Iscrizioni greche d'Italia: Napoli, Volume 1 [1 ed.]
 8871400194, 9788871400198

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UNIONE ACCADEMICA

ISCRIZIONI

NAZIONALE

GRECHE NAPOLI

A cura di E. MIRANDA

I

vd ROMA

1990

CASA EDITRICE QUASAR

D'ITALIA

Volume realizzato con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche Tutti i diritti riservati CASA

EDITRICE

QUASAR

s.r.l.

Via Quattro Novembre 152, 00187 Roma 06/6789888 ISBN 88-7140-019-4

Alla memoria di mio padre Carlo

PREFAZIONE

Nel presente volume ho incluso tutte le epigrafi concernenti la vita religiosa, politica e sociale della città, riservandomi di trattare in quello successivo le iscrizioni di carattere privato, le funerarie

e ı frammenti di natura incerta. Sempre al secondo volume rinvio per gli indici dei nomi e delle parole greche, che si articoleranno secondo lo schema già seguito da G. Sacco in Iscrizioni greche d'Italia. Porto. Per quanto riguarda l’ordine interno del volume, ho cercato di non distaccarmi eccessivamente dall’impostazione adottata dal Kaibel nella sezione napoletana del XIV volume delle /nscriptiones Graecae (sacre, onorarie, cataloghi, decreti). In alcuni casi, però, ho preferito privilegiare gli autori o i destinatari dell’epigrafe rispetto alla natura del documento. Le categorie da me individuate sono le seguenti: a) iscrizioni sacre, nn. 1-15 b) epigrafi relative a imperatori e loro familiari, nn. 16-29 c) iscrizioni poste per o da magistrati, nn. 30-41 d) documenti delle fratrie (che non rientrino nelle altre categorie), nn. 42-46 e) iscrizioni agonistiche, nn. 47-80 f) decreti consolatorii, nn. 81-86.

Per la storia e la topografia dell’antica Neapolis rinvio in generale alle seguenti opere: AA.VV., in Par.Pass., 7, 1952, pp. 241-447; M. Napoli, Napoli greco-romana, Napoli 1959; AA.VV., Storia di

Napoli, I, L'età classica, Napoli 1967; AA.VV., Napoli antica, Napoli 1985; AA.VV., in Atti 25° Conv. Studi Magna Grecia - Taranto 1985, ed. 1986, pp. 1-366; AA.VV., in Atti 7° Conv. Centro Int. Studi

Numismatici - Napoli 1980, ed. 1986. Nel commento alle singole epigrafi si potranno trovare indicazioni bibliografiche più specifiche in merito ai diversi problemi storici, archeologici e istituzionali. Particolare attenzione ho posto nel tentativo di adeguare alla toponomastica odierna 1 dati di rinvenimento forniti dagli eruditi del passato. Purtroppo molte epigrafi furono viste da costoro in casa di privati. Elenco qui di seguito le iscrizioni, delle quali si conosce il luogo di ritrovamento o di riutilizzo: 1. 19. 27. 2.9. 5. 23. 39. 8.

S. Paolo Maggiore tra piazza S. Domenico Maggiore e via Mezzocannone S. Giovanni Maggiore S. Aniello a Caponapoli

6

ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

12. 14. 15. 17. 22. 38. 81. 18. 54. 55. 58-80. 20. 51. 85.

vico Seminario dei Nobili Croce di Lucca (primo Policlinico) tra piazza Bovio e via Sedile di Porto Catacombe di S. Gennaro a Capodimonte tra piazza N. Amore e via Duomo via Egiziaca a Forcella

21. 41.

rua Francesca

25. 26. 40. 28. 29. 30. 32. 35. 42.

via B. Cellini via Grande Archivio S. Lorenzo Maggiore via Tribunali via S. Biagio dei Librai vico S. Nicola a Nilo (?) via Atri via Maddalena o via Capuana tra largo Banchi Nuovi e via Sedile di Porto

46. 53. 34. 50. 57. 31. 33.

44.

Casoria, contrada Carbonella

47. 48. 49. 84. 86.

via S. Paolo via S. Cosma fuori Porta Nolana via S. Anna alle Paludi Duchesca via S. Agostino alla Zecca Per quanto riguarda i criteri di edizione, come già G. Sacco nel suo fascicolo su Porto, ho

privilegiato l'accuratezza dei lemmi e la documentazione fotografica, riducendo, se possibile, l'am-

piezza dell'apparato critico. Per i segni diacritici adotto anch'io il sistema di Leiden integrato con il simbolo + in caso di segni di lettura dubbia. Giunto questo lavoro, dopo lunga elaborazione, alla fase finale, è con profonda riconoscenza che esprimo i miei ringraziamenti al Prof. Luigi Moretti, senza il cui insostituibile aiuto e il costante incitamento non avrei raggiunto il traguardo prefissomi. Ringrazio inoltre per la fattiva disponibilità la Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta nelle persone dei Soprintendenti Prof. Fausto Zevi e Prof. Enrica Pozzi Paolini, la Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Napoli Dott. Renata Cantilena e tutti i suoi collaboratori. Un ringraziamento particolare a Padre Nicola Ciavolino, vice Ispettore alle Catacombe di Napoli e della Campania, per la collaborazione offertami e per avermi permesso di pubblicare alcuni inediti. La foto n. 5 è della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Napoli, quelle delle epigrafi n. 11, n. 47 e n. 84 della Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta. La foto n. 16 mi è stata fornita dalla Soprintendenza ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici per l'Abruzzo dell’Aquila (per il cortese interessamento della Prof. M.C. Razzano), mentre quelle delle iscrizioni nn. 54. 55. 59-61. 63-65 sono dell'Istituto Archeologico Germanico di Roma. La restante documentazione fotografica é in gran parte opera dell'indimenticabile Aldo La Capra. Elena Miranda

ABBREVIAZIONI

Beloch, Campanien Capaccio, Hist. Neap. Capasso, Napoli Celano, Notizie

Celano-Chiarini, Notizie

Civitelli, Nuovi frammenti

G. Beloch, Campanien, Breslau 1890 (1? ed. 1879)

G.C. Capaccio, Neapolitanae historiae tomus primus, Neapoli 1607 B. Capasso, Napoli greco-romana, Napoli 1905 C. Celano, Notizie del bello, dell’antico e del curioso del-

la città di Napoli, 1-VI, Napoli 1692 C. Celano, op.cit., con aggiunzioni di G.B. Chiarini, IVII, Napoli 1974 (1? ed. I-V, 1856-60) G. Civitelli, / nuovi frammenti d’epigrafi greche relativi ai ludi Augustali di Napoli, in Atti Acc.Arch.Napoli, 17,

1893-96, parte 2?, fasc. 3, pp. 1-82

Colonna, Scoperte Colonna, Museo civico

De Laurentiis, Univ. Campaniae Felicis Di Falco, Descrittione

F. Colonna, Scoperte di antichità in Napoli dal 1876 a tutto il 1897, Napoli 1898 F. Colonna, // museo civico di Napoli nell'ex monastero di S. Maria di Donnaregina e scoperte di antichità in Napoli dal 1898 a tutto agosto 1901, Napoli 1902 M. De Laurentiis, Universae Campaniae Felicis antiquitates, Neapoli 1826 B. Di Falco, Descrittione dei luoghi antiqui di Napoli e del suo amenissimo distretto, Napoli 1563 (1? ed. 1539)

Fasola, Catacombe

U. Fasola, Le Catacombe di S. Gennaro a Capodimonte,

Fiorelli, Catalogo

Roma 1975 G. Fiorelli, Catalogo del Museo Nazionale di Napoli. Rac-

Galante, Guida sacra

colta epigrafica, I, Iscrizioni greche e italiche, Napoli 1867 G.A. Galante, Guida sacra della città di Napoli, Napoli 1872

Grande, De’ cognomi gentilizj

G. Grande, Origine de’ cognomi gentilizj nel regno di Napoli, Napoli 1756

Guarducci, Fratria

M. Guarducci, L'istituzione della fratria ..., in Mem.Acc.Linc., S.VI, 8, 1938, pp. 65-135 R. Herzog e G. Klaffenbach, Asylieurkunden aus Kos,

Herzog e Klaffenbach, Asylieurk. Kos

Berlin 1952

8

ISCRIZIONI

GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

1

Ignarra, De palaestra Ignarra, De phratriis IGUR

N. Ignarra, De palaestra neapolitana, Neapoli 1770 N. Ignarra, De phratriis, Neapoli 1797

I. Olympia

W. Dittenberger e K. Purgold, Die Inschriften von Olympia (= Olympia, V), Berlin 1896

Lasena, Dell'antico ginnasio Martorelli, Theca cal.

P. Lasena, Dell’antico ginnasio napoletano, Roma 1641 G. Martorelli, De regia theca calamaria, I-II, Neapoli 1756

Mason, Greek Terms

H.J. Mason, Greek Terms for Roman Institutions. A Lexicon and Analysis, Toronto 1974 M. McCrum e A.G. Woodhead, Select Documents of the Principates of the Flavian Emperors. A.D. 68-96, Cambridge 1961

L. Moretti, /nscriptiones graecae urbis Romae, I-II, Ro-

mae 1968-1979

McCrum

e Woodhead, Select Documents

Moretti, /scr. agonistiche Moretti, Olympionikai Napoli antica Neapolis

L. Moretti, /scrizioni agonistiche greche, Roma

1953

L. Moretti, Olympionikai, Roma 1959 AA.VV., Napoli antica, Napoli 1985

AA.VV., in Atti 25° Conv. Studi Magna Grecia - Taranto 1985, Taranto

1986

Peterson, Cults

R.M. Peterson, The Cults of Campania, Rome

Ruggiero, Documenti

M. Ruggiero, Documenti degli scavi di antichità nelle province di Terraferma dell’antico regno di Napoli dal 1743 al 1876, Napoli 1888

Sartori, Problemi

F. Sartori, Problemi di storia costituzionale italiota, Roma 1953

Sherk, Municipal Decrees Solin, Griech. Personennamen in Rom

R.K. Sherk, The Municipal Decrees of the Roman West, Buffalo 1970 | H. Solin, Die griechischen Personennamen in Rom. Ein

Storia di Napoli

Namenbuch, I-III, Roma 1982 AA.VV., Storia di Napoli, I, L’eta classica, Napoli 1967

Summonte,

Historia

Surgens, Neap. ill. Vargas Macciucca, Dell’antiche colonie

1919

G.A. Summonte, Historia della città e regno di Napoli, I-IV, Napoli 1602-1643 M.A. Surgens, De Neapoli illustrata liber I, Neapoli 1597 M. Vargas Macciucca, Dell’antiche colonie venute in Na-

poli ed i primi si furono i Fenici, I-II, Napoli 1764-1773 Non sono compresi in questo elenco studiosi notissimi come Gruterus, Muratori, Maffei ecc. e opere come CIG, IG, IGRRP, ILS, SEG e simili. Per le abbreviazioni di titoli di riviste mi sono attenuta ai criteri seguiti nella collana Tituli.

ISCRIZIONI

FALSE

Rispetto a Kaibel, /G XIV, 63*-65*, escludo dal novero delle iscrizioni false /G XIV, 63* (=

n. 7) e aggiungo la seguente epigrafe: «In vetusto graeco epigrammate, quod ad marmoreos S. Pauli gradus videbatur»: Fabio Giordano, Neapol. Branc. I B 4, f. 92 e f. 92’; id., Neapol. XIII B 26, f. 146°.

Ayr. RASH Jrkfon. zesrerr

Αὐτ(οχράτωρ) Καῖσαρ ᾿Αδριανὸς Σεβαστὸς Σιδῶνος Navapyidog E (tous)

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444

Lo scioglimento delle abbreviazioni è mio.

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222.5

.

(da Giordano)

L’iscrizione è ignota a tutti gli altri studiosi di cose napoletane. Ritengo che si tratti di un falso, perché il formulario non è adattabile a nessun tipo di iscrizione lapidaria ed è, invece, un calco perfetto delle leggende attestate nelle monete di Sidone: cfr. BMC Phoenicia, nn. 218-228. L'anno 227 di Sidone corrisponde al 117 d.C. Sull’era di Sidone e sull'epiteto Navapyig vd. Greß-

mann, RE II A, 2, 1923, s.v. Sidon, col. 2225. In genere Fabio Giordano non era un falsario, ma esiste sempre la possibilità che abbia recepito dei falsi da altri eruditi: vd. in proposito Mommsen,

ISCRIZIONI DI DIVERSA

CIL X, p. 186, n. XVII.

PROVENIENZA

Nell'ambito di questo primo volume è da espungere, come non napoletana, /G XIV, 727, copia di età romana di un originale ellenistico di provenienza ignota: Dittenberger, OG/S 14; F. Ferrario, in Rend. Ist. Lomb., 95, 1962, pp. 78 ss.; L. Moretti, in Riv. Filol., 93, 1965, pp. 173-179; R.S. Bagnall, in Philologus, 120, 1976, pp. 195-209.

ISCRIZIONI SACRE

1 Trabeazione di marmo, di cui attualmente resta un frammento alto 0,521, largo 1,25, spesso

0,04; lettere 0,235. Databile ad età tiberiana. Nel frontone del tempio dei Dioscuri, poi chiesa di S. Paolo Maggiore : Signorili, Syll., in Ottobon, f. 12’, e Chis. V, 168, f. 19’; Cyriacus presso Scalamonti, ed. Colucci, p. 98 (da cui Ferrarini, Parisin., f. 75); Iucundus, Veron., f. 109’, Magliab. 28, 34, f. 191’, e Bonon.; Filonard., f. 30'; Metellus, Vatic. 6039, f. 355° e 443' (dai disegni del tempio di Budaeus, Portius, Morillon, Vallambert, Philander); Accursius, Ambros. D 420 (syll. II), f. 6'; Di Falco, Descrittione, f. 32‘; Francisco de Hollanda, Madrid - Escorial, disegno del tempio eseguito nel 1540;

Pighius, Berolin. (ora Tubingen.) A 61 b, p. 12. A 61 f, p. 12. A 61 a; Fabio Giordano, Neapol. XIII B 26, f. 36; Cronaca di Partenope, ed. 1576, cap. IV (testo dell'epigrafe in latino). Da Pighius: Smetius, Neapol. VE 4, p. 8, e Inscriptionum..., f. 6', n. 10; Gruterus, Inscriptiones..., p. 98, n. 7. Da Smetius:

Ligorius, Taurin. XII; Waelscapple, f. 38 e f. 58. Di nuovo: Surgens, Neap. ill., p. 60; Summonte, Historia, I, p. 92 (in modo molto parziale); Capaccio, Hist. Neap., p. 220 («eruta a. 1591» per errore); Celano, Notizie, II, p. 159 ss.; Martorelli, Theca cal., II, p. 470. Forse da Martorelli: De Laurentiis, Univ. Campaniae Felicis, p. 199. Da Gruterus, Capaccio ed altri: Franz, CIG 5791 (da cui Beloch,

Campanien, p. 73). Cfr. CIL X, p. 184. Da quasi tutti i precedenti: Kaibel, /G XIV, 714. Da Kaibel: G. Rega, Le vestigia del tempio di Castore e Polluce e del teatro detto di Nerone, Napoli 1890; Colonna, Scoperte, p. 270; Cagnat, IGRRP I, 429. Il frammento superstite fu rinvenuto all'inizio del secolo nella Certosa di S. Martino, riutilizzato per un'epigrafe sepolcrale del 1637: V. Spinazzola, in Arch. St. Prov. Napol., 26, 1901, pp. 315-322. Per primo dal disegno di Francisco de Hollanda: L. Correra, in Atti Acc. Arch. Napoli, 23, 1905, pp. 212-227. Da Kaibel, Correra e Spinazzola: F. von Duhn, Der Dioskurentempel in Neapel, (Sitzungb. Heidelb. Akad.), Heidelberg 1910; L. Bernabò Brea, in Bull. Com., 63, 1935, app., pp. 61-76, tav. III; K. Ronczewski, Der Dioskurentempel in Neapel, Riga 1936; M. Napoli, in Storia di Napoli, pp. 424-430, tavv. alle pp. 395-397, 399 e 405; A. Campana, in Arch. Class., 25-26, 1973-74, pp. 84-102 (con particolare riguardo alla tradizione manoscritta, cui aggiunge altre citazioni); S. Adamo Muscettola, in Napoli antica, pp. 196-208. Cfr. anche S. Savarese, in Nap. Nob., S. III, 16, 1977, p. 177 ss. Museo Archeologico Nazionale, ex-deposito frammenti, s.n. Τιβέριος ᾿Ιούλιος Τάρσος Διοσχούροις xai τῆι Πόλει τὸν ναὸν xai τὰ ἐν τῶι vai Πελάγων Σεβαστοῦ ἀπελεύθερος xai ἐπίτροπος συντελέσας tx τῶν ἰδίων χαθιέρωσεν.

12

ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

LLALLALTAELLLTLLS "HIT m" — 4 A18 ADAMSIS n LAIOX KOYPOIX: ÄITFUNGAEITONNAONKATTÄENT En FAEVOEPZKAIENITFONOZEYNTEAEZA ΣΕΚΤΩΝΙΔΙΩΝΚΑΘΙΈΡΩΣΕ

Il frammento ritrovato fa giustizia di tutte le erronee divisioni per linee tramandateci dai precedenti editori, dimostrando che la più fedele è quella di Francisco de Hollanda: cfr. Correra art. cit. La parte sottolineata è quella perduta. Per la storia del monumento e la sua datazione ad età tiberiana vd. S. Adamo Muscettola, art. cit.

Il culto dei Dioscuri è attestato a Napoli anche da un’altra iscrizione (vd. n. 52) ed essi sono ricordati da Stazio tra gli dei patrii della città (Stat., Silvae, IV, 8, 52 s.). È probabile che il culto

sia giunto a Napoli in epoca molto antica. Un confronto interessante è dato dall’affermarsi di tale culto a Lavinio già nel VI-V secolo a.C. anche se è difficile stabilire quale centro greco abbia fatto

ISCRIZIONI SACRE

13

da tramite: cfr. Lavinium, I, Roma 1972, p. 96 ss. II, 1975, pp. 441-443; M. Torelli, Lavinio e Roma, Roma 1984, pp. 162-164.

La dedica τῇ Πόλει è stata interpretata dalla Adamo Muscettola come indirizzata alla sirena Partenope, in quanto eponima della città. In effetti il culto della Πόλις si inserisce nel più vasto filone del culto delle personificazioni diffuso in età ellenistica e imperiale. Per Laodicea al Lico, per esempio, si conoscono alcuni ἱερεῖς τῆς Πόλεως: sull'argomento vd. L. Robert, in Laodicée du Lycos,

Quebec - Paris 1969, pp. 312-323. A Kition poi dei portici sono dedicati a Zeus Keraunios, ad Afrodite, alla Polis, al Demos e all’Homonoia (CIG 2641 = SEG XXX, 1617. XXXVI, 1251). Per ulteriori esempi di dediche di templi o parti di edifici alla Polis associata con altre divinità cfr. Bull. épigr.,

1969, 328 (= 1970, 306). 1971, 463. 1974, 458. Dei due dedicanti il secondo compare anche in un'iscrizione di Lagina (/. Stratonikeia II 1, 631. Cfr. ibid. 529; L. Robert, Etudes anatoliennes, Paris 1937, pp. 538-542; Bull. épigr., 1981, 456), una di Stratonicea (1. Stratonikeia II 1, 1011) e forse in una di Efeso (I. Ephesos III, 862). Dalla prima di queste epigrafi apprendiamo che il suo gentilizio era /ulius. Il suo patrono doveva essere Tiberio, visto che anche il secondo dedicante reca prenome e gentilizio di questo imperatore. Resta pertanto incerta l’identificazione con il Pelagon vissuto sotto Nerone e citato in Tac., Ann., XIV, 59: cfr. Petersen, PIR?, I, 455.

Ti. Iulius Tarsus, quasi certamente un altro liberto di Tiberio, ci € purtroppo del tutto ignoto.

2 Grande base ora perduta. Databile tra la fine del I e il II sec. d.C. A Napoli in casa di Tiberio Coppola, presso S. Maria Rotonda [chiesa ora distrutta situata all'angolo tra piazza S. Domenico Maggiore e via Mezzocannone, cfr. Galante, Guida sacra, p. 146; Capasso, Napoli, pp. 94-96; Nap. Nob., N.S. 3, 1922, p. 149 s.]; Fabio Giordano, Neapol. XIII B 26, f. 39’; Capaccio, Hist. Neap., p.

35 («quo ad equos conscendendum utuntur babitatores»). Dal Capaccio: Reinesius, Epist. ad Hoffm. et Rup., p. 252, e Syntagma, classe I, n. 156; Spon, Miscellanea, p. 108; Vargas Macciucca, Dell’antiche colonie, I, p. 269; Ignarra, De phratriis, p. 96. Dal Giordano: De Laurentiis, Univ. Campaniae Felicis, p. 183; Bolvit presso Peliccia, De christ. eccl. primae, mediae et novissimae aetatis politia, III, p. 424. Dai precedenti: Franz, CIG 5786 e add. p. 1254 (da cui Beloch, Campanien, p. 43); Kaibel, /G XIV, 715. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 129; N. Barone, in Mouseion, 1, 1923, p. 170 ss. (= SEG IV,

94); Guarducci, Fratria, p. 132, n. XXXIX, e p. 110.

γάμον Beh TATASON Εὔμηλον θεὸν πατρῷον φρήτορσιν Εὐμηλειδῶν

T. Φλάουιος Πίος φροντιστὴς ἀνέθηχεν 9 σὺν T. Φλαουίωι Πίωι τέχνωι.

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ΣΙΝ. T. Annoyın- -πιῷ- Fina Q9 (da Giordano)

14

ISCRIZIONI GRECHE

Lin. 1: ΠΑΤΡΩΩΝ

D'ITALIA.

Capaccio. Lin 2: ΦΡΙΤΟΡΣΙΝ

a linea 4 id. Lin. 5: ΦΛΑΥΙΩΙ

NAPOLI

I

i4. Lin. 3: ΦΛΑΥΙΟΣ

id.; ΡΟΝΤΙΣΤΗΣ

;d.; TIINI manca in Capaccio.

Lin. 1: è questa l'unica testimonianza di un culto tributato all'eroe tessalo Eumelo. Per il suo ruolo nei miti di fondazione di Cuma e Napoli vd. Stat., Silvae, IV, 8, 48 s. Sull'argomento: A. Mele, Il commercio greco arcaico. Prexis ed emporie, Napoli 1979, p. 34 ss.; id., in Φιλίας χάριν. Miscellanea E. Manni, Roma 1980, V, p. 1525 ss.; id., in Napoli antica, p. 105; E. Miranda, ibid., p. 392.

Eumelo era l'eponimo della fratria. L'epiteto di πατρῷος, oltre che riferirsi culto, ben si addice ad una divinità collegata alle fratrie (cfr. Guarducci, art. cit., Lin. 2: per la fratria degli Eumeleidai vd. anche n. 52. Sulle fratrie napoletane: art. cit., pp. 105-115 e pp. 128-135; E. Lepore, in Storia di Napoli, p. 204 e p. 310; A.

all’antichità del p. 110). M. Guarducci, Mele, in Napoli

antica, p. 104 s.; E. Miranda, ibid., p. 387; F. Cassola, in Neapolis, pp. 51-54. Cfr. oltre nn. 9-12. 16. 29-32. 42-46. 52; Dessau, /LS 6188. 6455. 6456.

Linn. 3-5: per il prenome e il gentilizio dei dedicanti la nostra epigrafe non puó essere anteriore all'età dei Flavi. T. Flavius Pius era φροντιστής, cioè curator, carica attestata anche per la fratria

degli Aristaioi (n. 43) e degli Artemisioi (n. 44).

3 Iscrizione ora perduta. Databile al III sec. d.C. A Napoli in casa di Jacopo Sannazaro [in via S. Biagio ai Taffettanari, cfr. Capasso, Napoli, p. 162 s., nt. 38]: Iucundus, Veron., f. 124; id., Magliab. 28, 5, f. 141, e 28, 34, f. 196; id., Bonon.; Accursius, Ambros. D 420, dopo f. 76, da un apografo

del Vallambert; Metellus, Vatic. 6039, f. 302, dallo stesso apografo. Nella casa di Scipione Santino, che fu del Pontano [all'incrocio tra via Tribunali e via Nilo, cfr. Celano - Chiarini, Notizie, III, p. 720 e p. 837; B. Capasso, in Strenna Giannini, 4, 1892, pp. 97-104]: Fabio Giordano, Neapol. XIII B 26, f. 33 e f. 129‘; id., Neapol.Branc. IF 2, f. 176°. In casa del Pontano all'Arco: Di Falco, Descrittione,

f. 39'. A Napoli: Surgens, Neap. ill., p. 199. In casa dei Santino: Summonte, Historia, I, p. 73; Capaccio, Hist. Neap., p. 74 e p. 185; Grande, De’ cognomi gentilizj, p. 26. Da Iucundus: Muratori, Thesaurus, Ì, p. 97, n. 1; Apianus, /nscriptiones..., p. 108, n. 2 (da cui Gruterus, /nscriptiones..., p. 36, n. 5).

Da Capaccio: Martorelli, Theca cal., II, p. 673. Da Gruterus: Vargas Macciucca, Dell’antiche colonie,

I, p. 237. Dalle opere a stampa, escluso Di Falco: Franz, C/G 5790 (da cui Beloch, Campanien, p. 45). Dai precedenti, escluso Di Falco: Kaibel, /G XIV, 716. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 468; Cagnat, /GRRP

I, 430.

"HBow ἐπιφανεστάτωι θεῶι T. ᾿Ιούνιος

᾿Αχύλας ve9 ὦτερος otpaτευσάμενος, ἐπιτροπεύσας,

δημαρχήσας, λαυχελαρχήσας.

HBUINI NESTATAOI CELA!

ENI QA IOYNIOE T.

ÄKYAAME ANTEPOR

NE ETRA

TEYZAWENO δυιιτροτιδύπασ.

ANMAPKUZAN AAVREAAPXW&ASg. (da Metellus)

ISCRIZIONI SACRE

15

La divisione delle linee è quella di Vallambert e Surgens. Lin. 5: ETPA Vallambert; ZTPA gli altri. Lin. 9: AAYKEAPXHZAX lucundus; AAYPEAAPXHZAZ Accursius; AATREAAPXHZAZ Metellus; AATKEAAPXHEZAX e AAYKAIAAPXEIZAZ Giordano; ΜΥΚΕΛΑΡΧΗΣΑΣ Surgens,

Grande; manca in Di Falco e Apiano. Linn. 1-2: il culto di Hebon è attestato a Napoli da Macr., Saturn., I, 18, 9, e da un'altra iscri-

zione greca, che ne testimonia il carattere misterico (vd. n. 4). Sempre da Macrobio apprendiamo che questo era il nome con cui i Napoletani veneravano Dioniso. ‘O ἡβῶν (da kw) è il giovane che giunge alla pubertà ed è quindi pronto per il servizio militare: cfr. Eusth., Hom. Il. V, 550 s., p. 581, 9-13. L'uso di questo termine è abbastanza raro sia nelle fonti letterarie che epigrafiche. A volte esso ha un significato molto vicino a quello di ἔφηβος, altre volte indica genericamente chi ha raggiunto la maggiore età: Xen., Lak. Pol., 2, 2. 4, passim (Sparta); Dittenberger, Syll.’ 1028 (Cos,

II sec. a.C.); J.M. Balcer, The Atbenian Regulations for Chalkis, Wiesbaden 1978, pp. 26-50, in particolare p. 49 (= /G "" 40, lin. 32 s.; V sec. a.C); J.H. Oliver, in Gr. Rom. Byz. St., 7, 1966, pp. 25-29 (= SEG IX, 3, lin. 29; Tera, IV sec. a.C.); L. Robert, in Compt. Rend. Acad. Inscr., 1968, pp. 421-457

(= M. Guarducci, L'epigrafia greca dalle origini al tardo impero, Roma 1987, p. 270 s.; città della Battriana, III sec. a.C.). Ignoto altrove come nome divino, Ἥβων farebbe pensare ad un culto di Dioniso giovanetto, benché Macrobio (/oc. cit.) parli di una raffigurazione barbata del dio: cfr. Peterson, Cults, p. 194 s.; A. Brelich, Guerre, agoni e culti nella Grecia arcaica, Bonn 1961, p. 59. Per i rapporti tra Dioniso, l'adolescenza e i riti di iniziazione all'età adulta vd. anche H. Jeanmaire, Dionysos. Hi-

stoire du culte de Bacchus, Paris 1951, p. 60 ss., in particolare pp. 75-78. Linn. 3-7: il dedicante C. [unius Aquila, peraltro ignoto, apparteneva all'ordine equestre e, dopo aver assolto le tres militiae, era giunto al grado di procurator. Sulla trasposizione in greco di cariche romane vd. Mason, Greek Terms. In particolare per a militiis: H. Devijver, in Zetesis. Album amicorum E. de Strycker. Antwerpen-Utrecht 1973, pp. 549-565 (= id., The Equestrian Officers of the Roman Imperial Army, Amsterdam 1989, pp. 56-72). Il nostro procuratore è assegnato al III secolo d.C.: H.-G. Pflaum, Les carrières procuratoriennes équestres sous le Haut-Empire romain, III, Paris 1961, p. 1102; H. Devijver, Prosop. militiarium equestrium, I, Leuven 1976, / 142; H.-G. Pflaum, op. cit.,

Supplement, Paris 1982, p. 95, n. 336 B. Linn. 8-9: le altre due cariche ricordate nella nostra epigrafe appartengono alle istituzioni locali. Quella di δήμαρχος fu, fin dalla fondazione, la principale magistratura napoletana (Strabo, V, 246). Essa sopravvisse almeno fino al III secolo d.C. (CIL X, 1492 = Dessau, /LS 6459) e fu a volte assegnata ad artisti di fama (vd. oltre n. 47) e imperatori (Hist. Aug., Hadrian. 19, 1. Per Tito vd. nn. 19, 20). Ignoriamo, tuttavia, quali fossero le funzioni originarie del demarco, visto che come sommo

magistrato sembra essere attestato solo in una lacunosa epigrafe di Chio dell’inizio del VI secolo a.C. (R. Meiggs e D. Lewis, A Selection of Greek Historical Inscriptions, Oxford 1971, n. 8; A.N. Oikonomides, in Acta Vth Int. Congr. Gr. and Lat. Epigr. - Cambridge 1967, Oxford 1971, pp. 19-22;

C. Ampolo, in Par. Pass., 38, 1983, pp. 401-416). È possibile che in origine, come «capo del popolo», il demarco esprimesse la natura democratica della costituzione napoletana, ma ben presto, con l'istituzione dell’arcontato (vd. n. 33), si sarebbe verificata un’involuzione di stampo oligarchico. Sull’argomento: G. Pugliese Carratelli, in Par. Pass., 7, 1952, p. 262 s.; F. De Martino, ibid., p. 335 ss.; E. Lepore, in Storta di Napoli, pp. 202-206 e pp. 241-244; J. Pinsent, in Par. Pass., 24, 1969, pp. 368-370.

Tutte le attestazioni sulla demarchia a noi pervenute appartengono all’età romana (vd. nn. 30. 34.

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ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

36. 40. 44. 47. 55. 84; CIL X 1478 = Dessau, /LS 6454 = E. Miranda, in Napoli antica, p. 394, n. 117.3; CIL X, 1491 = Dessau, ILS 6456; CIL X 1492 = Dessau, ILS 6459; A. Sogliano, in Not. Sc., 1900, p. 269 = Dessau, ILS 6455), quando la carica conservava ormai solo una funzione eponima (cfr.

in particolare nn. 44. 55. 84). Sulla natura e i compiti dei laucelarchi vd. n. 4.

4 Lastra di marmo lievemente fratta in basso a sinistra, rotta in tre pezzi e restaurata: alta 0,405, larga 0,583, spessa 0,03; lettere da 0,015 a 0,03 con tracce di rubricatura. Databile al II-III sec.

d.C. Nel Museo Archeologico dal 1846: Henzen (dall'apografo di Mommsen), in Bull. Inst. Corr. Arch., 1847, p. 105 s. «Già di mia proprietà, e trovasi ora per umile mio dono... tra le altre del real museo»: F.M. Avellino, in Bull. Arch. Napol., 6, 1848, p. 90, tav. I (da cui Franz, CIG add. 5790 b; Beloch, Campanien, p. 47). Di nuovo nel Museo: Fiorelli, Catalogo, n. 50; Kaibel, /G XIV, 717. Da Kaibel: F. Ghinatti, in Atene e Roma, 12, 1967, p. 102. Museo Archeologico Nazionale, ex deposito frammenti, inv. n. 2449.

5.

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15

Θεῷ ἐπιφανεστάτῳ Ἥβωνι Π. Πλώτιος Γλυχερὸς ἐχλεχθεὶς εἰς τὴν ἐπισημοτάτην βουλὴν ὑπὸ τῶν λαυχελαρχησάντων χαὶ ἐξ ἔθους μοιηθεὶς ταύτης ἱεροσύνης μυστηρίῳ ὁλοχλήρως τε χαὶ τελείως ἀπερτισμένος ἀνέθηχεν vac. σὺν Λικινίῳ Πουδεντιανῷ νεωτέρῳ, (M)apxiw Φαυστείνῳ νεωτ(έρῳ), Λικινίῳ Φήλειχι πρεσβ(υτέρῳ), Φλαβίῳ Φαυστεινιανῷ, Μαρχίῳ Φαυστείνῳ πρεσ(βυτέρῳ), Noovtw 'Pougttvtavó xai Λουχειλίῳ ᾿Ιανουαρίῳ εἰθέοις. bed. Lin. 6: ταύτης τῆς ἱεροσύνης Franz, Kaibel. Lin. 10: ΝΑΡΚΙΩ

sulla pietra; Μαρχίῳ tutti. Lin.

15: Λοίυχιλίῳ Mommsen presso Henzen; l'O...AIQ Kaibel; Λουχειλίῳ 10. Linn. 1-2: per il dio Hebon vd. n. 3. Linn. 3-4: per la gens Plotia vd n. 84. Il verbo txÀéyew significa «scegliere, eleggere». La costruzione con εἰς è più comune per xaταλέγειν che, oltre a «scegliere», significa «iscrivere» e corrisponde al latino adlegere (cfr. Mason, Greek Terms, p. 59). Per l'uso di καταλέγειν e simili vd. per esempio /. Epbesos 620, lin. 20. 680, lin. 11. 701, lin. 10. 5102, lin. 5. Nel nostro caso è dubbio se si tratti di una adlectio nel consiglio municipale o di una normale elezione. Per i sistemi di formazione dei senati locali vd. E. Gabba, in Athenaeum,

ISCRIZIONI SACRE

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37, 1959, pp. 304-320; W. Langhammer, Die rechtliche und soziale Stellung der Magistratus municipales und der Decuriones, Wiesbaden 1973, pp. 196-202. Lin. 5: i laucelarchi compaiono anche in altre iscrizioni napoletane sia latine (A. Sogliano, in Not. Sc., 1900, p. 269 = Dessau, /LS 6455) che greche (nn. 3. 30. 33. 40). Questa funzione non è atte-

stata altrove cd anche l’etimologia del vocabolo appare oscura. Per la radice λαυ- si potrebbe pensare ad una derivazione da λαβός: cfr. L.R. Palmer presso J. Pinsent, in Par. Pass., 24, 1969, p. 370 s. Resterebbe comunque da spiegare l'origine della sillaba xeÀ, cui si lega il suffisso verbale -apyéw o il sostantivo ἀρχός (attestato solo nella trascrizione latina laucelarchus). Il Palmer (loc. cit.) suggeriva una derivazione da χελεύειν e un parallelo con il lawagetas miceneo, mentre Pinsent (loc. cit.) pensava ad una ignota radice osca *laukel-. Restando in ambito greco constatiamo, però, che una radice xeX-, oltre che nel verbo χελεύω, ricorre in parole come

χέλωρ (poetico per «figlio»), χελώριον (equivalente di παιδίον) o χελοῖα (gara spartana per ragazzi: /G V 1, index VI, 3, s.v.). Un confronto interessante si avrebbe nella glossa di Esichio λαόπαις" βούπαις,

se questa non fosse, purtroppo, di lezione dubbia. Se nella radice λαυχελ- si potesse vedere il riferimento ad una sorta di efebia, particolarmente significativo risulterebbe il collegamento con il culto di Dioniso “Hfwv. Tuttavia allo stato attuale delle conoscenze è impossibile trovare una soluzione soddisfacente.

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ISCRIZIONI

GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

Discutibile mi sembra l'ipotesi di M.V. Macri Li Gotti, in Rend. Ist. Lomb., 111, 1977, pp. 273-284,

che pensa ad un'ipotetica radice *auk-/*luk-, da cui deriverebbero sia il /awagetas miceneo che il luyumo etrusco. Non mi è chiaro, infatti, l'accostamento con la glossa di Esichio λαύξει: xpatet. Il

termine λαυχελαρχέω verrebbe ad essere composto da due parole, che significano entrambe «essere a capo, governare». I composti di ἀρχός e i verbi derivati presuppongono un sostantivo esprimente

la cosa, che si guida o si governa: per esempio δῆμος per δήμαρχος, δημαρχέω, oppure ἔφηβος per ἐφήβαρχος, ἐφηβαρχέω ecc. Se fosse esistita una carica di *AauxeAog, il verbo derivato sarebbe Ἐλαυχελεύω come da πρύτανις abbiamo πρυτανεύω. L'unica cosa sicura è quindi che λαυχελ- era l'oggetto su cui si esercitava 1’ ἀρχή.

Anche le funzioni dei laucelarchi sono poco chiare. La posizione di questa carica all’interno del cursus bonorum è oscillante. Nella n. 3, in cui l'ordine è ascendente, essa segue la demarchia, men-

tre la precede sia nella n. 30 che nella citata epigrafe latina. Nella n. 33 poi la sua posizione non è chiaramente determinabile, vista l’incertezza circa la natura di alcune delle cariche citate. Troppo frammentaria la n. 40. La mancanza di un posto fisso nel cursus e il rapporto più o meno diretto con il culto di Hebon sembrerebbero indicare che si tratta di un sacerdozio. Così il Mommsen, CIL X, p. 172; Capasso, Napoli, p. 9; Beloch, Campanien, p. 47; M.V. Macri Li Gotti, art. cit. Di parere contra-

rio il Kaibel, secondo il quale niente dimostra che i laucelarchi avessero una qualche funzione nell'iniziazione ai misteri di Hebon, mentre del tutto certo é il loro intervento nell'adlectio di P. Plotius Glyce-

rus al consiglio municipale. Essi avrebbero avuto quindi, almeno in età imperiale, una funzione affine a quella dei censori. Cosi anche Sartori, Problemi, p. 53 s.; E. Lepore, in Storia di Napoli, p. 206 s., il

quale ritiene possibile che anche quando Neapolis era una πόλις autonoma, ai laucelarchi fosse affidata la docimasia dei buleuti. Sulla funzione censoria nell'ambito del municipio napoletano vd. anche n. 33. Senza prendere posizione per l'una o l'altra tesi vorrei, peró, sottolineare che in questa particolare epigrafe si parla di ex laucelarchi, come dimostra l’uso dell'aoristo λαυχελαρχησάντων. Qualsiasi funzione essi svolgano in questo caso, essa sarà presumibilmente diversa da quelle dei laucelarchi ancora in carica. Linn. 5-7: il Sartori, loc. cit., traduce ἐξ ἔθους con pro moribus suis, ma di norma ἐξ ἔθους signifi-

ca «secondo le consuetudini». Il Sartori inoltre definisce oscuro il participio μοιηθείς. Anche il Ghinatti, Joc. cit., trova difficoltà nell'interpretazione di μοιηθείς e propone di correggere in ἐξ (1)00ug μ(υ)ηθείς, isolando con una virgola questa frase da ciò che segue, oppure di accettare la correzione ποιηθείς (cfr G. Nenci, in Par.Pass., 7, 1952, p. 394). Tuttavia lo scambio ot = v è documentato anche

altrove: /GRRP I, 116, lin. 54. 317, lin. 4. 348, lin 10. 1240, lin. 6. 1310, lin. 17. 1362, lin. 7. 1407, lin. 2. III 1192. Cfr. E. Schwyzer, Griech. Gramm., I, p. 233; E. Mayser, Grammatik der griech. Papyri aus der Ptolemáerzeit, I 1, 2? ed. Berlin 1970, p. 90; F. Th. Gignac, A Grammar of the Greek Papyri

of the Roman and Byzantine Periods, I, Milano 1976, p. 198 s. È vero che il verbo pveîv non si costruisce col genitivo, ma forse si può far dipendere da μοιηθείς il dativo μυστηρίῳ e tradurre «iniziato nel mistero di questo sacerdozio». Secondo come si interpreta la funzione dei laucelarchi il sacerdozio in questione può essere appunto la laucelarchia oppure quello relativo al culto di Hebon. Linn. 7-8: ἀπερτισμένος sta per ἀπηρτισμένος e indica probabilmente il grado più elevato di iniziazione. Per τέλεος ed dA 6xAnpog in contesto mistico vd. Plato, Phaedr., 249 c. 250 bc (cfr. Ch. Ried-

weg, Mysterienterminologie bei Platon, Philon und Klemens von Alexandrien, Berlin-New York 1987, p. 39, p. 54 s. e p. 105 s.).

ISCRIZIONI

SACRE

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Linn. 9-15: la gens Licinia è più volte attestata nelle epigrafi napoletane (/G XIV 796 a; G. De Petra, in Mon.Ant., 8, 1898, col. 223. Vd. oltre n. 82).

I nomi in -ianus derivati da cognomi si affermano soprattutto nel basso impero: H. Solin, in L'onomastique latine, Paris 1977, pp. 103-146; in particolare p. 139 s.; cfr. anche G. Alföldy, ibid, p. 294. Anche in εἰθέοις come in ἀπερτισμένος abbiamo lo scambio e/n. Il termine ἠΐθεος indica tra l'al-

tro chi non sia ancora giunto alla pubertà (cfr. Hesych., s.v. ἠΐθεος; Poll., II, 9) e all’interno del culto di Ἥβων potrebbe avere un significato particolare, legato forse ai gradi di iniziazione misterica. Per la presenza di χοροὶ ἠιθέων in contesto genericamente religioso vd. per esempio Alc., fr. 2 Bergk (= fr. 1 Reinach); Her., III, 48; Plut., Theseus, 21.

5 Blocco di travertino fratto a sinistra, in alto a destra e sul retro, alto 0,29, largo 0,91 (campo

epigrafico max. 0,82), spesso 0,385; lettere da 0,024 a 0,055. Metà III-inizio II sec. a.C. Rinvenuto nel 1874 nella chiesa di S. Giovanni Maggiore durante i lavori di restauro, reimpiegato sotto una colonna a sinistra dell’altare maggiore: A. Sogliano, in Arch. Stor. Prov. Napol., 1, 1876, p. 565 ss. Da Sogliano: Beloch, Campanien, p. 53; Mommsen, CIL X, p. 970; Kaibel, /G XIV, 718; Civitelli, Nuovi

frammenti, p. 79, nt. 3. Nel Museo di S. Martino: G. Cautela e I. Maietta, Epigrafi e città, Napoli 1983, pp. 153-156, n. 70, fig. 87. In deposito presso il Museo Nazionale di S. Martino.



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[- -Igvogz Μαμάρχου xai oi voi [ H]pgoxAet ἀνέθηχαν.

Lin. 1: MAMAPKOY sulla pietra; Mau£gxou Mommsen, Kaibel; vo[f] tutti; voi 10. Lin. 2: [aùτοῦ Ἡ]ραχλεῖ Kaibel; []ραχλεῖ gli altri.

Lin. 1: il patronimico del dedicante ricorre nella forma Mapapyog in altre epigrafi napoletane: G. De Petra, in Mon. Ant., 8, 1898, col. 229, a-c. Esso deriva dal nome, che in etrusco dà mamarce

(cfr. W. Schulze, Geschichte den lateinischer Eigennamen, Berlin 1904, p. 62 e p. 466; M. Cristofani, in Atti 8° Conv. Naz. Studi Etruschi e Italici - Orvieto 1972, p. 309 e p. 322 s.; P. Poccetti, Nuovi docu-

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ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI 1

menti italici, Pisa 1979, nn. 240. 246. 247; C. De Simone, in Lapis Satricanus, The Hague 1980, pp.

85-87) e in osco papepexg (cfr. W. Schulze, loc. cit.; E. Vetter, Handbuch der italischen Dialekte, Heidelberg 1953, nn. 119. 197; M. Lejeune, L’anthroponimie osque, Paris 1976, p. 88). Per il gentilizio Ma-

mercius vd. CIL IX, 668. 1159. 1871. 2074. X, 1137, 1138. Lin. 2: il culto di Herakles è attestato a Napoli anche da un'epigrafe latina rinvenuta presso via Anticaglia e databile alla seconda metà del I sec. d.C.: CIL. X, 1478; Dessau, ILS 6454; E. Miranda, in

Napoli antica, p. 394, n. 117.3. Per una possibile ubicazione del tempio vd. Capasso, Napoli, p. 46 s.; Peterson, Cults, p. 191 s.; G. Cautela e I. Maietta, /oc. cit. Sulla presenza del culto a Cuma: N. Valenza

Mele, in Recherches sur les cultes grecs et l'Occident, 1, Napoli 1979, pp. 19-21; G. Pugliese Carratelli, in Atti 18° Conv. Studi Magna Grecia - Taranto 1978, ed. 1979, p. 226 s. Cfr. anche n. 9, lin. 8.

6 Base di marmo dalla superficie lievemente corrosa: alta 0,90, larga 0,59, profonda 0,645; campo epigrafico alto 0,62, largo 0,52, lettere da 0,02 a 0,05. Databile al I sec. d.C. Rinvenuta a Napoli: Martorelli, Theca cal., II, p. 475 e p. 644. Da questi: Marini, Vatic. 9133, f. 280; Donati, Ad novum thesaurum..., I, p. 42, n. 4; Franz, CIG 5793 e add. p. 1255 (da cui Beloch, Campanien, p. 54). Nel

palazzo dei signori Carbonelli [in via Pignatelli, cfr. Capassa, Napoli, p. 161): Grande, De’ cognomi gentilizj, p. 24. Compare anche in Collectanea sull'iscrizione di Lollio Arpocrate [= CIL IX, 136], ms. Neapol. XV F 9, f. 17. Nel Museo Archeologico: Fiorelli, Catalogo, n. 51; Kaibel, /G XIV, 719. Da Kaibel: Ch. Dubois, Pouzzoles antique, Paris 1907, p. 152; Cagnat, /IGRRPI, 431; L. Vidman, Sylloge

inscriptionum religionis Isiacae et Sarapiacae, Berolini 1969, n. 496 (cfr. id., Isis u. Serapis bei den Griechen u. Rómern, Berlin 1970, p. 105, nt. 37); M. Malaise, Inventaire préliminaire des documents égyptiens decouverts en Italie, Leiden 1972, p. 261, Neapolis, I, 1. Di nuovo: V. Tran Tam Tinh, Le culte des divinités orientales en Campanie, Leiden 1972, p. 72, IS. 23, fig. 43. Museo Archeologico Nazionale, Mostra egizia, inv. n. 2450.

Ἴσιδι ᾿Απόλλωνα "(pov ᾿Αρποχράτην M. "Owtog Νάουιος 5

Φαννιανός,

στρατηγός, ἔπαρχος

10

σείτου δόσεως δόγματι συνχλήτου 'Ῥωμαίων, ἀγορανόμος, ταμίας Πόντου Βειθυνίας, χειλίαρχ(ος) λεγ(εῶνος) ε΄ Μαχεδονιχ(ῆς), ἄρξας 1’ ἀνδρῶν ἀρχὴν ἐπὶ Ῥώμης.

Linn. 1-3: si tratta della dedica a Iside di una sola statua raffigurante Apollo - Horos - Harpokrates, come già notavano A. Salal, /sis, Sarapis a bozstva sdruzena dle svedectvi reckych a latinskych niapisu, Praha 1915, p. 71 s., e Peterson, Cults, p. 215 s. Cfr. anche Vidman, Sylloge, loc. cit.. Di parere contratrio il Franz, loc. cit., che pensava a tre statue. Per Horos-Harpokrates vd. Roeder, RE VIII

ISCRIZIONI

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SACRE

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ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

2, 1913, s.v. "poc, col. 2435 ss. L'identificazione con Apollo, attestata anche altrove (vd. per esem-

pio Vidman, Sylloge, n. 116), è piuttosto comune a Delo: P. Roussel, Les cultes egyptiens ἃ Delos du IIF au F siècle av. J.-C., Paris-Nancy 1915-16, p. 278; P. Bruneau, Recherches sur les cultes de Delos

a l'époque bellénistique et à l'époque impériale, Paris 1970, p. 168. Mancano in Italia dediche a Harpokrates, mentre vi sono altri esempi dell'offerta a Iside di una statua del figlio: Vidman, Sylloge, nn. 630, 631; cfr. M. Malaise, Les conditions de pénétration et de diffusion de cultes égyptiens en Italie, Lei-

den 1972, pp. 198-203. Per l'uso di dedicare a Iside statue di altre divinità vd. V. Tran Tam Tinh, op. cit., p. 73. Sulla diffusione dei culti egizi a Napoli: id., op. cit., pp. 27-37 e pp. 63-73; J. Papadopoulos, in Napoli antica, p. 395. Ben nota la presenza in città di una colonia di Alessandrini: Suet., Nero, 20, 3; Capasso, op. cit., p. 6 s. e note relative; E. Lepore, in Storia di Napoli, p. 300 e p. 363 s., nt. 13. Linn. 4-5: il dedicante M. Opsius Navius Fannianus é quasi certamente da identificare con il Navius Fannianus autore di un epigramma funerario per il suo liberto Navius Cosmus (IG XIV, 795; cfr. PIR?, O, 127). Di parere contrario solo Tran Tam Tinh (op. cit., p. 72), ma la sua opinione mi sembra chiaramente basata su un equivoco, parlando egli di un inesistente «Phannius Navius esclave de Moskos». Difficile, invece, l'identificazione con M. Opsius seguage di Seiano (Tac., Ann., IV, 68. 71; cfr. PIR?, O, 126). Questi, infatti, mori a Roma prima di terminare la sua carriera e del resto avrebbe

evitato di mostrarsi pubblicamente devoto a Iside, visto che il culto era perseguitato da Tiberio (Tac., Ann., II, 85; Suet., Tib., 36). Favorevoli all'identificazione sono invece: Cagnat, loc. cit.; Salac, loc. cit.; Dessau, PIR', II, nn. 81-82; Tran Tam Tinh, op. cit., p. 72; B. Remy, Les carrieres sénatoriales

dans les provinces romaines d'Anatolie au Haut-Empire (31 avant J.-C. - 284 aprés J.-C.), Istanbul 1987, n. 61. Alla possibilità che il nostro Fanniano sia il figlio del seguace di Seiano accenna G. Camodeca,

in Epigrafia e ordine senatorio, 11 (Tituli, 5), Roma 1982, p. 123. Opsius è gentilizio osco presente anche a Ercolano (CIL X, 1403) e a Capua (CIL VI, 32526 a, IV, 18): cfr. G. Camodeca, loc. cit. Linn. 6-12: M. Opsio Navio Fanniano fu nell'ordine decemvir stlitibus iudicandis, tribunus le-

gionis V Macedonicae, quaestor Ponti et Bithyniae, aedilis, praefectus frumenti dandi ex S.C., praetor. L'esercizio della questura nel Ponto-Bitinia presuppone che la provincia fosse senatoria. Il PontoBitinia fu temporaneamente sotto il governo imperiale all'epoca di Traiano e Adriano e vi restó definitivamente a partire da M. Aurelio: D. Magie, Roman Rule in Asia Minor, Princeton 1950, indices s.v. Bithynia-Pontus e app. I, p. 1590 (nella lista dei questori della provincia manca il nostro Fanniano); B.E. Thomasson, Laterculi Praesidum, I, 3* ed. Göteborg 1984, coll. 243-252; B. Remy, L'evo-

lution administrative de l'Anatolie aux trois premiers siécles de notre ère, Lyon 1986, p. 65, pp. 87-93 e pp. 99-101; id., Les fastes sénatoriaux des provinces romaines d'Anatolie au Haut-Empire (31 avant J.-C. - 284 après J.-C.), Paris 1988, pp. 21-93 (per Fanniano vd. pp. 71-77 e passim). Sull'attività dei funzionari di rango senatorio nella provincia: id., in Epigr. Anat., 6, 1985, pp. 43-52; id., Les carrières... (cit.). Per quanto riguarda i praefecti f.d. il Pflaum, in Historia, 2, 1953-54, pp. 431-446, e in Bonn. Jabrbb., 163, 1963, p. 234 (= Scripta varia, II, p. 94), dà una lista di tutti quelli conosciuti, assegnando il nostro all'età di Claudio. G. Vitucci, in Arch. Class., 10, 1958, pp. 310-314, ritiene che ciò sia fatto senza alcu-

na ragione, tanto più che il Pflaum accoglie la teoria per cui la prefettura /.d. sarebbe stata soppressa proprio da Claudio e ripristinata da Nerva. Cfr. PIR?, O, 127. In generale sull'argomento: D. van Berchem, Les distributions de blé et d'argent à la plébe romaine sous l'empire, Genéve 1939, pp. 67-83; W. Enßlin, RE XXII 2, 1954, s.v. praefectus, col. 1306 ss.

ISCRIZIONI SACRE

23

7 Iscrizione ora perduta. Databile al II-III sec. d.C. A Napoli: Capaccio, Hist.Neap., p. 204, da cui N. Carletti, Topografia universale della città di Napoli, Napoli 1776, p. 297 s., e N. Corcia, Storia delle due Sicilie, Il, Napoli 1845, p. 203. Solo dal Corcia: Kaibel, /G XIV 63*.

Διὶ μεγάλῳ Σαράπιδι.

AII

ΜΕΓΛΛΩ͂

ZAPAIIIAI

(da Capaccio) L'epigrafe, giudicata falsa dal Kaibel perché conosciuta solo da N. Corcia, era invece già nota al Capaccio. La formula della dedica al Kaibel suonava strana rispetto a quella più comune Ad Ἡλίῳ μεγάλῳ Σαράπιδι, che si diffonde dall'età di Adriano in poi: L. Vidman, /sis u. Sarapis bei den Grie-

chen u. Rómern, Berlin 1970, p. 116 e p. 172; M. Malaise, Les conditions de pénétration et de diffusion de cultes égyptiens en Italie, Leiden 1972, p. 425, nt. 5. In questa forma più breve essa è, però, attestata anche altrove: L. Vidman, Sylloge inscriptionum religionis Isiacae et Sarapiacae, Berolini 1969, nn. 339 (Pisidia). 558 (Lazio). 798 (Tripolitania). Per i culti egizi a Napoli vd. n. 6. Secondo la testimonianza di J. Sannazaro (Eglogbe, V, 73-78) esisteva nella zona del Chiatamone un antro di Serapide, che a tutt'oggi non é stato identificato.

8 Base ora perduta. Databile al I sec. d.C. Presso S. Paolo: Filonard. 106. «In casa di M... Feltro»: Accursius, Ambros. D 420 (syll. II), f. 7. In casa di Giovanni Andrea de Curtis: Metellus, Vatic.

6039, f. 302 e f. 352’, da un apografo del Vallambert. Rinvenuta presso il monastero di S. Aniello [di cui resta solo la chiesa in largo S. Aniello a Caponapoli]: Fabio Giordano, Neapol. XIII B 26, f. 37’; id., Neapol. Branc. I F 2, f. 173; Summonte, Historia, I, p. 103 s. Poi in casa di Mario Altimari

[al largo Regina Coeli, infine trasportata nella villa all'Arenella, cfr. Capasso, Napoli, p. 92 e p. 196, nt. 270]: Fabio Giordano, locc.citt.; Summonte, loc. cit.; Capaccio, Hist. Neap., p. 230. Da schede di Vallambert, Pighius, Scaliger: Gruterus, /nscriptiones..., p. 75, n. 7. Da Giordano: A.G.M. Fusco, A.T.

Gianpietri e G.V. Fusco, Giunta al comento critico-archeologico sul frammento inedito di Fabio Giordano, Napoli 1841-42, p. 104. Da questi: F.M. Avellino, in Bull. Arch. Napol., 1, 1843, p. 40. Da Capaccio, Gruterus e Avellino: Franz, CIG 5792 (da cui Beloch, Campanien, p. 53). Dai precedenti:

Kaibel, /G XIV, 720; Colonna, Scoperte, p. 115 («presso il tempio della Fortuna a Marechiaro»), p. 152 («nella villa Aldimari all'Arenella) e p. 277 s. M.

Μάριος ᾿Επίχτητος

,

τῆι Tóym Νέας πόλεως

M. MAPIOR

ἀνέθηχεν

noAEQ€

χαριστήριον.

EMIETHTOE

ANEOHKEN

THI TYXMI

XATIE ΤΗΡΙΟΝ

ΝΕ

(ID, T

. WÄR,

de

(da Metellus) La divisione delle linee è quella di Accursius, Giordano, Summonte. Lin. 2: TYXN Filonard.; TYXHI con eta e tota in legatura Accursius; TTXHI Metellus; TIXHI Giordano; TYXH Summonte;

24

ISCRIZIONI GRECHE

NEAX- IIOAEX

Filonard.; ΝΈΑΣ

D'ITALIA.

NAPOLI

I

| IIOAEQX Metellus; NEAIIOAEQX Giordano. Linn. 3-4: inver-

ute in Capaccio. Tra le diverse notizie circa il luogo di rinvenimento la più attendibile è quella di Giordano e Summonte, vista anche la vicinanza tra la chiesa di S. Aniello e la casa degli Altimari a Regina Coeli. L’altura di Caponapoli corrisponde probabilmente all’acropoli della città antica: M. Napoli, Napoli greco-romana, Napoli 1959, p. 73 ss.; E. Greco, in Neapolis, p. 189 s. e p. 208. Sulla stipe votiva rinvenuta a S. Aniello vd. oltre n. 34. Per altri rinvenimenti in questa zona: AA.VV., in Napoli antica, pp. 139-156, e p. 466; Ricerche archeologiche a Napoli. Lo scavo in largo S. Aniello (1982-1983), a cura di A.M. D'Onofrio e B. D'Agostino, Napoli 1987. Lin. 2: per il culto di Τύχη vd. J. Champeaux, Fortuna, I, Fortuna dans la religion archaique,

Rome 1982, pp. 455-460 e passim; id., op. cit., Il, Les trasformations de Fortuna sous la république, Rome 1987, pp. 38-59. In particolare per Τύχη πόλεως: F. Allégre, Étude sur la déesse grecque Tyché. Sa signification religieuse et morale, son culte et ses representations figurées, Paris 1889, pp. 184-217; Waser, in Roscher Lex., V, 1916-24, s.v. Tyche; col. 1370 ss.; J. Champeaux, op. cit., II, pp. 50-56, e per la no-

stra epigrafe p. 60, nt. 132. Cfr. anche Peterson, Cults, pp. 207-209.

9 Base di marmo cilindrica, fratta in alto a destra, su plinto quadrangolare decorato da festoni, bucrani e altri motivi in rilievo, alta 0,760, diametro 0,420; campo epigrafico alto 0,270, largo 0,270,

lettere da 0,015 a 0,02. L’iscrizione è inserita in un riquadro incorniciato, mentre il corpo cilindrico è decorato da tre figure in piedi: a destra Efesto, che forgia uno scudo, al centro Dioniso col tirso e la pantera, a sinistra una divinità, di cui restano solo i piedi nudi e una mano tesa verso un quadrupede seduto alla sua destra. Inizio II sec. d.C., «Ultimamente scavata»: Giornale de’ letterati pubblicato in Firenze, 4, 3, 1747, p. 230 (con parecchie imprecisioni). Presso i Padri Crociferi [monastero sito

un tempo in piazza Crocelle ai Mannesi, presso S. Giorgio Maggiore: cfr. Galante, Guida sacra, p. 195]: Maffei, Mus. Ver., p. 479, n. 3, cui la inviò P. Annibale Marchesi, che l’aveva avuta da F. Pratilli. Dal Maffei: Donati, Ad novum thesaurum..., I, p. 59, n. 10. Usata per molti secoli come sostegno per la vasca dell’acqua benedetta nella chiesa di 5. Maria Rotonda [cfr. n. 2]: Martorelli, Theca cal.,

II, p. 636 ss. (da cui De Laurentiis, Univ. Campaniae Felicis, p. 199). Nel Museo Farnese [a Capodimonte]: Ignarra, De phratriis, p. 183. Nel Palazzo Reale di Capodimonte: Franz, CIG 5788 (dalle edizioni precedenti e dalle schede del Muenter). Da questi: Beloch, Campanien, p. 44. Nel Museo Archeologico: Fiorelli, Catalogo, n. 49; Kaibel, IG XIV, 721; Guida Museo Naz. Napoli, a cura di A. Ruesch, n. 1212 (con inventario errato). Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 129; Cagnat, IGRRP I, 432; N. Barone, in Mouseion,

1, 1923, pp. 165-173; Guarducci, Fratria, p. 132, n. XL, p. 111 e p. 114, che

si è servita anche di una descrizione di D. Mustilli. Di nuovo nel Museo: E. Miranda, in Napoli antica, p. 394, n. 117.2. Museo Archeologico Nazionale, Mostra Napoli, inv. n. 2448. trascrizione e foto alla pagina seguente Le lettere sottolineate sono scomparse. Lin. 1: integró Martorelli. Lin. 2: Κάλ[λιστος] Marto-

relli, Ignarra, Muenter presso Franz; «non potest K&XXiotog suppleri» Kaibel, infatti c’è spazio al massimo per cinque lettere. Lin. 3: integrò Martorelli. Lin. 4: dopo ᾿Αχιλείνῳ Kaibel credeva di vedere ancora IN «leviter incisas».

ISCRIZIONI SACRE

25

M. Κοχχήιος Σε[βαστοῦ]) ἀπελεύθερος Καλί- ς.4 -] σὺν τοῖς ἰδίοις τέχ[νοις] Τιτίῳ ᾿Αχιλείνῳ

5

xai Φλαουίῳ Κρήσχεντι τὸν σχύφον ἐχ λ(ιτρῶν) νς΄ οὐ(γγιῶν) δ΄ χαὶ (ἡμισείας) θεοῖς φρήτορσι Κυμαίων.

Linn. 1-2: il dedicante è chiaramente un liberto di Nerva, come già notava il Capasso (Napoli, p. 95). Cade pertanto la datazione proposta dal Napoli, che per motivi stilistici riteneva la nostra base non più tarda della metà del I secolo d.C.: M. Napoli, Napoli greco-romana, Napoli 1959, pp. 176-178.

Lin. 4: per la differenza di gentilizio tra il padre e i figli cfr. n. 44. Un Titius Aquilinus marinaio della flotta di Miseno è autore, insieme al collega Epidius Pansa, di un'iscrizione funeraria per un altro marinaio (CIL X, 3615). Circa l'ipotesi che il nostro Aquilino fosse un liberto della famiglia senatoria di L. Epidius Titius Aquilinus, console del 125 d.C., vd. Groag, RE VI A, 2, 1937, s.v. Titius, n. 27, coll. 1565-1567. Tale ipotesi non è del tutto convincente, poiché

presuppone che un senatore abbia concesso a un liberto l’uso di un cognome di famiglia. Linn. 6-7: notevole l’oggetto della dedica, uno skyphos di kg. 18,5 circa. Una base per uno σχύφος è dedicata ai θεοὶ φρήτορες nell’epigrafe successiva, ma non può trattarsi dello stesso skyphos, come ipotizzava la Guarducci (art. cit., p. 111).

26

ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI |

Herakles (?)

Dioniso

Efesto

Lin. 8: frequenti sono a Napoli le dediche e i riferimenti ai θεοὶ φρήτριοι o φρήτορες (vd. oltre nn. 10, 11, 16, 43, 45. Cfr. Guarducci, art. cit., p. 114 ss.; E. Miranda, art. cit., p. 393 s.), fra i quali,

nel caso specifico dei Kymaioi, si possono annoverare proprio gli dei raffigurati sulla nostra base. Per la valenza ideologica della scelta di divinità come Dioniso ed Efesto, legate rispettivamente alla viticoltura e all’artigianato, vd. A. Mele, in Napoli antica, p. 103. La terza divinità è stata interpreta-

ta dai più come Herakles (Guarducci, art. cit., p. 114; M. Napoli, loc. cit.; id., in Storia di Napoli, p. 410), per il quale cfr. n. 5. Il nome della fratria potrebbe suggerire un desiderio di continuità tra Neapolis e la città madre (A. Mele, in Φιλίας χάριν. Miscellanea E. Manni, Roma

1980, V, p. 1525; id., loc. cit.),

a meno che

non si voglia pensare che essa sia stata creata solo dopo il 421 a.C. per accogliere i Cumani scampati alla presa della città da parte dei Campani (Guarducci, art. cit., p. 107; M. Napoli, op. cit., p. 177; F. Cassola, in Neapolis, p. 52).

Per la sede della fratria cfr. anche G. De Petra presso Capasso, /oc. cit.

10 Colonnina fratta superiormente, con un foro nella base superiore, alta 0,67, diametro 0,30; lettere da 0,015 a 0,02. Seconda metà I sec. d.C. A Sorrento: Capaccio, Hist. Neap., p. 238; B. Capas-

so, Topografia stor. archeol. della Penisola Sorrentina, Napoli 1846, p. 87, n. 21 (nell’atrio della cattedrale). Dal Capaccio e dalle schede di Bellermann: Franz, C/G 5869, in modo molto impreciso, (da

ISCRIZIONI SACRE

27

cui Beloch, Campanien, p. 44). Dalle edizioni precedenti e dall’apografo del Mommsen: Kaibel, /G XIV, 722, che la assegnò a Napoli. Da Kaibel: Guarducci, Fratria, p. 132, n. XLI, e p. 111. Sorrento, Museo Correale, nell’androne presso la scalinata.

Καιδικία M (&pxov) θυγάτηρ Οὐίχτριξ φρήτορσι θεοῖς βάσιν σχύφωι.

Linn. 1-2: il nome di Caedicia M.f. Victrix compare su un'anfora da Roma (CIL XV, 3424 = Des-

sau, /L$ 8573), su un grande vaso da Cartagine (C/L VIII, 22637, 23), su un'olla da Firenze (CIL XI, 6695, 23) e in un'iscrizione, forse anch’essa vascolare, dal litorale di Fondi (CIL X, 6252). Il Dessau

(loc. cit.) ritiene che questo personaggio debba identificarsi con Caedicia, moglie di Flavius Scaevinus, che nel 65 d.C. fu espulsa dall’Italia per ordine di Nerone (Tac., Ann., XV, 71) e che fu probabil-

mente riammessa in patria dopo la morte dell'imperatore: cfr. Groag, PIR?, C, 116. Lin. 3: per le dediche ai θεοὶ φρήτορες cfr. n. 9. Lin. 4: lo skyphos non è, come ho già notato, quello offerto nella n. 9, la cui base è evidentemente quella su cui è incisa l'epigrafe. Inoltre se accettiamo l'identificazione proposta dal Dessau per Caedicia, la nostra iscrizione è alquanto anteriore alla n. 9.

11 Frammento di epistilio in marmo alto 0,30, lungo 1,89, spesso 0,21; lettere 0,06. Databile al I-II sec. d.C. In casa di Giovanni Baravalle nella strada di Somma Piazza o Pozzo bianco [odierne Anticaglia, Donnaregina, SS. Apostoli]: Di Falco, Descrittione, f. 38 (da cui Summonte, Historia, I,

28

ISCRIZIONI

GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

p. 105); Manutius tra le sue schede, Vatic. 5241, f. 623. In casa di Vincenzo Baravalle: Pighius, Bero-

lin. (ora Tubingen.) A 61 a. A 61 b, p. 107. Dal Pighius: Smetius, Neapol. V E num... f. 6’, n. 9. Da Smetius: Waelscapple, f. 22; Gruterus, /nscriptiones..., p. 112, De phratriis, p. 94). Senza indicazione di luogo: Capaccio, Hist. Neap., p. 237, da ca cal., Il, p. 672. Dai precedenti escluso Di Falco: Franz, CIG 5787 e add., p.

4, p. 8, e Inscription. 8 (da cui Ignarra, cui Martorelli, 7he1254 (da cui Beloch,

Campanien, p. 44). Nel Museo Archeologico dal 1842: F.M. Avellino, in Bull. Arch. Napol., 1, 1843,

pp. 2224; N. Corcia, Storia delle due Sicilie, II, Napoli 1845, p. 223, secondo il quale sarebbe stata ritrovata nell'atrio del Banco della Pietà (cfr. De Petra presso Capasso, Napoli, p. 58); Fiorelli, Catalogo, n. 48; Documenti inediti per servire alla storia dei Musei d'Italia pubblicati per cura del Ministero della P.I., II, 1878-79, Antichità scoperte nelle province Meridionali, p. 52, dove si dice ritrovata in una drogheria a Forcella e acquistata per il Museo dall'Avellino. Nel Museo Archeologico e dai precedenti (esclusi Di Falco, Avellino, Corcia, Fiorelli e Documenti inediti): Kaibel, /G XIV, 723. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 273; Cagnat, /GRRP I, 433; Guarducci, Fratria, p. 135, n. L, e p. 115. Mu-

seo Archeologico Nazionale, ex deposito frammenti, inv. n. 2447.

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Θεοῖς Xe (aotoic) xai θεοῖς φρητρίοις Θεωτάδαι.

Le prime due lettere si leggono ancora in Di Falco, Manutius, Pighius (A 61 5), Capaccio, ma potrebbe trattarsi di un’interpolazione; OEOTAAAIM Gruterus; OEQTEAAIM Capaccio. Per numerosi esempi di venerazione dei θεοὶ Σεβαστοί vd. /GRRP I, 144. III, 195. 247. 342. 364 ecc. IV, 98, 318, 522, 556, 582-584. 661 ecc. L’epiteto è già in uso per Augusto e Livia: cfr. PIR?, L, 301, p. 77.

Per gli dei fratrii vd. n. 9. Il nome della fratrıa dei Θεωτάδαι non ha riscontro altrove: cfr. F. Cassola, in Neapolis, p. 51 e p. 52, nt. 33.

12 Lastra quadrata, ora perduta. Databile alla tarda età ellenistica. Nella cantina del Seminario dei Nobili [nel vico omonimo, cfr. Celano-Chiarini, Notizie, IV, p. 906; G. Doria, Le strade di Napo-

li, Milano-Napoli 1971, p. 440]: Marini, Vatic. 9133, f. 349 (dall’apografo di Vito Giovinazzo). Dal Marini: Kaibel, /G XIV, 724. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 493; Guarducci, Fratria, p. 133, n. XLIV.

ISCRIZIONI SACRE

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29

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(da Marini) Lin. 1: ZOIAO Marini; integro Kaibel. Lin. 2: EMAYTOX Marini; E.... og Kaibel; “Epavtog io.

Lin. 1: una simile dedica agli dei è posta da Ζώϊλος Ζωΐλου vincitore nei giochi Pitici (vd. n. 13), che Kaibel identificava con il primo dedicante della nostra epigrafe. Ma Ζώϊλος è invero nome troppo comune. Lin. 2: il nome “Epavtog, non accettato da Kaibel, compare in un’altra iscrizione napoletana, rinvenuta successivamente, databile al IV sec. a.C.: E. Miranda presso A. Greco Pontrandolfo, in Napoli antica, p. 249 s., n. 56.3, e p. 273, nt. 64 (il primo editore G. Pesce, in Not. Sc., 1935, p. 265 s., e altri studiosi, per i quali cfr. SEG XXXV, 1033, non hanno riconosciuto in “Epavtog un nome proprio). Tale nome è attestato anche in Etolia nel II sec. a.C.; /G IX 12, 137, lin. 100 s.; G. Klaffenbach, in Studies D.M. Robinson, II, 1953, p. 293, n. 3. Su “Epavtog e altri nomi simili vd. O. Masson,

in Philologus, 110, 1966, pp. 246-248. Lin 3: i due dedicanti avevano entrambi ricoperto la carica di φρήταρχος: cfr. F. Gschnitzer, RE, suppl. X, 1965, s.v. Phretarchos, col. 538 ss. Per altre attestazioni napoletane vd. oltre n. 43; CIL VI, 1851 = Dessau, /LS 6188, in cui compare la trascrizione latina fretriacus (cfr. Guarducci, art. cit.,

p. 107 s.).

13 Lapide ora perduta. Databile ad età ellenistica. «/n aedibus Joannis Francisci Ristaldi jureconsultissimi, in iis locis effossus, in quibus Neapolis maxime vigebat»: Capaccio, Hist Neap., p. 251. Dal Capaccio: Lasena, Dell’antico ginnasio, p. 24; Doni, Inscriptiones..., classe I, p. 78. Dal Doni: Muratori, Thesaurus, II, p. 648, n. 2; Reinesius, Epist. ad Hoffm et Rup., p. 279, e Syntagma, classe I, n. 205 (da cui Grande, De’ cognomi gentilizj, p. 17); Franz, CIG 5808. Da tutti: Kaibel, /G XIV, 725,

da cui Colonna, Scoperte, p. 129, n. 12. »

Ζώϊλος Ζωΐλου Πύθια νιχ(ή)σας θεοῖς.

ZQDIAOZS. TITOIA.

ZOLIA

NIKIZAZ,

OT OEOIS.

(da Capaccio) «Versus vix recte divisi» Kaibel. Lin. 2: NIKIZAZ Per il dedicante cfr. n. 12.

Capaccio; corressero Lasena, Reinesius.

30

ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

14 Piccolo bue giacente di creta cruda, ora perduto, rivestito di «nericcia e lucida vernice», privo della testa, lungo 0,11. Il corpo era cavo, la coda rivoltata sulla spalla e sul fianco recava un segno ricurvo, interpretato dall’editore come traccia di un ricettacolo per bruciarvi profumi; l’iscrizione era sotto la base. Databile al I sec. a.C. Rinvenuto «in assai profondo sito» presso il monastero della Croce di Lucca [di cui ora resta solo la chiesa]: Vargas Macciucca, Dell’antiche colonie, I, p.

255 ss. (con un disegno in incisione, in cui ricostruisce un ipotetico volto umano barbato). Da Macciucca: Franz, CIG 5812. Da entrambi: Kaibel, /G XIV, 726; Colonna, Scoperte, p. 262, n. 1 (per erro-

re «piccolo bue con volto umano barbato» sulla base del disegno di Macciucca).

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Νυμφίου Τερτίου χοινὸς ὁ βοῦς.

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Lin. 1: Nuu[p]iov corresse Franz.

(da Vargas Macciucca) Per altri rinvenimenti nella stessa zona vd. A.M. D'Onofrio e altri, in Napoli antica, pp. 170-174; AA.VV., ibid., p. 464 s. Lin. 1: il nome Νύμφιος è molto diffuso a Napoli. Vd. Ruggiero, Documenti, p. 10 e p. 11 s., tav. B, fig. 3; G.A. Galante, in Atti Acc. Arch. Napoli, 17, 1893-1896, 1? parte, fasc. 3, p. 23; E Gabrici,

in Róm. Mitt., 27, 1912, p. 148 ss. (alla linea 2 della terza epigrafe di p. 160 propongo di integrare [Νύ]μφις). Νύμφιος deriva dall'osco Niumsis/Nupyis, attestato per esempio nella defixio di Tiriolo: A. De Franciscis e O. Parlangeli, Gl: italici del Bruzio nei documenti epigrafici, Napoli 1960, p. 28 s., n. 13, e pp. 48-53, fig. 15; P. Poccetti, Nuovi documenti italici, Pisa 1979, n. 190. Cfr. W. Schulze, Geschichte den lateinischer Eigennamen, Berlin 1904, p. 198: E. Vetter, Handbuch der italischen Dia-

lekte, Heidelberg 1953, n. 115; M. Lejeune, L’anthroponimie osque, Paris 1976, p. 90. A questo nome è da collegare anche quello del Nympbius ricordato come uno dei principes civitatis durante la 2?

ISCRIZIONI SACRE

31

guerra sannitica (Liv., VIII, 25-26). Un Νύφιος Νεαπολίτης militò come comandante dei mercenari sotto Dionisio il Vecchio (Diod., XVI, 18. 19; Plut., Dion, 41. 44). Il nome è attestato nella sua forma greca anche a Ischia (/G XIV 894; A. Maiuri, Saggi di varia antichità, Venezia 1954, pp. 177-200) e

in un bollo anforario rinvenuto in Francia (SEG XVI, 630). Esso compare infine in iscrizioni latine di Capua (CIL X, 4251) e Casapulla (CIL 12, 1595). Sull'importanza dell’elemento osco a Napoli: F. Cassola, in Neapolis, pp. 68-75. Lin. 3: benché manchi il nome della divinità, ritengo anch’io, come Kaibel, che si tratti di

una dedica votiva fatta in comune da due persone.

15 Due frammenti di una lastra marmorea combacianti. Fr.a (integro a sinistra e in basso): alto 0,208, largo 0,143. Fr.b: (integro a destra e in basso): alto 0,183, largo 0,308. Larghezza totale 0,43,

spessore 0,034; lettere da 0,021 a 0,024 (l'asta del b e del V è 0,05 circa). Databili al II-III sec. d.C. Rinvenuti nel cantiere della nuova Borsa [tra piazza Bovio e via Sedile di Porto]: L. Viola, in Not. Sc., 1894, p. 173 s., n. 3. Da Viola: Chr. Hülsen, in Röm. Mitt., 18, 1903, p. 74; F. Dornseiff, Das Al-

phabet in Mystik und Magie. Corpus der ABC Denkmäler, II, Leipzig-Berlin, 1925, n. 10; A.H. Kan, Juppiter Dolichenus, Leiden 1943, n. 214; P. Merlat, Repertoire des inscriptions et monuments figures du culte de Juppiter Dolichenus, Paris-Rennes 1951, n. 253; V. Tran Tam Tinh, Le culte des divinites orientales en Campanie, Leiden 1972, p. 164, S. 25; M. Hörig e E. Schwertheim, Corpus Cultus Iovis

Dolicheni, Leiden 1987, n. 466. Museo Archeologico Nazionale, deposito epigrafico, inv. n. 122863.

AB[TAEZHOIKAMNE] ΟΠΡΣΤΥΦΧΨΩ χελεύσαντο(ς το)ῦ θεοῦ.

Lin. 3: ΚΕΛΕΥΣΑΝΤΟΥΘΕΟΥ͂

sulla pietra; corresse Hiilsen.

Del tutto improponibile l'ipotesi di Viola, secondo cui si tratterebbe di un'iscrizione cristiana e Κελευσαντοθεός sarebbe un nome equivalente a Quodvultdeus. È chiaro, invece, che questo alfabeto

rientra tra i numerosi esempi pagani di alfabeti aventi valore magico e apotropaico: cfr. F. Dornseiff, op. cit.. Per l’espressione usata alla linea 3 esso è quasi certamente da attribuire al culto di Giove Dolicheno, all’interno del quale questi alfabeti potevano avere anche una funzione oracolare: cfr. P. Merlat, Juppiter Dolichenus. Essai d’interpretation et de synthese. Paris 1960, p. 209; M. Hörig e H. Schwertheim, op. cit., nn. 218. 227. 426. 465. Per il culto di Dolicheno in Campania vd. id., op. cit.,

nn. 463-467. In genere sulla diffusione del culto in Italia: P. Merlat, op. cit., p. 17 ss.

IMPERATORI E LORO FAMILIARI

16 Piccola base di marmo alta 0,29, larga 0,37, profonda 0,18. Databile tra il 41 e il 54 d.C. Da Napoli all'Aquila, dopo l’ottobre del 1542, in casa di M. Accursius: Accursius, Ambros. O 125;

Muratori, Thesaurus, I, p. 105, n. 9 (dall’apografo dell’aquilano A. Antinori). Ad Aquileia (sic per errore) nella casa degli Alessandri, che fu di M. Accursius: Marini, Vatic., 9133, f. 314 (che la ebbe dal Lupacchini, cfr. CIL X, p. 399). Dal Muratori: Franz, C/G 5802 b (da cui Beloch, Campanien,

p. 34 e p. 44). Nella stessa casa, al tempo proprietà Ricco: Kaibel, /G XIV, 728 (cui la inviò il Dressel). Da Kaibel: Cagnat, /GRRP I, 434; Guarducci, Fratria, p. 133, n. XLIII, e p. 111. Nel Museo del-

l'Aquila: N. Persichetti, in Róm. Mitt., 27, 1912, p. 303, n. 12 (senza bibliografia precedente: cfr. AE, 1912, 219; V. Macchioro, in Neapolis, 1, 1913, p. 210); M. Moretti, Museo Nazionale d'Abruzzo, L'A-

quila 1968, p. 258. L'Aquila, Museo Nazionale, sezione archeologica, inv. n. 17 (attualmente non visibile).

Κλαύδιον Καίσαρα Σεβαστὸν θεοῖς φρητρίοις Νάουιος "Attog

5.

ἀποχατασταθεὶς ὑπὸ αὐτοῦ εἰς τὴν πατρίδα.

34

ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

Linn. 1-3: il dedicante, peraltro ignoto, offre agli dei fratrii (vd. n. 9) un'immagine dell'imperatore. Date le dimensioni ridotte della base, si trattava forse di un busto.

Linn. 4-5: sull'indulgentia e la restitutio concesse da Claudio a tutti coloro, che erano stati ingiustamente condannati da Caligola vd. Dio Cass., LX, 4, 1; Suet., Claudius, 12, 1.

17 Frammento superiore sinistro di una lastra di marmo, alto 0,49, largo 0,29, spesso da 0,03 a 0,033; lettere 0,045. Databile tra il 41 e il 54 d.C. Rinvenuto nel 1978 nelle Catacombe di S. Gennaro, riutilizzato in una tomba dell’ambiente A41 [cfr. Fasola, Catacombe, pianta VI]. Inedito. In situ,

affisso ad un pilastro presso l’ingresso.

T:B. Κλαύδ[ιον Καίσαρα] Σεβαστ(ὸν) Γερμανικὸν] Καλλίποίλις - - - - - - ]

vp nem A3

7

^e

Linn. 1-2: l’imperatore in questione non può che essere Claudio, onorato anche nell’iscrizione precedente e di cui è nota la presenza a Napoli in occasione dei Sebastà (Dio Cass., LX, 6, 1. Suet., Claud., 11,2). Lin. 3: il nome del dedicante può integrarsi in Kadkiro[A:g], attestato sia al maschile che al femminile (/C II, II, 1; SEG XXXV, 543; Solin, Griech Personennamen in Rom, I, p. 628). Più rari

Callipoda (CIL VI, 21671. 38791), Καλλίπονος (/C II, XIII, 3) e Κάλλιπος (MAMA VIII, 474, variante del più diffuso Κάλλιππος).

18 Frammento di grossa lastra marmorea alto 0,275, largo 0,594, spesso 0,06; lettere 0,15, con tracce di linee ausiliarie. Databile tra il 41 e il 68 d.C. Rinvenuto in via della Selleria [strada ora scom-

parsa, nell’area tra piazza N. Amore e via Duomo]: F. Colonna, in Not. Sc., 1890, p. 90. Nell’ex Museo civico di Donnaregina: Colonna, Scoperte, p. 392; id., Museo civico, p. 36, n. 4. Attualmente nel Museo Archeologico Nazionale, deposito epigrafico, s.n.

IMPERATORI

E LORO

FAMILIARI

35

[- - - Καίσαρι Κλ[αυδίῳ - - -]

ZAPIKA sulla pietra e Colonna, in Not. S$c.; APIK Colonna nelle altre edizioni; le integrazioni sono mie.

Non può che trattarsi di Claudio o di Nerone. In via della Selleria, oltre questa dedica onoraria, furono rinvenuti numerosi frammenti di ca-

taloghi agonistici (vd. oltre nn. 54. 55. 58-80).

19 Due frammenti di una lastra di marmo giallo. Fr.a (integro a destra): alto 0,36, largo 0,42, spesso da 0,03 a 0,04; lettere da 0,027 a 0,03 (per lin. 6 le dimensioni sono maggiori, ma non precisabili). Fr.b (integro in basso): alto 0,36, largo 0,38, spesso da 0,02 a 0,04; lettere 0,04. Seconda metà del 74 d.C. Rinvenuti in piazza 5. Gaetano sotto il Santuario omonimo [annesso alla chiesa di 5. Paolo Maggiore]: E. Miranda, in Epigraphica, 50, 1988, pp. 222-226. Scoperti durante i lavori di ampliamento del 1965, sono attualmente affissi al muro nell’atrio del suddetto Santuario.

5

[Αὐτοχράτορα Τίτον] [Καίσαρα Οὐ]εσπασιανοῦ [Σεβαστοῦ] υἱόν, ἀρχιερέα μέγιστ(ον), [δημαρχιχῆ)]ς ἐξουσίας (τὸ δ΄), αὐτοχρά[topa τὸ η΄, ὕπα]τον τὸ γ΄, τειμητήν, [-c.7 - ἀγωνοθέτην τὸ β΄

[4

36

ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

--- ETMA ---

Fr.a. Lin. 3: τὸ è’ manca sulla pietra. Lin. 6: ciò che resta è l'asta di uno iota o di un zy più grandi delle altre lettere. Fr.b.: nell'ultima lettera non può che leggersi un lambda, ma, poiché la sequenza MA é inammissibile, si deve pensare ad un errore del lapicida. Fr.a. Lin. 2: poiché in base al consolato la nostra epigrafe si data al 74 d.C., qualche perplessità suscita il titolo di pontifex maximus, che di regola spettava all’imperatore. Da altre epigrafi dello stesso anno risulta che il pontifex maximus fu appunto Vespasiano, metre a Tito spettò il titolo di semplice pontifex vd. per esempio CIL VI, 31548. X, 8023. 8024. Cfr. però /GRRP IV, 1105, in cui Vespasiano è detto ἀρχιερεύς. Per errori analoghi in epigrafi latine degli anni 75 e 76 d.C.: ΑΕ, 1974, 653; D. van Berchem, in Mus. Helv., 40, 1983, pp. 185-196.

Lin. 3: per i motivi che espongo più avanti, la tribunicia potestas, il cui numero è omesso secondo un uso abbastanza comune, non può che essere la quarta, ricoperta da Tito a partire dal 1° luglio del 74. Sui problemi riguardanti la titolatura di Tito: Stein, P/R?, F, 399; T.V. Buttrey, Docu-

mentary Evidence for the Chronology of the Flavian Titulature, Meisenheim am Glan 1980, pp. 18-27. Lin. 4: il terzo consolato data l’epigrafe al 74 d.C. La datazione può essere ulteriormente precisata alla seconda metà dell’anno, poiché nel rigo seguente Tito è ricordato come agonoteta dei Sebastà, che si celebravano ad agosto (cfr. n. 52). Lin. 5: la lacuna è solo parzialmente integrabile. Visto che la titolatura ufficiale termina con la carica di censor, potrebbe mancare qui una carica onoraria, come per esempio quella di δήμαρχος. Lo spazio disponibile, però, sembra troppo esiguo per una parola di otto lettere. L'aspetto più interessante di questa epigrafe è che Tito vi sia citato come agonothetes II in corrispondenza della 19* celebrazione dei Sebastà del 74 d.C. Ne consegue che la prima presidenza dei giochi si deve necessariamente datare al 70 d.C. Tale conclusione era già suggerita da un'iscrizione

IMPERATORI

E LORO

FAMILIARI

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dell'81 d.C., che assegna a Tito tre agonotesie (vd. oltre n. 20). Il fatto che al momento della celebrazione dei Sebastà del 70 Tito fosse in Giudea si può superare pensando che la presidenza dei giochi gli sia stata assegnata a titolo onorario e che egli ne abbia delegato ad altri le funzioni (per una situazione simile cfr. IGRRP IV, 850; L. Robert, in Laodicée du Lycos, Québec-Paris 1969, p. 285, nt. 5).

Del resto gli agonoteti dei Sebastà erano più d’uno (cfr. n. 54). Cade pertanto l’ipotesi di R.M. Geer (in Trans. Am. Philol. Ass., 66, 1935, p. 215), secondo il quale le prime due agonotesie furono quelle del 74 e del 78 d.C., mentre la terza sarebbe stata assunta da Tito in una celebrazione straordinaria dei giochi nell’80 o nell’81.

Per concludere ricordiamo che proprio a Napoli durante i Sebastà morì Melankomas, il giovane pugile amato da Tito (Them., Or, X, 139 4; Dio Chrys., Or., XXVIII. XXIX). Cfr. L. Robert, Hellenica, XI-XII, Paris 1960, p. 338; L. Moretti, in Dodicesima miscellanea greca e romana, Roma

1987, p. 76, n. 775.

Lin. 6 e fr.b: forse in queste tracce di lettere di dimensioni maggiori si nasconde il nome del dedicante.

20 Grosso frammento di lastra marmorea delle dimensioni di circa 0,90 x 1,10 (per la posizione, in cui si trova, la lapide non è misurabile). Databile al gennaio - giugno dell'81 d.C. Rinvenuto nel 1538 presso la fontana dell’Annunziata «cavandosi per rifondamentare detta fontana» [in via Egiziaca a Forcella]: Accursius, Ambros. D 420, f. 7; Metellus, Vatic. 6039, f. 301 e f. 353 (dagli apografi di Morillon, Budaeus, Vallambert e Guidi); Di Falco, Descrittione, f. 41’ (da cui Manutius, Vatic.

5241, f. 615 e f. 625). Da un apografo del Pighius: Smetius, Neapol. V E 4, p. 23, e Inscriptionum..., f. 13, n. 12; Gruterus, /nscriptiones..., p. 173, n. 8. Senza indicazione di luogo e con interpolazioni: Fabio Giordano, Neapol. XIII B 26, f. 45 e f. 47. Affisso al muro presso l'Annunziata: Summonte, Historia, I, p. 55 s.; Capaccio, Neap. Hist., p. 274; Lasena, Dell'antico ginnasio, p. 69; Celano, Notizie, III, p. 297 ss.; D'Arthenay presso Gori, Symb. litt., II decade, 2, p. 9; A.S. Mazzocchi, De cathedr. eccles. Neapol. vicibus, p. 234 (da cui Martorelli, Theca cal., II, p. 412); con errori Muratori, Thesaurus, I, p. 228, n. 6, che la ebbe da I.M. Como; Ignarra, De palaestra, p. 107. Dalle opere a stampa, escluso Di Falco: Franz, CIG 5809. Da tutti i precedenti: Mommsen, /RN 2447, (da cui, Beloch, Campanien, p. 35), e CIL X, 1481; Kaibel, /G XIV, 729. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 325; Cagnat, IGRRP I, 435; M. Di Martino Fusco, in Mouseion, 2, 1924-25, p. 161 s. (= SEG IV, 95); McCrum e Woodhead,

Select Documents, n. 54. Murata in alto a sinistra nell'androne dell'Ospedale della SS. Annunziata. trascrizione e foto alla pagina seguente Linn. 1-5 e lin. 7 s.: integró Ignarra. Lin. 6: [γυμνάσιον xai θέρμας ὑπὸ σεισμῶν σ]υμπεσόντα Ignarra, Franz, Di Martino Fusco; [- - - ὐπὸ σεισμῶν σ]υμπεσόντα Capaccio, Kaibel. Linn. 7-9: mancano in Mu-

ratori. Lin. 9: (gymnasium et tbermas terrae mo]tibus Ignarra, Franz, Di Martino Fusco; [ - - - terrae mo)tibus Capaccio, Kaibel.

Linn. 3-4: in base al consolato e alla tribunicia potestas l'iscrizione si data tra gennaio e giugno dell'81 d.C. Lin. 5: per un'altra testimonianza su Tito e per il problema delle sue tre agonotesie vd. n. 19.

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ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

1

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[Αὐτοχράτωρ] Τίτος Katca[p] [θεοῦ Οὐεσπασιανοῦ υἱὸς ΟἸ]ὐεσπασιανὸς Σεβαστός,

5.

[ἀρχιερεὺς μέγιστος, δημαρχ]ιχῆς ἐξουσίας τὸ ι΄, [αὐτοχράτωρ τὸ ιε΄, πατὴρ πατρίδ]ος, ὕπατος τὸ η΄, τειμητής, [ἐν Νέαι πόλει δημαρχήσας ἀγων]οθετήσας τὸ γ΄, γυμνασιαρχήσας, [- - - ὑπο σεισμῶν σ]υμπεσόντα ἀποχατέστησεν.

[Imp. Titus Caesar divi Vespasia]ni f. Vespasianus Aug. [pontifex max., trib. pot. X, imp. XV], cos. VIII, censor, p. p. [- - - terrae mo]tibus conlapsa restituit. Sulla carica di demarco vd. n. 3. Anche in altre città greche la magistratura eponima era spesso rivestita da imperatori: L. Robert, Études épigraphiques et philologiques, Paris 1938, pp. 144-150; id., Hellenica, I, Paris 1940, p. 15, nt. 1. II, Paris 1946, p. 51, nt. 6.

Lin. 6 e lin. 9: 1 restauri promossi da Tito sono quasi certamente da collegare ai terremoti, che precedettero l'eruzione del 79 d.C. Ricordiamo, peró, che altre scosse telluriche si erano già verificate nel 62 d.C. (Tac., Ann., XV, 22, 3; Sen., Nat. Quaest., VI, 1, 2.; cfr. E. Lepore, in Storia di

Napoli, p. 295. Per il ritardo dei restauri a Pompei vd. J. Andreau, in Annales, 28, 1973, pp. 369-395) e nel 64 d.C. (Suet., Nero, 20, 2; Tac., Ann., XV, 34; cfr. K.R. Bradley, Suetonius! Life of Nero, Bru-

xelles 1978, p. 125 s.). Difficile stabilire a quali opere pubbliche si riferiscano i restauri. Di nessun aiuto ci sono le epigrafi rinvenute nel vicino monastero di S. Maria Egiziaca (nn. 51. 85). Le integrazioni proposte da Ignarra non sono soddisfacenti. Sappiamo, infatti, che l'ubicazione del ginnasio era diversa (cfr. p. 93), mentre per le terme il collegamento con i complessi archeologici superstiti nella zona non é dimostrabile. Per 1 dati in nostro possesso circa l'area circostante: Capasso, Napoli, p. 45 con la nota 98, e pp. 50-56 con relative note; M. Napoli, in Storia di Napoli, p. 441 s.; W. Johannowsky presso G. Russo, La città di Napoli dalle origini al 1860, Napoli 1960, p. 497 e p. 500; AA.VV., in Napoli antica, p. 490 s.

IMPERATORI E LORO FAMILIARI

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Per un elenco di epigrafi relative ai terremoti verificatisi nel bacino del Mediterraneo vd. L. Robert, in Bull. Corr. Hell., 102, 1978, pp. 395-408.

21 Frammento di lastra marmorea alto 0,125, largo 0,135, spesso 0,025; lettere 0,034. Databile tra il 138 e il 192 d.C. Rinvenuto in rua Francesca: A. Sogliano, in Not. Sc., 1893, p. 265, n. 1. Museo

Archeologico Nazionale, deposito epigrafico, inv. n. 121768.

[- - - Αὐτοχράτορος K]ato[apog - - -] [---------- ᾿Αντων]είνοί[υ - - - -]

iraniani zine K]aisapols - - -]

Lin. 1: M Sogliano; [- - - Αὐτοχράτορος Κ]αίσίαρος - - -] io. Linn. 2-3: integrò Sogliano. L’iscrizione deve riferirsi a due imperatori associati oppure ad un imperatore e al suo erede designato. Questa circostanza e il cognome Antoninus portano a datare l’epigrafe ad un’età compresa tra Antonino Pio e Commodo. Questo frammento fu rinvenuto insieme ad altri due: vd. oltre n. 41; A. Sogliano, art. cit.,

p. 265, n. 2 (di natura incerta). Quest'ultimo presenta caratteri epigrafici molto simili, ma dimensioni leggermente inferiori per quanto riguarda lo spessore e l’altezza delle lettere.

22 Frammento di lastra marmorea alto 0,16, largo 0,295, spesso 0,02; lettere 0,09. Databile tra

il 194 e il 211 d.C. Rinvenuto nelle Catacombe di 5. Gennaro in luogo imprecisato. Inedito. Nella catacomba inferiore, affisso al muro nell’ambiente B4 [cfr. Fasola, Catacombe, pianta III].

Π]ερτέν[αξ] [Αὐτοχράτωρ Καῖσαρ A. Σεπτίμιος Σεουῆρος [Σεβαστός, ἀρχιερεὺς μέγιστος, δημαρχικῆς ἐξου]σίας τὸ num.]

sua

ἣν | (Uf

fT

40

ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

Non può che trattarsi di Settimio Severo, visto che Pertinace ricoprì una sola tribunicia potestas. La forma Περτέναξ invece di Περτίναξ (attestata, per esempio, in Dacia: J. e L. Robert, Bull. épigr., 1976, 493) ricorre anche nella n. 44.

23 Frammento di lastra marmorea alto 0,565, largo 0,645, spessore imprecisabile; lettere da 0,085

a 0,132. Rinvenuto durante i lavori di restauro della chiesa di S. Giovanni Maggiore, dopo il parziale crollo del 1870: Galante, Guida sacra, p. 149; cfr. A. Sogliano, in Arch. Stor. Prov. Napol., 1, 1876, p. 576. Presso S. Giovanni Maggiore nel 1878 (sic): Kaibel, /G XIV, 731, cui la inviò il Galante. Cfr. G. Borrelli, La Basilica di $. Giovanni Maggiore, Napoli 1967, p. 14. Tuttora nella chiesa suddetta,

murato nell'ambiente a destra dell'altare maggiore. | di

7

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[Αὐτοχράτωρ Καῖσαρ --- Σεβαστ]ὸς l'egu[avixóc, ἀρχιερεὺς μέγιστος], [δημαρχιχῆς ἐξουσίας τὸ num., ] αὐτοχράτίωρ τὸ num., πατὴρ πατρίδος], [.------------------- ὕπατο)ς (?) τὸ δ΄, KT[-------- ] -.......--- + τὸ β΄ T+ -----Linn. 1-3: [..... Καῖσαρ] - - - - - oc l'egu[avixóc, αἸὐ[τ]οχράτίωρ tò..., ünatok (?) τὸ δ΄.... Kaibel;

aggiungo una titolatura più completa. Lin. 2: YTOKPAT Galante, ed. princ.; YTIOKPAT id. presso Kaibel. Lin 4: manca negli editori precedenti; l'ultima lettera può essere omicron o omega. Il cognome Germanicus è comune a molti imperatori, tra cui Claudio, Nerone, Traiano, Caracalla ed altri. I caratteri epigrafici sembrerebbero escludere una datazione più tarda della metà del II sec. d.C.

24 Frammento ora perduto, scolpito a grandi lettere. Rinvenuto a Napoli al suo tempo e riposto «apud Petronium in cimeliarchium»: Martorelli, Teca cal., II, p. 476, da cui Franz, C/G 5803. Da entrambi: Kaibel, /G XIV, 732.

IMPERATORI

E LORO

FAMILIARI

[Αὐτοχράτορι Καίσαρι - ------------ ] [Σεβαστῷ, ἀρ]χιερεῖ [μεγίστῳ, δημαρχικῆς ἐξουσίας τὸ num.], [αὐτοχράτορ]: τὸ γ΄, πίατρὶ πατρίδος, ὑπάτῳ τὸ num.],

e

41

I:

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I II (da Martorelli)

Lin. 2: [ἀρ]χιερεῖ [μεγίστῳ] Franz, Kaibel. Lin. 3: [αὐτοχράτορ]ι τὸ γ΄, πί[ατρὶ πατρίδος] Franz; [- -Ἰι τὸ γ΄ πίατρὶ πατρίδος] Kaibel. Alle integrazioni di Franz e Kaibel ritengo opportuno aggiungere la titolatura completa.

25 Frammento architettonico di marmo con un resto di fregio vegetale aggettante nella parte superiore (parzialmente integra), alto 0,73, largo 0,69, spesso 0,265; lettere da 0,169 a 0,198. Rinvenuto nel 1883 al fondaco Marramarra in via B. Cellini 16: F. Colonna presso G. Fiorelli, in Not. $c., 1884, p. 45. Da Colonna: F. Travaglini, in Atti Acc. Arch. Napoli, 12, 1884-86, pp. 101-103; Kaibel, /G XIV,

733. Di nuovo: Colonna, Scoperte, p. 361 ss. Da tutti: De Petra presso Capasso, Napoli, p. 18. Nel Museo Archeologico dal 1884: Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, Archivio vecchio: Epigrafi, rinvenimenti e doni 1861-1890, cartella IV D 1, fasc. 32. Museo Archeologico Nazionale, ex deposito frammenti, s.n.

[- - - aöox[p&rop - - -] [- - - &Jpyuelpe- - -]

26 Lastra marmorea fratta a destra e a sinistra, alta 0,138, larga 0,249, spessa 0,031; lettere 0,038.

Rinvenuta in via Grande Archivio e donata al Museo Archeologico dall’ing. Russo. Inedita. Museo Archeologico Nazionale, deposito epigrafico, inv. n. 132846.

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ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

[- - - Καίσαρα Σεβασίτὸν - - -] vac. θεοῖς [- - -]

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27 Frammento di lastra marmorea alto 0,22, largo 0,305, spesso 0,028; lettere 0,058. Rinvenuto

nel 1965 durante 1 lavori di ampliamento del Santuario di S. Gaetano, annesso alla chiesa di S. Paolo Maggiore. Inedito. Attualmente affisso al muro nell'atrio del suddetto Santuario.

[- - - ZeBa]otòv (9)

28 Frammento di base marmorea con cornice (parzialmente integro in basso) alto 0,50, largo 0,83, di spessore imprecisabile, la cui superficie é stata successivamente segata sul lato sinistro per una larghezza pari a 0,30; campo epigrafico alto 0,33, largo attualmente 0,42, lettere 0,03. Metà I sec. d.C. Sotto i portici di fronte al Sedile di Montagna [quelli del palazzo d’Angiö, vd. oltre]: Fabio Giordano, Neapol. Branc. I B 4, f. 91. In casa di Fabio Cicinello [palazzo di Filippo d'Angió in via Tribunali, cfr. Celano-Chiarini, Notizie, III, p. 717 e p. 830 ss.]: Capaccio, Hist. Neap., p. 62. Da Capaccio: Reinesius, Epist. ad Hoffm. et Rup., p. 278, e Syntagma, classe I, n. 147. Affisso alla parete presso la casa di Giacomo Caracciolo dei Duchi di Grottaglie: Martorelli, Theca cal., II, p. 659 (solo le prime due parole dell'ultimo rigo). Dai precedenti: Franz, C/G 5802 e add., p. 1256; Kaibel, /G XIV, 734. Da Kaibel: Colonna Scoperte, p. 272; Cagnat, /GRRPI, 437. Tuttora incastrato nella faccia-

ta del palazzo d'Angió in via Tribunali 339.

IMPERATORI

E LORO

FAMILIARI

43

[ἐπ]ιμεληθέντων Πανέρωτος xa[t] Συβάριδος vac. ᾿Αντ(ω)νίας Σεβαστῆς ἀπελευθέρωϊν].

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Senza divisione per linee Giordano. Le lettere sottolineate sono perdute. Lin. 1: questi segni indecifrabili mancano in Giordano, mentre il Capaccio trasporta qui la prima parola della linea seguente. Lin. 2: CIMEAHGENTON Giordano; ... IMEAHOGENTON Capaccio (cfr. lin. 1); [τῆς &ναστάσεως (9) ἐπ]ιμεληθέντων Kaibel; di questa parola, che va inserita qui anche per motivi di spazio, sopravvive l'ultima lettera; IANEPQTOCKAL Giordano; IIANI. TO.EK Capaccio; Πανέρωτος (9) xai Kaibel; IIANEPOTOXKA

io. Lin. 3: CIBAPIAOC

Giordano; ZYBAPIAOZ

Capaccio; Συβάρι-

δος (?) Franz, Kaibel; APIAOX io. Lin. 4: ANTONIAZZEBAZTHS Giordano; ANTONIAX.XEBAZT. Capaccio; ᾿Αντωνίας Σεβαστῆς Kaibel; AETHX io; l'ultima parola manca nelle edizioni precedenti; [δούλων] Mommsen

presso Kaibel; [ἀπελευθέρων] Kaibel; ἀπελευθέρωίν] io.

Lin. 2: il nome Πανέρως, contrariamente a quanto dice il Kaibel, è abbastanza diffuso. Νά. per esempio Suet., Nero, 30, 6; Solin, Griech. Personennamen in Rom, I, p. 128 e p. 179; U. Wilcken, Die Bremer Papyri, Berlin 1937, n. 81; Gr. Pap. Brit. Mus., III, p. 208, n. 899, lin. 7; J. Schwartz e altri,

Papyrus Grecs de la Bibl. Nat. et Univ. de Strasbourg, Strasbourg 1963, n. 259. A loro volta liberti di questo Paneros, liberto di Antonia, erano forse i due personaggi citati in CIL VI 4224 e 10360. Lin. 4: l’iscrizione deve essere successiva al 37 d.C., in quanto Antonia minore ebbe il titolo di Augusta solo dopo la sua morte. Vd. Stein, PIR?, A, 885.

44

ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA. NAPOLI

I

29 Base di marmo molto corrosa, mancante di parte del lato sinistro e con una patera sul lato destro, alta 1,44, larga 0,83, profonda da 0,60 a 0,715; campo epigrafico alto 0,765, largo 0,595, lettere da 0,038 a 0,04. Databile al II sec. d.C. Senza indicazione di luogo: Capaccio, Hist. Neap., p. 65. Da Capaccio: Reinesius, Syntagma, classe III, n. 54; Franz, CIG 5801. Nella via dei librai di fronte ai

SS. Filippo e Giacomo: Martorelli, Theca cal., II, p. 658. Da Martorelli e da un apografo di V. Calà Ossorio di Figuera: Ignarra, De phratriis, p. 205 ss. Da tutti i precedenti: Kaibel, /G XIV, 730. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 407; Cagnat, /GRRP I, 436. In via S. Biagio dei Librai: E. Miranda, in Tredicesima miscellanea greca e romana, Roma 1988, pp. 159-166. Tuttora visibile in via S. Biagio dei Librai, di fronte al vico SS. Filippo e Giacomo, incassata nel piedritto sinistro dell'arco, che introduce al vico S. Nicola a Nilo.

Τῇ θειοτάτη xai eboe-

βεστάτῃ Σεβαστῇ vac.

φρ[ήτορες] vac.

Εὐηρεῖδαι κ[αὶ [-]ραί- c.6 -]

Le lettere sottolineate non sono più visibili. Lin. 1: TH e KAI mancano in Capaccio: ΕΥ̓͂ΣΕBEY tutti; EYXE 10. Lin. 2: TATH tutti; //Z/ATH 10. Lin. 3: manca in Capaccio; ®P...... Marto-

relli, Kaibel (che, però, per questa linea e la seguente sospettava un’interpolazione del Martorelli «ut phretriae memoriam lucraretur»); φρ[ἡτορες] 10. Lin. 4: manca in Capaccio; EYMEIAAI Martorelli, Kaibel; EYHPE Calà Ossorio di Figuera presso Ignarra; //HPEIAAIK/I/IPA/////// io. Linn. 1-2: sull’attributo di θειότατος nella titolatura imperiale vd. J. Rouge, in Rev. Philol., 1969,

pp. 83-92. L’uso è frequente da Adriano a Filippo l’Arabo, di cui anche la moglie recava questo epi-

45

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I

particolare teto (/GBulg. III 1, 911). Dopo un'eclisse di mezzo secolo il termine ricompare in età costantiniana per diventare di rigore nel VI secolo, spesso associato ad εὐσεβέστατος, ma ormai legato al titolo di δεσπότης. Il Kaibel, sulla scia del Capaccio, riconosceva nell’ Augusta della nostra epigrafe l'imperatrice Elena, destinataria a Napoli di due dediche in latino (C/L X, 1483. 1484). Egli ammetteva, tuttavia, che l’uso del greco poco si adatta ad un’epoca così tarda. L’epigrafe, anche in base ai caratteri epigrafici, può tranquillamente risalire al II secolo d.C. Già Antonino Pio era qualificato come ὁ θειότατος xai εὐσεβέστατος αὐτοχράτωρ (OGIS 493), mentre Faustina maggiore ebbe il titolo di εὐσεβεστάτη Σεβαστή (J/GRRP IV,

1562).

46

ISCRIZIONI

GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

Lin. 4: il Kaibel non vide la pietra e si attenne, con qualche dubbio, alla lettura del Martorelli.

La sequenza EY, benché non più visibile, può essere data per certa. Il controllo autoptico delle due lettere seguenti dà ragione al Calà Ossorio. Il nome della prima fratria non è quindi EYMEIAAI, che poteva interpretarsi come forma corrotta di Εὐμηλεῖδαι (vd. nn. 2. 52), bensì Εὐηρεῖδαι. Per la seconda fratria si può proporre, ma con molta cautela, un'integrazione Ἡραζχλεῖδαι]. Per il culto di Herakles a Napoli vd. n. 5. Tornando agli Εὐηρεῖδαι, il nome del loro eponimo deriva dall'aggettivo εὐήρης, per il cui uso cfr. E. Miranda, art. cit., p. 162. Nella forma Εὐάρης o Εὐάρεις il nome è attestato epigraficamente

in Beozia (/G VII, 1753. 3172. 3195. 3215; SEG III, 333. XXII, 377. XXVI, 577; P. Roesch, Thespies et la Confederation béotienne, Paris 1965, p. 103), a Issa (SEG XXXI, 594. 597) e a Locri (A. De Franciscis, Stato e società in Locri Epizefiri, Napoli 1972, p. 35, n. 21). Il patronimico Εὐαρίδας compare nel VII sec. a.C. a Metaponto: M.T. Manni Piraino, in Par. Pass., 13, 1968, p. 419, n. 1; SEG XXX, 1176.

Per la forma Εὐήρης- Εὐηρείδης, oltre a due testimonianze generiche (Etym. M., p. 165, 53-54; Hesych., s.v. Φιλομηλείδης), abbiamo una serie di attestazioni relative a tre personaggi mitici: Εὐήρης

figlio di Pterelaos (Apollod., διῤί., II, 4, 5; Tzetz., Lykopb., 932). Εὐήρης figlio di Herakles (Apollod., Bibl., II, 7, 8) e Eùnpng padre di Tiresia (Call., Hymn., V, 81. 106; Theoc., XXIV, 70. Cfr. 102; Dicearch. Hist., fr. 30 Müller = F. Wehrli, Die Schule des Aristoteles, 1, 2* ed. Basel-Stuttgart 1967, fr. 37; Phlegon, Mirab., 4; Hygin., Fab., 68. 75. 128; Apollod., Bibl., III, 6, 7. Cfr. L. Brisson, Le mythe

de Tirésias, Leyden 1976, pp. 37-41). Vari motivi inducono a preferire come possibile eponimo della nostra fratria personaggi, cioé il figlio di Pterelaos re dei Teleboi. Per un'analisi dettagliata di un aggiornamento bibliografico sul mito dei Teleboi e la sua presenza nel golfo Miranda, art. cit., pp. 164-166. Alle stesse pagine rinvio per quanto concerne gli un tramite beotico nella trasmissione del nome di Εὐήρης.

il primo di questi tali motivi e per di Napoli vd. E. evidenti indizi di

MAGISTRATI

30 Lapide ora perduta. Seconda metà I sec. a.C. cello Muscettola [quasi certamente quella in vico S. 148; De Petra presso Capasso, Napoli, p. 110 e p. 177, vandosi anche hoggi presso il Seggio della Montagna»

Rinvenuta nelle fondamenta della casa di MarNicola a Nilo, ma cfr. Colonna, Scoperte, p. nt. 153]: Capaccio, Hist. Neap, p. 900. «Conser[di fronte al vico S. Nicola a Nilo, cfr. Celano-

Chiarini, Notizie, III, p. 717 e p. 830 ss.]: Lasena, Dell’antico ginnasio, p. 28 s., che usó l'edizione

di Capaccio. Da Capaccio: Donati, Ad novum thesaurum..., II, p. 238, n. 2; Reinesius, Syntagma, classe I, n. 203 (da cui Grande, De’ cognomi gentilizj, p. 20; Ignarra, De phratriis, p. 173); Martorelli, 75eca cal., II, p. 653; Vargas Macciucca, Dell'antiche colonie, I, p. 279 ss. Dai precedenti: Franz, CIG 5797 (da cui Beloch, Campanien, p. 45); Kaibel, /G XIV, 741. Da Kaibel: Colonna, loc. cit.; Civitelli, Nuovi frammenti, p. 60 ss.; Collitz-Bechtel, SGDI 5271; Guarducci, Fratria, p. 134, n. XLVII; A. Landi, Dialetti e interazione sociale in Magna Grecia, Napoli 1979, p. 232 s., n. 28.

H &PHTIA HONIONAEON AETKICN EPENNICN ΠΥΘΩΝΩΣ TION APIZTON APETHZ ENEKEN ΚΑΙ ET! PF. AZ AHM/\PXHZ/NTA AATKEAAPXHZANTA TP/ MMATIZANTA APZANTA TUN TIENTAETHPIKON. @ECIE, (da Capaccio)

5.

‘H φρητ(ρ)γία ἡ ΟΝΙΟΝΑΕΩΝ Λεύχιον Ἑρέννιον Πύθωνος (u)ióv “Aptotov ἀρετῆς ἕνεχεν χαὶ εὐεργεσίας, δημαρχήσαντα, λαυχελαρχήσαντα, γραμματ(εύ)σαντα, ἄρξαντα τὸν πενταετηριχόν θεοῖς.

Poiché non si conosce la reale divisione per linee, mi attengo per comodità a quella riportata dal Kaibel nella sua edizione. Lin. 1: DPHTIA Capaccio, Lasena; corresse Reinesius; HONIONAEON Capaccio; HONIONAEQN Lasena; ἡ Ο[ἰνωἹνα[ἤων Ignarra, Franz; «tutius conicias ἡ Κρητονδέων»

48

ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

Kaibel. Lin. 5: TPAMMATIZANTA Capaccio; FPAMMATHXANTA Lasena; ypappatesv}oavta corresse Franz. Lin. 6: HENTHAETHPIKON Kaibel nel testo in maiuscole, ma non nella trascrizione; OEIOX solo Lasena.

Linn. 1-2: il nome della fratria è ignoto, a meno che non si tratti dei Kretondai (vd. n. 31), come riteneva il Kaibel. Altrettanto ignoto il personaggio onorato; si noti il patronimico greco all'interno di una struttura onomastica romanizzata. È questo un fenomeno tipico degli anni compresi tra la fine della repubblica e l'età augustea: cfr. L. Moretti, in Φιλίας χάριν. Miscellanea E. Manni, Roma 1980, V, p. 1589 s. Sugli Herennii vd. E. Deniaux, in Mel. Éc. Fr. Rome Ant., 91, 2, 1979, pP. 623-650. La famiglia è attestata a Napoli in iscrizioni funerarie (/G XIV, 780; G.A. Galante, in Atti

Acc. Arch. Napoli, 17, 1893-96, parte 12, fasc. 3, p. 23) e nel decreto per Plozio Faustino (n. 84). Lin. 4: sul demarco vd. n. 3; sui laucelarchi n. 4.

Linn. 5-6: la funzione di γραμματεύς o scriba è attestata anche da altre epigrafi napoletane (/G XIV, 803. Vd. oltre. n. 84). Sugli scribi in età romana: J. Mufiiz Coello, Empleados y subalternos de la administracion romana, l, Los «scribae», Huelva

1982.

Per una discussione sulla formula ἄρξαντα τὸν πενταετηριχόν rinvio alla n. 33.

31 Base di marmo con urceo e patera sui lati, alta 1,335, larga 0,845, profonda alla base 0,775; campo epigrafico alto 0,645, largo 0,53, lettere da 0,05 a 0,065. Databile al II sec. d.C. Rinvenuta nel 1852 nelle fondamenta del Conservatorio dei SS. Filippo e Giacomo [in via S. Biagio dei Librai, cfr.

5

in Bull. Arch. Napol., N.S. 1, 1852, p. 9 (da cui Beloch, Fiorelli, Catalogo, n. 52; Kaibel, /G XIV, 743. Da KaiI, 438; Guarducci, Fratria, p. 134, n. XL VIII, e p. 112. n. 2451.

A. Κλαύδιον ᾿Αρριανὸν ὕπατον τὸν εὐεργέτην Κρητόνδαι. Ὃ d ERLITTEN

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Galante, Guida sacra, p. 205 s.]: G. Minervini, Campanien, p. 44). Nel Museo Archeologico: bel: Colonna, Scoperte, p. 407; Cagnat, /GRRP Museo Archeologico Nazionale, sala F, inv.

MAGISTRATI

49

Linn. 1-3: secondo il Groag (PIR?, C, 790) L. Claudius Arrianus fu consul suffectus nel II sec. d.C. ed è forse da identificare con Cl. Arrianus συνχλητιχός, marito di Cl. Balbina (IGRRP ΠῚ, 191 = Groag, PIR?, C, 1080; per la figlia di questa vd. /GRRP III, 162 = Groag, PIR?, C, 1081).

Lin. 5: nulla sappiamo della fratria dei Kretondai, che deriva il suo nome da un ignoto capostipite Κρήτων. Sulla particolare forma del patronimico, diffusa in ambiente beotico e calcidese: F. Cassola, in Neapolis, p. 53.

32 Base marmorea ora perduta. Databile al I-II sec. d.C. Rinvenuta presso la chiesa di S. Maria Maggiore, in casa dei Tomacelli [nell'attuale via Atri, cfr. De Petra presso Capasso, Napoli, p. 198 s., nt. 279 e nt. 283]: Fabio Giordano, Neapol. XIII B 26, f. 35. Senza indicazione di luogo: Surgens,

Neap. ill., p. 18. In casa di Ippolita Ruffo [Tomacelli, cfr. Celano-Chiarini, Notizie, IV, p. 1086]: Summonte, Historia, I, p. 127. In casa di Ippolita Ruffo, poi presso i Padri Teatini di 5. Maria Maggiore: Capaccio, Hist. Neap., p. 75. Dal Capaccio: Reinesius, Epist. ad Hoffm. et Rup., p. 278, e Syntagma, classe VI, n. 37; A.S. Mazzocchi, De cathedr. eccles. Neapol. vicibus, p. 140; Martorelli, Theca cal., II,

p. 519 e p. 620 (da cui De Laurentiis, Univ. Campaniae Felicis, I, p. 199, che forse ricava il luogo di rinvenimento da Fabio Giordano). Da Capaccio e Reinesius: Ignarra, De phratriis, p. 150. Dai precedenti: Franz, CIG 5798 e add., p. 1255 (da cui Beloch, Campanien, p. 43); Kaibel, /G XIV,

744

(che erroneamente afferma «/ocum non indicat Iord.»). Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 266; Cagnat, IGRRP I, 439; Guarducci, Fratria, p. 134, n. XLVI.

kMITIAALON THAIA

A A. Kpenep(f)tov Πρόχλον ὕπατον, ἀνθύπατον, τὸν ἴδιον

έτην εὐεργ ᾿Αρτεμίσιοι 5

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ἀμοιβῆς χάριν.

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(da Giordano) Lin. 1: A. KPEIIEAAION Giordano: A. KPETIEPAION Capaccio; A. KPEIIEPEIOY Surgens; A. Kperep[f]}ov Mazzocchi, Franz: Kpenep[£]tov o Kperepatov Kaibel; IIPOKAOY solo Surgens. Lin. 2: YIIATOY AN®YITIATOY solo Surgens; TONIAION

Giordano; TONIAIQN

Surgens, Ca-

paccio. Lin. 3: EYEPTEIHI Surgens. Lin. 4: ®PITOPEZ Giordano. Lin. 5: KAPIN Giordano. Linn. 1-2: il nome di questo console non ci é conosciuto altrimenti. Sulla gens Crepereia vd. B. Levick e S. Jameson, in Journ. Rom. St., 54, 1964, pp. 98-106; H. Halfmann, in Epigrafia e ordine senatorio, II (Tituli, 5), Roma

1982, p. 646.

Lin. 4: per la fratria degli Artemisioi cfr. n. 44.

50

ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI |

33 Lapide ora perduta. Databile al I sec. a.C. Rinvenuta nelle fondamenta della casa di Marcello Muscettola [cfr. n. 30]: Capaccio, Hist. Neap., p. 900. «Conservandosi anche hoggi presso il Seggio della Montagna» [cfr. n. 30]: Lasena, Dell'antico ginnasio, p. 28, che usò l'edizione del Capaccio. Da Capaccio: Reinesius, Syntagma, classe I, n. 204 (da cui Grande, De’ cognomi gentilizj, p. 19); Marto-

relli, Theca cal., II, p. 654; Ignarra, De phratriis, p. 180. Dai precedenti: Franz, CIG 5796 e add. p. 1255 (da cui Beloch, Campanien, p. 47 s.); Kaibel, /G XIV, 745 e add. p. 690. Da Kaibel: Colonna,

Scoperte, p. 148; Civitelli, Nuovi frammenti, pp. 60-62. Da Capaccio, Franz, Beloch e Kaibel: E. Miranda, in Quattordicesima miscellanea greca e romana, Roma

1989, pp. 123-128.

ΟΙΠΟΛΙΤΑΙ £7 ΔΕΥΚΌΝ TON ELA. TKOT AIZ.. TTMN:STAPKON APZANTA TEEZAPAN ANAPNN AATKEAAPXHZANTA © APXONTA TON ALATI.NTZ ETON TIMHTIKON «ες O4OIZ. ΑΦΡΟΔΙΤΗΞ ETNO{AZ. (da Capaccio) Οἱ πολῖται Σέλευχον τὸν Σελεύχου δὶς [- - -] γυμνασίαρ(39ov, ἄρξαντα (τὴν) τεσσάρων ἀνδρῶν, λαυχελαρχήσαντα, ἄρχοντα τὸν διὰ πέντε ἐτῶν τιμητιχὸν [- - -] ᾿Αφροδίτης εὐνοίας θεοῖς.

La divisione delle linee è quella del Capaccio, ma probabilmente non corrisponde all’originale (gli altri editori ne adottano di differenti). Lin. 1: τόν manca in Kaibel; ΣΕΛΕΥΚΟΥ͂ΔΙΣ.. Capaccio; XEAEYKIAOTY Lasena; dopo δίς Kaibel elimina la lacuna, ritenendola incomprensibile. Lin. 2: KON Capaccio; XON Lasena, Kaibel; τήν manca in Capaccio e Lasena; integrö Kaibel. Lin. 3: TIMHTI-

KON... Capaccio; TIMITIKON Lasena (senza lacuna); τιμητιχὸν [ἱερέα] Martorelli, Franz; Kaibel elimina la lacuna. Lin. 4: Εὐ[πλ]οίας Keil, presso Franz, CIG 5796, add. p. 1255. Lin. 2: "ἄρξας (τὴν) τεσσάρων ἀνδρῶν non può che essere un ex quattuorvir. Siamo quindi in epoca posteriore alla creazione del municipio (89 a.C.), benché l'onomastica sia ancora greca. Questo è l’unico caso, in cui un arconte neapolitano ha questa particolare denominazione. Gli ἄρχοντες compaiono per la prima volta nel decreto di asylia del 242 a.C. (Herzog e Klaffenbach, Asylieurk. Kos, n. 11), della cui approvazione sono responsabili insieme alla σύνχλητος e al δῆμος. Le altre attestazioni appartengono, invece, all’età imperiale e testimoniano l’esistenza di una coppia arcontale, cui è affidata non più l'approvazione, bensì la presentazione dei decreti (vd. nn. 82-85). L'iscrizione più tarda è una dedica latina della prima metà del III sec. d.C., in cui il titolo di ἄρχων appare traslitterato: Dessau, /LS 6453; E. Miranda, in Napoli antica, p. 388, n. 115.3.

Non è chiaro purtroppo quale fosse il rapporto tra questi arconti e il quattuorvirato testimoniato dalla nostra epigrafe. Si è pensato ad un’equiparazione degli arconti ai duoviri o ai quattuorviri iure dicundo. Essa, però, non è perfettamente applicabile, visto che i due arconti appaiono distinti in un arconte e un antarconte (cfr. n. 84) con funzioni presumibilmente non equipollenti. Il tentativo di adeguamento della πόλις al nuovo ordinamento municipale è testimoniato anche dalla presenza di edili (cfr. n. 34). Per i vari tentativi di soluzione proposti: Sartori, Problemi, pp. 48-52; E. Lepo-

MAGISTRATI

51

re, in Storia di Napoli, pp. 276-278: J. Pinsent, in Par. Pass., 24, 1969, pp. 368-372; F. Sartori, in Atti Cen. St. Doc. It. Rom., 3, 1970-71, p. 52 s.

Per i laucelarchi vd. n. 4. Lin. 3: in questa espressione e nell’&pfavra τὸν πενταετηριχόν della n. 30 la maggior parte degli studiosi sottintende la parola ἀγῶνα (Kaibel, /oc. cit.; De Petra presso Capasso, Napoli, p. 179 s.; Sartori, Problemi, p. 51 s.). Tuttavia un simile uso di &pyew non mi risulta attestato altrove. Il verbo regge l’accusativo solo nel suo significato di «incominciare, dare inizio». Nel senso, invece, di «presiedere, essere a capo di» regge il genitivo o il dativo, con la sola eccezione dell’accusativo interno ἀρχήν. D'altra parte la presidenza dei giochi pubblici viene espressa normalmente con il titolo di ἀγωνοθέτης. È da espungere l’attestazione di un &[vt}kpywv τοῦ ἱερωτάτου ἀγ[ῶνος τοῦ Il]aveXAnviou (IG IV/III?, 1077) registrata nel Liddel-Scott-Jones, s.v. ἀντάρχων: cfr. H.J. Oliver, Marcus Aurelius, (Hesperia, suppl. 13), 1970, pp. 109-112, n. 23, lin. 13 s. Gli stessi studiosi, che dopo τὸν διὰ πέντε ἐτῶν sottintendono la parola ἀγῶνα, ritengono che l'aggettivo τιμητιχόν vada legato al nome di Afrodite e significhi «in onore di». Ambigua l'interpretazione data nel Liddel-Scott-Jones, s.v. τιμητιχός, I, 2. La frase ἄρχοντα τὸν διὰ πέντε ἐτῶν τιμητιχὸν

(sc. ἀγῶνα) ᾿Αφροδίτης viene citata tra gli esempi dell'equivalenza tıuntixög/censorius. La formula τιμητιχὸς ᾿Αφροδίτης non ha confronti e del resto non c’è motivo di abolire la lacuna che il Capaccio segnava dopo τιμητιχόν. L'aggettivo sembra significare piuttosto «rispettoso di» che in «onore di» (Plut., Cons. ad Apollon., 34, 5; Ios. Flav., Ant. Jud., XIX, 8, 1. Cfr. però i τειμητικὰ

φηφίσματα citati in 1. Stratonikeia I, 289, lin. 13). Lascia inoltre perplessi il fatto che nella n. 30, oltre ad ἀγῶνα, si dovrebbe sottintendere anche il nome della dea, in onore della quale l'&yov si celebrava. C'è da chiedersi a questo punto se non sia da rispolverare la vecchia ipotesi, che vedeva nell’&pxwv τὸν διὰ πέντε ἐτῶν τιμητιχόν un duovir o quattuorvir quinquennalis censoria potestate: Mommsen, CIL X, p. 172; Beloch, Campanien, p. 45 e p. 47; Capasso, Napoli, p. 69; Civitelli, loc. cit. È certo che τιμητής era la parola greca per censor e τιμητεύω significa «essere censore»: cfr. Mason, Greek Terms,

p. 93. L'aggettivo τιμητιχός equivale a censorius in più di una fonte (Dion. Halic., Ant. Rom., I, 74, 5; Plut., Tib. Gracchus, 4, 1. Aem., 38, 3).

Del resto funzioni censorie svolgeva probabilmente l’&pywv πενταετηριχός attestato a Reggio in età giulio-claudia: /G XIV 617. 619; cfr. F. Costabile, Istituzioni e forme costituzionali nelle città

del Bruzio in età romana, Napoli 1984, pp. 128-140, in particolare p. 130 s. e p. 134, nt. 79. Per l’età tardo-imperiale si conoscono un ἄρχων πενταέτηρος a Patrai (J. Bingen, in Bull. Corr. Hell., 78, 1954, pp. 74-82; J. e L. Robert, Bull. épigr., 1955, 114) e la δυανδρία πενταετηρική di Cremna (G.E. Bean,

in Türk Ark. Dergisi, 19, 2, 1970, pp. 99-102, nn. 2. 3. 7). Il Sartori (Problemi, p. 52) non accetta questa interpretazione per la nostra epigrafe a causa dell’articolo τόν, che non permette di sottintendere ἀρχήν. Ma in verità sia ἄρχων che ἄρξας possono

essere usati con valore assoluto e l’articolo posto dinanzi a διὰ πέντε ἐτῶν serve forse a sottolineare una distinzione tra l’arconte ordinario e quello quinquennale (cfr. espressioni del tipo φύχτρας τὰς ἐν τῶι μεγάλωι | [λιμένι... : ZG II/III?, 1035, lin. 45 s.). Assegnare al nostro arconte una funzione censoria significa inficiare l’ipotesi che questa fosse svolta dagli ex laucelarchi (cfr. n. 4). Data la scarsezza e l'ambiguità delle testimonianze sulle istituzioni napoletane, qualsiasi tentativo di ricostruzione è destinato a restare nel campo della pura ipotesi. Se τιμητιχόν non è da legare direttamente al nome di Afrodite, è possibile che nella lacuna segnata da Capaccio si debba integrare [ἱερέα], come proponevano Martorelli e Franz.

52

ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

Lin. 4: le altre testimonianze sul culto di Afrodite sono costituite da una statuetta fittile del II-I sec. a.C. (M.R. Borriello e A. De Simone, in Napoli antica, p. 168, n. 26.50) e da un’epigrafe latina (E. Gabrici, in Mon. Ant., 41, 1951, p. 592).

La correzione Εὐ(πλ)οίας proposta dal Keil è da respingere, mentre superflua appare l’integrazione εὐνοίας [Evexa]. L'uso di genitivi con valore causale è ampiamente documentato nelle iscrizioni dal III sec. a.C. fino al III-IV sec. d.C.: E. Nachmanson, in Eranos, 9, 1909, pp. 31-43; cfr. J. e L. Robert, La Care, II, Paris 1954, p. 293, nt. 4; IGUR 882. Per un esempio napoletano vd. /G XIV, 807.

Sparisce così dalla nostra epigrafe l’epiteto di Εὔπλοια, che in passato era stato recepito sia dal Beloch, loc. cit., sia da altri studiosi (Peterson, Cults, p. 200; E. Lepore, in Storia di Napoli, p. 170; M. Napoli, ibid., p. 418; G. Pugliese Carratelli, in Par. Pass., 41, 1986, p. 157). A testimoniare la vene-

razione dei Napoletani per Afrodite Euploia resterebbero solo i versi di Stazio, in cui il poeta insieme ad altri luoghi della costa napoletana ricorda anche «vagis omen felix Euploea carinis» (Stat., Silvae, Il, 2, 73-82. III, 1, 147-153). In questa località gli studiosi citati immaginano la presenza di un

tempio di Euploia. Sulla possibilità che l’Euploea di Stazio (da identificare con il colle di Pizzofalcone e la sottostante spiaggia ora distrutta) sia soltanto un toponimo legato alla navigazione vd. E. Miranda, in Quattordicesima miscellanea greca e romana, Roma 1989, p. 127 e p. 144. L'esistenza del culto è stata recentemente ribadita da M. Giangiulio, in Neapolis, pp. 110-115 (nonostante qualche perplessità sul testo della nostra epigrafe, vd. p. 103, nt. 3). Lo studioso (sulle orme di G. Pugliese Carratelli, in Megale Hellas, Milano 1983, p. 31 s.; cfr. id., loc. cit.) ritiene che

siano stati i Rodii a importare nel golfo il culto di Euploia fin dal momento della fondazione di Partenope. A mio parere, invece, nel caso che Stazio si riferisca effettivamente ad un tempio, è im-

probabile che il culto risalga ad un'età così arcaica. L’epiteto di Εὔπλοια, creato a Cnido probabilmente tra la metà del VI e l’inizio del IV sec. a.C., ebbe fuori dell’isola una diffusione alquanto tarda. Sull’origine del culto cnidio e sul suo fiorire in età ellenistica: E. Miranda, art. cit., pp. 128-144.

34 Base marmorea con cornice modanata, alta 0,88, larga 0,54, spessore imprecisabile; campo epigrafico alto 0,51, largo 0,49, lettere da 0,02 a 0,035. Seconda metà II sec. d.C. «Lapis... in pariete

quodam ad D.Pauli...»: Capaccio, Hist. Neap, p. 215. Da questi: Reinesius, Epist. ad Hoffm. et Rup., p. 252, e Syntagma, classe V, n. 9; Martorelli, Theca cal., II, p. 712 s. (con azzardate interpolazioni); Donati, Ad novum thesaurum..., I, p. 79, n. 7; Franz, CIG 5799 (da cui Beloch, Campanien, p. 48).

Dai precedenti: Kaibel, /G XIV, 756 a (su parere del Mommsen, dopo averla considerata falsa a p. 191 in base a Maffei, Art. crit. lap., p. 89). Murata in una parete del cortile di via Tribunali 62, presso S. Paolo Maggiore: Colonna, Scoperte, p. 270; L. Correra, in Nap. Nob., 12, 1903, p. 156 s.; id., in

Rom. Mitt., 19, 1904, p. 183-186 (= Bull. épigr., 1906, p. 28). Tuttora in loco. trascrizione e foto alla pagina seguente

Il Capaccio divideva lonna e Correra e del mio quelle del Correra, perché tolineate sono scomparse.

l'epigrafe in sei linee. L'attuale trascrizione é frutto della revisione di Cocontrollo autoptico. Non trascrivo le letture del Colonna e solo in parte perlopiù videro meno di quanto è tuttora possibile vedere. Le lettere sotLin. 2: Πλουτογενίαι Capaccio; Πλουτογεν(ε)ίαι Kaibel; Πλουτογενείαι Cor-

rera, i0. Lin. 3; ἱερίαι Capaccio; lep(e)iaı Kaibel; ἱερείαι Correra, io. Linn. 3-4: ΘΕΞΜΟΦΟΡΟΥ͂ΣΑ

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Kopuviat Πλουτογενείαι ἱερείαι Δήμητρος Θεσμοφόρου, Λ(ευχίου) θυγατρί, γυναιχὶ Παχχίου Καλήδου ἀρχοντιχοῦ χαὶ μητρὶ Παχχίου Καληδιανοῦ ἀγορανομιχοῦ, μάμμῃ Καστριχίου Πολλί«voc ἀρχοντιχοῦ

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δημαρχήσας τῇ προμάμμῃ εὐσεβ(ε)ίας ἕνεχα

δόγματι vac. συγχλ(ή)του.

Capaccio; Θε[σ]μοφόρου, Xa... Kaibel; Θεσμοφόρου Za Correra; Θεσμοφόρου, Λ(ευχίου) io. Lin. 4: l'INAIKI Capaccio; γυναικί Kaibel; yuvarxi io. Lin. 5: KA- AHAOY Capaccio; Καζλ]ήδου Kaibel; Καλήδου Correra, io. Lin. 7: KA: AHAIANOY Capaccio; Κα[λ]ηδιανοῦ Kaibel; Καληδιη(νο)ῦ Correra, in Nap. Nob.; KAAHAIA[N]OY id., in Rom. Mitt.; Καληδιανοῦ io. Linn. 8-9: ΠΟΛΑΙΩΝΟΣ Capaccio; IToX[XJiwvog Kaibel; Πολλίωνος 10. Lin. 10: EI Capaccio; [Τ]ι(βέριος) Kaibel; Tr. Correra, io. Lin. 12: EYZEBIAX Capaccio; εὐσεβ(ε)ίας Kaibel. Lin. 13: AOTMATIZYTKAITOY Capaccio; δόγματι συγχλ[ή]του Kaibel.

Lin. 1: Cominius è gentilizio in /G XIV, 794. Sulla gens Cominia Giordano, La gens Cominia in Nola del Greco 1979. Linn. 3-4: Demetra è ricordata

tipicamente campano di origine osca, attestato a Napoli anche vd. O. De Croizant, in Caesarodunum, 7, 1972, pp. 299-324; C. e il suo contributo alla colonizzazione dell’Africa romana, Torre da Stazio tra gli dei patrii di Neapolis e il suo culto era distinti-

vo della città (Stat., Silvae, IV, 8, 50; Cic., Pro Balbo, 24, 55). Stazio definisce la dea Actaea e accenna

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ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

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a un culto misterico, che richiama alla mente la Demetra eleusina. La nostra epigrafe, tuttavia, attribuisce alla dea l’epiteto di Thesmophoros, collocandola in un ambito diverso da quello di Eleusi. La celebrazione di Thesmophoria è attestata non solo ad Atene e a Siracusa, ma anche ad Eretria (Plut., Quaest. Gr., 31. Cfr. W.R. Halliday, The Greek Questions of Plutarch, Oxford 1928, pp. 142-145;

L. Breglia Pulci Doria, in Recherches sur les cultes grecs et l'Occident, 1, Napoli 1979, pp. 53-63). In generale sui Thesmophoria vd. G. Sfameni Gasparro, Misteri e culti mistici di Demetra, Roma 1986. Il culto fu probabilmente valorizzato dai Siracusani, mentre l’intervento ateniese può aver favorito un diverso modo di onorare la dea. Su tutto il problema cfr. M. Giangiulio, in Neapolis, pp. 140-148; A. Mele, ibid., p. 157 s.; L. Breglia Pulci Doria, ibid., pp. 158-161.

Per Demetra Thesmophoros cfr. anche n. 85 e /G XIV, 702. Quasi certamente ad un santuario di Demetra apparteneva la stipe votiva rinvenuta a S. Aniello a Caponapoli, il cui materiale manifesta notevoli influssi sicelioti: M.R. Borriello e A. De Simone, in Napoli antica, pp. 159-170. Lin. 5: Πάχχιος Κάληδος, marito di Cominia, compare come arconte in carica nel decreto per

Ottavio Caprario, databile ad età flavia (vd. oltre n. 83). Il gentilizio Pacciws deriva dall’osco Pakis (F. Münzer, RE, XVIII 2, 1942, s.v. Paccius, col 2062; M. Lejeune, L'antbroponimie osque, Paris 1976, p. 91) ed è molto diffuso sia a Napoli (G. De Petra,

in Mon. Ant., 8, 1898, col. 228; A Levi, ibid., 31, 1926, col. 388; A. Sogliano, in Not. Sc., 1892, p. 201 5. = E. Miranda, in Napoli antica, p. 394, n. 117.1, lato B), che nel resto della Campania (/G XIV, 894; CIL X, 1138. 1151. 1809. 2819. 2820 ecc.). Il nome è attestato anche tra i campani di Entella: G. Nenci e D. Asheri, in Ann. Pisa, S.III, 12, 3, 1982, p. 775 s., nn. LII; M. Lejeune, ibid., p. 795.

Per il cognome Caledus cfr. CIL X, 793. Sugli arconti napoletani vd. n. 33 e nn. 84. 85. Linn. 67: Paccius Caledianus è altrimenti ignoto. Per altre attestazioni della carica di ἀγορανόμος vd. n. 83 e [G XIV, 896. 897. 8974. Sulla probabile corrispondenza, in età imperiale, tra gli agoranomi e gli edili: F. De Martino, in Par. Pass., 7, 1952, p. 337 ss.; Sartori, Problemi, p. 51 s. Per uno scriba aedilicius vd. oltre n. 84. Linn. 8-11: né l’arconte Castricius Pollio né il demarco Ti. Castricius Caledianus compaiono altrove. Quest'ultimo, essendo il pronipote di Cominia, vissuta, come ho detto, in età flavia, non

può datarsi ad epoca anteriore alla metà del II sec. d.C. Sui demarchi vd. n. 3. Castricius è gentilizio abbastanza raro, attestato per la prima volta nel I sec. a.C.: cfr. Kleine Pauly, I, 1964, s.v., col. 1803.

Lin. 13: è questa la più tarda attestazione dell’uso del termine σύγχλητος per indicare il consiglio di Neapolis. Esso compare come sinonimo di βουλή nel decreto di asylia del 242 a.C. (Herzog e Klaffenbach, Asylieurk. Kos, n. 11). Lo stesso termine indica ormai il senato locale in due epigrafi databili tra la fine del I sec. a.C. e l'inizio del I d.C.: vd. oltre n. 81; A. Sogliano, loc. cit.. = E. Miranda, loc. cit., lato A. Sull’evoluzione semantica della parola σύγχλητος e sui consigli delle città italiote e siceliote: G. Forni, in Kokalos, 3, 1957, pp. 61-69; F. Ghinati, ıbid., 5, 1959, pp. 119-144; G. Forni,

ibid., 6, 1960, pp. 49-57. Sul consiglio municipale di Neapolis cfr. n. 84 e n. 85.

35 Frammento di lastra marmorea, riutilizzato per un'epigrafe funeraria latina (Eph. Epigr. VIII, 347], alto 0.19, largo 0,265, spesso da 0,02 a 0,03; lettere 0,025. Databile alla tarda età ellenistica. In una tomba scoperta nel 1884 in via Maddalena: A. Sogliano presso G. Fiorelli, in Not. Sc., 1884,

MAGISTRATI

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Ρ- 361. In via Capuana [probabilmente all’angolo con via Maddalena]: Colonna, Scoperte, p. 200. Dal Sogliano e da un apografo e un calco inviati a Mommsen dal Colonna nel 1884: Kaibel, /G XIV, 735 («ad viam q.d. Campana» per errore). Nell’ex Museo civico di Donnaregina: Colonna, Museo civico, p. 42 s., n. 15. Attualmente nel Museo Archeologico Nazionale, deposito epigrafico, s.n.

[- - -Ἰς vac. τάξις δί- - -] vac. ΤΩΣ + [- - -] vac. vac. Οἱ δὲ βου[λευταὶ - - -]

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Lin. 2: ΤῺΣ seguito da un tratto obliquo Sogliano, io; TOXX Kaibel, che integrava [ἀναγράφαν]τος. Lin. 4: ZA Sogliano; «ego in ectypo non vidi» Kaibel; IZAI + io, ma l’ultimo segno non è chiaro se sia una lettera. Lin. 1: per la lacunosità del testo è impossibile scegliere tra i molteplici significati di τάξις. Forse si può pensare a un’ordinanza.

36 Frammento di lapide ora perduto. Databile ad età imperiale. In casa degli Staivano [in vico 5. Pellegrino, cfr. ms. Neapol.Branc. II C 7, f. 112]: Capaccio, Hist. Neap., p. 283, il quale ricorda che da alcuni era ritenuto di origine puteolana. Da Capaccio: Reinesius, Syntagma, classe II, n. 60; Franz, CIG 5810 (da cui Beloch, Campanien, p. 75). Dai precedenti: Kaibel, /G XIV, 749.

e. YITATOX, AHMAPXHZAZ. ATONAZ.IIIOTZ NOMOT....POMAIKQN. AIKAIQON....KA.... ATIOKATAZTHZAZ. TO. BAAANEION. ANEO.... ee: ra EIIEZKETAZEN (4... ORT (da Capaccio) [ὁ δεῖνα] ὕπατος, δημαρχήσας,

ἀγων(οθετήσας)»,

[- - - -Jyouou [- - - -] ἹΡωμαιχῶν δικαίων [- - - - KA [- - -] ἀποχαταστήσας τὸ βαλανεῖον ἀνέθ[ηχεν - - -] ἐπεσχεύασεν [- - - - - ] OKT

[----- ]

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ISCRIZIONI

GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

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Lin. 1: ΑΓΩΝΑΣ ΠΙΟΥ͂Σ Capaccio; corresse Kaibel. Lin. 2: [ἀγωνοθετήσας] Ρωμαιχῶν δικα[στ]ῶν [ἐκ πέντε δε]χάίδων] Franz. Lin. 3: integró Franz.

L’apografo di Capaccio desta qualche perplessità, come già notava il Kaibel. Poco convincente, per esempio, la lettura ΑΓΩΝΑΣ ΠΙΟΥ͂Σ, che dovrebbe alludere agli Εὐσέβεια di Pozzuoli, mai citati altrove con questo nome: cfr. n. 47, lin. 7 s. Il De Petra (presso Capasso, Napoli, p. 97) riteneva che questa iscrizione non fosse che una cattiva copia della n. 39, rinvenuta più di un secolo dopo in S. Giovanni Maggiore, riadoperata come capitello. L'ipotesi non ha alcun fondamento. Le due iscrizioni hanno in comune solo due frammenti di parole [- - -Jpxhoas e ἀποχατασί- - -J, che potrebbero adattarsi a centinaia di epigrafi diverse.

37 Frammento ora perduto. Seconda metà I - inizio II sec. d.C. Presso l'Ospedale del Popolo: Fabio Giordano, Neapol. XIII B 26, f. 114. Dal Giordano: Lasena, Dell'antico ginnasio, p. 73. Da una copia di I.M. Como (che la prese probabilmente dallo stesso manoscritto): Muratori, Thesaurus, II, p. 1062, n. 4, da cui Franz, CIG 5800 e add. p. 1255. Dai precedenti: Kaibel, /G XIV, 750. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 280; Cagnat, IGRRP I, 440; Th. Ch. Sarikakis, Ἱρωμαῖοι ἄρχοντες τῆς ἐπαρχίας Maxedoviag, II, Thessaloniki 1977, p. 152. εἰς

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(da Giordano) [τῷ δεῖνι - - - πρεσβε]υτῇ ἀντιστρατήγῳ ἐπαρχείας [Μαχε]δονίας, ἀνθυπάτῳ ἐπαρχ(εία)ς Ναρβωνησίας, ἀγωνοθέτῃ ἡ πόλις. Lin. 1: ΑΝΤΙΣΤΡΑΤΙΓΩ Giordano, Lasena; ΑΝΤΙΣΤΡΑΤΗΓῺ Muratori; integró Kaibel. Lin. 2: [Maxe]Soviag integrò Giordano; ANTYMATN Giordano; ΑΝΤΙΠΑΤΩ Lasena; ΑΝΘΥΠΑΤΩ Muratori; EIIAPXH Giordano; ΕΠΑΧΗΣ Lasena, Muratori; corresse Franz. Lin. 3: Ναρβωνησίας Giordano, Kaibel; / APBONHZIAZ Lasena, Muratori; [Γαλατίας τῆς N]apfwwnaiag Franz; ATANQBETH Lasena, Muratori. Gli errori di Lasena e Muratori devono dipendere, come già notava il Kaibel, da

una cattiva riproduzione del testo di Fabio Giordano. Sui proconsoli della Narbonense vd. M. Gayraud, in Rev. Et. Anc., 72, 1970, pp. 344-363; H.-G.

Pflaum, Les Fastes de la province de Narbonnaise, Paris 1978. Il nostro personaggio è datato dal Pflaum

MAGISTRATI

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(op. cit., p. 21, n. 11) tra la seconda metà del I e l’inizio del II sec. d.C. solo in base allo stile del testo. Vd. anche B.E. Thomasson, Laterculi Praesidum, I, 3* ed. Göteborg 1984, col. 34, n. 29.

L’agonotesia non può che riferirsi ai Sebastà, cfr. nn. 52. 54.

38 Frammento ora perduto. Databile forse intorno al 175 d.C. «S. Gennuario de foris sopra una fossa avanti la chiesa» [presso le catacombe di S. Gennaro]: Questi sono li frammenti delle iscrittioni che stanno nella chiesa di S. Gianuario de foris, ms. sec. XVII, Neapol. Branc. IV A 6, f. 231. Di qui: Kaibel, /G XIV, 751, da cui Cagnat, /GRRP I, 441.

[-llllll.ll..-.

]w(a)vàx

[πρεσβευτῆι Σεβ(αστοῦ) ἀντιστρατήγωι ἐν IT]avvov(at

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] ταμιεύσαντι

JIEN αἰρε(θ)έντι ε)ύσαντι

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ENAIPEOENT]SANTI...

anne:

(dal codice Neapol. Branc.)

Lin. 1: NIANQI tradito; correggo. Lin. 2: [πρεσβευτῆι ἀντιστρατήγωι ἐν I}avvoviar Kaibel; [πρεσβευτῆι Σεβ(αστοῦ) ἀντιστρατήγωι tv IT}avvovia: io. Lin. 4: AIPEOENTI tradito; corresse Kaibel. Lin. 6: [ἄρξαντα Mommsen

presso Kaibel.

Lin. 1-2: per questo personaggio è stata proposta l’identificazione con C. Vettius Sabinianus Iulius Hospes legatus Aug. propraetore della Pannonia inferiore fra il 174 e il 175 d.C. e della Pannonia superiore verso il 184-185 d.C. Cfr. W. Reidinger, Die Statthalter des ungeteilten Pannonien und Oberpannoniens von Augustus bis Diokletian, Bonn 1956, pp. 89-92 e p. 186, nt. 403; A. Dobò, Die Verwaltung der römischen Provinz Pannonien von Augustus bis Diocletianus, Amsterdam 1968, p. 65 ss., n. 46; B.E. Thomasson, Laterculi Praesidum, 1, 33 ed. Göteborg 1984, col. 105 s., n. 41, col. 114, n. 19, e col. 120, n. 56. Pe la sua carriera vd. M. Corbier, L'aerarium Saturni et l'aerarium militare. Admini-

stration et prosopographie senatoriale, Rome 1974, pp. 268-277, n. 54; H. Devijver, Prosop. militiarium equestrium, II, Leuven 1977, V 80; F. Jacques, Les curateurs des cités dans l'Occident romain de Traian

à Gallien. Études prosopographiques, Paris 1983, pp. 54-57, n. 17. Lin. 3: poiché la lacuna non poteva contenere tutta la carriera dalla questura al consolato, il personaggio onorato apparteneva ancora al rango pretorio. Pertanto la Pannonia, di cui è governatore al momento della dedica, deve essere quella inferiore: cfr. B.E. Thomasson, op. cit., col. 120,

n. 56. Se l'identificazione con C. Vettius Sabinianus è esatta, la nostra epigrafe si data agli anni 174-175 d.C. o poco dopo. Lin. 6: la lettura [--Javra crea problemi, dativi.

introducendo

un accusativo dopo

una serie di

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ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

39 Grosso frammento di lastra marmorea alto 0,51, largo 0,675, spessore imprecisabile; lettere 0,09. Databile forse alla seconda metà del I sec. d.C. Rinvenuto «inter rudera» nella chiesa di S. Gio-

vanni Maggiore, dove era stato riadoperato come capitello: Martorelli, Theca cal., II, p. 476. Da Martorelli: Franz, CIG 5811; Kaibel, /G XIV, 753. Attualmente murato in un ambiente sottostante la

chiesa, nel succorpo della Congrega dei SS. Bianchi e Sacramento, con ingresso dal vicoletto 2° S. Giovanni Maggiore.

[ὁ δεῖνα - - - αἸρχήσας γί- - -] [- - - τἸοὺς σωζομ[ένους ἐχ τοῦ σεισμοῦ - - -] ὁ

[- - - -k ἀποχατασίτήσας - - -]

Lin. 1: γυμνασια]ρχήσας Martorelli; δημα]ρχήσας γ[υμνασιαρχήσας] Franz. Lin. 2: ΣΟΖΩΜ

per

errore Martorelli; integrò Kaibel. Lin. 3: integrò Martorelli. Per altre epigrafi rinvenute in 5. Giovanni Maggiore o nei pressi vd. nn. 5. 23. Sui numerosi terremoti, che colpirono Napoli nella seconda metà del I sec. d.C., vd. n. 20.

40 Otto frammenti di lastra marmorea parzialmente combacianti. Fr. a: alto 0,21, largo 0,315. Fr. b: alto 0,168, largo 0,225. Fr. c: alto 0,16, largo 0,21. Fr. d: alto 0,087, largo 0,125. Larghezza totale a-d 0,723. Fr. e: alto 0,13, largo 0,195. Fr. f: alto 0,155, largo 0,235. Larghezza totale e-f 0,435. Fr. g: alto 0,12, largo 0,23. Fr. ^: alto 0,17, largo 0,30. Larghezza totale g-h 0,53. Spessi da 0,022 a 0,035; lettere da 0,035 a 0,048. Fine I sec. d.C. Rinvenuti negli scavi di 5. Lorenzo Maggiore come materiale di

reimpiego: W. Johannowsky, in Nap. Nob., S. III, 1, 1961-62, p. 11 e p. 12, nt. 18 e nt. 20. Attualmente in deposito presso il convento di 5. Lorenzo Maggiore. [----.----- JO ἘΟΣ δημα[ρ]χήίσαντα ? - - -] [-------- Ἱναρχην, λαυχελαρχί- - -] [-------- ] xai ᾿Ιουλίαι Σεβαστῆίι - - -] [- * -ἰασσιανῶν,

5.

ἔπαρχον

τεχτόν[ων

-- -]

[--- ἔπαρχον σπείρης - - - Πππιχῆς, χειλ[ίαρ]χον λεγ(εῶνος) α΄ ᾿Ιταλι[χῆς - - -] [--------- ἐπιμελ]ητὴν

ἱερῶν [- - -]

Le integrazioni sono mie. I frammenti a-d, e-f, g, ἢ erano stati pubblicati da Johannowsky separatamente e gli ultimi quattro giudicati pertinenti ai Sebastà. Lin. 1: ...]οιοσδί... Johannowsky; della

MAGISTRATI

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seconda lettera e dell'ultima resta la parte inferiore di un tratto verticale. Lin. 2: ...]vapxnv 2d.; in fine di rigo si può integrare λαυχέλαρχίον - - -] o anche λαυχελαρχ[ήσαντα - - -]. Lin. 3: ᾿Ιουλίᾳ ZeBaoti]... id.; ᾿Ιουλίαι ZeBaoti[: - - -] io. Lin. 4: ...Ἰασσιανωνί... Johannowsky; ...]tapyov[... id. nel fr. a; ...δό]λιxovl... id. nel fr. g; ...}rextov[... id. Lin. 5: ... Πππικῆς χειλ [... id.; ...]xov del... id.; a "Ix... id. Lin. 6: ἀθλ]ητὴν iepovixnv 2d.; forse ancora un apice orizzontale sotto il gamma di λεγ(εῶνος).

Sugli scavi di S. Lorenzo Maggiore: A. De Simone, in Napoli antica, pp. 185-195; id., in Neapolis, pp. 233-253. Per le altre epigrafi rinvenute nello stesso sito vd. nn. 46. 53. Abbiamo qui un frammento del cursus honorum di un personaggio di rango equestre, che ricopri anche le massime cariche cittadine. Lin. 1: dopo l’ultimo segno non sembra vi sia traccia del secondo tratto dell’eta. Potremmo forse pensare ad una forma δημαρχίσαντα, visto che un riferimento alla δημαρχικὴ ἐξουσία sarebbe estraneo al contesto. Per i demarchi vd. n. 3. Lin. 2: per la prima parola si può pensare a un'integrazione tipo [ἄρξαντα τὴν τεσσάρων &vópo]v ἀρχήν: cfr. n. 33. Cariche come quelle di εἰρηνάρχης o λιμηνάρχης non sono attestate a Napoli. Sui laucelarchi cfr. n. 4. Lin. 3: la funzione rivestita potrebbe essere quella di sacerdos o flamen di una Giulia Augusta, associata a un’altra divinità o a un membro della casa imperiale. Propongo quindi di integrare [ieρασάμενον - - -] xai ᾿Ιουλίαι Σεβαστῆζι, tenendo conto del fatto che il verbo ἱεράομαι può reggere anche il dativo: cfr. per esempio /GRRP I, 602. III, 115; AE 1972, 625. 626. 632. Resta da precisare di quale Julia si tratti. La menzione a linea 4 della legio / Italica data l’epigrafe ad epoca non anteriore la fine del regno di Nerone. D'altro canto i caratteri epigrafici sembrano escludere una datazione troppo avanzata. Penserei quindi che la /ulia in questione sia la figlia di Tito, benché piuttosto rare siano le testimonianze di sacerdozi che la riguardino: cfr. PIR2, F, 426. Una venerazione per la figlia di Tito non è comunque fuori luogo a Napoli, città cui l’imperatore fu particolarmente legato (cfr. nn. 19. 20). Lin. 4: in [- - -Jaoetxvóv potrebbe nascondersi il nome di una coorte. Purtroppo nessun contingente militare a noi noto ha un nome che si adatti alle lettere superstiti. Una località detta Ka-

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ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

σιάνα (forse un vicus Cassianus) è attestata nei dintorni di Istros: cfr. J. e L. Robert, Bull.epigr., 1978, 337. 1980. 333. 1981, 339; SEG XXVIII, 624. Si può osservare che proprio in Mesia restò per lungo tempo stanziata la /egio 1 Italica, di cui il nostro fu tribuno. Per l'equivalenza tra ἔπαρχος textévwv e praefectus fabrum vd. Mason, Greek Terms, p. 138. Lin. 5: l'integrazione ἔπαρχον σπείρης, o anche χώρτης, è suggerita dall'attributo ἱππικῆς, traduzione del latino equitata. Sulla /egio / Italica: E. Ritterling, RE XII 2, 1925, s.v. Legio, n. X, coll. 1407-1417.

Lin. 6: l’iscrizione poteva anche finire con la parola ἱερῶν, visto che sull’ultimo frammento di destra c’è uno spazio anepigrafo. Per alcuni ἐπιμεληταὶ ἱερῶν vd. /G VII, 453; SEG XXXI, 418-422. XXXII,

1642.

Mi sembra tuttavia più probabile l’esistenza di una lacuna di ampiezza indeterminata. Nel caso che il segno sul margine sinistro del frammento + fosse proprio un apice, le lettere mancanti sarebbero circa dieci. Ci sarebbe spazio per esempio per il nome di una divinità, ma in questo caso ci aspetteremmo di trovare l’articolo τῶν prima di ἱερῶν. Una diversa ipotesi di integrazione, sia pure parziale, è data dalla parola ναῶν. Il nostro personaggio sarebbe in questo caso un curator aedium sacrarum di ambito municipale: cfr. per esempio Dessau, /LS 6429. 6661. Per l'equivalenza tra il latino aedes sacrae e il greco ναοὶ iepoi vd. Dessau, ILS 7680; I.Ephesos 736. 2061. 3046.

41 Frammento di lastra marmorea alto 0,205, largo 0,253, spesso 0,035; lettere 0,029. Databile al I-II sec. d.C. Rinvenuto in rua Francesca [cfr. n. 21]: A. Sogliano, in Not. Sc., 1893, p. 265, n. 3.

Museo Archeologico Nazionale, deposito epigrafico, inv. n. 121766.

NT

RS

m

[- -- ογύντων [---] [- - Ἵνντος τὸ B^, ᾿Ατ-- 1 [- - -Ἰρου τὸ β΄, 'Iouv[tov - - -] [---]+ ov, Nooultov - - -]

Le integrazioni sono mie. Lin. 4: OYNOOX Sogliano; prima dell’omicron si intravede l’apice di uno sota o di un zy, mentre l'ultima lettera è piuttosto un ypsilon che un sigma. Altro non si può dire se non che si tratta di una lista di almeno quattro magistrati. Si potrebbe forse pensare ai laucelarchi (cfr. n. 4) o agli agonoteti dei Sebastà (cfr. n. 54), ma né degli uni né degli altri conosciamo quale fosse il numero effettivo.

FRATRIE

Per altri testi relativi alle fratrie cfr. n. 2.

42 Lapide ora perduta. Databile al II-III sec. d.C. Rinvenuta a Napoli al suo tempo: Gori, presso Hagenbuch, Zpist. epigr., p. 468, n. 13 (lettera del 18 febbraio 1747); Giornale de’ letterati pubblicato in Firenze, 4, 3, 1747, p. 231. Scoperta poco tempo prima dietro la chiesa dei SS. Cosma e Damiano, nei pressi di S. Pietro in Vincoli [tra largo Banchi Nuovi e via Sedile di Porto, cfr. Galante, Guida Sacra, p. 195 e p. 313]: Martorelli, Theca cal., Il, p. 487 e p. 632. Da Martorelli: Ignarra, De phratriis, p. 167; Marini, Vatic. 9133, f. 350 (da una notizia di R. Vernazza, che per errore la dice-

va rinvenuta nel 1556); Franz, CIG 5789 (da cui Beloch, Campanien, p. 43 s.). Presso i Padri Crociferi [cfr. n. 9]: Maffei, Mus. Ver., p. 479, n. 2 (da un apografo di F. Pratilli inviatogli da P.A. Marchesi).

Scomparsa pochi anni prima dal cortile di un palazzo dietro la chiesa dei SS. Cosma e Damiano: Grande, De’ cognomi gentilizj, p. 25 (che dovette servirsi, secondo il Kaibel, di un apografo errato e poi corretto, così da pensare che fosse la pietra stessa ad essere stata scritta in due tempi successivi). Da tutti i precedenti: Kaibel, /G XIV, 742. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 467; Guarducci, Fratria, P. 133, n. XLII, e p. 111. Cfr. J. e. L. Robert, Bull. epigr., 1939, 581; id., La Carie, II, Paris 1954, p. 363, nt. 3.

T. Καλπούρνες

Φῆλιξ

τὰ χρείσματα καὶ τὴν deo i

5 τῇ ἰδίᾳ δαπάνῃ φρήτορσι Πανχλειδῶν.

I*EAATITOYPIN IOZ ΦΗΔῚ 2

PO TAXPEIEMATAPRAITHN»O HPICY

ΤΩΝ ΦΆΤΤΑ ΕΣ

IO var OPCPf

TH JALV AATLÁNH:QPHTOPCI-YIAN EAGIAUW I? (da Martorelli)

62

ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

Lin. 1: 1 Calpurnii sono ampiamente presenti in Campania (cfr. CIL X, passim). Lin. 3: χρείσματα naturalmente sta per χρίσματα e, dato il contesto, deve intendersi nel senso di «intonaci», come notano i Robert, /occ. citt.

Lin. 4: il termine ἀγορευτήριον sembra sia attestato solo in questa epigrafe. Data, però, la sua evidente parentela col verbo ἀγορεύω, si può pensare che indichi un ambiente destinato alle riunioni dei frateri. L'espressione tà ἔξω sta a significare la parte esterna dell’edificio. Lin. 5: la fratria trae il suo nome da un ignoto eponimo Πανχλῆς.

43 Lastra marmorea fratta su tre lati, con quattro fori disposti simmetricamente. Fine I sec. a.C. - inizio I d.C. In casa di Adriano Guglielmo [Spadafora; per la collezione Spadafora vd. CIL X, p. 185, n. VII], presso S. Giovanni Maggiore: Metellus, Vatic. 6039, f. 299 (da apografi di Morillon

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1

FRATRIE

63

e Vallambert). Dall'apografo del Morillon, che è del 1547: Smetius, Neapol. V E 4, p. 61: Ligorius,

Taurin. XII, che la immagina «trovata nel tempio di Castore e Polluce». Di nuovo dall’apografo del Morillon corretto dal Pighius: Smetius, /nscriptionum..., f. 35, n. 2. «..antea in aedibus Adriani

Spataphori locatus»: Capaccio, Hist. Neap., p. 238 (solo linn. 1-8). Da Smetius: Macci, Parisin. 9694, f. 57 e f. 69; Gruterus, Inscriptiones... p. 125, n. 1 (da cui Martorelli, Theca cal., II, p. 624, e Ignarra,

De phratriis, p. 133); Franz, CIG 5785. Ridotta a quattro frammenti con quattro nuovi fori, inquadrati in una cornice lignea lettere da 0,008 a 0,01), nel le lettere sul retro cfr. CIL B. Laum, Stiftungen in der

e recanti sul retro alcune lettere latine (alt. 0,29, largh. 0,242, spess. 0,03; Museo Archeologico: Fiorelli, Catalogo, n. 47; Kaibel, IG XIV, 759. Per X, 2699. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 264; Collitz-Bechtel, SGD/ 5272; griech. u. róm. Antike, Leipzig-Berlin 1914, II, p. 154 s., n. 212; Guarducci,

Fratria, p. 129, n. XXXVI, e p. 109; A. Landi, Dialetti e interazione sociale in Magna Grecia, Napoli 1979, p. 233 s., n. 29. Museo Archeologico Nazionale, ex deposito frammenti, inv. n. 2446. ᾿Αρίστωνος τοῦ +[- - c.9 - -] ὑπὲρ tò Οὐ]αλερίας Μούσης τῆς ἑαυτοῦ γυναιχός. Μὴ ἐξουσίαν δὲ ἐχέτωσαν ὁ φρήταρχος 7) οἱ χαλχολόγοι ἢ ὁ φροντιστὴς ἢ οἱ διοιχηταὶ ἢ ἄλλος τις τῆς φρητρίας τῆς ᾿Αρισταίων τὴν θυσίαν

5. ἣτὸ δεῖπνον ὑπερτίθεσθαι παρὰ τὰς τεταγμένας ἡμέρας χα[ὶ τ]ὰ χείλια καὶ διαχόσια δεινάρια δανειζέσθω μὴ [πλ]ῆο[ν] Un’ ὀν)όματι δεινάρια διαχόσια πεντήχοντα xai τῇ πίόλΊει.

10

15

Μὴ ἐξουσίαν ἐχέτω ὁ φρήταρχοςἢ οἱ χαλχολογοι ἣ ὁ φροντιστὴς ἢ οἱ διοικηταὶ ἢ ἄλλος τις τῆς φρητρίας τῆς ᾿Αρισταίων φρήτορα ὑπὲρ τούτων τῶν ὀνομάτων λαμβάνειν, οὐ[δὲ]) πίστει δοθήσεται ὃν δὲ ἂν ὁ δανειζόμενος διδῷ ἀλλοφρήτορα, ἐν ἀγάρρει εἰσδιδόσθω, χαὶ ἐὰν δόξῃ τῇ ἀγάρρει, χαθὼς χαὶ ὑπὲρ φρητάρχου χαὶ χαλχολόγων (δε)δογμάτισται, τότε ἡ οἰχονομία ὑπὸ τῶν προγεγραμμένων γεινέσθ[ω)].

Τοὺς δὲ χαλχοῦς οἱ δεδανεισμένοι χαταφερέτωσαντῇ ἑβδόμῃ τοῦ Πανθεῶνος μηνὸς ἱσταμένου εἰς Xyappedv] πληθύουσαν, xai ἐπιφηφιζέτω φρητρία ἡ (o)ic θέλει δανίζε[ιν])

xai οὕτως τότε ἄλλη οἰχονομία γεινέσθω xal' ἕχαστον [È} 20

25

τος. "Ev τε ταῖς ἡμέραις ταύταις ταῖς δυσίν, αἷς θύοντες er} πνοῦσιν, Οὐαλερίᾳ Μούσῃ διδόσθω τὰ χατάχ(ρε)α. Τὸ δὲ yp[a} πίτὸν τ]ὸ τεθὲν ἢ τὸ προσηλω(θ)ὲν ὀφειλέτωσαν ὁ φρήταρχος f οἱ χαλχολόγοι ἢ ὁ φροντιστὴς f)οἱ διοιχηταὶ μετὰ [πα]ραδ[.} δόναι τοῖς ἀεὶ ὑπὸ τῆς φρητρίας χαθισταμένοις. ᾽Εὰν δὲ τι παpà ταῦτα τὰ ὑπεράνω γεγραμμένα ὁ φρήταρχος ἢ οἱ χαλχολ[ό} γοι ἢ ὁ φροντιστής ἢ οἱ διοιχηταὶ ἢ οἱ δεδανισμένοι ἢ ἄλλος τις ποιήσῃ ἀποτεισάτω ἱερὰ τῶν θεῶν τῶν φρητρίων ἀργυ[ptou δεινάρια δι]αχόσια [- c.15 - x]ai ἡ ἔχπραξίς ἐστι +++(- - -]

Le integrazioni sono di Ignarra, eccetto che per lin. 10 e lin. 16. Le lettere sottolineate sono perdute. Nell’apparato critico tralascio le letture palesemente errate e le interpolazioni, per le quali

ISCRIZIONI GRECHE

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|

FRATRIE

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rinvio al Kaibel. Con Morillon si intende Morillon presso Metellus e con Smetius il testo di Smetius, Inscriptionum ..., cui si adegua il Kaibel per la parte perduta dell’epigrafe. Lin. 1: APIXZTONOX Metellus APIETONOZTOII Smetius; //////AAEPIAZ Metellus; TOY/////AAEPIAZ Smetius. Lin. 3: HOIAIOI Metellus; HOIAIO Smetius. Lin. 4: HKITAI Metellus; KHTAI Smetius. Lin. 6: KA//A Morillon; KA//TH Vallambert; K//A Smetius; MH//HO Morillon; MH//H® Vallambert, Smetius. Lin. 7: EP// Morillon; EN// Vallambert; EI// Smetius; in fine di rigo II//EI Morillon, Smetius; Z//£I Vallambert. Lin. 9: APIETAIQN Metellus; APIETAIQ Smetius. Lin. 10: οὔτε Ignarra; où dè Franz. Lin. 11: AAAO®PH Metellus; AAAO®P Smetius. Lin. 16: ATAPPEI Metellus, Sme-

tius; ἀγάρρίεα Ignarra; ἄγαρρίιν Franz; &yappeılv Kaibel. Lin. 17: ΘΙΣ sulla pietra; OIZ già Vallambert. Lin. 20: KATAXEPA sulla pietra; KATAPEPA Metellus; KATAXEPA Smetius; corresse Ignarra.

Lin. 21: IPOZHANOEN sulla pietra; IIPOZHAQOEN già Vallambert; DPHTAPXOX Metellus; ®PH//PXO/ Smetius. Lin. 22: HXAAKOAOTOI Morillon; HOIXAAKOAOTOI Vallambert; HO//AKOAOTOI Smetius; META//////PAA//// Metellus; META//PAA/ Smetius. Lin. 23: in fine di rigo ΠΑ Metellus; II// Smetius. Lin. 24: XAAKO Morillon; XAAKOAO Vallambert; XAAKOA Smetius. Lin. 26: in fine di rigo NAPTQ Morillon; APTI Vallambert; APTY Smetius. Lin. 27: EZTI/IIO Metellus; EZTI Smetius. Lin. 1: l'espressione ὑπέρ τινος è comune nei testi di fondazione. Cfr. per esempio /G IV, 840 (= F. Sokolowsky, Lois sacrées des cités grecques, Paris 1969, n. 58); Laum, op. cit., II, n. 121 (= 1

lasos 87). 144 (= TAM II, 191). 171 (= TAM III, 186) ecc. Linn. 2-11: sulle proibizioni che regolavano la gestione delle fondazioni vd. Laum, op. cit., I,

pp. 178-193.

I funzionari citati, fatta eccezione per i διουκηταί, sono noti anche per altre fratrie. Per il φρήταρχος vd. n. 12; per i χαλχολόγοι n. 44 (II col., lin. 1); per il φροντιστής n. 2. Il sacrificio e il banchetto in onore del donatore erano annuali e duravano per due giorni, vd. oltre lin. 19 s. Sul mito di Aristeo, eponimo della fratria, e i suoi rapporti con il mondo beotico e l'Eubea: W. Burkert, Homo Necans, Berlin - New York 1972, pp. 125-133; N. Valenza Mele, in Mél. Éc. Fr.

Rome Ant., 89, 2, 1977, pp. 495-497. Il suo culto è attestato a Ischia nel II-I sec. a.C. (G. Buchner, in Rend. Acc. Arch. Napoli, 24-25, 1949-50, p. 1 ss.).

L'entità del lascito varia in età romana da cifre molto piccole, come i 94 denari di una fondazione di Magnesia al Meandro (Laum, op. cit., II, n. 126 = 1. Magnesia 117), fino a cifre elevate come 1 420.000 denari di un testo di Syllion (Laum, II, n. 150) e il milione di un lascito fatto a Delfi nel IV sec. d.C. (Laum, II, n. 30). Cfr. Laum, op. cit., I, p. 140 ss. Beneficiari del lascito possono essere divinità, organi dello stato, associazioni pubbliche e private (vd. Laum, I, pp. 155-168). Nel nostro caso la fratria funziona come una piccola banca non solo a favore di privati, ma anche per la comunità cittadina. La sua importanza economica appare, tuttavia, estremamente ridotta, a giudicare sia dall'entità del prestito sia dalla rigidità della procedura. Sull'argomento vd. E. Lepore, in Storia di Napoli, p. 310. In generale sui problemi del prestito: R. Bogaert, Banques et banquiers dans les cités grecques, Leyde 1966; id., Texts on Bankers, Banking and Credit in the Greek World, Leiden 1976.

Lin. 12: è questa l'unica attestazione epigrafica del termine &yappw , che possiamo tradurre come «riunione, assemblea». Cfr. Hesych., s.v.

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ISCRIZIONI

GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

Linn. 14-18: l'investimento si chiama διοίχησις o anche δανεισμός e l'interesse viene di solito

pagato una volta l'anno (vd. Laum, op. cit., I, p. 148). Il termine οἰκονομία indica in genere l’amministrazione finanziaria: Laum, op. cit., I, p. 224 ss. II, nn. 28, lin. 40. 129, lin. 9. 129 b. (= R. Bogaert, Texts..., n. 26, lin. 20); R. Bogaert, Texts..., nn. 39, lin. 5. 44, lin. 36. Nel nostro caso esso si riferisce

per traslato alla transazione economica tra la fratria e i destinatari del prestito. Costoro sono tenuti a restituire il denaro il giorno 7 del mese Πανθεών, quando la fratria è riunita al completo. Sul calendario napoletano vd. n. 85. Il mese Πανθεών, oltre che a Napoli, è noto anche ad Olinto (D.M. Robinson, in Trans. Am. Philol. Ass., 69, 1938, p. 52 ss., n. 6).

Lin. 19 s.: la fratria provvede a versare la somma spettante a Valeria Musa durante le cerimonie celebrate in ricordo del marito. L'aggettivo χατάχρεος è abbastanza raro e significa «carico di debiti». Nel nostro testo τὰ χατάχρεα si può considerare sinonimo di tà χρέα e va tradotto come «il dovuto». Il termine indica probabilmente ciò che rimane dell’interesse, dopo aver pagato il sacrificio e il banchetto in memoria del donatore. Linn. 24-27: sulle pene e le multe comminate a chi trasgrediva il regolamento di una fondazione vd. Laum, op. cit., I, pp. 193-211. Per i θεοὶ φρήτριοι cfr. n. 9.

44 Lastra di marmo con cornice (rotta in tre in alto a sinistra, alta 0,757, larga 2,223, spessa 0,03; 0,016 a 0,02. Databile al 194 d.C. Rinvenuta nel 1912 in Mem. Acc. Arch. Napoli, 2, 1913, pp. 149-175; A.

pezzi e restaurata), mancante di un frammento lettere greche da 0,017 a 0,025, lettere latine da a Casoria, in contrada Carbonella; D. Mallardo, Maiuri, in St. Rom., 1, 1913, pp. 21-36 (cfr. A.

De Marchi, ibid., pp. 326-328). Dai precedenti: A. Reinach, in Rev. Epigr., N.S. 1, 1913, pp. 239-242; G. De Sanctis, ibid., N.S. 2, 1914, pp. 306-309; Guarducci, Fratria, p. 129 ss., n. XXXVII, e p. 109 ss.; C. Ferone, in Tredicesima miscellanea greca e romana, Roma 1988, pp. 167-180; D. Fishwick, in

Zeitschr. Pap. Epigr., 76, 1989, pp. 175-183. Museo Archeologico Nazionale, ex deposito frammenti, s.n. I colonna

5

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"Eri [ὑπάτων Αὐτοχράτορος Kato(apoc) A. Σεπτιμίου Σεουήρου Π[ερ)τέναχος Σεβ(αστοῦ) τὸ β΄ [ xai A. Κλωδίου Σεπτιμίου ᾿Αλβίνου Καίσ(αρος) ] , δημαρχοῦντος M. Αὐρηλίου ᾿Απολαύστου ν(εωτέρου) πρ(ὸ) ζ΄ χαλ(ανδῶν) ᾿Ιανου[α]ρίων, γραφομένων παρῆσαν Kai (toc) ᾿Ασιατιχός, ᾿ἸΙούλ(ιος) Αὐρηλιανός, ᾿Ιούλ(ιος) Καιλιανός, εἰσηγουμένων ἣν γνώμην ἁπάντων φρητόρων, περὶ τούτου τοῦ πράγματος οὕτως ἔδωξεν᾽ ἜἘπειδὴι)] Μουνάτι(ο)ς ‘Thapravòs πολείτου διχαίου xai φιλοπάτριδος γνώμηι χαὶ διαθέσει χρώμενος, τὴν φρατρίαν ὀρῶν τὴν ἡμετέραν ἀχόσμητον οὖσαν xai παλαιάν, φρονήματι λαμπρῶι xai μεγαλοφύχωι xpnσάμενος λίθοις ποιχίλοις τοῖς ἀρίστοις χαὶ σπανιωτάτοις πολυτελείᾳ χατασχευῆς ἐχόσμησεν τὸν οἶχον xai τὴν ὀροφὴν ἐποίησε χρυσοῦ μηδέν τι δαπάνης χρημάτων φεισάμενος, μηδὲ τῶν εἰς τοῦτο ἀναλωμάτων, χαὶ τοῖς μὲν ᾿Αρτεμεισίων φράτορσιν ἐστιατήριον ἐποίησε τῶν ἀλλων σεμνότερον, τῇ δὲ ᾿Αρτέμιδι, ἧς ἐστιν ἐπώνυμος ἡ φρατρία, νεὼν

FRATRIE

15

χατεσχεύασεν ἄξιον xai τῆς θεοῦ xai τῆς χοινῆς εὐσεβείας, δεδόχθαι τοῖς ᾿Αρτεμεισίων φράτορσιν- ἀμείβεσθαι τὴν εὔνοιαν αὐτοῦ τὴν τοσαύτην

xai τὴν φιλοτειμίαν, πρῶτον μὲν τῇ τῆς διαθέσεως xai προαιρέ(σε)ως teu

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πάντων οἰχειότατον xai προστάτην xai nalte)pa νομίζοντας xai βίον eÙχομένους αὐτῷ μαχρὸν ἐν εὐδαιμονίᾳ, ἔπειτα δὲ χαὶ τειμὰς αὐτῶι νέμειν, χατὰ δύναμιν τὴν ἡμετέραν, τὰς προσηχούσας ἀνδριάντων ἀναστάσεις τεσσάρων ἐν τῆι φρατρίᾳ, δύο μὲν αὐτοῦ Μουνατίου ἱΪλαριανοῦ τοῦ φιλοπάτριδος, δύο δὲ τοῦ ὑοῦ αὐτοῦ Μαρίου Οὐήρου τοῦ ἥρωος" ἀναθεῖναι δὲ xal εἰχόνας ἐν τῆι φρατρίᾳ μετὰ ἀσπιδείων χρυσῶν ἀνφοτέρων, προσφέρειν δὲ αὐτῶι χαὶ πεντήχοντα II colonna

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χώρας ὁλοχλήρους xai χεχαλχογηχότων ἐν τῇ ppatpia προῖχα, ὡς μὴ μόνον χεχοσμῆσθαι τὴν φρατρίαν ἡμεῖν πολυτελείᾳ χαὶ (xai] χάλλει τῆς χατασχευῆς xai σεμνότητι ἱροπρεπεῖ, ἀλλὰ xai τῷ πλῆBer τῶν νεμόντων εὐξῆσθαι τὴν φρατρίαν Μουνατίου "IAapıavou τοῦ φιλοπάτριδος τετε(ι)μημένου" ἐπιχυροῦντος τὸ φήφισμα Κανεινίου Ἡραχλείδου τοῦ φροντιστοῦ τῆς φρατρίας. Μουνάτιος ἱἹλαριανὸς ᾿Αρτεμεισίων φρήτορσι vac. χαίρειν. Τὰς τειμὰς ἃς ἐφηφίσασθέ μοι χαὶ τὰς δωρεὰς εἰς ἀμοιβὴν τῆς εὐνοίας χαὶ τῆς προθυμίας τῆς ἐμῆς ἡδέως ἔλαβον, οὐ διὰ τὸ μέγεθος ὧν ἐπεδείξασθε φιλοτειμούμενοι πρὸς ἐμὲ xai τὸν υἱὸν τὸν ἐμὸν ἥρωα τὸν ὑμέτερον, ἀλλὰ xai δι᾽ αὐτὴν τὴν προαίρεσιν τῶν διδόντων ὅτι χρηστοὺς ὑμᾶς χαὶ διχαίους ἐπέγνων ἐχ τῶν ἀμοιβῶν. Τὰς μὲν οὖν τεσσεράχοντα χώρας ἃς προετείνατέ μοι παραιτοῦμαι, πεντεχαίδεχα χώραις ἐχ τούτων ἀρχούμενος, χαὶ τῶν εἰχόνων τῶν τεσσάρων χαὶ τῶν ἀνδριάντων τῶν τεσσάρων ἐμοὶ μὲν ἱχανὴίι] μία γραφὴ[ι] xai χαλχοῦς ἀνδριὰς εἷς, ἴσαι δὲ τειμαὶ χαὶ τῶι μεθεστηχότι. Τὰς γὰρ πολλὰς εἰχόνας χαὶ τοὺς πολλοὺς ἀνδριάντας ἐν ταῖς ὑμετέραις φυχαῖς ἔχομεν χαθιδρυμένους᾽ χρὴ δὲ ὑμᾶς, ἄνδρες ἀγαθοὶ xai φράτορες ἐμοί, μὴ ταῦτα μόνον ἐν ὀφθαλμοῖς ἔχειν, τὴν φρατρίαν χαὶ τὸν εἰς ταύτην χόσμον xai τὴν πολυτέλειαν, ἀλλὰ xoi ἕτερα ὑμᾶς ἐλπίζειν παρ᾽ ἐμοῦ" τὸ γὰρ τῆς εὐνοίας τῆς ἐμῆς ἀεὶ χαὶ μᾶλλον ἐγείρει τὴν προθυμίαν τὴν ἐμὴν εἰς τὴν πρὸς ὑμᾶς τειμὴν χαὶ χάριν. III colonna

L. Munatius Hilarianus phretoribus Artemisis salutem. Honores quos decrevistis mihi, item dona at remunerandum animum meum et pronam voluntatem grate accepi, non pro magnitudine eorum quae ostendistis tribuentes mihi et filio meo

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ISCRIZIONI

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GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

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heroi vestro, set maxime propositi vestri gratia qui decrevistis, quod vos et bonos et iustos intellexi ex his quae remuneratis. Et quidem quinquaginta choras quas mihi obtulistis excuso, quindecim contentus, item de imaginibus quattuor et de

statuis quattuor; mihi enim sufficit statua una 15

et una statua vestris autem solum

imago, set et in una; plures enim animis babemus vos, optimi viri haec ante oculos

honorem fili mei sufficiet imagines et statuas in constitutas. Oportet et conphretores, non habere, phretriam et

cultum eius et lautitiam, (sed etiam alia) sperare de me; disposi-

tio animi mei magis hortatur volunta20

tem meam in vestrum honorem et gratiam.

Valete.

xoc Mallardo; II[{ep}t({)vaxog Maiuri; H[e]pt(i)vaxog Ferone; Π[ερ)τέναχος io. Lin. 4: ΠΡ in legatura. Lin. 7: Μουνάτιος tutti; Μουνάτι[οΚ 10. Lin. 10: ποιχιλοίστοις Mallardo; corresse Maiuri. Lin. 16: ΤῊΝ

in legatura. Lin. 17: ΠΡΟΑΙΡΕΩΣ sulla pietra; corresse Mallardo. Lin. 18: ΠΑΠΡΑ sulla pietra; corresse Mallardo. II col., lin. 3: il xai tra χατασχευῆς e σεμνότητι manca nelle edizioni precedenti eccetto Mallardo. Lin. 4: εὐξῆσθαι De Sanctis, Guarducci, io; εὔξησθαι gli altri. Lin. 5: TETEMHMENOY sulla pietra; τετ()ἡ μημένου tutti; τετε() μημένου io. III col., lin. 18: sed etiam alia manca sulla pietra.

I col., linn. 1-3: la coppia consolare permette di datare l’epigrafe al 194 d.C. La correzione di Περτέναχος in Ileptivaxoc, non è necessaria: cfr. n. 22. Per Clodio Albino vd. Stein, PIR?, C, 1186.

Sulla funzione eponima del demarco vd. n. 3. Il cognome Apolaustos è tipico dei pantomimi (cfr. n. 54, lin. 5). Si tratta forse di un vincitore dei Sebastà, cui è stato concesso l’onore della demarchia, se non la cittadinanza a pieno titolo: cfr. n. 47. Linn. 4-6: il linguaggio di questo documento emesso dalla fratria degli Artemisioi ricalca quello tipico dei decreti napoletani di età imperiale (nn. 82-85). I col., linn. 6. 8. 13. 21. 22 s. II col., linn. 1. 2. 6. 7. 18. 19. III col., linn. 1. 16. 17: già il Maiuri

notava l'alternanza delle forme φρήτορες - φράτορες e φρητρία - φρατρία, laddove nelle altre epigrafi napoletane predomina la forma ionica φρητρία - φρήτορες. I col., lin. 7: questo personaggio è stato identificato dal Maiuri con il Munatius Hilarianus autore di un’iscrizione funeraria per il fratello C. Insteius Maximus (Eph. Epigr. VIII, 344). La differenza di gentilizio tra i due fratelli e tra Munazio e il figlio Marius Verus (vd. lin. 22) fa supporre al Maiuri e a Fishwick che si tratti di liberti adottati da famiglie diverse. Una situazione altrettanto complicata si presenta nella dedica n. 9, di cui sono autori M. Cocceius Aug. I. e i suoi due figli Titiws Aquilinus e Flavius Crescens. Per questi personaggi già Ignarra (De phratriis, p. 183) proponeva la soluzione adottata da Maiuri e Fishwick per Munazio Ilariano. L’ipotesi non convince, anche perché non sono chiari 1 motivi e il meccanismo di queste adozioni multiple nei confronti di liberti. Né del resto é possibile pensare ad una manomissione effettuata tramite l'adozione di schiavi da par-

FRATRIE

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te di terzi, visto che tale procedura non sopravvive in età imperiale: vd. G. Fabre, Libertus. Recherches sur les rapports patron-affranchi à la fin de la République romaine, Rome 1981, p. 39. Più probabile che situazioni familiari cosi complesse siano da addebitare al succedersi di unioni legittime e non, con conseguente nascita di figli da genitori diversi. In quest'ottica si pone il Mallardo, quando ipotiz-

za che Marius Verus fosse figlio naturale di una Maria. La gens Munatia annovera a Napoli personaggi insigni: vd. CIL X 1492 = Dessau, /LS 6459. Linn. 10-15: Munazio Ilariano ha provveduto a restaurare e abbellire a sue spese l'oixoc, cioè

la sede originaria della fratria, dove si conservano le sue sacre memorie (cfr. Guarducci, Fratria, p. 110; Maiuri, art. cit., p. 27 s.). Sui diversi significati di otxog: B.D. Meritt, in Hesperia, 30, 1961, p.

229 s., nn. 28-29; L. Robert, in Arch. Ephem., 1969, pp. 7-9; G. Roux, in Bull. Corr. Hell. 105, 1981, pp. 55-61; S. Hornblower, Mausolus, Oxford 1982, pp. 290-292. Munazio ha inoltre costruito una sala per i banchetti dei frateri e un tempio per Artemide, dea eponima della fratria. Ha ragione il Maiuri nel sostenere che tale tempio fosse un sacello dell'associazione più che un tempio cittadino. Due statuine fittili di Artemide sono state rinvenute nella stipe di S. Aniello a Caponapoli: M.R. Borriello e A. De Simone, in Napoli antica, p. 168, n. 26.48 s.

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ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

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II col.

Lin. 18: per i titoli di προστάτης e πατήρ cfr. F. Poland, Geschichte des griechischen Vereinswesens, Leipzig 1909, p. 372 s. e p. 363 ss.; Kornemann, RE IV 1, 1900, s.v. Collegium, col. 424 ss. Lin. 22 s.: le εἰκόνες μετὰ ἀσπιδείων sono evidentemente delle imagines clipeatae, come l'&oníc

ἐγγί[εγραμμένη] decretata per Tettia Casta (n. 85, lin. 9). Cfr. F. Poland, op. cit., p. 431 s. e p. 472. I col., lin. 23, e II col., lin 1: è questo il passo più controverso dell'epigrafe. Non è chiaro, infatti, cosa siano le 50 χῶραι ὁλόχληροι e come esse si leghino al resto del periodo. Sorvolando per ora sul valore specifico di ὁλοχλήρους, analizziamo le varie ipotesi di interpretazione complessiva. Mallardo e Reinach collegano il verbo προσφέρειν all’avverbio προῖχα e intendono che la fratria volle offrire gratis a Munazio Ilariano 50 parcelle di terreno. I due studiosi collegano poi καὶ χεχαλχολογηκότων a χώρας, intendendo il primo che i terreni erano acquistati con denaro raccolto nella fratria dai calcologhi, il secondo che si trattava di terre «dont le revenu revient ἃ la phratrie ()». Il Maiuri ritiene che xóa sia un termine locale di misurazione del terreno, tanto è vero che nel testo latino esso non viene tradotto, ma traslitterato (vd. III col., lin. 10). Egli rimanda anche

al termine choragri attestato in Grom., p. 369, 1. Il Maiuri sostiene inoltre che dopo ὁλοχλήρους ci

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III col.

sia una lacuna piuttosto ampia dovuta alla soppressione per errore del lapicida di un'altra frase correlata con καί. Sul fatto che le χῶραι siano particelle di terreno concorda E. Lepore, in Storia di Napoli, p. 324 s., mentre il De Marchi (/oc. cit.) pensa a «posti» per nuovi iscritti. Il De Sanctis, seguito dalla Guarducci, ritiene che si tratti, invece, di «posti» per assistere a manifestazioni, che avessero luogo

nella fratria. Sia De Marchi che De Sanctis pensano a posti privilegiati, scelti tra quelli riservati agli ex calcologhi. Non bisogna dimenticare, però, che χεχαλχολογηχότων è un genitivo plurale maschile o neutro e non può dipendere direttamente da χώρας. Convengo quindi con il Maiuri sulla presenza di una grave lacuna nel testo, non sembrandomi soddisfacente la soluzione prospettata da C. Ferone, art. cit., p. 175 s. e p. 180. Questi, infatti, interpreta rpoixa come un complemento oggetto e traduce «di offrirgli sia cinquanta campi ... sia il dono da parte di coloro che hanno raccolto il denaro nella fratria». Veniamo ora al significato di ὁλοχλήρους. Nel nostro testo quasi tutti gli studiosi traducono questo termine con «di pieno diritto, in totale disponibilità». Di parere diverso Ferone, art. cit., p. 177 s. e p. 180, il quale traduce χώρας ὁλοχλήρους con «campi della estensione di interi lotti». Egli,

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ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

infatti, rinvia al significato di χλῆρος come «fondo, parcella di terreno» e si basa sull’equivalenza tra ὁλόχληρος e il latino as, testimoniata in Corpus Gloss., II, p. 23, 55. Poiché come misura agraria as corrisponde a iugerum (Colum., V, 1, 12; Plin., Nat. hist., XVIII, 178), Ferone ritiene che il termine

ὁλοχλήρους esprima l'estensione dei terreni offerti a Munazio Ilariano. L'ipotesi è ingegnosa, ma trova un ostacolo nel fatto che nel testo latino dell’epigrafe ricorra la parola choras (III col., lin. 10). Se il termine tecnico per indicare l'estensione dei lotti è ὁλοχλήρους e non χώρας, come ipotizzava il Maiuri, quest’ultima parola dovrebbe significare semplicemente «campi, terreni» e sarebbe traducibile in latino con praedia o fundos. Preferisco quindi attenermi alla valutazione data da Lepore (loc. cıt.), che interpreta questo passo come una testimonianza sulla crisi in atto nell’agricoltura campana alla fine del II sec. d.C. Le χῶραι ὁλόχληροι sono, secondo Lepore, delle parcelle di terreno di piena proprietà della fratria, quindi incolte, contrapposte a quelle date in fitto. L'offerta di 50 lotti non coltivati, se non costituiva per la fratria un grosso sacrificio economico, era forse per Munazio Ilariano un dono troppo oneroso. Si spiegherebbe così perché egli si limiti ad accettare solo 15 χῶραι. Si può aggiungere che ὁλοχλήρους invece che «di piena disponibilità» potrebbe significare anche «intatte, non usate». Avremmo così un riferimento diretto, e non solo implicito, allo stato di abbandono, in cui versavano i

terreni offerti a Munazio Ilariano. Una certa analogia col nostro caso si riscontra in un testo di fondazione galatico, in cui si menziona un τόπος ἐπὶ χήποις ὁλόχληρος: J.C. Anderson, in Journ. Hell. St., 19, 1899, p. 73, n. 25; B. Laum,

Stiftungen in der griech. u. róm. Antike, Leipzig-Berlin 1914, II, n. 204. II col., lin. 3 s.: anche la frase τῷ πλῆθει τῶν νεμόντων εὐξῆσθαι τὴν φρατρίαν ha dato luogo a più di un'interpretazione. Il De Sanctis per primo riconosce in εὐξῆσθαι l'infinito del perfetto medio di αὐξάνω, con uno scambio tra e ed n nella vocale iniziale. La stessa forma ricorre in un’iscrizione

di Puteoli (/G XIV, 829 = OGIS 497). Gli editori precedenti pensavano ad un errore per εὔξεσθαι e traducevano il verbo con «vantarsi, gloriarsi», mentre il senso esatto è «che la fratria sia accresciuta».

Differenti le opinioni anche su τῷ πλῆθει τῶν νεμόντων. Mallardo traduce «che anche la fratria di Munazio Ilariano si vanti della moltitudine degli abitanti». Maiuri pensa che si stia parlando del gran numero di partecipanti alle onoranze per Ilariano, cui si accennerebbe nella lacuna da lui ipotizzata. De Marchi e De Sanctis ritengono, invece, che si tratti delle persone in più, che frequenteranno la fratria in virtù dei «posti» concessi a Munazio Ilariano, comunque si vogliano intendere tali posti. Ferone, infine, avendo inteso προῖχα come un «dono» fatto grazie a una specie di colletta, traduce «la fratria riceva lustro grazie al numero degli offerenti». Bisogna ricordare, però, che oi νέμοντες in alcuni testi epigrafici significa anche «i membri», per esempio di una σύνοδος o di una γερουσία: cfr. ]. e L. Robert, Bull. épigr., 1951, 55, p. 144. Nel nostro caso è possibile quindi tradurre «che la fratria sia accresciuta per il gran numero di membri». La causa di tale evento era probabilmente espressa nella lacuna ipotizzata dal Maiuri alla linea 1. Lin. 4 s.: Μουνατίου ἹΙλαριανοῦ τοῦ φιλοπάριδος τετε()μημένου è un genitivo assoluto, come già sostenevano Reinach e De Sanctis. Preferisco scrivere τετεζ()μημένου piuttosto che τετ()μημένου, per-

ché τειμή e τειμᾶν sono le forme normali in questa epigrafe (I col., linn. 17. 19. II col., linn. 31. 33. 39. 45).

45 Frammento di blocco marmoreo alto 0,36, largo 0,46, spesso 0,25; lettere 0,02. Databile ad

età imperiale. A Napoli in un negozio di antichità: L. Correra, in Ausonia, 3, 1909, p. 56. Da Corre-

FRATRIE

73

ra: Α.]. Reinach, Bull. epigr., 1910, p. 344; G. Nenci, in Par. Pass., 7, 1952, p. 400. Museo Archeologico Nazionale, ex deposito frammenti, inv. n. 132763.

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Lin. 1: i segni, che precedono l’omicron, sono indecifrabili. Lin. 2: prima dello iota resta la parte inferiore di un tratto verticale; dopo υἱοῦ traccia di un alfa o di un lambda; entrambi i segni mancano nelle edizioni precedenti. Lin. 3: la prima e l’ultima lettera mancano nelle edizioni precedenti; τοὺς φρήτορας Correra, Nenci; τοὺς φρήτορας [xai τοὺς] Reinach; all'inizio della riga si può proporre [- - - τῆς εἰς. Lin. 4: (t)ag Correra; [ἱερέας Reinach; - - ας Nenci; IIAX io. Linn. 4-5: &peti[g] | [Eve)xev Correra, Nenci; ἀρετῆς [xai evepyn] | [σίας £]vexev 10. Lin. 5: iep Correra; iep[éa] Reinach, Nen-

ci; ἱερ[έα διὰ βίου ?] 10. Lin. 6: (Pp)ntpwov Correra; [τῶν Φρ]ητριῶν Reinach; [θεῶν φρ]ητρίων Nencı. Linn. 3-4: l'integrazione proposta dal Reinach [καὶ τοὺς] | [iepé]xg è impossibile in base alle tracce di lettere sulla pietra. Dopo la parola φρήτορας si leggeva forse il nome della fratria. Ben cinque fratrie napoletane hanno un nome, che comincia per epsilon: Hermaioi (n. 46), Euboeis (A. Sogliano, in Not. Sc., 1900, p. 269

= Dessau, /LS 6455

= Guarducci, Fratria, p. 134 s., n. XLIX),

Euereidai

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ISCRIZIONI

GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

(n. 29), Eumeleidai (nn. 3. 52) ed Eunostidai (/G XIV, 783 = Guarducci, Fratria, p. 133, n. XLV; CIL VI, 1851 = Dessau, /LS 6188). Nell’ultima iscrizione citata gli Eunostidai sono associati o assi-

milati agli Antinoitai (cfr. Guarducci, Fratria, p. 107 s.). Per la nostra lacuna sarebbe dunque allettante un’integrazione come Εἰ νοστίδας] | [καὶ ᾿Αντινο]ίτας. Mi sembra tuttavia che i caratteri epigrafi-

ci non permettano di far scendere la datazione fino ad età adrianea. Lin. 5: l’uso dell’infinito indica che questo frammento apparteneva ad un decreto emesso forse dalla fratria come il n. 44. Lin. 6: per 1 θεοὶ φρήτορες o φρήτριοι vd. n. 9.

46 Due frammenti di lastra marmorea. Fr. a.: alto 0,30, largo 0,40, spesso da 0,032 a 0,038; lettere da 0,027 a 0,029 (l’asta del ® è 0,054). Fr. b: alto 0,11, largo 0,14, spesso 0,035; lettere 0,027. Rinvenu-

ti negli scavi di S. Lorenzo Maggiore [cfr. n. 40]: M. Napoli, in Par. Pass., 15, 1960, p. 152 s. (= SEG XIX, 622). Attualmente in deposito presso il convento di S. Lorenzo Maggiore.

a [---] 'Eppator φρήτορίες - - -]

b [---]ov xoAX[- - -].

Fr. a: EPMAIOI®PHTOP sulla pietra; integrò Napoli. Fr. b: ONIIOAA Napoli.

ISCRIZIONI AGONISTICHE

47 Base di marmo fratta in alto e a destra, rotta in quattro pezzi (di cui uno non restaurato) e con il lato posteriore sporgente in larghezza, alta 0,83, larga sul lato anteriore 1,08, sul lato posteriore 1,155, profonda 0,73; campo epigrafico alto 0,42, largo 1,08, lettere da 0,02 a 0,03. Circa metà

II sec. d.C. Rinvenuta nel 1858 in via S. Paolo presso il teatro antico: G. Minervini, in Bull. Arch. Napol., N.S. 7, 1859, pp. 73-78. Da questi: O. Lüders, Die dionysischen Künstler, Berlin 1873, app. n. 102; Beloch, Campanien, p. 46. Nel Museo Archeologico: Fiorelli, Catalogo, n. 54; Kaibel, IG XIV, 737. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 263; Cagnat, IGRRP I, 442. Cfr. anche F. Sbordone, in Storia

di Napoli, p. 429 e p. 562. Di nuovo nel Museo: E. Miranda, in Napoli antica, p. 390 s., n. 116.1. Museo Archeologico Nazionale, sala F, inv. n. 2453. trascrizione e foto alla pagina seguente Lin. 1: βουλ[ῆς ἡ πόλις] Minervini; βουλῆϊς xai δήμου Νέας πόλεως] Kaibel; βουλῇϊς ἡ πόλις τῶν Νεαπολιτῶν] 10. Linn. 2-3: [τὸν ἴδιον xo] λίτην δημαρχήσαντα... Minervini; ᾿Αντιγενίδαίν Νεικομηδέα

xai Nearo] λίτην δημαρχήσαντα [λαυχελαρχήσαντα διὰ βίου] Kaibel. Lin. 3: (- - - διὰ βίου] 10. Lin. 4: fino ἃ Διόνυσον Minervini; τεχνιτῶν aggiunse Kaibel. Linn. 6-10: integrò Kaibel. Lin. 10: NE Minervini; AE Kaibel, io.

Lin. 1: il δήμος non compare mai nei decreti napoletani di età romana (vd. oltre nn. 81-85). L'ultima attestazione epigrafica risale al decreto di asylia per l'Asklepieion di Cos del 242 a.C. (Herzog e Klaffenbach, Asylieurk. Kos, n. 11). Solo in iscrizioni latine alquanto tarde ricorre l’espressione ordo populusque Neapolitanus (per esempio Dessau, ILS 8984 = E. Miranda, in Napoli antica, p. 389, n. 115.4), Dopo βουλῆς è quindi preferibile integrare ἡ πόλις τῶν Νεαπολιτῶν o anche ἡ σύνοδος. Lin. 2: il personaggio onorato ebbe evidentemente la cittadinanza romana dall’imperatore Adriano. Antigenide è un tipico nomen artis ispirato a un famoso flautista tebano del V-IV secolo a.C. (cfr. V. Jan, RE 12, 1894, s.v. Antigenidas, col. 2400 s.; LE. Stephanis, Διονυσιαχοι Teyvitai, Hiraklion

1988, n. 196). Per altri musicisti dello stesso nome vd. I.E. Stephanis, op. cit., nn. 201 (= F. Delphes III 4, 478). 202 (= IG VII, 1776). Per il nostro: id., op. cit., n. 200. Lin. 3: la magistratura eponima della demarchia, concessa in alcuni casi ad imperatori (vd. n. 3), rappresenta un onore alquanto singolare per un musicista. Problemi ancora maggiori porrebbe

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ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

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Δόγματι BovAT[c ἡ πόλις τῶν Νεαπολιτῶν) II. Αἴλιον ᾿Αντιγενίδαίν Νεικομηδέα xai Νεαπο} λίτην, δημαρχήσαντα [- - - διὰ βίου] ἀρχιερέα ἱερᾶς συνόδου θυ[μελικῆς τῶν περὶ τὸν Διόνυσον τεχνιτῶν], πρῶτον xai μόνον ἀπ᾽ αἰῶνος νειχήσαντα το[ὺς ὑπογεγραμμένους] ἀγῶνας, οὕσπερ xai μόνους ἠγωνίσατο ἄλειπτος: Ρώμην β΄, Néa[v πόλιν] γ΄ xai τὸν διὰ πάντων, xai Ποτιόλους τὰ πρῶτα διατεθέντα ὑπὸ [τοῦ] χυρίου αὐτοχράτορος ᾿Αντωνείνου Εὐσέβεια xai ὁμοίως τᾶ ἑξῆς, ἔχει Öle] χαὶ τὰ ἐν Νειχομηδείᾳ τῇ ἑαυτοῦ πατρίδι ἐπιλεγόμενα ᾿Ασχλήπεια τῷ αὐ[τῷ] ἀγῶνι πυθαύλας, χοραύλας. ᾿Επαύσατο δὲ ἐτῶν λε΄, αὐλήσας δήμῳ ‘Poplait ων ἔτεσιν εἴχοσι.

l'integrazione λαυχηλαρχήσαντα, in quanto nulla prova che la laucelarchia fosse concessa a titolo onorario (cfr. n. 4). Potrebbe darsi tuttavia che la cittadinanza data dai napoletani ad Antigenide non fosse solo onoraria, come in genere quelle concesse per vittorie nei concorsi ecumenici. In questo caso egli avrebbe potuto ricoprire a pieno titolo delle cariche locali. Lin. 4: per la presenza a Napoli di numerosi τεχνῖται e per il favore accordato dai napoletani agli spettacoli musicali e teatrali fin da età repubblicana vd. Cic., Pro Archia, V, 10; Plut., Brut., 21;

Sen., Epist., 76, 4; Luc., De Salt., 32. Un’iscrizione bilingue di Nîmes attesta la presenza a Napoli, in occasione del concorso quinquennale che vi si svolgeva (cfr. n. 52), della ἱερὰ θυμελικὴ ᾿Αδριανὴ

ISCRIZIONI AGONISTICHE

77

σύνοδος τῶν περὶ τὸν Αὐτοχράτορα Καίσαρα Tpatavòv ᾿Αδριανὸν νέον Διόνυσον συναγωνιστῶν: CIL XII, 3232 = IG XIV, 2495 = Dessau, /LS 5082; cfr. H. Lavagne, in L'association dionysiaque dans les socié-

tes anciennes, Rome 1986, pp. 129-148, in particolare pp. 136-139. Sulle associazioni di artisti vd. anche Poland, REV A, 2, 1934, s.v. Technitai, coll. 2473-2558; E.J. Jory, in Hermes, 98, 1970, pp. 224-253; H.W. Pleket, in Zeitschr. Pap. Epigr., 10, 1973, p. 210 5. e p. 225 5. Lin. 5: per espressioni del tipo πρῶτος ἀπ᾽ αἰῶνος e simili vd. M.N. Tod, in Class. Quart., 43, 1949, pp. 104-112.

Lin. 7: sulla gara del διὰ πάντων vd. F. Mie, in Ath. Mitt., 34, 1909, p. 1 ss.; E.J. Jory, in Bull.

Inst. Class. Stud., 14, 1967, pp. 84-90; J. e L. Robert, Bull. epigr., 1968, 254. Linn. 7-8: la menzione dei primi Eusebeia di Pozzuoli permette di datare l’epigrafe alla metà del II secolo d.C. Questo concorso, infatti, fu istituito da Antonino Pio in onore di Adriano: Mist. Aug., Hadrian., 27,3; Artem., Onirocr., I, 26; CIL X, 515; Peterson, Cults, p. 130; Moretti, /scr. agonistiche, p. 215. Poiché le celebrazioni cadevano negli stessi anni dei Sebastà (vd. Moretti, loc. cit.), le

prime due risalgono quasi certamente al 138 e al 142 d.C.: cfr. L. Robert, in Compt. Rend. Acad. Inscr., 1970, p. 9 s. Per un elenco dei vincitori vd. M.W. Frederiksen, RE XXIII 2, 1959, s.v. Puteoli,

col. 2052. In contesto agonistico ἔχειν equivale a νιχᾶν: L. Robert, in L'épigramme grecque, (Entret. Fond. Hardt, XIV) Genève 1968, pp. 190-192. Lin. 9: per il culto di Asclepio a Nicomedia cfr. W. Ruge, RE XVII 1, 1936, s.v. Nikomedeia,

col. 485. Nulla purtroppo sappiamo del concorso che vi si celebrava in onore del dio. Lin. 10: il verbo παύω, che a volte ricorre anche in iscrizioni funerarie, in questo caso sta sem-

plicemente a significare l'abbandono dell'attività agonistica. Cfr. Moretti, scr. agonistiche, n. 79, lin. 36 (= IGUR 240). 48 Lastra di marmo con tabella al centro, tre corone in alto e tre in basso, alta 1,19, larga 0,697,

spessa 0,04; lettere da 0,015 a 0,025. Fine II - inizio III sec. d.C. Applicata ad un sepolcro, posto lungo una strada antica, scoperto nel 1837 scavando un pozzo in via S. Cosma fuori Porta Nolana, segata nel senso dello spessore e riutilizzata come panca: G.M. Fusco, Sulla greca iscrizione posta a Napoli al lottatore Marco Aurelio Artemidoro, Napoli 1863. Da Fusco: Henzen, in Ann. Inst. Corr. Arch., 1865, pp. 96-98. Nel Museo Archeologico, cui la donò il Fusco: Fiorelli, Catalogo, n. 59; Kaibel, IG XIV, 738. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 344; Cagnat, IGRRP I, 443. Museo Archeologico Nazionale, ex deposito frammenti, inv. n. 2458. trascrizione e foto alla pagina seguente 52 corona, lin. 1: NEIKAI

Fusco, Kaibel; NEIKAH

io.

1? corona: sui xowà ᾿Ασίας, attestati dal I al III sec. d.C., vd. L. Moretti, in Riv. Filol., 32, 1954,

pp. 276-289; J. Deininger, Die Provinziallandtage der römischen Kaiserzeit, München - Berlin 1965, p. 54 s.; H. Engelmann e D. Knibbe, in Epigr. Anat., 8, 1986, pp. 28-31. Cizico fu inserita tra le sedi minori nel 139 d.C. 22 corona: il nome completo dei Traianeia di Pergamo era Τραιάνεια Δειφίλεια, poiché in origine si celebravano in onore di Zeus Philios (Moretti, /scr. agonistiche, p. 214 s.; L. Robert, Monnaies antiques en Troade, Genève-Paris 1966, p. 49 s.).

ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

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ISCRIZIONI

Κύζιχον χοινὰ ᾿Ασίας παίδων

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AGONISTICHE

Πέργαμον Τραιάνεια ἀγενείων

Κομμόδεδεια ἐν Καππαδοχείᾳ ἀγενείων

Μᾶρ. Αὐρήλιος ᾿Αρτεμίδωρος Σεττηνὸς ἀνὴρ παλαισ-

τής, ζήσας ἔτη χς΄, μῆνες θ΄, νειχήσας ἀγῶνας

Κύζιχον Κομμόδεια ἀγενείων

Νεικαήαν Κομμόδεια ἱεράν

Αὐγούστεια ἐν Περγάμῳ ieράν

33 cor.: i Commodeia di Cappadocia si svolgevano a Mazaca-Cesarea e sono ancora attestati intorno al 217 d.C. Cfr. St. Mitchell, in Anat. St., 27, 1977, pp. 75-77, n. 8, lin. 29 s. Questo concorso,

insieme a quelli omonimi di Cizico e di Nicea, permette di datare l’epigrafe tra la fine del Il e l’inizio del III sec. d.C. 43 cor.: sui Commodeia di Cizico non esistono altre testimonianze. 52 cor.: per i Commodeia di Nicea, ἱερὸς ἀγών ripetutamente ricordato nelle monete, vd. L. Robert, in Harv. St. Class. Philol., 81, 1977, pp. 32-35; I. Museum Iznik, II 3, p. 69. L’uso della forma

Νεικαήα (per trasposizione, forse, dal latino Nicaea) è confermato dall’etnico Νεικαηνή in JG XIV, 790. Il termine ἱερά indica la corona offerta alla divinità in caso di pareggio. Tale consuetudine era inderogabile in età ellenistica, mentre a volte in età imperiale troviamo casi di premiazione ex aequo indicati con 1 verbi συστεφανόω e συστέφομαι: cfr. Moretti, /scr. agonistiche, p. 201 e p. 243 s.; L. Robert, A travers l'Asie Mineure, Paris 1980, p. 429.

63 cor.: gli Augusteia di Pergamo avevano ritmo triennale (Moretti, op. cit., p. 221 s.). Essi corrispondono probabilmente ai Sebastà attestati in epoca precedente: cfr. L. Robert, in Compt. Rend. Acad. Inscr., 1970, p. 22, nt. 7; J. e L. Robert, Bull. épigr., 1970, 136. Lin. 2: sull'evoluzione dell'etnico della città di Saittai in Lidia vd. TAM V

1, p. 28 s.

M. Aurelio Artemidoro è definito ἀνήρ per indicare la sua appartenenza alla categoria agonistica degli ἄνδρες. Egli fu di certo un atleta mediocre visto che riportò vittorie solo nelle categorie dei παῖδες e degli ἀγένειοι e perlopiù in concorsi periferici. È possibile che alla classe degli ἄνδρες siano da ascrivere i verdetti di parità ricordati nelle ultime due corone. Lin. 3: il nostro lottatore e quello dell’epigrafe seguente morirono certamente durante la celebrazione dei Sebastà, cosi come era accaduto al pugile Melankomas (vd. in proposito il commento alla n. 19, lin. 6). Per i Sebastà vd. n. 52. 49 Lastra di marmo rotta in sei pezzi e restaurata, alta 1,505, larga 0,978, spessa 0,15; lettere da 0,013 a 0,03. La lapide reca in alto una tabella ansata, immediatamente sotto una serie di cinque

80

ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

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ISCRIZIONI

AGONISTICHE

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corone e poi ancora tre file di quattro corone; ai lati della tabella un’ascia e forse una foglia di palma. Seconda metà del II sec. d.C. Rinvenuta in via S. Anna alle Paludi [non lontano dalla n. 48): G.A. Galante, Illustrazione di una lapide antica recentemente ritrovata, in L'apologista cattolico, Napoli 1865;

Henzen, in Ann. Inst. Corr. Arch., 1865, pp. 98-115, tav. G (da un apografo di Gargiulo). Nel Museo Archeologico: Fiorelli, Catalogo, n. 60; Kaibel, /G XIV, 739. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 346; Cagnat, /GRRP I, 444; L. Robert, in Rev. Philol., S. III, 4, 1930, p. 42 ss.; Moretti, /scr. agonistiche,

pp. 224-226, n. 77. Cfr. anche M. Guarducci, Epigrafia greca, III, Roma 1974, pp. 138-140. Di nuovo nel Museo Archeologico: E. Miranda, in Napoli antica, p. 391 s., n. 116.3. Museo Archeologico Nazionale, Mostra Napoli, inv. n. 2459.

M. Αὐρ(ήλιος) 'Ἑρμαγόρας Μάγνης Σιπύλου, παλαιστής, ξυστάρχης ᾿Αχτίων χαὶ Μομφουἑστίας xai Μαγνησίας τῆς πα-

5.

τρίδος, πρωτελληνοδίχης Ὀλυμπίων ἐν ᾿Εφέσῳ χαὶ ἐν Σμύρνῃ, νειχήσας ἱεροὺς ἀγῶνας x9' xai θεματιχοὺς ρχζ΄. Ὀλύμπια ἐν Πείσῃ ἱεράν, ἄλλας ἱερὰς ιη΄.

ἼΑχτια

Νέμεια

᾿Ασπίδα

Ἴσθμια

Παναθή-

β΄

γ΄

β΄

β΄

vata

Πανελλήνια β΄

Ὀλύμπεια

᾿Αδριάνεια ἐν ᾿Αθήναις β΄

Ποτιόλους β΄

χοινὸν ᾿Ασίας ἐν

Ὀλύμπια ἐν Σμυῤνῃ

Ὀλύμπια ἐν ᾿Εφέσω

᾿Αδριάνεια ἐν ᾿Εφέσῳ

Αὐγούστεια ἐν Περγάμῳ γ΄

Τραιάνεια ἐν Περγάμῳ

“Αλεια ἐν 'Pobo β΄

β΄

Σμύρνῃ Βαλβίλληα ἐν ᾿Εφέσῳ

14? corona: BAABIAAHA sulla pietra: Βαρβάληα Kaibel e da Kaibel tutte le successive edizioni; Βαλβίλληα io, già in Napoli antica. Linn.1-2: prenome e gentilizio di Ermagora datano l'epigrafe ad epoca di certo posteriore a Marco Aurelio. Come già sottolineato da Robert e Moretti, M. Aurelius Hermagoras non puó identificarsi con un tal ['Eppay}6pag, lottatore di Magnesia al Sipilo, che, a differenza del nostro, vinse ad Olimpia (JGRRP IV, 1344 = I. Magnesia am Sipylos 6 = TAM V 2, 1368). Inoltre, per aver riportato questa vittoria nel 137 d.C., egli doveva essere di una generazione più anziano e poteva essere tutt'al più padre del nostro Ermagora. Cfr. Moretti, Olympionikai, nn. 853. 880. Linn. 3-4: M. Aurelius Hermagoras ricopri la carica di presidente dello xystos negli Aktia e nei concorsi, che si svolgevano a Mopsuhestia e a Magnesia al Sipilo. Sullo xystos e sulla sua organizza-

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ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

zione: G. Glotz, Dict. Antig., s.v. Xystos, p. 1027 s.; Cl. Forbes, in Class. Philol., 50, 1955, pp. 238-252;

H.W. Pleket, in Zeitschr. Pap. Epigr., 10, 1973, pp. 197-227. Cfr. L. Robert, Documents de l'Asie Mineure meridionale, Genève-Paris 1966, p. 82, ntt. 4-5, e p. 102 5.

Gli “Axa di Nicopoli furono istituiti da Augusto, rinnovando un'antica festa locale, per celebrare la vittoria di Azio: cfr. Moretti, Iscr. agonistiche, p. 205 s.; R. Rieks, in Hermes, 98, 1970, pp.

96-116; M. Limmer, in Stadion, 12-13, 1986-87, pp. 27-38. Linn. 5-7: sugli ellenodici di Efeso, di cui il nostro fu presidente, vd. L. Robert, Hellenica, V, Paris 1948, pp. 59-63. Per gli Olympia di Efeso: id. in Rev. Philol., S.III, 4, 1930, p. 52, nt. 8; id., in Anatolian Studies Buckler, Manchester 1939, p. 233, nt. 1; id., in Rev. Philol., S.III, 41, 1967, pp. 40-44;

M. Lämmer, Olympien und Hadrianeen im antiken Ephesos, Diss. Köln 1967. Abbiamo qui la più antica attestazione degli Olympia di Smirne, istituiti forse in età adrianea, ma che non devono essere confusi con gli ‘Aòpravà ᾿Ολύμπια (cfr. Moretti, /scr. agonistiche, p. 225; F. Delphes III 4, 476, lin. 11; I. Ephesos 1131, cor. 29).

Lin. 9: l'eccezionale numero di pareggi induce Moretti, op. cit., p. 225, a sospettare che spesso si ricorresse al verdetto di parità per evitare una sconfitta. Per l'uso del termine ἱερά a indicare 1l pareggio vd. n. 48. 3? corona: dalla fine del I sec. d.C. si indica col nome di ᾿Ασπίς (dallo scudo, che ne costituiva il premio) il concorso celebrato ad Argo, il cui nome originario di ᾿Ἑχατόμβοια era stato mutato intorno al 200 a.C. in quello di Ἥραια. Νά. Moretti, /scr. agonistiche, p. 21 s.; P. Amandry, in Etudes

argiennes, (Bull. Corr. Hell., suppl. 6) 1980, pp. 211-253; A. Balland e Ch. Le Roy, in Rev. Arch., 1984,

p. 346.

52 cor.: sui Panathenaia in età imperiale vd. Moretti, op. cit., p. 202; S. Follet, Athenes au IF

et au III siecle. Et. chron. et prosop., Paris 1976, pp. 331-343. 6? cor.: sui Panhellenia di Atene, istituiti da Adriano nel 132 in concomitanza con la creazio-

ne del Panhellenion vd. Moretti, op. cit., p. 196 s.; S. Follet, op. cit., pp. 343-345. In genere sul Panhellenion: H.J. Oliver, Marcus Aurelius, (Hesperia, suppl. 13) 1970, pp. 92-138; S. Follet, op. cit., pp. 125-131.

7? cor.: queste feste olimpiche non sono naturalmente quelle di Pisa, dove il nostro aveva ottenuto un verdetto di parità (lin. 9). Essendo questa vittoria inserita tra quella dei Panhellenia e quella degli Hadrianeia di Atene, gli Olympia in questione devono essere quelli di Atene (cfr. S. Follet, ΟΡ. cit., pp. 345-348). 8? cor.: cfr. ancora S. Follet, op. cit., p. 348 s. 9? cor.: la vittoria di Pozzuoli fu riportata negli Eusebeia (vd. n. 47). 10? cor.: per i xotw& d'Asia vd. n. 48. Smirne era una delle tre sedi principali insieme a Pergamo ed Efeso. 11? e 12? cor.: cfr. linn. 5-7. 13% cor.: vd. Moretti, /scr. agonistiche, p. 197; Μ. Limmer,

op. cit.

14? cor.: sui Βαλβίλληα o Βαρβίλληα di Efeso, istituiti sotto Vespasiano per intercessione di Balbillo, astrologo di Nerone, vd. Moretti, op. cit., p. 184 s. La celebrazione di questi concorsi, atte-

stati anche a Smirne e a Pergamo, era collegata in maniera non del tutto chiara con quella dei χοινά d’Asia: P. Frisch, in Zeitschr. Pap. Epigr., 15, 1974, p. 162; H. Engelmann e D. Knibbe, in Jahreshefte Ost. Arch. Inst. Wien, 52, 1978-80, Hauptblatt, p. 35, n. 39 (= I. Ephesos 1123, lin. 8); J. e L. Robert, Bull. épigr., 1981, 414. Sull’identificazione di Balbillo con Ti. Claudius Balbillus, praefectus Aegypti nel 55 d.C., vd. ora. 1 Ephesos 3041.

ISCRIZIONI AGONISTICHE

83

15? e 165 cor.: per questi concorsi di Pergamo vd. n. 48. 173 cor.: sugli ᾿Αλίεια di Rodi, concorso noto fin dalla fine del V sec. a.C., vd. I. Ringwood Arnold, in Am. Journ. Arch., 40, 1936, p. 435 s.: J. Frel, in Ath. Ann. Arch., 8, 1975, p. 77 s; J. e L.

Robert, Bull. épigr., 1976, 513.

50 Lastra di marmo scheggiata ai bordi, molto corrosa e lievemente fratta in basso a sinistra, alta 1, larga 0,64, spessa 0,13; lettere da 0,02 a 0,035. Databile intorno al 90 d.C. Alla fine del XVI

secolo in luogo imprecisato «in erutis veterum aedificiorum ruderibus»: Surgens, Neap. ill., p. 110. Rinvenuta in casa di Gaspare Ricco [ovvero Palazzo Ricca in via Tribunali, cfr. G. De Petra presso Capasso, Napoli, p. 172 s., nt. 123; ora sede dell'Archivio Storico del Banco di Napoli]: Summonte,

Historia, I, p. 58. Ancora in casa di G. Ricco la videro: Capaccio, Hist. Neap., p. 251 (che ne dà un pessimo apografo); Lasena, Dell'antico ginnasio, p. 94. Da Capaccio: Reinesius, Syntagma, classe V, n. 22; Spon, Miscellanea, p. 362; Ignarra, De palaestra, p. 80; Franz, CIG 5806. Dalle schede di Stefa-

noni: Doni, Inscriptiones..., classe IV, p. 61. Nel Museo Archeologico: Fiorelli, Catalogo, n. 57; Beloch, in Bull. Inst. Corr. Arch., 1877, p. 109 (con note di Henzen); Kaibel, /G XIV, 746 (che, mentre

é l'unico a conoscere il testo di Surgens, ignora la notizia del Summonte e ipotizza un luogo di rinvenimento «extra portam Nolanam», forse per analogia con la n. 48 e la n. 49). Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 343; Cagnat, /GRRP I, 445; Moretti, Iscr. agonistiche, pp. 183-186, n. 67 (cfr. id., in Riv. Filol., 32, 1954, p. 285 s., e Olympionikai, n. 820); McCrum e Woodhead, Select Documents, n. 473; L. Moretti, in Epigraphica, 49, 1987, p. 75, nt. 14. Museo Archeologico Nazionale, sala F, inv. n. 2456. T. Φλάουιος ᾿Αρτεμιδώρου υἱὸς Κυρείνᾳ ᾿Αρτεμίδωρος

᾿Αδανεὺς ὁ καὶ ᾿Αντιοχεὺς ἀπὸ Δάφνης, νειχήσας τὸν ἀγῶνα τῶν

5

μεγάλων Καπετολείων τὸν πρώτως ἀχθέντα ἀνδρῶν πανχράτιον, ᾿Ολύμπια β΄, Πύθια B^, Νέμεια β΄,

Αχτια, Νέαν πόλιν ἀνδρῶν πανχράτιον, Ἴσθμια ἀγε-

10

15

20

νείων πανχράτιον, χοινὸν ᾿Ασίας ἐν Ζμύρνῃ ἀγενείων πανχράτιον xai τῇ ἑξῆς πενταετηρίδι ἀνδρῶν πάλην χαὶ πανχράτιον χαὶ πάλι ἀνδρῶν πανχράτιον πρῶτος ἀνθρώπων, χοινὸν ᾿Ασ(ίας) ἐν Περγάμῳ ἀνδρῶν πανχράτιον, ἐν ᾿Εφέσῳ Βαλβίλληα παίδω(ν) [πανχράτ])ιον x[a] πάλι χατὰ τὸ ἑξῆς ἀνδρῶν πανχράτιον, ἐν ᾿Αλεξανδρείᾳ τὸν ἱερὸν πενταετηἰ[ρικόν], χοινὸν Συρίας Κιλικίας Φοινείχης ἐν "Avτιοχείᾳ β΄ ἀνδρῶν πανχράτιον, ᾿Εφέσηα, Τράλ[Merc] δ΄, Σάρδεις ε΄, Λαυδίχειαν ε΄ [- - - ἔχει) [δὲ τὴν ἐξ "Apyouc ἀσπίδα, xai ἄλλους πενίτα ἢ [ετηριχ]οὺς ἀγῶνας ιζ΄ ὑ[πὸ ἐπι]σ[τάτην] ᾿Αρτεμίδωρον ᾿Αθηνοδώρου ᾿Αδί[ανέα - - - ἐπι} [μελ]ηθέντος ᾿Αθηνοδώρίου - - - - - - - ]

ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

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ISCRIZIONI

AGONISTICHE

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(da Surgens)

L’epigrafe è ormai scarsamente leggibile. Seguo pertanto, salvo alcune eccezioni, il testo di Surgens e Kaibel. Le lettere sottolineate sono scomparse. Lin. 5: TON Surgens, Beloch; con omikron e ny in legatura

Kaibel,

io. Lin. 6: IIANKPATION

Surgens,

Beloch;

TIATKPATION

Kaibel;

IIAN///TIO/ io. Lin. 10: IIAAHN KAI IIANKPATION Surgens; ///// KAI IIANKPATION Beloch; //AHN KAI ΠΑΓΚΡΑΤΙΟΝ Kaibel; II//HN KAI IIANKPATION io. Lin. 12: BAABIAAHA Surgens, Kaibel, 10; BAABIAAEIA Beloch. Lin. 13, all'inizio: ... ΠΑΝ Surgens; QNITIAAI Beloch, che integrava [xai ἐν τῷ αὐτῷ ἀγ)ῶνι πάλι; //II//IIAAI Kaibel, che integrò [πανχράτιον xa]t πάλι;

//////IONI/IIAAI io. Lin. 14, all'inizio: TION solo Beloch. Lin. 15: DOINEIKIAZ solo Surgens. Lin. 16: TIOXEIA B Surgens; TIOXEIA Beloch; il Kaibel non leggeva più nulla prima di ANAPON; EN ΕΦΕΣΙ... Surgens; EDEX.. Beloch, Kaibel; EDEXHA io. Lin. 17: AIZAIAEIX E, MYAIKEIAN B solo Surgens; nella lacuna tra questa linea e la seguente .... | ..&]v Kaibel; [- - - ἔχει] | [δὲ τὴν Mo-

retti, Jscr. agonistiche, loc. cit., per analogia con la linea 30 della n. 51. Lin. 18: AAAQX EN Surgens; KAIAAAOYZ Beloch; KAIAAA....EN.. Kaibel; KAIAAA///IIEN io. Lin. 19: ....... HPOYX ATQ.

NAE P Z Y...X...... Surgens; ρίχους ΧΝΟΥ͂Σ ΑΓΩΝΑΣΕΑΥτῷ Beloch con una lacuna iniziale di nove lettere; .... OYZATQNAX-IAY... Kaibel, che nella lacuna tra questa riga e la precedente integrava [r]ev[aexn] | [ριχ]οὺς;

//////OYZATQNAX

IZY

io, che per motivi di spazio correggo

in

πενίτα] | [ετηριχ]ούς; nella lacuna finale [τριετηριχούς (cifra)] Moretti, /scr. agonistiche, loc. cit.; ὑ[πὸ è-

86

ISCRIZIONI

GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

πι]σ[τάτην] id., in Epigraphica, loc. cit. Lin. 20: ...... APTEMIAQPONABHNOAQPOY....

ΑΘΗΝΟΔΟΡΩΥΑ

Surgens;

Beloch; ////////0/ABHNOAQPOTA Kaibel, che integró ᾿Α[ντιοχέαϑ .... ἐπι-;

'A[Savéa Moretti, /scr. agonistiche, loc. cit.; // APTEMIAQPONABHNOAQPOTAA io, che quindi integro ’Aò[avéa). Lin. 21: ...... HBENTOZABHNOAA Surgens; ..... GHNOA Beloch;

.... NTOZ//HNOAQP/T Kaibel, che integró; ////ENTOXZAGHNOAQP//// io.

Linn. 1-2: il nostro personaggio ha ricevuto la cittadinanza da un imperatore della casa flavia, di cui porta prenome, gentilizio e tribü. Linn. 5-6: sui Capitolia, istituiti nell’86 d.C., vd. Moretti, /scr. agonistiche, p. 204; L. Robert,

in Compt. Rend. Acad. [nscr., 1970, pp. 7-9. La concessione della cittadinanza é forse dovuta proprio a questa vittoria, celebrata anche da Marziale (Mart., Epigr., VI, 77, 3). Alcune delle vittorie di 7.

Flavius Artemidorus potrebbero essere posteriori a quella riportata nella prima celebrazione dei Capitolia, per cui Moretti (op. cit., p. 186) data la nostra epigrafe intorno al 90 d.C. Linn. 6-7: sembrerebbe che all'inizio dell'epigrafe siano citate le gare della nuova περίοδος, cioè le quattro dell'antica περίοδος più i Capitolia, gli Aktia e forse gli stessi Sebastà (cfr. J. e L. Robert, Bull. epigr., 1954, 57). Tuttavia gli Heraia di Argo, detti anche ᾿Ασπίς, che in alcuni casi sembrano rientrare nella periodos (cfr. Robert, loc. cit.), sono relegati alla fine, vd. lin. 18. Per un ordine più o meno simile nell’enumerazione delle vittorie cfr. A. Balland e Ch. Le Roy, in Rev. Arch., 1984,

pp- 339-349, n. 17, in particolare pp. 344-346. Questi due autori escludono sia il concorso argivo che i Sebastà dalla nuova περίοδος. Linn. 8-13: per il xowóv d'Asia cfr. n. 48. Sui Balbilleia vd. n. 49. Lin. 14: per Alessandria si conosce più di un agone penteterico, per cui è impossibile stabilire quale sia quello vinto dal nostro Artemidoro. Cfr. per esempio Moretti, op. cit., p. 176 e p. 244; /. Sardis 79, C, lin. 19 ss.; A. Balland e Ch. Le Roy, art. cit., p. 345. La stessa espressione ricorre nella

n. 51 alla linea 27. Lin. 15: un concorso denominato χοινόν di Siria, Cilicia, Fenicia presuppone, almeno all’origi-

ne, una corrispondente assemblea provinciale. È quasi certo, malgrado alcuni pareri contrari, che la Siria e la Cilicia abbiano costituito un’unica provincia a partire almeno dal 39 a.C. fino al 72 d.C.: R. Syme, in Anatolian Studies Buckler, Manchester 1939, pp. 299-332 (= Roman Papers, Oxford 1979, I, pp. 120-148, in particolare p. 142 s.); E.J. Bickermann, in Am. Journ. Philol., 68, 1947, p. 353 ss.; D. Magie, Roman Rule in Asia Minor, Princeton 1950, II, p. 1419 s., nt. 68, e p. 1439 s., nt. 27; T.B.

Mitford, in Aufstieg u. Niedergang d. rim. Welt, II 7, 2, 1980, pp. 1240-1248. Anche se nel 72 d.C. la Cilicia Piana e la Cilicia Trachea furono riunite da Vespasiano in una provincia a 56 stante, in testi databili intorno al 90 d.C., come il nostro e come quello pubblicato da Balland e Le Roy (art. cit., p- 339 ss.), continua a farsi menzione di un xowóv di Siria, Cilicia, Fenicia, disputato ad Antiochia.

Bisogna quindi pensare che il concorso sia sopravvissuto per qualche tempo al cambiamento della situazione amministrativa: per una discussione più dettagliata vd. Moretti, op. cit., p. 185 s.; A. Balland e Ch. Le Roy, art. cit., pp. 346-349. Linn. 16-17: i concorsi qui elencati non possono identificarsi con certezza. Fanno eccezione gli ᾿Ἐφέσηα o ᾿Εφέσεια, attestati da molte fonti epigrafiche: cfr. Moretti, Iscr. agonistiche, p. 212 s.; S. Hornblower, in Historia, 31, 1982, pp. 241-245; P. Stylianou, ibid., 32, 1983, pp. 245-249. Lin. 18: per l’’Aorig di Argo vd. n. 49 e quanto detto per le linee 6-7.

ISCRIZIONI AGONISTICHE

87

51 Lastra di marmo con cornici nei lati superiore e inferiore, mancante di parte del lato destro, alta 1,33, larga 0,64, spessa 0,598; lettere da 0,013 a 0,030. Databile intorno al 110 d.C. Scavata

nel 1764 nel monastero di S. Maria Egiziaca [in via Egiziaca a Forcella nell’area dell'odierno Ospedale Ascalesi]: Ignarra, De palaestra, p. 3 ss., da cui Franz, CIG 5804. Nel Museo Archeologico: Fiorelli, Catalogo, n. 55; Kaibel, /G XIV, 747. Da Kaibel: Colonna, Scoperte, p. 342; Cagnat, IGRRPI, 446;

Moretti, Iscr. agonistiche, pp. 186-191, n. 68. Museo Archeologico Nazionale, ex deposito frammenti, inv. n. 2454.

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᾿Αγαθῆι τύχηι. Ἢ φιλοσέβαστος xai φιλορώμαζιος 'Ade} ξανδρέων περιπολιστιχὴ εὐσεβὴϊς σύνοδος) ἐτίμησεν T. Φλάουιον Κυρ(είνᾳ) ᾿Αρχίβιον τὸν [- ς.7 -] ᾿Αλεξανδρέα, ἀρχιερέα διὰ βίου τοῦ σύμπίαντος ξυστοῦ), παραδοξονίχην, νιχήσαντα τὴν σχ΄ ὀλυμπιάδα xai) τὴν σχα΄ ὀλυμπιάδα ἀνδρῶν παγράτ[ιον xai Ev] Ῥώμηι τὰ μεγάλα Καπετώλεια τὴν τρίτην πενταετηρίδα] ἀγενείων παγχράτιον στεφανωθέντα xa[i τὴν τετάρτην] ἀνδρῶν παγχράτιον νιχήσαντα xai τὴν πέμπίτην ἀνδρῶν] παγχράτιον στεφανωθέντα xai τὴν ἕχτην ὀϊμοίως ἀνδρῶν] παγχράτιον στεφανωθέντα πρῶτον ἀνθρώπων. τὰ ἐν - ς.5 -] Ἡράχλεια ἐπινίκια αὐτοχράτορος Νέρουα Τραιανοῦ [Καίσαρος Σεβαστοῦ) Γερμανικοῦ Δαχιχοῦ στεφανωθέντα ἀνδρῶν παγχράίτιον: Πύθια ἀγενείων) παγχράτιον xai τῆι ἑξῆς πυθιάδι ἀνδρῶν πάλην xai πίαγχράτιον xai τῆι] ἑξῆς ἀνδρῶν παγχράτιον πρῶτον ἀνθρώπων’ Νέμεια πίαίδων παγχράτιον) xai τρὶς χατὰ τὸ ἑξῆς ἀνδρῶν παγχράτιον πρῶτον ἀνθρώπων - c.9 -] ἀνδρῶν παγχράτιον: "Axtta ἀγενείων πάλη(ν) παγχράτίιον xai num. xatà] τὸ ἑξῆς ἀνδρῶν παγχράτιον πρῶτον ἀνθρώπων᾽ Νέαν πίόλιν ἀγενείων) παγχράτιον xai δὶς χατὰ τὸ ἑξῆς ἀνδρῶν παγχράτιον᾽ [- c.8 - ἀγενεί} ων πάλην παγχράτιον xai δὶς χατὰ τὸ ἑξῆς ἀνδρῶν παγχρί[άτιον, xai τῇ ἑξῆς) ἀνδρῶν παγχράτιον πρῶτον ἀνθρώπων. τὰ ἐν ᾿Εφέσωι Βαλβίλλεια [ἀνδρῶν πάλην nuy} μὴν παγχράτιον πρῶτον ἀνθρώπων xai τὸ ἐν ᾿Αντιοχείᾳ ἱερὸν πενίταετηρικὸν ἀγῶνα] ᾿Αχτιαχῶν παίδων παγχράτιον xai τῆι ἑξῆς πενταετηρίδι ἀγενείων πάλην xai πυγ} μὴν xai τῆι ἑξῆς ἀνδρῶν παγχράτιον xai τῆι ἐξῆς ὁμοίως ἀνδρῶν παγχράτιον) πρῶτον ἀνθρώπων᾽ Σμύρναν χοινὸν ᾿Ασίας ἀγενείων πάλην παγχράτιον) xai τὸν ἐν ᾿Αλεξανδρείαι ἱερὸν πενταετηριχὸν ἀγῶνα ᾿Αχ[τιαχῶν παίδων] παγχράτιον xai μετὰ μίαν πενταετηρίδα ἀνδρῶν πα[γχράτιον] xai τῆι ἑξῆς ὁμοίως ἀνδρῶν παγχράτιον xai τῆι ἑξῆς - - -] ἀνδρῶν πάλην παγχράτιον πρῶτον ἀνθρώπων. Exefı δὲ xai τὴν ἐξ] "ApYouc ἀσπίδα xai ἄλλους πλείστους πενταετηριχίοὺς ἀγῶνας) παίδων, ἀγενείων, ἀνδρῶν πάλας χαὶ παγχράτια. Le integrazioni sono quasi tutte di Ignarra, Lin. 12: ἀνθρώπωϊν ἔτι δὲ τὰ ἐν] Ignarra; ἀνθρώπωϊίν"

τὰ èv.....] Kaibel. Lin. 17: ἀνθρώπων: "Iova (9)] Ignarra, Kaibel; ἀνθρώπων - -] Moretti. Lin. 18:

88

ISCRIZIONI GRECHE D'ITALIA. NAPOLI I

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ISCRIZIONI AGONISTICHE

89

IIAAH sulla pietra. Lin. 21: παγχρίάτιον......] Ignarra, Kaibel; παγχρ[άτιον, xai τῇ ἑξῆς] Moretti. Lin. 27: ᾿Αχίτιαχῶν ἀγενείων] Ignarra, Kaibel; ᾿Αχίτιαχῶν παίδων) Moretti. Lin. 30: ᾿Εχε[λίδας, τὴν iE] Ignarra; ἔχε[ι δὲ xai τὴν ἐξ] Kaibel.

Linn. 1-5: sullo ξυστός e sulle associazioni di atleti cfr. n. 49, lin. 3 s. Anche T. Flavius Archibius

reca prenome, gentilizio e tribù della dinastia flavia (cfr. n. 50). Linn. 6-7: sul raro titolo di rapadotovixng e sul più diffuso παράδοξος vd. L. Robert, Les gladiateurs dans l’Orient grec, Paris 1940, p. 251 s.; Moretti, op. cit., p. 189; R. Merkelbach, in Zeitschr. Pap.

Epigr., 14, 1974, p. 94 s.: A. Balland e Ch. Le Roy, in Rev. Arch., 1984, p. 343. Le vittorie olimpiche appartengono agli anni 101 e 105 d.C. Cfr. Moretti, Olympionikai, n. 830. Linn. 8-12: per i Capitolia vd. n. 50. Le vittorie di Archibio cadono negli anni 94, 98, 102 e

106 d.C. Lin. 13: gli ἐπινίκια, da non confondersi con le omonime gare letterario-musicali, sono concor-

si celebrati per festeggiare vittorie riportate dai Romani e a volte collegati a festività già esistenti. Sull’argomento vd. Moretti, Iscr. agonistiche, p. 188. Nel nostro caso non sappiamo dove abbia avuto luogo il concorso. Il Robert ritiene che si tratti di una festa celebrata a Roma per il ritorno di Traiano da una campagna vittoriosa: L. Robert, in Compt. Rend. Acad. Inscr., 1970, p. 11. Lin. 14: il titolo di Dacicus data la vittoria di Archibio ad epoca successiva al 102 d.C. Lin. 17: l'integrazione Ἴσθμια proposta dai precedenti editori è scartata da Moretti sia per l’ordine in cui sono elencate le gare sia perché, se Archibio avesse vinto negli Isthmia, avrebbe avuto diritto al titolo di περιοδονίχης. Questo secondo argomento non è del tutto vincolante, visto che anche T. Flavio Ermogene di Xanthos, plurivincitore nei concorsi della περίοδος, viene definito rapaδοξονίχης (Balland e Le Roy, art. cit., p. 339 ss.).

Lin. 22: sui Balbilleia vd. n. 49. Per la rarità di una vittoria conseguita in tutte e tre le gare pesanti (lotta, pugilato, pancrazio) cfr. Moretti, /scr. agonistiche, p. 190. Lin. 23: non è possibile stabilire di quale concorso si tratti. Cfr. Moretti, op. cit., p. 176 s. Lin. 24: sulle categorie dei παῖδες vd. n. 56. Lin. 26: per il xowév d’Asia cfr. n. 48. Lin. 27: per l'agone penteterico di Alessandria vd. n. 50, lin. 14. L'integrazione "Ax{traxiov ἀγενείων] è inaccettabile, perché non si conoscono per gli ἀγένειοι categorie simili a quelle dei παῖδες.

Lin. 30: per ἔχει vd. n. 47. Lin. 31: 50} ᾿Ασπίς di Argo cfr. nn. 49. 50.

52 Base di marmo modanata, con un’epigrafe sul lato anteriore e un’altra sul lato destro, alta 0,835, larga 0,635, profonda 0,525; campo epigrafico anteriore alto 0,475, largo 0,305, lettere da 0,02 a 0,03; campo epigrafico destro alto 0,625, largo 0,435, lettere da 0,015 a 0,025. Sul lato destro, sotto

l’epigrafe, vi è una corona a rilievo, sul lato sinistro una foglia di palma. Databile al 170-171 d.C. Rinvenuta a Napoli nel 1747: Gori presso Hagenbuch, Zpist. epigr., p. 466, n. 1 (lettera del 18 febbraio 1747); Maffei, Mus. Ver., p. 479, n. 1 (da un apografo di F. Pratilli inviatogli dal P.A. Marchesi). Dalle schede del Gori: Corsini, Diss. agon., p. 103. Presso i Padri Crociferi (cfr. n. 9]: Martorelli,

90

ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

Theca cal., II, pp. 516 (cfr. p. 463). 609. 612; Vargas Macciucca, Dell’antiche colonie, I, p. 270 e p. 272. Poi nel museo di Giovanni Carafa Duca di Noja, [cfr. CIL X, p. 189, n. XXXIV]: Ignarra, De palaestra, p. 149 ss.; id., De phratriis, p. 106. Nel museo di Capodimonte: Muenter, Nachrichten, ed. 1790,

p. 44. Dai precedenti: Franz, CIG 5805 (da cui Beloch, Campanien, p. 43). Nel Museo Archeologico: Fiorelli, Catalogo, n. 56; Kaibel, /G XIV, 748. Da Kaibel; Colonna, Scoperte, p. 327; Civitelli, Nuovi frammenti, p. 44 ss.; Cagnat, IGRRP I, 449; Guarducci, Fratria, p. 131, n. XXXVIII. Di nuovo nel Museo Archeologico: E. Miranda, in Napoli antica, p. 391, n. 116.2. Museo Archeologico Nazionale,

Mostra Napoli, inv. n. 2455.

Lato anteriore

5

T. Φλαβίωι T. υἱῶι Εὐάνθηι νιχήσαντι ᾿Ιταλικχὰ "Pwpata Σεβαστὰ ἰσολύμπια τῆς μγ΄ ’Itadfdog παίδων πολιτιχῶν δίαυλον,

10

ἀναθέντι ἐν τῆι φρητρίαι ἀνδριάντας Διοσχούρων σὺν Τ. Φλαβίωι Ζωσίμωι ἀδελφῶι τῶι αὐτῷ ἀγῶνι τάγμα νιχήσαντι χαὶ βραβῖον λαβόντι, Εὐμηλείδαι φρήτορες ἀμοιβῆς ἕνεχεν.

lato anteriore

AGONISTICHE

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πρὸ ε΄ εἰδῶν Μαρτίων Τ. Φλάβιος Ζώσιμος χαὶ Φλαβία Φορτουνᾶτα γονεῖς χαρισάμενοι λυχνίας μετὰ λύχνων χαὶ βωμοὺς Διοσχούρ(οις) αὖθις χαθιέρωσαν.

Nella corona Σεβαστά quem VMτ i

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lato destro

Lato anteriore. Lin. 14: XAPIN Kaibel nell'apografo, ma non nella trascrizione. Lato anteriore. Linn. 3-5: sugli ᾿Ιταλικὰ Ρωμαῖα Σεβαστὰ ἰσολύμπια, giochi quinquennali istituiti a Napoli in onore di Augusto, oltre alla bibliografia citata in Par. Pass., 7, 1952, pp. 406-408, cfr. L. Robert, in Ant. Class., 37, 1968, pp. 407-410; id., in L'épigramme grecque, (Entret. Fond. Hardt, XIV) Genève 1969, p. 191 e p. 209, nt. 3; id., in Compt. Rend. Acad. Inscr., 1970, p. 9; E. Miranda,

in Rend. Acc. Arch. Napoli, 57, 1982, pp. 165-181; id., in Napoli antica, pp. 390-392. Il regolamento di questo concorso ci è tramandato da un’epigrafe rinvenuta ad Olympia (1. Olympia, 56. Cfr. R Merkelbach, in Zeitschr. Pap. Epigr., 15, 1974, p. 192 s.; P. Frisch, ibid., 75, 1988, p. 181; N.B. Crowther, ıbid., 79, 1989, pp. 100-102). Il programma prevedeva gare ginniche, ippiche e musicali: vd. n. 54.

92

ISCRIZIONI

GRECHE

D'ITALIA.

NAPOLI

I

I Sebastà si svolgevano in agosto, come dimostra il fatto che Augusto vi assistette immediatamente prima della sua morte: Dio Cass., LVI, 29, 2; Suet., Aug., 98, 5; Vell. Pat., II, 123. Se un’edizione ebbe luogo nel 14 d.C., risulta necessariamente errata la notizia di Cassio Dione (LV, 9-10), che

poneva l’istituzione dei Sebastà nel 2 a.C. La nostra epigrafe permette di datare la prima celebrazione dell'&yóv ἱερός al 2 d.C. Infatti i consoli citati sul lato destro, T. Statilius Severus e L. Alfidius Herennianus, furono in carica nel 171 d.C. (Groag, PIR?, A, 526). Poiché i Sebastà avevano luogo

in tutti gli anni pari non divisibili per quattro (vd. Moretti, /scr. agonistiche, p. 205), l'iscrizione del lato anteriore può datarsi al 170 d.C. Contando a ritroso 43 celebrazioni si arriva appunto al 2 d.C. L’’Itadig è, infatti, il periodo di quattro anni, che intercorre tra una celebrazione e l'altra, alla stre-

gua dell’’OXvpriég per gli Olympia. Sulla correzione della data di istituzione: R.M. Geer, in Trans. Am. Philol. Ass., 66, 1935, p. 212; R. Rieks, in Hermes, 98, 1970, p. 99 5. Linn. 5-6: la gara di δίαυλος vinta da 7. Flavius Euanthes era riservata ai fanciulli cittadini, così come un'altra gara di corsa era disputata solo dalle figlie dei buleuti (vd. n. 66). Lin. 8: per il culto dei Dioscuri cfr. n. 1. Gli onori tributati a queste divinità da 7. Flavius Euanthes e dalla sua famiglia, più che dalle tradizioni cultuali della fratria, sono motivati, a mio parere, dal

rapporto tra i Dioscuri e il mondo agonistico. Tale rapporto è ben documentato altrove: per esempio ad Olympia (Pind., O/., III, 36; Paus., V, 8, 4. 15, 5) e a Taranto (E. Petersen, in Rom. Mitt.,

15, 1900, pp. 31-61. Cfr. P. Wuillemier, Tarente des origines à la conquéte romaine, Paris 1939, p. 429 e p. 519; G. Giannelli, Culti e miti della Magna Grecia, Firenze 1963, p. 38 s.).

Lin. 11: l'uso del termine τάγμα in contesto agonistico non è attestato. Si potrebbe pensare ad una sorta di batteria eliminatoria, ma non è da escludere che anche qui come altrove la parola traduca il latino ordo (cfr. n. 82, lin. 10). In tal caso Flavio Zosimo si sarebbe distinto in una gara

ancora più esclusiva di quella vinta dal fratello. Lin. 12: sull’uso di βραβεῖον e βραβεῖα per indicare i premi conferiti in una gara vd. J. e L. Robert, Bull. épigr., 1977, 236; L. Robert, in Compt. Rend. Acad. Inscr., 1982, pp. 263-265.

Lin. 13: per la fratria degli Eumeleidai vd. n. 2.

53 Frammento di blocco marmoreo, alto 0,24, largo 0,265, spesso 0,23; lettere da 0,028 a 0,031. Databile ad età imperiale. Rinvenuto nella chiesa di S. Lorenzo Maggiore [cfr. n. 40] durante i lavori di restauro della tomba di Carlo di Durazzo, riutilizzato come dado di appoggio per l’angelo reggicortina di destra: A. De Franciscis, in Not. Sc., 1947, p. 111 s., da cui J. e L. Robert, Bull. épigr., 1951,

251 a. Attualmente in deposito presso il convento di 5. Lorenzo Maggiore (un calco in gesso è nel Museo Archeologico Nazionale, deposito epigrafico, s.n.). trascrizione e foto alla pagina seguente Lin. 1: NE in legatura, secondo omicron molto rimpicciolito; πυθιονείχ(ου) ιβ΄ De Franciscis;

rubrovetxfoh B correggono i Robert. Linn. 2-3: integró De Franciscis. Lin. 1: l’uso del genitivo pone qualche problema di integrazione. Si potrebbe forse pensare ad uno schema del tipo [Oi πολῖται ἀνέθηχαν τὴν εἱχόνα τοῦ δεῖνος πρώτου xai μόνου τῶν Νεαπολιτ])ῶν, a meno che il genitivo non dipenda da un patronimico (cfr. /GUR 238. 240).

ISCRIZIONI

AGONISTICHE

93

[ - - -Jov πυθιονείχου β΄ [-

- - πλε]ιστονείχου

[- - ξυστά]ρχου διὰ βίου

Della penultima lettera resta solo la parte inferiore, per cui sono possibili entrambe le letture proposte. Tuttavia non hanno torto i Robert a ritenere alquanto inverosimile il conseguimento di ben dodici vittorie pitiche. Lin. 3: sul titolo di ξυστάρχης vd. n. 49, lin. 3.

I frammenti successivi, dal n. 54 al n. 80, provengono nella quasi totalità da via della Selleria (cfr. n. 18) e appartengono a cataloghi di vincitori degli ᾿Ιταλικὰ ἹΡωμαῖα Σεβαστὰ ἰσολύμπια (cfr. n. 52). A causa del comune luogo di rinvenimento è possibile inserire in questo gruppo anche frammenti di dubbia interpretazione come i nn. 64. 69. 70. 72. 75-80. La concentrazione di ritrovamenti in via della Selleria e la scoperta in area adiacente di un edificio colonnato, di una statua di Nike e di un’erma di Herakles rendono plausibile l’ipotesi che il ginnasio di Neapolis fosse sito nei pressi di piazza N. Amore: vd. Capasso, Napoli, p. 17 s.; M. Napoli, in Storia di Napoli, pp. 407. 442. 444; W. Johannowskj presso G. Russo, La città di Napoli dalle origini al 1860, Napoli 1960, p. 500; S. Adamo Muscettola, in Napoli antica, p. 413 s. (con altra bibliografia).

54 Grosso frammento di lastra marmorea (integro a sinistra e apparentemente anche in alto) rotto in undici pezzi, alto 0,904, largo 0,530, spesso 0,025; lettere da 0,025 a 0,038. Gli undici pezzi sono tutti restaurati tranne il secondo a partire dal lato superiore sinistro (alto 0,212, largo 0,154; lettere da 0,025 a 0,036), che è conservato separatamente. Databile al 178, 182 o 186 d.C. Rinvenuto in via della Selleria [cfr. n. 18]: F. Colonna, in Not. Sc., 1890, p. 41. Nell'ex Museo civico di Donna-

regina: Civitelli, Nuovi frammenti, pp. 1-32; Colonna, Scoperte, p. 389; id., Museo civico, p. 36 s.,

94

ISCRIZIONI GRECHE

D'ITALIA. NAPOLI I

n. 1. Nel Museo Archeologico: E. Miranda, in Rend. Acc. Arch. Napoli, 57, 1982, pp. 165-176, tavv.

I-II. Museo Archeologico Nazionale, ex deposito frammenti e deposito epigrafico, s.n. [Exi ὑπάτων τῶν δείνων] [ἀγωνοθετούντων τῶν δείνων] [δημαρχοῦντος τοῦ δεῖνος, οἵδε ἐνείχων] [ταλικὰ ‘"Pwpata Σεβαστὰ ἰσολύμπια"]

[Μουσιχῷ - ------------- ]

[gara ignota] [ὁ δεῖνα τοῦ δεῖνος τῶν ἐν τῷ 9] Ἑρμί(ωνθίτῃ ?) χληρούχων Γαβ[αϊ ἀπὸ χώμης ?] ποιητ(ὴς) λ[υριχῶν μελῶν]

Γρανιάνος Φαν[ίας ᾿Αρτεμίδωρος - - - -] 5

διὰ πάντων] A. Αυρ(ήλιος) ᾿Απόλαυστος [Μέμφιος] vac. vac. ‘Inno δὲ év[e(]xoov EIXT- - - - - ]

συνωρίδι πῶ[λων] Τείμανδρος "Erepy[opevod - - - -]

b.

Σεπτίμ(ιος) Ἑρμόφιλος [- - - -] συνωρίδι τε[λείων] Οὐαλί(έριος) ᾿Αρποχρατίων [- - - -] χέλητι τελε[ίων]

Φηλιξ vac. Προί- - - - - - - - ] 15

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