La Lex roscia theatralis e Marziale: il ciclo del libro V (introduzione, edizione critica, traduzione e commento)

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La Lex roscia theatralis e Marziale: il ciclo del libro V (introduzione, edizione critica, traduzione e commento)

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BIBLIOTECA DI ATHENAEUM 49

ALBERTO CANOBBIO

lA LEXROSCIA THFATRALIS E MARZIALE: ILCICLO DELLIBRO V Introduzione, edizione critica, traduzione e commento

EDIZIONI NEW PRESS Como 2002

Proprietà leneraria riservata Printed in Italy Copyright © 2000 by Biblioteca di Athenaeum novembre 2002

SOMMARIO

Prefazione

pag.

7

INTRODUZIONE 1. LA LEXROSCIATHEA TRALIS 1.1. Situazione precedente 1.2. Cronologia 1.3. Disposizioni 1.4. La kx lulia theatralis 1.5. Testimonia

2. IL LIBROV

DI MARzIALE

E ILCICLOSULLA LEXRose/A THEA TRALIS

2.1. Datazione 2.2. Temi e caratteristichedel libro V 2.3. Il ciclo sulla kx Rosciatheatralis 3. IL TESTODEGLIEPIGRAMMI DI MA.RzlALE 3.1. La tradizione manoscritta 3.2. Le edizioni critiche 3.3. Questa edizione 3.4. Manoscritti ed edizioni

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TESTO CRITICO, TRADUZIONE E COMMENTO

Conspectus siglorum Epigramma 8 Epigramma 14 Epigramma 23 Epigramma 25 Epigramma 27 Epigramma 35 Epigramma 38 Epigramma 41

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85 87 · 97 103 110 118 122 129 137

Bibliografia

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Indicegmerak

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PREFAZIONE

Negli Epigrammatonlibri di Marziale non è raro trovare una serie di testi che trattano, variandolo, lo stesso argomento e che vengono così a costituire un ciclo (1). Nell'ordinamento interno a ogni libro questi epigr. talvolta possono formare una sequenza compatta, ma comunque mai particolarmente estesa, oppure - ed è il caso più frequente - risultano armonicamente distribuiti in una più ampia sezione del libro stesso e, in ossequio al principio della varietasepigrammatica, contigui a carmi di carattere alquanto diverso, al fine di evitare che una eccessiva insistenza sul medesimo motivo possa ingenerare sazietà e noia nel lettore. Le tematiche affrontate nei cicli epigrammatici sono per lo più di natura cortigiana e, di norma, tipiche ed esclusive del libro che ospita il ciclo (2}; questi uit(1) I cicli epigrammatici presenti in Manialc sono stati studiati per primo da K. Barwick, Zur Komund ErltliirungManials,•Philologus• 87, 1932 pp. 63-79; Zyltkn bei Martial und in dm ltkipositionstechnilt nm Grdichtendrs Catuli,•Philologus• 102, 1958 pp. 284-318, il quale, riscontrando in essi una calcolata architettura basata su un complesso gioco di corrispondenze e simmetrie nel numero dei versi, nel metro e nel

tono degli cpigr. che li compongono, ha avanzato la tesi secondo cui i libri di Manialc sarebbero costruiti per aggregazione di cicli epigrammatici. L'impostazione di Barwick non ha convinto Citroni pp. XXVII-XXIX, il quale osserva giustamente che il lettore faticherebbe a cogliere tali corrispondenze, spesso sottili e talora intercorrenti tra testi distanti tra loro, e inoltre reputa scnz'altro illegittimo definire ciclo, come invece fa Barwick, testi accomunati solo dalla identità del destinatario; con Citroni concorda Merli 1998, che, in alternativa allaimpostazione ciclica, propone come chiave architettonica dei libri di Manialc una lettura «seriale•, rispettosa dcli' ordine in cui gli cpigr. si presentano agli occhi del lettore. Panicolarc attenzione per i cicli epigrammatici mostra invece Grcwing p. 29 ss., che rivaluta, pur smussandone certi ccccssi, le analisi di Barwick e suggerisce di considerare ogni ciclo come una sorta di «filo rosso• che, percorrendo un intero libro o buona pane di esso, conferisce alla raccolta medesima una maggiore coesione. Equilibrata e condivisibile è infine la posizione di Garthwaitc 1993 p. 72, fatta propria anche da Hcnriksén p. 16 s., il quale, trascurando gli dementi metrico-formali enfatizzati da Barwick, considera i testi ascrivibili a un ciclo semplicemente come «cpigrarns writtcn as daborations on a panicular thcmc and spread intcrrnincntly throughout thc volume-, valorizzando la ricerca di Motivvarialionlegata alla compresenza ravvicinata di più testi sul medesimo argomento, ma senza attribuire ali'affinità contenutistica una più rilevante ma alquanto discutibile funzione strutturante rispetto all'intero libro. (2) Motivi adulatori nei confronti dell'imperatore (si tratta sempre di Domiziano) sviluppati da Marziale in forma di cicli epigrammatici sono, ad esempio, i giochi ndl' arena tra lepri e leoni mansueti, che il poeta interpreta come emblema della clemenza del principe (I 6; 14; 22; 48; 51; 60; 104 con Citroni pp. 35-37; C. Buchbergcr, Drr Lii=-Hasr-Zyltlusim l Buch Martials,Moglichltritenund Grmun rinrr alkgorischm Drutung,Magistcrarbcit Milnchcn 1987), la restaurazione della Icelulia tk lldllltmisconmu/is M 2;

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motiveassumono quindi un rilievo particolare, in quanto, sul piano letterario, contribuiscono a caratterizzare i libri di Marziale e, sul piano storico-politico, forniscono una importante e altrimenti difficilmente attingibile testimonianza su tematiche propagandistiche d'immediata attualità al momento della pubblicazione di tali raccolte. È il caso del ciclo, oggetto del presente studio, che nel libro V Marziale dedica alla recente restaurazione da parte di Domiziano della kx Rosciatheatralis,norma che riservava le prime quattordici file della cavea ai cavalieri. In questo libro, il primo indirizzato direttamente all'imperatore, Marziale si prefigge di accreditare sé stesso come poeta di corte e il genere minore da lui praticato come forma letteraria aulica, atta alla celebrazione del principe, allo scopo - espressamente dichiarato di ottenere il favore e il patronato di Domiziano (3); in questo contesto, il fatto che egli consacri un ciclo composto da ben otto testi alla kx Rosciatheatralispuò dare la misura della risonanza e della importanza di questo provvedimento, che - insieme ad altre norme analoghe relative al ius sedmdi- testimonia ottimamente la valenza politica della distribuzione del pubblico durante gli spettacoli: a teatro la società romana prendeva visione e coscienza di sé, riconoscendo in quella precisa, ordinata e, al tempo dei Flavi, pressoché statica ripartizione le gerarchie più o meno apertamente operanti al suo interno. La duplicità di approcci, filologico-letterario per un verso e storico-politico per l'altro, che consente - e anzi stimola - una indagine sul ciclo marzialiano dedicato alla kx Rosciatheatra/isha suggerito la suddivisione interna alla sezione introduttiva: nel primo capitolo la kx Rosciaviene analizzata dal punto di vista storico e giuridico, ricostruendone, per quanto lo consentono le testimonianze in nostro possesso, disposizioni e sviluppo storico; si passa poi a una presentazione letteraria degli aspetti particolari del libro che ospita il ciclo (datazione, tematiche caratterizzanti, ordinamento interno) e del ciclo stesso; conclude l'introduzione un capitolo sulla tradizione manoscritta del testo di Marziale e sui criteri adottati per l'edizione critica degli epigr. che qui presento. 4; 7; 22; 45; 90; 91 con Ganhwaite 1990; Grewing pp. 31-35), l'atteso miitus di Domiziano vittorioso dal fronte sarmatico (VII I, 2; 5; 6; 7; 8), la lode di Earino, coppiere imperiale (IX l l; 12; 13; 16; 17; 36 con W. Hofmann, Motivvariatummbri Martial Dir Mucius ScanJOlaurui dit Earinus-Gtdichu,«Philologus• 134, 1990 pp.37-49; Ganhwaite 1993 pp.85-94; Henriksén 1997). Tra i cicli non cortigiani ricordo quello dedicato a Priapo (VI 16; 49; 73 con K Willenbcrg. Dir Priaptm Martials,«Hermcs• 101, 1973 pp. 320-351), il trirrico indirizzato a Polla Argentaria, vedova di Lucano, in occasione dd genetliaco dd marito (VII 21; 22; 23 con V. Buchheit, MartialsBritragzum GtburtstagLucansalsZylr!Ms, «Philologus• l 05, 196 l pp. 90-96) e, infine, quello composto dai carmi in cui Marziale annuncia la sua intenzione di tornare nella nativa Bilbili (X 13 (20); 37; 78; 96; 103; 104). (3) Testimonianza dd rinnovato interesse per la letteratura latina cortigiana è la ricerca, attualmente in corso come azione integrata Italia-Spagna, «La letteratura aulica latina da Augusto fino al scc. VII•, di cui il pre~nte volume intende essere un contributo.

-9L'edizione, fluita da un riesame autoptico dei codici antichi riconosciuti come fondamentali e dei più significativi testimoni di età umanistica, intende offrire un testo criticamente rivisto e un apparato che documenti, come invece non accade nelle edizioni correnti, lo status effettivo della tradizione manoscritta (4). Il commento rispecchia la duplice natura di questo studio; la sua impostazione ad ampio spettro persegue, oltre allo scopo «naturale» per uno strumento di questo tipo, di fornire un'esegesi testuale la più possibile fondata e documentata, anche l'obiettivo - ed è questa, si potrebbe dire, la sua idea di fondo - d'illustrare la densità di espressione e di pensiero che l'arte di Marziale riesce a concentrare nella misura breve dell'epigr. (s). Questa parte della ricerca intende essere anche un primo sptcimm della metodologia ecdotica e dello stile di commento che intendo adottare per l'edizione critica commentata dell'intero libro V, che, intrapresa parzialmente durante il mio Dottorato di Ricerca (6), mi propongo di portare a termine quanto prima (7). Modello e costante punto di riferimento, sia per l'edizione sia per il commento, è stata l'edizione critica commentata del libro I di Marziale curata da Mario Citroni (Firenze 1975). Nel licenziare questo lavoro esprimo profonda e sincera gratitudine al prof. Giancarlo Mazzoli, che ha letto con attenzione e acume interpretativo l'intero libro e discusso con me i vari punti problematici, assistendomi costantemente durante (4) Al riguardo cf. inf,ll p. 75 s. (5) Il commento si anicola in note introduttive ai singoli testi e in lemmi puntuali. Per quanto riguarda

i rimandi interni, chiamo •n. intr.• la nota introduttiva all'epigr. e •n.• il lemma di commento al verso; queste due sigle sono seguite dal numero d'ordine dell'epigr., eventualmente dal numero del verso e, nel caso di possibile ambiguità con altri lemmi del medesimo verso, dallacitazione per esteso del lemma, preceduto dalla sigla •s.v.•, sub r,oct'(e.g. «n. intr. 8• = rimando allanota introduttiva dell'cpigr. 8; «n. 8, l s.v. tdit:tum,, = rimando al lemma tdit:tumposto al v. l dell'epigr. 8); all'interno del singolo lemma il tratto lungo(-) segnala le scansioni tematiche del commento. Alla traduzione, che non ha pretese letterarie, è demandato il compito, tipicamente «di servizio•, di sgombrare preliminarmente il campo dai principali nodi interpretativi. (6) A Canobbio, M Vllinii MllrtilllisEpigrllmmllton libtr V. lntroduziont,tdiziqnt critic11, trtzduziontt commmto (tpigrllmmi1-37), Tesi di Dottorato, X ciclo, a.a. 1995-98, Univ. di Roma «La Sapienza-, Docente Guida: P. Parroni. (7) Del libro V esiste già un commento moderno pubblicato da P. Howell, Mllrtitzl.EpigrllmsV. Edi~d with lln lnnwh«tion, TrllnsilltionllM Commmtllry,Warminster, Aris & Phillips 1995, IV + 172 pp. Si tratta però di un lavoro alquanto sommario, a destinazione studentesca, nel quale, per dichiarata scelta del curatore (p. IV), all'istanza di chiarezza e di concisione vengono sacrificati l'esame delle fonti e dei riscontri testuali, la discussione dei passaggi problematici e delle interpretazioni non accettate, l'informazione bibliografica (limitata a pochi, essenziali rimandi), vale a dire, in buona sostanza, quell'apparato erudito, caratteristico di ogni buon commento, che consente al lettore di giudicare in modo critico e informato le singole questioni; testo e apparato critico sono, con poche differenze, quelli di Sh. B., spesso seguito anche per quanto riguarda l'esegesi. Sui limiti di questo commentario vedi anche le recensioni di F. Grcwing •AmAW• 50, 1997 pp. 17-21; J. Gérard «REL, 74, 1997 p. 339 s.; R. Maltby «CR.. 49, 1999 p. 569 s.

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questa ricerca con la sua consueta gentile disponibilità. Ringrazio il prof. Dario Mantovani, prezioso punto di riferimento per le questioni storiche e giuridiche affrontate nel primo capitolo, il prof. Mario Citroni, profondo conoscitore di Marziale, che ha vagliato, in particolare, la sezione dedicata alla cronologia del libro e ha fornito utili consigli per quanto concerne i criteri ecdotici, e il prof. Fabio Gasti, che ha seguito assiduamente e con partecipazione gli sviluppi della mia ricerca. Un grazie va infine al prof. Emilio Gabba, che ha accolto il presente studio nella collana da lui diretta.

INTRODUZIONE

1. LA LEX

ROSCJA THEATRALJS

Nel 67 a.C., su proposta del tribuno L. RosciusOtho, fu approvata dal concilio della plebe la kx Rosciatheatralis(1), provvedimento che, come sappiamo dalle testimonianze antiche (il testo del plebiscito non si è conservato), riservava le prime quanordici file della cavea teatrale alle persone di nascita libera titolari di un censo di almeno 400.000 sesterzi. T aie privilegio viene percepito e registrato da parecchie di queste fonti come una prerogativa dell'ordine equestre (2) e così sarà considerato anche nel corso della presente trattazione. Tuttavia è opponuno precisare subito, prima d'iniziare l'escussione dei testimonia, che, anche se nel comune sentire i beneficiari della proedria erano identificati con i cavalieri romani (un censo di 400.000 sesterzi era requisito preliminare e condizione di appanenenza ali'ordine equestre), in realtà la coincidenza tra i due insiemi non era totale, come si evince del resto anche dalle notizie di cavalieri che non godono della proedria (3) e, per contro, di libeni che siedono invece nelle prime file (4). La modalità, sostanzialmente indiretta, con cui i cavalieri romani arrivano a godere del privilegio della proedria non incide tuttavia sulle conseguenze pratiche del provvedimento: in forza di questa legge, infatti, i cavalieri acquisiscono la facoltà di sedere durante le rappresentazioni teatrali immediatamente alle spalle dei senatori, ai quali fin dall'età scipionica - come si dirà tra breve - era stata riservata l'area dell'orchestra. Una ripartizione dei posti onorifici che sul piano ideologico si traduce in (1) Secondo la consuetudine del diritto romano la denominazione di una legge (inda) risulta formata dall'aggettivo derivato dal gentilizio del magistrato proponente (auctorjo di entrambi i consoli, nel caso di kx consularis,e da una sommaria indicazione dell'ambito di pertinenza (Rotondi pp. 148-150; Roman SllllUtn I p. 15). Nel nostro caso la denominazione della kx si desume dalle testimonianze di Plin. n.h. VII 117 (= T 11) Rosciotheatralisauctorikgise dello Ps.-Acr. Hor. epod.4, 15 (= T 4) LuciusRosciusOtho kgmr theatralnn tukrat(pcr le altre fonti sull'onomastica del tribuno proponente vedi Scamuzzi 1969 pp. 137-140; il prunomm McipKoç attestato solo in Plut. Cic. 13, 2 [= T 17] è da considerarsi una svista). (2) Cf. e.g. Cic. Mur. 40 (= T 2}; Veli. Pat. II 32, 3 (= T 8}; Liv. per. 99 (= T 21) e la discussione sulle disposizioni previste dalla legge infra p. 26 ss. (3) Si tratta dei tkcoctom e degli infames-,cf. infra p. 28 ss. (4) In quanto cx tribuni militari, cf. infra p. 31 s.

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un riconoscimento pubblico e, si potrebbe dire, «spettacolare,. del compimento dell'asccsa sociale e politica dell'ordo equntn nell'ultima fase dell'età repubblicana(5).

1.1. Situazione prtctdmtt La maggior parte della produzione drammatica latina di età repubblicana è sta-

ta ospitata in teatri provvisori, eretti in occasione dei ludi scamicie poi smantellati al termine delle rappresentazioni (6). Il pubblico prendeva posto sulle gradinate della cavea e nell'orchestra, la quale, non più circolare come nel teatro attico, era stata ridotta a un emiciclo posto tra il palcoscenico e le gradinate, convergenti su di essa, e non era più occupata dal coro, la cui presenza nel teatro latino si può considerare sostanzialmente abolita (7). In particolare, da alcune testimonianze plautine caratterizzate dalla rottura della finzione scenica - con passaggio quindi dal testo alla realtà teatrale della rappresentazione - e valorizzate in questa prospettiva da Moore (8) è possibile indurre che, in caso di mancanza di posti a sedere, gli schiavi assistevano agli spettacoli in piedi, verosimilmente dalle ultime file della cavea (9), mentre le prime file, in li(5) La bibliografia specifica sulla /ex Rosd4thelltralisrisulta, nel complesso, deludente: imprecisa è la scheda presente in Rotondi p. 374 s. •Plebiscito del trib. L. Roscius Fabatus ... Plutareo (Cic., 13, 2) attribuisce questa legge a Q. Roscius Otho• (per L. RosciusFabatuscf. RE XI 1122 s.v. Rosciusnr. 15; per l'errato prarnomm è possibile una confusione.con il più noto Q RosciusGaJJuscom«dMS.una svista, peraltro, forse già cli Macr. Sai. III 14, 12, il quale in un contesto riguardante la /ex Rosci4parla di Rosciogrstumagente);Scamuzzi 1969 e 1970 (continuazione) produce un'utile raccolta della document2Zione, ma è azzardato e non convincente nelle conclusioni; Pocina Pércz 1976, per parte sua, firma invece un articolo apprezzabile ma piuttosto sommario, che non affronta le questioni più complesse relative alla legge. Di fatto, le pagine migliori sulla /ex Rosd4si trovano in lavori di più ampio respiro attinenti la condizione dei cavalieri romani: cf. spcc. Stein 1927 pp. 21-30; W1SCman1970 p. 71 ss. = 1987 p. 61 ss., con le correzioni cli Id. 1973 p.194 s. = 1987 p. 79 s.; Dcmougin 1988 pp. 794-814; 817-819; valida e ben documentata è infine la parte che alla /ex Rosci4dedica Rawson 1987 pp. 102-107 = 1991 pp. 530-536 nell'ambito del suo studio sulla /ex lulia thratralis(provvedimento di cui si dà conto infra p. 35 ss.). Per un'aggiornata messa a punto sulla storia dell'ordine equestresi possono utilmente consultare i contributi raccolti in Dcmougin 1999. (6) La costruzione, non senza contrasti, di un primo teatro permanente a Roma si deve alla volontà di Pompeo, il quale nel 55 a.C. inaugurò il teatro che da lui prese nome: cf. Tac. ann. XIV 20, 2 s. rrant qwCn.

PompriumincusaJuma smioribusftrrmt, quodmansuramthtatri srdmt posuisstt.Nam antea subitariisgrllliibus n scama in trmpusstruct4luJos rdi solitos,wl si wtustiorarrpttas,stantrmpopulum sp«tallÌsst,ne, si consukrrt Richardson pp. 383-385. thtatro, dia totosignauiacontinuam; 21, 2 pn-pnua mks thellllTI", (7) Cf. Beare 1986 pp. 198-203; Chiarini 1989 p. 134 s.; Bcacham 1991 p. 56 ss.; sul!'aspetto complessivo del teatro latino vedi M. Bieber, Tht Historyof tht Grrrlrand Roman Theatrr,Princeton 1961 (rist. ibid. 1971) pp. 167-226; A. Neppi Modona, Gli edifici teatraligrecit roman~ Firenze 1961 pp. 71-87. (8) T.J. Moore, Stan arui SocùdStatus in the P'4utinr Thtatrt, •CJ•90, 1994 pp. 113-123. (9) Cf. Plaut. Capt. 1 s. Hos quos vitktis start hic captivosduos, I iJli quia astant, hi stant ambo, non sedmt, il personaggio del Prologus.celiando. spiega al pubblico che i captivi, presenti sulla scena legati a una colonna, stanno in piedi per rispetto verso i/li che assistono allacommedia in piedi dalle ultime file; questi ultimi, verosimilmente, sono anch'essi degli schiavi (si giocherebbe, in tal caso, su una sorta di solidarietà scr-

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nea di massima, erano occupate da cittadini benestanti (10) e questo già prima della definizione di un regime di posti riservati. Lo status sociale sembra quindi aver condizionato fin dalle origini la disposizione degli spettatori; l'esistenza di questa sensibilità gerarchica all'interno del corpo civico romano trova una conferma in una importante testimonianza di Valerio Massimo, il quale informa che a teatro, quando ancora il pubblico era promiscuus,nessun plebeo, per verecundia,osò mai sedere dinanzi ai patres(11). Nel 194 a.C. per la prima volta furono riservati ai senatori dei seggi di proedria nell'area dell'orchestra; le fonti di cui disponiamo concordano sull'anno, ma non per quanto riguarda l'occasione in cui fu introdotto tale privilegio ( 12). vile) oppure semplici riwdatari che non hanno trovato posto a sedere; POffl.23 s. snvi nr opsideant,libms ut atteggiandosi a imp"ator, proclama i suoi tdkta passando in rassit l«us, I wl an pro capiu dmt, il Prok,gus, segna il pubblico presente a teatro, di cui il testo plautino viene quindi a fornire una descrizione che è, ovviamente, soprattutto tipologica: la menzione di un dissignator(v. 19 s.), ruolo che presuppone l'esistenza di posti riservati (attestati a partire dal 194 a.C. per i senatori), fa pensare che il passo documenti la situazione successiva a tale data. Sul prologo del POffluluscf. H.D. Jocclyn, lmp"ator histricus,•YCS. 21, I 969 pp. 97123. (10) Cf. Plaut. Aulul. 715-719 Opstcrotg11 vos,mi auxilio,I oro,optator,sitistt homintm dnnonstrttis

quis tam apstulnit. I Quid ais tu? tibi crttkrt ctrtum tst, nam tsSt bonum tx voilu cognosco. I Quid tst? quid ridttis?Novi omnis,sciofom mt hic compluris,I qui 11tstitutt crtta occuluzntsm llll{Ut stdmt quasifrugi, Euclione, apostrofando uno spettatore delle prime file (come si può evincere dal carattere tx abruptodella domanda Quid ais tu? e dal successivo riferimento al volto), critica il perbenismo di parata di quei complum tra i presenti che credono di riuscire a nascondere i loro vizi sono il nitore dell'abito; Capt. 10-16 1am hoc unttis? optumtst.I Ntgat htrck il& ultimus.A«tdito. I Si non ubi sttkas locustst, tst ubi ambuln, I quando cmstritr histriontmcOf)smmdicaritr.I Egomt tua caussa.nr trrts, non rupturussum. I Vosquipotatis opt 11tstra I accipiu "linu,m: a/imo uti nil moror,la contrapposizione tra l' ultimus(chiaramente in senso locale, cf. iJlic; acctdito),che non è riuscito a sentire l'inizio del prologo, e vossuggerisce d'identificare questi ultimi con gli spettatori seduti nclle prime file, i quali vengono presentati come benestanti (potatis OJH 11tstra cmstritr) e, forse, implicitamente contrapposti ai capiu cms~anche nel Miks l'esposizione dcli'argomento della commedia pare destinata soprattutto al pubblico delle prime file, cf. vv. 79 ss. spcc. 83-85 Nunc qua adstdistiscaussain festivo/«o, I comotdiaiquam non acturisumusI tt arpmmtum tt nomtn vobist~uar. Gli ultimi due passi, pur rispecchiando certo una realtàtipicamente teatrale (nelle ultime file l'acustica è peggiore), si lasciano però nel contempo interpretare anche come segnale di un'attenzione particolare da parte di Plauto nei riguardi degli spettatori seduti nell'orchestra, tra i quali possiamo con buona verosimiglianza ipoti7.zarela presenza di notabili, magistrati e - non ultimi - degli organizzatori stessi dei ludi. (11) Cf. Val. Max. IV 5, I a condita urbt usqut ad Africanumtt Ti. Longumconsuks(194 a.C.) promiscuussmatui tt populosptctandorum/uJorumlocus"at. Numquam tamne quisquamtx pkbt anu pasmconfoit. A questo proposito non scriptosin thtatrosptctarrsustinuit:ll4eocirrumsptctaciuitatisnostrat~ndia pare attendibile, diversamente da quanto ritiene Scamuzzi1969 pp. 280-282, la testimonianza di Livio relativa alla fondazione dei ludi Romani:l 35, 8 Tum primum circoqui nunc maximusdiciturtksignatusl«us tst. loaz divisapatribustquitibusqutubi sp«tacula[«palchi.] sibiquisqutfac~t. È infatti verosimile che lo storico augusteo abbia trasferito, anacronisticamente, al tempo di Tarquinio Prisco l'onore della proedria concesso in realtàai senatori e ai cavalieri solo in età tardorepubblicana: cf. Ogilvie ad L;vedi anche Stein 1927 p. 28 n. 3: Bollingcr 1969 pp. 3 s. (spcc. n. 14); IO s. (12) Sulla questione, fondamentale J. Von Ungcm-Stembcrg, Dit Einfohrungspnu/kr Situ for du St-

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Cicerone in un frammento della prima orazione Pro Corneliotradito nei Commmtarii di Asconio Pediano ( 13) afferma che Scipione Africano durante il suo secondo consolato (194 a.C.) fu duramente criticato per aver accettato (passus)che i posti dei senatori venissero distinti da quelli del popolo, decisione di cui poi si pentì. Secondo Asconio, fonte di Cicerone è l'annalista Valerio Anziate, il quale anribuiva questo provvedimento a una iniziativa dei censori, messa in ano dagli edili cuculi in occasione dei ludi Romani. Sempre Asconio segnala che Cicerone stesso nella successiva orazione De haruspicumresponso (14) attribuisce invece l'introduzione della proedria a una proposta di Scipione (non passum esseScipionem,sed ipsum auctoremfoisse)e la colloca in ocpoco sotto, dopo una lacuna, il commentatore dà infine casione dei ludi Megalenser, notizia di una terza tradizione, che riporta il fatto in questione a dei ludi votivi celebrati nel medesimo anno ( 15). Asconio conclude la sua glossa osservando che la differente presentazione del ruolo giocato da Scipione in questa vicenda è stata certo suggerita a Cicerone dalla situazione contingente e giustifica l'abile manipolazione degli eventi storici operata dall'Arpinate in nome del ius oratoriaecalliditatis(16). natorm bri dm Spielm. (194 v. Chr.), «Chiron• 5, 1975 pp.157-163; vedi anche Bollinger 1969 p.3 s.; testimonianze in TLL s.v. orchestra930. 8 ss. (oltre a quelle discusse infra, cf. spec. Vitr. V 6, 2 In orchestra autnn senatorum sunt sedibus loca tksignata con Corso-Romano n. 219; Suet. Aug. 35. 2 Quosdam [se. senatores]ad excusandise verecundiamcompulit st'nlavitqueetiam excusantibusinsigne vestiset spectandiin orchestra ius). In ambito municipale il diritto dei senatori a sedere nel!'orchestra è attestato da una legge del 44 a.C. della città di Urso, colonia cesariana della Betica; il provvedimento, documentato per via epigrafica, concede la proedria ai magistrati (romani e locali), ai senatori, agli ex senatori, ai loro figli e ai prtUftctifabrum ddla Spagna Ulteriore, appanenenti questi ultimi all'ordine equestre: cf. Lex coloniaeGrnetivaecapp. 125-127 in Roman Statutes l pp. 413 s., testo; 449-4 51. commento; Kolendo 1981 pp. 305-307. Sul ius mundi in posti privilegiati concesso ai magistrati e, più in generale, sulla distribuzione del pubblico durante i pubblici spettacoli vedi anche le disposizioni della Tabula HeracleensisIl. 133; 137 s. (cf. Roman Statutes l pp. 368, testo; 387 s., commento) e:della Lex lrnitana cap. 81, Dr ordine specta/culorum/(cf.J. Gonzalez, The Lex lrnitana: a New Copy of the Flavian Municipal Law, «JRS• 76, 1986 pp. 147-243 spec. 174, testo; 226, commento; F. Lambeni, • Tabulae lrnitanae», municipalità e «ius Romanorum·: Napoli 1993 spec. pp. 227 s.; 345, testo e traduzione, con l'accurata recensione di J. Gonzalez, Reflexionrssobre la lex Flavia municipalis, «SDHJ. 61. 1995 pp. 803-820). (13) Cf. Cic. Com. I Jr.27 Cr. apud Ascon. 69, 14 C. col commento di Crawford p. 117 s. (14) Cf. Cic. har. mp. 24 cit. infra p. 15 n. 19. (I 5) Cf. Ascon. 70, 9 C. ••• et colkga eius [se. Scipionis]SempronioLongo hoc tributum roe senatui scribit, sed sine mmtione Megal.esium- ardii.esmim eosludosjàcerr soliti erant - votivis /udisfactum tradit quos Scipio n Longus coss.[ 194 a.C.] ftcerinr. Gli editori hanno congetturato che nella pane di testo caduta si facesse il nome di Fenestella. (1 6 ) Cf. Ascon. 70, 18 C. in hac quùkm orationt [se. Pro Cornelio].quia causapopularis erat p~baturque smatus auctoritau arque ob id dignitatem tius ordinis quam posstt maximt el.evaricausaeexpedùbat, paenituisseait Scipionemquod passusmet id fieri; in ea verotk haruspicumresponso,quia in smatu habebaturcuius auribu.serat blandimdum, et magnoperei//um laudat et non auctoremfaisse dandi - nam id erat /.evius- sed ipsum etiam dedissedicit.

- 15Livio, riferendo i fatti del 194 a.C., informa che in quell'anno gli edili curuli resero scenici i Megaknsiae che in occasione dei ludi Romani,per ordine dei nuovi censori, separarono i posti dei senatori da quelli del popolo; la novità suscitò scalpore e un diffuso malcontento, tanto che il console Scipione, suo promotore, sembra che alla fine si sia pentito di aver appoggiato questa proposta. Nel corso dell'anno furono celebrati anche i ludi Romani votivi(17). Valerio Massimo, infine, attesta che la divisione tra senatori e popolo fu introdotta dagli edili curuli, su suggerimento di Scipione, in occasione dei Megakn-

sia(18). L'analisi delle fonti induce a propendere per l'introduzione della proedria in occasione dei ludi Romani, i giochi, tra l'altro, più impottanti della romanità. La menzione dei ludi Megalenses in Cicerone potrebbe infatti essere, come suggerisce l'ultima parte della glossa di Asconio, un altro caso di oratoriaca//iditas.Nel passo in questione l'Arpinate accusa Clodio di aver profanato i Megaknsiada lui organizzati nel 56 a.C. concedendo agli schiavi libero accesso al teatro, quando invece suo padre e suo zio nelle stesse circostanze avevano al contrario cacciato gli schiavi dalla cavea; in questo contesto - è chiaro - ben s'inserisce il cenno alla concessione della proedria ai senatori proprio in occasione di questi giochi, notizia che, per quanto forse inventata ad hoc, nella strategia retorica del passo accentua comunque ottimamente il carattere solenne dei Megaknsia ed enfatizza ancor di più il Leitmotivdel mancato rispetto delle gerarchie sociali ( 19). Per quanto riguarda la testimonianza di Valerio Massimo, si può invece pen(17) Cf. Liv. XXXIV 44, 4-6 Creaticnuom Sex. Aelius Panus et C. CorneliusCethegus ... Gratiamquoqueingmtnn apud eum ordinmi [se. smatorium)pepererunt,quod ludiJRomanisaedi/ibuscurulibusimperarum

ut loCJZ smatoriasecernermta populo;nam antea in promiscuospectarant ... VerSIICrUm ludiqueRomani votiviquos voverarSer. SulpiciusGalbaconsulfacti-,54, 3-8 Megaksialudosscaenicos A. Atilius Sm-anus L. ScriboniusLibo udiks curuks primi focerunt. Horum aedi/ium ludos Romanosprimum smatus a populo secrnusspectavitpraebuitquesermones,sicut omnis novitassokt... ad quingmtesimumquinquagesimumoctavumannum in promiscuo spectatumesse;quid repmtefa.rum cur immisero sibi in caveapatrespkbmi nollmt?... Postmno ipsum quoque Africanum quodcomul auctoreius reifoissetpamituisseforum. ( 18) Val. Max. II 4, 3 Perquingmtosautnn et quinquagintaet octo annossmatuspopulo mixtusspectaculo ludorumintnfoit. Sed hunc moremAtilius Se"anus et L. Scriboniusaediks ludosMatri tkum facirntes,postrrioris Africani smtentiam secuti[Valerio confonde i due Scipioni) discretissmatus tt popu/i locissolverunt,taque m avertit vulgianimum et fovormi Scipionismagnopertquassavi~IV 5, 1 cit. suprap. 13 n. 11, con data consolare ma senza indicazione dell'occasione specifica. ( 19) Cic. har. mp. 24 Nam quid egotk i/lisludiJloquarquosin Palationostrimaiom ante tnnplum in ipso

Matris MagnaeconsptctuMegaksibusfori cekbrariquevoluerunt?Qui sunt mort imtitutisque maximt casti,solkmnn, rtligiosi;quibus ludisprimum ante popu/i comessumsmatui locumP. Africanusiterum comul ilk maior tkdit, ut eosludoshaecluesimpurapollueret!;il confronto con i ludi Megakmesorganizzati dai parenti di Clodio, Appio Claudio Pulcro, suo padre (edile verso il 91 a.C.), e Gaio Claudio Pulcro, suo zio (edile nel 99 a.C.), è svolto eia Cicerone in har. mp. 26; sui Megakmia organizzati eia Clodio vedi T.P. Wiseman, Clodiusat the Thtatrt, in Cimu, tht Poetand other Roman Essays,Lciccster 1974 pp. 159-169; Fraschetti 1990 p. 247 s.

-16sare a una mera svista, che, se egli attinge - come è verosimile - direttamente a Livio, potrebbe essere stata facilitata dalla menzione nella sua presunta fonte dei ludi Megalmsessubito prima dei ludi Romani(2°). La possibilità, infine, che la proedria sia stata introdotta in occasione di ludi votivi, che, come è noto, avevano carattere di eccezionalità, pare alquanto remota; è probabile che l'anonima fonte attestata in Asconio, fuorviata dalla denominazione simile, abbia semplicemente fatto confusione tra ludi Romanie ludi Romani votivi.

1.2. Cronologia

L. Roscio Otone propose la sua /ex theatralisin qualità di tribuno della plebe (21), carica che ricoprì nel 67 a.e., come si evince dalla notizia della sua opposizione, insieme al collega T rebellio, ali'approvazione della /ex Gabiniache conferiva a Pompeo poteri straordinari per la guerra contro i pirati cilici (22). Dissente da questa cronologia Scamuzzi, il quale ritiene invece che uno scolio di Asconio Pediano a un frammento della prima orazione ciceroniana Pro Cornelio, opportunamente corretto e interpretato, accrediti piuttosto una datazione della legge al dicembre 68 (23). Nella sua glossa Asconio dà conto della /exAurelia(24) e della /ex Roscia,menzionate nel frammento ciceroniano come esempi di norme accolte con favore, anzi addirittura caldeggiate, dal popolo; quando, dopo una crnx( 25), si viene a parlare della /ex Roscia,il commentatore usa l'espressione biennioante. Ora, siccome la /exAureliafu promulgata nel 70 a.e. (26), Scamuzzi, facendo decorrere da questo provve(20) la trama logica di Val. Max. II 4, 3, che tende a evidenziare la novità dell'impopolare provvedimento e il danno che ne venne a Scipione, è molto simile a quella presente in Liv. XXXIV 54, 3 ss. spcc. 6-8 cit. suprap. 15 n. 17; pare probabile quindi un rappono di dipendenza diretta tra i due passi, anche se, a rigore, non va esclusa l'eventualità che entrambi gli autori abbiano seguito da vicino una fonte comune. (21) Cf. Dio XXXVI 42, 1 (= T 19) ot& il>11µapx11o&v; Liv. ptr. 99 (= T 21). (22) Cf. Plut. Pomp. 25, 6; Dio XXXVI 24, 3 s.; 30, 1-4; le fonti sulla /ex Gabiniasono raccolte in Rotondi p. 371 s.; MRR II p. 144 s. s.v. A. Gabinius.Una sintetica scheda prosopografica su Roscio è firmata da Von der Miihll in RE XI 1126 s.v. Rosciusnr. 22. (23) Ascon. 78, 26 C. (= T 1); Scamuzzi 1969 pp. 144-152. La datazione di Scamuzzisi legge anche in Bcacham1991 p. 246 n. 16. (24) Si tratta della /ex Aurr!liaiuaiciaria,provvedimento proposto nd 70 a.C. dal pretore L. Aurelio Cotta, che toglieva al senato il controllo del potere giudiziario, ripanendo i collegi giudicanti in tre de"'rw composte da senatori, cavalieri e tribuni dell'erario (questi ultimi erano incaricati della esazione delle imposte); sulla /ex Au"lia vedi Rotondi p. 369; Nicolet 1966 pp. 593-613; Marshall 1975 spcc. p. 139 s. (25) Il problema filologico del passo è discusso infra p. 20 s. (26) Nell'anno del processo contro Verre, tra la prima e la seconda aaw. cf. Cic. Vtrr. II 5, 178 primo agrrrcoepimus/ex non trtlt promulgata. .. Posteaquam iste[Verre] "crrari et conjìrmllrivisusest, /ex statim promulgatant, Clumt. 130 i/lo ipsotemp°" il/is cmsoribus[Gn. Cornelio Lcntulo Clodiano e l. Gcllio Publicola, censori nel 70 a.C., cf. MRR II p. 126 s. s.v.] trant iuaicia(Umequestriordinecommunica~ Marshall 1975 pp.137-139.

"'m

-17dimento l'indicazione cronologica contenuta nel passo, considera biennioante una corruttela, che emenda in bienniopost, attribuendo l'errore a una mera distrazione da parte di Asconio. La /ex theatralissarebbe stata quindi, a suo giudizio, proposta da Roscio appena entrato in carica, vale a dire subito dopo il 10 dicembre 68 (27), e, trascorso il trinundinum prescritto (28), approvata entro la fine di quell'anno. A sostegno della sua tesi Scamuzzi cita un passo di Cassio Dione in cui lo storico greco stabilisce un confronto tra la /ex Rosciatheatralise la /exManilia de libertinorum suffeagiis,che concedeva il diritto di voto ai liberti nella tribù del loro patrono (29). Quest'ultima legge fu proposta da Gaio Manilio, designato nel dicembre 67 a.C. tribuno della plebe per l'anno successivo, pochi giorni dopo la sua entrata in carica e fu fatta approvare l'ultimo giorno del mese (30), ultimo giorno utile prima che entrassero in carica i consoli designati, L. Volcacio Tullio e M. Emilio Lepido, ostili al provvedimento. Il primo gennaio 66, tuttavia, i nuovi consoli fecero cassare la /ex Manilia, giudicata inammissibile nel merito, ma soprattutto inaccettabile dal punto di vista formale per la cekritasactionisdel proponente, il quale, stando a quanto si può desumere dalle fonti, non avrebbe atteso per la votazione della legge la fine del trinundinum(31). Intenzione di Dione, sempre secondo Scamuzzi, sarebbe quella di contrapporre al comportamento poco accorto di Manilio la prontezza e la tempestività di Roscio: Manilio, ritardando la rogatiokgisanche solo di pochi giorni rispetto alla sua entrata in carica, si precluse la possibilità di concluderne la promulgatioentro l'anno, fornendo così ai suoi avversari una motivazione ineccepibile per la successiva abrogazione; Roscio invece avrebbe proposto subito la sua legge, appena designato tribuno, forse proprio il 1O dicembre 68. (27) Sul giorno d'entrata in carica dei tribuni della plebe siamo informati da Dion. Hai. VI 89, 2; vedi anche Liv. XXXIX 52, 5; ulteriori testimonianze in Scamuzzi 1969 p. 147 n. 120. (28) La /a uudli4 Diduz(98 a.C.) stabiliva che un provvedimento di legge doveva rimanere esposto al pubblico per tre mercati consecutivi (trinundinum) prima di essere presentato ai comizi per l'approvazione. Sic.come i mercati (nundùuu) si tenevano ogni otto giorni, ne risulta un periodo di 17 giorni, che si ottiene sommando ai tre din nundi1111rum le due settimane che intercorrono tra i tre mercati; meno probabile che nel computo fossecompresa anche una terza settimana, successiva al terzo mercato, il che ponerebbe il trinundinum a una durata di 24 giorni; al riguardo vedi Rotondi pp.125-131; 335; Scamuzzi 1969 pp.152 ss. spec. 157-165; RtmuznStlllUln I p. 9 s. (29) Cf. Dio XXXVI 42, 1-3 (= T 19); sulla /a M11nili4vedi Rotondi p. 375 s.v. (30) Cf. Dio XXXVI 42, 2 (= T 19) &v t& tfj &CJXUt"(I toù étouç ~µtpq 1cai 1tpòç Écrn:tpav. (3 1) Cf. Cic. Com. I fr. 15 Cr. In quo cum multa rq'"htnSIIsint, tum inprimis ct/mtllS lldionis apud Ascon. 65, 3 C. ulmt11tnn lldionis signifo11t,quotiM11nilius ... postp11uculos Stlltimdw q,uzm inimlt tribu1111tum kgtm t11ndnnCompitlllibus pmulit (i CompitllUll erano feste mobili che avevano luogo dopo i Saturnali, tra la fine di dicembre e le 1101Ult di gennaio, in una data fissata di volta in volta dal pretore: cf. Scullard 1981 pp. 58-60; Fraschetti 1990 pp. 204-254); la glossa di Ascanio, che stigmatizza l'avventatezza politica dell'iniziativa di Manilio (postplluculosstlltimdw), intende con turta probabilità alludere anche, più tecnicamente, a una precisa irregolarità procedurale, vale a dire al mancato rispetto del trinundinum, cui si aggiunge l'aggravante di aver fatto votare una legge in un giorno di ftrùu conctptiwu,di norma interdetto alle ILgis lldionts e ai comi~ cf. Crawford 4" Cic. I.e.

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L'interpretazione di Scarnuzzi appare francamente forzata: la contrapposizione. ceno presente nel passo di Dione, riguarda a mio giudizio solo la diversa accoglienza riservata alle due proposte di legge, favorevole per la /exRoscia(E1tatvov), decisamente ostile per la /exManilia, che quasi costò al suo proponente una incriminazione (òtKllV ÒAiyouÙ1tÉO'XE);ciò che nel testo greco segue pare inteso solo a illustrare il componamento illegale di Manilio e non sembra quindi avere più attinenza con il confronto tra l'operato dei due tribuni. D'altra pane, se per Manilio la cekritasaveva una giustificazione, non si vede quale ragione avrebbe avuto Roscio per affrettare i tempi dell'iter legislativo, esponendosi così - lui pure, come l'anno successivo Manilio - a possibile critiche per la precipitosità con cui veniva avanzata la proposta di legge. Quanto poi allo scolio di Ascanio Pediano, il testo tràdito non necessita di alcun emendamento: la notazione biennioante risulta infatti del tutto accettabile, e collima anzi perfettamente con la datazione della /exRosciaal 67 a.C., se la si riferisce non alla /exAurelia (70 a.C.), bensì, come è anche più naturale trattandosi di una glossa, alla stessa Pro Cornelio,pronunciata nel 65 a.C. (32). Lo scolio quindi, lungi dall'accreditare, come sostiene Scarnuzzi, una differente cronologia della /exRoscia,finisce invece per fornire una ulteriore conferma alla datazione comunemente accettata. Altra notazione imporrante - e problematica - presente nello scolio è il fatto che Ascanio in relazione ali'azione legislativa di Roscio utilizza il verbo confirmavit, il che, unitamente al restituit,impiegato a questo proposito da Cicerone e da Vclleio, ha indotto gli studiosi a cercare dei precedenti per tale normativa; contrasta però con questa eventualità la testimonianza di Plutarco, il quale presenta esplicitamente Roscio come un innovatore (33 ). Badian, sviluppando un'ipotesi già di Mommsen, il quale reputa non attendibile il passo di Plutarco (34), suggerisce di collegare l'introduzione della proedria equestre al pkbiscitum reddendorumequorum promosso da Gaio Gracco nel 129 a.C.; tale privilegio sarebbe stato poi soppresso da Silla {35 ). (.12) Per la datazione di questa orazione cf. Ascon. 57, I C. Hanc orationemdixit L. Cotta L. Tortputui

coss.[65 a.C.] ... [se. C. Comelius]FueratquarstorCn. Pompeii,dein tribunuspkbis C. Pisonemain - lnstitutions comparirs,ibid. 1998 pp. 90-117. (BO) Cf. TLL s.v. 1339, 8 ss., infamia prrprtuo inharm. (81) Cf. Laber. 152 s. B. rqursRomanuse Lareegmsusmro I domum rrorrtarmimus;Sen. contr.VII 3, 9

Labmum divus lulius ludis suis mimum produxit, drindr rqurstriillum ordini mldidit; iussit irr srssumin rqwstria: omnia ita sr roartawrunt, ut vrnirntrm non reriprrrnr,Suet. Can. 39, 3 Ludis Drrimus Labrriusrqurs Romanusmimum suum egit dcnatusqurquinquagmtissrstmiis rt anulo aurro smum in quattuordrrimr scama prr orchr1tramtransiit,Macr. Sat. II 3, l O Labmus in finr ludcrum anulo aurrohonoratusa Canarr e wstigioin quattuordrrimad 1pectandumtransiitviolatoordine... drtrectatusestequrs&manus rt comminusrrmissus;7, 2 s.; 7 s.; VII 3, 8, che erroneamente colloca nei quattuordrcimgradusi senatori anziché i cavalieri; F. Giancotti, Mimo e gnome. Studio su Decimo Labmo r Pub/ilio Siro, Messina-Firenze 1967 pp. 167-223; Nicolet 1974 pp. 919-921; Ducos 1990 p. 27 s. li gesto di Cesare fu emulato nel 43 a.C. dal questore Balbo, cf. infra p. 35. (82) Quint. III 6, 18 s. (= T 12). (Hl) Ps.-Quint. drcl. 302 (= T 20). (84) Quint. Ili 6, I 8 (= T 12) • Qui artrm ludicramrxercumt, in quattuordrcimprimis ordinibus ne sr-

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Nel smatus consultumepigrafico ritrovato a Larinum, nel Sannio, datato al 19 d.C., il divieto di esibirsi sulla scena e nell'arena risulta esteso ai membri delle famiglie di rango equestre, identificate tramite l'indicazione del diritto alla proedria (85). Il criterio generazionale, valido per la dignitas,non riguardava invece l'infamia, per cui nulla impediva che i figli di chi aveva esercitato una professione disonorevole, se titolari del censo equestre, sedessero nelle prime file del teatro; Giovenale, per bocca di Umbricio, protesta contro questa siruazione, verosimilmente comune ai ·suoi tempi, lamentando il facto che la kx Rosciatenesse conto solo del patrimonio dei cittadini romani e non della loro moralità, personale e familiare (86). Delle quattordici file riservate ai cavalieri le prime due erano a disposizione di chi esercitava o aveva esercitato in passato la carica di tribuno militare, magistrarura che dava accesso all'ordine equestre (87); ructavia, siccome tribuni e tribunicii non cosciruivano cerco un gruppo così numeroso da occupare per incero due file di una cavea teatrale, è verosimile che la kx Rosciariconoscesse loro un semplice diritto di prelazione rispetto agli altri cavalieri. Orazio, che godeva di cale diritto avendo militato come tribuno a Filippi (88), lamenta il fatto che questa norma consentisse anche a personaggi moralmente spregevoli e non di nascita libera, come l'anonimo protagonista del quarto epodo (89), di dut,,,; Ps.-Quint. decL302 th. (= T 20) GU.OIATORIN QUATTUORDECIMGRAOIBUSNE SEDEATcon Wìncerbottom tUiL Un passodi Gaio attinente l'infamia concorda, nella tenera, con il testo di Quintiliano e, nel merito, con la tesi sostenuta nella declamazione a lui attribuita: Dig. III 2, 3 Q"i a1'lml opertlSS1l4S locavit"' prodim

artis buiil:raeca11111 ne9w prodit, non notalUT:1/"ia non m ta rtS lllko tr1rpis"' ttiam consili"mp"niri debtat. (85) «AnnEpigr» 1978, 145, 11.7-10 [pla}ctrtne 'f"ÌS ... 11n1t fllU![moou.spatri a"t avo I v}tl paW?Wvtl m4ln'1IO ""' frlltri ntvt 1/""m C1'iu.s viro llut plltri a1't avo patn-no v{tl matn-noa1'tfratri iu.s}I faissn """l""m sp«tllNiiin t'{"itibu.slocisin scllmllmproductrtt auctortlmmtovt ro{gtlm ut C1'mbtstiis lkJ1"f111l} I rtt a1't ut pinnllSg/adialorMmr"Ptrtl ""' "' r1'demtollnn aliovt 'f"Odtiu.srti simik min{istram; il rango equestre è indicato con perifrasi attinenti la proedria ancora in 11.12-14 '{"ibu.sstdmdi in t9ut1tribu.slocisiu.serat... tks{civrrantS1'1l spontt tx I t'{"}t1tribu.s l«is; erano esentati dal provvedimento e dalle sanzioni da esso previste coloro che avevano già esercitato, loro o i loro genitori, I'arsludicrae i figli di altri infamtr. Il. 15 s. pratttr'{"llmsi 'f"ÌS iam prodnsn [sic] in scllmllmoperasvt{S114S tUiharmam locassttsi- ! vt na}trlSnatavt mn tx histriont a1'tglalUlllOrt""' lanista ""' knone. Sul SC di Larin"m cf. Stelluti 1997 spcc., per quanto riguasda gli t91'ittS,lo studio della Demougin, Il pp. 575-597 (= Ead. 1988 pp. 555-585), e, sul divieto di esibirsi nei ludi scaenici e g/adilltorii, il contributo della Levick, II pp. 543-551 (= Ead. 1983 pp. 105-110). (86) luv. 3, 140 ss. (= T 15). (87) Cf. Nicolct 1966 p. 270 ss.; Demougin 1988 pp. 285 ss.; 323 ss.; vedi anche 170 s.; 809 e la precisazione fana mpra p. 27 n. 71. La prima testimonianza in cui, in un contesto aninence il pubblico presence a teatro, i trib,mi sono distinti dagli altri t'{"ittS è Cic. Att. XV 3, 2 Dt stila Gusaris btnt tribMni;praeclarosttiam Xliii ordines,dove si allude a un seggio dorato concesso a Cesare e rivendicato, dopo la sua morte, da Ottaviano, cf. Shackleton Bailcy mi L; tribllnicd tf11'ittsrisultano accomunati nel diritto alla proedria, questa volta in un anfiteatro, in Calp. tcL 7, 29 (= T 9). (88) Fonti e discussione sul cavalierato di Orazio in D. Armstrong, Horatiu.stf/utS n scribtl:Satirts 1, 6 arui 2, 7. •T APhA,. 116, 1986 pp. 2 5 5-288. (89) La scoliastica identifica questo personaggio con Pompeo Mena, liberto di Pompeo e tribuno militare sono Augusto (Porphyr. Hor. tpod.4, l; Ps.-Acr. ibui.), ma si tratta di una questione discussa, cf. M.

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occupare a teatro un seggio di prestigio, eludendo peraltro il requisito dell' ingmuitas previsto dalla stessa kx Roscia(90); della diversa condizione sociale tenevano invece conto i beneficiari di tale privilegio, i quali, instaurando, verosimilmente per forza di consuetudine, una sorta di gerarchia interna, confinavano i libeni nella seconda delle due file a loro destinate (91 ). In queste file è probabile che fossero soliti prendere posto, accanto a tribuni e tribunici~ anche i magistrati minori e gli assistenti dei tribuni stessi: Ovidio, appartenente al tribunale civile dei decemviristlitibusiudicandis,racconta di aver assistito ai ludi Megalensesnell'anniversario della battaglia di Tapso (6 aprile) insieme a un vecchio che aveva militato sotto Cesare come tribuno (92 ); Tacito riferisce che il libeno Fonunato fu compensato da Nerone per una sua delazione con un posto, evidentemente onorifico, nel settore dove sedevano i viatoresagli ordini dei tribuni, che, verosimilmente, non dovevano essere troppo lontani dai loro superiori (93). Malavolta EO I p. 805 s. s.v. Mnur. più in generale, sulla promozione di libeni e di militari al rango equestre vedi Demougin 1992 (il caso di Mena è menzionato a p.112). (90) Cf. Hor. epod.4, 15-20 (= T 4) spec. v. 16 Othonecontnnptosetkt-,anche Bollinger 1969 p. 5; Agnati 2000 pp. 21 n. 12; 38 n. 50. (91) Cf. Hor. semi. I 6, 38-41 (= T 5). (92) Cf. Ov. fast. IV 377-384 (= T 7). I decm,viri stlitibusitulica,u/isgiudicavano cause riguardanti libenà e cittadinanza; sotto Augusto presiedevano il collegio dei centumviri:cf. Cic. Guc. 97; dom.78; Suet. Aug. 36; Guarino p. 20 I; M. Kaser, Das romischeZivilproussrecht.Zweite Auflage, neu bearbeitet von K. Hackl, Miinchen 1996 2 (prima ed. ibid. 1966) p. 52 ss.; L. Gagliardi, Decm,virie cmtumviri: originie competnu:e,Milano 2002. In altro contesto Ovidio afferma di aver fatto pane di un collegio triumvirale, verosimilmente i tmviri capitala.addetti all'esecuzione delle sentenze capitali: tr. IV 10, 33 s. Cepimusn tmn'tU primos anatis honom I eque viris quondampan tribus unafar, vedi anche tr. II 93-95 n« mak commissam

nobisfortuna reorum,I lisquedecm, decimsinspicimdaviris.I &s quoqueprivatasstatuìsinecrimineiutlex,dove il poeta ricorda ad Augusto di aver assolto con onore gli incarichi, rispettivamente, di tmvir (v. 93), di cmtumvir (v. 94; cf. Pont. III 5, 23 s. utquefai solitus,sedissm,fonitan unusI de cmtum iudex in tua verbtzviris)e di iudex unus, cf. Luck ad L; sui tmviri vedi C. Cascione, « Tmviri capitaks».Storiadi una magistraturaminore,Napoli 1999; sul iudex unus, Guarino p. 20 I. Ora, dato che l'incarico di triumvire quello di t/«m,vir, appanenendo entrambi al vigintivirato, erano usualmente alternativi, Nipperdey e Rawson ritengono che Ovidio non sia mai stato decm,vire, per quanto riguarda la testimonianza di fast. I.e., Nipperdey al v. 384 correggebis quinos... virosin bis decm,... viros,Rawson 1987 p. 104 n. 122 = 1991 p. 533 n. 122, invece, considera l'accenno al decemvirato una licenza poetica. Ai fini del nostro problema specifico della proedria teatrale ne conseguirebbe che il diritto a sedere nelle prime1ìie della cavea sarebbe da considerare esteso all'intero collegio dei venti. Le attestazioni ovidiane in materia di cariche pubbliche non fanno invece problema a E.J. Kenney, Ovid and the Law, •YCS• 21, 1969 pp. 243-263 spec. 243-249, il quale sostiene che in età augustea. a causa della riduzione del numero dei candidati eleggibili alle magistrature minori, era anche possibile che la stessa persona ricevesse più di un incarico (così intende anche Fantham ad Ov. fast. I.e.). (93) Cf. Tac. ann. XVI 12, 1 (65 d.C.) liberton accusatori prannium operaelocusin theatrointv viatorrs tribuniciosdatur. L'afferenza al tribunato era un modo indiretto per conferire a un uomo di condizione libertina il privilegio della proedria; al riguardo vedi anche l'episodio riferito da Dio LIII 27, 6 (25 a.C.) ra10ç

(3ci9p

V 17t7tÉOOV tàç ÈVtoiç 8eatpo1ç tOpaç à1Cp1proç à1tò t&v aÀ.À.roV àcproplCJE) [2] Kai E7tUlVOV È1t'aùtép eì..apev,o oè OT} MaÀ.À.1oç[= Mani/ius] Kai oi1e11vÒÀ.iyouU7tÉCJXE" tép yàp e0vet tq> t&v à1teÀ.eu8Éprov ev te tij ÈcrxatlJ toù etouç T)µÉp~1eai 1tpòç ÉCJ7tÉpav, 1tapaCJ1Ceuacraç nvàç ÈKtoù oµiÀ.ou,w11cpicracra8a1 µetà t&v ÈçeÀ.Eu0eprocravtrov crcpàçeoro1eev.[3] 'E1teì oè it Pouì..it eù0ùç tij ucrtepai~, Èv aùtij tij vouµ11vi~Èv ù Aou1e16çtE TouÀ.À.1oç JCaiAìµiÀ.toç ÀÉ1t1ooçU7tUtEUElV t1pl;avto, tòv voµov aù-roù à1tew11cpicrato .... (20) Ps.-Quint. dtcL 302 tit. Auctoratusob sepe/imdumpatrem

th. Gl.ADIATORIN QUAlTUORDECIM GRADIBUSNE SEDEAT. Quidam ut patremsepeurtt auctoravitse.Die munnisproductussub titulocausaerudnnpostulantepopuloaccepit. Posteapatrimoniumstatutumper kgesequitibusadquisivit.Prohibtturgradibus. tkcL [1] Posteadicam qua causapame gladiatorfactussit, posteahoc quod obiciturin laudnn vntam; interimincipereubet ab ipsakge. lus eme sedtndiimpkt ingmuitas et cmsus. Quaermdum est ergoan hic gladiatorsit aut funit ... [2] Gladiator igiturestqui in harmapopulospectanttpugnavit... Quaeroan, si creditorpost datam pecuniamoperasremisisset,dicereseum gladiatoremfuisse?[3] «In ludofuit. » Fueruntdoaoreset mediciet ministri,nequetamen[in] ilionominetmmtur. «Productusest.»Et a/ii multi, spectacu/i gratia. «Sedadfuitpugnat.» t Sed animum tenetist cumpraesmim hic ordoex laudemiutiat hocnomenaccepnit.Non ergopugnaper se turpisest,sedinhonestapugna. Dedit mim etfami/iis nomina:hinc Corvini, hinc Torquati,hinc Opimi. [4] lllum ergomaioresprohibuerunttheatroqui vilitatt, qui gula seauctorasstt.Mutuatusestpecuniamut patremsepeliret,mutuatus undt potuit; et quo turpiusputas essesic mutuari, hochonestiusfecit. (21) Liv. per. 99 L. Rosciustribunuspkbis kgem tulit, ut equitibusRomanisin theatro quattuortkcimgradusproximi [se. ab orchestra]adsignarmtur.

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2.

IL LIBRO

V DI MARZIALE E IL CICLO

SULLA LEX

Rose/ATHEATRALIS

Nella poesia di Marziale (da qui siglato con M.) si possono riconoscere due direttrici fondamentali: l'omaggio, riservato ad amici, patroni e all'imperatore, e l'intrattenimento del lettore comune tramite epigr. giocosi e spesso osceni ( 122); queXeniae ste componenti, dopo la fase delle raccolte tematiche - liberde spectaculis, Apophoreta-, convivono era di loro e con altre, tra cui il cospicuo filone degli epigr. di argomento letterario ( 123), all'interno delle raccolte generiche - i libri IXII - in un sostanziale equilibrio. Nell'allestire le sue raccolte M. dimostra di preferire al canone classicistico dell' aequalitas(124) un altro principio compositivo, più flessibile e adatto al genere letterario da lui praticato, la poikilia, e propone un sapiente bilanciamento tra le diverse componenti e i diversi mezzi espressivi, il cui punto di equilibrio varia da raccolta a raccolta ( 125); per quanto riguarda la lunghezza del libro, egli mostra insofferenza per l'opusmagnum,che rischia di annoiare il lettore (126), e si tutela da questo pericolo non tanto, secondo la lezione callimachea, con la brevitasepigrammatica, che non ritiene un valore assoluto (127), quanto piuttosto suggerendo al lettore di selezionare lui stesso i cesti più conformi ai suoi gusti (128). La successione e la distribuzione degli epigr. all'interno dei libri risponde a un criterio di ordinamento, che è inteso a dilettare il pubblico generico, tramite un artistico effetto di piacevole varietà, e a regolare in termini strategici l'approccio ai destinatari d'elezione della raccolta; nel definire quesc'ordine, non rigido ma comun(122) Cf. Citroni 1988 pp. 4; 12 e passim;per un profilo complessivo di M. cf. Sullivan 1991; Citroni 1991 pp. 184-189; Id., Marziak e la tradizionetk/Jrpigrammalatino, introduzione a M. Valerio Marziale, Epigrammi,saggio introduttivo e introduzione di M. Citroni, traduzione di M. Scàndola, note di E. Merli, 1-11,Milano 1996 (BUR; testo di haac) pp. 65-106, ampliamento e aggiornamento di M. Citroni, Marziak, in F. Della Corte (dir.), Dizionariotkgli scrittorigmi e latini, Il, Milano 1988 pp. 1297-1312; vedi anche Laurens 1989 pp.215-372. (123) Cf. Citroni 1968. ( 124) Cf. I 16 Sunt bona,sunt qu,udam mediocria,sunt malaplura I qwu kgis hic:a/irn nonfit. Avite, liber,VII 81; 90 lactat in,uquakm Matho me ftcisse /ibe/Jum:I si ""14mest, laudat carminanostrtlMatho. I Aequaks scribit /ibros Calvinus et Umber:I aequalisliber est, Cretiu, qui malus m; X 46; Citroni 1968 p. 271 s. (125) Ad esempio, il libro IX è fortemente adulatorio nei riguardi di Domiziano; il libro XI è invece molto licenzioso, all'insegna della libmas saturnalicia. (126) Cf. I 118 Cui kgissesatisnon est epigrammatacmtum, I nil illi satisest, Cudiciane, mali e Citroni ad L; anche IV 29, 1-3; X I. (127) Cf. VIII 29 Distichaqui scribit,puto, vu1tbrevitatepiacere.I Quid prodestbrevitas,dic mihi, si liber rst?L'epigr. di M. rifiuta rigidi vincoli formalistici e ammette: sia la brevità sia la lunghezza; al riguardo vedi la difesa del poeta dall'accusa di scrivere epigr. troppo lunghi in I 110; Il 77; anche VI 65, 5 s.; X 59 e Citroni 1968 pp. 269 s.; 281 s. (128) Cf. IV 82, 7 s.; VI 65, 4 si breviora probas,distichasolakgas;X 1, 2 kgitopauca:,anche IV 29; XI 106 e: la funzione: di «indice» svolta dai kmmata di Xmia e Apophoreta(XIII 3, 7 s.; XIV 2).

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que riconoscibile, risulta evidente l'intenzione di M. di perseguire un bilanciamento tra le istanze delle diverse fasce del suo pubblico (129). L'inizio del libro è la sezione in cui l'attenzione compositiva dell'autore risulta maggiore (si tratta, del resto, del delicato momento in cui si prende contatto col destinatario): questa pane è solitamente caratterizzata dalla presenza di alcuni epigr. di carattere programmatico o proemiale, spesso organizzati in sequenze nelle quali è riconoscibile uno schema e un preciso intento anistico e comunicativo (130); meno curata risulta la pane finale, che presenta comunque, almeno in alcuni casi, dei chiari segnali di chiusura (rn); nel corpo centrale delle raccolte di M. domina invece, in genere, la varietà. L'effetto di poikiliaviene realizzato dal poeta, sul piano formale, tramite la variazione del metro (132) e della lunghezza (133) del carme e, sul piano contenutistico, tramite il succedersi di epigr. diversi per argomento, tono, destinatario; queste tecniche di variazione possono essere usate singolarmente oppure in combinazione, allo scopo di enfatizzare momenti panicolari del libro. (129) Sull'argomento vedi gli studi di Merli (1993 e 1998) e di J. Scherf (Zur KompositionvonMartials Gedichtbiichern 1-12, in Grcwing 1998 pp. 119-138; Unursuchungmzur BuchgmaltungMartials,Miinchen

200 I); osservazioni imponanti anche in Citroni pp. XXVI-XXIX; Sullivan 1991 pp. 217-221; Grcwing pp. 26-31. (130) Cf. Merli 1993 pp. 238 s.; 248 s.; 252 s.; la sezione proemiale del nostro libro è una di queste, cf. infra p. 55. (131) Per il libro I cf. Citroni p. XXXVIII; per i libri IV; V; XIV cf. Id. 1989 pp.210-213 = 1992 pp.437-442; per il libro XI cf. Kay n. intr. All'epigr. 106; D.P. Fowler •MD• 22, 1989 p. 107 s.; Merli 1993 p. 253 n. 58; Sullivan 1991 p. 217 avanza l'ipotesi che M. concepisse le sue raccolte come •open-cnded collections•, disponibili ad accogliere, anche poco tempo prima della pubblicazione, epigr. ispirati a circostanze di attualità, che potevano essere inseriti senza troppi problemi all'interno della pane finale del libro, luciata volutamente poco coesa e poco caranerizzata. (132) Gli epigr. di M. sono composti in distici elegiaci - il metro di gran lunga più frequente - endecasillabi falecei e, più raramente, in trimetri giambici scazonti; altri schemi metrici sono cccczionali, cf. Nordo pp. 919-921. La bibliografia sulla metrica di M. è raccolta da F. Cupaiuolo, Bibliografiadella manca latina, Napoli 1995 s.v. Martiaus,p. 160 s. cui va aggiunto lo studio di RM. Marina Saez, La mitrica de los epigramasde Marcial.Esqum14Sritmicosy esqunnaswrbaks, Zaragoza 1998. (133) Tenendo conto del fano che gli epigr. di M. per lo più contano dai 4 ai IO vv., a rigore si possono considerare elementi furmali di variazione rispeno a tale modulo rutti i testi che non rientrano in questi parametri, vale a dire, da una pane, gli Einuldistichae, dall'altra, gli «epigr. lunghi•. Tuttavia va osservato che, mentre I'Einultiistichonrappresenta una •furma minima• di epigr. (gli unici monostici presenti in M. sono II 73, fursc un frammento; VII 98; VIII 19), immediatamente riconoscibile da pane del lettore e dotata di una sua identità metrica e anche poetica (per lo più si tratta di arguti Witu: cf. M. Lausberg, Das Einu/Jistichon, Milnchen 1982), •epigr. lungo• è invece una definizione convenzionale, suggerita da ragioni di ordine pratico, anche perché la lunghezza di un epigr. viene percepita dal lettore come un elemento rilevante non solo e non tanto in rappono a una soglia numerica, ma soprattutto quando si ha un fune scano rispetto all'estensione degli epigr. a esso più vicini; si tratta perciò di un fattore dipendente anche dal contesto e che va quindi verificato caso per caso, nell'ambito di concrete sequenze di epigr., dove può essere giocato o meno in funzione dcli' effetto di poiki/ia.

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La ricerca della varietasrisulta controbilanciata dalla ricerca dell'interazione tra epigr. distanti: M. infatti spesso tende ad avvicinare epigr. affini per tema, tono o destinazione, demandando in questi casi la realizzazione dell'effetto di poiltiliaai procedimenti di carattere formale. Ciò vale soprattutto per gli epigr. cortigiani e anche, ma in misura minore, per l'omaggio ai patroni e per gli epigr. scommatici che vertono sullo stesso motivo o tipo comico. Nei primi due casi la ricerca d'interazione è un aspetto dell'adeguamento del genere epigrammatico alla funzione celebrativa, dato che in questo modo M. riesce a dare corpo al suo omaggio, articolato su più testi, senza dover nel contempo derogare vistosamente alla brevitasepigrammatica ( 131); nel caso dei testi scommatici, destinati all'intrattenimento del pubblico generico, si tratta invece, in genere, di collegamenti intesi a evidenziare effetti di Mo-

tivvariation. Il libro V è stato pubblicato in occasione dei Saturnali di un anno che molto probabilmente va fissato all'89 d.C.; comprende 84 epigr. in tre diversi metri (distico elegiaco, 58; endecasillabo faleceo, 16; trimetro giambico scazonte, 10) ed è il primo che M. dedica formalmente all'imperatore Domiziano.

2.1. Datazione Il terminuspost qunn per il libro è la pace che Domiziano concluse con i Daci nell'autunno 89 (m), mentre come ante qunn vale la data di pubblicazione del libro VII, uscito nel dicembre 92 (136); siccome M. è solito pubblicare, all'incirca, un libro all'anno (m) e in questo caso si ha un intervallo di tre anni (89-91) per solo due libri (V-VI), ne consegue una datazione che presenta una oscillazione di un anno, secondo la quale il libro V andrà collocato o nell'89 o nel 90; va escluso invece il 91, anno da riservare al libro VI nell'eventualità di una cronologia bassa ( 138). Per il libro V sono state avanzate quattro proposte di datazione: 1. autunno 89 (Frdl. I p. 56) 2. anno 90 (Syme 1980 p. 43 s.) (131) Per certi versi analogo è il caso degli epigr. attribuiti a Seneca che celebrano il trionfo di Oaudio sui Britanni (AL 417-424); T andoi 1962 p. 83 = 1992 p. 449 «si tratta di un ciclo di epigrammiognuno in sé

compiuto ma rutti legati fra di loro in una superiore unità-. (135) Cf. V 3, 1 s. Acro/aiam nostrM D~. Germanice,ripae.I a famulis Histri qui tibi wnit ~ Degisera il fratello dd re dei Daci Deccbalo; Gn-manicusera il Siegerbeinameassunto da Domiziano nell'83 dopo aver trionfato sui Catti. Sulle guerre daciche di Domiziano vedi K. Strobel, Dir DonauhugeDomitians, Bonn 1989; Jones 1992 pp. 138 s.; 141-143; 150 s.; 226 n. 76, fonti e bibliografia. (136) Cf. FRII. I p. 58 s.; Citroni 1989 p. 216 s. (137) Cf. X 70, 1 s. Quotimihi vix unus toto likr exratanno I dnidiae tibi tum. d«te Potiu, ma; questo dato risulta confermato dalla cronologia comunemente accenata per i singoli libri: cf. Grewing p. 21. (138) Per il libro V Howell 2 p. 2 s. ammette due datazioni alternative: dicembre 89 (Citroni) oppure dicembre 90 (Sullivan); Grewing pp.21-23 data il libro VI, con FRII., all'estate o all'aurunno dd 90.

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3. dicembre 89 (Citroni 1989 pp. 220-222) 4. dicembre 90 (Sullivan 1991 p. 35) 1. Frdl. si basa su un argumentumex silentio.Domiziano, di ritorno dalle campagne militari dell'89, celebrò verso, e comunque non oltre, la fine dell'anno un doppio trionfo: sui Catti, che avevano appoggiato la rivolta di Antonio Saturnino (139),e sui Daci (1"°). Siccome il primo libro in cui M. ricorda il doppio trionfo è il VI (14 1), il libro V precederebbe l'avvenimento; Frdl. non si spiega altrimenti il silenzio su un fatto pubblico di tale rilevanza in una raccolta dedicata all'imperatore. 2. Syme corregge la cronologia di Frdl. sulla scorta dell'epigr. IV 11, che ricorda la rivolta di Saturnino (142). Ora, poiché la sollevazione scoppiò il 1 gennaio 89 e, come detto, il libro VII uscì nel dicembre 92, risulta uno spazio di tre anni (89-90-91) in cui andrebbero collocati tre libri di epigr. (IV-V-VI); Syme quindi, tenendo conto del ritmo abituale di pubblicazione di M., data il libro IV all'89, il V al 90 e il VI al 91. 3. Ci troni ritiene che il libro V sia da datare al dicembre 89: l' epigr. 19 sembra presupporre il doppio trionfo dell'89, che Citroni ritiene di poco anteriore alla pubblicazione del libro ( 143), e da alcuni epigr. risulta che la raccolta è uscita in oc(139) Il I gennaio 89 Antonio Saturnino, legato della Germania Superiore, sostenuto dalle sue legioni, dai Catti e da altre tribù germaniche confinanti, si feceproclamare imperatore; la rivolta fu prontamente sedata e, come risulta dagliAni degli Arvali di quell'anno, la notizia della vittoria arrivò a Roma tra il 17 e il 25 gennaio (Cll VI 2066, 21-23; 36 s.), raggiungendoDomiziano quando questi era ancora in marcia contro il ribelle.Sull'episodiovedi Walscr 1968; B.W. Jones, Smatori41 injlumct in tht rtVOit of Satuminus,•l.atomw• 33, 1974 pp. 529-535; Syme 1978,. 1984; C.L. Murison, Tht rtVOitof Satuminus in Upptr Gtrmllny, «EMC. 29, 1985 pp.31-49; Strobcl 1986; Jones 1992 pp. 144-149. (1-W) Cf. Suet. Dom.6, I ~ ChattisDIICistJw post 1111ria protlillduplicmitriumphumtgit;Eutr. VII 23, 4 ~ Dtzt:isut.ttisqutdup/icm,triumphumtgit;forse a questa circostanzasi riferisceanche Fior. VtJK.I, 2 cltzrissimusilk de D«i4 triumphus:cf. I. Lana«RFIC» 29, 1951 p. 154 e l'intr. dell'cd. di Jal p. 102 s. Per la datazione del doppio trionfo Frdl. si basasul Clmmieondi Eusebio (p. 160 s. cd. Schone) che pone l'avvenimento nd decimo anno di regno di Domiziano (anno 2106 di Abramo,. I ottobre 89 / 30 settembre 90) e sull'assenzadi ogni cenno al trionfo negli Act4frlltTUmArllllUumdd 90 ( Cll VI 2067) che suggeriscedi escludere tale data per il fatto in questione. Può confermare la datazione sostenuta da Frdl. una moneta (BMC II Dom. 144) che sembra recare una raffigurazionetrionfale: Domiziano è su una quadriga e ha ndla destra un ramoscello,a quanto sembra d'alloro, e nella sinistra lo scettro; nell'esergosi legge COS Xliii, titolo che consente di datare la moneta al biennio 88-89 (Buttrcy 1980 p. 31). (141) VI 4, 2 tot... triumphor,IO, 7 s. Taiissupplicibustribuit dùuJnnat4 DacisI a ut.pitoliNlSitqut rrditqut IMS. (142) IV 11, 1-4 Dum nimium 1111no tumefaausnomintt•udesI a Satuminum tt, misn, ~ pudet. I impia Parrhasiamovistibtlltt sub u,w, I qualiaqui Phariaeconiugisarma tulit. Syme ritiene che la rivolta sia scoppiata improvvisamentee che quindi a Roma non se ne potesse avere notizia nemmeno negli ultimi mesi dell'anno prcccdcnte (Id. 1978 p.20 .. 1984 p.1083 «No plot emergcs, no premcditation»). (143) V 19, 3 Quandomapdignoslicuit sptct4rrtriumphos!«li plurale ha valore dd tutto generico... Ma è pur vero che se Maniale, nell'elencarele benemerenzedel regimedomizianco, comincia dai trionfi, sem-

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casione della festa dei Saturnali (144 ). Contro Syme, Citroni osserva poi che la rapidità con cui fu repressa l'insurrezione di Saturnino induce a pensare che, per quanto la reazione di Domiziano potesse essere stata tempestiva (145), notizie di una possibile sollevazione nella Germania Superiore dovessero circolare a Roma già nel dicembre 88 ( 146), data che Citroni propone per la pubblicazione del libro IV, anch'esso edito, a quanto sembra, in occasione dei Saturnali ( 147). 4. Sullivan propone, ma con riserva e senza argomentazione alcuna, il dicembre 90: «Book V, published perhaps for che Saturnalia in 90». Per le questioni di cronologia Sullivan segue in genere Syme (148), ma in questo caso evidentemente concorda con Cicroni a proposito del carattere saturnalicio del libro. Tra le varie ipotesi di datazione la più convincente è, a mio avviso, quella di Citroni: il libro V è uscito senz'altro in prossimità dei Saturnali e, per quanto riguarda l'anno di pubblicazione, 1'89 pare preferibile, se non altro perché la cronologia bra naturale dedurne che il trionfo del sovrano ha in quel momento una sua attualità presso il pubblico ... Si potrebbe obiettare che se il trionfo fosse già stato celebrato alla data dd V libro, Marziale avrebbe dovuto parlarne di più [a,xummt11mo: silmtio di Frdl.]. in quanto l'avvenimento doveva aver attratto l'attenzione dcli' epigrammatista e del suo pubblico. Ma anche nel successivo libro VI a questo trionfo vi è appena qualche accenno, e si deve del resto tener conto dd f.mo che al tempo dd V libro (che è il primo libro che egliosa dedicare a Domiziano), Marziale non considera ancora le sue raccolte d'epigrammi vari come legittimate ad essere lo spazio letterario in cui si registrano e si celebrano i più significativi eventi pubblici d'attualità connessi col sovrano e con la sua corte ... A me pare dunque più probabile che il V libro sia posteriore al duplice trionfo celebrato verso la fine dell'89• (Citroni 1989 p. 221 ); anche in VII 6, 7 nmus, io, magnosdamaJ tibi Roma VIII I 5, 5 hos quoqw se'"tos memorabitRoma triumphosl'espressione triumphosallude a un solo triumphoS". trionfo, quello sarmatico. (144) V 30, 5 s. kgr famoso non asprrnandADrcembriI carmina, mittuntur quar tibi mm.sesuo; 80, 4 •Durum est perderefmas-; nell'epigr. 84, l'ultimo dd libro, M. stabilisce un rapporto di coestensione tra il libro e la festa che •ha pieno senso solo se il libro è stato pubblicato in occasione dei Saturnali, come lettura che accompagnerà gradevolmente la festa• (Citroni 1989 p. 222 = 1992 p. 440 s.); anche gli epigr. 18 e 19 si riferiscono ai Saturnali. L'epigr. 49 ricorda invece un fatto curioso avvenuto nd dicembre precedente: Hir t'1TOrtibi profoit DrcembriI hlnc cum prandia misit imperatorv. 8 s.; Gsell 1894 p. 199 e Speranza 1951 p. 141, fuorviati da imperator,riferiscono i prandia al doppio trionfo (così anche Symc 1980 p. 43, che ne ricava una conferma della sua proposta di datazione); imperator,invece, andrà inteso in senso generico o al più collegato a una salutatio imperatoria(questo porterebbe a datare i prandia all'88, e quindi il libro all'89, dato che Domiziano riportò quattro salutationrstra il 7 novembre 88 e il 13 settembre 89, mentre non ne ebbe poi più alcuna fino almeno al I 4 giugno 93, cf. Buttrey 1980 pp. 31; 38 s.). (145) A quel tempo un dispaccio urgente inviato dalla Germania Superiore avrebbe impiegato poco più di una settimana per raggiungere Roma e dagli Atti degli Arvali ddl'89 (CIL VI 2066, 14-16) risulta che il 12 gennaio Domiziano era già partito per la Germania alla testa dd suo esercito. (146) Ipotesi condivisa da Walser 1968; Id., KaiserDomitian in Mainz, •Chiron• 19, 1989 pp. 453455; Strobel 1986 p. 2 IO; Jones 1992 p. I 47. ( 147) Cf. IV 14; 19; 46; 88; Ci troni 1989 pp. 217-220. (148) Vedi, ad esempio, la datazione dei libri (V-VI in Sullivan 1991 p. 3 I 9, Apprndix I, Chronology.

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bassa proposta da Syme e da Sullivan è collegata a una poco verosimile ricostruzione delle vicende della rivolta di Saturnino. Tuttavia, bisogna riconoscere che anche il ragionamento di Frdl. merita attenzione e che il fatto che al recente trionfo domizianeo M. alluda solo - e per di più cursoriamente - nell'epigr. 19 richiede certamente una valida spiegazione. Approfondendo la questione (149), ho individuato alcuni elementi che, a mio parere, possono contribuire a indebolire l'ipotesi di una pubblicazione del libro nel 90 e, nel contempo, suggerire un ritocco alla cronologia proposta da Citroni per quanto riguarda il rapporto tra il libro e il doppio trionfo. Preliminarmente è opportuno esaminare nel dettaglio alcuni fatti di particolare importanza per la datazione del libro.

1. Doppio trionfo (novembre89?). Dei festeggiamenti per il doppio trionfo celebrato da Domiziano sul finire dell'anno 89 siamo informati da Cassio Dione: ci furono due combattimenti, uno tra fanti e uno tra cavalieri, e fu allestita una naumachia, durante la quale, a causa di una improvvisa tempesta, perirono quasi tutti i marinai e anche alcuni spettatori. Per consolare il popolo, turbato da quelle morti, Domiziano offrì un pubblico banchetto che durò tutta la notte. Dione conclude il suo resoconto ricordando che Domiziano organizzava spesso agoni notturni e talora anche combattimenti tra donne e tra nani (150). Agli stessi fatti sembra riferirsi anche Stazio, il quale nell'ultimo carme del primo libro delle SiivM ricorda appunto anch'egli dei combattimenti tra donne e tra nani avvenuti in occasione di un banchetto offerto da Domiziano a tutto il popolo la notte delle Kakndae Decembresdi un anno imprecisato (15 1). Questa ipotesi può essere avvalorata dalle analogie tra i festeggiamenti descritti da Stazio e quelli di cui danno notizia due epigr. di M. relativi agli spettacoli organizzati in occasione del trionfo di Domiziano sui Sarmati nel gennaio 93 (152), (1'49) Rielaboro qui, con integrazioni e aggiornamenti, un mio precedente articolo,

Sullammologia tk/

V libro di M11rzilzk,«Athenaeum• 82, 1994 pp. 540-550. (150) Dio LXVll 8, 1-4; il ricordo dei festeggiamenti deU'89 si coglie anche nella rassegna degli sµctllnJAofferti da Domiziano stilata da Suet. Dom. 4. (151) Stat. si/v. I 6 tit.; 51-66; anche I praef. 31 n«tml ... ftlkissimam. L'episodio celebrato da Stazio è collegato ai festeggiamenti per il doppio trionfo domizianco da Gsell 1894 p. 199 s.; Speranza 1951 p. 141; Syme 1980 p. 43 •Suitable termination for the book (I 6), but it bclongs earlier, to the end of 89, in sequd to p. 46 n. 144)•. the Dacian triumph (cf. Martial, V. 49. 8) [ma per quest'epigr. cf. supr11 (152) Cf. (1) VIII 49 (50), 7 s. wscitur omnis tqws ttcum populusqwplltrtSqw I tt c11pit 11mbrosills cum dllCtRomadap6,l'epigr. ricorda un banchetto cui partecipò l'intera cittadinanza e che ebbe come commensale d'eccezione Domiziano. Molto simile è la situazione descritta in Stat. si/v. I 6, 43-50 Una wscitur omnis ordo mmsa, I parvi, ftmina, pkbs, tqtm, Sffllltus:I libtrt111 rtvnmtillm mnisit. I Et tu quin ttillm (quis hoc voc11ri, I quisprominn-rpossith« tkorum?)I nobiscumsocillsd4pts inisti. I /11mst. quisquisis tst, inops.bt11tusI conviv11m tillCistm flori4tur. (2) VIII 78, 7-12 omnis habtt SUll dona din; ntc lintll diws I ctssllttt in populum mult11

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al quale tuttavia non è ovviamente riconducibile il banchetto delle Ka/em:uuDe-

cembres. Accettando la possibilità che il banchetto ricordato da Stazio abbia fatto parte dei festeggiamenti trionfali descritti da Dione, si potrebbe in modo, ritengo, sufficientemente fondato datare il doppio trionfo al novembre 89 e, verosimilmente, alla seconda parte del mese, in quanto il banchetto decembrino (consolatorio secondo Dione) è con tutta probabilità stato indetto poco dopo la luttuosa naumachia che sappiamo per certo aver fatto parte dei ludi trionfali.

2. Nozu di Stella(dicembre89 I inizio90). Nell'epitalamio per Stella e Violentilla Stazio rievoca, nella finzione poetica, il momento in cui Venere ispirò alla futura sposa il desiderio delle nozze. La dea, che Stazio immagina a colloquio con la donna, preannuncia a quest'ultima il brillante futuro di Stella (153). Dal testo si evince che Stella si sposò poco dopo il doppio trionfo, quindi, verosimilmente, nel dicembre 89 o nel corso del 90; una datazione seriore pare meno probabile.

3. Apoteosidi Giulia (ultimi mesi89 I primi mesi90). Domiziano avrebbe avuto una relazione incestuosa con la nipote Giulia, figlia di Tito, che, sedotta dallo zio e costretta ad abortire, morì di parto (154); Domiziano attribuì alla ragazzal'onore dell'apoteosi. La morte di Giulia avvenne tra il 3 gennaio 87 e il 3 gennaio 90 (m); per rapi1111 cadit:I mmc 11miuntsubitislascivarunnismalanimbis,I nunc dat sptctalllsttmra la"Ka fmu, I nUM implrrt sinussecurosgawkt n absmsI sortiturdominos,M lacn-nur,avis;l'epigr. descrive la distribuzione dei donativi durante i festeggiamenti; l'ultimo distico evidenzia, con enfui cortigiana, il fatto che Domiziano era presente: Omnia ud. Gusar, tanw sup"antur honort,I quodsptctawrtmu tua fauna habn (v. 15 s.). La linea diva (v. 7) era una corda da cui pendevano i doni destinati al popolo, nel caso specifico contrassegni, che davano diritto a prostitute (lascivanomismalav. 9), animali (specta1as ... ferasv. 1O) o uccelli pregiati (sortitur dominos... avisv. 12). Stazio in sJ11.I 6, allude al medesimo dispositivo (iam bel/arialiMaplwbanr v. 1O) e anche i doni sono gli stessi: uccelli esotici (gru.es v. 63; subitocaduntvolatuI immmsaevolMcrum P" astranulm, I quasNilussac" horriausqwPhasis,I quasudoNumidM kgunt subaustro.I Desuntqui rapiant,sinusqwpieni I gaudmt dum novalucracomparanturvv. 75-80) e prostitute (intrantfaciln emi pwllae v. 67). Agli spettacoli organizzati in occasione del trionfo sarrnatico, che fu in realtà una semplice ovario(cf. Stat. sii,,.III 3, 170 s.; Sii. III 616 s.; Suct. Dom.6, 1 t.k Sarmatis'4urtam modoCapitolino[OI/Ì rtttuli~ Eutr. VII 23, 4; Jones 1992 p. 152 s.), si riferiscono probabilmente anche gli epigr. VIII 26; 30; 53. (153) Stat. sii,,.I 2, 174-181 Hunc n bissmos(sicinaulgmtia~at I praesidisAusonii!)cernesllttolkrt fascesI anu dim,... illmquepllrtm Latius,cuiuspramoscertmmum Ifas mihi,purpurtUShabitusiu11mil/WcunJe I induJtebitebur, Dacasqw (n gloriamaior)I exul/UUlaurosqwdabit celebrarertcmrn-,su questa silvttvedi D.W.T. Vcssq •Mnemosync- 25, 1972 pp.172-187; O. Pcderzani «Maia,, 43, 1991 pp.21-31; Ead. pp.13-145. (154) Cf. luv. 2, 29-33; Plin. epist.IV 11, 6; pan. 52, 3; 63, 7; Suet. Dom. 22; Philostr. IIÌlll Apo/J.VII 7; Dio LXVII 3, 2; M.P. Vìnson, Domitialongina.julia Tiri,ana the Liwll,y Tradition.«Historiv 38, 1989 pp.431-450 spcc. 433-437; Jones 1992 pp.38-40. (155) Le preghiere degli Arvali per la salute della famiglia imperiale del 3 gennaio 87 (C/L VI 2065, 7) sono le ultime in cui Giulia viene ricordata, mentre non compare più in quelle del 3 gennaio 90 ( C/L VI 2067).

-49l'apoteosi fa da terminuspost qunn il primo carme delle Silvaedi Stazio, databile tra la fine dell'89 e i primi mesi del 90 (156), nel quale Giulia non figura tra i membri della gms Flaviadivinizzati (vv. 96-98); il tmninus ante qunn è costituito da alcuni sesterzi del quindicesimo consolato di Domiziano (biennio 90-91), che recano la dicitura Divae Iuliae(157). Considerando l'importanza del personaggio e il suo legame con Domiziano, è verosimile che l'apoteosi sia stata decretata non molto dopo la morte, quindi, al più, entro i primi mesi del 90; si può dunque ragionevolmente collocare la divinizzazione di Giulia tra la fine dell'89 e i primi mesi del 90; una datazione all'anno successivo non è da escludere, ma è certo meno probabile, perché comporterebbe uno stacco eccessivo tra morte e apoteosi.

4. Rinnovodellakx Iulia (non oltrei primi mesi90). Domiziano favorì la rinascita di una importante legge augustea sull'adulterio, la kx Iulia de adultmis coercmdis, che, pur vigente, non veniva applicata (158). È possibile avanzare una proposta di datazione di questo farto almeno a livello di cronologia relativa: un passo di Giovenale stabilisce infatti un rapporto di sostanziale contemporaneità tra la rinascita della legge e la morte di Giulia ( 159) e poiché, come detto, Giulia morì certamente prima del 3 gennaio 90, il rinnovo della legge andrà collocato, al più, non molto tempo dopo questo termine. Un criterio orientativo spesso efficace per datare i libri di M. è quello del «primo libro utile», che si fonda sulla riconosciuta tendenza dell'autore a inserire gli epigr. composti dopo l'ultimo libro pubblicato in quello immediatamente successivo. M. sembra infatti molto sensibile ali'attrattiva che fatti di attualità potevano esercitare sui lettori, incentivando così la diffusione e l'apprezzamento della sua opera (160). Venendo ora al nostro caso, siccome il libro V intende proporsi al pubblico (156) Il componimento è posteriore alla pace coi Daci ddl'autunno 89 e anche al successivoritorno a Roma di Domiziano (cf. vv. 27; 61 s.; 80 s.). Speranza 1951 p. 146 propone come datazione il novembre 89;

J.W. Gcysscn, lmpmal Panegrricin Statius.A Litna,y Commmta,y on Silvae I.I, New York 1996 p.21 i primi mesi del 90. (1S7) BMC II Dom. 458-463; per la titolatura vedi Bunrcy 1980 p. 31. (158) Cf. Rotondi pp. 445-447; L.F. Radicsa,Augustus' ugis'4tion ConcerningMarriagt, Procrtation, low Affairs,anJAdultny,-ANRW» Il 13 (1980) pp. 296 s.; 310-319; M. Zablocka, Lt modifoht introdo~ nt/Jt kggi matrimonialiaugusttt sottola dinastiagiulio-claudia,•BlDR» 89, 1986 pp. 379-41O; S. Trcggiari, RomanMarriagt,Oxford 1991 pp. 277-298; R. Astolfi, i.A IceIulia tt Papia,Padova 1996" (prima cd. ibid. 1970); RomanStatutts Il pp. 781-786; Grcwing pp. 31-35; G. Ri:u.clli,Ltx lulia t.k aduittriis.Studi sulladisciplinadi «aduittrium», «lmot:inium»,•stuprum•, Lcccc 1997 con la recensione di A. Burdcsc •SDHI» 63, 1997 pp. 555-567. (159) luv. 2, 29-33 qua/istrlll nuptr tragico poliutusadulkr [Domiziano] I concubitu. qui tunc /tgts rtVOC11bat amarasI omnibusllllplt ipsis Vmni Martiqut timnulas,I cum tot abortivisfecundam/u/ia I/UUlilm I solwm tt patruo simiks tffondntt ojfas. (160) Adduco qualche esempio, limitandomi ai casi, emblematici di questa propensione di M .. in cui

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come un piacevole svago per i giorni dei Saturnali (161); si potrebbe ipotizzarne la pubblicazione nell'imminenza della festa, che iniziava il 17 dicembre, ma forse anche un'uscita leggermente anticipata rispetto a tale data, dato che a Roma la gioiosa atmosfera saturnalicia era avvertibile fin dalle Kalendae(162): l'inizio di dicembre pare quindi verosimile come periodo di pubblicazione della nostra raccolta. Per quanto riguarda l'anno, interessanti indizi sono forniti da alcuni epigr. del libro VI: il doppio trionfo è ricordato, come detto, negli epigr. 4 e 1O( 163); alle nozze di Stella è dedicato l'epigr. 21; appartengono poi al libro VI due dei tre epigr. in cui M. nomina Giulia, che compare sempre come diva (VI 3; 13; IX l); particolarmente insistito è il ricordo del rinnovo della kx Iulia (epigr. 2; 4; 7; 22; 45; 90; 91), un fatto di attualità al momento della pubblicazione del libro (164), e, più in generale, l'elogio della co"ectio morum domizianea (165), di cui invece M. non fa parola nel libro V. Ora, ammettendo, con Syme e con Sullivan, che il libro V esca nel 90 e il VI nel 91, ci troveremmo nella singolare situazione per cui, fatto salvo il cenno ai dignos triumphos dell'epigr. 19, quattro facci d'indubbia rilevanza per M., in quanto relativi a Stella, suo patrono, e a Domiziano, cui il libro V è dedicato, avvenuti sicuramente (doppio trionfo) o quasi sicuramente (nozze di Stella; apoteosi di Giulia; rinnovo della kx Iulia) era la fine dell'89 e l'inizio del 90, vengono taciuti nel «primo libro utile» (V), per essere poi rievocati, cuccie quattro, in un libro uscito almeno un anno dopo (VI). Sembra poco verosimile che M. non abbia sfruccato in un libro uscito nel corso del 90 (Syme) o addiriccura nel dicembre del 90 (Sullivan) l'c:-ventoin questione figura non solo nel •primo libro utile,., ma esclusivamente in esso. Alla celebrazione dei ludi stU°"4resdell'88 e ai timori suscitati da Saturnino verso la fine di quell'anno M. allude solo nd libro IV (epigr. 1; 11), verosimilmente edito nel dicembre 88 (non rilc:-vantii richiami a tali fatti, menzionati come semplici riferimenti cronologici, in IX 84, 1 s.; X 63, 3). Il rtditus di Domiziano e il suo trionfu sui Sarmati del gennaio 93 (posteriore quindi al libro VII, databile al dicembre 92) sono celebrati, e con rilevante insistenza, solo nel libro VIII, uscito nel 94 (Syme 1980 p. 44; Citroni 1989 p. 223 s.; M. dedica all'argomento una quindicina di epigr., cf. Merli 1993 p. 249 s.); inerente all'avvenimento, ma non a queste tematiche, è anche I'epigr. IX 31. Il completamento del tnnplum gmtis Flaviae(anno 94) è ricordato da M. solo in quattro epigr. dd libro IX (I; 3; 20; 34), pubblicato tra la seconda metà del 94 e l'inizio del 95. Un metodo analogo viene già utilizzato per fissare la cronologia del libro III da M. Citroni, Marzitlk e i /uothi tk/la Cispad41111, in M. W., Cispadanae lmeratura antica. Ani tkl Convegnodi studi tmuto a Imola Ml 1'UlggÌO1986. Bologna 1987 p. 139 s. (161) Cf. supra p.46 n.144. ( 162) Cf. Ci troni 1989 p. 2 I 5 n. 21. (16j) Cf. suprap.45 n. 141. ( 164) Cf. VI 7, 1-3 lulia Icepopulis ex quo, Faustine, renata est I atqur intrart domosiussaPuJicitiaest, I

aut minus aut cmr non plus tricesimalux est. (165) Cf. VI 5; 7, sull'editto contro la castrazione (Grelle 1980 pp. 341-345; Pedenani 1992 p. 79 n. 2; vedi anche, nella sezione di commento, n. 41, 1 s.v. Spadone),e ancora gli epigr. 6; 31; 39; 67, su situazioni scandalose; vedi anche Grcwing pp.31-35.

-51l'attrattiva che allora tali fatti potevano suscitare per poi ritornare su di essi un anno dopo, quando cenarnente gli avvenimenti menzionati non erano più di strettissima attualità; ciò è tanto più strano per i fatti ricordati solo nel libro VI (nozze di Stella; rinnovo della /ex lulia). Sulla base di questi elementi la datazione alternativa, che pone il libro V nell'89 e il VI nel 90, risulta, a mio parere, molto più verosimile e meglio compatibile con la più probabile cronologia dei fatti considerati. Un'ultima osservazione e un'ipotesi. Citroni che, come detto, reputa il libro V posteriore al doppio trionfo dell'89, coglie ceno nel segno quando sostiene che l'epigr. 19 attesta l'attualità del trionfo al momento della pubblicazione della raccolta; tuttavia desta qualche perplessità la giustificazione addotta, contro Frdl., che ritiene invece il libro anteriore al trionfo, per spiegare l'assenza di un adeguato ricordo dell'avvenimento nel libro V (166). È infatti vero che M. poteva anche non essere tenuto alla menzione e alla celebrazione del trionfo, tuttavia sembra altrettanto evidente che in un libro dedicato all'imperatore, e in cui la conigianeria ha una pane considerevole, ricordare in termini tanto generici - e generici al punto che l'allusione dell'epigr. 19 è sfuggita anche a Frdl. - un fatto di strettissima attualità e di sicura imponanza politica e propagandistica sembra una scelta alquanto inusuale e difficilmente comprensibile, tanto più se rapponata alla diffusa celebrazione che M. invece riservaal meno solenne trionfo sarmatico (16?). Forse il contrasto tra le due posizioni si può sanare, nel rispetto della bontà delle argomentazioni di entrambi e della datazione del libro sopra proposta, ipotizzando che M. abbia concluso il libro V quando il trionfo, che ceno era nell'aria già da qualche tempo (168), era ormai imminente, ma non era ancora stato celebrato. Siccome, come detto, pare probabile che il libro V sia uscito all'inizio di dicembre ed è verosimile che M. abbia consegnato la raccolta al libraio-editore con un ceno anticipo rispetto a questa data, se effettivamente il doppio trionfo precedette di poco le KalendaeDecnnbres, come si può evincere dalla identificazione - sopra ipotizzata - del banchetto descritto da Stazio con quello di cui informa Dione, a questo punto risulterebbe trascorso pochissimo tempo tra l'uscita del libro (166)

Cf. supra p. 45 n. 143.

(167) Cf. suprap. 47 n. 152; sulla rilevanzadel tema del trionfo imperiale nella poesia cortigiana di M.

vedi G. Galan Vioque, El motivolitrrarÙJ tkl triunfo m Marciai «CFC• 11, 1996 pp. 33-4 5 e, più in generale, A.M. Taisne, Le thmrr du trwmphe dans la poésu et l'art sousIn Flavuns, «Latomus• 32, 1973 pp. 485-504. (168) Domiziano, conclusa la pace coi Daci, inviò subito a Roma dei messie una lettera di resa da parte del re nemico (Dio LXVII 7, 3 s.); già allora doveva apparire chiaro a tutti che, come era consuetudine, l'imperatore avrebbe al più presto celebrato un trionfo sul popolo da lui ritenuto assoggettato(non a caso nel passo citato Cassio Dione passasubito a parlare del trionfo). Un altro trionfo •annunciato• fu quello sarmatico (VIII 49 [50], 9 grandiapo/Jidrusquanto maioratkdistif, Citroni 1989 p. 216 s.), come, in anni precedenti, quello di Caligola sui Germani (Suet. Cal 47, Caligola spedisce dal fronte delle lettere in cui dà disposizioni ai suoi procuratom a propo~ito del suo trionfo; cf. anche Pers. 6, 43 ss.).

-52e il trionfo e quindi è anche possibile che M., non potendo celebrare adeguatamente un trionfo che, almeno secondo questa ricostruzione, al momento della consegna della raccolta doveva ancora avvenire, abbia optato per un cenno laudatorio ma inevitabilmente vago all'avvenimento (dignostriumphos).Si potrebbe obiettare che un poeta cortigiano non ha bisogno di aver visto un trionfo per poterlo celebrare e questo è indubbiamente vero ( 169); tuttavia è vero anche che l'ipotesi qui suggerita presenta il vantaggio, credo non trascurabile, di riuscire a giustificare non solo il silenzio del libro V, ma anche il ricordo del doppio trionfo nel libro VI. Infatti, se davvero il libro V fosse posteriore al trionfo, apparirebbe strana una celebrazione del fatto più esplicita nel libro successivo (VI) rispetto a quello che già avrebbe potuto essere il «primo libro utile» (V). Se invece si accetta l'ipotesi della posteriorità della celebrazione - ma non della notizia - del trionfo rispetto al libro V, si delinea un quadro più coerente, perché anche le allusioni all'avvenimento presenti nel libro VI assumerebbero, in quçsta prospettiva, una sorta di valore riparatorio rispetto al silenzio del libro V, probabilmente; come detto, dipendente dall'esigenza «tecnica,. e commerciale di consegnare la raccolta al libraio-editore con un certo anticipo rispetto al periodo in cui M. voleva che il suo libro fosse pubblicato e diffuso, vale a dire quello dei Saturnali.

2.2. Tmzi e caratteristiche del libro V Il libro V è il primo che M. dedica formalmente a Domiziano, un omaggio inteso a promuovere il mecenatismo dell'imperatore nei riguardi del poeta, condi· zione secondo M. indispensabile per lo sviluppo delle lettere (170) e non più favorita da patroni privati (171). Dopo la positiva esperienza del liberde spectaculis, per il quale M. fu compensato da Tito con la concessione della carica di tribunus semestrise del ius trium liberorum(172), il nostro poeta sembra intenzionato a tenere aperto un canale di coCf. e.g. Hor. CJUm. IV 2: 33 ss.; Ov. tr. IV 2, 15 ss.; Pont. II I; III 4, 17 ss.; la cosiddetta unu uusaris (AL 417-424) che celebra il trionfo di Claudio sui Britanni è stata scritta dopo che fu divulgata la notizia della conquista dell'isola ma prima dell'effettiva celebrazione del trionfo: cf. Tandoi 1962 p. 85 = 1992 p. 451; anche 1962 p. 113 = 1992 p. 472, con altri esempi di ltludn 11nunJmtum. (170) Celebre a questo proposito VIII 55 (56), 5 Sint Mucnums; non dnunt, Fltuce,Maronn; vedi anche XI 3, 7 ss. e, più in generale, lo studio di F. 8cllandi, L 'im1711lgine di Mecmau protmore delk lettnr nellap«sill tra I e li s«. d.C., «A & R,, 40, 1995 pp. 78-101 spcc. 90 ss. (171) Cf. V 19, 15 s. qui crepaaureou»fimitan unus mt. I Qua~us hi non sunt, ato tu, Camtr, amiau, la situazione descritta da M. trova, a distanzadi pochi anni, un significativo riscontro in luv. 7, 1-3 Et spa n ratio stutUIJTUm in Cware [Adriano] tdntum: I solusmim tristn hac ~patau Camnw I mpexit. (172) La carica di tribunussemestris,introdotta da Claudio nell'ambito della riforma della militui eqwstris(Suet. Cl 25, 1), era prettamente onorifica e non comportava l'obbligo del servizio sul campo (Dcmougin 1988 pp. 293-298). Sul ius trium liberorumdi M., confermatogli, dopo la morte di Tito, da Domiziano, cf. II 91, 5 s.; 92; Ili 95, 5 s.; IX 97, 5 s.; K. Prinz, MartialsDrriltindn-recht,«WS• 49, 1931 pp. 148-153; D. (169)

-53municazione letteraria anche con il nuovo imperatore e, più in generale, con l' ambiente di corte, come dimostrano fin dalle prime raccolte epigrammatiche alcuni significativi riferimenti a Domiziano, il quale viene considerato come un potenziale lettore degli epigr. ed è destinatario di lodi d'occasione (173); tuttavia, il carattere sostanzialmente sporadico e talora anche cursorio della celebrazione fa pensare che per M., in questo momento, la laus Gusaris rappresentasse solo uno dei tanti possibili aspetti della variaasepigrammatica. Il motivo dell'omaggio cortigiano assume invece uno spazio e un'evidenza decisamente maggiore a partire dal libro IV, che presenta in incipit l'appellativo uusar e si apre con una sequenza di tre carmi cortigiani, dal tono ora più sostenuto (epigr. 1) ora più leggero (epigr. 2 e 3); nell'epigr. 8 la raccolta, tramite il tridiniarca Eufemo, viene offerta, in modo scherzoso e informale, a Domiziano stesso; l' epigr. 11 attacca Saturnino, ribelle all'autorità imperiale (174). Il nostro libro, con la dedica a Domiziano, segna un'ulteriore e decisiva fase per quanto riguarda l'assunzione da parte dell'epigr. di M. di uno statuto aulico e il suo riconoscimento come spazio letterario atto - e legittimato - alla celebrazione del sovrano (175). Dal libro IV fino al IX, l'ultimo pubblicato sotto Domiziano, la componente cortigiana fa registrare nell'ambito delle raccolte di M. una progressiva e costante crescita (176), per poi ridursi nettamente col libro X, uscito, vivo Domiziano, verso la fine del 95, ma pervenutoci in una redazione successiva edita sotto Traiano e «depurata» di tutti gli epigr. - verosimilmente parecchi - che celebravano l'imperatore regnante al tempo della prima edizione. Anche nei libri XI e XII, usciti, rispettivamente, sotto Nerva e sotto Traiano, l'omaggio cortigiano di M., ormai compromesso come panegirista domizianeo, non avrà modo di manifestarsi in forme paragonabili alla diffusa·lode tributata nel corso di vari anni a Domiziano (m). Daubc, Marti4/,Fatherof Thrtt, «AJAH• l, 1976 pp. 145-147 = Co/JmedStudiesin Romanl.Aw. Herausgcgcbcn von D. Cohcn und D. Simon, Frankfun am Main 1991 pp. 1321-1323; Citroni 1988 pp.4-8; un'analisi dell'istituto dal punto di vista giuridico in M. Zablodca, Il i111trium ubtrorum nLIdirim, romano, •BIDR» 91, 1988 pp.361-390. (173)Come casi notevoli si possono segnalarela dedica a Domiziano del primo e dell'ultimo Xmion (XIII 4 e 127), la sua identifìcaziopecon Giove nell'epigr.d'apcnura degli Apophortta(XIV l, 2), una richiesta di tolleranzaper la lascivia di ceni cpigr. (I 4), la celebrazioneper l'assunzionedel titolo di Gnfflllnicus(Il 2) e, infine, il ricordo della conferma del ius trium ubtrorum (II 91; 92; III 95). Per una rassegnacompleta e una valutazionecritica di questi testi rimando a Ciuoni 1988 pp. 4-9; 17-19. (174) Cf. suprap. 45 s. spcc. nn. 139 e 142. (175) Cf. Ciuoni 1988 p. 21 ss. (176) Sull'incidenzadi tale componente in questa fasedella produzionepoeticadi M. cf. Sullivan1991 pp. 33-44, BoolaIV-IX: propllfdnda and history;Merli 1993 pp. 241-251. (177) Sulle ultime raccolte di M. cf. Ciuoni 1988 pp.29-31; Sullivan 1991 pp.45-55; Merli 1993 pp. 251-255.

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Il tema che caratterizza la prima parte del nostro libro è senz'altro l'adulazione nei riguardi di Domiziano; questo motivo risulta così vistoso da intaccare nella sezione iniziale il principio della varietas(sette dei primi otto epigr. celebrano l'imperatore) e così dichiarato, con l'istituto della dedica, da comportare la rinuncia alla lascivia,altro tratto costitutivo del genere epigrammatico ( 178) e componente certo cara al pubblico abituale di M., ma non ammissibile in una raccolta dedicata a Domiziano, censorperpetuus e impegnato in una politica di moralizzazione dei costumi (179). La sollecitazione del mecenatismo imperiale si accompagna a una riduzione rispetto ai libri precedenti dello spazio riservato ai patroni privati (180). Molti dei componimenti cortigiani insistono sul culto del principe e su altri motivi topici dell'ideologia imperiale; sul piano formale, questi testi mostrano una solennità di tono che li colloca spesso ben oltre il livello stilistico consueto per l'epigr. e talvolta realizzano un recupero di moduli e stilemi appartenenti alla letteratura alta, contro cui altrove M. invece polemizza (181). Alcuni di essi presentano anche uno sviluppo piuttosto articolato e un'estensione inusuale per il genere epigrammatico (1s2). (178) C( I epist. I, 4 Lmcivam verborumvnitatnn. id rst tpigrammalQn linguamcon Citroni ad l; anche il libro VIII, il secondo e ultimo dedicato ufficialmente a Domiziano, è programmaticamente privo di oscenità, cf. VIII tpist. 4 s.; I. (179) Cf. V 2, 3-6 Tu, pum ntquituu procaciomI tkkctant nimium saksqut nudi, I lasdvoskgt qwznum /ibtllos:I quintuscum domino/ibtr i«atur, Citroni 1988 p. 23; sulla corm:tiomorumdomizianea vedi Grelle 1980. (180) Stella è protagonista di uno scherzoso dittico (epigr. 11-12), collocato - significativamente poco dopo la conclusione della sezione dedicata a Domiziano; a Stella è destinato anche un dono del poeta (59). M. riserva una certa attenzione anche a Faustino, apostrofato in due monodistici (32; 36) che sembrano alludere alla sua generosità, e ancora nell'epigr. 71, che celebra la sua villa di Trebula. In un cpigr. letterario M. si rivolge a Regolo (IO); in un epigr. saturnalicio a Quinziano, cui dona il suo /ibt/Jus(18); al caro amico Giulio Marziale il poeta illustra il suo ideale di vita (20); scherza con Paolo che è al tempo stesso patrono e cliente (22). Anche gli epigr. dedicati ad amici di M. sono meno numerosi rispetto alle raccolte precedenti: d. l'epigr. 30, a Varrone; 48, a Pudente, probabilmente apostrofato anche nell'epigr. 28; 78, a Toranio; 80, a Severo, al quale M. si rivolge anche ncll'cpigr. 11. (181) Ai generi letterari più nobili, l'epica e la tragedia, che insistono su triti soggetti mitologici e su uno stile magniloquente, M. contrappone l'ispirazione realistica e lo stile diretto dcli' epigr., il più umile tra i generi (Xli 94, 9), facendo leva sul suo grande successo di pubblico: c( IV 49, 10 laudant il'4.gJ ista kgunr, Cicroni 1968 pp. 273-279. (182) Penso soprattutto ai 19 vv. dell'epigr. 6, ai 18 dell'epigr. 19 e ai 16 dell'cpigr. 65. È opponuno però precisare che anche nel filone aulico, che pure è così caratterizzato, la poesia di M. mantiene comunque una precisa identità epigrammatica: d. M. Citroni, Produriontlntn-aria t fa= tkl po~. Gli scrittoriIalini nrl I stcow tkll'imptro, in E. Gabba - A. Schiavone (curr.), Storia di Roma, II, La cullura t l'impero,Torino 1992 p. 456 "Negli epigrammi di Marziale troviamo gli stessi motivi di culto imperiale [presenti nelle si/wu di Stazio] e riconosciamo la presenza di un simile complesso di valori, di simboli, di slogan. Anche sul piano formale questa parte della sua produzione mostra delle affinità con la maniera della poesia d'apparato ffavia, per noi rappresentata soprattutto dalle Stive. preziosità di riferimenti mitologici, frequenti echi letterari nobilitanti, ricercatezza di immagini, audacia nei traslati, e insomma un aperto artificio che ben si inquadra nell'ambito del «manierismo• flavio. Va però detto che Marziale non smentisce mai del tutto, neanche in questa

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La maggior pane degli epigr. aulici o comunque «alti» sono concentrati nella prima pane del libro - la sezione tematicamente più impegnata e formalmente più costruita -, in una posizione di grande evidenza. Il libro si apre con il gesto dell'offerta della raccolta a Domiziano (m), che un'ampia lode dalle movenze ioniche presenta come un sovrano divino, cui Giove stesso, che lo protegge, deve riconoscenza; nell'epigr. successivo, dedicato a matrontU pumque virginesque (v. I), designati come pubblico d'elezione per questo libro «castigato», l'imperatore è immaginato accanto alla sua divinità prediletta, la pudica Minerva, e nell' epigr. 3, che ricorda la recente sottomissione dei Daci, egli appare ai barbari come un dms (v. 6). Negli epigr. 5 e 6 M. chiede che sia concesso alla sua opera l'accesso alla biblioteca e alla corte imperiale e, perché ciò avvenga, si rivolge al bibliotecario Sesto e al cubicu/ariusPanenio. In sostanza viene ribadita, in una forma meno diretta e che coinvolge anche la corte, l'offerta del libro all'imperatore, vero destinatario delle preghiere del poeta. L' epigr. 7 celebra il programma edilizio di Domiziano il quale ha ricostruito una città distrutta da drammatici incendi, facendone una nova Roma che rinasce dalle ceneri come la mitica Fenice. La sezione iniziale risulta caratterizzata anche dal punto di vista metrico, in quanto si ha una regolare alternanza fra tutti e tre i metri presenti nel libro, con i metri minoritari (faleceo, epigr. 2 e 6, e scawnte, epigr. 4) interposti, anch'essi in regolare alternanza, tra epigr. nel metro prevalente (distico elegiaco, epigr. 1; 3; 5; 7). L'epigr. 8, il primo attinente la kx Rosciatheatralis(184), in faleci e non, come a questo punto ci si potrebbe forse aspettare, in scawnti, interrompe tale regolarità e, fungendo quasi da cesura all'interno del continuumdel Gedichtbuch,induce il lettore a riconsiderare i testi precedenti nel loro complesso, come se essi rappresentassero un'unità ben definita, una sorta di proemio scandito in sette tempi, di cui l'epigr. 4, l'unico non cortigiano, viene a essere il centro. Quest'ultimo testo, uno scomma sul tradizionale tipo comico della beona, si può considerare, ritengo, punto di snodo della sequenza proemiale, nella quale, non a caso, si riscontra una corrispondenza tra gli epigr. 1 e 5, dove Domiziano, secondo le sue aspirazioni, è celebrato prima come un dio terreno e poi come un grande poeta, quindi tra gli epigr. 2 e 6, i due testi in metro faleceo, che lo riguardano meno direttamente, e infine tra gli epigr. 3 e 7, più legati all'attualità. L'epigr. 4, elemento di varietas,assolve anche una funzione comunicativa come ammiccamento al lettore comune, che, poco interessato a un libro aulico (epigr. 1) e casto (epigr. 2), viene in questo modo rassicurato a proposito della presenza pane della sua produzione, le caraneristiche proprie dell'epigramma: brevità, spirito brillante, leggerezza: caraneristiche che rendono comunque questa sua poesia incomparabilmente più agile e più incisiva, più disinvolta e gradevole di quella delle &/w-. (183) C( V l, I s. Hoc tibi... I Gwar. (184) Per gli epigr. appanenenti al ciclo sulla kx Rosciacf. infra p. 59 ss.

-56anche in questa raccolta di epigr. giocosi e scommatici, a lui ceno più graditi (185). Tra i testi conigiani va segnalato ancora l'epigr. 19, nel quale M. afferma che con Domiziano Roma ha raggiunto l'apice della sua potenza; c'è rispetto per gli dei e libenà per i cittadini. Il componimento contiene un lungo e altisonante elenco delle benemerenze dell'imperatore, che inizia col ricordo dei suoi trionfi, quello sui Catti dell'83 e il recente doppio trionfo, sui Catti e sui Daci, della fine del'89; a questa occasione vanno forse riferiti anche gli spettacoli descritti negli epigr. 31 e 65. Un altro tema importante del libro, strategicamente connesso col precedente dall'invito al mecenatismo - scopo ultimo dell'adulazione di M. -, è la questione del compenso del poeta. L'argomento viene trattato in un gruppo, piuttosto compatto, di epigr. tra loro sapientemente collegati, nei quali M., dimostrando una piena consapevolezza letteraria, riflette sulla sua poesia e sulla condizione del poeta (epigr. 10; 13; 15; 16; 19). Destino del poeta è quello di essere apprezzato solo da morto (IO}; M. sa però di rappresentare un'eccezione perché la sua poesia è già nota in tutto il mondo (13, 3 s.) e dispensa alle persone che nomina una fama duratura (15, 3 s.). Lusingato dal successo, M. asseconda i gusti del pubblico e continua a dedicarsi alla poesia giocosa, che divene lui e i suoi lettori, ma che, diversamente dalla poesia seria ed encomiastica, è poco remunerativa (15, 5 s.; 16, 1-4). M., che dice di vivere in povertà (13, 1), ritiene quindi giusto chiedere al pubblico e ai committenti una gratificazione anche economica per i suoi epigr., ma il lectoramicus,fingendo di non capire, elude la richiesta (16, 8 s.) e i patroni, supponenti e tirchi, concedono solo briciole (19, 7-14); la sola speranza è la generosità di Domiziano, che il poeta si augura possa essere un nuovo Augusto (15, l; 19, 15-19) (186). Epigr. scommatici punteggiano il libro ma non lo caratterizzano come giocoso; nell'economia complessiva della raccolta prevale il filone «impegnato», rappresentato soprattUtto - ma non solo (187) - dagli epigr. conigiani e letterari sopra illustrati. In questo libro il bersaglio più ricorrente degli scommi di M. sono le donne (epigr. 4; 17; 29; 43; 45; 68; 75): si tratta per lo più di vecchie di malaffare che cercano di nascondere i loro vizi o i guasti del tempo. (185) Merli 1993 p. 243 attribuisce all'cpigr. 4 il valore di «mediata dichiarazione di poetica,,. (186) Per una presentazione più dcnagliata di questi epigr. e, in particolare, per un'analisi del complesso e strategicamente calcolato intreccio di clementi cortigiani, letterari e di autopresentazione dcll 'autore nella prima pane del libro V rinvio a Ganhwaite 1998; al riguardo vedi anche la proposta di lettura seriale dclla sezione V 1-20 avanzata da Merli 1998 pp. 148-153. (187) Cf. spcc. gli epigr. 20; 58; 64 sul tema della wra vita,che per M. consiste ndl'csscre padronidel proprio tempo, sottratto continuamente al singolo dalle incombenze della vita :wociata, e nel godere insieme agli amici delle piccole gioie che il presente riserva, senza rinviarle a un domani sempre incerto; vedi anche il commovente dittico formato dagli epigr. 34 e 37 in memoria della piccola Erotion, una vm,u/4 di M. morta in, tenera età.

-57Caratteristica imponante del libro è la presenza di un considerevole numero di allusioni ai Saturnali, la festa decembrina durante la quale era tradizione scambiarsi dei regali (epigr. 18; 19; 30; 80; 84; situazioni di dono in 52, 59; 68; 73) e che è stata l'occasione in cui la raccolta è stata pubblicata (188). Le relazioni sociali ed episodi di vita quotidiana sono l'argomento di una quindicina di epigr., prevalentemente scommatici, che vertono in buona parte sul motivo dell'omaggio del saluto (21; 51; 54; 57; 66) e dell'invito a cena (44; 47; 50; 78; 79); si possono considerare pertinenti a questo gruppo anche gli epigr. in cui M. illustra la sua vita di cliente (22, lamenta una faticosa e frustrante salutatiomatutina; 26, scherza sulla sua condizione di togatus)oppure descrive, con accenti anche amari, la difficile situazione dei pauperes(76; 81). Nel complesso, la prima parte del libro dal punto di vista contenutistico e formale si mantiene su un livello medio-alto e risulta, sostanzialmente, piuttosto coesa e omogenea. Col procedere della raccolta, invece, la componente realistica e giocosa - il versante basso dell'epigr. di M. - assume a poco a poco un'incidenza sempre maggiore e anche la ricerca dell'interazione tra testi diversi sembra cedere gradualmente spazio a una più accentuata poi/tilla.Nessuno dei vari temi trattati, per lo più di genere, di carattere personale o di vita quotidiana, ha modo di prevalere sugli altri nell'ambito di una serie significativa di testi e di apparire quindi come un motivo imponante della raccolta; formalmente il «pezzoforte» si alterna all'epigr. anodino; la finalità più spesso perseguita è l'intrattenimento del lettore comune, che, trascurato nei primi epigr., sembra ora diventare il destinatario d'elezione di questa parte della raccolta. Nella parte finale affinità contenutistiche era cesti diversi sono rare e coinvolgono al più solo coppie di epigr., talora consecutivi (189); si ha la chiara impressione di scorrere una sezione poco caratterizzata, dall'andamento piuttosto irregolare. Spiccano due «pezzi forti»: l'epigr. 65, sull'arena imperiale (è l'ultimo che riguarda Domiziano, il quale quindi esce di scena ben prima della fine della raccolta) e il 78, un invito a cena. Quest'epigr., che con i suoi trentadue versi è il più lungo del libro, è preceduto, quasi «preparato», da una serie di carmi brevi (da 72 a 77 si hanno solo distici o tetrastici). lmponanti sono anche gli epigr. 80 e 84: 1'80 è l'ultimo del libro in cui viene nominato un amico del poeta, Severo, cui M. chiede un giudizio sul 1'84 conclude il libro e presenta un evidente segnale di chiusura: finisce suo libellus-, il libro e finisce anche la festa dei Saturnali (Saturnaliatota transierev. 6). L'intero libro V appare concepito e organizzato secondo «zone di influenza» dedicate, prevalentemente, a destinatari specifici (Domiziano, patroni e amici, lettore comune), la cui comparsa nella raccolta è conforme a un ordine d'imponan(188)

Cf. suprap. 46 n. 144.

(189) Epigr. 67 e 72, interpretazioni paradossali di miti; epigr. 69 e 74, sui martiri della m pub/ica;, epigr. 78 e 79, inviti a cena; epigr. 81 e 82, condizione dei pauperts.

-58za (190); anche per quanto riguarda i filoni tematici, si nota che, con analoga movenza, i motivi conduttori principali - l'adulazione imperiale, il discorso dell'autore sulla propria poesia e, più in generale, sulla condizione del poeta nonché l'invito alla fruizione del libro come svago saturnalicio - scompaiono nello stesso ordine in cui erano apparsi (191). In funzione del conflitto tra la destinazione imperiale, nuova, almeno nella forma ufficiale della dedica, per M., e le attese del pubblico tradizionale del poeta si definiscono quindi tanto l'assetto interno del libro - epigr. conigiani all'inizio, varietase scomma nella pane centrale e finale della raccolta - quanto il riassetto, complessivo, del genere epigrammatico, che, depurato dcli' elemento osceno e avendo assunto un «passo» stilistico più sostenuto, risulta ora più orientato in direzione conigiana. Proponendosi come poeta aulico, M. non abbandona il genere da lui sempre ed esclusivamente praticato, ma credendo anche a questa possibilità d'impiego dcli'epigr. lo adegua a una finalità, la laus Caesaris,cui certamente esso era, per suo statuto (brevitas,varietas,lascivia),meno adatto di altre e più accreditate forme poetiche, senza però, nel contempo, perdere contatto con le istanze del pubblico generico, che di quella forma letteraria aveva decretato il successo. Secondo alcuni studiosi gli argomenti trattati in ceni epigr. farebbero sospettare, dietro un'adulazione che sarebbe solo di facciata, un atteggiamento critico e irriguardoso del poeta nei riguardi dell'imperatore (192). I casi più significativi sono alcuni testi che rievocano la mone di campioni della libmas repubblicana (193), scommi sulla calvizie, sgraditi al calvusNero( 194), epigr. (190) Cf. Merli 1993 p. 248 s. Epigr. per i diversi tipi di pubblico, s'intende, non mancano in nessuna pane del libro, ma molto diversa è la frequenza e l'evidenza con cui essi ricorrono; questa caratteristica composizione per «zone• si spiega probabilmente col fatto che in una raccolta intenzionalmente cortigiana, dalla finalità quindi così esplicita e precisa, un taSSoeccessivo di varietasavrebbe rischiato di rendere meno nitide le strategie e soprattutto le gerarchie comunicative fissate dal poeta. (191) Per i tre motivi vedi, rispettivamente, gli epigr. 1 e 65; 10 e 80; 18 e 84. (192) Szclest 1986 pp. 2572-2575; W. Holzberg, Martial Heidelberg 1988 pp. 74-85; Garthwaite 1990 p.21 s.; Id. 1993 p.96 s.; Id. 1998 p.171. Nel tempo Garthwaite ha progressivamente attenuato la sua posizione, tanto che nd suo lavoro più recente tende a considerare l'adulazione di M. verso Domiziano non più una forma ironica di pungente critica a certe contraddizioni rilevabili nella politica e nel comporta· mento personale dell'imperatore, bensì un atto non sincero ma dovuto, assimilabile ai doveri mondani caratteristici del rapporto tra patrono e cliente. Sulla presunta ironia di M. vedi ancora Hofinann 1983 p. 243 s.; T. Herrera Zapién «Nova Tellus• 2, 1984 pp. 67-83. ( 193) C( I 8 e 78, Catone; 13, Arria Maggiore e Cecina Peto; 42, Porcia e Bruto; III 66 e V 69, Cicerone: V 74, Pompeo e i suoi figli. Citroni p. 58 interpreta invece questi testi come semplici e ormai politicamente innocue rielaborazioni in forma epigrammatica di exmrplaretorici e poetici cari agli ambienti stoici, frequentati da M. soprattutto nei primi anni del suo SOf,giomoromano (molti di questi epigr. appanengono al libro I). (194) Cf. V 49; VI 57; X 83; Xli 45. Domiziano non amava che si scherzasse su questo argomento: d. Suet. Dom. 18, 2 Ca/vitio ita offe,ukbatur, ut in contumrliamsuam traheret,si cui a/ii ioco ve/ iu,gio obi«tltmur, al riguardo vedi anche luv. 4, 38; Auson. Cm. 17 G.; C. Deroux, De la calvitie~ Domitim à la chevelured'Akxandre:propositionssurjuvmal Sat., IV. 37-38, in J.M. Croisille (ed.), Neronia IV. Akjandro Ma-

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su donne corrotte che eludono la /ex Iulia dr adultmis coercendis, ripristinata da Domiziano, sposando l'amante o sposandosi ripetutamente ( 195); ironico viene giudicato anche il fatto che nel libro IX, uno tra i più cortigiani dell'intero corpus,l'esaltazione della legge imperiale contro la castrazione dei fanciulli sia seguita da alcuni epigr. in lode dell'eunuco Earino, coppiere di Domiziano ( 196). L'interpretazione ironica di questi epigr. e, più in generale, del rappono tra M. e Domiziano, che, si capisce, è un elemento fondamentale per valutare un libro come il nostro, non ha incontrato molti consensi (197) e, in effetti, non convince. Senza entrare nel merito dei singoli testi, campo che rimane apeno al giudizio soggettivo, si può notare che fa comunque difficoltà all'interpretazione ironica il fatto che M. sia, sostanzialmente, un poeta cliente, che si accosta alla eone per opponunismo, nella speranza di ricavarne vantaggi in termini economici e di prestigio; sembra quindi estremamente improbabile che egli si divenisse a scendere, di tanto in tanto, sull'insidioso terreno dell'ambiguità e del doppio senso per farsi rischiosamente beffe dell'imperatore.

2.3. Il ciclosullalex Roscia theatralis Il libro V di M. è caratterizzato dalla presenza di un ciclo di otto epigr. ambientati a teatro (epigr. 8; 14; 23; 25; 27; 35; 38; 41), che prendono spunto dall'editto con cui Domiziano intese restaurare la /ex Rosciatheatralis,la quale, come sopra illustrato (19 8), concedeva agli ingenuititolari di un censo di 400.000 sesterzi, censo richiesto agli equitesRomani,il privilegio della proedria, riservando loro le prime quattordici file della cavea. Pare infatti che a quel tempo la /exRoscia,per quanto ancora vigente, fosse caduta in desuetudine, dando modo così anche a personaggi di condizione sociale modesta di occupare un seggio di prestigio, confondendosi tra i veri cavalieri. gno, motklo tk los mrpmuio"s romanos.Actesdu IV' Co/L int. tk la S!EN, Bruxelles 1990 pp. 277-288; E. Mastellone «BStudl.at- 22, 1992 pp. 22-31. (195) Cf. VI 7; 22; 45; 91; sulla /ex /,dia vedi suprap.49 n. 158. (196) Cf. IX 5; 7 e, su Earino, gli epigr. 11; 12; 13; 16; 17; 36. Anche per Stat. silv. III 4, che celebra la chioma di Earino e, nel contempo, la legge sulla castrazione voluta dal calvo Domiziano, è stata avanzata l'ipotesi di una intenzione ironica da pane dell'autore (Ahi, Garthwaite), ma contro questa interpretazione vedi Peden.ani 1992 pp.80-84; Ead. pp.6-9; 219-222; sull'argomento vedi anche Henriksén 1997. (197) Non accettano la chiave di lettura ironica Citroni 1988 p.24 n.38; Sullivan 1991 pp.121; 128; Merli 1993 p. 247 n. 48; Howell 2 p. 5; Id. «CR• 40, 1990 p. 40; Grewing pp. 33-35. Affi:onta la questione in una prospettiva più ampia F. Romer, Motk und Methotk in dn Deutungpanegyrischer Dichtungdn nachaugustmchmZrit, «Hermes• 122, 1994 pp. 95-113, il quale discute le varie proposte di interpretazione ironica avanzate per le lawks principisdi Lucano, Seneca, Calpurnio, Stazio e M. (per quest'ultimo cf. pp. 100 ss. spec. 107-112) e conclude giudicando non verosimile né dimostrabile l'eventualità che questi testi possano nascondere una critica ali'autorità imperiale. ( 198) Cf. suprap. 11.

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La ricorsività di questo motivo, affrontato da M. occasionalmente nei libri precedenti e solo una volta nei libri successivi al V (199), induce a supporre che si trattasse di un argomento di stretta attualità; sembra quindi verosimile che l'editto domizianeo, menzionato per la prima volta in questa raccolta, sia stato promulgato poco prima della sua pubblicazione (dicembre 89) (200). Tra i beneficiari di questo provvedimento vi era anche M. stesso, il quale, compensato - come detto - da Tito per il /iberde spectaculis con il tribunato onorifico (201 ), aveva acquisito, con esso, il diritto di sedere nelle prime file della cavea teatrale (202) e non manca di celebrare più volte, con orgogliosa fierezza, la promozioné sociale che la sua poesia gli ha consentito (203). Gli epigr. del ciclo sulla kx Rosciasi possono considerare un esempio di Motivvariationdi una situazione ricorrente: dopo l'editto domizianeo alcuni abusivi, incapaci di rassegnarsi a rinunciare allo status symbo/della proedria, tentano comunque di occupare un seggio riservato ai cavalieri, imitandone l'abbigliamento e l'atteggiamento, ma, scopeni, vengono cacciati dagli addetti alla sorveglianza. L'ambientazione teatrale sembra aver suggerito a M. un gioco di osmosi tra poesia scenica ed epigrammatica: nel ciclo infatti ricorrono piuttosto spesso elementi caratteristici degli intrecci comici (dinamica di travestimento e riconoscimento, epigr. 8; 23; 35; rottura dell'illusione scenica, epigr. 25) e, in panicolare, si ha una efficace sinergia umoristica tra il meccanismo, teatrale, dell'agnizione e quello, tipicamente epigrammatico, dell'à1tpoaòé>1crrrov (epigr. 8; 35); anche alcuni specifici fattori di ridicu/um,quali l'attribuzione ai protagonisti degli epigr. - si tratta Cf. li 29, un liberto arricchito siede nella prima fila del teatro, incurante del limo che la kx &scia riservasse la proedria alle persone di nascita libera; III 95, 9 s. Est in hoca/iquid:vimt ._ Ro11111 tribunum I et sedeo'{114 u suscitatOceanus,M. ostenta fierezza per il suo diritto a un seggio equestre; IV 61, Mancino, che è solito nominare in continuazione le sue ricchezze, fuggerepentinamente da teatro, verosimilmente perché occupa un seggio che non gli spcrta (Hn-t tk theatro,PollitmLcantanu, I cum subitoabim, dum fogis,UNfWbaris, I hn-tditatistibi mcmta vmisse,I et 11111ne cmtum, a post mnidie cmtum vv. 9-12); IV 67, Gauro, cui mancano 100.000 sesterzi per raggiungere il censo equestre chiede un prestito a un amico ut possadomino [Domiziano] plaudrreiustuseques(v. 4); VI 2 In Pompeianodormis,uuvine, theatro:I et qun-ms si u suscitatOceanus?,con un gioco anfibologico sul significato di suscito,«svegliare• e «fare alzare», in quanto abusivo; pertengono alle norme che regolavano la presenza del pubblico a teatro, ma non direttamente alla kx Roscia,altri tre epigr.: I 11 e 26, Scstiliano, un cavaliere forte bevitore, fa incetta dei conmsscgni che davano diritto a una consumazione di vino (ogni cavaliere ne riceveva dicci); IV 2, un certo Orazio, contravvenendo alle disposizioni imperiali, che imponevano di assistere agli spertacoli indossando la toga, si presenta a teatro con un mantello di colore scuro, ma in seguito a una improvvisa nevicata, manifestazione del numm domizianco, capace di controllare anche gli clementi della natura, la sua veste diventa candida esattamente come quella di rutti gli altri spettatori. (200) Sulla datazione del libro V cf. suprap. 44 ss.; sull'attenzione dimostrata da M. per tematiche di attualità cf. supra p. 49 n. 160. (199)

(201) (202) (203)

Cf. suprap. 52. Sulla proedria dei tribuni vedi suprap. 31. Cf. spcc. III 95, 5 ss.; V 13, l s.; vedi anche V 17, 2; IX 49, 4; XII 29 (26), 2.

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sempre di personaggi fittizi - di un nome «parlante,. (epigr. 8; 35; 41), il carattere caricaturale e paradossale del loro comportamento (epigr. 14; 41), e, per quanto riguardail versante stilistico, il ricorso a un insistito linguaggio metaforico (epigr. 14) e al Wortspielbasato sull'infrazione linguistica (epigr. 38), pur essendo tratti indubbiamente ben attestati anche in altri generi letterari d'ispirazione comico-realistica (giambo, satira e romanzo soprattutto), inducono comunque a ipotizzare, nel nostro caso specifico, una più precisa ascendenza teatrale (204 ). Dal punto di vista della destinazione, il ciclo realizza un eccellente amalgama tra la finalità principale del libro V- l'adulazione dell'imperatore, dedicatario della raccolta - e l'intrattenimento del lettore comune: l'enfasi sul ripristino della legalità torna infatti a lode di Domiziano, mentre i maldestri tentativi degli abusivi per farsi passare per cavalieri e per sfuggire, una volta scopeni, all'umiliante allontanamento dai posti riservati rappresentano un sicuro motivo di riso (20 s); tale bivalenza risulta palese nel caso del carme 8, l'epigr. d' apenura del ciclo. Questo testo è collocato subito dopo la sezione proemiale (epigr. 1-7), dedicata pressoché in toto alla celebrazione di Domiziano, e prima di un epigr. prettamente scommatico, il numero 9, sul tipo comico tradizionale del medico incapace che mette a repentaglio la salute del paziente. Considerando l'ordinamento di questi carmi, sembra quasi che M. investa l'epigr. 8 della funzione metaletteraria di segnalare al lettore, per un verso, la ripresa, dopo l'epigr. 4 (scomma su una beona), e anzi l'accentuarsi della vena scherzosa della sua poesia - tratto tanto caratteristico quanto sacrificato fino a questo punto della raccolta- e, per l'altro, la permanenza, nella più leggera e briosa forma della beffaai danni degli abusivi, dell'omaggio a Domiziano (206). Duplice è anche la natura dello stesso epigr. 8, che, dopo un incipitsolenne (Edictum domini tkique nostriv. 1), piega decisamente verso il comico: nel corso dell' epigr. si scopre infatti che il suo protagonista, un ceno Fasi, il quale tanto celebrava l'editto domizianeo e il giusto allontanamento dei plebei dai posti riservati ai cavalieri, è in realtà un abusivo e come tale viene quindi allontanato. L'epigr. 14 ha invece natura caricaturale: Nanneio retrocede progressivamente dal primo all'ultimo sedile, da dove assiste agli spettacoli in una posizione innaturale e ridicola, sotto lo sguardo insospettito del sorvegliante. (204)

Sulla presenza di dementi teatrali negli epigr. di M. mi sono soffermato, più diffusamente, in

Epiuammll t mimo: il •Uatro•di Marziak, «CGITA» 14, 2001 pp. 201-228. Intende diversamente Hofinann 1983 pp. 242-244, uno degli studiosi sostenitori della interpretazione ironica degli epigr. di M. attinenti Domiziano (cf. suprap. 58 s.). Secondo Hofinann infani l'insistenza sul motivo delle occupazioni abusive dei seggiè un modo sonile per evidenziare l'inefficacia delle disposizioni imperiali, che, nel caso della kx Rosciathtma/is come in quello, per ceni versi analogo, della kx lulia tk """'1mis ronrmdis. si rivderebbcro incapaci di controllare e di disciplinare il componamento dei cittadini romani. (206) Sull'accona e significativa disposizione dei componimenti appartenti alla sezione proemiale del libro V cf. suprap. 55. (205)

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Dopo questi due epigr., alquanto diversi e distanti tra loro, il ciclo sulla kx Rosciaassume una compattezza maggiore e, di conseguenza, anche una più spiccata visibilità nell'ambito della progressiva diversificazione tematica della raccolta. Si possono individuare infatti due terne di epigr.: i carmi 23; 25; 27, tutti in distici, · e i carmi 35; 38; 41, con variazione alternante del metro (scazonte; distico; scazonte), i cui testi di apertura, 23 e 35, presentano un'evidente e significativa affinità strutturale con il primo epigr. del ciclo (il testo numero 8), in quanto giocati anch'essi sulla dinamica travestimento-riconoscimento, modalità che si può considerare emblematica di questo ciclo e che quindi si presta ottimamente alla funzione di segnalare la ripresa a distanza dello schema comico di fondo che tale ciclo caratterizza. Nella prima terna, dopo l'epigr. 23, nel quale Basso tenta di accreditarsi come cavaliere ostentando abiti di lusso, si colgono accenti diversi rispetto agli altri epigr. del ciclo: per la prima volta M. assume un atteggiamento solidale nei confronti degli abusivi, considerandoli ora come semplici pauperes,a disagio in una Roma che giudica la ricchezza un valore supremo e non si cura dei meno abbienti. Nell'epigr. 25 il poeta aiuta Cherescrato a sfuggire al sorvegliante e la sua fuga dà adito a un attacco all'avarizia dei ricchi. Comprensivo di un duplice movimento è invece l'epigr. 27, che inizia con una critica alla ricchezza come parametro del valore individuale, ma si conclude poi, a sorpresa, con una «frecciata»,pungente ma non realmente offensiva, all'indirizzo dell'abusivo, questa volta curiosamente anonimo, verso il quale il poeta aveva fino a quel punto dimostrato una sostanziale condiscendenza; è verosimile che M., temendo di coinvolgere nella sua critica anche l'imperatore regnante, abbia inteso stemperare in un innocuo scomma ai danni dell'abusivo l'impegnativo, e rischioso, tratto di polemica sociale introdotto all'inizio dell' epigr. Un tratto che accomuna i testi, prettamente scommatici, appartenenti alla seconda terna, è invece la presenza di referenti che alludono in modo emblematico al rango equestre. Nell'epigr. 35 Euclide millanta di discendere dalla mitica Leda, madre dei Dioscuri, che a Roma erano consideraci i patroni dell'ordine equestre. I figli di Zeus e di Leda sono chiamati in causa anche nell'epigr. 38: Calliodoro risulta titolare del censo richiesto agli equites, ma suo fratello vanta su questo patrimonio i suoi stessi diritti; perciò, non potendo un cavallo portare due cavalieri (v. 4; M. gioca sul significato originario di eques Romanus), il poeta gli consiglia, celiando, di seguire l'esempio dei Dioscuri, che si alternavano all'Ade e sull'Olimpo. L'epigr. 41, l'ultimo del ciclo, che si esaurisce quindi nella prima metà del libro - elemento che conferma ulteriormente l'importanza di merito e strategica dell'argomento trattato -, elenca, quasi accennando a una movenza catalogica, una serie di referenà presentaci come tipici della conversazioni che avevano luogo tra i cavalieri: la proedria teatrale, la trabea equestre, la solenne processione delle Idi di luglio (transvectio equitum), e, da ultimo, il censo (vv. 4 s.).

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3.

IL TESTO DEGLI EPIGRAMMI DI MARzIALE

3.1. La tradizjone manoscritta L'assetto stemmatico della tradizione manoscritta di M. (207) è stato fissato in uno schema trifido da Schneidewin, curatore nel 1842 della prima edizione costituita con criteri filologici moderni. Nel corpusepigrammatico Xenia e Apophoreta,pubblicaci prima del libro I, figurano dopo il libro XII, in coda alla raccolta; questa palese infrazione all'ordine cronologico, seguito invece per gli altri libri (208), viene in genere attribuita non tanto alla volontà dell'autore stesso quanto alla scelta di un editore antico, il quale, dopo la morte di M., avrebbe curaro la pubblicazione dell'intera sua opera. A partire da questo supposto «archetipo», l'edizione complessiva postuma, la tradizione di M. si differenziò in tre rami, di cui almeno uno, il secondo, certamente cardoancico (209). Per la scelta delle varianti non è decisivo né il consensusdi due famiglie contro la terza né la pozioricà di un ramo della tradizione rispetto agli altri due, anche se, almeno tendenzialmente, la prima famiglia conserva spesso la lezione genuina contro le altre due e, in genere, il cesto della seconda famiglia è migliore di quello della terza (210). La prima famiglia comprende tre florilegi di origine francese di IX secolo (H T RJ,che tramandano complessivamente circa due terzi degli epigr.; è l'unico ramo 211 ). della tradizione che conserva il /iber tk spectaculis( (207)

Sull'argomento, fondamentale Citroni pp. XLV-LXXIII; eccellente sintesi in Rccve 1983; sulla

f:uc tardoantica della tradizione vedi W. Schmid, Spii14ntiltrTtxttkpravatwnm in dm EpigrammmMartials, in Ausgnuiihluphilo/ogischr Schriftm, Bcrlin 1984 pp. 400-444; Mastandrea 1997 pp. 280-290; datati ma ancora importanti Frdl. I pp. 67-96; Llndsay [pp. I-XX]; Id. 1903; Pasquali 1934. Rassegna dei manoscritti in B. Munk Olscn, L 'hutk dn autn4rsclassiqurslatinsaux Xl' a XII' sièdn, II, Caralogwdn manusmts classiqun latinsa,pih du IX' auXII' sièck,Paris 1985 pp. 93-104, con bibliografia essenziale; vedi anche gli AJdmJa in III 2 pp. 97; 191. Il catalogo non comprende i tre testimoni di XV secolo (P Q PJche con il codice L (XII scc.) costituiscono il secondo ramo della tradizione. (208) Il /ibn-de sp«taculis,la prima raccolta conservata, figura in testa e la numerazione dei libri rispecchial'ordine di pubblicazione. Panico lare il caso del libro X. di cui abbiamo solo una seconda edizione allestita dopo la pubblicazione del libro Xl; di conseguenza il nostro libro X è più recente del libro che nel corpuslo segue: cf. Citroni 1988 p. 31; Id. 1989 p. 2 I 6. (209) Se è corretta questa ricostruzione delle prime fasi della trasmissione del testo, risulta meno probabile l'eventualità, sostenuta da Llndsay, Pasquali e altri, che in esso possano trovarsi varianti d'autore: cf. Citroni p. LXXII; Rccve 1983 p. 243 s.; potrebbe riflettere lo stato di diverse edizioni tardoantiche la mancanza di I I e 2 nella seconda famiglia e di XII 4; 5; 11 nella terza: cf. Citroni 1988 p. 30 n. 50; vedi anche Merli 1993 p. 253 s. (210) Cf. Pasquali 1934 p. 418 s.; non convince C. Keil, Utrum Martialiscodicumprimafomi/ia prcu/iarm, hakat auctoritatnnnrcnrquanitur, Diss. Jena 1909 che reputa il testo della prima famiglia peggiore rispetto a quello delle altre due: cf. Heraeus p. IV n. 2; Citroni p. LXXIII n. 71. (211) Il /ibn-desprcta.culisè attestato anche nei manoscritti più recenti della seconda e terza famiglia per

-64Il codice T ospita una scelta di epigr. più ampia rispetto a R, mentre H attesta di Te di R le solo pochi versi e si interrompe dopo l'epigr. I 4. Nelle inscriptiones cifre relative a quasi tutti i libri con numerazione progressiva risultano accresciute di un'unità; quest'anomalia, che non trova riscontro nelle altre due famiglie, va veroal mosimilmente rapportata all'inclusione nella numerazione del liberdespectaculis mento del passaggio del testo dal volumm, contenente singoli libri, al più capiente cotkx(212 ). Non è chiara la parentela tra H e T, problema particolarmente arduo anche perché concerne la tradizione non solo di M. ma anche degli altri autori tràditi da questi due florilegi (213). Alla prima famiglia va ascritto anche K, un cotkx vetustissimus,ora perduto, appartenuto a Boccaccio, di probabile provenienza cassinese; il manoscritto contee i primi dieci libri di M., di cui l'ultimo mutilo (214). neva il liber despectaculis Peculiarità della prima famiglia è la tendenza a sostituire termini osceni o grossolani con eufemismi, in genere metricamente equivalenti. Lindsay spiega il fenomeno ipotizzando l'allestimento di un'edizione tardoantica «in usum elegantiorum• da parte di un lettore pagano dotto e raffinato disturbato dalle scabrosità di M.; Mastandrea, riscontrando nella prima famiglia tracce di cristianesimo, attribuisce invece l'interpolazione a prudnie monastica e, su base paleografica, a un capostipite in minuscola carolina piuttosto che alla fase tardoantica della tradizione (215). interpolazione con codici umanistici contaminaci. La caduta del de spectaculis in due delle tre famiglie è probabilmente imputabile al fatto che esso in genere figura come libernon numerato a monte dell' inscriptiodel liberprimus.In alternativa, Mastandrea 1997 p. 289 s. non esclude che la caduta nella seconda famiglia, fluita da una remuio databile al 401, sia in qualche modo da collegare all'ostilità di Teodosio e dei suoi figli per gli sptaaculadell'arena. (212) Cf. Mastandrea 1997 pp. 283-287. (213) Citroni p. XLVII ipotizza che Tsia una copia deteriore e talora interpolata di H, :.iiescitaquando quest'ultimo era ancora integro o almeno più completo di ora: secondo Carratello 1989 p. 276 s., invece, i due codici sono fratelli e discendono da un esemplare in scrittura merovingica, danneggiato o scorretto. La questione è stata riesaminata, con panicolare attenzione per la tradizione manoscritta di M., da Zurli 1997 pp. 170-176, il quale, osservando che nel liber de sptctaculisrispetto a H il florilegio T presenta una serie di lezioni poziori e non tutte spiegabili come felici emendamenti da parte del copista (peraltro alquanto illetterato), nega la dipendenza diretta del codice T da H: a un codice perduto intermediario tra H e Tpensa anche Richmond 1998. (214) Cf. A. Mazza, L 'invmtariodella «paroalibraria•di Santo Spirito t la bibliot«a del Bocca«ÙJ, «IMU• 9, 1966 pp. 14-S9: Carratello 1974 pp. 1-4. Per ricostruire il testo di K, almeno limitatamente al de sptctaculis,ci si affida soprattutto a tre suoi discendenti: Westminster Abbcy I S (scc. XIII): Bologna, Bibl. Univ. 2221 (sec. XIV); Wien, Osterreichische Nationalbibliothek Lat. 316 (scc. XIV; forse copia del precedente); si tratta di codici della terza famiglia contaminati con la prima. Per la tradizione del liberde sptctaculis vedi l'edizione di Carratello pp. 20-30, da integrare con il riesame stcmmatico ed esegetico presentato in una serie di contributi successivi (Id. 1989: «GIF• 43, 1991 pp. 31 S-328; ibid. 49, 1997 pp. 237-241: ibid. SO, 1998 pp. 243-248): sul manoscritto di Westminster, Reeve 1980 pp. 193-199: Carratello 1981: sul &nonim1is,R Sabbadini «RFIC• 39. 1911 p. 248 s. = 199S p. 339 s.; Id. 1933 p. 64 s. (215) Cf. Lindsay 1903 p. 8 s.; P. Mastandrea, So1tituzionieufomisticht(t alrrt varianti)nti florikt) ca-

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La provenienza dei florilegi superstiti fa supporre che il capostipite della famiglia sia stato un manoscritto di area francese, d'incetta datazione, che probabilmente conteneva tutto M. (216). La seconda famiglia comprende un codice di XII secolo (L) e tre di età rinascimentale (P Q f); questo ramo della tradizione discende da un esemplare emendato da Torquato Gennadio, come risulta da una serie di subscriptiones che si ripe217 tono, con lievi varianti, in tutti i testimoni della famiglia ( ). La subscriptiopiù ampia e imponante è quella tràdita dopo il terzo epigr. degli Xmia (libro XIII), da cui si ricavano le circostanze in cui Gennadio operò la sua emmdatiu.Emmdavi ego TorquatusGmnadiusin foro Divi AugustiMartis [denominazione tardoantica del.forumAugusti,cf. LTURs.v.] consulatuVincmtii et Fraguitii [consoli nel 401] virorumclarissimorum ftliciter. La dislocazione anomala della subscriptioè dovuta all'inserimento seriore nel testo della seconda famiglia dei tre cpigr. prefatori degli Xmia (XIII 1-3); la sua completezza informativa, che non trova riscontro nelle altre subscriptiones, si spiega invece per la sua funzione, che è panicolare, perché essa non va riferita al libro Xli, che reca già in calce una sottoscrizione standard (Emmdavi egoTorquatusGmnadius floreas),ma all'intera emmdatiogennadiana. Dal momento che la subscriptio«lunga» viene senz'altro a marcare una provvisoria conclusione del processo di revisione testuale, si può verosimilmente inferire rolingidi Mll1'Zi4k,«RHT • 26, 1996 pp. 103-118; Id. 1997 pp. 280-283. L'ipotesi di Llndsay fu accolta da P:uquali 1934 p. 416 mentre quella argomentata da Mastandrea era stata abbozzata già da Housman, che coglieva in alcuni eufemismi sostitutivi di termini attinenti il sesso un indizio di misoginia monastica («CR,, 39, 1925 p. 202 = 1972 p. 1003 •monkish horror of woman•), e sostenuta, ma con cautela e senza escludere l'ipotesi di Lindsay, da E. Montero, Censuray transmisiontextualm Marcial,•EClas• 20, 1976 pp. 343-352, il quale ritiene che l'operazione di censura sia avvenuta in un monastero carolingio e avanza la possibilità di un condizionamento cristiano. A una censura religiosa pensano anche Giarr. 2 p. XIII, che fornisce un elenco delle varianti eufemistiche, e Sh. B. 1 p. VI. (216) Nel florilegio T gli Xmia sono completi e degli Apophorttamancano solo gli epigr. 83-106; la lacuna è imputabile alla caduta di un foglio nel capostipite della famiglia: cf. Lindsay 1903 p. 11 s.; Citroni

p.XLIX. (217) Le subscriptionnricorrono alla fine di ogni libro in L (tranne quella finale per caduta dell'ultimo foglio) e in Q alla fine dei libri I-V in P:.alla fine dei libri I-VI in F. il loro testo si legge in Lindsay p. VII; 1903 p. 3 s.; 119 s. Un'altra subscriptio si trova in Q prima del likr dnpmacu/is, ma, considerando l'anomala collocazione e il fatto che il capostipite della seconda famiglia non aveva gli spmacuilt,si può pensare a interpolazione umanistica (Llndsay 1903 p. 119: Citroni p. LIII). Sulla famiglia gennadiana e, più in generale, sulla prassi tardoantica dei libri sottoscritti, fondamentale Pcccre 1986 spcc. pp. 34-40; cf. anche Id., / ~ccanismi tk//a tradiziont ustuak,in lo spaziolmnario di Romaantica,III, la ricniont tk/ ttsto, Roma 1990 pp. 359362; Id., Antichità tardat trasmissionttki ttsti. Qua/chtrijkssiont,in Id. (cur.), ltintrari tki ttsti antichi,Roma 1991 pp. 64-74. Della seconda famiglia faceva parte anche il fragmmtum Winianum, un foglio scoperto nell'Ottocento da Witte nella legatura di un codice perugino; il fragmmtum, andato perduto, risaliva al XIII secolo e conteneva gli epigr. da X 36, 7 a 41, 5, ma erano leggibili solo X 37-38 e i lemmi, un tempo rubricati, erano svaniti (Sch. 1 p. LXX s.).

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che Xenia e Apophoreta,tràdiri, al soliro, dopo il libro XII furono aggiunti in un momento successivo; un'altra possibilità è che fossero sentiti ancora al tempo di Gennadio come raccolte sui generis,diverse dai libri numerari (218 ). T orquaro Gennadio è stato spesso identificato con un alto funzionario imperiale, praeftctusAugustalisdi Egitto nel 396 e poi proconsole di Acaia, cui Claudiano dedica un carme encomiastico (c.m. 19 Epistulaad Gmnadium ex proconsuk);forse era figlio del Gennadio forensisoratorRomaeinsignismenzionato nei Chronicageronimiani per l'anno 353 (219 ). Considerando però l'assenza nelle subscriptiones della titolatura del magistrato e, soprattutto, il fatto che la revisione dei testi antichi era un esercizio diffuso nelle scuole di retorica della tarda antichità, è preferibile riconoscere nell' emmdator di M. un giovane studente, forse figlio del magistrato omonimo. Confona quest'ipotesi anche il confronto con la subscriptiodell'Apuleio fiorentino (Laur. 68, 2), la quale informa che un remoto antenato di questo codice è stato emendato nel 395 a Roma in foro Martis, quindi forse nella stessa scuola del giovane Gennadio, da Crispo Sallustio, rampollo di una famiglia aristocratica legata ai Simmachi e discepolo del retore Endelechio (220 ). L'esemplare emendato da Gennadio era probabilmente un omaggio per Quirino e Constanrino, due personaggi altrimenti sconosciuti, cui saltuariamente Gcnnadio indirizza frasi augurali (floreas)e dedicatorie (kgeftliciter) al termine di alcune sottoscrizioni. Siccome a panire dal libro V i tituli della seconda famiglia si differenziano in modo sensibile dal resto della tradizione (221), è possibile che il Martialis gennadiano fosse distinto in tre tomi, di cui il secondo iniziava col libro contenente il ciclo epigrammatico da me studiato; ciò spiegherebbe anche la presenza di più subscriptiones dedicatorie e di due destinatari. La tripanizione del corpusdi M. porrebbe però essere intervenuta anche in una diversa fase della sua trasmissione (222). Nel testo gennadiano Xmia e Apophoma si distinguono anche per le formule di sottoscrizione. che nominano dei Gmnadi vater. Emendavi rgo Torquatw Gmnadius cum ctUtms Gmnadi vatts [sic] (fine del libro XIII); Emmdavi rgo Torquatw Gmnadius ftliciter cum tuis Gmnadi vatibus (fine del libro XIV). L'csprcs• sione, alquanto problematica, potrebbe alludere a collaboratori di Gennadio nella revisione testuale, ma non è escluso che si tratti di una corruttela (Pecere 1986 p. 36 s.). (219) Cf. Frdl. I p.69; L. Cantarelli «SS• 5. 1912 pp.312-316; Citroni p.LIV; Sullivan 1991 p.257. (220) Cf. Lindsay 1903 pp. 2; 4; O. Pecere, Esemplari con subscriptiones t tradizione fki tati latini: l'Apukio laur. 68, 2, in C. Questa - R. Raffaelli (curr.), li libro t il tato. Atti tiri convegno intnnazionak, Urbino, 20-23 mtembrt 1982, Urbino 1984 pp.111-137; Id. 1986 p.34. (221) I lemmi gennadiani hanno spesso natura descrittiva e presentano una facies linguistica databile all'epoca dell' tmmdator di M.: c( G. Landgraf. Ubtr das Alter drr Martial-lnnmata in dm Handschriftm drr Familit B. «ALL• 12, 1902 pp. 455-463; Lindsay [p. XVIII] •In libris V-XII novos [tirulos) finxit Gennadius•. (222) Cf. Lindsay 1903 pp. 40-42, tomo 1. libtr dr sptctaculis e libri I-IV; 2. V-IX; 3. X-XII, Xrnia, Apophortt,r, Pecere 1986 p. 39 attribuisce la diversità dei tituli a un cambiamento di antigrafo avvenuto nel corso dell'allestimento della copia gennadiana oppure di un modello più antico; Mastandrea 1997 pp. 283290 spcc. 288 collega la ripartizione in tomi al passaggio del testo di M. dal rotolo al codice. (218)

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I codici della seconda famiglia presentano caratteristici errori singolari, verosimilmente dovuti a fraintendimenti di scrittura (221). Tra questi, il codice L è il più vicino al subarchetipo, oltre che, in ragione della sua antichità, l'unico scevro di interpolazioni umanistiche, che sono invece consistenti soprattutto in Q e in F, spesso concordano in errore P e Q, che sembrano risalire a un antenato comune. La terza famiglia comprende numerosi manoscritti, di cui i più impottanti sono tre esemplari di origine francese (E V~. di ragguardevole antichità (IX sec.); completa questo ramo della tradizione un codice di area tedesca (A) dell'XI secolo. Questi manoscritti condividono un alto numero di errori che li distinguono dal resto della paradosi, oltre ad alcune lacune, attribuibili alla caduta di un gruppo di fogli nel capostipite (224); quest'ultimo va probabilmente identificato con un manoscritto in minuscola carolina, di area francese, databile all'VIII-IX secolo (225). I rappotti interni alla famiglia non sono del tutto chiari: concordano molto spesso in errore V e X, che con tutta probabilità sono fluiti da un progenitore comune, mentre A concorda solo parzialmente con E Questa situazione fa pensare che anche E e A discendano da un antenato comune, fratello del progenitore di V X, e che il copista di A abbia in alcuni casi felicemente emendato per congettura il suo antigrafo; Citroni segnala però due casi che si spiegano con difficoltà come interventi congetturali e che potrebbero far pensare che A sia un testimone già lievemente contaminato con la seconda famiglia (226). Completa il panorama della tradizione medievale una serie di jlorilegia,importanti per la storia della tradizione del nostro autore, ma minimamente utili per la costituzione del testo. Un primo gruppo, che annovera le raccolte più antiche (VIII-IX sec.), contiene solo frustuli di testo e risulta di difficile collocazione stemmatica; di alcuni di questi excnpta abbiamo solo notizia da cataloghi di biblioteche (227). Le antologie più recenti (XIII-XIV sec.) discendono dal F/orilegiumGal/icum, (223) Cf. Lindsay [p. VII s.); 1901 p.416 s. Lindsay propone di identificare il capostipite della famiglia, o un suo gemello, con il coda vetustissimusuzngobardis/ittero conservato nella biblioteca di San Marco a Firenze:e menzionato da Poliziano, che in VI 77, 7 gli attribuisce il testo della seconda famiglia (sul codice di Poliziano cf. B.L. Ullman - Ph.A. Stadter, Tht PublicLibra,y of Rmaissanu Flormu. NiccolòNicco/i, Cosimo tk' Medici and tht Libraryo/San Marco,Padova 1972 p. 236 nr. 947). Contraddice quest'ipotesi la ricerca di P. Saggcsc, Poliziano,Domizio Caldmni t la tradizionetkl testodi Marziale,•Maia• 45, 1993 pp. 185-195, il quale nota che nel medesimo testimone Poliziano in X 4, 12 trovava Aetia, che è la lezione della terza famiglia, dove la tradizione gcnnadiana banalizza invece in ttiam. (224) La lacuna più estesa riguarda il libro X; nella terza famiglia mancano gli epigr. da 56, 7 a 72 e da 87, 20 a 91. 2. (225) Cf. Lindsay [p. XI s.]; 1903 p. 7 s.; Reeve1980 p. 239 n. 5. (226) Cf. I 66, 7 pater chartatp A: partae E\IX; v. 8 inhorruirfJA: horruitEl,,X, Citroni p. LXI s., con ulteriore ma meno significativa casistica. (227) Cf. Reeve 1983 p. 241.

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una raccolta costituita nel Nord della Francia, forse a Orléans, nella seconda metà del XII secolo; questi florilegi sono stati studiati da Ullman, che ne collega la diffusione alla cosiddetta rinascita del XII secolo (228). Il FlorilegiumGallicumcontiene excnpta di oltre trenta autori e, per quanto riguarda M., ha un testo di terza famiglia, che presenta tracce di contaminazione con quello della prima, da cui sono fluiti il liber de spectaculis e alcune lezioni. Si tratta del primo caso sicuro di tradizione contaminata e non sorprende che il fenomeno coinvolga la prima e la terza famiglia, entrambe di origine francese; la contaminazione fra le tre famiglie diventerà usuale in età umanistica. Di M. il Florilegium Gal/icumconùene versi di contenuto moraleggiante, tratto evidenziato anche dai lemmi preposti agli excnpta;questi tituli, più ampi e informativi rispetto a quelli delle tre famiglie, sono stati composti appositamente per l'antologia. La riscoperta di M. in età umanistica (229) è legata al nome di Boccaccio, possessore del codice K Attorno alla metà del XV secolo, quando l'opera di M. era ancora poco diffusa, Giovanni Aurispa ne procurò un esemplare attendibile (23°)ad Antonio Beccadelli, detto il Panormita, autore di ingegnosi emendamenti al testo di M. e suo imitatore nell' Hmnaphroditus,una spregiudicata raccolta di epigr. latini di carattere osceno (m). Pomponio Leto, discepolo del Valla e fondatore dell'Accademia Romana, organizzò nella sua villa sul Quirinale dei seminari in cui venivano letti e interpretati alcuni poeti latini di età argentea tra cui M.; questi incontri gettarono le basi della futura attività esegetica (numerose glosse dei codici vaticani, vergati per lo più da Leto o da suoi discepoli, vanno verosimilmente collegate a queste letture). L'interesse suscitato dal testo di M. fu notevole, come dimostra anche l'alto (228) Sul FlorikgiumGallicumcf. A. Gagnér, FlorikgiumGallicum.Untnmchungm und Tccu ZMrGtschichttdn mitttlalln'lichmFlorikgim/itnatur,Lund 1936; R.H. Rousc, Tht A tea ofSm«a's tragtdin in tht thùumth cmtury, •RHT• 1, 1971 pp. 103-121; Id., Florilegù,.Or/;ansand uztins Classica/Authors in tht Twelfthand Thirttmth Cmturies,•Viator- 10, 1979 pp. 131-160; B. Munk Olscn, La classiqunlatinsdlUrs In fo,ri/;gtsmédiivauxantnuurs au Xllf suck, ·RHT· 9, 1979 pp. 75-83 = uz mtption tk la /ittbatu" clllSsiqueau Moym Agt (IX' - XII' suck), Copenhagcn 1995 pp. 174-183, con bibliografia;sugli aetrpu. Mll1'filJjJ cf. B.L. Ullman, Classica/ Authorsin Cmain Mtdirwtl «Florikgw»,«CPh• 27, 1932 pp. 22-26; U. Ca.rratcllo, f «Florikgwquatdam»di Valnio Marzitlk {ptr una nuovatdiziont tkll'«Epigrammaton/ibtr»),«GIF» 26, 1974 pp. 142-158; Recve 1980 p. 199 s.; Ca.rratdlo 1981 p. 245 s. (229) T aie concetto nel caso di M. va inteso in modo relativo,dato che la fortuna del nostro autore non conosce soluzioni di continuità nemmeno nel Medioevo: cf. Sullivan 1991 pp.253-312; Id. 1993; per il Nachkbm tardoantico e medievalevedi Heraeus pp. LXII-LXVII;G. Bcmdt, Das '4tnnischt Epigramm in Obergangvon tkn Spiitantikt zum fruhm Mitttlalur, Miinchen 1968; Maaz 1992 (anche Id., s.v. ManilJ im Mitttlalur in uxikon tks Mitttlaltns, VI, Miinchen-Ziirich 1992 c. 336 s., con bibliografia);per il preumanesimo,Billanovich1958; per umanesimoe rinascimento,F.-R. Hausmann, ManilJ in /u./in,, «StudMcd» 17, 1976 pp. 178-218, con cenni sulla fortuna di M. a partire da Isidoro; Id. 1980. (230) Cf. U. Carratello «GIF» 27, 1975 pp. 222-224. (231) Cf. G. Restas.v. &ccatklliAntonioin Dizionariobwgrafico tkg/i italiani,VII, Roma 1965 p.401, con bibliografia.

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numero di testimoni del XV secolo (232); agli anni settanta risalgono le prime edizioni a stampa, seguite dai primi commenti. L' editioprincepsdi M. non è individuabile con certezza: si contendono questo titolo l'ed Veneta(1469-73), che ebbe le cure di Giorgio Merula, la cosiddetta ed Romana (1471 ca.) e l' ed Fen-ariensis, che è la prima datata (2 luglio 1471); sicuramente posteriore è invece la seconda ed Romana (30 aprile 1473), detta anche Pm,ttina dal nome di Niccolò Peroni, suo anonimo curatore (233). Il 1 settembre 1473 Domizio Calderini ultimò il primo commento all'intera opera di M., che dedicò a Lorenzo dc' Medici; nella primavera del 1478 fu pubblicato il commento del Merula; nel maggio 1489 uscì postumo il Cornucopitudi Niccolò Peroni, opera sui gmnis, che nascendo come un commento a M., finì per essere soprattutto un dotto repertorio grammaticale e lessicografico(234). Questa fase della tradizione del testo di M. è caratterizzata dall'aspra polemica che oppose Calderini, discepolo di Poggio Bracciolini, a Peroni, esponente della scuola del Valla, rivale di Poggio (235). I recmtioresdi M. sono manoscritti contaminati e spesso molto interpolati; la loro importanza ai fini della costituzione del testo si limita quindi alle numerose lezioni di natura congetturale; _talorale varianti umanistiche forniscono elementi utili anche per l'esegesi (236). Le prime edizioni a stampa, fino all'Aldina del 1501, fungono da collettore della ricca e dotta attività congetturale degli umanisti, concordando spesso su un testo diverso rispetto a quello delle tre famiglie antiche. (232)

Si sono con.servatioltre 110 manoscritti, di cui una ventina datati: cf. F.-R. Hausmann, Datinu

Quattrocmto-Handschriftm.latnnischrr Dichtn (Tibu/Jm, CanJJ.ProptTZ.Ovul EpistJJaSapphusaJ Phaonnn, Marti4/, 'uzrmina Priapea1und ihrt &tkMtungfor du Erfonchungdn lt4limischm Humanismus,in U.J. Stache - W. Maaz - F. Wagner (hgg.), Ko11ti11uitiit und Wandel latnnische Poesievon Ntmtius bis Bauuuzi". FrancoMunari zum 65. Geburtstag.Hildcsheim 1986 p. 624. (233) Cf. Carratello 1973. e del (234) Gli epigr. da cui muovono le notazioni erudite di Peroni sono quelli del libn- spectaculis libro I, non completo, che nel Comu copiaecompaiono con numerazione progressiva (1-247); sul Comu copiae di Perorti vedi la prc&zione di S. Prete a J.-L. Charlet - M. Furno et alii (cdd.), NicouziPeroni. Comu copiaesru lingwu Latinaerommmtarii,I-VI, Sassoferrato 1989-97, con discussione della bibliografia precedente; M. Furno, le Comu copiaeu NicrolòPerotti:cultu" a mhhoMd'un humanistequi aimait ks mots,Genève 1995; su Perorti e M. vedi Della Corte 1986 = 1988. (235) Su questa quertl.kcf. Sirnar 1910 pp. 190-192; Hausmann 1980 p. 253 s.; Della Corte 1986 pp. 97-99 = 1988 pp. 235-237, con ulteriore bibliografia. (236) I "'mtiom spagnoli sono stati studiati da M.J. Mufioz Jiméncz, El manuscrito10098 u kl BibliotecaNacional(Madrid),Diss. Madrid 1982; Ead., La tradicionmanuscritay Josrodim espa;;oksu Mama/, in Actasui simposiosom Marr:oValmo Marr:ial poetau Biibilisy u Roma.Cal4tayud. 9-1O-11mayoJ986, Il, Zaragoza1987 pp. 301-322; Ead., Conclmionnui ntuaio u un manuscritonpa;;oJu Marr:ial(ms. 10033 kl BibliotecaNacionai},«CFC» 21, 1988 pp. 153-158. Si tratta di sette esemplari di XV secolo contaminati e interpolati, due di seconda famiglia e cinque di terza; le biblioteche spagnole con.servano anche cinque manoscritti con excnpta Martialis.

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3.2. Le edizioni critiche La prima edizione di M. condotta sulla base di un'ampia recensiodella paradosi e sulla scorta di un moderno metodo di valutazione delle varianti, di matrice lachmanniana, fu pubblicata nel 1842 da Schneidewin (237). L'edizione inizia con una breve praefatioin cui Sch. imposta la questione ortografica e informa della traslazione dei titu/i, notoriamente spuri (238), dal testo, dove figuravano nelle edizioni precedenti, ali'apparato; segue l' exp/icatiosig/orum,con ben 66 testimoni, e quindi amplissimi prokgomena,in cui si dà notizia di oltre 70 edizioni e di oltre 100 manoscritti. Sch. ripartisce quindi i codici in me/iorese deteriorese distingue i primi in tre famiglie, che passa poi a descrivere; la tradizione di M. ha per la prima volta un assetto stemmatico. Le ultime pagine dei prokgomma sono dedicate al /iberde spectacu/is, di questa parte della tradizione, che presenta caratteri peculiari, viene tracciato anche uno stemma (239). L'apparato di Sch., prevalentemente negativo, è preceduto da una sezione che riporta le lezioni della seconda edizione dello Scriverius (Lugd. Batavorum 1621); è molto ampio, ma impreciso e talvolta piuttosto farraginoso; uno spazio consistente viene riservato alle lezioni dei manoscritti umanistici e delle prime edizioni a stampa. Altre varianti sono riportate in appendice (anakcta critica),tra cui quelle di Re di Q, importanti testimoni della prima e della seconda famiglia. Di quest'ultima Sch., nonostante l'imponente recensio,ebbe una conoscenza imperfetta, fondata sostanzialmente solo su P. Il carattere non sistematico delle collazioni utilizzate e del metodo di registrazione delle varianti rende spesso difficile capire quali testimoni l'editore di volta in volta abbia effettivamente tenuto presente. Nel 1853 Sch. pubblicò per la Teubner una editio minor, senza apparato, che si caratterizza per l'impiego sistematico di R e una migliore conoscenza di E Una seconda edizione teubneriana uscì nel 1886 a cura di Gilbert, il quale corregge alcune scelte testuali di Sch., ne migliora la punteggiatura, talvolta piuttosto trascurata, e approfondisce soprattutto la questione ortografica, cui dedica la breve praefatio.Non progredisce la conoscenza della paradosi; la sola novità è l'uso di nuove collazioni di Qe di F, messe a disposizione da Frdl. L'apparato è asciutto e spesso e degli insommario; la sintesi va a scapito soprattutto delle varianti dei recentiores cunaboli, non più menzionate, al pari dei titu/i. (237) Tra le edizioni prelachmanniane vanno ricordate quelle curate da A. de Jonghe (lunius; Basilea 1559; Amwerp 1568), I. Gruter (Gruterus; Francofone 1602) e P. Schryver (Scriverius; Leida 1618-19, con 1 un importante commentario); su queste edizioni vedi Sch. pp.XXXVIII-LXII; Frdl. I pp. 120-127; Hausmann 1980 pp. 276-295; anche Sullivan 1993 pp. 235-239, lrukx of Sekctrd Editions ami Commmtaril's. I meriti di Sch. e la bontà della sua edizione sono illustrati da S. Timpanam, Ln gmeri dr/ metodo dr/ urhmllnn, Padova 1981 (prima ed. Firenze 1963) p. 61 s.; una presentazione e una valutazione delle edizioni moderne si può trovare in Citroni pp. XXXVIII-XL V. (2.\8 ) Sono invece d'autore, come è noto, i lemmi preposti a Xmiae Apophoreta,cf. XIII 3, 7 s.; XIV 2, 3 s. 1 (2l'>) Cf. Sch. p. CXXXI, con la correzione proposta da Carratdlo 1974 p. 16 s.

-71L'edizione di Friedlander (Leipzig 1886) segna un notevole miglioramento per quanto riguarda la conoscenza della cognatiocodicum,grazie a nuove e più complete collazioni redatte da colleghi o allievi del curatore. L'apparato, leggermente più ampio e informativo rispetto a quello di Gilben, ripona le varianti notevoli, ma talora anche minuzie onografìche, mostrando quindi, nel complesso, un carattere poco sistematico; una seconda sezione ospita i foci simiks. Nel 1903 esce l'edizione oxoniense di Lindsay accompagnata dalla monografia The Ancimt Editions of Martia4 in cui viene fornita una caratterizzazione delle tre famiglie tardoantiche e argomentata la tesi della presenza in M. di varianti d'autore. L'ultima pane del saggio è dedicata alla discussione dei tituli-,in appendice sono riponate due accurate collazioni di L e di E, testimoni poziori della seconda e della terza famiglia. Lindsay riuscì a ricostruire il testo della seconda famiglia, fino ad allora scarsamente conosciuta e rappresentata in modo poco soddisfacente: per primo collazionò L, che giudicò il codexoptimusdi M.; rivalutò F, trascurato da Sch., e ritrovò Q di cui aveva già fornito una collazione a Frdl. L'apparato di Lindsay presenta una impanante novità di carattere metodologico, destinata a condizionare l'ecdotica successiva. Il filologo britannico, dal momento che, grazie alle sue ricerche, il testo di tutte e tre le famiglie era ormai ricostruibile sulla base di un numero soddisfacente di testimoni attendibili, ritenne opponuno che anche l'apparato riflettesse l'assetto stemmatico e decise quindi di non registrare più, come gli editori precedenti, le varianti dei singoli codici, bensì quelle attribuibili ai capostipiti delle tre famiglie, che chiama «archetypa» e indica con A A BA CA; i singoli manoscritti sono menzionati nei casi dubbi e nell'impossibilità di definire il testo del capostipite (24°).L'apparato, il primo costituito con spirito di sistema, è per lo più negativo; è agile, chiaro e consente a un lettore informato dello stemma codicumuna valutazione immediata della variante; risulta però talvolta eccessivamente sintetico e, soprattutto, finisce per celare sotto sigle cumulative le divergenze interne alla stessa famiglia. Un perfezionamento grafico del sistema di Lindsay si deve a Duff, che nella sua edizione (Londini 1905), fluita da quella di Lindsay e che registra impananti emendamenti proposti da Housman, sostituisce le scomode sigle con esponente 24 i). con a P y, siglando con ç i recentiores( Nel 1925 esce l'edizione teubneriana di Heraeus, insieme a un anicolo che ne illustra in modo dettagliato criteri e scelte testuali (242). Heraeus si avvale delle col(240) Cf. Lindsay [p. I] «Nam cum Schneidewin in trcs f.unilias codiccs nostros disposuisset, Friedlaender autem demonstrasset earum lectiones fere ex tribus antiquis recensionibus derivatas esse, omnino necesse erat ut in appararu critico tripenita contextus forma, quantum fieri posset, explicarerur». (241) Il nuovo sistema di sigle è suggerito da Duff già nella recensione all'edizione oxoniense: •lt willbe convenient to cali these recensions a p, and Y• («CR• 17, 1903 p. 220). (242) W. Heraeus, Zur neunm Martialltritilt, «RhM» 74, 1925 pp. 314-336.

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lazioni di Frdl., Thiele, che collaborò a vario titolo all'edizione, e Lindsay; l'interpunzione si esempla su Gilben. L'apparato, costituito col sistema Lindsay-Duff, è positivo e ospita utili note esegetiche, bibliografiche e, panicolarmente interessanti, osservazioni di natura linguistica; conclude la praefatiouna rassegna di testimoniae di imitationesche documentano il Nachkben di M. fino a Isidoro. Le edizioni successive, compilate su quelle di Lindsay e di Heraeus, non apponano nuovi contributi alla conoscenza della paradosi (243); l'interesse degli editori di M. si sposta dalla tradizione del testo alla sua esegesi, coerentemente con l'indirizzo degli studi sull'autore, sempre più orientati, dopo Lindsay, all'analisi dell'opera, ormai disponibile in una forma sostanzialmente attendibile, piuttosto che alla costituzione del testo e alla ricostruzione della sua trasmissione (2«). Anche la più recente edizione teubneriana (Stutgardiae 1990), pubblicata da Shackleton Bailey, il quale ha in seguito firmato anche la nuova edizione Loeb (Cambridge Mass.-London 1993), si basa su quella di Heraeus, senza contemplare alcuna ricognizione della tradizione manoscritta; l'edizione si caratterizza soprattutto per una serie d'interventi del curatore, utili e stimolanti in quanto focalizzano l'attenzione su passi effettivamente non del tutto perspicui, anche se non sempre le proposte di Shackleton Bailey risultano convincenti (245). Ben diversa è invece l'impostazione dell'edizione commentata al libro I di M. curata da Citroni (Firenze 1975), che è costituita sulla base di nuove collazioni di tutti i manoscritti principali, oltre che di alcuni minori, e, per quanto riguarda l'apparato critico, su un nuovo principio di metodo relativo alla registrazione delle varianti. Nell'edizione di Citroni le sigle cumulative a Py di Lindsay-Duff non indicano più il supposto testo dei tre «archetypa», ma il reale consensusdei testimoni appanenenti a ogni famiglia. In questo modo l'apparato si può considerare il riflesso dello stato effettivo della tradizione manoscritta; inoltre non vengono più sacrificate alla ricostruzione dell'«archetypum» le varianti minoritarie all'interno delle singole famiglie, che, pur non conservando, in genere, il testo genuino, hanno comunque dal solo Giarratano, editore di M. il quale ricollazionò di persona i codici

(243) Un esame dircno della tradizione manoscrina viene condono 2

3

per il CorpusParauianum(Aug. Taurinorum 1919-21; 1925 ; 1951 ), fiorentini e per quelli ambrosiani, trascurati dagli editori precedenti, si avvalse dell'aiuto di Pascal, che gli fornì la collazione del manoscrino H 39 sup.(pubblicata per i libri I-IV in Giarr. 1 pp. IX-Xl; da qui desume alcune lezioni anche Heracus, cf. p. V n. 2). (244) Esemplificano bene questa tendenza le edizioni di lzaac, per Lcs Belles unrcs (Paris 1930-33) e di Dolç (Barcclona 1949-60), nelle quali l'apparato, pur positivo, si riduce a pochissime lince, di cui parecchie dedicate ai contributi moderni, mentre cresce, per converso, l'apparato di note esplicative cd cscgctiche. Nelle edizioni Locb e UTET per quanto riguarda il testo si rimanda a un'edizione di riferimento (è il caso di Kcr, che rinvia a Duff) oppure a un sussidio critico di tipo diverso (Norcio, che si basa su Giarr. 2 , stende una Not11 critic11., pp. 86-90; Sh. B. 2 riporta saltuariamente frustuli di apparato in alcuni /«i critici,pane dei quali sono discussi nell' Appmdix A. Additiona/Nous, III pp. 317-322). (245) Critica, ad esempio, è, nel complesso, la recensione di P. Parroni «RPL,. 16, 1993 pp. 57-61.

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una imponani.a documentaria (246). Questa differente impostazione porta alla costituzione di un apparato non sempre economico come quelli anglosassoni, anche se la minore fruibilità immediata dello strumento critico è compensata dalla maggiore precisione e completezza. Sui principi che caratterizzano il lavoro ecdotico di Ci troni, vale a dire l'escussione autoptica dei testimoni e la registrazione non delle lezioni «archetipiche», ricostruite per induzione, ma dcli' effettivo consmsuscodicum,intende basarsi anche il mio saggio di edizione.

3.3. Questaedizione Il testo degli epigr. da me studiati è stato costituito sulla base di tutti i testimoni ho esaminato direttamente quelli conservati nella Biblioteca elencati nel conspectus. Ambrosiana di Milano (al a2), nella Biblioteca Laurenziana di Firenze (F e fl f2 f3 [4 m b ), nella Biblioteca Riccardiana della stessa città (r) e nella Biblioteca Apostolica Vaticana (P V pm vl v2 v3 e); gli altri tramite microfilm ( T R L Q E X A p ); ho tenuto presente anche il testo dcli' edizione Aldina (A/d.). Diversamente dall'edizione di Citroni, alla quale faccio riferimento per quanto riguarda la metodologia ecdotica, mi è sembrato opponuno escludere dalla recmsio alcuni codici «secondari» appanenenti alla teri.a famiglia ( G B C Y, secondo il conspectusdi Citroni). Si tratta di testimoni relativamente recenti (XII-XIV sec.), fortemente interpolati e contaminati, che attestano spesso lezioni umanistiche; questi manoscritti, tradizionalmente utilizzati dagli editori, sono ritenuti da Citroni di minima utilità ai fini della restituzione del testo della famiglia, già ben attestato da codici poziori (247). Non utilizzo i florikgiafluiti dal F/orikgiumGallicumné quelli minori, testimoni interpolati e contaminati; l'esame di questi codici da pane degli editori precedenti, che impiegano talora alcuni esemplari di questo gruppo, ma non molti e non sempre gli stessi, si è rivelato problematico e di scarsa utilità. La registrazione delle varianti, quasi sempre deteriori, di questi testimoni avrebbe poi appesantito non poco l'apparato (248). Piuttosto che svolgere un nuovo esame di questi codici, che rischiava di rivelarsi poco gratificante, ho preferito invece compiere una ricognizione nell'ambito della tradizione umanistica, finora alquanto trascurata (249). Punto

a.

(246) Citroni pp. LXXIV-LXXVI. 7 (24 ) Cf. Citroni pp. LXIII-LXV1. L'esame delle lezioni

di G B C riportate da Sch. 1 e una mia colla-

zione di Y(Milano, Bibl. Ambrosiana, H 39 sup.), utilizzato dagli editori a panirc da Giarr. 1, hanno confermato il giudizio di Citroni. • (248) Cf. Citroni pp. LXV11-LXX;LXXVI. Non ho riscontrato varianti di panicolarc interesse nelle collazioni pubblicate (n, in Sch. 2 pp. VII-X; Fris.,in C. Hosius «RhM• 46, 1891 p. 297 s.; i siglasono quelli adottati da Citroni). 1 (249) Le lezioni dei singoli rrcmtiom figurano solo in Sch. , da cui sono state desunte dagli editori

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di riferimento in questa ricerca nel mare magnum della tradizione umanistica sono state le prime edizioni a stampa fino all'Aldina del 1501. Questi testimoni presentano un testo quasi sempre concorde, che in alcuni casi è diverso da quello delle tre famiglie e che chiamo, per convenzione, «testo umanistico11;occasionalmente riportano lezioni corrette contro errori della tradizione più antica e ospitano correzioni e glosse manoscritte talora utili anche per l'esegesi. Le lezioni che caratterizzano il «testo umanistico» sono attestate, con diversa frequenza, in alcuni codici notevoli del X.V secolo, basati in genere su un testo di seconda o di terza famiglia contaminato; questi testimoni talora riportano varianti non attestate altrove. Si tratta, innanzi tutto, dei manoscritti che conservano i lemmi di Calderini (e), primo commentatore di M., e il testo di Perotti (pm), editore ed esegeta, oltre che di un codice ambrosiano (al) legato al suo ambiente, trascurato dagli editori ma di sicuro interesse; di minore rilevanza si sono rivelati i codici che riportano le congetture di Pomponio Leto (vl) e di Antonio Beccadelli (v2), letterati che hanno avuto un ruolo importante nella storia del testo di M. in età umanistica; ho tenuto presente, a titolo di sondaggio e in ragione della possibilità di un'agevole consultazione diretta, anche altri manoscritti, ambrosiani, fiorentini e vaticani, segnalati in studi sulla tradizione di M., ma in genere non utilizzati dagli editori (250). Il conspectuscomprende i manoscritti delle tre famiglie antiche, i recentiorese le editionesantiquissimae, l'ordine è cronologico per il primo e il terzo gruppo, con l'eccezione, motivata poco sotto, del!' ed. Ferrariemis,mentre è alfabetico per i recentiores,non sempre databili con esattezza. I codici più antichi sono siglati con le maiuscole latine; gli altri testimoni con le minuscole latine, ad eccezione dell'Aldina, per la quale, in ragione della sua importanza storica, ho preferito una sigla sui generische fosse anche esplicativa (A/d.). Le minuscole greche indicano il comemusdei codici della prima (a), della seconda (/J)e della terza famiglia ()1) e inoltre il cosiddetto «testo umanistico» (ç); indico con w i casi di consenso tra le famiglie antiche. Nel caso del «testo umanistico», considerando le combinazioni di concordanza dei testimoni in vari foci critici, risulta che il comemus più ampio si ha tra quattro edizioni su cinque; si distingue più spesso l' ed. Ferrariemis(b), ma non è trascurabile nemmeno il numero di casi in cui anche l' ed. Perottina (p) reca una lezione diversa. Di fronte a questa situazione, nel tentativo di ottenere un buon compromesso tra sintesi e precisione nella registrazione delle varianti, ho preferito applicare la sigla «consensuale» solo a tre esemplari (ed. Veneta;ed. Romana; ed. Aldina), indicando con una sigla combinata ed esplisuccessivi, che ne danno però notizia tramite sigle cumulative, senza precisare quindi quale testimone conservi effenivacneme la variante in questione. (250) Fa eccezione (= F edd. ceu.), presente in vari conspectu.S', per questi codici cf. Sch. 1 pp. LXXXIX-XCIX, Codim Itali. per i manoscriui ambrosiani vedi Sabbadini 1903 pp. 325-342 = 1995 pp. 172-189; per i fiorentini, Giarr. 1 p. Xli; per i vaticani, Simar 191O.

p

-75cativa ç(p), cioè consmsusdelle editionesdel gruppo ç e dell' ed. Perottina,i casi di accordo anche col testo di Perotti; per chiarezza l' ed. Ferrarimsis,che non fa parte dopo le altre edizioni. del gruppo ç, figura nel conspectus Le sigle che contraddistinguono i codici delle tre famiglie sono quelle tradizionalmente impiegate, con una sola eccezione, motivata da ragioni di praticità: il manoscritto Laur. 35, 39 (f per gli editori precedenti) viene indicato come F, già sigla del Laur. 35, 38 (f2 nel mio conspectus).In questo modo tutti i codici più antichi risultano siglati con una maiuscola latina, il che consente una valutazione del grado di attendibilità del testimone già in sede di apparato, un vantaggio che credo possa compensare questa deroga all'ususdegli editori di M. l recentiorese le editionesantiquissimtUsono siglati da Sch. prevalentemente con minuscole greche (ma e.g. l' ed. Perottinaè O). Siccome però a Py nella tradizione ecdotica di M. hanno assunto un significato diverso, indicando prima il testo «archetipico» (Duff}, poi il consmsusfamiliae (Citroni), riprendere questa categoria di simboli avrebbe rischiato d'ingenerare confusione; ho preferito quindi adottare un sistema di sigle del tutto nuovo, che non presentasse punti di contatto con quello tradizionale (m). Un caso particolare è quello di pm e di p, rispettivamente, un codice vaticano vergato e glossato da Perotti attorno al 1471-72 e l'edizione a stampa, che, a cura del medesimo, uscì anonima a Roma nel 1473; siccome il loro testo è ovviamente per lo più lo stesso, pur non mancando ripensamenti interessanti, mi è sembrato opportuno evidenziare la comune matrice dei due testimoni tramite sigle che li distinguessero solo per la loro diversa natura (p m = manoscritto di Perotti). Le correzioni sono indicate con l'esponente: ad esempio L 1 per quelle attribuibili al copista; L 2 per quelle attribuibili a una mano successiva; Le per i casi dubbi (252). Per quanto riguarda l'apparato critico, gli editori moderni da Lindsay in poi pongono in apparato, secondo il metodo ecdotico inaugurato dal filologo britannico, le lezioni, ricostruite per induzione, dei subarchetipi delle tre famiglie e solo raramente quelle attestate nei singoli testimoni. Apparati così costituiti risultano molto economici e fruibili, ma anche - e non di rado - poco precisi: la cernita delle lezioni, che diventa sempre più consistente dopo Heraeus, arriva talvolta a coinvolgere varianti che, sebbene non siano in genere utili per la costituzione del testo, hanno comunque rilevanza per la cognatiocodicume la storia della tradizione; fanno le spese di questa impostazione selettiva le varianti minoritarie nell'ambito della fa( 25 1) In panicolare ho attribuito, nei limiti del possibile, ai testimoni più importanti una sigla che potesse richiamare il nome dd loro curatore (c.g. e= kmmata Caukrim), mentre per i codici collazionati a titolo di sondaggio sulla fase umanistica della tradizione ho utilizzato sigle che potessero suggerire un collegamento con il loro ambiente di stesura e di conservazione abbinate a un numero progressivo, per evidenziare la funzione esemplificativa di questi testimoni. (252) Tale distinzione è concepita in funzione dell'edizione critica dell'intero libro V; negli epigr. appartenenti al ciclo sulla /cc Rosda si danno solo casi di correzione di seconda mano (L 2 ).

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miglia di appanenenza e quelle umanistiche. Chi volesse valutare l'attestazione di una lezione in modo più dettagliato deve ancora ricorrere all'apparato di Sch., che però non è sistematico e si basa su una documentazione non completa né sempre attendibile, a causa della limitata conoscenza che l'editore aveva della seconda famiglia e della scarsa qualità di alcune delle collazioni da lui utilizzate. In presenza di questa situazione, da una pane un apparato ampio ma poco affidabile (Sch.), dall'altra apparati efficaci ma sempre più selettivi (Lindsay, Heraeus e gli editori che da essi dipendono), ho ritenuto opportuno procedere alla costituzione di un apparato che, come già quello di Citroni, intende registrare lo status effettivo della tradizione manoscritta distinguendo gli apporti dei singoli testimoni. In mancanza di diverse indicazioni, l'epigr. di cui si dà il testo si considera presente in tutti i codici della seconda e terza famiglia, assente nei florilegi che costituiscono la prima famiglia (si tratta del caso più frequente); ogni differenza rispetto a questa situazione viene segnalata in testa all'apparato in forma positiva all'interno di una parentesi tonda. L'apparato è negativo quando registra lezioni minoritarie all'interno di ogni famiglia, vale a dire casi di discordanza di uno o due codici rispetto al testo meglio attestato, oppure lezioni tràditc in un'intera famiglia, concorde al suo interno, che risultano diverse rispetto al testo accettato (tramandato da un'altra famiglia o, più raramente, dalle altre due); positivo negli altri casi. Nel costituire l'apparato ho cercato di realizzare un compromesso accettabile tra le due istanze dcli' esaustività della documentazione variantistica e dcli'economicità dello strumento critico, entrambe altrettanto legittime, ma anche fatalmente antitetiche; mi è sembrato quindi opportuno operare una selezione della consistente documentazione ricavata dai testimoni in base ai seguenti criteri. Per quanto riguarda le tre famiglie antiche, l'apparato registra sistematicamente le varianti attestate in almeno due codici nonché una scelta di kctionessingulam panicolarmcnte significative (per questo tipo di lezioni una registrazione esaustiva avrebbe appesantito non poco l'apparato); nel caso della prima famiglia, che comprende solamente due testimoni, ma per lo più è rappresentata da uno solo, si considerano tutte le varianti. Per quanto riguarda invece la tradizione più recente, le editionesantiquissi~, considerate rappresentative del «testo umanistico,., sono menzionate solo quando presentano lezioni diverse e significative rispetto alla tradizione più antica; i recmtiores,solo quando attestano varianti significative non presenti altrove. Non registro casi di errate divisioni di parola né varianti ortografiche comuni; l'ordine delle varianti è conforme a quello del conspectus. L'apparato risulta talvolta piuttosto ampio, anche per lo spazio richiesto dai tituli che torno a pubblicare per la prima volta dopo Sch. (253); uno strumento cri(2S3) I

tiru/i, pur non essendo d'autore, sono comunque importami per la storia della tradizione del

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tico così costituito riesce però in vari casi a garantire un'informazione più completa e precisa rispetto agli apparati correnti, pur mantenendo, mi sembra, un grado di fruibilità accettabile.

3.4. Manoscrittied edizioni(254) I. PRIMA FAMILIA T = Paris, Bibliothèque Nationale,

Lat. 8071, sec IX. Membr. 61 ff., 290 x 205. Manoscritto miscellaneo in minuscola carolina; contiene un brano in prosa di autore cristiano, luv. 3, 3 I 7 - 16, 60, Catuli. 62, exctrptada Sen. trag. e Lucan., Ov. hal, Grate. cyn. 1-159, vari carmi dell'AL e versi di poeti cristiani, tra cui Ennodio ed Eugenio di Toledo; per tutti questi autori è un testimone fondamentale. Gli exctrptaMartialissono ai ff. 24r.-Slr. e attestano oltre 800 epigr.; Xenia e Apophoretasono riportati per intero salvo XIV 83-106. È di origine francese, forse proviene da Saint Benoit sur Loire (Fleury), e sembra essere - ma è questione dibattuta - fratello o copia deteriore di H (= Wien, Osterreichische Nationalbibliothek, Lat. 277, sec. VIII-IX), altro florilegio transalpino della prima famiglia (Citroni p. XLV s.); i due manoscritti furono portati a Napoli dal Sannazzaro nei primi anni del XVI secolo. Fu collazionato da Boissonade per Sch. e poi da Frdl., che trasmise le schede a Lindsay il quale le passò a Heraeus. Sch. 1 pp. LXXXIII-LXXXVI; Frdl. I pp. 72-76; Sabbadini 1905 pp. 139 s.; l 65 s.; Citroni p. XLVIXLVIII; Carratello 1989 p. 276 s.; Mostert p. 223; Zurli 1997 pp. 170-176; Richmond 1998 pp. 80-93.

R = Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. Lat. Q 86, sec. IX 2 • Membr. 1SO ff., 235 x 180. Manoscritto miscellaneo in minuscola carolina; contiene Aratore, gli epigr. di Prospero d'Aquitania, Alcimo Avito e carmi dell'AL; gli exctrptaMartialissono ai ff. 99v.-108v. e attestano oltre 270 epigr., per lo più monadistici (spesso si tratta di distici estrapolati da epigr. più lunghi). È un manoscritto francese, forse proveniente da T ours, passato poi alla biblioteca di Cluny; Knoche pensa che sia stato scritto nello stesso scriptoriumdi T, ma in anni più recenti. Fu collazionato da Sch., ma non in tempo per l' ed. maior,dove le varianti di R figurano testo di M., anche perché in alcuni casi possono contribuire a meglio chiarire i rapporti di parentela tra i vari testimoni. (254) In calce alla descrizione dei testimoni è indicata, in corpo minore, la bibliografia specifica; per questa sezione ho consultato i seguenti cataloghi di manoscritti, indicati in bibliografia solo con il nome dell'autore: AM. Bandini, Catalogus codicummanusr:riptorum bib/u,thmu M~diwu L4urmtianu, I-V, Florentiae ln4-78; P.O. Kristeller, ltrr ltalkum, I-VI +JnJcc,London-Leiden 1963-97; A Cen1ti, lnvmtario Crruti tki manosr:ritti tk/JaBib!UJkca Ambrosia114, I-V, Trezzano sul Naviglio, 1973-79; K.A de Meyier, CodicesVo!l'iani dassiqunlatinstk la Bibliothtqw Vatica~, Latini, I-IV, Leiden 1973-84; E. Pellegrin et alii, Ln manusr:rits I-III, Paris 1975-91; L. Jordan - S. Wool (edd.), lnvmtary ofWestrrnManusr:riptr in~ Bib!UJkca Ambrosia114, I-III, Notre Dame 1984-89 (da A a E sup.); M. Mostert, TM libraryof Fkury.A provisionallist of manusr:ripts, Hilversum 1989.

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negli analecta critica. Frdl. usò un'accurata collazione di Milller, che passò poi a Lindsay, il quale la trasmise a Heraeus. Sch. 1 II pp. 680-683; Frdl. I p. 71 s.; Ci troni p. XLVIII; de Meyier II pp. 197-204; Reeve1983 p. 240 nn. 13-14; U. Knoche, HandschrifilicheGrundlagendesJuvenaluxtes,•Philologus• Suppi. 33.1, 1940 p. 263; W. Schetter, Scaliger,Cujasund der uidemis Voss.Lat. Q 86, «Hermes• 111, 1983 pp. 363-371; collazione in Sch. 1 pp.680-683. con integrazioni di H. Deiter •Neue Jahrbb.» 121, 1880 p.184.

Il. SECUNDA FAMILIA

L = Berlin, ScaacsbibliochekPreussischer Kulturbesicz, Lac. fol. 612, sec. Xli. Membr. 56 ff., 272 x 175. Codice sericeoda ere diversi copisti che lavoravano contemporaneamente, come si evince anche dagli ampi spazi (una colonna o più) che separano le parei di pertinenza. L'estensione delle tre sezioni è pressoché identica: primo copista ff. 1-19, epigr. I 1-V 39, 7, con tituli in capitale di mano del rubricator, secondo copista ff. 20-37, epigr. V 39, 8-IX 69 tit.; ceno copista ff. 38-56, epigr. IX 69, 1-XIV 157, l; il codice è mutilo di un foglio che doveva contenere gli ultimi Apophoreta.Il primo copista è il più accurato, mentre il secondo è molto scorretto e negligente. Vi sono diverse correzioni, attribuibili al copista, a un co"ector coevo che sembra basarsi sull'antigrafo stesso, a mani più tarde che accingono in parte al testo della terza famiglia in parte al «cesto umanistico». Il manoscritto apparteneva al monastero di S. Maria Corceorlandini di Lucca, da dove fu acquistato sul finire dell'Ottocento dalla biblioteca di Berlino. Il primo editore a utilizzarlo fu Lindsay, che lo giudicò il codexoptimus di M. e ne pubblicò un'accurata collazione, utilizzata poi, con aggiunte di Thiele, anche da Heraeus. A. Mancini •SIFC» 8, 1900 p. 124; Lindsay 190 I; Id. 1903 p. 61 s.; Cirroni p. L s.; collazione in Lindsay 1903 pp. 65-118.

P = Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. Lac. 1696, sec. XV • Care. 180 ff. + 5 bianchi, 290 x 21 O. Manoscritto in scrittura umanistica 2

conda con tratti corsivi; contiene i libri I-XIV di M., Walahfridus Strabo carmen 58 (f. l 83v.), I'epigr. monodistico De columba di Marco da Rimini (f. 186v., in scrittura umanistica corsiva di fine XV sec.); mancano i tituli a partire da V 81 e le subscriptionesgennadiane a partire dal libro VI. Secondo Simar è stato scritto nel Nord Italia, forse a Padova, da Marco da Rimini. Si cracca,con tutta probabilità, del manoscritto palatino usato da Grucerus per l'edizione del 1602 (così Sch., la cui tesi, contestata da Gilberc e Frdl., è stata confermata da Malein e Simar); a Grucerus vanno quindi verosimilmente attribuite alcune glosse marginali, che sono di almeno due mani, e la numerazione degli epigr. tràditi fuori posto (le trasposizioni sono frequenti soprattutto nei libri I-IV). Sch. utilizzò collazioni approssimative di Abeken e Braun; anche Heraeus, che usò il materiale di Sch. con le integrazioni di Malein, lamenta un'informazione non soddisfacente. Sch. 1 pp. XLIII-XLVII; XCVII; W. Gilbert, Ad Martialnn quaestiones criticae, Drcsden 1883 p. 16 s.; Frdl. I p. 78 s.; A. Malein, Martsial [in russo]. S. Peterburg 1900 pp. 1-38; Simar 19 I O p. 195 s.; Her-.1eus p. VIII; Citroni p. LI; Hausmann 1980 p. 287: Pellegrin Il 2 p. 3'17 s.

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Q = London, British Library, Arundel 136, sec. X.V213• Care. 141 ff., 290 x 205. Codice proveniente dal Nord Italia, strettamente imparentato con P; contiene M., completo del despectaculis(conservatosi per interpolazione con il «testo umanistico»), preceduto da una subscriptiogennadiana. Presenta un alto numero di interpolazioni umanistiche e correzioni sia della prima mano sia di due mani successive, che in vari punti integrano omissioni del copista oppure ne correggono il testo attingendo ali'Itala recmsio;alle mani seriori si devono anche numerose glosse marginali, spesso di discreta estensione. La seconda mano aggiunge in calce al manoscritto alcuni epigr. ( Cannina mea sunt) che menzionano città tedesche; Lindsay ne evince che il codice fu conservato per un certo tempo in Germania. Il manoscritto fu posseduto da Joh. Pirckheimer, che, secondo Reeve, lo acquistò presumibilmente a Padova attorno al 1460. Sch., che non vide Q si basò sulle note di Gronovius e riportò le lezioni principali negli anakcta critica:,il codice fu invece accuratamente studiato da Lindsay, che, con l'aiuto di collaboratori, lo collazionò per l'edizione di Frdl. e quindi pubblicò una scelta di lezioni significative per i libri I-VI. Sch. 1 pp. LVI; li 679; Frdl. I pp. 79-85; Lindsay .CR,. 14, 1900 pp. 353-355; Id. •CR» 15, 1901 pp. 44-46; 309-31 1; [p. IX); Ci troni p. LI s.; Reevc 1983 p. 239.

F = Firenze, Biblioteca Laurenziana, 35, 39, sec. X.V314 (= f edd. cett.). Care. 248 ff. + 14 bianchi, 210 x 140. Contiene i libri I-XIV di M. e quindi, vergati da una mano recente, che attinge a un testo umanistico contaminato e interpolato, un gruppo di epigr. spuri e il de spectaculis,che figurano come libri X.V e x..YI,con la riserva si sua sunt; nel de spectaculissi trovano anche epigr. appartenenti ad altri libri precedentemente omessi dal copista. A partire dal libro VII mancano le subscriptiones gennadiane e i titoli degli epigr., che sono però suppliti da mano recente negli spazi lasciati vuoti dal librarius.La de la Mare vi riconosce la grafia di G.A. Vespucci, nominato col fratello Anastasio in una nota di possesso in calce al manoscritto. Il codice, trascurato da Sch., che ne aveva notizia da uno specimenfornitogli da Madvig, fu giustamente rivalutato da Lindsay. Bandini II c. 219-221; Sch. 1 p. XCII s.; Lindsay •CR» 16, 1902 p. 315 s.; [p. X s.]; Ci troni p. LII s.; A. dc la Mare, Thr Handwriting of !talian Humanists,l, Oxford 1973 p. 125.

lii. TERTIA FAMILIA 2

E= Edinburgh, National Library of Scotland, Adv. Ms. 18, 3, 1, seè. IX • Membr. 108 ff., 242 x 215. Codice in minuscola carolina vergato da almeno tre copisti e corretto da mani diverse; secondo Cunningham fu probabilmente scritto nella Francia settentrionale. Sch., che era consapevole della sua importanza, non riuscì a procurarsene una collazione per l' ed maiore per la minor dispose solo di una collazione approssimativa di Hamilton e di un suo allievo. Frdl. poté invece avvalersi della minuziosa collazione, poi pubblicata, di Lindsay, il quale giudicò il codice foklissimus testisdella terza famiglia. J.G. Dalycll, Soml!accountof an ancimt manuscriptof Martia/1 epigramJ,Edinburgh 1811; Frdl. I p. 87;

-80I.C. Cunningham, Latin ClassicalManuscripttin UNNationa/ Library of Scotlaru/,«Scriptorium• 27, 1973 p. 69 s.; Citroni p. LVII; collazione in Lindsay 1903 pp. 65-118.

V= Cinà del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 3294, sec. Membr. 99 ff., 225 x 195. Codice di provenienza francese (Bischoff suggerisce Auxerre), portato in Italia dal Sasseni. Reca correzioni in inchiostro rosso anribuite a Pomponio Leto da Simar, ma in realtà di Taddeo Ugoleto, cui va ascritto anche il primo bifoglio, dove si leggono gli epigr. X 57-72; 88-91; XI 29 (26}; 28 (29) omessi dal copista, e l'epigr. Rure morans(f. 1O1v.}; nel secondo bifoglio un'altra mano umanistica ha serino il ~ spectaculis. Fu consultato a Firenze da Poliziano e passò poi alla biblioteca di Fulvio Orsini e quindi alla Vaticana; sul verso di un foglio di guardia posto all'inizio del codice si leggono due note di possesso che menzionano, la prima, Taddeo Ugoleto, la seconda, Fulvio Orsini. Sch. disponeva di schede sommarie e limitate ai libri XI-XII e a pochi altri epigr.; anche Lindsay e Heraeus, che usò collazioni di Thiele e Frdl., non dimostrano una conoscenza del tuno soddisfacente del manoscritto. Frdl. non annovera V tra i testimoni poziori della famiglia. IX 213•

Sch. 1 p. XCIV s.; Frdl. I p. 88; Sabbadini 1905 p. 143; Simar 1910 pp. 184-187; Hcracus p. VIII; Citroni p. LVIII s.; Parroni 1979 pp. 84-87; V. Branca, Polwano t la librtri4medi