. 547); tuttavia in nota - sebbene riporti la pagina corretta (482 dell’originale inglese) - dà il titolo sbagliato: «On thè Nature o£ Limbs», 1849 (opera di Owen). 21 Si tratta della lettera (5 settembre 1857) in cui Darwin espone breve­ mente ad Asa Gray la sua teoria, e che termina con queste parole: «Questo schema è assai imperfetto; ma in uno spazio cosi breve non mi è stato pos­ sibile fare di meglio. La vostra immaginazione dovrà riempire lacune molto ampie». La lettera fa parte di una serie di documenti inoltrati da Charles Lyell e Joseph D. Hooker alla Linnean Society il 30 giugno 1858, insieme allo scritto di Wallace «Sulla tendenza delle varietà a discostarsi indefinita­ mente dal tipo originale» per dirimere la questione della priorità fra i due. Si veda Charles Darwin, L’origine delle specie. Abbozzo del 1842 - Lettere 1844-1858 - Comunicazione del 1858, a cura di T. Pievani, trad. it. di I. C. Blum, Einaudi, Torino 2009.



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te [ho sottolineato] quale grave difficoltà rappresenti quell’imperfezione”.

p. 519. Quanto spesso quell’abominevole orso arti­ co è stato usato per tormentarmi; ma quando afferma che l’esempio, cosi come è nella mia seconda edizione, è irrilevante, Owen dice il falso, perché di certo esso illustra bene «abitudini differenziate e [...] abitudini mutate»2’.

22 Owen scriveva (p. 530): «Finora, le conclusioni durature e fruttuose so­ no state anzi basate soltanto sul possesso di conoscenza; ora [invece] ci viene chiesto di accettare un'ipotesi col pretesto della mancanza di conoscenza». 35 «Darò ora due o tre esempi di abitudini differenziate e di abitudini mutate in individui della stessa specie. [...] Hearne ha visto nell’America settentrionale l’orso bruno nuotare per ore con la bocca spalancata, pren­ dendo gli insetti nell’acqua, quasi come una balena» (Charles Darwin, L’origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6* ed., Bollati Boringhieri, Tori­ no 1967, pp. 235-36).

Charles Darwin ad Asa Gray 3 luglio 1860

Down Bromley Kent [Sudbrook Park]1 Mio caro Gray

Ho ricevuto gli articoli matematici12*, per i quali vi ringrazio molto, ma non ho ancora avuto il tempo di cercare di comprenderli: la vostra lettera del 17 giugno mi è stata inoltrata qui (sto facendo la cura dell’ac­ qua). Ultimamente ho avuto una infelice situazione familiare: la mia figlia maggiore5 ha avuto una febbre bassa [che l’ha tenuta] 9 settimane a letto, ma alla fine Fabbiamo spostata4: e la mia salute ha ceduto. Presto dovremo portarla al mare e io desidero un cambia­ mento importante; nelle ultime sei settimane, infatti, a causa dell’ansia e della conseguente cattiva salute, non ho fatto quasi nulla. - Mi dispiace moltissimo di sentire che siete sotto pressione con il lavoro, in mo­ do cosi estremo. E un peccato che dobbiate passare dell’altro tempo sulle recensioni del mio libro: vi sie­ te prodigato immensamente, e il vostro aiuto è stato incalcolabile. Vi sono molto riconoscente, anche se so bene che non è una questione personale: voi desi­ derate che la materia sia trattata e discussa in modo 1 Stazione idroterapica nel Surrey. 2 Si fa qui riferimento a un articolo che Asa Gray aveva inoltrato a Dar­ win, sulla simmetria delle cellette degli alveari: Chauncey Wright, The economy and symmetry of thè honey-bees' celli, in «Mathematica! Monthly», giugno 1860. 5 Henrietta Emma Darwin (1843-1927) si era ammalata nell’aprile di quell’anno (secondo il diario di Emma, il 28 aprile). Per tutto il 1860 la sua salute destò apprensione, e le notizie sulle sue condizioni ricorrono nelle lettere di Darwin a Hooker e Lyell. 4 Ad Hartfield.

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equanime. Ciò nondimeno, non posso fare a meno di sentirmi profondamente in debito con voi. — Ora posso vedere con chiarezza, considerando le numero­ se recensioni pubblicate ultimamente, che sarei sta­ to pressoché annientato, se non fosse stato per 405 persone, voi compreso. Le prime recensioni favorevoli sono state importantissime nell’evitare che la materia fosse «soffocata»’. Ieri ho ricevuto una lettera di Hooker, che è alla British Association5 6, a Oxford; mi dice che un giorno c’è stato uno scontro furioso sul mio libro fra Owen e Huxley; e in seguito una discussione estremamente accesa della durata 9 di 4 ore (!) su un articolo di Draper78 , degli Stati Uniti, in merito a un qualche argomento; discussione della quale, in un modo o nell’altro (non so come) il mio libro è di­ ventato l’oggetto. Il vescovo di Oxford*, uno degli oratori più incisivi d’Inghilterra, mi ha messo in ridicolo, a lun­ go e con gran brio; e Hooker gli ha risposto, immagino, andando a segno con spirito magnifico’. Si dimostrerà che Owen ha torto quando dice che l’intera materia verrà dimenticata nel giro di io anni10.

5 Darwin usa - mettendolo tra virgolette - il verbo «to burke» (soffoca­ re, zittire, ridurre al silenzio), la cui prima occorrenza è attestata nel 1829, l’anno in cui William Burke (1792-1829) venne impiccato in seguito allo scandalo Burke-Hare. William Burke e William Hare furono accusati di aver violato tombe e commesso omicidi per vendere i cadaveri agli anatomisti dell’università di Edimburgo. I due criminali uccidevano le vittime soffo­ candole, in modo da lasciare i corpi intatti per la dissezione; la vicenda fece grande scalpore, ispirò un racconto di Robert Louis Stevenson (// trafugatore di salme, 1884) e lasciò le sue tracce, come si vede, anche nella lingua inglese. 6 British Association for thè Advancement of Science (BAAS). 7 John William Draper (1811-1882), professore di chimica e filosofia na­ turale, inglese di nascita ma attivo in America. L’articolo cui si allude è J. W. Draper, On thè intellectual development of Europe, considered with reference to thè views ofMr Darwin and others, that thè progression of organismi is determined by law. Report of thè $oth meeting of thè British Association for thè Advancement of Science held at Oxford, Transactions of thè sections, pp. 115-16. 8 Samuel Wilberforce (1805-1873), vescovo di Oxford dal 1845 al 1869. 9 Per una descrizione di prima mano di questa assemblea incandescente, si veda la lettera del 2 luglio 1860 di J. D. Hooker a Darwin. 10 Non è noto in quale occasione Owen avesse fatto questo commento, che compare nella corrispondenza di Darwin, da lui stesso menzionato a partire dal marzo 1860.

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- Il mio libro ha smosso vigorosamente le acque; e sarà una benedizione, per me, se tutti i miei amici non fini­ ranno per odiarmi. Ma io credo che sicuramente, se non le avessi smosse io, ben presto l’avrebbe fatto qualcun altro; e prima si ingaggia la battaglia, prima essa cesse­ rà - non credo, però, che la questione sarà risolta nel corso della nostra vita. Sarà un bene immenso se ver­ rà affrontata in modo aperto, così che ciascuno pos­ sa verificare i nuovi fatti, prò e contro, che la riguar­ dano. - Moltissime grazie per il «New York Times»; suppongo che l’articolo vi deluderà; e non riesco pro­ prio a dire che cosa, in esso, abbia colpito Lyell e me spero di poterlo trovare a casa quando ci tornerò, fra 304 giorni11. - Ordinerò i due numeri dell’«Atlantic» quando saprò quali mesi contengono i vostri articoli11 12* giacché sono molto impaziente di leggerli. Ho appena riletto la vostra lettera; in verità, io stesso sono ben consapevole che la mia mente è proprio con­ fusa a riguardo di «leggi progettate» e «conseguenze non progettate». - Kant non dice che vi sono diverse questioni in merito alle quali è possibile dimostrare la verità di conclusioni opposte?! Ho dimenticato di dire che nel «Fraser’s Magazine» di luglio c’è un efficace articolo del nostro grande W. Hopkins1’. È scritto con uno spirito molto onesto, e

con una dose di arroganza da matematico non superio­

11 L’articolo in questione, pubblicato il 28 marzo 1860 sul «New York Times», conteneva una recensione anonima dell’Origine, con ogni pro­ babilità scritta dal paleontologo e geologo americano James Hall ( 18111898). Il 25 aprile Darwin aveva chiesto ad Asa Gray se poteva procu­ rargli «una copia del New York Times di mercoledì 28 marzo: contiene una recensione decisamente notevole del mio libro, che mi piacerebbe molto conservare». 12 Gli articoli di Asa Gray furono in realtà pubblicati su tre numeri dell’«Atlantic Monthly»: Darwin on origin ofspecies, in «Atlantic Monthly», luglio 1860, pp. 109-16; Darwin on origin ofspecies, ivi, agosto 1860, pp. 229239; e Darwin and his reviewers, ivi, ottobre 1860, pp. 406-25. B William Hopkins (1793-1866), geologo e matematico. Lo scritto cui allude Darwin fu pubblicato in due parti: William Hopkins, Physical theories of thè phenomena of life, in «Fraser’s Magazine», 61 (1860), pp. 739-752J e 62 (1860), pp. 74-90.

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re a quella che ci sarebbe potuti aspettare. Mi sono la­ mentato con lui perché ha detto, come se niente fosse, che io fondo le mie idee su quelle che considero grandi difficoltà. Chiunque, considerando soltanto queste difficoltà può costruire un’argomentazione efficacissima contro di me. Io stesso potrei scrivere una recensione piu seve­ ra di qualsiasi altra mai apparsa finora! Sulla questione dell’ibridismo ignora la gradazione, impercettibilmen­ te fine, dalla totale sterilità alla fertilità completa -, la fertilità (W. Herbert) di alcuni ibridi, - e la sterili­ tà delle varietà di Verbascum (Gartner) e di tabacco (Kolreuter)14: fatti, questi ultimi, di cui voi, per inciso, non fate mai menzione. - Le vostre lettere sono per me un gran piacere, ma vi prego di non scrivere quando siete tanto sovraccarico di lavoro. In questo istante ho ricevuto una lettera di Lyell15; il quale sta partendo proprio adesso per il continente; al suo rientro ha intenzione di indagare su alcuni casi di Hippopotamus, che sarebbero successivi all’epoca glaciale: ha trovato che Falconer16 e Prestwich17 ades­ so credono in questo fatto straordinario; se cosi fosse, probabilmente in Europa si ebbe un periodo più caldo, successivo alla glaciazione. Ricorderete che dissi che speravo si dimostrasse che avevo torto, cosi da esser punito per non aver creduto in voi; sembra proprio che la mia punizione sia imminente! - Poiché ultimamente non sono stato in grado di lavorare, mi sono divertito con le orchidee. Sono rimasto incantato di fronte al­ la bellezza dei dispositivi per la fecondazione da par­ te degli insetti. Gli insetti mi hanno fatto scoprire che 14 William Herbert (1778-1847, religioso e naturalista), Karl Friedrich Gartner (1772-1850, medico e botanico) ejoseph Gottlieb Kolreuter (17331806, botanico tedesco) condussero tutti importanti esperimenti sull’ibrida­ zione delle piante. Darwin descrisse il lavoro di questi tre naturalisti nel capi­ tolo dell’Origine dedicato all’ibridismo (Charles Darwin, L’origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6 ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, pp. 340-42). 15 Non rinvenuta. 16 Hugh Falconer (1808-1865), paleontologo e botanico. 17 Joseph Prestwich (1812-1896), geologo.

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in Gymnadenia conopsea*’ le due corna sono gli stigmi (in seguito ho dissezionato il tubo pollinico), e voi non avete mai visto nulla di altrettanto bello. Avete letto la memoria di Hooker su Listerà, in «Phil. Transact»*’? Ha frainteso il significato dei suoi dati. Ho constatato che il rostello è talmente sensibile che l’esplosione ha luogo al semplice contatto con un pelo umano, e il fluido si indurisce in meno di due se­ condi. E stato veramente bellissimo vedere una picco­ la Sphex leccare il labello; l’esplosione ebbe luogo non appena sfiorò il rostello con il capo, cosi che l’insetto si allontanò con le 2 masse polliniche cementate sulla fronte, pronte per fecondare il fiore nel quale si portò successivamente20. Ancora una parola sulle «leggi progettate» e sui «ri­ sultati non progettati». Io vedo un uccello che desidero mangiare: prendo lo schioppo e lo uccido, e lo faccio deliberatamente. - Un brav’uomo innocente sta sotto un albero ed è ucciso da un fulmine. Voi credete (dav­ vero mi piacerebbe sentirlo) che Dio abbia progettato di uccidere quest’uomo? Molti, moltissimi, lo credono; 10 Darwin spiega nei dettagli questi particolari anatomici nella sua monografia sulla fecondazione entomogama delle orchidee (On thè various contrivances by which British and foreign orchids are fertilised by insects, John Murray, London 1862, p. 81): «i due stigmi [...] formano due processi protuberanti, quasi in guisa di corna, su ciascun lato dell’apertura del netta­ rio. Il fatto che le loro superfici siano realmente [di origine] stigmatica è accertato, giacché le ho trovate profondamente penetrate da una moltitu­ dine di tubi pollinici». 19 Joseph Dalton Hooker, On thè functions and structure of thè rostellum of Listerà ovata, in «Philosophical Transactions of thè Royal Society of London», 144 (1854), pp. 259-63, contributo letto il 15 giugno 1854. 20 Sempre nella monografia sulla fecondazione delle orchidee (On thè various contrivances cit., p. 139) [vedi sopra, nota 18], Darwin osservò: «La struttura e la funzione del rostello di questa orchidea sono state oggetto di una importantissima monografia pubblicata su «Philosophical Transactions» dal dottor Hooker, il quale ha descritto nei minimi dettagli, e ovviamente in modo corretto, la sua singolare struttura; egli tuttavia non ha conside­ rato la parte che gli insetti hanno nella fecondazione di questo fiore. C. K. Sprengel ha riconosciuto bene l’importanza dell’azione degli insetti, ma ha frainteso tanto la struttura, quanto la funzione del rostello» [Christian Konrad Sprengel (1750-1816), botanico tedesco].

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io non posso, non ci credo. - Se voi ci credete, quan­ do una rondine cattura un moscerino, credete che Dio abbia fatto in modo che quella particolare rondine cat­ turasse quel particolare moscerino in quel particolare istante? Io credo che l’uomo e il moscerino si trovino nella medesima situazione. - Se né la morte dell’uomo, né quella del moscerino sono frutto d’un disegno, non vedo alcuna buona ragione per credere che necessaria­ mente lo debba essere la loro prima nascita o generazio­ ne. Nondimeno, come ho detto prima, non posso per­ suadermi del fatto che l’elettricità agisca, che l’albero cresca, che l’uomo aspiri alle più elevate concezioni - e che tutto ciò derivi da una cieca forza bruta.

Il vostro confuso e affezionato amico Charles Darwin

Charles Darwin ad Asa Gray 26 novembre 1860

Down Bromley Kent

Mio caro Gray

Devo ringraziarvi per due lettere1. L’ultima [è quel­ la] con le correzioni, scritta prima che riceveste la mia in cui vi chiedevo una ristampa americana e vi spiega­ vo che pubblicare le vostre recensioni in un pamphlet era fatica sprecata, vista l’impossibilità di far conoscere questi ultimi12*5[al pubblico]. - Sono felicissimo di dirvi che il secondo articolo dell’«Atlantic», quello di agosto, è stato ristampato in « Annals and Magazine of Naturai History»’; tuttavia, non l’ho ancora visto. Ieri ho letto con attenzione il terzo articolo; e mi sembra, come in precedenza, ammirevole. Tuttavia, mi duole dire che onestamente, per quanto riguarda il Disegno, non riesco a spingermi lontano come fate voi. Sono consapevole di trovarmi in una confusione asso­ lutamente senza speranza. Non riesco a pensare che il mondo, cosi come noi lo vediamo, sia il risultato del caso; e tuttavia non posso considerare ogni singola co­ sa distinta come il risultato del Disegno. - Per fare un

1 Non rinvenute. 2 II 24 ottobre Darwin aveva scritto a Gray, informandolo del fatto che Lyell si era interessato presso l’editore Murray per la pubblicazione delle sue recensioni in un pamphlet, ricevendone tuttavia un parere ne­ gativo: i costi per la pubblicità avrebbero superato i ricavi e comunque esistevano problemi di distribuzione. Darwin concludeva «Stando cosi le cose, sarebbe inutile tentare. Sono molto contrariato. - Lyell è dello stesso avviso di Murray». 5 Lo scritto di Asa Gray, Darwin on origin of species, in «Atlantic Monthly», agosto 1860, pp. 229-39, venne poi ripubblicato su «Annals and Magazine of Naturai History», 3“ s., 6 (1860), pp. 373-86.

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esempio cruciale, mi portate a inferire (p. 414) che, secondo voi, «la variazione sia stata guidata lungo certe direttrici benefiche». - Questo io non posso crederlo; e penso che [allora] voi dovreste credere che il numero e l’orientamento delle penne, nella coda di un pavoncello, siano stati fatti variare per asseconda­ re il capriccio di qualche essere umano. Eppure, se il pavoncello fosse stato un uccello selvatico, e avesse usato la sua coda anomala per qualche scopo parti­ colare, ad esempio per volare in favore di vento di­ versamente dagli altri uccelli, tutti avrebbero detto: quale splendido adattamento frutto di un disegno. Ancora una volta ribadisco che mi trovo, e rimar­ rò per sempre, in una confusione senza speranza. Grazie molte per la recensione di Bowen in 404. L’indifferenza con cui descrive tutti gli animali co­ me del tutto privi di ragione è semplicemente as­ surda. A pagina 103, è mostruoso che egli argomen­ ti contro la possibilità della variazione cumulativa e di fatto poi tralasci completamente la selezione! La probabilità che uno shorthorn migliorato, o un gozzuto migliorato, siano prodotti per variazione cumulativa, senza la selezione [operata] dall’uomo, è pressoché nulla; e lo stesso vale per le specie na­ turali senza la selezione naturale. Sull’«Atlantic», voi dimostrate in modo davvero eccellente che la geologia e l’astronomia seguono la metafisica di Bowen; tuttavia, nel memoir in 40 non ha inserito queste sciocchezze. Non ho molto da dirvi sul mio libro. - Ho appena sapu­ to che Dubois Reymond54è d’accordo con me. - Le vendite vanno bene, e la gran quantità di recensioni [critiche] non le ha fermate. Qualche giorno fa, Murray ha venduto 700

4 Francis Bowen (1811-1890), filosofo, Review ofOn thè Origin ofSpecies by Means of NaturaiSelection, in «North American Review», 90 (1860), PP- 474-506. 5 Emil Heinrich Du Bois - Reymond (1818-1896), medico e fisiologo tedesco.

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copie6; e non ne ha [neanche] la metà; perciò devo comin­ ciare immediatamente a lavorare su una nuova edizione. Ve ne manderò una copia, nel caso voleste mai rileggerlo; ma perbacco, ne avrete fin sopra i capelli. Sono felice di dire che Hooker è tornato «roseo, be­ ne in carne e di ottimo umore», ma non l’ho visto, e non ho molte notizie; a parte il fatto che ha scoperto tracce dell’azione glaciale sul [monte] Libano7. - Ho continuato a lavorare su Drosera, ma non pubbliche­ rò fino alla prossima estate, perché i miei risultati mi spaventano, e devo tornare a verificarli; (a tal proposi­ to, ho di conseguenza riletto alcune parti della vostra Lesson in Botany* e ho apprezzato moltissimo l’estrema chiarezza con cui esprimete le cose); potete comunque confidare nella verità di questo fatto, e cioè che il peso prolungato di una piccolissima particella non nutrien­ te, posta con tutta la [dovuta] attenzione su una delle ghiandole, sebbene fosse soltanto 1/78 000 di un grano’, ha causato un movimento cospicuo. Ho ricavato il pe­ so pesando un segmento di un pelo sottile e tagliando­ ne delle piccolissime porzioni che poi ho misurato con un micrometro. Questo peso è di 78 volte inferiore a quello dato dalla migliore bilancia; pur tuttavia, potete confidare che esso basta a iniziare il movimento. Esso

6 Nel mese di novembre, l’editore Murray teneva una vendita per i librai. Poiché vendette più copie di quante ne avesse effettivamente a disposizio­ ne, dovette organizzare con urgenza una nuova edizione deU’Origròe. (Si veda, a tal proposito, la lettera di Darwin a Murray del 20 novembre 1860). 7 Nell’autunno del 1860 Joseph Dalton Hooker effettuò un viaggio in Medio Oriente. Darwin riporta le sue osservazioni nell’Ongròe (Charles Darwin, L'origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6a ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 450): «Secondo le affermazioni del dottor Hooker, l’asse centrale del Libano è stato ricoperto in passato da nevi eterne, che alimen­ tavano ghiacciai che discendevano nelle valli fino a 4000 piedi». 8 Asa Gray, First lessons in botany and vegetable physiology, illustrated by over 360 wood engravingsjrom originai drawings, by Isaac Sprague. To which is added a copious glossary, or dictionary of botanical terms, G. P. Putnam; Ivison & Phinney, New York 1857. 9 II grano è un’antica misura di peso utilizzata in farmacia, pari a 0,0648 grammi. Queste osservazioni, e i calcoli derivanti, confluirono nella mono­ grafia sulle piante insettivore (Charles Darwin, Insectivorous plants, John Murray, London 1875, pp. 25 sgg.).

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produce inoltre tali cambiamenti all’interno delle cellu­ le dei peli ghiandolari che un’ora dopo averlo applicato ero in grado di stabilire quale pelo avesse sopportato questo lievissimo peso, in mezzo a tutti gli altri ioo e più presenti sulla foglia. Suppongo che d’estate facciate delle passeggiate in campagna: ho visto che nella vostra Flora dite che Apocynum androsaemifolium è comune, insieme a un’altra specie. Vorreste osservare se i fiori di entrambe cat­ turano moltissime mosche per la proboscide, come fa la prima [specie] in Inghilterra [?] E se le api visitano i fiori [?] Intendo procurarmi questa pianta, se ci riesco, e osservarla; da ragazzo ero sorpreso per il numero di mosche catturate10.11Vi prego, scrivete per favore una nota su questa pianta e le Spiranthes. Mia figlia11 migliora molto lentamente e ades­ so mi sento di rimetter mano al lavoro quasi con la stessa intensità (a rigor di termini, la stessa levità) di sempre. Mio caro Gray sempre vostro, molto sinceramente C. Darwin

Avete letto A Joumey in thè Back Country di Olmsted12? Che libro straordinariamente interessante[!]

10 Nel mese di novembre del 1860, Darwin scambiò alcune lettere con Daniel Oliver (1830-1916), botanico, per risalire al nome di questa pianta, che ricordava d’aver visto nel giardino della casa paterna, a Shrewsbury. 11 Si riferisce a Henrietta. Si veda la nota 3, p. 51. 12 Frederick Law Olmsted (1822-1903), scrittore, viaggiatore e architetto paesaggista. F. L. Olmsted, A Joumey in thè Back Country, London 1860.

Charles Darwin ad Asa Gray ii aprile 1861

Down Bromley Kent Mio caro Gray,

Sono stato felicissimo di ricevere la vostra fotogra­ fia: sto aspettando la mia che vi invierò non appena ar­ riverà. E una cosa proprio brutta, e temo che la colpa non sia del fotografo. -

Credo, ma non posso giurarci, di avervi scritto di­ cendo che la recensione di Wright1 era stata inoltrata da Sampson & Son21. Ho a mala pena avuto il tempo di darle un’occhiata prima che Huxley la portasse via. Ave­ va un gran timore che, per lui, fosse troppo generale e non abbastanza attinente alla storia naturale3. Questa era stata anche la mia impressione; anche se direi che è molto brillante. Che ne dovrò fare, se Huxley non la pubblicherà? Non conosco altre riviste a cui inviarla. Da quando vi ho scritto l’ultima volta ho ricevuto diverse lettere piene dei più grandi elogi sul vostro sag­ gio4: sono tutti concordi [nel ritenerlo] di gran lunga la

1 Chauncey Wright (1830-1875), matematico e filosofo americano, ave­ va scritto una recensione dell 'Origine. Per un approfondimento su questo interessante autore si veda Andrea Parravicini, Il pensiero in evoluzione. Chauncey Wright tra darwinismo e pragmatismo, Edizioni ETS, Pisa 2012. 2 Sampson Low (1797-1886) e il figlio (Sampson Low Jr, 1822-1871) era­ no editori a Londra in società con l’americano Edward Marston. 3 All’epoca T. H. Huxley dirigeva «Naturai History Review» e aveva accettato di considerare lo scritto di Wright per la pubblicazione; la recen­ sione, tuttavia, non apparve sulla sua rivista. 4 Asa Gray, A Free Examination ofDarwin’s Treatise on thè Origin of Species, and of its American Reviewers, Triibner, London 1861.

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cosa migliore scritta [sull’argomento] e senza dubbio è stato di grande utilità all’Origine. Non ho ancora avu­ to notizie sulle vendite. Avrete visto la recensione su «G. Chronicle»’. - Nel prossimo numero dell’«Eding. New Phil. Journal» uscirà una recensione di A. Mur­ ray4. - Ho ricevuto la lettera di credito: sono compia­ ciuto e sorpreso [nel constatare] il profitto dell’edizione americana. - Ricordate che non dovete sostenere alcu­ na spesa per il vostro saggio. Immagino che in questo momento, negli Stati Uniti in tumulto7, non si venda nulla di letterario. -

Il povero caro Henslow8, al quale io devo molto, sta morendo; Hooker è con lui. Molte [grazie] per le due copie delle vostre pagine su «Proceedings»’. - Non riesco a capire dove stia an­ dando a parare Agassiz10. - Una volta voi avete parlato, credo, del Prof. Bowen", come di una persona molto brillante. Stando ai suoi scritti, l’avrei ritenuto inve­ ce un uomo debole e di singolare superficialità. - Se mai dovesse trovarsi d’accordo con me su un punto, ne trarrò la conclusione che su quel punto io devo essere in errore. E difficile che abbia mai osservato molti ani­ mali, altrimenti capirebbe la differenza fra i cani adul’ La recensione fu pubblicata su «The Gardeners’ Chronicle and Agricultural Gazette», 9 marzo 1861, p. 219. 6 Andrew Murray (1812-1878), botanico ed entomologo; su «Edinburgh New Philosophical Journal», contrariamente a quanto qui anticipato da Darwin, non comparvero recensioni del saggio di Asa Gray. 7 Questa lettera è dell’n aprile 1861: la situazione, negli Stati Uniti, stava precipitando. La battaglia di Fort Sumter, e con essa la guerra civile, sarebbe iniziata il giorno dopo. 8 Si veda la nota 14, p. 20. 9 Asa Gray aveva inviato a Darwin alcune pagine della rivista «Proceeding of thè American Academy of Arts and Sciences», dove erano stati pubbli­ cati vari contributi attinenti all’Origine, compresi alcuni scritti di Agassiz e di Bowen. 10 Jean Louis Rodolphe Agassiz (1807-1873), zoologo svizzero, emigra­ to negli Stati Uniti dove fu professore ad Harvard. Fu spesso in conflitto con Darwin. 11 Francis Bowen (1811-1890), filosofo.

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ti ed esperti e quelli giovani. - Il suo saggio sull’eredi­ tarietà12*li batte tutti. - Provate a dire a un allevatore che potrebbe scegliere i suoi singoli animali peggiori e fare razza con quelli, sperando di vincere un premio; e quello vi prenderà non per uno sciocco, ma proprio per pazzo. - Io credo che Bowen sia un metafisico e suppongo che questo renda conto della sua totale as­ senza di buon senso.

Vi prego di ricordare [le osservazioni sulle] Spiranthes; - se inserite un filo d’erba, prima di ritrarlo, ri­ cordate di piegarlo o curvarlo verso il rostello. Se vi im­ battete in un Apocynum selvatico, vi prego di osservare se cattura le mosche come in Inghilterra1’. - Accludo la mia fotografia, che è arrivata alquanto spiegazzata, ma immagino che possa essere lisciata stirandola. Mio caro Gray Molto sinceramente vostro C. Darwin -

P. S. Accludo una piccola fotografia fatta questa mattina dal mio figlio maggiore14. 11 aprile. -

12 Francis Bowen, Observations of thè supposed hereditability of peculiar traiti of bodily and mental organization, and especially of mental disease, 1861 ; nel suo saggio Bowen negava l’ereditabilità di alcuni tratti mentali e fisici. 1J Per le richieste di informazioni su Apocynum e sulle Spiranthes, si ve­ da la lettera del 26 novembre 1860, p. 60. 14 William Erasmus Darwin (1839-1914).

In precedenza Asa Gray aveva chiesto a Darwin qua­ li prove gli occorressero per convincersi del Disegno. Il 17 settembre Darwin gli aveva risposto: «Se vedessi un angelo scendere [in terra] per insegnarci il bene, e se fossi convinto, dal fatto che anche gli altri lo vedono, di non essere impazzito, allora crederei nel disegno. Se potessi convincermi del tutto che la vita e la mente dipendono in qualche modo sconosciuto da altre forze imponderabili, allora sarei convinto. - Se l’uomo fos­ se fatto d’ottone e di ferro e non fosse in alcun modo connesso a nessun altro organismo mai vissuto [sulla Terra] forse potrei convincermi. Ma questo è scrive­ re in modo puerile». Gray aveva ribattuto che forse a convincerlo sarebbe bastato non un angelo, ma una creatura mostruosa con una lattiera al posto del naso, e in questa lettera, posteriore alTn ottobre, Darwin raccoglie lo scherzo e risponde. T. P.

Charles Darwin ad Asa Gray1 Ottobre 1861

[Down] [...] scritto in modo proprio eccessivo. - Sono felicis­ simo che esaminerete alcune delle vostre Rubiaceae e spero che possiate trovare il tempo di fare qualche espe­ rimento. - Grazie per le osservazioni riguardo i vostri agrifogli, spero che vorrete occuparvene un poco. Per me è incomparabilmente più interessante osservare che scrivere; tuttavia mi sento alquanto in colpa per il fat­ to di sconfinare in questi argomenti, e di non restare fedele alle mie maledette varietà di galli, galline e ana­ tre123Ho saputo che Lyell è feroce nei miei confronti. - La prossima estate nulla mi impedirà di occuparmi di Linum\ -

Quello che dite in merito alla questione del Disegno, sul mantenere le nostre posizioni standocene in trin­ cea e tirando delle gran bordate, mi ha fatto ridere. Ho il sospetto d’essere più codardo di voi, come del resto è giusto che sia, giacché non mi sento sicuro sul mio terreno. - Ed ecco la bordata con cui rispondo alla 1 La lettera fu scritta da Darwin a Gray dopo l’i i ottobre 1861. 2 Darwin stava lavorando a Variazione, tuttavia interruppe a più riprese quell’impegno, «divagando» sulle orchidee (On thè various contrivances by which Britisb and foreign orchids are fertilised by insects, John Murray, Lon­ don) e sul dimorfismo dei fiori (On thè two forms, ordimorphic condition, in thè species of Primula, and on their remarkable sexual relations, in «Journal of thè Proceedings of thè Linnean Society of London [Botany]», 6, pp. 7796): entrambe queste opere furono pubblicate nel 1862. 3 Darwin si proponeva di riprendere gli esperimenti iniziati nell’estate del 1861 su Linum.

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questione del naso-lattiera: crederei che sia stato pro­ gettato (come un tempo credevo di ogni parte di ogni animale) finché non vedessi la possibilità che si fosse formato senza alcun disegno, e finché non vedessi, al­ lo stesso tempo, nella sua intera struttura (come [pure] nelle omologie, nell’embriologia, negli organi rudimen­ tali, nella distribuzione, eccetera) le prove del suo es­ sere stato prodotto in modo del tutto diverso, ovvero per discendenza da un’altra lattiera, il cui becco fosse forse servito a un uso diversissimo. Quando penso al­ le mie amate orchidee, con i rudimenti di cinque an­ tere, con un pistillo convertito in rostello, con tutta la coesione delle parti, pensare che un’orchidea sia stata creata cosi come noi oggi la vediamo mi sembra dav­ vero un’incredibile mostruosità. Ogni [loro] parte ri­ vela modificazioni su modificazioni. Di questo, però, basta e avanza.

Addio, mio caro Gray, insieme alla mia sincera ri­ conoscenza per la vostra inesauribile gentilezza. Molto cordialmente, vostro C. Darwin Naturalmente vi manderò il mio opuscolo sulle or­ chidee.

E soprattutto il naturalismo coerente, unito al razi­ onalismo scettico, a porre in rotta di collisione Dar­ win con gran parte dei tentativi di rendere le sue idee compatibili con le credenze religiose. Queste ultime del resto, scriverà nell’Autobiografia, si sono evolute come consolazioni adattative dalle quali ora è difficile liberarsi: sono istinti antichi che vengono ora inculcati e trasmessi dai genitori attraverso l’educazione. Cosi i bambini trovano arduo «liberarsi dalla fede in Dio, cosi come è difficile per una scimmia liberarsi dalla paura e dall’odio che nutre istintivamente per il serpente»1. Il sentimento religioso, aveva notato poche righe prima, è declinato in ogni cultura in modo diverso e in forme inconciliabili come monoteismi e politeismi. In queste corrispondenze ripete che ciò in cui cre­ deva o meno quando scriveva V Origine «non aveva al­ cuna importanza per nessuno eccetto me stesso», dato che si trattava di un dominio di questioni irrisolte che spettano alla «coscienza interiore». Dal suo punto di vista, Fipotesi di Dio non era necessaria nello studio dell’evoluzione, il che è cosa diversa dal dire che essa sia ontologicamente e necessariamente falsa per via scientifica. Sta dicendo che la sua teoria è semplicemente indifferente alla questione. Darwin rispettò quindi un sostanziale naturalismo metodologico, senza

1 Charles Darwin, Autobiografia, 1809-1882, trad. it. di L. Fratini, intr. di G. Giorello, Einaudi, Torino 2006, p. 75.

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pronunciare l’ultima parola sul naturalismo metafisico od ontologico, pur ritenendolo più plausibile. Allo stes­ so modo, la tesi difensiva secondo cui la scienza non può escludere definitivamente l’esistenza di Dio per­ ché si tratta di un’entità sovrannaturale, né può erger­ si a spiegazione ultima della realtà, gli pareva una trin­ cea piuttosto precaria (e in continuo arretramento): ciò che riusciamo a spiegare senza ricorrere a Dio aumenta infatti costantemente. Nelle lettere del 1869 ad Alfred R. Wallace, reduce dalla sua svolta spiritualista, la con­ trarietà di Darwin mostra il suo rigoroso naturalismo di metodo: non vi è alcuna necessità di introdurre entità sovrannaturali, o «salti ontologici» diremmo oggi, per spiegare l’evoluzione della mente umana. Nella lettera a Hooker del 1867, il sarcasmo sulle in­ genuità della teologia naturale da rotocalco si fa feroce, pari solo a quello contro le «imposture» delle sedute spiritiche. Tuttavia, sul versante opposto, le arringhe anticlericali dei dissenzienti inglesi e la militanza dei materialisti che pretendevano di far discendere per via scientifica l’ateismo dalla sua teoria gli parevano strate­ gie controproducenti. Attaccare frontalmente gli avver­ sari a testa bassa, come fanno Haeckel e Huxley, crea polemiche ma pochi consensi, argomenta nelle lettere che seguono. Al vecchio parroco di Down, John Brodie Innes, nel 1878 dice di non ricordare «di aver mai pub­ blicato una parola che fosse direttamente rivolta con­ tro la religione o il clero». Per promuovere la libertà di pensiero è preferibile tenere separate le competenze e favorire la «graduale illuminazione delle menti umane che fa seguito al progresso della scienza», scrive a Edward B. Aveling nel 1880. Meglio insomma pensarci due volte, spiega al figlio George nel 1873, prima di partire lancia in resta su argomenti religiosi. Tutto sommato, inseguendolo da una lettera all’altra nelle sue incertezze, si ha l’impressione che il problema teologico non fosse al centro dei suoi interessi. «La mia teologia è una confusione bella e buona», scrive a Hooker nel 1870. A conti fatti, di fronte alle insistenti richieste

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di darsi un’etichetta, poteva andar bene il neologismo in­ ventato dall’amico Huxley: «Anche nelle mie oscillazioni più estreme non sono mai stato ateo, nel senso di negare l’esistenza di un Dio - scriverà nel 1879 a John Fordyce. - Penso che, in generale (e sempre di più via via che invec­ chio), anche se non sempre, la descrizione più corretta del mio stato mentale sia quella di agnostico». Da quell’inciso, «anche se non sempre», si trae l’impressione che Darwin si sentisse agnostico e scettico persino nei confronti del suo stesso agnosticismo. T. P.

Charles Darwin a Mary Everest Boole1 14 dicembre 1866

Down. Bromley. Kent.

Gentile Signora. Sarebbe stato un grande piacere poter inviare ri­ sposte soddisfacenti, o comunque delle risposte, alle vostre domande. Ma non riesco a capire in che modo la convinzione che tutti gli esseri organici, compreso l’uomo, siano geneticamente12 derivati da un qualche essere semplice, invece di essere stati creati separatamente, abbia attinenza con le vostre perplessità. - A me sembra che esse possano trovare risposta solo su una base profondamente diversa dalla scienza, ovvero attraverso la cosiddetta «coscienza interiore». La mia opinione non ha più valore di quella di qualsiasi altro uomo che abbia riflettuto su tali questioni, e da parte mia sarebbe vano esprimerla; posso tuttavia osservare che mi è sempre parso più soddisfacente considerare l’immensa quantità di dolore e sofferenza [presenti] in questo mondo come l’inevitabile risultato della na­

1 La signora Boole (1832-1916), moglie del matematico George Boole, si interessava, fra l’altro, di matematica e pedagogia. 2 Nell’originale di Darwin si legge: «But I cannot see how thè belief that all organic beings including man have been genetically derived from some simple being...» [corsivo aggiunto). Nella traduzione è stato conservato il termine usato da Darwin («geneticamente»), anche se occorre precisare che il suo significato, all’epoca, era diverso da quello che gli attribuiamo noi oggi: la frase va infatti letta in questo modo: Ma non riesco a capire in che modo la convinzione che tutti gli esseri organici, compreso l’uomo, siano derivati per generazione da un qualche essere semplice...» In altre parole, in un’epoca in cui la genetica non era ancora nata (Mendel pubblicò i suoi risultati proprio nel 1866, ma com’è noto essi furono «assorbiti» dal mon­ do scientifico solo nel 1900), genetically faceva semplicemente riferimento alla genesi e alla generazione.

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turale sequenza degli eventi, ovvero di leggi genera­ li, piuttosto che [ritenerla] derivante dall’intervento diretto di Dio, sebbene io sia consapevole che questo non è logico quando si faccia riferimento a una divi­ nità onnisciente. - La vostra ultima domanda sembra riconducibile al problema del libero arbitrio e della necessità, che moltissime persone hanno constatato essere insolubile.

Sarebbe stato mio sincero desiderio che questa lettera non fosse del tutto inutile come invece è; se fosse stato in mio potere, pur disponendo di poco tempo e scarse energie, vi avrei inviato risposte complete.

Gentile signora, mi onoro di rimanere molto rispettosamente vostro Charles Darwin P. S. Mi addolora che le mie idee siano state inav­ vertitamente responsabili delle vostre inquietudini, ma vi ringrazio e vi ammiro per il giudizio che esprimete, e cioè che la teologia e la scienza debbano ciascuna se­ guire il proprio corso e che, nel caso in oggetto, io non sono responsabile se il loro punto di incontro è ancora molto lontano3.

3 Nella conclusione della sua lettera, la signora Boole aveva scritto queste parole: «La scienza deve percorrere la sua strada e la teologia la propria, ed esse si incontreranno quando, e dove, e come, a Dio piacerà; né Lei è in alcun modo responsabile, se il loro punto di incontro è anco­ ra molto lontano».

Charles Darwin a Joseph Dalton Hooker 8 febbraio 1867

Down Bromley Kent Mio caro Hooker Sono sinceramente felice che ti sia stata offerta la presidenza della British Association1, perché è un grandissimo onore; e visto che hai un cosi gran carico di lavoro, sono ugualmente felice che tu ab­ bia declinato. Sono tuttavia convinto che ci sare­ sti riuscito benissimo; ma se immagino me in una tal posizione, mi si gela davvero il sangue. Guardo con stupore all’abilità e al tatto con cui il Duca di Argyll tenne numerosi brevi discorsi a Glasgow1. A proposito, non ho visto il libro’ del Duca, ma in precedenza avevo trovato brillanti, seppure non molto profondi, alcuni dei [suoi] articoli pubblica­ ti su periodici. Uno di essi venne recensito, alcuni anni fa, su «Saturday Review»12 4; la fallacia di parte 3

1 British Association of thè Advancement of Science. Hooker avrebbe dovuto presiedere, l’anno successivo, il convegno della BAAS a Norwich; nella sua lettera del 4 febbraio 1867, spiegava a Darwin le motivazioni del proprio rifiuto. 2 II duca di Argyll, George Douglas Campbell (1823-1900), aveva presie­ duto il XXV convegno della BAAS tenutosi a Glasgow nel 1855, in occasione del quale, il 12 settembre 1855, aveva parlato della necessità di assicurare alla scienza «uno spazio migliore, e piu riconosciuto, nell’educazione dei giova­ ni» (Report of thè 2jth meeting of thè British Association for thè Advancement of Science heldat Glasgow in September 1855, p. Lxxxn). In una lettera a Fox del 14 ottobre 1855, Darwin aveva definito eccellente il discorso di Argyll. 3 George Douglas Campbell, The Reign ofLaw, Strahan, London 1867. 4 L’articolo del duca di Argyll cui Darwin allude era una recensione, pub­ blicata da «Edinburgh Review» nel 1862, della sua monografia sulla fecon­ dazione delle orchidee. Il lavoro di Campbell era stato a sua volta recensito da Henry Parker, nipote di Darwin (Henry Parker, The Edinburgh review on thèsupematural, in «Saturday review of politics, literature, Science, and art», 15 novembre 1862, pp. 589-90).

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del ragionamento principale era stata messa a nu­ do mirabilmente: io ti mandai l’articolo5 e tu ti trovasti pienamente d’accordo con esso. Ora ho dimenticato le contro-argomentazioni, e so che il Duca mi metterebbe nel sacco se lo rileggessi, come suppongo dovrei fare. L’al­ tro giorno è uscita una recensione abbastanza buona del libro del Duca su Spectator6, e con una nuova spiegazione degli organi rudimentali, offerta dal Duca o dal recen­ sore (non sono riuscito a capire chi); e cioè che l’econo­ mia di materiali e lavoro fu un importantissimo principio guida di Dio (ignorando lo spreco di semi e di individui immaturi, i mostri, eccetera), che creare un nuovo piano per la struttura degli animali significava pensare, e che il pensiero era lavoro: per questo motivo Dio si attenne a un piano uniforme e lasciò i rudimenti. Non sto esage­ rando. In breve, Dio è un uomo un po’ più abile di noi: mi meraviglio che non abbiano ipotizzato che, se si fosse spremuto troppo le meningi, avrebbe avuto ima digestio­ ne difficile. - Ti sono molto obbligato per [l’articolo su] «Nation» (che ti restituisco): è ammirevole-, tu dici che io non indovino mai, ma credo che nessuno, salvo Asa Gray, potrebbe averlo scritto cosi bene7. Scommetten­ do, darei alla pari, o 3 a 2, che è di Asa Gray: anche se uno o due passaggi mi hanno sconcertato.

Ho concluso il mio libro sugli «Animali domestici eccetera» con un singolo paragrafo in cui rispondo, o meglio ancora, getto il dubbio, nella misura in cui lo permette uno spazio cosi breve, sulla teoria di Asa Gray, e cioè che ciascuna variazione sia stata specificamen­ te ordinata o orientata in una direzione vantaggiosa8. 5 La recensione di Parker, che Hooker aveva definito «perfetta». 6 La recensione, anonima, fu pubblicata il 5 gennaio 1867. 7 Anonimo, PopularizingScience, in «Nation», 4 (1867), pp. 33-34; l’ar­ ticolo verteva sulla divulgazione della scienza e sui suoi rischi, prendendo di mira Louis Agassiz. 8 «Per quanto possiamo desiderarlo, non ci è possibile appoggiare l’opi­ nione del professor Asa Gray, secondo cui «la variazione è stata condotta lungo alcune direzioni vantaggiose, come un flusso d’acqua viene incanala­ to lungo linee definite e utili di irrigazione». Se ammettiamo che ciascuna

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È alquanto vano toccare questi argomenti, ma vi sono state talmente tante allusioni su quello che io penso in merito alla parte avuta da Dio nella formazione degli esseri organici, che pensavo fosse poco dignitoso elu­ dere la questione. - Ho perfino ricevuto diverse lette­ re sull’argomento. Una divertente era da parte di una signora che poneva una serie di domande, e quando le dissi che non potevo rispondere a una sola di esse, lei ribatte di essere perfettamente soddisfatta, e che era esattamente quanto si aspettava’. - Ho trascurato la tua frase sulla Provvidenza, e suppongo di averle riservato 10 stesso trattamento che Buckland riservò alla propria teologia, quando il suo Bridgewater Treatise10 gli ven­ ne letto ad alta voce perché vi apportasse le correzio­ ni. - Non capisco proprio quello che intendi; in parte perché «provvidenza» significa o semplicemente Dio, o una costante protezione divina. -

Ecco dunque un tema su cui sembra molto difficile fa­ re congetture, e cioè se un genere insulare sia originato sull’isola o vi sia [soltanto] sopravvissuto. - Quando su un arcipelago sono presenti diverse specie affini, sembra pro­ babile che [il genere] sia stato creato colà, come dimostra 11 fatto che in quei luoghi costituisce da tempo una forparticolare variazione sia stata preordinata sin dall'inizio dei tempi, allora la plasticità dell’organizzazione, che conduce a molte deviazioni di strut­ tura nocive, proprio come la sovrabbondante forza riproduttiva porta ine­ vitabilmente alla lotta per l’esistenza - e quindi alla selezione naturale o sopravvivenza del più adatto -, ci sembrerà il risultato di superflue leggi di natura. D’altro canto, un Creatore onnipotente e onnisciente ordina tutto e prevede ogni cosa. Ci troviamo cosi di fronte a una difficoltà insolubile, come quella del libero arbitrio e della predestinazione» (Charles Darwin, La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico, a cura di A. Volpone, trad. it. di aa.vv., Einaudi, Torino 2011, pp. 834-35). 9 La signora cui allude Darwin è Mary Everest Boole. La risposta di Darwin è pubblicata in questa raccolta a p. 73. La lettera in cui la signora si dice soddisfatta delle «non risposte» di Darwin è datata 17 dicembre 1866. 10 II reverendo William Buckland (1784-1856) scrisse il sesto Bridgewater Treatise, intitolato Geology and Mineralogy Considered with Reference to Naturai Theology (Wiliam Pickering, London 1836). I Bridgewater Treatises, in tutto otto, vertevano su «On thè Power, Wisdom and Goodness of God, as manifested in thè Creation». Erano stati commissionati da Francis Henry Egerton, ottavo conte di Bridgewater.

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ma capace di variazione e bene adattata. Ho dimenticato se le Umbelliferae vivano sulle altre isole dell’Atlantico. Supponendo che le ossa del cervo non siano quelle di un animale naturalizzato (perché certamente quando Mauritius fu scoperta non vi era alcun cervo) si tratta di un caso impressionante e della massima importanza di estensione continentale. Se vedi Owen, mettilo in guardia, ma non da me, in merito ai molti animali che sono stati naturalizzati laggiù.

Ho visto in bozza il passaggio di Owen, in una no­ ta, sui tipi ideali; su questo argomento supera se stes­ so per sfrontata impudenza, e ne fa l’arena per un at­ tacco ad Huxley. Mandami una copia del tuo saggio sulle isole quan­ do sarà stampato, perché siamo in molti a volerlo leggere11.

Ho detto a Murray di non pubblicare il mio libro alla cieca, ma lui ha conservato il manoscritto in tut­ ta la sua lunghezza ed è spaventato, forse a ragione, perché io non so mai quando mi spingo troppo nei dettagli; e i dettagli dovranno essere stampati in un carattere più piccolo; finalmente il manoscritto è nelle mani dello stampatore. - Nel frattempo ho comincia­ to un capitolo sull’uomo, per il quale da tempo vado raccogliendo materiali, ma è diventato troppo lungo, e credo che dovrò pubblicare separatamente un volu­ metto, «un saggio sull’origine del genere umano»: ho convinto me stesso circa i mezzi mediante i quali le razze umane si sono principalmente formate, ma non mi aspetto di convincere nessun altro11 12. - Vorrei che 11 Joseph Dalton Hooker, Lecture on insularfloras. [Abstract of a lecture before thè British Association for thè Advancement of Science in 1866], in «Journal of Botany», 5 (1867), pp. 23-31. 12 I materiali sull’uomo confluiranno nell’Ong/He dell’uomo (1871) e nell’Espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872).

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lo spaventoso lavoro di sei mesi per la correzione delle bozze fosse finito. Hensleigh Wedgwood1’ è stato molto malato, ed è triste vedere quanto sia abbattuto, tuttavia adesso si sta riprendendo. Di’ alla signora Hooker che la ricordiamo con mol­ to affetto e porgile le nostre congratulazioni per aver sceso le scale14. Sempre tuo, con affetto C. Darwin

Il 13 febbraio andremo per una vacanza al 6 di Queen Anne St.1’ - Mi auguro che tu possa venire a Londra, e di vederti.

u Si veda la nota 4, p. 6. 14 Frances Harriet Hooker (1825-1874), moglie di Hooker, aveva par­ torito il 12 gennaio. 15 Era l’indirizzo londinese di Erasmus Darwin (si veda la nota 2, p. 9).

Charles Darwin a Ernst P. A. Haeckel* 12 aprile 1867

Down. I BromleyA Kent. S.E. Mio caro signore,

Spero che siate tornato a casa in buona salute e che abbiate maturato un generoso raccolto nelle scienze naturali. E da qualche tempo che desidero scrivervi in merito alla vostra grande opera12, della quale ultima­ mente ho letto buona parte. Tuttavia, il fatto d’essere in grado di leggere, e in modo incompleto, solo 203 pagine alla volta, mi fa quasi impazzire dall’irritazio­ ne. Per me, tutto il [vostro] libro sarebbe infinitamente interessante e utile. Quello che più mi ha colpito è la singolare chiarezza con cui avete elaborato e organizza­ to metodicamente tutti i principii minori e la filosofia generale della materia. Le vostre critiche alla lotta per l’esistenza offrono un buon esempio di come i vostri pensieri siano assai più chiari dei miei.

Tutta la vostra discussione sulla disteologia3 mi ha colpito, in quanto particolarmente buona. Ma è vano specificare questa o quella parte; mi sembra infatti che tutto l’insieme sia eccellente. E ugualmente vano cer­ care di ringraziarvi per tutti i riconoscimenti con cui ripetutamente mi onorate. Spero che non mi conside­ rerete impertinente se muoverò un’unica critica: alcu1 Ernst Haeckel (1834-1919), zoologo tedesco. 2 Ernst Haeckel, Generelle Morpho logie der Organismen, Georg Reimer, Eerlin 1866. 5 Darwin scrive «dysteologie»; il termine in realtà era «dysteleologv», e indicava lo studio degli organi rudimentali, privi di funzione, nel mondo animale e vegetale.

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ni dei vostri commenti su vari autori mi paiono troppo severi; non posso tuttavia giudicare bene su questo te­ ma, giacché sono un germanista assai scarso. Ho sen­ tito, comunque, molti autori eccellenti e ammiratori della vostra opera lamentarsi per la severità delle vo­ stre critiche4. Questo mi sembra veramente un pecca­ to, perché da tempo ho osservato che una gran severità induce il lettore a prendere le parti della persona che viene attaccata. Ricordo casi precisi in cui la severità produsse esattamente Teffetto opposto a quello desi­ derato. Sono certo che il nostro buon amico Huxley, sebbene goda di gran prestigio, ne avrebbe molto di piu se fosse stato più moderato e avesse sferrato attac­ chi meno frequenti. Poiché voi avrete sicuramente un ruolo assai importante nella scienza, lasciate che io, co­ me uomo più anziano, vi preghi seriamente di riflettere su quanto mi sono appena azzardato a dirvi. So che è facile predicare, e se fossi capace di scrivere con seve­ rità suppongo che sarei felicissimo di fare a pezzi quei poveri diavoli e di mettere a nudo tutta la loro imbe­ cillità. Nondimeno sono convinto che questa capacità non porti a nulla di buono, ma causi soltanto sofferen­ za. Giacché vediamo ogni giorno uomini che partono dalle medesime premesse e pervengono a conclusioni opposte, posso aggiungere che quella di esprimersi in modo troppo categorico su una qualsiasi materia com­ plessa, per quanto uno possa sentirsi convinto della verità delle proprie conclusioni, mi pare una politica insidiosa. Ora potrete perdonare la libertà che mi so­ no preso? Sebbene ci siamo incontrati una sola volta,

4 In particolare, il 5 aprile Darwin aveva ricevuto una lettera da Julius Viktor Carus (1823-1903), studioso di anatomia comparata tedesco, il qua­ le - oltre a proporre la traduzione in lingua tedesca di Variazione cit. - si lamentava degli strali lanciati in Generelle Morphologie dal suo amico Haeckel: «Mi dispiace molto che non sia stato più moderato. [...] Naturalmente non vi è dubbio che [il suo libro] contenga osservazioni di capitale importanza su questioni di morfologia. Ma con i numerosi commenti personali e asso­ lutamente non necessari, e con l’eccessiva asprezza delle sue critiche, ha indebolito l’effetto [...] Vi è un solo uomo al cui giudizio egli si rimette­ rebbe, e quello siete voi».

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vi sto scrivendo come a un vecchio amico, perché cosi mi sento nei vostri confronti.

Per quanto riguarda il mio libro sulla Variazione allo stato domestico, sto facendo progressi lenti ma costan­ ti nella correzione delle bozze. Temo che susciterà in voi uno scarso interesse e che sarete colpito da come ho organizzato malamente alcuni dei temi che voi ave­ te discusso. La principale utilità del mio libro starà nel vasto accumulo di fatti mediante i quali credo di aver stabilito alcune proposizioni. Mi sono dedicato allo sviluppo di una sola lunga ipotesi, ma non posso fare alcuna congettura circa l’interesse che essa susciterà in voi o in chiunque altro.

Spero che mi scriverete presto e mi racconterete co­ me state e che cosa state facendo; mio caro Haeckel, credetemi molto cordialmente vostro Ch. Darwin.

Charles Darwin ad Alfred Russel Wallace* 27 marzo 1869

Down, Bromley, Kent, S.E. Mio caro Wallace, -

Devo inviarti due righe per ringraziarti, ma non oc­ corre che tu risponda. Proprio questa mattina, dopo aver scritto, ho scoperto che in Svezia «elk» era usato per «moose», ultimamente avevo letto di essi in Nord America21. Sono incline ad esser d’accordo sul modo in cui poni la questione nella tua lettera, che ritengo di­ versa dal tuo libro; avevo pensato che una penna diffi­ cilmente potrebbe aumentare di lunghezza finché non fosse dapprima cresciuta del tutto, e pertanto aumen­ terebbe in un momento successivo della vita e sarebbe trasmessa a un’età corrispondente. Il fagiano [del ge­ nere] Crossoptilon, però, e anche il fagiano comune, mostrano che le penne della coda possono svilupparsi assai precocemente. Grazie per gli altri fatti, sui quali rifletterò quando ritornerò sul mio manoscritto. Ho letto con grande interesse tutto quello che hai

1 Per l’originale di questa lettera si veda Alfred Russel Wallace (18231913, naturalista), Lettera and Reminiscences, a cura di J. Marchant, Cassell and Company, London 1916, voi. I, pp. 240-41. 2 Darwin aveva letto il libro di Wallace, Malay Achipelago, e in una let­ tera precedente (22 marzo) gli aveva segnalato tre errori, fra i quali questo, a p. 315: «Non intendevi le corna del moose> Perché \'elk non ha le corna palmate» [corsivi aggiunti]. Il problema sorge dal fatto che in Nord Ame­ rica la specie Cervus canadensis (che non ha corna «palmate», ed è il cervo wapiti) viene indicata con il nome volgare elk\ questo stesso nome volgare in Europa e Asia indica invece un’altra specie {Alces alces, l’alce, che ha cor­ na «palmate» e che in America è chiamato «moose»). Di qui la confusione.

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detto circa il governo olandese, ma non credo di saper­ ne abbastanza per formarmi una qualsiasi opinione con la quale controbattere alla tua. Sono estremamente curioso di leggere il «Quarterly»'. Spero tu non abbia completamente assassinato la tua, e la mia, creatura.

Di recente, e cioè nella nuova edizione àeV Origine* ho moderato il mio entusiasmo e ho attribuito molta più importanza a una mera variabilità inutile. Pensavo di mandarti il foglio in cui discuto il saggio di Nàgeli’ sulla selezione naturale, la quale non influenza caratte­ ri privi di importanza funzionale, che pure hanno una grande rilevanza per la classificazione; ma credo non ti interessi vederlo.

Hooker è molto soddisfatto di quanto ho detto sull’ar­ gomento. Sarebbe curioso che fossimo giunti a conclu­ sioni simili. Tu sei l’ultimo uomo in Inghilterra disposto a deviare d’un filo dalle proprie convinzioni per com­ piacere qualsiasi editore al mondo. Molto cordialmente tuo,

Ch. Darwin P. S. Ho pensato infine a una domanda, ma se non riceverò alcuna risposta capirò che (come è probabile) non hai nulla da dire [in proposito]. Ho visto menziona-

3 II 24 marzo 1869, Wallace aveva scritto a Darwin: «Nel mio articolo, imminente sul “Quarterly”, mi avventuro per la prima volta su alcune ri­ serve in merito al potere della selezione naturale». Alfred Russel Wallace, «Geological climatei and thè origin of species» [Review of C. Lyell’i Prin­ cipici of Geology and Elementi of Geology], in «Quarterly Review», 126 (1869), pp. 359-94. 4 Darwin si riferisce alle modifiche apportate al iv capitolo della quinta edizione (1869), poi ulteriormente modificato nella sesta edizione (1872). 5 Cari Wilhelm von Nàgeli (1817-1891), botanico svizzero, autore di una monografia sui meccanismi di trasmutazione delle specie, pubblica­ ta nel 1865. Cari Wilhelm von Nàgeli, Entitehung und Begriff der Naturhiitoriichen Art, Munchen 1865.

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re che gli uomini e le donne di certe tribù differiscono leggermente nella sfumatura ovvero nel colore; ma tu hai mai visto o sentito parlare di una qualche differenza di colore fra i due sessi la quale non sembrasse derivare da una differenza nelle abitudini di vita?

Charles Darwin ad Alfred R. Wallace* 26 gennaio [1870]

Down, Beckenham, Kent, S.E. Mio caro Wallace,

Sono rimasto assai colpito da tutto il tuo articolo (che ti restituisco con questo plico)*, soprattutto per quanto riguarda la velocità di denudazione, perché ul­ timamente le superfici ancora coperte dai ghiacci mi hanno sconcertato moltissimo. Anche, specialmente, per quanto riguarda i minori mutamenti del clima nel cor­ so degli ultimi 60 ooo anni, giacché io penso, come te, che nessuna causa sia altrettanto potente nell’indurre modificazioni specifiche attraverso le conseguenti mi­ grazioni. Il tuo ragionamento, sul fatto che in passato le modificazioni organiche siano state più rapide, ver­ rebbe in qualche modo rafforzato se Sir W. Thomson’ avesse ragione nel sostenere che i cambiamenti fisici erano un tempo più bruschi e violenti.

1 Per l’originale di questa lettera si veda Alfred Russel Wallace, Letters and Reminiscences, a cura di J. Marchant, Cassell and Company, London 1916, voi. I, pp. 250-51. 2 Come si legge in una lettera del 22 gennaio, Wallace aveva inviato a Darwin le bozze del suo articolo The measurement of geological lime (che sarebbe poi stato pubblicato in due parti su «Nature», precisamente il 17 febbraio e il 3 marzo). 3 William Thomson, Lord Kelvin (1824-1907), fisico e inventore, aveva ridimensionato a cento milioni di anni il periodo durante il quale la Terra era stata «abitabile»; stando alle sue stime, quindi, non vi sarebbe stato tempo sufficiente per l’evoluzione delle specie secondo il lento processo della sele­ zione naturale. Darwin aveva immaginato periodi molto piu lunghi, e i cal­ coli di Thomson lo mettevano in difficoltà: lo aveva ammesso in una lettera a Wallace del 14 aprile 1869 («L’idea di Thomson sull’età recente del mondo è stata, per qualche tempo, una delle mie peggiori spine nel fianco») e lo ri­ badisce anche in questa lettera del 26 gennaio 1870, quando afferma di «non essere ancora riuscito a digerire» quel ridimensionamento. Il conflitto con Thomson è ben presente nella sesta edizione dell’Ong/w (1872).

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Tutta la materia è talmente nuova e vasta che, io suppongo, certo non ti aspetterai che qualcuno si lasci convincere imme­ diatamente, ma che piuttosto tenga presente la tua idea e la lasci fermentare. Questo, secondo me, dovrà farlo chiunque. Non sono ancora riuscito a digerire il concetto fondamentale dell’età piu breve del sole e della terra. Tutto il tuo articolo mi sembra di una chiarezza ammirevole e ben esposto. Pos­ so osservare quanto dimostrato da Rutìmeyer4, e cioè che a partire dal periodo neolitico, in Svizzera, la dentatura e, io credo, la taglia generale di diversi mammiferi selvatici, si so­ no legalmente modificate. Non posso credere che l’istmo di Panama sia stato aperto fin dall’inizio del periodo glaciale; infatti, pesci a parte5, pochissimi molluschi e crostacei, e se­ condo Agassiz nessun echinoderma, sono comuni sui due versanti. Sono molto felice che tu stia per pubblicare tutti i tuoi saggi sulla selezione naturale: sono certo che hai ragione e che faranno un gran bene alla nostra causa6.

Mi affliggo, tuttavia, per l’Uomo: scrivi come un naturalista metamorfosato (in senso retrogrado) - proprio tu che sei l’au­ tore del miglior articolo mai pubblicato su « Anthr. Review»7! Ohi! Ohi! Ohi! - Il tuo afflittissimo amico, C. Darwin

4 Karl Ludwig Riitimeyer (1825-1895), paleozoologo e geologo svizzero. Darwin qui lo cita per controbattere un’affermazione presente nell’articolo di Wallace, secondo il quale durante il periodo neolitico non era stata pro­ dotta alcuna alterazione nella forma di piante e animali. 5 Wallace affermava, nell’articolo, che un terzo delle specie di pesci ma­ rini note erano identiche sui due versanti. 6 Sempre nella lettera del 22 gennaio, Wallace informava Darwin di es­ sere sul punto di pubblicare, sotto forma di raccolta, i suoi vari scritti «a proposito dell’Origine delle specie, eccetera», sotto il titolo di Contribution to thè Theory of Naturai Selection: A Series of Essays. Nell’ultimo saggio, avvertiva, «avanzo le mie opinioni eterodosse riguardo all’Uomo, e mi av­ venturo addirittura ad attaccare la filosofia di Huxley!» 7 A proposito dell’articolo pubblicato su «Anthropological Review», il 31 marzo 1870 Darwin scrisse a Wallace, manifestando il suo disappunto: «Devo aggiungere che ho appena riletto il tuo articolo sull’“Anthropologi­ cal Review” e ti sfido a rovesciare la tua stessa dottrina».

Charles Darwin a Frances Power Cobbe1 23 marzo [1870]

Down

Carissima signorina Cobbe,

E stato molto gentile da parte vostra inviarmi, vo­ lente o nolente, il Kant21 insieme all’altro libro. Sfoglia­ re il primo è stato un grandissimo piacere. Ho trovato molto interessante constatare come due uomini possa­ no considerare diversamente gli stessi argomenti - seb­ bene io percepisca appieno quanto suoni presuntuoso il mio accostarmi anche solo per un momento a Kant: uno è un grandissimo filosofo che indaga soltanto nel­ la propria mente; l’altro un miserabile disgraziato che esamina il senso morale dell’umanità dall’esterno, at­ traverso scimmie e selvaggi. Ho dato un’occhiata alle pagine tagliate del Despine’ e mi è parso ben lungi dall’essere un pensatore ori­ 1 L’originale della lettera può essere consultato in: The Correspondence of Charles Darwin, voi. 18, 1870, a cura di F. Burkhardt, J. A. Secord, Cambridge University Press, Cambridge 2010, pp. 81-82, Frances Power Cobbe (1822-1904), scrittrice e attivista irlandese, è nota per le sue batta­ glie animaliste e per la campagna in favore del suffragio femminile. La si­ gnorina Cobbe aveva offerto la sua copia di Kant a Darwin in seguito a uno scambio di battute avvenuto durante una passeggiata a Caerdon, quando i due, che già si conoscevano, s’erano incontrati casualmente; Darwin aveva declinato, ma Cobbe non si era scoraggiata, e gli aveva inviato il libro a casa. La storia di quell’incontro a Caerdon è raccontata dalla stessa Cobbe nella sua autobiografia (Frances Power Cobbe, Life of Frances Power Cobbe as Told by Herself Sonnenschein, London 1904, pp. 488-89). 2 Probabilmente si tratta di Die Metaphysik der Sitten tradotto in inglese {Metaphysics of ethics) da John William Semple nel 1836; Darwin citerà quest’opera in Descent of Man. * Prosper Despine, Psychologie naturelle, 1868, anch’esso citato da Dar­ win in Descent oj Man.

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ginale e convincente, tuttavia molti dei fatti che ripor­ ta sui criminali sembrano assai singolari.

Il libro sarà inviato a Londra dal nostro corriere que­ sta notte e quindi a Voi dalla Parcels Del. Co.4 Con sincera riconoscenza vi prego di credermi molto cordialmente vostro

Ch. Darwin

4 London Parcels Delivery Company.

Charles Darwin a Joseph Dalton Hooker 12 luglio 1870

Down. | Beckenham | Kent. S.E. Mio caro Hooker

Due tipi di semi mi saranno molto utili; ma non so proprio perché il colonnello Playfair* abbia inviato gli altri, salvo forse per la sua grande gentilezza. Sono certo di non aver mai sentito [nulla] circa le osservazioni di Curtis’ su Dionesea’; né mi sono mai imbattuto in nulla più che affermazioni di carattere ge­ nerale sulla cattura di insetti da parte di questa pianta o di Nepenthes eccetera Ho sempre pensato che il Duca di Argyll4 sia stra­ ordinariamente abile, ma per quanto riguarda la defi­ nizione di «piccolo furfante» i sentimenti istintivi che ho ereditato mi fanno ritenere un peccato parlare cosi d’un vero autentico Duca. La tua conclusione, che tutte le speculazioni sulla pre­ ordinazione siano un’inutile perdita di tempo è l’unica sensata’: ma quant’è difficile non speculare! La mia

1 Robert Lambert Playfair (1828-1899), tenente colonnello in congedo, console generale d’Algeria e naturalista. 2 In una lettera precedente, Hooker aveva scritto a Darwin di essere stato interpellato da Federico Delpino (1822-1905, botanico italiano), a pro­ posito della data e del luogo in cui William Curtis (1746-1799, botanico ed entomologo inglese) aveva pubblicato alcune informazioni sulla fisiologia di Dionea. Hooker aveva solo vaghi ricordi, e quindi aveva chiesto aiuto a Darwin (lettera del io luglio 1870). 3 La grafia corretta è Dionea. 4 Nella lettera del io luglio, Hooker aveva definito il duca di Argyll «piccolo abile furfante». 5 Nella medesima lettera, Hooker si era detto convinto che «tutte le speculazioni sulla preordinazione sono perfettamente oziose in assenza di materiali migliori di quelli offertici da teologie e cosmogonie [...] in effetti tutta la materia va oltre la portata di quanto possiamo concepire».

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teologia è una confusione bella e buona: non riesco a considerare l’Universo come il risultato del caso cieco e d’altra parte, nei dettagli, non riesco nemmeno a tro­ vare prova alcuna di un disegno benevolo; né in effetti, di un disegno quale che esso sia. Quanto all’idea che ciascuna variazione mai verifi­ catasi sia stata preordinata per un fine speciale, io non posso crederlo: non più di quanto io creda che è stato specificamente preordinato il luogo in cui cade ogni singola goccia di pioggia. Quello della generazione spontanea mi pare un enig­ ma grande quasi quanto quello della preordinazione; non riesco a convincermi che una tal molteplicità di organismi possa essere stata prodotta, come cristalli, nelle medesime soluzioni di Bastian6. - Sono sbalor­ dito di non essermi imbattuto, finora, in alcuna allu­ sione alla decisa affermazione di Wyman7, secondo il quale, se le soluzioni sono fatte bollire per 5 ore, non compare alcun organismo; tuttavia, se la memoria mi aiuta, non appena le soluzioni erano esposte all’aria, si popolavano. A dispetto di ogni evidenza, non posso fare a meno di sospettare che qualche particella orga­ nica (le mie gemmule provenienti dalle cellule separa­ te delle creature inferiori!) resti in vita e in seguito si moltiplichi [se esposta a] condizioni appropriate. E un problema veramente interessante. Tuo affezionato C. Darwin

6 Henry Charlton Bastian (1837-1915), fisiologo, neurologo e micro­ biologo inglese, sostenne strenuamente la possibilità della generazione spontanea; a tal proposito aveva dichiarato d’aver ottenuto la crescita di microrganismi (batteri, muffe) in particolari soluzioni, precedentemente sigillate e sterilizzate. 7 Jeffries Wyman (1814-1874), etnologo e anatomista americano, si in­ teressò anche alla questione della generazione spontanea. Jeffries Wyman, Observations andexperiments on living organismi in heated water, in «American Journal of Science and Arts», 2“ s., 44 (1867), pp. 152-69.

Charles Darwin a Francis Ellingwood Abbot1 6 settembre 1871

Down, | Beckenham, Kent. Egregio signore,

Vi sono molto obbligato per la vostra lettera e per il gentilissimo omaggio del volume deil’«Index» del 187021. Ammiro sinceramente la vostra devozione e i vostri sforzi per la nobile causa della verità, e vorrei potervi aiutare. In verità, tuttavia, non so che cosa po­ trei scrivere, che possa essere adatto da leggere prima del vostro discorso (del quale mi fa molto piacere aver avuto notizia)3. Le mie opinioni sono lontane dall’esser chiare, come percepirete facilmente se leggerete l’ultima pagina della mia Variazione degli animali e delle piante allo stato domestico4. Non riesco mai a stabilire fino a che punto una convinzione interiore, che debba esistere un qualche Creatore o una Causa Prima, sia un’evidenza davvero degna di fiducia. Per di piu, nel­ le ultime sei settimane non sono stato in buona salu­ te, ho avuto capogiri e altri fastidi alla testa, e non mi sento in grado di affrontare una profonda riflessione sul tema più difficile che possa mai impegnare la men­

1 Francis Ellingwood Abbot (1836-1903), americano, fu uomo di chiesa e autore di scritti religiosi. 2 In alcuni scambi precedenti, Darwin aveva manifestato apprezzamento nei confronti degli scritti di Abbot; questi, per ringraziarlo, aveva allegato a una sua lettera del 20 agosto un volume rilegato con gli articoli comparsi sull’«Index» nel 1870. 3 Francis E. Abbot era stato invitato a tenere una conferenza sull’ori­ gine dell’uomo dalla Toledo Society of Naturai Sciences. Nella lettera del 20 agosto (si veda la nota 2 qui sopra) aveva chiesto a Darwin una breve comunicazione «sull’influenza della [sua] teoria sulla religione». 4 II passo è stato citato, nella sua parte conclusiva, nella nota 8, pp. 76-77.

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te d’un uomo. In effetti, solo negli ultimissimi giorni ho potuto fare qualche cosa. Per quanto riguarda le mie lettere precedenti, ho dimenticato completamente il loro contenuto. Devo scrivere molte lettere, e posso riflettere brevemente su quello che scrivo; sono tuttavia pienamente convinto, e spero, di non aver mai scritto una sola parola che al momento io non pensassi; credo d’altra parte che con­ verrete con me sul fatto che qualsiasi cosa debba esse­ re offerta al pubblico vada saggiamente soppesata ed espressa con prudenza. Non avevo pensato che voleste pubblicare un estratto delle mie lettere: se l’avessi fatto, ne avrei conservata una copia. Scrivere «privato» è un’abitudine, per ora acquisita soltanto in parte, derivante dal fatto che sono state date alle stampe alcune mie comunicazioni fretto­ lose, che non valeva assolutamente la pena di pubblica­ re, sebbene fossero altrimenti ineccepibili. E proprio assurdo pensare che valga la pena di rispe­ dirmi la mia lettera precedente, evidenziando le parti che desiderate pubblicare; ma se vi aggrada farlo, nel caso in cui avessi qualche obiezione, ve lo farò sapere immedia­ tamente5. In una certa misura sono restio a esprimermi pubblicamente sui temi della religione, poiché non credo di aver meditato [su di essi] in modo abbastanza profon­ do da giustificare una qualsiasi esposizione al pubblico. Vi prego di perdonare questa lettera, cosi male espressa, ma sono stanco e non riesco a riscriverla. Con sincera stima e i miei migliori auguri mio caro signore rimango molto rispettosamente vostro Ch Darwin Ho mostrato la vostra Boston Lecture a diverse per­ sone, e tutte ne sono rimaste molto impressionate.

5 Nella sua lettera del 20 agosto (si veda la nota 2 qui a fianco) Fran­ cis E. Abbot aveva chiesto a Darwin un’autorizzazione esplicita a citarlo nei suoi scritti.

Charles Darwin a Nicolaas Dirk Doedes* 2 aprile 1873 Down, Beckenham, Kent. A mon. N. D. Doedes Università Utrecht Olanda. Confidenziale

Egregio signore,

Vi sono molto obbligato per la fotografia vostra e del vostro amico12.3 Sono certo che mi scuserete se non scri­ verò una lunga lettera quando vi dirò che la mia salute è stata a lungo malferma e che adesso mi trovo lonta­ no da casa mia, per riposarmi. È impossibile risponde­ re brevemente alla vostra domanda’; né sono certo che potrei farlo, quand’anche mi dilungassi nella scrittura. Posso tuttavia affermare che l’impossibilità di concepi­ re questo grandioso e meraviglioso universo, compresi noi, esseri coscienti, come fosse emerso per effetto del caso, mi sembra il principale argomento per l’esistenza di Dio; ma se questa sia un’argomentazione di effet­ tivo valore, non sono mai stato in grado di stabilirlo. Sono consapevole che se ammettiamo una causa prima, la mente continuerà a bramare di sapere da dove essa sia venuta e come sia sorta. Né posso trascurare la dif­ ficoltà derivante dall’immensa quantità di sofferenza 1 Nicolaas Dirk Doedes (1850-1906), topografo olandese. 2 L’amico di Doedes era Jan Constantijn Costerus (1849-1938), botanico olandese. I due giovani si erano fatti fotografare mentre uno di loro teneva in mano una lettera; il 27 marzo 1873, inviando a Darwin la fotografia, Do­ edes scriveva: «la lettera, immortalata davanti a noi, è la vostra». La storia dei rapporti di Darwin con Doedes è raccontata da Janneke van der Heide [Darwin’syoungadmirers, «Endeavour», 30 (3), (2006), pp. 103-107]. Nello stesso articolo è riprodotta anche la fotografia. 3 Nella sua lettera del 27 marzo 1873 Doedes scriveva: «[...] so che cre­ dete nell’esistenza di Dio [...] Orbene, mi piacerebbe moltissimo sapere su quali basi voi credete in Dio (...] Il principale fondamento [...] è forse che ritenete necessaria per l’universo una causa prima, un Creatore?»

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esistente nel mondo. In una certa misura, sono anche indotto a inchinarmi al giudizio di molti uomini intelli­ genti che hanno creduto in Dio senza riserve; ma anche qui, mi rendo conto della pochezza di questo argomento. Mi sembra che la conclusione più sicura sia che tutta la materia è al di là della portata dell’intelletto umano; e tuttavia l’uomo può fare il suo dovere.

Con i miei migliori auguri per il vostro successo nel­ la vita, rimango, Egregio signore rispettosamente vostro Ch. Darwin

Charles Darwin al figlio George Howard1 21 ottobre 1873

Down Mio caro George

Ho letto il tuo saggio e avendoci riflettuto lo ritengo interessante e chiaro: ricorda, tuttavia, che non sono un buon critico [su questo argomento] (né, in effetti, su qualsiasi altro) in quanto non ho letto molto su que­ sti temi. L’abbozzo preliminare è talmente vero, che sono certo si applichi a me stesso, ma se sia abbastan­ za originale, o abbastanza importante, da valer la pe­ na di pubblicarlo, è cosa dubbia. - Hai esposto bene la fallacia di ciò che Arnold afferma sulla preghiera. Quello che dici sul senso morale, tuttavia, mi sembra la parte piu originale e brillante; e quello che dici sulle ricompense e le punizioni future forse la parte che lo è meno. Per diverse ragioni, però, vorrei esortarti a non pubblicarlo almeno per qualche mese, e poi a con­ siderare se lo ritieni abbastanza originale e importante da controbilanciare le malignità, ricordando le carret­ tate di scritti pubblicati sull’argomento. - Le malignità procureranno dolore agli altri e comprometteranno la tua autorevolezza e la tua efficacia. Ieri sera Dicey12 e Litchfield3 stavano parlando di J. Stuart Mill, il quale non espresse mai le proprie convinzioni religiose, co­ me suo padre l’aveva esortato a non fare mai. Erano entrambi pienamente d’accordo sul fatto che se egli 1 George Howard Darwin (1845-1912), quinto figlio di Charles, mate­ matico e astronomo. 2 Albert Venn Dicey (1835-1922), giurista. 5 Richard Buckley Litchfield (1832-1903), avvocato e filantropo, aveva sposato nel 1871 la figlia di Darwin, Henrietta. Nel periodo in cui fu scritta questa lettera, la coppia era ospite di Charles ed Emma a Down.

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l’avesse fatto non avrebbe mai influenzato l’epoca at­ tuale come [invece] ha fatto. I suoi libri non sarebbero diventati libri di testo a Oxford. - Per fare un esem­ pio meno incisivo, Lyell è fermissimamente convinto di aver scosso la fede nel Diluvio, eccetera, in modo di gran lunga più efficace senza dire una sola parola con­ tro la Bibbia, di quanto avrebbe fatto se si fosse com­ portato altrimenti. - E un mio vecchio principio che per un giovane autore sia di enorme importanza pub­ blicare (con il suo nome) solo quello che è originale ed eccellente; cosi che il pubblico possav riporre fiducia in lui, e legga quello che egli scrive. - E anche un’anti­ ca regola aurea tenere da parte ogni manoscritto fino a che non sia passato un tempo sufficiente per poterlo riconsiderare a mente fresca. - Sono alquanto allarma­ to al pensiero che tu ti abitui a desiderare un raccolto, o un risultato, prematuro e che dilapidi il tuo tempo su molti di questi argomenti o scrivendo saggi brevi (e quindi non durevoli) su materie importanti; e questo, 10 credo, non farebbe onore alle tue capacità. Vorrei che tu ti impegnassi in qualche studio sul quale non potessi sperare di pubblicare nulla per alcuni anni. Ho segnato uno o due passaggi in cui esprimi le tue con­ vinzioni personali: ricorda che ogni avversario potreb­ be chiedere ma chi è quest’uomo, e quanti anni ha, e quali sono stati i suoi studi specifici, perché si permet­ ta di rendere pubbliche le sue opinioni sulle questioni più profonde? - Questo sarcasmo potrebbe facilmente essere evitato, e tu potresti comunque dire la tua. Ma 11 mio consiglio è di aspettare, aspettare, aspettare. Il tuo affezionato padre Ch Darwin P. S. 22 ottobre. Hen. ha portato il suo manoscritto a Londra e scriverà. - Recentemente ho letto la Vita di Voltaire, di Morley4, e lui sostiene energicamente che

4 John Morley (1838-1923), uomo politico e di lettere, scrisse una bio­ grafia di Voltaire pubblicata nel 1872.

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gli attacchi diretti alla cristianità (anche quando sono scritti con la meravigliosa forza e il vigore di Voltaire) producono scarsi effetti permanenti: quelli davvero po­ sitivi sembrano derivare soltanto da attacchi laterali, lenti e silenziosi. - Ho parlato di questo argomento con Litchfield, il quale è pienamente d’accordo e insiste su quanto sia facile per un uomo distruggere per sempre il proprio prestigio.

Ripeto che il tuo saggio mi pare brillante e interes­ sante, ma ti esorto ad aspettare a lungo e, se lo farai, non credo che lo darai alle stampe. Ricorda che ogni autore che valga qualcosa scrive molto di più di quello che pubblicherà. Nel comples­ so, dopo aver riflettuto come meglio ho potuto, ti con­ siglio di non pubblicare; ma in questi casi ogni uomo deve giudicare da sé. C. D.

Negli anni della vecchiaia, dal 1878 in poi, nelle lettere sull’argomento sembra prevalere la stanchezza, mista a insofferenza. Non vuole essere considerato un’autorità in materie che non lo riguardano. L’acredine e la malafede degli attacchi di molti uomini di chiesa lo hanno amareggiato. Darwin, ormai una celebrità scientifica internazionale, dedica pazientemente parte delle sue giornate a rispondere alle lettere più strane: «sono davvero mortalmente stanco di scrivere lettere: metà degli stupidi di tutta Europa mi scrive per farmi le domande più insulse», commenta nel 1878 con il cugino Reginald. E aggiunge: «Per piacere, una volta o l’altra, dimmi che fare quando mi danno dell’Mateo”». Tra missive di spiritisti e di evangelizzatori, talvolta si spazientiva e ricordava con parole dure il suo abbandono, molti anni prima - avvenuto tra la morte del padre e quella della figlia Annie - della fede nella Rivelazione cristiana: se nel Nuovo Testamento si prevede la dan­ nazione eterna per non credenti come suo padre, suo fratello e molti suoi cari amici, allora si tratta di «una dottrina esecrabile». La lettera a McDermott del no­ vembre 1880 è gelida: «Mi duole dovervi informare che non credo nella Bibbia come rivelazione divina, e pertanto nemmeno in Gesù Cristo come figlio di Dio. Distinti saluti». Anche l’argomento statistico secondo cui «un nu­ mero considerevole di scienziati riesce a conciliare i risultati della scienza con la religione rivelata o natu-

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rale, mentre altri non riescono a fare altrettanto», scrive a Walter Raleigh Browne nel dicembre 1880, non ha al­ cun valore. Fino a quando, proprio sul finire del 1880, viene chiamato a confrontare questa sua lucida ritrosia con l’eventualità di un dialogo pubblico. L’arcivescovo di Canterbury lo invita a una conferenza a porte chiuse di scienziati credenti e non credenti, da tenersi a Lamberth Palace, al fine di valutare le possibilità di armonia e di incontro fra scienza e religione. Avrà influito anche la sua innata repulsione verso i dibattiti pubblici, ma la motivazione con la quale cortesemente declina è emblem­ atica: proprio «non riesco a ravvisare alcuna prospetti­ va di una qualsivoglia utilità derivante dalla conferenza proposta». Teologia e scienza devono seguire ciascuna il proprio percorso, ma «io non sono responsabile se il loro punto di incontro è ancora molto lontano», aveva scritto all’inquieta signora Mary Boole nel 1866. Fu però altrettanto scettico nei confronti di coloro che volevano coinvolgerlo in battaglie pubbliche a fa­ vore dell’ateismo. In occasione del congresso della federazione internazionale dei liberi pensatori tenutosi a Londra nel 1881, Darwin accettò di avere a pranzo a Down House, dopo forti insistenze, il giovane zoologo di idee socialiste Edward B. Aveling (che aveva chiesto a Darwin di potergli dedicare un suo libro, ottenendo un cortese diniego) e il fisiologo tedesco Ludwig Biichner. A tavola insieme ai due atei militanti sedevano an­ che la moglie Emma, il figlio Francis e il parroco Innes. Nella conversazione durante e dopo il pranzo, la re­ sistenza di Darwin a diventare propagandista delle cam­ pagne ateistiche era stata cordiale ma risoluta. Non è da scienziati esprimere convinzioni assolute, né essere troppo aggressivi. Preferiva un sobrio agnosticismo da vivere in privato. Un guizzo però lo rianimò quando l’impertinente Aveling si mostrò deluso nello scoprire che il grande naturalista inglese, in un periodo di tale fermento sociale e intellettuale, aveva deciso di dedicare le sue ormai declinanti energie a un libro su insignifi­ canti lombrichi. Darwin lo fulminò facendogli notare

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che aveva iniziato a occuparsi di lombrichi da quando aveva trentanni, e che quello era il suo mestiere1. Nella lettera ad Aveling del 1880, fa una rara conces­ sione autobiografica: nelle timidezze in materia di reli­ gione «può darsi, tuttavia, che io sia stato eccessivamente influenzato dalla sofferenza che sarebbe stata arrecata ad alcuni membri della mia famiglia da un mio qualsivoglia contributo ad attacchi diretti contro la religione». Al netto di tutte le sue reticenze nei confronti di questioni filosofiche o «metafisiche», notiamo che probabilmente Darwin oscillò nel corso della sua vita tra due forme diverse di agnostici­ smo, optando poi per la seconda. In certi passaggi sembra aderire a un agnosticismo deistico: dopo la sua rinuncia totale al Cristianesimo, non crede in alcun Dio personale né nell’immortalità dell’anima, ma non esclude in linea teorica che una Causa Prima inattingibile razionalmente possa aver dato inizio a tutto ciò che vediamo. Sta in­ somma cercando di tenere insieme le sue due ascendenze familiari: libero pensiero e cultura unitariana. La difficoltà a concepire l’universo e l’uomo come figli «di un mero caso o di una cieca necessità», «[...] mi costringe a ricorrere a una Causa Prima dotata di un’intelligenza in certo modo analoga a quella dell’uomo; e mi merito cosi l’appellativo di teista. Questa conclusione, a quanto ricordo, era ben radicata nella mia mente al tempo in cui scrissi L’origine delle specie-, ma in seguito, dopo molti alti e bassi, si è gradualmente indebolita»2 1 . La ricostruzione è chiara. Le righe da «questa conclusione» in avanti - informa Nora Barlow - sono statex aggiunte di proprio pugno da Darwin dopo il 1876. E dunque evidente che in fasi successive egli predilige invece un agnosticismo totale, in senso moderno: la questione di Dio e le domande ultime (compresa l’esistenza o meno di una Causa Prima) non trovano alcuna risposta possibile 1 Per la ricostruzione di questi ultimi episodi, si veda Adrian Desmond e James Moore, Vita di Charles Darwin, trad. it. di D. Mezzacapa, L. Talarico, A. Comba e A. Colombo, Bollati Boringhieri, Torino 2009. 2 Charles Darwin, Autobiografia, 1809-1882, trad. it. di L. Fratini, intr. di G. Giorello, Einaudi, Torino 2006, p. 74.

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in termini di evidenze e di argomentazione razionale, dunque restano insolubili e completamente al di là dei limiti dell’intelletto umano. L "origine delle specie rientrerebbe quindi nella fase di agnosticismo deistico o teistico, che poi abbandona negli anni successivi, per attenersi a un’etica naturalistica e a uno scetticismo razionale di tipo agnostico. E illogico credere in qualcosa che non sixpuò capire o che «per natura sua è inintelligibile»5. E contro ogni evidenza pensare che il piano divino si manifesti attraverso va­ riazione e selezione. Alla base vi è sempre il suo rifiuto del deduttivismo filosofico verboso e infondato, contro il quale si scaglia a più riprese nell" Autobiografia. Sta insomma dicendo che, esclusi ogni creazionismo e ogni teologia naturale ingannevolmente finalistica, sia chi propone teismi compatibilistici confusi sia chi brandisce L "origine delle specie come manifesto di militanza ateistica lo fa sovrapponendo propri principi filosofici a una ma­ teria scientifica. Tutto ciò è legittimo, ma non lo riguarda: meglio esercitare un sistematico dubbio. T. P. 3 Ibid., p. 38.

Charles Darwin a John Brodie Innes1 27 novembre 1878

Down, Beckenham, Kent. Railway station Orpington, S. E. R. Mio caro Innes,

Molte grazie per la vostra lettera gentilissima e per avermi inviato il sermone del dottor Pusey12, che sono stato felicissimo di leggere, sebbene mi abbia un po’ deluso, perché mi aspettavo più vigore e meno verbo­ sità. - Non capisco in che modo religione e scienza possano essere mantenute distinte come egli desidera, giacché la geologia deve trattare la storia della Terra e la biologia quella dell’uomo. - Sono però compietamente d’accordo con voi sul fatto che non vi sia ragio­ ne perché i seguaci dell’una o dell’altra scuola debba­ no attaccarsi con acredine, pur mantenendo ciascuno le proprie convinzioni senza cedimenti. Voi, ne sono certo, avete sempre agito in questo modo nella pratica, con la vostra condotta verso di me e, non ho dubbi, verso tutti gli altri. Né io ricordo di aver mai pubblicato una parola che fosse direttamen­ te rivolta contro la religione o il clero. Ma se leggeste un piccolo pamphlet che ho ricevuto un paio di gior­ ni fa da un uomo di chiesa, ridereste e ammettereste che avevo qualche giustificazione per l’acredine; dopo

1 John Brodie Innes (1817-1894), religioso, in precedenza era stato per molti anni parroco a Down. 2 Edward Bouverie Pusey (1800-1882), professore di ebraico e uomo di chiesa. Nel 1878 aveva pubblicato il suo sermone Un-science, noi Science, adverse io faith, che - come H. N. Ridley scrisse a Darwin - «assume la for­ ma di un attacco alla teoria dell’evoluzione» (si veda la risposta di Darwin a Ridley alle pp. 105-106 di questa raccolta).

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avermi maltrattato per 203 pagine con un linguaggio cosi esplicito ed enfatico da dar soddisfazione a qual­ siasi persona ragionevole, costui tira le somme dicendo che ha vanamente cercato nella lingua inglese i termini [adatti] per esprimere il disprezzo che nutre per me e per tutti i darwiniani. Siamo appena tornati dopo una settimana passata a Londra, dove siamo andati perché volevo riposare, adesso però sono stanco e quindi non scriverò altro.

Immagino che in Scozia la sofferenza derivante da quella scandalosa banca di Glasgow sia di dimensioni inconcepibili. Mio caro Innes credetemi molto cordialmente vostro

Ch. Darwin

Charles Darwin a Henry Nicholas Ridley1 28 novembre 1878

Down, Beckenham, Kent Railway station Orpington, S. E. R. Egregio signore,

Ho appena scorso il sermone del dottor Pusey21 pub­ blicato dal «Guardian», ma non mi sembra meritevole di alcuna attenzione. Poiché non ho mai risposto alle critiche, salvo che a quelle fatte da uomini di scienza, non desidero che questa lettera sia pubblicata; ma non ho obiezioni se direte che mi avete inviato le tre do­ mande’, e che io ho risposto dicendo che il dottor Pusey sbaglia nell’immaginare che io abbia scritto l’Origi­ ne con una qualsivoglia relazione con la teologia. Avrei pensato che questo sarebbe stato evidente per chiunque si fosse preso il disturbo di leggere il libro, soprattut­ to perché nelle prime righe dell’introduzione descrivo specificamente in che modo l’argomento affiorò nella 1 Alcuni giorni prima, il giovane Henry Nicholas Ridley (1855-1956, botanico) aveva scritto a Darwin da Oxford, raccontandogli di come il sermone di Pusey avesse fatto molta impressione sugli studenti; lo informava inoltre di aver scritto a Pusey per avvertirlo di alcuni errori presenti nel suo scritto, i quali dimostravano una scarsa comprensione della teoria darwiniana. Per contestare alcuni altri punti, tuttavia, Ridley chiedeva l’aiuto di Darwin. 2 Si veda la nota 2, p. 103. 5 Ridley chiese l’aiuto di Darwin su tre punti: «In primo luogo, il dottor Pusey afferma che voi avete scritto 1’“origine delle specie” con un “obietti­ vo Quasi Teologico e non scientifico”, e precisamente quello di “abbatte­ re il dogma delle creazioni separate” [...] Secondo [...] Che la “teoria della trasformazione” è un oggetto particolare del vostro interesse perché con­ sente di fare a meno di un creatore personale. In terzo luogo, che il vostro obiettivo era di stabilire una Causa prima “per salvarci dalla concezione dell’eternità della materia, [Causa prima che] dopo la creazione contempla senza interesse il risultato della sua azione sulle sue creature [...] e che que­ sta è l’essenza del darwinismo”».

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mia mente4. Questa risposta liquida anche le altre due vostre domande; posso tuttavia aggiungere che molti anni fa, quando stavo raccogliendo i fatti per V Origine, la mia fede in quello che viene chiamato un Dio perso­ nale era salda come quella dello stesso dottor Pusey, e per quanto riguarda l’eternità della materia non mi so­ no mai tormentato su tali problemi insolubili.

L’attacco del dottor Pusey non riuscirà a ritardare di un solo giorno il convincimento nell’evoluzione, proprio come [non vi riuscirono] gli attacchi viru­ lenti sferrati cinquant’anni or sono dal clero contro la geologia, e quelli ancora più antichi della chiesa cattolica contro Galileo: infatti il pubblico è abba­ stanza saggio da seguire sempre gli uomini di scien­ za quando essi si trovano concordi su una materia; e adesso, fra i biologi, vi è un’unanimità quasi com­ pleta sull’evoluzione, sebbene vi siano ancora consi­ derevoli differenze per quanto riguarda i mezzi, per esempio in quale misura abbia agito la selezione na­ turale e in quale misura abbiano agito le condizioni esterne, o se esista una qualche misteriosa tendenza innata verso la perfettibilità. Egregio signore rimango rispettosamente vostro

Charles Darwin 4 «Durante il mio periodo di imbarco sulla regia nave Beagle, in qualità di naturalista, fui molto colpito da alcuni fatti relativi alla distribuzione degli esseri viventi nell’America meridionale, e ai rapporti geologici fra gli abitanti attuali e quelli estinti di quel continente. [...] Tali fatti sembravano portare un po’ di luce sull’origine delle specie, questo mistero dei misteri...» (Charles Darwin, L’origine delle specie, trad. it. di L. Fratini, 6a ed., Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 77).

Charles Darwin a George John Romanes* 5 dicembre 1878

Down, Beckenham, Kent. Railway Station Orpington, S. E. R. Mio caro Romanes,

È un gran piacere inviare la mia fotografia alla futu­ ra signora Romanes’. Ho letto il vostro libro anonimo’, - alcune parti due volte - con grandissimo interesse: pare scritto in modo ammirevole e a tratti con grande efficacia, ma poiché non capisco i termini metafisici non ho potuto sempre seguirvi. A beneficio degli outsider, se vi fosse un’altra edizione, potreste chiarire la differenza fra il trattare una materia da un punto di vista, o in un modo, «scien­ tifico», «logico», «simbolico» e «formale»? Rispetto alla vostra grande idea principale, mi piacerebbe una volta sentire da voi a voce (perché la risposta sarebbe troppo lunga per lettera) che cosa direste se un teolo­ go vi apostrofasse come segue. «Vi concedo l’attrazione di gravità, la persistenza della forza (o conservazione dell’energia) e un unico tipo di materia, - sebbene quest’ultima sia un’ammis­ sione [di portata] immensa. Ma io resto fermo nell’idea che Dio, indipendentemente dalla persistenza di questa

1 L’originale di questa lettera può essere consultato qui: The Life and Letters of George John Romanes, written and edited by bis wife, Longmans, Green and Co., London 1896, pp. 88-89. George John Romanes (18481894), zoologo, era un giovane seguace di Darwin. 2 Ethel Duncan (1856-1929), scrittrice e attivista religiosa; George ed Ethel si sarebbero sposati di li a poco, l’i 1 febbraio del 1879. 5 George Romanes aveva pubblicato in forma anonima, con lo pseudonimo Physicus, il saggio A candid examination of theism (Triibner, London 1878).

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forza, debba averle conferito attributi tali che essa, in certe condizioni, si sviluppi o muti in luce, calore, elet­ tricità, galvanismo e forse perfino vita. Voi non potete dimostrare che la forza (che i fisici definiscono come ciò che causa il moto) modificherebbe pertanto inevi­ tabilmente il suo carattere nelle condizioni sopra elen­ cate. Ancora, io sostengo che la materia, sebbene in futuro possa essere eterna, fu creata da Dio con le più prodigiose affinità, portando cosi a[lla formazione di] composti complessi ben definiti e con polarità tali che danno luogo a splendidi cristalli eccetera eccetera. Voi non potete dimostrare che la materia possieda necessa­ riamente questi attributi. Pertanto non avete alcun di­ ritto di affermare d’aver ‘dimostrato’ che tutte le leggi naturali conseguono necessariamente dalla gravità, dalla persistenza della forza e dall’esistenza della materia. Se affermate che la materia indistinta esisteva in origine e dall’eternità, con tutte le sue attuali proprietà com­ plesse in uno stato potenziale, mi sembrereste eludere l’intera questione». Vi prego di tener presente che ad apostrofarvi cosi non sono io, ma un teologo, al quale tuttavia io non saprei rispondere. - Nel vostro attuale stato mentale «rimbambito»4, mi manderete al diavolo per avervi importunato

Molto cordialmente vostro Ch. Darwin 4 Darwin ironizza sullo stato mentale confuso di Romanes, per via del matrimonio imminente.

Charles Darwin a Reginald Darwin' 8 aprile 1879

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Caro cugino,

Ogni parola della tua lettera dimostra che credi nel saggio proverbio scozzese, secondo il quale «il sangue non è acqua». Prima di ricevere le tue lettere ci erava­ mo risolti a pregarti, se fossi mai passato da Londra, di farci visita; purtroppo, però, la mia testa non mi permet­ te mai di godermi una conversazione con nessuno, salvo che brevemente12.3 Tua sorella Violetta’ mi ha scritto con grandissima gentilezza, e dice che sarebbe molto meglio fare una fotografia, e non un disegno, dell’incisione di Wegdwood. Lei ne ha una copia, ma non sono sicuro che intendesse offrirsi di prestarmela. Se tu volessi pre­ starmi la tua copia, mio figlio Léonard R. E.4, che dirige il Photographic Department di Charham, potrebbe poi valutare la possibilità di farne una buona riproduzione. Tua sorella farà gentilmente un disegno di The Priory5, cosi adesso sono proprio a posto. George6 è arrivato a ca­ sa e ha manifestato un grandissimo interesse per il tuo

1 Reginald Darwin (1818-1892), era cugino di Charles e figlio di Francis Sacheverel Darwin (1786-1859). Darwin stava raccogliendo informazioni sulla sua famiglia, e in particolare sul nonno paterno, Erasmus (1731-1802); stava infatti preparando la sua Preliminary Notice per la biografia di Erasmus scritta da Ernst Ludwig Krause (1839-1903). 2 A questo punto, nella lettera, c’è una lacuna di alcune righe. 3 Violetta Harriot Darwin (1826-1880). 4 Léonard Darwin (1850-1943), militare, membro del Parlamento. 5 Breadsall Priory: Erasmus vi si era trasferito poco tempo prima di mo­ rire (nel 1802), e il luogo divenne la residenza di Francis Sacheverel Darwin. 6 George Howard Darwin; si veda la nota 1, p. 96.

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grosso libro7. Che storia singolare quella contenuta nel manoscritto di Cotton; George però osserva che non vi è alcuna evidenza che questo Mr. Darwin sia W. Darwin di Cleatham89 . Siamo molto perplessi sul fatto che Robert Darwin’ di Lincoln’s Inn, padre del dottor Erasmus, sia mai stato proprietario di Elston, poiché mori prima del fra­ tello maggiore; nondimeno ho sempre saputo che il dot­ tor Erasmus fosse nato a Elston1011 . Ho anche scritto alla signora Darwin di Creskeld11 per chiederle [informazioni] su questo punto.

Per inciso, nella pila di vecchie lettere appena scoperte ho trovato che mio nonno andò effettivamente a Edimburgo prima della morte di Charles12. Più leggo sul dottor Darwin, più egli sale nella mia stima. Dietro suggerimento di Emma Galton13*15 ho scritto al signor Moilliet per sapere se avesse qualche lettera di mio nonno, ma non mi ha risposto. Mi presteresti il Memoir a cui fai riferimento? Ti prego di perdonare questa lettera molto disordi­ nata, ma sono davvero mortalmente stanco di scrivere lettere: metà degli stupidi di tutta Europa mi scrive per farmi le domande più insulse. Con riconoscenza, cordialmente tuo Charles Darwin 7 Con ogni probabilità di tratta dell’album di Erasmus, che Darwin cita all’inizio della Preliminary Notice (si veda la nota 9), fra i materiali ai quali ha attinto: «una grande raccolta di lettere scritte di suo pugno; [...] il suo album in folio, in possesso del nipote Reginald Darwin; [...]». 8 Nella Preliminary Notice (1879), si legge: «Erasmus Darwin discendeva da una famiglia del Lincolnshire e il primo dei suoi antenati di cui sappiamo qualcosa è William Darwin, che possedeva una piccola proprietà a Cleatham. [...] Mori nel 1644, abbiamo ragione di presumere a causa della gotta». 9 Robert Darwin (1682-1754), padre di Erasmus. 10 Elston Hall: un’immagine della casa natale di Erasmus Darwin com­ pare a p. 3 della Preliminary Notice. 11 Charlotte Maria Cooper Darwin (1827-1885), lontana cugina di Char­ les, risiedeva a Creskeld Hall. 12 Si tratta del figlio primogenito di Erasmus, giovane promettente, mor­ to non ancora ventenne mentre studiava medicina a Edimburgo (Charles Darwin, 1758-1778) 15 Emma Sophia Galton (1811-1904), cugina di Charles.

LETTERE SULLA RELIGIONE

III

P. S. Moltissime grazie per il sigillo; ma non do­ vremmo attribuirgli particolare importanza. Per piace­ re, una volta o l’altra, dimmi che fare quando mi dan­ no dell’«ateo».

Charles Darwin a John Fordyce* 7 maggio 1879

Down Beckenham Kent Egregio signore,

A me pare assurdo dubitare che un uomo possa esse­ re un ardente teista e un evoluzionista. - Su Kingsley21 avete ragione. Asa Gray, l’insigne botanico, è un altro esempio a proposito. - Quali siano le mie opinioni è questione di nessuna importanza per chiunque, salvo che per me stesso. - Ma poiché me lo chiedete, posso affermare che spesso la mia posizione oscilla. Inoltre, il fatto che un uomo meriti d’esser definito teista dipen­ de dalla definizione del termine: un argomento troppo vasto per una lettera. Anche nelle mie oscillazioni più estreme non sono mai stato ateo, nel senso di negare l’esistenza di un Dio. - Penso che, in generale (e sem­ pre di più via via che invecchio), anche se non sempre, la descrizione più corretta del mio stato mentale sia quella di agnostico. Egregio signore Rispettosamente vostro Ch. Darwin

1 John Fordyce fu uno scrittore attivo negli anni Settanta dell’ottocento. 2 Charles Kingsley (1819-1875), religioso e scrittore. Viene portato co­ me esempio, insieme ad Asa Gray, della possibilità di conciliare le due posizioni.

Charles Darwin a Nicolaj Alexandrovic Mengden* 5 giugno 1879

Down, Beckenham, Kent. Railway Station Orpington. S. E. R. Egregio signore, Sono molto occupato, anziano e di salute malferma, e non ho tempo per rispondere in modo completo alle vostre domande, - né in effetti è possibile dar loro una risposta. La scienza non ha nulla a che fare con Cristo, se non nella misura in cui l’abitudine alla ricerca scien­ tifica rende un uomo prudente nell’ammettere le evi­ denze. Personalmente, non credo che vi sia mai stata alcuna Rivelazione.

Per quanto riguarda una vita futura, ogni uomo de­ ve giudicare per sé [scegliendo] fra probabilità vaghe e conflittuali.

Con l’augurio di ogni bene rimango, Egregio signore rispettosamente vostro Charles Darwin

* Nicolaj Alexandrovii Mengden, barone di Mengden, nato nel 1862, fu un diplomatico russo.

Darwin a Edward Bibbings Aveling1 13 ottobre 1880 Down Beckenham, Kent. (Railway Station Orpington. S. E. R.) Riservata

Egregio signore, Vi sono molto grato per la vostra lettera gentile e per l’allegato21. - La pubblicazione, in una qualsiasi forma, dei vostri commenti sui miei scritti non necessita in realtà di nessun consenso da parte mia, e sarebbe assurdo che io autorizzassi qualcosa che non lo richiede. - Preferirei che la parte [dell’opera] o il volume non mi fossero dedicati (sebbene io vi ringrazi per l’onore che intendevate farmi) giacché questo implica, in una certa misura, la mia appro­ vazione della pubblicazione nel suo insieme, della quale peraltro non so nulla’. - Inoltre, sebbene io sia uno strenuo difensore del libero pensiero su qualsiasi argomento, mi pare tuttavia (a torto o a ragione) che le argomentazioni dirette contro la cristianità e il teismo non producano sul pubblico quasi effetto alcuno; e che la libertà di pensiero sia promossa nel modo migliore dalla graduale illumina­ zione delle menti umane che fa seguito al progresso della scienza. E stata pertanto sempre mia cura evitare di scri­ vere sulla religione, e mi sono limitato alla scienza. Può darsi, tuttavia, che io sia stato eccessivamente influen-

1 Edward Bibbings Aveling (1851-1998), medico e biologo, ateo radicale, ebbe una lunga relazione con la figlia di Karl Marx, Eleanor. 2 Darwin fa riferimento a una lettera di Aveling del 12 ottobre; l’allega­ to era la traduzione, eseguita da Annie Besant (1847-1933), di un pamphlet di Ludwig Bùchner (1824-1899), medico e filosofo materialista tedesco. ’ Aveling aveva pubblicato diversi articoli su Darwin e l’evoluzionismo sulla rivista «National Reformer»; poiché aveva ora intenzione di racco­ glierli in un volume, chiese a Darwin l’autorizzazione di dedicarglielo. Il volume sarebbe stato pubblicato all’interno della collana «International Library of Science and Freethought».

LETTERE SULLA RELIGIONE

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zato dalla sofferenza che sarebbe stata arrecata ad al­ cuni membri della mia famiglia da un mio qualsivoglia contributo ad attacchi diretti contro la religione. Mi duole rifiutare tutte le vostre richieste, ma sono vecchio e ho pochissime forze, e correggere delle boz­ ze di stampa mi affatica molto (come so per esperienza in questo periodo)4. Egregio signore, rimango rispettosamente vostro Ch. Darwin 4 Darwin allude qui alla sua corposa monografia - 600 pagine - sul movimento delle piante {The Power of Movement in Pianti, John Murray, London 1880).

Charles Darwin a Frederick A. McDermott1 24 novembre 1880

Down Beckenham, Kent. (Railway Station Orpington. S. E. R.) Riservata

Egregio signore,

Mi duole dovervi informare che non credo nella Bib­ bia come rivelazione divina, e pertanto nemmeno in Gesù Cristo come figlio di Dio. Distinti saluti

Ch. Darwin

1 Frederick A. McDermott fu un uomo di legge attivo negli anni Ottanta deD’Ottocento

Charles Darwin a Walter Raleigh Browne* 18 dicembre 1880

Down, Beckenham, Kent. (Railway Station Orpington. S. E. R.)

Signore,

Il mio stato di salute non mi consentirà di partecipa­ re al convegno di Lambeth Palace21, sebbene riterrei un onore incontrarvi personalità così numerose e insigni. Tuttavia, non sarebbe sincero da parte mia indicare la mancanza di forze quale unica ragione per la mia assenza; infatti non riesco a ravvisare alcuna prospettiva di una qualsivoglia utilità derivante dalla conferenza proposta. Vogliate considerarmi, Signore vostro obbediente servitore

Charles Darwin

1 Walter Raleigh Browne (1842-1884), ingegnere, fisico, filantropo, fu uomo dai numerosi interessi, compresa la religione. 2 Si trattava di un convegno patrocinato dall’arcivescovo di Canterbury, da tenersi nella sua residenza privata di Lambeth Palace, il 7 gennaio 1881 e finalizzato a una riconciliazione fra scienza e religione. Darwin era stato invitato formalmente con una lettera del 16 dicembre 1880. L’invito conte­ neva un elenco di personalità coinvolte nell’evento, unitamente a una serie di punti che ne esplicitavano le motivazioni.

Charles Darwin a Walter Raleigh Browne 22 dicembre 1880

Down, Beckenham, Kent. (Railway Station Orpington. S. E. R.)

Egregio signore Vi sono molto obbligato per la vostra lettera molto cortese1. Temo che sarebbe impossibile per me spiegare le cause della mia sfiducia circa una qualsivoglia utilità derivante dalla conferenza, senza dilungarmi eccessiva­ mente. Aggiungerò soltanto che secondo me un uomo che voglia formarsi un’opinione su questo argomento deve valutare da se stesso le evidenze; e non lo si do­ vrebbe influenzare dicendogli che un numero conside­ revole di scienziati riesce a conciliare i risultati della scienza con la religione rivelata o naturale, mentre altri non riescono a fare altrettanto.

Vogliate considerarmi, Egregio signore, rispettosamente vostro Charles Darwin

1 Browne aveva risposto alla lettera di Darwin del 18 dicembre chieden­ dogli, a nome dell’arcivescovo, di spiegare le motivazioni della sua sfiducia nei confronti del convegno.

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Frontespizio Il Libro Charles Darwin Lettere sulla religione Introduzione di Telmo Pievani Nota della traduttrice Un conflitto latente nota di T.P. Emma Wedgwood a Charles Darwin 21-22 novembre 1838 Emma Wedgwood a Charles Darwin [c. febbraio 1839] Nell’aprile del 1851 nota di T.P. Charles Darwin a William Darwin Fox 29 aprile 1851 Charles Darwin a Joseph Dalton Hooker 13 luglio 1856 Alla metà degli anni Cinquanta dell’ottocento nota di T.P Charles Darwin ad Asa Gray 29 novembre 1857 Charles Darwin a John Lubbock 22 novembre 1859 Asa Gray fu uno degli alleati più preziosi nota di T.P. Charles Darwin ad Asa Gray 24 febbraio 1860 Charles Darwin ad Asa Gray 22 maggio 1860 Charles Darwin ad Asa Gray 3 luglio 1860 Charles Darwin ad Asa Gray 26 novembre 1860 Charles Darwin ad Asa Gray 11 aprile 1861 In precedenza Asa Gray aveva chiesto a Darwin nota di T.P Charles Darwin ad Asa Gray Ottobre 1861 E soprattutto il naturalismo coerente nota di T.P. Charles Darwin a Mary Everest Boole 14 dicembre 1866 Charles Darwin a Joseph Dalton Hooker 8 febbraio 1867 Charles Darwin a Ernst P. A. Haeckel 12 aprile 1867 Charles Darwin ad Alfred R. Wallace 27 marzo 1869 Charles Darwin ad Alfred R. Wallace 26 gennaio [1870] Charles Darwin a Frances Power Cobbe 23 marzo [1870] Charles Darwin a Joseph Dalton Hooker 12 luglio 1870 Charles Darwin a Francis Ellingwood Abbot 6 settembre 1871 Charles Darwin a Nicolas Dirk Doedes 2 aprile 1873 Charles Darwin al figlio George Howard 21 ottobre 1873 Negli anni della vecchiaia nota di T.P. Charles Darwin a John Brodie Innes 27 novembre 1878 Charles Darwin a Henry Nicholas Ridley 28 novembre 1878 Charles Darwin a George John Romanes 5 dicembre 1878 Charles Darwin a Reginald Darwin 8 aprile 1879 Charles Darwin a John Fordyce 7 maggio 1879 Charles Darwin a Nicolaj Alexandrovic Mengden 5 giugno 1879 Charles Darwin a Frederick A. McDermott 24 novembre 1880 Charles Darwin a Walter Raleigh Browne 18 dicembre 1880 Charles Darwin a Walter Raleigh Browne 22 dicembre 1880

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