Le grandi controversie della storia contemporanea 1914-1945 9788866974338

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Le grandi controversie della storia contemporanea 1914-1945
 9788866974338

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]ACQUES DE LAUNAY

LE GRANDI CONTROVERSIE DELLA STORIA CONTEMPORANEA 1914-1945

Prefazione di Pierre Dalla Vigna

e

Res Gestae

Titolo originale dell'opera: Les Grandes Controverses de ìTiistoire contemporaine .19.M-.1945 Traduzione di Francesca Menotti

(ç)

2023 - EDIZIONI RES GESTAE via Pichi 3, 20143, Milano Per informazioni: [email protected] wv,'V,.edizionircsgestae.it ISBN: 9788866974338

I:edìtore ha effettuato, senza successo, tutte le ricerche necessarie al fine di identificare gli aventi titolo rispetto ai diritti dell'opera. Pertanto resta disponibile ad assolvere le proprie obbligazioni.

L"'EFFETTO FARFALLA" E LA STORIA Attualità estetica e politica di un libro inattuale di Pierre Da!L, Vigna

J acquès Formènt, n,u:que a Roubaix, in Francia, ma al confinè del Belgio, nel 1924. Storico, saggista e narratore, fu attivo nella resistenza contro l'occupazione nazista in Francia e in Belgio. A paiiire dal dopoguerra si dedicò principalmente alla divulgazione storico-sodale, producendo oltre quaranta volumi, con lo pseudonimo di Jacques De Launay. All'interno della sua vasta produzione spicca Ore decisive della storia contempormzea 1914-1945, apparso nel 1 ~X-,4, che è l1 risultato di undici anni di lavoro del suo autore, tramite la consultazione di decine di migliaia di testi storici e documenti. È dunque un'opera poderosa, sicuramente utile per chi voglia comprendere la cronaca quotidiana della diplomazia e dei governi rispetto alle guerre del primo Novece11toc Traspare, nel controluce e nd retroscena dd grandi eventi politici e militari del primo Novecento, il portato d'incertezze, casualità e reazioni contrastanti che porta la storia universale a essere un movimento caotico e frattale. Ciò che, visto a una certa distanza, sembra il portato di volontà precise, esecuzione di uno spartfro certamente complesso, magari con errori ma senza pentimenti, ora assume la forma di un incontro tra mille decisioni contraddittorie, che a volte restano tali per un soffio. La famosa massima di Blaise Pascal, per cui «Se il naso di Cleopatra fosse stk to più corto, sarebbe cambiata l'intera faccia della krra», se.mbrn confermarsi in continuazione nelle pagine cli Dc Lunay, i cui attori alternano sempre decisioni proprie e obblighi di determinazioni altrui. Storie dlstopiche come quelle di Philip K. Dick1 o di Robert Harris 2 sembrano esser casualmente collocate nell'ambito lettera rio e fantasdentifico mentre poche varfo11t[ occ1siondli, decision[

1

Ph. K. Dick (1962), L'uo1,ow nell'alto castello, Fanucci, Roma 200L R. Harris (1992), Pather!and, l\fondadori, Milano 1992,

II

PIEFRE DALLA VIGNA

mancate o errate, o ancora eventi puramente casuali avrebbero potuto inverare nella storia vera i tremendi incubi che Dick e I-luris avevano relegato in uni versi para1leli e fortunatamente immaginarL Occorre però chiedersi se il modo archi-dstico-cronachistico utilizzato cb De Lunay abbia ancora un senso, dopo l'affermarsi della storiografia degli Anna/es e del non-ét:énementielféJ, La lenta evoluzione delle pratiche di coltivazione e rotazione delle colrnre nel Medioevo4, piuttosto che lo sviluppo delle tecniche di navigazione nd XVI e XVII Secolo, con la conseguente globalizzazione dei traffici di merci\ per non parlare delle mille innovazioni correlate nell'industria inglese tra Sette e Ottocento", spiegano le matrici ddle trasformazioni assai ptù di tante battaglie e azioni "decisive" dei cosiddetti "Grandi della Storia" che, dai tempi di Plutarco e Cornelio Nepote, sembrano appassionare biografi e pubblico, Gli eventi spedfid - come l'atk_1itato dl Sarajevo, una dichiarazione di guerra, o le scelte quotidiane di alcuni governanti sotto stress in situazioni emergenziali - sono verificabili dalle documentazioni che emergono dalle cronache, dalle lettere, dai discorsi e dai documenti prodotti dai protagonisti e dai loro entourage, proprio nel loro "essere in situazione", per usare un linguaggio sartria110. Ma le forze produttive e i rapporti di produzione che consentono aglt stessi personaggi dt recitare il loro molo storico sono il frutto di congi1111ture di lungo periodo, di tipo reticolare, misurabili con geometrie non euclidee, sulla base di teorie dd caos. Tali trasformazioni di lungo periodo, tuttavia, hanno contribuito a creare gli ultimi paradigmi inerenti il significato e il fine della storfr/. Karl Lo ..vith, proponendo una serie di interpretazioni dd senso della storia in filosofia, sottoltnea l'origine teologica di molte ddle moderne teorie storiografiche_ In particolare, una matrice ebraico cristiana, prettamente messianica, opererebbe inconscia mente nella dialettica hegelo-marxista applicata all'evoluzione ddl'um;uiità. I-ìegel e poi Marx avevano proposto l'idea che la storia possedesse una direzione, che in essa operasse un'" astuzia dclla

' J. Le Gof:f (a cura di, 1978), La nuova ,-wna, ì\fondadori, J\lilano 1989. 4

G. [)uby~ (1962t T./ econcrnù;; rurale ne/f.Europa rneàiù?J_.,-afe ..Francia;

Inghiitt rra, Ù,"!f-'ero. Seco!i LX-XV, Laterza, Bari 1966, 5 F. Braudcl (1979)~ (~ù)i/tit r;;a/eria!e; econorzia e ca_pùafrsr10. J_,e strut-ture de! (fUOti.dia?lO .,_J{V~_}{V]ll); Einaudi, forìno 2006. e; P. ~fantoux 0907), La industnm'e, Res Gesta e, Milano 2015. 7 K. Lowith (1949), S;gmficato e fine delta storia, 11 Saggiatore, Milano 2015. 1

L'"EFFETTO FARFALLA" E LA STCRIA

III

ragione" e che vi fosse un compimento ineludibile ---il trionfo della ragione incarnato n ), preferisce rimanere in disparte e lasciar fare al capo di Stato Maggiore generale. Il processo a lui intentato nel 1917 lo presenta come un essere indolente, addirittura corrotto, preoccupato dei capricci di una moglie più giovane di lui di trentadue anni, circondato di spie tedesche e austriache. Dal 28 Sazonov annuncia, per l'indomani, la mobilitazione parziale, ma sembra che in questo momento il ministro si rassegni ancora a qualche sviluppo della situazione diplomatica. Egli sa che una mobilitazione generale rischia probabilmente di far scattare la mobilitazione generale tedesca. Sappiamo che ha lungamente conferito con il generale Yanuchkievic. Pur senza possedere la traccia di tale colloquio, supponiamo che lo scopo era quello di rescindere l'ordine di mobilitazione. Il 29 luglio Pourtalès, ambasciatore di Germania, rende visita a Sazonov e l'avverte solennemente che la continuazione delle misure di mobilitazione costringerebbe la Germania a m0bilitare, il che renderebbe la guerra pressochè inevitabile.2 1 2

Dobrorolsky, op. cit. I)ie deutschen Dokumente, Il, 342.

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« Le misure prese non sono dirette contro la Germania ».1

Il ministro aveva ricevuto da poco la visita dell'ambasciatore di Austria-Ungheria, Szapary: « ... sta per essere firmato un ukase che decreta una mobilitazione assai larga ».2

Ma nel corso di questo stesso colloquio Sazonov è informato del bombardamento di Belgrado da parte degli AustroUngarici ed esprime con veemenza la sua indignazione: « Perchè parlare ancora quando voi agite così? » 3

In questo momento Sazonov esita ancora e attende senza dubbio la risposta dei suoi alleati francesi, avvertiti dal mattino della mobilitazione parziale. Ma l'annuncio del bombardamento di Belgrado modifica profondamente il suo atteggiamento. L'uomo che il giorno prima voleva scindere la mobilitazione generale in due tappe e che attendeva l'approvazione di Parigi - che arriverà d'altronde soltanto il 30 luglio - vuole attualmente passare immediatamente alla promulgazione dell'ukase decisivo, quello della mobilitazìone generale. Il ministro conferisce con lo Zar e sollecita l'autorizzazione di promulgare il decreto. Ma Nicola II ha cambiato parere anch'egli. Se costui ha rapidamente firmato i1 giorno prima i due ukase che lo Stato Maggiore gli ha sottoposto, esita tuttavia a compiere il passo deciviso. Egli ha ricevuto in effetti un telegramma di Guglielmo II: Se la Russia mobilita contro l'Austria-Ungheria, la missione di mediatore che ho accettato per le tue insistenti preghiere sarà compromessa, se non resa impossibile. Tutto il peso della decisione da prendere pesa dunque attualmente sulle tue spalle che avranno da sostenere la responsabilità della guerra o della pace.4

Lo Zar è scosso. È un uomo indeciso, abituato a dissimulare i suoi segreti pensieri. Il suo desiderio di non rifiutare 1

2 3

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Die deutschen Dokumente, II, 342. Dipl. Aktenstucke, III, 19. ibidem. Paléologue, op, cit., I_, 33.

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niente a coloro che lo sollecitano lo trascina spesso a formulare promesse che non mantiene o a non tenere m nessun conto consigli che tuttavia ha sollecitato. L'ambiente di cui si circondava e più in particolare la Zarina, romantica, ispirata, nevrotica, aveva largamente contribuito a far nascere nello Zar quella tendenza a non darsi pace di ogni decisione dal momento stesso in cui essa era stata presa. Comprendiamo meglio così l'atteggiamento dello Zar che, il 29 luglio, insensibile agli argomenti di Sazonov che preconizzava la mobilitazione generale immediata, non ha autorizzato che l'ordine di mobilitazione parziale. Il mattino del 29 luglio il generale Yanuchkievic mi consegnò per applicarlo - racconta Dobrorolsky - l'ukase di mobilitazione generale firmato dal mio signore e imperatore, nel quale il primo giorno della mobilitazione era fissato per il 30 luglio. 1

Dobrorolsky dunque, il 29, alle 9 del mattino, è all'ufficio centrale dei telegrafi con il suo telegramma di mobilitazione generale, e dà l'ordine di spedizione. Alle 9 ,30 il generale Y anuchkievic lo chiama al telefono e lo prega di ritardare la spedizione. Solo verso mezzanotte un telegramma di mobilitazione parziale sarà spedito ai quattro distretti previsti. Dobrorolsky protesta una volta di più presso il capo di Stato Maggiore generale, facendogli notare che questo ordine avrebbe creato confusione nell'esecuzione di piani lungamente preparati. Y anuchkievic l'assicura che Sua Maestà assume l'intera responsabilità di questo ordine di mobilitazione parziale. Tutto cambia di nuovo il 30 luglio alle 11 del mattino. Sazonov si era infatti convinto delle obiezioni di Yanuchkievic e aveva convinto l'imperatore. Alle 16 Nicola II, dopo alcune riflessioni contraddittorie, autorizza infine la mobilitazione generale. L'ordine è trasmesso dal palazzo di Peterhof al generale Y anuchkievic per mezzo di Sazonov. L'argomento che av~va deciso lo Zar era che l'arresto dei preparativi di mobilitazione avrebbe totalmente scombussolato l'organizzazione militare del paese. Possiamo supporre ugualmente che l'approvazione fran1

Dobrorolsky, op. cit.

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cese alla mobilitazione parziale, ricevuta nel pomeriggio, incoraggiò Sazonov nella sua decisione di ottenere dallo Zar l'autorizzazione completa. Alle 17 Dobrorolsky fa infine partire l'ordine di mobilitazione generale dalla centrale telefonica. « Questo stesso .30 luglio, Sazonov aveva ancora ricevuto l'ambasciatore di Germania che gli aveva domandato "se noi non ci fossimo potuti contentare della promessa dell'Austria di non attentare all'integrità del Regno di Serbia". "Ho risposto - disse Sazonov - che questa dichiarazione non era sufficiente"~,.

E il ministro detta a Pou.rtalès il testo seguente, di cui trasmette una copia all'ambasciatore russo a Berlino:

r

Se Austria, riconoscendo che la questione austro-ungarica è una questione a carattere europeo, si dichiara disposta ad eliminare dal suo ultimatum i punti che attentano ai diritti di sovranità della Serbia, la Russia si impegna a cessare i preparativi milìtari. 1

Si noterà anche che quello stesso giorno Sazonov dichiara allo Zar: Noi non abbiamo niente da rimproverarci se scoppia la guerra. Abbiamo fatto il possibile per risparmiare al mondo questa prova penosa ... Oggi la diplomazia termina la sua opera. 2

La mobilitazione generale in Russia comporterà inevita• bilmente reazioni a catena a Berlino, a Parigi, a Londra. L'Europa, in questo 30 luglio, considera la guerra inevitabile.

La Francia e la mobilitazione russa I1 29 luglio 1914 Poincaré e Viviani ritornano dalla Russia sbarcando a Dunkerque. Hanno bruciato le tappe di Oslo e Copenaghen, Il 27, dal France, Viviani ha radiotelegrafato a Paléologue, ambasciatore francese a Mosca: Vogliate dire a Sazonov che la Francia, apprezzando come la Libro nero, op. cit., II, 292. Paléologue, op. cit., I, 34. Confermato da Sazonov, op. cit., p. 219. 1

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Russia l'alta importanza che riveste, per i due paesi, affermare la loro perfetta intesa nei confronti di altre potenze e a non trascurare alcuno sforzo in vista della soluzione del conflitto, è pronta a secondare interamente, nell'interesse della pace generale, l'azione del governo imperiale. 1

Da allora più nulla. I messaggi trasmessi al « France )> sono disturbati probabilmente dai Tedeschi. Appena arrivati a Dunkerque, Poincaré e Viviani si dirigono nel vagone di ricevimento del treno presidenziale ove trovano il ministro guardiasigilli, Bienvenu-Martin, che aveva retto la Presidenza ad interim, René Renoult, ministro dei Lavori Pubblici e Abel Ferry, sottosegretario di Stato agli Affari Esteri. La folla acclama i dirigenti francesi. I ministri venuti ad accogliere Poincaré e Viviani sono pessimisti. Non credono che la guerra possa ormai essere evitata. Poincaré sembra insieme rassegnato e pieno d'ottimismo. Egli pensa che bisogna ancora tentare l'impossibile per evitare un conflitto, ma, nervoso, confida a Renoult: Questa faccenda non può sistemarsi, questa faccenda non può sistemarsi. 2

A Parigi, un'ovazione accoglie il presidente. Una folla entusiasta mescolava alle grida « Viva Poincaré » quelle di « Viva l'esercito » e, più rare, quelle di « Viva la guerra! ». La nota sciovinista tuttavia era lungi dall'essere generale. Assistiamo ad una manifestazione patriottica e non ad una dimostrazione bellicosa. 3

Poincaré è colpito dalla maniera con cui la folla francese sembra aver accettato l'idea della guerra. A tale proposito dichiara: Mai ho sofferto tanto, moralmente e fisicamente, a sforzarmi di rimanere impassibile. Trovo l'Eliseo deserto. La signora Poincaré, occupata nella Mosa per l'arredamento della sua casa di campagna, ha deciso di raggiungermi, ma non può arrivare che stasera alle sette e, 1 2 3

Poincaré, op. cit., p. 335. Caillaux, op. cit., p. 169. Times del 30 luglio 1914 citato da

J.

Kayser, op. cit., p. 185.

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nella sgradevole solitudine del mio studio, mi sento assalito da neri pensieri.1

Alle 5 Poincaré presiede all'Eliseo un importante consiglio dei ministri. La questione fondamentale è quella della mobilitazione russa. Quello stesso giorno infatti, alle 11,15, l'ambasciatore russo, Izvolski, aveva reso noto un telegramma che il governo russo aveva rivolto a Berlino: In seguito alla dichiarazione di guerra alla Serbia da parte dell'Austria, dichiareremo domani la mobilitazione nei circondari di Odessa, Kiev, Mosca e Kazan. Riferendo ciò al governo tedesco, vogliate confermare l'assenza, nelle intenzioni della Russia, di ogni velleità aggressiva contro 1a Germania. 2 Da parte sua, non appena ritornato, Viviani riceve l'ambasciatore di Germania de Schoen e gli conferma che le « misure di precauzione » prese in sua assenza dallo Stato Maggiore francese non rivestono alcuna intenzione bellicosa. L'ambasciatore ha subito resa nota tale dichiarazione a Berlino. Dopo questo colloquio Viviani andrà a passare il pomeriggio presso un'amica e ritarderà così l'apertura del Consiglio dei ministri. La domanda che si pone è evidentemente: Cosa dire ai Russi? I ministri sanno che la convenzione franco-russa del 1892-1893, suona all'articolo 2: Nel caso in cui le forze della Triplice Alleanza o di una delle potenze che ne fanno parte verranno a mobilitare, la Francia e la Russia, al primo annuncio dell'avvenimento e senza che vi sia bisogno di accordo preliminare, mobiliteranno immediata)Uente e simultaneamente tutte le loro forze e le porteranno più vicino possibile alle loro frontiere. 3

Questo testo pericoloso era stato rivisto nel 1913 ed era diventato: La mobilitazione tedesca obbliga fa Russia e la Francia a mobilitare immediatamente e simultaneamente tutte le loro forze alla prima notizia dell'avvenimento e senza bisogno di accordo preliminare. Lo stesso avverrà per ogni atto di guerra dell'esercito 1 2 3

Poincaré, op. cit., p. 368. Poincaré, op. cit., p. 373. Terzo libro giallo francese, Parigi 1918, n. 71.

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tedesco contro l'una o l'altra delle potenze alleate. Ma in caso di mobilitazione parziale, oppure generale dell'Austria o dell'Italia sole, l'accordo è indispensabile.

Sembra che gli autori di questo testo nutrano soprattutto la preoccupazione di prevenire un attacco brusco dell'eser-

cito tedesco. Ma il pomeriggio del 29 luglio, la mobilitazione parziale dell'esercito russo è imminente e la Francia, che era stata avvisata il mattino, può ancora esprimere la sua opinione. La Russia non ha consultato la Francia nello spirito ortodosso della convenzione, ma l'aveva avvertita in anticipo. Qual'è l'opinione del Consiglio dei ministri? Non si sa con precisione. Dobbiamo dunque contentarci di testimonianze indirette: Alle 18 il ministro dell'Interno Malvy disse a Caillaux: La Russia ci ha domandato se poteva mobilitare. Noi abbiamo risposto di sl. Ci siamo impegnati a sostenerla ... Resta inteso che la Russia non mobiliterà che contro l'Austria. Ci siamo del resto raccomandati di non mobilitare se non con la più grande prudenza. \Caillaux, op. cit., p. 170).

Abeli Ferry nota: Non arrestare la mobilitazione russa (Doc. dipl. français, 3 serie XI, 262, Parigi, 1936).

Il 30 luglio, Izvolski telegrafa a Sazonov la seguente risposta ( telegramma n. 210): Margerie 1 m'ha detto che il governo francese, senza volersi immischiare nei nostri preparativi militari, troverebbe estremamente desiderabile che questi preparativi rivestissero la forma meno aperta e meno provocante ... Il ministro della Guerra, Messimy, ha detto al conte lgnatiev 2 che noi potremmo dichiarare che nell'interesse superiore della pace noi consentiamo a rallentare temporaneamente le misure di mobilitazione, cosa che non ci impedirà di continuare ed anche di rinforzare i nostri preparativi militari astenendoci, per quanto questo sia possibile, dal trasporto in massa di truppe.

1

2

Direttore politico del Quai d'Orsay. Addetto militare russo a Parigi.

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Tutte queste testimonianze concordano e sembrano tradurre un medesimo stato d'animo. Una testimonianza ulteriore, ma fortemente sospetta, sostiene che si sia svolto il 29 o il 30 luglio un incontro segreto all'Eliseo fra Poincaré, Viviani, Izvolski e sir Francis Bertie. 1 I quattro uomini avrebbero deciso di promettere l'appoggio della Francia alla Russia nel caso in cui una mobilitazione russa avesse trascinato alla guerra. Se tale promessa fosse veramente stata fatta, essa avrebbe incoraggiato la mobilitazione russa e favorito lo scoppio della guerra, poichè in tal momento la lettera della convenzione mìlitare permetteva ancora alla Francia di disimpegnarsi. Ma noi non possiamo trarre conclusioni assolute da un colloquio di cui non abbiamo testimonianze dirette. Ci limiteremo dunque ai testi precedenti e concluderemo che la Francia ha accettato la mobilitazione parziale dell'esercito russo. Un telegramma di Paléologue al Quai-d'Orsay, in data 31 luglio, conferma d'altronde questo atteggiamento: Questa mattina ho raccomandato a Sazonov di evitare ogni misura militare che possa offrire alla Germania un pretesto alla mobilitazione generale. Mi ha risposto che, nel corso dell'ultima notte lo Stato Maggiore generale russo aveva precisamente fatto riferimento a qualche precauzione segreta, la cui divulgazione avrebbe potuto allarmare lo Stato Maggiore tedesco. 2

Ma alle 3 ,40 un altro telegramma di Paléologue arriva al Quai-d'Orsay: Secondo informazioni ricevute dallo Stato Maggiore generale russo, la mobilitazione generale de11'eserdto tedesco sarà ordinata domani}

Sazonov ha da parte sua confermato a Pourtalès, ambasciatore tedesco in Russia, che la mobilitazione parziale russa è diretta contro la sola Austria-Ungheria. Alle 22,30 nuovo telegramma di Paléologue: 1 L'esistenza e il tenore di questo incontro sono stati rivelati a Caillaux da Briand il 9 febbraio 19.32. Due uomini amari, scartati dal potere, scambiavano vedute ispirate senza dubbio

dal rancore. 2 3

Telegramma spedito alle 16,31. Telegramma n. 306. Libro bianco.

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In un colloquio che egli ha avuto questo pomeriggio con il conte Pourtalès, Sazonov ha dovuto convincersi che la Germania non vuole pronunciare a Vienna la parola decisiva che salverebbe la pace. L'imperatore Nicola si è formato la stessa impressione da uno scambio di telegrammi che egli ha appena avuto personalmente con l'imperatore Guglielmo. D'altra parte lo Stato Maggiore e l'Ammiragliato russo hanno ricevuto inquietanti informazioni sui preparativi dell'esercito e della marina tedesca. Di conseguenza il governo russo ha risolto di procedere segretamente alle prime misure di mobilitazione generale. Informandomi di questa decisione, Sazonov ha aggiunto che il governo russo non continuerà meno i suoi sforzi conciliativi. Mi ha ripetuto: "Fino all'ultimo momento negozierò". 1 Questo ordine di « mobilitazione generale segreta» fa meditare: la centrale telefonica di Pietroburgo lo trasmette il 31 luglio alle 6, ma dalle 4 del mattino i manifesti di mobilitazione sono affissi su tutti i muri della città. Il segreto sarà quindi di corta durata: si può credere che l'impressione destata dai manifesti, in corso dalla vigilia, sia stata ignorata dai Tedeschi? Non prima tuttavia del 31 luglio alle 10,43 allorchè Paléologue telegrafa a Parigi: La mobilitazione generale dell'esercito russo è stata ordinata. 2

Tale decisione finale, la mobilitazione generale russa, accelera lo scatenarsi della guerra. Il fatto non viene discusso. Doveva tuttavia avvenire così rapidamente? Abbiamo prima esaminato il comportamento dei dirigenti russi, ma ci si domanda se la Francia non abbia accelerato il movimento, con i suoi incoraggiamenti diretti o indiretti. La distinzione sottile dei ministri francesi fra mobilitazione parziale e generale è speciosa. Avrebbero provocato, sia l'una che l'altra, le stesse conseguenze. Se nelle circostanze che si vennero a creare il 29, 30 e 31 luglio 1914 la convenzione militare russa non doveva automaticamente entrare in funzione, è certo che i Francesi hanno accettato e appoggiato l'azione diplomatica e 1 Appuhn e Renouvin, op. cit., telegramma n. 318, ma Renouvin, op. cit., d'altronde dà lo stesso numero 318 ad un altro telegramma. 2 Telegramma n. 118 che sarà interpolato nel Libro giallo francese. Cfr. Isaac, op. cit., p. 211.

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militare russa. Il comportamento diplomatico della Russia nei confronti della Francia è stato corretto: ogni importante decisione è stata comunicata precedentemente e il più rapidamente possibile ai Francesi. L'ambasciatore Paléologue è stato fatto oggetto di molteplici gravi processi, alle intenzioni: avrebbe incoraggiato i Russi a mobilitare, avrebbe assicurato a Sazonov un appoggio pressochè incondizionato della Francia, non avrebbe informato regolarmente il governo francese di come si svolgevano i fatti a Pietroburgo, Il suo atteggiamento presta facilmente il :fianco alla critica. Dal 23 al 29 luglio, mentre Poincaré e Viviani - quest'ultimo presidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri - effettuano il loro viaggio di ritorno da Kronstadt a Dunkerque, i messaggi dell'ambasciatore si rarefanno. Questi stima senza dubbio inutile rivolgersi ad ufficiali ad interim. II suo atteggiamento è probabilmente dettato dall'amicizia personale che lo lega a Poincaré e per la fiducia che quest'ultimo gli accorda e d'altronde gli conferma, in un telegramma inviato dal France, per promettere a Sazonov l'appoggio del governo francese. Allorchè Poincaré sarà ritornato a Parigi, Paléologue non riferità tuttavia in maniera dettagliata gli ordini dello Zar e i suoi messaggi saranno trasmessi con lunghl ritardi. Ma non era stato convenuto con Poincaré di non corrispondere con Parigi che in linguaggio cifrato per evitare qualsiasi « fuga>> verso la Germania? Quanto ai ritardi di trasmissione, essi si possono spiegare così: La via normale Pietroburgo-Berlino-Parigi non offre più alcuna sicurezza. Di conseguenza ho dovuto prescrivere che il mio telegramma fosse inviato attraverso le reti scandinave e i cavi inglesi, itinerario di un meccanismo molto complicato e molto lento, potendo durare 6110 a sei o sette ore. 1

Poincaré, attento a tutte le pubblicazioni uscite dopo il 1919 sul problema delle origini della guerra, ha meticolosamente esaminato e rifiutato le critiche di cui è stato oggetto. Se perfino i suoi collaboratori non sono stati risparmiati dalla sua critica minuziosa, Paléologue in ogni circostanza ne resta immune. Poincaré giustifica nelle sue memorie l'assenza di certi documenti, la manomissione cli altri 1

Paléologue, Vu, Parigi, 15 marzo 1933.

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documenti, ma, riguardo alle sue trasmissioni tardive, Paléologue sfugge a qualsiasi rimprovero. Le parole che egli ha per l'ambasciatore sono cortesi, elogiative, ma si astiene dal precisare che si tratta di un suo amico e che egli ha insistito perchè quest'uomo di fiducia sia mandato a Pietroburgo a partire dal 7 gennaio 1914. Tali legami personali fra i due uomini, raramente evocati, sono certamente di un'importanza essenziale. Paléologue è stato senza dubbio un fedele esecutore delle volontà del presidente. La superficialità della persona e la difficoltà di questo mediterraneo ad adattarsi alle brume della Neva spiegano forse le insufficienze che ha dimostrato nel compimento della propria missione. Le intenzioni recondite di Poincaré sono più difficili a penetrare. Il desiderio di prevenire l'aggressione tedesca, la volontà di mantenere l'alleanza con la Russia e di sostenere quello che a lui sembrava il più sicuro equilibrio europeo sono le basi ben note della sua politica estera. Ma non ha forse egli incoraggiato i Russi ad adottare un atteggiamento intransigente? Gli archivi francesi sono stati accuratamente analizzati e il resoconto dei colloqui di Pietroburgo fra lo Zar e Poincaré, il 22 luglio 1914, figura fra i documenti che mancano. Ho sempre presente allo spirito il fermo linguaggio che il presidente della Repubblica ha tenuto con me nel momento in cui lasciavo la Russia,1

dirà lo Zar nel 1916 ad un vecchio ministro, Cruppi. Tale « fermo linguaggio » deve essere spinto al punto che i Francesi concessero ai Russi una firma in bianco. I testimoni non hanno parlato. L'accusa era troppo grave per essere accettata senza prove. L'assoluzione è troppo importante per essere data senza restrizioni. Gli attacchi degli storici tedeschi e i dubbi dei diplomatici inglesi, sono poco fondati e il segreto dei colloqui di Pietroburgo resta intatto. Segnaliamo anche che Poincaré era « trasportato » dall'opinione pubblica. Diversi milioni di Francesi avevano sottoscritto per miliardi a prestiti russi e si sentivano solidali con gli interessi della grande alleata dell'est. La stampa 1

Chastenet, op. cit., p. 147.

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francese stessa era favorevole alle tesi russe e, se si vede anzitutto l'opinione pubblica commuoversi all'annuncio della morte drammatica di Francesco Ferdinando a Serajevo, essa non tarda ad approvare fa posizione diplomatica presa della Russia. Certo Poincaré non sembra che abbia voluto la guerra, ma « non ha fatto forse tutto quello che dipendeva da lui per impedirla>} ( Chastenet). Ad un certo punto, probabilmente dopo il suo arrivo a Dunkerque, si è rassegnato. Questo atteggiamento di rassegnazione alla guerra riflette in realtà quella della popolazione francese a partire dal 29 luglio 1914. Dal 21 al 24 luglio, mentre Poincaré è in Russia, i dieci principali giornali francesi dedicano un largo spazio al processo di Madame Caillaux, e non riservano che una decima parte delle loro colonne all'alleanza russa. 1 Ma, a partire dal 29 luglio, predomina la « fermezza ». Per ragioni non molto chiare il popolo francese si è dunque rassegnato alla guerra. Con vero sollievo la popolazione parigina accoglie, il 1° agosto 1914, la falsa notizia che la Russia ha risposto alla mobilitazione tedesca con una misura analoga. In realtà la cronologia è inesatta: la Russia ha mobilitato per prima, ma il dispaccio Paléologue ha impiegato died ore per arrivare a Parigi. L'atteggiamento britannico

La Gran Bretagna fu certamente l'osservatore più attento della crisi del luglio 1914. La maggior parte delle reazioni dell'opinione pubblìca europea trovarono eco nel Regno Unito. L'indignazione dell'Europa di fronte all'attentato di Serajevo si ritrova nella stampa britannica. Nel momento in cui i Serbi ricevono l'ultimatum insolente dell'Austria Ungheria, gli Inglesi non possono comprendere l'ostinazione provocante del conte Berchtold e condividono .il cambiamento di rotta dell'opinione europea. Il Foreign Office è tuttavia meglio informato. A Downing Street ci si preoccupa delle conversazioni di Pietroburgo, fra lo Zar e Poincaré. I diplomatici britannici comprendono che Francia e Germania, pur essendo molto interessate alla 1

Kayser, op. cit., p. 175.

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pace, sono press'a poco decise a non abbandonare i loro rispettivi alleati, Russia e Austria-Ungheria. In luogo di tentar di calmare gli antagonisti russi e austro-ungheresi, i dirigenti britannici cercano di convincere Parigi e Berlino ad esercitare una pressione moderatrice. Londra non nasconde alle nazioni rivali del continente il suo attaccamento all'equilibrio europeo. I suoi avvertimenti sono in funzione della pace e Parigi come Berlino sono persuase che la Gran Bretagna resterà neutrale. Il rifiuto della Germania e dell'Austria-Ungheria di accettare la proposta di conferenza suggerita da sir Edward Grey lascia comprensibilmente perplessi i dirigenti britannici. Grey, membro del Parlamento dal 1885, ministro dal 1908, era considerato come un saggio, e ministri e deputati lo ascoltavano come un oracolo, pensando che dalla sua bocca non potevano venire che consigli prudenti ed abili. L'integrità, il disinteresse, la probità di sir Edward rassicuravano l'Inghilterra. L'uomo della strada, curioso della vita privata dei suoi dirigenti, sapeva che ogni week-end sir Edward andava a pescare. Inoltre, allorchè domenica 26 luglio i giornali segnalano la sua presenza in ufficio, i cittadini britannici si turbano, a ragione del resto, poichè quella settimana sir Edward stesso perde la calma, di fronte alla responsabilità della decisione da prendere. La Germania sapeva che gli accordi militari conclusi fra gli Stati Maggiori tedesco e britannico dopo il 1906 non costituivano un'alleanza e non imponevano alcun obbligo ai due governi. Essa non ignorava che tali patti erano completati da accordi tecnici miranti ad assicurare una efficace e rapida cooperazione in caso di azione comune, ma che questi erano suscettibili di essere respinti dal Parlamento. Comprendiamo senza difficoltà perchè Bethmann-Hollweg accetta di trasmettere a Vienna la proposta Grey. La esprime d'altronde lui stesso in un telegramma a Guglielmo II, il 27 luglio: Se noi rigettiamo a limine ogni ruolo di mediatore... l'Inghilterra abbandonerà la sua neutralità. 1 I dirigenti tedeschi erano d'altronde rassicurati dalla di1

Die deutschen Dokumente, Il, 283

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chiarazione del re Giorgio al principe Enrico di Prussia il 26 luglio: La Gran Bretagna rimarrà neutrale in caso di conflitto fra le potenze occidentali)

Infatti, dopo il 27 luglio, in seguito al rifiuto della proposta Grey da parte di Berlino, il governo diventa perplesso. Ignora che Berlino, sicuro della neutralità britannica, crede più che mai alla localizzazione del conflitto austro-serbo e pensa di poterne affrettare la soluzione con un atteggiamento di fermezza. A Parigi si crede ugualmente a tale neutralità e il gioco diplomatico viene fatto senza consultazione stretta con la Gran Bretagna. Sir Francis Bertie, ambasciatore a Parigi, rende visita a Poincaré al suo ritorno dalla Russia. Il presidente francese afferma in quella occasione: Vedete, mio caro ambasciatore, io sono convinto che il mantenimento della pace fra le potenze è nelle mani dell'Inghilterra. Se i1 governo di Sua Maestà annunciasse che, nell'eventualità di un conflitto fra Germania e Francia, in conseguenza dell'attmùe controversia fra Austria e Serbia, l'Inghilterra verrebbe in aiuto della Francia, non ci sarebbe guerra, perchè la Germania modificherebbe immediatamente ii suo atteggiamento. 2

Sir Francis trasmette fedelmente questa affermazione a Londra, ma l'attesa dichiarazione non sarà fatta. La deduzione di Poincaré era tuttavia giusta ed è pro• babile che una presa di posizione più netta del governo britannico avrebbe senza dubbio evitato la guerra. :È noto il desiderio di neutralità del governo; ma è certo che quest'ultimo non voleva lasciar schiacciare la Francia senza intervenire. Da Pietroburgo, Sazonov cerca di persuadere la Gran Bretagna ad adottare un atteggiamento più netto in favore degli alleati franco-russi. Questi appelli non saranno ascoltati. Il 29 luglio solamente sir Edward Grey dichiarerà a Berlino: Se Francia e Germania verranno ad essere coinvolte nel conflitto, la Gran Bretagna non potrà a lungo rimanere in disparte. 1

Die deutschen Dokumente, I, 207. op. cit., IV, 417.

2 Poincaré,

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Questo telegramma avrebbe provocato, l'abbiamo visto, il cambiamento di rotta del cancelliere Bethmann-Hollweg che teme l'intervento britannico e tenterà, in extremis, di condurre il conte Berchtold ad accettare le posizioni di Sir Edward. Come spiegare questo ritardo nella presa di posizione britannica? Senza dubbio perchè, come venne riecheggiato dalla stampa di quei giorni, l'opinione pubblica si è abituata all'idea della guerra inevitabile e i dirigenti hanno ammesso il carattere irreversibile di questo processo lento, ma automatico, che conduce l'Europa dalla pace alla guerra. D'altronde questo telegramma di sir Edward non precisa affatto che la Gran Bretagna si sarebbe allineata al fianco dell'alleanza franco-russa, ma ch'essa prevede d'intervenire nel conflitto in maniera ancora indeterminata. Possiamo allora concludere che l'atteggiamento della Germania, come d'altronde quello della Francia, che sostenevano i loro alleati al di là degli stretti obblighi contrattuali, sarebbe stato meno fermo se la dichiarazione Grey fosse venuta prima? È probabile, e il mutamento avvenuto in Bethmann-Hollweg nella notte dal 29 al 30 luglio conferma tale ipotesi. Ma, se sir Edward ha espresso la sua opinione con molta prudenza a causa delle esitazioni del governo britannico, è da ritenere ch'egli si facesse interprete fedele dell'opinione del suo paese. Il governo britannico temeva in realtà che una dichiarazione troppo categorica avrebbe incoraggiato Francia e Russia ad adottare un'atteggiamento esageratamente fermo, poco augurabile in vista degli sperati negoziati. Gli storici britannici pensano tuttavia che se il governo lo avesse proposto negli ultimi giorni di luglio, il Parlamento non avrebbe votato l'entrata in guerra. Solo il 4 agosto, dopo la violazione della neutralità belga, sir Edward Grey otterrà tale dichiarazione di guerra. Senza dubbio il processo di scatenamento della guerra è stato accelerato dalle tergiversazioni della Presidenza del consiglio britannico, ma niente autorizza a credere che questa non abbia semplicemente espresso i sentimenti profondi dell'opinione nazionale.

IV LA GUERRA DI MOVIMENTO (1914)

La cooperazione militare franco-belga Se la violazione della neutralità belga commosse e sorprese l'opinione pubblica europea, essa non meravigliò invece lo Stato Maggiore francese. Fin dal 1911 il generale }offre, nuovo capo di Stato Maggiore, aveva informato il Consiglio superiore della difesa nazionale che sarebbe stato altamente auspicabile che, in caso di pericolo di guerra, l'armata francese fosse potuta preventivamente penetrare nel Belgio. Questa proposta, sottoposta all'Inghilterra, era stata categoricamente respinta. D'altronde era stata anche respinta dal Consiglio dei ministri. Il 27 novembre 1912, con l'approvazione di lord Grey, il generale Wilson venne aHo Stato Maggiore francese e ci dichiarò che il Foreign Office riteneva « che il Belgio era incerto a quale partito appigliarsi in caso di un conflitto franco-tedesco e che piuttosto pareva ìndinare dalla parte della Germania ». « Ora - aggiungeva - se la Francia viola per prima la neutralità belga, l'esercito belga si schiererà sicuramente con i Tedeschi; si potrebbe allora richiedere al governo britannico di far rispettare la neutralità: si troverebbe allora in una situazione molto imbarazzante. L'esercito francese - concludeva - non ha quindi alcun interesse e violare per primo la neutralità belga ». 1

Joffre era quindi stato costretto ad affastellare altri piani su piani, poichè in Francia la politica militare dipendeva dalla politica governativa. Il capo di Stato Maggiore aveva così presentito la manovra tedesca di accerchiamento, ma un errato apprezzamento sulla consistenza numerica dell'ala destra tedesca avrebbe precipitato la disfatta delle truppe francesi nel Belgio. Joffre avrebbe dovuto poter contare sull'appoggio del1

Joffre, op. cit., I, 126.

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l'esercito belga, ma prima del 1914 era stata accuratamente evitata ogni forma di cooperazione militare fra Francesi e Belgi per non provocare la Germania. Si rivelò quindi estremamente difficile a realizzarsi in pochi giorni, dal momento che le truppe non erano preparate nè da una parte nè dall'altra. Infatti dal 4 al 17 agosto non potè essere intrapresa alcuna azione comune efficace. }offre aveva deciso di « condurre tutte le forze riunite all'attacco dell'esercito tedesco », ma i primi giorni di guerra regna l'incertezza e l'esercito francese, che cerca di indovinare la manovra avversaria, non passa la Mosa. Secondo il piano di ]offre l'esercito belga avrebbe potuto portarsi sulla Mosa, contrastarne i passaggi e guadagnare cosl un tempo prezioso per la cooperazione alleata. Se questa cooperazione la si fosse potuta raggiungere in tempo utile, l'esercito belga avrebbe còlto l'occasione favorevole per attaccare il fianco delle colonne nemiche, che gli sarebbero passate davanti per dare battaglia alle forze franco-britanniche. Nel caso in cui la sproporzione delle forze non avesse permesso di conservare tale posizione, l'armata belga avrebbe potuto battere in ritirata su Namur e venirsi a ricongiungere al fianco sinistro delle truppe anglo-francesi .1

Da parte belga il generale Galet sottolinea bene il disaccordo esistente fra i punti di vista belga e francese. In teoria, e secondo le istruzioni di cui era tramite il luogotenente colonnello Brécard, le forze dovevano contrastare le forze tedesche a nord della Sambre e della Mosa. (Ma) l'armata belga, nel corso della già avviata ritirata verso la fortezza di Anversa, poteva essere rinforzata da forze alleate sufficienti per tener testa con esse alle forze nemiche... ( In pratica, dalla lettura dei documenti), era chiaro che nessun rinforzo alleato si trovava in condizioni di darci una mano, con forze sufficienti e in tempo utile per sbarrare la strada all'offensiva tedesca. Questa certezza ci faceva uscire da una crudele indecisione. Poichè l'armata belga sarebbe rimasta isolata, era necessario perserverare nella decisione di battere in ritirata verso la fortezza. 2

In realtà ciò conferma che la cooperazione militare franco-belga fu, durante le prime settimane di guerra, pressochè inesistente. Il generale Foch, incaricato più tardi di tale 1 2

]offre, op. cit., I, 245. Galet, op. cit., p. 155.

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questione, afferma che essa si stabilì veramente solo al tempo della battaglia dì Fiandra ( 4 ottobre 1914 aprile 191.5). Sarebbe stata anzitutto necessaria una stretta unione del comando, tendente a conoscere la situazione reale di questa battaglia, difficile ad abbracciarsi nel suo insieme, E, per arrivare a questo, ci sarebbe voluto un servizio dì collegamento molto attivo fra i combattenti alleati, come fra i singoli comandanti di unità. Ed inoltre un ammirevole spirito di solidarietà, una indimenticabile fraternità di armi, destinata a creare per molto tempo un solido legame d'amicizia fra le nazioni alleate. I capi alleati si vedevano frequentemente durante la giornata ed anche alla fine di essa, per coordinare i nostri piani e preparare gli ordini per l'indomani. 1

Non esisteva nulla di tutto questo, dice }offre, nell'agosto 1914. L'esercito belga era stato sorpreso dalla guerra mentre stava riorganizzandosi dalle basi. Il nuovo capo di Stato Maggiore, generale de Sel1iers, era stato da poco comandante della gendarmeria. L'opinione pubblica belga manifestava la sua alta indignazione per l'atteggiamento tedesco e le sue vive simpatie per noi. Era ben chiaro che il governo belga, molto desideroso di conservare la sua indipendenza, avrebbe cercato di soddisfare il sentimento nazionale; ma il problema militare che gli si poneva bruscamente non lo poteva non inquietare, e parve che l'armata belga volgesse già lo sguardo verso fa piazzaforte di Anversa, dove si sarebbe ritirata se Liegi fosse caduta.2

Joffre aveva inviato a Bruxelles il luogotenente generale Brécard, con la missione di attirare l'attenzione del governo belga sull'importanza che rivestirebbe determinare la consistenza delle forze tedesche sulla frontiera orientale del Belgio, difendere con ostinazione tutti i passaggi della Mosa, e far infine cooperare la cavalleria belga all'azione del nostro corpo di cavalleria nella regione a nord di Neufchàteau. 3

La missione Brécard non raggiunse che magri risultati, perchè il 17 agosto la destra tedesca ricacciò indietro un

2

Foch, op. cit., p. 239. ]offre, op. cit., p. 244.

3

Les armées françaises, op. cit., I, 128.

1

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corpo di cavalleria francese e respinse lontano da sè l'armata belga. Il re Alberto concluse che gli Alleati non avrebbero potuto resistere ad un urto diretto e decise di far ripiegare tutte le forze belghe all'interno del campo trincerato di Anversa. Il monarca vive ore cruciali e si domanda se il Belgio non abbia interesse a sfuggire al conflitto franco-tedesco. Decide allora di rimanere ad Anversa senza mantenersi in contatto con gli Alleati. Il 7 ottobre 1914 si installa nel castello di Voshol, situato di fronte al campo trincerato di Anversa, fra l'armata tedesca e l'armata belga. 1 La regina Elisabetta e il primo ministro di Broqueville fanno allora pressione sul re, affermando che l'interesse del Belgio è di legare la sua sorte a quella degli Alleati. Il re Alberto, dopo patetiche insistenze, si arrende finalmente alle loro ragioni. Da allora diventerà fedele e glorioso compagno degli Alleati. L'uscita delle truppe belghe da Anversa sanziona questa presa di posizione e stabilisce definitivamente lo stato di guerra fra la Germania e il Belgio. La cooperazione militare franco-britannica

Durante l'anno 1914 la stessa cooperazione militare francobritannica si rivela difficile. In linea di principio era stata discussa e ammessa già prima della guerra, ma l'applicazione urta contro parecchie difficoltà. Il governo e lo Stato Maggiore britannici hanno d'altronde su tale questione punti di vista diversi. Per evidenti ragioni tattiche i generali propendono per seguire gli ordini dello Stato Maggiore francese, e il generale Haig domanda addirittura al ministero della Guerra, lord Kitchener, l'autorizzazione a sottomettersi all'autorità di Joffre. Ma lord Kitchener desidera salvaguardare l'indipendenza dell'armata britannica. Precisa la sua posizione il 1° settembre 1914, in una lettera al generale French: 1 Il 10 agosto la Germania, dopo l'occupazione di Liegi, aveva offerto una amichevole intesa al Belgio. Al tempo della battaglia della Marna nuove offerte di pace furono trasmesse ad Anversa dal capo del partito cattolico, Woeste.

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Il corpo di spedizione resterà (sulla linea di combattimento) uniformandosi ai movimenti dell'armata francese, ma agendo tut• tavia con prudenza per evitar di scoprire i lati. Sono certo che dovrete ammettere che questa è fa conclusione alla quale siamo arrivati; in ogni caso, finchè mi sarà possibile comunicare con voi, vi prego di considerare questo testo come una istruzione.!

Questa consegna provocherà evidentemente una carenza di cooperazione, soprattutto ai livelli inferiori, che sarà densa di conseguenze. Il generale Foch, più tardi incaricato della coordinazione anglo-franco-belga, sostiene che ci fu una reale cooperazione; tuttavia, il generale French emette un giudizio differente a proposito dello svolgimento della battaglia di Mons. Io credo - scrisse il 25 agosto a lord Kitchener - di non essere stato trattato generosamente dal comandante francese, il quale ha permesso che 1a mia ritirata fosse notevolmente disturbata da considerevoli forze avversarìe. 2 Aggiungeremo tuttavia che il generale French era un ufficiale molto mediocre e di carattere ombroso. Era stato scelto come capo del corpo di spedizione per ragioni d'anzianità e perchè aveva eroicamente comandato un corpo di cavalleria nella guerra contro i Boeri. Comandante prestigioso e coraggioso, costui fu rapidamente superato dagli avvenimenti, e i suoi rapporti con i generali francesi si dimostrarono, nella maggioranza dei casi, difficili. I suoi collaboratori \Vilson e Douglas Haig - quest'ultimo sarebbe stato suo successore - fecero meritori sforzi per conciliare i punti di vista francesi e inglesi e facilitare, dall'agosto 1914, le relazioni fra le due armate. In realtà Francesi e Inglesi non manifestarono nè gli uni n.è gli altri una sufficiente volontà di coordinazione pratica. I due governi sono coscienti di questo stato di cose e il 1° novembre Poincaré ne discuterà a Du.nkerque con Kitchener. « Lord Kitchener è venuto all'appuntamento che noi gli abbiamo fissato. È un uomo alto, dalla fisionomia energica, occhi vivi e penetranti sotto le sopracciglia arcuate e ben disegnate, naso un po' corto dall'estremità leggermente rilevante, baffi rigidi e ritorti e accuratamente rasato. È vestito con l'uniforme 1 2

Huguet, op. cit., p. 103. Arthur, Kitchener, p. 68.

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kaki di generale e si presenta, senza ufficialità, con cordiale semplicità .... « Temo - ci confessò senza esitazione - che, sotto un tale colpo, l'armata britannica, ancora troppo poco numerosa, si pieghi. Contiamo sul vostro sostegno ». Joffre ci ha detto che, in effetti, gli Inglesi hanno ceduto un po' di terreno. Sono molto bravi. Ma, dopo essersi battuti per due o tre giorni, procedono a sostituzioni di cui il nemico approfitta per raddoppiare i suoi attacchi. È ciò di cui si lamenta anche il generale Foch, venuto egli pure a Dunkerque per conferire con Kitchener e con noi.1

La battaglia delle Fiandre, che segue a quella della Marna, permetterà agli Inglesi e ai Francesi di stabilire, di comune accordo, una migliore coordinazione fra le forze francesi, britanniche e belghe, che si realizzerà sotto il generale Foch, aggregato al generale in capo. È una prima tappa, ancora molto incompleta, verso l'unità di comando che sarà realizzata solo nel 1918 dallo stesso generale Foch.

La disfatta di Charleroi L'ala sinistra dell'armata francese, impegnata nel Belgio, si sgancia progressivamente dalla Mosa e si ritrova sulla Sambre il 21 agosto 1914. È sostenuta sulla sua sinistra dall'armata britannica. La 2• armata tedesca di von Biilov decide d'attaccare la 5• armata di Lanrezac da una parte e dall'altra di Charleroi. Nello stesso momento la 1• armata di von Kli.ick attacca il corpo di spedizione del generale French. Sin dall'inizio della battaglia i Francesi sono isolati dagli Inglesi grazie ad un'abile manovra di Biilow. Il generale Lanrezac aveva il compito di lanciare un'offensiva al di là della Sambre, contro un nemico che Joffre credeva inferiore di numero; si lascia aggirare dalla manovra di Bi.ilow e sta per essere sopraffatto sulle due ali, sulla Mosa e sulla Sambre. Lanrezac è costretto a battere in ritirata, dopo aver subito grosse perdite. Il ger,erale Joffre perde quel giorno la speranza di respingere i Tedeschi verso il mare del Nord. 1

Poincaré, op. cit., V, 407.

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Dal canto suo il generale French ripiega di fronte all'urto di von Klilck. 1n quel momento si rivela la ferma e lucida volontà di }offre. Senza lasciarsi sopraffare dalla sconfitta, egli studia molto freddamente le cause dell'insuccesso per trarne insegnamento per l'avvenire. Prende immediatamente le decìsioni che sì impongono. Per quanto doloroso sia rivelare certe debolezze, è necessano dire completamente ciò che allora ci apparve. Troppi dei nostri generali si rivelarono, alla prova dei fatti, inferiori al loro compito. Alcuni di loro, che avevano raggiunto in tempo di pace la più brillante reputazione come professori o come strateghi di tavolino, di fronte al nemico si mostravano però dominati dal terrore delle responsabilità. In talune grandi unità mi si segnalava la totale carenza di comando. Domandai d'urgenza che mi si facessero conoscere tutti i generali che si erano rivelati insufficienti; mano a mano che mi arivavano i resoconti, io Ii controllavo e poi, per i capi che sembravano meritare tali misure., li rimettevo a disposizione del ministro e nominavo al loro posto quelli che mi sembravano più degni. Ma l'insufficienza del comando in un certo numero dì unità non era evidentemente il solo elemento responsabile dei nostri rovesci. Era chiaro che le istruzioni per l'offensiva che avevamo cercato di inculcare all'esercito prima della guerra erano state troppo spesso mal interpretate e mal attuate; da tutti i punti del fronte mi si segnalavano errori di manovra che avevano comportato pesanti perdite e talvolta ridotta a zero la capacità offensiva e difensiva della truppa. l'vli si riferiva che quasi sempre le avanguardie non avevano compreso l'offensiva, che si lanciavano senza l'appoggio dell'artiglieria, e cadevano in intere formazioni sotto i colpi dell'artiglieria nemica. In altri .casi era una grande unità che, avanzando senza proteggere i fianchi, veniva esposta a crudeli avventure. La fanteria era quasi sempre lanciata all'assalto a una distanza troppo grande dagli obiettivi. Ma le posizioni conquistate erano rafforzate prima della partenza per la conquista di nuovi obiettivi in modo che, se quest'ultima fosse andata a vuoto, le nostre truppe, respinte, avrebbero perduto anche il frutto dei loro primi sforzi. Soprattutto non si era quasi mai realizzata fa cooperazione della fanteria con l'artiglieria. Allorchè venni a conoscenza di tutto questo prescrissi alle armate di regolare con prudenza i loro attacchi e, soprattutto, di stringere con la più grande cura i legami fra le varie armi. 1 1

}offre, op. cit., p, 290.

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Questa lezione impartita in piena battaglia, il sangue freddo di quest'uomo che resta completamente padrone della situazione, tutto ciò è senza dubbio uno dei fatti più rilevanti della prima guerra mondiale. La sola critica alle misure prese da Joffre al tempo della disfatta di Charleroi è stata mossa dal generale Lanrezac, principale responsabile. Quest'ultimo ha espresso dubbi sul valore della preparazione, sulla qualità della tattica, sull'assenza di coordinazione, sull'anarchia delle iniziative, in una parola su tutto, eccetto che sul comando della 5• armata. Critica troppo severa, troppo interessata per poter essere accettata. 1 }offre di contro dirà più tardi al ministro Loucheur: Lanrezac dopo Charleroi è stato oppresso dal senso delle sue responsabilità... Più tardi, al tempo della battaglia della Marna, vedendolo di nuovo in cattive acque, sono andato a trovarlo ed egli ha convenuto amichevolmente con me che non avrebbe più potuto comandare la sua armata; il suo viso, qualche istante prima tormentato, ha subito assunto un'aria tranquilla e soddisfatta; quando è arrivato a Bordeaux per fare il resoconto a Millerand, allora ministro della guerra, ha incontrato il generale Gouraud nell'anticamera e gli ha detto: « Joffre mi ha rimpiazzato e ha fatto bene ». Anche a Millerand ha fatto un discorso analogo.2

Più tardi, per difendersi, Lanrezac si mette in contatto con qualche politico e poco a poco nascerà la leggenda di Lanrezac, ingiustamente sacrificato. Non pare tuttavia che le critiche di Lanrezac nei confronti di }offre abbiano resistito alla prova del tempo. Forse Lanrezac ha effettivamente intuito taluni disegni di Biilow, preavvisandone }offre, senza che questi ne tenesse conto. D'altronde è senza dubbio ingiusto accusare Lanrezac di avere operato una ritirata troppo rapida. 3 In realtà Joffre avrebbe soprattutto commesso errori nella valutazione delle forze e nella previsione della tattica del1' avversario. Ma il modo con cui il generalissimo riuscì a tenere in pugno le sue armate, per effettuare una ritirata orLanrezac, op. cit. Loucheur, Carnets secrets, p. 135. 3 Lardemelle, op. cit. (1114), e J. Isaac, ]offre et Lanrezac, Parigi 1922. 1 2

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dinata, fino alla Marna e costituisce senz'altro un'operazione militare di eccezionale valore. Moltke e l,i battaglia delta .Marna

Il generale von Moltke dirigeva le operazioni delle armate tedesche dopo Lussemburgo, dove aveva installato il quartier generale. Lo si credeva triste, volentieri autocritico. In realtà non aveva una salute eccellente e cercava di evitare i trasferimenti. Di natura artistica - era pittore e musicista - , egli bene si intendeva con il colto Conrad, capo di Stato Maggiore delle armate austro-ungariche, ma, contrariamente a quest'ultimo, temeva l'avventura. La sua Bibbia era il Faust e preparava una traduzione del Pelléas et Mélisande di Maeterlinck. E nello stesso modo che a Berlino egli viveva giorno e notte nel suo austero ufficio della Konigsplatz, cosl al suo arrivo a Lussemburgo, il 16 agosto, si chiuse nel collegio femminile e non ne uscì più. Era, così, felice di sfuggire alla febbre e alle visite che lo importunavano a Coblenza, il suo precedente quartier generale. Non sembra che egli si sia preoccupato per il cattivo funzionamento della stazione radio, disturbata dall'emittente della Torre Eiffel, nè per i cavi telefonici frequentemente tagliati dai Belgi. Il generale confida dunque nel suo piano, questo piano Schlieffen, minuziosamente preparato, che non lascia margine all'imprevisto. Secondo lui, matematicamente, l'esercito francese doveva essere distrutto in sei settimane. Il piano tedesco fu perfettamente realizzato fino al 25 agosto. Il generale van Biilow l'applicò anche con molta intelligenza; la sua abile manovra sulla Sambre non riuscì tuttavia a distruggere l'ala sinistra francese, allorchè Lanrezac pose fine al combattimento per evitare il disastro totale. Il 27 agosto Moltke dà ordine ai suoi generali di incalzare le armate inglesi e francesi. A von Kliick ( I armata) fu assegnata Poìntoise come obiettivo, a Biilow (II armata) La Fère, a von Hausen (III armata) Chàteau-Thìerry. Non può esservi alcun dubbio: l'ala sinistra francese sarebbe stata rapidamente distrutta. Moltke è talmente sìcuro di sè che ha creduto di poter ritirare dalla sua ala

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mobile due divisioni, che invia nella Prussia orientale per aiutare le forze di copertura a contenere l'avanzata russa. Kliick e Biilow avanzano insieme. Il 26 agosto, Kliick riesce a infrangere il I corpo di spedizione britannico a Cateau, ma esso sfugge senza difficoltà. Tre giorni dopo aggancia Lanrezac a Guise, ma anche questa volta egli raccoglie la sfida. Quando Kliick si fermò sulla Marna, non era riuscito a mettersi in contatto con l'ala sinistra francese. Da parte sua Joffre non è rimasto inattivo. Dal 4 agosto ha installato il suo quartier generale a Vitry-le-François. Si mantiene in stretto e quotidiano contatto con i suoi comandanti d'armata. Se da una parte prende misure per impedire che i suoi pranzi e il suo sonno siano disturbati dai visitatori importuni, non esita tuttavia a montare su una grossa automobile che il suo autista, un asso del volante, guida a più di cento chilometri all'ora verso i quartieri generali dei suoi subordinati. Calmo e taciturno, esamina con cura i rapporti che gli pervengono dai vari punti del fronte e interroga lungamente i suoi collaboratori, e in particolare i suoi ufficiali di collegamento, uomini in genere di rilievo. Nei primi giorni di settembre Joffre capisce l'occasione che gli si offre grazie all'errore commesso da van Kliick. Dal 25 agosto era a disposizione di una armata, la VI, formata con le forze prelevate in Lorena; la conduce verso la sua ala sinistra. Questa sesta armata Maunoury sarà posta di fronte al :fianco dell'armata van Kllick. Moltke dette ordine di incalzare le armate francesi in direzione sud-est onde evitare il campo trincerato di Parigi. Ma quando van Kliick passa la Marne il 4 settembre, Joffre decide di sferrare una controffensiva generale. Il 4 settembre, alle 22, Joffre lancia il suo ordine: Conviene approfittare della situazione avanzata della prima armata tedesca per concentrare su di essa gli sforzi delle armate alleate dell'estrema sinistra.

Joffre è stato forse incoraggiato nella sua decisione dal generale Gallieni, che gli propose di lanciare all'attacco, di fronte al campo trincerato di Parigi, tutte le forze disponibili, per ricongiungersi alla grossa ondata dell'armata Maunoury, dell'armata French e della V armata, appena rimessasi dalla ritirata e diretta in quel momento da Franchet d'Esperey. ·

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L'offensiva della Marna fu ingaggiata il 6 settembre. Il 9 sarà per gli Alleati « una vittoria incontestabile». Quel giorno Biilow batte in ritirata. Poco dopo von Klilck lo imita. Le due grandi armate dell'ala destra tedesca ripiegano sull'Aisne. Moltke aveva allora sottovalutato l'abilità del comando francese. Non immaginò che la V armata e il corpo di spedizione britannico, battuti e spossati dalla ritirata, sarebbero stati ancora in grado di sferrare una controffensiva. Non sospettò che le forze del campo trincerato di Parigi avrebbero potuto partecipare a quella battaglia. Ignorava che Joffre aveva costituito, nel vivo della battaglia delle frontiere, una nuova armata con le truppe prelevate in Lorena. Il comandante tedesco verrà a conoscenza di questi fatti solo il 4 settembre, e solo allora prenderà le misure necessarie per farvi fronte. Non si rende tuttavia conto che ]offre sta per attaccarlo ovunque con forze numericamente superiori. In realtà il torto di Moltke è stato quello di rimanere chiuso all'« École des filles » di Lussemburgo e di seguire da lì una battaglia che si svolgeva a 230 chilometri dal suo quartier generale. Egli affidò al suo luogotenente - colonnello Hentsch - l'incarico di mantenere contatti personali con Kliick e Billow. In effetti allenterà la briglia ai suoi due generali e si rimetterà a Hentsch per gli arbitrati e per la coordinazione delle operazioni belliche. 1'8 settembre sera Billow discute con Hentsch dell'even• tualità di un attacco francese alle spalle: In tal caso -

ha detto Hentsch -

la ritirata è inevitabile.

Biilow darà quest'ordine di ritirata il 9, alle 13. Kliick dapprima esita, ma nel pomeriggio eseguisce l'ordine di ritirata datogli da Hentsch. Potevano i generali tedeschi agire diversamente? Hentsch ha dato, come hanno scritto alcuni storici tedeschi, troppo presto l'ordine di ritirata? I generali tedeschi affermano da parte loro: Il comando della I armata (von Kliick) ha eseguito l'ordine

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di Hentsch di ritirata immediata, perchè a lui non rimaneva altra via. 1

Kliick ha confermato questo punto di vista. Biilow, meno categorico, non discuterà più la decisione presa.2 Il luogotenente generale Hentsch pretese di aver lasciato Lussemburgo con pieni poteri di ordinare, in caso di bisogno, la ritirata. Hentsch era un ufficiale di grande valore ma di un fondamentale pessimismo, e se alcuni l'hanno visto partire con un eccellente morale, altri asseriscono che egli non andò al di là delle istruzioni ricevute, ordinando la ritirata allorchè era stato deciso di « tener duro ad ogni costo ». Non è possibile discernere nettamente tra queste due tesi quale sia quella giusta. In ogni caso Hentsch non aveva alcun ordine scritto preciso ed agì alla meglio. Allorchè il 10 settembre alle 13,40 egli rientra a Lussemburgo per fare il suo rapporto, tutto è finito. Alla vigilia della battaglia sulla Marna il generale van Moltke aveva tralasciato di assicurare efficacemente i suoi c?ntatti e aveva commesso qualche grave errore di valutaz10ne. Questa battaglia, abilmente preparata e opportunamente ingaggiata da Joffre, costituisce una vittoria dello Stato Maggiore francese. Se }offre fu costretto a rinunciare al suo piano (il piano XVII) dalla battaglia di Charleroi, Moltke da parte sua dovette abbandonare il piano Schlieffen davanti alla Marna. I due generalissimi sono stati obbligati ad improvvisare una strategia e una tattica sullo stesso campo di battaglia: il successo doveva necessariamente compensare il maggiore valor militare.

1

Generale von Kiihl, capo di Stato Maggiore di von Kli.ick,

Der Marsch auf Paris und die Schlacht am Ourcq, 1914, Berlino 1919. 2 Generale von Biilow, Mein Bericht zur Marneschlacht, Berlino 1919. Vedere ugualmente lo studio sulla missione del tenente-colonnello Hentsch, di W. Muller-Loebnitz, e L. Koeltz, Documents allemands sur la bataille de la Marne, Parigi 1930.

V

GUERRA DI LOGORAMENTO (1915 · 1916)

Al princ1p10 dell'anno 1916 le forze militari dei belligeranti si trovano, da una parte e dall'altra, troppo potenti per dar luogo a speranze di rapida vìttoria e nello stesso tempo troppo deboli per avviare un'operazione decisiva. Le due parti sono dunque decise a intraprendere la guerra d'usura fino a che non si modificherà l'equilibrio delle forze. Senza lasciare alle potenze dell'Intesa la possibilità di scatenare l'offensiva che esse progettavano, Falkenhayn decide di concentrare i suoi sforzi su Verdun. Quasi senza interruzione, dal 21 febbraio 1916 al 31 giugno 1916 una immensa battaglia si svolgerà attorno a Verdun. Forze enormi sono in gioco da una parte e dall'altra: più di 56 divisioni tedesche, più di 52 divisioni francesi, cioè quasi tre milioni di uomini, passeranno sotto Verdun. Alla fine della battaglia si conteranno circa 500.000 morti: 240.000 Tedeschi e 275.000 Francesi. È difficile precisare lo scopo che ha spinto i Tedeschi a fondare questo attacco massiccio. Gli storici militari tedeschi pensano che non fosse quello di effettuare una >, ch'esso lealmente impedisca con tutti i mezzi in suo potere ogni sorta di agitazione politica in questo senso, sia in Serbia sia al di fuori delle sue frontiere, e che ne dia assicurazione sotto la garanzia delle potenze dell'Intesa. Gli avvenimenti che si sono prodotti in Russia mi obbligano a non manifestare le mie idee in proposito fino a quando non vi si sarà stabilito il governo legale e definitivo. Dopo aver così esposto le mie idee ti domanderò di espormi a tua volta l'opinione anzitutto della Francia e dell'Inghilterra, dopo averne conferito con quelle due potenze, al fine di preparare così un terreno d'intesa sulla base del quale potranno essere intrapresi degli approcci ufficiali e in tal modo tutti potranno essere soddisfatti.

Sixte vede Poincaré il 31 marzo e ambedue ritengono ormai indispensabile informare gli Inglesi. Egli sollecita ancora una udienza presso Ribot, presidente del Consiglio, che la rifiuta. Ribot aveva per parte sua conferito con Llyod George a Folkestone. Quest'ultimo è dell'idea di procedere ad abboccamenti, ma di riferirne tuttavia agli Italiani. A causa dell'insistente richiesta del principe di Borbone e per assicurare il segreto dei negoziati, il 19 aprile ha luogo a San Giovanni di Mariana un incontro durante il quale Ribot e Lloyd George discutono con il barone Sonnino, ministro degli Affari Esteri d'Italia, sull'atteggiamento da tenere nei confronti delle proposte austriache. 1 Il 22 aprile Jules Cambon fa conoscere al principe i risultati degli incontri di San Giovanni di Moriana: gli Italiani non vogliono rinunciare a nessuna delle condizioni per le quali sono entrati in guerra, e particolarmente nè a Trieste nè al Trentino. Il 2 aprile Sixte ritrova Erdody a Zoug, in Svizzera, glì affida una lettera per l'imperatore nella quale lo scongiura di non interrompere i colloqui con Francia e Inghilterra, qualsiasi siano le sue intenzioni nei confronti dell'Italia. Il 4 maggio nuovo incontro a Neuchàtel con Erdody. Su richiesta di questi Sixte si reca a Vienna, ove incontra Carlo 1'8 maggio. L'imperatore non precisa le concessioni 1 M. Toscano, Gli accordi di San Giovanni di Mariana, Milano 1936. Vedi anche le note di Rìbot, Journal, Parìgi, Plon 1936, p. 66.

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che avrebbe fatto all'Italia. Desidera continuare a negoziare e si rimette a Czernin per le modalità, ricadendo così nella diplomazia ufficiale. Una nota Czernin del 9 maggio chiede allora se gli Alleati sono pronti a garantire « l'integrità della monarchia», ma accoglie contemporaneamente il principio di uno scambio territoriale con l'Italia. Dopo essersi accordata con gli Alleati, l'Austria-Ungheria potrà trattare dell'argomento con la Germania. Il 20 maggio Sixte rivede Poincaré e Ribot; commenta per essi la nota Czernin affermando: « Una volta messe queste basi l'Austria-Ungheria potrà firmare una pace separata». Si deve concludere allora che Sixte interpreta i testi a suo modo? Il conte Czernin era rimasto al di fuori delle intenzioni dell'imperatore, se noi consideriamo che esse sono riferite esattamente dal principe Sixte? Il principe Xavier di Borbone-Parma, che aveva assistito al convegno di Laxenburg, ci dice nel 1961: 1 L'imperatore cercava di preparare la pace ad ogni costo. Il conte Czernin era non solo al corrente, ma aveva assistito ai colloqui e discusso nei particolari. Aveva un carattere fluido, insicuro e privo di precisione.

Oppure il principe Sixte ha interpretato motu proprio a suo modo i testi presentando la nota a Czernin per venire a capo della situazione? A tale proposito il principe Xavier afferma ancora che La salda e tenace volontà dell'imperatore Carlo, i colloqui franchi e precisi di mio fratello con Poincaré e Lloyd George, le parole d'onore date da una parte e dall'altra sono altrettante testimonianze della veridicità dei testi... Mio fratello non aveva oltrepassato di un àpice le istruzioni ricevute.

In ogni caso Sixte sarà presto deluso. La sua impressione non è buona. Scrive: Il presidente della Repubblica: intelligenza molto viva, spirito brillante, molto al corrente di cose europee, di vibrante patriottismo; ma privo di volontà attiva, essendone impedito dalla sua stessa posizione. 1 Quarantaquattro anni dopo quei fatti, ma confermando che la versione di Sixte riferisce i dati esatti degli incontri.

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Il presidente del Consiglio: stanco, invecchiato, occhiali gialli che toglie e rimette. Vede tutte di.f!icoltà e non vede che quelle. Teme per conseguenza tutto il Parlamento ed è privo di dinamismo. Spirito pessimista.

Il 2.3 maggio Sixte vedrà ancora Uyod George e il re d'Inghilterra. Costui legge a sua volta la nota ed esprime subito un lieve dubbio: Non si può neanche pensare ad una pace con la Germania. Si tratta allora di una pace separata con l'Austria sola? Sixte: Rispondo che questo è il punto essenziale di tutto il negoziato. Il re: Dunque l'Austria farà la pace contro la volontà della Germania e non spinta da questa? Sixte: Ma sl, l'Austria la farà di propria volontà, che è quella dell'imperatore. Egli vuole la pace a condizioni favorevoli e la farà anche senza la Germania. Del resto, se io mi sono prestato a questi negoziati, l'ho fatto a condizione che non si parlasse di pace con la Germania.

Lloyd George prospetta una riunione a Compiègne dei tre capi di Stato e dei loro primi ministri per fissare le basi dei negoziati. La conferenza di Compiègne non avrà luogo. Sixte che ha domandato a Lloyd C':reorge una risposta dall'Inghilterra come anche ha sollecitato quella della Francia, non riceverà nè l'una nè l'altra e Carlo aspetterà invano i risultati del sondaggio richiesto, Il 25 giugno Sixte, abbattuto per lo scacco sublto, lascia Parigi e raggiunge il suo reggimento sul fronte belga. Ribot, che senza dubbio dovette riferire a Sonnino tutti particolari di questi abboccamenti 1 e che ha fatto di tutto per far naufragare i negoziati, dichiara alla Camera: Verranno a chiedere Ia pace non in modo ipocrita come oggi e con mezzi loschi e traversi, ma apertamente, a condizioni degne della Francia.

I1 13 ottobre preciserà: Ieri l'Austria si dichiarava disposta a fare Ia pace e ad assecondare i nostri disegni, ma lasciava volontariamente l'Italia da parte, ben sapendo che se noi diamo ascolto alle sue parole 1 Polzer-Hoditz, Kaiser Karl, Zurigo 1929. Ribot, op. cit., p. 167.

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fallaci, l'Italia, domani, riprenderebbe la sua libertà e diverrebbe nemica della Francia essendo stata da essa dimenticata e tradita. Noi non abbiamo acconsentito.

Questo discorso di Ribot, nota Sixte, è la più formidabile menzogna e la più flagrante ipocrisia di quel vecchio malfattore. Noi non considereremo che la manovra e le intenzioni di Ribot. Non resta meno vero che nei rapporti che ha intrattenuto con gli Alleati il principe Borbone abbia frequentemente oltrepassato la lettera dei messaggi di cui era portatore. Non si può certo sospettare della buona fede del principe Sixte, ma la sola testimonianza probante dell'esattezza delle « intenzioni» che ha trasmesso è quella del principe Xavier: costui non ha alcuna incertezza. Nonostante tutti i rischi che comporta la diplomazia segreta, sembra che Ribot avrebbe dovuto per semplice onestà politica e coscienza delle proprie responsabilità, spingere il negoziato fino ad una precisa proposta, accettabile o no dall'Italia. La sua inerzia, per non dire di più, appare ben colpevole. Molteplici indicazioni, d'altronde tutte incontrollabili, fanno sospettare i passi segreti che l'Italia avrebbe compiuto presso l'Austria-Ungheria per uscire dalla guerra senza avvertirne gli Alleati. La base dello scambio doveva essere il Trentino e Trieste. Più tardi due agenti segreti di non vasto ingegno e senza alcun mandato, il conte Armand del 2° Bureau francese e il conte Revertera, avranno contatti a Friburgo e discuteranno invano dei compensi da offrire all'Italia in cambio di Trieste e del Trentino. Approcci senza interesse, ma che confermano l'intenzione tenace dell'imperatore Carlo di negoziare sulle esigenze italiane. 1 Supponiamo che queste ultime avessero potuto trovare in ogni caso una soluzione se i negoziati fossero stati condotti in porto. Riesce difficile comprendere allora come Francia e Inghilterra abbiano consentito a sopportare un lungo anno supplementare di guerra per sostenere rivendicazioni italiane 1 Sul negoziato Armand-Revertera, vedere: Revertera, Historisch-politische Bliittern fiir das Katholische Deutschland, 1922, p. 513; L'Opinion, Parigi, luglio 1920, pp. 31, 88, 115. I contatti Armand-Revertera ebbero luogo il 17 e il 22 agosto 1917, poi il 2 e il 18 febbraio 1918.

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discutibili e suscettibili delle stesse trattative diplomatiche del 1915. Altri negoziati segreti ebbero luogo a partire dalla primavera 1917; li abbiamo analizzati altrove. 1 I più importanti sono stati condotti da Lancken e Briand da una parte, ma senza far a meno di intermediari, e dal Vaticano dal1'altra, ma senza risultati concreti. Sì trattava in effetti più dì « sondaggi ~> che di « negoziati » propriamente detti. Se consideriamo le intenzioni, mai segrete, dei promotori di questi sondaggi, potremmo avanzare l'ipotesi che se questi avessero potuto portare avanti negoziati veri e propri - la missione Sixte non riusd a stabilire un dialogo poichè egli non ebbe risposta alle domande di Carlo - si sarebbe presentata una seria occasione di abbreviare di un anno la guerra. La diplomazia si è dunque rivelata impotente a riannodare a tempo i contatti necessari al ristabilimento della pace. Per ragioni senza dubbio analoghe ( mancanza di coesione fra gli Alleati, scarsa rapidità di azione, insufficiente coordinazione), il maresciallo Foch pensa: Verso la fine del 1916, all'inizio del 1917, la Germania tirava gli ultimi respiri e sarebbe bastata una serie di ben congegnate

operazioni per gettarla a terra. La battaglia della Somme, sebbene intrapresa con forze relativamente poco numerose (quindici o sedici divisioni), cosa che ci aveva obbligato a restringere il campo di attacco, aveva inflitto al nemico considerevoli perdite e aveva precipitato l'usura delle riserve. Bisognava allora non concedere tregua al nemico e progettare una serie di operazioni ben coordinate che, seguendo l'una all'altra a gettito continuo, potessero distruggere ciò che ancora rimaneva delle riserve e condurre alla decisione finale. I mezzi di cui disponevano a quell'epoca non erano certo quelli dell'anno dopo; ma, ben utilizzati, potevano bastare. 2

Gli uomini che erano stati nel 1914 incapaci di impedire lo scatenarsi del conflitto, si rivelarono nel 1917 incapaci di porvi fine, tanto sul piano diplomatico che sul piano militare. La stessa direzione della guerra doveva essere riformata. 1 2

J. de Launay, Secrets diplomatiques 1914-1918, Parigi 1963. R. Recouly, Le mémorial de Foch, Parigi 1929, p. 49.

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Francia e Germania se ne accorsero ambedue nel corso dell'anno 1917. La Germania accentua allora la disciplina nell'esercito, la Francia rafforza l'autorità dello Stato. Il governo Clemenceau riusd ad industrializzare la fabbricazione delle armi (ministero Loucheur) e a coordinare efficacemente l'azione mili tare alleata (comando unico) .1 Su questi due piani gli Alleati superarono gli imperi centrali e nel corso dell'autunno 1918 li costrinsero ad accettare la pace.

1 In Italia il governo Orlando, nel Regno Unito il governo Lloyd George avevano instaurato un regime autoritario. In Germania si succedevano i cancellieri « deboli » ed in Austria il governo lasciava disgregare la sua autorità. Il Kaiser e l'imperatore Carlo non ebbero praticamente alcun peso decisionale nel 1918.

FONTI DELLA PRIMA PARTE

Oltre le opere bibliografiche, abbiamo consultato varie fonti,

di cui le principali sono riportate qui sotto. L'attentato di Serajevo Sarajevski Atentat, Izvorne stenografike (Note stenografiche del processo). Serajevo, 1954. Kranjceveé Ivan, Uspomane ucesnika u Sarajevskom Atentatu (Ricordi di un congiurato). Serajevo, 1954. Von Wegerer A., Der Ausbruch des Weltkrieges, Amburgo, 19.39 (2 voll.), La prot)ocazione del conte Berchtold

Lanyi L., Le comte Tisza et la Guerre de 1914-1918. Thèse, Paris, 1947. Sembra che a Vienna come a Berlino si sia pensato che gli Imperi centrali avevano raggiunto nel 1914 l'apice della loro potenza militare e che la Francia, e Ia Russia dovevano colmare il loro distacco a partire dal 1914. Poichè l'importanza di questa preoccupazione è difficile a valutarsi, noi non ne abbiamo tenuto conto. L'ottimismo dello stato maggiore tedesco

Ritter G., Der Schlieffenplan; Kritik eines Mythos. Mit erstmaliger Verof]entlicbung der 'I'exte. Monaco, 1956. La mobilitazione russa

Agourtine L., Le Général Soukhomlinov, Clichy, 1954. Esaminando a Leningrado (Pietroburgo) dopo cinquant'anni la topografia dei luoghi ove avvennero quei fatti, non comprendiamo come l'ordine di mobilitazione generale trasmesso da Dobrorolsky il 29 luglio alle 9 del mattino sia potuto essere ritar• dato da un contrordine telefonato alle 9,30. L'ordine era stato trasmesso parzialmente o fu oggetto di un annullamento? Mancano le tracce per precisare maggiormente la cosa. La Francia e la mobilitazione russa

Kaiser J., De Kronstadt à Khrouchtchev. Parigi, 1962. Appuhn C. e Renouvin P., Introduction aux Tableaux d'Histoire de Guillaume Il. Parigi, 192.3.

FONTI DELLA PRIMA PARTE

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L'atteggiamento britannico Anrich Emst, Die engliscbe Politik im ]uli 1914. Stoccarda, 19.34. Lord Bertie, Diary of Lord Bertie of Thame, tomo I. Holder and Stroughton, Londra, 1924.

La guerra di movimento (1914) Sir Arthur George, Life of Lord Kitchener, vol. III. Macmillan, New York, 1920. Sir Magnus Philip, Kitchener. Dutton, New York, 1959. Engerand Fernand, Le Secret de la Frontière. Charleroi, Brossard, Parigi, 1918. Lan:r.erac, Brossard, Parigi, 1926. Général von Moltke Helmuth, Erinnerungen, Briefe, Dokumente. Der Kommende Tag, Stoccarda, 1922. Général Demazes, ]offre, la victoire di, Caractère. Nouvelles éditions latines, Parigi, 1955. Général Gallieni, Les Carnets de Galliéni. Albin :Michel, Parigi, 1932. Général baron von Hausen Max, Souvenirs de Campagne de la Marne en 1914. Payot, Parigi, 1922. Général von Kli.ick Alexander, La Marche sur Paris et la batailte de la Marne. 1914.

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L'offerta di « pace separata » da parte deU' Austria Amiguet P., La Vie du Prince Sixte de Bourbon. Parigi, 1936. Toscano M., Gli accordi di San Giovanni di Mariana. Milano, 1936. Polzer-Hoditz, Kaiser Karl. Zurigo, 1929.

SECONDA PARTE (1919 - 1939)

I LA PACE DI VERSAILLES

Il movimento autonomista renano ( 1919) iU tempo dell'armistizio di Rcthondes gli Alleati aveva.no preferito la pace imposta a quella negoziata. Questa opzione non poteva essere disgiunta da garanzie militari. Il l" novembre 1918 i quattro grandi accettarono il principio dell'occupazione da parte di troppe alleate della riva sinistra del Reno e più in particolare di Mainz, Coblenza e Colonia. Il Trattato di Versailles non doveva rimettere in discussione questo principio. Il 27 novembre 1918, il maresciallo Foch redige un memorandum per dimostrare la necessità di staccare la Renania dal Reich, la cui nuova frontiera sarà il Reno. La sola frontiera solida è il Reno. Chi ne controlla i passaggi è padrone della situazione, può non soltanto respingere ogni invasione ma anche, qualora venga attaccato, portare la guerra in territorio nemico. Ognì soluzione che non sia la frontiera del Reno è da scartarsi e non d può dare che apparenza di garanzia, non vera garanzia)

Questa tesi sarà ripresa da Foch il 1O gennaio e il .31 marzo 1919. Clemenceau e il governo francese, dopo aver adottato il programma di sicurezza di Foch non confidano a quest'ultimo, che era tuttavia il generalissimo interalleato, la loro preoccupazione di difendere la tesi francese, valida solo su un piano militare. La politica alleata nei confronti della Germania sarà discussa e decisa esclusivamente da uomini politici. Per questo fatto è aperta la porta ai baratti, ai compromessi e ai cedimenti. Malgrado le proteste e gli avvertimenti di Foch, Clemenceau, per spirito di conciliazione verso Wilson e Lloyd George, accetta il principio dell'occupazione della riva sinistra del Reno per un periodo di quindici anni. Ogni cinque anni il territorio occupato sarà ridotto. 1

R. Recouly, op, cit., p. 158.

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Gli Alleati abbandonano quindi il progetto di una Renania indipendente; il Trattato di Versailles manterrà il principio dell'occupazione provvisoria. Il parere del popolo tedesco non fu sollecitato. Molti avvenimenti si erano susseguiti da quando Guglielmo II, fuggendo di fronte alla rivolta, aveva lasciato il suo ultimo quartier generale di Spa per raggiungere l'Olanda, esilio tranquillo e definitivo. Il 3 novembre 1918 alcuni rivoluzionari avevano fomentato, dopo aver lasciato Kiel, un movimento insurrezionale che si estende ad Hannover, Brunswick, Colonia e Berlino. Nel momento in cui l'armata tedesca, vinta, batte penosamente in ritirata verso Colonia, capitale renana t! punto di passaggio essenziale, soldati disertori gettano le armi e attendono con entusiasmo i treni da Kiel pieni di marinai ammutinati. La plebaglia approfitta naturalmente di questi disordini per darsi al saccheggio. U governatore militare, per dominare 1a situazione, invia truppe verso la stazione; ma anche queste sono disposte a prender parte alta rivoluzione. Un soviet di operai e soldati si è già instal.lato al munidpio. Picchetti di rivoltosi presidiano i ponti del Reno e le cabine degli scambi ferroviari. Il 9 novembre l'atmosfera rivoluzionaria raggiunge il parossismo. Ciononostante a Spa, gran quartier generale del Kaiser, si tenta ancora di dominare la situazione. Al Rathaus i membri del soviet discutono. Si cerca il borgomastro Adenauer. Questi, alle prese con la dura realtà, ha creato all'insaputa di tutti, una commissione di soccorsi, strettamente apolitica, che si occupa dell'alimentazione e dell'abitazione dei più colpiti. I delegati del soviet, desiderosi di liberarsene, sono moralmente disarmati e costretti a lasciarlo approntar letti e cucine mobili. L'l l novembre, giorno dell'armistizio, Hindenburg, ancora al comando del GQG, decide che le truppe in ritirata devono passare per i ponti di Colonia, e per questo è necessario domandare ad Adenauer se la strada è libera. Mentre la città è in piena rivolta, Adenauer assicura che tutto si sarebbe svolto nel più grande ordine. Questi rivolge solo un appello alla popolazione e le truppe attraverseranno Colonia senza che sia gettato un grido e riguadagneranno i loro focolari.

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La pacifica popolazione renana ha tratto le sue conclusioni: il militarismo prussiano ha portato alla sconfitta e la burocrazia prussiana non ha più nulla da dire in Renania. Dall'ottobre 1918 l'arciprete Kaster ha creato a Colonia un comitato del Reno libero che propugna la proclamazione di uno Stato renano. Questa idea diventa rapidamente popolare, ma alcune personalità renane, fra cui Adenauer, pensano che se si vada verso il federalismo sia indubbiamente inopportuno rivendicare un'autonomia. Nella stessa epoca le truppe alleate si installano sulla riva sinistra del Reno che dividono in quattro zone: gli Inglesi a Colonia, i Belgi ad Aix-la-Chapelle, gli Americani a Coblenza, i Francesi a Mainz. Il magistrato Dorten, procuratore a Wiesbaden, ci ha lasciato il seguente ritratto del generale Mangin, capo delle truppe francesi: Mangin sapeva ascoltare con benevola attenzione; ma era maestro nell'arte di discutere costringendo alla fine il suo interlocutore a desiderare di smettere. Una volta stabiliti tutti i particolari, era pronto a trarne le conclusioni e a prendere una decisione. Aveva il dono di suggerire i suoi disegni sotto forma di consigli; lasciandolo si erano ricevuti degli ordini senza accorgersene, ordini che si eseguivano perchè emanavano dalla volontà di un capo.1

Le idee cli Mangio sono quelle cli Foch: Il suo piano consisteva nel creare una Repubblica renana indipendente che inglobasse anche una sufficiente zona sulla riva destra. Respingeva in modo assoluto l'idea di uno Stato renano facente parte del Reich.2

Il 1° febbraio 1919 la « Commissione parlamentare renana per la soluzione della questione renana » si riunisce per la prima volta a Colonia. Senza ch'egli proponga la propria candidatura, Adenauer, già popolarissimo in tutta la Renania per la sua azione municipale a Colonia, viene eletto presidente. Partecipa per una settimana ai lavori della commissione e vi espone le sue preoccupazioni: por fine 1

2

Dorten, op. cit., p. 62. Ibidem, p. 63.

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all'accentramento ammm1strativo della Prussia dando più importanza alle attività regionali e municipali.i Ma il borgomastro dì Colonia si trova contro numerosi separatisti che desiderano vedere Ia creazione dello Stato renano che sognano i generali francesi. II comitato si riunisce il 10 febbraio a Colonia per preparare la Costituzione di una repubblica renana. Adenauer è assente. Egli stesso esporrà alla stampa la ragione di questa astensione: « Questa azione è prematura ,>. In realtà Adenauer non vuole limitarsi alla sola soluzione renana, ma mira alla soluzione federativa nazionale; vuole una migliore organizzazione amministrativa di tutta la Germania e non solamente la soluzione della questione renana. I separatisti fanno tuttavia passi avanti. Un progetto di Stato renano viene elaborato da Dorten e dai suoi amici e sottoposto il 17 maggio 1919 al generale Mangin. Il delegato politico americano, M. Noyes, ne è informato dal generale. Egli indirizza al riguardo un messaggio a Wilson nel quale sottolinea la presenza di una sfavorevole reazione al progetto. Il presidente americano si mette allora d'accordo con Lloyd George per esigere da Clemenceau che la questione renana non sia posta di fronte al consiglio dei Quattro. Dà ordini per impedire ogni dimostrazione di autonomisti nella zona americana (Coblenza). Gli Inglesi avevano agito nello stesso senso. Solo le zone belga e francese tollerano ancora l'azione del movimento di Dorten. Costui decide di proclamare la Repubblica renana il 29 maggio ad Aix-la-Chapelle. Ma il 28 mattina i Belgi, probabilmente in seguito ad un intervento inglese, decidono a loro volta di interdire ogni manifestazione autonomista. Dorten ripiega su Maim: ove, il l" giugno 1919, proclama l'autonomia della Repubblica renana. Il generale Mangin, di ritorno da Parigi ove era stato consultato, dà l'autorizzazione ad affiggere il proclama. 1 Clemenceau mi sostiene, egli avrebbe detto a Dorten, e ciò mi basta. 1 L'approvazione di Mangin è certa. Cfr. Mangin, op. cit., p . .53. Il 9 maggio egli scriveva: « Se i Renani vogliono uno

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Il senatore Jeanneney, sottosegretario di Stato alla Guerra, arriva a sua volta da Parigi e trasmette a Mangin l'ordine di non occuparsi più della questione renana. Mangin è deposto il 2 giugno. A Parigi lo stesso giorno alle 15 Clemenceau dichiara di fronte ai Quattro: In questo momento devo lottare ogni giorno contro generali che esorbitano dalle loro competenze e commettono errori che deploro. 1 Il 18 giugno viene fumato il trattato di Versailles; esso comporta il riconoscimento da parte degli Alleati dello Stato tedesco unitario; tutti gli affari civili riguardanti l'occupazione non sono ormai più sotto la giurisdizione dei militari, ma sono posti sotto il controllo dell'Alta Commissione interalleata dei territori renani (HCITR), presieduta da Tirard, che riceve ordine di non occuparsi nè di affari politici nè di problemi interni tedeschi. L'l 1 ottobre Mangin è richiamato in Francia. Prima della sua partenza assicura Dorten della sua intenzione di sostenere in Francia l'azione degli autonomisti renani. Secondo quest'ultimo, egli avrebbe avuto con Clemenceau un tempestoso colloquio: - Per quale ragione mi avete fatto lasciare la carica, dal momento che io ho agito con il vostro consenso? - Non ve lo posso dire. - Volete dunque mettermi a tacere senza avermi ascoltato e senza darmi spiegazione? - Non posso dirvi niente. - Ebbene, ve lo dico io: voi eseguite gli ordini di Lloyd George! Clemenceau tacque facendo con la mano un gesto da persona infastidita. - È stato per me un secondo Fachoda - ha detto più tardi Mangin. 2 statuto speciale, essi devono rivolgersi alla Germania. Voi potete appellarvi al principio wilsoniano che vuole che tutti i popoli dispongano di se stessi... reclamate il diritto di farvi rappresentare al congresso di Versailles». 1 P. Mantoux, op, cit., Il, 270. 2 Dorten, op. cit., p. 83. Questa testimonianza è unica, dunque incerta. Il fatto che Clemenceau non abbia richiamato Mangin in Francia che quattro mesi dopo averlo dimissionato dimo-

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Le riparazioni tedesche

Se il trattato di Versailles accetta un compromesso sulla questione renana, si mostra però intransigente su quella della riparazioni. Il 29 ottobre 1918, nel corso delle riunioni segrete preparatorie all'armistizio di Rethondes, Lloyd George per primo dichiara ai suoi colleghi: Farei osservare che vi è un argomento sul quale i 14 punti (di Wilson) sono muti, ed è quello delle riparazioni dovute ai paesi invasi, come anche alla nostra Marina, che tanto ha sofferto della pirateria tedesca ... Bisogna pur che noi diciamo una parola a proposito delle riparazioni dovute alle vittime della guerra. 1

Ma se qualche giorno più tardi, il 4 novembre, il principio delle riparazioni è deciso, le modalità d'applicazione non sono però determinate e sono riportate al trattato di pace. Prima del trattato di pace, durante le discussioni del Consiglio dei Quattro, la Serbia, la Polonia, il Belgio presentano le loro rivendicazioni. Lloyd George riferisce il 2 giugno 1919 l'opinione degli esperti britannici: Noi domandiamo alla Germania più di quello ch'essa potrà pagarci. Ma ciò che essi criticano è il carattere indefinito e illimitato del debito imposto alla Germania. 2

Queste critiche rimettono in discussione il sistema delle riparazioni tedesche. Si addiviene a dei compromessi e il trattato di Versailles, imposto ai Tedeschi, comporta il seguente articolo (231): I governi alleati e assodati dichiarano, e la Germania riconosce, che la Germania e i suoi Alleati sono responsabili, per averle causate, di tutte le perdite e i disastri subiti dai governi alleati ed assodati e dai loro sudditi in conseguenza della guerra che è stata loro imposta dall'aggressione della Germania e dei suoi Alleati.

Questo articolo stabilisce inoltre: stra forse che il presidente aveva approvato senza esitazioni ii generale. 1 J. de Launay, Secrets diplomatiques 1914-1918, p. 91. 2 P. Mantoux, op. cit., II, 267.

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1. La responsabilità unilaterale della Germania e dei suoi Alleati nello scatenare il conflitto; 2. La responsabilità finanziaria di diritto civile della Germania in materia di danni di guerra, 1 vale a dire il diritto degli Alleati alla riparazione integrale di tutti i danni. L'articolo 231 lega quindi totalmente responsabilità e riparazioni. Esso acquista così un carattere punitivo ben inutile, poichè una tradizione internazionale da lunga data affermatasi permette di reclamare indennità ai vinti. 2 Le clausole al trattato comportano anche un piano incompleto di pagamenti delle riparazioni. A dire il vero gli Alleati non conoscono sempre la somma esatta delle riparazioni dovute dalla Germania. Dal 5 aprile 1919 gli Alleati sono convinti che è impossibile esigere dalla Germania una riparazione totale e che è necessario limitarsi alla « riparazione dei danni causati alle popolazioni civili e ai loro beni ». Si tratta in sostanza di equilibrare la somma delle riparazioni e la capacità di pagare della Germania! A tale proposito Lloyd George dichiara: Ho combattuto coloro che vanno ripetendo che la Germania può pagare tutto quello che è costata la guerra, ma non voglio che paghi meno dell'estremo limite del possibile. 3

Poichè non si è potuto prendere alcun accordo definitivo prima del trattato di Versailles, il compito di stabilire l'ammontare della fattura viene affidato alla Commissione delle riparazioni. Insomma, dal momento che gli Alleati non vogliono applicare integralmente l'articolo 231, si tratta di sapere fino a qual punto si può spingere tale applicazione. Notiamo che gli Alleati hanno riconosciuto anch'essi che l'applicazione integrale dell'articolo 231 era materialmente impossibile e che le annessioni di territori tedeschi non erano pertinenti nella discussione di queste questioni delle riparazioni. E. Weill-Raynal, op. cit., I, 35 e segg. Giornate di Bergneustadt, organizzate dalla Commissione internazionale per l'insegnamento della storia (15-17 aprile 1957). 3 P. Mantoux, op. cit., I, 158. 1 2

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Il primo lavoro degli esperti fu naturalmente quello di valutare il costo della guerra. Valutazioni diverse lo calcolano 147 miliardi di dollari, ai quali si aggiungono 15,5 miliardi per la riparazione dei danni e 15 miliardi per le pensioni: in totale quindi 720 miliardi di marchi-oro. Una cifra cos) astronomica non si poteva esigere dai Tedeschi e si decise quindi dì attenersi solamente al risarcimento dei danni materiali. 1 I Francesi tentano un calcolo dei danni reali. Klotz, ministro francese delle Finanze, dopo aver parlato di 800 miliardi, propone la somma di 450 miliardi di marchi. Gli Inglesi, da parte loro, si preoccupano della capacità di pagamento della Germania in trent'anni e la calcolano 500 miliardi di marchi. Le discussioni agitate non modificano per nulla i dati del problema. Non dimentichiamo che Francesi e Belgi dovevano far accettare alla opinione pubblica l'idea che i lavori di riparazione si protrarranno vari anni. Klotz aveva lanciato il celebre slogan: ; proposto dagli Inglesì. Ha mantenuto rapporti amichevoli con i parlamentari desiderosi di giungere alla pace. Inoltre ha rifiutato di partecipare ad un'offensiva militare suggerita dagli Inglesi. In quest'atmosfera fluida e piena di incertezze, Daladier prende una decisione iniziale: il 17 ottobre dà ordine di ritirare le truppe dal territorio tedesco invaso. Non faremo a meno di cercare di sapere se questa ritirata della Warndt sia stata decisa per un motivo diplomatico. Per non compromettere le possibilità di pace, il 17 ottobre Daladier dà a Gamelin l'ordine segreto di ritirare le proprie truppe dalla foresta della Warndt conquistata con gravi perdite dal setternbre. 2

I combattenti di allora sono chiaramente sorpresi da questa ritirata inattesa, apparentemente inopportuna ed inutile. Ma il soldato non ha nessun diritto di venire informato. 1 2

Archivi tedeschi, VIII, 138. De Launay, op. cit., p. 10.

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Il 30 settembre il comandante in capo non aveva proposto al comitato di guerra di ... portare indietro il dispositivo di copertura della nostra frontiera e di ripiegare il grosso dell'esercito dietro la linea Maginot. Ma per nascondere questa ritirata, « per ingannare », si lascerebbero all'avanguardia, sulle nostre posizioni attuali, alcuni elementi leggeri. Questi avrebbero la consegna di non dare pretesto ad attacchi aerei. Il comitato di guerra aveva approvato questa proposta ed aveva deciso di « ritirare la ramificazione che abbiamo nella Sarre ».·Così questa terra conquistata, per la quale abbiamo fatto tanto rumore, è diventata una ramificazione da ritirare. Gli ordini vengono subito impartiti e la ritirata viene effettuata senza difficoltà. 1 Abbiamo testimonianze originali dei due autori della decisione: Gamelin e Daladier. Il discorso del generale Gamelin è il seguente: Le nostre truppe erano penetrate profondamente nella rientranza formata dalla linea Siegfried, tra i Vosgi e Sarrebriick ... Se avevamo il dovere di conservare, per quanto possibile, tutta l'integrità del nostro territorio nazionale, non si poneva più il problema di avere, davanti alle nostre posizioni di resistenza organizzata (la linea Maginot), solo delle avanguadrie, pronte a trasformarsi in retroguardie destinate ad un'eventuale azione ritardatrice ... Dunque s'imponeva la soluzione di ripiegare sulla nostra frontiera il nostro dispositivo iniziale d'attacco contro la linea Siegfried. Tuttavia bisognava agire nel più grande segreto. La nostra opinione pubblica non potrebbe fare a meno di commuoversi se confessassimo un moto di ripiegamento ... Allora decidemmo di andare a trovare il presidente Daladier, di esporgli a lungo le considerazioni di cui ho parlato adesso. Era evidente, e lo capivo, che questa soluzione era particolarmente penosa al presidente del Consiglio. La propaganda aveva contato molto sulla nostra penetrazione in Germania... Il presidente temeva dunque le reazioni dell'opinione pubblica francese e mondiale.

Il generale Gamelin, allora, spiega a Daladier che se riuscivamo a ripiegare senza danni ci potevamo vantare di aver « ingannato » l'avversario. 1

Goutard, op. cit., p. 122.

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Finalmente il presidente aderisce alfa proposta del generale. Infatti approva l'ordine di eseguire il ripiegamento. 1 Quindi apparentemente non c'era alcun movente diplomatico nella decisione della ritirata. Ma Gamelin non doveva sapere una ragione di Stato. Daladier non ha lasciato nessuno scritto circa questi colloqui, ma sappiamo che Daladier esiterà ancora spesso tra la pace e la guerra piuttosto di concepire un'operazione offensiva. Sappiamo anche che all'inizio del novembre 1939 un suo amico, Emile Roche, ha un colloquio a Bruxelles con P. H. Spaak su varie questioni politiche; E. Roche nega che questo colloquio si sia aggirato su un'eventuale mediazione belga nel conflitto. 2 Preoccupati di chiarire le intenzioni di Daladier, gli abbiamo posto la seguente domanda: L'ordine del generale Gamelin forse era stato dato in seguito ad un ordine del governo, preoccupato di evitare qualsiasi ostacolo ad un possibile negoziato di compromesso pacifico per via di conferenza internazionale? La risposta del presidente Daladier è la seguente: La ritirata delle forze francesi verso la frontiera francese, il l 7 ottobre, è avvenuta in seguito ad un ordine del generale Gamelin da me approvato. La ragione è che c'era da aspettarsi un'offensiva degli eserciti tedeschi che si erano rivolti verso l'ovest in seguito alla disfatta della Polonia. Troverete tutte le indicazioni necessarie nell'opera del generale Gamelin}

Spiegazione vaga che non fa che raggiungere il discorso imbrogliato del generale Gamelio. In assenza di qualsiasi altra testimonianza e allo stato attuale delle conoscenze, il segreto della ritirata della Warndt rimane totale. Solo Daladìer, o la coscienza dì un Daladier, allora diviso tra due tendenze opposte, potrebbe darci una spiegazione. Quest'incertezza testimonia tuttavia in favore della preoccupazione che avranno avuto, fino all'ultimo momento, le democrazie occidentali di non lasciarsi sfuggire nessuna occasione per evitare il cataclisma di una guerra mondiale che 1 2

3

Gamelin, op. cit., III, 85-90. De Launay, op. cit., p. 22. lhidem, p. 124.

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non avrebbe risolto nessuno dei problemi delle relazioni internazionali.

il piano Manstein Il 1O ottobre 19 39 Hitler consegna ai generali le direttive n. 6. Chiede loro di preparare un piano di operazione all'ovest che avesse previsto il passaggio attraverso il Belgio, l'Olanda ed il Lussemburgo. 1 Ancora prima egli aveva letto un memorandum nel quale ricordava loro i principi essenziali della strategia: non mirare ad impadronirsi di città o a conquistare territori, ma distruggere l'esercito nemico, concentrare le forze in un unico punto d'attacco, ridurle in altri punti. Questi principi rivelano la volontà deliberata di rimanere nella tradizione dei grandi capitani alla storia militare. A differenza della posizione adottata da Daladier e da Gamelin, lo spirito di decisione e di offensiva compariva in ogni riga di quel testo. I generali escono sbigottiti. I giorni seguenti sollevano qualche obiezione che viene accantonata. ln seguito complottano la destituzione di Hitler ma, irresoluti, non sanno come realizzare il loro progetto. Hitler fissa la data dell'offensiva il 12 novembre. Il 7 la rimanda di tre giorni. A causa delle condizioni metereologiche doveva essere rimandata per 14 volte fino al 10 maggio 1940. Il Fall gelb ( operazione gialla), preparato in fretta dall'OKW, non era altro che una ripetizione del piano Schlieffen: avanzata dell'ala destra che avrebbe rasentato le coste fino alla Normandia, avrebbe deviato verso l'est sotto Parigi per circondare e distruggere le forze francesi, dopo averle divise da quelle britanniche. 2 Questo piano prevedeva, beninteso, l'invasione dell'Olanda e del Belgio per parare un'offensiva dell'ala sinistra francese. Formando l' « ipotesi Dyle » 3 che mandava in Belgio un'importante ala marciante, i Francesi avevano fatto il 1 2 3

Documenti di Norimberga, XXXIV - C - 062. Idem, XXX - PS 2329. De Launay, op. cit., p. 64.

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gioco dei generali tedeschi. Fortunatamente Hitler non lo sapeva. Il Fa11 gdb dunque è largamente diffuso quando un avvenimento fortuito lo compromette in poche ore. Il 1O gennaio 1940 il maggiore Rheinberger, ufficiale di Stato Maggiore della Luftwaffe, era stato incaricato di portare al generale von Bock, capo del gruppo d'armata B, il piano dettagliato dell'avanzata attraverso il Belgio, affidata alla 6° armata. Il piano comportava, - variante del piano di Schlieffen - un progetto di sbarco di paracadutisti a Gand. Rheinberger però quello stesso giorno festeggia un anniversario al casino di Munster e perde il treno. Un amico, il maggiore Hoenemann gli propone allora di fare il tragitto in aereo. Rheinberger accetta e s'imbarca a Miinster a bordo di un Fieseler Storch verso Colonia. Il tempo è brutto e due ore dopo il pilota, confondendo la Mosa con il Reno, fa un atterraggio forzato a Mechelen-sur-Meuse. Uno storico militare belga, Jean van Walkenhuyzen ha ritrovato Rheinberger il quale ha confermato il racconto. Dopo l'atterraggio il maggiore si precipita verso il cespuglio più vicino e cerca di bruciare le carte preziose. Improvvisamente spuntano alcuni militari belgi, spengono rapidamente il fuoco e portano passeggeri e documenti al più vicino posto militare. Un ufficiale belga allora fa sedere il maggiore, posa le carte appena sbruciacchlate su un tavolino e si volta per togliersi il soprabito. Subito Rheinberger approfitta della situazione per riprendere le carte e gettarle dentro una stufa accesa; fa tutto con una tale fretta che si brucia il braccio. L'ufficiale si accorge del gesto e ancora una volta mette in salvo le carte in parte consumate. Adesso cosa rimaneva del piano di marcia della 6" armata? Abbiamo ritrovato le carte preziose nello stato in cui erano quando l'ufficiale le salvò dalla stufo. 1 Si trattava di dieci foglietti dattilografati e di due pezzetti di carta Michelin (regione di Givet-Floreffe). I primi, mezzi sbruciacchiati, evidentemente contenevano istruzioni riguardanti le missioni ricognitive e gli sbarchi aerei che 1

Dobbiamo quest'informazione al Servizio storico dell'esercito

belga.

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dovevano effettuare la 2• e la 3° flottiglia in unione con il gruppo d'armata B. Le zone da bombardare (settore di Dinant), lo stato di difesa del territorio posto tra la Mosa e la frontiera francese, una valutazione delle possibilità di atterraggio all'ovest della Mosa erano così indicate. Era facile. dedurre da questi documenti che i Paesi Bassi e il Lussemburgo figuravano nella zona di operazioni. Era ugualmente evidente che i Tedeschi conoscevano bene i piani di difesa dei Belgi e degli Alleati e che avevano intenzione di circondare e distruggere porzioni notevoli dell'esercito francese. Il generale Van Overstraeten viene avvertito della scoperta dei documenti la sera stessa alle 21 dal capo della 2• sezione. La traduzione gli arriva il giorno seguente. Il re Leopoldo, informato a sua volta, decide di avvisare il generale Gamelin e gli Stati Maggiori inglese e neerlandese. Il generale Van Overstraeten racconta: Tornato al palazzo, alle 17 ricevo il colonnello Hautcoeur che aveva preso il posto del generale Laurent, addetto militare francese assente. Conosco da molto tempo quest'eccellente ufficiale; l'ho avuto come allievo alla Scuola di guerra. Gli dico: « C'è qualcosa di nuovo. Siamo entrati in possesso di notizie precise scritte di primaria importanza su progetti tedeschi. Queste notizie sono incomplete; infatti le carte originali sono state in parte bruciate. Tuttavia sono sufficienti, come voi potete giudicare ». 1

L'll gennaio, Van Overstraeten consegna all'addetto militare francese un riassunto dei documenti. Hautcoeur parte immediatamente per Parigi dove consegna a Gamelin il riassunto di Van Overstraeten. Il generalissimo consulta il giorno stesso tutti i comandanti in capo che si era preoccupato di riunire. Egli chiederà ancora comunicazione del testo integrale dei documenti sequestrati per dar modo al 2° ufficio, più abituato a questo genere di testo, di darne un'interpretazione migliore. I Belgi non dettero seguito a questa richiesta. In realtà Berlino ignorava il contenuto dei documenti sequestrati. Alla richiesta dell'OKW, l'Abwehr apre immediatamente un'inchiesta; il commissario di polizia di Maa1

Van Overstraeten, op. cit.

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stricht, Seelen, fornl finalmente un'informazione precisa: Rheinberger non è riuscito a bruciare i documenti, questi dunque sono in mano dei Belgi. Alla lettura del rapporto deH'Abwher, Goering monta in gran collera. Il Rheichsmarchall vuole dimettersi; lo dichiara davanti ai suoi ufficiali; poi, dopo aver riflettuto, sceglie un capro espiatorio: il generale Kuhne, che rende responsabile di ogni cosa, viene degradato. L'OKW avverte contemporaneamente il ministro degli Affari Esteri che si mette subito in contatto con l'ambasciatore tedesco a Bruxelles, Biilow-Schwante. L'l 1 gennaio, questi chiede al ministro Spaak l'autorizzazione di far visita ai due prigionieri. Lo Stato Maggiore belga, consultato, prima rifiuta, poi, con la speranza di potere indagare, si ricrede ed autorizza la visita per il 12 gennaio alle 10. Il generale \Venninger, addetto dell'aviazione tedesca a Bruxelles, debitamente istruito da Goering, arriva apposta da Berlino. Il servizio d'informazione belga aveva messo in fretta qualche microfono nel parlatorio. Ma il generale Wenninger, diffidente, prende la precauzione di fare le domande battendo la matita sul tavolo per disturbare un'eventuale registrazione. Alla fine del colloquio Wenninger fa il suo rapporto all'ambasciatore a Bruxelles e torna a Berlino. Biilow-Schwante telegrafa a Ribbentrop il giorno stesso alle 1.3 e 25: Rheinberger afferma che il corriere è brnciato ed è stato ridotto a poco, ma non può dire di più. 1

Ribbentrop volendo essere il più informato, perde la pazienza di fronte a questa risposta sibillina. Alle 21 dello stesso giorno telegrafa a Bruxelles: Mandate immediatamente il rapporto dettagliato sulla conversazione Wenninger-Rheinberger e sulla distruzione del corriere.2

Biilow risponde da Bruxelles il 13, alle 4 e 40 della mattina:

1

Archivi tedeschi, VIII, 528.

2

Ibidem, VIH, 529.

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Rheinberger ha informato Wenninger che i suoi bagagli sono stati distrutti e che i frammenti rimanenti si possono tenere nel palmo di una mano... È impossibile identificare i pezzi ricostruiti ... Wenninger arriverà quel giorno a Berlino per fare personalmente il rapporto al ministro dell'aviazione. 1 Si può immaginare la collera di Ribbentrop, che rimane insoddisfatto. Alle 11 della mattina, una conferenza riunisce al ministero dell'aviazione a Berlino Goering, Bodenschatz, Jeschonnek e Jodl che interrogano a lungo Wenninger. Uscendo dalla riunione Jodl annota nella sua agenda: Rapporto sul colloquio dell'addetto dell'aviazione con i due aviatori che hanno fatto un atterraggio forzato. Conclusione: distruzione da considerare sicura. 2 Infatti abbiamo visto che i documenti erano ancora abbastanza chiari da permettere ai Belgi parecchie deduzioni. Questi del resto eseguiranno in questo momento diversi spostamenti di truppe. Berlino è informata di questo fatto da Biilow. Parigi tuttavia non crede ad un attacco imminente. La riunione dei comandanti in capo del 12 gennaio del resto è conclusa: non c'è nessun indizio di offensiva. Ma il 17 gennaio, Spaak convoca l'ambasciatore Biilow e gli dichiara in tono irritato: Il documento trovato nell'aereo contiene la prove delle intenzioni aggressive della Germania. Non si tratta di un piano di operazione, ma di un ordine dettagliato dove manca solo la data di invasione.3 Biilow trasmette ancora una volta a Ribbentrop il quale rimane perplesso. Nel frattempo, decisione essenziale, Hitler ha ritardato l'invasione del Belgio. Effettivamente il 13 gennaio, « a causa della situazione metereologica », egli rinuncia all'esecuzione dell'operazione gialla.4 Archivi tedeschi, VII, 531. Documenti di Norimberga - 1811 - PS. 3 TWC. op. cit., XII, 1220. Vedere anche gli Archivi tedeschi, VIII, 544. 4 Dopo il 10 maggio 1940, i due ufficiali tedeschi prigioneri furono trasferiti in Francia, poi in Inghilterra e alla fine in Canada. 1

2

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L'OKW, temendo di trovarsi davanti ad un piano in parte scoperto, aveva rimandato i suoi progetti di attacco alla primavera. Un felice caso doveva riportare la fortuna dalla parte di Hitler. Il 17 febbraio 1940, durante un pranzo offerto in onore di una nuova promozione di generali, il comandante del 38° corpo d'armata ebbe l'audacia di affrontare Hitler e di difendere vigorosamente davanti a lui le proprie idee strategiche che non poteva trasmettere fino a quel punto altro che per via gerarchica e senza mai arrivare personalmente a Hitler. Questo generale era Erich von Manstein. Nato von Lewinski, figlio di un generale di artiglieria, aveva terminato la Grande Guerra come capitano e aveva conseguito nello Stato Maggiore una carriera militare senza precedenti. 1 Colonnello nel 1933, luogotenente generale nel 1938, viene nominato generale di fanteria nel 1940, a 53 anni. Era stato adottato dallo zio, il generale von Manstein che aveva partecipato alla guerra del 1870; era, da parte di madre, nipote di Hindenburg. Quest'ufficiale particolarmente dotato ribolliva letteralmente di idee nuove. Nel 1939 era capo di Stato Maggiore del generale von Rundstedt, allora capo del gruppo d'armata A. 2 Quest'ultimo era andato in pensione a 6.3 anni dopo l'affare della Cecoslovacchia. Richiamato nel 19.39 aveva diretto il gruppo d'armata che conquistò Varsavia. Rundstedt stimava molto Manstein, ma credeva che fosse meglio temperare l'ardore giovanile del suo dinamico secondo. Ma Manstein analizza, sviscera il piano giallo e vi trova due dìfetti essenziali. L'attacco a Schlieifen prima di tutto è organizzato in maniera da arrivare ad una battaglia frontale che bisogna evitare a qualsiasi costo. In secondo luogo l'effetto della sorpresa non vi rappresenta nessuna parte. Dunque bisogna presentare una proposta che corregga le lacune del piano. 1 Sottocapo di Stato Maggiore del generale Beck, tuttavia aveva sofferto qualcosa per 1a disgrazia del :mo capo, 2 Il generale von Rundstedt era stato direttore della Scuola c;ii guerra.

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All'inizio suggerisce di lanciare delle divisioni corazzate attraverso le Ardenne. Cosi il combattimento avverrà su terreno difficile, dove certamente i Francesi non potranno prevedere che una linea di minima resistenza. Poi propone di approfittare dell'effetto della sorpresa ottenuto per continuare ad aprirsi il varco fino alla BaseSomme e prendere lì le armate alleate alle spalle. Il dettaglio di questa critica e della proposta è stata esposta dallo stesso Manstein. 1 Adesso sappiamo che Manstein aveva veduto giusto pensando che i Francesi, forti dell'ostacolo naturale che offrivano loro le Ardenne, non avrebbero opposto che una debolissima difesa. Da parte francese la testimonianza del generale Corap - nonostante il suo desiderio formale, il suo diario non è stato pubblicato a causa dell'opposizione della famiglia - è stata raccolta da noi sui fatti essenziali e conferma su tutti i punti ciò che abbiamo avanzato. 2 L'idea di Manstein, trasmessa per via gerarchica a Hadler ed a Brauchitsch nel corso dell'inverno 1939-1940, non era stata presa in considerazione. Ma durante il colloquio con il Fiihrer, quest'ultimo si entusiasma per il piano Manstein. Il 24 febbraio 1940 una direttiva dell'OKW adotta definitivamente il nuovo piano di azione all'ovest. A questo proposito si affaccia un problema: Si trattava di un piano Hitle,- o del piano Manstein? Goering ha dichiarato a Norimberga che i piani della campagna all'ovest erano dovuti esclusivamente a Hitler che coordinava le proposte dei generali e ne faceva la sintesi. All'occasione consultava i subordinati, ma l'idea base proveniva da lui in persona. Keitel anche ha affermato che Hitler aveva ... studiato in maniera straordinaria, sia per un profano che per un ufficiale di mestiere, opere di Stato Maggiore, opuscoli militari, studi sulla tattica e la strategia ed aveva veramente una conoscenza sorprendente delle questioni militari... Durante la notte studiava i grandi libri di Stato Maggiore di Moltke, Schlieffen e Clausewitz da dove prendeva le proprie cognìi;ioni autodidattiche. 3 1

2 3

Manstein, op. cit., p. 91. De Launay, op. cit., p. 84. Documenti di Norimberga, X, 621.

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Alla fine Otto Dietrich, suo capo della stampa, testimone di sencond'ordine dà questa spiegazione: ... Hitler concepì questa campagna proprio come essa si svolse

e ne foce il piano definitivo; :fissò egli stesso le direzioni di marcia delle armate e la potenza delle loro offensive. È comunque certo che egli si basò su un progetto datogli dal generale Manstein.

Questa testimonianza ha una certa importanza se consideriamo che nel giugno 1940, dopo la vittoria all'ovest, i servizi del dottor Dietrich diffusero universalmente l'informazione che il Fi.ihrer era, con la collaborazione tecnica di Jodl, il solo autore del piano .di operazioni. Quest'informazione incontrollata, ma in parte smentita oggi dallo stesso Dietrich, serve ancora di base per alcuni racconti storici. La verità è più complessa. Jodl nota, il 13 febbraio 1940, nel proprio diario: 1 Bisognerebbe concentrare le Panzerdivisionen in direzione di Sedan. Il nemico non attende da quella parte il nostro sforzo principale. I documenti sequestrati agli aviatori hanno rafforzato ancora una volta la convinzione del nemico che a noi importi solamente il possesso delle coste olandesi e belghe ... Voglio attirare l'attenzione sul fatto che l'attacco su Sedan è una manovra la cui riuscita dipende dal dio della guerra. Se i Francesi attaccano al Sud, bisogna fare un moto di ripiegamento verso sud. Ma il Fiihrer crede sempre possibile che il nemico non attacchi affatto. Comunque non lo farà automaticamente. Fin dal primo giorno le notizie dell'Olanda e del Belgio possono essere talmente allarmanti che decide di non farne nulla.

In realtà, partendo dall'idea di Manstein, Hitler fece elaborare un piano di operazioni che fu considerevolmente migliorato da Jodl e Halder; questi ultimi ne stabilirono del resto tutte le direttive di applicazione. Il piano di sbarco aereo a Gand fu anch'esso eliminato - certo perchè anche questo fu scoperto dai Belgi - e sostituito da uno sbarco aereo in Olanda. Il piano speciale

t

Documemi di Norimberga, XXVIII, PS 1809.

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di assedio di Eben Emael è stato concepito da Hitler stesso il quale, dal novembre 1939, su un modellino di forte aveva fatto preparare tutte le operazioni a Hildesheim. La vittoria all'ovest fu indiscutibilmente il capolavoro strategico di Hitler e forse ha permesso di classificarlo fra i grandi capitani della storia militare. L'esercizio Weser

Il 9 aprile 1940 alle 5, il ministro tedesco a Oslo, Bralier, sveglia il ministro norvegese degli Affari Esteri, Halvdan Koht (Ribbentrop aveva segnalato tutto questo con molta precisione). Alle 5,20 gli legge un lungo memorandum che invitava la Norvegia a non opporre resistenza alle forze tedesche. Questo memorandum, sul quale i servizi di Ribbentrop avevano sudato sangue e acqua dal 2 aprile, 1 dichiara che l'operazione militare prevista avrà come unico fine quello di proteggere il Nord contro l'occupazione delle basi norvegesi progettata dalle forze anglo-francesi. Di conseguenza la Germania spera che la Norvegia non le opporrà nessuna resistenza. Sappiamo che dalle 5 ,52 Braiier trasmette a Berlino la risposta negativa della Norvegia. Il re ed il governo lasciano allora rapidamente Oslo per organizzare una resistenza che durerà fino al giugno 1940. Questa guerra doveva costare 5000 uomini ai Tedeschi e 5000 anche ai Francesi, Inglesi e Norvegesi. Chi è stato veramente il responsabile dell'invasione della Norvegia? I Franco-Inglesi come diceva Ribbentrop, o i Tedeschi? I documenti pubblicati dopo la guerra permettono di rispondere a questa domanda, distinguendo due fasi essenziali: l'elaborazione dei piani e la decisione d'invasione. 1. L'elaborazione dei piani Hitler pensò per la prima volta a uno sbarco in Norvegia 1 In particolare l'interprete Schmidt che aveva dovuto anche tradurre un memorandum per la Danimarca, i due memorandum in italiano per il duce ed una lettera al duce per avvertirlo. (Schmidt, op. cit., p. 481).

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il 10 ottobre 1939, durante il colloquio con il grand'ammiraglio Raeder. La marina tedesca aveva, dopo la guerra del 1914, mantenuto l'ossessione dell'accerchiamento. In quel tempo delle barricate di mine, una rete di protezione, avevano rinchiuso le più belle unità tedesche, le avevano immobilizzate nello Judand ed avevano stretto il blocco intorno alla Germania. Raeder desiderava attirare l'attenzione del Fiihrer su questo pericolo. Ci riuscì in qualche giorno, ma Hitler in quell'epoca è troppo preoccupato per l'offensiva all'ovest e accantona la pratica. 1 Aggiungeremo che il grand'ammiraglio aveva indicato al Fubrer non solo i vantaggi dell'azione, ma anche gli inconvenienti. Aveva anche fatto notare che la migliore soluzione sarebbe stata quella di mantenere la Norvegia assolutamente neutrale. Raeder non era uomo da impegnarsi alla leggera. Era stato capo di Stato Maggiore dell'ultimo comandante in capo della marina imperiale. Dopo la Grande Guerra aveva pubblicato due opere sulla guerra degli incrociatori. Il suo obiettivo era stato quello di ricostruire una marina tedesca. Cl riusd a prezzo di enormi sforzi, ed anche con molta abilità, e alterando le disposizioni del trattato di Versailles. Urtò contro l'incomprensione dei politici e non trovò appoggio che in Hitler. Nel 1939 intendeva conservare « la sua » marina senza lanciarla inconsideratamente in un'avventura e mantenerle un accesso ai mari aperti per evitare il rinnovarsi degli errori del 1914. Nel novembre 1939 la Germania per la prima volta si preoccuperà del blocco alleato. Si tratta allora del minerale di ferro che, per i due terzi del consumo tedesco, proveniva dalle miniere svedesi di Kiruna. Questo ferro di solito veniva trasportato attraverso il Baltico, ma, a causa del gelo, l'unica strada praticabile diventa il passaggio attraverso la Norvegia, l'imbarco a Narvi ed il trasporto lungo la costa, sempre all'interno delle acque territoriali norvegesi, e perciò al riparo dalle navi e dagli aerei alleati.

1 Delle informazioni concernenti un eventuale sbarco aereo inglese nel sud della Norvegia erano state date a Raeder da Canaris. (Doc. Norimberga - XIV, 90).

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Questa furberia di guerra presto sarà sventata dagli Alleati. Churchill chiede al gabinetto di guerra l'autorizzazione di gettare delle mine nelle acque norvegesi. Chamberlain e Halifax rifiutano per non violare la neutralità della Norvegia. 1 Il problema viene fuori di nuovo a Parigi, il 5 febbraio 1940, durante la riunione del Consiglio supremo della guerra. In quel momento si tratta di prevedere l'invio di un corpo di spedizione franco-britannico in Finlandia. Il Consiglio si propone di approfittare dello sbarco delle truppe e del loro passaggio attraverso la Svezia per occupare le miniere di Kiruna. Ma non viene presa nessuna decisione definitiva: Daladier e Chamberlain, che hanno costruito una politica, quella del blocco, rifiutano di metterla completamente in pratica. Raeder, da parte sua, riceve Quisling. L'll dicembre, il mio capo di Stato Maggiore Schulte-Monting mi fece sapere che il maggiore Quisling di Oslo, ex-ministro della guerra di Norvegia, chiedeva un'intervista per mezzo di un certo Hagelin, per farmi un rapporto sulla situazione norvegese. Il signor Hagelin era stato indirizzato, come ho già detto, al capo di Stato Maggiore da parte di Rosenberg che lo conosceva da molto tempo. Poichè ritenevo molto preziose delle informazioni sulla situazione norvegese, provenienti da quella fonte, mi dichiarai pronto a ricevere Quisling. Egli venne il giorno stesso, in mattinata, e mi descrisse dettagliatamente la situazione norvegese, le relazioni del Governo norvegese con l'Inghilterra, le informazioni del progetto inglese per lo sbarco in Norvegia presentandolo come un fatto particolarmente importante. Il pericolo, dopo queste informazioni, era imminente. Cercava anche di fissare una data mite. Credeva che ciò dovesse aver luogo prima del 10 gennaio, poichè dopo ci sarebbe stata una situazione politica favorevole. Gli dissi che non dovevo occuparmi della situazione politica, ma che avrei cercato di fornirgli l'occasione di presentare questo rapporto al Fi.ihrer. Per me aveva importanza solo la situazione militare e quella strategica e potevo dirgli immediatamente che ogni tentativo fra 1'11 novembre e l'l gennaio per prendere delle precauzioni sarebbe fallito per mancanza di tempo e per l'inverno. Tuttavia trovai il suo rapporto talmente importante che gli dissi che avrei cercato di permettergli di farlo direttamente al Fi.ihrer affinchè queste notizie lo colpissero. 1

Churchill, op. cit., I, 2• parte, p. 145.

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L'indomani 12 mi recai presso Hitler, lo informai dell'incontro che avevo avuto con Quisling e lo pregai di riceverlo personalmente per averne un'impressione diretta. Gli dissi anche - questo punto figura anche in uno dei documenti - che bisognava che fosse molto prudente in queste cose, non si può mai sapere in qual misura un capo di partito cerchi di favorire solo gli interessi del proprio partito. Ciò perchè le nostre inchieste dovevano essere condotte molto accuratamente ed io attirai di nuovo l'attenzione del Fiihrer sui rischi di un tentativo di occupazione delle coste norvegesi e gli inconvenienti che potevano derivarne. Insomma, gli presentai il problema obiettivamente, sotto questi due punti di vista. 1

Hitler riceve a sua volta Quisling il 14 dicembre. Egli indica immediatamente le alleanze di cui le forze tedesche potevano beneficiare in caso di sbarco. Questa conversazione, che non ha lasciato nessuna traccia,2 convince tuttavia Hitler il quale quello stesso giorno ordina al OKW di preparare un piano dì invasione della Norvegia, o per amicizia o per forza. Alla partenza di questo testo, il 13 gennaio 1940, viene messa a punto un'istruzione dettagliata per l'OKW sotto il titolo « esercizio Weser » (Weseriibung). Quest'istruzione sarà pronta per il r marzo. Il 17 febbraio, un incidente era scoppiato nelle acque territoriali norvegesi. Un incrociatore ausiliare tedesco, l'Altmark, rientrando dall'America del Sud aveva forzato il blocco inglese e costeggiava le coste norvegesi per raggiungere Amburgo. Si trovavano a bordo trecento marines inglesi prigionieri. Churchill, avvertito, fece abbordare l'Altmark ancora m acque norvegesi, dal cacciatorpediniere inglese Cossacle il quale riporta i marines inglesi in Gran Bretagna. La Norvegia protesta contro questa violazione da parte degli Inglesi; Hitler approfitta delle circostanze per affermare che la Norvegia è incapace di far rispettare la sua Documenti di Norimberga, XIV, 97. Quisling ripartì per Oslo con un tesoro di propaganda di 200.000 marchi oro, Fiibrer conferences on Naval Affairs, British Admiralty, Londra 1947, p. 104. Sembra anche che Hitler abbìa dichiarato che non voleva violare la neutralità dei paesi scandinavi (Meissner, op. cit., p. 533). Il processo Quisling (settembre 194.5) ha dimostrato che il Filhrer norvegese ha fornito an• che molte informazioni militari ai Tedeschi. 1

2

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neutralità. Egli dunque prega l'OKW di affrettare la preparazione dell'esercizio Weser. Il 21 febbraio, Falkenhorst è nominato capo del corpo di spedizione. Dov'erano in questo momento gli Alleati? Dal gennaio 1940, essi facevano pressione sulla Norvegia per ottenere la riduzione dell'esportazione di minerali di ferro in Germania. In realtà le intenzioni alleate erano « insincere». Infatti, Gamelin spiegava il 15 gennaio a Daladier che questa pressione era .. suscettibile, abilmente condotta, da determinare una reazione armata dei Tedeschi i quali giustificherebbero il nostro intervento.1 Ma a parte l'azione contro I'Al,tmark gli Alleati resteranno sulle loro posizioni. Il 25 marzo, in risposta ad una domanda stringente di Reynaud, nuovo presidente del Consiglio, che vuole affrettare il movimento, gli Inglesi rifiutano di violare la neutralità norvegese. 2 Daladier e Reynaud erano essenzialmente diversi: Tutto li divideva, racconta M. L. O. Frossard, ex-ministro, la loro natura profonda, il loro comportamento, le loro abitudini d'animo, la loro concezione di esercitare il potere nella condotta della guerra. Reynaud decideva in fretta con una sicurezza in cui era una parte di leggerezza. Daladier, decideva lentamente, dopo esitazioni che non lo abbandonavano mai. Reynaud avrebbe volentieri governato sulla pubblica piazza, Daladier era diffidente e segreto, Reynaud rimproverava a Daladier ciò che e.!tli non aveva fatto. Daladier temeva istintivamente ciò che Reynaud avrebbe fatto. 3 Da parte francese il piano è quello di Reynaud il quale vuol vincere « la battaglia del ferro ».

2. La decisione d'invasione Il 1° marzo 1940 la decisione di Hitler è presa. Nonostante la collera di Goering che non era stato avvertito, e che si calmerà solo il 5 marzo, l'OKW non farà marcia Reynaud, op. cit., II, 25. Nota di Reynaud, risposta inglese del 27 marzo nella Commission parlementaire d'Enquéte, op. cit., II, 351. 3 De Launay, op. cit., p. 68. 1

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indietro. È annotato tuttavia nel diario di Jodl, in data 13, la seguente annotazione: Il Fiihrer non ha ancora dato l'ordine per l'esercizio Weser; egli cerca ancora una giustificazione.

Ma Raeder spiega che si trattava invece di un pretesto e non di una giustìficazione, poichè 1a decisione del 1° marzo era irrevocabile. Bisognava parare gli attacchi degli Inglesi, salvaguardare la sicurezza dei trasporti del minerale di ferro e stabilire le basi aereonavali tedesche dirette contro l 'Inghilterra. 1 I preparativi dell'esercizio Weser dunque cominciano immediatamente e verso il 20 marzo sono terminati. Il 26 Raeder dichiara che, dopo le sue informazioni, l'invasione inglese è imminente. Reynaud da parte sua trova un solido appoggio nel bollente ed impaziente lord dell'Ammiragliato, Churchill, il quale finalmente aveva ottenuto 1'8 aprile l'autorizzazione di immergere alcune mine nelle acque territoriali norvegesi. Questa decisione era stata preparata dal 27 marzo a Londra da un'intesa tra i militari, e notificata alla Norvegia dal .5 aprile. 2 Hitler prende la decisione definitiva il 2 aprile e, dal 3, i ricognitori tedeschi sono in mare. Fin dal giorno avanti Ribbentrop viene informato ed incaricato di preparare diplomaticamente l'esercizio \\7eser. 3 L'8 aprile, quando gli Alleati mettono le mine, i trasporti di truppe tedesche sono già al nord degli ostacoli. Il 9 i Tedeschi sbarcano in Norvegia. Il corpo di spedizione francese, la divisione Audet, prevista per la Norvegia, è ancora nel Jura. La piccola forza di spedizione britannica è pronta per mettersi in marcia. Gli Inglesi sono certi che i Tedeschi reagiranno contro il blocco di ferro e invaderanno la Norvegia per ristabilire le loro linee di vettovagliamento; in questo caso una spedizione franco-inglese, che occupava Narvik, avrebbe interrotto la strada del ferro. Documenti di Norimberga. Testo della nota in Trygve Lie, op. cit., p. 91. 3 Prima di questa data, i diplomatici tedeschi non sapevano nulla, Weissacker, Schmidt, Ribbentrop, op. cit. 1

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Era chiaro insomma che ambedue gli avversari avevano concepito dei piani di operazione riguardanti la Norvegia, poichè da ambedue le parti si credeva che quest'ultima fosse incapace di difendere la propria neutralità. La decisione d'invasione fu presa tuttavia dal solo Hitler, dietro insistenza di Raeder e, accessoriamente, da Quisling. Cosciente della mia responsabilità, ha detto Raeder, ho sempre presentato al Fiihrer gli argomenti favorevoli e sfavorevoli a quest'azione, poichè ero cosciente della mia responsabilità, sapevo che il Fiihrer avrebbe preso o meno questa decisione secondo le informazioni che gli avrei fornito io... Per cui è evidente che sono, in certa misura, responsabile di tutto l'affare. 1 Le due parti hanno concepito dei piani che talvolta si imbrogliano, senza mai preoccuparsi della neutralità norvegese. Gli Alleati comunque non hanno praticamente messo in esecuzione il loro progetto, ad eccezione dell'immersione delle mine. Contrariamente alle intenzioni espresse da Reynaud e da Churchill, sembra poco probabile che, se i Tedeschi non fossero sbarcati in Norvegia, i Franco-Inglesi avrebbero mai inviato un corpo di spedizione. Da parte tedesca: alcuni piani, un'istruzione, una gmstifìcazione diplomatica. Per gli Alleati: intenzioni, velleità; anche un principio di esecuzione che sembra che sia stato una risposta invece che una iniziativa. Il grand'ammiraglio Raeder ha lasciato confessioni complete. La sua operazione navale si è del resto rafforzata per una magnifica riuscita da cui ha ricevuto gloria.

La ritirata di lord Gort Il piano di azione all'ovest fu, come abbiamo visto, applicato con un successo straordinario. Come aveva previsto l'ipotesi Dyle, importanti forze anglo-francesi erano andate in Belgio per riunirsi con gli eserciti belgi ed olandesi.2 Una grossa colonna di panzer attraversa le Ardenne e 1 Raeder (Documenti di Norimberga). 2 De Launay, op. cit., pp. 56-57.

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fa saltare il nucleo dell'armata francese verso Sedan. Avanza rapidamente nella breccia e, il 16 maggio, Guderian è solo a 100 km a ovest di Sedan. Questo stesso giorno, Churchill, diventato primo ministro il 1O maggio, corre a Parigi e vede Gamelin: « Dove sono le riserve? » Gamelin, impotente, dichiara: « Non ce ne sono più ». 1 Hitler, meravigliato del successo, si porrà lo stesso problema il 17 maggio. Il Fiihrer è molto nervoso. Non è tranquillo per i suoi successi, esita a rischiare ancora e vuole trattenerci. Spiega la paura che ha per il suo lato sinistro.2

E il giorno dopo, 18 maggio: U Fuhrer è in pensiero per il fianco sud. Egli grida che riuniamo tutte le nostre operazioni e rischiamo la disfatta. Vuole arrestare l'avanzata all'ovest. 3

A Brauchitsch, il quale aveva trascurato di mettere una posizione di difesa laterale a sud, viene intimato da Hitler di decidersi immediatamente. Ma i Francesi non avevano preparato nessuna risposta e, il 20 maggio, Guderian è ad Abbeville: le armate del Nord sono circondate. II 19 Gamelin aveva deciso di sferrare un attacco degli eserciti del nord in direzione del sud, ma la sera stessa Reynaud Io sostituisce con Weygand. 4 È poco probabile che l'operazione prevista da Gamelin sarebbe potuta riuscire, ma la sostituzione del comandante in capo ha fatto perdere tre giorni preziosi. Solo il 21 maggio Weygand adotta il piano Gamelin; intanto le forze blindate tedesche hanno consolidato le proprie posizioni. L'antico collaboratore di Foch aveva fama di avere una grande abilità militare. 5 Dal 1919 aveva portato a termine Churchill dice che Gamelin gli rispose « Non ce n'è». Diario di Halder del 17 maggio, consultato alla Hoover Library. 3 Diario di Halder del 18 maggio, consultato alla Hoover Library. 4 Reynaud aveva già voluto il rinvio di Gamelin il 9 maggio 1940. (De Launay, op. cit., p. 75). 5 Weygand aveva 73 anni. 1

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numerose missioni importanti in Polonia, in Siria, in Turchia ed anche solo il suo nome doveva galvanizzare le energie. Quando il 17 maggio Reynaud lo chiama al comando delle armate, egli lascia la Siria, passa rapidamente per Parigi dove annulla il piano Gamelin. Raggiunge poi il fronte del Nord per vedere gli sviluppi della situazione sul posto. Il suo aereo vola sul fronte della Somme, viene circondato da palle che lo strusciano dai caccia tedeschi e finisce per fare un atterraggio forzato a Calais. Da là vola a Ypres, dove il 21 di maggio ha convocato una conferenza tra alleati. Come si è svolta questa conferenza della massima importanza? Quali furono i partecipanti: furono presenti tutti i comandanti d'armata? Alcune dichiarazioni e soprattutto quelle di Weygand 1 sembrano rispondere negativamente a quest'ultima domanda. Fin dal 1940 la nostra attenzione è stata attirata su questo punto dal sindaco di Ypres quando lo abbiamo interrogato qualche mese dopo la conferenza. Gort, Leopoldo III, Van Overstraeten, Michiels, Billotte, Weygand sarebbero stati ricevuti tutti dal sindaco mentre da parte sua Weygand affermava di non aver « potuto incontrare ancora lord Gort ». Per giudicare l'importanza di questo problema, partiremo da un fatto di base essenziale: Weygand voleva condurre gli eserciti del nord a lanciare un'offensiva verso il sud seguendo un'asse Anas-Saint-Quentin, mentre le forze francesi venuta dal sud sarebbero andate loro incontro. Il suo scopo era quello di portare i comandanti d'armata a partecipare tutti insieme a quest'azione; dunque bisognava che egli riuscisse a convincere personalmente ciascuno ad eseguire una parte del suo piano. Ma le comunicazioni in una zona circondata, piena anche di civili che fuggivano verso le coste, erano estremamente difficili. I comandanti d'armata, inoltre, non volevano allontanarsi per molto tempo dai propri quartier generali. Infatti, se Weygand viene ricevuto a Ypres dal re Leopoldo III e i suoi collaboratori, i generali Van Overstraeten e Michiels, il generale Billotte li raggiunge assai 1

Weygand, op. cit., III, 114.

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più tardi. Lord Gort arriverà solo alle 20, quando Weygand è già ripartito. Il generale Weygand chiede al re Leopoldo di schierare l'esercito belga sull'Yser per assicurare una migliore difesa all'est e al sud-e5t. Il generale Van Overstraeten, consigliere militare del re, fa notare gli inconvenienti dì questo ripiego: base troppo limitata, retroguardie paralizzate da milioni di rifugiati, problemi di materiali e di munizioni e soprattutto, le truppe stanche che avrebbero sopportato male un altro ripiegamento. Mentre Weygand rifiuta queste obiezioni, Billotte arriva e dimostra al generalissimo che l'armata belga ha interesse a tenere 1a linea dell'Escaut-canal di Terneuzen. Weygand riparte verso le 18 - il giorno dopo deve essere a Parigi - e, come fa notare lo storico militare H. Bernard: 1 Per questa riunione, Weygand sacrificava il proprio legame con il comandante della BEF, 2 scopo più importante della sua visita nel Nord.

Mentre a Ypres si teneva questa conferenza, Gort, che ha ingaggiato tutte le riserve, raggiunge i suoi tre comandanti del corpo. Alle 16 e 45 egli impartisce loro l'ordine di ritirarsi nella notte tra il 22 ed il 23 maggio sulle difese della frontiera franco-belga. Alle 20 arriva finalmente a Ypres ed incontra il re Leopoldo, Billotte e Van Overstraeten nell'ufficio del sindaco. Le operazioni nelle quali attualmente è occupata la British Expeditionnary Force non sembrano permettere un'azione immediata nel quadro del piano Weygand; tuttavia Billotte fa l'inventario dei mezzi disponibili e dispone il piano delle operazioni da mettere in opera. 3 Allora si prendono due decisioni, ma Weygand le conoscerà solo più tardi. 1. Le forze alleate saranno riportate indietro ( Valencìennes, Escaut francese, frontiera francese, fino ad Haluin, Lys), i Belgi ripiegheranno sulla Lys (invece di mantenere l'Escaut). 1

Bernard, op. cit.

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British Expeditionnary Force.

3

Bernard, op. cit.

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2. Da quattro a sei divisioni saranno incaricate dell'offensiva verso il sud. Billotte è incaricato della messa in opera di quel piano e soprattutto della sua coordinazione. Billotte riparte verso il suo QG nella notte, e muore in un incidente di macchina a Reninghelst. Della coordinazione delle armate del nord avviene questo. Il generale Blanchard gli succederà al comando del 1° gruppo di armate francesi, e probabilmente anche nella sua missione di coordinazione, per quanto questo punto non sia mai stato confermato ufficialmente, racconterà lord Gort. 1

Nel frattempo Weygand ha incaricato Billotte di fissare con lord Gort le modalità della partecipazione della BEF al piano Weygand, ed è tornato a Parigi. Ha fatto un viaggio inverosimile: dopo aver raggiunto in automobile Dunkerque, si imbarca su un torpediniere - che del resto dovrà subire un grave bombardamento - e cosi arriva a Cherbourg. Il tragitto da Cherbourg a Parigi lo farà ancora in automobile! Il 22 maggio, nel suo torrione di Vincennes tutto illuminato, fa una relazione del suo viaggio a Ypres 2 per Reynaud e Churchill. Il corpo corazzato tedesco ha aperto un corridoio di 25 km di larghezza da Sedan a Abbeville e l'accerchiamento delle armate del nord è quasi finito. Weygand espone il suo piano: Il comandante in capo pensa che non si possa chiedere alla massa franco-anglo-belga che è ancora nel nord e che comporta più di quaranta divisioni, di battere in ritirata puramente e semplicemente verso il sud, per cercare di raggiungere il grosso dell'esercito francese. Una manovra simile andrebbe certamente a vuoto e le sue truppe in tal caso, correrebbero verso una sicura rovina. La situazione comanda, invece, che sotto la protezione dell'esercito belga che potrebbe assicurare la loro difesa verso l'est ed eventualmente verso nord, le forze francesi ed inglesi disponibili facciano un'azione offensiva verso il sud nella regione del Cambrai e di Arras e in direzione generale di Saint-Quentin, in modo

In London Gaz.ette. Supplemento del 10 ottobre 1941. Dal processo verbale della riunione preparata dal capitano de Margerie (citato da Reynaud, op. cit., p. 147). 1

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da piombare a lato delle divisioni corazzate tedesche che si trovano attualmente impegnate nel tratto Saint-Quentin-Amìens. Nello stesso tempo l'esercito francese del generale Frère, concentrato a sud della Somme nella regione di Beauvais, avrebbe spinto verso nord in maniera da accentuare la pressione sugli elementi blindati del nemico nella regione di Amiens, di Abbevìlle e Arras. L'importante è sottomettere questi elementi ad una pressione costante, di non lasciare che le divisioni corazzate tedesche operino di propria iniziativa, ma di mantenerle continuamente in moto, di infliggere loro delle perdite, di minacciarli sulle retroguardie. È solo a questa condizione che si potrà effettuare in maniera utile il ripiegamento delle armate del Belgio. 1

Infatti quel piano \lileygand non è che una pia intenzione poichè a sud le forze del generale Frère non sono concentrate, come dice lo stesso Weygand, rna sono disperse e quindi devono essere riunite. Dunque il ruolo principale di lanciare l'offensiva per aprirsi una strada è delle armate

del nord.

Ora, al nord le armate alleate non sono più coordinate. Il maggiore Ellis 2 ha citato numerosi esempi di questa mancanza di coordinamento di cui uno degli aspetti importanti è la mancanza di copertura aerea. L'avanzata tedesca ha costretto il componente aereo della BEF ad evacuare numerosi aerodromi e per questo fatto non c'è più contato con l'aviazione francese. 3 Abbiamo interrogato a lungo il generale François d' Astier de la Vigerie, comandante in capo delle forze aeree del fronte nord-est di cui del resto abbiamo riordinato le note di operazione. Ci ha detto di aver ricevuto « l'ordine di proteggere l'operazione, ma di non aver saputo nè l'ora nè l'asse dì attacco». Allora d'Astier ha cercato invano di raggiungere il suo omologo inglese il quale del resto, non era meglio informato. Le forze d'attacco sulle quali Weygand conta sono un mito e il calendario sul quale si basa è immaginario. La data dell'offensiva (22 maggio) non può venire indicata al generale Frère il quale tuttavia deve occuparsi dì concen1 2 3

Margerie, op. cit., sopra. Ellis, op. cit., p. 96. Mac Mìllan, op. cit., II, 54.

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trare le proprie forze d'attacco. Per quanto riguarda il generale Gort, egli considera che l'attacco debba venire dal sud (e non dal nord) ed attende ordini da parte del generale Blanchard: il 23 maggio è ancora senza notizie. Tuttavia Weygand continua a lavorare sulla carta. Partendo dai dati del generalissimo Reynaud e Churchill si scambiano messaggi assolutamente imprecisi. Ogni tanto Churchill si meraviglia che le informazioni di Gort non coincidano molto con quelle che Reynaud gli dà sull'applicazione del piano Weygand. 1 Nel momento in cui il generalissimo dichiara che le armate dei generali Michiels, Blanchard e Gort non possono venire salvate se non sono « animate » dalla volontà ferrea di « fare una sortita» (24 maggio), la situazione sul terreno è già molto evoluta. Tuttavia ho visto il generale Blanchard e gli ho detto che, per fare la parte che ci assegnava il piano Weygand; avremmo dovuto, a mio avviso, procedere ad un attacco verso il sud con due divisioni britanniche, una divisione francese ed il corpo di cavalleria francese. Per quanto riguardava noi, l'operazione non poteva avere luogo prima del 26 al più presto ... Pregavo anche il generale Blanchard di chiedere al grande quartier generale come un'operazione simile potrebbe essere sincronizzata con l'attacco proveniente dalla linea della Somme che, si diceva, era in via di preparazione .... sottolineavo sia al segretario di Stato che al generale Blanchard che lo sforzo principale doveva venire dal sud e che l'azione delle forze del nord poteva essere solo una sortita. Non ricevetti nessuna informazione, da nessuna fonte, circa l'esatta posizione delle nostre forze o delle forze nemiche al margine della breccia. Non solo non ho ricevuto nessun dettaglio, ma nemmeno un orario circa il progetto d'attacco proveniente dal sud. Durante la giornata del 24 maggio nello stesso tempo dovevo preparare un contrattacco verso il sud per il 26 e affrettare i rinforzi della linea del canale. Per mettere a punto il dispositivo del contrattacco incaricavo il comandante del 3° corpo, il luogotenente generale sir Ronald Adam, di continuare i negoziati con il generale Blanchard e con il comandante del 5° corpo francese, il generale René Altmayer. Il piano finale prevedeva un contrattacco di tre divisioni francesi e di due divisioni inglesi, sotto il comando del generale 1

Vedere Reynaud, op. cit., p. 151 e segg.

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René Altmaye:r. Prima, la sera del 26 maggio, si trattava di stabilire le teste di ponte a sud della Scarpe ed il giorno dopo di lanciare l'attacco principale su Plouvain-Marquion-Cambrai. Sir Ronald Adam, con tre divisioni (due inglesi e una francese), doveva avanzare all'est del canale del Nord e il generale René Altmayer, con due divisioni francesi, all'ovest del canale, con il lato destro coperto dal corpo di cavalleria francese. L'attacco non fu mai eseguito.1

I1 25 maggio i Tedeschi rafforzano l'accerchiamento e spingono ancora di più i Belgi e gli Inglesi. La sera Blanchard pensa - e cosl la pensa anche Gort, ma nel disordine della zona di combattimento riescono ad incontrarsi solo la mattina del 26 - che il contrattacco verso il sud è superato; ambedue si aspettano la rovina dell'eserdto belga. Il 26 maggio alle 10,30 Gort torna nel suo QG e trova un telegramma del segretario di Stato che gli chiede di preparare la ritirata della BEF verso i porti. La mattina stessa Blanchard riceve da Weygand l'autorizzazione di agire per il meglio, salvando l'onore delle sue bandiere. In serata arriva a Gort un telegramma da parte del War

Office: Il primo ministro ha avuto una conversazione con Revnaud questo pomeriggio. Quest'ultimo gli ha spiegato la situazione e le risorse dell'esercito francese, È chiaro che i Francesi non potranno attaccare dal sud con una potenza sufficiente che permetta loro di realizzare la riunione con le armate del nord. In queste circostanze non vi rimane che ripiegare verso la costa ... Reynaud ne farà partecipe il generale Weygand e costui indubbiamente darà ordini in conseguenza. Adesso siete autorizzati a ripiegare verso la costa unitamente alle armate francesi e belghe.2

Il 27 maggio Gort esegue l'ordine di ripiegamento verso i porti. Il 28 l'esercito belga capitola. Il 30 maggio, finalmente, i resti delle armate Blanchard e Gort si imbarcano a Dunkerque. Il ripiegamento della BEF è stato eseguito incontestabilmente in cattive condizioni; tuttavia non possiamo in nessun momento insinuare che ci sia stata una fuga o una

ritirata precipitosa. 1

Gort, op. cit.

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Idem.

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Del resto le violente critiche emesse contro il « tradimento » di lord Gort o la ritirata individuale degli Inglesi, rafforzate anche dalla propaganda tedesca non hanno nessun rapporto con i fatti storici. L'esame di quei documenti e delle testimonianze sembra provare che l'accerchiamento degli eserciti del nord avrebbe potuto essere rotto solo nel caso in cui fossero state costituite precedentemente a sud della Somme moltissime manovre e se si fossero potuti mantenere i contatti in tutte le circostanze. Faremo anche notare il rimpiazzamento dei generali in piena battaglia (Gamelin-Weygand, Billotte-Blanchard) che poteva essere solo catastrofico.

II LA GUERRA MONDIALE

L'operazione Otarie ( Seelowe) Sembra che Churchill non abbia mai dubitato dell'intenzione di Hitler di sbarcare in Inghilterra. 1 Quali furono le vere intenzioni del Flihrer a questo proposito? Ha desiderato veramente uno sbarco in Inghilterra deliberatamente o non d ha mai pensato? È un problema che rimane insoluto. Sono state scritte moltissime pagine sulle intenzioni politiche di Hitler nel momento in cui, il 24 maggio 1940, ordina alle divisioni corazzate di fermarsi davanti a Dunkerque invece di portare fino in fondo l'accerchiamento e la distruzione delle armate del nord. Infatti questa decisione fu, come sembra, militare e insieme politica. 2 Hitler sopravvalutava la potenza dell'esercito francese e temeva un violento contrattacco sulla Somme. Inoltre forse non voleva - ma ciò non è affatto provato - infliggere una grave umiliazione agli Inglesi, in maniera da non compromettere le occasioni di trattare un'ulteriore pace. 3 Infatti alla fine di giugno del 1940, dopo la vittoria sulla Francia, il Fiihrer è perplesso. Fino al 1° luglio spera di concludere una pace con l'Inghilterra. È antico sogno che ha da vent'anni e che spesso ba espresso, soprattutto in Mein kampf: l'intesa anglo-tedesca, base di una nuova pace mondiale. Egli trasmette, per via diplomatica segreta,4 delle offerte di pace che vengono rifiutate. Allora dà inizio ad una hmghissima discussione con i suoi collaboratori dell'OKW. Il

1 2

Churchill, op. cit.

Rundstedt, nonostante le dichiarazionì contrarie a Shulman e a Liddel Hart dopo la guerra, aveva preso questa decisione con il Fuhrer. 3 William Shirer ha pubblicato un'analisi dettagliata di questa questione (op. cit., p. 117). 4 De Launay, op. cit., p. 24.

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2 luglio dà ordine di iniziare i preparativi per uno sbarco in Inghilterra. Precisa chiaramente che ancora non si può parlare che di un progetto e non di una direttiva. Che perciò la data non è stata fissata e che insomma è necessario acquistare ancora e con certezza una netta superiorità aerea. 1 Il 7 luglio egli riceve Ciano a Berlino e gli conferma che ancora non è stata presa la decisione definitiva. 2 A partire dall'l l luglio Hitler convoca a Berchtesgaden i propri consiglieri militari. Prima di tutti Raeder il quale dichiara che l'invasione deve costituire l'ultimo atto. Infatti pensa che non sia possibile rinnovare l'operazione della Norvegia ed esprime la convinzione che l'Inghilterra può essere costretta ad accettare la pace dopo una doppia vittoria: quella della Luftwaffe e quella dei sottomarini della Kriegsmarine. Il 13 luglio Keitel, Halder e Jodl riescono a loro volta a far partecipe il Fiihrer delle loro preoccupazioni: pensano di poter assolvere il loro compito solo se un corpo di spedizione sia precedentemente sbarcato dall'altra parte della Manica. Queste reticenze quasi trascinano la decisione del Fiihrer il quale ama spezzare gli ostacoli. La sera stessa egli scrive al duce: Le numerose proposte che ho fatto all'Inghilterra sono state prese con un tale disprezzo che ne sono edificato. Qualsiasi altro appello andrebbe incontro ad un rifiuto. 3

Il 26 luglio, la « direttiva n. 16 », ossia l'operazione Otarie, esce dalle mani del Fiihrer: Dal momento che l'Inghilterra, nonostante la situazione militare senza uscita, non manifesta ancora nessuna intenzione di giungere ad un accordo, ho deciso di preparare un'operazione di sbarco e di metterla in atto se è necessario. Lo scopo di questa operazione è di eliminare la metropoli inglese in quanto base per continuare la guerra contro la Germania e, se dovesse essere necessario, occuparla completamente.

Fuhrer Conferences on Navals Afj-airs, op. cit. Ciano, op. cit., p. 274. 3 Documenti del Ministero degli affari esteri di Germania (X, 209). 1 2

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Questa direttiva comporta ancora una condizione. Hitler dunque non ha ancora preso una decisione. Vuol dare un'occasione all'Inghilterra e, il 19 luglio, le rivolge ancora un'ultima offerta di pace davanti al Reichstag. Credo che sia mio dovere fare appello ancora una volta alla ragione ed al buon senso della Gran Bretagna e altrove. Lancio quest'appello non come vinto, ma come vincitore ragionevole. Non vedo nessun motivo per prolungare la guerra.

Discorso del resto pieno di amarezza e di critiche contro Churchill. Questa offerta viene respinta senza esitazione dagli Inglesi. Il rifiuto per Hitler ha qualcosa d'incomprensibile. Del resto i capi militari tedeschi girano intorno. Sembra, in effetti, che la marina non possa portare la \X!ehrmacht a piede d'opera. Dunque bisogna trovare la possibilità. di abbattere l'Inghilterra con azioni per terra, dirette contro l'Impero britannico nelle Indie, in Africa, a Gibilterra. Jod.l, ritornando allora sull'idea di Racdcr, a sua volta crede che: Lo scopo di uno sbarco in Inghilterra non possa essere altro che quello di dare il colpo di grazia.

Allo stato attuale delle cose, e senza credere troppo alla sua efficacia, l'OKW fa disporre sulla costa della .Manica un corpo di sbarco comprendente all'inizio tredici divisioni (90.000 uomini). Questa prima ondata viene affidata i1 19 luglio al maresciallo von Rundstedt il quale ha ordine di far partire sei divisioni da Boulogne-Calais (generale Busch), quattro divisioni da Havre (generale Strauss), tre divisioni da Cherbourg (maresciallo von Reìcbenau). La seconda ondata trasporterà sei divisioni corazzate; queste saranno seguite da una terza ondata e dai rinforzi contenenti in totale venti divisioni. La disposizione su suolo francese deve essere portata a termine verso il 20 agosto. Si suppone che queste truppe debbano sbarcare su un fronte di 300 km., da Lyme-Bay fino a Ramsgate; il 21 luglio l'ammiraglio Raeder ripete al Fuhrer che la marina è incapace di effettuare il trasporto di una simile armata. Non sembra che questa nota discordante abbia attratto l'attenzione di Hitler poiché egli continua a accarezzare il sogno dell'annientamento della resistenza inglese. Halder, ancora ottimista, il 22 luglio annota:

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La guerra è vinta. La situazione dell'Inghilterra è disperata. 1

Il 31 luglio nuova riunione al Berghof. Lo Stato Maggiore al completo è presente: Raeder, Keitel, Jodl, Halder, Brauchitsch. Raeder e Halder ambedue hanno fatto il rapporto di quest'incontro. L'ammiraglio rinnova le sue obiezioni: Se la prima ondata attraversa la Manica in circostanze metereologiche favorevoli, nulla garantisce che la seconda e la terza ondata possano farlo. 2

Comunque bisognerebbe riportare il fronte di sbarco a 100 km. La data ideale sarebbe maggio 1941. I generali, impotenti, propongono tuttavia ancora operazioni marginali: Gibilterra, l'Africa. Ma Hitler non si lascia convincere: l'operazione Otarie deve essere pronta per il 15 settembre, bisogna cercare di riuscire. In questo non c'è nessuna decisione, ma solo un'intenzione, ed anche condizionale poichè, in assenza di aviatori, i generali hanno creduto che la Luftwaffe debba prima di tutto schiacciare il sud dell'Inghilterra. Se raggiunge questo obiettivo, Otarie potrà essere fissata a settembre. Il 1° agosto viene fuori la direttiva n. 17: In vista di stabilire le condizioni necessarie per la conquista definitiva dell'Inghilterra, ho intenzione di continuare la guerra navale ed aerea contro la capitale inglese più intensamente di prima. A questo scopo impartisco i seguenti ordini: 1. L'aviazione tedesca deve schiacciare l'aviazione inglese con tutti i mezzi di cui dispone; 2. Dopo essersi assicurati la superiorità aerea, localmente o temporaneamente, la guerra aerea deve essere condotta contro i porti, soprattutto contro gli stabilimenti in rapporto con il rifornimento di cibo ... Devono essere intrapresi attacchi contro i porti della costa sud nella scala più ristretta possibile, in vista delle operazioni che prevediamo ... 3. La Luftwaffe deve rimanere in forza per l'operazione Otarie. 4. Mi riservo la decisione degli attacchi terroristi di rappresaglie. Diario di Halder consultato alla Hoover Libary. Fuhrer Conferences on Naval Af!airs, op. cit., Halder, op. cit., 31 luglio 1940. 1 2

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5. La guerra aerea intensificata può cominciare il 6 agosto al più tardL La marina è autorizzata ad iniziare la guerra navale intensificata alla stessa data. A partire da quel giorno è iniziata una piccola guerra fra l'esercito e la marina. Il 1° agosto, Keitel comunica ai suoi subordinati che, nonostante le obiezioni della marina, i preparativi devono essere eseguiti secondo la prima idea di un fronte di sbarco di 300 km. Il 7 agosto, Halder nota che si scava un fossato insormontabile fra le concezioni dell'esercito e quelle della marina. Il 10, Brauchitsch fa notare a Keìtel che non può accettare l'idea di un fronte ridotto a 100 km., proposto dalla marina. Il 13 agosto Jodl fissa le condizioni di riuscita dell'azione Otarie. Quel giorno stesso Raeder chiede a Keitel di ottenere un fronte ridotto. Finalmente il 14 Hitler, rimproverato certamente da Raeder, si decide in favore di quest'ultima soluzione. Il 16 agosto Keitel lancia quindi una nuova direttiva che accetta il fronte ridotto e rinuncia alle tre divisioni von Meichenau che dovevano partire da Cherbourg. Da allora i generali cominciano a dubitare seriamente dell'operazione Otarie. Il 20 Brauchtisch annuncia ancora che l'esecuzione del piano dipenderà dalla situazione politica. 11 3 settembre, quando i batteHi di sbarco si avviano già verso i porti tra Ostenda e le Havre, Keitel precisa che lo sbarco non potrà avvenire prima del 21 settembre. Il 6 Raeder rivede Hitler. Quest'ultimo pensa allora a Gibilterra, a Suez, ma non pensa quasi più a Otarie. Raeder ne conclude che la decisione del Fi.ihrer non si è affatto fermata; effettivamente sembra che la disfatta inglese possa essere raggiunta anche senza sbarco. In realtà ognuno aspetta il risultato dell'offensiva aerea cominciata il 12 agosto dalla Luftwaffe ed intensificata a partire dal 7 settembre. Questa finirà il 15 settembre, a causa di una grave disfatta che segnerà la prima grande svolta tnilitare della storia della guerra. La data dell'inizio di Otarie fu rimandata più volte. Il 14 settembre un riunione dì comandanti in capo a Berlino rivela fino a qual punto il Fi.ihrer è ancora trascinato da progetti contraddittori. Il 17, due giorni dopo la disfatta aerea, rimanda di nuovo Otarie; in quel momento la RAF comincia a prendere di

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mira seriamente la flotta riunita nei porti della Manica. Il 21 settembre, il 12% della flotta d'invasione viene distrutto. Il 19 Hitler rimanda, sine die, l'operazione Otarie e decide di disperdere i battelli di sbarco. Alla fine il 12 ottobre, ultima direttiva del Fi.ihrer: Otarie è rimandata alla primavera del 1941. L'esame dei fatti e lo studio delle testimonianze dei capi militari tedeschi che hanno frequentato Hitler a quell'epoca, indicano che se l'operazione Otarie è stata oggetto di piani dettagliati e precisi in vista di uno sbarco in Inghilterra, il Fi.ihrer, di comune accordo con i propri collaboratori, aveva condizionato la sua realizzazione a certi preliminari che non furono mai completati. Il primo di questi preliminari era la vittoria della Luftwaffe. Questa non venne mai raggiunta e l'operazione Otarie in realtà fu abbandonata in seguito alla disfatta aerea. Non abbiamo potuto ritrovare nessuna prova valida di un tentativo di sbarco che, secondo alcuni autori, avrebbe avuto luogo e sarebbe fallito. 1 Canaris, consigliere di Franco

La prima grande tappa militare della guerra, dunque, è stata, come abbiamo fatto notare, questa Battaglia d'Inghilterra perduta dalla Lufwaffe il 15 settembre 1940. Il 26 settembre 1940 il grand'ammiraglio Raeder spiega al Fi.ihrer 2 che è urgente risolvere il problema mediterraneo durante l'inverno. Una riuscita da quella parte potrebbe isolare irrimediabilmente l'Inghilterra dall'impero. L' ammiraglio si propone anche di impedire per il futuro che gli Inglesi preparino nell'Africa del Nord una base di attacco contro l'Asse. Hitler si arrende di fronte alle ragioni di Raeder. Decise 1 Vedere per esempio: G. W. Feuchter, Geschichte des Luftkriegs, Athenaum. Verlag Bonn 1954, p. 441. Tuttavia è certo che alcuni servizi tedeschi avevano preparato dettagliatamente « l'occupazione dell'Inghilterra ». La Hoover Library possiede per esempio l'originale della Sonderfahndungsliste G.B. stabilita dalla Gestapo (lista delle personalità da arrestare immediatamente). 2 Rapporto di Raeder nel Fuhrer Conferences on Naval Affairs, British Admiralty, Londra, 1947.

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di procedere con Pétain, Franco e Mussolini ad uno studio approfondito del progetto. Il 23 ottobre il Fiihrer è a Hendaye dove aspetta Franco. Un testimone prezioso, il dottor Schmidt, interprete, descrive l'incontro: Il treno speciale di Franco che doveva arrivare sulla strada parallela a maggiore scartamento di bìnari, come in Spagna, era in ritardo di un'ora buona. Ma poichè c'era un sole meraviglioso gli animi non se ne preoccuparono affatto. Hitler e Ribbentrop rimasero sul marciapiede a chiacchierare. « Non possiamo dare agli Spagnoli nessun sicuro impegno scritto per quanto riguarda le attribuzioni di colonie francesi, disse il primo al secondo. Se ricevessero il più piccolo pezzo di carta su questa delicata questione, i Francesi certamente verrebbero a saperlo, data la nota discrezione dei Latini». Poi enunciò un principio, interessante: « Ma voglio provare, nel colloquio con Pétain, a lanciare i Francesi in una guerra attiva contro l'Inghilterra. Dunque non posso esigere da loro simili cessioni di territorio, senza contare che, se un tale accordo con gli Spagnoli diventasse di pubblico dominio, probabilmente l'Impero fran• cese passerebbe in blocco a de Gaulle ». Queste poche frasi pronunciate sul marciapiede della stazione di Hendaye mi svelarono, più di lunghi memoriali, tutti i problemi che avrebbe comportato l'immi.nente incontro dei dittatori e mi chiarirono le ragioni che furono causa della sconfitta. Il treno spagnolo apparve verso le 15 sul ponte internazionale della Bidassoa. Musica militare, sfilata davanti alla compagnia d'onore, insomma, tutto il cerimoniale in uso per un tale incontro. Poi iniziarono le conversazioni cosl pesanti di conseguenze, che avrebbero messo fine all'intesa esistente tra Rider e Franco. Costui, piccolo e grosso, scuro di pelle, con occhi neri molto vivaci, si sedette nel wagon-salon tedesco. Dalle fotografie che avevo visto di lui, mi era sempre sembrato più alto e meno grosso. Mi venne da pensare che se avesse portato un burnus lo si sarebbe potuto prendere per un autentico Arabo. Fui colpito anche da i suoi modi incerti e riservati nel parlare e nel discutere. Ben presto c:apii che da prudente negoziatore non voleva compromettersi. Prima Hitler descrisse la situazione della Germania con i colori più brillanti: « L'Inghilterra è già vinta definitivamente - egli disse per finire la parte del discorso che trattava delle occasioni della vittoria tedesca - . Insomma, non è ancora disposta a riconoscere il fatto». Poi si parlò di Gibilterra. Se gli Inglesi potevano essere cacciati, il Mediterraneo e l'Africa sarebbero loro interdetti. Hitler allora demolì il proprio gioco. Propose a Franco di fare

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un'alleanza immediata e gli chiese di entrare in guerra nel 1941. Il 10 gennaio Gibilterra verrebbe conquistata dagli stessi equipaggi speciali che si erano impadroniti del forte d'Eben Emael, vicino a Liegi, grazie ad un procedimento assolutamente nuovo, in un periodo di tempo straordinariamente breve. I metodi d'attacco tedeschi, nei quali l'utilizzazione degli angoli morti aveva un'importanza principale, nel frattempo avevano ricevuto tali perfezionamenti tecnici che il successo dell'operazione non si poteva mettere in dubbio. Come avevo sentito dire, alcuni distaccamenti tedeschi procedevano già nel sud della Francia, all'attacco di Gibilterra, su un modello completamente rinnovato. Senza tanti sotterfugi Hitler offri Gibilterra alla Spagna, e con una vaga formula, anche alcuni territori coloniali in Africa. All'inizio Franco rimase in silenzio. Era ripiegato su se stesso. Il suo viso impenetrabile non mi permise di vedere se era sconcertato dalla proposta o se si preparava semplicemente la risposta con tutta calma. Allora fece una manovra di sottrazione, come il suo collega italiano all'inizio della guerra. In Spagna la situazione alimentare era molto brutta. Il paese aveva bisogno di grano: più di 100.000 tonnellate. La Germania era in condizioni di fornirgliele? Egli chiese con l'aria, come a me parve, di rimanere in agguato. La Spagna aveva anche bisogno di armi moderne. Contro Gibilterra era necessaria l'artiglieria pesante. Franco disse una cifra di cannoni molto alta che desiderava ottenere dalla Germania. Inoltre bisognava che difendesse la sua lunga linea costiera contro gli attacchi della marina britannica. Gli mancava anche l'artiglieria antiaerea. Come poteva fare la Spagna ad impedire la presa delle Canarie prevista? Del resto l'orgoglio spagnolo non avrebbe accettato l'offerta di Gibilterra come regalo se questa veniva conquistata da soldati stranieri. Anche la fortezza doveva essere presa dalla stessa armata iberica. Da profano mi interessai moltissimo nel sentire Franco rispondere ad una dichiarazione di Hitler che, dal punto stabilito di Gibilterra, l'Africa poteva essere liberata degli Inglesi grazie a truppe blindate: « È possibilissimo fino al limite del deserto - egli disse-; ma l'Africa centrale rimarrà protetta dalla cintura del deserto contro tutti i grandi attacchi terrestri, proprio come un'isola dal mare. Ho molto combattuto in Africa e ne sono sicuro». Ma la speranza illimitata, arrivata quasi alla certezza, che Hitler aveva di vincere l'Inghilterra, si vide trascurata. Franco pensava che le isole britanniche potessero forse venire conquistate. Ma, in questo caso, il governo e la flotta avrebbero continuato a combattere partendo dal Canada con l'appoggio americano. Mentre Franco continuava a parlare con voce calma, dolce, monotona e modulata, che ricordava quella del muezzin, Hitler cominciò ad innervosirsi sempre di più. Il colloquio gli dava chiaramente ai nervi. Si alzò anche ad un tratto dichiarando che era

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inutile continuare a discutere, ma si rimise subito a sedere e ricominciò i tentativi per far cambiare idea a Franco. Questi si dichiarava pronto a concludere un trattato ma con tali condizioni riguardanti i rifornimenti, l'armamento ed il momento dell'intervento attivo, che quest'accordo non era altro che una facciata dietro la quale non c'era nulla.

Allora furono interrotti i colloqui. 1 L'unica testimonianza diretta corroborata tuttavia dalle testimonianze che seguiranno. Il 7 luglio 1942, durante un pranzo con Hitler ed i suoi collaboratori, Jodl e Hewel, Keitel ricorderà, da bravo cortigiano, a Hitler che aveva un pessimo ricordo dell'incontro di Hendaye: Al momento dell'incontro, il distaccamento che rendeva gli onon faceva un'impressione deplorevole. I fucili dei soldati erano talmente arrugginiti da essere inutilizzabili. 2

In realtà l'atteggiamento di Franco in questa circostanza è stato particolarmente sottile. È difficile apprezzarlo in pieno se non si fa intervenire un certo numero di fattori che vent'anni dopo gli avvenimenti spesso sono trascurati. Lz disfatta francese, rapida, improvvisa, inattesa, brutale, aveva permesso all'esercito tedesco di raggiungere la frontiera spagnola. Un'aperta opposizione da parte della Spagna di fronte alla Germania nazista poteva provocare un'invasione immediata. Le rovine della guerra civile non sono ancora rimosse. La Spagna, occupata a pensare alle proprie piaghe, non desidera affatto prendere parte alla guerra. L'esercito spagnolo non è armato nè per la guerra nè per una seria difesa del territorio nazionale. Il vettovagliamento spagnolo di grano e di benzina dipende in gran parte dall'estero. L'opinione pubblica spagnola pensava che le probabilità di vittoria per gli Inglesi erano poche; erano molto discusse negli Stati Uniti. Questi fatti erano noti agli ambasciatori stranieri a Madrid i quali facevano pressione presso il governo spagnolo in favore degli interessi dei rispettivi paesi. 1 2

Schmidt, op. cit., p. 502. La conversazione fu stenografata dietro ordine di Borm:mn.

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Per quanto riguardava la Spagna, le ripugnava la guerra e nessuno se l'augurava, perchè era un prezzo sempre troppo caro per un guadagno incerto. Ma poichè era scoppiata la guerra contro il suo interesse ed il suo desiderio, le conveniva adottare, di fronte alla Germania, un atteggiamento di attesa amichevole, che offriva l'immediato vantaggio di risparmiarle un'invasione, e che forse le avrebbe procurato per l'avvenire una posizione vantaggiosa. Che si ammetta o no, questa formula dal punto di vista patriottico spagnolo era la più legittima. 1

Questa politica sottile aveva bisogno di molta delicatezza; il generale Franco ne parla a lungo con il cognato, Serrano Suner. Il ministro Suner, originario del nord della Spagna, giurista formato all'Istituto spagnolo di Bologna, era stato conquistato dal fascismo italiano. Era un uomo appassionato il quale, dopo aver brillato nel partito di Robles, aveva optato per la Falange in cui aveva introdotto la propria concezione totalitaria. La sua famiglia aveva molto sofferto per gli eccessi della rivoluzione: i suoi due fratelli erano stati uccisi dai rossi, egli stesso era stato imprigionato. In questo momento difficile della dittatura spagnola egli darà prova di una grande energia e di una grande risolutezza. Il suo aspetto fisico - capelli bianchi, tosse cronica e qualche tic nervoso contrastava con la calma apparente e la prudenza di Franco. Franco allora manda Suner a Berlino per vagliare le intenzioni tedesche. Il 15 settembre 1940 vede Ribbentrop e lo descrive: Mi sembrò molto poco simpatico, e credo bene che sia stata questa l'impressione che fece su tutti gli uomini politici che ebbero a trattare con lui. Per quanto avesse un bell'aspetto, non era nè elegante nè distinto e ciò, a mio avviso, per la stessa ragione che impediva di trovarlo intelligente o umano, perchè era pieno di affettazione. Nella sua persona c'era qualcosa di goffo che poteva sembrare rigidezza, flemma o austerità di un diplomatico che abbia assunto apposta quest'espressione. Era difficile trovare in lui il verso con cui poter stabilire uno scambio di sincere relazioni.

1

Suner, op. cit., p. 131.

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Per parte mia, in tutti i casi, e nonostante la sua cortesia sempre uguale nei miei riguardi, non riuscii mai a scoprirlo. Mostrava una vanità interiore contro la quale si urtava sempre. Invece della rigidità prussiana, che poteva non essere sempre gradita, ma che è un modo spontaneo, la sua sembrava ricercata e voluta. Non mi sono mai potuto spiegare la fortuna politica di quest'uomo. 1

Anche Suner incontra Hitler. Andrà ancora in Belgio e in Francia dove può constatare che l'operazione Otarie non sembra affatto imminente. Questa rivelazione gli conferma la necessità, per la Spagna, di conservare una stretta neutralità. Dal ritorno di Suner a Madrid, Franco lo chiama al posto di ministro degli Affari Esteri. In questa qualità egli potrà assistere all'incontro di Hendaye e conferma a Ribbentrop ciò che Franco aveva dichiarato a Hitler: la Spagna per il momento non entrerà in guerra. Il 18 novembre 1940, invitato da Hitler e non riuscendo a trovare un mezzo per eludere l'invito, Suner va a Berchtesgaden. Egli non sapeva che il 4 novembre Hitler aveva fatto preparare l'operazione Félix e Isa.belle (direttiva n. 18) la quale, con la presa di Gibilterra, doveva operare la chiusura del Mediterraneo. Il Fiihrer aveva freddamente dichiarato ai generali di aver ricevuto l'accordo di Franco e che non vedeva l'ora di sentire dalla bocca di Serrano Suner la conferma dell'accordo. Secondo Suner, Hitler dichiara: 2 « S'impone il blocco totale del Mediterraneo. All'ovest di Gibilterra, si può, si deve realizzare questa chiusura in maniera facile e veloce. E nello stesso tempo interverremo all'est attaccando il canale di Suez. Il blocco dello stretto occidentale, è un onore che torna alla Spagna, come anche tocca a lei vegÌiare sul rispetto e la difesa delle Canarie, poichè bisogna aspettarsi, e le conseguenze sarebbero estremamente pericolose - che gli Inglesi vi tentino uno sbarco e vi stabiliscano basi ». Dopo una pausa il Fuhrer proseguì: n> e delle carte del colonnello Tempelhoff, capo del 3° Ufficio di Rommel. Wilmot, op, cit., p . .504. 2 Aron, op. cit. 3 Michd, op. cit., p. 1111.

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la divisione « das Reich » che risaliva verso la Normandia. 1 Queste truppe in realtà sono arrivate sul fronte della Normandia con due settimane di ritardo, nel momento in cui non c'era più il problema di poter respingere verso il mare le forze alleate; è possibile che, se queste divisioni fossero state presenti davanti a Caen a tempo debito, la testa di ponte alleata non sarebbe stata mantenuta. Faremo nostra la conclusione di Michel: 2 Senza l'arrivo degli Alleati la resistenza sarebbe stata sterminata; senza il materiale fornito dagli Alleati, essa sarebbe rimasta impotente; ma senza l'aiuto dato dalla resistenza, il compito degli Alleati sarebbe stato incomparabilmente più difficile, ed i successi meno rapidi.

La liberazione di Parigi

Alla fine del luglio 1944 la battaglia di Normandia, dunque, ha preso un andamento decisivo e la popolazione parigina prepara febbrilmente la liberazione della capitale. Il 10 agosto i ferrovieri entrano in sciopero, il 15 i poliziotti e gli impiegati della metropolitana scioperano a loro volta, il 1° li imitano anche gli impiegati delle poste. Da parte alleata si contrappongono due diverse concezioni. Il generale Koenig, capo di stato maggiore delle forze francesi dell'interno che aveva il compito di coordinare secondo le direttive alleate, si augura che a Parigi avvenga una rivolta per ... evitare un'amministrazione alleata, affermare la sovranità del popolo francese e provare che la resistenza non era un mito. 3

Ma Koenig non vuole far scattare quest'insurrezione altro che dietro un preciso ordine e al momento in cui gli Alleati saranno alle porte della capitale. Al contrario, il generale Bradley pensa che sia meglio evitare Parigi. Gli sembra più facile accerchiare la città che si sarebbe arresa facilmente. Così evita il grave problema del vettovagliamento della popolazione civile. Del resto, i suoi superiori sono completamente del suo parere. 1 2 3

Aron e Michel, op. cit. Michel, op. cit., p. 118, Ibidem, p. 112,

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Dal punto di vista tattico la città non aveva più significato. Nonostante tutta la gloria passata, Parigi rappresentava solo una macchia d'inchiostro sulle nostre carte che bisognava evitare durante la marcia sul Reno. Dal punto di vista trasporto, Parigi sarebbe stata un immensa fonte di noie, poichè dietro alle sue belle facciate vivevano quattro milioni di Francesi affamati. Deviare un tonnellaggio cosl considerevole su Parigi non farebbe altro che sovraccaricare ancora di pfo le nostre linee di rifornimento già appesantite. Portare nutrimento al popolo di Parigi significava meno benzina per il fronte.1

Da parte tedesca il generale von Choltitz, comandante dell'84° corpo d'armata, sarà nominato comandante della grande Parigi in sostituzione del generale Heinrich von Stulpnagel, compromesso nella congiura del 20 luglio. Paggio della regina di Sassonia da fanciullo, aveva fatto carriera in maniera molto oscura e si era arrampicato su tutti i gradini della gerarchia militare fino ad essere nominato generale all'età di 50 anni. Generale della vecchia scuola, aveva partecipato al combattimento di Normandia. Hitler ci tiene a riceverlo personalmente il 7 agosto e gli affida questa delicata missione. 2 Choltitz, il quale incontra per la prima volta il Fiihrer, esce molto sorpreso e preoccupato da questo colloquio. La missione che gli hanno affidata è di distruggere Parigi, compresi i monumenti e la popolazione, di trasformare la capitale in una terra bruciata. Hitler gli ingiunge - piuttosto che ordinargli - di prendere misure talmente eccessive e perfino stravaganti, che Choltitz esce orripilato dal colloquio. Per lui si tratta di fare un lavoro da SS e di rinnegare tutte le tradizioni dell'esercito tedesco. Il particolare degli ordini gli verrà trasmesso attraverso H maresciallo Model, successore di Rommel a capo del fronte ovest, noto bruto. Dopo il colloquio con Hitler, Choltitz entra in contatto con il capo di stato maggiore del gruppo d'armata B, il generale Speidel, collaboratore di Rommel a questo stesso titolo ancora qualche settimana prima. Cosa dice Speidel a Choltitz? Non si sa. Non ci sono tracce di questo colloquio. Sembra che alla vigilia di essere i 2

Bradley, op. cit. Il Fiihrer era appena sfuggito all'attentato del 20 luglio.

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arrestato come colpevole di aver partecipato al complotto del 20 luglio, l'amico di Rommel non abbia potuto fare altro che invitare Choltitz a non prendere per oro colato le elucubrazioni del Fi.ihrer. Alla vigilia della liberazione di Parigi i principali responsabili si rivelano esitanti e perplessi: Koenig, favorevole all'insurrezione, desidera aspettare il momento opportuno; Bradley, senza aver preso alcuna decisione, stabilisce alcuni piani di operazione che evitino Parigi; finalmente Choltitz, il quale ha l'ordine di distruggere la capitale, si smarrisce in pieno dissidio di coscienza. Anche a Parigi gli avvenimenti precipiteranno in un clima di rivolta. Il 17 agosto il presidente del Consiglio municipale, Pierre Taittinger, personalità della destra parlamentare, fedele al maresciallo Pétain, tribuno conservatore, decide di andare a trovare il generale von Choltitz all'Hotel Meurice. Il generale von Choltitz è al centro della stanza, seduto alla scrivania. Alla sua destra in piedi, sta il consigliere ministeriale Eckelmann, alla sua sinistra il suo capo di stato maggiore, dietro di loro alcuni ufficiali che rappresentano i vari servizi, ed in particolare il maggiore von Gunther. Il generale von Choltitz ha il viso tondo, il colorito vivo, il busto bene ampio. Fedele al monocolo come molti ufficiali della vecchia Germania, al primo momento è un po' duro, ma cerca di riparare a questo con l'amenità del linguaggio. È vestito con la divisa di campagna della Wehrmacht: i pantaloni hanno le regolamentari bande rosse. Il governatore tedesco mi conferma prima di tutto l'avvertimento rivolto per mezzo della stampa alla popolazione. Le sue parole sono decise, la sua voce secca e breve, il suo atteggiamento è quello di un uomo riflessivo e deciso. Gli ufficiali che gli stanno intorno rimangono immobili; hanno i visi seri, ed io non posso scorgere in essi il minimo moto che indichi la possibilità di commozione. - Incaricato di fare rispettare la Wehrmacht prendendo possesso di Parigi, prosegue il generale, tengo a dirvi che ho deciso di applicare sanzioni collettive per tutti gli atti che verranno commessi contro i rappresentanti dell'esercito tedesco. - Se si spara, riprende il generale, la repressione entrerà immediatamente in movimento. Ecco, guardate voi stesso. Il mio congegno è semplice. Immaginate che sia stato fatto fuoco su uno dei nostri soldati da un palazzo posto, per esempio, dalla parte dei numeri dispari dell'avenue de l'Opéra, tra la rue

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Gomboust e la rue des Pyramides; farei bruciare tutti i palazzi dell'isolato e fucilare tutti i loro abitanti. - Ho a mia disposizione 22.000 uomini di truppa, m maggior parte SS, un centinaio di carri « Tigre r,, ottanta apparecchi da bombardamento. Spero che abbiate capito. Il generale finalmente si muove, il corpo si sposta, l'occhio si illumina. Rigira il monocolo, si stende lentamente nella poltrona, prende una matita, la fa scivolare rapidamente sul piano aperto davanti a sè. Torna alla sua idea di repressione: - Se si tratta di atti più gravi di una fucilata isolata, allargherei la zona di punizione. Nel caso di una sollevazione e di una rivolta, farei appello all'aviazione e, con le bombe incendiarie, sopprimerei tutto il quartiere... Vedete, è semplice. Il preambolo è atroce. Il generale von Choltitz si alza, fa qualche passo e, piantandosi davanti a me: - Voi siete il rappresentante della capitale, voi avete autorità, usatela. Se la popolazione non si muoverà, io non mi muoverò, e esaminerò con voi come potrebbe finire tutto dò senza troppo danno. Altrimenti, attenzione ... Il generale è rivolto verso il proprio tavolo, esamina ancora il piano, e all'improvviso sottolinea con la matita la curva della Senna. - Voi siete ufficiale, signor Taittinger, e non potete ignorare le misure di sicurezza che devo prendere di fronte alle truppe delle quali sono responsabile. Adesso vi parlo da militare. Afferrate? - Ma sì, i ponti... le centrali elettriche, le stazioni... riprende il generale. Sono atterrito: così l'uomo che ho di fronte ha il potere spaventoso di distruggere Parigi? Ne ha il piano. Ne ha già studiata la distruzione. Forse nel momento stesso in cui parliruno, i suoi soldati rimpinzano di dinamite le pietre perforate. - È mio dovere ritardare ]'avanzata delle truppe alleate, egli dice con dolcezza improvvisa, e quasi con stanchezza. Io mi dominavo. Soprattutto era necessario che quel colloquio non finisse all'improvviso. Ringraziavo il generale von Choltitz dell'ultima parte delle sue preoccupazioni, poi a mia volta abbordai il problema de!l'ordine pubblico. Prima di tutto gli esposi la situazione di Parigi, poi gli mostrai quale sarebbe potuta essere, secondo me, la conseguenza di una politica di repressione brutale cosl vasta come la progettava. Lo avrei ferito, forse anche irritato? Ebbene! Vedremo... t il momento proprio di buttarsi. - In questo momento abbiamo, gli dissi, nella regione di Parigi, cinquecentomila persone allarmate, nervose - trecentocinquantamila in periferia, centocinquantamila nella città stessa che aspettano solo l'occasione per sollevarsi. Se domani si incen•

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dia un quartiere di Parigi, o se si fucilano in massa, bisogna che l'esercito tedesco si aspetti i Vespri parigini, che rinnoveranno i famosi Vespri siciliani. Generale, è possibile, è anche sicuro. Ogni soldato sarà annotato e ucciso al momento adatto dalla Parigi rivoluzionaria o patriota. Volete correre quest'immenso rischio che si può evitare tanto facilmente? Il generale si mantiene silenzioso. Fissa su di me un monocolo impassibile, ma la sua mano sulla tavola ha un fremito. 1

Il deputato di Parigi continua il colloquio in tono più disteso. Secondo il suo racconto, egli dichiara al generale von Choltitz che può scegliere di passare alla storia o come il distruttore di Parigi o come l'uomo che ha veramente salvato Parigi. Choltitz finisce per accettare di « chiudere gli occhi sulle azioni individuali, ma fa appello alla saggezza dei Parigini ». Conferma che terrà fortemente in mano i cinque punti nevralgici del comando tedesco: l'Hotel Meurice, l'avenue Foch, la place de l'Opéra, il palazzo del Lussemburgo, la caserma della place de la République. Alla fine del colloquio Taittinger crede di aver vinto la battaglia: Choltitz non distruggerà Parigi. Tuttavia il colloquio non avrà quasi alcuna influenza sugli avvenimenti, poichè il 20 agosto Taittinger viene arrestato dalla resistenza. Le organizzazioni della resistenza agiscono per conto proprio, senza tener conto dei colloqui che ignorano. Il 18 agosto il Comitato parigino di liberazione - si compone di tre comunisti e di tre rappresentanti di altri partiti decide di passare all'insurrezione senza aspettare il segnale del generale Koenig. Precisiamo che allo stato attuale delle conoscenze niente permette di affermare che questa decisione sia stata presa solo da comunisti ed ancora meno che le istruzioni di provenienza sovietica abbiano avuto un grande peso sulla presa di posizione dei membri comunisti del CPL. Il colonnello Rol, capo regionale dei FFI, viene incaricato delle operazioni militari. 2 Allora Parigi si copre di manifesti che spingono i cittadini all'insurrezione. La prima reazione verrà dai rappresenTaittinger, op. cit., pp. 160-164. Si troverà copia dei documenti essenziali in R. Massiet, op. cit. 1

2

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tanti del generale Koenig. Quando esplode l'ìnsurrezione, il 19 agosto, e il colonnello Rol impartisce istruzioni per assicurare la protezione dell'acqua, del gas e dell'elettricità, e per incoraggiare combattimenti per strada, arriva un ordine partito dalla delegazione del governo De Gaulle: 1 Parigi, 19 agosto 1944. Secondo le promesse fatte dal comandante tedesco di non attaccare gli edifici pubblici occupati dalle truppe francesi e di trattare tutti i Francesi prigionieri conformemente alle leggi di guerra, il Governo provvisorio della Repubblica francese e il Consiglio nazionale della resistenza vi chiedono di sospendere il fuoco contro l'occupante fino alla promessa evacuazione di Pa-

rigi.2

Quali sono queste promesse tedesche? Non si sa bene. Certamente non si tratta dei risultati del colloquio CholtitzTaìttinger. Ma in seguito si venne a sapere che due ufficiali del giro del generale von Choltitz, Bender e Poch-Pastor erano praticamente dalla parte degli Alleati o almeno desiderosi di conservare intatta la capitale. Von Poch-Pastor, barone austriaco,3 che aveva sposato nel marw 1944 la duchessa di Talkyrand, nell'agosto 1942 era entrato al servizio degli Alleati. Aveva trascinato anche il comandante Bender, sotto-capo del S.D. a partecipare alla sua azione. 4 Egli informa Eisenhower che i Tedeschi non causeranno mai seri combattimenti. In realtà queste informazioni non hanno lasciato alcuna traccia, ma forse sono queste le « promesse» di cui parla l'ordine del GPRF datato 19 agosto. Tuttavia quest'ordine lascia scettici il CPL ed il comandante Rol. Parodi, esitante, accetta l'iniziativa di Rol e non arresta la diffusione degli appelli all'insurrezione. Chaban-Delmas protesta violent,:mente ed accusa Parodi di essere andato oltre le istruzioni di Koenig. 1 Quest'ordine fu trasmesso da Parodi, delegato generale del GPRF. Egli lo aveva ricevuto da Chaban-Delmas, delegato nazionale militare, il quale gli aveva precisato che gli Alleati non sarebbero stati a Parigi prima del l" settembre. 2 Massiet, op. cit., p. 135. 3 Il padre era stato l'ultimo ambasciatore d'Austria presso il Vaticano. 4 Dopo la partenza del generale Oberg, Bender era infatti il capo del S.D.

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A questo punto interviene un nuovo personaggio, il console generale di Svezia, Raoul Nordling. Dopo molti giorni costui moltiplica le istanze umanitarie presso le autorità tedesche per ottenere il rilascio dei prigionieri politici che alcuni tedeschi vogliono massacrare prima della partenza. Durante una visita a Choltitz egli viene a sapere che il comandante di Parigi ha avuto l'ordine di distruggere la città. Allora pensa ad una tregua. Il 20 agosto, mentre combattimenti di strada scoppiano un po' dappertutto, il Consiglio nazionale della resistenza (CNR) si riunisce 1 per ascoltare Chaban-Delmas che espone le ragioni di frenare l'insurrezione: i Tedeschi dispongono di una grande superiorità di armamenti e di effettivi e gli Alleati non possono arrivare a Parigi prima di una settimana almeno. Il Comitato d'azione militare (COMAC) del CNR, composto da Ginsburger-Villon, Kriegel-Valrimont, ambedue comunisti, e di Vogue-Vaillant, si oppone categoricamente al principio di una tregua. Ma alla riunione del CNR è presente solo Villon; quindi è deciso, da 5 voci contro 1, di inviare a Nordling una delegazione composta da tre uomini (Chaban-Delmas, Roland-Pré, Léo Hamon) per trattare una tregua che pennetta di guadagnare tempo e di ritardare l'insurrezione generale fino all'arrivo degli Alleati. Nordling non perde un istante. Prepara il testo e convoca i Tedeschi. A mezzogiorno la tregua è conclusa: i Tedeschi lasceranno Parigi attraverso i boulevards della periferia, non attaccheranno i punti già occupati dai FFI, ma manterranno i propri punti nevralgici, Hotel Meurice e quadrilatero intorno. Il testo di questa tregua viene diffuso a Parigi; alle 16 e 15, tuttavia, Rol fa sapere che non lo terrà in alcun conto e mantiene l'ordine di combattere. Il COMAC, riunito durante la notte, adotta un atteggiamento simile. Infatti la tregua non sarà applicata. Cosa farà Choltitz quando riceve dal maresciallo Model le istruzioni imperative: 20 agosto: Resistere per permettere agli elementi dell'armata dell'Ovest di passare i ponti di Parigi. 1 41, rue de Bellechasse. C'è una riunione di gabinetto del CNR e non una adunanza plenaria come la definisce R. Aron, op. cit., p. 404.

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22 agosto: Dovete resistere fino al 30% delle perdite degli uomini. Ed il 23 agosto, dallo stesso Fiihrer: Effettuare distruzioni più estese possibili e soprattutto far saltare i ponti. Fare rappresaglie. Non evacuare Parigi. altro che dopo queste distruzioni ed il 30% delle perdite.

Choltitz si trova di fronte ad una situazione particolarmente complessa: la moglie ed i figli sono a Norimberga e , Le Figaro, 3 ottobre 1949 e segg. Il generale von Choltitz ha dichiarato: « Se non ho eseguito gli ordini che mi ingiungevano di distruggere Parigi, non è perchè sono contrario al principio dell'obbedienza., ma perchè sono stato costretto a riconoscere in circo. stanze più gravi che quest'ordine proveniva da un cervello affetto da follia, da un malato le cui decisioni erano insensate. Nell'interesse del mio paese e del mio popolo, dovetti assumermi la responsabilità di disobbedire al dittatore ». La raccolta delle direttive del CO11AC è all'Istituto Hoover. Abbiamo interrogato il generale von Choltitz nel 1959. La liberazione del porto di Anversa

Abbiamo interrogato il generale Horrocks (attraverso il colonnello Lovinfosse) ed il colonnello Lovinfosse. Inoltre abbiamo consultato: Devillers Michel, La Résistance belga dans la Libération du Port d'Anvers. Scuola reale militare, Bruxelles, 1959 (inedito). Eygenraam P., L'Exploit du Lieuteniwt R. Vekemans, in L' Armée et la Nation, Bruxelles, n. 9, 1947.

La capitolazione di Badoglio Abbiamo ugualmente consultato: Skorzeny Otto, .M.issionr secrètes, Flammarion, Parigi, 1950, 2.53 p. Castellano Giuseppe, Come firmai l'armistizio di Cassibile, Mondadori, Milano, 1945, 226 pp.

La resistenza italiana European Resistance Movements, Liegi, 1958, Pergamons Press, Oxford, 1959. European Resistance Movements, Milano, 1961, Pergamon Press, Oxford 1963, e La Résistance italienne, CVL, Milano, 1947.

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Abbiamo interrogato il senatore Parri. I principali documenti sulla missione del CLN a Roma sono in: Ferruccio Parri, Il movimento di liberazione e gli Alleati, luglio, 1949. Catalano Franco, La missione dei CLNAI al Sud, maggio 1955. Vaccarino Giorgio, I rapporti con gli Alleati e la missione al Sud, luglio 1958. Tutti questi studi in Movimenti di liberazione in Italù1, Milano. Il racconto delle operazioni dei volontari italiani impegnati a fianco degli eserciti alleati (1944-1945) figura nelle pubblicazioni dell'Ufficio Storico, Stato Maggiore dell'Esercito: U Corpo italiano di Liberazione e I grnppi di Combattimento., Roma, 1950 e 1951.

Il tradimento di Mihajlovié

Abbiamo anche intervistato F. Deakin ed il colonnello V. Piletié.

La battaglia di Varsavia Per il punto di vista sovietico, abbiamo consultato: Okecki S., La Résistance polonaise et les Alliés, in Europecm Resistance Movements. Pergamon Press, Londra, 1962, studio che parte da una bibliografia molto importante ( Istituto di storia militare, Varsavia, 1961). Abbiamo visto anche la controversia Okeck.i-Bor-Komorovski in Cahiers internationaux de la Rési:rtance, Vienna, Castellezgasse, 35, nn. 5 e 7, 1961. Abbiamo anche interrogato il generale Bor-Komorovski. Bolline E., L'union Soviétique et la Résistance en Europe, in European Résistance Movements. Pergamon Press, Londra, 1962, cita le prindpali fonti sovietiche. Abbiamo tenuto conto di: Krannhals H., von, Der Warschauer Aufstand. 1944. Bemard u. Graefe, Francoforte sul Meno, 1962, 44.5 pp. Deane J. R., Strange alliance, New York, 1946, che dimostra le numerose di.ilicoltà tecniche della coordinazione interalleata delle operazioni aeree. Sul problema dei lanci con il paracadute e delle teste di ponte, abbiamo visto: Margules Josef, Przycky Warszawie. MON, Varsavia, 1962, 430 pp. e i racconti inediti del generale Kopanski e del professor Willetts al seminario di Oxford (dicembre 1962). Sull'esercito popolare: Malecki Jozef S., Armja Ludowa w Powstaniu Warszaroskim. Ed. Iskry, Varsavia, 1962, 225 pp.

FONTI DELLA TERZA PARTE

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Non fu stabilito alcun legame diretto tra l'Armata rossa e l'AK nel corso deU'insurrezione. Kalugin, ex ufficiale dell'armata Vlassov, che voleva avere quel ruolo, era un impostore. Invece tre ufficiali sovietici furono paracadutati all'interno della città. Avevano solo la missione di correggere i tiri dell'artiglieria. Uno dei due, il capitano Kolos, ha pubblicato i suoi ricordi. Il testo integrale delle emissioni di posta Kosdusko è stato raccolto a Varsavia. Non corrisponde al.le versioni fantasiose che hanno circolato a più riprese. Fra le controversie più interessanti che sono state pubblicate, si noterà: Oked·.i S., Powstanie warszawskie w swietle analizy polozenùi operacyjnego na fron.cie radziecko-niemieckim, in lvf ysl. wojs.k, Varsavia, 1954, pp. 75-103, e la risposta di Petczinski T., O powstaniu Wam;awskim, in Bellona, III, 195.5. Ist. Sikorski, Londra. A fianco dei librì di Bor, Anders e Mikolajczyk, bisogna porre le opere essenziali di Kirchmayer, Borkiewicz e Skarzynski ( tesi di laurea ancora inedita). Kirchmayer pensa che un'avanzata troppo rapida dell'Armata rossa su Varsavia forse avrebbe provocato un contrattacco tede-sco proveniente dalla Pmssia orientale. Non abbiamo creduto giusta quest'ipotesi che d sembrava poco verosimile.

FONTI PUBBLICATE

L'autore ha utilizzato particolarmente i lavori fondamentali dei diversi autori:

Sul periodo 1914-1918: P. Renouvin, La Crise européenne et la Première Guerre mondiale. Sydney Fay, Jules Isaac, Bernadette Schmitt, Les Origines de la Guerre. Gerhard Ritter, Le Plan Schlieffen.

Sul periodo 1919-1939:

M. Baumont, La Faillite de la Paix. J.-B. Duroselle, Histoire diplomatique. E. Weill-Raynal, Les Réparations. W. Shiter, Le Troisième Reich. P. Renouvin, Les Relations internationales. M. Vaussard, Questions italiennes. Sul periodo 1939-1945: J.-B. DuroseUe, Les Etats-Unis. Generale Schmitt, Les Liaisons Alger-Vichy. Henri Miche!, La Résistance française. M. Baumont, La Résistance allemande. Generale Bouhon, La Libération d'A.nvers. R. ]. C. Butow, La Capitulation japonaise. Generale E. Boltine, Questions soviétiques. L'autore ci tiene a segnalare qui la riconoscenza che deve loro.

FONTI NON PUBBLICA TE

Qualche testimonianza raccolta dall'autore Generale François d'Astier de la Vigerie Georges Bonnet Generale Bor-Komorovski Principe Xavier di Borbone-Parma Generale Corap Edouard Da1adier Frands Deakin Generale Donovan Generale Doumenc Gregorio Gafenco Generale a.D. Friedrkh Hossbach Juvénal Jean Knittel Colonnello George Lovinfosse Dottor Ludwig Stanislas Mikolajczyk Dottor Josef Mueller Barone Pierre Nothomb SAI e SAR l'arciduca Otto di Asburgo Senatore Ferruccio Parri Gabriel Perreux Colonnello Velimir Pileti tch Colonnello Georges Rebattet Oreste Rosenfeld Tarbe de Saint-Hardouin Walter Schevenels Dottor Paul Schmidt Serrano Suner Generale Warlimont L'autore ringrazia tutte quelle personalità del tempo che hanno voluto adattarsi a rispondere a noiosi interrogatori e delle ricerche che hanno fatto nei loro documenti privati.

RINGRAZIAMENTI Se l'idea ed il piano di questo libro, come anche il metodo di ricerca e di consultazione sistematica delle fonti, sono originali, è chiaro che un lavoro di quest'ampiezza non sarebbe stato portato a termine senza l'appoggio di numerose personalità ed organismi specializzati. Devo una particolare gratitudine agli ingegneri dell'IBM, sia di Bruxelles che di New York, che mi hanno aiutato a mettere a punto, per la parte tecnica, il nuovo metodo di classificazione bibliografica usato in questo libro. Essi mi hanno permesso di scegliere metodicamente le decine di migliaia di cartellini creati in quest'occasione. I miei amici personali, George Lovinfosse, Roger Gheysens ed il compianto André Puttemans, segretario generale fondatore della Commissione internazionale per l'insegnamento della storia, il capitano I, R. Maxwell, a varie riprese mi hanno incoraggiato, soprattutto quando l'ampiezza del compito che mi ero assunto era superiore alle mie forze. Il signor David Bruce, ambasciatore degli Stati Uniti a Londra, e Robert A. Solborg mi hanno prodigato i consigli più giudiziosi. Eminenti bibliotecari, soprattutto la signora Agnès F. Peterson, della Biblioteca Hoover, dell'Università di Stanford (California), Edmond Duguenne, del Ministero degli Affari Esteri del Belgio, mi hanno portato un aiuto inestimabile nella ricerca e nel consulto delle opere rare e confidenziali. Numerosi collaboratori mi hanno aiutato a consultare i volumi scelti, Jacques Willequet, professore all'Università di Bruxelles, N. von Fehleisen, Francis Leclerq hanno partecipato in maniera straordinaria all'esame critico delle fonti pubblicate in lingua originale. Hanno continuamente tradotto e messo in ordine i testi scelti. Senza di loro questo libro non avrebbe mai visto la luce. Il generale E. Boltin, dell'Istituto di storia del marxismoleninismo di Mosca, mi ha permesso di riunire le fonti scritte in russo; questa ricerca, spesso noiosa, ci è stata di grandissimo aiuto. Roger Gheysens, direttore generale delle Edizioni Brepols, ha voluto gentilmente rileggere, matita alla mano, tutti i miei testi buttati giù di getto e mi ha utilmente consigliato

RINGRAZIAMENTI

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nella stesura finale. Andrée Etienne Jamet ha conciliato le esigenze grammaticali con !a necessità di mantenere al racconto la vivacità e il ritmo. Jacquel Overloop, Jacques Navadic e Alexandre Burger, Georgette Elgey e Pierre Dumayet mi hanno aiutato a mettere in vista i documenti inediti che sono stati scoperti durante il lavoro. Emile Lousse, professore all'Università di Lovanio, il dottor Georg Eckert, direttore dell'Istituto dei manuali scolastici di Brunswick, E. H. Dance dell'Historical Association, hanno gentilmente voluto, in nome della Commissione inter• nazionale per l'insegnamento della storia, riesaminare il manoscritto dal punto di vista dell'impar.zialità e dell'obiettività. La loro competenza scientifica mi ha chiarito molti punti. In ultimo tengo a esprimere la mia riconoscenza a Shepard Stone ed ai suoi collaboratori David Heap's, Matthew Cullen della Fondazione Ford, a José de Azeredo Perdigao, presidente della Fondazione Gulbenkian, al Dottor Gustav Stein, presidente del Comitato esecutivo, e G. Sluizer, direttore della Fondazione europea della cultura, i quali, per mezzo di un aiuto materiale eccezionale, hanno permesso alla Commissione internazionale per l'insegnamento della storia di realizzare questo vasto progetto. Senza l'aiuto di queste istituzioni, quest'opera non si sarebbe potuta iniziare, Che tutti questi collaboratori ed amici ed anche coloro che hanno partecipato da vicino o da lontano a questo lavoro trovino qui l'espressione della mia riconoscenza. Se, malgrado tanti aiuti, appaiono alla lettura errori od omissioni, me ne assumo da solo tutta la responsabilità.

]. de L.

INDICE

p.

I

Prefazione di Pierre Dalla Vigna

5 Avvertenza PRIMA PARTE (1914-1918) 9 I - Serajevo 9 La responsabilità del Governo serbo 13 La provocazione del conte Berchtold

25 25 27 28 30 35

II - L'alleanza austro-tedesca Una conferenza interna~ionale La dichiarazione di guerra alla Serbia La Germania fa marcia indietro L'ottimismo dello Stato Maggiore tedesco Le esitazioni dello Stato Maggiore austro-ungarico

37 37 42 50

III - L'alleanza franco-russa e la Gran Bretagna La mobilitazione russa La Francia e la mobilitazione russa L'atteggiamento britannico

54 54 57 59 62

IV - La guerra di movimento La cooperazione militare franco-belga La cooperazione militare franco-britannica La disfatta di Charleroi Moltke e la battaglia della Marna

66 V - La guerra di logoramento 67 Il dissenso Falkenhayn-Conrad 69 L'intervento dei « dioscuri » 74 74 77 79 81 90

VI • L'anno critico Le cause dell'intervento americano La crisi del comando francese Ammutinamenti sul fronte francese L'offerta di « pace separata » dell'Austria Fonti della prima parte SECONDA PARTE (1919-1939)

95 I • La pace di Versailles 95 Il movimento autonomista renano (1919)

396 p. 100 105 110 116 124 129 135 135 139 146 154 154 159 163 168

172 178 181

INDICE

Le riparazioni tedesche Gli Stati Uniti e la SDN (1919-1920) La rottura franco-ungherese (1921) La conferenza di Genova (1922) La moratoria del 1922 Il fallimento del movimento renano (192.3)

II - L'Unione europea La lealtà di Stresemann L'incontro di Thoiry ( 17 settembre 1926) L'unione europea di Briand (1° settembre 1929)

III - L'asce·sa del fascismo La guerra preventiva contro la Germania (1933-1934) La notte dei lunghi coltelli (30 giugno 19.34) L'assassinio di Dollfuss (25 luglio 1934) L'attentato di Marsiglia (9 ottobre 1934) Plebiscito nella Sarre ( 13 gennaio 19.3 5} Gli accordi di Roma (6 gennaio 1935) Il piano Laval-Hoare

186 IV Le cause immediate della seconda guerra mondiale 186 Il protocollo Hosshach {5 novembre 1937) 191 L'intervento tedesco nella guerra di Spagna 194 L'aviazione francese nel 1938 199 L'opposizione agli accordi di Monaco 205 L'accordo di Parigi (6 dicembre 1938) 213 Il negoziato anglo-franco-sovietico ( aprile-agosto 19 39) 219 L'URSS desiderava deliberatamente provocare la guerra? (2.3 agosto 1939) 225 Fonti della seconda parte

TERZA PARTE (19.39-194.5) 2.35 2.35 243 251 259 265

I - La Blitzkrieg L'operazione Himmler Il segreto di Daladier II piano Manstein L'esercizio Weser La ritirata di lord Gort

274 274 279 291 295 301

L'operazione Otarie (Seelowe) Canaris, consigliere di Franco Il piano Barbarossa Il patto nippo-sovietico La « sorpresa» di Pearl Harbour

II - La guerra mondiale

397

INDICE

p. 308 III - Resa incondizionata 308 Le consegne segrete dell'ammiraglio Darlan (10-13 novembre 1942) 315 Resa senza condizioni

319

Il tradimento di Mihajlovié

331 338

capitolazione di Badoglio vera importanza della resistenza francese liberazione di Parigi liberazione del porto di Anversa resistenza italiana battaglia di Varsavia conferenza di Potsdam Fonti della terza parte Fonti pubblicate Fonti non pubblicate Ringraziamenti

La La 345 La 35.3 La 358 La 362 La 375 La

383 388

389 390

Finito di stampare nel mese di settembre 2023 da Punto,veh s.r.l. - Ariccia (RM)