Le navi di Venezia fra i secoli XIII e XVI 8806056662

Due rivoluzioni nautiche sono al centro di questi saggi. La prima si sviluppa attorno al 1300 grazie all'introduzio

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Italian Pages 319 [346] Year 1983

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Le navi di Venezia fra i secoli XIII e XVI
 8806056662

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Biblioteca di cultura storica

L'autore ha organizzato questo volume con saggi tratti da: Venice and History Copyright () 1969 Johns Hopkins University Press, Baltimore Beitriige zur Wirtscha/tgeschichte, voi. IV, tomo I Copyright© 1978 Klett-Cotta, Stuttgart Venezia e il Levante fino al secolo xv Copyright© 1973 Olschki, Firenze Medieval Italy Copyright© 1969 Kent University Press Renaissance Venice Copyright© 1978 Faber and Faber, Winchester Copyright© 1983 Giulio Einaudi editore s. p.a., Torino Traduzione di Enrico Basaglia ISBN 88-06-0,666-2

Frederic C. Lane

Le navi di Venezia: fra i secoli

Xel

e XVI

Giulio Einaudi editore

Indice

p. XI

Prefazione all'edizione italiana

Navi e traffici veneziani

284

Il naviglio veneziano nella rivoluzione commerciale La marina mercantile della Repubblica di Venezia Dalle biremi alle triremi Le galere di mercato, 1300-34: esercizio privato e diComun Le galere veneziane ad Alessandria, 1344 Normativa e amministrazione del diritto marittimo, 1250-135o I carichi di cotone e le norme contro il sovraccarico I tonnellaggi nel medioevo e in epoca moderna I marinai veneziani e la rivoluzione nautica del medioevo Salari e regime alimentare dei marinai all'inizio del Trecento Salari e reclutamento dei galeotti veneziani, 14 70-1580 Progresso tecnologico e produttività economica nei trasporti marittimi tra la fine del medioevo e l'inizio dell'evo moderno Il significato economico dell'invenzione della bussola La balestra nella rivoluzione nautica del medioevo Le operazioni navali e l'organizzazione dellaB.otta, 1499-1502 L'architettura navale intorno al 1550

3 II

Indice dei nomi e deiluoghi

3 24 45 49 82

91 115

124 150 170 176 201

227

240 251

Elenco delle illustrazioni

1.

Antonio di Natale, Pianta dell'Arsenale di Venezia, secolo XVII.

2.

Capolettera di De navibus, illustrante una buwnavis del Duecento.

Venezia, Civico Museo Correr. (Foto Gianni Vianello, Venezia).

Da Capitolare navium, sed verius Statutorum venetorum collectio, manoscritto del secolo XIII, pagina 1. Venezia, Biblioteca Querini-Stampalia. (Foto Gianni Vianello, Venezia).

3. Galla per un generai.

Da Pre Teodoro de Nicolò, Instructione sul modo di fabricare galere, manoscritto del secolo XVI. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana. (Foto Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia).

4. Particolare del mappamondo di Fra Mauro ( 1457-59 ).

Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana. (Foto Gonella, Torino).

5-6. Formazione navale detta Ordinanza lunare col soccorso in due squadre in coda sulle aie e formazione navale In triangolo: con due righe in coda, dei legni qua­ dri, dei legni grossi.

Da Cristoforo Canale, Trattato della militia marittima, manoscritto del secolo XVI. Venezia, Bi­ blioteca Nazionale Marciana. (Foto Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia).

7. Vittore Carpaccio, L'arrivo a Colonia.

Venezia, Gallerie dell'Accademia. (Foto Gianni Vianello, Venezia).

8. G. B. D'Angelo Del Moro, Il reclutamento degli equipaggi, secolo XVI. Venezia, Museo Storico Navale. (Foto Gianni Vianello, Venezia).

Prefazione all'edizione italiana

Due rivoluzioni nautiche hanno preceduto e reso possibile la rivolu­ zione industriale con cui l'Inghilterra ha avviato l'età del vapore, dell'ac­ ciaio e delle ciminiere: alla guida di entrambe queste rivoluzioni nauti­ che si trovarono gli italiani. La piu nota - quella che ebbe il suo culmine nella conquista degli oceani e di cui Cristoforo Colombo fu una figura centrale - sta sullo sfondo del primo dei saggi qui pubblicati; mentre la seconda rivoluzione nautica, quella medievale, sviluppatasi intorno al 1300 grazie all'introduzione della bussola, delle carte marittime e delle imbarcazioni chiamate cocche, è affrontata in molti altri saggi di questo volume. Va rilevato che le prestazioni richieste al personale di bordo dovet­ tero cambiare in seguito all'introduzione di due nuovi tipi di navi lun­ ghe: una nave, relativamente stretta, a remi, chiamata galera, e un nuo­ vo genere di imbarcazione esclusivamente a vela. Le raffigurazioni di quest'ultima - che era la nave piu usata dai mercanti - rivelano diffe­ renze nella forma dello scafo, nell'alberatura e nella disposizione delle vele. In effetti, il due alberi a vela latina, comunemente usato nel Me­ diterraneo prima del secolo XIV, illustrato nella lettera iniziale del Co­ dice marittimo veneziano allora in vigore, appare in forte contrasto con la cocca a un albero, dotata di un'unica grande vela quadrata, che com­ pare, fra altri tipi di nave, nel famoso mappamondo disegnato da fra Mauro a Venezia nel 1450 circa. La cocca a due alberi con vela latina a poppa della grande vela quadrata è disegnata anche piu chiaramente nel­ le carte nautiche di due o tre generazioni prima, opera dei cartografi ve­ neziani Pizzigani. Invece, nel mappamondo di fra Mauro, in contrasto con la cocca a un albero, è disegnata, in prossimità dell'isola di Cipro, la capace galera creata dai veneziaq_i nel corso della rivoluzione nautica medievale per trasportare carichi p'reziosi, spezie e metalli, mentre le cocche servivano per i carichi voluminosi, come cotone o cereali. Le tre vele latine delle grandi galere da mercato, dipinte da fra Mau­ ro, vennero sostituite, durante la seconda rivoluzione nautica, da un si-

XII

Prefazione all'edizione italiana

sterna cli velatura analogo a quello delle navi mercantili dipinte dal Car­ paccio nelle sue Storie di sant'Orsola, dove compare la caratteristica at­ trezzatura della caracca, con la grande vela quadrata dell'albero mae­ stro, derivata ancora dalla cocca, la piccola vela quadrata del castello cli prua, la vela di gabbia e una o due vele latine a poppa. Questo tipo di velatura, rielaborato dai portoghesi in seguito all'esperienza dei loro viaggi transoceanici, si rivelò essenziale per il commercio regolare e pro­ ficuo con l'altra sponda dell'Oceano; fu inoltre adottato dalle galere e dalle navi mercantili armate di cannoni, operanti nel Mediterraneo; in­ vece le galere sottili, che appaiono nei dipinti del Carpaccio, continua­ rono a essere le imbarcazioni piu diffuse nelle flotte da guerra mediter­ ranee. Il lavoro richiesto ai marinai e il compenso che di conseguenza rice­ vevano erano diversi a seconda del tipo di nave su cui prestavano servi­ zio. La relazione è ovvia quando si confrontino le galere a remi con le caracche o con i galeoni a vela. Meno ovvi furono i cambiamenti appor­ tati nel sartiame delle navi tonde a vela o la trasformazione del timone laterale in timone di poppa. Furono perfezionamenti tecnici capaci cli ridurre l'insieme dell'equipaggio necessario per ogni tonnellata di carico trasportata. Di conseguenza la percentuale della popolazione di una città marinara come Venezia, necessaria per armare la flotta da guerra e quel­ la mercantile, diminui a seconda del tipo cli imbarcazione impiegato nel corso degli anni. I nuovi metodi cli navigazione aumentarono la differenza fra i mem­ bri dell'equipaggio e i loro comandanti. Dopo la rivoluzione nautica me­ dievale i capitani delle navi e i loro uomini clipesero sempre meno dalle rilevazioni effettuate con lo scandaglio o dalla capacità di :fiutare il vento per avvertire l'approssimarsi della terra. C'erano matematici, ormai, in grado di tracciare le rotte con la bussola e con l'ausilio di carte. Si tenga conto però che il tipo di navigazione a stima guidò ancora le prime tra­ versate oceaniche, anche se nel corso della seconda rivoluzione nautica sempre maggior :fiducia fu riposta nel calcolare la posizione della nave con strumenti per l'osservazione del cielo e con tavole astronomiche. Nel cambiamento del modo di vivere di chi viaggiava per mare inci­ sero anche le condizioni del commercio. Quando le navi cercavano nuo­ ve fonti di approvvigionamento o nuovi clienti, i mercanti viaggiavano solitamente con le loro merci e i membri dell'equipaggio possedevano gran parte delle altre mercanzie trasportate. In effetti, a bordo, la diffe­ renza fra marinai e mercanti non era molto grande. Ma una volta che i porti di scalo divennero mercati organizzati, i mercanti, adottando nuo­ ve tecniche commerciali, cessarono di viaggiare, affidando le loro merci

Prefazione all'edizione italiana

xrn

ui capitani delle navi, che dovevano consegnarle ai loro agenti d'oltre­ mare. Alla fine della rivoluzione commerciale del medioevo il carico del­ le navi era di proprietà dei mercanti residenti, appartenenti ormai a una dasse sociale ben differenziata da quella degli uomini che manovravano le vele e la barra del timone, anche se alcuni uomini dell'equipaggio e gli stessi rematori portavano con sé alcune merci, a volte solo cianfru­ saglie, da barattare a terra. Quando poi la seconda rivoluzione nautica inaugurò i lunghi, costosi viaggi transoceanici, i carichi appartenevano 11 coloro che possedevano parti del convoglio (potremmo dire, in linguag­ gio moderno, azionisti) o a membri delle corporazioni piu ricche, che af­ lidavano a funzionari della compagnia l'incarico di programmare il viag­ gio e di cercare un capitano :fidato e l'equipaggio. La trasformazione dei mercati e insieme delle tecniche commerciali provocò molti cambiamenti di rotte. Fra questi, il piu drammatico fu senza dubbio quello che alla fine del Quattrocento portò alla circumna­ vigazione dell'Africa e quindi all'arrivo delle spezie indiane a Lisbona. L'importanza di questa nuova rotta non può essere sottovalutata nel lungo periodo, in quanto avviò altri scambi di là dall'Oceano e contribu{ nd affermare la supremazia dei porti nordoccidentali d'Europa. È stato però esagerato l'effetto immediato che la nuova rotta ebbe per Venezia. Quando il primo dei saggi di questo volume fu scritto, piu di cinquan­ t'anni fa, l'eccessivo rilievo dato al commercio delle spezie e la misura in cui esso fu monopolizzato dai portoghesi aveva fatto lasciare in ombra molti altri fattori che contribuivano alla prosperità e alla relativa poten­ za di Venezia, in quanto parte di quel mondo mediterraneo studiato in seguito cosf brillantemente da Fernand Braudel. Dal punto di vista dei veneziani di quel tempo, la Venezia cinquecentesca aveva superato le difficoltà degli inizi del secolo e, lungi dall'essere in declino, appariva loro nel fulgore di una nuova prosperità. Solo nel Seicento la debolezza emersa nel secolo precedente avrebbe portato a una recessione sempre piu drammatica e a un declino politico di notevoli proporzioni, soprat­ tutto per la perdita dei domini mediterranei conquistati dai turchi e l'ac­ cresciuta concorrenza commerciale di altre flotte. Ma con questi fattori di declino le spezie avevano meno a che fare; assai piu notevole fu l'in­ capacità veneziana di tenere il passo con i progressi della navigazione per quel che riguarda sia le navi mercantili, sia quelle da guerra - avve­ nuti nella seconda metà del Cinquece�o. Un aspetto economico del pro­ blema è stato rilevato nel saggio dedicato alla carenza di legname per le costruzioni navali, ma va anche notato che è difficile pensare a tale ca­ renza senza collegarla a fattori politici. Altri saggi, scritti piu recente­ mente, mettono in evidenza gli aspetti politici e sociali, e in particolare

XIV

Prefazione all'edizione italiana

due debolezze radicate nella natura dei centri di potere della repubbli­ ca di Venezia. Sempre piu spesso gli alti comandi navali erano affidati a persone di grande ricchezza e influenza politica e sempre piu di rado ci si preoccupava della loro esperienza e delle loro qualità professionali. Inoltre i veneziani tendevano sempre piu a prestare servizio nella flotta mercantile, cercando di sottrarsi al reclutamento nella marina da guer­ ra, dove, con scarso successo, si cercò di arruolare i coscritti delle cor­ porazioni cittadine e della terraferma. Soltanto dopo Lepanto, però, sul­ le galere furono in maggioranza rematori forzati o schiavi. La vittoria sui turchi del 1571 non va sottovalutata per il fatto di non avere avuto conseguenze catastrofi.che per l'impero ottomano. Va pur te­ nuto conto che una vittoria turca a Lepanto avrebbe comportato la to­ tale rovina di Venezia sul mare e alla perdita dello stesso dominio nel1'Adriatico. Si trattò di una battaglia realmente cruciale per la repubbli­ ca, in quanto il suo risultato le assicurò un altro secolo di notevole atti­ vità marittima. Tuttavia l'esaltazione di quella battaglia e i due secoli di vita indipendente che essa assicurò alla Serenissima hanno indotto la fal­ lace impressione che le navi e i marinai di questi ultimi tempi fossero da valutare non troppo diversamente da quelli che avevano fatto di Vene­ zia la «regina dell'Adriatico» e la dominatrice «quartae et dimidiae par­ tis totius Romaniae». In realtà, gli equipaggi delle navi che avevano an­ ticamente dispiegato il vessillo con il leone alato erano cambiati nel cor­ so dei secoli in modo non meno sorprendente delle imbarcazioni su cui navigavano. FREDERIC C. LANE Westminster (Mass.), ottobre 1983.

I saggi raccolti in questo volume sono apparsi in origine: Venetian Shipping during th,• Commerciai Revolution, in «American History Review», XXXVIII, 1933, pp. 219-39, e poi in Venice and History, Johns Hopkins Press, Baltimore 1969; La marine marchande rt le trafic maritime de Venise à travers les siècles, in Les sources de l'histoire maritime en liurope du moyen 8ge au xrx' siècle, a cura di Michel Mollat, Sevpen, Paris 1�62, pp, 7J2 (Atti del Quarto Colloquio internazionale di storia marittima) e poi in Venice and 1 listory cit.; From Biremes to Triremes, in «The Mariner's Mirror», XLIX, 1963, pp. 48-50 e poi in Venice and History cit.; Merchant Galleys, z300-34: Private and Comunal Ope­ r,1tion, in «Speculum», XXXVIII, 1963, pp. 179-20,:; e poi in Venice and History cit.; The Vcnetian Galleys to AJexandria, I 344, in Beitrage zur Wirtschaftgeschichte, a cura di Her­ mnnn Kellenbenz e Jiirgen Schneider, vol. IV: Wirtschaftskrafte und Wirtschaftwege, to­ mo I: Mittelmeer und Kontinent, Klett-Cotta, Stuttgart 1978, pp. 431-40; Maritime Law and Administration, z250-z350, in Studi in onore di Amintore Fanfani, vol. III, Giuffrè, Milano 1962, pp. 21-50 e poi in Venice and History cit.; Cargaisons de coton et réglemen1,,tions médiévales contre la surcharge des navires - Venise, in «Revue d'Histoire Econo­ mique et Sociale», XL, 1962, pp. 21-31 e poi in Venice and History cit.; Tonnages, Me­ Jicval and Modern, in «Economie History Review», serie II, XVII, 1964, pp. 213-33 e poi in Venice and History cit.; Venetian Seamen in the Nautical Revolution of the Middle Ages, in Venezia e il Levante fino al secolo xv, Olschki, Firenze 1973, pp. 403-29; Salaires ,·t régime alimentaire des marins au début du xrv• siècle: Vie matérielle e comportementes /,iologiques, in «Annales ESC», I, gennaio-febbraio 1963, pp. 133-38 e poi in Venice and lliJtory cit.; Wages and Recruitment o/ Venetian Galeotti, z470-z580, in «Studi Vene1.inni», n.s., 6, 1982; Technology and Productivity in Seaborne Transportation during I.aie Medieval and Early Modern Times, comunicazione presentata alla Quinta Setti­ mana di studio dell'Istituto internazionale di storia economica Francesco Datini, Prato 1973, in «Revue Historique», 510, aprile-giugno 1974, pp. 277-302, nella versione corretta

l'mgrès technologiques et productivité dans les transports maritimes, de la fin du Moyen Age au début des Temps modernes; The Economie Meaning of the Invention of the Com­ /111.l'.r, in «American Historical Review», LXVIII, 1963, pp. 605-17, e poi in Venice and His­ lory cit.; The Crossbow in the Nautical Revolution of the Middle Ages, in Economy, So­ t'it·ty, and Government in Medieval Italy: Essays in Honor of Robert L. Reynolds, Kent University Press, Kent 1969, pp. 161-71; Naval Actions and Fleet Organisation, z499-z502, in I, serie III, t. IX, Deputazione veneta di storia patria, 1916.

I marinai e la rivoluzione nautica

1.51

t1111i11 di patriottismo e di disciplina in quelle ciurme che pure si riusciva Ml 11rruolare, la debolezza e l'incostanza di cui il governo diede prova nel­ l'Imporre la disciplina. Mi propongo di dimostrare che per arrivare alle t•lid della crisi individuata da Manfroni e Brunetti occorrerà risalire 111111 nl secolo XIII, esaminando poi la trasformazione avvenuta tra il 12 .50 , Il 13.50 nella condizione dei marinai e nella struttura sociale a bordo ,l,llc navi. ()uesta trasformazione sociale costituisce una parte di quella che po­ ltrmmo definire la «rivoluzione nautica» del medioevo. Gli altri due 111pctti principali riguardavano le tecniche di navigazione legate alla bus111111 e i nuovi tipi di nave sviluppati o introdotti nel Mediterraneo intor­ no nl x300. I tre aspetti della rivoluzione nautica del medioevo- nuove 1,miche di navigazione, nuovi tipi di navi e una diversa situazione so­ l'l11lc a bordo - furono reciprocamente e intimamente collegati. Prima lll'l't) di esaminare questi collegamenti, consideriamo innanzitutto la con1Uiione dei marinai nel periodo precedente, cioè nei secoli XII e XIII. H.

In quei secoli il gran numero di rematori necessario alla flotta da •11crra veniva reclutato per coscrizione, o attraverso quella che potrem­ mo definire una leva selettiva. A questo scopo in ogni parrocchia (con­ lr,1da) di Venezia i capi di contrada arruolavano tutti i maschi adulti in •l'llppi di dodici, e i consigli governanti richiamavano uno, due o tre uo­ mini per dozzina (duodena), secondo la necessità. Gli altri contribuivano •I Nalario degli uomini imbarcati. I rematori designati dalla sorte pote­ Y11110 evitare di prestare servizio di persona versando la somma necessa­ tlu n, 9, 1967, pp. 219-20. Sul numero sempre 111111111iore di viaggi delle galere di mercato, cfr. Le galere di mercato, 1300-1344, qui a pp. 49-81.

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I marinai e la rivoluzione nautica

un certo numero di balestrieri specializzati, e di fornire armi e armaturt a gran parte dell'equipaggio•. Dal momento che per le armi e l'armatura dipendevano dagli armi• tori, nella prima metà del secolo xiv molti marinai vennero a dipendert da essi anche sotto altri punti di vista. Questa degradazione fu l'aspettu sociale della rivoluzione nautica del medioevo; o forse, per definire il f• nomeno nel suo insieme, sarebbe meglio parlare di una divisione interni alla categoria dei marinai. Si era aperto un divario, sempre piu ampio, tra il rematore comune e gli esperti di vario genere, e persino tra rem11, tori e marinai. Sulle galere i rematori furono in gran parte ridotti a pro, letariato, a una condizione per la quale possono ben essere usati i termini di schiavitu salariata o meglio ancora, di schiavitu per debiti. La caduta sociale dei rematori risulta evidente dalle leggi sulla discr• zione, e dal ricorso sempre piu frequente alla polizia e all'incarcerazione, Certo, anche il primissimo codice penale veneziano prevedeva l'incarco• razione seguita dalla fustigazione e dalla bollatura a fuoco per chiunqut mancasse di prestare il servizio per il quale percepiva una paga dal Co­ mune, ma per chi non si presentava all'imbarco o disertava quando l'In­ gaggio era privato i codici marittimi non facevano cenno alcuno a boll1, ture, fustigazioni, e nemmeno al carcere 10• Imponevano invece al discr, tore di restituire il doppio della paga ricevuta, lasciando alla discreziona dei giudici ogni ulteriore punizione, e questi - avrebbero poi protestato • CTr. La balestra nella rivoluzione nautica del medioevo, qui a pp. 240-,0. 10 Incarcerazione, fustigazione e marchiatura a fuoco erano previste soltanto per « quicumq1111 rogam communis accipienn nella Promissio Maleficiorum del u8x, edita da E. TEZA, Nozze di PI,, tro Ellero e Maria Deciani, Carta di Promissione del Doge Orio Mastropiero, MCLXXXI, Bologna 111411 1 p. xo, e da H. KRETSCHMAYR, Geschichte von Venedig, vol. I, Gotha x90,, p. 496. D'altro canto, però, la versione della Promissio Maleficiorum stampata piu avanti negli Statuti veneziani, ed auri, buita a Jacopo Tiepolo - x232 - rende applicabili quelle pene non soltanto a chi accettava la � dal Comune e poi non si presentava, ma anche a chi accettasse la paga di qualunque nave (ulicul1 navis marinaritiam»). CTr. Statuta venetorum, Venezia x492, e numerose edizioni successive. L'11· giunta risale forse alla riedizione ad opera di Enrico Dandolo nel u9,, di cui parla KRETSCHMAYI, Geschichte von Venedig cit., pp. 342-43. Sarebbe sorprendente che responsabile della modifica f01111 Jacopo Tiepolo in persona. Nel codice da lui emesso nel u29 le uniche clausole dedicate inlOl'II• mente ai rapporti tra marinai e armatori (patroni) sono i capp. 39 e 40. Una di queste prevedeva chi se un marinaio avesse abbandonato la nave infrangendo gli accordi stipulati con il Patronus, Q\111• st'ultimo poteva fermarlo con la forza, e se il marinaio fuggiva di nascosto o con la violenza, "' tenuto a restituire il doppio di quanto aveva ricevuto come paga anticipata, oltre a tutto ciò chi avrebbero deciso i giudici debitamente nominati. L'altro stabiliva che se i patroni non avelleN pagato i marinai al momento stipulato, avrebbero dovuto versare il doppio dell'importo. Queett norme furono riprese dal Codice Zeno, capp. LXXX-LXXXI. Inoltre, le premesse ai decreti del IJllfl e del x329 citati piu sotto implicano chiaramente che le norme del codice penale venivano co111I• derate eccessive, cosi come altre tra le pene durissime della Promissio Maleficiorum, o quanto• meno che potevano essere applicate alle flotte da guerra, ma non ai viaggi commerciali. Sebbena accadesse spesso che le galere di mercato partecipassero ai combattimenti, è probabile che fouoro considerate vettori commerciali tanto con l'esercizio di Comun che con quello privato. Sia sui leanl commerciali che su quelli militari i comandanti erano autorizzati a obbligare i marinai a rimaneN a bordo e ad arrestare chi fuggisse, ma si insisteva soprattutto sull'obbligo per questi ultimi di versare il doppio di quanto ricevuto. Deliberazioni del Maggior Consiglio cit., vol. II, pp. u6-17, 3'9 (u64, x270, u82); ASV, Miscellanea Atti, busta 9, pergamene 303 e 304.

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I marinai e la rivoluzione nautica

colarono definitivamente i marinai all'autorità del comandante 14, Quln, dici anni dopo, doge Andrea Dandolo, esse furono inserite nel Libe, VI degli Statuti veneziani, e da allora furono sempre riprese da tutte le In, numerevoli riedizioni 15• I codici di Tiepolo e Zeno, invece, non furonu sempre inseriti nelle raccolte di leggi veneziane. Nel secolo XVIII erano stati ormai in pratica dimenticati Le trasformazioni delle navi, della velatura e delle armature avvenute nel corso del secolo XIV avevano prl, vato di ogni significato i loro provvedimenti, e la priorità attribuita al diritti della comunità della nave, come il dovere dei marinai di denun, ciare le violazioni commesse dal comandante, dovettero apparire altral• tanto arcaici. Le premesse della legge 1329 in cui si imponeva l'incarcerazione p11r­ la di marinai che evitavano le sanzioni nascondendo quanto possedeva• no, ma i fatti dimostrarono ben presto che molti non disponevano vera, mente dei mezzi per pagare la multa. Per i debiti contratti con il loro CO• mandante molti furono chiusi in prigione, e li sembrava dovessero rima, nere all'infinito 11• Anche i marinai che si erano presentati puntualmente all'imbarco potevano scoprire di essere in debito con i datori di lavoro, Oltre alla paga ricevuta in anticipo, che si presume servisse a mantenere la famiglia durante la sua assenza, il marinaio poteva ottenere un prt, stito. L'entità della paga che gli era dovuta alla fine del viaggio veniva calcolata dallo scrivano della nave contando i giorni in cui aveva prt• stato servizio, ma anche addebitando sul suo conto l'anticipo ricevuto al, l'atto dell'ingaggio, le multe e gli altri pagamenti in cui poteva essere in, 1 '.

berazioni, Fronesis, f. 920. Nel febbraio 1327-28 si ordinò l'incarceraz.ione di chiunque fual111 da Venezia per evitare la leva, a meno che questi non si presentasse al suo posto non appena ritofflllll in patria. Capitolare dei Signori di Notte cit., n. 243. In pratica, comunque, l'ordine di arresto � niva applicato soltanto per i galeotti, e non per i marinai delle navi tonde, e un tentativo del 14JI di estendere le medesime norme tanto agli equipaggi delle galere che a quelli delle navi tonde (n,w11 fu sconfitto di strettissima misura. ASV, Senato Misti, reg. ,8, f. 1,2v. 14 Un altro provvedimento del , settembre 1329 incaricava i Signori di Notte di obblillN I marinai al rispetto di qualunque impegno assunto con i comandanti per la manutenzione della naw e i suoi spostamenti all'interno del porto di Venezia. ASV, Maggior Consiglio, Deliberazioni, Spi, ritus f. 37. 15 Le correzioni apportate da Francesco Dandolo il , settembre 1329 divennero i capp. LXVIII, LXIX, LXXI, LXII del libro VI degli Statuti. Alcuni riguardavano il manifesto della nave (q114tm,l1 navium) e altri aspetti dei mpporti tia spedi2ionieri e armatori. Le sue correzioni del 18 novcmb11 1330 (ASV, Maggior Consiglio, Deliberazioni, Spiritus, f. 43v) cui si accenna piu sotto, diven111111 i capp. LXXIII-LXXVI. Il cap. LXX nel libro VI di Andrea Dandolo fu aggiunto nel 1346 (ASV Maggior Consiglio, Deliberazioni, Spiritus, ff. 1480-149). Si impone il carcere per debiti in 1\111/ i casi, parlando di noli oltre che di salari dei marinai, e di canoni di alloggi, oltre che di queatlonl marittime, fatta eccezione soltanto per i debiti contmtti da un padre o da una madre con un S,1111 o una figlia, «perché saria troppo contraria alla humanitb. 1 6 Sebbene un capitolo del Codice Zeno sia indicato nel libro VI come cap. LXXII, uno ■telo rico settecentesco del diritto veneziano metteva in dubbio l'esistenza di una copia: VE'lTOI. BANDI, Principi; di storia civile della Repubblica di Venezia, 3 parti ciascuna di 2 voli., Venezia I7JJ, parte I, vol. II, p. 864; parte II, vol. I, pp. 243-46. 17 Capitolare dei Signori di Notte cit., n. 266.

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questo provvedimento e le tante clausole che nei codici duecenteschi lm, ponevano alla gente dell'equipaggio di riferire le eventuali violazioni 11 regolamenti commesse dai Patroni sottolinea la portata del mutamentn nella condizione dei marinai verificatosi tra il 1250 e il 1350. IV. Le condizioni del periodo successivo al 1484, che tanto sorpresero• scandalizzarono Camillo Manfroni e Mario Brunetti, divengono a111I piu comprensibili alla luce di queste trasformazioni anteriori. La pc111 nera, e la domanda imposta dalla terza guerra con Genova che le tenni dietro, aggravarono certo la penuria di marinai, e in particolare di remi• tori, ma non fecero che portare all'eccesso una situazione che già da di­ cenni costituiva un grave problema. Già negli anni trenta si erano ript,, tutamente levati lamenti sulla difficoltà di armare le galere, alle quali 11 concedeva quasi sempre di rinviare il completamento degli equipaggi 11• no al momento in cui avessero fatto scalo nelle città della Dalmazia 1• N• gli anni cinquanta il reclutamento in Dalmazia fu gravemente ridotto dii, le pretese avanzate su quella regione dal re d'Ungheria, ostile a Venezia, Durante la guerra con Genova fu ripristinata la coscrizione obbligatoria col sistema della duodena, ma data la situazione immediatamente succe1, siva alla peste la leva fu assai scarsa. Troppi coscritti preferivano versare le cifre specificate per assoldare sostituti, che invece non si trovavano 1, Priva del numero necessario di marinai propri, Venezia si rivolse ai So· verni stranieri, stipulando trattati col re d'Aragona e l'imperatore bi, zantino, in base ai quali essi promettevano di fornire galere armate eco­ mandate da catalani e greci 3. Quale rovesciamento di ruoli! Che contra, sto con il secolo xn, quando l'Impero bizantino assoldava navi e equi, paggi veneziani. La penuria della manodopera marittima a Venezia con• giurata del comandante. ASV, Maggior Consiglio, Deliberazioni, Fronesis, f. 140. L'autorizzazlo111 valeva soprattutto per i marinai delle navi tonde. 1 Era normale che le galere fossero autorizzate a rinviare il completamento degli equip111I all'arrivo nelle città della Dalmazia. Con due uomini per banco arrivavano in Dalmazia per Im­ barcarne un terzo, per «interzare». In diverse occasioni una :flotta in partenza dovette attendon il ritorno di quella precedente per poter essere armata in modo adeguato. Deliberazioni del Co11, siglio di Rogati cit., voi. I, p. 91, n. 316, 18 gennaio 1302-303; ASV, Avogaria di Comun, Delll», razioni del Maggior Consiglio, Magnus, f. w, 1303. Indicazioni successive sulla penuria di uomini in Deliberazioni del Consiglio di Rogati cit., voi. I, p. 163, n. 194, 1316 ca.; ASV, Grazie, re,. J, p. 6o; e sul reclutamento in Dalmazia, ibid., reg. 3, f. 60 (1330); Maggior Consiglio, Dellben, zioni Spiritus, 11. 48, ,9v, 64, 78v (1332-3,). 'i BRUNETTI, Contributo cit., pp. 6,-66, 72, 91-99; e ID., La battaglia di Castro cit., p. 271, MANFR0NI, La disciplina cit., pp. 324-2,, 331; BRUNE'lTI, Contributo cit., p. 133; A. S0DIILLI, La lotta tra Genova e Venezia per il predominio del Mediterraneo, in «Memorie della R. Accadi­ mia delle Scienze di Bolognu, serie I, t. V, 1909-10, pp. 87-1,7. 3

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1l1111ò fino al secolo xv inoltrato. Fino a quando Venezia non riconquistò 111 I >almazia, e vi riprese il reclutamento, non poté disporre della mano4 1lopcra sufficiente a mettere in mare grandi flotte da guerra • I provvedimenti intrapresi dopo la peste nera per attrarre marinai mrrispondevano in larga misura allo spirito di quelli usati in preceden1111. Se i suoi delitti non erano stati troppo infami, chi fuggiva la giustizia fu invitato a ritornare; se avesse servito sulle galere gli si offriva la remis1l11ne delle sanzioni per evitare le quali era fuggito s. Varrà però la pena ,Il osservare che né alla metà del secolo, né nei decenni precedenti, si 1lmmtra alcun segno di tentativi tesi ad attirare un numero maggiore di l11voratori offrendo loro condizioni di lavoro migliori. Anzi, accadeva •pcsso che le razioni diminuissero. All'inizio del secolo la razione com111·l·ndeva di norma, oltre alla galletta e al vino, formaggio e zuppa di ver1l11rc, con maiale salato in quella di fagioli a giorni alterni'. Nel corso del 11rrnlo XIV il maiale salato sparL Il piu importante degli ammiragli (Capi1,mi) veneziani della terza guerra genovese, Niccolò Pisani, attribui le numerose diserzioni alla cattiva qualità dei viveri, e nel 1349 appoggiò 1111n mozione che imponeva ai comandanti delle galere di distribuire car­ ne tre giorni alla settimana, e formaggio e sardine gli altri giorni; la mo1done fu comunque bocciata dal Senato 7. Nei secoli xm e XIV la paga dei rrmatori, misurata in monete e a tariffa giornaliera, aumentò•, ma il sa4 MANFRONI,

La crisi della marina militare eit., pp. 983 sgg. 9 Si rimettevano le ammende e gli interessi sui debiti, ma il capitale dovuto veniva comunque ""·111,crato con detrazioni dalla paga. Altre misure furono l'incoraggiamento ad assumere appren1ll11i marinai e l'autorizzazione ai mercantili di salpare a corto di uomini, ceduti in parte alle ga1,rr. da guerra. Fu questo l'inizio dei cambiamenti nella normativa che ridussero in misura tanto 1lr••tica il numero di uomini per tonnellata richiesto per le navi tonde. BRUNE'lTI, Venezia durante I� t•rste cit., pp. 21-28 e ID., Contributo eit., pp. 17-18, 31-32, 74. • Stando a Marino Sanuto Torsello. Cfr. Salari e regime alimentare dei marinai all'inizio del l'tm·nto, in questo volume a pp. 173-7'. La distribuzione di carne sulle galere era regolata dalla l,111c (cfr. Deliberazioni del Consiglio di Rogati eit., vol. I, p. 64) e alcuni almeno tra i capitani 1,11111rono di obbligare i patroni a fornire le razioni prescritte. Cfr. ASV, Grazie, reg. ,, f. 18v. 1 BRUNETTI, La battaglia di Castro eit., pp. 271-72; e ID., Contributo eit., p. 32. Un coscritto plfl11111va di prestare servizio sulle galere sostenendo che mentre i comandanti mangiavano pane 111111110 e bevevano vino di qualità, i marinai dovevano contentarsi di un'indigesta farina di miglio. MANl'RONI, La disciplina cit., p. 242. 1 Il Codice duecentesco di Zeno presuppone il pagamento a viaggio quando, ad esempio, pre­ •·rlvc che chiunque riceva piu di 40 lire debba portare armi o armatura in piu (cap. XXVII), e che n•I rnso venga deciso di svernare oltremare la paga deve aumentare di un quarto (cap. LXXXII, par­ •• .a). Nel 1224 si parla di pagamento a mese per il servizio in galera. Una legge del 26 marzo 1306, l•l'I\ specificava che chiunque arruolasse uomini per le galere doveva pagarli a giornata, contando dal •l11rno della partenza a quello del ritorno a Venezia. Si aggiungeva la postilla « salvo de tribus 1llrhus quibus solent dimittii.. ASV, Avogaria di Comun, Deliberazioni del Maggior Consiglio, M�1111us, f. II; Capitolare dei Signori di Notte cit., nn. 113, 132. Marino Sanuto Torsello offre una 111lr1111zione dei tre giorni in piu. Liber secretorum cit., p. 78. A quanto risulta il livello salariale per giornata fu raddoppiato nel corso del secolo XIII. I pa111.,nti documentati nel 1224 e nel 122, ammontano a circa 3 lire al mese. Le deliberazioni del �11uior Consiglio cit., vol. I, p. ,1, n. 43 e p. 106, n. 193 (gentilmente indicatomi da Louise 1rn�cr Robbert). Stando a Marino Sanuto Torsello, all'inizio del secolo XIV i rematori percepi­ v111u l'equivalente di 6A lire al mese, i balestrieri 8 lire. LANE, Salari e regime alimentare cit.,

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lario giornaliero significava ben poco, poiché nei viaggi commerciali VI• niva integrato dal diritto per ogni membro dell'equipaggio di portare uni certa quantità di carico senza pagare nolo, e nelle imprese militari d11ll1 speranza di far bottino'. La quantità di carico esente da nolo che ciascun membro dell'equl, paggio poteva portare variava da viaggio a viaggio, e il valore del legio dipendeva dalla natura del bastimento e della rotta. La quantit� bottino su cui si poteva sperare dipendeva dal fatto di servire al com,m­ do di qualcuno che godesse di una sicura reputazione nel campo. A tcm, il secolo XIV fu la cuccagna delle bande mercenarie, che quando non tl'I I vavano ingaggio vivevano di saccheggio, e anche per mare si incontrnno

privi, ,Il

pp, 170-7'. Nel frattempo il valore in argento della lira di piccoli era diminuito soltanto da 11,4 grammi a 1,,7 grammi. Nel 1301, in un provvedimento speciale che autorizzava i membri del Maggior Comlsllo 1111 imbarcarsi come balestrieri, si approvava una paga di 10 lire al mese. ASV, Maggior Consiallo, lii liberazioni, Magnus, f. 17. Nel 1332 si fissò a 10 lire per uomo l'ammenda dovuta dagli armatoti se l'equipaggio non era completo, il che implica che la paga era inferiore. Le deliberazioni del C,111t siglio di Rogati cit., voi. I, p. 468, nn. 337, 338, 344. Quando però gli equipaggi venivano co11erhtl col sistema delle dozzine che estraevano a sorte chi dovesse partire, si stabiH nel 13,0 che chi VII leva ingaggiare sostituti dovesse pagare una cifra sufficiente (4 lire), se aggiunta alle , lire pa1111 tlJI Comune, e alla lira pagata da ciascuno degli altri membri della duodena, a raggiungere un totale di 20 lire. A quanto risulta la paga regolare di un coscritto in tempo di guerra era di 16 lire. 1111 NETTI, Contributo cit., pp. 6,-66; ltOMANIN, Storia documentata cit., voi. Il, p. 393; LUZZATTl.11 Storia economica cit., p. 142. Nel 1331 il valore in argento della lira di piccoli era di 13,9 gram111l1 negli anni 1332-3,, 12,8 grammi; e dopo il nuovo conio del 13,3, rn,6 grammi. In argento, la ,a lire del 13,3 equivalevano a 10,6 lire del 1300. Se tutti i coscritti siano da considerarsi alla 1tl'l!11i, di quelli che Marino Sanuto Torsello definiva rematori, i membri peggio pagati dell'equipqalu, • cosa tutt'altro che sicura. Intorno al 1400 la paga consueta prevista dalla legge per i rematori fu mli fermata a 10 lire al mese, una somma che, si disse, attirava solo gente di poco conto; il capitano ,ltil golfo e gli ufficiali pagatori furono dunque autori2zati ad aumentarla. ASV, Senato, Commiulunl Formulari, reg. 4, f. ,. Gli ufficiali pagatori navali riscuotevano una tangente sulla paga degli uomini imbarcati nelle galere gestite direttamente dal Comune. Erano nobili eletti dal Maggior Con1l1ll11, la cui paga regolare era di soli 10-30 ducati l'anno, mentre molti funzionari percepivano fino • UNI ducati; si presumeva dunque che la parte maggiore degli introiti dell'ufficio venisse dalla pen.,1n tuale sulle ammende imposte e riscosse. Nel 1328 questi ufficiali avevano ormai introdotta una tica di dubbia legalità, pretendendo donativi di 16 piccoli su ogni anticipo versato ai marina al· l'atto dell'arruolamento, e di 28 piccoli sul saldo passivo dovuto al marinaio alla fine del vl■alt1 Il Maggior Consiglio tentò di dimezzare queste entrate, ordinando che l'altra metà fosse venata al Comune. ASV, Avogaria di Comun, Deliberazioni del Maggior Consiglio, Brutus, f. 82; Compila zione Leggi, buste 24 e 26; Provveditori all'Armar, reg. 12; Maggior Consiglio, Deliberazioni, l'r, sbiter, copia, f. 292; Grazie, reg. 3, f. 23. Nel 1462, però, riscuotevano 4 soldi al mese per uomi,. Senato Mar, reg. 7, f. 91. 9 L'importanza per gli uomini dell'equipaggio della mercanzia che erano autorizzati a port1N1 con sé risulta evidente in ASV, Maggior Consiglio, Deliberazioni, Leone, Il. 34-3, (1388) e in P,rt, tratte dal capitolare della Doana da Mar, Vienna, Nationalbibliothek, Ms 3437, f. 4. Cfr. anc:h, p. 153, nota 9. Quando, nel 1324, fu creato l'Oflìcium de Navigantibus per impedire che l'en1ha delle spedizioni superasse le disponibilità dichiarate da ciascuno spedizioniere in vista degli imp,, stiti, si regolarono anche i carichi dei marinai che non contribuivano ai prestiti forzosi. L'Oflicl11n1 poteva autorizzarli ad imbarcare merci per un valore massimo di 200 ducati (pili di quattro volt, il salario annuo del nostromo). Nel 1361, con la ripresa dell'Oflìcium, ai marinai fu concesso di tra• sportare merci per un valore di 100 ducati senza richiedere l'autorizzazione. Il. CESSI, L'«Of/icium ,, Navigantibus » e i sistemi della politica commerciale veneziana nel sec. xiv, in ID., Politica ed m, nomia di Venezia nel Trecento, Roma 19,2, p. ,2 (anche in «Nuovo Archivio Veneto», n.s., XXXII), Un esempio del commercio vivace e proficuo messo in piedi dai galeotti viene descritto nella rela­ zione del Capitano delle galere di Alessandria del 1,,8. Parigi, Biliothèque Nationale, Fonda li•• liens, Ms 328.

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•·•mpioni di quel medesimo spirito. Forse qualche comandante venezia110 riusciva a fare come i lupi di mare elisabettiani, che nel secolo XVI 1n11olavano ciurme per depredare le navi tesoriere spagnole. Non offri­ v•no paghe regolari, limitandosi a promettere una parte del bottino 10• NCI i comandanti veneziani colmavano i vuoti delle loro ciurme con me­ l1Kli di questo tipo, la cosa spiegherebbe la scandalosa bramosia con cui, 1l11po la vittoria di Castro, gli equipaggi veneziani abbandonarono il mmbattimento, permettendo la fuga a molti bastimenti genovesi men­ ll·r loro saccheggiavano quelli già catturati. L'incidente indusse il Senato •il npprovare norme ufficiali sulla distribuzione del bottino norme in h,o,c alle quali, nella guerra successiva, Carlo Zeno assegnò a ciascun re111111ore 20 ducati, e 40 a ogni balestriere, del bottino trovato nella piu lll'lln