Le gemme etrusche con iscrizioni 9788862272292, 9788862273428

Le gemme etrusche hanno stimolato la curiosità degli studiosi sin dal lontano Rinascimento e vantano una tradizione di s

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Le gemme etrusche con iscrizioni
 9788862272292, 9788862273428

Table of contents :
SOMMARIO
I. INTRODUZIONE
II. SCIENZA E TECNOLOGIA APPLICATA ALLO STUDIO DELLE GEMME
III. CATALOGO
IV. COMMENTO AL CATALOGO: ESAME DEGLI ASPETTI STILISTICI, ICONOGRAFICI, EPIGRAFICI ED ESEGETICI DELLE GEMME
V. CONSIDERAZIONI SUGLI ASPETTI EPIGRAFICO-LINGUISTICI E SULLE LORO CONNESSIONI SOCIALI
VI. CONCLUSIONI
VII. GLOSSARIO DEI TERMINI TECNICI RELATIVI ALLA LAVORAZIONE DELLE GEMME
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
INDICE DELLE ISCRIZIONI ETRUSCHE
INDICE DELLE ISCRIZIONI GRECHE O IN LETTERE GRECHE
INDICE DELLE ISCRIZIONI LATINE
INDICE DELLE PROVENIENZE
INDICE DEI MUSEI
INDICE DEI COLLEZIONISTI, ANTIQUARI E CASE D’ASTA
CONCORDANZE

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laur a a m b ros in i · l e ge m m e et rus c h e con is c r iz ioni

issn 1827-0506 isbn 978-88-6227-229-2 isbn elettronico 978-88-6227-342-8

L e g e m m e e t ru s c he con iscrizioni LAUR A AM BROS IN I

« m edi terr a n ea » . sup p lem en to, 6 .

pisa · roma fabri z i o serr a ed i to re mmxi

Rivista annuale fondata da Francesco Roncalli diretta da Filippo Delpino * Comitato scientifico Maria Giulia Amadasi · Marìa Eugenia Aubet Sandro Filippo Bondì · Dominique Briquel Giovanni Colonna · Carlo de Simone Mohammed Hassine Fantar Dieter Mertens · Annette Rathje David Ridgway · Francesco Roncalli Redazione Laura Ambrosini · Vincenzo Bellelli Massimo Botto · Ida Oggiano

MEDITERRANEA s u pplemento 6.

M EDIT E R R ANEA quader ni a nnua l i de l l ’ i st i t uto di studi s ul l e c i v i lt à i ta l i c h e e del me di t e rr a ne o a nt i co del con s i g l i o naz ionale d elle r ic erc he già « qua der n i di a rc heolo gia etru s co- italic a»

pisa · roma fa b r i zio serr a editore mmxi

L e gemme e tru s che c o n is crizioni LAUR A A M B RO S INI

pisa · roma fa b r i z i o serr a editore mmxi

Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta della Fabrizio Serra editore®, Pisa · Roma. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge. Proprietà riservata · All rights reserved © Copyright 2011 by Fabrizio Serra editore®, Pisa · Roma * www.libraweb.net issn 1827-0506 isbn 978-88-6227-229-2 isbn elettronico 978-88-6227-342-8

SO M M A R IO iiii. Introduzione iiii. Scienza e tecnologia applicata allo studio delle gemme 1. Le tecniche d’incisione delle gemme etrusche 2. Il problema dell’identificazione delle gemme moderne e dei falsi iiii. Catalogo 1 11. (ED-Etrusche Didascalie) Gemme con iscrizioni etrusche che designano il personaggio raffigurato (ED1-ED121) Reale: Animali Mitologico: Divinità Eroi omerici Eroi della saga tebana Altre figure mitologiche Animali fantastici 1 12. (ER-Etrusche Ruolo) Gemme con iscrizioni etrusche che designano il ruolo del personaggio raffigurato 1 12. (ER1-ER2) 1 13. (EPD-Etrusche Possesso, Dono) Gemme con iscrizioni etrusche di possesso, di dono (EPD1-EPD10) 1 14. (EI-Etrusche definizione Incerta) Gemme con iscrizioni di definizione incerta, in caratteri etruschi (I1-I13) 1 15. (ELD-Etrusche con caratteri Latini Didascalie) Gemme con iscrizioni etrusche, in caratteri latini (ELD1) 1 16. (EF-Etrusche False) Gemme e pietre con iscrizioni etrusche moderne (false) (F1-F5) 1 17. (GD-Greche Didascalie) Gemme con iscrizioni in lingua greca, didascalie (GD1) 1 18. (GF-Greche Firma) Gemme con iscrizioni in lingua greca, firma dell’artefice (GF1) 1 19. (LD-Latine Didascalie) Gemme con iscrizioni in lingua latina, didascalie (LD1) 10. (LP-Latine di Possesso) Gemme con iscrizioni in lingua latina, di possesso (LP1) iiv. Commento al Catalogo: esame degli aspetti stilistici, iconografici, epigrafici ed esegetici delle gemme

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iiv. Considerazioni sugli aspetti epigrafico-linguistici e sulle loro connessioni con la sfera sociale 1 1. Sull’uso delle gemme incise 105 1 2. La direzione e la redazione delle iscrizioni 105 1 3. Aspetti paleografici 106 4. Incisori e lettori 107 1 5. Lo scopo “sociale” delle iscrizioni e della loro lettura 114 1 6. La scrittura e la formazione dell’identità 114 ivi. Conclusioni

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vii. Glossario dei termini tecnici relativi alla lavorazione delle gemme

119

Abbreviazioni bibliografiche

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Indice delle iscrizioni

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Indice delle provenienze

132

Indice dei musei

133

Indice dei collezionisti, antiquari e case d’asta

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Concordanze

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I. INTRO DU ZIO NE

L

’incoscienza che sta nell’intraprendere uno studio così complesso è dovuta al fatto che si riconosce la propria inadeguatezza ed incompetenza nel districarsi nello studio di manufatti preziosi che hanno stimolato la curiosità degli studiosi sin dal lontano Rinascimento e che vantano una tradizione di studi plurisecolare.1 Com’è noto, il Gori pubblicò il suo lavoro sulle Gemme caelate nel 17372 ed il Winckelmann arrivò a Firenze nell’agosto del 1758 per redigere la Description des pierres gravées du feu baron de Stosch, che venne pubblicata nel 1760;3 è da allora che il disegno della Gemma Stosch, la “regina” delle gemme etrusche, cominciò a comparire sui frontespizi delle opere edite in quegli anni e che gli scarabei etruschi divennero oggetto di particolare interesse per gli studiosi di antichità. Resta sottinteso che per uno studio accurato occorrerebbe visionare di persona tutte le gemme. L’importanza della visione diretta delle gemme era già stata sottolineata dal Winckelmann stesso: «È dunque difficile, pressoché impossibile, scrivere in modo fondato sull’arte antica e sulle antichità sconosciute rimanendo lontani da Roma: neppure un soggiorno di qualche anno è sufficiente a questo scopo, come ho potuto sperimentare io stesso, dopo una faticosa preparazione. Non deve farci meraviglia se qualcuno afferma di non poter trovare in Italia alcuna iscrizione ignota: questo è vero e tutte quelle che si trovano sul suolo, specialmente nei luoghi pubblici, non sono sfuggite all’attenzione degli eruditi. Ma chi ha il tempo e l’opportunità di farlo, scopre sempre iscrizioni sconosciute, dissepolte da lungo tempo, come quelle che io ho citato sia in questa opera che nella descrizione delle gemme del museo von Stosch: ma bisogna saperle cercare e un semplice viaggiatore difficilmente potrà trovarle».4 Fondamentale per l’indagine sulle gemme etrusche iscritte è il saggio del Lanzi, dal titolo Gemme con caratteri etruschi. Osservazioni su le figure, e su le iscrizioni che in esse si trovano, pubblicato nel 1824.5 Ricco di spunti ancora validi, viene spesso trascurato negli studi linguistici. Ci sia permesso citare, per definire la situazione in cui ci si è trovati, proprio una frase del Winckelmann: «volendo evitare la nausea d’un semplice Indice, e uscire in campo con qualche ragionamento, mi sento ingolfato in un mare che difficilmente potrò terminare il corso»...6

1 È in corso da parte del Dott. E. Giovanelli una tesi dal titolo Scarabei rinvenuti in area etrusco-laziale tra viii e v sec. a.C. presso la Scuola di Dottorato di Ricerca de “La Sapienza” Università di Roma. Dalla breve notizia finora diffusa sul web (Giovanelli 2008) sembra che lo studio si riferisca agli esemplari della fase più antica e che, di conseguenza, le gemme con iscrizione, per lo più di v e iv secolo a.C., abbiano una parte del tutto secondaria. 2 Gori 1737, ii, pp. 431-438. 3 Cristofani 1983, p. 142; Camporeale 2007, p. 35. 4 Winckelmann 1764, p. xx (traduzione italiana di M. L. Pampaloni, Storia dell’arte nell’Antichità, Milano, 1993, p. 15). 5 Lanzi 1824, pp. 110-151. 6 Dalle Lettere italiane (ad A. Baldani, 26-30 settembre 1758): vedi Cristofani 1983, p. 144.

La scelta di analizzare le gemme etrusche iscritte, nel gruppo di lavoro Régler l’usage, è nata dal desiderio di affrontare il tema della recezione in Etruria delle figure mitologiche greche e con esse delle loro raffigurazioni iconografiche. Lo scopo era di pervenire ad una classificazione tipologica precisa che consentisse di procedere ad uno studio della “normalizzazione” delle raffigurazioni sulle gemme etrusche con iscrizioni incise per comprendere e provare ad interpretarne le eventuali deviazioni dalla norma. Ciò era, ovviamente, già ben chiaro a Gisela Richter nel lontano 1968: «They, moreover, throw an interesting light on the relationship of Greeks and Etruscans; for one can sometimes compare an actual Greek creation with its Etruscan adaption, and one can learn when the relationship between the two peoples was close and when it was not; and this in its turn clarifies the history of the time. Furthermore, many of the representations on the Etruscan intaglios preserve Greek legends which have not otherwise survived, and so contribute to our knowledge of Greek mythology».7 Si può non condividere l’affermazione della Richter che gemme etrusche conservino leggende greche altrimenti ignote poiché non sopravvissute; la questione ci appare tuttavia un po’ più complessa poiché coinvolge il problema dell’eventuale esistenza di saghe ed eroi locali, cioè etruschi, sul quale, com’è noto, molto si discute. La studiosa aveva tuttavia già colto con acume l’importanza dello studio delle gemme etrusche nel quadro dei contatti tra le culture nell’antichità. A fronte della personale inadeguatezza nell’affrontare con una consolidata competenza uno studio così specifico, si era consci di potersi avvalere, oltre ai basilari studi di Furtwängler e Zazoff, delle approfondite messe a punto edite di recente, come quelle condotte con la consueta acribia da Marina Martelli, Ingrid Krauskopf 8 ed all’ampia sintesi pubblicata da Mario Torelli in «Ostraka» del 2002. A quest’ultimo studio si rinvia soprattutto per la sezione dedicata agli aspetti ideologici connessi all’autorappresentazione. L’impostazione del nostro studio, partendo da presupposti di altro tipo (analisi dell’iscrizione, con eventuale nuova e diversa lettura, studio dello schema iconografico, eventuale derivazione del medesimo dalla glittica greca, devianza dello schema iconografico da quelli attestati nell’arte greca ecc...), lascia questo aspetto, necessariamente, in secondo piano. Il nostro studio, dopo alcuni paragrafi introduttivi, sarà incentrato sulla raccolta aggiornata delle gemme etrusche iscritte, comprensiva delle provenienze, delle collezioni, dei passaggi di proprietà, di eventuali nuove proposte di lettura delle iscrizioni e delle indicazioni bibliografiche principali. Questo studio nasce con l’esigenza, del tutto personale, di avere un quadro archeologico “d’insieme” sulle gemme etrusche iscritte non limitato, come spesso av7 Richter 1968, p. viii.

8 Krauskopf et alii 1995.

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capitolo i

viene negli studi prettamente epigrafici, ad uno scarno elenco (generalmente alfabetico), ma che prenda in esame anche altri aspetti che fanno parte integrante, a nostro modo di vedere, del corretto studio di questi manufatti. Ci si riferisce agli aspetti tecnologici relativi alla loro produzione, a quelli iconografici, stilistici, epigrafici, ed a quelli che da essi derivano (inquadramento storico e sociale, storia del collezionismo ecc…). L’ambito delle gemme ci sembra particolarmente interessante perché offre lo spunto per verificare quanto i formulari figurati siano attivi anche in ambito privato e se in esso si assista a tentativi d’innovazione rispetto alle norme pubbliche, secondo un fenomeno che Ingrid Krauskopf chiamava, utilizzando una formula del linguaggio giuridico, “interesse privato nel mito”. Occorre subito dire che, come ha già ben evidenziato Marina Martelli, la glittica etrusca «pur mantenendo una sostanziale dipendenza, soprattutto nel dossier iconografico, da modelli ellenici, va progressivamente guadagnando, sin dagli inizi del v secolo a.C., una propria caratterizzazione».1 Dal punto di vista metodologico si è proceduto nel modo seguente: si è provveduto a realizzare una banca dati informatica molto semplice, allestita personalmente, nella quale sono state inserite tutte le gemme etrusche che recano delle iscrizioni, con tutte le informazioni ritenute importanti; ciò ha consentito, annullando la necessità delle concordanze tra le opere di Furtwängler, Richter, Zazoff, ecc…, di evitare le duplicazioni e gli errori così frequenti anche in opere di grande consultazione come gli Etruskische Texte. Occorre, a questo punto, fare una breve premessa metodologica allo studio che qui si presenta. La bibliografia sulle gemme etrusche, com’è noto, è vastissima, molto frammentata e spesso difficilmente reperibile. Si è consci, dunque, del fatto di non avere, probabilmente, reperito tutte le gemme etrusche iscritte; ne è stata, tuttavia, qui raccolta una notevole percentuale che sarà, si spera, un buon punto di partenza per studi futuri, che, certamente, non mancheranno. Le citazioni bibliografiche compaiono nelle singole schede delle gemme comprese nel catalogo, e ad esse si rinvia per evitare ripetizioni, ad eccezione di alcuni casi specifici. Per motivi di spazio è stata operata una selezione fra i riferimenti bibliografici, non riportati nella loro totalità. Talora accanto alla descrizione dell’iscrizione presente su una gemma, nei cataloghi editi anche di recente, si trova la definizione “moderna” o “falsa”, spesso accompagnata da un punto interrogativo. Il problema più spinoso è proprio quello di una valutazione dei dati editi, che sia la più oggettiva possibile. Verificare tale “falsità”, come s’intuisce, non è sempre facile, soprattutto nei casi nei quali non si dispone più dell’oggetto, noto soltanto da descrizioni oppure nel caso di iscrizioni che non è possibile controllare (né mai si è tentato di farlo fino ad ora…), oppure quando le fotografie edite sono di dimensioni troppo piccole o di qualità non eccelsa... 1 Martelli 2000, p. 458.

Si è cercato di articolare la materia, piuttosto “fluida”, in modo organico, creando dei sottoinsiemi nei quali raggruppare le iscrizioni in base alle loro caratteristiche. In questo mare magno in cui regna l’incertezza, si è tentato di fare un po’ di ordine e di elencare le gemme etrusche in diversi sottoinsiemi (per identificare i quali si sono utilizzate lettere maiuscole che in modo intuitivo ne richiamino i contenuti): ED) iscrizioni Etrusche che designano il personaggio raffigurato (Didascalie) (da ED1 a ED121); ER) iscrizioni Etrusche che designano il Ruolo del personaggio raffigurato (da ER1 a ER2); EPD) iscrizioni Etrusche di Possesso, di Dono (da EPD1 a EPD10); EI) definizione Incerta (in caratteri Etruschi) (da EI1 a EI13); ELD) iscrizioni Etrusche con caratteri Latini (Didascalie) (ELD1); EF) iscrizioni Etrusche False (realizzate in età moderna) (da EF1 a EF5); GD) iscrizioni in lingua Greca (Didascalie) (GD1); GF) iscrizioni in lingua Greca (Firma dell’artefice) (GF1);  LD) iscrizioni Latine (Didascalie) (LD1); LP) iscrizioni Latine di Possesso (LP1). Nel sottoinsieme EPD è difficile distinguere con sicurezza le iscrizioni di possesso da quelle di dono. Consci del fatto che gli eccessivi schematismi possono ingenerare sterili “divisioni”, sono state accolte, con rarissime eccezioni, in un sottoinsieme maggiore (proprio per motivi concettuali) gemme la cui iscrizione strictu sensu potrebbe essere inclusa in uno o nell’altro. Si spera che la presenza di alcune iscrizioni “greche” e “latine” in questo volume non irriti i puristi della lingua etrusca: essa è motivata non solo dall’essere incise su gemme etrusche, ma dal fatto che consente di indagare alcuni contatti tra genti parlanti lingue diverse. A conclusione del corpus si è pensato di aggiungere due gemme etrusche (e/o italiche) con iscrizioni in lingua latina, che, sia per i temi raffigurati che per le iscrizioni che recano, possono servire da confronto con le gemme con iscrizioni etrusche. Tra le iscrizioni etrusche considerate genuine ve ne sono alcune che, a nostro avviso, possono destare dei sospetti; tuttavia, poiché tali gemme sono state pubblicate finora come autentiche e che le iscrizioni apposte su di esse sono state accolte dagli epigrafisti e dai linguisti nei repertori della lingua etrusca (anche se con le solite incertezze: falsa? moderna?), si è deciso di includerle nel Catalogo. Per l’attribuzione delle singole gemme ad un determinato stile, si è fatto riferimento all’opera, ancora fondamentale, di Zazoff (Zazoff 1968).2 Si è tuttavia consapevoli di una ormai necessaria e accurata revisione dei dati stilistici contenuti in questa meritevole opera, che tenga in maggiore considerazione gli elementi cronologici desumibili dai vecchi contesti (nei pochi casi in cui siano noti) e dai nuovi rinvenimenti. Un ultimo aspetto va messo in rilievo: si è cercato, per 2 Com’è noto, dal punto di vista stilistico la glittica segue una periodizzazione particolare che viene distinta in quattro fasi: stile arcaico (530-480 a.C.), severo (480-430 a.C.), libero (430-320 a.C.) il cui ultimo periodo è detto «di transizione» e «libero tardo-etrusco» (350-100 a.C.): Martelli 2000, p. 458.

introduzione quanto possibile e con un grande sforzo (come si può immaginare), di risalire ai dati anagrafici dei collezionisti, antiquari ecc... che nel corso dei secoli sono venuti in possesso delle gemme. Si spera che questi elementi possano in futuro gettare luce non solo sulle modalità di acquisizione delle gemme, ma anche consentire di aprire nuovi spiragli circa l’identificazione dei contesti di rinvenimento. Nell’indice dei collezionisti, antiquari ecc…, un punto interrogativo segnala eventuali incertezze circa l’esatta identificazione del personaggio. Ringraziamenti A convincere la sottoscritta a condurre uno studio sulle gemme etrusche con iscrizioni, vincendo non poche perplessità, sono stati gli amici e colleghi Laurent Haumesser del Musée du Louvre e Gilles van Heems dell’Université de Lyon II, nell’ambito delle riunioni sul programma triennale di ricerca Régler l’usage: norme et standards dans l’Italie preromaine che seguiamo insieme dal 2009 presso l’École française de Rome. I risultati di questo studio sono stati presentati nel giugno del 2009 nel ii Incontro di Studio Régler l’usage: norme et standard dans l’Italie preromaine, svoltosi a Roma il 26-27 giugno 2009 presso l’École française de Rome. In seguito, grazie al Premio Nazionale vinto dalla sottoscritta per i «risultati innovativi di particolare eccellenza e rilevanza strategica in

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ambito nazionale ed internazionale raggiunti nella ricerca scientifica nel 2005» nell’Area disciplinare delle Scienze dell’Antichità, consegnato nel 2009 dal Prof. Luciano Maiani, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, è stato possibile approfondire alcuni aspetti di questa ricerca durante un periodo di studio presso il British Museum di Londra. In questo soggiorno si sono potute visionare direttamente molte gemme etrusche iscritte conservate nel British Museum. A Judith Swaddling, Senior Curator del Greek and Roman Department, ed a tutto il personale del Dipartimento si è grati per l’amichevole e costante supporto fornito, come sempre, durante il periodo di studio nel Museo. I risultati di questo approfondimento sono stati presentanti al convegno Etruscan Literacy in its Social Context che si è svolto a Londra, University of London il 22-23 Settembre 2010. Un ringraziamento agli organizzatori del convegno John Wilkins, Ruth Whitehouse e Kathryn Lomas per la calorosa ed amichevole accoglienza. Sempre a Judith Swaddling si rivolge un affettuoso grazie per l’incoraggiamento a partecipare al convegno con un contributo sulle gemme etrusche iscritte e per aver amorevolmente riletto il mio testo redatto in lingua inglese presentato in quell’occasione. Per il supporto nel reperimento di documenti si ringraziano i Dott. Vania Grilli e Stefano Spilli dell’Accademia “La Colombaria” di Firenze. Al Direttore dell’iscima Dott.ssa Paola Santoro che, con intelligenza e rigore, appoggia e sostiene attività scientifiche di questo tipo, la sottoscritta esprime la propria riconoscenza.

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II. SCIEN ZA E TECNO LO G IA APPLICATA ALLO S TU DIO DE L L E GE M M E 1. Le tecniche d ’ incisione delle gemme etrusche

I

minerali utilizzati per le gemme etrusche, in particolare per gli scarabei, sono prevalentemente la corniola, che è una varietà rossa del minerale denominato calcedonio, colorata di rosso grazie alla presenza di ematite; abbiamo inoltre altre due varietà di calcedonio particolarmente impiegate per gli scarabei, l’agata (costituita da strati diversamente colorati) e la sardonica o sardonice. La corniola, che proveniva dall’Africa settentrionale (zona attuale di Libia ed Egitto) ma con depositi anche in Sicilia e in Etruria settentrionale,1 era usata perché aveva costi inferiori rispetto ad altre pietre e per una sua caratteristica: da Plinio sappiamo che alla corniola non si attacca la cera quando è utilizzata come sigillo; ciò evitava dunque di bagnare la pietra con la saliva, prima del suo uso come sigillo. Plinio, Nat. Hist. xxxvii, 30: «Hoc idem et Carchedonia facere dicitur, quamquam multo vilior praedictis. nascitur apud Nasamonas in montibus, ut incolae putant, imbre divino. inveniuntur ad repercussum lunae maxime plenae, Carthaginem quondam deportabantur. Archelaus et in Aegypto circa Thebas nasci tradit fragiles, venosas, morienti carboni similes. Potoria ex hac et ex lychnide factitata invenio, omnia autem haec genera contumaciter scalpturae resistunt partemque in signo cerae tenent».2 Com’è noto, i litotipi maggiormente utilizzati per la realizzazione di gemme incise da parte degli Etruschi erano il calcedonio corniola, la sardonica (o sarda), l’agata, subordinatamente i quarzi (come l’ametista), il granato rosso e l’ossidiana, eccezionalmente le serpentiniti.3 Per i vari stadi di lavorazione rinvio all’accurato recente studio di G. Devoto.4 Ai fini dello studio archeologico delle gemme che qui ci proponiamo, evidenzieremo alcuni elementi più importanti della loro lavorazione. Il procedimento tecnico di lavorazione delle gemme ha seguìto sempre una sequenza obbligata: a) scheggiatura (frantumazione); b) taglio (segatura); c) sbozzatura (sfaccettatura); d) molatura (smussamento ed arrotondamento);

1 Hansson 2005, pp. 72, 74-75. 2 «La pietra Carchedonia ha, dicono, lo stesso potere, nonostante sia molto meno stimata delle precedenti. Viene dai Nasamoni, nelle montagne; gli abitanti credono che sia un prodotto della pioggia divina. La si trova nel riverbero del chiaro di luna, soprattutto quando questa è piena. Un tempo è stata portata a Cartagine. Archelao riporta che nasce anche in Egitto, nei dintorni di Tebe; che esse sono fragili, venate e simili a brace. Io trovo che questa pietra così come la lychnis sia stata comunemente impiegata per fare vasi per bere; ma tutti questi tipi di pietra, comunque, offrono la più ostinata resistenza all’incisione, e, se usate per i sigilli, tendono a portare via una parte della cera». 3 Devoto 2003, p. 345, n. 14. 4 Devoto 2003; vedi anche Hansson 2005, pp. 74-77.

e) perforazione (facoltativa); f ) decorazione: f1) abbozzo preliminare (schizzo) a mano libera (graffito) oppure a trapano; f2) intaglio a mano libera, oppure a trapano o con tecnica mista; f3) ripensamenti (correzioni dell’abbozzo e dell’intaglio); f4) lucidatura selettiva interna (facoltativa) a mano libera oppure a trapano o con tecnica mista; f5) incisioni supplementari (facoltative) a mano libera oppure a trapano o con tecnica mista; f6) finissaggio lucido finale (totale o parziale) a mano libera?; g) polimento (finissaggio lucido interno e/o esterno). Durante le fasi a-e) veniva creato l’oggetto vero e proprio, mentre nelle fasi f-g) si procedeva alla realizzazione e finitura artistica della gemma. La scheggiatura della materia prima prescelta avveniva in vario modo: scissione di un nucleo grezzo per distacco di un frammento idoneo tramite scheggiatura preliminare a percussione libera, o guidata (su incudine a cuneo o “lama”) o a “pressione istantanea” (mediante percussore intermedio). Il taglio vero e proprio, destinato a litotipi di durezza medio-bassa, avveniva grazie a “lame” sottili di selce o diaspro, finemente ritoccate a dentellatura, e poi a percussione con uno scalpello o cuneo. Per litotipi di durezza maggiore si utilizzavano “lame” lisce (più spesso lignee, ossee e più tardi anche metalliche) associate ad abrasivi selezionati in polvere.5 La sbozzatura o sgrossatura6 consisteva nel conferire un abbozzo di forma alla futura gemma. Per i litotipi a grana finissima e non sfaldabili si adottava la procedura del distacco progressivo per pressione o percussione di piccole schegge marginali o periferiche seriate (una sorta di “ritocco”) fino a raggiungere la forma e le dimensioni volute. I litotipi di durezza medio-bassa erano sottoposti alla procedura della molatura (impropriamente “sfaccettatura”), effettuata a mano libera per abrasione su blocchi di rocce dure, oppure meccanica mediante dischi orizzontali o verticali (in pietra, legno duro e successivamente in metallo) cosparsi di paste abrasive; la rotazione avveniva grazie ad un asse centrale azionato ad arco o puleggia oppure mediante un vero tornio da vasaio manovrabile “a pedata” su cui il disco era fissato solidamente. La perforazione7 (facoltativa) veniva presumibilmente praticata prima di procedere all’incisione della gemma poiché di per sé comportava sempre rischi di lesioni, 5 Devoto 2003; vedi anche Devoto, Molayem 1990, pp. 192-194. 6 Devoto 2003; vedi anche Devoto, Molayem 1990, p. 194. 7 Devoto 2003; vedi anche Devoto, Molayem 1990, pp. 194-195.

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capitolo ii

di fratture o della rottura completa dell’oggetto, oltre alla difficoltà di far collimare i fori opposti. Essa era effettuata a mano libera per percussione mediante una finissima scheggia appuntita e con taglio cuspidato (un microbulino), immanicata su legno o osso, percossa con mazzuolo di osso o corno, che veniva fatta ruotare progressivamente di un piccolo settore circolare dopo ogni colpo, oppure a scalpello in pietra più dura del litotipo in lavorazione. Si creava un foro perfettamente cilindrico con caratteristiche intaccature interne “elicoidali”. Ovviamente la comparsa del trapano ad archetto che trasmette un movimento rotatorio alternato ad un’asta con punta perforante ha rivoluzionato le antiche tecniche di foratura a mano libera. Le punte (o teste) da trapano potevano essere realizzate in diverso materiale: selce, diaspro, ossidiana, metallo e leghe metalliche, legno, canna, osso, corno e avorio, talora rivestite di “cuffie” di pelle e pelo morbido. Punte da trapano in selce utilizzate per la lavorazione del lapislazzuli sono state trovate in Afghanistan.1 Le polveri abrasive in sospensione acquosa, oleosa o grassa (grassi fluidificati a caldo) agivano in sinergia con il trapano ad archetto. Tra le polveri abrasive più utilizzate in questa fase ricordiamo le sabbie finissime quarzose “bianche”, le sabbie granatifere “sabbie rosse” o “nere” e sabbie corindonifere (“sabbie nere”). Veniamo ora alla decorazione della gemma:2 l’intaglio poteva essere eseguito a mano libera, a trapano o con tecnica mista. Alcune delle operazioni preliminari, ma soprattutto la decorazione, avvenivano fissando direttamente la gemma sul banco di lavoro (incastrata, ad esempio, in un blocco di legno, oppure fissata con la pece).3 Preliminare alla decorazione era un abbozzo o schizzo realizzato a mano libera, graffito con schegge minerali molto dure, oppure a trapano su una superficie preventivamente preparata con una “graffiatura” multipla a punta minerale finissima. In questo modo l’area era preparata in modo che la punta del trapano in seguito facesse presa. L’intaglio poteva essere realizzato a mano libera con schegge, microbulini litici o taglioli metallici, punte metalliche lignee o ossee immanicate, costantemente alimentate da paste abrasive. Nel trapano ad archetto si usavano punte litiche e soprattutto metalliche fissate su asticciole di legno od osso. Talora si procedeva all’incisione della gemma con l’uso combinato delle due tecniche, cioè con tecnica mista. Sulle gemme sono presenti anche ripensamenti (correzioni dell’abbozzo e dell’intaglio), talora riconoscibili per l’abbandono di linee graffite, di tratteggi o di segmenti dell’abbozzo preliminare. La lucidatura della gemma, o polimento lucido, non costituiva sempre la fase finale della lavorazione. L’intagliatore spesso procedeva ad una lucidatura selettiva interna con punte sottilissime e paste abrasivo-lucidanti per creare con il trapano (durante l’incisione) degli au1 Devoto 2003, p. 354. 2 Devoto 2003; vedi anche Devoto, Molayem 1990, pp. 199-206. 3 Vedi ad esempio la pece rinvenuta in una scatola di legno nella cosiddetta Casa del Gemmarius di Pompei su via Nocera (ii,9,9): De Grummond 2010, p. 19, con bibl. cit.

tentici effetti di chiaroscuro, per aumentare il contrasto plastico di alcune parti rispetto ad altre lasciate opache. Queste tracce sono spesso discordanti con la direzione della lucidatura successiva. A questo punto si poteva passare alle incisioni supplementari (facoltative) a mano libera, a trapano o con tecnica mista: consistevano in incisioni realizzate con abrasivi più duri e grossolani che servivano ad aggiungere o modificare dettagli delle raffigurazioni, eliminare piccoli difetti, creare nuovi contrasti di luce ecc… La fase terminale di lavorazione poteva prevedere un finissaggio4 lucido finale (totale o parziale) realizzato, forse, a mano libera anche se non si può escludere l’ipotesi dell’uso di piccole mole o frese alimentate dagli spoltigli finissimi e munite di “cuffie” in pelle. Nelle gemme etrusche il finissaggio lucido sembra esclusivamente esterno alle incisioni, preservate invece opache con microglifi ed abrasioni di lavorazione. Preme sottolineare in questa sede come le tecniche di lavorazione si differenzino nel tempo. Nelle gemme più antiche notiamo spesso un intaglio con tecnica mista, ottenuto mediante l’uso di trapani a punta sferica e a rotella e con interventi eseguiti a mano libera con punte litiche finissime e lucidatura selettiva interna. Ad es. i fasci muscolari ed i genitali hanno superfici opache non riflettenti, mentre i getti d’acqua vengono resi con graffiti opachi realizzati mediante bulini litici più grossolani. Il fine ultimo di questa procedura è, ovviamente, quello di creare contrasti di luci ed ombre tra superfici lucide e superfici satinate opache, non riflettenti. Nelle gemme più recenti, dello stile a globolo (iv-iii sec. a.C.), viene spesso utilizzato il trapano a punta metallica sferica verticale per tracciare le parti principali delle figure (lucidate a specchio), alcuni dettagli vengono aggiunti a mano libera (scabri e opachi), e, per ultimi vengono realizzati con una punta sferica finissima i “globoli” . In entrambi i casi vi era una lucidatura finale (detta finissaggio lucido finale) che, nelle gemme con porzioni di superfici trattate con lucidatura a specchio od opache, doveva essere particolarmente accurata al fine di evitare di alterare o distruggere i chiaroscuri ottenuti.5 La maggior parte delle gemme etrusche presenta un finissaggio lucido esterno alle incisioni. 2. Il problema dell ’ identificazione delle gemme moderne e dei falsi Per la corretta analisi delle gemme6 si possono utilizzare sia le analisi tradizionali che quelle non tradizionali. Le analisi tradizionali sono impiegate per: a) la diagnosi e la classificazione del materiale impiegato: misura della durezza relativa, della densità relativa, del magnetismo, della conducibilità termica; b) l’analisi del colore e degli effetti di luce (come il gatteggiamento, l’asterismo, l’adularescenza, l’avventu4 Devoto 2003; vedi anche Devoto, Molayem 1990, p. 206. 5 Devoto 2003, p. 368. 6 Per ogni ulteriore approfondimento si rinvia a Devoto, Molayem 1990, pp. 175-181.

scienza e tecnologia applicata allo studio delle gemme rinamento, l’iridescenza e la labradorescenza, il dicroismo, il pleocroismo, l’indice di rifrazione); c) lo stato di conservazione: la micromorfoscopia delle superfici esterne serve per evidenziare alterazioni, corrosioni ed erosioni provocate da interramento, uso, trasporto sedimentario (fluviale, glaciale, eolico, ecc.). La micromorfoscopia è fondamentale per evidenziare patine, incrostazioni naturali o artificiali, trattamenti meccanici, chimici e termici a scopo di frode e le tecniche di lavorazione. L’analisi microscopica dei materiali consente di classificare tutte le inclusioni presenti nel minerale-gemma o nelle sostanze organiche (ambra) o nel materiale artificiale (vetro). Le analisi non tradizionali prevedono l’uso di: a) Microsonda Elettronica a Scansione; b) Diffrattometria a Raggi X; c) Diffrattometria a Dispersione di Energia (EDAX); d) Risonanza Elettronica Paramagnetica (EPR). Le analisi al microscopio elettronico a scansione (SEM) consentono di conoscere particolari dettagliati relativi alle caratteristiche micromorfoscopiche esterne e microstrutturali interne delle gemme. Le analisi chimiche possono essere eseguite con test speditivi microchimici non distruttivi, con ridottissime quantità di reagenti chimici che sviluppano alcune reazioni caratteristiche. La microsonda elettronica a scansione collegata al SEM, attraverso l’emissione di raggi X, consente di risalire con precisione alla composizione chimica della gemma analizzata. Per classificare alcuni minerali in rocce di interesse archeogemmologico si utilizzano ancora le analisi diffrattometriche ai raggi X. Le analisi di luminescenza ai raggi ultravioletti consentono di smascherare i restauri, poiché i collanti e le resine hanno una fluorescenza anomala rispetto al resto della gemma. La spettrofotometria all’infrarosso consente di individuare gli elementi ed i composti presenti in un materiale utilizzato per una gemma. Il metodo è particolarmente utile per l’ambra, della quale consente di stabilire il luogo di origine. La spettrofotometria di assorbimento atomico consente invece di determinare la composizione chimica di minerali metallici e di materiali litici; particolarmente utile per la selce, è un metodo di analisi che prevede il prelievo di campione “a distruzione”. Per osso, avorio e denti si utilizza, in genere, il dosaggio dell’azoto: un’analisi chimica che consente di stabilire la datazione relativa in rapporto a reperti simili dello stesso giacimento o di un giacimento limitrofo. Per questi reperti si può utilizzare anche il dosaggio del fluoro. Per l’ossidiana ed i vetri naturali si utilizza l’analisi delle tracce di fissione: l’Uranio 238 all’interno della massa vetrosa è soggetto a una fissione spontanea (o indotta); più alto è il numero dei danni provocati da questa fissione, calcolabile in base al numero di sottilissimi canalicoli vuoti, più antica è l’età dell’ossidiana. Sulle gemme possono essere eseguite inoltre altre analisi chimiche come quelle dei fosfati, la gascromatografia e le analisi dello “strato di microidratazione”. Chiunque si occupi nello specifico di gemme antiche sa,

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come ha sapientemente messo in evidenza G. Devoto,1 che la «sensibilità» nell’identificare i reperti antichi dalle numerose falsificazioni «si acquista con la pratica e l’esperienza». Le riproduzioni spesso sono talmente perfette che, per ingannare l’occhio dell’esperto, i falsari operano maggiormente sulla simulazione dell’interramento e dell’usura. Secondo Devoto la domanda che occorre porsi nell’esaminare una gemma della quale si suppone l’antichità, è soltanto una: se provenga o meno da uno scavo archeologico. In questo caso deve presentare impronte sedimentarie, tracce dei segni d’“usura d’uso”, processi di microalterazione dovuti alla giacitura ecc…2 Bisogna pertanto osservare: a) tracce di erosione e “usura d’uso”: nelle gemme provenienti da uno scavo archeologico l’erosione e l’abrasione sono selettive differenziate, cioè sono concentrate in alcuni punti; le tracce di usura “provocata” possono presentarsi con caratteristiche microscopiche diversificate da punto a punto di una medesima gemma; b) corrosione ed erosione selettiva da agenti esogeni: sottolineata da fasce e bande microscopiche alternativamente depresse e rilevate o da plaghe irregolari con differente rilievo; c) figure di corrosione selettiva naturali della silice criptocristallina; d) fratture termo e crioclastiche: sono a reticolo, con superfici curve a valva; dovute all’azione del calore e del gelo con bruschi sbalzi di temperatura. Possono essere accompagnate da parziali fusioni e cambiamenti di colorazione se legate ad eventi termici violenti (incendi, roghi casuali o volontari); e) reticoli di fratture da disidratazione: sottili graticci o reticoli irregolari, con microfratture concoidali; f ) impronte sedimentarie; g) fratture e sfaldature da scastonatura (spontanea o provocata); h) tracce di montature metalliche: provocano microcorrosione selettiva nelle zone di contatto e nei fori di passaggio, mineralizzazioni cristalline secondarie di composti ossidati spontanei a distribuzione guidata entro incisioni e microfratture; i) patine di microalterazione: velature opalescenti da idratazione, oppure esfoliazioni e desquamazioni iridescenti (vetri, smalti e ossidiane); l) infiltrazioni di minerali secondari nelle incisioni, cavità e microfratture; quelle naturali più cospicue hanno una distribuzione “guidata-selettiva” nelle cavità del manufatto; m) tracce e segni di lavorazione: con strumenti antichi e tecniche moderne, ordine di sovrapposizione delle diverse fasi tecniche e degli strumenti utilizzati; n) tracce di abbozzo preliminare, ripensamenti e correzioni; 1 Devoto, Molayem 1990, p. 175. 2 Devoto, Molayem 1990, pp. 214-218.

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Fig. A. Ritratto di William Hamilton, di Josiah Wedgwood I e Thomas Bentley, Etruria factory, Staffordshire, England 1774 circa, Courtesy of ©The British Museum London.

o) superfici lucide “relitte”, risparmiate casualmente dall’“usura d’uso” e dalla corrosione-erosione naturale; p) residui di abrasivi sia antichi che moderni, conservati all’interno di intagli ed incisioni; q) rimolature recenti e moderne, rilavorazioni, rilucidature ecc. Nelle falsificazioni si possono osservare incisioni ad acido o a laser, l’impiego di smerigliatrici, trapani, frese o mole elettriche, punte di acciai speciali o di carburi metallici, come l’uso di paste diamantate, ad esempio. Questa sintetica introduzione ci è sembrata necessaria per affrontare il problema della falsificazione delle iscrizioni. Per le iscrizioni è fondamentale l’analisi microscopica che consenta di accertarne la contemporaneità «rispetto alle raffigurazioni e la preesistenza rispetto ad un’“usura d’uso” naturale ed alle impronte sedimentarie».1 Da ciò appare evidente che per procedere ad uno studio approfondito delle gemme etrusche iscritte si dovrebbe essere in grado di poter utilizzare tutte le analisi tradizionali e non tradizionali possibili; poiché non bisogna mai fidarsi di un unico risultato, ma bisogna cercare sempre conferme (o smentite) in direzioni diverse, fino a raggiungere una certezza motivata.2 Questi metodi di studio, per manufatti preziosi conservati nei più disparati musei del mondo, per potere essere applicati e per raggiungere buoni risultati necessiterebbero di un progetto comune che preveda, a nostro modo di vedere, una normativa piuttosto rigida (l’uso del medesimo apparecchio nelle medesime condizioni strumentali, ecc…). Un progetto di questo tipo ha bisogno non solo di adeguate risorse finanziarie, ma soprattutto della buona volontà di molti studiosi. Si coglie pertanto l’occasione per stimolare gli esperti di gemme a non trascurare questo ambito di studio (l’ar1 Devoto, Molayem 1990, p. 218. 2 Devoto, Molayem 1990, p. 218.

cheogemmologia), ma anzi ad approfondirlo. A nostro modesto avviso, lo studio delle gemme, ben organizzato e condotto da un’équipe pluridisciplinare, non deve fermarsi al dato stilistico ma, avvalendosi di tutte le indagini scientifiche ora disponibili, deve necessariamente indagare la tecnica utilizzata per incidere non solo la decorazione figurata ma anche le iscrizioni. Non potendo al momento procedere ad un progetto così ambizioso, in questo volume si è provato tuttavia ad affrontare, sia pure con poche riflessioni sintetiche, l’annoso problema delle iscrizioni (all’apparenza prive di senso) redatte in caratteri greci talora presenti sugli scarabei etruschi. L’occasione è stata offerta dall’esame autoptico, con l’ausilio di una lente d’ingrandimento, che è stato effettuato su alcuni scarabei conservati presso il British Museum di Londra. Si deve ammettere che iscrizioni di questo tipo, così criptiche, suscitano, ovviamente, interesse. Soltanto poche di esse, palesemente false (o moderne), non destano alcun problema interpretativo. Spesso queste iscrizioni in caratteri greci, presenti su scarabei di produzione etrusca, sono liquidate con la semplice definizione “iscrizione moderna” o “iscrizione falsa”. Occorre innanzitutto sottolineare un dato interessante: un considerevole numero di queste gemme, comunemente giudicate moderne, appartiene alla Collezione di William Hamilton (Fig. A) e sono accedute al British Museum nel 1772. Molti dei calchi delle gemme della collezione Hamilton sono esposti nella sala “Enlightenment” del British Museum nella vetrina “The History of Art.”3 Appare ovvio che, prima di tacciare di “falsa” o di “moderna” un’iscrizione di questo tipo, bisognerebbe forse analizzarla di persona (e, ovviamente con i metodi scientifici dei quali abbiamo discorso) e non solo attraverso una fotografia, come spesso avviene. Inoltre, il dato che qui interessa è che, a nostro avviso, queste lettere greche talora potrebbero avere qualche attinenza con il nome greco dei personaggi raffigurati nello scarabeo. A rigor di logica, potrebbe certamente trattarsi di iscrizioni moderne, e pertanto false; tuttavia, si potrebbe cadere nella trappola di considerare necessariamente moderne tutte le iscrizioni greche presenti sugli scarabei etruschi. Sappiamo, tuttavia, che questo non è vero. Esistono iscrizioni greche autentiche su scarabei etruschi, rinvenuti in scavi archeologici (vedi, ad esempio, Fig. 138). Non si può infatti escludere a priori, ad esempio, l’ipotesi che alcune di queste iscrizioni greche presenti sugli scarabei etruschi possano essere delle “pseudo iscrizioni” greche, redatte in antico da artigiani etruschi, che intendevano imitare le didascalie presenti sulle gemme greche. Di iscrizioni di questo tenore, com’è noto, abbiamo moltissimi esempi nell’antichità... A questo proposito occorre ricordare quanto Antonio Giuliano ha da tempo posto in evidenza: «La iscrizione in greco, elegante, sempre misuratissima, vale a garanti3 Vedi Sloan, Burnett 2003.

scienza e tecnologia applicata allo studio delle gemme re la bontà del prodotto, il gusto, rievocativo, del soggetto, la capacità dell’esecuzione».1 Come vedremo, è interessante notare la presenza di scarabei etruschi con iscrizioni in greco, sia didascalie (nome del personaggio raffigurato) che firme di artigiani (vedi Figg. 138-139). Si evidenziano, di seguito, alcuni esempi che ci appaiono particolarmente rilevanti. Uno scarabeo con Menerva promachos2 reca l’iscrizione TOY¢ nella quale forse si voleva riprodurre in qualche modo l’iscrizione A£HNA; la raffigurazione dimostra una piena consonanza con gli schemi iconografici adottati nella glittica greca3 di fine vi sec. a.C., in particolare nel Group of the Leningrad Gorgon di matrice greco orientale. In particolare da esso deriva l’egida con appendici a forma di protomi di serpenti, ben attestato nella glittica etrusca tardo arcaica.4 Vi sono poi due scarabei con la raffigurazione della lotta di Hercle con il leone nemeo. Nel primo, a Parigi, l’iscrizione letta alo(a)? dalla Richter5 (ma non visibile nella fotografia), potrebbe, se costituita da lettere greche, essere forse letta (A)£§A (?). In questo modo si recupererebbe il senso dell’iscrizione, altrimenti un nonsense, come l’indicazione di una delle fatiche (pıÏ·) dell’eroe. La seconda gemma, conservata a Londra,6 reca l’iscrizione letta ¢EPX§£,7 che si potrebbe forse intendere come il nome di Hercle mal trascritto. D’Hancarville pensava che ¢ indicasse la quarta fatica e il £ l’iniziale di £EO™. L’esame autoptico della gemma, tuttavia, induce a ritenere che la gemma stessa sia moderna, così come l’iscrizione. Non convincono alcuni dettagli quali le eccessive dimensioni dell’oggetto, la decorazione a rilievo sull’originale ed il suo eccessivo aggetto, i tratti somatici della figura di Hercle e, soprattutto la resa sommaria del corpo del leone (privo peraltro della testa, non raffigurata). Su uno scarabeo dello stile a globolo conservato a Londra,8 con la raffigurazione di tre guerrieri (uno stante tra due seduti), sono tre iscrizioni A°A MEN PAT, da intendere come le abbreviazioni delle didascalie \AÁ·(̤ÌÓˆÓ), MÂÓ(¤Ï·Ô˜) e ¶¿Ù(ÚÔÎÏÔ˜), comunemente giudicate moderne. Lo schema dei tre guerrieri a consiglio dimostra la continuità del tema iconografico della scena del consiglio di guerra (vedi la celeberrima Gemma Stosch).9 Le cinque figure sono ridotte a tre, 1 Giuliano 1989, p. 34; vedi anche Toso 2007, p. 6, nota 28. 2 Walters 1926, p. 74, n. 611, tav. 11.611; Zazoff 1968, p. 24, n. 23, tav. 9.23. 3 Vedi, ad esempio, Boardman 1968b, tav. xv, soprattutto 245. 4 Boardman 1968b, p. 92. 5 Richter 1968, p. 196, n. 788, con bibl. cit. 6 Raspe, Tassie, i, 1791, p. 341, n. 5684, tav. xl.5684; King 1885, p. 210, n. 3, tav. xvii.3 che lo considera greco; von Imhoof-Blumer, Keller 1889, p. 89, n. 47, tav. xiv.47; Furtwängler 1900, iii, p. 188; Beazley 1920, p. 74, tav. A.18; Walters 1926, p. 88, n. 719, tav. 12.719; Zazoff 1968, p. 74, n. 108, tav. 25.108, con bibl. cit.; Martini 1971, tav. 6.1; Jenkins, Sloan 1996, p. 201, n. 83, con bibl. cit. 7 Walters 1926, p. 88, n. 719, tav. 12.719. 8 Walters 1926, p. 100, n. 836, tav. xiii.836; Richter 1968, p. 213, n. 874, fig. 874; Zazoff 1968, p. 119, n. 222, tav. 43.222; Zazoff 1983, fig. 61.1. 9 Krauskopf 1999, pp. 410-411; Krauskopf 2000b, p. 508.

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non solo sulle gemme, ma anche sugli specchi dell’avanzato iv sec. a.C. Dalla descrizione di uno scarabeo conservato a Londra,10 del quale non si possiede l’immagine, almeno una di queste iscrizioni greche potrebbe essere una didascalia e riferisi al nome del personaggio raffigurato. La figura virile nuda, seduta su una roccia con lancia e testa appoggiata ad una mano infatti, dalla descrizione sembra in tutto simile alla gemma che raffigura truile cioè Troilo (vedi Fig. 65). Le iscrizioni presenti sulla gemma londinese lette §¢§ ¶ET E¢ °¢A dal Walters, potrebbero essere due didascalie ed indicare TPY(I§E) e ¶ETPA cioè il protagonista e la roccia sulla quale è assiso. L’iconografia aiuta anche a risolvere il problema dell’iscrizione, mal tracciata, letta °I¢, presente su una gemma di Monaco.11 La gemma reca la raffigurazione di un guerriero barbato nudo, verso sinistra, con elmo, scudo e spada, nell’atto di osservare la testa di un guerriero che ha appena decapitato e che giace a terra. Com’è noto, questo schema iconografico è ampiamente attestato nella glittica antica per raffigurare la fase finale del duello di valorosi guerrieri come Tideo12 e Melanippo, Diomede e Dolone, Trofonio ed Agamede, Aiace ed Imbrio, ecc…13 È, dunque, molto probabile che l’iscrizione vada letta TY¢ e considerata l’abbreviazione della didascalia che identifica il personaggio TY¢EY™, che ha appena decapitato Melanippo. Uno studio di M. E. Micheli ha posto in evidenza come il tema, attestato in Etruria sin dall’arcaismo, riaffiori in età ellenistica nelle urne e proprio negli intagli. Nelle gemme l’episodio, estrapolato da una più ampia sequenza narrativa, raffigura, come abbiamo detto, Tideo trionfante nel duello, che compie l’insulto ultimo al nemico.14 Nonostante la mancata localizzazione dei centri di produzione e l’assenza di dati certi relativi ai rinvenimenti delle gemme con questo tipo di raffigurazione, sembra logico pensare ad una prima realizzazione in officine etrusche, e, successivamente, in ateliers di tradizione etrusco-italica attivi in zone limitrofe a Roma, se non addirittura nell’Urbe.15 Secondo M. E. Micheli, sia la gemma, di forma rettangolare invece che ovale, che l’iscrizione, in caratteri greci e non latini, proverebbero la falsità dell’oggetto, che sarebbe un’opera della fine del xviii-inizi del xix sec.16 Iscrizioni greche compaiono anche su tre gemme che recano raffigurazioni di animali, reali e fantastici, conservate a Londra nella Collezione Hamilton. La prima, con un toro che monta una mucca,17 reca l’iscrizione che si propone di leggere ¢YXE (letta da Walters e da Zazoff YE + ¢); la seconda, con una mucca che allatta un vitello,18 mostra l’iscrizione che si propone di leggere NY¢E, 10 cit. 12 13 14 15 16 17 18

Walters 1926, p. 102, n. 853; Zazoff 1968, p. 145, n. 320, con bibl. 11 Martini 1971, p. 146, n. 166, tav. 32.4. limc viii, 1997, Tydeus, p. 144 (Lorenz). Vedi Furtwängler 1900, p. 104, ad n. 38. Micheli 1993, pp. 151-152. Micheli 1993, pp. 153-154. Come Martini 1971, p. 146, n. 166. Walters 1926, p. 100, n. 832; Zazoff 1968, p. 207, n. 1477. Walters 1926, p. 59, n. 485, tav. viii.485.

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capitolo ii

già letta ¢NYE da Walters. Nella prima è possibile che si sia voluta trascrivere in modo maldestro la parola ‰›ÎË oppure Ù‡¯Ë, nella seconda forse la parola Óˉ‡(˜), “il ventre, il grembo”, nel quale la mucca ha cresciuto il vitellino. Infine, sulla terza gemma, uno scarabeo di corniola con la raffigurazione di Pegaso,1 è presente un’iscrizione letta ¢O™¢X, forse imitazione della parola ¶H°A™O™, cioè la didascalia del cavallo alato Pegaso. Anche in questo caso, l’esame autoptico sembrerebbe confermare la modernità dell’iscrizione. A parte una gemma conservata a Boston,2 la cui iscrizione non è stato possibile verificare, esistono altre gemme conservate a Londra nella Collezione di William Hamilton con raffigurazioni di guerrieri, con iscrizioni di questo tipo. Uno scarabeo3 con un guerriero stante verso sinistra, con scudo, piede appoggiato ad una roccia e nel campo l’elmo mostra l’iscrizione letta ¶§O™ da Zazoff, che, a nostro avviso, può essere invece letta (T)H§Eº(O)™. L’iconografia ben si addice a Telefo e pertanto l’iscrizione può essere considerata la didascalia del nome del personaggio. Un altro scarabeo,4 con la raffigurazione di un guerriero retrospiciente con elmo e clamide, spada nella destra e scudo, reca l’iscrizione letta EIE da Zazoff. L’esame autoptico ha consentito di leggere l’iscrizione EEI EEI. L’iscrizione non ha senso e sembra richiamare soltanto il pronome dimostrativo al nominativo plurale.5 La testa virile imberbe6 con berretto frigio, volta verso sinistra e corredata dall’iscrizione ¶Yºø (giudicata moderna), presente su uno scarabeo, viene interpretata come la raffigurazione di Paride. Avanzerei l’ipotesi dell’imitazione del nome \øPºEYã™. Una gemma identica, priva di iscrizione, era già stata pubblicata dal Ficoroni nel 1757 con disegno di Nicolao Galeotti.7 Uno scarabeo,8 sempre della Collezione Hamilton a Londra, reca la raffigurazione di un arciere in corsa, retrospiciente, con berretto orientale e con un arco in mano. Zazoff riteneva che il personaggio raffigurato fosse Paride. In realtà, l’iscrizione che Zazoff leggeva ¢IE™£, a nostro avviso, intende imitare il nome ™KY£H™ (vedi Fig. 106) concepito da Eracle con una donna-serpente nella Scizia (Hdt. iv, 9-10). In effetti, sia l’abbigliamento che la posizione assunta dal personaggio sembrano con1 Walters 1926, p. 88, n. 715, tav. xii.715; Richter 1968, p. 212, n. 868, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 191, n. 1163. 2 Boston, Museum of Fine Arts, n. inv. 1927.27.772. Prestato al Museum of Fine Arts da Edward Perry Warren il 5 aprile 1926, donato da Edward Perry Warren al Museo il 17 novembre 1927. Provenienza ignota. Soggetto della decorazione: due guerrieri, con i loro scudi, caduti. Iscrizione: non verificabile (immagine non disponibile). Direzione: ? Notizia reperita sul sito internet ufficiale del museo: www.mfa.org. 3 Walters 1926, p. 78, n. 636, tav. xi.636; Zazoff 1968, p. 179, n. 956; Krauskopf et alii 1995, p. 96, n. 331, tav. 3. f.331. 4 Walters 1926, p. 95, n. 776, tav. xiii.776; Zazoff 1968, p. 181, n. 994. 5 Fabretti 1867, col. 335, s.v. eei . 6 Walters 1926, p. 92, n. 749, tav. xiii.749; Zazoff 1968, p. 179, n. 936, con bibl. cit. 7 Ficoroni 1757, pp. 74-75, tav. iii.ii. 8 Panofka 1852, p. 124, n. 43, tav. iv.43; Walters 1926, p. 85, n. 686, tav. xii.686; Zazoff 1968, p. 190, n. 1155.

facenti con questa lettura. Lo scarabeo, prima del Walters, era stato già pubblicato dal Panof ka che riteneva raffigurasse un’Amazzone.9 Abbiamo altri due scarabei, sempre della stessa Collezione londinese. Su uno10 è rappresentato un giovane cacciatore che tiene un cerbiatto nella sinistra e un lagobolon nella destra, nel campo è una pianta. L’iscrizione letta TH¢I, può essere corretta, grazie all’esame autoptico, in TH¢Y. Vien da pensare che il lagobolon sia stato confuso con uno strigile e che la figura sia stata scambiata per Tideo che si deterge con lo strigile e quindi in tempi moderni l’iscrizione sia stata letta TH¢Y per TY¢EY™. Sull’altro,11 è raffigurato Prometeo con lancia e mantello, che tiene sospeso con una corda un piccolo uomo barbato e itifallico (lo misura mentre lo crea). Reca l’iscrizione letta ¶O¢E da Walters, ma che forse può essere letta ¶ø¢E ed interpretata come l’abbreviazione del nome ¶(P)O(MH)£E(Y™). Il tema iconografico di Prometeo che crea l’uomo con misurazioni con la corda è ben noto e studiato.12 Compare su molte gemme ed inizialmente era stato interpretato come Triptolemos o Hermes.13 Questa gemma appartiene alla prima classe delineata da G. Tassinari,14 esclusiva della glittica e fa parte di un gruppo di otto esemplari databili al i sec. a.C. Prometeo compare stante, nella tipica posizione curva, mentre misura con un’asta o con una corda le proporzioni dell’uomo che sta creando, con una procedura fondamentale del modus operandi dell’artista dell’antichità.15 A New York16 è conservata una gemma che reca la raffigurazione di Epimeteo seduto verso sinistra nell’atto di aprire un cofanetto. L’iscrizione, di non agevole lettura, può forse essere letta E¶IM, abbreviazione del nome E¶IM(H£EY™). Dopo la E, stando all’esame della fotografia del calco della gemma, sembrerebbe essere presente una lettera abrasa. Una gemma conservata a Londra17 con la raffigurazione di un centauro rampante con braccia alzate ed un’arma nella mano destra presente l’iscrizione letta dal Walters ata…l. L’esame autoptico ha consentito di appurare che l’iscrizione (moderna), in caratteri greci, può essere letta §EPTA (?). In conclusione, l’esame condotto ci induce a credere che alcune di queste iscrizioni possano essere dei falsi settecenteschi. In particolare appare interessante notare in esse il frequente uso della lettera ¢ del tutto a sproposito, tracciata talora al posto della lettera A, (evidentemente confusa con essa). Questo dovrebbe dimostrare la 99 Panofka 1852, p. 124, n. 43, tav. iv.43. 10 Walters 1926, p. 91, n. 743; Zazoff 1968, p. 168, n. 745. 11 Walters 1926, p. 111, n. 958, tav. 14.958; Martini 1971, p. 144, n. 147, tav. 29.2; Tassinari 1992, pp. 101, fig. 42, 104, n. 63, autenticità non sicura; Toso 2007, p. 120, nota 549. 12 Toso 2007, pp. 119-122, tav. xiv, fig. 51. 13 Furtwängler 1900, pp. 105-106, nn. 53-72, tav. xxi.53-72. 14 Tassinari 1992, pp. 74-75. 15 Toso 2007, p. 120, con bibl. cit. 16 Richter 1956, p. 56, n. 229, tav. 34.229; Martini 1971, pp. 39, 135, tav. 10.2. 17 Walters 1926, p. 101, n. 843; Zazoff 1968, p. 176, n. 893.

scienza e tecnologia applicata allo studio delle gemme realizzazione dell’iscrizione da parte di una persona che non conosceva la lingua greca, che tentava di riprodurre su gemme etrusche iscrizioni copiate da gemme greche autentiche, senza capirne, ovviamente, il significato. Com’è noto, la prima raccolta di gemme della Collezione Hamilton, acquistata dal British Museum nel 1772, è conservata in modo pressoché completo.1 Nella collezione, venduta al British Museum per 8410 sterline erano comprese ben 149 gemme.2 La presenza di queste iscrizioni, comunemente considerate moderne, sulle gemme Hamilton, a nostro avviso rende improbabile un loro acquisto «direct from the tombs of southern Etruria».3 Ci sembra più probabile che William Hamilton le abbia comperate in un luogo dove doveva essere fiorente, da un lato, il mercato di gemme etrusche, poiché rinvenute in territori vicini, e dall’altro, l’attività sia di incisori che di antiquari. Sembra piuttosto strano pensare che ciò sia avvenuto a Napoli dove William Hamilton era stato ambasciatore dal 1764 al 1771, anno in cui era ritornato a Londra e aveva cercato di vendere la sua ricca collezione.4 Su invito di Carlo di Borbone, Re di Napoli e di Sicilia, Francesco Maria Gaetano Ghinghi fondò a Napoli e diresse il Real Laboratorio delle Pietre Dure a partire dal 1737 a San Carlo alle Mortelle. Il re conobbe l’incisore, noto in tutta Europa, a Firenze nel 1732.5 A Napoli avranno certo circolato scarabei etruschi, ma non in così grande quantità come nello Stato della Chiesa. Inoltre, com’è noto, la prima collezione hamiltoniana si è formata nell’arco di un solo anno6 e ciò rende plausibile la tesi di Furtwängler riferita anche dal Walters: spesso le gemme della Collezione Hamilton hanno iscrizioni incomprensibili, molte sono certamente moderne e probabilmente tutte hanno la stessa origine.7 A nostro avviso, i luoghi più probabili dove W. Hamilton si è potuto procurare le gemme sono oltre Napoli, Roma e Firenze. A Roma era attivo Giovanni Antonio Pichler, uno dei massimi esponenti del revival dell’incisione delle gemme del xviii secolo. Si distinse nell’imitazione delle gemme antiche, “copiate” in modo abile da ingannare anche i più esperti.8 Ma prima, fino al 1743, fu 1 2 3 4 5 6 7 8

Jenkins, Sloan 1996, pp. 93-94, 105. Ramage 1990, p. 474. Jenkins, Sloan 1996, p. 94. Gambaro 2008, p. 57. Tassinari 2010. Gambaro 2008, p. 57, nota 52. Furtwägler 1900, iii, p. 180; Walters 1926, p. 56, ad n. 461. Tassinari 2010, p. 104.

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attivo anche a Napoli ed in rapporto con il Gori, lo Stosch e il Ghinghi.9 Sappiamo che il suo operato fu frequentemente utilizzato dall’Hamilton.10 Anche l’ambiente fiorentino che nel Settecento eccelleva per il mercato antiquario delle gemme etrusche potrebbe, forse, essere uno dei luoghi in predicato. Vengono in mente, a tale riguardo, le parole di Muzell von Stosch, avido collezionista di gemme etrusche, che si lamentava della grande ignoranza dei Fiorentini, da lui chiamati Florentacci: «Per quanto riguarda la prefazione devo lamentarmi della bestiale ignoranza dei Florentacci. Come, si potrebbe dire, non sono stati capaci di trovare un sol uomo che avesse la benevolenza di gettare un’occhiata al greco...».11 A tale riguardo vorrei sottolineare che il Ghinghi fu a Napoli coordinatore di un’équipe di artisti fiorentini che si erano trasferiti con lui.12 Sia nel Rinascimento che nel ’700 e ’800 una gemma antica con la firma dell’artista aveva un alto costo. Per questo motivo gli incisori iniziarono ad aggiungere firme non solo alle gemme antiche, ma anche alle proprie opere. Questo, ovviamente ha creato una grande confusione tra oggetti antichi e moderni sia presso i collezionisti che presso gli esperti. Va detto che, inoltre, alcuni incisori del xviii e degli inizi del xix secolo hanno realizzato gemme in stile antico13 e, a volte, le hanno firmate con le lettere greche, traslitterando i propri nomi. Ad esempio, Giovanni e Luigi Pichler firmavano ¶IX§EP, Marcus Tuscher MAPXO™, J. T. Walter OYA§£EP e via di seguito.14 Il Dalton ci informa in dettaglio su questa pratica e sugli incisori che nel Settecento la misero in atto con maggiore frequenza.15 A proposito del Walter ci viene in mente la gemma con il centauro con la strana iscrizione §EPTA (?). A volte queste iscrizioni potrebbero celare anche pseudonimi: pensiamo, ad esempio, al caso di Johann Lorenz Natter. Su alcune gemme si trova l’iscrizione Y¢POY, interpretata come pseudonimo creato con un gioco di parole, dal momento che Natter in lingua tedesca significa “serpente d’acqua”.16 09 Tassinari 2010, p. 103. 10 McInnis 1999, p. 44. 11 Del 1759. Vedi Cristofani 1983, pp. 145-146. 12 Tassinari 2010, p. 61. 13 Gli strumenti utilizzati per l’incisione in quest’epoca sono analoghi a quelli che si ritiene fossero utilizzati nell’antichità: vedi Mariette 1750, pp. 195-206, tav. alle pp. 207-208. 14 Richter 1968, pp. 15, 19. 15 Dalton 1915, pp. xlviii-lxiv. 16 Story-Maskelyne 1870, p. 62, n. 344 bis.

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III. CATA LO GO 1. (ED-Didascalie) Gemme con iscrizioni etrusche che designano il personaggio raffigurato (ED1-ED121) Reale Animali 1. Scarabeo di corniola (Fig. 1) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv. 300. Collocazione precedente: Collezione del Duca de Luynes, donato nel 1862, già Collezione Edmond Durand. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Leonessa che allatta un cucciolo. Iscrizione: leu. Direzione: destrorsa. Datazione: Fine v-inizi iv sec. a.C. - stile libero (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 4b xii 4; Cades 1834, p. 119, n. 54; cii 2538; Fabretti 1867, col. 1049, s.v. leu; Furtwängler 1900, p. 86, n. 66, tav. vii.66; Boardman 1968b, p. 133, tav. 31.446; De Simone 1968, p. 89; Zazoff 1968, p. 205, n. 1431, con bibl. cit.; tle 782; et oi G.27, p. 366; Torelli 2002, p. 136; ThLE2, p. 243, s.v.

Iscrizione: aita. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Fine iv a.C. - stile libero. Bibliografia principale: Charsekin 1963, p. 81, n. 20, tav. xii, fig. 19; Cristofani 1967, p. 573, n. 7; De Simone 1968, p. 56, n. 4; cie , iii.1, 15364; limc iv, 1988, Hades/Aita, Calu 17 (datato al iii sec. a.C.); et oi G.59, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 121, n. 932 (moderna?); ThLE2, p. 18, s.v. (falsa?).

Fig. 2. Calco, da Charsekin 1963, tav. xii, fig. 19.

Castur

Fig. 1. Calco, da Boardman 1968b, p. 133, tav. 31.446.

Mitologico Divinità Aita 2. Scarabeo di forma non etrusca (Fig. 2) Luogo di conservazione: San Pietroburgo, Ermitage. N. inv. 877. Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, seduta su una roccia, con lungo scettro nella mano sinistra; accanto c’è il cane Cerbero.

3. Scarabeo (?) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Provenienza: Orvieto, Cannicella, scavi Riccardo Mancini, 10-16 novembre 1883. Soggetto della decorazione:  “Figura maschile nuda genuflessa, avente in giro l’iscrizione CASTUR ”.  Iscrizione: castur. Direzione: ignota. Datazione: incerta. Bibliografia principale: Mancini 1884, p. 389; Klakowicz 1974, p. 77; cie, iii.2, 10680; et Vs G.2, p. 362; ThLE2, p. 78, s.v. 4. Corniola (Fig. 3) Luogo di conservazione: Berlino, Staatliche Museen, Antikenabteilung. N. inv.: FG 202. Collocazione precedente: Collezione Tyskiewicz, 1887. Provenienza: Chiusi, Botusso. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, in ginocchio, nell’atto sfilarsi una freccia dalla schiena. Iscrizione: castur. Direzione: destrorsa (con sigma sinistrorso).

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capitolo iii

Datazione: Seconda metà v a.C. - stile libero (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: cii App. 399; Furtwängler 1900, p. 84, n. 36, tav. xvii.36; De Simone 1968, p. 40, n. 2; Richter 1968, p. 210, n. 858; Zazoff 1968, p. 174, n. 858, con bibl. cit.; Zwierlein-Diehl 1969, p. 108, n. 241, tav. 52.241; limc iii, 1986, Dioskuroi/Tinas Cliniar 85; et Cl G.5, p. 363; Krauskopf et alii 1995, p. 82, n. 20, con bibl. cit., tav. 2.g.20; Zwierlein-Diehl 2007, p. 389, tav. 77.325, con bibl. cit.; ThLE2, p. 78, s.v.

Fig. 4. Da Zazoff 1968, tav. 29.135.

Fig. 3. Da Zwierlein-Diehl 2007, tav. 77.325.

5. Scarabeo di corniola (Fig. 4) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 267. Collocazione precedente: Collezione del Duca de Luynes, donata nel 1862. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, con himation e petaso dietro alla nuca e lancia nella sinistra, china in avanti presso la fonte con un’anfora. Iscrizione: castur. Direzione: destrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: Babelon 1886, p. 291, tav. 7.7; Babelon 1924, pp. 38-39, n. 267; Zazoff 1968, p. 81, n. 135, tav. 29.135; limc iii, 1986, Dioskouroi/Tinas Cliniar 94; et oi G.62, p. 368; Krauskopf et alii 1995, pp. 114, n. 763, con bibl. cit., tav. 4.a.763, 132, n. 1220, con bibl. cit.; ThLE2, p. 78, s.v. Forse è lo stesso edito in cii 2503 bis; Fabretti 1867, col. 802, s.v. castur; De Simone 1968, p. 42, n. 18; et oi G. 63, p. 368.

6. Scarabeo di sardonica (Fig. 5) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione del Barone di Beugnot, venduta nel 1840, in seguito Collezione Costantine Alexander Ionides - Londra, Klaus Müller-Bonn. Se è lo stesso di cii iii, 397 l’impronta in carta fu fornita dal cav. Vincenzo Promis. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda china in avanti, nell’atto di sollevare o deporre un’olla biansata. Iscrizione: castur. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v a.C. - stile libero (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 1a i 7; Micali 1832, p. 116, n. 21; Cades 1834, p. 116, n. 5; cii 2503; Fabretti 1867, col. 802, s.v. castur; Furtwängler 1900, p. 84, tav. xvii.44; Lippold 1922, p. 173, tav. xl.3; Buonamici 1932, p. 395; Boardman 1968a, p. 91, n. 2; De Simone 1968, p. 40, n. 3; Zazoff 1968, p. 174, n. 857, con bibl. cit.; limc iii, 1986, Dioskuroi/Tinas Cliniar 93; et oi G.29, p. 366; Krauskopf et alii 1995, p. 126, n. 1046, con bibl. cit.; Zwierlein-Diehl 2007, p. 389, tav. 77.324, con bibl. cit.; ThLE2, p. 78, s.v. Forse è lo stesso edito in cii iii, 397; De Simone 1968, p. 42, n. 17; et oi G.64, p. 368.

catalogo

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Fig. 5a. Da Zwierlein-Diehl 2007, tav. 77.324. Fig. 6a. Da limc iv, 1988, Eros 12.

Fig. 5b. Calco, da Boardman 1968a, n. 2. Fig. 6b. Disegno, da Fürtwangler 1900, vol. ii, fig. a p. 97.

“Eros” 7. Scarabeo di corniola (Fig. 6) Luogo di conservazione: Monaco, Münzsammlungen. N. inv.: 632 (T69). Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda e alata, verso destra con una tavoletta con iscrizione num (tavola votiva?) e con corona. Iscrizione: num (latina in Zazoff 1968). Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà v (secondo quarto del v in limc ), datata inizi v sec. a.C. da E. Brandt (E. Brandt, in Brandt, Schmidt 1970) - stile libero (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 97, n. 15, tav. xx.15; Lippold 1922, p. 171, tav. xxvi.4; nrie 1140; Zazoff 1968, p. 150, n. 403; E. Brandt, in Brandt, Schmidt 1970, p. 13, n. 632, con bibl. cit., tav. 69.632; tle 780; limc iv, 1988, Eros 12; et oi G.13, p. 365; ThLE2, p. 291, s.v.

Hercle Hercle (da solo) 8. Scarabeo (Fabretti) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: già a Corneto (Tarquinia), Antica Collezione Fratelli Marzi di Corneto (Tarquinia). Provenienza: Tarquinia, Monterozzi, Secondi ArchiArcatelle, copiata il 24 dicembre 1876 (Fabretti). Soggetto della decorazione: Hercle. Iscrizione: hercle. Direzione: ? Datazione: incerta. Bibliografia principale: cii iii,375; De Simone 1968, p. 78, n. 66; cie, iii.1, 10231; et Ta G.8, p. 361 Falsa; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1225, con bibl. cit.; ThLE2, p. 177, s.v.

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capitolo iii

9. ? Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Hercle. Iscrizione: hercle. Direzione: ? Datazione: Inizi iv sec. a.C. Bibliografia principale: De Simone 1968, p. 72, n. 16; et oi G.50, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1222, con bibl. cit. Hercle alla fonte 10. Scarabeo di agata (sardonica secondo Raspe, Tassie e Zazoff) tagliato (Fig. 7) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1814.0704.1299 (769) (ex Blacas 426). Collocazione precedente: Collezione Townley, acquistato nel 1814 da Peregrine Edward Townley, ex Collezione Charles Townley, ex Collezione Louis Duca de Blacas d’Aulps, ex Collezione Pierre Duca de Blacas d’Aulps. Provenienza: Arna, presso Perugia (comunicazione di D. Francesco Saverio Rezza; scheda e disegno di P. Galassi; Vermiglioli 1833). Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) con himation, seduta su una roccia presso la fonte, con arco e clava. Iscrizione: hercle; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: Raspe, Tassie 1791, i, p. 357, n. 5956, tav. xl.5956; Cades 1831-1839, 1b ii 47; Micali 1832, p. 194, n. 5, tav. cxvi.5; Vermiglioli 1833, pp. 81-82, n. 3, 84, tav. v.3; Conestabile 1863a, pp. 335-336; cii 1071; cii 2526; Fabretti 1867, col. 583, s.v. hercle; Murray 1888, p. 76, n. 426, con bibl. cit.; Furtwängler 1900, p. 81, n. 68, tav. xvi.68; Lippold 1922, p. 173, tav. xxxviii.12; Walters 1926, p. 94, n. 769, tav. 13.769; De Simone 1968, p. 74, n. 30; Zazoff 1968, p. 159, n. 571, con bibl. cit.; Bonfante 1990, p. 38, fig. 22 (provenienza “perhaps from Chiusi”); limc v, 1990, Herakles/Hercle 94; ET Pe G.4, p. 363; Krauskopf et alii 1995, p. 99, n. 409, con bibl. cit.; Cristofani 2000, p. 417, fig. 36; ThLE2, p. 177, s.v.

Fig. 7a. Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 7b. Calco, da limc v, 1990, Herakles/Hercle 94.

Fig. 7c. Courtesy of © The British Museum-London.

Fig.7d. Disegno da Raspe, Tassie 1791, tav. xl.5956.

11. Scarabeo di corniola (sardonica secondo Murray) (Fig. 8) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1867.5.7.347 (ex Blacas 2526). Collocazione precedente: Collezione Louis Duca de Blacas d’Aulps, ex Collezione Pierre Duca de Blacas d’Aulps, acquisto 1867. Provenienza: ignota. Autenticità finora messa in dubbio, poiché simile al precedente e consideratone pertanto la copia. L’esemplare, ad un esame autoptico (con lente di ingrandimento e senza microscopio), potrebbe anche essere autentico. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) con himation, seduta su una roccia presso la fonte, con arco e clava. Iscrizione: hercle; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: Micali 1832, p. 216, tav. cxvi.5 (in Zazoff 1968, p. 159, ad n. 571 è identificato con Londra, British Museum, inv. 769); ad cii 1071; Fabretti 1867, col. 583, s.v. hercle; Murray 1888, p. 76, n. 425.

Fig. 8b. Calco, Fotografia Fig. 8a. Fotografia Laura Laura Ambrosini, Courtesy Ambrosini, Courtesy of © of © The British The British Museum-London. Museum-London.

catalogo

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Potrebbe essere stata realizzata da un calco di:

Fig. 8c. Fotografia Laura Fig. 8d. Disegno, da Micali Ambrosini, Courtesy of © 1832, tav. 116.5. The British Museum-London.

13. Pietra d’anello di sardonica (Fig. 10) Luogo di conservazione: Braunschweig, Proprietà privata, Collezione Dorn. N. inv.: ? Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) nuda, alla fonte con lancia, coltello e anfora. Iscrizione: hercle. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Prima metà V sec. a.C. - stile severo (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 1b ii 30; Furtwängler 1900, p. 84, n. 45, tav. xvii.45; Lippold 1922, p. 173, tav. xxxviii.6; Mansuelli 1941, p. 102, n. 2, tav. 11.3; De Simone 1968, p. 71, n. 7; Zazoff 1968, p. 157, n. 547, con bibl. cit.; P. Zazoff, in Hornbostel 1977, p. 506, n. 459; Zazoff 1983, p. 252, tav. 65.1 (234), con bibl. cit.; limc v, 1990, Herakles/Hercle 84a; et oi G.7, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 126, n. 1054, con bibl. cit.

12. Pasta vitrea nerastra che imita l’agata a fasce (attraversata da una fascia bianca e al centro marrone) (Fig. 9) Luogo di conservazione: Montréal, McGill’s University, Collection of Greek and Roman Antiquities. N. inv.: 3694. Collocazione precedente: Lascito di William G. Peterson del 1931. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) nuda, stante, con anfora e lancia presso la fonte. Iscrizione: hercl(e). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile severo o moderna?; Italic/Etruscanising style but possibly 18th century Classicising (Tees 1993). Bibliografia principale: Tees 1993, p. 37, n. 30, tavv. ix, xvi, xx, xxvi.

Fig. 10. Da Zazoff 1983, tav. 65.1 (234).

Fig. 9. Da Tees 1993, tav. ix.

14. Scarabeo di agata (Fig. 11) Luogo di conservazione: Malibu, Paul Getty Museum (???). N. inv.: ? Collocazione precedente: Già Wyndham Francis Cook, dalla Collezione Robinson, già Collezione Evans. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) nuda, stante, con anfora e lancia presso la fonte. Iscrizione: hercl(e). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile severo (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: Smith, Hutton 1908, p. 14, n. 39, tav. 2.39; De Simone 1968, p. 71, n. 8; Zazoff 1968, p. 157, n. 548; et oi G.8, p. 365; Tees 1993, p. 37, cit. ad n. 30; Wagner, Boardman 1993, p. 22, n. 118, tav. 27.118; Krauskopf et alii 1995, p. 128, n. 1085, con bibl. cit.

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capitolo iii

Fig. 11a. Da Wagner, Boardman 1993, tav. 27.118.

Fig. 11b. Calco, da Smith, Hutton 1908, tav. 2.39.

15. Scarabeo di corniola (Fig. 12) Luogo di conservazione: Oxford, Ashmolean Museum. N. inv.: 1921.1234 (220). Collocazione precedente: Collezione Story-Maskelyne, dato da Sir John Beazley. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) con himation, stante, con arco, clava e anfora presso la fonte. Iscrizione: hercle. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v, fine v a.C. (in Boardman, Vollenweider 1978 e Zwierlein-Diehl 2007) stile severo (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 98, n. 25, tav. xx.25; De Simone 1968, p. 72, n. 12; Zazoff 1968, p. 55, n. 67, tav. 18.67; Boardman, Vollenweider 1978, p. 52, n. 220, tav. xxxvii.220; limc v, 1990, Herakles/Hercle 84b; et oi G.30, p. 366; Krauskopf et alii 1995, p. 110, n. 659, con bibl. cit.; Torelli 2002, p. 152, fig. 109; Zwierlein-Diehl 2007, p. 389, tav. 78.328, con bibl. cit.

Fig. 12a. Da ZwierleinDiehl 2007, tav. 78.328.

Fig. 12b. Calco, da limc v, 1990, Herakles/Hercle 84b.

16. Scarabeo di calcedonio (Fig. 13) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1772.0315.359 (665). Collocazione precedente: Collezione William Hamilton, acquistato nel 1772. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) con leonté, stante, con arco, clava e anfora presso la fonte. Iscrizione: her(c)le I; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile severo (in Zazoff 1968). Bibliografia principale: Walters 1926, p. 82, n. 665, tav. xi.665; De Simone 1968, p. 72, n. 14; Zazoff 1968, p. 157, n. 549; limc v, 1990, Herakles/Hercle ad 84; et oi G.32, p. 366; Krauskopf et alii 1995, p. 97, n. 352, con bibl. cit.

Fig. 13a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy o © The British MuseumLondon.

Fig. 13b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

17. Scarabeo di agata fasce (Fig. 14) Luogo di conservazione: Boston, Museum of Fine Arts.

catalogo N. inv.: 27.718 (43). Collocazione precedente: Lewes House Collection, Donazione di Francis Bartlett del 1912, acquistato nel 1914 da Edward Perry Warren (vedi Beazley 1920, pp. 3930, n. 43); dato in prestito al Museum of Fine Arts da Edward Perry Warren il 5 aprile 1926 (come n. 104.26); acquistato dal Museo da Edward Perry Warren il 17 novembre 1927. Provenienza: Chiusi. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) nuda, china in avanti, prende acqua alla fonte a protome leonina, con anfora, clava e arco. Iscrizione: hercle. Direzione: destrorsa. Datazione: Inizi v a.C. (primo quarto del v in Hanfmann 1936) - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Beazley 1920, pp. 39-40, n. 43, tavv. 3.43 e 9.43; Caskey 1928, pp. 47, fig. 7, 48, n. 7; Hanfmann 1936, p. 399, n. 1; De Simone 1968, p. 71, n. 3; Richter 1968, pp. 197-198, n. 796; Zazoff 1968, p. 158, n. 554; limc v, 1990, Herakles/Hercle 84; et Cl G.1, p. 363; Krauskopf et alii 1995, p. 85, n. 90, con bibl. cit.; Boardman, Comstock, Vermeule 2002, tav. 7.43; ThLE2, p. 177, s.v.

Fig. 14. Calco, Boardman, Comstock, Vermeule 2002, tav. 7.43.

18. Scarabeo di sardonica a strisce diagonali (Fig. 15) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 259. Collocazione precedente: Collezione del Duca de Luynes, donato nel 1862. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) nuda, gradiente verso sin., arco, clava e patera presso la fonte (?). Iscrizione: hercle. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Prima metà iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Babelon 1887, p. 199, tav. 56.1; Babelon 1924, p. 37, n. 259; De Simone 1968, p. 73, n. 20a; Zazoff 1968, p. 68, n. 95, tav. 23.95; limc v, 1990, Herakles/Hercle 100; et oi G.54, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 113, n. 757, con bibl. cit.

Fig. 15a. Da Zazoff 1968, tav. 23.95.

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Fig. 15b. Disegno, da Babelon 1887, tav. 56.1.

19. Scarabeo d’agata tagliato (pasta vitrea moderna a Berlino) (Fig. 16) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1949.7-12.2. Collocazione precedente: già nella Dattilioteca di Filippo Buonarroti a Firenze (Reinach 1895, p. 52, ii,14,4), donato da Richard Woollett. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) nuda, prende acqua alla fonte a protome leonina con anfora e con clava. Iscrizione: aithna; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa. Datazione: Metà v sec. a.C. - stile severo. Bibliografia principale: cig 7317; Gori 1731-1733, pp. 3841, tav. xiv.iv; Winckelmann 1760, pp. 286-287, n. 1787; Raspe, Tassie 1791, i, p. 355, n. 5918, tav. xl.5918; Micali 1832, p. 194, n. 4, tav. cxvi.4; Millin 1840, p. 42, n. 477, tav. cxxi.477; Reinach 1885, p. 52, ii, 14, 4, tav. 51.14; cii 2551 bis; Furtwängler 1920, pp. 39-40, n. 39, tav. viii.39; Mansuelli 1941, p. 105, n. I.1, tav. 11.1; Boardman, Vollenweider 1978, ad n. 230; limc iv, 1988, Herakles 1326; limc v, 1990, p. 207, Herakles/Hercle 84c; et oi G.72, p. 368; Ambrosini in corso di stampa.

Fig. 16a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 16b. Calco, da limc iv, 1988, Herakles 1326.

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capitolo iii 1968); (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà del v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Murray 1888, p. 68, n. 338, con bibl. cit., tav. E.338; Walters 1926, p. 82, n. 667, tav. xi.667; De Simone 1968, p. 72, n. 13; Richter 1968, n. 785, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 162, n. 639; limc v, 1990, Herakles/Hercle 342; Krauskopf et alii 1995, p. 97, n. 354, con bibl. cit. (antica o moderna?); ThLE2, p. 178, s.v.

Fig. 16c. Disegno, da Gori 1731-1733, tav. xiv.iv.

Fig. 16d. Disegno, da Raspe, Tassie 1791, tav. xl.5918.

Fig. 17a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon. Fig. 16e. Disegno, da Micali 1832, tav. cxvi.4.

Fig. 17b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 16f. Disegno, da Millin 1840, tav. cxxi.477.

Fig. 16g. Disegno, da Reinach 1895, tav. 51.14.

Hercle e l’hydra di Lerna 20. Scarabeo di corniola (Fig. 17) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1772.0315.358 (667). Collocazione precedente: Collezione William Hamilton, acquisto 1772. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) nuda, con leonté, arco, clava ed un serpente barbato (hydra di Lerna?). Iscrizione: herecles (moderna secondo Zazoff; Zazoff

21. Scarabeo di corniola (Fig. 18) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 1766. Collocazione precedente: P. J. Mariette cedette questo scarabeo a Luigi XV. «Apprendiamo che questa pietra era già frammentata quando M. Chabouillet l’ha fatta disegnare; tuttavia l’ha fatta disegnare intera; forse ha sofferto dopo questa epoca, perché Mariette vi ha letto due lettere etrusche; ora io non ne vedo che una sola, una E». Al posto della frattura Reinach vede una massa di cera rossa (Reinach 1895, p. 104, nota 3). Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) stante, con clamide e con coltello e due protomi dell’hydra di Lerna. Iscrizione: h[ercl]e. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Prima metà iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Mariette 1750, ii, p. 132, cxxxii; Lanzi 1824, pp. 115-116, iv, tav. viii. 4; cii 2531; Reinach 1895, pp. 104, i, 132, tav. 97.132 (da Mariette); Babelon 1899, p. 51, n. 1766; Furtwängler 1900, p. 88, n. 23, tav. xviii.23; Babelon 1924, p. 75, n. 1766, De Simone 1968, p. 78, n. 67; Zazoff 1968, p. 70, n. 96, tav. 23.96; limc v, 1990, Herakles/Hercle ad 96 e 201; et oi G.53, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 112, n. 708, con bibl. cit.; ThLE2, p. 177, s.v.

catalogo

29 Hercle e il leone nemeo

Fig. 18a. Da Zazoff 1968, tav. 23.96.

Fig. 18b. Disegno, da Mariette 1750, cxxxii.

Fig. 18c. Disegno, da Reinach 1895, tav. 97.132.

Fig. 18d. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.4.

22. Scarabeo di agata a fasce (Fig. 19) Luogo di conservazione: Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. N. inv.: 2329. Collocazione precedente: –. Provenienza: Falerii veteres, Valsierosa, tomba iv, proprietà Tarquini, scavo 20/10/1886, dalla terra sul pavimento della camera (Cozza, Pasqui 1887, p. 313, h.). Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) con spada presso l’hydra (?). Iscrizione: ceie, forse cele per (her)cele. Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cozza, Pasqui 1887, p. 313, h; Zazoff 1968, p. 76, n. 114, tav. 25.114; Cozza, Pasqui 1981, p. 193, tomba 7 (cxxxix), h.

Fig. 19. Da Zazoff 1968, tav. 25.114.

23. Scarabeo (Fig. 20) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) e il leone nemeo, clava. Iscrizione: hercle. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 85, n. 57, tav. xvii.57; De Simone 1968, p. 72, n. 11; Zazoff 1968, p. 164, n. 665; limc v, 1990, Herakles/Hercle 167b; et oi G.31, p. 366; Krauskopf et alii 1995, p. 129, n. 1120, con bibl. cit.

Fig. 20. Calco, da Furtwängler 1900, tav. xvii.57.

24. Sardonica scura (Fig. 21) Luogo di conservazione: Boston, Museum of Fine Arts. N. inv.: 27.723 (n. 89). Collocazione precedente: Collezione Lewes House, acquistata intorno al 1899 (vedi Beazley 1920, p. 74, n. 89: acquistata da un italiano intorno al 1899). Donazione di Francis Bartlett, 1912; prestata al Museum of Fine Arts da Edward Perry Warren il 5 aprile 1926 (come n. 86.26); acquistata dal Museo da Edward Perry Warren il 17 novembre 1927. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) e il leone nemeo, clava e arco. Iscrizione: hercle. Direzione: destrorsa. Datazione: Inizi iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 285, n. 23, tav. lxiii.23; Beazley 1920, p. 74, n. 89, tav. 3.89; Lippold 1922, p. 172, tav. xxxvi.5; Hanfmann 1936, p. 403, n. 6; De Simone 1968, p. 72, n. 18; Zazoff 1968, p. 164, n. 669; limc v, 1990, Herakles/Hercle 176a; et oi G.51, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 85, n. 92, con bibl. cit.;

30

capitolo iii

Boardman, Comstock, Vermeule 2002, pp. 58-59, n. 89, tav. 18.89.

n. 744, con bibl. cit.; cie , 2.1.5 et additamentum 2.1, 8892; ThLE2, p. 212, s.v.

Fig. 22a. Da Zazoff 1968, tav. 13.41. Fig. 21. Calco, da Boardman, Comstock, Vermeule 2002, tav. 18.89.

Hercle – Calanice 25. Scarabeo (?) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Roma, presso un antiquario. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Hercle (???). Iscrizione: calanic(e). Direzione: ? Datazione: Inizi iv sec. a.C. Bibliografia principale: Beazley 1920, p. 74, ad n. 89; De Simone 1968, p. 38, n. 2; limc v, 1990, Herakles/Hercle 176f; et oi G.49, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1209, con bibl. cit. Hercle e Kukne 26. Scarabeo di corniola (Fig. 22) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 85 (ex 65A13960). Collocazione precedente: Collezione Chapelle, dono di Pauvert de La Chapelle nel 1899. Provenienza: Falerii veteres. Soggetto della decorazione: Duello di Herkle e Kukne: Figura virile (Herkle) in assalto con leonté e clava, figura virile (Kukne) con elmo e scudo, soccombente. Iscrizione: herkle; kukne. Direzione: herkle destrorsa; kukne sinistrorsa. Datazione: Fine del primo quarto del v sec. a.C. - tardo stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Micali 1832, p. 194, n. 1, tav. cxvi.1; Babelon 1899, pp. 32-33, n. 85, tav. vi.85; De Simone 1968, pp. 71, n. 6, 86, n. 2; Richter 1968, p. 196, n. 790, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 40, n. 41, tav. 13.41; limc v, 1990, Herakles/Hercle 298a; et Fa G.1, p. 361; limc vii, 1994, Kyknos i, 34; Krauskopf et alii 1995, p. 113,

Fig. 22b. Disegno, da Micali 1823, tav. cxvi.1.

27. Scarabeo di corniola (Fig. 23) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1867.0507.335 (621) (già Blacas 335). Collocazione precedente: Collezione Louis Duca de Blacas d’Aulps, ex Collezione Pierre Duca de Blacas d’Aulps, acquisto 1867. Provenienza: Chiusi (detta provenire da Chiusi). Soggetto della decorazione: Duello di Herkle e Kukne: Figura virile (Herkle) in assalto con leonté e clava, figura virile (Kukne) con elmo e scudo soccombente. Iscrizione: herkle; kukne (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: herkle destrorsa; kukne sinistrorsa. Datazione: Primo quarto del v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 1a ii 24; Cades 1834, p. 106, n. 22; Conestabile 1863a, p. 333; cii 2530; Fabretti 1867, col. 583, s.v. hercle; King 1885, p. 211, n. 6, tav. xviii.6; Murray 1888, p. 61, n. 276, con bibl. cit., tav. D.276; Furtwängler 1900, pp. 76-77, n. 20, tav. xvi.20; Lippold 1922, p. 173, tav. xxxvii.3; Walters 1926, pp. 7576, n. 621, tav. xi.621; Buonamici 1932, p. 395; De Simone 1968, pp. 71, n. 4, 86, n. 1; Richter 1968, p. 196, n. 789, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 39, n. 40, tav. 13.40; Bonfante 1990, p. 38, fig. 23; limc v, 1990, Herakles/Hercle 298; et Cl G.3, p. 363; limc vii, 1994, Kyknos i, 35; Krauskopf et alii 1995, p. 95, n. 317, con bibl. cit.; Zwierlein-Diehl 2007, p. 387, tav. 75.313; ThLE2, p. 212, s.v.

catalogo

31 Hercle ed Anteo

Fig. 23a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

28. Scarabeo di corniola (Fig. 24) Luogo di conservazione: Populonia, Museo Archeologico del Territorio di Populonia. N. inv.: senza numero. Provenienza: Populonia, Podere il Casone, 1957. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) in lotta con figura virile (Anteo); nel campo la clava ed una corda attorcigliata. Iscrizione: hercle. Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile libero di v sec. a.C. (Zazoff 1968). Bibliografia principale: De Agostino 1961, p. 67, n. 5, fig. 6; Zazoff 1968, p. 91, n. 166, tav. 34.166; limc i, 1981, Antaios i, 34; Zazoff 1983, fig. 57.10; limc v, 1990, Herakles/Hercle 275; et Po G.2, p. 362; Krauskopf et alii 1995, p. 89, n. 177 con bibl. cit.

Fig. 23b. Da Zazoff 1968, tav. 13.40.

Fig. 24. Da limc v, 1990, Herakles/Hercle 275.

Hercle sostiene la volta celeste

Fig. 23c. Calco, da Zwierlein-Diehl 2007, tav. 75.313.

Fig. 23d. Disegno, da King 1895, tav. xviii.6.

29. Scarabeo di sardonica (Fig. 25) Luogo di conservazione: Boston, Museum of Fine Arts. N. inv.: 27.724 (n. 88). Collocazione precedente: Collezione Lewes House. Donazione di Francis Bartlett nel 1912, che lo aveva acquistato a Roma nel 1911 (vedi Beazley 1920, p. 73, n. 88); prestato al Museum of Fine Arts da Edward Perry Warren il 5 aprile 1926 (come n. 102.26) e poi acquistato dal Museo da Edward Perry Warren il 17 novembre 1927. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) nuda, sostiene la volta celeste; nel campo arco, faretra, piante e rocce. Iscrizione: hercle. Direzione: destrorsa. Datazione: Fine v-inizi iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968).

32

capitolo iii

Bibliografia principale: Beazley 1920, p. 73, n. 88, tav. 3.88; Hanfmann 1936, p. 403, n. 7; De Simone 1968, p. 72, n. 17; Richter 1968, p. 197, n. 792; Zazoff 1968, p. 159, n. 569; limc v, 1990, Herkles/Hercle 259; et oi G.46, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 85, n. 93, con bibl. cit.; Boardman, Comstock, Vermeule 2002, p. 58, n. 88, tav. 18.88; Zwierlein-Diehl 2007, pp. 389-390, tav. 78.330, con bibl. cit.

Fig. 26. Calco, da limc iii, 1986, Atlas 17.

Menerva

Fig. 25. Calco, da Zwierlein-Diehl 2007, tav. 78.330.

Hercle sostiene la volta celeste mentre Aril raccoglie i pomi delle Esperidi 30. Scarabeo di sardonica rosso-bruna (Fig. 26) Luogo di conservazione: Boston, Museum of Fine Arts. N. inv.: 98.736 (n. 88 B). Collocazione precedente: Lewes House Collection, Fondo Henry Lillie Pierce, 1898, acquistato da Edward Perry Warren. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Hercle) con leonté e clava sostiene la volta celeste mentre Aril coglie i pomi nel giardino delle Esperidi. Iscrizione: aril. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Terzo quarto del v sec. a.C. - stile libero tardo etrusco (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Beazley 1920, p. 73, ad n. 88, tav. A.21; Hanfmann 1936, pp. 399, n. 3, 400, fig. 1; Zazoff 1968, p. 159, n. 570; limc iii, 1986, Atlas 17; et oi G.26, p. 366; Krauskopf et alii 1995, p. 85, n. 98; Boardman, Comstock, Vermeule 2002, p. 58; Torelli 2002, p. 136; ThLE2, p. 40, s.v.

31. Scarabeo di corniola (Fig. 27) Luogo di conservazione: Firenze, Museo Archeologico Nazionale. N. inv.: 14427. Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura femminile alata, con chitone, dotata della sola lancia e priva di elmo, avanza verso sinistra. Iscrizione: menerva; ca mener(va) (Torelli 2002); la lettura in Zazoff 1968 era caseler. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v a.C. - tardo stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Zazoff 1968, p. 28, n. 31, tav. 11.31 (caseler); Pandolfini 1973, p. 351, n. 156, tav. xci.156 (menerva); Zazoff 1983, fig. 55.6; limc ii, 1984, Athena/Menerva 96 (letta menerva; G. Colonna); et oi G.16, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 88, n. 154, con bibl. cit.; Torelli 2002, p. 120.

Fig. 27. Da Zazoff 1968, tav. 11.31.

catalogo 32. Scarabeo di corniola (Fig. 28) Luogo di conservazione: Malibu, Paul Getty Museum (???). N. inv.: ? Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Testa femminile elmata (Menerva), verso sinistra. Iscrizione: me.ne mv (letta me.ne mv o me.ne ml). Direzione: destrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero. Bibliografia principale: Wagner, Boardman 1993, p. 21, n. 112, tav. 26.112 (iscrizione moderna?).

Fig. 28a. Da Wagner, Boardman 1993, tav. 26.112.

Fig. 28b. Calco, da Wagner, Boardman 1993, tav. 26.112.

Nethuns 33. Scarabeo di corniola (Fig. 29) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 251. Collocazione precedente: Collezione del Duca de Luynes donato nel 1862, già Collezione Edmond Durand. Provenienza: Vulci. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda e imberbe (Nethuns), con clamide, con un colpo di tridente fa nascere dalla roccia una sorgente; (Nethuns che fa nascere la sorgente Lerna per la ninfa Amymone?). Secondo King (King 1885) dalla roccia esce il fiume Peneo in forma di cavallo. Iscrizione: nethunus. Direzione: sinistrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 1a i 17; Cades 1834, p. 116, n. 3; cii 2140; Fabretti 1867, col. 1223, s.v. nethunus; King 1885, p. 211, n. 2, tav. xviii.2; Babelon 1887, pp. 19-20, n. xvi, tav. v.16; Furtwängler 1900, p. 82, n. 12, tav. xvii.12; Lippold 1922, p. 168, tav. v.7; Babelon 1924, p. 37, n. 251; Buonamici 1932, p. 395; nrie 718; Zazoff 1968, p. 81, n. 136, tav. 29.136; Survinou-Inwood 1971, p. 106, n. 11; Zazoff 1983, fig. 63.3b; Simon 1990, p. 184, fig. 235a-b; et Vc G.3, p. 362; cie , iii.3, 11180; limc vii, 1994, Poseidon/Nethuns 1; Krauskopf et alii 1995, p. 113, n. 753, con bibl. cit.; ThLE2, p. 288, s.v.

33

Fig. 29a. Da limc vii, 1994, Poseidon/Nethuns 1.

Fig. 29b. Calco, da Lippold 1922, tav. v.7.

Fig. 29c. Disegno, da King 1885, tav. xviii.2.

34. Pietra ovale in sardonica (Fig. 30) Luogo di conservazione: Monaco, Staatliche Münzsammlung. N. inv.: 721 (T83). Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Nethuns) con clamide, con un piede su un rialzo del terreno, con tridente e coppa. Iscrizione: vuch (forse kuch). Direzione: destrorsa. Datazione: ii-i a.C. - stile libero tardo etrusco. Bibliografia principale: E. Brandt, in Brandt, Schmidt 1970, pp. 31-32, n. 721, tav. 83.721; et oi G.60, p. 367.

Fig. 30. Da Brandt, Schmidt 1970, tav. 83.721.

34

capitolo iii Pultuce ed Amuche

35. Scarabeo di sardonica (Fig. 31) Luogo di conservazione: Oxford, Ashmolean Museum. N. inv.: 1953.137 (219). Collocazione precedente: Collezione Tyszkiewicz (acquistato da Sotheby’s nel 1953). Provenienza: Tarquinia, Monterozzi, Secondi ArchiArcatelle. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Amuche) legata all’albero da una figura virile nuda (Pultuce). Iscrizione: amuche. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Fine v - inizi iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 274, n. 22, tav. lxi.22; Behn 1907, p. 65, n. 8; Marchese 1944, p. 56, g); De Simone 1968, p. 15, n. 1; Zazoff 1968, p. 193, n. 1201, con bibl. cit.; Boardman, Vollenweider 1978, p. 52, n. 219, tav. xxxvii.219; limc i, 1981, Amykos 10; cie , iii.1, 10194, con bibl. cit.; Weis 1982, p. 33, n. 1, tav. 1.1; et Ta G.6, p. 361; Krauskopf et alii 1995, p. 110, n. 658; Simon 2000, p. 520; ThLE2, p. 25, s.v.

Direzione: destrorsa. Datazione: Metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Helbig 1889, p. 337; Furtwängler 1900, p. 83, n. 23, tav. xvii.23; nrie 1129 bis; Pallottino 1937, coll. 360, nota 5, ii, 363, nota 2.6; Zazoff 1968, p. 157, n. 543; cie , iii.1, 10034, con bibl. cit.; limc iv, 1988, Hephaistos/Sethlans 3; et Ta G.3, p. 361; Krauskopf et alii 1995, p. 128, n. 1093, con bibl. cit.; Torelli 2002, pp. 120, 122, fig. 56; ThLE2, p. 329, s.v.

Fig. 32: Calco, da Furtwängler 1900, tav. xvii.23.

Turan

Fig. 31. Calco, da Boardman, Vollenweider 1978, tav. xxxvii.219.

37. Corniola Luogo di conservazione: Monaco, Collezione Paul Arndt. N. inv.: 1600. Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Genio virile nudo, stante in posizione frontale, alato, con lancia. Iscrizione: turan. Direzione: ? Datazione: incerta - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Zazoff 1968, p. 151, n. 417; limc ii, 1984, Aphrodite/Turan 4; et oi G.69, p. 368; Krauskopf et alii 1995, p. 105, n. 556, con bibl. cit.; Torelli 2002, p. 115. Turan e Tinias (Sarpedonte)

S´ethlans´ 36. Scarabeo di onice (in cie) (Fig. 32) Luogo di conservazione: già Tarquinia, Museo Archeologico Nazionale, rubato nel 1916. N. inv.: RC 6369. Provenienza: Tarquinia, Monterozzi, Secondi ArchiArcatelle, rinvenuto il 3 maggio 1889 in una tomba a camera già violata (tomba n. 107), vicino alla Tomba delle Bighe. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (S´ethlans´), con il forceps, si appoggia al bastone. Iscrizione: ´sethlans´ (sethlans in Zazoff 1968, sethlans´ in et , ´sethilans´ in ThLE2).

38. Scarabeo di sardonica (Fig. 33) Luogo di conservazione: Già a Firenze, Museo Archeologico Nazionale, perduta (?). N. inv.: ? Provenienza: Chiusi, Tomba di Poggio Renzo, scavo Doro Levi, 18 luglio-3 settembre 1927. Soggetto della decorazione: Figura femminile alata (Turan), con chitone ed himation, sostiene il corpo nudo di un giovane esamine. Iscrizione: tinias: turan. Proposta di un’eventuale lettura alternativa a(x)unias: turan. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Primo quarto v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968).

catalogo

35

Bibliografia principale: Levi 1931, p. 204, fig. 7; nrie 298; Zazoff 1968, p. 187, n. 1105; limc iii, 1986, Eos/Thesan 41; Krauskopf 1987, p. 25, fig. 51; et Cl G.2, falsa ex gen?; Simon 1992b, pp. 236-237, fig. 6; limc vii, 1994, Sarpedon, p. 700 alla fine del commento; Krauskopf et alii 1995, p. 87, n. 129, con bibl. cit.; Krauskopf 1999, pp. 412413; Martelli 2000, p. 458; limc Supplemento i, s.v. Aphrodite/Turan, p. 76 add. n. 21, con bibl. cit.; ThLE2, pp. 389, 401, s.v.

Fig. 34a. Da Zazoff 1968, tav. 14.45.

Fig. 34b. Calco, da limc Supplementum i 2009, s.v. Aphrodite/Turan, add. 15.

Turms Fig. 33: Calco, da limc Supplemento i, s.v. Aphrodite/Turan, add. n. 21.

Turan e Hercle 39. Scarabeo di sardonica a strisce diagonali (Fig. 34) Luogo di conservazione: Firenze, Museo Archeologico Nazionale. N. inv.: 15257. Collocazione precedente: Collezione Sir William Currie. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura femminile con chitone ed himation (Turan), che impugna clava e arco, trasportata sulla spalla destra da un giovane nudo (Turan e Hercle secondo A. Maggiani, in limc Supplementum i 2009, Aphrodite/Turan, p. 75). Iscrizione: turan. Direzione: destrorsa. Datazione: v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Migliarini 1865, tav. 4.1; cii 2476; Fabretti, Add. a cii , col. 2104; Furtwängler 1900, iii, p. 208; Milani 1912, p. 206, n. 105; nrie 1080; De Simone 1968, p. 31, n. 15; Zazoff 1968, p. 43, n. 45, tav. 14.45; limc v, 1990, Heracles/Hercle 360 con bibl. cit. (datato fine iv a.C.); et oi G.20, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 88, n. 165, con bibl. cit.; Torelli 2002, pp. 136-137, fig. 89; limc Supplementum i 2009, s.v. Aphrodite/Turan, p. 75, add. 15 con bibl. cit.

40. Pietra d’anello di onice a fasce (Fig. 35) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile con caduceo e clamide, solleva la parte superiore di un giovane uomo tramite il braccio. Figura interpretata come Hermes psicopompo. Iscrizione: trus(?) vel trum per tur(m)s? Moderna? Direzione: sinistrorsa. Datazione: iii sec. a.C. - stile libero. Bibliografia principale: Boardman 1971, p. 212, fig. 27.

Fig. 35. Da Boardman 1971, fig. 27.

36

capitolo iii Eroi omerici Eroi greci Ach(i)le

41. Scarabeo di corniola Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione Edmondo Le Blant. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Achile. Iscrizione: [a]chile. Direzione: ? Datazione: incerta. Bibliografia principale: cii 2517 bis; De Simone 1968, p. 36, n. 32; et oi G.61, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1213; ThLE2, p. 57, s.v.

Fig. 36a. Fotografia Laura Ambrosini. Courtesy of © The British Museum-London.

42. ? Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Provenienza: Chiusi. Soggetto della decorazione: Achle. Iscrizione: achl[e]. Direzione: ? Datazione: incerta. Bibliografia principale: cii 789 bis; et Cl G. 11, p. 363. Ach(i)le seduto, pensieroso 43. Scarabeo di sardonica (Fig. 36) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1867.0507.414 (632). Collocazione precedente: Collezione Louis Duca de Blacas d’Aulps, ex Collezione Vidoni ed ex Collezione Pierre Duca de Blacas d’Aulps, acquisto 1867. Provenienza: Tarquinia, Monterozzi, Secondi ArchiArcatelle, da una tomba. Soggetto della decorazione: Figura virile con himation (Achle), seduta su uno sgabello, pensierosa. Iscrizione: achle; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Prima metà del v a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 3b ix 13; Cades 1834, p. 118, n. 37; Brunn 1858, p. 368, tav. Q.1; Conestabile 1863a, p. 341; cii 2516; Murray 1888, p. 61, n. 272, tav. D.272; Furtwängler 1900, p. 81, n. 65, tav. xvi.65; Lippold 1922, p. 173, tav. xli.4; Walters 1926, p. 77, n. 632, tav. xi.632; Pallottino 1937, col. 360, nota 5, iii.1; De Simone 1968, p. 32, n. 4; Richter 1968, pp. 201202, n. 817, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 49, n. 51, tav. 15.51; limc i, 1981, Achle 151; cie , iii.1, 10193, con bibl. cit.; Bonfante 1990, p. 38, fig. 24; et Ta G.1, p. 361; Krauskopf et alii 1995, p. 95, n. 327, tav. 1.a.327; ThLE2, p. 57, s.v.; Baggio 2009, pp. 21-24.

Fig. 36b. Calco, da limc i, 1981, Achle 151.

Fig. 36c. Disegno, da Brunn 1858, tav. Q.1.

44. Agata (Fig. 37) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1867.0507.262 (974). Collocazione precedente: Collezione Louis Duca de Blacas d’Aulps, ex Collezione Pierre Duca de Blacas d’Aulps, acquisto 1867. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Achle) seduta, su uno sgabello, pensierosa. Iscrizione: a(ch)le, iscrizione moderna secondo Zazoff (è certamente moderna, controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero tardo etrusco (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Conestabile 1863a, pp. 341342; Walters 1926, p. 114, n. 974, tav. 14.974; Zazoff 1968, p. 145, n. 322.

catalogo

37 Ach(i)le con le armi

Fig. 37a. Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 37b. Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 37c. Calco, da Walters 1926, tav. 14.974.

45. Scarabeo di corniola (Fig. 38) Luogo di conservazione: Hannover, Kestner Museum. N. inv.: 1965.7 (37). Provenienza: ignota. Collocazione precedente: ? Soggetto della decorazione: Figura virile con himation (Achle), seduta su uno sgabello, pensierosa, sulle ginocchia un elmo che sostiene con entrambe le mani. Iscrizione: achle. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà del v a.C. (in limc ) - stile libero iniziale (Zazoff 1968). Bibliografia principale: De Simone 1968, p. 32, n. 5; Zazoff 1968, p. 67, n. 89, tav. 22.89; Zazoff 1975, p. 25, n. 37, con bibl. cit., tav. 12.37; limc i, 1981, Achle 153; Zazoff 1983, fig. 60.8; et oi G.15, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 91, n. 233; Gercke 1996, p. 153, n. 135, fig. 135; ThLE2, s.v.; Die Etrusker 2009, p. 98, v. 47, fig. 115.

Fig. 38. Da Zazoff 1968, tav. 22.89.

46. Scarabeo di agata a fasce (Fig. 39) Luogo di conservazione: Boston, Museum of Fine Arts. N. inv.: 27.720 (n. 39). Collocazione precedente: Collezione Lewes House, acquistato a Perugia nel 1896 (vedi Beazley 1920, pp. 3637, n. 39). Donazione di Francis Bartlett del 1912, prestato al Museum of Fine Arts da Edward Perry Warren il 5 aprile 1926 (come n. 124.26); acquistato dal Museo da Edward Perry Warren il 17 novembre 1927. Provenienza: Perugia (?). Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, china a sinistra con himation (Achle) e spada, a terra un elmo. Iscrizione: achile. Direzione: destrorsa. Datazione: Inizi v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 274, n. 19, tav. lxi.19; Beazley 1920, pp. 36-37, n. 39, tavv. 3.39, 9.39, A.7; Hanfmann 1936, p. 399, n. 2; De Simone 1968, p. 32, n. 1; Zazoff 1968, p. 145, n. 328, con bibl. cit.; limc i, 1981, Achle n. 113; et Pe G.1, p. 363; Krauskopf et alii 1995, p. 85, n. 91; Boardman, Comstock, Vermeule 2002, p. 36, n. 39, tav. 7.39; ThLE2, p. 57, s.v.

Fig. 39. Calco, da Boardman, Comstock, Vermeule 2002, tav. 7.39.

47. Scarabeo di corniola (Fig. 40) Luogo di conservazione: Den Haag, Koninklijk Penningkabinet. N. inv.: CdE 200, M-K 36, RCC inv. 1990. Collocazione precedente: Duca Carafa Noja a Napoli, poi Conte de Caylus, poi Antonio Francesco Gori, poi Collezione Philip de Stosch. Quando era nella Collezione del Conte de Caylus ne fu tratta una pasta di vetro che passò nella Collezione Philip de Stosch. Il Caylus, che possedeva una replica della gemma, la donò al museo del conte di Temps (Inghirami 1829, p.132). Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Achle) con

38

capitolo iii

himation con lo scudo, indossa lo schiniere, nel campo la spada nel fodero. Iscrizione: achile. Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C.; primo quarto del v sec. a.C. (Richter 1968) - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Gori 1737, ii, p. 436, iv, tav. cxcviiii.iv; Winckelmann 1760, p. 376, n. 256 (pasta di vetro tratta dalla corniola del Cabinet della Collezione del Conte de Caylus); Caylus 1761, iv, pp. 91-92, tav. xxx.iii; Winckelmann 1767, p. xxviii; Gori 1770, p. 102, tav. lvii.4, fig. a tav. lvi; Lanzi 1824, p. 127, n. xv, con bibl. cit., tav. ix.4; Inghirami 1829, pp. 131-133, tav. clxxxiii; Cades 1831-1839, 3b ix 17; Conestabile 1863a, p. 327; cii 2517; Fabretti 1867, coll. 234-235, s.v. Achile; Furtwängler 1900, p. 80, n. 61, tav. xvi.61; De Simone 1968, p. 33, n. 7; Richter 1968, p. 184, n. 727, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 54, n. 58, tav. 17.58; et oi G.4, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 87, n. 133, tav. 3.b.133, con bibl. cit.; ThLE2, p. 57, s.v.

Fig. 40a. Da Zazoff 1968, tav. 17.58.

Fig. 40b. Calco, da Zazoff 1968, tav. 17.58.

Fig. 40c. Disegno, da Gori 1737, tav. cxcviiii.iv.

Fig. 40d. Disegno, da Caylus 1761, tav. xxx.iii.

Fig. 40e. Disegno, da Lanzi 1824, tav. ix.4.

Fig. 40f. Disegno, da Inghirami 1829, tav. clxxxiii.

48. Scarabeo di agata a fasce (Fig. 41) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1772.0315.386 (671). Collocazione precedente: scomparso dal Cabinet del Principe d’Orange in seguito all’invasione francese dell’Olanda (Conestabile 1863a, p. 328), Collezione William Hamilton, acquisto 1772, dalla Collezione di Federico, Conte di Thoms. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Achle) con le armi: verso destra, piede su un elmo, indossa uno schiniere, nel campo uno scudo ed un secondo schiniere. Iscrizione: aciles (incisione sospetta, controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010) moderna? Moderna in Zazoff 1968. Direzione: destrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Caylus 1756, ii, p. 86, n. iii, tav. xxviii.iii; Raspe, Tassie 1791, ii , p. 541, n. 9277, tav. lii .9277; Lanzi 1824, p. 127, n. xvi, con bibl. cit., tav. ix.5; Inghirami 1829, pp. 133-134, tav. clxxxiv; Inghirami 1843, p. 45, tav. lxxx.3; Conestabile 1863a, pp. 327-328; Garrucci 1864, p. 69; cii 2518 = cii i 2551; cil i 2, 574; cil xi 2, 6716,1, con bibl. cit.; Fabretti 1867, col. 54, s.v. Aciles; Murray 1888, p. 68, n. 331, con bibl. cit.; Walters 1926, p. 83, n. 671, tav. xi.671; De Simone 1968, pp. 33, n. 10, 36, n. 33; Zazoff 1968, p. 145, n. 329, con bibl. cit.; limc i, 1981, Achle 128; Krauskopf et alii 1995, p. 97, n. 358, con bibl. cit.; ThLE2, p. 8, s.v.

catalogo

Fig. 41a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 41b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 41c. Calco, da Walters 1926, tav. xi.671.

Fig. 41d. Disegno, da Caylus 1756, tav. xxviii.iii.

39

49. Pseudo scarabeo di corniola, sulla superficie sup. una sirena frontale (Fig. 42) Luogo di conservazione: Péronne, Collezione Alfred Danicourt. N. inv.: ? Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo stante (Achele), con scudo e machaira, chino in avanti, nell’atto di combattere (?). Iscrizione: achele. Direzione: sinistrorsa. Datazione: v sec. a.C. - stile severo. Bibliografia principale: Boardman 1971, p. 207, fig. 16; Krauskopf et alii 1995, p. 115, n. 788.

Fig. 42. Da Boardman 1971, fig. 16.

Ach(i)le si congeda da una figura alata (dea?)

Fig. 41e. Disegno, da Raspe, Tassie 1791, tav. Lii.9277.

Fig. 41f. Disegno, da Lanzi 1824, tav. ix.5.

Fig. 41g. Disegno, da Inghirami 1829, tav. clxxxiv.

50. Scarabeo di corniola (Fig. 43) Luogo di conservazione: Péronne, Collezione Alfred Danicourt. N. inv.: ? Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo con elmo (Achle), scudo e lancia, si congeda da una figura femminile alata con chitone ed himation. Iscrizione: achle. Direzione: sinistrorsa. Datazione: v sec. a.C. - stile severo. Bibliografia principale: Boardman 1971, p. 107, fig. 17; Krauskopf et alii 1995, p. 115, n. 789, con bibl. cit.

40

capitolo iii

Fig. 43. Da Boardman 1971, fig. 17.

51. Scarabeo di corniola (Fig. 44) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1925.0715.2 Collocazione precedente: acquistato tramite Christie’s; Wyndham Francis Cook, dalla Collezione Alfred Danicourt e precedentemente dalla Collezione di Sir J. C. Robinson; acquistato nel 1925. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo armato (Achle) si congeda da una figura femminile alata con chitone ed himation. Iscrizione: achle; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Prima metà v a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: De Witte 1880, pp. 8-9; Furtwängler 1900, p. 284, n. 17, tav. lxiii.17; Smith, Hutton 1908, p. 13, n. 38, tav. ii.38; De Simone 1968, p. 33, n. 8; Zazoff 1968, p. 144, n. 305, con bibl. cit.; Boardman 1971, p. 206, nota 2; limc i, 1981, Achle 159; et oi G.5, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 127, n. 1064; ThLE2, p. 57, s.v.

52. Corniola (Fig. 45) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione Boze (Claudio Gros de?). Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Achle) di fronte a figura femminile, con le sole gambe coperte da un himation, nell’atto di salutare l’uomo, nel campo uno scudo. Interpretati come Marte e Venere in Rochette 1844 e in Reinach 1895. Iscrizione: achle. Direzione: sinistrorsa (se il disegno riproduce la gemma e non il calco). Datazione: incerta. Bibliografia principale: Lanzi 1782, Serie v, tomo ii, tav. 48.3; Rochette 1844, i, pp. 230-231, nota 7; Reinach 1895, p. 126, n. 26, tav. 121.26 (da Millin 1811).

Fig. 45. Disegno, da Reinach 1895, tav. 121.26.

Achele e Uthuze

Fig. 44a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 44b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

53. Scarabeo di sardonica zonata (Fig. 46) Luogo di conservazione: Bologna, Collezione Universitaria. N. inv.: inv. Ori 72. Collocazione precedente: Pubblicato già nel 1737 dal Gori e dall’Adami. Passa in possesso di Gerolamo Odam, poi del nobile cortonese Marcello Venuti, infine di Scipione Maffei, che lo lasciò in eredità ad Annibale degli Abati Olivieri di Pesaro. Lui lo donò all’Istituto delle Scienze di Bologna secondo le volontà del Maffei. Provenienza: Presso Bolsena, in un campo che era di possesso del conte Giuseppe Maria Cozza, nel 1737. Soggetto della decorazione: Commiato di Achle. Figura virile in armi (Achle) si allontana con scudo e lancia da figura virile (Utuze), seduta su diphros. Iscrizione: utuze; achele. Direzione: destrorsa. Datazione: v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968).

catalogo

41

Bibliografia principale: Gori 1737, ii, p. 434, iv, tav. cxcviii.iv; Gori 1770, p. 101, tav. lvi.4; Lanzi 1824, pp. 126127, n. xiv, tav. ix.3; Inghirami 1829, pp. 114-117, tav. clxxvi; Cades 1831-1839, 3b ix 18; Cades 1834, p. 118, n. 39; cii 2094 bis A; Fabretti 1867, col. 2019, s.v. utuze; Furtwängler 1900, p. 78, n. 28, tav. xvi.28; Lippold 1922, p. 173, tav. xli.3; nrie 463; De Simone 1968, pp. 32, n. 2, 124, n. 1; Zazoff 1968, p. 144, n. 301; limc i, 1981, Achle 157; cie , iii.2 10842, con bibl. cit.; Mandrioli Bizzarri 1987, pp. 38-39, n. 4, con bibl. cit.; Morandi 1990, pp. 28-29, fig. 11; et Vs G.1, pp. 361-362; Krauskopf et alii 1995, p. 84, n. 78, con bibl. cit.; Zwierlein-Diehl 2007, p. 387, tav. 75.312; ThLE2, p. 57, s.v.

Fig. 46c. Disegno, da Gori 1737, tav. cxcviii.iv.

Fig. 46a. Da Mandrioli Bizzarri 1987.

Fig. 46d. Disegno, da Lanzi 1824, tav. ix.3.

Fig. 46b. Calco, da Zwierlein-Diehl 2007, tav. 75.312.

Fig. 46e. Disegno, da Inghirami 1829, tav. clxxvi.

42

capitolo iii

54. Scarabeo di sardonica scura (corniola) (Fig. 47) Luogo di conservazione: Philadelphia, University Museum. N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione M. Sommerville. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Commiato di Achle. Figura virile in armi (Achle) si allontana con scudo e lancia da figura virile (Utuse), seduta su diphros. Iscrizione: achele; utus[e]. Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - tardo stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Sommerville 1889, pp. 62, 701, n. 530, tav. 44.530; De Simone 1968, pp. 33, n. 8a, 124, n. 3a; Zazoff 1968, p. 144, n. 303; limc i, 1981, Achle 161; et oi G.42, p. 367; limc vi, 1992, Odysseus/Uthuze 42; Krauskopf et alii 1995, p. 115, n. 794, con bibl. cit.; ThLE2, pp. 57, s.v. achele, 416, s.v. utuse.

Fig. 47. Calco, da Sommerville 1889, tav. 44.530.

Acha/ele e Aivas 55. Scarabeo di agata a fasce (Fig. 48) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1872.0604-4.1142 (670). Collocazione precedente: Collezione Castellani, acquisto 1872, già nella Collezione Santangelo. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Due figure virili nude stanti (Aivas e Achle), una delle quali appoggiata ad uno scudo. Iscrizione: aivas; achale; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - periodo middle - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: cii 1,462; Heydemann 1869, p. 55, n. 4; Furtwängler 1900, p. 88, n. 21, tav. xviii.21; Walters 1926, p. 83, n. 670, tav. 1.670; nrie 1055; De Simone 1968, pp. 11, n. 2, 33, n. 9; Richter 1968, p. 203, n. 823, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 145, n. 332; limc i, 1981,

Fig. 48a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 48b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Achle 8; et oi G.28, p. 366; Krauskopf et alii 1995, p. 97, n. 357; Camiz, Ferrazza 2006, n. 166; ThLE2, pp. 17, s.v. aivas, 56, s.v. achale. 56. Pseudo scarabeo di corniola con sirena in rilievo sulla parte superiore (Fig. 49) Luogo di conservazione: San Pietroburgo, Ermitage. N. inv.: 676. Collocazione precedente: nel 1787 nella Collezione del Duca d’Orleans, poi nella Biblioteca dell’Imperatore di Russia. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero in armi (Aivas) nella posa Knielauf, trasporta sulla spalla destra il cadavere di un guerriero nudo (Achle), vicino un fanciullo nudo nell’atto di correre (secondo il Lanzi simboleggia l’anima del defunto). Iscrizione: aivas; achele. Direzione: aivas destrorsa; achele sinistrorsa. L’iscrizione achele ha grafia diversa ed appare meno curata. Datazione: Prima metà del v sec. a.C. (primo quarto del v sec. a.C. in Zazoff 1968; intorno al 500 in Richter 1968) - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Caylus 1761, iv, p. 92, i, tav. xxxi.1; Millin 1811, p. 94, n. 602, tav. clxxibis.602; Lanzi 1824, pp. 128-129, n. xvii, con bibl. cit., tav. ix.6; Inghirami 1828, p. 38, nota 1; Inghirami 1831, pp. 29-31, tav. xiii; Inghirami 1843, pp. 9-10, tav. vii.2; cii 2515; Fabretti 1867, col. 49, s.v. Aivas; Furtwängler 1900, p. 76, n. 19, tav. xvi.19; nrie 1054; Charsekin 1963, p. 80, n. 17, con bibl. cit., tav. xii, fig. 16; Boardman 1968b, p. 165, n. 605, con bibl. cit.; De Simone 1968, pp. 11, n. 1, 32, n. 6; Richter 1968, p. 203, n. 822, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 12, n. 11, con bibl. cit., tav. 3.11; Boardman 1970, p. 187, n. 413; Neverov 1981, p. 18, tavv. v.6 e vi.7-8; limc i, 1981, Achle 141; O. Neverov, in Die Welt der Etrusker, pp. 374, G4 con bibl. cit., 375, fig. G4; et oi G.14, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 118, n. 878, con bibl. cit.; Camiz, Ferrazza 2006, n. 163; Zwierlein-Diehl 2007, p. 387, tav. 75.314; ThLE2, pp. 17, s.v. aivas, 57, s.v. achele.

catalogo

43 Aivas

Fig. 49a. Courtesy of © The Hermitage.

Fig. 49b. Calco, da Zwierlein-Diehl 2007, tav. 75.314.

Fig. 49c. Disegno, da Caylus 1761, tav. xxxi.1.

Fig. 49d. Disegno, da Lanzi 1824, tav. ix.6.

57. Scarabeo di corniola (Fig. 50) Luogo di conservazione: New York, Metropolitan Museum of Art. N. inv.: 41.160.489. Collocazione precedente: Collezione Wyndham Francis Cook, lascito di William Gedney Beatty nel 1941. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo con himation (Aivas), chino in avanti nell’atto di suicidarsi sulla spada infissa su una roccia. Nel campo lo scudo. Iscrizione: [aiv]as. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Inizi iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Smith, Hutton 1908, p. 14, tav. 2.41; Beazley 1920, p. 38, tav. A.20; Richter 1942, n. 42; Richter 1956, p. 46, n. 172, con bibl. cit., tav. xxix.172; Richter 1968, p. 176, n. 172, tav. 29.172; De Simone 1968, p. 11, n. 4; Zazoff 1968, p. 146, n. 337, con bibl. cit. (non cita l’iscrizione); limc i, 1981, Aias i, 113; et oi G.48, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 108, n. 624, con bibl. cit.; Camiz, Ferrazza 2006, n. 162; ThLE2, p. 17, s.v. aivas.

Fig. 50. Calco, da Richter 1968, tav. 29.172.

Fig. 49e. Disegno, da Inghirami 1831, tav. xiii.

Fig. 49f. Disegno, da Furtwängler 1900, vol. ii, fig. a p. 76.

58. Scarabeo di corniola (Fig. 51) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 1820bis. Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Aivas), nell’atto di suicidarsi sulla spada infissa nella roccia. Iscrizione: aivas. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Prima metà iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Babelon 1900, pp. 54-55, n. 1820bis; Babelon 1924, p. 78, n. 1820bis; De Simone

44

capitolo iii

1968, p. 12, n. 5; Zazoff 1968, p. 83, n. 146, con bibl. cit., tav. 30.146; limc i, 1981, Aias i 116*; et oi G.52, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 112, n. 728, con bibl. cit.; Camiz, Ferrazza 2006, n. 158.

Fig. 51. Da Zazoff 1968, tav. 30.146.

Fig. 52a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 52b. Calco, da Walters 1926, tav. xi.641.

Pathr(ucle)? 59. Scarabeo di corniola (Fig. 52) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1867.0507.425 (641). Collocazione precedente: Collezione Louis Duca de Blacas d’Aulps, ed ex Collezione Pierre Duca de Blacas d’Aulps, ex Collezione Laurenti, acquisto 1867. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero in armi si congeda da una figura ammantata assisa. Patroclo (?) oppure Protesilao che si congeda da Laodamia (?) oppure Achille che si congeda (Torelli 2002, p. 131). Iscrizione: pathr (iscrizione moderna, da esame autoptico effettuato nell’agosto 2010), già letta pathr per Pathr(oklos) (Fabretti in cii ), oppure laerth (Inghirami 1829, anche se le lettere th tracciate sul disegno, non sono affatto presenti sulla gemma), laor (Furtwängler 1900 e Zazoff 1968 che la giudica moderna), laor oppure laod per Laod(ameia) (Braun 1839) o lathr in ThLE2. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Primo quarto del v sec. a.C. - tardo stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Inghirami 1829, pp. 118-119, tav. clxxvii; Cades 1831-1839, 3a vii 19; Cades 1834, p. 102, n. 34; Braun 1839, p. 102, n. 34; Conestabile 1863a, pp. 339-340; cii 2524 bis; Furtwängler 1900, p. 78, n. 31, tav. xvi.31; Walters 1926, p. 79, n. 641, tav. xi.641; nrie 1190; Richter 1968, p. 210, n. 859; Zazoff 1968, p. 49, n. 52, tav. 15.52; limc i, 1981, Achle 160; Bevilacqua 1991, pp. 19, n. 15, 20, Codice Vat. Lat. 9738, f. 31º (Girolamo Amati), tav. ii.5; Krauskopf et alii 1995, p. 96, n. 335, con bibl. cit.; Torelli 2002, pp. 131, fig. 75, 143; ThLE2, p. 218, s.v. lathr.

Fig. 52c. Disegno, da Inghirami 1829, tav. clxxvii.

Uthuze 60. Scarabeo (?) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: presso Giovanni Paolozzi. Provenienza: Chiusi. Soggetto della decorazione: Uthuze. Iscrizione: utuze. Direzione: ? Datazione: incerta. Bibliografia principale: cii 483 bis; De Simone 1968, p. 126, n. 15; et Cl G.10, p. 363; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1217, con bibl. cit.; ThLE2, p. 416, s.v. Uthuze sacrificante 61. Scarabeo di agata a fasce bianco-grigio scure (Fig. 53) Luogo di conservazione: Copenaghen, Nationalmuseet. N. inv.: 3097. Collocazione precedente: acquisto Helbig a Roma, 1886. Provenienza: Tarquinia, Monterozzi, Secondi ArchiArcatelle (o da Orvieto in Lippold 1922 e in Zazoff 1968).

catalogo

Fig. 53a. Da Zazoff 1968, tav. 26.119.

Fig. 53b. Calco, da Lippold 1922, tav. xliii.13.

Fig. 53c. Calco, da limc vi, 1992, Odysseus/Uthuze 88.

Soggetto della decorazione: Figura virile nuda con himation (Uthuze), petaso dietro alla nuca, coltello nella mano destra, afferra per la testa un ariete appoggiato ad un masso. Iscrizione: uthuze. Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 291, n. 29, tav. lxiv.29; Lippold 1922, p. 174, tav. xliii.13; Fiesel 1928, p. 49; nrie 784, 1134; Banti 1966, p. 394, n. 1; De Simone 1968, p. 124, n. 3; Zazoff 1968, p. 77, n. 119, tav. 26.119; cie , iii.1, 10195; et Ta G. 5, p. 361; limc vi, 1992, Odysseus/Uthuze 88; Krauskopf et alii 1995, p. 92, n. 256, con bibl. cit.; ThLE2, p. 408, s.v. 62. Scarabeo di sardonica (Fig. 54) Luogo di conservazione: Vicente Lopez (Argentina), Collezione privata di Mario I. Pozzesi. N. inv.: RC 6603. Provenienza: Tarquinia, Monterozzi, Secondi ArchiArcatelle (in Banti 1966, in Zazoff 1968 e in et è da Falerii), trovato l’8 aprile 1892 in una tomba a camera, già saccheggiata, a 30 metri dalla Tomba del Pulcinella; poi rubato, denuncia nel 1916; nel 1966 in possesso del signor Mario I. Pozzesi in Argentina.

45

Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, con petaso dietro alla nuca (Uthuze), china in avanti, nell’atto di squartare con un coltello un quadrupede, appoggiato ad un masso. Iscrizione: uthuze. Direzione: destrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Helbig 1892, p. 155; Petersen 1892, p. 336; nrie 785; Pallottino 1937, col. 363, nota 2; Banti 1966, pp. 393-394, fig. 1; Banti 1967; De Simone 1968, p. 124, n. 4a; Zazoff 1968, p. 189, nota 1; cie , iii.1, 10036, con bibl. cit.; et Ta G.7, p. 361; Krauskopf et alii 1995, p. 126, n. 1050, con bibl. cit.; ThLE2, p. 408, s.v.

Fig. 54. Da cie iii.1, 10036.

63. Corniola (Fig. 55) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1906.0411.3 (692). Collocazione precedente: acquistato nel 1906 da Mihran Sivadjian, antiquario armeno residente a Parigi. Provenienza: Cipro (come riferito dal Sivadjian). Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, con himation (Uthuze), china in avanti, nell’atto di sacrificare con un coltello un animale appoggiato ad un masso. Iscrizione: uthuze; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Walters 1926, p. 86, n. 692, tav. 12.692; Banti 1966, p. 394, n. 3; De Simone 1968, p. 124, n. 3b; Zazoff 1968, p. 189, n. 1132, con bibl. cit.; et Cy G.1, p. 364; limc vi, 1992, Odysseus/Uthuze 89; Krauskopf et alii 1995, p. 97, n. 371, con bibl. cit.; ThLE2, pp. 408-409, s.v.

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capitolo iii

Uthuze con l’erba molu

Fig. 55a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 55b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

64. Scarabeo di corniola (Fig. 56) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 279. Collocazione precedente: Collezione del Duca de Luynes, donato nel 1862. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, con himation, con petaso sulla nuca (Uthuze), china in avanti, nell’atto di sacrificare con un coltello un animale appoggiato ad un masso. Iscrizione: uthuze. Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 99, n. 33, tav. xx.33; Babelon 1924, p. 41, n. 279; nrie 1133; Banti 1966, p. 394, n. 2; De Simone 1968, p. 124, n. 4; Zazoff 1968, p. 79, n. 126, tav. 28.126; et oi G.39, p. 366; limc vi, 1992, Odysseus/Uthuze 90; Krauskopf et alii 1995, p. 114, n. 773, con bibl. cit.; Broustet 2006, p. 142, n. 85, fig. 85; ThLE2, p. 409, s.v.

65. Scarabeo di corniola (Fig. 57) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. Collocazione precedente: Collezione Alessandro Castellani, acquisto 1865. N. inv.: 1865.0712.93 (674). Provenienza: Chiusi; in Zazoff 1968 è Chiusi? Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, barbata, con otre (Uthuze), china in avanti verso un’anfora, con un’erba (forse l’erba magica ÌáÏ˘) o un tappo in mano. Iscrizione: uthuze; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - Periodo middle - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Murray 1888, p. 68, n. 337; Walters 1926, p. 84, n. 674, tav. xi.674; De Simone 1968, p. 124, n. 2; Richter 1968, p. 203, n. 824; Zazoff 1968, p. 80, n. 133, tav. 29.133; et Cl G.7, p. 363; limc vi, 1992, Odysseus/Uthuze 67; Krauskopf et alii 1995, p. 97, n. 361, con bibl. cit.; ThLE2, p. 408, s.v.

Fig. 57a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum- London.

Fig. 57b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum- London.

Antiluche

Fig. 56a. Da limc vi, 1992, Odysseus/Uthuze 90.

Fig. 56b. Calco, da Broustet 2006, fig. 85.

66. Scarabeo (Fig. 58) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: già in possesso di R. Norton (Foto conservata a Boston). Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo (Antiluche) con scudo, nell’atto di cadere; a terra uno schiniere (?). Iscrizione: antiluche. Direzione: sinistrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero. Bibliografia principale: Hanfmann 1936, pp. 400, fig. 2, 402, n. 10; et oi G.55, p. 367; ThLE2, p. 31, s.v.

catalogo

47

Fig. 59a. Calco, da Lambrechts 1968, tav. iv.1.

Fig. 59b. Disegno, da De Montigny 1847, tav. 68.1.

Fig. 58. Calco, da Hanfmann 1936, fig. 2.

Talmithe (Palamede) 67. Scarabeo in corniola (Fig. 59) Luogo di conservazione: ? N. inv.: F 2215 (ex Durand 2198). Collocazione precedente: Collezione Vescovali, Collezione Edmond Durand (vendita Durand nel 1836), Collezione del Barone Roger, Collezione Révil, nell’anno 1849; a Parigi in Collezione presso il signor Lucien Cottreau (impronta conservata presso il dai di Roma). Provenienza: Vulci, scavi di Luciano Bonaparte, Principe di Canino. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, stante con lancia ed himation nell’atto di schiacciare un serpente, mentre una figura virile nuda, china in avanti, con petaso sulla nuca, sostiene la coda del serpente e si china verso di esso. Iscrizione: talmithe. Direzione: bustrofedica (destrorsa iº riga, sinistrorsa iiº riga, con epsilon retrograda e capovolta). Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile libero tardo etrusco (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 4a ix 45; Cades 1834, p. 118, n. 32; De Witte 1836, p. 446, n. 2198; De Montigny 1847, p. 284, tav. 68.1; Gerhard 1849a, coll. 51-54, tav. vi.2; Gerhard 1849b, col. 112; Michaelis 1857, pp. 255-256, tav. d’agg. H.1; Conestabile 1859, p. 84, nota 2; cii 2215; Fabretti 1867, col. 1750, s.v. talmethi; Deecke 1883, p. 25; Furtwängler 1900, pp. 84-85, n. 50, tav. xvii.50; Lippold 1922, p. 174, tav. xlii.10; De Simone 1968, p. 113, n. 1; Lambrechts 1968, pp. 18-19, n. 6, tav. 4.1; Zazoff 1968, p. 193, n. 1198, con bibl. cit.; et Vc G.2, p. 362; cie , iii.3, 11112, con bibl. cit.; limc vii, 1994, Palamedes 21; limc vii, 1994, Philoktetes 17; Krauskopf et alii 1995, p. 131, n. 1189, con bibl. cit.; Torelli 2002, p. 137; ThLE2, p. 378, s.v.

Fig. 59c. Disegno, da Gerhard 1849a, tav. VI.2.

68. Gemma (Fig. 60) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Impronta venduta dopo la morte di L. J. J. Dubois, “sous-conservateur” des antiques du Louvre. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione:   Figura virile nuda (Talmite) con himation, appoggiata ad una lancia, china in avanti sul masso sul quale sono collocate delle pedine da gioco. Iscrizione: talmite. Direzione: sinistrorsa (se il disegno riproduce la gemma e non il calco). Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile severo. Bibliografia principale: De Montigny 1847, p. 284, tav. 68.3; Bugge 1883, p. 25; nrie 1075; De Simone 1968, p. 113, n. 2; Lambrechts 1968, p. 19, n. 6, tav. 4.2.; et oi G.11, p. 365; limc vii, 1994, Palamedes 14; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1216, con bibl. cit.; ThLE2, p. 378, s.v.

48

capitolo iii

Fig. 61c. Calco, da Furtwängler 1900, tav. 17.34. Fig. 60. Disegno, da de Montigny 1847, tav. 68.3.

Paris 69. Scarabeo di sardonica (Fig. 61) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1772.0315.475 (631). Collocazione precedente: Collezione William Hamilton, acquistato nel 1772. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Arciere nudo chino in avanti (Paris), con himation sulla spalla destra, sul punto di tendere un grande arco poggiato su un pilastrino parallelepipedo. Iscrizione: paris; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, pp. 83-84, n. 34, tav. xvii.34; Walters 1926, p. 77, n. 631, tav. xi.631; nrie 1081, 1145; De Simone 1968, p. 97, n. 1; Zazoff 1968, p. 76, n. 117, tav. 26.117; limc i, 1981, Alexandros 76; Bonfante 1990, p. 38, fig. 25; et oi G.44, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 95, n. 326, con bibl. cit.; Jenkins, Sloan 1996, p. 201, n. 85, fig. 85, con bibl. cit.; ThLE2, p. 299, s.v.

70. Scarabeo? (Fig. 62) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Arciere nudo chino in avanti (Paris), sul punto di tendere un grande arco; a terra uno schiniere. Iscrizione: paris. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 2b vi 26; Furtwängler 1900, p. 84, n. 38, tav. xvii.38; nrie 1082; De Simone 1968, p. 98, n. 2; Zazoff 1968, p. 190, n. 1151, con bibl. cit.; limc i, 1981, Paris 77; et oi G.43, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 131, n. 1176, con bibl. cit.; ThLE2, p. 299, s.v.

Fig. 62. Calco, da Furtwängler 1900, tav. 17.38.

Fig. 61a. Da limc i, 1981, Alexandros 76.

Fig. 61b. Courtesy of © The British Museum-London.

71. Scarabeo d’agata (Fig. 63) Luogo di conservazione: Péronne, Collezione Alfred Danicourt. N. inv.: ? Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Arciere nudo chino in avanti (Paris), con himation sulla spalla destra, sul punto di tendere un grande arco. Iscrizione: parsi per paris (moderna?). Direzione: destrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero. Bibliografia principale: Boardman 1971, p. 208, fig. 19; Krauskopf et alii 1995, p. 115, n. 791, con bibl. cit.

catalogo

Fig. 63. Da Boardman 1971, fig. 19.

Truile 72. Scarabeo di corniola (Fig. 64) Luogo di conservazione: Den Haag, Koeningliche Niederlaendische Sammlung. N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione M. Vanhorn. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Giovane nudo, stante di prospetto con lancia, scudo ed himation. Iscrizione: truile. Il Visconti legge l’iscrizione 1TVRT2AE (Visconti 1811), e la interpreta come il nome di Tirteo. Il Conestabile osserva di persona (insieme al Professor Janssen) la gemma ed il suo calco e ritiene che la quarta lettera della prima riga sia non t, ma i; pertanto legge l’iscrizione PETRUI, se destrorsa (Conestabile 1863a). Locuzione falsa secondo M. Koehler (Koehler 1851, p. 18). Datazione: incerta. Direzione: destrorsa (se il disegno riproduce la gemma e non il calco). Bibliografia principale: Visconti 1811, p. 65, tav. iii.1; Visconti 1824, i, pp. 12-13, n. 1, tav. iii.1; Baron 1835, pp. 43-44; Conestabile 1863a, p. 328; Furtwängler 1900, iii, p. 206; nrie 1138; De Simone 1968, p. 120, n. 2; et oi G.70, p. 368; Krauskopf et alii 1995, p. 87, n. 144; Krauskopf 1999, p. 411, nota 36.

49

73. Scarabeo di corniola (Fig. 65) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione:   «Figura rozzissima sedente sopra una pietra; ha celata in testa, e tiene una lunga asta, o simil simbolo. A lato alcune lettere mal formate» (da Lanzi 1824, p. 131). Iscrizione: tru(ile). Per il Lanzi, che legge l’iscrizione (n)upl, la figura va identificata con Nauplio. Direzione: sinistrorsa (se il disegno riproduce la gemma e non il calco). Datazione: iv sec. a.C. - stile a globolo. Bibliografia principale: Caylus 1767, vii, p. 145, iv, tav. xxiii.iv; Lanzi 1824, pp. 131-132, n. xix, tav. ix.8, con bibl. cit.; cii 2548; probabilmente identificabile con cii 798 bis; et oi. G.76, p. 368.

Fig. 65a. Disegno, da Caylus 1767, tav. xxiii.iv.

Fig. 65b. Disegno, da Lanzi 1824, tav. ix.8.

Tamun 74. Scarabeo Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Calco in ceralacca trasmesso dal cav. Nicolò Maffei. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: «Giovane nudo che giuoca con gli altere» (cii , i, 471).  Iscrizione: tamun. Per De Simone è ¢·ÌˆÓ, nome di un guerriero troiano (Vedi limc iii, 1986, pp. 324-325, s.v.). Direzione: sinistrorsa. Datazione: v sec. a.C. Bibliografia principale: cii i,471; De Simone 1968, p. 114, s.v.; et oi G.19, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1221. Eroi della saga tebana I sette contro Tebe

Fig. 64. Disegno, da Visconti 1811, tav. iii.1.

75. Scarabeo di corniola, c.d. Gemma Stosch (Fig. 66) Luogo di conservazione: Berlino, Staatliche Museen, Antikenabteilung.

50

capitolo iii

Fig. 66a. Da Gli Etruschi, fig. a p. 459.

Fig. 66b. Disegno, da Gori 1742, tav. viii.

Fig. 66d. Disegno, da Carte Gori, f. 152, Man. A 276, da Micheli 1984, fig. 3.

Fig. 66c. Disegno, Filidauro Rossi, 1742, da Carte Gori, f. 153, Man. A 276, da Micheli 1984, fig. 2.

Fig. 66e. Disegno, da Carte Gori, f. 6, Man. A 266, da Micheli 1984, fig. 4.

catalogo

51

Fig. 66h. Disegno, da Winckelmann 1764, frontespizio.

Fig. 66i. Disegno, da Winckelmann 1767, fig. 105.

Fig. 66f. Disegno, “Foglio Volante” del 1756 con l’incisione di J. A. Schweickart (da Die Welt der Etrusker, fig. a p. 398).

Fig. 66m. Disegno, da Bossi 1795, tav. vii.1.

Fig. 66g. Disegno, da Antonioli 1757.

Fig. 66l. Disegno, da Guarnacci 1785, frontespizio.

Fig. 66n. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.7.

52

capitolo iii

Fig. 66o. Disegno, da Inghirami 1825, tav. u2.1.

Fig. 66q. Disegno, 1867, da CII 1070.

Fig. 66p. Disegno, da Winckelmann 1835 (da Zazoff 1974, fig. 11).

Un’impronta in ceralacca della gemma è conservata tra le carte di A. F. Gori a Firenze nella Biblioteca Marucelliana, Ms. A. 266 (Micheli 1984, p. 55, fig. 6, a sinistra).

N. inv.: FG 206 (194). Collocazione precedente: Proprietà del Conte Vincenzo Ansidei di Perugia. Fu mostrato dall’Ansidei al Gori a Firenze nel mese di giugno 1742 (Gori 1742, p. cxxix). L’Ansidei lo donò il 18 gennaio 1755 al Barone Philip de Stosch, residente a Firenze; dal 6 novembre 1757 passò in eredità al nipote Wilhelm Muzell Stosch, nel 1764 fu venduto a Federico il Grande e conservato a Potsdam, nel 1801 passò a Federico Guglielmo III e trasferito nel castello di Berlino. Provenienza: Territorio perugino, rinvenuto casualmente poco prima del 1742. Soggetto della decorazione: Cinque guerrieri raffigurati a consiglio: due stanti, armati di elmo, scudo e lancia (Tute e Atresthe) e tre seduti su diphroi: quello centrale con veste decorata a cerchielli (Amphiare), quello all’estrema destra nella posa pensosa (Phulnice) e quello all’estrema sinistra ammantato (Parthanapaes). Iscrizione: atresthe; parthanapaes; amphiare; tute; phulnice. (In et Pe G.2, p. 363 invece di phulnice è pulnice!). Direzione: atresthe sinistrorsa, parthanapaes sinistrorsa, amphiare destrorsa, tute destrorsa, phulnice destrorsa. Datazione: 500-480 a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Gori 1742, pp. cxxix-cxxxvi, tav. viii; Antonioli 1757; Winckelmann 1760, pp. 344347, n. 172; Winckelmann 1764, pp. 99-100; Winckelmann 1767, p. xxviii, fig. 105; Carli 1785; Guarnacci 1785, frontespizio; Raspe, Tassie 1791, ii, pp. 529-530, n. 9098; Bossi 1795, pp. 358-368, tav. vii; Millin 1811, pp. 5455, n. 507, tav. cxliii.507; Lanzi 1824, pp. 117-119, vii, tav. viii.7; Inghirami 1825, pp. 21-22, tav. U2.1; Ferrario 1830, pp. 118-119; Cades 1831-1839, 3b viii 1; Vermiglioli 1833, pp. 77-81, n. 1; Inghirami 1843, p. 9, tav. vii.1; Panofka 1852, pp. 56-60, n. 64, tav. ii.15; cii 1070; Fabretti 1867, coll. 100, 206, 1326, 1874, 2026, s.v. amphiare, atresthe, parthanapae, tute, phulnices; Furtwängler 1900, pp. 77-78, n. 27, tav. xvi.27; nrie 1086, 1088, 1189; De Simone 1968, pp. 15, n. 1, 29, n. 1, 97, n. 1, 121, n. 1, 129, n. 1; Richter 1968, p. 205, n. 832; Zazoff 1968, pp. 50-53, n. 54, tav. 16.54; Zwierlein-Diehl 1969, pp. 103-106, n. 237 con bibl. cit., tav. 51.237; Zazoff 1974, pp. 466-484; limc i, 1981, Amphiaraos 29; Cristofani 1983, pp. 79, 147, 148, fig. 75, 149, fig. 76; Zazoff 1983, fig. 59.3; Micheli 1984; Die Welt der Etrusker, p. 397, fig. a p. 398 (M. Kunze); et Pe G.2, p. 363; Gli Etruschi e l’Europa, pp. 286 (fig. a colori), 385, n. 400, a sinistra (M. Cristofani); limc vii, 1994, Septem 7; Krauskopf et alii 1995, p. 81, n. 15, tav. 1.d.15; Jenkins, Sloan 1996, p. 95, fig. 46; limc viii, 1997, Tydeus 10; Gli Etruschi, pp. 459 fig. a colori, 618, n. 259 (E. Zwierlein-Diehl); Krauskopf 2000b, p. 506, fig. 14; Torelli 2002, pp. 101, fig. 1, 143; Renaissance der Etrusker 2006, p. 29; Zwierlein-Diehl 2007, pp. 386-387, tav. 74.311b; Die Etrusker 2009, fig. a p. 15, pp. 45, fig. a destra, 97, v. 43, fig. 110, fig. 26; Etrusker in Berlin 2010, pp. 106, fig. 9.11, in alto, 107 (A. Schwarzmaier).

catalogo 76. Scarabeo di corniola Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione Castellani, già Collezione del Principe di Biscari. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: ? Iscrizione: partinipe; phulnice; [atr]s´te. Direzione: ? Datazione: Prima metà v sec. a.C. Bibliografia principale: cii i,463; Heydemann 1869, p. 56, n. 12; De Simone 1968, pp. 97, n. 2, 129, n. 2; et oi G.3, p. 365. Capne 77. Scarabeo di corniola (Fig. 67) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione Campanari. Provenienza: Vulci. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo (Capne) in ginocchio, con scudo. Iscrizione: capne. Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 3b viii 10; Cades 1834, p. 118, n. 27; cii 2153, con bibl. cit.; Fabretti 1867, col. 769, s.v. capne; Furtwängler 1900, p. 78, n. 33, tav. xvi.33; Lippold 1922, p. 174, tav. xlvi.4; De Simone 1968, p. 85, n. 2; Zazoff 1968, p. 173, n. 834; limc v, 1990, Kapaneus 33; et Vc G.1, p. 362; cie , iii.3, 11001, con bibl. cit.; Krauskopf et alii 1995, p. 129, n. 1143, con bibl. cit.

53

Provenienza: Pitigliano, in una tomba, nel 1838 insieme con una lucerna a forma di maschera e vasi (sia la gemma che il contesto sono stati sospettati di essere falsi da King: King 1867, p. 213). Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, china in avanti (Capne), nell’atto di armarsi: afferra un elmo ed un himation, a terra uno schiniere. Iscrizione: capne; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1834, p. 102, n. 31; Conestabile 1863a, p. 332; cii 2536; Fabretti 1867, col. 769, s.v. capne; Murray 1888, p. 60, n. 268; Furtwängler 1900, p. 84, n. 39, tav. xvii.39; Lippold 1922, p. 174, tav. xlvi.2; Walters 1926, p. 76, n. 624, tav. xi.624; De Simone 1968, p. 85, n. 3; Richter 1968, p. 206, n. 837, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 83, n. 141, tav. 30.141; limc v, 1990, Kapaneus 8; et Av G.1, p. 362; cie , iii.3, 11298, con bibl. cit.; Krauskopf et alii 1995, p. 95, n. 320, con bibl. cit., tav. 3. a. 320; Torelli 2002, p. 137.

Fig. 68a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 68b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 67. Calco, da Lippold 1922, tav. xlvi.4. Fig. 68c. Disegno, da Fabretti 1867, s.v. capne.

78. Scarabeo di agata a fasce (Fig. 68) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1867.0507.364 (624). Collocazione precedente: Collezione Louis Duca de Blacas d’Aulps, ex Collezione Pierre Duca de Blacas d’Aulps, acquisto 1867.

79. Scarabeo di corniola (Fig. 69) Luogo di conservazione: New York, Metropolitan Museum of Art.

54

capitolo iii

N. inv.: 48.11.1 (163). Collocazione precedente: Fondo Rogers, 1948 (acquistato tramite il fondo di Jacob S. Rogers, deceduto nel 1901). Provenienza: Populonia, Podere il Casone. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo (Capne) con scudo nella sinistra, nell’atto di cadere in ginocchio, al suo fianco lancia spezzata. Iscrizione: capne. Direzione: destrorsa. Datazione: Inizi v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: cii App. 844; Richter 194648, pp. 82-83, fig. 3, con bibl. cit.; Richter 1956, p. 42, n. 163, tav. xxvii.163; De Simone 1968, p. 85, n. 1; Richter 1968, p. 161, n. 163, tav. 27.163; Zazoff 1968, p. 173, n. 833, con bibl. cit.; limc v, 1990, Kapaneus 32; et Po G.1, p. 362; Krauskopf et alii 1995, p. 108, n. 615, con bibl. cit., tav. 2.a.615; Krauskopf 2000b, pp. 502, con bibl. cit., 504, fig. 7.

Fig. 70a. Da Zazoff 1963, fig. 4.14.

Fig. 70b. Calco, da Zazoff 1963, figg. 4.14.

Fig. 70c. Calco, da limc v, 1990, Kapaneus 34.

Fig. 69. Calco, da limc v, 1990, Kapaneus 32.

80. Scarabeo di corniola (Fig. 70) Luogo di conservazione: Hamburg, Museum für Kunst und Gewerbe. N. inv.: 1964.300 (22). Collocazione precedente: Collezione Dr. J. Jantzen, Bremen. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo (Capne) con scudo nella sinistra, nell’atto di cadere in ginocchio, colpito dal fulmine di Zeus. Iscrizione: capne. Direzione: destrorsa. Datazione: Fine v-inizi iv sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 3b viii 11; Zazoff 1963, coll. 64-68, n. 14, con bibl. cit., figg. 4.14, 5; De Simone 1968 p. 85, n. 4; Zazoff 1968, p. 55, n. 65, tav. 18.65; Zazoff 1975, p. 365, n. 22, con bibl. cit., tav. 252.22; Zazoff 1983, fig. 56.6; limc v, 1990, Kapaneus 34; et oi G.45, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 91, n. 219, con bibl. cit.

81. ? (Fig. 71) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo (Capne) con scudo nella destra e spada nella sinistra, trafitto dal fulmine che lo ha colpito e che è caduto tra le sue gambe; a lato, la scala (per salire le mura di Tebe). Iscrizione: ca(-), letta auth (et). Direzione: sinistrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero. Bibliografia principale: Boardman 1975, pp. 105-106, n. 141; et oi G.57, p. 367.

Fig. 71. Da Boardman 1975, n. 141.

catalogo 82. Scarabeo di agata bianca (Fig. 72) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Mèdailles (?). N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione del Duca de Luynes, donato nel 1862, già Caylus. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo (Capne) con elmo, scudo e spada, mentre scende delle scale (dalle mura di Tebe). Iscrizione: kapnth per kapne, letta aranth (et ). Direzione: sinistrorsa (se il disegno riproduce la gemma e non il calco). Datazione: iv sec. a.C. (?) Bibliografia principale: Caylus 1761, iv, p. 109, tav. xxxvii.iv; Caylus 1764, vi, pp. 80-81, iiii, tav. xxv.iii; D’Hancarville 1766-1767, iii, p. 193, n. 143, tav. in fronte a p. 194; Millin 1811, p. 55, n. 510, tav. cxxxix.510; Lanzi 1824, p. 122, x, tav. viii.10; Conestabile 1863a, p. 333; cii 2535; et oi G. 22, p. 365; Jenkins, Sloan 1996, p. 98, fig. 49.18.

Fig. 72a. Disegno, da Caylus 1761, tav. xxxvii.iv.

55 Tute

83. Scarabeo di agata (Fig. 73) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1867.0507.369 (628) (ex Blacas 369). Collocazione precedente: Collezione Louis Duca de Blacas d’Aulps, ex Collezione Micali, ex Collezione Pierre Duca de Blacas d’Aulps, acquistato nel 1867. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo (Tute), chino in avanti, con scudo, colpito da una freccia al polpaccio, dal quale gronda sangue. Nel campo un oggetto ovale (pietra?). Iscrizione: tute. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Micali 1821, tav. 54, fig. 1; Cades 1831-1839, 3b viii 4; Conestabile 1863a, p. 331; Murray 1888, p. 64, n. 299, tav. E.299; Furtwängler 1900, p. 83, n. 30, tav. xvii.30; Lippold 1922, pp. 174-175, tav. xlvi.11; Walters 1926, p. 77, n. 628, tav. xi.628; nrie 1144; De Simone 1968, p. 122, n. 5; Richter 1968, pp. 206207, n. 841, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 83, n. 143, tav. 30.143; et oi G.38, p. 366; Krauskopf et alii 1995, p. 95, n. 324, con bibl. cit., tav. 2.i.324; limc viii, 1997, Tydeus 4; Torelli 2002, pp. 146-147, fig. 102.

Fig. 72b. Disegno, da Caylus 1764, tav. xxv.iii.

Fig. 73a. Da Zazoff 1968, tav. 30.143.

Fig. 73b. Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 72c. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.10.

Fig. 73c. Calco, Courtesy of © The British MuseumLondon.

56

capitolo iii

84. Scarabeo di corniola (Fig. 74) Luogo di conservazione: Berlino, Staatliche Museen, Antikenabteilung. N. inv.: FG 204. Collocazione precedente: Collezione Campanari, acquisto 1842, già in possesso del Principe di Canino. Provenienza: Vulci, scavi di Luciano Bonaparte Principe di Canino (con ogni probabilità del maggio 1840). Soggetto della decorazione: Guerriero nudo, barbato (Tute), con scudo e spada, nell’atto di cadere, a terra l’elmo. Iscrizione: tute. Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero iniziale (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 3b viii 3; Micali 1832, p. 194, n. 3, tav. cxvi.3; Cades 1834, p. 106, n. 27; Braun 1841, p. 131; Inghirami 1843, p. 45, tav. lxxx.4; cii 2155, tav. xl; Fabretti 1867, col. 1874, s.v. tute; Furtwängler 1900, p. 79, n. 53, tav. xvi.53; Lippold 1922, p. 174, tav. xlvi.6.; De Simone 1968, p. 121, n. 3; Richter 1968, p. 206, n. 839, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 62, n. 82, tav. 21.82; Zwierlein-Diehl 1969, pp. 106-107, n. 239, con bibl. cit., tav. 52.239; Zazoff 1983, fig. 60.2; et Vc G.4, p. 362; Micheli 1993, p. 151; cie , iii,3, 11111, con bibl. cit.; Krauskopf et alii 1995, p. 82, n. 22, con bibl. cit., tav. 2.f.22; limc viii, 1997, Tydeus 5; Zwierlein-Diehl 2007, p. 388, tav. 77.322; Etrusker in Berlin 2010, pp. 106, fig. 9.11, in basso a destra, 107 (A. Schwarzmaier); Bubenheimer-Erhart 2010, p. 150.

Fig. 74a. Da ZwierleinDiehl 2007, tav. 77.322.

Fig. 74b. Disegno,da Micali 1832, tav. cxvi.3.

Fig. 74c. Disegno, da cii 2155.

85. Pietra d’anello di agata a fasce (Fig. 75) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 1805. Collocazione precedente: Collezione Adolph Arthur Dehn. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero (Tute) nudo, con scudo, nell’atto di cadere in ginocchio. Iscrizione: tute. Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero iniziale (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Winckelmann 1767, pp. xxviii, xxxi, fig. 106; Raspe, Tassie 1791, ii, p. 531, n. 9100, tav. li.9100; Millin 1811, p. 55, n. 509, tav. cxl.509; Lanzi 1824, p. 121, ix, tav. viii.8; Cades 1831-1839, 3b viii 2; cii 2544; Fabretti 1867, col. 1874, s.v. tute; Babelon 1900, p. 53, n. 1805; Furtwängler 1900, p. 79, n. 52, tav. xvi.52; Lippold 1922, p. 175, tav. xlvi.15; Babelon 1924, p. 77, n. 1805; nrie 1143; De Simone 1968, pp. 121-122, n. 4; Zazoff 1968, p. 61, n. 79, tav. 20.79; Martini 1971, p. 74, tav. 20.2; Zazoff 1983, fig. 60.3-4; limc v, 1990, Kapaneus 55; et oi G.37, p. 366; Krauskopf et alii 1995, p. 112, n. 722, con bibl. cit., tav. 2.c.722; limc viii, 1997, Tydeus 6.

Fig. 75a. Da Zazoff 1968, tav. 20.79.

Fig. 75b. Disegno, da Winckelmann 1767, fig. 106.

Fig. 75c. Disegno, da Raspe, Tassie 1791, tav. li.9100.

Fig. 75d. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.8.

catalogo 86. Scarabeo di corniola (Fig. 76) Luogo di conservazione: Berlino, Staatliche Museen, Antikenabteilung. N. inv.: FG 195 (n. 195). Collocazione precedente: Re di Prussia, già Collezione Philip de Stosch, acquistato dal Barone Philip de Stosch da un antiquario nel 1754. Un’impronta in ceralacca della gemma è conservata tra le carte di A.F. Gori a Firenze nella Biblioteca Marucelliana, Ms. A. 266 (Micheli 1984, p. 55, fig. 6, a destra). Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Tute), raffigurata come un atleta di prospetto con busto inclinato lateralmente nell’atto di detergersi con lo strigile. Iscrizione: tute. Direzione: destrorsa. Datazione: Primo quarto del v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Winckelmann 1760, pp. 348350, n. 174; Winckelmann 1764, pp. 100-101, fig. a p. 114; Winckelmann 1767, p. xxviii, fig. 106; Raspe, Tassie 1791, ii, pp. 530-531, n. 9099, tav. li.9099; Millin 1811, p. 55, n. 508, tav. cxxxix.508; Lanzi 1824, pp. 120-121, viii, tav. viii.9; Cades 1831-1839, 3b viii 5; Panofka 1852, p. 60, n. 65, tav. ii.16; cii 2545; Fabretti 1867, col. 1874, s.v. tute; Furtwängler 1900, p. 80, n. 59, tav. xvi.59; Lippold 1922, p. 174, tav. lvi.12; De Simone 1968, p. 121, n. 2; Richter 1968, p. 183, n. 724; Zazoff 1968, p. 54, n. 60, tav. 17.60; Zwierlein-Diehl 1969, p. 106, n. 238, con bibl. cit., tav. 51.238; Zazoff 1974, pp. 479-484, figg. 8-11, a destra; Cristofani 1983, pp. 150-151, 154, fig. 83; Zazoff 1983, fig. 59.1; Die Welt der Etrusker, p. 397, fig. a p. 399 (Max Kunze); et oi G.12, p. 365; Gli Etruschi e l’Europa, p. 385, n. 400, a destra (M. Cristofani); Micheli 1993, p. 149; Krauskopf et alii 1995, p. 81, n. 16, con bibl. cit., tav. 4.g.16; Jenkins, Sloan 1996, p. 96, fig. 47; limc viii, 1997, Tydeus 1; Torelli 2002, pp. 132, 134, fig. 86; Renaissance der Etrusker 2006, p. 29, fig. 25; Zwierlein-Diehl 2007, pp. 387-388, tav. 76.317; Die Etrusker 2009, fig. copertina, pp. 45, fig. a sin., 97, v. 44, fig. 111; Etrusker in Berlin 2010, pp. 106, fig. 9.11, in basso a sinistra, 107 (A. Schwarzmaier).

57

Fig. 76c. Disegno, da Winckelmann 1764, fig. a p. 114.

Fig. 76d. Disegno, I. Luckert, da Zazoff 1974, fig. 11 a destra.

Fig. 76e. Disegno, da Winckelmann 1767, fig. 106.

Fig. 76f. Disegno, da Raspe, Tassie 1791, tav. li.9099.

Fig. 76g. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.9.

Fig. 76a. Da ZwierleinDiehl 2007, tav. 76.317.

Fig. 76b. Disegno, da Winckelmann 1760.

87. Scarabeo di corniola (Fig. 77) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 13957 (82). Collocazione precedente: Collezione Chapelle, dalla Collezione Abati. Provenienza: ignota.

58

capitolo iii

Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Tute), raffigurata come un atleta di prospetto con busto inclinato lateralmente nell’atto di detergersi con lo strigile. Iscrizione: tute. Direzione: destrorsa. Datazione: Primo quarto del v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Babelon 1899, pp. 31, n. 82, 96, tav. vi.82; De Simone 1968, p. 121, n. 4; Richter 1968, p. 183, n. 725; Zazoff 1968, p. 54, n. 61, tav. 17.61; Zazoff 1983, fig. 59.2; et oi G.21, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 113, n. 751, con bibl. cit.; limc viii, 1997, Tydeus 2. Fig. 78. Da Wagner, Boardman 1993, tav. 26.111.

Altre figure mitologiche Memas

Fig. 77. Da Zazoff 1968, tav. 17.61.

88. Scarabeo di lapislazzulo (Fig. 78) Luogo di conservazione: Malibu, Paul Getty Museum (?). N. inv.: ? Collocazione precedente: H. H. Kricheldorf. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Tute), raffigurata come un atleta di prospetto con busto inclinato lateralmente nell’atto di detergersi con lo strigile. Iscrizione: tute (le ultime due lettere sembrano incomplete anche secondo gli editori). Autentica? Direzione: sinistrorsa. Datazione: incerta. Bibliografia principale: H. H. Kricheldorf Sale 11, 1962, p. 394, tav. 18; Wagner, Boardman 1993, p. 21, n. 111, tav. 26.111.

89. Corniola (Fig. 79) Luogo di conservazione: Boston, Museum of Fine Arts. N. inv.: 98.733 (258). Collocazione precedente: Collezione Strozzi di Firenze, già Collezione Tyskiewicz. Acquistato nel 1897, Collezione del Conte Michel Tyszkiewicz; 1898: vendita della Collezione del Conte M. Tyszkiewicz, Hotel des Commissaires-Priseurs, 9 rue Drouot, Paris, June 8-10, lot 258 (acquistato a Napoli); acquistato dal Museum of Fine Arts nel 1898 da E. Perry Warren, Fondo Henry Lillie Pierce. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (Memas) in veduta dorsale, con elmo (?) ed himation sulla spalla, con scudo, nell’atto di lanciare una grossa pietra, mentre sale su un rialzo roccioso. Iscrizione: me(m)as. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Fine v - inizi iv sec. a.C. (in limc ); seconda metà v sec. a.C. (in et ) - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Braun 1841, p. 132; cii App. 842; Poggi 1879, pp. 58-61, n. 22; Bugge 1883, pp. 30-31; Furtwängler 1900, p. 98, n. 27, tav. xx.27; Hanfmann 1936, p. 403, n. 5; Zazoff 1968, p. 155, n. 504; limc iv, 1988, Gigantes 442; et oi G.41, p. 367; limc vi, 1992, Meas 2; Torelli 2002, p. 136.

Fig. 79. Calco, da limc vi, 1992, Meas 2.

catalogo

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Prumathe

Ataiun

90. Scarabeo di agata a fasce (Fig. 80) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1966.7-27.1. Collocazione precedente: acquistato nel 1966; il venditore ha riferito che il padre lo aveva acquistato a Roma agli inizi del xx secolo. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Prumathe), barbata, seduta su roccia, legata con le mani sulla testa, gambe distese, con un’aquila posata su una gamba, che, con ali aperte, tocca con il becco il petto della figura. Iscrizione: pr (per Prumathe?). Lettere viste dalla Richter prima del restauro; ora è visibile solo una labile traccia della prima, solo sul calco (da esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: ? Datazione: Primo quarto v sec. a.C. - stile severo. Bibliografia principale: Richter 1967-68, pp. 6-8, tav. 4a-c; Richter 1968, pp. 211-212, n. 865, con bibl. cit.; limc vii, 1994, Prometheus 36.

91. Scarabeo di sardonica (Fig. 81) Luogo di conservazione: Boston, Museum of Fine Arts. N. inv.: 98.730. Collocazione precedente: Fondo Henry Lillie Pierce, 1898, acquistato da Edward Perry Warren. Provenienza: Tuscania. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Ataiun), con himation, nell’atto di sollevarsi da uno sgabello, presso una fonte con protome leonina, che sgorga tra i fiori, e di tenere al guinzaglio o giocare con un cane. Iscrizione: ataiun. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: cii 2149; cii i, 385; Furtwängler 1900, p. 84, n. 47, tav. xvii.47; Lippold 1922, p. 170, tav. xxiii.1; Hanfmann 1936, pp. 402-403, n. 4, con bibl. cit.; De Simone 1968, p. 27, n. 1; Richter 1968, p. 193, n. 780; Zazoff 1968, p. 146, n. 341, con bibl. cit.; limc i, 1981, Aktion 124; et At G.1, p. 361; cie , iii.1, 10409; Krauskopf et alii 1995, p. 85, n. 95, tav. 4.e.95; Torelli 2002, pp. 136137, fig. 87.

Fig. 80a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 81a. Da limc i, 1981, Aktion 124.

Fig. 81b. Calco, da Lippold 1922, tav. xxiii.1.

Easun

Fig. 80b. Calco, da limc vii, 1994, Prometheus 36.

Fig. 80c. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

92. Scarabeo di corniola (Fig. 82) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1872.0604.1166 (669). Collocazione precedente: Collezione Alessandro Castellani, acquisto 1872, già presso Don Francesco Carelli a Napoli, già presso la Collezione Vannutelli a Roma. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Easun), con petaso al collo ed himation, sospinge con la mano sinistra una nave (Argo), dotata di remo. Iscrizione: easun; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa (con sigma sinistrorso). Datazione: Metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968).

60

capitolo iii

Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 2b vi 37; Micali 1832, p. 194, n. 2, tav. cxvi.2; cii 2520; cii 1,464; Fabretti 1867, col. 331, s.v. Easun; Heydemann 1869, p. 55, n. 1; Murray 1888, p. 70, n. 350; Furtwängler 1900, p. 87, n. 4, tav. xviii.4; nrie 1084; Walters 1926, p. 83, n. 669, tav. xi.669; De Simone 1968, p. 52, n. 1; Richter 1968, p. 207, n. 845; Zazoff 1968, p. 77, n. 120, tav. 26.120; limc ii, 1984, Argonautai 3; Bonfante 1990, p. 38, fig. 27; limc v, 1990, Iason 5; et oi G.24, p. 366; Krauskopf et alii 1995, p. 97, n. 356, con bibl. cit.

Fig. 82a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Iscrizione: elina (da notare l’aspetto sinuoso dell’asta della epsilon). Direzione: sinistrorsa. Datazione: v sec. a.C., datato alla prima metà iv sec. a.C. in Zwierlein-Diehl 2007 - stile tardo etrusco (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Eckhel 1788, pp. 76-77, tav. 40; Millin 1811, p. 63, n. 539, tav. clvi.539; Inghirami 1825, ii, pp. 466, 471, tav. Y.2.2; M., in «Antologia», 30, giugno 1828, pp. 101-105; Inghirami 1831, p. 27, tav. xi; Inghirami 1843, p. 31, tav. xxxix.5; cii 2522; Fabretti 1867, col. 361; Furtwängler 1900, p. 89, n. 32, tav. xviii.32; De Simone 1968, p. 58, n. 2; Zazoff 1968, p. 108, n. 207, tav. 40.207; Zwierlein-Diehl 1973, p. 47, n. 46, con bibl. cit.; limc iv, 1988, Helene/Elina 1; et oi G.23, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 124, n. 1013, con bibl. cit.; Ambrosini 19992000b, p. 520; Krauskopf 2000a, pp. 279-280, 285, fig. 1; Ambrosini 2002, pp. 83-84, fig. 15; Torelli 2002, pp. 107, fig. 28, 112-113, fig. 40; Zwierlein-Diehl 2007, p. 391, tav. 79.339, con bibl. cit.

Fig. 82b. Calco,da Walters 1926, tav. xi.669.

Fig. 82c. Disegno, da Micali 1832, tav. cxvi.2

Fig. 83a. Da ZwierleinDiehl 2007, tav. 79.339.

Fig. 83b. Disegno, da Inghirami 1825, tav. y.2.2.

Fig. 83c. Disegno, da Inghirami 1831, tav. xi.

Fig. 83d. Disegno, da Inghirami 1843, tav. xxxix.5.

Fig. 82d. Disegno, da cii 2520.

Elina 93. Scarabeo di corniola (Fig. 83) Luogo di conservazione: Vienna, Kunsthistorisches Museum. N. inv.: ix B 225. Collocazione precedente: Gabinetto Imperiale di Antichità. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura femminile alata (Elina), con chitone, china in avanti, nell’atto di prelevare da un cofanetto dell’incenso per deporlo sul thymiaterion. Al polso è sospeso un contenitore con manico.

catalogo Pele 94. Scarabeo di corniola (Fig. 84) Luogo di conservazione: Ginevra, Musée d’Art et d’Histoire. N. inv.: 7235. Collocazione precedente: Collezione François DuvalTöpffer, figlio di Louis-David Duval, gioielliere presso l’Imperatrice Caterina di Russia a San Pietroburgo dal 1754. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Pele), raffigurata nell’atto di lavarsi i capelli presso un labrum. Dai capelli cadono gocce d’acqua. Iscrizione: p[el]e; in et la lettura è [pe]le, ma sono visibili sia p che e; in limc vii, 1994, la lettura è [pel]e. Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Déonna 1925, p. 95, tav. 5.55; Vollenweider 1967, pp. 165-166, n. 224, con bibl. cit., tav. 85.9-11; Zazoff 1968, p. 97, n. 186, tav. 37.186, con bibl. cit.; Zazoff 1983, fig. 60.6; et oi G 18, p. 365; limc vii, 1994, Peleus 1; Krauskopf et alii 1995, p. 89, n. 183, con bibl. cit.

Fig. 84a. Da Zazoff 1968, tav. 37.186.

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ckelmann 1767, p. xxxii, fig. 125; Raspe, Tassie 1791, ii, p. 537, n. 9195, tav. LI.9195; Lanzi 1824, p. 124, tav. ix.1; Inghirami 1829, pp. 185-186, tav. ccxiv; Cades 1831-1839, 3b ix 1; cii 2539, con bibl. cit.; Fabretti 1867, col. 1344; Furtwängler 1900, p. 85, n. 51, tav. xvii.51; Lippold 1922, p. 173, tav. xl.1; Hanfmann 1936, p. 403, n. 9; De Simone 1968, p. 100, n. 7; Zazoff 1968, p. 97, n. 187, tav. 37.187; Cristofani 1983, pp. 150-151, 154, fig. 82; Zazoff 1983, fig. 60.7; et Cl G.6, p. 363; limc vii, 1994, Peleus 2; Krauskopf et alii 1995, p. 127, n. 1062, con bibl. cit., tav. 4.i.1062; Torelli 2002, pp. 132, 134, fig. 85; Die Etrusker 2009, p. 95, fig. 109.

Fig. 85a. Calco, da Zazoff 1968, tav. 37.187.

Fig. 85b. Disegno, da Winckelmann 1764, fig. a p. 140.

Fig. 85c. Disegno, da Caylus 1767, tav. xxiii.ii.

Fig. 85d. Disegno, da Winckelmann 1767, fig. 125.

Fig. 85e. Disegno, da Raspe, Tassie 1791, tav. li.9195.

Fig. 85f. Disegno, da Lanzi 1824, tav. ix.1.

Fig. 84b. Calco, da Zazoff 1968, tav. 37.186

95. Scarabeo di corniola (Fig. 85) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Già Roma, Collezione di Christian Dehn. Forse da identificare con il n. inv. 98.1123 a Boston, Museum of Fine Arts? Lascito di Mrs. Gardner Brewer, 1898. Provenienza: Chiusi. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Pele), raffigurata nell’atto di lavarsi i capelli presso un labrum. Dai capelli cadono gocce d’acqua. Iscrizione: pele. Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Winckelmann 1764, p. 101, fig. a p. 140; Caylus 1767, vii, p. 144, tav. xxiii.ii; Win-

62

capitolo iii

Fig. 85g. Disegno, da Inghirami 1829, tav. ccxiv.

96. Scarabeo di corniola (Fig. 86) Luogo di conservazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale. N. inv.: 27000/1155. Collocazione precedente: Collezione del Cardinale Borgia; già presso l’abate Gaetano Marini, Archivista della Santa Sede, poi a Velletri, Museo Borgiano. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Pele), raffigurata nell’atto di lavarsi i capelli. In entrambe le mani, lo strigile. Dai capelli cadono gocce d’acqua. Iscrizione: pele. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero. Bibliografia principale: Lanzi 1824, p. 124, tav. ix.2; cii 2540, con bibl. cit.; Fabretti 1867, col. 1344; De Simone 1968, p. 101, n. 17; Guzzo 1971, p. 328, n. 4, con bibl. cit., tav. I.4; et oi G.66, p. 368; Pannuti 1994, p. 25, n. 7, figg. a p. 26; Krauskopf et alii 1995, p. 107, n. 607, con bibl. cit., tav. 4.h.607; Hansson 2005, p. 84.

Fig. 86a. Pannuti 1994, fig. a p. 26.

Fig. 86c. Disegno, da Lanzi 1824, tav. ix.2.

97. Scarabeo di agata a fasce (Fig. 87) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1872. 6-4 1150 (280). Collocazione precedente: Collezione Alessandro Castellani, acquisto 1872, già Fanelli (Fanello?) di Chiusi, da identificare con quello della Collezione Casuccini (?). Provenienza: Chiusi.  Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, piegata sulle ginocchia, di profilo verso sinistra, nell’atto di lavarsi il braccio destro, poggia con la punta dei piedi su una linea orizzontale. Già definita “Peleo si lava il braccio sinistro”. Quello della Collezione Casuccini era definito Pele «figurato in ginocchioni, ed assiso sui talloni, in atto di asciugarsi il sinistro braccio che un pò (sic!) goffamente pronunciasi, e con qualche difetto sembrami condotto dal lato artistico» (Conestabile 1859, p. 82). Iscrizione: ·pele·; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero. Bibliografia principale: Murray 1888, p. 62, n. 280. Bibliografia dello scarabeo della Collezione Casuccini: Brunn 1859, p. 5; Conestabile 1859, p. 82; cii 484 bis; Fabretti 1867, col. 1344; De Simone 1968, p. 101, n. 16; et Cl G.11, p. 363; Krauskopf et alii 1995, p. 111, n. 687, con bibl. cit.

Fig. 86b. Calco, da Pannuti 1994, fig. a p. 26. Fig. 87a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 87b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

catalogo 98. Scarabeo di agata (onice in cie ) (Fig. 88) Luogo di conservazione: ? Collocazione precedente: già a Tarquinia, Museo Archeologico Nazionale, rubato, denuncia del 1916. N. inv.: RC 4407. Provenienza: Tarquinia, Monterozzi, Secondi ArchiArcatelle trovato nel mese di febbraio 1894 in una tomba a camera in località Arcatelle, predio Querciola. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Pele) di profilo, china in avanti, versa da un aryballos dell’olio sulla mano; davanti a lui un servitore nero accovacciato gli porge una spugna. Iscrizione: pele. Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Helbig 1894, pp. 52-53; Beazley 1920, p. 40, tav. A.16; Pallottino 1937, col. 363, nota 2; De Simone 1968, p. 99, n. 1; Zazoff 1968, p. 192, n. 1178, con bibl.; cie , iii.1, 10033 con bibl. cit.; et Ta G.2, p. 361; limc vii, 1994, Peleus 6; Krauskopf et alii 1995, p. 131, n. 1181, con bibl. cit.; Boardman, Comstock, Vermeule 2002, p. 38.

Fig. 88. Calco, da cie , iii.1, 10033.

99. Scarabeo di agata (Fig. 89) Luogo di conservazione: New York, Metropolitan Museum of Art. N. inv.: 41.160.507 (170). Collocazione precedente: lascito di William Gedney Beatty nel 1941. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Pele), raffigurata nell’atto di giocare con un cane (o dargli del cibo). Iscrizione: pele. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile di transizione (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Richter 1956, p. 45, n. 170, con bibl. cit., tav. xxviii.170; De Simone 1968, p. 100, n. 6; Richter 1968, p. 170, n. 170, tav. 28.170; Zazoff 1968, p.

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171, n. 798, con bibl. cit.; et oi G.10, p. 365; limc vii, 1994, Peleus 8; Krauskopf et alii 1995, p. 108, n. 622, con bibl. cit.; Hansson 2005, p. 84.

Fig. 89. Calco, da Richter 1968, tav. 28.170.

Atalanta 100. Scarabeo (Fig. 90) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Disegno conservato nella Dattilioteca Lippert e una pasta vitrea moderna nella Collezione Lippert. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura femminile nuda (Atalanta), rannicchiata, con una scatola aperta; sospesi nel campo, spugna, strigile, aryballos e un disco. Iscrizione: atalanta. Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 3a vi 45; Furtwängler 1900, p. 77, n. 21, tav. xvi.21; nrie 1130; Boardman 1968b, p. 111, n. 339, tav. xxiv.339; De Simone 1968, p. 28, n. 1; Zazoff 1968, p. 147, n. 351; limc ii, 1984, Atalante 61C; et oi G.2, pp. 364-365; Krauskopf et alii 1995, p. 127, n. 1074.

Fig. 90a. Calco, da limc ii, 1984, Atalante 61C.

Fig. 90b. Furtwängler 1900, col. ii, fig. a p. 77.

64

capitolo iii

Pele e Atalanta o Menle (?) e Elina (?) 101. Corniola (Fig. 91) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: già Collezione del Canonico Pasquini di Chiusi. Provenienza: Chiusi (Gerhard). Soggetto della decorazione: Figura virile nuda con elmo, seduta su una roccia, davanti a lui figura femminile nuda con specchio in mano, nell’atto di ritrarsi o di coprirsi il seno. Iscrizione: pele (?); rele oppure lere in Furtwängler 1900 e in Zazoff 1968 è reue; in Cades 1834 e Zwierlein-Diehl 2007 l’iscrizione è E§E¢ forse ELE(N)A?; in Inghirami 1832 è erkle. Direzione: sinistrorsa. Datazione: iv-iii sec. a.C. - stile di transizione (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 4a ix 46; Cades 1834, p. 119, n. 41; Inghirami 1832, pp. 60, 117, tav. lxi.1 letta vev e cxviii.1 letta vecve; cii 482 e 484; Fabretti 1867, col. 360; Furtwängler 1900, p. 94, n. 41, tav. xix.41; De Simone 1968, p. 7; Zazoff 1968, p. 184, n. 1041; Rallo 1974, pp. 44-46, n. 17, tav. xxix; limc iv, 1988, s.v. Helene/Elina 24 con bibl. cit.; et Cl G.13, p. 363; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1218, con bibl. cit.; limc viii, 1997, Menelaos/Menle 8; Torelli 2002, p. 138, n. 4; Hansson 2005, p. 84; Zwierlein-Diehl 2007, p. 393, tav. 81.349, con bibl. cit. È lo stesso di De Simone 1968, p. 60, n. 228, n. 68; et Cl G.9, p. 363.

Fig. 91a. Calco, da limc viii, 1997, Menelaos/Menle 8.

Fig. 91b. Disegno, da Inghirami 1832, tav. lxi.1.

Fig. 91c. Disegno, da Inghirami 1832, tav. cxviii.1.

Fig. 91d. Disegno, da cii 482.

These 102. Corniola o pasta vitrea (Fig. 92) Luogo di conservazione: San Pietroburgo, Ermitage (secondo King è a Berlino) (King 1885). N. inv.: 870. Collocazione precedente: Collezione del Barone Johann Hermann de Riedesel, poi a Parma presso P. Paciaudi, Bibliotecario e Antiquario di S.A.R. l’Infante Duca di Parma. Provenienza: acquistato ad Ancona dal Barone Johann Hermann de Riedesel (in Zazoff 1968 è «aus Ancona»). Soggetto della decorazione: Figura virile (These) con himation, seduta su uno sgabello nella posa pensierosa (come Achille). Iscrizione: these. Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Caylus 1764, vi, tav. xxxvi.I; Winckelmann 1767, p. xxviii, fig. 101; Millin 1811, pp. 47-48, n. 494, tav. cxliii.494; Inghirami 1836, pp. 250-251, tav. xciii; Lanzi 1824, p. 122, tav. viii.11; cii 2532; Fabretti 1867, col. 628, s.v. these; King 1885, p. 235, n. 7, tav. lxv.7; Furtwängler 1900, p. 81, n. 66, tav. xvi.66; Charsekin 1963, p. 80, n. 18, con bibl. cit., tav. xii, fig. 17; De Simone 1968, p. 83, n. 1; Zazoff 1968, p. 144, n. 307, con bibl. cit.; O. Neverov, in Die Welt der Etrusker, pp. 372, fig. G5, 374, G5 con bibl. cit.; et Pi G.1, p. 364; limc vii, 1994, Theseus/These 1; Krauskopf et alii 1995, p. 120, n. 928, con bibl. cit., tav. 1.b.928; Die Etrusker 2009, p. 45 fig. in basso a destra.

catalogo

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Iscrizione: these (letta theze in Martini 1971). Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile severo. Bibliografia principale: Martini 1971, pp. 114, 146, n. 173, tav. 34.1-2.

Fig. 92a. Calco, da Charsekin 1963, tav. xii, fig. 17.

Fig. 92b. Disegno, da Caylus 1764, tav. xxxvi.I.

Fig. 93a. Da Martini 1971, tav. 34.1.

Fig. 92c. Disegno, da Winckelmann 1767, fig. 101.

Fig. 92d. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.11.

Fig. 93b. Calco, da Martini 1971, tav. 34.2.

Fig. 92e. Disegno, da Inghirami 1836, tav. xciii.

Fig. 92f. Disegno, da King 1885, tav. lxv.7.

103. Pietra d’anello in corniola (Fig. 93) Luogo di conservazione: Den Haag, Münzkabinett. N. inv.: senza numero. Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile (These) con himation, seduta su uno sgabello nella posa pensierosa (come Achille).

104. Scarabeo di corniola (Fig. 94) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 1804a. Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda stante, leggermente china in avanti, con la gamba sin. piegata nell’atto di allacciarsi il sandalo; nella mano destra il laccio. In Babelon 1900 è identificato con Giasone. Iscrizione: these; in basso lettera a di dimensioni maggiori (sigla o marca). Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C. - stile severo (Zazoff 1968).

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capitolo iii

Bibliografia principale: Babelon 1900, p. 53, n. 1804; Babelon 1924, p. 77, n. 1804; De Simone 1968, p. 83, n. 1a; Zazoff 1968, p. 40, n. 42, con bibl. cit., tav. 13.42; et oi G.9, p. 365; limc vii, 1994, Theseus/These 2; Krauskopf et alii 1995, p. 112, n. 721, con bibl. cit.; Torelli 2002, pp. 131, 133, fig. 82.

Fig. 94. Da Zazoff 1968, tav. 13.42.

105. Scarabeo di sardonica a strisce diagonali (Fig. 95) Luogo di conservazione: Vienna, Kunsthistorisches Museum. N. inv.: ix B 1353 (43). Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (These), china in avanti nell’atto di sollevare il sasso sotto al quale sono nascosti i sandali e la spada (gnorismata). Iscrizione: these. Direzione: destrorsa. Datazione: Inizi iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 85, n. 55, tav. xvii.55; nrie 1131; De Simone 1968, p. 83, n. 2; Zazoff 1968, p. 82, n. 139, tav. 30.139; Martini 1971, pp. 1213, tav. 1.1; Survinou-Inwood 1971, p. 106, n. 10; Zwierlein-Diehl 1973, pp. 45-46, n. 43, con bibl. cit., tav. 10.43; et oi G.47, p. 367; limc vii, 1994, Theseus/These 5; Krauskopf et alii 1995, p. 124, n. 1010, con bibl. cit.; Torelli 2002, pp. 131, 133, fig. 81; Zwierlein-Diehl 2007, p. 391, tav. 79.336, con bibl. cit.

Fig. 95. Da Zazoff 1968, tav. 30.139.

106. Scarabeo tagliato (?) di sardonica (Fig. 96) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1865.0712.155 (973) e 1923.0401.48). Collocazione precedente: Collezione Alessandro Castellani, acquisto 1865. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero barbato con elmo e corazza, stante, tende un braccio appoggiandosi ad una roccia. Iscrizione: ats´e per a t(e)s´e (?). Già letta atre (in Zazoff 1968 è aise). Non è escluso che la prima lettera, a, di dimensioni maggiori, vada intesa come una sigla o marca (lettura da esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Walters 1926, p. 113, n. 973, tav. xiv.973; Zazoff 1968, p. 201, n. 1334; et oi G.40, p. 366; limc vii, 1994, Theseus/These 8.

Fig. 96a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 96b. Da Walters 1926 tav. xiv.973.

Fig. 96c. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

catalogo 107. Acquamarina (Fig. 97) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione Story-Maskeline già Collezione Paul de Praun a Norimberga (n. 153); una pasta vitrea moderna tratta da questa gemma era conservata nella Collezione Philip de Stosch a Berlino; il Winckelmann conobbe la pietra solo da questa pasta vitrea (vedi Raspe, Tassie i, 1791, p. 189). Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Giovane nudo a cavallo di un delfino, con diadema sul capo, tra le onde. Iscrizione: these; la lettura è resa molto difficile e incerta dalle piccole dimensioni della fotografia disponibile, riferibile al calco; già letta sceth (in Winckelmann 1760 e Raspe, Tassie I, 1791) e speth (in Lippold 1922). Letta dal de Murr Scaeus o ™Î·ÈÔ˜ ed interpretata come nome di un incisore etrusco (de Murr 1770, i, p. 287). Direzione: sinistrorsa. Datazione: incerta. Bibliografia principale: Winckelmann 1760, pp. 352353, n. 189; de Murr 1770, i, pp. 287-288; Griffiths, Griffiths 1791, p. 179; Raspe, Tassie 1791, ii, pp. 189190, n. 2686, tav. xxxi.2686; Lanzi 1824, pp. 130-131; cii 2541; von Imhoof-Blumer, Keller 1889, p. 126, n. 31, tav. xx.31; Furtwängler 1900, p. 100, n. 58, tav. xx.58; Lippold 1922, p. 175, tav. L.7; nrie 1191; et oi G.71, p. 368; ThLE2, p. 369, s.v.

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l’uso delle deità marine, e gli passa sopra il capo. Vi è scritto £EPE Ϩ » (da Lanzi 1824, p. 129). Iscrizione: theres (forse these)? Direzione: sinistrorsa (se il disegno riproduce la gemma e non il calco), con la prima epsilon ed il sigma destrorsi. Datazione: incerta. Bibliografia principale: Lanzi 1824, pp. 129-130, n. xviii, tav. ix.7; cii 2533; Fabretti 1867, col. 627; et oi G.75, p. 368.

Fig. 98. Disegno, da Lanzi 1824, tav. ix.7.

Pherse

Fig. 97a. Calco, da Lippold 1922, tav. L.7.

Fig. 97b. Disegno, da Raspe, Tassie 1791, tav. xxxi.2686.

108. ? (Fig. 98) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione del Principe di Piombino. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione:  «Un Eroe con celata e torace ov’è figurato un caval marino: sta ginocchione sopra tre strati di pietre: tiene la destra inchinata, ed in essa un gladio: un gran velo a modo di fascia lo circonda al-

109. Scarabeo di corniola (Fig. 99) Luogo di conservazione: Berlino, Staatliche Museen, Antikenabteilung. N. inv.: FG 201 (n. 201). Collocazione precedente: Collezione Philip de Stosch. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figure virile nuda di prospetto (Pherse), con la kibisis, l’arpe ed i sandali alati, mentre trasporta una testa mozzata (la testa di Medusa). Iscrizione: pherse. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Metà v sec. a.C.; prima metà v sec. a.C. (in Richter 1968) - stile libero iniziale (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Winckelmann 1760, p. 340, n. 130; Winckelmann 1767, fig. 84; Millin 1811, p. 5, n. 387, tav. xcv.387; Lanzi 1824, pp. 116-117, vi, tav. viii.6; Inghirami 1825, vi, p. 43, tav. Z.4.1; Cades 1831-1839, 2b vi 5; Capialbi 1849, pp. 266-269; cii 2550; Fabretti 1867, col. 2025, s.v. pherse; Furtwängler 1900, p. 87, n. 9, tav. xviii.9; Lippold 1922, p. 175, tav. xlvii.5; De Simone 1968, p. 127, n. 1; Richter 1968, p. 209, n. 855; Zazoff 1968, p. 192, n. 1179; Zwierlein-Diehl 1969, pp. 107-108, n. 240, con bibl. cit., tav. 53.247; et oi G.25, p. 366; limc vii, 1994, Perseus 48a; Krauskopf et alii 1995, p. 82, n. 19, con bibl. cit.; Zwierlein-Diehl 2007, p. 388, tav. 77.321, con bibl. cit., Die Etrusker 2009, p. 97, v. 45, figg. 112-113.

68

capitolo iii

Fig. 99a. Da ZwierleinDiehl 2007, tav. 77.321.

Fig. 99b. Da Winckelmann 1767, fig. 84.

Fig. 100a. Calco, da Furtwängler 1900, tav. xvii.37.

Fig. 100b. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.5.

Fig. 99c. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.6.

Fig. 99d. Disegno, da Inghirami 1825, tav. Z.4.1.

Fig. 100c. Disegno, da «Archivio dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”», ms 8 Annale xxxvii della Società Colombaria, inserto n. 14 (già tav. xiix Lett. D K 017).

110. Scarabeo di corniola (Fig. 100) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Canonico Reginaldo Sellari, poi Barone Roger. Provenienza: Peciano presso Cortona, rinvenuta il 18 dicembre 1768. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Pherse), con himation ed arpe, china in avanti, nell’atto di sistemare un sandalo alato. Iscrizione: pherse. Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Annali Società Colombaria Firenze xxxvii, pp. xviii e lxiii; Millin 1811, p. 5, n. 386, tav. xcv.386; Lanzi 1824, p. 116, v, tav. viii.5; Cades 1831-1839, 2b vi 6; cii 1022; Fabretti 1867, col. 2025, s.v. pherse; Furtwängler 1900, p. 84, n. 37, tav. xvii.37; De Simone 1968, p. 127, n. 2; Zazoff 1968, p. 192, n. 1182; Neppi Modona 1977, p. 165, n. 5; et Co G.1, p. 364; Bruschetti 1985-1986, p. 13; Krauskopf et alii 1995, p. 131, n. 1182, con bibl. cit.

Ichs`iun 111. Scarabeo di calcedonia bruna (Fig. 101) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1872.0604.1144 (619). Collocazione precedente: Collezione Castellani, acquistato nel 1872, già Collezione del Canonico D. Antonino Lentinello (vedi Sclafani 2006), custode del Regio Museo di Siracusa. Provenienza: Dalla Sicilia, probabilmente da Siracusa (vedi Sclafani 2006). Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Ichs`iun), barbata, di prospetto, legata ad una ruota. Iscrizione: ichs`iun. È presente il sigma a quattro tratti; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: cii i, 465; Heydemann 1869, p. 55, n. 2; Murray 1888, p. 68, n. 334, tav. E.334; Furtwängler 1900, p. 87, n. 10, tav. xviii.10; Walters 1926, p. 75, n. 619, tav. xi.619; Fiesel 1928, p. 44; nrie 1079; De Simone 1968, p. 85, s.v.; Richter 1968, p. 209, n. 853; Zazoff 1968, p. 95, n. 182, tav. 36.182; limc v, 1990, Ixion 17; et Si G.1, p. 364; Ambrosini 1995, p. 187; Krauskopf et alii 1995, p. 95, n. 315, con bibl. cit.; Sclafani 2006.

catalogo

69 Menuci (Menoikos)

Fig. 101a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 101b. Calco, da Richter 1968, fig. 853.

Lunche 112. Scarabeo di sardonica a strisce diagonali (Fig. 102) Luogo di conservazione: Città del Vaticano, Museo Gregoriano Etrusco. N. inv.: 13229. Provenienza: Vulci, necropoli dell’Osteria, scavi condotti dal Governo Pontificio in società con Vincenzo Campanari nella tenuta di Camposcala. Soggetto della decorazione: Giovane nudo (Lunche) con lancia, chino in avanti nell’atto di afferrare una spada. Iscrizione: lunche; per Zazoff è lnche; per De Simone è Ln¯e, Lunc-§˘Á·˜. Direzione: destrorsa. Datazione: Metà iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Braun 1837, p. 130; cii 2150; De Simone 1968, p. 89, n. 1; Zazoff 1968, p. 83, n. 140, tav. 30.140; Zazoff 1983, fig. 63.1a; Pandolfini 1989-90, p. 343, n. 61, tav. lxiv.61; et oi G.58, p. 367; cie , iii.3, 11017, con bibl. cit.; limc vi, 1992, Lynkeus et Ida 15; Krauskopf et alii 1995, p. 117, n. 860, con bibl. cit., tav. 3.c.860; Torelli 2002, p. 136.

113. Scarabeo di corniola (Fig. 103) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 280. Collocazione precedente: Collezione del Duca de Luynes, donato nel 1862. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Giovane nudo con himation, curvo in avanti nell’atto di legare un otre. In Furtwängler 1900 è identificato con Menoikos, l’eroe tebano. Iscrizione: menuci; menusi (in Zazoff 1968); aenlci (in Richter 1968); per De Simone è Menuci (Menuce?) - Menoikeus. Da notare sotto alla figura: uth. Direzione: destrorsa. Datazione: v sec. a.C.; metà v sec. a.C. (in Richter 1968) - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Babelon 1887, p. 157, tav. xlvii.5; Furtwängler 1900, iii, p. 207; Babelon 1924, p. 41, nn. 280-281; nrie 1136; De Simone 1968, p. 93, s.v.; Richter 1968, p. 203, n. 826, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 79, n. 127, tav. 28.127; et oi G.17, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 114, n. 774, con bibl. cit., tav. 1.h.774; limc vi, 1992, Menoikeus 1; limc vi, 1992, Odysseus/Uthuze 64; Torelli 2002, p. 138, n. 5.

Fig. 103a. Da limc vi, 1992, Menoikeus 1.

Fig. 102. Da cie , iii.3, 11017.

Fig. 103b. Disegno, da Babelon 1887, tav. xlvii.5.

70

capitolo iii Puce

Stenule

114. Scarabeo di corniola (Fig. 104) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1865. 0712.65 (676). Collocazione precedente: Collezione Alessandro Castellani, acquisto 1865, precedentemente era stato acquistato nel maggio 1860 dal signor Ferdinando Fanelli di Sarteano. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, china in avanti raffigurata come un atleta che, colpito da un disco, sanguina dalla testa. Per Murray è Iacinto (?). Iscrizione: puce; già letta puci (in cii ); luce (epiteto di Apollo) (in nrie ); per De Simone è Puce - ºáÎÔ˜; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa. Datazione: Metà v sec. a.C. - stile di transizione (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Brunn 1860, p. 235; cii 2540 bis; Fabretti 1867, col. 1477, s.v. puci; Murray 1888, p. 83, n. 498; Furtwängler 1900, p. 99, n. 31, tav. xx.31; Walters 1926, p. 84, n. 676, tav. xii.676; nrie 1132; De Simone 1968, p. 105, s.v.; Zazoff 1968, p. 84, n. 148, con bibl. cit., tav. 31.148; Cristofani 1983, pp. 240, fig. 269, 316, n. 269; Zazoff 1983, fig. 63.4b; limc v, 1990, Hyakinthos 52; et oi G.33, p. 366; Krauskopf et alii 1995, p. 97, n. 362, con bibl. cit., tav. 2.h.362; Torelli 2002, p. 137, fig. 90; Hansson 2005, p. 84.

115. Scarabeo di corniola (Fig. 105) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: già a Roma presso il negoziante Francesco Capranesi. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero barbato stante, armato di corazza, tiene in mano l’elmo, a terra scudo e spada. Iscrizione: stenule. Per De Simone è Stenule-™ı¤ÓÂÏÔ˜ (-{·Ô˜?). Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero tardo etrusco (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1834, p. 118, n. 33, legge stenele; cii 2542; Fabretti 1867, col. 1704, s.v. stenule; Furtwängler 1900, p. 87, n. 2, tav. xviii.2; De Simone 1968, p. 112, s.v.; Zazoff 1968, p. 201, n. 1328; et oi G.34, p. 366; limc vii, 1994, Sthenelos ii, 6; Krauskopf et alii 1995, p.131, n. 1196, con bibl. cit., tav. 3.d.1196; Krauskopf 2000b, p. 505; Torelli 2002, p. 136.

Fig. 105. Calco, da Krauskopf et alii 1995, tav. 3.d.1196. Fig. 104a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 104b. Da Zazoff 1983, fig. 63.4b.

Fig. 104c. Calco, da Furtwängler 1900, tav. xx.31.

Skythes 116. Scarabeo di sardonica (Fig. 106) Luogo di conservazione: San Pietroburgo, Ermitage. N. inv.: 701. Collocazione precedente: Collezione L. A. Perowski, acquisto 1873. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Arciere barbato, con berretto e costume orientale, inginocchiato, nell’atto di testare l’arco. Iscrizione: schuthe. Per De Simone è ™Î‡ı˘. Direzione: destrorsa. Datazione: Metà v sec. a.C. circa - tardo stile severo. Bibliografia principale: Charsekin 1963, pp. 80-81, n.

catalogo 19, tav. xii, fig. 18; De Simone 1968, p. 112, s.v.; Neverov 1975, p. 41, fig. 12a-b; Neverov 1981, p. 21, tav. vii.1 e 4; O. Neverov, in Die Welt der Etrusker, pp. 375, fig. G 11, 376, G 11, con bibl. cit.; et oi G.56, p. 367.

Fig. 106a. Da Die Welt der Etrusker, fig. G 11.

Fig. 106b. Calco, da Neverov 1975, fig. 12b.

71

366; Krauskopf et alii 1995, p. 96, n. 350, con bibl. cit.; Jenkins, Sloan 1996, p. 201, n. 84, fig. 84 con bibl. cit.; Hansson 2005, p. 84.

Fig. 107a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 107b. Da limc iii, 1986, Daidalos et Ikaros 12.

Fig. 107c. Disegno, da King 1885, tav. xviii.3. Fig. 106c. Calco, da Neverov 1981, p. 21, tav. vii.1

Taitle 117. Corniola (Fig. 107) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1772.3-15.366 (663). Collocazione precedente: Collezione William Hamilton, acquisto 1772. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile alata (Taitle) nuda, nell’atto di cadere in volo, con le gambe piegate, con ascia e sega sulle onde del mare. Iscrizione: taitle (teitle o ipitle in Richter 1968); (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C.; prima metà v sec. a.C. in Richter 1968 - stile di transizione (Zazoff 1968). Bibliografia principale: King 1885, p. 211, n. 3, tav. xviii.3; Murray 1892, tav. 12.12; Walters 1926, p. 82, n. 663, tav. 11.663; De Simone 1968, p. 113, n. 3; Richter 1968, p. 211, n. 862; Zazoff 1968, p. 147, n. 397; limc iii, 1986, Daidalos et Ikaros 12; Bonfante 1990, fig. 26; et oi G.36, p.

118. Corniola (Fig. 108) Luogo di conservazione: Berlino, Staatliche Museen, Antikensamlungen. N. inv.: 32 237.260. Collocazione precedente: Collezione Heinrich Dressel. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, china in avanti, presso una fonte a protome leonina, nell’atto di versare acqua da un’anfora in un otre; vicino una tartaruga ed una roccia. In Zazoff 1968 è Tantalo; secondo la Simon è Dedalo: limc vii, 1994, p. 833. Iscrizione: taitle; tiatle (in nrie ). Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà v sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 291, n. 27, tav. lxiv.27; nrie 1139; De Simone 1968, p. 113, n. 2; Zazoff 1968, p. 201, n. 1333, con bibl. cit.; limc iii, 1986, Daidalos et Ikaros 53; H. Heres, in Die Welt der Etrusker, p. 376, G 14 con bibl. cit., fig. G 14; van Keuren 1989, pp. 144-145, tav. 43b; et oi G.35, p. 366; Simon 1992a, p. 243; limc vii, 1994, Taitale 2; Krauskopf et alii 1995, p. 84, n. 77; Torelli 2002, pp. 136-137, fig. 88.

72

capitolo iii Eruchs

Fig. 108a. Da H. Heres, in Die Welt der Etrusker, fig. G 14.

Fig. 108b. Calco, da H. Heres, in Die Welt der Etrusker, fig. G 14.

119. Scarabeo di agata (Fig. 109) Luogo di conservazione: Parma, Museo Nazionale di Antichità. N. inv.: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda con clava (Hercle) seduta su roccia, e, dietro, demone virile alato e barbato con gambe divaricate e leggermente flesse, con in mano un rametto. Secondo la Richter il demone non sarebbe Hypnos o Thanatos, ma Dedalo. Iscrizione: taitle, in ThLE2 è letta tielta; in Zazoff 1968 è letta tieuta, tielta o tievta; anche in Richter 1956 è letta tielta (con lista di esemplari con stesso soggetto). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Inizi iv sec. a.C. (v sec. a.C. in ThLE2) - stile libero tardo etrusco (Zazoff 1968). Bibliografia principale: cii ap. 843; Furtwängler 1900, p. 89, ad n. 28; nrie 1201; Richter 1956, p. 177, ad n. 177; Richter 1957, p. 265, tav. 82.9; Zazoff 1968, p. 163, n. 646; limc v, 1990, Herakles/Hercle 386; et Pa G.1, p. 364; ThLE2, p. 388, s.v. tielta.

120. Scarabeo di corniola (Fig. 110) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 87. Collocazione precedente: Collezione Chapelle, acquistato attraverso il dono di Pauvert de La Chapelle nel 1899. Provenienza: Etruria. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, china in avanti, raffigurata come un atleta con disco in mano. Aryballos sospeso ad un gancio con lo strigile, halteres a terra. Iscrizione: eruchs; (lettura errata in Zazoff 1968 eruch). Direzione: destrorsa. Datazione: Prima metà v sec. a.C.; inizi v sec. a.C. (in Richter 1968); secondo quarto v sec. a.C. (in limc iv, 1988) - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Babelon 1899, pp. 33-34, n. 87, tav. vi.87; Furtwängler 1900, iii, p. 449, fig. 232; Lippold 1922, p. 175, tav. xlvii.11; Babelon 1924, p. 96, n. 87; Richter 1968, p. 183, n. 723, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 147, n. 366, con bibl. cit.; limc iv, 1988, Eryx 2; et oi G.6, p. 365; Krauskopf et alii 1995, p. 113, n. 752, tav. 4.f.752; Ambrosini in corso di stampa.

Fig. 110a. Da Richter 1968, fig. 723.

Fig. 109. Da Richter 1957, tav. 82.9.

Fig. 110b. Calco, da limc iv, 1988, Eryx 2.

catalogo

73

Animali fantastici 121. Gemma ? Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: ? Iscrizione: apecsi pecse; per De Simone Pecse-¶‹Á·ÛÔ˜ Direzione: ? Datazione: incerta. Bibliografia principale: cii 2492; cii 2578 bis; TLE 751; ThLE2, p. 301, s.v. Fig. 111b. Da Zazoff 1975, fig. 342.

2. (ER-Ruolo) Iscrizioni etrusche che designano il ruolo del personaggio raffigurato (ER1-ER2) 1. Scarabeo di corniola (Fig. 111) Luogo di conservazione: Berlino, Staatliche Museen, Antikenabteilung. N. inv.: FG 374 (n. 374). Collocazione precedente: Collezione Philip de Stosch. Provenienza: Volterra. Soggetto della decorazione: Figura virile barbata (aruspice), con lunga veste e copricapo, verso sinistra, appoggiata ad un bastone, in mano un grosso fegato. Iscrizione: natis. Direzione: destrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile tardo non etrusco (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Winckelmann 1760, p. 305, n. 1845; Lanzi 1824, pp. 112-113, ii, tav. viii.2; Cades 18311839, 3a vi 44; Panofka 1852, p. 73, n. 83, tav. ii.34; cii 307; cil xi.2.1.6716.2, con bibl. cit.; Fabretti 1867, col. 1215, s.v. natis; Furtwängler 1900, p. 92, n. 8, tav. xix.8; Milani 1912, p. 200; Zazoff 1968, p. 112, n. 215, tav. 41.215; Zwierlein-Diehl 1969, p. 111, n. 247, con bibl. cit., tav. 53.247; Cristofani 1973, pp. 352-354, n. 159, tav. xci.159; Zazoff 1975, n. 342, fig. 342; et Vt G.1, p. 362; Torelli 1997, p. 244; Gli Etruschi, pp. 455 fig. a colori, 593, n. 156 (luogo di conservazione errato: è indicato Monaco invece di Berlino) (E. Zwierlein-Diel); Torelli 2002, pp. 107, fig. 29, 112, 136; Hansson 2005, p. 84; Zwierlein-Diehl 2007, p. 392, tav. 80.342, con bibl. cit.; ThLE2, p. 287, s.v.

Fig. 111a. Da Gli Etruschi, fig. a p. 455.

Fig. 111c. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.2.

2. Pietra d’anello tagliata da uno scarabeo di corniola (Fig. 112) Luogo di conservazione: Parigi, Cabinet des Médailles. N. inv.: 1898. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Giovane nudo (c.d. Filosofo), con himation, seduto su diphros, nell’atto di sostenere una tavoletta che reca lettere incise e di prelevare una pedina da un tavolino a tre piedi. Iscrizione: apcar; L L C C; X X; V V; (già letta ancar in Zazoff 1968). Direzione: destrorsa. Datazione: Metà v sec. a.C. - tardo stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Micali 1810, tav. liv.2; Orioli 1825; Cades 1831-1839, 4a x 2; Conestabile 1863, p. 153; cii 2578 ter, con bibl. cit.; Babelon 1887, pp. 199-200, tav. lvi.2; Babelon 1900, pp. 56-57, n. 1898; Furtwängler 1900, p. 80, n. 57, tav. xvi.57; Babelon 1924, p. 83, n. 1898; Zazoff 1968, p. 193, n. 1199, con bibl. cit.; tle 779; Emiliozzi Morandi 1986, tav. xiv, pp. 95-96, nota 15; Keyser 1988, pp. 543, fig. 8, 545; Bonfante 1990, p. 26, fig. 9; et oi G. 74, p. 368; Torelli 2002, pp. 106, 111, 136; ThLE2, p. 32, s.v.

Fig. 112a. Da Emiliozzi Morandi 1986, tav. xiv.

74

capitolo iii Filottete e Machaone

Fig. 112b. Da cii 2578 ter.

Fig. 112c. Da Babelon 1887, tav. lvi.2.

3. (EPD-Etrusche di Possesso, di Dono) Gemme con iscrizioni etrusche di possesso, di dono (EPD1-EPD10) Aivas suicida sulla spada 1. “Gemma Evans” (Fig. 113) Luogo di conservazione: New York, Metropolitan Museum of Art. N. inv.: 42.11.13. Collocazione precedente: Fondo Pulitzer, già Collezione Sir Arthur J. Evans, acquistata prima del 1920. Provenienza: Corinto - santuario di Hera Akrai a Perachora (Peraia) - Grecia (detta provenire da Perachora in Richter 1968). Soggetto della decorazione: Guerriero nudo (Aivas), chino in avanti nell’atto di suicidarsi sulla spada infissa su una roccia. Iscrizione: nanivas; interpretata in Colonna 2007 come nome etrusco di persona al genitivo, usato in funzione di gentilizio. Direzione: destrorsa. Datazione: gemma greca (melia) di fine vii sec. a.C., iscrizione etrusca di fine vi-inizi v sec. a.C. Bibliografia principale: Richter 1942, n. 14; Richter 1968, p. 40, n. 57, fig. 57; limc i, 1981, Aias I, 110; Camiz, Ferrazza 2006, p. 63, n. 5; Colonna 2007, con bibl. cit.

Fig. 113. Da Colonna 2007.

2. Scarabeo di corniola (Fig. 114) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1865.0712.94 (730). Collocazione precedente: Collezione Alessandro Castellani, acquisto 1865. Provenienza: Chiusi, Predio dell’Abate Domenico Ragnini, rinvenuto il 18 novembre 1858. Soggetto della decorazione: Giovane nudo stante retrospiciente (Filottete), appoggiato ad un’asta, nell’atto di farsi curare la ferita al piede sinistro (che viene bendato con una fascia?) da una figura virile barbata (Machaone) seduta su diphros. Iscrizione: achersie vetus; -lers -e vetus (lettura ET); achers iepetus (lettura Zazoff 1968, moderna?); achers iepetus (lettura Murray 1888, da intendere come i proprietari della gemma); Ievetus Achers (lettura Milani 1881, da intendere come artefice o proprietario della gemma); (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: achersie sinistrorsa, vetus destrorsa. Datazione: Seconda metà del v sec. a.C. - stile a globolo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Brunn 1859, p. 5; Conestabile 1859, pp. 82-84; cii 485; Milani 1881, p. 280, tav. T.5; Bugge 1883, pp. 100-101 (pensa che ievetus sia Gen. sing. *evetius); Murray 1888, p. 71, n. 355, tav. E.355; Walters 1926, p. 90, n. 730, tav. xii.730; Richter 1968, p. 204, n. 829, fig. 829, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 184, n. 1043; et Cl G.8, p. 363; limc vii, 1994, Philoktetes 72; Torelli 2002, p. 138, n. 2.

Fig. 114a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 114b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 114c. Disegno, da Milani 1881, tav. T.5.

catalogo Atleta con halteres 3. Scarabeo di corniola (Fig. 115) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1849.0623.5 (643). Collocazione precedente: Già presso Don Francesco Carelli in Napoli, acquistato tramite Harry Osborn Cureton, acquistato da John Robert Stewart, vendita del 1849. Provenienza: Piscille, presso Perugia, trovata nel 1800. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda, raffigurata come atleta con halteres. Iscrizione: tarchnas; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa. Datazione: Metà v sec. a.C. - tardo stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Cades 1831-1839, 1b ii 72; Micali 1832, p. 194, n. 6, tav. cxvi.6; Vermiglioli 1833, pp. 81-82, n. 2, tav. v.2; cii 1074; Murray 1888, p. 69, n. 341; Furtwängler 1900, p. 79, n. 41, tav. xvi.41; Walters 1926, p. 79, n. 643, tav. 11.643; Richter 1968, p. 210, n. 860, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 148, n. 370, con bibl. cit.; Bonfante 1990, p. 38, fig. 28; et Pe G.3, p. 363; Torelli 2002, p. 138, n. 1.

75

4. Scarabeo di ossidiana (Fig. 116) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1872.0604.1147 (377). Collocazione precedente: Collezione Alessandro Castellani, acquisto 1872. Provenienza: Chiusi. Soggetto della decorazione: Gallo al di sopra di una gallina nell’atto dell’accoppiamento. Iscrizione: metna; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Inizi v sec. a.C. - stile severo. Bibliografia principale: Murray 1888, p. 73, n. 377; von Imhoof-Blumer, Keller 1889, p. 133, n. 38, tav. xxi.38; Furtwängler 1900, p. 101, n. 72, tav. xx.72; Lippold 1922, p. 182, tav. xcvi.4; Walters 1926, p. 93, n. 759, tav. xii.759; Richter 1968, p. 188, n. 752, con bibl. cit.; et Cl G.4, p. 363; Colonna 2007, p. 217, nota 19; ThLE2, p. 266, s.v.

Fig. 116a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 115a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 115b. Calco, da Walters 1926, tav. 11.643.

Fig. 116b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 115c. Disegno, da Micali 1832, tav. cxvi.6.

Fig. 115d. Disegno, da cii 1074.

5. Gemma (Fig. 117) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: già Marcus Tuscher, pittore ed architetto nordico, autore del disegno della gemma. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile barbata itifallica con parte inferiore del corpo a forma di delfino (?),

76

capitolo iii

con elmo con cimiero, scudo nella destra e lancia nella sinistra, nell’atto di combattere. Iscrizione: mi papas´x(x)a (in ThLE2; così già in Lanzi 1824); mi papas´[l]a (et ); (lettura errata in Zazoff 1968 milalan..a). Datazione: v-iv sec. a.C. Direzione: destrorsa (se il disegno riproduce la gemma e non il calco). Bibliografia principale: Gori 1737, ii, pp. 436-437, vi, tav. cxcviiii, n. vi; Gori 1770, p. 102, tav. lvii.vi, fig. a tav. lvi; Lanzi 1824, pp. 113-115, iii, tav. viii.3; cii 2611; Zazoff 1968, p. 211, n. 1567; tle 778; et oa 2.51, p. 337; ThLE2, p. 274, s.v. mi, 298, s.v. papas´x(x)a.

Fig. 118a. Da Buonamici 1931.

Fig. 118b. Disegno, da cie , iii.4, 12113.

Fig. 117a. Disegno, da Gori 1770, tav. lvii.vi, fig. a tav. lvi.

Fig. 117b. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.3.

7. Gemma di agata a fasce (Fig. 119) Luogo di conservazione: Firenze, Museo Archeologico Nazionale (acquistata durante la Direzione di G. F. Gamurrini). N. inv.: 14430. Provenienza: Tarquinia, necropoli di Monterozzi, rinvenuta nel 1872. Soggetto della decorazione: Nessuna. Iscrizione: vel.max vel.pem. (in vel.max legature tra v e, tra m a). Direzione: vel. max sinistrorsa, vel. pem destrorsa. Datazione: iv-iii sec. a.C. (?). Bibliografia principale: cii App. 774; Deecke 1883, v, pp. 46-47; cil , xi.2.1., 6716.102; Milani 1912, p. 200; Fiesel 1935, p. 254; Pallottino 1937, col. 506, nota 5, ad 19; cie , iii.1, 10152, con bibl. cit.; Bruni 1991, p. 57, nota 10; ThLE2, p. 899.

6. Scarabeo di sardonica (Fig. 118) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Campiglia, proprietà dei Signori Mannelli, prima del 1931. Provenienza: Vetulonia. Soggetto della decorazione: Nessuna. Iscrizione: a.titule (in lettere latine). Direzione: destrorsa. Datazione: iv-iii sec. a.C. Bibliografia principale: Buonamici 1931, pp. 410-411; nrie 700; et Vn 2.2, p. 133; cie , iii.4, 12113, con bibl. cit. Fig. 119. Da cie , iii.1, 10152.

catalogo Hercle musagete 8. Diaspro nero (Fig. 120) Luogo di conservazione: San Pietroburgo, Ermitage. N. inv.: AB 2.25. Collocazione precedente: già nella Regia Dattilioteca Medicea (Gori 1727). Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda barbata (Hercle), seduta su roccia sulla quale è la leontè, nell’atto di suonare la kithara. A terra la clava (?). Iscrizione: v. tes´es. a. Direzione: destrorsa. Datazione: iii-ii sec. a.C. (?) - stile libero tardo etrusco. Bibliografia principale: Gori 1727, p. lii, n. i, tav. iv.1; Furtwängler 1900, pp. 134-135, n. 14, tav. xxvii.14; et oa 2.61, p. 338.

Fig. 120a. Calco, da Furtwängler 1900, tav. xxvii.14.

77

1997, pp. 227-255, con bibl. cit.; Gli Etruschi, pp. 461, fig. a colori, 627, n. 292, con bibl. cit. (C. Zaccagnino); Torelli 2002, p. 138; Maras 2009, p. 302, oa do.5, con bibl. cit.: ThLE2, p. 19, s.v. alce.

Fig. 121a. Da Gli Etruschi, fig. a p. 461.

Fig. 121b. Disegno, da Gori 1731-1733, tav. xxiii.3. Fig. 120b. Disegno, da Gori 1727, tav. iv.1.

9. Agata (Fig. 121) Luogo di conservazione: Firenze, Museo Archeologico Nazionale. N. inv.: 14400. Collocazione precedente: già nel Museo Mediceo. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Due Salii barbati e capite velato, vestiti di corta tunica sulla quale è un corto mantello, in un caso ornato da un tritone e nell’altro da un capricorno, trasportano, incedendo verso destra, sei ancilia decorati con spirali, appesi ad una pertica. Iscrizione: appius alce. Direzione: destrorsa. Datazione: iv-iii sec. a.C. - stile libero tardo etrusco. Bibliografia principale: Gori 1731-1733, tav. xxiii.3; Gori 1737, II, pp. 433-434, tav. cxcviii.1; Gori 1770, p. 101, tav. lvi.1; Millin 1811, tav. xxxviii.148; Lanzi 1824, pp. 110-112, i, tav. viii.1; Inghirami 1825, vi, p. 46, tav. B.5.6; Conestabile 1858, pp. 196-197, n. 206 terzo, tav. lix; cii 111, con bibl. cit.; cii 2578 bis; cil , ix, 6716,2; Fabretti 1867, coll. 76-77, 141, s.vv. alce, appius; Furtwängler 1900, p. 111, n. 64, tav. xxii.64; Buonamici 1932, p. 396, con bibl. cit.; Giglioli 1949-51, p. 99, fig. 4; Cristofani 1973, p. 159; tle 777; Lanzi 1982, p. 114; et oi 3.1, p. 342; Torelli

Fig. 121c. Disegno, da Gori 1737, tav. cxcviii.1.

Fig. 121d. Disegno, da Gori 1770, tav. lvi.1.

78

capitolo iii

Fig. 121e. Disegno, da Millin 1811, tav. xxxviii.148.

Fig. 122a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 122b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

4. (EI-Etrusca definizione Incerta) Gemme con iscrizioni etrusche di definizione incerta (I1-I13) Hercle

Fig. 121f. Disegno, da Lanzi 1824, tav. viii.1.

Fig. 121g. Disegno, da Inghirami 1825, tav. B.5.6.

10. Agata a fasce (Fig. 122) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1872.0604.1370 (960). Collocazione precedente: Collezione Alessandro Castellani, acquisto 1872. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero armato chino in avanti, si accinge a colpire la sfinge con la spada. Iscrizione: apie mariu; (controllata con esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: destrorsa. Datazione: iii-ii sec. a.C. - stile libero tardo etrusco. Bibliografia principale: Walters 1926, pp. 111-112, n. 960, tav. xiv.960; Martini 1971, pp. 106, 145, n. 155, tav. 30.3; Weber 1977.

1. Sardonica (Fig. 123) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1865.0712.69 (959). Collocazione precedente: Collezione Alessandro Castellani, acquisto 1865, Collezione Story Maskelyne. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile con leontè (Hercle), china in avanti nell’atto di raccogliere in essa l’acqua che fuoriesce da una fontana, a terra un’anfora e la clava. Iscrizione: h(erc)le q senti (legatura tra e n t, s ed e retrograde, da esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: h(erc)le q senti destrorse (con s ed e retrograde). Datazione: iii-ii sec. a.C. - stile libero tardo etrusco. Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 100, n. 52, tav. xx.52; Walters 1926, p. 111, n. 959; Martini 1971, pp. 36, 56-57, 119, 135-136, n. 47, tav. 11.5.

Fig. 123a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 123b. Da Martini 1971, tav. 11.5.

catalogo

79

Iscrizione: ´sa (?) forse ´s(ethl)a(ns) letta £L§I in Furtwängler 1900. Direzione: destrorsa. Datazione: incerta. Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 100, n. 60, tav. xx.60.

Fig. 123c. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Hercle e il leone nemeo 2. Diaspro sanguigno (Fig. 124) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Volterra, Collezione del cav. Niccolò Maffei. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Hercle) e il leone nemeo, nel campo clava (?). Iscrizione: kn(e)zus; k k k sul rovescio Direzione: destrorsa (se il disegno riproduce, come sembra, il calco e non la gemma, stante la posa di Hercle con il leone nemeo). Datazione: incerta. Bibliografia principale: cii i, 119; et oi G.65, p. 368, falsa?

Fig. 125. Calco, da Furtwängler 1900, tav. xx.60.

Mercurio? 4. ? Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Calco di Leopoldo P. De Feis. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: «Uomo nudo, colla clamide avvolta sul braccio sinistro e una borsa nella destra. Il Poggi pensa a Mercurio, ma non vi sono elementi per tale attribuzione (nrie 1085)». Iscrizione: vachstls. Direzione: ? Datazione: incerta. Bibliografia principale: Poggi 1879, p. 30, n. 18; Lattes 1908-1911, p. 9, s.v.; Buonamici 1932, p. 396; nrie 1085; tle 781; et oi G.73, p. 368; ThLE2, p. 125, s.v. Prometeo

Fig. 124. Disegno, da cii i, 119.

Sethlans 3. Sardonica (Fig. 125) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione Story Maskelyne. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Giovane nudo stante, verso sinistra, con una lucerna sospesa nella destra e un martello nella sinistra.

5. Scarabeo tagliato di corniola (etrusca o italica) (Fig. 126) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1814.0704. 1312 (956). Collocazione precedente: Collezione Townley, acquistato nel 1814 da Peregrine Edward Townley, ex Collezione Charles Townley. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda barbata (Prometeo), con himation, raffigurata nell’atto di attaccare un braccio ad uno scheletro (mentre plasma l’uomo). Iscrizione: vipitu (pipitu in Zazoff 1968, et e in Torelli 2002; per Torelli è un nome individuale di origine greca; Torelli 2002, p. 138). Nell’autopsia eseguita nell’agosto del 2010 le prime due lettere non sono più visibili. Direzione: destrorsa.

80

capitolo iii

Datazione: iii-ii sec. a.C. - stile libero tardo etrusco (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Murray 1888, p. 79, n. 452, con bibl. cit.; Walters 1926, p. 111, n. 956, tav. xiv.956; Zazoff 1968, p. 194, n. 1204; Martini 1971, pp. 111, 146, n. 167, tav. 32.5; et oi G.67, p. 368; Tassinari 1992, pp. 66, fig. 7, 94, n. 7, ritenuta moderna; limc vii, 1994, Prometheus 82; Torelli 2002, p. 138, n. 3.

Fig. 127. Da Zazoff 1975, tav. 27.141.

Guerrieri

Fig. 126a. Da Martini 1971, tav. 32.5.

Fig. 126c. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 126c. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Satiro 6. Sardonica ovale (Fig. 127) Luogo di conservazione: Hannover, Kestner Museum. N. inv.: K 1166. Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Satiro di tre quarti, nel campo caduceo, ramo di palma, a terra anfora a punta. Iscrizione: cach (etrusco) (Furtwängler 1900) oppure SAY (greco). Direzione: sinistrorsa. Datazione: ii-i sec. a.C. Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 135, n. 26, tav. xxvii.27; Zazoff 1975, p. 50, n. 141, con bibl. cit., tav. 27.141.

7. Scarabeo di sardonica Luogo di conservazione: Boston, Museum of Fine Arts. N. inv.: 01.7590. Collocazione precedente: acquistato nel dicembre 1901 da E. Perry Warden, acquistato privatamente da Bourguignon. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Giovane guerriero, verso sinistra, nell’atto di fasciarsi una gamba. Potrebbe trattarsi di Pherse (?) oppure di Filottete (vedi lo scarabeo della Collezione Vannutelli in Braun, 1839, p. 103, n. 41; Michaeus 1857, p. 262, tav. H, fig. 5). Iscrizione: machertie. Direzione: ? Datazione: Primo quarto del v sec. a.C. (?). Bibliografia principale: Hanfmann 1936, p. 403, n. 8; et oi G.1, p. 364; ThLE2, p. 261, s.v. 8. Scarabeo di corniola (Fig. 128) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Collezione E. Perry Warren. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Guerriero nell’atto di cadere in ginocchio, con corazza, scudo e spada. Forse Capaneo in Zazoff 1968. Iscrizione: alichu per achilu, forse moderna?; acixu in Furtwängler 1900 e in Zazoff 1968. Direzione: destrorsa. Datazione: iv-iii sec. a.C. - stile tardo non etrusco (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 99, n. 34, tav. xx.34; Zazoff 1968, p. 173, n. 841.

catalogo

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10. Niccolo (Fig. 130) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Volterra, Collezione del cav. Nicolò Maffei. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: «Niccolo che rappresenta una belva (pantera?) a destra» (cii i, p. 18, n. 118). Iscrizione: ´suthr. Direzione: sinistrorsa (se il disegno riproduce la gemma e non il calco). Datazione: incerta. Bibliografia principale: cii i, 118, p. 18, n. 118, tav. v.118; et oi G.68, p. 368. Fig. 128. Calco, da Furtwängler 1900, tav. xx.34.

Animali 9. Scarabeo di corniola (Fig. 129) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1814.0704.1303 (787). Collocazione precedente: acquistato nel 1814 da Peregrine Edward Towneley, ex Collezione Charles Townley. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Scrofa gradiente verso sinistra. Iscrizione: zak (l’ultimo segno non sembra una lettera ma un cerchietto decorativo) da esame autoptico effettuato nell’agosto 2010; già letta ¶A™K in Walters 1926 e in Zazoff 1968 (considerata moderna). Direzione: destrorsa. Datazione: iv sec. a.C. - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: von Imhoof-Blumer, Keller 1889, p. 124, n. 2, tav. xx.2; Walters 1926, p. 96, n. 787, tav. xiii.787; Zazoff 1968, p. 208, n. 1489, con bibl. cit.

Fig. 129a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 130. Disegno, da cii i, 118.

11. Sardonica? convessa (Fig. 131) Luogo di conservazione: Londra, British Museum. N. inv.: 1889.0810.19 (873). Collocazione precedente: acquistata nel 1889 dal Rev. Greville John Chester. Provenienza: Firenze. Soggetto della decorazione: Toro verso sinistra, sdraiato. Iscrizione: ´sk legate oppure mk legate (da esame autoptico effettuato nell’agosto 2010). Direzione: sinistrorsa. Datazione: iv-iii sec. a.C. Bibliografia principale: Walters 1926, p. 104, n. 873.

Fig. 129b. Da Walters 1926, tav. xiii.787.

Fig. 129c. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. 131a. Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

Fig. 131b. Calco, Fotografia Laura Ambrosini, Courtesy of © The British MuseumLondon.

82

capitolo iii

12. Diaspro rosso (Fig. 132) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Pesaro, Museo di Giovan Battista Passeri, ricevuta da Andrea Giovannelli, presbitero di Todi, presentata dal Passeri a Diamante Montemellini di Perugia. Provenienza: «Circa fines Tudertium effossa». Soggetto della decorazione: «Cavallo che corre: sopra ] [ sotto I]A forse nome del padrone della gemma» (da Lanzi 1824, p. 131). Iscrizione: v v avi oppure (v)ivax. Direzione: sinistrorsa (se il disegno riproduce la gemma e non il calco). Datazione: incerta. Bibliografia principale: Passeri 1748, pp. xxxii, 216218, fig. a p. 217; Lanzi 1824, p. 131; Gambaro 2008, p. 151, G77, fig. G77 (Biblioteca Marucelliana Firenze, ms. A50, c.99, xviii sec.), con bibl. cit.

Fig. 132a. Disegno, da Passeri 1748, fig. a p. 217.

Fig. 132b. Disegno, da Gambaro 2008, fig. G77 (Biblioteca Marucelliana Firenze, ms. A50, c.99, xviii sec.).

13. Gemma Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Canonico Mazzetti di Chiusi. Provenienza: ignota (Chiusi?). Soggetto della decorazione: «...l’intaglio rappresenta due atleti impegnati forse in quella lotta, che diceasi ÔÚıÔ·ÏË, o la lotta in piedi. Uno di essi alla sinistra de’ riguardanti sostiene con la destra un disco in quella foggia medesima con cui lo sostiene l’atleta del bel vaso plastico dipinto, e pubblicato la prima volta dal Mazzocchi nelle tavole Eraclensi, e poscia da altri; sostenendolo con quella correggia di cuoio, che serviva a lanciarlo, e che Eustazio Odis. viii.186 chiama ηÏÔ‰ÈÔÓ. Nell’intaglio si volle forse manifestare che l’atleta, dopo di avere superato l’emulo nel lanciare del disco, volea seco lui cimentarsi nella lotta che secondo un testo di Simonide, Anthol. i . Cap. N. 7, era l’ultima prova del pentatlo, e quinquerzio. Né io seppi temere della sincerità della sincerità di quella epigrafe, siccome altre volte ebbi luogo a temere della epigrafe di altro scarabeo che proveniva similmente da Chiusi, e da me esaminato presso il possessore, prima che

passasse nel Museo Blacas…» (Vermiglioli 1828, pp. 146-147, nota 7 con possibile apografo).

Iscrizione: vecue, iscrizione non verificabile poiché non è disponibile la gemma o una sua fotografia. Direzione: sinistrorsa (l’apografo del Vermiglioli riproduce la gemma e non il calco). Datazione: incerta. Bibliografia principale: Vermiglioli 1828, pp. 146-147, nota 7; cii 481 bis; Fabretti 1867, col. 1903, s.v. vecue; Lattes 1908-1911, p. 11, s.v.; Buonamici 1932, p. 395. 5. (ELD-Etrusche con caratteri Latini Didascalie) Gemme con iscrizioni etrusche in caratteri latini (didascalie) (ELD1) 1. Scarabeo di corniola (Fig. 133) Luogo di conservazione: Firenze, Museo Archeologico Nazionale. N. inv.: 15249. Collocazione precedente: Sir Willian Currie (errata trascrizione del cognome in cii 2509: «ex collectione Cume»). Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Testa virile imberbe, di profilo verso sinistra, con pileo sul capo. “Mercurio” (cii 2509).  Iscrizione: tru per tur(ms) (vedi già cii 2509). Lo Zazoff legge tr(u?) (Zazoff 1968) probabilmente perchè l’ultima lettera è dotata di un ricciolo, che la fa assomigliare ad un caduceo; credo, tuttavia, che si tratti della lettera u, come dimostra l’angolo della figura, impensabile in un caduceo. Direzione: sinistrorsa. Datazione: iii-ii sec. a.C. - migliore stile libero, tuttavia non etrusco (Zazoff 1968) Bibliografia principale: cii 2509 (Fabretti da scheda di Conestabile); Fabretti, Add. ad cii , col. 2104; cil , xi.2.1.6716.9; Zazoff 1968, p. 102, n. 197, tav. 39.197.

Fig. 133. Da Zazoff 1968, tav. 39.197.

catalogo

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6. (EF-Etrusche False) Gemme e pietre con iscrizioni etrusche moderne (false) (F1-F5) 1. Grande scarabeo di pietra calcarea (Fig. 134) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Firenze, presso l’antiquario Pacini nel 1876. Provenienza: Chiusi. Soggetto della decorazione: «scena guerresca» (Buonamici 1932, p. 396); «due giovani pileati hanno atterrato un avversario; uno di essi afferrandolo colla sinistra per un braccio, alza colla destra la spada per manargli sul capo un fendente, mentre l’altro si accinge a colpirlo di punta. Dalla parte opposta accorrono intanto due altri eroi, la spada in pugno, il primo dei quali ha inoltre la sinistra armata d’un sasso» (Poggi 1879, p. 23, n. 7.) Iscrizione: herini umranal rathums clan (Falsa). Direzione: sinistrorsa. Datazione: moderna. Bibliografia principale: Poggi 1879, p. 23, n. 7; Buonamici 1932, p. 396.

Fig. 135. Da Minto 1944.

3. Sardonica ovale rettangolare (Fig. 136) Luogo di conservazione: Vienna, Kunsthistorisches Museums. N. inv.: ix B 1295. Collocazione precedente: acquistata nel 1861. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Musa verso destra, seduta su sedia, nell’atto di suonare la lira. Iscrizione: tute (moderna). Direzione: sinistrorsa. Datazione: Seconda metà xviii secolo. Bibliografia principale: Zwierlein-Diehl 1973, p. 164, n. 539, tav. 91.539.

Fig. 134. Trascrizione, da Poggi 1879, p. 23, n. 7.

2. Grosso scaraboide (ciottolo di fiume) (Fig. 135) Luogo di conservazione: ? N. inv.: ? Collocazione precedente: Firenze, presso l’antiquario Pacini nel 1876. Provenienza: Villa Strada (Castiglion del Lago), proprietà Conte Paolozzi, rinvenuto in un campo, durante lavori agricoli, dal sig. Francesco Trastullo. Soggetto della decorazione: Giovane nudo verso sinistra, con tenia sui capelli, intento al gioco del kottabos kataktós con una kylix, mentre un giovane servitore sistema uno sgabello cubico ai suoi piedi. Iscrizione: therini umranal (Falsa). Direzione: sinistrorsa. Datazione: moderna. Bibliografia principale: Buonamici 1932, p. 396; Minto 1944, pp. 83-89; TLE, pp. 188, 356, s.v. therini, umranal.

Fig. 136. Da Zwierlein-Diehl 1973, tav. 91.539.

4. Gemma per anello di sardonica trasparente (scarabeo di corniola in limc viii) (Fig. 137) Luogo di conservazione: Cambridge, Fitzwilliam Museum. N. inv.: 12 (13) (CM). Collocazione precedente: Shannon Collection, lascito di Shannon nel 1937, Collezione del Barone Roger de Sivry, Newton Robinson, Humphrey Wyndham Cook and Ricketts and Shannon Collections. Provenienza: Tarquinia, Monterozzi, Secondi ArchiArcatelle, forse tra quelle le cui iscrizioni furono copiate dal Fabretti il 24 dicembre 1876 dalla collezione dei fratelli Marzi di Corneto. Soggetto della decorazione: Guerriero nudo (Tute),

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capitolo iii

chino in avanti, con scudo, colpito da una freccia al polpaccio sinistro. Secondo la Henig (Henig 1994) è del xviii secolo, così già Zazoff 1968. Iscrizione: tute (moderna). Direzione: sinistrorsa. Datazione: xviii secolo. Bibliografia principale: cii 3,374; De Simone 1968, p. 122, n. 7; Richter 1968, p. 207, n. 842, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 86, nota 106; Cristofani 1970, p. 332, n. 2; Martini 1971, pp. 113, 146, n. 170, tav. 33.4; cie , iii.1, 10230; et Ta G.4, p. 361; Henig 1994, p. 346, n. 728, con bibl. cit.; Krauskopf et alii 1995, p. 86, n. 126, con bibl. cit.; limc viii, 1997, Tydeus 3.

Fig. 137a. Da Henig 1994, fig. 728.

Fig. 137b. Calco, da Henig 1994, fig. 728.

5. Sardonica Luogo di conservazione: Monaco, Collezione Paul Arndt. N. inv.: 1606. Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: ? Iscrizione: tute (moderna). Direzione: ? Datazione: incerta. Bibliografia principale: Zazoff 1968, p. 86, nota 107. 7. (GD-Greche Didascalie) Gemme etrusche con iscrizioni in lingua greca (didascalie) (GD1) Telefo 1. Scarabeo di onice (Fig. 138) Luogo di conservazione: Taranto, Museo Nazionale. N. inv.: senza numero. Provenienza: Satyrion (Saturo - Taranto), in “un ripostiglio” con monete d’argento del iv secolo (di Taranto, Thurii ed Heraclea), aurei dell’età del Molosso e due orecchini d’oro a protome di leone.

Soggetto della decorazione: Guerriero nudo, stante verso sinistra, con lancia e spada, piede appoggiato su roccia, a terra lo scudo. Iscrizione: 1TH2§EºO™. Direzione: in verticale, bustrofedica (1TH destrorsa, 2§EºO™ sinistrorsa). Datazione: Seconda metà iv sec. a.C. - stile libero tardo etrusco. Bibliografia principale: Lo Porto 1977, p. 500, tav. 57.3; limc vii, 1994, Telephos 46; Krauskopf et alii 1995, p. 123, n. 993a, con bibl. cit., tav. 3.993.

Fig. 138. Da limc vii, 1994, Telephos 46.

8. (GF-lingua Greca Firme) Gemme etrusche con iscrizioni in lingua greca (firma dell ’ artefice) (GF1) 1. Scarabeo di corniola (Fig. 139) Luogo di conservazione: Volterra, Museo Etrusco Guarnacci. N. inv.: 147. Collocazione precedente: ? Provenienza: ignota. Probabile provenienza volterrana. Soggetto della decorazione: Guerriero verso sinistra, armato di elmo, lancia, scudo e schinieri. Iscrizione: §Y™AN¢PO™, già letta Alsanpros (in Zazoff 1968 e in Krauskopf et alii 1995). Direzione: destrorsa. Datazione: 480-470 a.C. - stile severo (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Lanzi 1824, pp. 132-133, n. xx, tav. ix.9; cii 306; Brunn 1889, p. 421; Guerrini 1961, con bibl. cit.; Zazoff 1968, p. 58, n. 73, tav. 19.73; Fiumi 1976, fig. 179; Zazoff 1983, tav. 56.4; Krauskopf et alii 1995, p. 124, n. 1005, con bibl. cit.; Torelli 2002, p. 138; Cateni 2004, p. 23, fig. a colori.

catalogo

Fig. 139a. Da Cateni 2004, fig. a p. 23.

Fig. 139b. Disegno, da Lanzi 1824, tav. ix.9.

9. (LD-Latine Didascalie) Gemme etrusche con iscrizioni in lingua latina (didascalie) (LD1)

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Fig. 140a. ZwierleinDiehl 2007, tav. 79.334.

Fig. 140b. Calco, da Boardman, Vollenweider 1978, tav. xxxvii.218.

10. (LP-Latine di Possesso) Gemme con iscrizioni in lingua latina, di possesso (LP1) Pegaso

Mer(curius)? 1. Scarabeo di corniola (Fig. 140) Luogo di conservazione: Oxford, Ashmolean Museum. N. inv.: 1493 (218). Collocazione precedente: Lascito Greville John Chester, 1892. Provenienza: ignota. Soggetto della decorazione: Figura virile nuda (Mercurius), stante con caduceo; presso di lui un ariete e un alto fiore. Iscrizione: mer(curius)? (considerata latina in Furtwängler 1900). Direzione: destrorsa. Datazione: Seconda metà iv a.C., iscrizione apposta forse nel iii sec. a.C. (Lazio o Campania) - stile libero (Zazoff 1968). Bibliografia principale: Furtwängler 1900, p. 97, n. 17, tav. xx.17; Zazoff 1968, p. 74, n. 106, tav. 24.106; Richter 1968, p. 187, n. 746, fig. 746; Martini 1971, tav. 7.2; Boardman, Vollenweider 1978, pp. 51-52, n. 218, tav. xxxvii.218; Simon 1990, p. 164, fig. 207; Krauskopf et alii 1995, p. 110, n. 657, con bibl. cit.; Zwierlein-Diehl 2007, p. 390, tav. 79.334.

1. Corniola scura piana (Fig. 141) Luogo di conservazione: Firenze, Museo Archeologico Nazionale. N. inv.: 72566. Collocazione precedente: Collezione del Marchese Angelo Remedi di Sarzana e di suo fratello Francesco Remedi. Provenienza: Luni. Soggetto della decorazione: Cavallo alato (Pegaso), in corsa verso sinistra. Iscrizione: 1prep2usa (letta precedentemente 1raer 2asu). Direzione: sinistrorsa. Datazione: ii sec. a.C. Bibliografia principale: cil xi.2.1.81; Milani 1885, p. 131; nrie 12; Pandolfini 1973, p. 340, n. 135, tav. xci.135; Sena Chiesa 1978, p. 125, n. 163, tav. xxiii.163.

Fig. 141. Da Sena Chiesa 1978, tav. xxiii.163.

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IV. CO MMENTO A L CATA LO GO : ESAME D EGLI ASPETTI S TIL IS TICI, ICO NO GR A FICI, EPIGRAFICI ED E S E G E TICI DEL L E GE M M E

C

ome si evince dai sottoinsiemi, il dossier che si è potuto raccogliere comprende circa 160 gemme: la maggior parte scarabei di corniola, che sono per lo più di v-inizi del iv sec. a.C.; gli esemplari che si datano nel corso del iv sono pochi. ED) Iscrizioni etrusche che designano il personaggio raffigurato (didascalie) (da ED1 a ED121) (Figg. 1-110)

Tra le gemme con iscrizioni etrusche, preponderante è il numero di quelle con didascalie, che costituiscono l’81% circa di tutte le gemme iscritte. Si tratta di iscrizioni descrittive, esplicative, apposte a denominare le figure rappresentate e pertanto mostrano sempre una sostanziale congruenza con l’immagine mitica.1 Le raffigurazioni presenti in queste gemme sono relative a divinità, eroi omerici ed a figure mitologiche. Purtroppo non tutti i casi riguardanti le gemme con divinità o figure mitologiche sono semplici come quello del leone in cui tutto corrisponde: sia la raffigurazione che il nome iscritto, leu2 (Fig. 1). In questa gemma è rappresentata, in realtà, una leonessa con le fauci aperte e la criniera dal pelo irto, versa destra; dall’ultima mammella a destra sugge il latte un cucciolo. A meno che il termine leu non indichi il cucciolo – che si immagina di sesso maschile – è utile sottolineare che, mentre nel caso di nomi di persone il genere femminile viene segnalato ed è possibile riconoscere l’esistenza di un genere maschile e di uno femminile, nel caso di nomi di animali, apparentemente non sembra esserci tale distinzione. Com’è noto, il termine leu appare un imprestito dal greco ϤˆÓ.3 Il tipo della leonessa, attestata nelle gemme attribuite dal Boardman all’Aristoteiches Group4 sembra collocarsi agevolmente nella Grecia orientale e datarsi, come sembra, ancora tra la fine del vi e gli inizi del v sec. a.C. Scarabei e scaraboidi dell’Aristoteiches Group, con la raffigurazione del leone o della leonessa, dei quali sia nota la provenienza, sono stati rinvenuti vicino Pergamo (l’esemplare eponimo), a Sardi e a Tebe (un esemplare per sito), a Cipro (almeno tre esemplari). In Italia sono noti soltanto un rinvenimento a Tarquinia ed uno in Italia meridionale.5 Procederemo analizzando prima le gemme che recano figurazioni di divinità. Sulle gemme sono attestati i nomi soltanto di alcune 1 Torelli 2002, p. 135. 2 Parigi, 300, Collezione De Luynes, prov. scon.: Zazoff 1968, p. 205, n. 1431. 3 De Simone 1968, p. 89. 4 Boardman 1968b, p. 133, n. 446. 5 Boardman 1968b, pp. 132-133.

divinità: Aita, Castur, Hercle, Menerva, Nethuns, Pultuche, S´ethlans´, Turan e Turms. Aita: in uno scarabeo a San Pietroburgo Aita (Fig. 2) è raffigurato nudo, seduto su una roccia, con lungo scettro nella mano sinistra; dietro alla sua spalla destra è presente Cerbero come nelle raffigurazioni più recenti.6 Castur: ben attestato, con almeno cinque gemme, è Castur. Nei casi dei quali è nota la raffigurazione, Castur è rappresentato come un giovane nudo morente (Fig. 3), inginocchiato come Capaneo, nell’atto di togliersi una freccia dalla schiena. La morte di Castore ucciso da una freccia non è documentata né nella letteratura né nell’arte greca, ma del tutto plausibile dal momento che il suo avversario Ida era un famoso arciere. Castur è inoltre raffigurato presso una fontana nel paese dei Bebrici durante la spedizione degli Argonauti (Fig. 4), in uno schema attestato anche sulla Cista Ficoroni,7 con una forte somiglianza con le raffigurazioni di Hercle alla fonte, ben diffuse sulle gemme etrusche. Al tema raffigurato sullo scarabeo precedente è forse collegabile la scena che compare su un’altra gemma, in cui il personaggio è ritratto mentre solleva o depone un’olla biansata (Fig. 5) che, tuttavia, sin dall’epoca del Cades8 non è stata interpretata come un’anfora per attingere acqua, ma come il probabile contenitore delle ceneri di Polluce.9 “Eros” (Fig. 6) compare una sola volta; nella mano sinistra reca una corona, mentre nella destra una tavoletta votiva con l’iscrizione num, interpretata come il nome delle ninfe.10 Si potrebbe pensare, preferibilmente, all’abbreviazione di prenomi, come ad esempio, Numa,11 o gentilizi molto diffusi in etrusco, basti citare numenas´/-s, numisiie, e varianti.12 Certo, la presenza della tavoletta (o vassoio per offerte), potrebbe orientare verso una lettura religiosa dell’immagine. In questo caso, potrebbe esserci un riferimento alla riforma religiosa attuata da Numa, a lui dettata dalla ninfa Egeria, e raccolta nei Commentarii Numae o Libri Numae che andarono perduti quando Roma fu saccheggiata dai Galli.13 In ambito greco Eros porta spesso il thymiaterion, la situla oppure offre volatili ecc…; in un paio di casi è raffigurato nell’atto di leggere una tavoletta (forse un oracolo?). Il medesimo schema iconografico presente sulla nostra gemma è utilizzato su uno scarabeo di corniola 16 17 18 19 10 11 12 13

Vedi ad esempio, de ’ Rossi 1707, tav. 36. Bordenache Battaglia, Emiliozzi 1990, p. 221, tav. cccx.68ff. Cades 1834, p. 116, n. 5. Vedi Cades 1834, p. 116, n. 5 e Buonamici 1932, p. 39. Zazoff 1968, p. 150, n. 403. De Simone 1989-1990, p. 199. De Simone 1989-1990, con esempi cit. Plut., Num., I,1.

88

capitolo iv

conservato ad Oxford, per una figura con himation sulle spalle, caduceo e corona, interpretata da Boardman come Hermes.1 Lo scarabeo di Oxford, datato intorno al 500 a.C., secondo Boardman è di puro stile greco arcaico sebbene sia stato considerato talora l’opera di un artigiano greco realizzata in Etruria. Secondo lo studioso si tratterebbe dello scarabeo «closest to the main Etruscan series, yet to in the thighs and chest somewhat more swelling».2 La divinità che compare di più tra le gemme iscritte è certamente Hercle (Figg. 7-26), sia da solo,3 stante, che impegnato nelle sue “fatiche”. A parte alcuni casi, che conosciamo soltanto in modo indiretto e sulla cui raffigurazione non siamo informati,4 vediamo che su una gemma è rappresentato seduto su una roccia, pensoso come Achille. Quando è da solo, è raffigurato stante, con i consueti attributi della clava (Figg. 7-8), dell’arco, o della lancia e del coltello, e sempre nell’atto di raccogliere l’acqua con un’anfora alla fonte che sgorga da una protome di leone. Ci sembra di grande interesse l’aver ritrovato le due gemme con il medesimo soggetto (Hercle seduto su una roccia presso la fonte, con arco e clava) e la medesima iscrizione (hercle) a Londra nel British Museum. Mentre la prima è uno scarabeo di agata (Fig. 7) tagliato, che proviene da Arna presso Perugia (ex Collezione Townely, acquisto 1814, ex Collezione Blacas), la seconda è uno scarabeo di corniola (sardonica secondo Murray), anch’esso della Collezione Blacas, acquistato nel 1867. Di quest’ultimo esemplare, considerato disperso, la scrivente ha intrapreso la ricerca dopo aver rintracciato il disegno pubblicato dal Micali nel 1832.5 Dell’esemplare è stata finora messa in dubbio l’autenticità, poiché simile al precedente e consideratone pertanto la copia. I due scarabei, che in Murray6 sono ben distinti, dagli studiosi successivi sono stati spesso confusi.7 L’esemplare di corniola, mostra una decorazione che, ad un mero esame autoptico, potrebbe anche sembrare autentica. Per quanto riguarda l’iscrizione, restano alcune perplessità: i caratteri appaiono troppo “squadrati” e la penultima lettera assomiglia più ad una piccola epsilon che ad un lambda. Certo, la presenza delle due gemme nella medesima collezione lascerebbe propendere per l’ipotesi che lo scarabeo di corniola (Fig. 8) sia una copia moderna dell’altro: la disponibilità dell’originale potrebbe aver favorito la possibilità di poterne trarre una copia con tutti i possibili vantaggi. Tuttavia, non sembra una prova decisiva. Ciò che colpisce è che nel disegno pubblicato dal Micali, che dovrebbe raffigurare la gemma di 1 Boardman 1968b, p. 111, n. 338, tav. xxiv.338; Boardman, Vollenweider 1978, p. 15, n. 73, tav. xiii.73. 2 Boardman 1968b, p. 112. 3 limc iii, Eros 551. 4 Uno scarabeo dell’Antica Collezione Marzi da Tarquinia, Monterozzi, Secondi Archi-Arcatelle con iscrizione hercle: cii iii,375; De Simone 1968, p. 78, n. 66; cie , iii.1, 10231; et Ta G.8, p. 361 Falsa; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1225, con bibl. cit.; ThLE2, p. 177, s.v. Altra gemma non specificata con iscrizione hercle: De Simone 1968, p. 72, n. 16; et oi G.50, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1222, con bibl. cit. 5 Micali 1832, p. 216, tav. 116, fig. 5. 6 Murray 1888, p. 76, nn. 425-426. 7 Vedi Zazoff 1968, p. 159, ad n. 571 è identificato con quello da Arna, Perugia (Londra, British Museum, inv. 769).

Fig. 8, tuttavia l’apografo dell’iscrizione sembra essere stato tratto dallo scarabeo Fig. 7. Possediamo la raffigurazione di almeno sei o sette gemme che recano la scena di Hercle presso la fonte, con l’iscrizione Hercle (Figg. 9-10-11-12-13-14-15). Un dato rilevante è che la pasta vitrea Fig. 9 è così simile alla pietra Fig. 10 da destare il sospetto di essere stata realizzata mediante un suo calco. È di estremo interesse notare che si tratta di un tema quasi del tutto sconosciuto ai repertori figurativi greci ma che nel mondo etrusco trova, com’è noto, un grande rilievo ed una particolare diffusione. Connesso al raggiunto stadio puberale, al bagno che libera dalla fatica e all’attività della palestra svolta in ambito termale, secondo Torelli, il tema di Hercle alla fonte sarebbe in evidente rapporto con le acque calde. Tra le gemme considerate greco-occidentali è stato possibile identificare e ritrovare una gemma (Fig. 16) già pubblicata da Micali, Visconti e Gori, con iscrizione etrusca aithna inserita negli Etruskische Texte, che forse può aprire delle nuove prospettive di studio del tema “Hercle alla fonte”. Dello scarabeo ci si occuperà in uno studio specifico. Anticipo per ora alcuni punti. Il Winckelmann smentì a Filippo Buonarroti che nelle sue Animadversiones in Mus. Flor. p. 12 aveva sostenuto che l’iscrizione fosse un’aggiunta.8 Il termine aithna potrebbe essere identificato con quello di Aitna, ninfa di Sicilia, figlia di Ouranos e Ge, oppure di Oceano, eponima della città di Etna e del vulcano;9 in ogni caso la ninfa sarebbe collegata alla Sicilia orientale, non contemplata nella cartina di distribuzione dei luoghi relativi alle “acque di Ercole”, edite anche di recente.10 La nostra gemma è compresa nel limc per ben due volte, sotto le voci Herakles ed Hercle. Secondo il Boardman l’intaglio assomiglia ad un’opera etrusca, ma l’iscrizione è greca pertanto il manufatto potrebbe essere greco occidentale; il Boardman, riprendendo un’idea del Mansuelli, interpreta l’iscrizione come una sorta di esortazione magica all’acqua a scorrere:11 secondo il Mansuelli l’iscrizione, greca, sarebbe una violenta minaccia: ·DÔÓ· (“sgorga”) da parte dell’eroe alla fonte.12 Com’è noto, su questa iscrizione molto è già stato scritto. Il Gori, ad es., la collegava al verbo ·åÔÓ¿ˆ, nel senso del lat. aspergo, perfundo ed il Mansuelli precisava «l’ingiunzione rivolta dall’eroe alla fonte: ·QÔÓ· (“sgorga!”) si è tramutata in violenta minaccia».13 La Schwarz, dal canto suo, nella voce Hercle del limc avanza timidamente l’ipotesi che l’iscrizione, giudicata greca dal Boardman, possa forse essere etrusca.14 A nostro avviso, se anche si trattasse del nome della ninfa Aitna, il suo nome in greco 18 Reinach 1895, p. 52. 19 limc i, p. 431, s.v. Aitne (Arnold Biucchi). 10 Bellelli 2007, p. 208, fig. 29. 11 limc iv, Herakles 1326. 12 Mansuelli 1941, p. 105, n. I.1. 13 Mansuelli 1941, p. 106. Il Micali riteneva si trattasse della fonte dell’Oeta. Lo studioso riferisce che «fu edita già dal Gori in Mus. Flor. ii, tav. 14. Assai diverse sono le interpretazioni che ne hanno dato e Gori stesso e Winckelmann, Pierres de Stosch, num. 1767, e Visconti, Esposizione delle impronte, ecc. Num. 227. Lui si attiene a una “spiegazione più piana del soggetto”». 14 limc v, Herakles/Hercle 84c (Schwarz).

commento al catalogo sarebbe stato scritto con il tau e non con il theta.1 Il dato epigrafico (resa in etrusco del nome Aitna) è rilevante perchè, a nostro avviso, lo scarabeo potrebbe essere stato realizzato da un artigiano greco (proveniente dalla Sicilia?) operante in Etruria nell’età di Ierone, fondatore di Aitna (vedi documentazione numismatica). La figura di Hercle sembra essere, dunque, utilizzata per veicolare con iconografie insolite, concetti e valori che non appaiono a lui propri nel mondo greco.2 Negli altri casi troviamo Hercle in posizione statica mentre ha appena terminato di lottare con l’hydra di Lerna (Figg. 17-18-19), mentre in almeno due casi è raffigurato nell’atto di lottare con il leone nemeo (Figg. 20-21). Lo scarabeo (Fig. 19), considerato fino ad oggi privo di provenienza, può finalmente essere ricongiunto al suo contesto: proviene infatti da Falerii Veteres, tomba IV, scavata il 20 ottobre 1886 in proprietà Tarquini. Va infatti identificato con la gemma descritta in Notizie degli Scavi da A. Cozza e A. Pasqui: “Scarabeo piccolo, di onice scura fasciata di bianco, dove accuratamente incisa vedesi una figura virile nuda, con la sola penula che le fascia l’avambraccio sinistro e discende lungo il fianco. Si piega verso un alberetto nudo di fronde, a cui sembra appeso uno scudo. Attorno alla sua testa, a piccole lettere, ma accuratamente incise, leggesi : l’ultima lettera è dalla parte opposta della testa”.3 Hercle è designato anche calanic(e),4 e, su due scarabei pressoché uguali è impegnato in lotta con kukne, il predone che spogliava i pellegrini che recavano le offerte a Delfi (Figg. 22-23). Hercle compare inoltre in lotta con il gigante Anteo (Fig. 24) che egli uccide strangolandolo e tenendolo sollevato dalla terra dalla quale traeva la sua forza, come Alcioneo5 oppure mentre sostiene la volta celeste (Fig. 25); in un altro scarabeo, mentre è occupato nella medesima attività, consente ad Aril (Fig. 26) di raccogliere i pomi delle Esperidi. In questo ultimo caso, rispetto all’ambito greco notiamo un deciso scarto iconografico: Atlante sostiene la volta celeste, le Esperidi sono quasi sempre tutte presenti.6 Recare sul proprio sigillo o anello-sigillo l’immagine di una divinità serviva da parte del proprietario ad esprimere la sua forte devozione nei confronti di una specifica divinità; la gemma diveniva una sorta di talismano, capace di assicurare al possessore la tutela personale diretta della divinità prescelta. Hercle oppone alla cieca forza fisica le capacità dell’intelletto. Com’è noto, Hercle è la divinità prediletta, paradigma della lotta contro tutti i mali della terra: è visto come dio protettore e benefico che, per giunta, avendo raggiunto l’immortalità, in quanto uomo mortale, può essere l’emblema di una sorte felice 1 Ambrosini in corso di stampa. Il nome in greco con il theta sarebbe piuttosto insolito (come mi conferma il Prof. Alan Johnston, che ringrazio sentitamente). 2 Torelli 2002, p. 127. 3 Cozza Pasqui 1887, p. 313, h. 4 Beazley 1920, ad n. 89; De Simone 1968, p. 38, n 2; limc v, 1990, Herakles/Hercle 176f; et oi G.49, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1209, con bibl. cit. 5 Vedi Benassai 1997, pp. 60-63. 6 Ad es. su cratere a volute apulo a figure rosse a Napoli, n. inv. 81934 del Pittore di Dario: limc v, Hesperides 56.

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nell’al di là.7 Hercle sarebbe, dunque, il paradigma delle virtù eroiche e dei comportamenti sociali individuali e collettivi alla base della vita aristocratica e, più in generale, figura catalizzatrice di tutte le aspettative della classe dirigente d’Etruria.8 Menerva (Fig. 27): la dea in uno scarabeo viene raffigurata alata, dotata della sola lancia e priva di elmo mentre avanza verso sinistra, contrariamente a quanto accade in molti altri scarabei etruschi (cioè promachos, secondo il modello greco). Potrebbe sembrare seducente la lettura “ca mener(va)” cioè “questa è Menerva” dell’iscrizione sullo scarabeo effettuata da Torelli. Il dimostrativo, a nostro avviso, servirebbe proprio ad evitare fraintendimenti, dal momento che la raffigurazione non era, forse, così palesemente intellegibile. Il tipo dell’Atena alata nell’arte greca è sempre caratterizzata come promachos,9 anche nelle gemme. Tuttavia, è molto probabile che la lettera interpretata da Torelli come gamma, sia un digamma e che l’iscrizione vada letta semplicemente menerva (lettura Colonna). Infatti, non c’è motivo per il quale l’incisore avrebbe dovuto tralasciare le ultime due lettere del teonimo, visto che sullo scarabeo ci sarebbe stato lo spazio sufficiente per inserirle. Dato che Menerva svolge il ruolo di protettrice nelle iniziazioni giovanili, questa gemma potrebbe alludere al raggiungimento della condizione di giovane maturo da parte del proprietario del sigillo. In un ultimo scarabeo a Malibu (Fig. 28), la testa della dea, elmata, è accompagnata dall’iscrizione me.ne mv, sulla cui autenticità gli editori sembrano avanzare qualche dubbio. Nelle gemme greche la dea indossa frequentemente l’elmo corinzio o calcidese sollevato e, soltanto in un caso è presente la firma dell’artigiano (Pythonax), uno Ionico, forse dell’Isola di Paros.10 Nethuns (Fig. 29): in uno scarabeo da Vulci, Nethuns è raffigurato come un giovane nudo col tridente nell’atto di far nascere dalla roccia la sorgente Lerna per la ninfa Amymone o il fiume Peneo (Hdt. vii, 129). A questa gemma possiamo forse accostare una sardonica (Fig. 30) di ii-i sec. a.C. con l’iscrizione letta vuch, per la quale si può avanzare l’ipotesi di una lettura kuch (da intendersi forse come “Ciclope”, figlio di Nettuno?)10 nella quale sembra essere raffigurato lo stesso Nethuns. Questo tipo di rappresentazione non si riscontra in ambito greco dove, quando Poseidon è isolato, è ritratto nell’atto di lanciare il tridente, gradiente, oppure stante, ma in altra posizione. Interessante ci sembra l’ipotesi di Torelli secondo la quale gli scarabei con immagini di divinità marine, eroi, demoni e mostri collegati al mare, servissero da amuleto per allontanare i pericoli durante i viaggi per mare.12 Resta da valutare l’ipotesi, non del tutto remota a nostro avviso, che l’iscrizione nel caso fosse sinistrorsa, sia stata redatta in modo sciatto per rendere un nomen latino, forse KVI per QVI(NTIA)?. La gemma si può infatti 07 09 10 11 12

Krauskopf 1999, p. 407. 8 Torelli 2002, p. 126. Vedi limc ii, s.v. Athena p. 964, A6. Athéna ailée (Cassimatis). Boardman 1968b, p. 83, n. 224, tav. xiv.224. De Simone 1970, pp. 174-177. Torelli 2002, pp. 123, 144.

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capitolo iv

confrontare con una sardonica pressoché identica (Collezione C.F. Greville) che reca la figura di Mercurio nella medesima posa e l’iscrizione KVINTIA.1 Pultuce ed Amuche: va certamente identificato con Pultuce (Polluce) il giovane nudo raffigurato nell’atto di legare ad un albero Amuche (Amico) (Fig. 31), su uno scarabeo da Tarquinia, secondo il ben noto schema iconografico ampiamente attestato in Etruria e a Praeneste. Non è qui opportuno dilungarsi sul tema dell’adligatus, ampiamente trattato in vari studi specifici,2 se non per ricordare che secondo E. Simon questo scarabeo, che risale quasi al tempo di Sofocle - autore del dramma satiresco Amykos conserva la più antica raffigurazione nota di Amykos fatto prigioniero. S´ethlans´ (Fig. 32): nello scarabeo da Tarquinia, S´ethlans´, che è raffigurato con il forceps nell’atto di lavorare il metallo, si appoggia al bastone poiché claudicante. Vi è concordanza con l’ambito greco, anche se in quest’ultimo sembra forse prevalere la raffigurazione di Hephaistos connesso con l’ambito dionisiaco. Turan: a parte una gemma di Monaco3 perduta, nella quale il teonimo Turan designava un genio virile nudo e alato armato di lancia, in almeno altri due casi identifica una figura femminile. Nel primo caso (Fig. 33), molto interessante, la dea verso destra, retrospicente, sostiene il corpo di un giovane esamine identificato dall’iscrizione letta tinias, genitivo di Tinia; si tratta dunque di un figlio di Tinia. Secondo Erika Simon Turan in questo caso prende il posto che nell’Iliade è di Apollo;4 è in effetti Apollo che porta fuori dal campo di battaglia il corpo esanime di Sarpedonte, figlio di Zeus, caduto per mano di Patroclo (Omero, Iliade, 16, 667-682).5 In ambito greco, il trasporto del corpo del principe licio Sarpedonte viene effettuato da Hypnos e Thanatos sotto la direzione di Hermes, come sul celebre cratere di Euphronios.6 L’interpretazione fornita dalla Simon, è stata accettata dalla Krauskopf, dalla Martelli, da Torelli e da ultimo da Maggiani. Lo schema iconografico utilizzato è quello di Eos che trasporta il cadavere di Memnone.7 La lettura delle lettere dell’iscrizione riferibile al giovane ci sembra piuttosto incerta a causa di riccioli di gesso creatisi durante la realizzazione del calco; ad es., vicino alla mano destra del giovane si vede una lettera simile ad una upsilon piuttosto che ad uno iota. Pur lasciando aperta la questione fino a che non sarà possibile leggere nuovamente l’iscrizione direttamente sulla gemma, che sembra essere perduta, a nostro avviso, non si può non pensare al nome di Adone cioè ad Atuni(a)s.8 1 Raspe, Tassie 1791, I, p. 168, n. 2331, tav. xxx.2331. 2 Vedi, ad esempio, Weis 1982. 3 Corniola. Monaco, Collezione Arndt, n. inv. 1600, Provenienza: ignota, iscrizione turan: Zazoff 1968, p. 151, n. 417; et oi G.69, p. 368. 4 Vedi Simon 1992b, pp. 236-237, fig. 6. 5 Krauskopf 1999, pp. 412-413. 6 Da ultima Moretti 2010, p. 42, fig. 38. 7 Anche sulla gemma conservata al Museo of Fine Arts di Boston, n. inv. 21.1200, il corpo, trasportato da due figure alate (una virile ed una femminile), ha una posizione molto simile a quella presente sulla nostra gemma (limc i Supplemento 2009, Daimones anonimi (in Etruria) 9a). 8 Avanzerei con estrema cautela l’ipotesi di una lettura atunias, in

Nel secondo caso (Fig. 34) Turan è trasportata sulla spalla sinistra da un giovane nudo. Il Buffa registra nell’iscrizione anche la lettera iota, che ci sembra non sia visibile; il Migliarini pensava che il giovane fosse Giasone; Giasone, tuttavia, su un’altra gemma è chiamato Easun e non Iasun. Lo schema utilizzato, secondo Zazoff, ha a che fare con l’eros: in effetti, a nostro avviso, ricorda il ben noto schema del satiro che trasporta la menade sulla spalla. Gli esempi da citare sarebbero innumerevoli.9 Il dato interessante è che in ambito greco Afrodite viene trasportata in questo modo da Eros in una scena che viene comunemente interpretata come la nascita di Afrodite dal mare.10 La stessa posizione assunta dalle due figure si ritrova nelle scene di ratto (amoroso o no) oppure di salvataggio e potrebbe anche implicare il sollevamento. La figura virile è interpretata come Hercle poiché Turan impugna la clava e l’arco, che si suppongono essere di colui che la sostiene. Perché Hercle trasporta Turan? Forse è una variante dovuta all’iniziativa dell’incisore che avrebbe illustrato un aspetto locale dell’Hercle etrusco, o un ratto erotico come suggeriscono gli specchi con symplegma dell’eroe e della dea, oppure un racconto nel quale l’eroe interviene sottraendo la dea dal pericolo.11 Il problema sembrerebbe rimanere ancora aperto. Turms: Su una gemma (Fig. 35) è presente una figura virile con caduceo e clamide che solleva la parte superiore di un giovane uomo tramite il braccio. Tale raffigurazione è presente su un alto numero di gemme ed è solitamente interpretata come Hermes psicopompo.12 La nostra gemma reca un’iscrizione che sembra ricordare il teonimo etrusco Turms. Decisamente maggiore è il numero di gemme con incisi i nomi di numerosi eroi omerici sia Greci che Troiani. Tra i Greci ci sono i nomi Acha/e/ile, Achle (Achille), Aivas (Aiace Telamonio), Uthuz/se (Odisseo), Antiluche (Antiloco), Talmith/te (Palamede). Acha/e/ile, Achle (Achille): a parte alcuni casi che non possiamo valutare per mancanza di notizie,13 Achle è raffigurato seduto in meditazione o afflitto dalla sottrazione di Briseide o dalla morte di Patroclo (Figg. 36-37); si tratta di una raffigurazione che trova una buona corrispondenza in ambito greco,14 anche se spesso in quest’ultimo Achille è rappresentato avvolto nel mantello e compare in scene di più ampio respiro. Secondo Murray cui per errore l’incisore avrebbe inserito un’alpha di troppo nel nome atunis. Lo scarabeo etrusco da Corfù con una divinità alata che sostiene il corpo di Aivas (con la spada), degli inizi del v sec. a.C., mostra uno schema iconografico simile, da avvicinare sempre a quello di Eos e Memnon (limc i, Aias i, 141). 09 Ne cito soltanto uno come esempio: limc iii, Dionysos 331. 10 limc ii, Aphrodite, 1180, lekythos attica a figure rosse a Vienna, n. inv. iv 3768, inizio del iv sec. a.C. 11 limc Supplemento i 2009, p. 77 (Maggiani). 12 Vedi, ad es., la sardonica conservata ad Hamburg: Gercke 1996, p. 160, n. 158, fig. 158. 13 Scarabeo di corniola, già Collezione Le Blant, Provenienza: ignota, iscrizione [a]chile, cii 2517 bis; De Simone 1968, p. 36, n. 32; et oi G.61, p. 367; Krauskopf et alii 1995, p. 132, n. 1213; ThLE2, p. 57, s.v. Gemma non specificata da Chiusi, iscrizione achl[l]e, cii , I 789 bis; et Cl G. 11, p. 363. 14 Vedi, ad esempio, limc i, Achilleus 453.

commento al catalogo la gemma Fig. 36 è stata forse copiata da una con un soggetto quasi esattamente identico ma con l’iscrizione these (vedi Fig. 91). L’iscrizione presente sulla gemma, in effetti, appare piuttosto anomala. Achille compare inoltre con l’elmo in mano (Fig. 38) oppure con le sue armi (Fig. 39) o mentre indossa uno schiniere (Figg. 40-41) o combatte (Fig. 42). Anche in questi casi c’è una forte aderenza all’ambito greco. Mentre nella gemma in cui è raffigurato seduto con l’elmo in mano (Fig. 38) lo schema utilizzato risale a quello dell’helmet-maker presente su alcuni scaraboidi greci che larga fortuna avrà nella glittica etrusca,1 nella figura dell’eroe che indossa le armi consegnategli dalla madre Teti2 c’è una corrispondenza pressoché totale: basti confrontare uno scaraboide di corniola da Aleppo, collegabile al Semon Master,3 che reca una scena quasi identica a quella della Fig. 39 e l’iscrizione cipriota Ake-se-to. Desta, per ovvî motivi, qualche sospetto la gemma Fig. 42, nella quale la spada è del tipo ricurvo, cioè una machaira, arma di tipo orientale, che mal si confà ad un eroe Greco; tuttavia l’uso di quest’arma nell’iconografia etrusca è già stata oggetto di analisi approfondite.4 Nella gemma Fig. 41 la figura è confrontabile con quella raffigurata sulla nota cista prenestina con „˘¯ÔÛÙ·Û›· e nomi ascritti del Museo Gregoriano Etrusco,5 anch’essa dotata della medesima iscrizione ACILES . L’iscrizione della gemma presenta tuttavia lettere etrusche ed un andamento destrorso (ad eccezione dell’alpha). In due casi Achille è rappresentato mentre si congeda da una figura femminile alata (Figg. 43-44), molto probabilmente una divinità, mentre in un caso (Fig. 45) la figura femminile nuda, coperta solo da un himation, è aptera. Achille è raffigurato mentre si congeda anche da Odisseo cioè Uthuze (Fig. 46) nella celebre sardonica di Bolsena conservata a Bologna, i cui disegni furono pubblicati già nel 1737. Una scena pressoché identica compare su uno scarabeo a Philadelphia (Fig. 47). Difficile stabilire se Odisseo cerchi di placare l’ira di Achille per ricondurlo a combattere in difesa dei Greci, oppure se tenti di frenarlo perchè impaziente di andare a combattere per vendicare la morte di Patroclo. Achille, che è il prototipo della vita eroica ed aristocratica, diventa simbolo non solo dell’aretè ma anche del controllo che l’aristocratico deve saper esercitare sul proprio destino. Aivas/Aiace Telamonio: Aivas compare come compagno di Achille (Fig. 48) e come colui che trasporta il suo corpo privo di vita (Fig. 49). In questo ultimo pseudo scarabeo, accanto ai due protagonisti è presente una piccola figura virile nuda nell’atto di correre, identificata, fin dall’epoca del Lanzi,6 con l’anima del defunto. Que1 Boardman 1968b, pp. 97, n. 267, 99, n. 285, tav. xviii.267 e 284. 2 Vedi, ad es. limc i, Achilleus 527, cratere a volute apulo a Parigi della Cerchia del Pittore di Baltimora. 3 Boardman 1968b, p. 96, n. 260, tav. xvii.260. 4 Cerchiai 1980. 5 Bordenache Battaglia, Emiliozzi 1990, p. 320, n. 101, tavv. cdlxii.101a, cdlxv.101f, cdlxvii.101o. 6 Lanzi 1824, pp. 128-129.

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sta ipotesi potrebbe cogliere nel segno, dal momento che, com’è noto, il processo secondo il quale concetti astratti vengono raffigurati con sembianze umane appare ben noto nella cultura e dunque nell’arte etrusca. A tale proposito si potrebbero citare le figure interpretate come le anime dei defunti raffigurate sulle canne della Palude Stigia nella Tomba dell’Orco ii tra (Ach)memrun e Hinthial Teriasals.7 Aivas è raffigurato anche come colui che si suicida per aver perso le armi (Figg. 50-51). Uno studio recente sull’incidenza delle attestazioni dei motivi iconografici relativi alle vicende dell’eroe ha sottolineato come sia evidente in Etruria la preferenza accordata all’iconografia del momento del suicidio rispetto ad ogni altro episodio che lo vede protagonista.8 Aivas viene presentato come un caso umano dalla forte carica individuale sia su scarabei che su stele funerarie.9 Analogo allo schema del commiato di Achle da Utuze è quello utilizzato per una gemma con iscrizione finora letta laor o laod (Fig. 52), che induceva ad interpretare la scena come il congedo di Protesilao dalla consorte Laod(amia). Il confronto iconografico con gli scarabei con Achle e Utuz/se lascia intendere che nel nostro caso, la figura assisa è, con ogni probabilità, femminile, non solo per l’acconciatura, ma anche per l’assenza di alcuni attributi caratterizzanti quali lo scudo e la lancia. L’iscrizione è stata recentemente riletta lathr,10 forma, del resto, attestata.11 In questo caso, tuttavia, l’iscrizione sarebbe scissa dalla raffigurazione, – non sarebbe cioè una didascalia –, e dovrebbe forse essere inclusa tra le iscrizioni etrusche di possesso. Non sarebbe da escludere, ad ogni modo, a nostro avviso, un legame tra l’immagine, così peculiare, e l’iscrizione (che, ad un esame autoptico, non escluderei essere moderna). Si potrebbe avanzare l’ipotesi di una lettura pathr per pathr(ucle), attestata, com’è noto nella celeberrima tomba François di Vulci (et Vc 7.15). Il legame con l’iconografia del commiato di Achle da Utuze è troppo forte, a nostro avviso, per non avere un riflesso anche nell’interpretazione della scena raffigurata su questa gemma. Nel caso in cui si dimostri che l’iscrizione sia autentica, è probabile che raffiguri, dunque, proprio il commiato di Patroclo, che, indossate le armi di Achille, si accinge ad andare in campo. Com’è noto, scambiato dai Troiani per Achille, riuscì a capovolgere le sorti della battaglia, giungendo fin sotto le mura di Troia. Risulta, tuttavia, difficile individuare l’identità della figura raffigurata assisa. La gemma compare nei taccuini epigrafici di Girolamo Amati, da lui compilati tra il 1818 ed il 1834 e conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. L’Amati ricoprì l’incarico di scrittore di greco presso la Biblioteca Vaticana dal 1804 al 1834.12 Uthuze è raffigurato nell’atto di sacrificare un animale (un ariete, un quadrupede ecc..) (Figg. 53-54-55-56) e solo 17 18 10 11 12

Foto in Steingräber 2006, p. 189. Camiz, Ferrazza 2006, p. 60. 09 Maggiani 1997. ThLE2, p. 218, s.v. lathr. cii 2524bis; nrie 1190; et Cl 8.6; cie , 3189; tle 531. Bevilacqua 1991, pp. 7, 9.

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in un caso mentre reca in mano l’erba magica ÌáÏ˘ o un tappo (Fig. 57). In ambito greco, il sacrificio prima della Nekyia, articolato in una libagione di latte e miele, di vino, di acqua, nello spargimento di farina d’orzo, e poi nello sgozzamento di un montone e di una pecora nera,1 ha poco rilievo ed è scarsamente rappresentato, nonostante la notorietà della Nekyia di Polignoto di Thasos a Delfi. In una pelike attica2 Odisseo è raffigurato soltanto dopo aver sacrificato un ariete.3 In ambito etrusco tutto è più violento ed Uthuze è rappresentato mentre sgozza e squarta il malcapitato animale. L’elemento del sacrificio è, ovviamente, particolarmente sentito in ambito etrusco, poiché connesso alla pratica dell’aruspicina. Due gemme con questa raffigurazione provengono da Tarquinia, sede dell’ordine degli aruspici. Antiloco/Antiluche (Fig. 58), figlio di Nestore, proverbiale esempio di amore filiale, compare su un’unica gemma, con scudo, trafitto con una lancia da Memnone, mentre cerca di salvare la vita del padre. Spesso, invece, in ambito greco Antiloco giace morto a terra, tra Achille e Memnone combattenti. Lo schema iconografico richiama quello utilizzato, come vedremo, anche per Tute. La gemma, già in possesso di R. Norton, fu pubblicata nel 1936. La peplophoros degli Horti Sallustiani (da via Lucullo) in Roma, conservata nell’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston, acquistata da Richard Norton, raggiunse Boston proprio nel 1936; è pertanto possibile che il personaggio citato nella scheda della gemma (R. Norton), sia la medesima persona.4 Talmithe il più intelligente degli eroi Greci, inventore della scrittura e del gioco degli scacchi, nelle gemme etrusche è raffigurato probabilmente con Filottete e il serpente (Fig. 59) o chino sulla scacchiera, gioco che ha inventato, come quello dei dadi, per combattere la noia del lungo assedio di Troia (Fig. 60). Una gemma con la stessa raffigurazione, anepigrafe, è conservata a Londra.5 In ambito greco prevale la rappresentazione della sua partecipazione alla Nekyia, oppure della sua morte.6 Tra i Troiani ci sono paris (Paride), truile, tru(ile) (Troilo) e forse tinias cioè Sarpedonte morto, il figlio di Tinias, il cui cadavere viene trasportato da Turan alata. Paride (Figg. 61-63) è raffigurato come arciere. Vedendo l’immagine di Paride con l’arco non si può non pensare che sarà lui a scoccare, grazie ad Apollo, la freccia che sarà fatale ad Achille. Va, tuttavia, osservato che nella prima gemma piuttosto che al nobile arciere greco, il personaggio raffigurato assomiglia più ad un artigiano etrusco intento a compiere la manutenzione del suo arco, come è possibile notare dal confronto con alcuni scarabei etruschi.7 Sembra essere attestato anche il nome di Troilo/Trui1 Odissea, xi, 24-29. 2 Boston, Museum of Fine Arts, n. inv. 1934.79, pelike attica a figure rosse del Pittore di Lycaon. 3 limc vi, p. 961, s.v. Odysseus. 4 Talamo 1998, p. 149. 5 Walters 1926, p. 77, n. 630. 6 limc vii, pp. 146-147, s.v. Palamedes. 7 Zazoff 1968, p. 84, nn. 151-152, tav. 31.151-152.

le (Figg. 64-65) in raffigurazioni in cui sono evidenti la giovane età e l’aspetto malinconico, presagio di una triste fine. Lo scarabeo a globuli (Fig. 65) trae confronto con un esemplare a Göteborg.8 Del supposto Tinias, cioè Sarpedonte, abbiamo già detto. I. Krauskopf sottolinea che la figura di eroi Troiani come Paride e Troilo compare estremamente di rado negli scarabei etruschi.9 Vi sarebbe poi uno scarabeo con il nome del guerriero Troiano Tamun identificato con il ¢¿ÌˆÓ greco, raffigurato come un “Giovane nudo che giuoca con gli halteres”. A nostro avviso potrebbe trattarsi di un errore nell’apografo dell’iscrizione: lo scarabeo in questione potrebbe forse identificarsi con quello rinvenuto a Piscille presso Perugia, con la raffigurazione di un atleta con gli halteres. ¢¿ÌˆÓ, (il nome del proprietario?),10 è attestato, ad esempio, su una corniola che reca Hercle stante, con clava e skyphos.11 Il Furtwängler evidenzia che tutte le altre gemme che recano questa iscrizione (di possesso, secondo lui), che per ciò si sono credute opera di un unico artista, sono state falsificate. L’attestazione dell’iscrizione tamun su uno scarabeo etrusco andrebbe presa, a nostro avviso, con estrema cautela, poiché non è possibile verificarla direttamente. Un calco della gemma da Piscille è stato donato da Alessandro Scavini, orefice ed antiquario di Intra nel febbraio 1879, insieme materiale archeologico di bronzo, quest’ultimo rinvenuto nel territorio ossolano, alla Società Novarese di Archeologia e Storia Patria ed è tuttora conservato presso il Museo di Novara, nella collezione di impronte di Ennio Quirino Visconti.12 Vi sono poi gli eroi della saga tebana, come i Sette contro Tebe come amphiare, athreste, [art]s´te, capne, parthanapaes, partinipe, tute, phulnice. Cinque di essi sono riuniti a consesso nella celeberrima Gemma Stosch (Fig. 66), già del Barone Philipp von Stosch, da Perugia,13 mentre nella gemma Castellani ne sono rappresentati almeno tre. Sulla Gemma Stosch molto è stato scritto. Ingrid Krauskopf ritiene assai probabile che la composizione intera sia etrusca e non copiata da un modello greco (l’affresco di Onasia a Platea), come spesso si è ipotizzato. Alcune figure come il “guerriero in partenza” oppure “l’uomo seduto pensieroso” si ritrovano numerose sui vasi attici, dalla 08 Hansson 2005, p. 174, n. 301, tav. 6.30. 09 Krauskopf 1999, pp. 414-415. 10 Come firma dell’artefice risulta attestato, ad esempio, il nome ¢AMA™, su molti calchi di gemme antiche della collezione del Principe Stanislas Poniatowski: vedi, ad esempio, Prendeville 1841, nn. 62, 178, 193, 233, 309, 422, 433, 951, 1051, 1095, 1149 ecc…. 11 Furtwängler 1900, p. 137, n. 60, tav. xxvii.60. 12 Facchini 1989, p. 409, tav. iii.3. 13 Non a Monaco come si legge in Gli Etruschi, p. 618, n. 259. Le dimensioni della gemma sono 1,63 × 1,28 × 0,23, leggermente superiori a quelle degli scarabei “standard”. Non mi è pertanto chiaro il senso della frase: «Si tratta di un esemplare eccezionale nel panorama delle gemme etrusche per dimensioni» pubblicata di recente (Benelli 2007, p. 248, n. 116). La valutazione di esemplare “eccezionale” per dimensioni, si basa, forse, sulle numerose riproduzioni dei disegni della gemma, ovviamente in scala maggiore dell’esemplare... Lo scarabeo è di piccole dimensioni: cm 1,63 × 1,28 × 0,23 (vedi Micheli 1984, p. 51). In varie pubblicazioni, com’è noto, è presente inoltre il disegno della gemma in scala 1:1 (a partire dal 1742; vedi ad esempio Inghirami 1825, tav. U2.1).

commento al catalogo scena della Presbeia di Achille fino al consiglio dei Tebani in cui viene discusso l’enigma della Sfinge1 e servonocome spunti per la composizione della Gemma Stosch, che appare, tuttavia, una creazione originale. Il tema trattato, ovviamente, è rilevante dal punto di vista ideologico, messaggio di isonomia e di scelte politiche condivise. Alcune notizie sul rinvenimento della Gemma Stosch ci sono note da padre Felice Caronni barnabita autore del Ragguaglio del viaggio compendioso di un dilettante antiquario sorpreso da’ corsari, condotto in Barberia e felicemente ripatriato: «venne da un villano scoperto nel territorio perugino, e offerto in vendita a chicchefosse per pochi bajocchi, e trovò il primo ricetto in quella capitale presso il sig. Conte Ansidei. Di là passando il Barone di Stosch ne fece acquisto pel Museo di Berlino, secondo che me ne ha informato in Cortona quel dotto Avvocato Coltellini il quale fu’ de primi a farne compra».2 Interessante inoltre, ci sembra la segnalazione da parte di Padre Felice Caronni Barnabita della presenza a Tunisi di una copia della Gemma Stosch. A Tunisi egli ebbe tra le mani una copia lavorata «a foggia d’onice di due strati, la quale da taluno fu supposta pietra dura, ma fattone da me sperimento la riconobbi qual io già l’aveva presunta per pasta. Non mancai però di acquistarla, benché a caro prezzo, non tanto perché in Tunisi ogni oggetto di erudizione m’interessava grandemente, quanto perché riconoscendola per un parto identico dello scarabeo, io venivo autorizzato a proporre il mio disparere sulle ipotesi finore avanzate».3 Capaneo e Tideo godono di una fama particolare. Capaneo/Capne è ben attestato (Figg. 67-72). In un solo caso raccoglie le armi come Achille4 (Fig. 68). Negli altri è raffigurato presso le mura di Tebe mentre viene colpito dal fulmine di Zeus. La gemma di New York (Fig. 69), considerata dalla Krauskopf ancora straordinariamente greca nello stile, è tra le prime raffigurazioni di Capaneo, dal momento che esse sono più recenti e lo vedono impegnato a scalare le mura di Tebe presso la porta Elettra o mentre, colpito da un fulmine invisibile, cade dall’alto. Nella glittica etrusca il fulmine viene sostituito dall’iscrizione con il nome del personaggio raffigurato, cioè la didascalia, apposta su una gemma che reca l’immagine generica di un guerriero nell’atto di cadere.5 La grande popolarità del mito è stata collegata da Torelli al fatto che la pietra con l’immagine di Capaneo fulminato rende per così dire perpetuo l’omen di vittoria sul nemico: in altre parole lo scarabeo rappresenterebbe un talismano per l’espugnazione delle città, con un preciso contrappasso rispetto alla vicenda del protagonista del mito.6 Inoltre la morte di Capaneo colpito dal fulmine poteva forse avere un qualche riflesso nella dottrina fulguratoria etrusca. Lo scarabeo con la raffigurazione di Capaneo e la didascalia letta KAPNO, noto dai disegni editi dal Caylus, forse disperso, apparteneva alla 1 Krauskopf 2000b, p. 506. 2 Felici Caronni 1806, p. 124, tav. viii.1. 3 Felici Caronni 1806, p. 125. Per gli interessi antiquari di Padre Felice Caronni vedi l’accurato studio di Cagni 1996. 4 Torelli 2002, p. 137. 5 Krauskopf 2000, p. 502. 6 Torelli 2002, p. 148.

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Collezione de Luynes.7 Non è dunque escluso che sia acceduto, insieme ad altre gemme della medesima collezione, alla Bibliothèque Nationale. Sembra inoltre utile segnalare un intaglio in agata conservato a Firenze con una raffigurazione di questo tipo, citato nel Catalogo del Migliarini che, dalla descrizione, potrebbe, forse, recare un’iscrizione etrusca.8 Tideo/Tute compare solo una volta su uno scarabeo di agata come giovane colpito da una freccia al polpaccio sinistro (Fig. 73). Per Tute è attestato il motivo iconografico greco del guerriero ferito (Fig. 74), raffigurato nel momento della caduta, noto da scarabei rinvenuti a Cipro.9 In questo caso la machaira, presente nei due scarabei di rinvenimento cipriota, è sostituita da una spada a doppio taglio. Questo scarabeo va identificato con quello rinvenuto a Vulci negli scavi del Principe di Canino e visto nel maggio 1840 da una Sezione della Commissione Generale Consultiva di Antichità e Belle Arti composta dal Visconti, dal Fabris, dal Canina e dal Grifi: «un anello in cui è legata una nobilissima corniola in forma di scarabeo, che in sul piano mostra l’incisione di una figura rappresentante Dideo (sic!) coll’iscrizione Etrusca TVTE».10 In un altro scarabeo etrusco con l’iscrizione tute (Fig. 75), il guerriero è raffigurato nell’atto di cadere, come Antiloco e Capaneo, secondo uno schema, come abbiamo detto, derivato dalla glittica greca. L’esempio più evidente di tale derivazione restano, tuttavia, le gemme nelle quali Tute è rappresentato come un atleta nell’atto di detergersi con lo strigile (Figg. 76-78). La scena, che sembra riferirsi alle gare atletiche nelle quali l’eroe aveva sfidato la gioventù tebana, trova confronti puntuali nella glittica greca,11 come nello scarabeo in calcedonio da Atene conservato ad Oxford,12 databile intorno al 500 a.C. e collegabile alle gemme attribuite dal Boardman al Semon Master. La versione etrusca della figura secondo Boardman e Vollenweider avrebbe una posa più teatrale.13 Sono attestate e corredate da iscrizioni anche le raffigurazioni di altri personaggi del mito greco come Me(m)as (Fig. 79). G. Camporeale sostiene che il nome sia formato dalla stessa base di Mean, del seguito di Tu7 Millin 1811, p. 55, n. 510; tav. cxxxix.510; Babelon 1886, pp. 286287. 8 «Migliarini vedi Firenze n. d’ordine 2888, n. inv. 14397, intaglio in agata Soldato nudo barbato con elmo, parazonio, calzari e clamide pendente dall’omero destro, sta genuflesso dolente, appoggiato con ambo le mani allo scudo, vicino un pilastro. Attorno varie lettere etrusche. Chi sa leggere quell’iscrizione, conoscerà leggere questa una celebre impostura, che domanda schiarimenti a qual fine fu fatta»: Prontuario delle Gemme del Cat. Migliarini.-Manoscritto non firmato. - [Firenze, post 1838].-132 c.; 31 cm.-Il tit. è desunto dal piatto di cop.-Sul verso della prima carta la seguente nota: Indice delle Gemme descritte nel Catalogo Migliarini, conservate parte nella R.a Galleria degli Uffizi e parte al Museo Archeologico di Firenze, riscontrate dai Sigg. Pernier, Campanile, Galli, Gherardelli, Pieraccini nel 1918, [firmato] L. Pernier.; Migliarini 1837. 09 Boardman 1968b, p. 97, nn. 264-265, tav. xviii.264-265; Kraus kopf 2000b, p. 503. 10 Luigi Grifi: Roma, Archivio di Stato, Camerlengato, Parte ii, Titolo iv, Busta 188, Fascicolo 890. 11 Sulle gemme con raffigurazione dell’atleta con strigile vedi anche Krauskopf 1974, p. 84, nota 283, con bibl. prec. 12 Boardman 1968b, p. 96, n. 259, tav. xvii.259. 13 Boardman, Vollenweider 1978, pp. 14-15, n. 70.

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ran,1 tesi invero già sostenuta da Vittorio Poggi nel 1879.2 A nostro avviso è l’iconografia che conferma chiaramente la tesi di M. Martelli che ritiene che si tratti invece del gigante Mimas (Mimante).3 Com’è noto, fin dalla loro nascita a Flegra, in Tracia, i giganti si misero a lanciare contro il cielo enormi massi per costringere gli dei dell’Olimpo a liberare i Titani dal Tartaro. Giova ricordare una tesi esposta nel lontano 1841 dal Braun, riguardo questo scarabeo: «Chiamerei forse Enea altro eroe munito d’elmo e scudo il quale mentrechè con questo si difende contro il nemico stà per slanciare contro di lui una grossa pietra. Al piede destro serve di appoggio altro masso, che rende la composizione più variata e graziosa. Chiamerei, dissi, Enea questo guerriero, se non avessi fiducia di veder scoperto un giorno sopra un pezzo di panneggiamento, che dalla destra spalla cade in giuso, il vero di lui nome. Disgraziatamente ho rivolto la mia attenzione a questi segni troppo tardi e nell’impronta non sono venuti al netti, che possa aversene chiara interpretazione. Non mi resta altro però che richiamare l’attenzione de’ dotti colleghi sopra sì importante pezzo, che forse arricchirebbe il non troppo numeroso vocabolario di eroici nomi coniati in Etruria con qualche nome nuovo».4 Prometeo/Pr(umathe) (Fig. 80) è raffigurato su una gemma, incatenato e torturato dall’aquila, viene liberato da Eracle che poi si reca nella Scizia (Aesch., Prom. lib. fr. 190-199 N2= 322-330 Mette). Già la Richter aveva evidenziato, sin dalla prima edizione dello scarabeo, la vicinanza di stile ai modelli greci5 al punto da ipotizzarne l’esecuzione da parte di un artista greco. Le lettere pr, viste dalla Richter prima della pulitura e del restauro della gemma, ad un esame autoptico, sono quasi del tutto invisibili. Della prima ne resta, forse, una labile traccia nel calco. Atteone/Ataiun (Fig. 81), il cacciatore mitico, è raffigurato presso una fonte a protome leonina, in uno schema simile a quello di Hercle, ma in un ambiente maggiormente caratterizzato dal punto di vista naturalistico nel quale compare anche un cane. Come diremo trattando di Pele, il cane compare sulle gemme greche6 e nelle stele funerarie attiche di epoca tardo classica in cui è palese un’allusione alla sfera della caccia. Giasone/Easun (Fig. 82) con la nave Argo, forse all’arrivo a Iolco, è un tema presente soltanto su due scarabei etruschi. Come per quanto riguarda la gemma con la raffigurazione di Nethuns, non si esclude che fosse un amuleto per allontanare il pericolo durante i viaggi per mare.7 Un calco di questa gemma è stato donato da Alessandro Scavini, orefice ed antiquario di Intra nel febbraio 1879, insieme materiale archeologico di bronzo, quest’ultimo rinvenuto nel territorio ossolano, alla Società Novarese di Archeologia e Storia Patria ed è tuttora 1 limc vi, 1992, Meas 2 (Camporeale). 2 Poggi 1879, pp. 58-61, n. 22. 3 Martelli 2000, p. 458. 4 Braun 1841, p. 131. 5 Richter 1967-68, p. 7. 6 Vedi, ad esempio, Boardman 1968b, p. 99, nn. 285-286, tav. xix.285-286. 7 Torelli 2002, pp. 123, 144.

conservato presso il Museo di Novara, nella collezione di impronte di Ennio Quirino Visconti.8 Elena/Elina, ele[n]a (Fig. 83) è presente su uno scarabeo di corniola:9 la figura femminile alata è ritratta nell’atto di prelevare da un cofanetto dell’incenso per deporlo sul thymiaterion. La presenza delle ali e l’essere impegnata in un’azione sacra come l’offerta dell’incenso alle divinità rendono Elena un essere che fa da tramite tra mondo umano e divino. Dal punto vista iconografico, la figura mostra delle affinità con le raffigurazioni di Eros e soprattutto di Nike presenti non solo nella glittica,10 ma anche nell’oreficeria greca (ad esempio su un castone circolare da Creta).11 Com’è noto, in ambito greco le raffigurazioni più frequenti di Elena sono quelle della donna contesa o condotta via, mentre quelle in cui una figura femminile, che non rivesta un ruolo sacro, è raffigurata con un thymiaterion, sono generalmente scene di toilette e di gineceo.12 Abbondanti sono le attestazioni di scarabei con iscrizioni Pele/Peleo (Figg. 84-89): in alcune di esse l’eroe è ritratto mentre si lava i capelli presso un labrum. Anche figure femminili sono raffigurate su gemme etrusche nell’atto di compiere la stessa azione. Questo motivo iconografico in Grecia compare soltanto su gemme del periodo arcaico. Su gemme del Dry Style, databili ancora nel terzo quarto del vi sec. a.C. la figura è interpretata come femminile.13 Secondo il Winckelmann la fontana simboleggia il fiume Spercheo in Tessaglia, al quale Peleo aveva promesso in voto la chioma recisa del figlio Achille, se egli fosse tornato incolume da Troia. Lo studioso sottolinea poi che era un’usanza dei fanciulli di Figala quella di recidersi le chiome e di offrirle in voto a questo fiume.14 Nel British Museum è stato possibile rintracciare uno scarabeo di agata a fasce15 da Chiusi, con iscrizione · pele· (Fig. 87), della Collezione Alessandro Castellani,16 acquistato nel 1872, già Fanelli di Chiusi, da identificare con ogni probabilità con quello della Collezione Casuccini.17 La raffigurazione presente sullo scarabeo londinese corrisponde perfettamente a «Peleo si lava il braccio sinistro» e alla descrizione fattane dal Conestabile: Pele «figurato in ginocchioni, ed assiso sui talloni, in atto di asciugarsi il sinistro braccio che un pò (sic!) goffamente pronunciasi, e con qualche difetto sembrami condotto dal lato artistico».18 Il dato è di estremo interesse poiché 08 Facchini 1989, p. 409, tav. IV.2. 09 Zwierlein-Diehl 1973, p. 47, n. 46, con bibl. cit., tav. 10.46; Krauskopf 1987, p. 563, n. 1, con bibl. cit.; Zaccagnino 1998, p. 70. 10 Krauskopf 2000a. 11 Boardman 1970, p. 300, n. 754. 12 Ambrosini 1999-2000b, p. 521. 13 Boardman 1968b, p. 77, n. 177, tav. xii.177. Il Boardman sottolinea come il motivo diventi molto popolare sulle gemme etrusche (Boardman 1968b, p. 78). 14 Winckelmann 1764, p. 101 (traduzione italiana di M. L. Pampaloni, Storia dell’arte nell’Antichità, Milano, 1993, p. 87). 15 N. inv. 1872. 6-4 1150 (280). 16 Murray 1888, p. 62, n. 280. 17 cii 484 bis; Brunn 1859, p. 5; Conestabile 1859, p. 82; De Simone 1968, p. 101, n. 16; et Cl G.11, p. 363; Krauskopf et alii 1995, p. 111, n. 687, con bibl. cit. 18 Conestabile 1859, p. 82.

commento al catalogo lo scarabeo era disperso da tempo e perché restituisce una raffigurazione, altrimenti ignota, di Pele. In un altro scarabeo (Fig. 88), uno schiavetto nero porge una spugna a Pele che si versa dell’olio dall’alabastron nella mano. Queste raffigurazioni, secondo Torelli, alludono probabilmente ai bagni nuziali e più in generale ai rituali matrimoniali ed avrebbero il valore simbolico di certificazione dello stato puberale dei maschi e delle femmine. Di tutt’altro avviso sembra Ingrid Krauskopf secondo la quale Peleo, che partecipa come atleta ai giochi funebri in onore di Pelias, anche in questo caso, compie un’azione con una chiara connotazione atletica. In un’unica gemma Pele è raffigurato mentre gioca con il cane (Fig. 89); si tratta, come abbiamo già detto, di un tema frequente sulle gemme greche e nelle stele funerarie attiche di epoca tardo classica in cui è palese un’allusione alla sfera della caccia. Tra le stele più note citiamo ad esempio quelle di Alxenor il Nassio e di Anaxandros da Apollonia Pontica.1 Atalanta/Atalanta (Fig. 90) è raffigurata rannicchiata, come un atleta dall’aspetto quasi virile, con una scatola aperta, spugna, strigile, aryballos ed un disco. La gemma è stata inserita dal Boardman in appendice all’Anakles Group2 per illustrare lo stile tardo arcaico maggiormente greco, attestato nella glittica etrusca degli inizi del v sec. a.C. Il Boardman nutre qualche dubbio che l’oggetto (ancora privo di decorazione) che sia stato creato da un artigiano greco, ma è più sicuro che la sua finitura artistica sia greca. Alcuni particolari, tuttavia, come la riduzione delle dimensioni dell’equipaggiamento atletico di Atalanta, (che nelle altre gemme greche è di dimensioni maggiori), il suo aspetto mascolino, la sua posa e l’iscrizione secondo lo studioso dimostrano che è stato realizzato in Etruria3 dalle mani di artigiani greci o di formazione greca. Interessante ci sembra in un caso il confronto con la ceramica attica a figure rosse: ci consente forse di gettare luce sul mistero di una gemma da Chiusi, dispersa, e di identificare forse con Atalanta e Peleo i personaggi su di essa raffigurati (Fig. 91). A. Rallo identifica la gemma con quella con iscrizione vecue (da noi elencata con la n. 13 a p. 82): tale identificazione non ci appare certa. Ci sembra strano che la scena, che non è di lotta, sia stata confusa con una scena sportiva (due atleti impegnati nella orthopale) e che la figura femminile con i seni pronunciati e con l'attributo dello specchio sia stata interpretata come un palestrita come crede la Rallo (aggiungere nota).4 L’iscrizione della gemma, già nella Collezione del Canonico Pasquini, dall’800 ad oggi è stata variamente letta rele, lere, reue o anche vecve, ma anche, secondo Cades e la Zwierlein-Diehl E§E¢ ele(n)a, oppure erkle (Inghirami). Il personaggio virile è stato identificato di volta in volta, ad esempio, con menle, con hercle o con pele, la figura femminile con elina 1 2 3 4

Boardman 1968b, p. 100, con bibl. cit.; Krauskopf 1999, p. 408.  Boardman 1968b, p. 111, n. 339, tav. XXIV.339. Boardman 1968b, p. 112. Rallo 1974, pp. 44-46, n. 17, tav. xxix.

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ecc… Il confronto iconografico con la ceramica attica, soprattutto con i tondi interni di kylikes attiche a figure rosse, indurrebbe a stabilire che la raffigurazione si riferisca ad Atlanta e Peleo. Lo schema utilizzato può prevedere, come accade nella kylix del Pittore di Jena da Vulci, datata agli inizi del iv a.C., la figura di Peleo seduta e quella di Atlanta stante, nell’atto di lavarsi (?) o pettinarsi i capelli presso un labrum. L’identificazione dei personaggi nella ceramica attica è garantita dalle didascalie dipinte. In alternativa, Atlanta può essere rappresentata seduta e Peleo di fronte a lei con lo strigile e l’alabastron presso un labrum, ad esempio, sulla kylix del Pittore di Aberdeen a Villa Giulia datata 450-430 a.C.5 These/Teseo (Figg. 92-94) è raffigurato quattro volte: pensoso (Figg. 92-93) come Achille, mentre si allaccia il sandalo (Fig. 94) e nell’atto di sollevare il sasso (Fig. 95) sotto al quale erano nascosti i gnorismata (le armi paterne, con il loro carico simbolico).6 A differenza delle raffigurazioni di ambito greco nelle quali Teseo è un eroe coraggioso che affronta il toro di Maratona, il Minotauro ecc…, sugli scarabei etruschi These è raffigurato con i simboli attraverso i quali a sedici anni dà prova di aver raggiunto la sua maturità ed è pronto a riconquistare Atene. Siamo nella fase dell’iniziazione del giovinetto, all’inizio della sua vita pubblica. La presenza di questa figura sulle gemme potrebbe forse essere collegata ad un passaggio di status e dunque segnare l’avvenuto ingresso nella vita sociale, politica e religiosa di colui che adotta come suo simbolo questa figura con la sua didascalia. Secondo Cornelia Weber-Lehmann sarebbe These anche il guerriero raffigurato nella sardonica con iscrizione già letta atre o aise (Fig. 96); l’esame autoptico della gemma consente di affermare che, anche se il tema iconografico è simile a quello di Teseo che scopre i gnorismata sotto al sasso, il guerriero appare simile ad Utus/ze sia nell’abbigliamento che nella posa e che l’iscrizione, mal realizzata, sembrerebbe potersi leggere ats´e (per thes´e). La prima lettera, simile ad un’alpha potrebbe essere un theta, e la seconda, simile ad un tau, potrebbe essere un’epsilon. L’immagine di These è, a mio avviso, presente anche su una gemma nella quale un giovane con corona sul capo cavalca un delfino (Fig. 97); la scena potrebbe riferirsi al viaggio di Teseo attraverso il mare verso la residenza di Anfitrite, noto da Bacchilide, dove le Nereidi, come sappiamo da Igino, consegnarono a Teseo una corona che si trasformò in seguito in costellazione.7 Il tema del Dolphin-Rider, com’è noto, ha una lunga tradizione e non è il caso di ripercorrerla in questa sede.8 Va tuttavia evidenziata la particolare frequenza con la quale esso compare come tipo monetale di molte città, prima fra tutte Taranto.9 La stretta correlazione esistente tra i tipi monetali e le raffigurazioni delle gemme è particolarmente evidente nel mondo antico. Sempre con These può essere identifi5 limc ii, Atlante 85 e 87. 6 Vedi Ambrosini 2004, p. 167, nota 46, con bibl. cit. 7 Burr Stebbins 1929, p. 88, con bibl. cit. 8 Mi permetto di rinviare ai riferimenti bibliografici in Ambrosini 1999-2000a e Ambrosini 2001. 9 Ambrosini 1999-2000a, p. 263.

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capitolo iv

cato il personaggio presente su una gemma la cui iscrizione è stata letta finora theres (Fig. 98); secondo il Lanzi, nel nome vi sarebbe un fenomeno di rotacismo.1 All’ambito marino rinviano l’ippocampo rappresentato sulla corazza e le onde stilizzate del mare poste sotto la figura, mentre l’himation, che consente di “visualizzare” il vento, richiama i lembi svolazzanti presenti, ad esempio, nella immagine di Nike o Aura della scultura greca degli inizi del iv secolo a.C. Il Lanzi credeva che il personaggio andasse identificato con il re dei Traci Tereo. Per le gemme che recano le raffigurazioni di personaggi connessi col mare vale quanto già esposto in merito a Nethuns. Pherse/Perseo compare con il suo nome iscritto soltanto su due gemme, con la kibisis e l’arpe mentre trasporta la testa di Medusa (Fig. 99) e nell’atto di sistemare un sandalo alato (Fig. 100). Il Cav. Vito Capialbi l’8 marzo 1845 comunica al Ch. Andrea Lombardi di aver acquistato lo scarabeo ora a Berlino (Fig. 99), all’epoca conservato nel Museo Capialbo-Vibonese.2 È stato possibile rintracciare alcuni importanti documenti relativi allo scarabeo da Cortona (Fig. 100).3 Il 1º luglio 1797 lo scarabeo fu mostrato dal “Contento” in una riunione dell’Accademia. Secondo quanto noto,4 il personaggio va identificato con Enrico Schellergheim, Barone di Prussia, divenuto Socio della Colombaria il 6 aprile 1793. Il Sellari possedeva circa sessanta gemme, non tutte di provata antichità. Della gemma era stata fatta realizzare già nel 1770 una stampa (da intaglio nel rame) donata all’Accademia dal “Verecondo” il 22 settembre 1771. Lo scarabeo con la raffigurazione di Ichs`iun/Issione (Fig. 101) legato da Zeus alla ruota infuocata che gira vorticosamente attraverso l’aria, punito per aver abbracciato la falsa immagine di Hera a forma di nuvola, è un’immagine scarsamente attestata in ambito etrusco.5 La presenza di questo mito sulla gemma, il cui luogo di rinvenimento uno studio recente ritiene essere Siracu1 Lanzi 1824, p. 130. 2 Negli Opuscoli varii del Dottor Vito Capialbi III, Napoli, 1849, p. 266. 3 «Archivio dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”», ms 14 Annale liii della Società Colombaria, c. 13. Documento 1: «A di 1 Luglio 1797. Soci intervenuti anzi il Vigilante: Il Contento Iuniore, L’Allevato, Il Monachino, Il Ciuffetto, Il Riunito, Il Verecondo, Il Gemente, L’Innominato, Sig. Dott. Giuseppe Durazzini, Lo Sbrancato. Il Contento ha mostrato il celebre scarabeo che possedeva il sig. can. Reginaldo Sellari rappresentante Perseo con lettere etrusche, il quale il Verecondo fece intagliare in rame nel 1770. L’impronta è nella Tav. xiix Lett. D K 017». Documento 2: «A di 22 = 7bre 1771. Adunati in questa mattina al solito covo gl’app(ress)o (nominati) il Verecondo mandò a regalare una stampa di una gemma assai bella etrusca con caratteri etruschi, della quale ne fa attualmente l’illustrazione: la detta gemma appartiene all’Accademia di Cortona. Soci intervenuti: Appollaiato, Casalingo, Gurgugliante, Marino»; sulle gemme di Sellari vedi Bruschetti 1985-1986, pp. 9-10. 4 Così come riportato in F. Adorno, Rendiconti e indici dei soci della “Colombaria” dal 1735, anno della fondazione al 1980, «Atti e Memorie dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”», 45, 1980, pp. 273-349. 5 Ambrosini 1995, pp. 188-189.

sa,6 potrebbe alludere alla punizione che subisce chi turba l’ordine sociale. La figura è stata realizzata in modo non troppo accurato dopo che lo scarabeo era già stato dotato del bordo cui si sovrappone.7 Lunche/Linceo (Fig. 102), dalla vista formidabile, muore in battaglia, ucciso da Polluce. Su uno scarabeo è raffigurato mentre raccoglie le armi: afferra una spada e dietro alla figura c’è una lancia. Lo schema utilizzato somiglia a quello presente nelle gemme con la raffigurazione di These che raccoglie i gnorismata. In ambito greco, le raffigurazioni di Linceo sono di tipo diverso: egli compare nell’atto di partecipare con gli Argonauti ai funerali in onore di Pelia o di combattere con i Dioscuri.8 L’eroe della saga tebana Meneceo, figlio di Creonte, andrebbe identificato, secondo alcuni studiosi, con il personaggio rappresentato sullo scarabeo con iscrizione menuci/Menoikeus9 (Fig. 103). Tutte le altre raffigurazioni note di questo personaggio sono etrusche (urnette perugine, chiusine e volterrane), tranne un’oinochoe apula a figure rosse del Pittore di Dario.10 Secondo Mario Torelli l’iscrizione latina presente sulla gemma, andrebbe interpretata come l’indicazione al genitivo di possesso dell’oggetto da parte di un Minucius, con grandissima probabilità un membro della gens senatoria medio-repubblicana. La gemma è di v secolo e non sembra che possa scendere oltre la metà del secolo. Dal punto di vista iconografico l’immagine, com’è già stato notato, ricorda quella di Utus/ze con l’otre di Eolo. L’osservazione della fotografia ci consente di porre in evidenza un dato sfuggito, finora, all’attenzione degli studiosi. Nello spazio compreso tra i piedi del personaggio sembra essere presente una lettera upsilon e, al di sotto della punta dell’himation, una lettera theta (cerchiello con punto centrale). Queste due lettere potrebbero essere l’inizio dell’iscrizione uth(us/ze), del tutto congruente con l’iconografia del personaggio raffigurato sulla gemma. A tale riguardo si richiama, ad esempio, la gemma Fig. 57, simile sia per lo schema iconografico, che per la posizione delle due lettere (in questo caso z ed e). L’iscrizione menuci, sia che la si voglia interpretare come vuole Torelli come il genitivo di possesso di Minucius, oppure come la didascalia del nome etrusco dell’eroe tebano, potrebbe essere stata aggiunta in un secondo momento. Puce/Phokos (Fig. 104), eponimo della Focide, è raffigurato come un atleta che sanguina dalla testa, colpito da un disco; ciò aveva indotto lo Zazoff ad identificarlo con Giacinto, ucciso dal disco di Apollo. Ingrid Krauskopf ricorda che un Phokos, figlio di Aiace, muore proprio colpito da un disco lanciato intenzionalmente da uno dei due fratellastri, Telamone. Lo schema iconografico dell’atleta con il disco richiama ancora quello attestato sulle gemme greche del Dry Style,11 ed è presente sui vasi ateniesi dalla fine del vi sec. a.C. 06 Sclafani 2006. 7 Ambrosini 1995, p. 192. 08 limc vi, pp. 320-321, s.v. Lynkeus I et Idas. 09 I. Krauskopf ha avanzato vari elementi contro questa interpretazione: Krauskopf 1999, p. 413. 10 limc vi, Menoikeus 2. 11 Vedi, ad esempio, Boardman 1968b, p. 82, n. 215, tav. xiv.215.

commento al catalogo Stenule/Sthenelos (Fig. 105), figlio di Capaneo, è ritratto come un guerriero armato di corazza, con elmo e lancia. Il motivo secondo il quale nello scarabeo il guerriero appare rappresentato come stock-figure nell’atto di indossare le armi (e non morente come capne oppure come atleta come tute) è ricondotto dalla Krauskopf all’ipotesi di uno spunto tratto dalle rappresentazioni del mito dei Sette a Tebe nell’arte greca.1 In uno scarabeo dell’Ermitage, Skythes/Skythes (Fig. 106) inginocchiato con una freccia in mano, è colto nell’atto di testare l’arco. Il confronto immediato, per lo schema iconografico, è con lo scarabeo conservato al Louvre, firmato da Onesimos,2 un artigiano originario probabilmente dell’Eubea. Lo stesso personaggio, con il medesimo abbigliamento compare sul castone ovale di un anello d’oro trovato a Kertch, databile nella seconda metà del v sec. a.C., che reca la firma di AıËÓ¿‰Ë˜.3 Il tema è presente anche su uno scarabeo etrusco di corniola di fine v-inizi iv a.C. conservato a Göttingen.4 Vi sono poi alcune immagini del mitico artefice Dedalo/taitle, alcune delle quali, a nostro avviso, piuttosto controverse. In un caso taitle è rappresentato mentre cade, in volo, con ascia e sega (Fig. 107) come sulla bulla d’oro da Spina a Baltimora con iscrizione taitle e sulla stele felsinea di Rakvi Satlnei dai Giardini Margherita;5 in ambito greco l’artigiano è raffigurato seduto, al lavoro, mentre confeziona un’ala che sarà fatale alla sorte del figlio Icaro. Nel secondo caso, il giovane, identificato dalla didascalia taitle (Fig. 108) si trova presso una fonte a protome leonina con un’anfora ed ha presso di sé una tartaruga. Secondo P. Zazoff si tratterebbe di Tantalo, mentre secondo Erika Simon di Dedalo. In questo caso ci troviamo di fronte ad un bivio: o c’è una deviazione dalla prassi e la didascalia (nome di Dedalo) non corrisponde alla figura di Tantalo oppure, a nostro avviso, c’è una seconda ipotesi: l’artigiano ha raffigurato Tantalo e scritto nella didascalia il suo nome in etrusco, ma ha semplicemente inciso uno iota al posto di un ni, cioè taitle al posto di tantle (nome, peraltro attestato come gentilizio nella zona di San Vittorino-Perugia).6 L’apparente incongruenza iconografica è stata spiegata da Mario Torelli con la necessità, da parte del titolare dello scarabeo, di voler sottolineare il proprio doppio statuto posseduto, quello di giovane (come classe di età) e quello di artigiano (come statuto professionale): «quello di giovane efebo e di artigiano, usa l’iconografia del “giovane alla fonte”, incarnazione della sua classe di età e l’iscrizione con il nome di Dedalo, referente mitico del suo statuto professionale».7 Il terzo caso è piuttosto anomalo: in uno scarabeo, insieme ad Hercle seduto su una roccia è presente un essere alato identificato da un’iscrizione variamente letta (tielta oppure tieuta), che negli Etruskische Texte è divenuta tai1 2 3 4 5 6 7

Krauskopf 2000b, p. 505. Boardman 1968b, p. 116, n. 346, tav. xxiv.346. Richter 1968, p. 86, n. 262, con disegno. Gercke 1970, p. 72, tav. 27.4a. Sassatelli 1993, pp. 114, fig. 96, 120, 361, n. 922; p. 123, fig. 104). et Pe 1.689-693, p. 278. Vedi anche Sassatelli 1993,p. 125. Torelli 2002, p. 136.

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tle (Fig. 109), cioè Dedalo e, recentemente, nel ThLE di nuovo tielta.8 Esistono altre gemme con raffigurazioni identiche, ma prive di iscrizioni, studiate dalla Richter.9 In mano il demone ha un ramoscello, che, secondo la Richter, immerso in un liquido indurrebbe il sonno e quindi si tratterebbe di Hypnos o Thanathos.10 Sulla gemma sarebbe, dunque, rappresentata una scena relativa alle ultime fasi di vita di Hercle, prima della morte e dell’apoteosi.11 Taitle non ha, ovviamente, alcun legame con Hercle. Ci sembra, tuttavia, che, ammettendo l’identificazione del personaggio alato con Dedalo, si possa ipotizzare un’eventuale ambientazione della scena a Creta dove Hercle cattura il toro cretese di Minosse (vii fatica), presso il quale Dedalo era in esilio e dove si distinse, com’è noto, per varie realizzazioni (vacca di legno per Pasifae, il Labirinto, il choros per Arianna). Abbiamo poi Erychs/Erice (Fig. 110), il re degli Elimi che sfidava al pugilato e alla lotta i viandanti e che fu ucciso da Herakles. L’eroe, eponimo del monte e del famoso santuario di Afrodite in Sicilia, è raffigurato come un perfetto atleta, con tutto il suo strumentario: halteres, disco, strigile ed aryballos. Non avendo a disposizione modelli greci di lottatori e pugilatori, l’incisore, secondo la Krauskopf, avrebbe fatto ricorso ad altri attributi atletici. Il nostro scarabeo, simile per certi versi ad uno conservato a Londra12 realizzato, secondo il Boardman, in Etruria13 dalle mani di artigiani greci o di formazione greca, mostra stretti contatti con le gemme greche del Dry Style14 che rappresentano l’atleta con il disco. In effetti, per raffigurare l’eroe si utilizza una stock-figure di tipo atletico, alla quale viene aggiunta la didascalia con il nome.15 La Krauskopf si chiede se, con l’immagine di un mostro come Erice per lo scarabeo, certamente non un esempio di virtù, l’Etrusco abbia voluto per caso raffigurare l’eroe eponimo della sua terra d’origine.16 Possiamo, infine, inserire dubitativamente tra le didascalie il termine pecse, collegato da C. De Simone a ¶‹Á·ÛÔ˜.17 Di essa sappiamo ben poco, tranne che era presente su una “gemma etrusca”, citata nel cii e già ricordata dal Raoul Rochette nel 1834.18 M. Grotefend l’avrebbe letta, come riferisce il Raoul Rochette “Apechi pecse”, per Apicius fecit. Il Roul Rochette in varie opere sosteneva, invece, che l’iscrizione pecse, presente, com’è noto, in vari manufatti etruschi, dovesse essere interpretata come ≤ËÍ (aoristo di ‹ÁÓ˘ÌÈ, “fece, fabbricò”). Sarebbe importante recuperare la gemma, o almeno un suo disegno, per verificare se su di essa sia raffigurato il mitico cavallo alato Pegaso. 08 ThLE2, p. 388, s.v. tielta. 09 Richter 1957, pp. 265-266, tav. 82.10 e 12. 10 Altri esemplari privi di iscrizioni: vedi, ad esempio, lo scarabeo a Cambridge, in Henig 1994, pp. 58-59, n. 98, di fine v-inizi iv sec. a.C. 11 limc v, Herakles/Hercle 386. 12 Boardman 1968b, p. 111, n. 340, tav. xxiv.340. 13 Boardman 1968b, p. 112. 14 Vedi, ad esempio, Boardman 1968b, p. 82, n. 215, tav. xiv.215. 15 Krauskopf 1999, p. 409, con bibl. cit. 16 Krauskopf 1999, p. 415; vedi Ambrosini in corso di stampa. 17 De Simone 1968, p. 99. 18 cii 2578 bis con bibl. cit.; Rochette 1834, p. 290, nota 1.

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capitolo iv ER) iscrizioni etrusche che designano il ruolo del personaggio raffigurato (ER1-ER2) (Figg. 111-112)

Il celebre scarabeo di corniola da Volterra con iscrizione natis (Fig. 111) raffigura un aruspice, verso sinistra, con berretto sul capo, appoggiato ad un bastone, che reca in mano un grosso fegato. In questo caso si può ipotizzare che il possessore utilizzasse l’oggetto come espressione di rango, come rappresentazione del suo ruolo sacerdotale;1 l’aruspicina era infatti appannaggio delle famiglie aristocratiche che, oltre ad essere le classi dominanti, detenevano questo sapere specialistico da numerose generazioni. La gemma di corniola con il giovane seminudo (c.d. Filosofo), seduto su diphros con tavoletta, reca l’iscrizione apcar (Fig. 112) che va interpretata, secondo alcuni studiosi, come l’abacario, lo scriba.2 A suffragare l’interpretazione sarebbero le lettere, da intendere per lo più come “esercitazioni” di alcune lettere (o come numerali?) incise sulla tavoletta scrittoria. L’iconografia richiama da un lato quella dei personaggi leggendari che trascrivono le profezie emesse da teste emergenti dal suolo (c.d. “Caput Oli”3), attestati anche su gemme e dall’altro quella dei giocatori alla tabula lusoria. Com’è noto, nella società etrusca la figura dello scriba ricopriva un ruolo rilevante già a partire dall’epoca arcaica, quando sedeva accanto al re;4 con la propria autorità garantiva l’osservanza e la conservazione delle leggi e dei precetti, dal momento che era in grado di fissarli attraverso la scrittura. Anche in questo caso, come in quello dell’aruspice, la gemma potrebbe aver avuto il ruolo di segnalare l’elevato ruolo sociale del suo possessore. EPD) gemme con iscrizioni etrusche di possesso, di dono (EPD1-EPD10) (Figg. 113-122) Sono comprese in questo sottoinsieme le gemme che recano iscrizioni che esprimono il nome del proprietario dell’oggetto con due diversi tipi di formulari, quello dell’iscrizione parlante “io (sono) di...” oppure del semplice nome personale (gentilizio, talvolta preceduto dal praenomen) al genitivo; dal momento che in età arcaica i due formulari sono attestati indistintamente sia su iscrizioni di possesso che su iscrizioni di dono, si è preferito scegliere, come criterio puramente formale, di tenere insieme le iscrizioni di questo tipo. Tra le attestazioni più interessanti di iscrizioni di questo tipo, presenti su sigilli etruschi, va ricordato il già citato leprotto in osso conservato a Göttingen5 con iscrizione mi larthia xulnas´ “io (sono il segno) di Larth Xulna”. 1 Torelli 2002, p. 112. 2 Vedi da ultimo Torelli 2002, p. 106. 3 Vedi, ad esempio, Torelli 2002, p. 150, fig. 108. 4 Colonna 1976. 5 Martelli 1981; Martelli 2000, p. 457. L’iscrizione, spiraliforme, termina con la raffigurazione di un insetto. Attribuito a produzione chiusina, si data alla seconda metà del vi sec. a.C.

La celebre gemma Evans da Perachora (Fig. 113) con il suicidio di Aiace è stata recentemente espunta dagli esemplari che recano le didascalie dei personaggi raffigurati. L’iniziale tesi della Richter, ripresa poi dalla Jeffery, di una lettura hahivas = AÈϝ·˜, è stata ridimensionata nel 1979 da Mauro Cristofani. Cristofani ha letto l’iscrizione nanivas, epigraficamente più plausibile dell’altra lettura, ma non congruente con l’immagine della gemma (suicidio di Aiace).6 Ristudiata da G. Colonna,7 la gemma greca (melia), datata al più tardi intorno al 600 a.C. o poco dopo, recherebbe, secondo lo studioso, l’iscrizione sinistrorsa letta nanivas ed interpretata come il nome etrusco di persona *Naniva, usato in funzione di gentilizio,8 al genitivo. Si tratterebbe, dunque, di un’iscrizione di possesso etrusca, fatta aggiungere alla gemma al più presto alla fine del vi sec. a.C. (intorno al 500 a.C.) da un Etrusco che ne era divenuto il proprietario (un “mercante”, secondo Colonna).9 La gemma sarebbe stata iscritta, in base ai caratteri paleografici, in Etruria meridionale (a Caere o Veio) o nell’Etruria campana.10 L’iscrizione, sulla quale molto si è discusso, a nostro avviso, resta ancora di interpretazione problematica. Uno scarabeo rinvenuto a Chiusi (Fig. 114) reca una raffigurazione che è facilmente interpretabile, in base ai confronti iconografici, come Filottete nell’atto di farsi curare la ferita al piede dal medico acheo Machaone, seduto su un diphros. L’iscrizione presente sulla gemma è stata letta Achers Ievetus dal Milani, Achers Iepetus da Zazoff (che la ritiene moderna), mentre negli Etruskische Texte (dove è ritenuta autentica) -lers -e vetus. M. Torelli propone di integrare il testo della lettura ET in «pers[i]e vetus, ove persie sarebbe il gentilizio (cfr. Rix, et Pe 3.1) e vetus il prenome (cfr. Rix, et Vs 1.128)».11 Nel primo caso, a nostro avviso, Iepetus potrebbe richiamare il nome di Giapeto, uno dei Titani, figlio di Urano e Gaia, che era considerato il capostipite del genere umano; ciò si accorderebbe, seppur parzialmente, anche all’iconografia della figura virile barbata assisa verso sinistra, utilizzata per raffigurare Prometeo, figlio di Giapeto, nell’atto di plasmare il primo uomo. Giova notare che, a nostro avviso, la lettera iota è anch’essa presente e visibile dietro ai glutei della figura seduta, pertanto la lettura achersie vetus, appare certa. In questo caso l’iscrizione andrebbe intesa, forse, come nome del proprietario della gemma. Il gentilizio vetus è attestato, peraltro, sempre a Chiusi (Val d’Acqua).12 Passiamo ora allo scarabeo da Piscille (presso Perugia) (Fig. 115), la cui raffigurazione, un atleta con gli halteres, viene comunemente identificata con il mitico fondatore delle città etrusche, Tarconte. L’iscrizione tarchnas presente sulla gemma, si riferisce, invece, al nome del proprietario al genitivo, un membro della gens cerite dei Tarchna.13 Abbiamo notizia di una gemma con la medesima raffigurazione, che recava l’iscrizione letta tamun. 06 07 09 11 12 13

Vedi Colonna 2007, p. 216, con bibl. cit. Colonna 2007. 8 Colonna 2007, p. 219. Colonna 2007, p. 217. 10 Colonna 2007, p. 220. Torelli 2002, p. 138, nota 289. et Cl 1.27, p. 170, Cristofani 1965; Torelli 2002, p. 138, n. 1; Colonna 2007, p. 217.

commento al catalogo

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Particolarmente interessante è un caso che fa capire quanto la trasmissione degli schemi iconografici dal mondo greco a quello etrusco fosse un fenomeno diffuso nell’antichità. Essa riguardava anche i soggetti animalistici e non solo quelli mitologici. Lo scarabeo etrusco in ossidiana da Chiusi (Fig. 116) con la raffigurazione di un gallo sopra ad una gallina nell’atto dell’accoppiamento, reca l’iscrizione metna, che fino ad ora è un apax. Come ha già evidenziato la Richter, esiste a Londra uno scaraboide di cristallo di rocca greco con un’immagine molto simile,1 databile alla metà del v sec. a.C. L’iscrizione metna trova confronto con il gentilizio metena attestato a Perugia2 ed è interpretabile come il nome del proprietario della gemma al nominativo.3 Va tuttavia fatta una riflessione, che, a nostro avviso, sembra sia sfuggita ai più. Lo scarabeo di Chiusi è realizzato in ossidiana, un vetro vulcanico naturale disponibile soltanto in alcune zone dell’Italia. Sarebbe assurdo pensare ad una provenienza dello scarabeo, probabilmente già intagliato, dalla Sicilia, dove l’ossidiana è abbondante, ad esempio, a Lipari e Pantelleria? Il luogo sarebbe perfetto per la presenza di artigiani greci o etruschi di formazione greca che potrebbero aver avuto a disposizione direttamente gemme greche o modelli di riferimento da copiare. L’iscrizione con il nome del legittimo proprietario potrebbe essere stata aggiunta in seguito, una volta che l’oggetto giunse a Chiusi. Uno scarabeo disperso (Fig. 117) recava l’immagine di una figura virile barbata itifallica con parte inferiore del corpo a forma di delfino, elmo con cimiero, scudo nella destra e lancia nella sinistra, nell’atto di combattere. L’iscrizione che è possibile leggere nei disegni conservati, mi papas´x(x)a, già letta mi papas´[l]a (et ), sembra essere chiaramente un’iscrizione di possesso. La lettura mi papas che compare già nel testo del Lanzi del 1824,4 viene ricollegata dallo studioso a gentilizi etruschi noti da iscrizioni funerarie. Infatti, il gentilizio papas´ e forme simili, è ben attestato nella zona di Chiusi.5 Dal punto di vista iconografico mostra delle analogie con la gemma dalla Collezione Bruschi di Tarquinia, d’inizi v sec. a.C., conservata a Boston, con la raffigurazione di Giasone con spada e scudo, assalito dal drago che custodiva il vello d’oro.6 La gemma Fig. 117 apparteneva al pittore ed architetto nordico, Marcus Tuscher, autore anche del disegno dell’oggetto, noto per far parte con Johann Lorenz Natter, Francesco Ghinghi e Carlo Costanzi del gruppo di esponenti di un movimento di revival dell’incisione di gemme sorto intorno alla metà del Settecento.7

Da Vetulonia (Campiglia, proprietà dei Signori Mannelli) proviene uno scarabeo di sardonica privo di raffigurazioni, ma con l’iscrizione a.titule (Fig. 118), in lettere latine, databile tra il iv ed il iii sec. a.C., da interpretare come il nome del proprietario della gemma. La forma titula8 è presente anche su una coppa a vernice nera rinvenuta ad Aleria.9 Simile è una gemma di agata a fasce da Tarquinia (Fig. 119), anch’essa priva di raffigurazioni, con l’iscrizione del nome del proprietario (vel.max vel.pem), considerata quasi una bilingue. Una gemma proveniente dalla Regia Dattilioteca Medicea e conservata a San Pietroburgo10 (Fig. 120), reca l’immagine di Hercle seduto con clava e kithara (Hercle musagete) e l’iscrizione v. tes´es. a. Nella fotografia edita l’iscrizione purtroppo non è visibile e nel disegno settecentesco è, ovviamente, molto stilizzata. Tuttavia, poiché il gentilizio non trova confronti in ambito latino, a meno di non avvicinarlo al toponimo della città di Temesa, l’iscrizione appare chiaramente inseribile nelle formule onomastiche etrusche con praenomen, gentilizio e filiazione. Il gentilizio è attestato nelle forme tes´ a Chiusi11 e tes´i nell’Ager Hortanus.12 Già il Furtwängler aveva evidenziato che l’alpha e il sigma avevano forma etrusca e che il nome appariva non romano.13 Non ci dilunghiamo sulla celeberrima gemma di Firenze (Fig. 121) con la raffigurazione di due Salii barbati e capite velato, vestiti di corta tunica sulla quale è un corto mantello (in un caso ornato da un tritone, nell’altro da un capricorno), che trasportano incedendo verso sinistra, sei ancilia, decorati con spirali, appesi ad una pertica. La gemma, oggetto di studi approfonditi già dal ’700, reca l’iscrizione sinistrorsa appius alce, comunemente interpretata come “Appio donò”.14 Questo ha fatto sì che l’iscrizione della gemma fosse inclusa recentemente tra le dediche votive etrusche15 probabilmente perchè A. Mastrocinque aveva inserito la gemma tra quelle dedicate alle divinità, «in un santuario dell’Etruria meridionale da Appio Claudio Cieco o da un altro importante membro della gens Claudia».16 Lo studioso ritiene infatti che difficilmente la gemma con il nome del donatore potesse essere utilizzata da una persona come suo simbolo e sigillo personale. A questo si può tuttavia obiettare che un nome di quell’importanza aumentava di gran lunga il valore del dono e dava lustro alla persona (parente o meno) che possedeva un oggetto sul quale era apposto; questa persona certamente non poteva utilizzarlo come sigillo, ma poteva vantarsi dei suoi legami con l’Appius in questione. Quanto alla presenza della forma verbale alce

1 Londra, British Museum, n. inv. 1891, 0624.1, provenienza sconosciuta, acquistato nel 1891 dal Rev. Greville John Chester: Walters 1926, n. 555; Richter 1968, p. 119, n. 452 , Johns 1992, p. 137, fig. 22. 2 et Pe 1.790, p. 282 (lettura metelial incerta). 3 Colonna 2007, p. 217. 4 Lanzi 1824, p. 115. 5 Vedi et , p. 149, s.v. 6 N. inv. 21.1203: Furtwängler 1900, p. 274, n. 24,  tav. lxi.24; Chase, Vermeule, Comstock 1972, p. 215, fig. 208b; ZwerleinDiehl 2007, p. 388, tav. 76.320. 7 Jenkins, Sloan 1996, p. 96. Marcus Tuscher (Norimberga, 1705Copenhagen, 1751): vedi Gialluca 2011, p. 44, nota 88 con bibl. cit.

1 8 Cristofani 1973, p. 355, n. 163. 1 9 Per le iscrizioni etrusche da Aleria vedi Ambrosini 2007, pp. 376377, con bibl. cit. 110 Gori 1727, p. lii, n. i, tav. iv.1; Furtwängler 1900, pp. 134-135, n. 14, tav. xxvii.14. 11 et Cl 3.4, p. 253. 12 et AH 1.43, p. 82. 13 Furtwängler 1900, p. 135, n. 14, cita anche un esemplare identico anepigrafe pubblicato dal Gori. 14 Già in Giglioli 1949-51, p. 97; vedi da ultimo Torelli 1997. 15 Maras 2009, p. 302, OA do.5. 16 Mastrocinque 2009, p. 55, nota 17.

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capitolo iv

(forma recente devocalizzata dell’arcaico alice), che, come sottolinea Mastrocinque, è attestata in contesti votivi come, ad esempio, sul votivo anatomico conformato a ginocchio dal deposito votivo presso il tempio dell’Ara della Regina di Tarquinia,1 occorre sottolineare un dato: com’è noto, al momento appare un verbo di dono poco usato, che ricorre indifferentemente per indicare doni agli dei o fra gli uomini.2 Ci preme porre in evidenza ancora un elemento, finora non sufficientemente valorizzato nel corso degli studi. I disegni della gemma editi riproducono quasi sempre il suo calco. L’iscrizione sulla gemma è destrorsa, pertanto il suo uso come sigillo produceva un’iscrizione sinistrorsa.3 Bisognerebbe chiedersi se questa scelta avesse un motivo ben preciso o volesse semplicemente “assecondare” la direzione di marcia dei Salii. Se riteniamo che la gemma fosse destinata essenzialmente a fungere da ornamento e non da sigillo, dovremmo immaginare una “visione” da parte di “lettori” essenzialmente latini; viceversa, se pensiamo che la gemma fungesse prevalentemente da sigillo, è chiaro che i “lettori” dei testi sui quali sarà stato apposto il suo sigillo saranno stati prevalentemente etruschi. A nostro avviso, è l’uso della forma verbale etrusca alce che sembrerebbe confermare la seconda ipotesi. La presenza di una raffigurazione dal tema “religioso” non ne fa automaticamente un oggetto di ambito sacro, così come la presenza del verbo alce nell’iscrizione non rende automaticamente il medesimo un dono votivo. A nostro avviso il dono della gemma con un’immagine così singolare e pregna di significati da parte di un Appius non fa che mettere in risalto l’importanza del ruolo sociale e religioso rivestito dalla gens.4 Il motivo iconografico, come ha evidenziato Torelli, è quasi identico a quello di una gemma conservata a Berlino5 che reca l’immagine di due Salii in abbigliamento militare nell’atto di trasportare cinque ancilia decorati, appesi ad una pertica ed una situla. Questo contenitore è collegato da Torelli all’Armilustrium, cioè alla lustratio degli arma ancilia,6 la celebrazione che concludeva il ciclo simbolico della guerra con la purificazione delle armi e che si compiva il 19 ottobre sull’Aventino. Come ha rilevato Mauro Cristofani, nell’iscrizione appius alce il nome latino è trascritto in lettere etrusche e non è integrato al sistema etrusco.7 Caratteristiche appaiono, da un lato, la geminazione consonantica della p di Appius, e dall’altro, la presenza di u anziché o, esito della scrittura etrusca che ignora la o.8 Cristofani interpretò l’iscrizione come la firma del gemmarius; secondo Torelli si tratterebbe di un’iscrizione di dono, scritta in etrusco da parte di un latino. Il possessore, membro del collegio dei Salii, andrebbe identificato 1 Vedi da ultima Ambrosini 2009b, p. 233. 2 Benelli 2007, pp. 223-224, n. 102. 3 Non ci sembra del tutto appropriata l’espressione in Maras 2009, p. 302, «D(uctus) destrorso (ma capovolto nell’impressione della gemma)». 4 Torelli 1997, p. 244. 5 Furtwängler 1900, p. 111, n. 62, tav. xxii.62; Torelli 1997, p. 228, fig. 2, nota 3 con bibl. cit. 6 Torelli 1997, p. 237. 7 Vedi già Giglioli 1949-51, p. 97. 8 Cristofani 1973, p. 354; Torelli 1997, pp. 242-243.

con Appio Claudio Cieco che ne avrebbe fatto dono ad una persona a lui legata da rapporti di familiarità.9 Il gentilizio si ricollega a quello presente su un’altra gemma conservata a Londra (Fig. 122). L’iscrizione recita apie mariu10 ed è incisa su un’agata che reca l’immagine di un guerriero (comunemente identificato con Edipo) nell’atto di colpire con la spada la Sfinge.11 Il tema del guerriero in lotta con la sfinge è un motivo di lunga tradizione nell’arte greca, che nella glittica di v secolo viene rinnovato, ad esempio, dal Semon Master.12 In questo caso non abbiamo la geminazione consonantica di p, ma, come nel caso precedente, la presenza di u anziché o, esito della scrittura etrusca che ignora tale vocale. La gemma è particolarmente interessante perché il mariu dell’iscrizione è un nomen individuale italico con la derivazione etrusca -iu; inoltre l’iscrizione, che utilizza l’alfabeto latino, è in lingua etrusca. EI) Etrusche di definizione Incerta (EI1-EI14) (Figg. 123-131) Sono confluite in questo sottoinsieme le gemme le cui iscrizioni hanno elementi di incertezza, dovuti in larga misura al fatto che non esiste una fotografia dell’oggetto (ormai disperso), ma soltanto un antico disegno o schizzo o descrizione; in altri casi nelle fotografie edite non si leggono con sufficiente chiarezza le lettere delle iscrizioni, oppure dal solo esame fotografico non è possibile giudicare autentiche con sicurezza le iscrizioni. In una sardonica conservata a Londra è raffigurato Hercle alla fontana (Fig. 123), con l’iscrizione che può essere letta, grazie all’esame autoptico effettuato nell’agosto 2010, h(erc)le q senti. L’esame ha consentito di verificare l’esistenza delle prime lettere che costituiscono la prima parte dell’iscrizione, il nome h(erc)le, poco visibili nelle fotografie finora edite. Secondo il Furtwängler entrambe le iscrizioni sono latine e si riferiscono, la prima al personaggio raffigurato e la seconda al proprietario della gemma.13 Senti trova confronto con il gentilizio latino Sentius. Una gemma dispersa, già a Volterra, della quale conosciamo l’immagine solo grazie ad uno schizzo, recava la raffigurazione della lotta di Hercle con il leone nemeo (Fig. 124). Sulla gemma era incisa l’iscrizione knzus, e tre k sul rovescio, da intendere con ogni probabilità come il gentilizio kn(e)zus, attestato nella forma cnezus a Sette Camini (Volsinii) nella Tomba Golini II.14 Edmond Le Blant ricorda che gemme di questo tipo, dotate di kkk sul rovescio e della raffigurazione di Hercle che lotta con il leone nemeo erano amuleti in uso presso gli gnostici. Portare al dito una gemma di questo tipo, incastonata in un anello d’oro, secondo i dettami di Ales09 Torelli 1997, pp. 245, 248. 10 Per l’iscrizione vedi Weber 1977. 11 Per la raffigurazione su una gemma anepigrafe vedi Millin 1811, p. 54, n. 505, tav. cxxxviii.505. 12 Boardman 1968b, p. 94, n. 251, tav. xvi.251. 13 Furtwängler 1900, p. 100, n. 52. 14 Vedi C. De Simone, in Zazoff 1968, p. 84, nota 98; et Vs 7.22 e 7.23, p. 90.

commento al catalogo sandro di Tralles era un valido rimedio contro le coliche poiché faceva allontanare la bile.1 Sappiamo che il trattato del medico bizantino restò un manuale di base in epoca medievale per gli studenti di medicina. In una sardonica della Collezione Story Maskelyne (Fig. 125) è rappresentato un giovane stante, con una lucerna sospesa nella destra e un martello nella sinistra quasi come un minatore; l’iscrizione, letta £L§I, dal Furtwängler viene interpretata come la probabile indicazione del nome Volcanus. Nella fotografia edita dallo studioso si notano soltanto le due lettere ´sa che potrebbero, forse, essere l’abbreviazione del teonimo ´s(etl)a(ns). Della gemma sulla quale era apposta l’iscrizione vachstls, non sappiamo quasi nulla. La raffigurazione consisteva in un «Uomo nudo colla clamide avvolta sul braccio sinistro e una borsa nella destra; Il Poggi pensa a Mercurio».2 Sullo scarabeo di sardonica conservato a Londra (Fig. 126), con l’immagine di Prometeo che plasma l’uomo, è presente l’iscrizione letta finora pipitu ed interpretata da Mario Torelli come un nome individuale di origine greca.3 La forma della prima lettera è del tutto diversa da quella delle altre due p presenti nel nome;4 pertanto appare molto più logica la lettura vipitu, che trova confronto, ad esempio, nel vipithenes o vipintenes attestato ad Orte e che potrebbe essere sia un gentilizio che un nome individuale.5 Il tema iconografico di Prometeo con uno scheletro in mano è noto e ben trattato in letteratura.6 Sembra comparire nel iii sec. a.C. in una sessantina di intagli della produzione cosiddetta “italica” con schemi iconografici di impronta arcaizzante. La sardonica di Londra appartiene al secondo gruppo della classificazione di G. Tassinari,7 iconograficamente vicino alle raffigurazioni di maschalismos, nel quale Prometeo è ritratto nell’atto di applicare un braccio alla figura umana (in due soli casi femminile, da interpretare come Pandora). Va evidenziato che la nostra gemma può essere utilmente confrontata con un esemplare conservato a Ginevra, definito romano repubblicano, in cui Prometeo plasma l’uomo e che reca l’iscrizione latina EROS.8 Secondo la Toso la raffigurazione di Prometeo che crea l’uomo andrebbe letta come auto-rappresentazione degli artigiani e, sulla scorta del Furtwängler, come la scelta da parte della committenza di temi di matrice orfico-pitagorica.9 D’incerta definizione appare anche l’iscrizione che compare su una sardonica di Hannover (Fig. 127) che reca l’immagine di un satiro di tre quarti; nel campo sono raffigurati un caduceo, un ramo di palma ed a terra 1 Le Blant 1896, p. 94, n. 238. 2 Buonamici 1932, p. 396; nrie 1085; tle 781; et oi G.73, p. 368; ThLE2, p. 125, s.v. 3 Torelli 2002, p. 138 4 Ringrazio l’amica e collega Valentina Belfiore per l’osservazione. 5 vipithenes (et ah 1.60, p. 107); vipitenes (et ah 1.61-62, p. 108). 6 Vedi da ultima Toso 2007, tav. xiv, fig. 52. 7 Tassinari 1992, pp. 75-77; Toso 2007, p. 120. 8 Ginevra, Musée d’Art et d’Histoire, Coll. Duval 7234: Martini 1971, p. 141, n. 116; Toso 2007, p. 120, nota 549. 9 Toso 2007, p. 122.

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un’anfora a punta. L’iscrizione che, al Furtwängler sembrò di poter leggere in etrusco cach, potrebbe anche essere greca (™AY).10 In questo caso, si potrebbe pensare, ad esempio, all’abbreviazione di ™A(T)Y(PO™), oppure all’abbreviazione del nome del proprietario della gemma ecc… Abbiamo poi una gemma della quale non si possiede la documentazione fotografica, ma soltanto la descrizione. Su di essa, conservata a Boston, è raffigurato un giovane guerriero, verso sinistra, nell’atto di fasciarsi una gamba e reca l’iscrizione letta machertie, anche di recente.11 Pur mancando l’autopsia della gemma, si può tuttavia notare che il tema iconografico richiama quello di pherse che si sistema il sandalo alato (vedi, ad esempio, Fig. 100) oppure quello di Filottete. Tra le iscrizioni incerte abbiamo quella che compare su uno scarabeo di corniola della Collezione Warren (Fig. 128), con l’immagine di un guerriero nell’atto di cadere in ginocchio, con corazza, scudo e spada. Secondo il Furtwängler, l’iscrizione (letta acixu) sembra essere latina, a causa della forma, anomala in etrusco, della lettera a. A nostro avviso, lo schema iconografico utilizzato, quello del guerriero caduto, documentato per gli eroi tebani (Capne e Tute), indica che si voleva raffigurare probabilmente uno di questi personaggi. L’iscrizione potrebbe forse richiamare, in qualche modo, il nome di Achille e essere letta alichu per achilu. Potrebbe trattarsi forse di un’iscrizione moderna apposta su di uno scarabeo anepigrafe, ma per affermare ciò bisognerebbe sottoporre l’oggetto ad analisi accurate. Iscrizioni incerte compaiono anche su gemme che recano immagini di animali. Su uno scarabeo di Londra (Fig. 129) è raffigurata una scrofa gradiente verso destra con l’iscrizione letta ¶A™K da Walters.12 L’esame autoptico dell’iscrizione consente di leggere l’iscrizione zak e di escludere la terza lettera che sembra un semplice cerchietto decorativo. Un niccolo già nella Collezione del cav. Nicolò Maffei a Volterra, a noi noto soltanto attraverso uno schizzo (Fig. 130) ed una breve descrizione, recava l’immagine di “una belva (pantera?) a destra”. L’iscrizione, che può essere letta s´uthr, potrebbe essere l’abbreviazione di un gentilizio, ed essere collegata, ad esempio, ai ´suthrinas´ e ´suthrinei attestati a Perugia.13 Lo scarabeo somiglia ad uno dello stile a globolo conservato a Berlino.14 Difficile da interpretare l’iscrizione ´sk o mk12 legate (Fig. 131), presente su una gemma di Londra che reca la raffigurazione di un toro verso sinistra, sdraiato. Del diaspro rosso rinvenuto “Circa fines Tudertium effossam” (Fig. 132) raffigurante un “cavallo che corre: sopra ] [ sotto I]A forse nome del padrone della gemma”,16 abbiamo invece due disegni. L’iscrizione potreb10 Furtwängler 1900, p. 135, n. 26, tav. xxvii.27; Zazoff 1975, p. 50, n. 141, con bibl. cit., tav. 27.141. 11 Hanfmann 1936, p. 403, n. 8; et oi G.1, p. 364; ThLE2, p. 261, s.v. 12 Walters 1926, p. 96, n. 787, tav. xiii.787. 13 et Pe 1.60, Pe 1.1195, pp. 162, 294. 14 Hansson 2005, tav. 8.23. 15 Walters 1926, p. 104, n. 873. 16 Lanzi 1824, p. 131.

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be essere letta vv avi oppure, interpretata come latina, (v)ivax.1 Non abbiamo, infine, alcuna informazione in merito alla gemma sulla quale era l’iscrizione letta vecue,2 interpretata dal Vermiglioli come Victoria o Victor.3 ELD) Gemme etrusche con iscrizioni etrusche, in caratteri latini (didascalie) (ELD1) (Fig. 133) È stato possibile identificare una gemma del Museo di Firenze con una che il Fabretti aveva riferito, trascrivendo in modo errato il cognome del collezionista dalla scheda del Conestabile, “ex collectione Cume”. La gemma appartiene non alla collezione Cume, bensì alla Collezione Currie. Com’è noto, Sir William Currie nel suo testamento ha lasciato in dono la sua Dattiloteca di ben 516 pietre incise alla raccolta Medicea di Firenze.4 Lo scarabeo reca l’immagine di Turms (Fig. 133), con didascalia, abbreviata e redatta in caratteri latini. EF) Gemme e pietre con iscrizioni etrusche moderne (falsi) (EF1-EF4) (Figg. 134-137) In questo sottoinsieme sono state inserite le gemme e pietre ornamentali, sicuramente moderne, che recano iscrizioni che volutamente riproducono iscrizioni etrusche autentiche. Un grande scarabeo di pietra calcarea rinvenuto a Chiusi (Fig. 134), già presso l’antiquario Pacini a Firenze nel 1876, reca una scena guerresca:5 «due giovani pileati hanno atterrato un avversario; uno di essi afferrandolo colla sinistra per un braccio, alza colla destra la spada per menargli sul capo un fendente, mentre l’altro si accinge a colpirlo di punta. Dalla parte opposta accorrono intanto due altri eroi, la spada in pugno, il primo dei quali ha inoltre la sinistra armata d’un sasso».6 Sull’oggetto era l’iscrizione herini umranal rathums clan. Su un grosso scarabeo (ciottolo di fiume) (Fig. 135) rinvenuto a Villa Strada (Castiglion del Lago),7 proprietà Conte Paolozzi, era raffigurato un giovane nudo, verso sinistra, con tenia sui capelli, intento nel gioco del kottabos kataktós con una kylix, mentre un giovane servitore sistema uno sgabello cubico ai suoi piedi. L’iscrizione recitava therini umranal. L’iscrizione viene giustamente collegata dal Minto nel 1944 all’iscrizione presente su un ossuario chiusino da Vigna Grande che recava l’iscrizione lth herini umranal.8 Il Minto non sospetta affatto della falsità dell’iscrizione (e della raffigurazione, palesemente falsa) presente sul ciottolo. Nel caso della sardonica di Vienna (Fig. 136) con la raf1 Passeri 1748, pp. xxxii, 216-218, fig. a p. 217; Lanzi 1824, p. 131; Gambaro 2008, p. 151, G77, fig. G77 (Biblioteca Marucelliana Firenze, ms. A50, c.99, xviii sec.), con bibl. cit. 2 Buonamici 1932, p. 395, con bibl. cit. 3 Vermiglioli 1828, p. 146, nota 7. 4 Migliarini 1865, p. 60. 5 Buonamici 1932, p. 396. 6 Poggi 1879, p. 23, n.7. 7 Buonamici 1932, p. 396; Minto 1944, pp. 83-89; tle , pp. 188, 356, s.v. therini, umranal. 8 Minto 1944, pp. 88-89; et Cl 1.262, p. 179.

figurazione di una Musa9 verso destra, seduta su sedia nell’atto di suonare la lira, abbiamo, invece, nella seconda metà xviii secolo l’apposizione dell’iscrizione tute, come abbiamo visto, ben diffusa su gemme che raffigurano l’eroe tebano. L’iscrizione non è congruente con la raffigurazione e deve essere stata aggiunta, copiandola da esemplari autentici, evidentemente, soltanto per aumentare il valore commerciale dell’oggetto, del quale non si capiva appieno la reale raffigurazione. Che l’iscrizione tute fosse particolarmente gradita ed in voga nel xviii secolo e che in quell’epoca fosse riprodotta sulle gemme lo possiamo dedurre anche dal fatto che essa compaia su una gemma di Cambridge (Fig. 137), giudicata moderna sia da Zazoff che dalla Henig,10 che raffigura Tute con scudo, colpito da una freccia al polpaccio, e su una sardonica a Monaco della Collezione Arndt.11 GD) Gemme etrusche con iscrizioni in lingua greca (didascalie) (GD1) (Fig. 138) Vi è uno scarabeo, attribuito a produzione etrusca, con un’iscrizione in greco, certamente genuina. Proviene da un contesto archeologico noto ed è lo scarabeo in onice della seconda metà iv sec. a.C., conservato a Taranto12 (Fig. 138). Su di esso è l’immagine di un guerriero nudo, stante, verso sinistra, con lancia e spada, piede appoggiato su roccia, a terra lo scudo. Reca l’iscrizione 1TH 2§EºO™, da intendersi come una didascalia poiché congruente con l’immagine. La gemma è stata rinvenuta a Satyrion (Saturo Taranto), in “un ripostiglio” con monete d’argento del iv secolo (di Taranto, Thurii ed Heraclea), aurei dell’età del Molosso e due orecchini d’oro a protome di leone. Lo scarabeo è particolarmente interessante perché potrebbe testimoniare la presenza di artigiani etruschi in Apulia, a contatto con genti grecofone e consentirci di aprire nuovi orizzonti alle nostre ricerche sullo sviluppo dei contatti tra culture, che sono forse maggiormente visibili in una fase cronologica più recente.13 GF) Gemme etrusche con iscrizioni in lingua greca (firma dell ’ artefice) (GF1) (Fig. 139) Su uno scarabeo etrusco di corniola conservato a Volterra (Fig. 139), con l’immagine di un guerriero armato di elmo, lancia, scudo e schinieri, vi è un’iscrizione letta Alsanpros da Zazoff e Krauskopf, ma che recentemente Mario Torelli14 ha, correttamente, definito greca (attica) e letto §Y™AN¢PO™. La corretta lettura non è, tuttavia, una novità: era già stata pubblicata dal Lanzi nel lontano 182415 ed accolta nel CII dal Fabretti, dal Brunn e da Lucia Guerrini nell’Enciclopedia dell’Arte Antica, sotto la 09 Zwierlein-Diehl 1973, p. 164, n. 539, tav. 91.539. 10 Zazoff 1968, p. 86, nota 106; Henig 1994, p. 346, n. 728, con bibl. cit. 11 Zazoff 1968, p. 86, nota 107. 12 Lo Porto 1977, p. 500. tav. 57.3; Krauskopf et alii 1995, p. 123, n. 993a, con bibl. cit., tav. 3.993; limc vii, 1994, Telephos 46. 13 Vedi, ad esempio, Ambrosini 2009a e Ambrosini 2010. 14 Torelli 2002, p. 138. 15 Lanzi 1824, pp. 132-133.

commento al catalogo voce Lysandros,1 per poi finire, come spesso accade, nel dimenticatoio. La Guerrini2 ritiene si tratti del nome di un supposto incisore di gemme. Secondo la studiosa l’iscrizione andrebbe letta LYSANDRO, integrata in LYSANDRO(S) dallo Stephani che suppone sia un genitivo, cioè il nome del proprietario, dal momento che gli scarabei firmati erano fino a quel momento ignoti. Anche secondo Torelli si tratterebbe del nome del proprietario della gemma. Diversa appare, dunque, l’interpretazione dell’iscrizione rispetto al Lanzi ed al Fabretti che pensavano al nome dell’artefice. In ogni caso, rispetto alle gemme greche con firma dell’artigiano, lo scarabeo di Volterra ci sembra che mostri alcune piccole anomalie: 1) la posizione dell’iscrizione: l’iscrizione soprattutto con il rho, ma anche in parte con l’omicron e con il sigma, fuoriesce dal campo ed invade la cornice decorata dello scarabeo; 2) la disposizione dell’iscrizione: non è concentrica al perimetro dello scarabeo, come in genere avviene nelle gemme greche; 3) la trascuratezza dell’iscrizione: appare poco curata ed “ordinata” rispetto alle iscrizioni presenti sulle gemme greche; 4) la forma della lettera alpha, che di norma nelle iscrizioni greche ha la traversa orizzontale e non obliqua e la forma della lettera rho che ha l’occhiello aperto. Tutte queste anomalie ci inducono a ritenere che l’iscrizione sia opera non di un Greco, ma di un Etrusco (vedi la forma delle lettere alpha e rho), che ha inciso, probabilmente copiandola, l’iscrizione sullo scarabeo quando esso era già decorato con la raffigurazione del guerriero. Non sappiamo se l’Etrusco che ha inciso l’iscrizione sia la stessa persona che ha realizzato anche la decorazione figurata, ma, in ogni caso, è altamente probabile che egli abbia voluto copiare sulla sua gemma la firma di un artigiano greco. In ogni caso la gemma è un’opera degna d’interesse, difesa a spada tratta dal Lanzi, che arrivò a dire: «Winckelmann giunse a dire che che niuna delle greche (scil. gemme) pareggia in età la stoschiana de’ cinque eroi. Non credo che così avrebbe scritto se gli fossero venuti alle mani il Lisandro e l’Acrazio».3 Dal punto di vista iconografico la gemma trova confronto con uno scarabeo greco dalla tomba 10 di Tharros,4 databile, secondo la Richter, agli inizi del v sec. a.C. (vedi capitolo v, Fig. h). Il fatto che una recente ricerca non abbia evidenziato, finora, l’esistenza di scarabei a globulo iscritti, ad esempio, in greco o in osco,5 evidenzia quanto il fenomeno 1 2 3 5

Bibl. cit. anche in Zazoff 1968, p. 58, n. 73. Guerrini 1961, con bibl. prec. Lanzi 1824, p. 139. 4 Richter 1968, p. 37, n. 40. Hansson 2005, p. 84.

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dell’incisione di iscrizioni sulle gemme sia circoscritto nel tempo. LD) Gemme etrusche con iscrizioni in lingua latina (didascalie) (LD1) (Fig. 140) In questo sottoinsieme abbiamo inserito uno scarabeo, ritenuto di produzione etrusca, che, secondo Zazoff, sarebbe l’esemplare più antico che si conosca con un’iscrizione latina, databile ancora nella seconda metà del iv sec. a.C. Conservato ad Oxford6 (Fig. 140), reca l’immagine di una figura virile nuda, stante con caduceo, con un ariete ed un alto fiore. L’iscrizione mer, è facilmente integrabile in base all’iconografia del personaggio, in mer(curius); è redatta in lettere che non sembrerebbero propriamente latine, ma nemmeno etrusche. Anomala appare per il latino sia la forma del m che quella del r, con codolo non in asse. Secondo alcuni studiosi l’iscrizione potrebbe essere stata apposta nel Lazio o in Campania nel iii sec. a.C. La gemma è, a nostro avviso, opera dello stesso incisore che ha realizzato l’esemplare con Filottete della Collezione Southesk.7 LP) Gemme etrusche o italiche con iscrizioni latine di possesso (LP1) (Fig. 141) Abbiamo inserito in questo sottoinsieme soltanto una gemma, a fronte dei numerosi esemplari esistenti, per un motivo preciso: la gemma in questione per molto tempo è stata ritenuta il supporto di un’iscrizione etrusca. Si tratta di una corniola rinvenuta a Luni8 (Fig. 141), databile al ii sec. a.C., con la raffigurazione di Pegaso in corsa verso sinistra. L’iscrizione presente sulla gemma, già letta 1raer 2asu, è stata letta correttamente 1prep 2usa da intendere come cognomen femminile, cioè il nome della proprietaria. Il cognomen, che è un grecanico, è attestato dall’età augustea al ii sec. d.C. in formule onomastiche riferibili a donne di condizioni servili o liberte.9 Del tutto anomala, ed anche un po’ sospetta, l’iscrizione aiax viet presente su uno scarabeo a globulo conservato a Copenaghen,10 che reca la raffigurazione di Aiace. 66 Furtwängler 1900, p. 97, n. 17, tav. xx.17; Zazoff 1968, p. 74, n. 106, tav. 24.106; Richter 1968, p. 187, n. 746, fig. 746; Martini 1971, tav. 7.2; Boardman, Vollenweider 1978, pp. 51-52, n. 218, tav. xxxvii.218; Simon 1990, p. 164, fig. 207; Krauskopf et alii 1995, p. 110, n. 657, con bibl. cit. 67 Zazoff 1968, p. 193, n. 1193. 68 cil xi.2.1.81; Milani 1885, p. 131; nrie 12; Pandolfini 1973, p. 340, n. 135, tav. xci.135; Sena Chiesa 1978, p. 125, n. 163, tav. xxiii.163. 69 Solin 2003, pp. 979-980. 10 Hansson 2005, pp. 84-85, fig. 30, con bibl. cit.

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V. C O NSI DERAZIO NI SUGLI A S PETTI E PIG R A FICO -L INGU IS T I C I E SULLE LO RO CO NNE S S IO NI S O CIA L I 1. Sull ’ uso delle gemme incise

2. La direzione e la redazione delle iscrizioni

a funzione della gemma incisa era triplice: di sigillo, ornamentale, di amuleto.1 La maggior parte delle gemme etrusche che recano iscrizioni sono scarabei che in origine erano montati su un anello. In Etruria gli anelli spesso erano interamente realizzati in metallo prezioso (oro o argento), ma, a partire dal 530520 a.C., i più diffusi furono certamente gli anelli costituiti da cerchi di metallo (di solito oro) con scarabei girevoli in pietre dure. Per montare lo scarabeo, la base veniva perforata nel senso della lunghezza, un filo veniva fatto passare attraverso la pietra e fissato alle estremità del cerchio. Il filo poteva essere di verghetta piena, liscia o ritorta o appiattita o tubolare, spesso rivestita presso l’estremità di filo attorto.2 La comparsa dell’anello con scarabeo girevole, decorato ad intaglio con figure tratte dal repertorio greco (eroi, satiri, guerrieri ecc…) in Etruria, che perdura fino all’età ellenistica, viene generalmente ricondotta a maestri intagliatori di origine greco-orientale.3 L’uso come sigillo delle gemme etrusche incise è stato messo in dubbio in base al fatto che le raffigurazioni presenti su di esse talora sono incise in modo leggero. La Richter ritiene che i calchi effettuati dimostrano invece che le decorazioni si imprimevano molto bene.4 Sull’uso delle gemme come sigillo esiste una graziosa testimonianza nel i secolo d.C. in un distico elegiaco, scritto all’entrata del vestibolo posteriore della casa del Menandro di Pompei, e dedicato da un poeta a Novellia Primigenia,5 una prostituta di Nuceria Alfaterna che praticava presso Portam Romanam in vico Venerio: «Primigenie Nucer(inae). Vellem essem gemma ora non amplius una ut tibi signanti oscula pressa darem».6 Il poeta bacia l’anello in modo che l’amata, quando inumidisce la gemma per imprimere il sigillo, possa ricevere il suo bacio. Possiamo confrontarlo con alcuni versi di Virgilio (Eneide i.683) e Ovidio (Amores ii.15.9; ii.15.15-18), anche se l’interdipendenza tra gli autori è ancora dibattuta.7 Il fatto che gli scarabei ebbero anche una funzione ornamentale è testimoniato non sono dal loro uso per la decorazione di anelli, ma anche dal loro inserimento, già in antico, in collane.8

Attraverso un’indagine, che si spera sia il più possibile esaustiva, si cercherà di analizzare tutti gli elementi desumibili dalle iscrizioni presenti sulle gemme etrusche al fine di ricostruire il profilo culturale e sociale degli incisori delle gemme iscritte e, ove possibile, degli acquirenti di tali oggetti.

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1 Richter 1968, p. 1; Hansson 2005, pp. 124-128. 2 Martelli 2000, p. 457. 3 Rizzo 1985, p. 221; Martelli 2000, p. 457. 4 Richter 1968, p. 174. 5 Le iscrizioni pompeiane invitano a recarsi a Nocera, in prossimità di Porta Romana e domandare di Novellia Primigenia (cil iv, 8356). 6 Conticello 1990, pp. 27-28, nota 14 con bibl. cit. L’iscrizione è sul sepolcro 20 EN. 7 A. Varone, in Conticello 1990, pp. 152-153, 13e con bibl. cit. Noto anche da altri iscrizioni cil iv, 1698 con add. p. 463 che esibisce la forma “gemma velim fieri”. 8 Richter 1968, p. 178; Martelli 2000, p. 457.

La prima cosa da sottolineare è che la direzione delle iscrizioni non sembra avere un’eccessiva importanza. L’analisi di tutte le iscrizioni etrusche raccolte ha evidenziato che non c’è un grande divario tra il numero delle iscrizioni incise con direzione destrorsa (Fig. a) (61 esemplari) e quelle con direzione sinistrorsa (Fig. b) (51 esemplari). Se i disegni conservati e pubblicati riproducono la gemma e non il calco, alle prime ne possiamo aggiungere altre 3 ed alle seconde altre 7. Va tuttavia rilevato un dato importante che può forse aver influito sull’uso della gemma: ovviamente per un Etrusco sarà stato più facile incidere sulla gemma le iscrizioni sini-

Fig. a. Fotocomposizione di Laura Ambrosini, fotografie Laura Ambrosini Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. b. Fotocomposizione di Laura Ambrosini, fotografie Courtesy of © The British Museum-London.

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capitolo v

strorse, piuttosto che le destrorse. Le iscrizioni destrorse, che nell’impressione diventavano sinistrorse, dovevano essere incise sulle gemme con direzione opposta all’uso scrittorio corrente in Etruria.1 Certamente l’incisione di un’iscrizione con direzione destrorsa richiedeva un maggiore grado di abilità. Alcune riflessioni interessanti si possono fare in merito alle iscrizioni da interpretare come didascalie, presenti su gemme che recano raffigurazioni di più personaggi. Una sola volta è presente un’iscrizione bustrofedica: in questo caso (vedi Fig. 59) più che ad un accorgimento di composizione testuale, a mio avviso, la direzione dell’iscrizione è dovuta alla necessità da parte del gemmarius di costringere il testo dell’iscrizione nell’esiguo spazio a disposizione. L’iscrizione tarchnas (vedi Fig. 115) non è un’iscrizione con un reale andamento bustrofedico ma un’iscrizione che, in buona sostanza, corre intorno alla figura andando a posizionarsi anche negli “anfratti”, come il rho inserito nello spazio compreso tra i glutei e il braccio destro. In questo caso l’iscrizione è stata probabilmente realizzata ruotando la gemma in senso antiorario sul banco da lavoro. Negli esempi analizzati nel presente studio, a partire dalla celeberrima Gemma Stosch si possono notare alcuni dettagli utili per comprendere la procedura di realizzazione dell’incisione delle iscrizioni da parte del gemmarius. Nella Gemma Stosch (vedi Fig. 66) le iscrizioni, dal momento che si vengono a posizionare a fianco delle figure, lungo l’orlo della gemma, sono necessariamente speculari e pertanto le due a sinistra sono sinistrorse (atresthe e parthanapaes), mentre quelle a destra (tute e phulnice) sono destrorse. Sempre destrorsa, anche se disposta in verticale, tra una sorta di “binario” costituito da due lance è l’iscrizione amphiare. Va notata la poca cura nella disposizione delle iscrizioni in questo oggetto così pregiato, sotto tanti punti di vista: l’iscrizione parthanapaes tangente la figura seduta cui si riferisce, non solo prosegue al di sotto del diphros con le lettere alpha e pi, ma con la ulteriore alpha copre parzialmente il piede sinistro della figura, la epsilon si trova tra i piedi della figura centrale seduta (amphiare), il sigma tra i piedi di phulnice. La già citata iscrizione verticale amphiare si sovrappone parzialmente allo scudo di tute. Tutti questi elementi rendono evidente che la gemma è stata dotata di iscrizioni successivamente alla sua decorazione e che esse non erano previste nel progetto iniziale. Sia nel caso del nome phulnice che in quello di amphiare si nota che la lettera iniziale, nel primo caso pi, nel secondo alpha, sono piuttosto distanti dal resto del nome. Potrebbe trattarsi sia di semplici errori nell’incisione dovuti ad un errato calcolo degli spazi, sia all’incomprensione nella lettura dell’iscrizione da copiare da parte dell’incisore. 1 Un confronto può essere stabilito con le iscrizioni greche sulle gemme greche: generalmente le iscrizioni si leggono da sinistra verso destra nel calco, ma specialmente nei periodi più antichi, capita anche il contrario (Richter 1968, p. 14).

Se quest’ultima ipotesi potesse avvalersi di confronti del tutto omogenei potrebbe fornire spunti di riflessione circa il grado di alfabetizzazione dell’incisore della raffinata Gemma Stosch. Occorre soffermarsi sulla distribuzione delle iscrizioni etrusche presenti sulle gemme che recano raffigurazioni di due personaggi. Nei casi analizzati sembra manifestarsi una sorta di anarchia. Infatti, in due gemme le due iscrizioni sono sinistrorse (vedi Figg. 33 e 48), in altre due gemme le due iscrizioni sono destrorse (vedi Figg. 46 e 47), infine su quattro gemme una è sinistrorsa e l’altra è destrorsa (vedi Figg. 22, 23, 49 e 114). I motivi di queste differenti scelte possono essere stati molteplici, ma, salvo rare eccezioni, ci sembrano legati alla composizione della scena e la forma ovale dell’oggetto, come in un continuum (in senso antioriario). Ci sembra che il gemmarius inserisca l’iscrizione negli spazi lasciati liberi dalla decorazione figurata. Quando lo spazio non è angusto, le iscrizioni, oltre ad essere maggiormente curate dal punto di vista grafico e redazionale, danno l’impressione quasi di seguire la direzione del movimento delle persone (e forse anche la loro posizione nello spazio, cioè verticale, verso destra, verso sinistra?). La scelta del gemmarius può aver avuto la sua utilità: poiché si trattava di due figure a stretto contatto poteva essere infatti difficile far comprendere a colpo d’occhio a quale delle due figure si riferisse ciascuna iscrizione. Un caso particolare è infine offerto dall’iscrizione (vedi Fig. 118), da considerarsi quasi una bilingue, vel.max vel.pem. (in vel.max legature tra v e, tra m a) che mostra vel. max con direzione sinistrorsa e vel. pem con direzione destrorsa. 3. Aspetti Paleografici Com’ è giusto che sia, per lo studio degli aspetti paleografici delle iscrizioni presenti sulle singole gemme, si rinvia alla trattazione approfondita già effettuata ed a quelle che ne seguiranno da parte degli specialisti del settore. Preme tuttavia, a nostro modesto avviso, sottolineare un dato: nello studio delle gemme etrusche con iscrizioni il dato paleografico non va troppo enfatizzato. 1. Innanzitutto perché la casistica a nostra disposizione potrebbe rivelarsi fortemente deficitaria. Pochi sono gli originali iscritti a nostra disposizione, molti dei quali privi di provenienza. 2. Un certo numero di iscrizioni è sospettato di essere un falso; 3. Alcune iscrizioni, nei casi fortunati, le possiamo leggere soltanto attraverso calchi e talvolta soltanto attraverso apografi realizzati nel ’700 e per lo più nell’800. Come si può osservare, ad esempio, nel caso delle gemme a Fig. 65 (Figg. 65a-b) oppure a Fig. 117 (Figg. 117a-b), i due apografi della stessa iscrizione sono completamente differenti uno dall’altro. Questo dovrebbe mettere in guardia circa valutazioni relative alla grafia delle iscrizioni che non possiamo osservare direttamente. 4. La paleografia delle iscrizioni può essere soggetta a molteplici varianti legate alla durezza della materia pri-

considerazioni sugli aspetti epigrafico-linguistici e sulle loro connessioni sociali ma, allo strumento utilizzato per l’incisione, alla ridotta dimensione dell’oggetto, alla difficoltà di mantenerlo saldo durante l’incisione, ad eventi accidentali (spostamento durante l’incisione, ecc…). Per tutti questi motivi non ci è sembrato opportuno inserire nella scheda di catalogo di ogni singola gemma la voce “Grafia”e trattare dell’aspetto paleografico di ogni singola iscrizione. Troppi elementi di incertezza sono presenti, soprattutto quando si ha a che fare con gemme che non è stato possibile visionare direttamente e con gli strumenti tecnici idonei (quanto meno un microscopio) e in totale assenza di fotografie di dettaglio. Per tutti questi motivi si è ritenuto di non essere nelle condizioni di poter affrontare con la dovuta scientificità il dato paleografico. Si possono pertanto delineare semplicemente delle caratteristiche “di massima”. Le caratteristiche paleografiche delle iscrizioni che accompagnano le immagini presenti sulle gemme sembrano rinviare nella maggioranza dei casi ad ambito meridionale; le iscrizioni con marche ortografiche settentrionali sono poche.1 Le iscrizioni di marca settentrionale, allo stato attuale sembrano essere: Fig. 22, da Falerii Veteres, Fig. 23 da Chiusi, Fig. 32 da Tarquinia, Fig. 72 (?), Fig. 96, Fig. 120, Fig. 124, Fig. 125 (?), Fig. 129, Fig. 130, Fig. 131 (?). Alcune delle ultime gemme citate, come si deduce dal Catalogo, erano in collezioni formate a Volterra. L’iscrizione a Fig. 32, con la raffigurazione di Sethlans, già letta sethlans´ (et) reca la didascalia S´ethlans´ con grafia settentrionale, e, strano a dirsi, proviene proprio da Tarquinia. Questo dato è importante, e ne parleremo ancora nelle Conclusioni, perché pone in evidenza che il luogo di rinvenimento della gemma può non avere relazione con le norme grafiche dell’iscrizione presente su di essa. La grafia dell’iscrizione denota soltanto la “formazione” culturale di colui che l’ha apposta. Come già abbiamo avuto modo di sottolineare, è altamente probabile che le iscrizioni fossero apposte direttamente dall’incisore della gemma, ma non è del tutto escluso che si trattasse di persona diversa all’interno della medesima officina; inoltre l’iscrizione poteva essere apposta in un secondo momento, magari in un’altra città, diversa dal luogo di produzione dell’oggetto. Infine non sappiamo se i caratteri paleografici dell’iscrizione rispecchino i “modi scrittori” in uso da parte dell’incisore o se l’incisore si limitasse ad incidere sulla gemma un testo predisposto da altri, e dunque con altri “modi scrittori”. Nel caso delle iscrizioni che possiamo fortunatamente osservare direttamente sull’oggetto, le loro caratteristiche paleografiche incidono relativamente, a mio modo di vedere, nell’inquadramento complessivo della gemma: se si tratta di un’iscrizione palesemente meridionale o settentrionale, ciò non vorrà necessariamente indicare una realizzazione della gemma in ambito meridionale o settentrionale, poiché l’iscrizione potrebbe essere stata aggiunta in seguito. 1 Martelli 2000, pp. 460-461 cita [atr]s´te, herkle, kukne, sethlans´.

Fig. c. Courtesy of © The British Museum-London.

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Fig. d. Da Babelon 1896, fig. 3483.

4. Incisori e lettori Lo studio dimostra che l’uso delle gemme iscritte è stato limitato dal parametro sociale. Questo sembrerebbe dimostrato dal fatto che le gemme con iscrizioni etrusche sono un numero molto ridotto a fronte del grande numero di esemplari etruschi finora rinvenuti. Probabilmente solo le persone socialmente più importanti, nobili o le persone che ricoprivano alte cariche politiche e religiose possedevano gemme con iscrizioni. Pertanto il gruppo sociale di pertinenza appare essere quello più elevato, sia in età arcaica che recente, con una prestigiosa posizione politica, religiosa e, naturalmente, economica. Gli incisori: che cosa sappiamo degli incisori di gemme nella cultura etrusca? Quasi nulla, ma lo sforzo di scoprire qualcosa su di loro, forse, non è stato vano. Non possiamo essere sicuri che coloro che intagliavano le gemme fossero le stesse persone che incidevano le iscrizioni su di esse. Ma, alcuni errori nelle iscrizioni potrebbero far ipotizzare che gli autori delle iscrizioni non fossero professionisti della scrittura, cioè che non fossero dei veri scribi. Quindi, è probabile che le iscrizioni fossero realizzate dagli incisori di gemme che lavoravano nel laboratorio. Nonostante il parere discordante di G. Richter, secondo la quale si tratterebbe di un carpentiere,2 ci sembra che sia possibile individuare l’immagine di un incisore di gemme etrusco (Figg. c-d) su una gemma del British Museum da Cortona,3 dell’ultimo quarto del v secolo a.C. L’uomo è raffigurato mentre lavora con un trapano fissato ad un arco (a forma di arco di violino) su un supporto ligneo (un piccolo buffet, secondo la Richter).4 Sorregge l’arco con la mano sinistra e con esso imprime un movimento rotatorio alternato al trapano tenuto in posizione verticale con la mano destra. Vicino al “mobi2 Richter 1968, p. 192, n. 771. Per l’identificazione come incisore di gemme vedi già Babelon 1896, p. 1496, fig. 3483. 3 Londra, British Museum, n. inv. 1872.6-4.1155, da Cortona, Collezione Castellani; Richter 1968, p. 192, n. 771, con bibl. cit.; Zwierlein-Diehl 2007, pp. 90, 316, 391, tav. 79.337. 4 Richter 1968, p. 192, n. 771.

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capitolo v

Fig. e. Da Zwierlein-Diehl 2007, tav. 221.959-960.

letto” che funge da supporto per il suo lavoro, è un lungo strumento a forma di stelo, che si potrebbe identificare con una porzione di arco (forse di ricambio, in caso di rottura o danneggiamento di quello in uso…). M. Torelli ritiene che la gemma raffiguri un falegname con trapano.1 Recentemente, sulla scia di altri studiosi, anche E. Zwierlein-Diehl ha espresso perplessità sull’identificazione di questa figura con un incisore di gemme: la studiosa ritiene altamente improbabile che l’uomo, in un tempo in cui la panca da lavoro era in uso, fosse raffigurato in piedi. Si tratterebbe pertanto di un carpentiere o falegname.2 La 1 Torelli 2002, pp. 111, nota 82, 113, fig. 37. 2 Zwierlein-Diehl 2007, p. 316.

Maaskant-Kleinbrink ha posto in evidenza che non è chiara l’azione compiuta dall’uomo, ciò se stia incidendo una gemma o se stia praticando un foro come carpentiere; tuttavia l’identificazione con l’incisore di gemme sembra possibile poichè l’arnese utilizzato dall’uomo è raffigurato su uno scarabeo etrusco.3 Questo tuttavia, come ha giustamente sottolineato la Zwierlein-Diehl, non ci sembra un buon motivo: sulle gemme sono raffigurati artigiani intenti alle più varie attività.4 Se prescindiamo dalle gemme che rappresentano l’artefice mitico, cioè Taitle, si possono citare, ad esempio,5 lo scarabeo di agata a fasce da Populonia con il fabbro nell’atto di realizzare un elmo6 e la sardonica con un fabbro con martello, uno scarabeo con un artigiano intento ad utilizzare uno strumento semicircolare dotato di ali,7ed uno con un carpentiere che lavora con l’ascia su assi di legno.8 Il motivo che sembra invece più ragionevole è che la raffigurazione del trapano ad archetto mostra delle affinità con il trapano ad archetto raffigurato sulla stele funeraria di età romana imperiale (ii sec. d.C.) del ‰·ÎÙ˘Ï˘ÏÔÎÔÈÏÔÁχÊÔ˜ Doros di Sardi (Fig. e) rinvenuta a Philadelphia (Alas¸ehir) in Lidia (Asia Minore).9 Inoltre le piccole dimensioni dell’arco portano a non escludere del tutto l’ipotesi che il tipo di arco raffigurato sulla gemma da Cortona possa essere un arco speciale per trapano utilizzato per incidere gemme e non un arco del tipo comune per legno, cioè da carpentiere. Se l’incisore teneva la gemma, l’arco lavorava in verticale, altrimenti l’arco veniva fissato al piano di lavoro.10 Proprio a questa gemma da Cortona, a nostro avviso, sembra faccia riferimento M. Martelli quando parla di un «intagliatore di gemme, intento all’opera con il suo trapano azionato da un archetto, che si propone come esplicitamente autoreferenziale, valorizzando il livello e la professionalità della categoria di appartenenza».11 Per quanto riguarda la Grecia sappiamo che gli incisori di gemme potevano avere una posizione molto “delicata” riguardo al reato di frode: lo dimostra una legge di Solone, degli inizi del vi sec. a.C., riportata da Diogene Laerzio (i, 57), che vieta agli incisori di gemme di conservare il calco delle loro opere.12 Di alcuni incisori è noto il nome dalle fonti antiche: Mnesarco di Samos, il padre del filosofo Pitagora, era ‰·ÎÙ˘ÏÈÔÁ‡ÊÔ˜ (Diogene Laerzio viii,1); inoltre sappiamo che Theodoros di Samos, figlio di Telekles, incise un anello per Policrate (Hdt., iii, 40-41).13 Il famoso sigillo di smeraldo incastonato in un 03 Maaskant-Kleibrink 1989, pp. 189, 191, fig. 1. 04 Zwierlein-Diehl 2007, p. 391. 05 Per le altre attestazioni, Torelli 2002, pp. 111, 118. 06 Zazoff 1968, p. 78, n. 124, tav. 27.124. 07 Zazoff 1968, p. 79, n. 129, tav. 28.129. 08 Zazoff 1968, p. 84, n. 151, tav. 31.151. 9 Richter 1968, pp. 4-5, fig. a, con bibl. cit.; Maaskant-Kleibrink 1989, p. 189; Zwierlein-Diehl 2007, tav. 221.959-960. Sul trapano ad archetto vedi anche Devoto 2003, p. 352. 10 Hansson 2005, pp. 76-77, figg. 17-18. 11 Martelli 2000, p. 459. 12 Richter 1968, pp. 2, 45. 13 Babelon 1896, p. 1472, con bibl. cit. Sull’anello di Policrate: Seltman 1958.

considerazioni sugli aspetti epigrafico-linguistici e sulle loro connessioni sociali

Fig. f. Da Pannuti 1975, fig. 3.

anello d’oro fu gettato da Policrate in mare dietro consiglio di Amasi, re d’Egitto; Policrate venne di nuovo in possesso dell’anello, poiché ingoiato da un pesce a lui donato da un pescatore. Sembra molto probabile che nel Pinarius Cerialis di Pompei, del quale conosciamo la casa (Regio iii,4,4) ed il luogo di lavoro vada identificato proprio un gemmarius romano: nella sua casa di Pompei,1 in un angolo dell’oecus (Fig. f ) sono state trovate 114 gemme lisce e incise, tra le quali 24 intagli e sei cammei e alcuni strumenti in ferro (un piccolo coltello e alcuni bulini). A questa abitazione-luogo di lavoro si è potuta aggiungere, in anni piuttosto recenti,2 la Casa del Gemmarius di Pompei su via Nocera (ii,9,9): in essa sono state trovate 14 pietre in due scatole, alcune intagliate, altre no, tre bulini ed una scatola di legno contenente della pece utilizzata forse per tenere ferme le gemme durante la lavorazione.3 Una bottega riferibile ad un gemmarius secondo il Maiuri, o meglio, ad un anularius secondo la Scatozza Höricht, è stata rinvenuta ad Ercolano allineata ad altre botteghe a ridosso della Palestra. In essa sono stati rinvenuti uno stiletto, due paia di pinzette e due strumenti definiti come chirurgici,4 ma che, secondo la studiosa, potrebbero eventualmente essere anche arnesi del mestiere di un tal artigiano. Per quanto riguarda lo status sociale del gemmarius Pinarius Cerialis ci possiamo avvalere di alcune considerazioni di Andrzej Łos´: era un affrancato, che faceva parte di quel gruppo di liberti, categoria socio-giuridica priva di obiettivi politici, che chiamava gli elettori ad eleggere i loro ex domini o le persone con le quali avevano rapporti di clientela (cil iv, 1016: cliente di Q. Postumius Proculus). Sembra che, come gli altri liberti, svolgesse l’attività di agente del candidato per la magistratura principale. Ad un Cerialis (probabilmente proprio Pinarius) ci si rivolge con la preghiera di votare per C. Lollius (Fuscus) 1 Pannuti 1975, pianta della casa a p. 179, fig. 1; angolo della casa dove sono state trovate le gemme, fig. 3; bulini in ferro, figg. 38-40. Da ultima vedi De Grummond 2010, p. 18, con bibl. cit. 2 Scatozza Höricht 1989, p. 102. 3 De Grummond 2010, p. 19, con bibl. cit. 4 Scatozza Höricht, pp. 102-103, con bibl. cit.

Fig. g. Da Cateni 2004, fig. a p. 23.

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Fig.h. Courtesy of © The British Museum-London.

Fig. i. da limc vii, 1994, Telephos 46.

(cil iv, 7670).5 A tale proposito occorre menzionare la tesi del Pannuti secondo la quale Pinarius Cerialis era subordinato sul piano economico ad un padrone agiato che gli forniva delle pietre grezze e che le riprendeva una volta che il gemmarius le avesse lavorate.6 Forse possiamo ricostruire qualche informazione anche sullo status sociale di due incisori di gemme etrusche, ma, in base ai pochi dati in nostro possesso non siamo ancora in grado di stabilire se si tratti di Etruschi che lavoravano sotto l’influsso straniero oppure di stranieri che lavoravano in Etruria. Come abbiamo già detto, lo scarabeo etrusco in corniola del Museo di Volterra (Fig. g; Fig. 139), con la figura di un guerriero armato di elmo, lancia, scudo e schinieri, reca l’iscrizione §Y™AN¢PO™, un nome greco (attico). Si tratta della firma di un artigiano etrusco, a nostro avviso, che ha voluto copiare la firma di un artigiano greco sulla sua gemma. Come già detto, è confrontabile con uno scarabeo greco da Tharros (Fig. h). Nel secondo caso lo scarabeo in onice (Fig. i; Fig. 138) della seconda metà del iv sec. a.C.7 dal ripostiglio di Satyrion (Saturo - Taranto), raffigurante un guerriero 5 Łos´ 1987, pp. 854, nota 36, 855, 856, nota 50. 6 Pannuti 1975, pp. 178-179; Łos´ 1987, p. 854, nota 36. 7 Lo Porto 1977, p. 500. tav. 57.3; Krauskopf et alii 1995, p. 123, n. 993a, con bibl. cit., tav. 3.993; limc vii, 1994, Telephos 46.

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capitolo v

Fig. l. Disegno, da Martelli 1981.

con lancia e spada e uno scudo a terra, reca l’iscrizione 1TH2§EºO™, da intendersi come una legenda poiché congruente con l’immagine. Nel ripostiglio sono state rinvenute anche monete d’argento del iv secolo (di Taranto, Turi ed Heraclea), monete d’oro dell’età di Alessandro il Molosso e due orecchini d’oro con testa di leone. Lo scarabeo con l’iscrizione greca 1TH2§EºO™ potrebbe testimoniare la presenza di artigiani etruschi in Puglia, a contatto con persone di lingua greca.1 Le iscrizioni sulle gemme, dunque, in generale, sono state fatte da incisori di gemme che forse non erano completamente alfabetizzati e soltanto in rari casi avevano una buona padronanza della scrittura. Erano in grado di incidere l’iscrizione sulla gemma come una scrittura “speculare”, o di copiare l’iscrizione “speculare” scritta da qualcun altro (forse dall’acquirente, o da uno scriba che lavorava in officina o dal padrone dell’officina) su un altro supporto. Nella prima metà del v secolo a.C., la produzione di scarabei etruschi diventa su vasta scala e vengono incise le prime iscrizioni sugli scarabei. In questa epoca gli incisori di gemme probabilmente non lavorano più solo per una diretta committenza da parte di un dinasta, com’era accaduto, ad es., a Murlo. Nel complesso palaziale di Poggio Civitate infatti sono stati rinvenuti, com’è noto, due sigilli-pendagli in serpentino verde,2 uno opistografo, decorato con un leone androfago e con una figura virile danzante e l’altro, connesso agli animal seals, con due leoni azzannanti un cinghiale e base ovale decorata con figure zoomorfe.3 Questo legame tra gli artigiani e membri dell’aristocrazia prosegue ancora nel vi sec. a.C. com’è documentato anche dal già citato pendaglio-sigillo configurato a leprotto in osso conservato a Göttingen4 con iscrizione mi larthia xulnas´ “io (sono il segno) di Larth Xulna” (Fig. l). Nel processo di strutturazione urbana anche l’intaglio di pietre 1 Vedi, ad esempio, Ambrosini 2009a e Ambrosini 2010. 2 Phillips 1978. 3 Phillips 1978; Martelli 2000, pp. 456-457, fig. a p. 456. 4 Martelli 1981; Martelli 2000, p. 457. L’iscrizione, spiraliforme, termina con la raffigurazione di un insetto. Attribuito a produzione chiusina, si data alla seconda metà del vi sec. a.C.

dure acquista una sua fisionomia più specifica ed autonoma; nascono botteghe destinate a creare oggetti di lusso per le élites cittadine dominanti, certamente allargate rispetto all’aristocrazia di epoca orientalizzante.5 Non conosciamo il rapporto tra la persona che commissionava la gemma con l’iscrizione e l’incisore, ma è possibile che l’acquirente scegliesse il tema e che, essendo di rango sociale più elevato sapesse anche leggere e scrivere, chiedesse poi all’incisore di incidere sulla gemma un testo da lui predisposto. I lettori: Chi erano i lettori delle iscrizioni presenti sulle gemme? I primi lettori delle iscrizioni erano, ovviamente, gli acquirenti delle gemme, che erano sia coloro che ne diventavano i proprietari sia coloro che le avevano acquistate per farne dono. Le gemme con iscrizioni erano oggetti di prestigio per chi sapeva leggere, ma non necessariamente scrivere. Le persone di alto rango potevano infatti apporre il proprio sigillo ad un testo scritto da uno scriba. È nota a questa quota cronologica l’esistenza di scribi operanti al servizio delle classi sociali più elevate.6 Dal racconto di Livio (Livio, ii, 12) sappiamo che lo scriba del re Porsenna aveva un abbigliamento ed una dignità pari a quelle del suo sovrano al punto che Muzio Scevola lo uccide per errore al suo posto: «Ubi eo venit, in confertissima turba prope regium tribunal constitit. Ibi cum stipendium militibus forte daretur et scriba cum rege sedens pari fere ornatu multa ageret eumque milites volgo adirent, timens sciscitari uter Porsinna esset, ne ignorando regem semet ipse aperiret quis esset, quo temere traxit fortuna facinus, scribam pro rege obtruncat».7 Difficile ci sembra, in mancanza di altri dati, vedere nei pochi esemplari con teonimi, delle gemme connesse a personaggi con incarichi religiosi. M. Torelli ha già evidenziato che in questo modo il possessore delle gemme poteva esprimere la sua forte devozione nei confronti di una specifica divinità; l’oggetto diveniva una sorta di talismano, capace di assicurare al possessore la tutela personale diretta della divinità prescelta. Tra le gemme con iscrizioni connesse a tematiche religiose, abbiamo, in ogni caso, la già citata gemma di Firenze (Fig. m), con l’iscrizione appius alce con la celebre rappresentazione di due Salii barbati velato capite, nell’atto di trasportare sei ancilia, decorati con spirali, appesi ad un palo. La figurazione è legata, com’è noto, alla tradizione latina dei sacerdoti-guerrieri danzanti. Secondo Torelli si tratterebbe di un’iscrizione di dono, scritta in etrusco da un latino. Il proprietario, un membro del collegio dei Salii, andrebbe identificato con Appio Claudio Cieco che ne avrebbe fatto dono a una persona legata a lui da rapporti di familiarità. Sappiamo che Appio Clau5 Martelli 2000, p. 457. 6 Colonna 1976; Briquel 1992. 7 «Arrivato lì (all’accampamento etrusco), si mescola nel fitto della folla di fronte al palco del re. Casualmente era giorno di paga per i soldati e c’era uno scriba, seduto accanto al re, vestito pressappoco come lui, al quale si rivolgevano quasi tutti i soldati e che era estremamente affaccendato. Siccome Muzio non voleva chiedere quale dei due fosse Porsenna (perché ignorando una cosa del genere si sarebbe smascherato), si affidò alla sorte e sgozzò lo scriba al posto del re».

considerazioni sugli aspetti epigrafico-linguistici e sulle loro connessioni sociali

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Fig. m. Da Gli Etruschi, p. 461, fig. a colori.

Fig. n. Da Gli Etruschi, p. 455, fig. a colori.

Fig. o. Da Emiliozzi Morandi 1986, tav. xiv.

Fig. p. Disegno, da cii 2578 ter.

dio è stato Salio fino ad età avanzata e quindi la gemma potrebbe riferirsi al suo ufficio sacerdotale. A questa classe si può anche attribuire la ben nota gemma con l’iscrizione natis (Fig. n), correlabile a nets´/svis´/s, comunemente interpretata come la parola etrusca che indica l’aruspice. Per gli incarichi politici e/o sociali (come lo scriba), possiamo citare l’importante gemma di Parigi con l’iscrizione apcar (Figg. o-p). In questa gemma, già studiata da Francesco Orioli,1 l’uomo seduto tiene in mano un oggetto che può essere interpretato, piuttosto che come una tavoletta2 del tipo noto da Marsiliana d’Albenga,3 come un dittico del tipo conosciuto dal relitto del Giglio,4 dal cippo Palermo5 (Fig. q), dallo stilo di Berlino da Orvieto6 (Fig. r), dalla

pittura sulla parete della Tomba degli Scudi di Tarquinia7 (Fig. s), dallo specchio da Bolsena8 (nelle mani di Artile) (Figg. t-u), o dai coperchi delle urne cinerarie volterrane9 (in mano al defunto) (Fig. v). Un meraviglioso dittico antico di questo tipo, in ebano e avorio africano, proviene dal relitto di Uluburun10 (di fronte alla Turchia). In ogni caso, il migliore confronto per la tavoletta presente sulla gemma di Parigi sembra essere quello con le tavolette scrittorie votive del tipo noto nel santuario del-

01 Orioli 1825. 2 Per le tavolette vedi Lafaye 1896. 03 Vedi fotografia a colori in Rasenna, p. 335, fig. 239. 04 Bound 1985, p. 67; Bound 1991, pp. 234-235, figg. 81-82, il probabile stilo in legno è raffigurato alla fig. 83; Cristofani 1992-1993 (1998), pp. 219-220, fig. 10. 05 Vedi fotografia a colori in Rasenna, p. 602. fig. 516. 06 Berlino, Antikensammlungen, n. inv. Misc 7265. H 16,4. Neuge-

bauer 1924, p. 88, tav. 44; Gehrig, Greifenhagen, Kunisch 1968, p. 33; Heilmeyer 1988, pp. 106, fig. 4, 107, n. 4; Bonfante 1990, p. 24, fig. 7 in alto; Etrusker in Berlin, p. 118, fig. 11.5 (fig. a colori). 07 Vedi fotografia a colori in Rasenna, p. 336, fig. 243. 08 Londra, British Museum, n. inv. 1873.0820.105, da Bolsena. es v, 127. Ambrosini 2006, pp. 208-209, 231, fig. 24, con bibl. cit.; fotografia a colori in Rasenna, p. 336, fig. 241. 09 cie 70; et Vt 1.106, da Volterra, tomba degli Cneuna, nel dittico è l’iscrizione ´setre cneuna a. titial.ril X IIII (vedi fotografia a colori nella copertina di Roncalli 1985); per l’urna vedi anche Cateni 1986, pp. 96-97, n. 109, fig. 109, con bibl. cit. 10 Cristofani 1992-1993 (1998), pp. 219-220, nota 41, con bibl. cit.; Pulak 2005, pp. 30-32.

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capitolo v

Fig. q. Da Rasenna, fig. 516.

Fig. r. Da Archaeologische Zeitung 1877, fig. 4 e da Etrusker in Berlin, fig. 11.5.

Fig. s. Da Rasenna, fig. 243.

la dea Reitia a Este,1 dove appaiono lettere dello stesso tipo (Fig. w). Mentre nelle tavolette da Este, le lettere so-

no comunemente interpretate come esercizi di scrittura, nella gemma le lettere sono state interpretate come numeri, poiché l’uomo prende in mano delle pedine da un tavolo e l’iscrizione apcar ci consente di collegare lui o la tavola con le pedine alla parola greca ô‚·Í o alla parola

1 Vedi, ad esempio, la celeberrima tavoletta in Italia omnium terrarum alumna, p. 54, fig. 61 (fig. a colori).

considerazioni sugli aspetti epigrafico-linguistici e sulle loro connessioni sociali

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Fig. t. Da es v, 127.

Fig. u. Da Rasenna, fig. 241.

latina “abacus”, l’abacarius o la tabula calculatoria. Nella gemma di Parigi, la tavoletta mostra coppie di lettere identiche, mentre nelle tavolette scrittorie di Este le lettere sono in una sequenza alfabetica consonantica o vo-

calica o, in un caso, abbiamo la prima e l’ultima lettera della sequenza alfabetica.1 Secondo lo Zazoff oltre alla gemma con iscrizione apcar, interpretata come “scriba”, esiste un’altra gemma, conservata a Firenze,2 che reca la raffigurazione di uno scriba, priva però di iscrizioni. Questa identificazione è stata accolta recentemente anche da Torelli.3 Si tratta di una pietra d’anello di corniola tagliata da uno scarabeo, attribuita dallo Zazoff allo stile libero tardo etrusco e sarebbe stilisticamente simile alla gemma con apcar. Vi è rappresentato un giovane con lunga veste seduto con

Fig w. Da Italia omnium terrarum alumna, p. 54, fig. 61 a colori.

Fig. v. Da Roncalli 1985 (copertina).

1 Cristofani 1988, p. 18. 2 Zazoff 1968, p. 193, n. 1200. Firenze, n. inv. 14393. 3 Torelli 2002, p. 111.

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capitolo v

una pisside in mano e di fronte a lui c’è un bastone. La raffigurazione presente sulla gemma di Firenze, verificabile poiché fortunatamente il Martini ne ha pubblicato il calco,1 sembra tuttavia, a nostro avviso, identica all’immagine di Epimeteo, confortata dalla presenza dell’iscrizione che funge da didascalia, così come la possiamo vedere, ad esempio, su una gemma di New York.2 Com’è noto, Epimeteo, “colui che apprende dopo, in ritardo”, fratello di Prometeo di cui era l’antitesi, si rese responsabile delle sventure dei mortali accogliendo la bella Pandora. Restano fuori dalla nostra trattazione, benché vi siano su di esse personaggi rappresentati nell’atto di scrivere, le già citate gemme con la raffigurazione cosiddetta del Caput Oli o della testa di Orfeo vaticinante3 poiché diffuse sulle più tarde gemme da anello.4 In queste gemme, legate a credenze che rimandano ai vaticini,5 la figura è rappresentata nell’atto di trascrivere con uno stilo su una tabula scrittoria (di vario tipo) le parole pronunciate da una testa oracolare che giace a livello del terreno. 5. Lo scopo “ sociale ” delle iscrizioni e della loro lettura Che scopo, per così dire, “sociale” avevano le iscrizioni etrusche presenti sulle gemme? La finalità primaria era mostrare l’eminente stato sociale del proprietario della gemma. Egli si vanta di essere 1 Martini 1971, tav. 10.1 = Z 1200 (Zazoff 1968, n. 1200). 2 Richter 1956, p. 56, n. 229, tav. 34.229; Martini 1971, pp. 39, 135, tav. 10.2. 3 Torelli 2002, p. 150, vedi fig. 108. 4 Torelli 2002, p. 150 cita tra le raffigurazioni del Caput Oli: Mar-

discendente da una famiglia che risale ai tempi mitici come il personaggio, oppure fa sfoggio di appartenere ad una gens, il cui nome è inciso sulla gemma, oppure di ricoprire, ad esempio, un ruolo religioso (natis) o incarichi politici e/o sociali (come lo scriba, apcar?). Le iscrizioni sulle gemme avevano almeno tre scopi sia simbolici che pratici: essere lette dai proprietari della gemma, essere mostrate dai loro proprietari alle persone che potevano leggerle, essere impresse su cera o altri materiali deperibili per lasciare il simbolo del proprietario della gemma. Ovviamente le immagini raffigurate sulle gemme trasmettevano altri messaggi insieme alle iscrizioni e con esse erano più immediatamente comprensibili. 6. La scrittura e la formazione dell ’ identità Se si analizzano in un excursus cronologico le formule onomastiche presenti sulle gemme che recano iscrizioni etrusche incise si osserverà che nella fase più antica predomina il nomen della gens, mentre nelle più recenti è presente anche il praenomen. Ciò riflette un fenomeno sociale, ben noto anche nelle iscrizioni etrusche attestate su altri tipi di supporto. Le formule onomastiche presenti nelle iscrizioni delle gemme evidenziano: 1) l’importanza di attribuire nomi etruschi ai personaggi del mito greco, scelti evidentemente come personaggi simbolo di un tempo mitico al quale far risalire le origini della propria gens 2) l’importanza della gens nella società e il ruolo svolto dal proprietario della gemma in essa, con i suoi incarichi politici o religiosi, ecc… tini 1971, pp. 132, n. 8, 134-135, n. 35, 135, n. 37, 136, nn. 49-50, 137, n. 65, 141, n. 111, 143, nn. 133 e 137, 146, n. 165, 148, n. 192, 149, n. 208. 5 Martini 1971, pp. 42-46; Micheli 1993, p. 153.

VI. C O NCLU S IO NI

V

eniamo alle conclusioni relative soprattutto alle iscrizioni etrusche con il nome del personaggio raffigurato (didascalie), che costituiscono la gran parte del dossier raccolto. Non intendiamo dilungarci sui valori etico-politici insiti nei temi raffigurati, peraltro già ampiamente dibattuti da Mario Torelli.1 Il sigillo, nella cui raffigurazione il proprietario trasmetteva la rappresentazione simbolica di sé stesso e della sua famiglia, pur apparendo libero da condizionamenti esterni e dunque “statali”, rientra, ci sembra, dall’epoca tardo arcaica in poi, in una sorta di circuito di standardizzazione. Gli intagliatori etruschi lavorano per una committenza che, a nostro avviso, sembra mostrare un forte interesse per il mito greco e per i suoi personaggi, le cui raffigurazioni aspira a possedere nel desiderio di associarsi al passato mitico greco. Come ha evidenziato Ingrid Krauskopf, il mito greco fornisce i temi alla maggior parte degli scarabei etruschi arcaici e classici.2 Si sceglieva come simbolo per una gemma un eroe che serviva a far risalire la propria ascendenza e, dunque la propria gens, se non proprio a quello specifico eroe, almeno al tempo mitico.3 Oltre alla recezione di schemi iconografici del tutto simili a quelli greci, utilizzati per raffigurare i medesimi episodi mitologici, si assiste anche, come hanno posto in evidenza sia J. Boardman che I. Krauskopf, all’uso di stock-figures, cioè di figure-base tratte dal repertorio iconografico greco o per rappresentare gli eroi per i quali non si disponeva di modelli etruschi oppure per i quali gli incisori non potevano reperire un’ambientazione tale che li rendesse chiaramente identificabili.4 Si sceglievano delle figure, per così dire, seriali, alle quali era aggiunta la didascalia con il nome del personaggio, che altrimenti sarebbe stato identificabile soltanto in scene più complesse, con un maggior numero di persone, impossibili da riprodurre nello spazio ristretto della gemma. Stranamente, nelle rarissime scene a più personaggi, pensiamo alla splendida Gemma Stosch (vedi Fig. 66), non c’è un uso selettivo delle figure. Come ha sapientemente illustrato la Krauskopf in varie occasioni,5 nella scena manca proprio Capne, l’eroe preferito negli scarabei; ciò sarebbe dovuto non a motivi di spazio, cioè all’esclusione di figure che, in un ipotetico modello greco sarebbero state collocate ai margini, ma ad una cosciente scelta dell’artigiano etrusco che avrebbe “inventato” la scena. L’attenzione è focalizzata non sui personaggi, ma sull’atmosfera funesta che avvolge la partenza dei Sette e che lascia presagire l’esito infelice dell’impresa. L’uso di stock-figures, potrebbe forse rendere ragione della scarsa incidenza delle gemme etrusche che recano 1 2 3 4 5

Vedi Torelli 2002. Krauskopf 1999, p. 418. Rizzo 1985, p. 222; Krauskopf 1999, p. 414. Krauskopf 1999, p. 413. Cito qui Krauskopf 2000b, p. 506.

la raffigurazione di divinità con il teonimo inciso e del maggior numero, invece, di quelle analoghe con figure eroiche e semidivine come Hercle o Castur, dalle quali l’uomo mortale poteva vantare una più diretta discendenza. Si tratta, peraltro di figure protettrici e benefiche che simboleggiano la felicità, poiché pur essendo mortali, avevano ottenuto l’immortalità nell’al di là. Della maggior parte degli scarabei con iscrizioni etrusche non conosciamo nello specifico il contesto di rinvenimento, pertanto la datazione stilistica non ci aiuta nel mettere in sequenza i temi raffigurati. Un rapido sguardo all’excursus cronologico delle nostre gemme consente poche rapide riflessioni, poiché la maggior parte degli esemplari può essere compresa nello stile severo (480-430 a.C.): nelle gemme più antiche troviamo un solo esempio degli animali prediletti negli scarabei greci arcaici e nell’arte etrusca in generale, la leonessa (o il leone) (vedi Fig. 1), nello stile tardo arcaico abbiamo alcuni scarabei con raffigurazione di divinità. Tranne rarissimi casi che hanno bisogno, a nostro avviso, di essere ancora indagati a fondo, in generale si può affermare che le iscrizioni sembrano adattarsi perfettamente alle figure. L’esame condotto ha consentito di verificare che si assiste ad un quadro di dipendenza di massima dal dossier iconografico greco per quanto riguarda alcuni schemi iconografici. A parte la leonessa già citata, sono molto utilizzati nelle gemme etrusche iscritte alcuni schemi iconografici in uso nella glittica greca: il guerriero ferito in atto di cadere (con le sue varianti), l’atleta con lo strigile, l’arciere o l’atleta rannicchiato e l’uomo con il cane. Lo studio ha evidenziato che, pur nella dipendenza di massima dal dossier iconografico greco, in ambito etrusco si assiste a forti e spesso violente deviazioni sia nella scelta degli attributi dei personaggi, che in quella degli episodi mitici che li vedono protagonisti. La maggior parte delle figure ci sembra selezionata, circoscritta e legata proprio ad un aspetto particolarmente caratterizzante la società etrusca dal punto di vista socio-politico, quale la religione, con tutto ciò che ad essa è connesso, i sacrifici, le pratiche divinatorie e le credenze oltremondane. Ciò appare chiaro nella scelta di alcuni temi documentati più volte. Ci riferiamo in particolare alla raccolta dell’acqua dalla fonte, presente in almeno dieci delle gemme con le didascalie e con la raffigurazione di Castur, di Hercle e di Ataiun. Un altro tema ben attestato è quello di Pele che si lava i capelli presso un labrum. Ci domandiamo se, alla luce del ruolo rivestito dall’acqua nel culto e delle attestazioni sopra menzionate relative alle fonti di acqua, non sia peregrino vedere in queste scene un richiamo ad una purificazione cultuale. Difficile stabilirne l’occasione poiché potrebbe riguardare, ad esempio, almeno una delle due malefatte compiute da Pele: l’uccisione del fratellastro Foco e quella del proprio ospite Eurizione. Vi sono altre raffigurazioni che si discostano sempre dagli schemi icono-

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capitolo vi

Fuori carta: Siracusa 1 Cipro 1 Corinto 1 Fig. z. Carta di distribuzione delle gemme etrusche iscritte (elaborazione di Laura Ambrosini da Gli Etruschi, p. 98).

grafici greci e riguardano Uthuz/se e il sacrificio prima della Nekyia. In ambito etrusco la scena è più brutale e sembra quasi naturale immaginare che per un Etrusco la vittima squartata fosse un richiamo evidente alla pratica dell’aruspicina. Per ultimi non si possono non citare gli esseri alati.1 Elina invece di essere raffigurata come la donna celebre per la sua bellezza e per ciò contesa, appare intenta a svolgere un’azione di culto: pone dei grani di in-

censo su un thymiaterion. La presenza delle ali in un essere chiaramente mortale (anche se qualche fonte letteraria accenna alla nascita da Zeus e Nemesi invece che da Zeus e Leda), sembra chiaramente indicare che Elina fa da tramite tra mondo terreno e quello divino. Una breve notazione anche sul modello linguistico greco: Eva Fiesel, sottolineava come le iscrizioni presenti nella glittica etrusca aderissero linguisticamente ai

conclusioni modelli greci (vedi atalanta, athreste) maggiormente di quelle incise sugli specchi.2 Giacomo Devoto3 nella recensione al volume della Fiesel evidenziava invece che il fenomeno della sincope si trova anche nelle iscrizioni presenti sulle gemme (vedi capne e achle). Come si è già rimarcato, la maggioranza di questi scarabei con iscrizioni con il nome del personaggio raffigurato sono, purtroppo, privi di provenienza. Le poche provenienze note (Fig. z) indicano tra i centri con maggiori attestazioni Chiusi con 12 esemplari, Tarquinia con 8, Vulci con 5, Perugia con 4, Populonia e Falerii Veteres con 2, Cortona, Orvieto, Bolsena, Pitigliano, Tuscania, Siracusa (?) e Cipro (?) con 1 esemplare. Le poche provenienze, a fronte dell’elevato numero di gemme etrusche con didascalie, sono tuttavia utili ad evidenziare come il fenomeno di circolazione o, se vogliamo, di maggiore attestazione, sia, in sostanza, bipolare: da un lato, abbiamo Chiusi e dall’altro Tarquinia. La localizzazione etrusco-meridionale degli ateliers d’intaglio, ipotizzata da Zazoff a Cerveteri o Vulci, anche se la Martelli ritiene più plausibile, ci sembra a ragione, Tarquinia, è suffragata non solo dallo stile e dalla distribuzione degli scarabei, ma anche dalle caratteristiche paleografiche delle iscrizioni, che ne accompagnano le immagini. Secondo M. Martelli «i pochissimi testi con marche ortografiche settentrionali ([atr]s´te, herkle, kukne, sethlans´) potrebbero, sempre congetturalmente, ricondursi a Chiusi, che detiene una non trascurabile aliquota di attestazioni».4 Proprio l’ultima gemma citata, con la raffigurazione di Sethlans (vedi Fig. 32), che reca la didascalia ´sethlans´ con grafia settentrionale, strano a dirsi, proviene proprio da Tarquinia. La provenienza non è generica: è stata rinvenuta il 3 maggio 1889 nella tomba a camera n. 107 nella necropoli dei Monterozzi, Secondi Archi-Arcatelle, situata vicino alla Tomba delle Bighe. Come abbiamo già anticipato, il dato è interessante perché ci fa capire, com’era prevedibile, che il luogo di rinvenimento può non avere relazione con le norme grafiche delle iscrizioni. Si vuole concludere menzionando il personaggio Larth Caicnas, noto dall’iscrizione di una pietra (sepolcrale secondo Rix, ET), scolpita in forma di scarabeo rinvenuta nell’area della città di Orvieto.5 A tale riguardo si può ricordare l’uso egizio di raffigurare con grandi sculture rappresentanti scarabei il dio Khepri, associato alla rinascita e al sole che sorge (Fig. B). Questo studio è stato l’occasione per ampliare la lista delle attestazioni delle iscrizioni etrusche presenti su gemme, per recuperare illustrazioni di gemme poco note, quasi tutte disperse; ciò ha fornito lo spunto per procedere all’identificazione di gemme disperse (in alcuni casi da qualche secolo...) e di proporre nuove letture delle iscrizioni etrusche. In alcuni casi, come per le gemme Figg. 9 e 10, si ritiene di essere riusciti, con una buona probabilità, a rintracciare il 1 2 3 4 5

Vedi già Krauskopf 1999, p. 417. Fiesel 1928, p. 32. Devoto 1928, p. 655. Martelli 2000, pp. 460-461. Morandi Tarabella 2004, pp. 102-103, n. lxxxiv.2.

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Fig B. Scarabeo, scultura colossale dal tempio del dio Khepri, ad Heliopolis. Fotografia di Laura Ambrosini, Courtesy of © The British Museum - London.

modello e la probabile copia: vi è infatti un’alta probabilità che la pasta vitrea Fig. 9 sia stata realizzata mediante un calco dalla gemma Fig. 10. Va poi sottolineata la presenza nel catalogo dello scarabeo d’agata Fig. 16 con l’importantissima iscrizione aithna, già inserita tra le gemme considerate greco-occidentali. Utile ai fini dello studio della glittica antica, ma non solo, ci sembra l’aver ritrovato varie gemme disperse e nuovi documenti iconografici e di archivio relativi ad altre gemme. Lo scarabeo di corniola (sardonica secondo Murray) (Fig. 8) conservato a Londra, British Museum (ex Blacas 2526) e del quale si possedeva soltanto il disegno di Micali pubblicato nel 1832 era stato finora erroneamente identificato con lo scarabeo Fig. 7, anch’esso conservato al British Museum. La seconda gemma dispersa che si è potuta ritrovare nel British Museum è uno scarabeo con l’immagine di Pele (Fig. 87) già nella Collezione Alessandro Castellani, acquistato dal British Museum nel 1872, appartenuto a Fanelli di Chiusi, da identificare forse con quello della Collezione Casuccini. La terza importante gemma, che, negli ET non compare nella lista delle gemme iscritte, ma in altra posizione,6 è quella con Hercle musagete già nella Regia Dattilioteca Medicea (il cui disegno fu pubblicato dal Gori nel 1727) conservata a San Pietroburgo nell’Ermitage. Una quarta gemma è quella Fig. 19 della quale si è riusciti a rintracciare il contesto di appartenenza. Un ultimo tassello utile allo studio delle gemme può essere, a nostro avviso, l’analisi iconografica che può aiutare non solo nell’identificazione della scena, ma nell’eventuale ipotesi di lettura di iscrizioni altrimenti destinate ad essere indecifrabili o giudicate semplicisticamente “false” (etrusche, greche o latine che siano). Questo breve resoconto evidenzia quanto sia utile ave6 et oa 2.61, p. 338.

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capitolo vi

re un quadro archeologico d’insieme nello studio dei manufatti iscritti, svincolandosi dal mero approccio epigrafico e linguistico, che pur costituendone la base, non può, come spesso accade, esserne anche il fine. Gli aspet-

ti tecnologici, quelli iconografici, stilistici e la storia del collezionismo ci aiutano moltissimo a gettare luce su dati molto importanti, che altrimenti non potremmo mai attingere.

VII. GLO SSARIO DEI TE R M INI TECNICI RELATIVI ALLA LAVO R A ZIO NE DE L L E GE M M E Finissaggio: Nei processi di produzione, fase finale consistente in operazioni di rifinitura spesso eseguite a mano o con attrezzature semplici. Con riferimento alla lavorazione delle gemme, operazione di rifinitura realizzata forse a mano libera anche se non si può escludere l’ipotesi dell’uso di piccole mole o frese alimentate da spoltigli finissimi e munite di “cuffie” in pelle. Graffiatura: Segno che rimane su una superficie graffiata. Con riferimento alla lavorazione delle gemme, preparazione con punta minerale finissima dell’area destinata alla decorazione in modo che la punta del trapano poi possa fare presa. Graffito: Disegno tracciato mediante incisione su una superficie dura. Con riferimento alla lavorazione delle gemme, disegno tracciato a mano libera con schegge minerali molto dure. Intaglio: Arte e tecnica dell’intagliare. Con riferimento alla lavorazione delle gemme, consiste nell’intagliare la pietra a mano libera, a trapano o con tecnica mista. Nell’intaglio a mano libera si utilizzano schegge, microbulini litici o taglioli metallici, con punte metalliche lignee o ossee immanicate, costantemente alimentate da paste abrasive. Nell’intaglio con trapano ad archetto si usavano punte litiche e soprattutto metalliche fissate su asticciole di legno od osso. Nella tecnica mista dell’intaglio c’è l’uso combinato delle due tecniche. Lucidatura: Azione e risultato del lucidare. Con riferimento alla lavorazione delle gemme, azione di lucidare la superficie con punte sottilissime e paste abrasivo-lucidanti per creare con il trapano (durante l’incisione) degli autentici effetti di chiaroscuro, per aumentare il contrasto plastico di alcune parti rispetto ad altre lasciate opache. Molatura o sfaccettatura: Azione e risultato del molare (arrotare, lisciare, levigare con la mola). Con riferimento alla lavorazione delle gemme, smussamento ed arrotondamento. Perforazione: Azione, risultato e modo del perforare. Con ri-

ferimento alla lavorazione delle gemme, realizzazione di un foro pervio nel senso della lunghezza nel quale veniva fatto passare un filo metallico che veniva fissato alle estremità del cerchio che costituiva l’anello. Polimento: Azione e risultato del polire (lisciare, rendere liscio). Con riferimento alla lavorazione delle gemme, lucidatura finale (finissaggio lucido) interno e/o esterno. Sbozzatura o sgrossatura: Operazione iniziale di foggiatura di oggetti, prima di essere lavorati. Con riferimento alla lavorazione delle gemme, azione che consiste nel conferire un abbozzo di forma alla futura gemma. Per i litotipi a grana finissima e non sfaldabili si adottava la procedura del distacco progressivo per pressione o percussione di piccole schegge marginali o periferiche seriate (una sorta di “ritocco”) fino a raggiungere la forma e le dimensioni volute. Scheggiatura: Azione che consiste nel far saltare via da un corpo una o più schegge. Con riferimento alla lavorazione delle gemme, azione che consiste nella frantumazione della materia prima prescelta in vario modo: scissione di un nucleo grezzo per il distacco di un frammento idoneo tramite scheggiatura preliminare a percussione libera, o guidata (su incudine a cuneo o “lama”) o a “pressione istantanea” (mediante percussore intermedio). Schizzo: Disegno abbozzato. Con riferimento alla lavorazione delle gemme, abbozzo preliminare realizzato a mano libera. Spoltiglio: Polvere di smeriglio più o meno sottile usata per levigare, lucidare le pietre. Taglio: Azione del tagliare. Con riferimento alla lavorazione delle gemme, azione che consiste nell’azione di segare litotipi di durezza medio-bassa, con “lame” sottili di selce o diaspro, finemente ritoccate a dentellatura, e poi a percussione con uno scalpello o cuneo. Per litotipi di durezza maggiore si utilizzavano “lame” lisce (più spesso lignee, ossee e più tardi anche metalliche) associate ad abrasivi selezionati in polvere.

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INDICE D ELLE IS CR IZIO NI E TRU S CH E a

v

a: vedi v. tes´es. a: n. 8, p. 77; p. 99. a: vedi a these: n. 104, pp. 65-66. achale: vedi aivas; achale: n. 55, p. 42. achele: n. 49, p. 39. achele; utuze: n. 53, pp. 40-41. achele; utus[e]: n. 54, p. 42. achersie vetus: n. 2, p. 74; p. 98. achile: n. 46, p. 37; n. 47, pp. 37-38; p. 91. [a]chile: n. 41, p. 36; p. 91. achle: n. 43, p. 36; n. 45, p. 37; n. 50, pp. 39-40; n. 51, p. 40; n. 52, p. 40; pp. 90-91. achl[e]: n. 42, p. 36. a(ch)le: n. 44, p. 36. aciles: n. 48, pp. 38-39; p. 91. avi: vedi vv avi: n. 12, p. 82; pp. 101-102. aivas: n. 58, pp. 43-44. aivas; achale: n. 55, p. 42. aivas; achele: n. 56, pp. 42-43. [aiv]as: n. 57, p. 43. aita: n. 2, p. 21; p. 87. aithna: n. 19, pp. 27-28; pp. 88-89, 117. alce: vedi appius alce: n. 9, pp. 77-78; pp. 99-100, 110-111. alichu per achilu ?: n. 8, pp. 80-81; p. 101. amphiare: vedi atresthe; parthanapaes; amphiare; tute; phulnice: n. 75, pp. 49-52; pp. 92-93, 106. amuche: n. 35, p. 34; p. 90. antiluche: n. 66, pp. 46-47. apcar; L L C C; XX; V V: n. 2, pp. 73-74; pp. 98, 111-114. apecsi pecse: n. 121, p. 73; p. 97. apie mariu: n. 10, p. 78; p. 100. appius alce: n. 9, pp. 77-78; pp. 99-100, 110-111. aril: n. 30, p. 32; p. 89. ataiun: n. 91, p. 59; pp. 94, 115. atalanta: n. 100, p. 63; pp. 95, 117. a.titule: n. 6, p. 76; p. 99. atresthe; parthanapaes; amphiare; tute; phulnice: n. 75, pp. 49-52; pp. 92-93, 106. [atr]s´te vedi partinipe; phulnice; [atr]s´te: n. 76, p. 53; p. 92. ats´e per thes´e (?): n. 106, p. 66; p. 95.

v. tes´es. a: n. 8, p. 77; p. 99. vachstls: n. 4, p. 79; p. 101. vecue: n. 13, p. 82; pp. 95, 102. vel.max vel. pem: n. 7, p. 76; pp. 99, 106. vetus: vedi achersie vetus: n. 2, p. 74; p. 98. vipitu: n. 5, pp. 79-80; p. 101. vuch (forse kuch): n. 34, p. 33; p. 89. V V: vedi apcar; L L C C; XX; V V: n. 2, pp. 73-74; pp. 98, 111-114. vv avi: n. 12, p. 82; pp. 101-102.

c/k

L L: vedi apcar; L L C C; XX; V V: n. 2, pp. 73-74; pp. 98, 111-114. leu: n. 1, p. 21; p. 87. lunche: n. 112, p. 69; p. 96.

C C: vedi apcar; L L C C; XX; V V: n. 2, pp. 73-74; pp. 98, 111-114. kkk: vedi kn(e)zus; kkk: n. 2, p. 79; p. 100. ca(-): n. 81, p. 54. cach: n. 6, p. 80; p. 101. calanic(e): n. 25, p. 30; p. 89. capne: n. 77, p. 53; n. 78, p. 53; n. 79, pp. 53-54; n. 80, p. 54; p. 93. kapnth per kapne: n. 82, p. 55. castur: n. 3, p. 21; n. 4, pp. 21-22; n. 5, p. 22; n. 6, pp. 22-23; p. 87. clan: vedi herini umranal rathums clan: n. 1, p. 83; p. 102. kn(e)zus; kkk: n. 2, p. 79; p. 100. kukne: vedi herkle; kukne: n. 26, p. 30; n. 27, pp. 30-31; pp. 89, 107, nota 1, 117. e easun: n. 92, pp. 59-60; pp. 90, 94. elina: n. 93, p. 60; pp. 94, 116. eruchs: n. 120, p. 72; p. 97.

z zak: n. 9, p. 81; p. 101. h (her)ceie vel (her)cele: n. 22, p. 29; p. 89. h(erc)le q senti: n. 1, pp. 78-79; p. 100. h[ercl]e: n. 21, pp. 28-29. her(c)le I: n. 16, p. 26. hercl(e): n. 12, p. 25; n. 14, pp. 25-26. hercle: n. 8, p. 23; n. 9, p. 24; n. 10, p. 24; n. 11, p. 24; n. 13, p. 25; n. 15, p. 26; n. 17, pp. 26-27; n. 18, p. 27; n. 23, p. 29; n. 24, pp. 29-30; n. 28, p. 31; n. 29, pp. 31-32; pp. 88-89. herecles: n. 20, p. 28. herini umranal rathums clan: n. 1, p. 83; p. 102. herkle; kukne: n. 26, p. 30; n. 27, pp. 30-31; pp. 89, 107, nota 1, 117. th theres (per these?): n. 108, p. 67; pp. 95-96. therini umranal: n. 2, p. 83; p. 102. thes´e (?): vedi ats´e per thes´e (?): n. 106, p. 66; p. 95. these: n. 102, pp. 64-65; n. 103, p. 65; n. 105, p. 66; n. 107, p. 67; p. 95. these a: vedi a these: n. 104, pp. 65-66. i I vedi her(c)le/: n. 16, p. 26. ichs`iun: n. 111, pp. 68-69; p. 96. l

m machertie: n. 7, p. 80; p. 101. mariu: vedi apie mariu: n. 10, p. 78; p. 100 max: vedi vel.max vel. pem: n. 7, p. 76; pp. 99, 106. me(m)as: n. 89, p. 58; pp. 93-94. me.ne mv: n. 32, p. 33; p. 89. menerva: n. 31, p. 32; p. 89. menuci; uth: n. 113, p. 69; p. 96. metna: n. 4, p. 75; p. 99. mi papas´x(x)a: n. 5, pp. 75-76; p. 99. mk vedi s´k: n. 11, p. 81; p. 101. n nanivas: n. 1, p. 74; p. 98.

130

indice delle iscrizioni

natis: n. 1, p. 73; pp. 98, 111, 114. nethunus: n. 33, p. 33; p. 89. num: n. 7, p. 23; p. 87. p pathr: n. 59, p. 44; p. 91. papas´x(x)a: vedi mi papas´x(x)a: n. 5, pp. 75-76; p. 99. paris: n. 69, p. 48; n. 70, p. 48. parsi per paris: n. 71, pp. 48-49. parthanapaes vedi atresthe; parthanapaes; amphiare; tute; phulnice: n. 75, pp. 49-52; pp. 92-93, 106. partinipe: vedi partinipe; phulnice; [atr]s´te: n. 76, p. 53; p. 92. pecse: vedi apecsi pecse: n. 121, p. 73; p. 97. pele: n. 95, pp. 61-62; n. 96, p. 62; n. 97, p. 62; n. 98, p. 63; n. 99, p. 63; n. 101, p. 64; pp. 94-95, 115, 117. p[el]e: n. 94, p. 61. pem: vedi vel.max vel. pem: n. 7, p. 76; pp. 99, 106. pr (per prumathe?): n. 90, p. 59; p. 94. puce: n. 114, p. 70; p. 96. s´ s´a (?): n. 3, p. 79; pp. 100-101. s´k: vedi mk: n. 11, p. 81; p. 101. s´ethlans´: n. 36, p. 34 (vedi n. 3, p. 79); pp. 90, 107, 117. s´uthr: n. 10, p. 81; p. 101. r rathums: vedi herini umranal rathums clan: n. 1, p. 83; p. 102. rele: n. 101, p. 64; p. 95.

talmithe: n. 67, p. 47; p. 106. talmite: n. 68, pp. 47-48; p. 92; p. 92. tamun: n. 74, p. 49; p. 92. tarchnas: n. 3, p. 75; pp. 92, 98, 106. tes´es: vedi v. tes´es. a: n. 8, p. 77; p. 99. tinias: turan: n. 38, pp. 34-35; pp. 91-92. titule vedi a.titule: n. 6, p. 76; p. 99. truile: n. 72, p. 49; p. 92. tru(ile): n. 73, p. 49; p. 92. tru per tur(ms): n. 1, p. 82; p. 102. trus(?) vel trum per tur(m)s?: n. 40, p. 35; p. 90. turan: n. 37, p. 34; n. 39, p. 35; p. 90, nota 3. turan: tinias vedi tinias: turan: n. 38, pp. 34-35; pp. 91-92. tute: n. 83, p. 55; n. 84, p. 56; n. 85, p. 56; n. 86, p. 57; n. 87, pp. 57-58; n. 88, p. 58; n. 3, p. 83; n. 4, pp. 83-84; n. 5, p. 84; pp. 93, 101-102. tute: vedi atresthe; parthanapaes; amphiare; tute; phulnice: n. 75, pp. 49-52; pp. 92-93, 106. u umranal: vedi therini umranal; n. 2, p. 83; p. 102. uth (forse uth(uze)?): vedi menuci uth; n. 113, p. 69; p. 96. uthuze: n. 61, pp. 44-45; n. 62, p. 45; n. 63, pp. 45-46; n. 64, p. 46; n. 65, p. 46; pp. 91-92. utuze: n. 60, p. 44. utuze: vedi achele; utuze: n. 53, pp. 40-41. utuse: vedi achele; utus[e]: n. 54, p. 42. ph

schuthe: n. 116, pp. 70-71; pp. 18, 97. stenule: n. 115, p. 70; p. 97.

pherse: n. 109, pp. 67-68; n. 110, p. 68; (vedi n. 7, p. 80); pp. 96, 101. phulnice vedi atresthe; parthanapaes; amphiare; tute; phulnice: n. 75, pp. 49-52; pp. 92-93, 106. phulnice vedi partinipe; phulnice; [atr]s´te: n. 76, p. 53; p. 92.

t

c

taitle: n. 117, p. 71; n. 118, pp. 71-72; n. 119, p. 72; pp. 97, 108.

XX: vedi apcar; L L C C; XX; V V: n. 2, pp. 73-74; pp. 98, 111-114.

s

IN DI C E DE LLE ISCRIZIO N I GR ECH E O IN L ETTE R E GR EC H E A

L

A°A MEãN PAT: forse \A°A(MEMNøN); MEãN(E§AO™); ¶AãT(POK§O™), p. 17. (A)£§A (?): p. 17.

§¢§ ¶ET E¢ °¢A: forse TPY(I§E) e ¶ETPA, p. 17. §EPTA: forse Walter(s)?, p. 18 §Y™AN¢PO™: n. 1, pp. 84-85; pp. 102-103, 109.

E

P

E¶IM: forse E¶IM(H£EY™), p. 18. EEI EEI: p. 18.

¶Yºø: forse 'øPºEY™, p. 18. ¶ø¢E: forse ¶ø¢E per ¶(P)O(MH)£E(Y™), p. 18.

D

T

¢EPX§H: forse hercle, p. 17. ¢IE™£: forse ™KY£H™, p. 18. ¢NYE: forse NY¢E per Óˉ‡(˜), p. 18. ¢O™¢X: forse ¶H°A™O™, p. 18. ¢YXE: forse ¢YXH o TYXH, pp. 17-18.

TH¢I: forse TY¢EY™, p. 18. (T)H§Eº (O)™: p. 18. 1TH2§EºO™: n. 1, p. 16, pp. 84, 102, 109. TOY¢: forse A£HNA, p. 16. TY¢: forse TY¢EY™, p. 17.

IN DICE D ELL E IS CR IZIO NI L ATINE M mer(curius): n. 1, p. 85; p. 103.

P 1prep2usa: n. 1, p. 85; p. 103.

INDICE D EL L E PROV E NIE NZE (vedi Fig. z a p. 116) Etruria Bolsena, presso: n. 53, pp. 40-41. Castiglion del Lago (Villa Strada): n. 2, p. 83 (falsa). Chiusi, Botusso: n. 4, pp. 21-22. Chiusi, detta provenire da: n. 27, pp. 30-31. Chiusi: n. 17, pp. 26-27; n. 38, pp. 34-35; n. 42, p. 36; n. 60, p. 44; n. 65, p. 46; n. 95, p. 61; n. 97, p. 62; n. 101, p. 64; n. 2, p. 74; n. 4, p. 75; n. 1, p. 83 (falsa). Chiusi?: n. 13, p. 82. Cortona (Peciano): n. 110, p. 68. Etruria: n. 120, p. 72. Falerii veteres: n. 22, p. 29; n. 26, p. 30. Firenze: n. 11, p. 81. Luni: n. 1, p. 85. Orvieto: n. 3, p. 21. Perugia (Arna): n. 10, p. 24. Perugia (Piscille): n. 3, p. 75. Perugia (?): n. 46, p. 37. Perugia, territorio: n. 75, pp. 49-52. Pitigliano: n. 78, p. 53.

Populonia: n. 28, p. 31; n. 79, pp. 53-54. Tarquinia: n. 8, p. 23; n. 35, p. 34; n. 36, p. 34; n. 43, p. 36; n. 61, pp. 44-45; n. 62, p. 45; n. 98, p. 63; n. 7, p. 76; n. 4, pp. 83-84 (falsa). Tudertium (circa fines): n. 12, p. 82. Tuscania: n. 91, p. 59. Vetulonia: n. 6, p. 76. Volterra: n. 2, p. 79. Volterra (?): n. 1, pp. 84-85. Vulci: n. 33, p. 33; n. 67, p. 47; n. 77, p. 53; n. 84, p. 56; n. 112, p. 69. Ignota Fuori dall’Etruria Cipro, detta provenire da: n. 63, pp. 45-46. Corinto, santuario di Hera Akrai a Perachora (Peraia): n. 1, p. 74. Satyrion (Saturo - Taranto): n. 1, p. 84. Sicilia, probabilmente da Siracusa: n. 111, pp. 68-69.

IN DICE DE I M U S E I Berlino, Staatliche Museen,Antikenabteilung: n. inv. FG 195 (n. 195) = n. 86, p. 57; n. inv. FG 201 (n. 201) = n. 109, pp. 67-68; n. inv. FG 202 = n. 4, pp. 21-22; n. inv. FG 204 = n. 84, p. 56; n. inv. FG 206 (194) = n. 75, pp. 49-52; n. inv. FG 374 (n. 374) = n. 1, p. 73; n. inv. 32 237.260 = n. 118, pp. 71-72; Bologna, Collezione Universitaria: n. inv. Ori 2 = n. 53, pp. 40-41. Boston, Museum of Fine Arts: n. inv. 01.7590 = n. 7, p. 80; n. inv. 1927.27.772 = p. 18, nota 2; n. inv. 27.718 (43) = n. 17, pp. 26-27; n. inv. 27.720 (n. 39) = n. 46, p. 37; n. inv. 27.723 (n. 89) = n. 24, pp. 29-30; n. inv. 27.724 (n. 88) = n. 29, pp. 31-32; n. inv. 98.730 = n. 91, p. 59; n. inv. 98.733 (258) = n. 89, p. 58; n. inv. 98.736 (n. 88 B) = n. 30, p. 32; forse anche n. inv. ? = n. 95, pp. 61-62. Cambridge, Fitzwilliam Museum: n. inv. 12 (13) (CM) = n. 4, pp. 83-84. Città del Vaticano, Museo Gregoriano Etrusco: n. inv. 13229 = n. 112, p. 69. Copenaghen, Nationalmuseet: n. inv. 3097 = n. 61, pp. 44-45. Den Haag, Koeningliche Niederlaendische Sammlung: n. inv. ? = n. 72, p. 49. Den Haag, Koninklijk Penningkabinet: n. inv. CdE 200, M-K 36, RCC inv. 1990 = n. 47, pp. 37-38. Den Haag, Münzkabinett: senza numero inv. = n. 103, p. 65. Firenze, Museo Archeologico Nazionale: n. inv. 14400 = n. 9, pp. 77-78; n. inv. 14427 = n. 31, p. 32; n. inv. 14430 = n. 7, p. 76; n. inv. 15249 = n. 1, p. 82; n. inv. 15257 = n. 39, p. 35; n. inv. 72566 = n. 1, p. 85; n. inv. ? = n. 38, pp. 34-35. Ginevra, Musée d’Art et d’Histoire: n. inv. 7235 = n. 94, p. 61. Hamburg, Museum für Kunst und Gewerbe: n. inv. 1964.300 (22) = n. 80, p. 54. Hannover, Kestner Museum: n. inv. 1965.7 (37) = n. 45, p. 37; n. inv. K 1166 = n. 6, p. 80.

Londra, British Museum: n. inv. 1772.0315.358 (667) = n. 20, p. 28; n. inv. 1772.0315.359 (665) = n. 16, p. 26; n. inv. 1772.0315.386 (671) = n. 48, pp. 38-39; n. inv. 1772.0315.475 (631) = n. 69, p. 48; n. inv. 1772.3-15.366 (663) = n. 117, p. 71; n. inv. 1814.0704. 1312 (956) = n. 5, pp. 79-80; n. inv. 1814.0704.1299 (769) (ex Blacas 426) = n. 10, p. 24; n. inv. 1814.0704.1303 (787) = n. 9, p. 81; n. inv. 1849.0623.5 (643) = n. 3, p. 75; n. inv. 1865.0712.155 (973) e (1923,0401.48) = n. 106, p. 66; n. inv. 1865. 0712.65 (676) = n. 114, p. 70; n. inv. 1865.0712.69 (959) = n. 1, pp. 78-79; n. inv. 1865.0712.93 (674) = n. 65, p. 46; n. inv. 1865.0712.94 (730) = n. 2, p. 74; n. inv. 1867.0507.262 (974) = n. 44, pp. 36-37; n. inv. 1867.0507.335 (621) (ex Blacas 335) = n. 27, pp. 30-31; n. inv. 1867.0507.364 (624) = n. 78, p. 53; n. inv. 1867.0507.369 (628) (ex Blacas 369) = n. 83, p. 55; n. inv. 1867.0507.414 (632) = n. 43, p. 36; n. inv. 1867.0507.425 (641) = n. 59, p. 44; n. inv. 1867.5.7.347 (ex Blacas 2526) = n. 11, pp. 24-25; n. inv. 1872. 6-4 1150 (280) = n. 97, p. 62; n. inv. 1872.0604.1144 (619) = n. 111, pp. 68-69; n. inv. 1872.0604.1147 (377) = n. 4, p. 75; n. inv. 1872.0604.1166 (669) = n. 92, pp. 59-60; n. inv. 1872.0604.1370 (960) = n. 10, p. 78; n. inv. 1872.0604-4.1142 (670) = n. 55, p. 42; n. inv. 1889.0810.19 (873) = n. 11, p. 81. n. inv. 1906.0411.3 (692) = n. 63, pp. 45-46; n. inv. 1925.0715.2 = n. 51, p. 40; n. inv. 1949.7-12.2 = n. 19, pp. 27-28; n. inv. 1966.7-27.1 = n. 90, p. 59. Malibu, Paul Getty Museum (???): n. inv. ? = n. 14, pp. 25-26; n. inv. ? = n. 32, p. 33; n. inv. ? = n. 88, p. 58. Monaco, Staatliche Münzsammlung: n. inv. 632 (T69) = n. 7, p. 23; n. inv. 721 (T83) = n. 34, p. 33. Montréal, McGill’s University, Collection of Greek and Roman Antiquities: n. inv. 3694 = n. 12, p. 25. Napoli, Museo Archeologico Nazionale: n. inv. 27000/1155 = n. 96, p. 62. New York, Metropolitan Museum of Art: n. inv. 41.160.489 = n. 57, p. 43; n. inv. 41.160.507 (170) = n. 99, p. 63; n. inv. 42.11.13 = n. 1, p. 74; n. inv. 48.11.1 (163) = n. 79, pp. 53-54. Oxford, Ashmolean Museum: n. inv. 1493 (218) = n. 1, p. 85; n. inv. 1921.1234 (220) = n. 15, p. 26; n. inv. 1953.137 (219) = n. 35, p. 34.

134

indice dei musei

Parigi, Cabinet des Médailles: n. inv. 85 (ex 65A13960) = n. 26, p. 30; n. inv. 87 = n. 120, p. 72; n. inv. 251 = n. 33, p. 33; n. inv. 259 = n. 18, p. 27; n. inv. 267 = n. 5, p. 22; n. inv. 279 = n. 64, p. 46; n. inv. 280 = n. 113, p. 69; n. inv. 300 = n. 1, p. 21; n. inv. 1766 = n. 21, pp. 28-29; n. inv. 1804a = n. 104, pp. 65-66; n. inv. 1805 = n. 85, p. 56; n. inv. 1820bis = n. 58, pp. 43-44; n. inv. 1898 = n. 2, pp. 73-74; n. inv. 13957 (82) = n. 87, pp. 57-58; n. inv. ? = n. 82, p. 55. Parma, Museo Nazionale di Antichità: n. inv. ? = n. 119, p. 72. Philadephia, University Museum: n. inv. ? = n. 54, p. 42. Populonia, Museo Archeologico del territorio di Populonia: senza numero im. = n. 28, p. 31.

Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia: n. inv. 2329 = n. 22, p. 29. San Pietroburgo, Ermitage: n. inv. 676 = n. 56, pp. 42-43; n. inv. 701 = n. 116, pp. 70-71; n. inv. 870 = n. 102, pp. 64-65; n. inv. 877 = n. 2, p. 21; n. inv. AB 2.25 = n. 8, p. 77. Taranto, Museo Nazionale: senza numero inv. = n. 1, p. 84. Tarquinia, Museo Archeologico Nazionale: n. inv. RC 6369 = n. 36, p. 34 (rubato, denuncia del 1916) n. inv. RC 4407 = n. 98, p. 63 (rubato, denuncia del 1916). Vienna, Kunsthistorisches Museum: n. inv. IX B 225 = n. 93, p. 60. n. inv. IX B 1295 = n. 3, p. 83; n. inv. IX B 1353 (43) = n. 105, p. 66; Volterra, Museo Etrusco Guarnacci: n. inv. 147 = n. 1, pp. 84-85.

INDI C E DEI CO LLEZIO NIS TI, A NTIQUA R I E CA S E D’ A S TA Abati (degli Abati Olivieri Annibale?): n. 53, pp. 40-41; n. 87, pp. 57-58. Ansidei Vincenzo, Conte: n. 75, pp. 49-52; p. 93. Arndt Paul: n. 37, p. 34; n. 5, p. 84; p. 90, nota 3; p. 102. Bartlett Francis: n. 17, pp. 26-27; n. 24, pp. 29-30; n. 29, pp. 3132; n. 46, p. 37. Beatty William Gedney: n. 57, p. 43; n. 99, p. 63. Beazley John Davidson: n. 15, p. 26. Beugnot, Barone di: n. 6, pp. 22-23. Biscari, Principe di (Paternò Castello Ignazio): n. 76, p. 53. Blacas d’Aulps Louis Charles Pierre Casimir, Duca de: (figlio di Pierre, eredita la sua collezione): n. 10, p. 24; n. 11, pp. 2425; n. 27, p. 30; n. 43, p. 36; n. 44, pp. 36-37; n. 59, p. 44; n. 78, p. 53; n. 83, p. 55. Blacas d’Aulps Pierre, Duca de: n. 10, p. 24; n. 11, pp. 24-25; n. 27, p. 30; n. 43, p. 36; n. 44, pp. 36-37; n. 59, p. 44; n. 78, p. 53; n. 83, p. 55. Bonaparte Luciano, Principe di Canino: n. 67, p. 47; n. 84, p. 56. Borgia, Cardinale: n. 96, p. 62. Bourguignon: n. 7, p. 80. Boze Claudio Gros de (?): n. 52, p. 40. Buonarroti Filippo: n. 19, pp. 27-28; p. 88. Campanari Carlo, Domenico e Secondiano: n. 77, p. 53; n. 84, p. 56; n. 112, p. 69. Capranesi Francesco (negoziante di antichità, via del Corso 134, Roma): n. 115, p. 70. Carafa Noja, Duca: n. 47, pp. 37-38. Carelli Francesco, Don (Napoli): n. 92, pp. 59-60; n. 3, p. 75. Castellani Alessandro: n. 65, p. 46; n. 92, pp. 59-60; n. 97, p. 62; n. 106, p. 66; n. 114, p. 70; n. 2, p. 74; n. 4, p. 75; n. 10, p. 78; n. 1, p. 78; pp. 94, 117. Castellani (Famiglia): n. 55, p. 42; n. 76, p. 53; n. 111, pp. 68-69. Casuccini Pietro: n. 97, p. 62; pp. 94, 117. Caylus, A.- C.P. de Tubières-Grimoard de Pestels de Levis, Conte de: n. 47, pp. 37-38; n. 82, p. 55. Chester Greville John: n. 11, p. 81; n. 1, p. 85; pp. 90, 99, nota 1. Cook Humphrey Wyndham: n. 4, pp. 83-84. Cook Wyndham Francis: n. 14, pp. 25-26; n. 51, p. 40; n. 57, p. 43. Cottreau Lucien: n. 67, p. 47. Currie William Sir: n. 1, p. 82; n. 39, p. 35; p. 102. d’Orleans Duca, Luigi Filippo Giuseppe: n. 56, pp. 42-43. Danicourt Alfred: n. 49, p. 39; n. 50, pp. 39-40; n. 51, p. 40; n. 71, pp. 48-49. De Feis Leopoldo P.: n. 4, p. 79. de Luynes, Duca (8º? Honoré Théodoric d’Albert de Luynes): n. 1, p. 21; n. 5, p. 22; n. 18, p. 27; n. 33, p. 33; n. 64, p. 46; n. 82, p. 55; n. 113, p. 69; pp. 87, nota 2, 93. de Riedesel Johann Hermann, Barone: n. 102, pp. 64-65. de Sivry Roger, Barone: n. 4, pp. 83-84. de Stosch Philip, Barone: n. 47, pp. 37-38; n. 86, p. 57; n. 107, p. 67; n. 109, pp. 67-68; n. 1, pp. 73; p. 92. de Stosch Wilhelm Muzell: n. 75, pp. 49-52; p. 19. degli Abati Olivieri Annibale: n. 53, pp. 40-41; n. 87, pp. 57-58. Dehn Adolph Arthur: n. 85, p. 56. Dehn Christian: n. 95, p. 61. Dorn: n. 13, p. 25. Dressel Heinrich: n. 118, pp. 71-72. Dubois Léon Jéan Joseph: n. 68, pp. 47-48.

Durand Edmond: n. 1, p. 21; n. 33, p. 33; n. 67, p. 47. Duval Louis-David: n. 94, p. 61; p. 101, nota 8. Duval-Töpffer François: n. 94, p. 61. Evans Arthur J., Sir: n. 1, p. 74; p. 98; forse anche n. 14, pp. 25-26. Fanelli Fanello di Chiusi: n. 97, p. 62; pp. 94, 117. Fanelli Ferdinando di Sarteano: n. 114, p. 70. Federico Guglielmo III: n. 75, pp. 49-52. Federico il Grande (Federico II di Hohenzollern): n. 75, pp. 49-52. Federico, Conte di Thoms: n. 48, pp. 38-39. Gardner Brewer: n. 95, pp. 61-62. Giovannelli Andrea: n. 12, p. 82. Gori Antonio Francesco: n. 47, pp. 37-38; n. 53, pp. 40-41; n. 75, pp. 49-52; n. 86, p. 57; pp. 88, 117. Hamilton William: p. 16, fig. A, 17-19; n. 16, p. 26; n. 20, p. 28; n. 40, p. 35; n. 48, pp. 38-39; n. 69, p. 48; n. 117, p. 71. Helbig Wolfgang: n. 61, pp. 44-45. Imperatore di Russia: n. 56, pp. 42-43. Imperatrice Caterina di Russia, Caterina Alekseevna II di Russia, Caterina la Grande: n. 94, p. 61. Ionides Costantine Alexander: n. 6, pp. 22-23. Jantzen Johannes, Dr.: n. 80, p. 54. Kricheldorf H. H.: n. 88, p. 58. Laurenti Benedetto, Priore: n. 59, p. 44. Le Blant Edmondo: n. 41, p. 36; pp. 90, nota 13, 100. Lentinello D. Antonino, Canonico: n. 111, pp. 68-69. Lippert Philipp Daniel: n. 100, p. 63. Luigi XV: n. 21, pp. 28-29. Maffei Nicolò, Cavaliere: n. 74, p. 49; n. 10, p. 81; p. 101. Maffei Scipione: n. 53, pp. 40-41. Mannelli, Signori: n. 6, p. 76; p. 99. Mariette Pierre-Jean: n. 21, pp. 28-29. Marini Gaetano, Abate: n. 96, p. 62. Marzi, fratelli, di Corneto: n. 8, pp. 23-24; n. 4, pp. 83-84; p. 88, nota 4. Micali Giuseppe: n. 83, p. 55. Montemellini Diamante: n. 12, p. 82. Müller Klaus: n. 6, pp. 22-23. Newton Robinson Charles Edmund: n. 4, pp. 83-84. Norton R. (Richard?): n. 66, pp. 46-47; p. 92. Odam Gerolamo: n.53, pp. 40-41. Osborn Cureton Harry: n. 3, p. 75. Paciaudi Paolo Maria: n. 102, pp. 64-65. Pacini Giuseppe, antiquario in Firenze: n. 1, p. 83; n. 2, p. 83; p. 102. Paolozzi Giovanni: n. 60, p. 44. Paolozzi, Conte: n. 2, p. 83; p. 102. Pasquini, Canonico, di Chiusi: n. 101, p. 64; p. 95. Passeri Giovan Battista: n. 12, p. 82. Pauvert de La Chapelle Oscar, Conte: n. 26, p. 30; n. 120, p. 72. Perowski L.A., Conte: n. 116, pp. 70-71. Peterson William G.: n. 12, p. 25. Pierce Henry Lillie, Fondo: n. 30, p. 32; n. 89, p. 58; n. 91, p. 59. Piombino, Principe di: n. 108, p. 67. Pozzesi Mario I.: n. 62, p. 45. Praun Paul de, Norimberga: n. 107, p. 67. Remedi Angelo, Marchese, di Sarzana: n. 1, p. 85. Remedi Francesco, Marchese, di Sarzana: n. 1, p. 85. Révil Nicolas (?): n. 67, p. 47.

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indice dei collezionisti, antiquari e case d ’ asta

Ricketts Charles S.: n. 4, pp. 83-84. Robinson John Charles, Sir: n. 51, p. 40. Rogers Jacob S., Fondo: n. 79, pp. 53-54. Santangelo Francesco, Avvocato: n. 55, p. 42. Schellergheim Enrico, Barone di Prussia: p. 96. Sellari Reginaldo, Canonico: n. 110, p. 68; p. 96, nota 3. Shannon Charles Hazelwood: n. 4, pp. 83-84. Sivadjian Mihran: n. 63, pp. 45-46. Sommerville, Maxwell: n. 54, p. 42. Sotheby’s: n. 35, p. 34. Stewart John Robert: n. 3, p. 75. Story-Maskelyne Mervyn Herbert Nevil: n. 107, p. 67. Strozzi Leone (?): n. 89, p. 58.

Temps, Conte di: n. 47, pp. 37-38. Townley Charles: n. 10, p. 24; n. 5, pp. 79-80; n. 9, p. 81. Townley Peregrine Edward: n. 10, p. 24; n. 5, pp. 79-80; n. 9, p. 81. Tuscher Marcus: n. 5, pp. 75-76; pp. 19, 99. Tyskiewicz Michel, Conte: n. 4, pp. 21-22; n. 89, p. 58. Vanhorn M.: n. 72, p. 49. Vannutelli Giuseppe: n. 92, pp. 59-60; n. 7, p. 80. Venuti Marcello: n. 53, pp. 40-41. Vescovali Luigi: n. 67, p. 47. Vidoni Pietro (?): n. 43, p. 36. Warden Edward Perry: n. 7, p. 80. Woollett Richard: n. 19, pp. 27-28.

CO N CO R DA NZE (P. Zazoff, Etruskische Skarabäen, Mainz, 1968) Zazoff 1968, p. 12, n. 11, tav. 3.11 = n. 56, pp. 42-43; Zazoff 1968, p. 24, n. 23, tav. 9.23 = p. 17; Zazoff 1968, p. 28, n. 31, tav. 11.31 (letta caseler) = n. 31, p. 32; Zazoff 1968, pp. 50-53, n. 54, tav. 16.54 = n. 75, pp. 49-52; Zazoff 1968, p. 39, n. 40, tav. 13.40 = n. 27, pp. 30-31; Zazoff 1968, p. 40, n. 41, tav. 13.41 = n. 26, p. 30; Zazoff 1968, p. 40, n. 42, tav. 13.42 = n. 104, pp. 65-66; Zazoff 1968, p. 43, n. 45, tav. 14.45 = n. 39, p. 35; Zazoff 1968, p. 49, n. 51, tav. 15.51 = n. 43, p. 36; Zazoff 1968, p. 49, n. 52, tav. 15.52 = n. 59, p. 44; Zazoff 1968, p. 54, n. 58, tav. 17.58 = n. 47, pp. 37-38; Zazoff 1968, p. 54, n. 60, tav. 17.60 = n. 86, p. 57; Zazoff 1968, p. 54, n. 61, tav. 17.61 = n. 87, pp. 57-58; Zazoff 1968, p. 55, n. 65, tav. 18.65 = n. 80, p. 54; Zazoff 1968, p. 55, n. 67, tav. 18.67 = n. 15, p. 26; Zazoff 1968, p. 58, n. 73, tav. 19.73 = n. 1, pp. 84-85; Zazoff 1968, p. 61, n. 79, tav. 20.79 = n. 85, p. 56; Zazoff 1968, p. 62, n. 82, tav. 21.82 = n. 84, p. 56; Zazoff 1968, p. 67, n. 89, tav. 22.89 = n. 45, p. 37; Zazoff 1968, p. 68, n. 95, tav. 23.95 = n. 18, p. 27; Zazoff 1968, p. 70, n. 96, tav. 23.96 = n. 21, pp. 28-29; Zazoff 1968, p. 74, n. 106, tav. 24.106 = n. 1, p. 85; Zazoff 1968, pp. 74-75, n. 108, tav. 25.108 = p. 17; Zazoff 1968, p. 76, n. 114, tav. 25.114 = n. 22, p. 29; Zazoff 1968, p. 76, n. 117, tav. 26.117 = n. 69, p. 48; Zazoff 1968, p. 77, n. 119, tav. 26.119 = n. 61, pp. 44-45; Zazoff 1968, p. 77, n. 120, tav. 26.120 = n. 92, pp. 59-60; Zazoff 1968, p. 79, n. 126, tav. 28.126 = n. 64, p. 46; Zazoff 1968, p. 79, n. 127, tav. 28.127 = n. 113, p. 69; Zazoff 1968, p. 80, n. 133, tav. 29.133 = n. 65, p. 46; Zazoff 1968, p. 81, n. 135, tav. 29.135 = n. 5, p. 22; Zazoff 1968, p. 81, n. 136, tav. 29.136 = n. 33, p. 33; Zazoff 1968, p. 82, n. 139, tav. 30.139 = n. 105, p. 66; Zazoff 1968, p. 83, n. 140, tav.30.140 = n. 112, p. 69; Zazoff 1968, p. 83, n. 141, tav. 30.141 = n. 78, p. 53; Zazoff 1968, p. 83, n. 143, tav. 30.143 = n. 83, p. 55; Zazoff 1968, p. 83, n. 146, tav. 30.146 = n. 58, pp. 43-44; Zazoff 1968, p. 84, n. 148, tav. 31.148 = n. 114, p. 70; Zazoff 1968, p. 86, nota 106 = n. 4, pp. 83-84; Zazoff 1968, p. 86, nota 107 = n. 5, p. 84; Zazoff 1968, p. 91, n. 166, tav. 34.166 = n. 28, p. 31; Zazoff 1968, p. 95, n. 182, tav. 36.182 = n. 111, pp. 68-69; Zazoff 1968, p. 97, n. 186, tav. 37.186 = n. 94, p. 61; Zazoff 1968, p. 97, n. 187, tav. 37.187 = n. 95, pp. 61-62; Zazoff 1968, p. 102, n. 197, tav. 39.197 = n. 1, p. 82; Zazoff 1968, p. 108, n. 207, tav. 40.207 = n. 93, p. 60; Zazoff 1968, p. 112, n. 215, tav. 41.215 = n. 1, p. 73; Zazoff 1968, p. 119, n. 222, tav. 43.222 = p. 17; Zazoff 1968, p. 135, n. 280, tav. 52.280 = p. 103, nota 8; Zazoff 1968, p. 144, n. 301 = n. 53, pp. 40-41; Zazoff 1968, p. 144, n. 303 = n. 54, p. 42; Zazoff 1968, p. 144, n. 305 = n. 51, p. 40; Zazoff 1968, p. 144, n. 307 = n. 102, pp. 64-65; Zazoff 1968, p. 145, n. 320 = p. 17; Zazoff 1968, p. 145, n. 322 = n. 44, pp. 36-37; Zazoff 1968, p. 145, n. 328 = n. 46, p. 37; Zazoff 1968, p. 145, n. 329 = n. 48, pp. 38-39;

Zazoff 1968, p. 145, n. 332 = n. 55, p. 42; Zazoff 1968, p. 146, n. 337 (non cita l’iscrizione) = n. 57, p. 43; Zazoff 1968, p. 146, n. 341 = n. 91, p. 59; Zazoff 1968, p. 147, n. 351 = n. 100, p. 63; Zazoff 1968, p. 147, n. 366 = n. 120, p. 72; Zazoff 1968, p. 147, n. 397 = n. 117, p. 71; Zazoff 1968, p. 148, n. 370 = n. 3, p. 75; Zazoff 1968, p. 150, n. 403 = n. 7, p. 23; Zazoff 1968, p. 151, n. 417 = n. 37, p. 34; Zazoff 1968, p. 155, n. 504 = n. 89, p. 58; Zazoff 1968, p. 157, n. 543 = n. 36, p. 34; Zazoff 1968, p. 157, n. 548 = n. 14, pp. 25-26; Zazoff 1968, p. 157, n. 549 = n. 16, p. 26; Zazoff 1968, p. 157, n. 547 = n. 13, p. 25; Zazoff 1968, p. 158, n. 554 = n. 17, pp. 26-27; Zazoff 1968, p. 159, n. 569 = n. 29, pp. 31-32; Zazoff 1968, p. 159, n. 570 = n. 30, p. 32; Zazoff 1968, p. 159, n. 571 (erroneamente identificato con il n. 11, pp. 24-25) = n. 10, p. 24; Zazoff 1968, p. 162, n. 639 = n. 20, p. 28; Zazoff 1968, p. 163, n. 646 = n. 119, p. 72; Zazoff 1968, p. 164, n. 665 = n. 23, p. 29; Zazoff 1968, p. 164, n. 669 = n. 24, pp. 29-30; Zazoff 1968, p. 168, n. 745 = p. 18, nota 10. Zazoff 1968, p. 171, n. 798 = n. 99, p. 63; Zazoff 1968, p. 173, n. 833 = n. 79, pp. 53-54; Zazoff 1968, p. 173, n. 834 = n. 77, p. 53; Zazoff 1968, p. 174, n. 857 = n. 6, pp. 22-23; Zazoff 1968, p. 173, n. 841 = n. 8, pp. 80-81; Zazoff 1968, p. 174, n. 858 = n. 4, pp. 21-22; Zazoff 1968, p. 176, n. 893 = p. 18, nota 17. Zazoff 1968, p. 178, n. 936 = p. 18, nota 6. Zazoff 1968, p. 179, n. 956 = p. 18, nota 3. Zazoff 1968, p. 181, n. 994 = p. 18, nota 4. Zazoff 1968, p. 184, n. 1041 = n. 101, p. 64; Zazoff 1968, p. 184, n. 1043 = n. 2, p. 74; Zazoff 1968, p. 187, n. 1105 = n. 38, pp. 34-35; Zazoff 1968, p. 189, n. 1132 = n. 63, pp. 45-46; Zazoff 1968, p. 189, nota 1 = n. 62, p. 45; Zazoff 1968, p. 190, n. 1151 = n. 70, p. 48; Zazoff 1968, p. 190, n. 1155 = p. 18, nota 8. Zazoff 1968, p. 191, n. 1163 = p. 18, nota 8. Zazoff 1968, p. 192, n. 1178 = n. 98, p. 63; Zazoff 1968, p. 192, n. 1179 = n. 109, pp. 67-68; Zazoff 1968, p. 192, n. 1182 = n. 110, p. 68; Zazoff 1968, p. 193, n. 1198 = n. 67, p. 47; Zazoff 1968, p. 193, n. 1199 = n. 2, pp. 73-74; Zazoff 1968, p. 193, n. 1201 = n. 35, p. 34; Zazoff 1968, p. 194, n. 1204 = n. 5, pp. 79-80; Zazoff 1968, p. 201, n. 1328 = n. 115, p. 70; Zazoff 1968, p. 201, n. 1333 = n. 118, pp. 71-72; Zazoff 1968, p. 201, n. 1334 = n. 106, p. 66; Zazoff 1968, p. 205, n. 1431 = n. 1, p. 22; Zazoff 1968, p. 207, n. 1477 = pp. 17-18, nota 17 a p. 17. Zazoff 1968, p. 208, n. 1489 = n. 9, p. 81; Zazoff 1968, p. 211, n. 1567 = n. 5, pp. 75-76.

co m po sto in c a r atter e dante monotype dalla fa b riz io ser r a editor e, pis a · roma. sta m pato e r ilegato nella t ipo gr a fia di agnano, agnano pis ano (pis a). *

Novembre 2011 (cz 3 · fg 22)

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MEDITER R A NEA supplementi * Andrea Babbi, La piccola plastica fittile antropomorfa dell’Italia antica dal Bronzo all’Orientalizzante, 2007 («Mediterranea», Supplemento, 1). Lidia Falcone, Virginia Ibelli, La ceramica campana a figure nere. Tipologia, sistema decorativo, organizzazione delle botteghe, 2007 («Mediterranea», Supplemento, 2). Una nuova iscrizione a Magliano Sabina. Scrittura e cultura nella valle del Tevere, a cura di Paola Santoro, testi di Vincenzo Bellelli, Enrico Benelli, Alessandra Minetti, Paolo Poccetti, Francesco Roncalli, Paola Santoro, 2008 («Mediterranea», Supplemento, 3 · Civiltà arcaica dei Sabini nella Valle del Tevere, 2). Alfredo Guarino, Le terrecotte architettoniche a stampo da Vigna Parrocchiale. Scavi 1983-1989, 2010 («Mediterranea», Supplemento, 4 · Caere, 5). Enrico Benelli, Claudia Rizzitelli, Culture funerarie d’Abruzzo (iv-i secolo a.C.), 2010 («Mediterranea», Supplemento, 5). Laura Ambrosini, Le gemme etrusche con iscrizioni, 2011 («Mediterranea», Supplemento, 6). Flaminia Verga, Persistenze ed evoluzione del popolamento in area centro-italica in età antica: il caso del vicus di Nersae, 2011 («Mediterranea», Supplemento, 7 · Civiltà arcaica dei Sabini nella Valle del Tevere, 3).