Internazionale N.1532 - 06-12 Ottobre 2023

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SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03 ART 1, 1 DCB VR • AUT 9,60 € • BE 8,60 € CH 10,30 CHF • CH CT 10,00 CHF D 11,00 € • PTE CONT 8,30 € • E 8,30 €

6/12 ottobre 2023 Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo

n. 1532 • anno 30

internazionale.it

4,50 €

Teju Cole Oltre la bellezza di Vermeer

Società Accumulatori seriali

Slovacchia A Bratislava vincono i populisti

Intelligenza artificiale

La nuova rivoluzione scientifica Accelerare il ritmo della ricerca può inaugurare un’altra epoca di progressi e scoperte

6/12 ottobre 2023 • Numero 1532 • Anno 30 “Il cinema intelligente prevale sul potere ottuso”

Sommario La settimana

JAKUB MAJMUREK A PAGINA 86

6/12 ottobre 2023 Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo

n. 1532 • anno 30

internazionale.it

4,50 €

Teju Cole Oltre la bellezza di Vermeer

Società Accumulatori seriali

Slovacchia A Bratislava vincono i populisti

IN COPERTINA

Una rivoluzione scientifica SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03 ART 1, 1 DCB VR • AUT 9,60 € • BE 8,60 € CH 10,30 CHF • CH CT 10,00 CHF D 11,00 € • PTE CONT 8,30 € • E 8,30 €

Utilità Intelligenza artificiale

La nuova rivoluzione scientifica Accelerare il ritmo della ricerca può inaugurare un’altra epoca di progressi e scoperte

L’intelligenza artificiale applicata alla ricerca potrebbe accelerare significativamente il ritmo delle scoperte e cambiare per sempre il nostro modo d’intendere la conoscenza (p. 44). Immagine di Doug Chayka

Giovanni De Mauro FRANCIA

20 L’allarme per le cimici si tinge di razzismo Libération SLOVACCHIA

22 A Bratislava vincono i populisti Hospodářské noviny SICUREZZA

25 I poliziotti keniani

E LAVORO

56 L’economia

111 Aspettative

dei panda Sixth Tone

rischiose sul petrolio Bloomberg

SOCIETÀ

62 È finito

Cultura

lo spazio The Guardian

Cucina indigena Die Zeit PORTFOLIO

ARGENTINA

80 Panorami selvaggi

AUSTRALIA

30 La voce indigena divide il paese Nikkei Asia VISTI DAGLI ALTRI

35 L’estate avvelenata

Silvia Camporesi VIAGGI

Fergana.ru

Rana Foroohar

42

Pankaj Mishra

88

Giorgio Cappozzo

90

Nadeesha Uyangoda

92

Giuliano Milani

96

Claudia Durastanti

102 Leonardo Caffo

isole Tremiti Pastoraccia

16

Posta

19

Editoriali

CINEMA

115

Strisce

85 Una visione

117

L’oroscopo

118

L’ultima

limitata Krytyka Polityczna POP

105 Altri buoni motivi

Il nuovo Internazionale Kids è in edicola

40

Dalla redazione di Internazionale

TURCHIA

CINA

Le opinioni

8

82 Cartoline dalle

98 Oltre la bellezza

che guarisce Al Jazeera

Domenico Starnone

Le rubriche

GRAPHIC JOURNALISM

che sconvolse Seveso e la Lombardia Le Monde

50 La musica

16

RITRATTI

74 Tesori mai visti

al centro della campagna elettorale El País

Cinema, libri, suoni

70 Sean Sherman.

contro le gang di Haiti The Nation

28 La povertà

88

Articoli in formato mp3 per gli abbonati

di Vermeer Teju Cole SCIENZA

per vietare il glifosato Mediapart ECONOMIA

Internazionale pubblica in esclusiva per l’Italia gli articoli dell’Economist.

Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

7

internazionale.it/sommario

La scienziata ungherese Katalin Karikó e il collega statunitense Drew Weissman hanno cominciato le loro ricerche sull’rna messaggero all’inizio degli anni duemila. La scoperta per cui hanno appena ricevuto il Nobel risale al 2005. E quando l’hanno fatta probabilmente mai avrebbero pensato che quindici anni dopo avrebbe consentito di sviluppare in tempi rapidi i primi vaccini contro il covid, contribuendo così a sconfiggere “una delle più grandi minacce alla salute umana dei tempi moderni”, come è scritto nella motivazione del premio. Il biochimico André Hudson spiega su The Conversation che la ricerca di base è un tipo d’indagine che ha come obiettivo principale la comprensione di fenomeni naturali. Le applicazioni pratiche non sono la priorità, ed è giusto che sia così. Dagli antibiotici ai raggi x, la storia della scienza è piena di scoperte, a volte inaspettate, che hanno avuto effetti importanti o addirittura rivoluzionari. Ma dato che l’utilità immediata del lavoro degli scienziati può essere difficile da vedere, è facile pensare che sia uno spreco di denaro o di tempo. Per questo servirebbe una maggiore alfabetizzazione scientifica, che aiuti a capire quanto sia fondamentale la ricerca di base per le scoperte future, comprese quelle che avranno effetti importanti. Perché gli scienziati allevano zanzare nei loro laboratori? Perché studiano gli uccelli migratori? Perché spendiamo miliardi di dollari per portare oggetti nello spazio? Perché guardiamo ai confini dell’universo e studiamo le stelle quando sono lontane milioni e miliardi di anni luce? “La ricerca spesso consiste nel vedere qualcosa di sorprendente, voler capire il perché e decidere d’indagare ulteriormente. Le prime scoperte partono sempre da una semplice domanda: ‘Come?’”. Siamo una specie che cerca risposte a cose che non conosce, conclude Hudson. E finché la curiosità farà parte dell’umanità, saremo sempre alla ricerca di risposte. u

Dalla redazione di Internazionale Per ritrovare gli articoli di cui si parla in questa pagina si può usare il codice qr o andare qui: intern.az/1I3b

Internazionale.it Articoli

POPPERFOTO/GETTY

Video

Il disastro del Vajont Il 9 ottobre 1963, alle 22.39, milioni di metri cubi di roccia si staccarono dal monte Toc e scivolarono nel bacino della diga del Vajont, tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia. La frana provocò un’onda che rase al suolo Longarone e altri centri abitati vicini. Morirono 1.910 persone. Un disastro annunciato, raccontato dal reportage video di Pierpaolo Mittica.

MIGRANTI

SCIENZA

Perché i naufragi non fanno più notizia Nel 2013 morirono 368 persone al largo di Lampedusa. “Mai più”, si disse. Ma poco è cambiato.

Le notizie di scienza della settimana La temperatura media del pianeta in aumento, sandali e cesti preistorici: l’attualità scientifica.

LAVORO

CAUCASO

Il futuro della Gkn è il nostro futuro Giorgia Meloni difendeva i lavoratori dello stabilimento. Oggi fa marcia indietro.

Il rischio di una nuova guerra Dopo quella nel Nagorno Karabakh, nella regione ci sono altre situazioni pronte a esplodere.

SESSO

Cornuti veri, tradimenti inventati Si vede che stai mentendo quando dici di vivere la fantasia di cuckolding che più ti attrae.

La rivincita degli 883 Accusati di essere irrilevanti e di sfruttare l’effetto nostalgia, hanno invece fatto scuola.

GATTI

Cile 1973

MUSICA

Newsletter Economica La newsletter su economia e lavoro. A cura di Alessandro Lubello, ogni venerdì. Americana Cosa succede negli Stati Uniti. A cura di Alessio Marchionna, ogni domenica. Doposcuola La newsletter su scuola, università e ricerca. A cura di Anna Franchin. Ogni due settimane, il sabato.

Risucchiati da TikTok ◆ Sigrid, Benjamin e Amanda hanno tra gli 11 e i 14 anni, vivono in Svezia e hanno tutti e tre un profilo su TikTok. In questo articolo, tradotto dal giornale svedese Kamratposten, raccontano i loro dubbi a proposito del social network nato per condividere video e amato dagli adolescenti.

8

ATTUALITÀ

Azione! Perché il mondo del cinema è in sciopero.

In edicola, in libreria e online c’è il nuovo volume di Internazionale storia: Cile 1973. A cinquant’anni dal colpo di stato militare che rovesciò il governo di Salvador Allende e aprì la terribile stagione della dittatura di Augusto Pinochet, 192 pagine di articoli della stampa internazionale dal 1971 a oggi.

SCIENZA

A che serve l’economia Molti pensano che abbia solo a che fare con i soldi, ma in realtà si occupa anche di felicità.

Mediorientale Cosa succede in Medio Oriente. A cura di Francesca Gnetti, ogni mercoledì. Internazionale ha tredici newsletter. Per scoprirle tutte e iscriverti: internazionale.it/newsletter

Vocabolario felino I gatti comunicano il loro stato d’animo con ogni parte del corpo, dai baffi alla coda. Ecco tredici segnali segreti per capire cosa provano.

Cile 1973 Il governo di Allende, il golpe e la dittatura di Pinochet nella stampa di tutto il mondo

FUMETTI

In edicola

Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

Moon kids Avventure spaziali. Sul serio? Come fare ricerche online. La storia di Anita Conti Una vita in difesa degli oceani.

In edicola, in libreria e online

Immagini Occhi puntati Stoccolma, Svezia 3 ottobre 2023 Giornalisti aspettano l’annuncio dei vincitori del premio Nobel per la fisica nella sede dell’Accademia reale svedese delle scienze. Quest’anno l’assegnazione dei Nobel è stata caratterizzata da un incidente imbarazzante: un’email con i nomi dei vincitori del premio per la chimica è stata inviata al quotidiano svedese Dagens Nyheter diverse ore prima che la selezione fosse ufficialmente conclusa. Inoltre alcuni hanno criticato la decisione di premiare uno scienziato russo, definendola inopportuna alla luce dell’invasione dell’Ucraina. Foto di Anders Wiklund (Epa/Ansa)

Immagini Il fiume è in secca Manacapuru, Brasile 27 settembre 2023 Un’imbarcazione sul Rio delle Amazzoni, in un tratto in cui il fiume è ancora navigabile ma il livello delle acque si è abbassato notevolmente. La causa è una grave siccità, che sta infliggendo enormi danni sia alla fauna fluviale sia alle migliaia di persone che vivono vicino al corso d’acqua. Il governo brasiliano sta studiando delle misure per aiutare chi di solito usa il Rio delle Amazzoni per trasportare generi alimentari e altri beni di prima necessità. Molti abitanti degli stati di Amazonas e Acre ricevono acqua, cibo e medicinali attraverso un ponte aereo. Foto di Edmar Barros (Ap/Lapresse)

Immagini Sotto copertura Goma, Rdc 15 settembre 2023 Un testimone, mascherato per non essere riconosciuto, al tribunale militare di Goma, nell’est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc). Era atteso al processo contro sei soldati e ufficiali congolesi accusati di aver ucciso 56 civili e di averne feriti 75. Il 30 agosto i militari avevano aperto il fuoco contro la folla che si era radunata in città per protestare contro la presenza nel paese delle truppe della Comunità dell’Africa orientale e della Monusco, la missione delle Nazioni Unite. Un colonnello è stato condannato a morte e altri tre militari a dieci anni di carcere. Foto di Arlette Bashizi (Reuters/Contrasto)

[email protected] Internazionale a Ferrara u Sono un cittadino ferrarese e vorrei ringraziarvi per questa edizione del festival appena conclusa. Quest’anno ho sperimentato emozioni particolarmente forti. Grazie per le mille proposte di pensiero, riflessione e possibilità di approfondire. Avete regalato per l’ennesima volta cultura alla mia città. Marco Segarini

Storie vere u Sono una statistica e sono rimasta un po’ delusa dall’ultima storia raccontata nella mia rubrica preferita: “Storie vere” (Internazionale 1531). Viene presentato il caso di una famiglia con tre figli nati tutti lo stesso giorno, sostenendo che accadrebbe una sola volta su 48 milioni, numero ottenuto moltiplicando 3 eventi con probabilità di uno su 365. Ma, assumendo che questa famiglia non stesse cercando di seguire un piano familiare incredibilmente meticoloso, che non esistano anni bisestili (per pratici-

tà) e che un bambino abbia la stessa probabilità di nascere in ogni giorno dell’anno, dato che il primo figlio avrebbe potuto nascere in qualsiasi giorno non dovrebbe comparire nella formula. Perciò dovremmo moltiplicare solamente le probabilità di 2 eventi, ciascuno con probabilità pari a 1 su 365, e così facendo risulterà una probabilità di 1 su 133mila. Ciò fa di questo evento un caso sicuramente raro, ma non inverosimile. Quindi ciò che sembra impossibile in realtà non lo è. Paola Tellaroli

I naufragi non fanno più notizia u Complimenti ad Annalisa Camilli per la sua analisi ricca di riferimenti (internazionale. it). Come molti, speriamo moltissimi, mi sono commossa vedendo il film di Garrone Io capitano, ma ho anche provato molta rabbia pensando che il protagonista di una delle vicende che l’ha ispirato, quella del ragazzo alla guida della carretta del mare, è stato accusato di essere uno “scafista”. A

scuola leggevo nel sussidiario che tra le fonti di reddito di alcune regioni italiane c’era la voce “rimesse degli immigrati”. Non potremmo pensare che lo slogan “aiutarli a casa loro” si potrebbe declinare attraverso una buona integrazione di chi arriva e manda al proprio paese soldi che aiutano davvero l’economia? Mi piacerebbe sapere quanto spendiamo per reprimere, respingere, costringere (per non parlare dei costi in termini di salute psichica e fisica) e quanto ci costerebbe accogliere, formare, integrare le persone che arrivano e che sono portatrici di speranze e non solo di miserie. Alessandra Orsi Errori da segnalare? [email protected] PER CONTATTARE LA REDAZIONE

Telefono 06 441 7301 Fax 06 4425 2718 Posta via Volturno 58, 00185 Roma Email [email protected] Web internazionale.it INTERNAZIONALE È SU

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Dear Daddy Claudio Rossi Marcelli

Un’apertura importante Da circa dieci anni conduco una vita basata sugli insegnamenti cristiani. Mi è capitato di ricevere inviti di amici o colleghi per matrimoni omosessuali e mi sento un po’ a disagio nel rifiutare ma allo stesso tempo convinto nel farlo. Partecipandovi sentirei di prendere in giro me stesso e quello in cui credo. La libertà di opinione, nel rispetto del prossimo, non dovrebbe essere reciproca? –Francesco A me sembra che la tua libertà di opinione sia perfettamente garantita, visto che nessuno ti

16

obbliga a partecipare a cerimonie che ti turbano così profondamente. Ovviamente poi dovrai accettare le conseguenze umane del tuo rifiuto: i tuoi amici e colleghi gay capiranno che non accetti il loro modo di essere e trarranno le loro considerazioni sul rapporto che vogliono avere con te. Ma questo è il prezzo da pagare quando si decide di seguire i propri princìpi, che vale per te e anche per loro. Poi c’è un discorso più profondo. Sui social gira un meme che dice: “Sei contrario al matrimonio omosessuale? Allora non ti sposare un omosessuale”. Per come la vedo io,

Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

la tua libertà è garantita dal fatto che nessuno ti obbliga a sposarti con un uomo, e non è in contraddizione con la libertà degli altri di farlo. Fai bene a vivere secondo i tuoi princìpi, ma non dovresti giudicare chi vive secondo i suoi. Il papa Francesco dieci anni fa ha detto: “Chi sono io per giudicare un gay?”. E questa settimana ha aperto la porta alla benedizione in chiesa per le coppie omosessuali. Su questi temi la chiesa cattolica sta dimostrando di voler essere più aperta, invitando anche i fedeli a esserlo. [email protected]

Parole

Domenico Starnone

Puro movimento

u Migrare sta perdendo l’e e l’im. Fino a qualche tempo fa c’era l’emigrante, ora c’è il migrante. Fino a qualche tempo fa c’era l’immigrato, ora non c’è nemmeno il migrato. Difficile dire se è un fatto positivo o negativo. L’emigrante esibiva quell’e che era un residuo di ex, indicava il moto da un qualche luogo di partenza. L’immigrato esibiva quell’im, un adattamento di in che indicava un qualche luogo d’arrivo. A quel modo però i due participi, emigrante e immigrato, ricordando di continuo che c’era gente che portava un proprio altrove dentro il nostro qui, finivano per assomigliare fastidiosamente a estraneo, straniero, strano e sì, anche extracomunitario. Forse per questo è prevalso migrante, puro movimento, senza più il segnale di ciò che si è dolorosamente lasciato, senza più il segnale di ciò che faticosamente, angosciosamente, si è trovato. E tutto sommato funziona. Cosa fanno quelle persone? Migrano. Chi è quel signore? Un migrante. Di chi sono quei corpi irrigiditi dalla morte per acqua? Be’, anche se hanno smesso per sempre di migrare, sono di migranti. Eppure la parola, così suggestiva nella sua semplificazione, appare a tratti svuotata. Di cosa? Di umanità, una costruzione complessa sempre prossima a franare. Oggi per troppi c’è sempre meno differenza tra le migrazioni dell’animale uomo e quelle degli altri animali. Anzi queste ultime fanno più simpatia.

T HE GRE AT ES T S T ORY E V E R WO RN 15 0 Y E A RS O F L E V I’ S ® 5 0 1®

Questa è la storia vera di un carico molto

dentro un barile. Ma nonostante tutto ciò che

prezioso, di pescherecci che andavano negli

è stato importato, la vera storia è quanto è

Stati Uniti negli anni settanta e ritornavano

accaduto dopo. La storia dei giamaicani che

a Kingston con i barili pieni di blue jeans.

hanno esportato in quantità industriali il

®

®

Ebbene sì: i jeans Levi's 501 arrivavano in

loro stile nel mondo. Una rivoluzione partita

Giamaica nascosti insieme ai dischi di rock

dalle sale da ballo e arrivata in ogni angolo

'n' roll, ai film western e a tutta la cultura

del mo ndo. E questa è un'isola influente

pop americana che si può riuscire a infilare

nella storia più bella mai indossata.

L E V I.C OM

Editoriali

Un altro vaccino contro la malaria “Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante se ne sognano nella vostra filosofia” William Shakespeare, Amleto Direttore Giovanni De Mauro Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen, Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini Editor Giovanni Ansaldo (opinioni), Daniele Cassandro, Carlo Ciurlo (viaggi, visti dagli altri), Gabriele Crescente (scienza, ambiente), Camilla Desideri (America Latina), Francesca Gnetti (Medio Oriente), Alessandro Lubello (economia), Alessio Marchionna (Stati Uniti), Stefania Mascetti (Europa, caposervizio) Andrea Pipino (Europa), Francesca Sibani (Africa), Junko Terao (Asia e Pacifico), Piero Zardo (cultura, caposervizio) Copy editor Giovanna Chioini (caposervizio), Anna Franchin, Pierfrancesco Romano (coordinamento, caporedattore) Photo editor Giovanna D’Ascenzi (web), Mélissa Jollivet, Maysa Moroni, Rosy Santella (web) Impaginazione Beatrice Boncristiano, Pasquale Cavorsi (caposervizio), Marta Russo Podcast Claudio Rossi Marcelli, Giulia Zoli (caposervizio) Web Annalisa Camilli, Simon Dunaway (notizie), Giuseppe Rizzo, Giulia Testa Internazionale Kids Alberto Emiletti, Martina Recchiuti (caporedattrice) Internazionale a Ferrara Luisa Ciffolilli, Gea Polimeni Imbastoni Segreteria Monica Paolucci, Gabriella Piscitelli Correzione di bozze Lulli Bertini, Sara Esposito Traduzioni I traduttori sono indicati dalla sigla alla fine degli articoli. Alessandra Bertuccelli, Stefania De Franco, Francesco De Lellis, Andrea De Ritis, Giusy Muzzopappa, Dario Prola, Francesca Rossetti, Fabrizio Saulini, Andrea Sparacino, Bruna Tortorella, Nicola Vincenzoni Disegni Anna Keen. I ritratti dei columnist sono di Scott Menchin Progetto grafico Mark Porter Hanno collaborato Giulia Ansaldo, Cecilia Attanasio Ghezzi, Francesco Boille, Jacopo Bortolussi, Catherine Cornet, Sergio Fant, Claudia Grisanti, Ijin Hong, Anita Joshi, Alberto Riva, Concetta Pianura, Francesca Spinelli, Laura Tonon, Pauline Valkenet, Guido Vitiello Editore Internazionale spa Consiglio di amministrazione Brunetto Tini (presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot (vicepresidente), Alessandro Spaventa (amministratore delegato), Antonio Abete, Giovanni De Mauro Sede legale via Prenestina 685, 00155 Roma Produzione e diffusione Angelo Sellitto Amministrazione Tommasa Palumbo, Arianna Castelli, Alessia Salvitti Concessionaria esclusiva per la pubblicità Agenzia del Marketing Editoriale srl Tel. +39 06.69539344 - Mail: [email protected] Subconcessionaria Download Pubblicità srl Stampa Elcograf spa, via Mondadori 15, 37131 Verona Distribuzione Press Di, Segrate (Mi) Copyright Tutto il materiale scritto dalla redazione è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Internazionale, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. Per questioni di diritti non possiamo applicare questa licenza agli articoli che compriamo dai giornali stranieri. Info: [email protected]

Registrazione tribunale di Roma n. 433 del 4 ottobre 1993 Iscrizione al Roc n. 3280 Direttore responsabile Giovanni De Mauro Chiuso in redazione alle 19 di mercoledì 4 ottobre 2023 Pubblicazione a stampa ISSN 1122-2832 Pubblicazione online ISSN 2499-1600 PER ABBONARSI E PER INFORMAZIONI SUL PROPRIO ABBONAMENTO Numero verde 800 111 103 (lun-ven 9.00-19.00), dall’estero +39 02 8689 6172 Fax 030 777 23 87 Email [email protected] Online internazionale.it/abbonati LO SHOP DI INTERNAZIONALE Numero verde 800 321 717 (lun-ven 9.00-18.00) Online shop.internazionale.it Fax 06 442 52718 Imbustato in Mater-Bi

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The Guardian, Regno Unito Dopo quasi sessant’anni di ricerche, gli scienziati sono riusciti in un’impresa che sembrava impossibile: il mondo ora ha ben due vaccini contro la malaria. Che siano necessari è sicuro. La malaria è ancora una delle malattie infettive più letali al mondo: provoca ogni anno mezzo milione di morti, soprattutto bambini sotto i cinque anni. La complessità della sfida ha fatto sì che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sia arrivata ad approvare un vaccino (l’Rts,s) solo due anni fa. Ora ne ha approvato un altro. L’R21 è più facile ed economico da produrre, e usato insieme ad altri strumenti, come le zanzariere trattate con insetticida, salverà molte vite. Servono però quattro dosi perché abbia effetto: un problema non da poco quando i fattori che facilitano la diffusione della malaria (povertà, carenza di infrastrutture, servizi sanitari scadenti e insicurezza) sono gli stessi che rendono difficile somministrare il vaccino. La malaria è scomparsa dall’Europa occidentale negli anni trenta e dal 2000 è stata eliminata da altri ventuno paesi. Ma l’ambizioso obiettivo fissato nel 2015 – ridurre i contagi e i decessi del 90 per cento entro il 2030 – oggi

sembra irraggiungibile. I casi sono aumentati negli ultimi anni, passando da 232 milioni nel 2019 a 247 milioni nel 2021. Le cause sono molte: le interruzioni dei servizi di prevenzione e cura durante la pandemia, il riscaldamento globale, la resistenza delle zanzare agli insetticidi e dei parassiti ai farmaci. C’è anche il problema della carenza di fondi: secondo l’Oms, l’anno scorso è stata raccolta metà dei 7,3 miliardi di dollari necessari. Il nuovo vaccino non è una panacea. Ma in un momento in cui la lotta contro questa infezione sembrava infruttuosa, è un progresso importante e promettente. Gli scienziati sono impegnati su vari fronti. La ricerca dovrà sviluppare vaccini che offrono una protezione migliore o più prolungata. L’assegnazione del premio Nobel per la medicina a Katalin Karikó e Drew Weissman, che con il loro lavoro hanno reso possibile il vaccino a mRna contro il covid-19, mostra lo straordinario potenziale offerto da questa tecnologia. Nella lotta contro la malaria ci saranno altre battute d’arresto. Ci saranno però anche successi, e quando arriveranno bisognerà riconoscerli e celebrarli. ◆ gim

Crisi istituzionale a Washington Le Monde, Francia Possiamo ancora contare sugli Stati Uniti? La domanda è legittima dopo aver assistito allo spettacolo, a metà tra commedia e tragedia, che il 3 ottobre ha portato alla destituzione del repubblicano Kevin McCarthy da speaker della camera (la terza carica dello stato). McCarthy è stato estromesso dalla fazione di estrema destra del suo partito. Ha finito per essere divorato dalla tigre che pensava di poter cavalcare. Ma in ballo c’è molto di più del suo futuro politico: c’è la tenuta istituzionale della prima potenza mondiale e la capacità di Washington di aiutare l’Ucraina a resistere all’aggressione russa. La vicenda mostra che il Partito repubblicano si è trasformato in una forza del disordine, sottomesso al volere dell’ex presidente Donald Trump, che è finito spalle al muro a causa di una serie di procedimenti giudiziari. Compromessi dal tentativo di ribaltare i risultati delle elezioni del 2020, i leader repubblicani si sono rivelati incapaci – a cominciare da McCarthy –

di rompere il legame con Trump. Il loro servilismo alla fine non ha pagato. Oggi l’ex presidente ostacola il partito disertando i dibattiti tv delle primarie e insultando i suoi avversari. Immaginiamo che agghiacciante struttura di potere potrebbe mettere in piedi se dovesse vincere le elezioni presidenziali del 2024. La crisi dei repubblicani è il frutto di una serie di storture del meccanismo democratico, a cominciare dalle primarie dei partiti, che coinvolgono solo un elettore su cinque e quindi favoriscono i candidati radicali. Oggi gli Stati Uniti sono spaccati in due blocchi in disaccordo su tutto: in questa situazione i compromessi politici sono inaccettabili. Il cumulo di macerie in cui si è trasformata la camera dei rappresentanti preoccupa inevitabilmente gli alleati degli Stati Uniti e fa esultare i loro avversari, che oggi possono contare sulla cecità di quei deputati repubblicani convinti di essere dei patrioti. ◆ as Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Europa

MIGUEL MEDINA (AFP/GETTY)

Prodotti contro le cimici dei letti in un negozio di Parigi, 3 ottobre 2023

FRANCIA

L’allarme per le cimici si tinge di razzismo Jonathan Bouchet-Petersen, Libération, Francia Nelle ultime settimane aumentano in Francia le segnalazioni di questi insetti nelle case, nei cinema, sui treni. È assurdo accusare i migranti, serve un intervento dello stato

zione. È possibile che le persone che non hanno la stessa igiene di chi vive sul territorio francese abbiano portato le cimici, considerando anche che molte vivono in strada e forse non hanno accesso a tutti i servizi di cui beneficiano gli altri? ”. La risposta dello specialista è arrivata immediata, e deludente: “Assolutamente no”.

robabilmente consapevole di quanto fosse offensivo quello che stava per dire, la stella della tv di estrema destra CNews, Pascal Praud, ha messo le mani avanti: “Devo pormi tutte le domande del caso”. Il 30 settembre, nel suo appuntamento quotidiano, Praud ha affrontato la questione delle cimici dei letti, che si sta ormai trasformando in una psicosi, con gli utenti dei social network che documentano la loro presenza in un cinema o sui mezzi di trasporto. L’ospite della trasmissione era Nicolas Roux de Bézieux, cofondatore dell’azienda Badbugs e autore di un manuale per sbarazzarsi dei fastidiosi insetti. La domanda è arrivata all’improvviso, nel classico spirito senza filtri di Praud: “In questo momento c’è molta immigra-

Un problema ideologico

P

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Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

Riapparse in Francia negli anni novanta, le cimici dei letti avrebbero infestato dal 2017 più di un’abitazione su dieci, sia nei quartieri poveri sia in quelli benestanti. Questi piccoli insetti succhia sangue, che a volte provocano infezioni, si nascondono nei materassi o nei divani e viaggiano sui vestiti o nei bagagli. La domanda di Praud trasuda un’ideologia disgustosa. Anche se non ha detto apertamente che le cimici e gli immigrati sono due forme di parassiti, l’associazione è evidente, e tra l’altro è abbastanza diffusa sul suo canale tv, in cui l’estrema destra ha spesso campo libero: non solo gli orridi migranti succhierebbero avidamente dallo stato sociale francese, renderebbero più insicure città e campagne e

svolgerebbero illegalmente i lavori che spetterebbero ai bravi francesi, ma sarebbero addirittura la causa dell’invasione di un altro tipo di parassita, le cimici dei letti. Vista la risposta dell’esperto, alla fine della trasmissione Praud ha cercato di smorzare l’osservazione che aveva fatto, sottolineando che anche i turisti trasportano gli insetti. Ma la mezza marcia indietro non cambia nulla. Se il suo obiettivo (ed è suo diritto) era parlare della mancanza d’igiene come causa della diffusione d’insetti che nessuno vorrebbe mai trovarsi in casa, facciamo rispettosamente notare che Praud non ha citato tutte le persone che vivono in strada, i senza tetto, ma ha scelto – che sorpresa! – di concentrarsi sugli immigrati. Il giornalista di France Culture Pierre Robert ha ricordato su Twitter che nell’ottobre 1920, dalle pagine del giornale antisemita Action française, durante la cosiddetta “peste degli straccivendoli” Charles Maurras dichiarava che “il temibile parassita dell’ebreo orientale porta le pulci, la peste e il tifo”. Fatte queste considerazioni, è chiaro che il problema delle cimici dei letti va preso assolutamente sul serio, come potrà affermare chiunque abbia avuto a che fare con questi insetti invasivi, con le loro punture e con la sensazione di impotenza che si prova quando non si riusce a eliminarli. Secondo gli specialisti è difficile dire se oggi le cimici siano più numerose che nel passato, anche se le richieste d’intervento sono certamente aumentate. Nelle ultime settimane alcuni episodi hanno attirato l’attenzione generale sull’argomento, soprattutto a Parigi e Marsiglia. Questo potrebbe aver innescato reazioni eccessive da parte di alcune istituzioni e di molti cittadini privati. Come lo psicodramma di una cliente in un cinema di Bercy, particolarmente ripreso dai mezzi d’informazione, o gli allarmi lanciati dagli autisti della metropolitana marsigliese o dai passeggeri di vari treni ad alta velocità. Che il fenomeno sia in aumento o meno, non possiamo negare che esista e necessiti di una risposta delle istituzioni. La sindaca di Parigi ha chiesto un piano del governo per risolvere “un problema di salute pubblica” che è “un flagello”, soprattutto in vista delle Olimpiadi del 2024. Questa è la strada giusta, lontano da uscite discutibili come quella di Pascal Praud. u as

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Europa SLOVACCHIA

A Bratislava vincono i populisti Martin Ehl, Hospodářské noviny, Repubblica Ceca Il 30 settembre alle elezioni legislative gli slovacchi hanno dato fiducia a Robert Fico, che però non ha i numeri per governare da solo. Intanto l’Europa osserva preoccupata a Slovacchia si sta preparando al quarto governo di Robert Fico, che dovrebbe entrare in carica entro la fine di ottobre. Resta da capire se sarà un esecutivo antioccidentale e antidemocratico o semplicemente più pragmatico, e in che misura la Slovacchia si avvicinerà al modello autoritario ungherese. Con un’affluenza alle urne del 68,5 per cento, la più alta dal 2002, il partito Direzione- Socialdemocrazia(Směr) di Fico ha ottenuto 42 seggi. I liberali di Slovacchia progressista (Ps) ne hanno avuti 32, mentre i socialdemocratici di Hlas (voce) dell’ex premier Peter Pellegrini ne hanno ottenuti 27. Seguono Olano, la coalizione di un altro ex premier, Igor Matovič, con sedici deputati, il Movimento cristiano-

REPUBBLICA CECA

POLONIA

Košice

S L O VA C C H I A Bratislava

UNGHERIA 50 km

Robert Fico nel palazzo presidenziale di Bratislava, il 2 ottobre 2023

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Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

Il nodo del debito

Presov

VACLAV SALEK (CTK/AP/LAPRESSE

L

democratico con dodici deputati, Libertà e solidarietà con undici, e il Partito nazionale slovacco (Sns), con dieci. I due partiti apertamente neofascisti non hanno superato la soglia di sbarramento. Gli slovacchi andranno nuovamente alle urne la prossima primavera per eleggere il capo di stato, figura che dovrebbe fare da contrappeso al premier. La presidente in carica, la liberale Zuzana Čaputová, non correrà per un secondo mandato. Il voto sarà un altro capitolo della difficile lotta tra le fazioni politiche e civili del paese, che sta portando a una forte polarizzazione della società. L’atteggiamento di Fico alla conferenza stampa dopo la vittoria è stato molto

meno aggressivo di quello visto in campagna elettorale. Quando un giornalista straniero gli ha chiesto se stesse pensando all’uscita della Slovacchia dall’Unione europea, ha detto: “Siamo politici pragmatici, razionali, ma di sinistra”. Ha fatto di tutto per sembrare un leader occidentale, con opinioni solo leggermente diverse dagli altri sulla guerra in Ucraina. “La mia priorità è il programma, a distribuire le cariche penserò dopo”, ha detto. Il che, in realtà, conferma i timori dei suoi avversari: Fico vuole sostituire i vertici della polizia e della procura, che considera politicizzati. E questo potrebbe bloccare le indagini su decine di casi di collusione tra la criminalità organizzata e la politica. Molti ritengono che con Fico al governo l’indipendenza di molte istituzioni democratiche, tra cui la magistratura, sarà minacciata. “Fico è tornato. È pronto a prendere il potere, a governare e a vendicarsi. E per la Slovacchia non è una buona notizia. I temi più urgenti sono la sua voglia di vendetta e la posizione del paese sullo scacchiere internazionale”, ha commentato Peter Bárdy, direttore del sito d’informazione Aktuality.sk. Dalle prossime mosse del leader di Směr si capirà quali forze potrebbero comporre il governo e quello che i partner del partito di Fico chiederanno in cambio. La prima scelta potrebbe essere un’alleanza con l’ex compagno di partito Peter Pellegrini e con l’Sns, per arrivare a 79 deputati e a una maggioranza di quattro seggi. Ma questa opzione presenta diverse insidie e sarebbe malvista dalla comunità internazionale. Nei dibattiti tv durante la campagna elettorale, Pellegrini ha affermato che un governo di coalizione con il suo partito non avrebbe mai messo in discussione l’adesione all’Unione europea e alla Nato. Questo potrebbe essere un problema per l’Sns, che ha diversi deputati filorussi e antioccidentali. Per non sfigurare all’estero, e per avere maggior stabilità, a Fico converrebbe un alleato come il Movimento cristiano-democratico, il cui leader ha però escluso ogni collaborazione. In teoria c’è una terza possibilità: se Fico non riuscisse a formare un esecutivo, i liberali del Ps potrebbero mettere in piedi una coalizione con le altre forze democratiche e Hlas. Tuttavia, quest’alleanza

SPAGNA

POLONIA

Sánchez ci riprova

Un milione in piazza Varsavia, 1 ottobre 2023

BEATA ZAWRZEL (NURPHOTO/GETTY)

Il 4 ottobre Pedro Sánchez, leader del Partito socialista e primo ministro uscente, ha cominciato le consultazioni per formare un nuovo governo. Re Felipe VI gli ha dato l’incarico dopo che il capo del Partito popolare Alberto Nuñez Feijóo non era riuscito a ottenere la fiducia del parlamento. Sánchez ha cominciato le consultazioni incontrando Yolanda Díaz, la leader della coalizione di sinistra Sumar (nella foto). Secondo El País i due politici vogliono arrivare velocemente a un accordo e formare un esecutivo entro ottobre. Sarà decisiva la posizione degli indipendentisti catalani.

DANIMARCA

A due settimane dalle elezioni legislative, il leader del partito liberale Piattaforma civica, Donald Tusk, ha portato il 1 ottobre in piazza a Varsavia un milione di persone, una delle più grandi manifestazioni degli ultimi decenni in Polonia. Al corteo hanno partecipato le varie anime dell’opposizione – dalla sinistra di Lewica ai cattolici del Partito popolare – con l’obiettivo di mobilitare l’elettorato per battere la destra ultraconservatrice e nazionalista di Diritto e giustizia (Pis, al governo da otto anni) al voto del 15 ottobre. “I sondaggi confermano che la Polonia è spaccata in due”, scrive Rzeczpospolita, “e che il voto sarà deciso da una piccola percentuale di indecisi, i quali andranno alle urne solo se avranno fiducia nella vittoria. Per questo il corteo è stato importante. Ma ancora di più lo sarà coinvolgere le donne e chi vive nelle città più piccole. Saranno loro a decidere chi governerà la Polonia”. ◆

Nascite vietate in Groenlandia

CAUCASO

CARLOS LUJAN (EUROPA PRESS/GETTY)

rischia di essere un’accozzaglia di breve durata. E se c’è una cosa che gli slovacchi temono è il caos politico. I liberali, comunque, non si rassegnano. “Il Ps è un partito nato per negoziare, non ha fatto campagna contro gli avversari e non ha alimentato conflitti”, nota il politologo Grigorij Mesežnikov. Anche le dichiarazioni del leader Michal Šimečka sono state molto caute. I commentatori concordano sul fatto che se Šimečka fosse in grado di offrire a Pellegrini il posto di premier, Hlas abbandonerebbe Fico. “È tutto nelle mani di Pellegrini, che potrebbe anche decidere di allearsi con i democratici”, dice il sociologo Michal Vašečka. La Slovacchia si trova quindi ad affrontare negoziati molto complicati che, in ogni caso, non possono essere trascinati all’infinito. Qualsiasi futuro governo dovrà occuparsi anzitutto della rapida crescita del debito pubblico. “La prima cosa da fare è rassicurare la comunità internazionale sulla stabilità del paese e la volontà di risanare le finanze pubbliche”, ha detto Štefan Kišš, nuovo deputato del Ps. A suo avviso la Slovacchia ha bisogno di riforme in tutti i settori per poter ricominciare a crescere. Ma questa posizione è in contrasto con le promesse di nuovi sussidi che in campagna elettorale sono state il cavallo di battaglia non solo di Směr, ma anche del partito di Pellegrini. La scorsa settimana il consiglio di bilancio ha rivisto al rialzo la stima del deficit pubblico per l’anno in corso, portandola dal 5,5 al 5,7 per cento. La Slovacchia, che dalla scorsa primavera è amministrata dal governo tecnico del primo ministro Ľudovít Ódor, rischia di dover affrontare un drastico taglio alla spesa pubblica se non sarà formato rapidamente un governo. Dato il livello del debito, per il prossimo anno il ministero delle finanze dovrà arrivare al pareggio di bilancio, anche considerate le regole europee sulla sostenibilità del debito pubblico nel quadro della riforma della governance economica dell’Unione. Se l’esecutivo otterrà rapidamente il via libera dal parlamento, avrà due anni di tempo per mettersi in regola con le nuove norme europee. È un dettaglio importante, considerato che, secondo le previsioni del ministero delle finanze, in Slovacchia il pareggio di bilancio provocherebbe una recessione peggiore di quella causata dalla pandemia. ◆ ab

Sessantasette donne groenlandesi chiedono un risarcimento al governo danese accusandolo di una campagna di controllo forzato delle nascite. Tra il 1966 e il 1970, denuncia un podcast di radio Dr, ad almeno 4.500 donne, alcune adolescenti, sono state applicate a loro insaputa delle spirali contraccettive per limitare le nascite tra la popolazione indigena. L’inchiesta avviata da Copenaghen dovrebbe concludersi nel 2025.

Il disinteresse europeo Dieci giorni dopo la vittoria militare dell’Azerbaigian, la popolazione armena ha lasciato il Nagorno Karabakh e l’autoproclamata repubblica dell’Artskah sta per essere smantellata. “La storia del Nagorno Karabakh, che dichiarò l’indipendenza da Baku dopo un referendum nel 1992, è ufficialmente chiusa. Il problema a questo punto non è a chi

spetterà la sovranità sul territorio, ma sono le conseguenze umanitarie di quest’esodo”, scrive il sito russo Echo. Critico verso le istituzioni europee è invece il quotidiano tedesco Taz: “Negli ultimi mesi l’Unione europea ha osservato senza intervenire il blocco del corridoio di Laçın e ha continuato a comprare gas dalla dittatura azera, anche se tutto faceva prevedere un’escalation del conflitto. E anche ora l’Unione si sta mostrando insensibile alla situazione degli armeni”.

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DONWILSON ODHIAMBO (GETTY)

Africa e Medio Oriente sua immagine di difensore della sovranità haitiana. Ha usato strategie di rivolta popolare, come bloccare un importante terminal di stoccaggio dei carburanti nella capitale Port-au-Prince. I costi legati a quell’attacco stanno compromettendo la capacità operativa del governo. Henry ha il sostegno dell’occidente, ma questo ha aiutato Chérizier a convincere gli haitiani che il premier sia un venduto.

Meglio equipaggiate

Polizia antisommossa in una baraccopoli di Nairobi, Kenya, marzo 2023 SICUREZZA

I poliziotti keniani contro le gang di Haiti Nyaboga Kiage, The Nation, Kenya Mille agenti del Kenya saranno schierati nel paese dei Caraibi per fermare la violenza delle bande criminali. Un giornale di Nairobi descrive i pericoli a cui vanno incontro l governo keniano manderà mille poliziotti ad Haiti all’interno di una missione approvata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 2 ottobre per fermare le violenze indiscriminate legate alla presenza di bande criminali. Ma secondo alcune voci critiche, tra cui quella dell’ex presidente della corte suprema keniana Willy Mutunga, la missione è illegale e rischiosa. Uno dei capi di queste bande, Jimmy Chérizier detto Barbecue, ha lanciato un avvertimento ai paesi stranieri, dicendo che non devono mettere piede ad Haiti. Ha chiesto inoltre la destituzione del primo ministro haitiano Ariel Henry. Chérizier non ritiene di essere un delinquente, ma sostiene che quest’etichetta gli sia stata data dagli stranieri. L’allean-

I

za criminale di cui è il capo, la G9, si oppone a qualsiasi intervento straniero e afferma che le potenze esterne vogliono solo violare i diritti umani. “Combatteremo fino alla morte. Sarà una lotta del popolo haitiano per la dignità del paese”, ha detto Chérizier, secondo cui le cose si sistemeranno solo dopo le dimissioni di Henry. Quella haitiana fu la prima popolazione nera a sconfiggere schiavisti e colonialisti alla fine del settecento. Quel successo, però, si trasformò in una maledizione. I colonialisti francesi isolarono Haiti e la costrinsero a pagare un risarcimento agli ex proprietari di schiavi. Da allora, almeno sette presidenti e primi ministri sono stati mandati via con la forza o sono stati uccisi. L’ultimo presidente, Jovenel Moïse, è stato assassinato nel luglio 2021 da un gruppo di uomini armati. La storia di Chérizier è emblematica del caos di Haiti. Ex ufficiale di polizia, ha acquisito una profonda conoscenza del territorio lavorando in varie parti del paese. Anche se i gruppi criminali, le forze di sicurezza locali e quelle straniere violano spesso i diritti umani, Chérizier ha fatto leva sul nazionalismo per consolidare la

Nel 2020 gli Stati Uniti hanno adottato sanzioni contro Chérizier, accusandolo di essere il responsabile di un massacro avvenuto a Port-au-Prince nel 2018. Nell’attacco al quartiere di La Saline sono state uccise almeno 71 persone, più di quattrocento case sono state distrutte e almeno sette donne sono state violentate. Gli aggressori hanno portato via le vittime dalle loro case, anche dei bambini, prima di ucciderle e abbandonare i loro corpi per strada. Gli Stati Uniti sostengono che “le bande, appoggiate da alcuni politici, reprimono il dissenso nelle zone della capitale dove si registra maggiore adesione alle manifestazioni antigovernative”. Il dipartimento di stato di Washington ha aggiunto che ricevono denaro, protezione politica e armi da fuoco come ricompensa per gli attacchi organizzati, che hanno l’obiettivo di creare instabilità e far tacere le richieste di condizioni di vita migliori dei cittadini. Per questo, sono equipaggiate meglio dei poliziotti. Pochi giorni fa a Port-au-Prince è nata una nuova unità speciale della polizia, l’Unità temporanea antigang, che collaborerà con le truppe straniere per fermare le violenze. Il ministro degli esteri keniano, Alfred Mutua, ha giustificato l’impegno a intervenire precisando che Nairobi non poteva rifiutare l’aiuto chiesto da Haiti. E respinge le accuse secondo cui la decisione del Kenya sarebbe stata influenzata dalle pressioni di alcune grandi potenze. “Alla luce degli straordinari risultati ottenuti dal Kenya” nelle operazioni all’estero di mantenimento della pace, ha precisato Mutua, “il governo haitiano ci ha chiesto di guidare una missione di polizia”. Ha poi aggiunto che altri paesi – Giamaica, Barbados, Antigua e Barbuda – invieranno le loro truppe ad Haiti. Gli Stati Uniti si sono impegnati a finanziare la missione, mentre il Canada fornirà assistenza tecnica. u gim Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Africa e Medio Oriente MATTEO NARDONE (PACIFIC PRESS/GETTY)

Roma, 30 settembre 2023

MAROCCO

RDC

Il divario da colmare

Un medico in politica

Tel Quel, Marocco

Sono state depositate le candidature alle elezioni presidenziali nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc) del 20 dicembre. Il capo di stato uscente Félix Tshisekedi si presenta per un secondo mandato, così come il suo sfidante alle elezioni del 2018, Martin Fayulu. Il 2 ottobre ha annunciato la sua candidatura anche il dottor Denis Mukwege, il ginecologo congolese che nel 2018 ha vinto il premio Nobel per la pace insieme alla yazida Nadia Mourad. Mukwege avrebbe tutte le caratteristiche del candidato ideale, scrive il sito Afrikarabia, ma in politica “è un novellino, non ha il supporto di un partito strutturato e non ha una vera base nazionale. A soli tre mesi dallo scrutinio, ha poco tempo per fare campagna elettorale”.

Ricostruire quella parte di Marocco che è rimasta esclusa dai grandi progetti di sviluppo degli ultimi vent’anni dovrebbe essere una priorità per il governo dopo il terremoto dell’8 settembre, scrive il settimanale Tel Quel. Oltre alla provincia di Al Haouz, la più colpita dal sisma, l’attenzione delle autorità dovrebbe rivolgersi a quelle regioni che hanno accolto gli sfollati e che fanno i conti con il sovraccarico delle strutture sanitarie pubbliche. Con un solo centro ospedaliero universitario a Marrakech e un ospedale provinciale a Taroudant, il ministero della salute ha dovuto inviare delle unità mobili nelle località più sperdute, ma serve che il governo colmi il divario tra le diverse parti del paese. Riguardo alla ricostruzione dei villaggi di montagna, l’architetto Elie Mouyal, specialista di edifici in argilla, mette in guardia dalla cementificazione e dalla tentazione di “una modernità a basso costo che distruggerebbe equilibri antichi”. Invece di portare soluzioni da fuori, dice Mouyal, è importante lasciare alle comunità la possibilità di ricostruire con materiali tradizionali. ◆

ISRAELE

Scarcerato ma non libero Khaled el Qaisi, lo studente italo-palestinese arrestato dalle autorità israeliane il 31 agosto e detenuto per un mese senza accusa né processo, è stato scarcerato. L’ha deciso il 1 ottobre il tribunale di Rishon LeTzion, che però gli ha imposto il divieto di lasciare il paese per sette giorni e l’obbligo di consegnare il passaporto alle autorità. Le indagini sono ancora in corso e lui deve restare a disposizione della magistratura israeliana, spiega The New Arab. Il 30 settembre c’è stata una mobilitazione per la sua liberazione in varie città italiane.

50 km

MOZAMBICO

Mbabane

E S WAT I N I SIRIA

Concessioni salariali

La voce dei siriani

I due più grandi sindacati nigeriani hanno sospeso lo sciopero generale che avevano indetto il 3 ottobre per protestare contro il governo. A fine maggio il presidente Bola Tinubu ha abolito i sussidi pubblici sui carburanti, i cui prezzi da allora sono triplicati, causando rincari di tutti i beni di consumo. Il quotidiano Premium Times spiega che governo e sindacati hanno raggiunto un accordo che, tra i vari punti, prevede il pagamento ai dipendenti pubblici di un premio mensile di 35mila naira (45 dollari), finché non sarà approvato un nuovo salario minimo, che oggi è pari a 30mila naira.

“Sul divano di casa sua a Damasco il cuore di Khaled Khalifa, scrittore, sceneggiatore e amico di tutti i siriani, si è fermato”. Così la poeta siriana Manahal al Sawi ha commentato sul sito libanese Daraj la morte dello scrittore siriano Khaled Khalifa

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MATTEO NARDONE (PACIFIC PRESS/GETTY)

NIGERIA

Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

(nella foto), avvenuta il 30 settembre a 59 anni per arresto cardiaco. Conosciuto all’inizio degli anni novanta come sceneggiatore cinematografico e televisivo, con i suoi romanzi è diventato uno degli autori siriani più noti nel suo paese e all’estero. “Amava la Siria più di qualunque altra cosa”, ricorda un giornalista siriano su Al Araby al Jadid. Nonostante fosse un oppositore del partito Baath al potere e del regime del presidente Bashar al Assad non ha mai lasciato il suo paese, neanche dopo lo scoppio della rivoluzione nel 2011 e i successivi anni di guerra. Nei suoi libri ha trattato argomenti tabù come il settarismo, l’islamismo e la sessualità concentrandosi su temi universali come l’amicizia, la perdita e la speranza.

SUDAFRICA IN BREVE

Eswatini Il 29 settembre sono stati eletti i 59 deputati (tra cui otto donne) della camera bassa del parlamento. Nell’ultima monarchia assoluta africana, l’assemblea ha un ruolo essenzialmente consultivo. Niger Il 3 ottobre la giunta militare guidata dal generale Abdourahamane Tchiani ha indetto tre giorni di lutto nazionale dopo l’uccisione di 29 soldati in un attacco jihadista nell’ovest del paese. Intanto i golpisti hanno accettato la mediazione dell’Algeria per risolvere la crisi politica scoppiata nel paese dopo il colpo di stato del 26 luglio.

Americhe Il mercato centrale a Buenos Aires, 16 marzo 2023

non toccare mai il fondo, mentre non s’intravede una ripresa economica”, dice Salvia. Le conseguenze peggiori ricadono sui bambini: il 56 per cento degli argentini sotto i 15 anni è povero.

TOMAS CUESTA (GETTY)

In caduta libera

ARGENTINA

La povertà al centro della campagna elettorale Mar Centenera, El País, Spagna Il candidato di estrema destra Javier Milei, in testa ai sondaggi per le presidenziali argentine del 22 ottobre, sfrutta la crisi economica e il malcontento dei giovani, sempre più disillusi i questo passo diventeremo la più grande baraccopoli del mondo”, ripete Javier Milei, il candidato di estrema destra alla presidenza dell’Argentina favorito nei sondaggi. Milei fa leva sulla paura degli argentini e sull’impoverimento di un paese che pensa ancora con nostalgia alla sua potenza economica perduta. Nel primo semestre del 2023 la povertà ha superato la soglia del 40 per cento e oggi colpisce 18,6 milioni di abitanti. Il 9,3 per cento della popolazione è indigente: non ha un reddito sufficiente neanche per comprarsi da mangiare. È il dato peggiore dall’inizio del 2021, quando l’Argentina stava uscendo dalla pandemia. Negli ultimi mesi l’economia ha smesso di crescere e l’aumento dei prezzi

“D

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ha accelerato, proprio nel momento finale della campagna elettorale per le presidenziali del 22 ottobre. La povertà è cresciuta di cinque punti dal 2015 al 2019, durante il governo del presidente di destra Mauricio Macri, e di quasi altri cinque durante l’attuale governo del peronista Alberto Fernández. Significa più di quattro milioni di nuovi poveri. “Queste persone covano tanta rabbia”, afferma Agustín Salvia, direttore dell’osservatorio sul debito sociale argentino all’università cattolica. “Alcuni la scaricano nelle elezioni, scegliendo di non votare o votando per un candidato antisistema che si oppone alle politiche economiche degli ultimi governi”, spiega. Dodici anni di stagnazione economica e di aumento dell’inflazione – che ad agosto ha raggiunto la cifra record del 124,4 per cento su base annua – hanno prodotto una situazione diversa dalle precedenti, come l’iperinflazione del 1989 o la crisi del 2001. “La povertà è aumentata durante tutte le crisi, ma poi l’occupazione e il potere d’acquisto si sono sempre ripresi velocemente. Questa volta il peggioramento è graduale e sistematico, e sembra

Nei primi sei mesi del 2023 il prezzo dei generi alimentari è cresciuto del 55,6 per cento, cinque punti in più rispetto al tasso medio di inflazione. Non è una buona notizia soprattutto per chi era già in difficoltà. È il caso di Juan Díaz, dipendente di una scuola parrocchiale nel sud di Buenos Aires. “Non penso più ad arrivare alla fine del mese, ma alla fine della settimana”, si lamenta. A volte trova qualche lavoretto dopo le cinque, quando finisce a scuola, ma nemmeno così e con il sussidio statale per la figlia riesce a coprire le spese di base, soprattutto ora che la moglie è incinta per la seconda volta: “Sei anni fa ho lasciato la baraccopoli dove vivevo, da allora ho ridotto le uscite e abbiamo rinunciato alle vacanze, ma ora il problema è solo come pagare da mangiare e l’affitto. Forse dovrò tornare nella baraccopoli”. Díaz è cresciuto a Villa 21-24, la più grande baraccopoli dell’Argentina. La situazione è critica per gran parte dei suoi ottantamila abitanti. “Questo è l’anno peggiore dalla pandemia. Vengono a mangiare da noi tra le 250 e le 280 persone”, racconta Graciela Jacoby, volontaria della mensa Madre Teresa. “Magari hanno i soldi per la pasta e l’olio, ma sanno che noi serviamo sempre un po’ di carne o di pollo”. Inizialmente la mensa era solo per gli anziani, però negli ultimi mesi hanno dovuto aumentare il numero dei coperti perché si presentavano famiglie intere. Jacoby ha 70 anni e sei nipoti che non può mantenere solo con la sua pensione minima (equivalente a circa 200 dollari al cambio ufficiale) e i sussidi. Il lavoro alla mensa assicura almeno un pasto caldo a tutti loro. “La situazione è brutta. Nel 2001 vedevo una via d’uscita, oggi no. Oggi ho ancora più paura, mi sembra tutto nero”, dice. Villa 21-24 occupa un’area di 66 ettari nel quartiere di Barracas, che fino agli anni novanta era un terreno incolto. La maggior parte degli edifici è alta tra i due e i quattro piani ed è separata da stretti passaggi sterrati su cui pendono grovigli di cavi elettrici. Alla crisi economica si aggiungono l’aumento della violenza e

Da sapere Verso il voto

u Il 22 ottobre 2023 ci saranno in Argentina le elezioni presidenziali per scegliere il successore del leader peronista Alberto Fernández. Il candidato della coalizione di governo è Sergio Massa, attuale ministro dell’economia. Poi ci sono Patricia Bullrich, del partito di destra Juntos por el cambio, e Javier Milei, candidato antisistema di estrema destra che si presenta con la coalizione La libertad avanza. Il 28 settembre migliaia di persone, molte dei movimenti femministi, hanno manifestato nel paese contro Milei e le sue proposte politiche. Afp

STATI UNITI

Paralisi al congresso

“Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha annunciato il 27 settembre che inviterà i rappresentanti dei governi di dieci paesi dell’America Latina e dei Caraibi a Città del Messico per discutere dell’aumento dei flussi migratori”, scrive la Cnn. L’annuncio è arrivato dopo l’impegno da parte del Messico ad aiutare Washington a far fronte al numero crescente di arrivi alla frontiera meridionale degli Stati Uniti. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha invitato i governi della regione ad assistere i migranti e a trovare soluzioni a lungo termine.

BOLIVIA

La decisione di Morales Il 24 settembre l’ex presidente Evo Morales (nella foto) ha annunciato che si candiderà con il Movimento al socialismo (Mas) alle elezioni del 2025, “due anni prima del voto e senza che il partito abbia organizzato le primarie”, scrive il sito World politics review. “È l’ultimo episodio della lotta sempre più aspra tra Morales, costretto a dimettersi nel 2019 dopo l’accusa di brogli, e l’attuale presidente Luis Arce, del Mas”.

FRANCIS CHUNG (POLITICO/AP/LAPRESSE)

MESSICO

Collaborazione necessaria

AIZAR RALDES (AFP/GETTY)

del consumo e dello spaccio di stupefacenti. Le associazioni sociali e religiose s’impegnano per trattenere a scuola bambini e ragazzi ed evitare che in cambio di soldi accettino di sorvegliare un bunker della droga o di spacciare agli angoli delle strade. Gli argentini sono abituati alle crisi cicliche. “Le famiglie più povere tendono a disfarsi di beni durevoli e a usare i risparmi per superare le difficoltà, ma poi rimangono senza le risorse che gli assicuravano un reddito”, spiega l’economista Leo Tornarolli, ricercatore presso il centro di studi sulle disuguaglianze, la società e il lavoro. Per esempio, c’è chi vende il motorino o gli attrezzi da lavoro. E molti adolescenti smettono di studiare per lavorare e aiutare la famiglia. “Lasciano la scuola, ma in futuro questa decisione li porterà a guadagnare di meno”. Gli argentini sotto i trent’anni sono un terzo degli elettori e anche la base elettorale di Milei, che li ha agganciati sui social network. Il candidato di estrema destra ha saputo capitalizzare il loro malcontento e la loro mancanza di fiducia in una classe politica a cui lui promette di togliere tutti i privilegi. “Questa è una generazione di giovani che non ha avuto fortuna nell’economia”, dice Salvia. Sono i figli della crisi del 2001, meno politicizzati dei loro genitori, che antepongono il pragmatismo ai valori ideologici. “Non m’interessa se Milei è un pazzo o se non può fare quello che dice. Le cose sono andate male con Macri e ancora peggio con Fernández. Voglio cambiare”, dice Pedro, che fa consegne a domicilio. In attesa del voto, tutti i candidati alla presidenza cercheranno di convincere l’elettorato che esiste una via d’uscita da questa crisi eterna. u fr

Il 30 settembre il congresso degli Stati Uniti è riuscito ad approvare un provvedimento per evitare lo shutdown, la chiusura parziale delle attività del governo federale. Secondo la legge statunitense spetta al congresso finanziare le attività dell’esecutivo. “L’accordo trovato poco prima della mezzanotte, frutto di un’intesa tra i democratici e una parte del Partito repubblicano, è temporaneo”, scrive il Los Angeles Times. “Durerà 45 giorni, quindi alla fine di novembre il paese potrebbe ritrovarsi nella stessa situazione”. La vicenda ha evidenziato le fratture della politica statunitense. Per prima cosa, i leader del Partito repubblicano non riescono più a tenere sotto controllo la fazione più radicale e vicina all’ex presidente Donald Trump. Questo gruppo di deputati si è schierato contro il provvedimento e ha promosso un voto di sfiducia contro Kevin McCarthy (nella foto), lo speaker repubblicano della camera che ha trovato un compromesso con i democratici. Il 3 ottobre McCarthy è stato destituito. Inoltre si sta allargando il fronte dei parlamentari contrari a sostenere ancora la resistenza ucraina. Dal testo della legge sono stati esclusi nuovi aiuti militari a Kiev. “I democratici, che restano favorevoli agli aiuti, sperano comunque di approvare un provvedimento separato” su questo punto. I sondaggi mostrano che la maggioranza degli statunitensi continua a sostenere le sanzioni economiche contro la Russia e l’invio di forniture all’Ucraina, ma molti elettori repubblicani sono contrari. Intanto a New York è cominciato un processo civile contro Donald Trump e due dei suoi figli. Avrebbero commesso una frode gonfiando per anni il valore del patrimonio immobiliare e finanziario della Trump Organization, la multinazionale dell’ex presidente. u Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Asia e Pacifico

TAMATI SMITH (GETTY)

Yalgoo, Australia, 3 ottobre 2023

AUSTRALIA

La voce indigena divide il paese Mitch Ryan, Nikkei Asia, Giappone Gli australiani sono chiamati a votare un referendum per il riconoscimento ufficiale degli indigeni. E per istituire un organo consultivo che li rappresenti in parlamento entre sull’Australia incombe un’altra lunga e calda estate, i 26 milioni di abitanti si preparano a una stagione di preoccupazioni per il cambiamento climatico e per il costo della vita che si sommano alle inquietudini economiche diffuse anche nel resto del mondo. Le comunità indigene, che rappresenta-

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no quasi un milione di australiani, hanno anche un altro problema: la costituzione del paese non riconosce la loro esistenza. Gli anziani della comunità come Jim Morrison sperano che il referendum del 14 ottobre per modificare la situazione possa cambiare anche la vita degli aborigeni e degli abitanti delle isole dello stretto di Torres, che vivono in questi territori da 65mila anni. L’emendamento costituzionale è sostenuto con forza dal primo ministro Anthony Albanese e dal suo Partito laburista, mentre i leader dell’opposizione sono contrari. Se la proposta di modifica costituzionale nota come Voice to parliament sarà approvata, per la prima volta le popolazioni indigene saranno formalmente ri-

conosciute nella legge fondamentale dello stato, scritta nel 1901 durante il dominio britannico. Sarà inoltre istituito un organo consultivo, Voice, per promuovere misure destinate a colmare le disuguaglianze che le comunità indigene sperimentano ancora oggi nell’aspettativa di vita, nell’assistenza sanitaria, nell’istruzione e nelle opportunità di lavoro. Gli ultimi sondaggi suggeriscono però che nel paese, ancora profondamente diviso su come affrontare gli effetti del trattamento subìto dalle popolazioni indigene, il referendum non passerà. Chi è contrario all’iniziativa sostiene che le comunità già ricevono un buon trattamento e sufficiente attenzione dal governo e sono rappresentate in modo adeguato in parlamento. Il voto a livello nazionale lascerà in ogni caso un segno profondo su persone come Morrison, 69 anni, che da tempo si batte per i diritti degli indigeni nella Noongar boodja, una patria tradizionale che si estende su un’ampia regione dell’Australia sudoccidentale. Morrison spiega che gli uffici pubblici dedicati a queste comunità non riflettono le esigenze delle persone che

dovrebbero rappresentare. “Vedrai più aborigeni nelle foto appese alle pareti dell’ufficio che tra il personale incaricato di un servizio per la comunità. È una ver­ gogna”. La proposta Voice è il primo tentativo di modifica costituzionale a beneficio di comunità storicamente discriminate ed emarginate alle quali lo stato australiano di recente ha chiesto formalmente scusa. Morrison rappresenta i sopravvissuti alle leggi australiane sull’assimilazione in ba­ se a cui, tra il 1910 e i primi anni settanta, un bambino indigeno su tre – inclusi i ge­ nitori di Morrison – fu allontanato dalla famiglia e inserito nella società dei bian­ chi. Molti non sono mai stati risarciti per i traumi subiti e oggi lottano per far sentire la loro voce.

Il minimo indispensabile Per quanto sia grave la situazione delle comunità indigene – dove, tra le altre co­ se, l’aspettativa di vita degli uomini è di quasi nove anni inferiore a quella dei non indigeni – modificare la costituzione in Australia è ancora difficile. Dei 44 refe­ rendum indetti dal 1901 a oggi, ne sono stati respinti 36, compreso quello che nel 1999 proponeva di non avere più il sovra­ no britannico come capo di stato e diven­ tare una repubblica. Quello imminente è il primo referendum indetto da allora. Per essere approvato dovrà essere soste­ nuto dalla maggioranza degli australiani al livello nazionale e dalla maggioranza degli elettori in almeno quattro dei sei stati del paese. Anche se più dell’80 per cento degli indigeni è per il sì, sembra che nella maggior parte degli stati le inten­ zioni di voto siano contrarie. La proposta è stata avanzata per la pri­ ma volta nel 2017 da un gruppo di 250 lea­ der indigeni, sotto forma di petizione, dopo sei mesi di colloqui con 1.200 rap­ presentanti degli aborigeni e degli abi­ tanti delle isole dello stretto di Torres. Il dibattito sulla proposta si è però polariz­ zato anche tra loro, e oggi alcuni gruppi lo ritengono uno strumento inefficace per promuovere i diritti. I suoi sostenitori ritengono, invece, che quest’organo consultivo contribui­ rebbe a risolvere anni di fallimenti del governo in materia di affari indigeni. Se­ condo la docente Marcia Langton, una studiosa indigena che ha contribuito a progettare il modello Voice, se questo

Stretto di Torres

AU S T R A L I A Brisbane Perth

Sydney Adelaide Oceano Indiano

Canberra Melbourne

750 km

fosse riconosciuto dalla costituzione consentirebbe agli aborigeni e alle popo­ lazioni dello stretto di Torres di comin­ ciare a “prosperare e non più solo a so­ pravvivere”. Per Langton, Voice potrebbe contribuire a unificare il paese. “È compi­ to di tutti gli australiani garantire che il nostro parere arrivi in parlamento e che leggi e politiche inadeguate siano modifi­ cate per garantirci pari opportunità”. Anche il primo ministro Albanese ha espresso la speranza che il voto possa es­ sere “un momento di unità per gli austra­ liani”. Tuttavia il sostegno a Voice è cala­

Dei 44 referendum indetti dal 1901 a oggi, ne sono stati respinti 36 to perché non sono chiari i dettagli sul suo funzionamento. Agli elettori si chie­ de di approvare il principio alla base del referendum e non un particolare modello di attuazione. Ma il governo per ora non si è espresso su un modello specifico. Chi si oppone all’iniziativa sostiene che gli indigeni sono già adeguatamente rappre­ sentati nel parlamento federale: gli 11 deputati indigeni sono il 4,8 per cento dei 227 parlamentari, mentre gli indigeni so­ no il 3,8 per cento della popolazione. La strada per l’approvazione del refe­ rendum si è fatta più ripida ad aprile, do­ po che il principale partito d’opposizione si è schierato per il no. Peter Dutton, a capo della Coalizione di centrodestra, ha definito Voice una proposta “radicale” che “imporrebbe di nuovo categorie raz­ ziali” al paese, e ha inoltre escluso la pos­ sibilità di negoziare trattati con le comu­ nità indigene. L’opposizione di Dutton fa temere ad alcuni attivisti indigeni che

Voice diventi un’istituzione “impoten­ te”, distragga da priorità più rilevanti, tra cui il diritto alla terra e i negoziati sui trat­ tati fra lo stato australiano e le comunità indigene. Pur diventando parte della co­ stituzione, i poteri consultivi di Voice po­ trebbero essere annullati dai governi in carica, che non sarebbero obbligati a se­ guirne le raccomandazioni. “La dura op­ posizione della Coalizione”, dice Keiran Stewart­Assheton, presidente della Black peoples union, contrario all’iniziativa referendaria, “ha insinuato nella gente il timore che se il referendum non passerà, allora non si potrà discutere di alcun pro­ gresso per i popoli indigeni nella forma di trattati e altre iniziative simili”. Judith Brett, tra le più note esperte di storia politica del paese, osserva che il quadro del sostegno o dell’opposizione al referendum riflette le più ampie divisioni interne alla società sulla sua identità e alla sua storia coloniale. “Gli australiani non hanno trovato un’unità su questa sto­ ria, perciò il referendum non ha un soste­ gno bipartisan”, dice Brett, docente eme­ rita di scienze politiche alla Trobe university di Melbourne. Secondo un sondaggio della Abc, gli elettori ritengo­ no più importanti questioni come l’au­ mento del costo della vita, il cambiamen­ to climatico e l’economia. Per Langton, un’attivista di spicco che si batte per i diritti degli aborigeni da più di cinquant’anni, la proposta della Voice to parliament è il “minimo indispensabi­ le” dovuto agli indigeni australiani. Dal suo punto di vista, una sconfitta del refe­ rendum sarebbe una grave battuta d’arre­ sto nella lotta per l’autodeterminazione degli indigeni. I sostenitori del sì confidano che una nuova campagna da 20 milioni di dollari australiani (12,1 milioni di euro) e una se­ rie di iniziative in tutto il paese possano contribuire a ribaltare la situazione. Mor­ rison, l’anziano noongar, è convinto che spetti agli indigeni come Freeman con­ vincere gli australiani a votare sì. A suo avviso gli attivisti indigeni non dovrebbe­ ro evitare di raccontare anche alcune ve­ rità scomode sulla storia dell’Australia. Molte persone che votano no, aggiunge, non conoscono le ingiustizie subite dagli indigeni in passato o gli ostacoli che de­ vono affrontare ancora oggi. “Perché tut­ to questo non è mai stato insegnato nelle nostre scuole”. u gim Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Asia e Pacifico Mastung, Pakistan, 29 settembre 2023

GIAPPONE

Il 30 settembre Mohamed Muiz­ zu (nella foto), sindaco della ca­ pitale Malé, è stato eletto presi­ dente delle Maldive con il 54 per cento dei voti. Muizzu, 45 anni, ha sconfitto il presidente uscen­ te Ibrahim Mohamed Solih al secondo turno dopo aver con­ quistato a sorpresa il 46 per cen­ to dei voti l’8 settembre. La sua vittoria, scrive Al Jazeera, se­ gna un allontanamento dall’In­ dia, che storicamente è il paese di riferimento dell’arcipelago, e un avvicinamento alla Cina. Il Partito progressista delle Maldi­ ve di Muizzu, infatti, è conside­ rato filocinese. Da ministro del­ la casa Muizzu aveva avuto un ruolo centrale nel programma di sviluppo del governo, in parte fi­ nanziato dalla nuova via della seta cinese.

INDIA

Contro i giornalisti Il 3 ottobre la polizia di New Del­ hi ha fatto irruzione nelle abita­ zioni di alcuni noti giornalisti di NewsClick, un sito d’informa­ zione indipendente fondato nel 2009. Le autorità stanno inda­ gando su sospetti finanziamenti illeciti al sito per diffondere pro­ paganda cinese, riportati da un’inchiesta del New York Times ad agosto, scrive Scroll. Ma le associazioni di giornalisti denunciano l’ennesima azione punitiva del governo.

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PAKISTAN

Grave attacco nel Belucistan Il 29 settembre le celebrazioni del compleanno di Maometto nel di­ stretto di Mastung, nel Belucistan, sono state sconvolte da un attacco suicida in cui 55 persone sono morte e più di 120 sono rimaste ferite. Non ci sono state rivendicazioni, ma le autorità puntano il dito contro gli affiliati al gruppo Stato islamico, scrive Dawn. Il 3 ottobre il gover­ no pachistano, che da tempo attribuisce gli attentati a terroristi pro­ venienti dall’Afghanistan, ha ordinato ai profughi afgani non autoriz­ zati (1,7 milioni di persone) di lasciare il paese entro novembre.

INDIA

Record di suicidi tra i giovani Frontline, India Nel 2021 in India si sono tolti la vita 13.089 studenti, una media di 36 al giorno e il 32,5 per cento in più rispetto al 2017, scrive Frontline. Anche se parte dei suicidi del 2021 può essere ricollegata secondo gli esperti agli effetti psicologici della pandemia, in India si concentra buona parte dei suicidi commessi da giovani. Secondo il centro nazionale per le politiche sulla salute mentale, metà di queste morti è legata a disturbi psichici mentre il resto avviene per altri fattori e in molti casi è frutto di gesti impulsivi. Il disagio dei ragazzi e delle ragazze ha cause diverse: la pressione scolastica, il bullismo, la discriminazione e le aspettative della società. Lakshmi Vijayakumar, fondatrice della prima linea telefonica per la prevenzione dei suicidi nel 1986, propose nel 2004 al governo del Tamil Nadu di dare la possibilità a chi non superava l’esame d’ingresso all’università di ripeterlo poco dopo, in modo da alleviare le pressioni. I suicidi riconducibili alla bocciatura all’esame sono passati da 407 nel 2004 a 102 nel 2021. ◆

Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

THE YOMIURI SHIMBUN (AP/LAPRESSE)

MALDIVE

Svolta filocinese

Il Giappone si prepara a intro­ durre misure per alleggerire gli addetti alla logistica, scrive Nikkei Asia. Per esempio ci sa­ ranno incentivi perché i destina­ tari accettino la consegna dei lo­ ro pacchi davanti alla porta di casa se sono assenti. Tradizio­ nalmente in Giappone un pacco è consegnato nelle mani di chi lo deve ricevere, che se non c’è può chiedere la riconsegna a un orario specifico. Questa pratica, insieme all’incremento degli ac­ quisti online registrato dopo la pandemia, ha aumentato il cari­ co di lavoro per i dipendenti di aziende già a corto di personale. Da aprile entrerà in vigore un li­ mite di 960 ore di straordinari all’anno per i corrieri. Ma, spie­ ga il settimanale, con la conti­ nua crescita degli acquisti on­ line si prevede un collo di botti­ glia nella logistica, noto come “problema del 2024”. Il governo ha annunciato interventi d’e­ mergenza per sostenere l’inno­ vazione nel settore.

BANARAS KHAN (AFP/GETTY)

MOHAMED AFRAH (AFP/GETTY)

Troppi pacchi da consegnare

IN BREVE

Thailandia In un centro com­ merciale di Bangkok un ragazzo di 14 anni con disturbi psichici ha ucciso a colpi di arma da fuo­ co due persone e ne ha ferite cinque. Indonesia Dal 4 ottobre in In­ donesia non si possono più usa­ re i social network per vendere prodotti online. La misura, ha spiegato il governo, è stata in­ trodotta per salvaguardare i ne­ gozi tradizionali e i mercati.

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il podcast quotidiano di

GIOVEDÌ 5 OTTOBRE 2023

LUNEDÌ 2 OTTOBRE 2023

Sarà il Kenya a guidare la missione di sicurezza dell’Onu ad Haiti con Camilla Desideri editor di America Latina di Internazionale e Francesca Sibani editor di Africa di Internazionale

Le Filippine tentano di contenere l’espansionismo cinese con Cecilia Attanasio Ghezzi giornalista

In Francia esplode la psicosi per le cimici dei letti con Gianumberto Accinelli entomologo MERCOLEDÌ 4 OTTOBRE 2023 Un inverno con sempre meno ghiaccio marino in Antartide con Gabriele Crescente editor di Ambiente di Internazionale Comincia un sinodo che affronta il futuro della chiesa cattolica con Stefania Mascetti editor di Europa di Internazionale

Negli Stati Uniti c’è una nuova ondata di epidemia da oppioidi con Alessio Marchionna editor di Stati Uniti di Internazionale VENERDÌ 29 SETTEMBRE 2023 L’eredità di Murdoch peserà sulla politica e sull’informazione con Leonardo Bianchi giornalista, esperto di teorie del complotto Un anniversario amaro per l’indipendenza della Nigeria con Francesca Sibani editor di Africa di Internazionale

MARTEDÌ 3 OTTOBRE 2023 La vittoria dei populisti avvicina la Slovacchia all’Ungheria di Orbán con Andrea Pipino editor di Europa di Internazionale

Ogni giorno due notizie scelte dalla redazione di Internazionale con Claudio Rossi Marcelli e Giulia Zoli

La Svezia affronta un’ondata di violenza senza precedenti con Eva Pedersen giornalista

Dal lunedì al venerdì dalle 6.30 sulle principali piattaforme di ascolto internazionale.it/ilmondo

Visti dagli altri

RANCOIS LOCHON (GAMMA-RAPHO/GETTY)

Seveso, agosto 1976

L’estate avvelenata che sconvolse Seveso e la Lombardia Stéphanie Marteau, Le Monde, Francia Nel 1976 la perdita di diossina dell’azienda chimica Icmesa colpì la cittadina italiana e spinse l’Europa ad adottare regole più rigide per la tutela dell’ambiente, scrive Le Monde e si guarda alla sua carriera, l’elezione di Alessia Borroni a sindaca di Seveso nel 2021 era scontata. Era sostenuta della Lega, un partito molto radicato in Lombardia. Anche lei è nata e cresciuta in questo ex centro industriale che ha 24mila abitanti e si trova a una ventina di chilometri a nord di Milano. Ma soprattutto, anche se aveva

S

solo due anni, ha vissuto il dramma che ha colpito questa città: la prima catastrofe che ha interessato l’opinione pubblica, molto prima di Bhopal in India (2 dicembre 1984) o di Černobyl nell’ex Unione Sovietica (26 aprile 1986). Il 10 luglio 1976 l’esplosione della fabbrica Icmesa liberò nell’aria una nube di diossina. L’incidente non ha causato dei morti, ma 193 persone furono colpite da cloracne, una grave malattia della pelle. Senza contare gli aborti, i circa ottocento sfollati, le 220mila persone poste sotto controllo medico e le abitazioni rase al suolo. Il destino di Borroni sembra essere stato plasmato da questa catastrofe. “Vivo qui da sempre”, racconta lei, capelli lisci e unghie laccate che tamburellano di

continuo sul suo cellulare. “Ho studiato fisica e scienze dell’organizzazione, ho scritto la tesi di laurea sulla crisi nelle industrie complesse. Volevo capire dove era stato commesso l’errore. All’Icmesa mancava tutto: protocolli, controllo, formazione del personale e investimenti per modernizzare gli impianti. Fu una catena di errori. E poi quell’estate faceva molto caldo. La fabbrica attingeva alla falda acquifera per il raffreddamento della vasca e mancava l’acqua”. Borroni precisa di non aver usato le sue competenze in campagna elettorale. Sa che a Seveso tutti evitano di rivangare il passato. Quell’incidente però è stato fondante sul piano del diritto ambientale, perché ha portato nel 1982 all’adozione di una Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Visti dagli altri importante direttiva europea: la “direttiva Seveso” sulla prevenzione dei rischi industriali gravi. La direttiva, che da allora è stata aggiornata due volte, ha lo scopo di censire gli impianti che presentano un rischio grave per l’ambiente e di stabilire le norme per prevenire qualsiasi catastrofe. Dalla sua entrata in vigore diecimila siti in Europa sono stati classificati pericolosi come Seveso: chi li gestisce è obbligato a realizzare degli studi per identificare gli scenari di rischio, valutarne le conseguenze e adottare strumenti per la prevenzione. Nel 1976 niente di tutto questo era obbligatorio per le industrie. La fabbrica dell’Icmesa, un’azienda del gruppo farmaceutico svizzero Givaudan, a sua volta controllata della multinazionale Hoffmann-La Roche, era stata costruita una trentina d’anni prima sul confine tra i comuni di Meda e Seveso. In quel momento ci lavoravano duecento operai e funzionava a pieno regime, senza che gli abitanti sapessero davvero cosa producesse. “Profumo? Diserbante? Non è mai stato chiaro. Però si sentivano spesso odori nauseabondi”, racconta Natalina Pontiggia, che vive non lontano da quello che resta della fabbrica.

Un muro di silenzio Nel caldo della fine di giugno Pontiggia, maestra in pensione, si ripara al fresco con il fratello Sergio e la cognata Graziella (che preferiscono non dire il loro cognome), nella cucina di casa sua, in un quartiere di villini a Seveso. I tre settantenni ricordano bene quel sabato 10 luglio 1976, “che ci ha sconvolto la vita”, dice Sergio. Vanno regolarmente a parlare nelle scuole per raccontare quello che successe. Graziella e il marito si erano sposati due mesi prima e avevano appena comprato casa. Erano le 12.37 quando una spessa nube bianca si allargò sulla città facendo cadere sul terreno delle particelle sottili. “Avevamo appena finito di pranzare sotto la magnolia in giardino quando cominciammo a sentire un odore tremendo, ma capitava spesso quindi non ci preoccupammo”, ricorda Sergio. Alla fabbrica invece i pochi operai presenti, in preda al panico, corsero verso un hangar dove c’era stata una forte esplosione: lì si fabbricava il triclorofenolo, un erbicida. La vasca 101 si era surriscaldata ed era

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Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

SVIZZERA

Lago di Como

Lago d’Iseo

Meda Seveso

Lago di Garda

Lombardia

Milano

I TA LI A Po 50 km

saltata la valvola di sicurezza. Il responsabile della produzione, convocato d’urgenza, riuscì a fermare la perdita alle 13.45, più di un’ora dopo l’esplosione. “Il fine settimana trascorse normalmente”, racconta Pontiggia. Le autorità sanitarie locali rassicurarono i sindaci di Seveso e Meda, i due comuni sorvolati dalla nube tossica. I campioni di terra raccolti dagli operai nei dintorni della fabbrica furono inviati con discrezione in Svizzera alla sede della Hoffmann-La Roche. “Il lunedì successivo sulle foglie della magnolia comparvero dei forellini”, ricorda Graziella. “Capimmo che dal cielo era caduto qualcosa di brutto. Gli uccelli avevano smesso di cantare. Li trovammo morti sull’erba, in mezzo alle foglie. Poi cominciarono a morire anche altri animali: cani, anatre e conigli”. L’Icmesa disse che si trattava solo di una nube di erbicida. La casa madre si rifugiò dietro un muro di silenzio, senza dare informazioni sulla natura della tossina. Le autorità si limitarono a sconsigliare il consumo di frutta e legumi coltivati negli orti. Trascorsero così dieci giorni. “Nessuno ci diceva niente. Fu la foto della piccola Stefania, pubblicata sui giornali, a scatenare il panico”, interviene Sergio interrompendo la moglie. L’immagine scattata all’epoca dal fotografo Mauro Galligani, fa stringere il cuore: Stefania Senno, due anni, urla di dolore con il volto interamente coperto da pustole rosse. Alle 12.37 di quel 10 luglio lei e la sorella Alice, di quattro anni, stavano giocando nel giardino di casa loro, a poche decine di metri dalla fabbrica, quando furono avvolte dalla nube. Ventiquattr’ore dopo le due bambine, e insieme a loro molti altri, furono colpite da mal di testa e vomi-

to. Il 18 luglio furono portate all’ospedale di Milano per essere sottoposte a degli esami. In un’altra foto del reportage di Mauro Galligani, il viso di Stefania è coperto da garze, con placche purulente diffuse su tutto il corpo. Il 20 luglio il centro di ricerca medica dei laboratori Hoffmann-La Roche svelò finalmente alle autorità locali i risultati degli esami effettuati: il surriscaldamento della vasca aveva scatenato una reazione chimica e nell’aria erano finiti fra i trecento grammi e i due chili (non è stata mai fissata una cifra ufficiale) di diossina, il famoso agente arancio usato dagli statunitensi nella guerra in Vietnam. Sull’essere umano la diossina può provocare gravi danni al fegato, anomalie embrionali, malattie della pelle e una forma di acne che si manifesta dopo qualche tempo.

Barili contaminati Fu aperta un’indagine, il direttore e il vicedirettore della fabbrica Icmesa furono interrogati dai magistrati italiani. Nel corso dell’estate le autorità locali, confuse da perizie contraddittorie, esitarono a prendere provvedimenti importanti. A ogni pioggia la diossina, che non è solubile in acqua, s’infiltrava sempre più nel terreno e penetrò fino a 14 centimetri di profondità. Alla fine di luglio il governo annunciò l’evacuazione della zona A, 110 ettari nei dintorni della fabbrica. Furono individuate altre due zone: la B, 270 ettari di terreno con una concentrazione leggermente inferiore di diossina, e la zona R, detta zona di rispetto, 1.430 ettari con tracce di diossina. “La famiglia di mio marito”, racconta Natalina Pontiggia, “viveva nella zona A. Dovettero andare via e lasciare tutto, perfino gli animali da compagnia, che morirono di fame. È stato orribile”. Alessia Borroni ricorda i soldati che facevano la guardia al settore circondato dal filo spinato. “Uomini vestiti di bianco che venivano nelle case dei dintorni per spruzzare sui mobili non si sa cosa, non lo abbiamo mai saputo”, spiega Natalina Pontiggia. “Non ci davano nessuna informazione scientifica”. Seveso somigliava a una città fantasma. In un perimetro di dieci chilometri erano sette i comuni coinvolti. Furono fatte seicento visite mediche al giorno;

MARKA/UNIVERSAL IMAGES GROUP/GETTY MAURO GALLIGANI

In alto: le operazioni di bonifica dopo l’incidente all’Icmesa a Seveso, nel 1976; a sinistra: Stefania Senno, una bambina due anni.

380 ettari di terreno risultarono gravemente contaminati; 77mila capi di bestiame furono abbattuti. Le attività agricole furono interrotte. “Ad agosto eravamo terrorizzati”, racconta Graziella. “I

dipendenti del comune passavano in auto con gli altoparlanti per dare delle indicazioni. I poliziotti inviati dalle autorità sanitarie locali spruzzarono una specie di colla sull’erba che si riteneva potesse

schiacciare al suolo la diossina. La natura diventò nostra nemica. Mi rivedo in quell’estate mentre getto via all’improvviso un fiore che, senza pensarci, avevo appena colto”. L’altra paura di Graziella era di restare incinta. Per la prima volta molte donne desiderarono abortire, intervento vietato nell’Italia di allora, un paese molto cattolico. Delle 190 donne incinte nella zona, quindici abortirono. “C’erano molte pressioni sulle coppie, in un senso e nell’altro”, assicura Graziella, che oggi è nonna. “La paura di malformazioni fetali era tanta. Seveso era diventato teatro della lotta in favore dell’aborto, che fu legalizzato poco dopo, nel 1978. Io e Sergio decidemmo di aspettare”. Il 15 febbraio 1977 le autorità regionali della Lombardia adottarono finalmente Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Visti dagli altri un piano di decontaminazione per Meda e Seveso. Il tempo era poco, la diossina poteva finire nella falda acquifera. Dal giorno dopo cominciarono i lavori: nella zona A furono distrutte le fabbriche, i laboratori, le case con tutto quello che c’era dentro, ricordi, vestiti e foto. La casa della piccola Stefania Senno fu rasa al suolo. Nelle foto in bianco e nero si vedono donne in lacrime, con abiti scuri, dietro il filo spinato. Le strade, i marciapiedi, i trattori e gli autobus furono tritati dai denti delle macchine demolitrici e le macerie sigillate all’interno di fusti a tenuta stagna. Le scavatrici raschiarono via uno strato di 25 centimetri di terreno, portandone via centomila tonnellate, poi sostituite da terra nuova e sana. La popolazione si oppose alla costruzione di un inceneritore dove bruciare questi rifiuti temendo di essere esposta a ulteriori rischi di inquinamento. La regione decise allora di seppellire i barili contaminati. Furono scavati due bacini con una capacità di duecentomila metri cubi sotto la zona A. Oggi i due immensi sarcofagi in cemento armato, costantemente sorvegliati, sono ancora lì, nel “cimitero della diossina”, come è stato battezzato in seguito.

La paura è sempre presente Complessivamente la multinazionale Hoffman-La Roche ha pagato 183 milioni di euro per i lavori di riparazione proseguiti per più di dieci anni. La maggior parte di questi soldi è stata usata per risanare il territorio e costruire nuove infrastrutture. Nel 1986 la corte di cassazione confermò le condanne decise qualche mese prima dalla corte d’appello di Milano contro Herwig von Zwehl, ex direttore tecnico dell’Icmesa, e Jörg Sambeth, ex direttore tecnico della Hoffman-La Roche (Givaudan). I due dirigenti furono condannati rispettivamente a due anni e a diciotto mesi di carcere, entrambi con la condizionale. La corte li considerò colpevoli di non aver adottato le necessarie misure di sicurezza e di avere, con la loro imprudenza, provocato la catastrofe. La causa civile si è conclusa solo nel 2006, trent’anni dopo il disastro, con un risarcimento economico per le vittime. Stefania Senno, che ora vive a Treviso, ha subìto quattro interventi di chirurgia estetica al viso, ma non sono bastati a far-

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Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

Dove prima si trovava il reattore dell’Icmesa, al limitare del parco, oggi c’è il centro sportivo di Meda, con campo da calcio e piscina le dimenticare i traumi della sua infanzia. Nel 1982 il parlamento europeo non ebbe dubbi sulla necessità di regolamentare l’attività industriale, ma nei fatti la situazione presenta ancora problemi. In Francia negli ultimi anni ci sono stati alcuni gravi incidenti industriali seguiti da episodi di inquinamento. A Tolosa il 21 settembre 2001 è esploso un magazzino di nitrati di ammonio nella fabbrica di fertilizzanti chimici Azf, inclusa tra quelle individuate dalla direttiva Seveso, provocando 31 morti e migliaia di feriti. Il 16 settembre 2019 l’incendio scoppiato in piena notte nello stabilimento chimico della Lubrizol, a Rouen, considerata ad alto rischio secondo la direttiva Seveso, ha risvegliato le paure per i pericoli delle industrie chimiche. L’ultima versione della direttiva, la Seveso 3, distingue tra gli impianti ad alto rischio e quelli a basso rischio, in funzione della quantità di materiali pericolosi. Con il passare del tempo Seveso è tornata a essere una cittadina tranquilla. Ha un albergo, il Lombardia, un solo bar dove i giovani ammazzano il tempo, tante attività commerciali che negli anni hanno chiuso, tranne il parrucchiere, dove vanno le donne in pensione mentre i mariti passano il tempo sotto gli ombrelloni del circolo di bocce. Seveso, alla periferia di Milano, oggi è un paese dormitorio, che si sta impoverendo. “Negli ultimi dieci anni gli abitanti sono passati da 19mila a 24mila”, evidenzia Alessia Borroni. “Il prezzo delle case qui continua a essere più basso rispetto ai comuni vicini”. Il “cimitero della diossina” è stato trasformato in un parco con un piccolo stagno, il “Bosco delle querce”. Dove prima si trovava il reattore dell’Icmesa, al limitare del parco, oggi c’è il centro sportivo

di Meda, con campo da calcio e piscina. Resta però l’incertezza. Gli effetti dei gas tossici sulle popolazioni coinvolte nell’incidente sono ancora oggetto di studi di un’équipe dell’ospedale di Desio, a dieci chilometri da Seveso. Massimiliano Fratter, responsabile della biblioteca comunale, attivista di Legambiente e formazione da storico, ha scritto una guida alla scoperta del bosco delle querce e ha collocato sul posto dei pannelli esplicativi. “La paura è sempre presente”, spiega, “paura per le conseguenze sulla salute. È più forte di loro. Per la gente tutti i casi di cancro che ci sono stati tra gli abitanti di Seveso sono dovuti alla nube del 1976”. La diossina è un’ossessione e spesso la paura si riaccende. Di recente i lavori per la costruzione di un tratto dell’autostrada Pedemontana, che collega Milano a Meda, hanno risvegliato i timori degli abitanti, perché sarà necessario smuovere la terra. “Un progetto che si trascina da più di vent’anni e che non ha alcun senso”, commenta irritata Natalina Pontiggia. “Una delle bretelle in uscita passerà per il bosco delle querce, si dovrà scavare. In base agli ultimi carotaggi realizzati dalla Società autostrade e dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, la diossina c’è ancora. La terra non è stata mai bonificata nel punto in cui dovrebbe passare l’autostrada!”. La sindaca Alessia Borroni spiega che “il prefetto, responsabile delle questioni legate alla sicurezza, assicura che non ci sono problemi”. Teme però che il progetto possa “diventare un nuovo ‘No Tav’”, dal nome del movimento di protesta contro la costruzione della linea ferroviaria Lione-Torino. Sul finire del pomeriggio, quando il caldo diminuisce un po’, chi ha un cane viene a sgranchirsi le gambe nel bosco delle querce. Tutti sembrano aver dimenticato che sotto l’area giochi ci sono i fusti, ancora tossici a distanza di cinquant’anni. Il comune nel bosco ci organizza concerti e gare sportive. La sindaca assicura che qui hanno trovato rifugio anche due specie rare di orchidea. u gim Stéphanie Marteau è una giornalista d’inchiesta. Collabora con Le Monde. Ha lavorato per il settimanale Marianne e il mensile Les Inrockuptibles.

Le opinioni

Se sono i lavoratori a scrivere le regole Rana Foroohar in corso un intenso dibattito su chi do- statunitensi. Con Ballantyne ho parlato in occasione vrebbe regolamentare l’intelligenza arti- della conferenza Code sull’intelligenza artificiale che ficiale (ia). Le grandi aziende del settore si è tenuta in California. Ballantyne sostiene che i sintecnologico chiedono ai politici eletti dacati sono stati fondamentali all’epoca dell’introdud’imporre dei vincoli. Ma Washington fa zione di nuove tecnologie, come per esempio l’energià fatica a star dietro ai problemi legati gia elettrica, contribuendo a dare forma a nuovi sistealla pubblicità mirata e al capitalismo della sorve- mi industriali per aumentare la sicurezza ma anche la glianza. I singoli stati statunitensi hanno presentato produttività. L’idea che i lavoratori “sappiano tutto” proposte di regolamentazione dell’ia. non sorprende né la Germania né il Anche le autorità europee e cinesi stan- L’80 per cento della Giappone. Negli ultimi decenni enno elaborando delle idee. Tuttavia, nes- forza lavoro trambi i paesi hanno usato un modello suno comprende del tutto quello di cui statunitense vedrà più collaborativo per sottrarre quote di la nuova tecnologia è capace, il che ren- cambiare i suoi mercato all’industria automobilistica de difficile trovare soluzioni su misura. compiti a causa statunitense. Detroit è spesso rimproC’è però un gruppo che ha fatto grandi dell’intelligenza verata di non aver saputo incorporare in passi avanti: la Writers guild of America artificiale. Un buon modo tempestivo i metodi di produzio(Wga), il sindacato degli sceneggiatori motivo per adottare ne agile d’ispirazione asiatica. Questi di Hollywood, che dopo un lungo sciosistemi si basano però sulla cooperazioun approccio dal pero ha da poco raggiunto un accordo ne tra operai e dirigenti, una cosa che basso verso l’alto grazie al quale i suoi iscritti potranno richiede fiducia. E spesso la fiducia tornare al lavoro. Oltre all’aumento dei manca negli Stati Uniti. compensi e dei minimi salariali, gli sceneggiatori La contrattazione collettiva statunitense è comhanno ottenuto una cosa forse ancora più importan- plicata e, per certi versi, le aziende hanno il sistema te: nuove regole su come il settore dell’intrattenimen- che si meritano: hanno scelto di negoziare solo sulla to può usare l’ia. I criteri si applicano a qualsiasi pro- retribuzione, opponendosi a metodi di produzione getto che coinvolga sceneggiatori aderenti al sindaca- basati sulla condivisione del potere. Ma non è detto to, che possono decidere se usare o meno l’ia. Gli che i rapporti tra i lavoratori e i capi debbano seguire studi devono inoltre informare gli sceneggiatori nel uno schema simile. Ed è sempre più frequente il dicaso in cui gli sia fornito materiale generato dall’intel- battito sull’opportunità che i dirigenti chiedano l’oligenza artificiale, che non può essere in alcun modo pinione dei lavoratori sull’introduzione di nuove usata per danneggiare la proprietà intellettuale di chi tecnologie. scrive la sceneggiatura. La maggior parte delle persone si rende conto che, È un accordo importante. In primo luogo, dimo- se l’intelligenza artificiale avrà ripercussioni negative stra che è possibile regolamentare questa tecnologia. sul lavoro umano, dovremo affrontare decisioni poliAnche se le aziende della Silicon valley amano farsi tiche spiacevoli. Secondo una ricerca recente, l’80 per vedere mentre implorano l’intervento di Washington cento della forza lavoro statunitense vedrà cambiare per evitare che i loro nuovi prodotti e servizi facciano i suoi compiti a causa dell’intelligenza artificiale. Ecesplodere il mondo, la verità è che stanno spendendo co un altro buon motivo per adottare un approccio dal miliardi per ottenere riforme in grado di garantirgli la basso verso l’alto. Il mondo del lavoro, forte dell’espemassima protezione legale e al tempo stesso conti- rienza quotidiana, può contribuire a definire il tipo di nuare a innovare. Per gli amministratori delegati, i formazione di cui ha bisogno. timori dei lavoratori sono molto meno rilevanti della La battaglia per la regolamentazione dell’intellinecessità di tenere il passo con i rivali della Silicon genza artificiale guidata dai sindacati sembra destivalley e con la Cina. Il secondo motivo per cui l’accor- nata a diffondersi. Il Sag-Aftra, che rappresenta gli do è importante è che le nuove regole non sono impo- attori, sta esaminando attentamente l’accordo otteste dall’alto verso il basso, ma piuttosto dal basso ver- nuto dagli sceneggiatori, e altre organizzazioni stanso l’alto. Le persone che sperimentano quotidiana- no facendo lo stesso. Tutto questo confluisce in un mente una nuova tecnologia sono nella posizione più esteso dibattito sui sindacati come potenziali ideale per capire come arginarla. custodi dei dati per proteggere gli interessi di lavora“I lavoratori sanno tutto”, mi ha detto Amanda tori e cittadini. In entrambi i casi, il lavoro potrebbe Ballantyne, direttrice dell’Afl-Cio technology institu- fare da contrappeso sia alle grandi aziende tecnolote, creato dall’omonima confederazione di sindacati giche sia allo stato. u gim

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RANA FOROOHAR

è una giornalista statunitense esperta di economia. Collabora con il canale televisivo Cnn ed è opinionista del Financial Times, il quotidiano britannico che ha pubblicato questo articolo.

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Le opinioni

Le nuove tensioni tra l’India e l’occidente Pankaj Mishra l primo ministro canadese Justin Trudeau espansione da prima che Putin salisse al potere. È stanon ha ancora reso pubblica nessuna prova a to lui, tuttavia, a inventare un glorioso passato impesostegno della clamorosa affermazione se- riale e a fonderlo con il presente decaduto e con un condo cui ci sarebbe l’India dietro l’uccisio- futuro sognato. ne di un attivista sikh canadese avvenuta a In effetti è stato fatto uno sforzo deliberato – angiugno vicino a Vancouver. Ma la reazione che se poco avvertito – per portare il paese alla sua del governo indiano e le feroci accuse della società condizione attuale di delirio violento, in cui molte civile al Canada e ai suoi alleati occidentali eviden- persone sostengono la criminale aggressione all’Uziano un fattore oggi molto instabile nella geopoliti- craina. Con l’aiuto del cinema e di reti televisive feca: l’India di Narendra Modi. deli, Putin ha riabilitato icone appanAppena due settimane fa a New Del- Per molte persone nate del patriottismo come Iosif Stalin, hi, il primo ministro indiano aveva ac- fuori dal paese offrendo al tempo stesso una schiera di compagnato a piedi nudi i leader occi- la risposta dell’India nemici da odiare, dalla comunità lgbt dentali a deporre ghirlande di fiori al all’uccisione alla Nato. Soprattutto, proiettando la memoriale di “Mahatma” Gandhi. Al dell’attivista sikh forza militare dalle terre di confine delvertice del G20 Modi aveva presentato in Canada ha fornito la Russia fino alla Siria e all’Africa prol’India come un modello di coesistenza il primo chiaro fonda, è riuscito a far sentire i russi dei pacifica, armonia e inclusione: “Una assaggio di una protagonisti in un dramma a base di terra, una famiglia, un futuro”. vendetta e redenzione nazionale su un società civile Il premier avrebbe potuto offrire la palcoscenico globale. Ecco perché, avsua collaborazione al governo canade- sempre più incivile verte McGlynn, la guerra in Ucraina se. I suoi seguaci sul canale televisivo sembra così irrisolvibile: le sue radici più fedele al governo avrebbero potuto evitare di mi- affondano non solo nella mente di Putin, ma anche nacciare il lancio di bombe nucleari sul Canada. Inve- “nell’immaginario politico e sociale russo di ciò che ce l’immagine dell’India guru del mondo, coltivata il paese deve essere”. con tanta cura, oggi è ridotta in frantumi. E forse è Anche in India i nazionalisti indù hanno forgiato meglio così. Dobbiamo percepire il paese asiatico per una nuova identità nazionale ipermascolina sulla baquello che è: un luogo in cui il nazionalista indù che se di vecchi sentimenti di umiliazione, debolezza e uccise Gandhi ha un seguito senza precedenti, la re- insicurezza. Una serie di eventi — la riabilitazione pressione dei dissidenti è diventata routine, e un regi- dell’assassino di Gandhi, l’assorbimento di un passame ideologico e buona parte della popolazione desi- to mitico all’interno di visioni fantastiche del presenderano essere temuti e rispettati a livello internazio- te e del futuro, l’invenzione di nemici (come i separanale per la loro spietata politica di potenza. tisti sikh, per lo più innocui), la glorificazione di spie e Resta da vedere se l’occidente li asseconderà. Nel omicidi nella cultura popolare – hanno contribuito a frattempo vale la pena di ricordare che i paesi occi- radicalizzare l’immaginario politico e sociale. dentali avevano inizialmente accontentato le pretese A molti indiani che vivono fuori dal paese la rid’impunità di un altro partner all’epoca corteggiato, sposta all’uccisione dell’attivista sikh in Canada ha la Russia di Vladimir Putin, anche quando le spie rus- fornito il primo chiaro assaggio di una società civile se se ne andavano in giro a uccidere oppositori in pa- sempre più incivile. Inoltre, come nella Russia di Putria e all’estero. tin, non esiste una facile cura per un delirio così vaLo stesso Putin salì alla ribalta promettendo nel sto causato dalla ricerca di potenza e riconoscimen1999 di “far fuori” i terroristi ovunque si trovassero. to nazionale. Questo rozzo machismo, che è presente in qualche Si può solo sperare che Modi, dovendo mantenere modo anche in India, risuonava con forza tra i russi, buone relazioni con l’occidente e conoscendo i limiti che si sentivano umiliati dalla frammentazione del militari ed economici dell’India, possa controllare il loro paese un tempo grandioso, dal collasso economi- risentimento e la brama di potere scatenati dal suo co e dalla sottomissione all’occidente. partito. Finora è stato bravo a tenere a bada la frustraÈ vero che, come scrive la ricercatrice Jade zione causata dalla perdita di territorio dell’India a McGlynn nel suo libro Russia’s war (La guerra russa), favore della Cina. Tuttavia, il livore allontanato non è i risentimenti che trainano “la forma di patriottismo neutralizzato. Nessuno dovrebbe più dubitare dei peparticolarmente aggressiva della Russia” e “il suo ricoli che si nascondono in un nazionalismo indù iracomplesso d’inferiorità verso l’occidente” erano in scibile e spavaldo. u fdl

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PANKAJ MISHRA

è uno scrittore e saggista indiano. Collabora con il Guardian e con la New York Review of Books. Il suo ultimo libro è Figli della nuova India (Guanda 2023). Questo articolo è uscito sul sito d’informazione statunitense Bloomberg.

Direzione Generale

SPETTACOLO

In copertina

Una rivoluzione scientifica L’intelligenza artificiale applicata alla ricerca potrebbe accelerare sensibilmente il ritmo delle scoperte e cambiare per sempre il nostro modo d’intendere la conoscenza The Economist, Regno Unito. Immagini di Kevin Van Aelst per Internazionale l dibattito sull’intelligenza artificiale (ia) tende a concentrarsi sui rischi: pregiudizi e discriminazioni fatti propri dagli algoritmi, perdita di posti di lavoro e perfino l’estinzione dell’umanità. Ma mentre alcuni osservatori si preoccupano di questi scenari distopici, altri si concentrano sui potenziali vantaggi. L’intelligenza artificiale, sostengono, potrebbe aiutarci a risolvere problemi enormi e spinosi. E farlo in un modo molto specifico: velocizzando radicalmente il ritmo delle scoperte scientifiche, soprattutto in settori come la medicina, la climatologia e la tecnologia verde. Esperti di ia come Demis Hassabis e Yann LeCun sono convinti che possa accelerare il progresso scientifico e inaugurare un’età dell’oro della ricerca. Hanno ragione? È un punto di vista che merita di essere preso in considerazione e può essere un utile contrappeso ai timori sulla disoccupazione di massa e sui robot killer. Molte tecnologie precedenti, ovviamente, sono state erroneamente celebrate come panacee. Nel 1850 si pensò che il telegrafo

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avrebbe portato la pace nel mondo, e la stessa cosa successe con gli aerei all’inizio del novecento. Gli esperti degli anni novanta affermavano che internet avrebbe ridotto le disuguaglianze e sradicato i nazionalismi. Ma il modo in cui l’intelligenza artificiale potrebbe risolvere i problemi dell’umanità ha basi storiche più solide, perché in passato ci sono stati diversi periodi in cui nuovi metodi e nuovi strumenti hanno favorito un’esplosione di scoperte e innovazioni scientifiche che ha cambiato il mondo. Nel seicento i microscopi e i telescopi aprirono nuovi orizzonti e incoraggiarono i ricercatori a dare più peso all’osservazione che alla saggezza degli antichi, mentre l’introduzione delle riviste scientifiche fornì nuovi mezzi per condividere e pubblicizzare il proprio lavoro. Il risultato fu un rapido progresso in astronomia, fisica e altri campi, e nuove invenzioni: dall’orologio a pendolo alle macchine a vapore, che furono il motore principale della rivoluzione industriale. Poi, a partire dalla fine dell’ottocento, la nascita dei laboratori di ricerca, che riunivano persone, idee e

strumenti su scala industriale, diede origine a ulteriori innovazioni come i fertilizzanti artificiali, i prodotti farmaceutici e il transistor, l’elemento alla base dei computer. Dalla metà del ventesimo secolo, i computer hanno reso possibili nuove forme di ricerca scientifica basate sulla simulazione e sull’uso di modelli, dalla progettazione di armi e aerei alle previsioni meteo.

Usi incoraggianti E forse la rivoluzione informatica non è ancora finita. Gli strumenti e le tecniche dell’ia vengono applicati in quasi tutti i campi della scienza, anche se il grado di adozione varia ampiamente: per esempio, il 7,2 per cento degli articoli di fisica e astronomia pubblicati nel 2022 aveva a che fare con l’ia, rispetto all’1,4 di articoli delle scienze veterinarie. L’ia è usata in molti modi. Può individuare elementi promettenti da analizzare, come molecole con proprietà particolari per la creazione di farmaci o materiali con le caratteristiche necessarie per fabbricare le batterie e le celle solari. Può vagliare enormi quan-

tità di dati, come quelli prodotti dagli acceleratori di particelle e dai telescopi robotici, per cercare schemi ricorrenti. E modellare e analizzare sistemi ancora più complessi, come il ripiegamento delle proteine e la formazione delle galassie. Strumenti basati sull’ia sono stati usati per identificare nuovi antibiotici, confermare

l’esistenza del bosone di Higgs e distinguere gli accenti regionali dei lupi. Tutto questo è incoraggiante. Ma le riviste e i laboratori sono andati anche oltre: hanno modificato la pratica scientifica e individuato mezzi più potenti per fare scoperte, consentendo a persone e idee di mescolarsi in nuovi modi e su scala più

ampia. Anche l’intelligenza artificiale ha le potenzialità per innescare un simile cambiamento. Due settori in particolare sembrano promettenti. Il primo è quello delle “scoperte basate sulla letteratura” (lbd), che consiste nel setacciare la letteratura scientifica esistente usando un’analisi del Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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In copertina

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di realistica. L’ostacolo principale è di tipo sociologico: può succedere solo se gli scienziati sono disposti a usare questi strumenti e sanno come farlo. Molti non hanno le competenze e la formazione necessarie, alcuni temono di perdere il lavoro. Ma ci sono segnali incoraggianti. Gli strumenti dell’ia non sono più promossi solo dai ricercatori del settore, ma sono adottati dagli specialisti di altri campi.

Da sapere Crescita esponenziale Pubblicazioni legate all’intelligenza artificiale, percentuale Medicina

Scienze della vita

Scienze sociali e discipline umanistiche

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FONTE: CSIRO

linguaggio simile a quella di ChatGpt per trovare nuove ipotesi, collegamenti o idee che potrebbero essere sfuggite ai ricercatori. L’lbd sembra avere grandi potenzialità nell’individuare nuovi possibili esperimenti e perfino nel suggerire potenziali collaborazioni. Questo potrebbe stimolare le attività interdisciplinari e promuovere l’innovazione a cavallo di campi diversi. I sistemi lbd possono anche riconoscere i “punti ciechi” di un dato campo e prevedere alcune scoperte future e chi le farà. La seconda area è quella degli “scienziati robot”, noti anche come “laboratori autonomi”. Sono sistemi robotici che usano l’intelligenza artificiale per formulare nuove ipotesi sulla base dell’analisi dei dati e della letteratura già esistenti, e poi testare quelle ipotesi eseguendo centinaia o migliaia di esperimenti, in campi come la biologia e la scienza dei materiali. A differenza degli scienziati umani, i robot sono meno legati ai risultati precedenti, hanno meno pregiudizi e, soprattutto, sono facili da replicare. Potrebbero far aumentare la ricerca sperimentale, sviluppare teorie inaspettate ed esplorare percorsi che gli studiosi umani non hanno preso in considerazione. L’idea che l’intelligenza artificiale possa modificare la pratica scientifica è quin-

I governi e gli enti finanziatori potrebbero aiutare questo processo facendo pressione per l’impiego di standard comuni, in modo da permettere ai sistemi basati sull’ia di scambiare e interpretare i risultati dei vari laboratori e altri dati. Inoltre potrebbero finanziare studi sull’integrazione tra l’intelligenza artificiale e la robotica di laboratorio e su tipi di ia diversi da quelli sviluppati dal settore privato, che ha puntato tutto su sistemi basati sul linguaggio come ChatGpt. Forme di ia meno alla moda, come l’apprendimento automatico basato su modelli, forse sarebbero più adatte a svolgere compiti scientifici come la formulazione di ipotesi. Nel 1665, durante un periodo di rapido progresso scientifico, il fisico e biologo inglese Robert Hooke definì l’avvento di nuovi strumenti come il microscopio e il telescopio “l’aggiunta di organi artificiali a quelli naturali”. Questo permetteva ai ricercatori di esplorare regni precedentemente inaccessibili e di scoprire cose in modo nuovo, “con eccezionali benefici per ogni tipo di conoscenza utile”. Secondo i moderni successori di Hooke, nei prossimi anni l’aggiunta dell’ia agli strumenti scientifici esistenti è destinata a fare la stessa cosa, con risultati altrettanto rivoluzionari. u bt

Potenzialità incalcolabili The Economist, Regno Unito La produttività degli scienziati è già aumentata in molti campi, dalla ricerca di nuovi antibiotici alla fusione nucleare. Ed è solo l’inizio el 2019 gli scienziati del Massachusetts institute of technology (Mit) hanno fatto qualcosa d’insolito nel campo della medicina moderna: hanno trovato un nuovo antibiotico, l’alicina. A maggio del 2023 un secondo team ne ha trovato un altro, l’abaucina. Quello che contraddistingue questi composti non è solo il loro potenziale uso contro due dei più pericolosi batteri resistenti agli antibiotici, ma anche il modo in cui sono stati individuati. In entrambi i casi i ricercatori hanno usato un modello basato sull’intelligenza artificiale (ia) per cercare tra milioni di composti quelli che avrebbero funzionato meglio contro ciascun “superbatterio”. Il modello era stato addestrato sulla struttura chimica di migliaia di antibiotici conosciuti e su quanto avevano funzionato contro quei batteri in laboratorio. Durante l’addestramento il modello aveva scoperto il legame tra la loro struttura chimica e l’efficacia contro i batteri. Una volta che l’ia aveva stilato la sua lista di candidati, gli scienziati li hanno testati in laboratorio e hanno individuato gli antibiotici. Se scoprire nuovi farmaci è come cercare un ago in un pagliaio, dice Regina Barzilay, un’informatica dell’Mit che ha contribuito a scoprire l’abaucina e l’alicina, l’intelligenza artificiale funziona come un metal detector. Per portare i farmaci candidati dal laboratorio alla pratica clinica ci vorranno anni di sperimentazioni. Ma non c’è dubbio che l’ia ha accelerato la parte iniziale del processo, che si basa su tentativi ed errori. Ha spostato i limiti del possibile, afferma Barzilay. Con l’ia “le domande che ci faremo in futuro saranno molto diverse da quelle che ci facciamo oggi”. I ricercatori che affrontano molti dei problemi più complicati e importanti del

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mondo – dalle previsioni meteo alla ricerca di nuovi materiali per la fabbricazione di batterie e pannelli solari fino al controllo delle reazioni di fusione nucleare – si stanno rivolgendo all’ia per accelerare i loro progressi. Il potenziale è enorme. “L’ia potrebbe inaugurare un nuovo rinascimento delle scoperte, agendo da moltiplicatore dell’ingegno umano”, sostiene Demis Hassabis, cofondatore di Google DeepMind, un laboratorio sull’ia con sede a Londra. Hassabis paragona l’intelligenza artificiale al telescopio, che ha consentito agli scienziati di vedere più lontano e comprendere meglio rispetto alle osservazioni a occhio nudo. Sebbene faccia parte degli strumenti scientifici fin dagli anni sessanta, per molto tempo l’ia è rimasta confinata all’interno di discipline in cui gli specialisti erano già esperti di programmazione, come la fisica delle particelle e la matematica. Ma con l’aumento del deep learning (apprendimento profondo), oggi più del 99 per cento dei campi di ricerca produce risultati grazie all’ia, sostiene l’agenzia scientifica australiana Csiro. “È l’effetto della democratizzazione”, afferma Mark Girolami dell’Alan Turing institute di Londra. Quello che prima richiedeva una laurea in informatica e la conoscenza di complessi linguaggi di programmazione oggi si può fare con strumenti intuitivi, spesso attivati con una domanda a ChatGpt, il chatbot (un software che simula la conversazione umana) della OpenAi. In questo modo gli scienziati hanno facile accesso a un ostinato assistente sovrumano che risolve equazioni e vaglia enormi quantità di dati per cercare schemi ricorrenti o correlazioni. Nella scienza dei materiali, per esempio, il problema è simile a quello dei farmaci: esiste un numero incalcolabile di possibili composti. Quando i ricercatori dell’università di Liverpool volevano trovare nuovi materiali che avessero le proprietà necessarie per costruire batterie

migliori, hanno usato una rete neurale artificiale per vagliare i duecentomila composti cristallini stabili contenuti nell’Inorganic crystal structure database, il più grande archivio al mondo di queste strutture. L’ia ha prima appreso le principali proprietà fisiche e chimiche che il materiale avrebbe dovuto possedere e ha applicato quelle condizioni alla ricerca. Così ha ridotto da migliaia a cinque il numero di candidati da sottoporre agli scienziati per i test in laboratorio, facendo risparmiare tempo e denaro. Il candidato finale, un materiale che combina litio, stagno, zolfo e cloro, era sconosciuto, anche se è presto per dire se funzionerà o meno a livello commerciale. Ma i ricercatori stanno usando questo metodo per scoprire altri tipi di nuovi materiali.

Sbrogliare la matassa L’intelligenza artificiale può anche essere usata per fare previsioni. Il modo in cui le proteine si attorcigliano dopo essere state prodotte in una cellula è fondamentale per la loro attività. Gli scienziati non sanno ancora come si ripiegano. Ma nel 2021 Google DeepMind ha sviluppato AlphaFold, un modello che ha imparato da solo a prevedere la struttura di una proteina a partire dalla sua sequenza di amminoacidi. Da allora il software ha prodotto un database di 200 milioni di possibili strutture proteiche, che è già stato usato da 1,2 milioni di ricercatori. Per esempio, Matthew Higgins, un biochimico dell’università di Oxford, ha usato AlphaFold per scoprire la forma di una proteina delle zanzare, fondamentale per il parassita della malaria che spesso questi insetti ospitano. È stato quindi in grado di combinare le previsioni del modello per capire quali parti della proteina sarebbero state il bersaglio più facile per un farmaco. Un altro team ha usato AlphaFold per scoprire in appena trenta giorni la struttura di una proteina che influisce sul modo in cui prolifera un certo tipo di cancro al fegato, aprendo così la strada alla progettazione di un nuovo trattamento mirato. AlphaFold ha anche contribuito alla comprensione di altri aspetti della biologia. Il nucleo di una cellula, per esempio, è dotato di porte per far entrare gli elementi necessari a produrre le proteine. Fino a qualche anno fa gli scienziati sapevano che queste porte esistevano, ma conoscevano poco la loro struttura. Grazie ad AlphaFold sono riusciti a ricostruirla, favorendo la comprensione dei meccanismi Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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In copertina interni della cellula. “Non capiamo bene come abbia fatto l’ia ad arrivare a quella struttura”, afferma Pushmeet Kohli, uno dei creatori di AlphaFold che ora dirige il team “Ia per la scienza” di Google DeepMind. “Ma una volta compresa la struttura, abbiamo una base su cui l’intera comunità scientifica può lavorare”. L’ia inoltre si sta rivelando utile per accelerare alcune complesse simulazioni al computer. I modelli meteorologici, per esempio, si basano su equazioni matematiche che descrivono lo stato dell’atmosfera terrestre in un dato momento. I supercomputer che prevedono il meteo, però, sono costosi, consumano molta energia e impiegano molto tempo per fare i loro calcoli. E i modelli devono essere applicati più volte per stare al passo con il costante flusso di dati provenienti dalle stazioni meteorologiche di tutto il mondo. I climatologi e le aziende private stanno quindi cominciando a usare l’apprendimento automatico per accelerare il processo. Pangu-Weather, dell’azienda cinese Huawei, è in grado di fare previsioni di una settimana migliaia di volte più velocemente e in modo più economico rispetto agli standard attuali, senza perdere accuratezza. FourCastNet, della statunitense Nvidia, può generare previsioni in meno di due secondi ed è il primo modello di ia a predire la distribuzione della pioggia con un’elevata precisione, importante per anticipare disastri naturali come le inondazioni improvvise. Questi due modelli sono addestrati per fare previsioni meteo apprendendo da dati basati sull’osservazione o dai risultati delle simulazioni del supercomputer. Ed è solo l’inizio: Nvidia ha già annunciato di voler costruire una copia digitale della Terra, chiamata “Earth 2”, che potrebbe prevedere il cambiamento climatico nelle varie regioni con decenni di anticipo.

Laboratori autonomi Anche i fisici che vorrebbero sfruttare l’energia della fusione nucleare stanno usando l’intelligenza artificiale per controllare le loro complesse apparecchiature. Un tipo di ricerca sulla fusione prevede la creazione di un plasma (un gas surriscaldato ed elettricamente carico) d’idrogeno all’interno di un contenitore a forma di ciambella chiamato tokamak. Quando la temperatura è sufficientemente elevata, intorno ai cento milioni di gradi, le particelle del plasma cominciano a fondersi e a rilasciare energia. Ma se il plasma tocca

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le pareti del tokamak si raffredda e smette di funzionare, quindi il gas viene imprigionato all’interno di una gabbia magnetica. Trovare la giusta configurazione dei campi magnetici è estremamente difficile, e controllarla richiede l’elaborazione di una serie di equazioni matematiche per prevedere il comportamento del plasma e apportare migliaia di piccoli aggiustamenti al secondo su una decina di bobine magnetiche diverse. Un sistema di controllo basato sull’ia costruito dagli scienziati di Google DeepMind e dell’Epfl di Losanna, in Svizzera, ha invece permesso di testare diverse configurazioni del plasma con una simulazione al computer, e poi ha scoperto il modo migliore per ottenerle. Un altro settore interessante è l’automazione degli esperimenti e delle attività di laboratorio. I “laboratori autonomi” possono pianificare un esperimento, eseguirlo usando un braccio robotico e poi analizzare i risultati. L’automazione può rendere mille volte più veloce la scoperta di nuovi composti o la ricerca del modo migliore per produrre quelli esistenti. L’ia generativa, resa famosa dall’uscita di ChatGpt nel 2022, ha due impieghi scientifici principali. Innanzitutto può essere usata per generare dati. I modelli a

Può setacciare una montagna di testi e riassumere le scoperte principali “super risoluzione” possono trasformare immagini di bassa qualità ottenute al microscopio elettronico in immagini ad alta risoluzione che altrimenti sarebbero troppo costose da ottenere. L’ia confronta una piccola area di un materiale o di un campione biologico ad alta risoluzione con lo stesso oggetto a una risoluzione inferiore. Impara la differenza e può quindi passare da una all’altra. E proprio come un grande modello linguistico (llm) può generare frasi corrette scegliendo la parola migliore per completare una sequenza, i modelli molecolari generativi sono in grado di costruire molecole atomo per atomo, legame per legame. Gli llm usano un mix di statistiche autoapprese e migliaia di miliardi di parole tratte da testi raccolti su internet per scrivere in un modo che imita plausibilmente quello di un essere umano. Adde-

strati su ampi archivi di farmaci conosciuti e delle loro proprietà, i modelli per la progettazione molecolare possono capire quali strutture molecolari hanno maggiore probabilità di fare determinate cose e costruirle. La Verseon, un’azienda farmaceutica californiana, ha creato in questo modo alcuni possibili farmaci: molti sono ora in fase di sperimentazione sugli animali e uno, un anticoagulante di precisione, è nella prima fase di sperimentazione clinica. Come i nuovi antibiotici e i materiali per le batterie individuati dall’ia, anche le sostanze chimiche progettate dagli algoritmi dovranno essere sottoposte alle consuete prove nel mondo reale per valutare la loro efficacia. Un uso più futuristico degli llm è stato suggerito da Igor Grossmann, uno psicologo dell’università di Waterloo, in Canada. Se un modello potesse esaminare discorsi reali (o inventati) che rispecchiano quelli dei partecipanti umani a una ricerca, potrebbe sostituire i focus group. Il modello potrebbe essere addestrato ad assumere diverse personalità e il loro comportamento usato per simulare esperimenti, i cui risultati potrebbero essere successivamente confermati su soggetti umani. Gli llm stanno già rendendo più efficienti gli scienziati. Secondo GitHub strumenti come Copilot possono accelerare del 55 per cento la scrittura di software. Per tutti gli scienziati leggere la ricerca di base su un argomento prima di cominciare un progetto può essere un compito lungo e difficile: la letteratura scientifica moderna è troppo vasta per una sola persona. Elicit, uno strumento online gratuito creato da Ought, un laboratorio di ricerca statunitense senza scopo di lucro, può usare un modello linguistico per setacciare una montagna di testi e riassumere le scoperte più importanti molto più velocemente di qualsiasi essere umano. È già usato da studenti e scienziati più giovani, che lo trovano utile per citare articoli o per definire la direzione di una ricerca. Gli algoritmi possono anche aiutare a trovare informazioni strutturate, come tutti gli esperimenti condotti usando un certo farmaco, estraendole da milioni di documenti. Con l’ia si potrebbe anche ampliare l’accesso alla conoscenza all’interno delle varie discipline. Ogni rilevatore del Large hadron collider del Cern di Ginevra richiede operatori e analisti specializzati. Combinare e confrontare i dati ricavati

dai vari gruppi è impossibile senza che i fisici di ciascun rilevatore si riuniscano per condividere competenze e informa­ zioni. Questo non è sempre possibile per i fisici teorici che desiderano testare rapi­ damente nuove idee. Miguel Arratia, dell’università della California a Riversi­ de, ha quindi proposto di usare l’ia per in­ tegrare le misurazioni emerse da esperi­ menti di fisica fondamentale (e perfino da osservazioni cosmologiche) in modo da permettere ai fisici teorici di combinare e riutilizzare rapidamente i dati nei propri esperimenti.

Verso l’orizzonte I modelli hanno già dimostrato di essere in grado di elaborare dati e di automatiz­ zare i calcoli e le attività di laboratorio. Ma Girolami avverte che, anche se l’intelli­ genza artificiale potrebbe aiutare gli scienziati a colmare le loro lacune, non ri­ esce ancora a spingersi oltre i limiti di ciò che è già noto. Questi sistemi sono abili nell’interpolazione, cioè nel collegare i punti, ma meno nell’estrapolazione, cioè nell’immaginare quale potrebbe essere il punto successivo. Ci sono alcuni problemi che nemmeno i migliori sistemi sono ancora in grado di

risolvere. AlphaFold, per esempio, non riconosce la forma di tutte le proteine. Ja­ ne Dyson, una biologa dello Scripps rese­ arch institute di La Jolla, in California, di­ ce che per le proteine “disordinate”, parti­ colarmente rilevanti per la sua ricerca, le previsioni dell’ia sono per lo più inutili. “Non è una rivoluzione che renderà su­ perflui tutti i nostri scienziati”. E Alpha­ Fold non spiega ancora perché le proteine si ripiegano in quello specifico modo. Nonostante questi limiti, i biologi ri­ tengono che AlphaFold abbia comunque reso il loro lavoro più efficiente. Il data­ base che contiene le previsioni di Alpha­ Fold consente agli scienziati di intuire la probabile struttura di una proteina in po­ chi secondi, risparmiando anni e decine di milioni di dollari. La possibilità di velocizzare la ricerca e la scoperta scientifica è un’ottima pro­ spettiva. In un recente rapporto sull’ia nella scienza l’Organizzazione per la coo­ perazione e lo sviluppo economico (Ocse), che riunisce molti dei paesi più ricchi del mondo, afferma che “sebbene l’ia stia pe­ netrando in tutti i settori della scienza, non ha ancora espresso a pieno le sue po­ tenzialità”. Il vantaggio finale, conclude, potrebbe essere enorme: “Questo potreb­

be essere il più proficuo fra tutti gli usi di questa tecnologia”. Se l’intelligenza artificiale riuscisse ad aumentare la produttività della ricer­ ca, avremmo trovato il “moltiplicatore dell’ingegno umano” previsto dal dottor Hassabis. Ma l’ia ha potenzialità ancora più grandi: proprio come i telescopi e i microscopi hanno permesso agli scien­ ziati di vedere più cose, i modelli probabi­ listici basati sui dati gli consentiranno di comprendere meglio i sistemi complessi. In campi come la climatologia e la bio­ logia strutturale gli scienziati sanno che esistono processi complicati, ma finora hanno cercato di comprenderli usando regole, equazioni e simulazioni top-down, cioè dall’alto verso il basso. L’ia può invece aiutarli ad affrontare i problemi dal basso verso l’alto: prima rac­ cogliendo molti dati, e poi usando gli algo­ ritmi per elaborare regole, modelli ed equazioni e arrivare alla comprensione scientifica. Se negli ultimi anni gli scienziati han­ no immerso i piedi nelle acque dell’intel­ ligenza artificiale, a partire dal prossimo decennio arriverà il momento in cui do­ vranno tuffarsi e nuotare verso l’oriz­ zonte. u bt Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Turchia

La musica che guarisce Stefania D’Ignoti, Al Jazeera, Qatar. Foto di Buse Gül

I dj siriani fuggiti in Turchia hanno animato le notti a Gaziantep. Dopo i terremoti di febbraio aiutano gli abitanti della città a superare il trauma e dita di Amr Helwani muovevano rapidamente le manopole del mixer mentre le luci al neon colorate e il fumo bianco inondavano il giardino piastrellato della vecchia casa ottomana in cui era sistemata la console. Era una fredda notte di fine gennaio e la musica techno del dj di 33 anni animava una festa a Gaziantep, una città nel sudest della Turchia al confine con la Siria. Helwani ci vive dal 2013. Come molti di quelli che ballavano, è fuggito dalla guerra in Siria lasciando Aleppo, a meno di due ore di auto da lì. “Stanotte infrangiamo la barriera del suono”, scherzava Helwani, un uomo alto con una maglietta nera, riferendosi alla musica assordante. “No, in realtà stiamo semplicemente tentando d’infrangere le barriere linguistiche e culturali. Turchi e siriani hanno tradizioni molto simili ma la lingua è diversa. La techno è tutta questione di ritmo, non di parole. Rende più facile ballare insieme”. Helwani è uno dei dj di Room41, un club itinerante di musica techno ed elettronica fondato da un rifugiato siriano che da anni intrattiene gli abitanti di Gaziantep. Il club era per i siriani un punto di riferimento per lasciarsi andare e incontrare persone con la stessa passione per la musica. Helwani non sapeva che quel 28 gennaio sarebbe stato l’ultimo dei suoi spettacoli per un po’. “Ci vediamo tra due settimane!”, aveva detto concludendo la serata, alle tre del mattino. Circa una settimana dopo alcuni terremoti catastrofici hanno colpito il sudest della Turchia e il

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nordovest della Siria, cambiando per sempre la vita degli abitanti di quei territori. Più di cinquantamila persone sono morte. A Gaziantep ci sono state tremila vittime, mentre gli sfollati sono ancora migliaia. Con scosse di assestamento andate avanti per settimane e il trauma della perdita e della devastazione, le luci della vita notturna techno siriana si sono spente, proprio come era successo durante la guerra. “È spaventoso quanto ricordasse i giorni della guerra: le urla, il dolore, la fuga. Ma abbiamo promesso al nostro pubblico che la musica sarebbe tornata, più forte che mai, a risollevarci il morale”, dice Helwani a maggio al Sakulta, un affollato caffè nel centro di Gaziantep che vende i biglietti per Room41. Il suo appartamento è stato risparmiato dai danni più gravi ma lui si è trasferito temporaneamente più a ovest, nella città costiera di Mersin, per sfuggire allo stress delle continue scosse di assestamento. Dall’inizio del conflitto siriano nel 2011 circa 3,7 milioni di profughi si sono stabiliti in Turchia. La maggior parte oggi BULGARIA

Mar Nero

GEORGIA

Istanbul Ankara

TURCHIA Smirne Mersin

Gaziantep Aleppo Idlib SIRIA

CIPRO

Homs

IRAQ

Damasco 300 km

vive al confine sudorientale, geograficamente e culturalmente più vicino alla Siria. Dalle case ottomane dell’ottocento, con grandi cupole e archi bianchi e neri a ferro di cavallo, alla rocca (in parte distrutta dalle scosse) fino alle anguste strade acciottolate piene di botteghe di fabbri e chioschi, molti angoli di Gaziantep rievocano le immagini di Aleppo prima della guerra. Oggi più di mezzo milione di siriani vivono in questa città, un crocevia tra le culture turca, curda e araba. Anche se la loro presenza ha causato qualche attrito, ha anche rimodellato il volto sociale e urbano di Gaziantep. Negozi siriani, ristoranti e caffè che offrono musica tradizionale dal vivo riempiono le strade del centro. Dopo i terremoti di febbraio, la maggior parte ha riaperto con pochi danni.

Nuove forme di espressione “Tra le poche cose che siamo riusciti a portare con noi scappando dalla guerra, il patrimonio culturale è stato senz’altro fondamentale”, dice Rami Magharbeh, anche lui di Aleppo. Magharbeh, un uomo di 38 anni con i capelli grigi e ricci raccolti in una coda, è la mente dietro Douzan art and culture, un’organizzazione di Gaziantep che lavora per preservare le arti siriane in esilio. “Comprese le nuove forme di espressione artistica, come la musica elettronica, che i nostri giovani avevano appena cominciato a scoprire quando è scoppiata la guerra”, aggiunge parlando dalla terrazza della sede di Douzan, un’imponente casa ottomana nel quartiere armeno. Grazie agli sforzi delle associazioni culturali e di individui intraprendenti, la

I dj siriani B2B Adel e Tawfik durante una serata di Room41 a Gaziantep, in Turchia, nell’agosto del 2022

vita notturna di Aleppo si è trasferita circa cento chilometri oltre il confine. In quella che un tempo era una città assonnata, i dj siriani e gli appassionati di musica elettronica hanno ricreato l’atmosfera che si erano lasciati alle spalle. I rave segreti e le feste clandestine avevano appena cominciato a decollare ad Aleppo quando scoppiò la guerra civile, racconta Batoul Mohammad, una carismatica produttrice di musica elettronica di 36 anni, slanciata e con lunghi capelli neri, che vive tra Gaziantep e Istanbul. “La guerra ha interrotto brusca-

mente questo sviluppo, proprio quando la nostra generazione era pronta a mostrare di cosa era capace”, continua. “Partecipavo alle feste e ho portato a Gaziantep quello che mi hanno insegnato. Mi sono resa conto che qui non c’era una vita notturna. Era una delle cose che mi mancava di più”. Originaria di Homs, Mohammad amava quello che Aleppo le offriva quando poteva permettersi di andarci, nei fine settimana: dagli eventi di spoken word (una forma di poesia incentrata sulla recitazione ad alta voce) ai concerti di musica rock. Era stata la ricca atmosfera cul-

turale della città a ispirarla a lavorare nelle arti performative. Nel 2013, a 25 anni, ha attraversato da sola il confine con la Turchia. I suoi genitori, anche se volevano che restasse, sapevano che il suo sogno era lavorare nella musica e la sostenevano. Mohammad ha trovato un appartamento a Gaziantep in cui passava le giornate a imparare da autodidatta come usare i software di mixaggio e a guardare video dei dj set. “Impegnarmi in attività così complicate ha aiutato la mia mente a concentrarsi sul presente, invece di agitarsi pensando al pasInternazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Turchia sato”, spiega, riferendosi al dolore di lasciare la famiglia e arrivare in un paese in cui spesso si sentiva sgradita e riceveva insulti solo per il fatto di essere siriana. Per sette anni ha fatto lavori saltuari caricando la sua musica sulla piattaforma SoundCloud. Ha faticato a trovare una comunità di artisti, fino al 2020, quando il fondatore di Room41, Nashwan Jamali, l’ha contattata su Instagram e l’ha invitata a esibirsi in uno dei suoi eventi.

Divertirsi e ricordare Quando è cominciata la guerra Jamali era uno studente di economia e commercio all’università di Aleppo e aveva appena cominciato a organizzare eventi musicali. All’inizio del conflitto era stato picchiato e arrestato dalla polizia siriana per aver preso parte alle proteste contro il governo. Nel 2012 si ritrovò a nascondersi nei bunker sotterranei – che un tempo ospitavano i rave – per ripararsi dai bombardamenti aerei. “Così ho imparato a gestire le situazioni di emergenza alle feste, come le evacuazioni per incendi e terremoti. Durante i bombardamenti aerei di notte capitava di dover mettere in salvo molte persone”, spiega. Un anno dopo ha attraversato il confine della Turchia con il fratello maggiore in cerca di un futuro migliore, mentre i genitori e la sorella più grande sono rimasti ad Aleppo. Con il tempo i ricordi della violenza della polizia, dei raid aerei e del travagliato passaggio in Turchia – quando era terrorizzato che la polizia di frontiera siriana sparasse a lui e al fratello – hanno lasciato il posto alla nostalgia di casa. Jamali cominciava a immaginare un luogo in cui i siriani della sua generazione potessero ritrovarsi, divertirsi e tornare a un passato migliore. Poi, una notte del 2016, mentre si trovava in un hammam turco con una temperatura di 41 gradi centigradi, ha avuto l’idea di creare un club di musica elettronica itinerante. Artisti elettronici come Hello Psychaleppo e Boshoco, entrambi di Aleppo, stavano conquistando i palchi europei. Ma Jamali, che oggi ha 32 anni, pensava che avrebbe avuto senso far rivivere la vita notturna siriana a Gaziantep – una città che aveva molte cose in comune con Aleppo in campi come la cucina, la religione e la storia – per aiutare i siriani ad ambientarsi meglio. “Gaziantep è molto simile ad Aleppo in termini di persone e cultura, quindi era il posto giusto

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per cercare di rimettere in sesto la nostra vita notturna perduta”, dice Jamali sorseggiando un caffè al Sakulta, vestito con la sua solita maglietta e le scarpe da ginnastica, poco prima di una riunione per organizzare il prossimo evento di Room41. “Era chiaro che la maggior parte di noi era destinata a restare e a non tornare mai più in Siria, e avevamo bisogno d’integrarci. La musica è spesso lo strumento vincente”. All’inizio pensava che sarebbe stato eccezionale se il club fosse andato in altre città, ma poi ha deciso che portarlo in quartieri diversi di Gaziantep avrebbe potuto ribaltare l’idea che i siriani se ne stanno per conto loro, promuovendo l’incontro tra le comunità. Il concetto era nuovo e i siriani devono affrontare ancora più burocrazia dei turchi quando avviano un’attività, quindi ci è voluto quasi un anno per registrare Room41. Nel frattempo, non si potevano pubblicizzare molto le feste e l’affluenza era bassa. Inoltre alcuni spacciatori cercavano di infiltrarsi agli eventi, così Jamali ha assunto personale per la sicurezza ed è andato avanti con il progetto: “Sapevamo che stavamo facendo qualcosa per la comunità, colmando un vuoto”. Oggi Jamali ha 19 dipendenti, sia siriani sia turchi. I prezzi dei biglietti di Room41 sono abbordabili rispetto a quelli per serate simili in città più grandi – come la capitale Istanbul o Smirne, sulla costa dell’Egeo – e una media di trecento persone partecipa agli eventi, che si tengono due volte al mese il sabato sera. Nei suoi sei anni di attività Room41 ha anche offerto uno spazio a molti dj siriani emergenti. Amr Helwani, che fa il dj a Room41 da tre anni, è uno di loro. Come Jamali, è stato arrestato e picchiato ad Aleppo per aver preso parte alle proteste antigovernative. Temendo di finire in prigione o di morire, è entrato illegalmente in Turchia

Helwani andava spesso ai concerti metal e rock. Quando è arrivato in Turchia gli mancava profondamente la musica dal vivo

nel 2013. La sua famiglia è rimasta in Siria. Anche se è in contatto con loro e ne sente la mancanza, da quando se n’è andato non è più riuscito a vederli. Ad Aleppo andava spesso ai concerti metal e rock. Quando è arrivato in Turchia gli mancava profondamente la musica dal vivo che andasse oltre le vecchie canzoni popolari suonate nei caffè. Helwani, che di giorno lavora per una ong, ha imparato da solo a mixare e produrre musica per distrarsi dai ricordi dei bombardamenti ad Aleppo e non pensare alla lontananza dalla sua famiglia. “È cominciato come un hobby, ma poi ho sentito il bisogno di mostrare alle persone quello che faccio”, ha spiegato durante la festa di gennaio. Creare musica, ascoltarla e condividerla gli svuota la mente e lo spinge a costruire qualcosa per gli altri, racconta. È la cura più efficace che ha trovato. Nel suo lavoro mescola suoni della musica araba tradizionale come l’oud (uno strumento a corde) o artisti popolari siriani (come l’iconica Ayni Tsofia) con brani più occidentali che ha trovato guardando su Youtube i video dei rave di Berlino, dove sogna di suonare un giorno. Ottenere un visto turistico per partecipare a una di queste feste è estremamente difficile per un siriano. Il suo obiettivo è creare una sorta di suono siriano futuristico con un occhio al passato: “Adoro combinare la musica orientale della nostra tradizione con ritmi più occidentali. Credo che porti qualcosa di nuovo”.

Il legame con le radici Organizzazioni come Douzan sono impegnate a incoraggiare questa forma di espressione culturale. Alla fine del 2022 Rami Magharbeh ha lanciato un programma trimestrale chiamato Notah (nota musicale in arabo) con sette giovani artisti siriani. “L’elettronica è nuova nella nostra regione, ma piace molto a questi ragazzi”, sostiene Magharbeh. “Volevamo combinarla con l’opportunità di conoscere meglio la loro storia e la loro musica, perché quando hanno lasciato la Siria erano troppo giovani e ora stanno perdendo il legame con le proprie radici”. Gli artisti sono stati seguiti da dj come Hello Psychaleppo, che vive ad Amsterdam. Hanno partecipato a workshop sulla musica popolare – imparando come combinare brani tradizionali e contemporanei – e hanno pubblicato un album collettivo. “È un modo per dimostrare che non siamo bloccati nel passato, che

Il dj turco Ali Cin durante una serata di Room41

siamo orgogliosi della nostra tradizione ma possiamo anche esprimerci in termini moderni”, dice Magharbeh. E Jamali aggiunge: “Prima che Aleppo si trasformasse in macerie la nostra generazione aveva davanti a sé un futuro luminoso”. Joudy al Ahmad, operatrice umanitaria di trent’anni e appassionata frequentatrice di Room41, anche lei di Aleppo, si entusiasma quando sente frammenti di melodie popolari o brani della leggendaria cantante egiziana Umm Kulthum o della libanese Fayrouz – che i suoi genitori ascoltavano quando era bambina – mischiati con suoni elettronici. “All’improvviso sento un pezzo di Siria”, dice Al Ahmad. La musica “mi travolge ogni volta con le emozioni”. Anche i luoghi in cui si svolgono le serate di Room41 – case in stile ottomano molto simili a quelle che si trovano ad Aleppo (le due città, del resto, furono sotto lo stesso impero) o parcheggi sotterranei come quelli in cui si svolgevano le fe-

ste clandestine in Siria – sono scelti per risvegliare i ricordi e aiutare chi partecipa a connettersi con tempi più felici, spiega Jamali. Helwani dice che spesso sente di fare molto di più che scratchare e mixare: “A fine serata la gente viene alla console per ringraziarmi di avergli restituito memorie felici della Siria. Capisci di aver fatto qualcosa di buono per gli altri. Questo dà più importanza alla tua musica, la rende più significativa, soprattutto dopo quello che è successo ai siriani, sfollati per la seconda volta in dieci anni dopo il terremoto”. Con il secondo terremoto, nella notte tra il 5 e il 6 febbraio, la vita a Gaziantep si è fermata. “Nei giorni successivi le immagini che vedevamo camminando per le strade della città somigliavano a quelle che avevamo visto tra le macerie della guerra”, dice Joudy al Ahmad. Jamali ha avuto pensieri simili quando c’è stato il primo terremoto: per un momento ha sentito di essere di nuovo in Siria sotto i bom-

bardamenti. “Mi ci sono voluti diversi minuti per capire che si trattava di un altro tipo di disastro”, ricorda. I suoi parenti ad Aleppo stavano bene. Sia la casa della famiglia sia la sua a Gaziantep si sono ritrovate con alcune crepe, ma non sono state danneggiate gravemente. Per giorni ha dormito in un rifugio temporaneo finché le scosse di assestamento non sono finite. Lo shock gli ha ricordato l’inquietudine che provava durante la guerra. Molti degli spazi che hanno ospitato Room41 non esistono più, o non sono abbastanza sicuri per accogliere centinaia di persone. Le vecchie case ottomane sono fuori discussione per motivi di sicurezza, almeno finché non saranno rese antisismiche. Uno degli spazi più iconici, Bayazhan, un edificio fatiscente nel cuore della città che ospita anche un ristorante e un museo, non ha più il tetto. Il Lebowski blues, avamposto estivo di Room41, è stato trasformato in un rifugio per gli sfollati. Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Turchia Dopo un periodo di lutto, lo staff di Room41 ha ritenuto che fosse arrivato il momento di organizzare una festa per tastare il terreno. “Tornare è stata un’offerta di pace alla nostra comunità ferita”, dice Jamali. Al Ahmad è una dei tanti sfollati in città. La sua casa è stata danneggiata ma fortunatamente lei può permettersi di pagare per un po’ l’affitto per un altro appartamento, a differenza delle migliaia di persone che vivono negli accampamenti nei parchi o nei rifugi sotterranei. Anche la sua famiglia, che è ancora ad Aleppo, è al sicuro. Il terremoto le ha ricordato la guerra, ma pensa che la tragedia può in un certo senso avvicinare ancora di più Gaziantep e Aleppo, perché i turchi hanno subìto devastazioni e sfollamenti simili. “Non sono andata alla prima festa dopo il terremoto, anche se volevo e ne avevo bisogno, dopo tanto dolore”, ha riflettuto Al Ahmad. “Ma dovevo cercare di sistemare la mia casa”.

Sfidare gli stereotipi Amr Helwani ritiene che le serate – una volta ricominciate a pieno ritmo – potranno dare sollievo e aiutare le persone a capire che “tutto può tornare e tornerà alla normalità. Abbiamo imparato a gestire il trauma nella guerra, riusciremo a risollevare l’umore della città”. Per Batoul Mohammad uno dei valori fondamentali di Room41 e della musica che fa è mostrare che i rifugiati siriani portano qualcosa di buono alla gente del posto. “Nei paesi di arrivo c’è lo stereotipo secondo cui siamo poveri e veniamo per rubare posti di lavoro o combinare casini. Ma noi abbiamo personalità, sogni e passioni. Non siamo solo numeri”, spiega. Oggi Mohammad è l’unica dj siriana in Turchia. Si esibisce con il nome d’arte Om.el Beat, un omaggio alle cantanti arabe di una volta che si chiamavano Umm, “madre” in arabo. I suoi brani sono riconoscibili per le melodie della darbouka – un tipico strumento arabo a percussione, simile a un tamburo, che le ricorda della sua infanzia in Siria – e dell’oud intrecciate a suoni elettronici. Mohammad è grata di aver finalmente trovato a Gaziantep uno spazio sicuro per presentare la sua musica e spera di vedere più donne in questo settore: “Dato che la musica elettronica è spesso un mondo di uomini, può spaventare essere dj donna e migrante. Le persone all’inizio non

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mi prendevano sul serio. Ma io volevo sfidare chi crede che noi donne non possiamo farcela perché non sappiamo nemmeno dove mettere i cavi”. Attraverso la sua musica dice di voler “unire molti tipi di pubblico, non solo siriani”. A gennaio, mentre i ritmi techno riempivano una stanza dell’edificio ottomano, Nashwan Jamali diceva: “È grandioso vedere persone che si mescolano in pace e si godono la musica”. Molti dei frequentatori abituali di Room41 sono operatori umanitari per lo più provenienti da paesi occidentali, rifugiati siriani e studenti universitari turchi. Nei primi giorni della guerra in Siria, quando Gaziantep fu travolta da un numero di rifugiati senza precedenti, le tensioni sociali spinsero turchi e siriani a vivere in bolle separate. Ma a Room41 questi muri sembrano crollare, almeno per una notte. Le persone ballano e chiacchierano e c’è una sensazione di apertura. “Pensiamo che il nostro modo di colmare il divario culturale si possa replicare ovunque in Turchia”, continua Jamali. Ayse Yılmaz, un’operatrice umanitaria che frequenta abitualmente queste serate, dice: “Ci sono molti pregiudizi verso i siriani, come l’idea che portino violenza e crisi economica nel nostro paese. Ma sento che qui queste tensioni scompaiono. Le persone hanno la mente davvero aperta e sono disposte ad andare oltre”. Yılmaz racconta che prima di partecipare a questi eventi non aveva mai avuto amici siriani, pur vivendo in una città in cui circa un quarto degli abitanti proviene dalla Siria. È felice di aver incontrato Joudy al Ahmad. “Sono come noi e vogliono solo dimenticare la guerra. Non vengono per farci del male”, afferma Yılmaz. “Abbiamo questa bella cosa in comune, la passione per la musica elettronica. Loro vogliono divertirsi come noi, quindi perché non farlo insieme?”.

Jamali vuole far crescere l’offerta musicale del club mantenendo l’atmosfera intima. Intanto si concentra sul prossimo obiettivo

Al Ahmad conferma: “È bello trovare nuove persone con cui condividere qualcosa che non sia necessariamente la lingua o la cultura. Con chi viene alle feste siamo praticamente diventati una famiglia che riempie il vuoto dei parenti lasciati in Siria”.

Ritorno ad Aleppo Room41 a Gaziantep è diventato anche il luogo d’incontro tra dj siriani e turchi. Amr Helwani ha conosciuto Ali Cin, un produttore turco con cui oggi collabora per mescolare sonorità turche e siriane. “Mi sono fatto un sacco di amici turchi. Forse ora ho anche più amici turchi che siriani”, dice Helwani sorridendo. “La musica elettronica è stata un ottimo modo per legare e incontrare nuove persone che vogliono solo divertirsi”. Anche se le serate di musica elettronica a Gaziantep sono cominciate con gli esuli siriani, oggi alcuni imprenditori turchi stanno entrando nel settore, aiutando la vita notturna della città a svilupparsi. Jamali spera di tornare con Room41 per dare una forma di guarigione a tutti quelli che hanno subìto il trauma collettivo. La serata di aprile, la prima organizzata dopo il terremoto, è stata un test degli umori della città e un modo di festeggiare la fine del Ramadan. Ha avuto una buona partecipazione, ma più bassa di quella che avevano eventi simili, mentre la vita torna lentamente alla normalità. Alle feste di Room41 venivano persone dalle province vicine. Molte di loro non sono ancora tornate. Jamali vuole far crescere l’offerta musicale del club mantenendo l’atmosfera intima, e intanto si concentra sul prossimo obiettivo: riportare il concetto di party itinerante ad Aleppo, la città che ha lasciato tanti anni fa. Si rende conto delle difficoltà dal punto di vista della sicurezza. Con la città che è sotto il controllo governativo sarebbe troppo pericoloso per lui viaggiare, ma è disposto a coordinare i lavori dall’estero, facendo affidamento su una vasta rete di dj emergenti che aspettano il ritorno alla vita normale ad Aleppo. Suo padre, dall’altra parte del confine, si è offerto di stampare i volantini quando sarà il momento. “Le persone si deprimono perché non possono o non vogliono parlare della Siria, ma la vita notturna di Gaziantep regala bei ricordi di casa”, conclude Jamali. “Questa è la nostra resistenza alla guerra e al disastro: la bellezza della musica e il divertimento genuino, selvaggio”. u fdl

Emilio Bria, ricercatore AIRC, insieme a Emanuela, curata per un tumore al seno.

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OTTOBRE 2023 CAMPAGNA NASTRO ROSA AIRC

Cina

BRUNO BARBEY (MAGNUM/CONTRASTO)

Un centro commerciale di Chengdu, Cina, 2019

L’economia dei panda Ni Dandan, Sixth Tone, Cina

Il governo cinese ha creato un enorme parco nazionale per proteggere i panda e promuovere il turismo. Trasformando la vita e il lavoro degli abitanti dell’area 56

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uando qualche anno fa il governo cinese ha svelato il progetto di un nuovo enorme parco naturale per proteggere l’habitat dei panda selvatici, l’annuncio ha avuto un enorme consenso in ogni angolo del paese. A Wannian, però, la notizia è stata accolta con una certa preoccupazione. Il villaggio, abbarbicato sui monti della provincia orientale del Sichuan, si trovava dentro i confini del futuro parco. Questo significava che la vita nell’area avrebbe subìto enormi cambiamenti. Il nuovo piano avrebbe introdotto pesanti restrizioni alle attività umane all’interno

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del parco e vietato del tutto l’estrazione di carbone nelle miniere e la produzione di energia idroelettrica. Anche se a Wannian questi settori erano già in declino, rappresentavano comunque i pilastri dell’economia della zona. I funzionari locali sapevano che molti abitanti del villaggio avrebbero perso la loro principale fonte di reddito. “È stata una sfida enorme”, spiega Wang Meisu, una funzionaria dell’amministrazione comunale. “Erano in attività ancora decine di impianti”. Wannian è uno delle migliaia di villaggi che negli ultimi anni hanno dovuto affrontare una trasformazione radicale, da quando il governo ha cominciato a promuovere con decisione la protezione della popolazione di panda selvatici. Il parco nazionale del panda gigante, inaugurato nel 2021, è un progetto molto ambizioso. Si estende su più di 27mila chilometri quadrati di campagna nelle province del Sichuan, dello Shaanxi e del Gansu, mette in connessione tra loro decine di aree di conservazione già esistenti e ha enormi finanziamenti. Secondo i promotori, il parco darà una forte spinta alla salvaguardia dei panda cinesi. Negli ultimi anni la specie è in recupero, con una popolazione selvatica stimata di circa 1.800 esemplari, e le autorità cinesi sono determinate a far aumentare questo numero. In un centro di addestramento vicino a Wannian gli esperti di fauna selvatica cercano di insegnare ai giovani esemplari cresciuti in cattività come sopravvivere in natura. La speranza è che il parco possa fornire uno spazio sufficiente a consentire agli animali di riprodursi nel loro habitat naturale. C’è però un ostacolo: il territorio è già occupato. Decine di migliaia di persone vivevano già nell’area quando è stato annunciato il progetto del parco. E molte si guadagnavano da vivere grazie ad attività ora dichiarate illegali in base alle nuove disposizioni. Per risolvere questo problema i villaggi hanno dovuto agire con coraggio. Molti, incluso Wannian, hanno cercato di trasformarsi da snodi industriali in località turistiche, puntando sul fatto che il parco nazionale attirerà molti visitatori. Wannian si è reinventato come “villaggio dei panda”, con le strade e gli edifici decorati con disegni dell’orso. Sulla strada principale sono spuntati ristoranti, ostelli e negozi di souvenir che vendono giocattoli a forma di panda. Per gli abitanti non è stato sempre facile: molti sono an-

ziani, sono poco istruiti e raramente sono usciti dal villaggio. Alcuni parlano solo il dialetto locale e capiscono poco il cinese mandarino. Con la ripresa del turismo interno dopo la pandemia, però, c’è comunque un certo ottimismo sulla possibilità di cominciare a raccogliere i frutti di questa scommessa.

Cambiamento necessario Wannian fa parte di un gruppo di villaggi all’estremità meridionale del parco nazionale. Già prima che il progetto fosse annunciato, era evidente che nella regione ci fossero dei problemi e servissero dei cambiamenti. Per decenni i settori d’impiego principali a Wannian sono stati quello minerario, del legname e della produzione di energia idroelettrica. Nel momento di massimo splendore, nei primi anni duemila, in questo minuscolo villaggio di poco più di mille abitanti funzionavano circa cinquanta miniere di carbone. Si trattava di attività redditizie che generavano tanti posti di lavoro. “Guadagnavamo molto”, ricorda Tao Yonghu, vicesegretario del Partito comunista a Wannian e proprietario di una miniera che in quel periodo impiegava cento persone. Le miniere però erano devastanti per l’ambiente e causavano un odioso inquinamento che contaminava le riserve idriche. “Qui gli abitanti erano abituati a usare l’acqua del fiume per le attività quotidiane”, dice Tao. “In caso di maltempo, però, nel fiume finiva anche il carbone e l’acqua diventava nera”. A metà degli anni dieci, l’irrigidimento delle norme ambientali aveva già costretto alla chiusura alcuni siti. L’annuncio del progetto del parco ha comunque generato una certa preoccupazione a Wannian. “Ogni funzionario di contea doveva occuparsi della chiusura di un’impresa e trovare il modo di convincere i proprietari”, ricorda Wang, la funzionaria comunale. “Era loro responsabilità convincere i proprietari delle aziende”. Sembrava esserci un’unica via di uscita: trasformare il villaggio in un polo turistico. Wannian ha diversi vantaggi naturali: si trova a soli duecento chilometri da Chengdu, capoluogo della provincia del Sichuan. È inoltre circondata da una foresta di bambù, bellissima ora che l’industria pesante è stata eliminata. Il villaggio sorge inoltre all’estremità meridionale del parco ed è uno straordinario punto di arrivo per i visitatori. Il centro di addestramento per i panda nelle vicinanze, poi, è famoso in tutta la Cina. Oggi è diffiInternazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Cina cile vedere i panda selvatici vicino a Wannian, ma molti abitanti raccontano di incontri avvenuti in passato. Nel giro di poco tempo i funzionari locali hanno cominciato a pubblicizzare Wannian come “villaggio dei panda”. La località ha subìto una trasformazione totale: graziose sculture lungo le strade, murales sugli edifici, ostelli con i nomi di panda famosi. All’inizio le cose non sono andate lisce. Zhu Yan è stata la prima abitante del villaggio ad aprire un negozio nel 2017. Ha avviato la sua attività in una posizione ottimale all’ingresso di Wannian, vicino alla strada principale. “Ma i clienti erano pochi e gli affari non ingranavano”. Anche Chen Sha, che abita nel villaggio di Fazhan, a pochi chilometri, è stata tra le prime a rispondere agli appelli dei funzionari locali a esplorare il settore turistico. Ha aperto un piccolo ostello che serviva i pochi visitatori che all’epoca passavano dal villaggio. Chen, però, non aveva idea di cosa fare. Come molti abitanti del posto, aveva vissuto nella città vicina – dove gestiva un negozio di abbigliamento – ma di rado era uscita dal suo piccolo angolo di Sichuan e non sapeva cosa si aspettavano di trovare in un ostello i turisti cinesi della classe media. “È difficile da credere, ma all’inizio alcune stanze non avevano il bagno”, ride Chen. “Sono stati i visitatori a dirmi che non se ne poteva fare a meno! Non sapevamo quasi nulla di turismo”.

Il boom del turismo Ora però il settore sta cominciando a decollare. Sulla via principale si contano 18 attività commerciali, tra cui ristoranti e negozi di souvenir. Gli ostelli sono più di una decina, ed erano quasi tutti pieni quando abbiamo visitato il villaggio, a luglio. Accanto al negozio di Zhu si vedono diversi turisti anziani intenti a dipingere acquerelli delle montagne attorno. Sono loro che negli ultimi due anni hanno fatto la fortuna di Zhu: coppie di pensionati che arrivano da altre zone del Sichuan con soldi da spendere: “Gli incassi continuano a crescere”, si rallegra Zhu. Il turismo legato ai panda in generale ha vissuto un boom straordinario dalla fine del 2022, con la revoca delle restrizioni per il covid. Chengdu, che ospita tre centri per l’allevamento di questi animali, è sempre stata molto popolare tra i turisti. Quest’anno, però, le cose hanno assunto una nuova dimensione. In occasione del-

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In occasione delle festività nazionali, i biglietti per visitare il principale centro di ricerca sui panda finiscono nel giro di pochi secondi

le festività nazionali, i biglietti per visitare il principale centro di ricerca sui panda, in vendita online, finiscono nel giro di pochi secondi. All’interno della struttura i turisti devono spesso fare ore di coda per vedere i panda “più famosi di internet”. Nei negozi di souvenir le riproduzioni di peluche di questi orsi superstar si vendono a 1.800 yuan (circa 230 euro), e nonostante il prezzo vanno a ruba. “Ora per averli c’è una lista d’attesa di un mese”, dice un negoziante. Questo ha anche un effetto domino, poiché i turisti che non riescono ad accedere alle principali attrazioni di Chengdu cercano destinazioni alternative per vedere i panda. Longcanggou è una di queste. Oggi il piccolo centro di tremila abitanti riceve circa 400mila visitatori all’anno, dice la funzionaria comunale Wang. A Wannian la commissione del villaggio stima che, grazie agli introiti generati dal turismo, il reddito medio dei residenti passerà da 19mila a 22mila yuan (da 2.440 a 2.831 euro) . “Stiamo parlando 600 km

RUSSIA KAZAKISTAN MONGOLIA Gansu Longcanggou

C I NA

Sichuan Wannian

NEPAL INDIA

Riserva dei panda

BUTHAN

BANGLADESH

BIRMANIA

Pechino

Shaanxi Chengdu

solo del reddito medio”, spiega Yang Xiaolin, il segretario del partito al villaggio. “Il 40 per cento dei residenti ha più di sessant’anni. I giovani che lavorano possono guadagnare decisamente di più”. E gli abitanti del posto confidano nel fatto che il numero di visitatori potrà solo aumentare. Wannian presenta ancora delle evidenti debolezze in quanto destinazione turistica. Nonostante il soprannome di “villaggio dei panda”, non ce n’è nemmeno uno vivo che i visitatori possano vedere. “La struttura dove si preparano i panda alla vita selvatica non è aperta al pubblico”, spiega Tao. Il villaggio ce la sta mettendo tutta per superare questi problemi: dopo mesi di pressioni, il governo provinciale del Sichuan si è finalmente convinto a inviare diversi esemplari, che dovrebbero arrivare verso la fine del 2023. Altri progetti prevedono l’inaugurazione di una “struttura per l’educazione alla natura”, dove i visitatori potranno imparare tutto sui panda e il loro habitat, e la creazione di percorsi escursionistici nelle montagne. Una volta completati questi progetti, Tao è convinto che Wannian diventerà una destinazione più allettante. “Alla fine del 2017 ho portato il villaggio fuori dalla povertà”, dice Tao. “Ora il nostro obiettivo è offrire a tutti una vita migliore”.

Non molto da offrire Per molti abitanti del posto la vita è sicuramente migliorata da quando è stato presentato il piano del parco nazionale. Prima di aprire il suo negozio, Zhu aveva lavorato in un impianto per la produzione di energia idroelettrica, in una fabbrica di elettronica a Chengdu e come commerciante di abbigliamento. Guadagnava abbastanza, ma doveva stare parecchio tempo lontano dalla famiglia. Per diversi anni ha visto i suoi due figli quasi solo in occasione delle festività nazionali. “Sono rimasti al villaggio mentre io andavo a lavorare fuori”, racconta. Con il negozio non si è arricchita, ma ora può vivere di nuovo a tempo pieno con la sua famiglia, il che era il suo vero obiettivo quando ha deciso di tornare a Wannian. E non è affatto povera: nel 2022 ha investito 40mila yuan (5.148 euro) per aprire un ristorante. “In futuro arriveranno sicuramente molte più persone”, dice. “Dal punto di vista ambientale il villaggio è cambiato in modo significativo. Ora è un posto pulitissimo”. Nel vicino villaggio di Fazhan la

XU JUN (VCG/GETTY)

gente è ancora più ottimista. L’ostello di Chen è andato di bene in meglio da quando ha ristrutturato l’attività nel 2018: i suoi incassi sono passati da 30mila a 500mila yuan all’anno (da 3.800 a 63.900 euro), così ha potuto assumere sette suoi familiari per gestire la struttura. “Prima svolgevano attività faticose, coltivavano tè o tagliavano bambù”, racconta Chen. “Ora hanno un lavoro meno pesante, le loro entrate sono stabili e destinate ad aumentare”. Il successo del turismo ha addirittura convinto tanti ex residenti a tornare al villaggio. Quando Chen era giovane, i suoi coetanei finita la scuola dell’obbligo andavano a cercare lavoro in città, perché Fazhan non aveva molto da offrire. “Lavorare in una miniera di carbone e alla centrale idroelettrica è noioso”, racconta. “Lo stipendio era basso. Non c’era futuro”. Secondo Chen ora l’80 per cento di quelle persone è rientrato. E a differenza di Wannian, il turismo a Fazhan è in pieno boom. Per Chen questo è ancora fonte di preoccupazione perché ritiene che il suo villaggio si sia fatto trovare impreparato dall’aumento di visitatori di

quest’anno. “I progetti del comune non sono al passo con le nuove esigenze”, dice. “Se arrivano più visitatori crescono i rifiuti e le acque di scarico; inoltre la nostra offerta di svaghi è insufficiente”.

Sfrattati Eppure non tutti hanno tratto dei vantaggi dal parco. Huang Jianyig, 59 anni, ha lavorato per tutta la vita sulle montagne intorno al villaggio di Fazhan, dove ha fatto il taglialegna e l’agricoltore. Ora è una guardia forestale, è pagato per pattugliare le montagne e avvertire le autorità del parco al primo segnale di attività illegali di caccia, incendi o frane. In precedenza Huang guadagnava duemila yuan (255 euro) al mese, sufficienti appena a sopravvivere. Integrava le sue entrate allevando api e coltivando bambù ed erbe medicinali, attività consentite nelle aree “non essenziali” del parco. “La gente deve sapere che il parco dei panda non può offrirci molti posti di lavoro”, dice. “Gli abitanti del villaggio non dovrebbero abbandonare l’agricoltura e la vendita dei loro prodotti”. Huang aveva perso anche la casa a causa della nuova vocazione turistica di Fazhan. Nel

Centro di ricerca per la riproduzione del panda gigante, Chengdu, Cina, 2022

2016, insieme ad altri cento residenti, aveva accettato di essere trasferito per fare posto a una nuova attrazione turistica. Dopo sette anni, però, aspettano ancora di entrare nei loro nuovi appartamenti. “In generale sono abbastanza soddisfatto, l’ambiente è migliorato grazie alle nuove strade asfaltate e alle nuove strutture per tenersi in forma”, dice Huang. “Ma sarebbe meglio se avessimo una casa dove trasferirci definitivamente”. È riuscito a prendere in affitto un appartamento da un parente a un prezzo relativamente basso, perciò il ritardo non gli ha procurato troppi problemi. Tuttavia, racconta, gli abitanti più anziani del villaggio, come sua madre, che ha più di ottant’anni, hanno avuto difficoltà a trovare una sistemazione alternativa. I proprietari sono riluttanti ad affittare una casa alle persone anziane, perché pensano che se dovessero morirci sarebbe di cattivo augurio. “Purtroppo alcune sono morti prima che le case fossero pronte”, dice Huang. u gim Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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29, 30 settembre e 1 ottobre

FRANCESCA LEONARDI

Il live set di Khalab nel cortile del Castello

Incontri prima della festa Trenta parole chiave per i trent’anni di Internazionale, e per provare a riflettere insieme ai lettori sull’attualità e sul futuro

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al 29 settembre al 1 ottobre Internazionale ha celebrato l’avvicinarsi del suo trentesimo compleanno (che sarà il 6 novembre) con un’edizione speciale del festival: giornalisti, scrittrici, attivisti e filosofe hanno riflettuto su trenta

temi che hanno segnato gli ultimi decenni. Tra gli altri, Amira Hass ha tenuto un monologo sui rischi del colonialismo israeliano, Daisy Letouneur ha raccontato il movimento trans, lo scrittore siriano Yassin al Haj Saleh ha ricostruito cosa vuol dire libertà per il suo paese, Evgeny Morozov ha riflettuto sulla logica capitalista dell’intelligenza artificiale, Gary Younge ha dimostrato come il razzismo faccia ancora molto male, Luisa Merloni ha lanciato uno sguardo ironico sul patriarcato, Elsa Dorlin e Zerocalcare hanno discusso di

lotta politica e diritto a difendersi. Le altre parole – potere, violenza, verde, Amazzonia, cura, informazione, digitale, terrore, città, patrie, ecoserenità, lavoro, Ucraina, memoria, rivoluzione, accesso, democrazia, megalopoli, fertilità, fentanyl, attivismo, frontiere, spazio – sono state l’occasione per incontrare alcuni autori che pubblichiamo sulle pagine di Internazionale. E i documentari, i podcast e le feste in piazza hanno accompagnato il pubblico di ogni età, compreso quello di Internazionale Kids. u Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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FRANCESCA LEONARDI FRANCESCA LEONARDI

FRANCESCA LEONARDI FRANCESCA LEONARDI

Il giornalista statunitense Howard W. French

L’esperta di privacy e tecnologia Ivana Bartoletti

Lo scrittore cinese Chen Qiufan

La giornalista statunitense Sarah Jaffe

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FRANCESCA LEONARDI (2)

FRANCESCA LEONARDI

La giornalista brasiliana Elaíze Farias

Il giornalista olandese Frank Westerman

La scrittrice zimbabweana Petina Gappah Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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FRANCESCA LEONARDI

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FRANCESCA LEONARDI

Il filosofo australiano Roman Krznaric

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Il giornalista canadese-statunitense Matthieu Aikins

La filosofa francese Elsa Dorlin

L’attivista trans francese Daisy Letourneur

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La musicista italoliberiana Anna Maria Gehnyei

La curatrice d’arte cinese Mi You

Il rapper Ghemon Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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FRANCESCO ALESI

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Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

L’incontro sull’attivismo, nel cortile del Castello Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Biblioteca Ariostea

Anna Keen

Il Castello

L’incontro sui diritti digitali

Zerocalcare

La festa di Internazionale Kids

Amira Hass

Lo shop di Internazionale

Il concerto dei Kula Shaker

Foto di Francesco Alesi e Francesca Leonardi.

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FRANCESCA LEONARDI FRANCESCA LEONARDI

La fumettista Rita Petruccioli e la scrittrice Susanna Mattiangeli

L’autrice di podcast argentina Flavia Campeis Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Buon compleanno Internazionale

La mostra di Msf Voci dal mare

Vinicio Capossela

I facilitatori grafici di Housatonic

Nel cortile del Castello

Luisa Merloni

Ben Smith

Reporter slam

Il Mondo, il podcast di Internazionale

Foto di Francesco Alesi e Francesca Leonardi.

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FRANCESCA LEONARDI

FRANCESCA LEONARDI

L’attivista trans messicana Sabrina Sanchez

Il nuotatore artistico Giorgio Minisini Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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FRANCESCO ALESI

L’incontro finale con Giovanni De Mauro, Zerocalcare, Elsa Dorlin e Giuliano Milani, al teatro Comunale

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Radio Radicale

Cile 1973 Il governo di Allende, il golpe e la dittatura di Pinochet nella stampa di tutto il mondo

Internazionale storia

Cile 1973 Il governo di Allende, il golpe e la dittatura di Pinochet nella stampa di tutto il mondo A cinquant’anni dal colpo di stato 192 pagine di cronache e foto dalla stampa cilena e internazionale dell’epoca e analisi sul Cile di oggi In edicola, in libreria e online

Società

È finito lo spazio Samira Shackle, The Guardian, Regno Unito Foto di Manu Valcarce

Libri, scatole, vestiti: molte persone tendono ad accumulare gli oggetti. Portato all’eccesso, questo comportamento è il segnale di un disturbo, che può mettere a rischio la sicurezza di chi ne soffre n un recente incontro sul tema delle persone che provano il bisogno irresistibile di accumulare oggetti, Daniel Pearson, comandante delle stazioni dei vigili del fuoco dei quartieri londinesi di Shadwell e Whitechapel, ha fatto ascoltare la registrazione di una chiamata al numero per le emergenze in cui una persona in preda al panico segnalava un incendio scoppiato in casa sua. Una squadra di vigili del fuoco è stata inviata subito, ma non ha potuto accedere all’abitazione. Pearson ha mostrato alcune fotografie dell’appartamento, scattate dopo il disastro: le porte e i corridoi erano bloccati da montagne di oggetti, ormai carbonizzati e irriconoscibili. La persona che aveva chiamato era morta. Pearson mi ha detto che casi come questo sono abbastanza frequenti. Nel 2022 i vigili del fuoco di Londra hanno affrontato 1.036 incendi in luoghi pieni di oggetti, che hanno causato 186 feriti e dieci morti. Alcune persone con questo disturbo accertato (disposofobia) sono state inserite in un database, in modo che in caso di necessità possano intervenire squadre di vigili del fuoco più numerose. La riunione sull’argomento è mensile e partecipano pompieri, operatori della salute mentale, proprietari di alloggi popolari e funzionari del consiglio per l’edilizia abitativa e la salute ambientale. Per lo più si discute di possibili interventi specifici: i vigili del fuoco dovrebbero andare in quelle case e mettere a disposizione rilevatori di fumo e biancheria da letto igni-

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fuga? La persona può essere indirizzata a un programma di sostegno specializzato? Il proprietario dell’appartamento deve prendere in considerazione la pulizia forzata o lo sfratto? Alla base di queste domande ce n’è una più ampia: cosa si può fare per le persone con questo disturbo? Si tratta di una condizione complessa che richiede politiche sociali e un’attenta gestione a lungo termine.

In caso di emergenza Alla metà degli anni duemila i reality show televisivi britannici e statunitensi, con titoli come The hoarders next door, Britain’s biggest hoarders o Hoarders buried alive (“Gli accumulatori della porta accanto”, “I più grandi accumulatori britannici”, “Accumulatori sepolti vivi”), ne hanno fatto una forma d’intrattenimento, presentandolo come un problema abbastanza chiaro e di facile soluzione: rimettere in ordine. Ma il disturbo da accumulo è un problema di salute pubblica. Da diversi studi è emerso che ne soffre tra il 2 e il 6 per cento della popolazione mondiale. È uno dei disturbi mentali più diffusi al mondo (la depressione, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, Oms, colpisce il 5 per cento degli adulti). Anche se il servizio sanitario nazionale (Nhs) britannico non fornisce dati specifici sull’argomento, gli operatori del settore e i componenti del consiglio mi hanno detto che incide con una percentuale significativa sui “ricoveri forzati”, perché gli ospedali non possono rimandare le persone in case

non sicure. Diversi assistenti sociali mi hanno confermato che per loro non è insolito essere feriti da oggetti che cadono quando visitano la casa di un accumulatore. Hanno imparato a valutare il “rischio valanghe” chiedendo in anticipo le foto dell’abitazione. Alla fine del 2022 ho partecipato a una riunione in un altro quartiere di Londra. Un funzionario del consiglio locale ha esaminato i costi degli interventi per un una singola persona con questo disturbo in quattro anni: il totale è arrivato a 32mila sterline (37mila euro), di cui diecimila per lo sgombero forzato delle case, diecimila per le riparazioni e diecimila per i proce-

Londra, dicembre 2015 dimenti giudiziari. La cifra non includeva il costo dell’alloggio temporaneo dell’inquilino dopo lo sfratto. Ma le persone che lavorano con gli accumulatori sostengono che la spesa media per mantenere provvisoriamente una persona nelle case popolari è di 45mila sterline (52mila euro). Una funzionaria ha presentato un programma pilota per intervenire prima della crisi, che prevede di stabilire un rapporto con la persona, guadagnare la sua fiducia e ottenere progressi lenti ma duraturi. Tutto questo, però, diventa impossibile se il disturbo è così grave da rappresentare un pericolo immediato per la sicurezza ed è necessario agire in modo rapido e deciso.

Negli Stati Uniti, in Australia e in molti paesi europei le autorità tendono a intervenire solo in caso di emergenza, e spesso ci si occupa dell’accumulo, invece di cercare di risolvere i problemi che l’hanno causato. Ma stanno emergendo nuovi metodi, come quello proposto dal funzionario appena citato. Negli ultimi dieci anni l’accumulo è stato identificato come un disturbo psicologico autonomo, decisione che ha portato a un “drastico cambiamento nella percezione del problema”, afferma Nicole Steils, una ricercatrice della Social care workforce research unit del King’s college di Londra. Questo ha favorito una cre-

scente consapevolezza della sua portata e della sua gravità. Negli Stati Uniti ci sono più di cento organizzazioni che se ne occupano. Anche nel Regno Unito sono attive decine di gruppi. Ma capire il problema non è la stessa cosa che curarlo. Fino a tempi relativamente recenti il fenomeno era poco studiato, e compreso ancora meno. Era considerato una forma di disturbo ossessivo compulsivo. Eppure non è una novità. Forse gli accumulatori più famosi sono i solitari fratelli Homer e Langley Collyer, che tra il 1909 e il 1947 riempirono di oggetti la loro casa di Harlem, a New York. Dopo la loro morte furono recuperate 120 tonnellate di oggetti di Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Società valore assortiti, cianfrusaglie e altri beni. Per decenni l’accumulo è stato comunemente definito sindrome di Collyer. Nel 1947 lo psicoanalista tedesco Erich Fromm descrisse “la tendenza all’accumulo” come un modo per superare l’insicurezza non separandosi mai da niente. Quindici anni dopo lo psichiatra Jens Jansen parlò di “mania del collezionista” per descrivere le persone anziane che accumulano un volume eccessivo di oggetti. Negli anni novanta queste osservazioni cominciarono a trasformarsi in criteri diagnostici: la difficoltà di separarsi da oggetti apparentemente inutili, gli spazi abitativi così ingombri da diventare difficili da usare e il forte disagio causato da quel comportamento. Nel 2013 il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, l’influente manuale dell’American psychiatric association, ha incluso per la prima volta il disturbo da accumulo, definendolo del tutto autonomo. Lo stesso anno il servizio sanitario nazionale britannico ha stabilito le linee guida per il suo trattamento. Nel 2018 l’Oms ha seguito il suo esempio. Non tutti gli psichiatri sono stati favorevoli a questa svolta. Alcuni hanno messo in guardia contro la patologizzazione di comportamenti normali, mentre altri non erano d’accordo sul limite oltre il quale l’accumulo richiede cure mediche. “Tutti possiamo avere problemi a buttare via certe cose, perché hanno un valore sentimentale”, dice Satwant Singh, un esperto della materia. “Ma se sei un accumulatore, raggiungi un punto in cui non puoi più vivere in modo normale e la tua casa non è più funzionale”.

Puzzolenti e strambe La tendenza ad accumulare è ancora spesso liquidata come una forma di pigrizia e scarsa igiene. “Ho la sensazione che alcuni colleghi preferirebbero non occuparsene, perché pensano che si tratti di persone sporche, puzzolenti e strambe”, mi ha detto un componente del consiglio. La tendenza ad accumulare è erroneamente associata alla vecchiaia e alla povertà, ma colpisce persone di ogni età e strato sociale ed è diffusa in tutto il mondo. Singh osserva che è un problema serio anche in Giappone. I ricercatori concordano sul fatto che l’accumulo spesso comincia, o peggiora, in seguito a un lutto o a un trauma. Ma non è così per tutti. Per alcuni potrebbe essere un comportamento appreso o una predisposizione genetica. Uno studio ha

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Secondo uno studio, il 50 per cento delle persone che soffrono di questo disturbo ha un parente stretto con lo stesso problema

riscontrato che il 50 per cento delle persone con questo disturbo ha un parente stretto con lo stesso problema, che in alcuni casi si sovrappone ad altri disturbi di salute mentale: circa il 50 per cento degli accumulatori è anche afflitto da una grave depressione, mentre il 20 per cento soffre di un disturbo ossessivo compulsivo. Nelle persone anziane la demenza può provocare o peggiorare il comportamento anomalo. La tendenza ad accumulare è un disturbo mentale insolito perché è definito da oggetti esterni, non solo da uno stato psicologico: quello che gli esperti del settore chiamano “il tesoro”. Dato che le persone hanno livelli di tolleranza molto diversi, i medici hanno creato uno strumento, chiamato clutter image rating, per misurare l’entità dell’accumulo. Usato dalle autorità di tutto il mondo, questo metodo consiste nel partire dalle foto di una cucina, una camera da letto e un soggiorno. Ogni stanza è progressivamente riempita di oggetti su una scala da uno a nove. Al livello 1 le stanze sono abbastanza vuote, il pavimento è coperto solo da alcuni oggetti. Al livello 3 sembrano disordinate e gli oggetti sono sparsi dovunque sul pavimento. Al livello 5 vestiti, giornali e spazzatura sono ammucchiati sul pavimento fino a coprirlo quasi completamente. Al livello 9 le pareti sono appena visibili. Molte persone con tendenza all’accumulo non arrivano mai all’intervento. Come ha osservato lo psicologo di Oxford Paul Salkovskis, se il tesoro è ordinato, o se hanno abbastanza spazio per ospitarlo, non è necessariamente un problema. “Se qualcuno è felice in un ambiente estrema-

mente disordinato e non ci sono problemi di sicurezza, va bene: dobbiamo accettare che le persone sono diverse”, dice Nele Van Bogaert, che dirige un programma di supporto per l’associazione Mrs independent living. “Ma appena comincia a coinvolgere anche altri, tutto cambia”. Quando un’intera abitazione è al livello 4 o superiore, i medici diagnosticano all’inquilino il disturbo da accumulo e i vigili del fuoco considerano la casa ad alto rischio. In questa fase l’accumulatore rischia di violare non solo il suo contratto di locazione e la legge sugli alloggi (che si applica sia alle case popolari sia alle abitazioni private), ma anche la legge sulla salute pubblica, che si applica a tutti, compresi i proprietari di case. Singh racconta di un uomo con cui ha lavorato che aveva cinque case ma dormiva nella sua auto, perché erano tutte inaccessibili. Capita spesso che gli accumulatori dormano sul divano o in corridoio per anni, perché non possono raggiungere la camera da letto, o vivano al gelo o senza l’acqua corrente, perché sono troppo imbarazzati per far entrare in casa gli operai. Eliza Johnson (nome di fantasia) è una madre single che vive nel Surrey. Ha quasi sessant’anni e si occupa del figlio, che ne ha venti e ha difficoltà di apprendimento. Si definisce una “accumulatrice estrema” e dice che il suo comportamento è peggiorato dopo una serie di relazioni violente e dopo essere stata licenziata quando era incinta. “Mi chiedo se non sia la paura di non avere niente, un modo per tenere caldo il nido”, ha detto. Non può più raggiungere la sua camera da letto, quindi dorme nella stanza del figlio, che si è spostato sul divano. Sospetta che la tosse persistente che ha da più di cinque anni sia dovuta alla muffa. Suo figlio le ripete che vuole cambiare casa. “Dice che la situazione è insopportabile, ma non vuole aiutarmi a ripulire”, racconta. Per lei il suo rifiuto è fonte di sollievo e allo stesso tempo di frustrazione. Una volta il figlio ha gettato via per sbaglio alcuni oggetti di valore e teme che possa farlo di nuovo. Johnson ha due auto: una è piena di oggetti – vestiti, cosmetici, sacchetti di cibo – mai portati in casa; l’altra è mezza piena, e di recente, quando si è rotta, ha dovuto svuotarla per farla riparare. Non poteva evitare di gettare via le cose, perché portarle a casa era complicato. “Dovevo trovare posto per tutto. Ho infilato molta roba in un armadio dell’ingresso. Il resto è probabilmente sul mio letto, ma non ho guardato e quindi non ricordo di che si

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da letto era fuori uso da diversi anni, con i vestiti che sbucavano dall’armadio a muro, coprivano il letto ed erano ammucchiati sul pavimento fino all’altezza delle nostre spalle. I suoi familiari avevano lavorato diversi giorni per liberare un percorso attraverso ogni stanza e messo nei sacchi più oggetti possibile per portarli via. La London blitz clean avrebbe finito il lavoro. La sorella della donna, più giovane di dieci anni, era arrivata dall’estero e dormiva sul divano. “Abbiamo buttato via tante cose mai aperte e nuove di zecca”, ha detto. Simon annuiva con comprensione mentre il suo collega, in tuta blu e guanti da giardinaggio, trasportava rapidamente i sacchi della spazzatura fuori della camera da letto e li metteva nel furgone. “Voglio che sparisca tutto”, ha detto la sorella, indicando il soggiorno, prima di sprofondare di nuovo nel divano e strofinarsi le tempie. “Avrò bisogno di un analista dopo questa storia”.

Costo aggiuntivo

tratta. Sono solo esausta e avvilita”, dice. Quindici anni fa si era rivolta per la prima volta al suo medico di famiglia in cerca di aiuto. Il dottore le suggerì di gettare via tutto: cosa che lei non poteva fare. “Non posso invitare nessuno”, dice. “In passato i miei amici hanno fatto commenti sgradevoli, e mi vergogno troppo”. Ma quando butta via qualcosa, è scontenta di se stessa. “Sono tutte le mie speranze, l’idea che potrei fare questo, o essere quello”, dice. “Quando butti via le cose è come se buttassi via i tuoi sogni”. In una grigia mattina di giugno sono andata in una casa popolare di Londra sud con Damian Simon, il fondatore

dell’impresa di pulizie London blitz clean, e uno dei suoi colleghi. Ci aveva vissuto per decenni una donna di ottant’anni, che ora, su indicazione dell’ospedale dov’era stata ricoverata, si trovava in un altro alloggio temporaneo. Abbiamo preso l’ascensore fino al quinto piano e siamo entrati in uno stretto corridoio. In cucina, appena a sinistra della porta d’ingresso, stoviglie e pentole strabordavano dalle credenze. C’erano ovunque lattine di cibo, con le etichette che galleggiavano nell’acqua uscita dai tubi rotti. In corridoio c’era una lavatrice-asciugatrice guasta, che bloccava parzialmente l’accesso al bagno. La camera

Simon ha dato una rapida occhiata all’appartamento per fare una valutazione approssimativa del volume degli oggetti, poi è uscito per chiamare il suo contatto all’amministrazione locale, che lo pagava per la pulizia. Era andato lì con un furgone, ma ce ne sarebbero voluti almeno due: l’amministrazione avrebbe coperto il costo aggiuntivo? Ha avuto il via libera. La sorella della donna ha guardato i sacchi lasciare l’appartamento. “So che è una malattia, ma sono arrabbiata lo stesso”, ha detto in lacrime. “Va avanti da anni. Mia sorella ha lavorato tutta la vita e non ha mai ricevuto alcun sostegno. Il comune lo sapeva ma nessuno l’ha aiutata, perché pagava regolarmente l’affitto. Come fa un governo a permettere che succedano queste cose?”. Simon, un ex operatore sanitario, ha fondato la London blitz clean nel 2015, dopo aver visto quante persone erano bloccate in ospedale perché non potevano essere rimandate in case pericolose. L’azienda ora lavora con i consigli comunali e gli ospedali del servizio sanitario nazionale in tutta la capitale. In base alla quantità di lavoro necessaria le pulizie possono costare migliaia di sterline e richiedere da uno a dieci giorni di lavoro. Le autorità locali non sempre pagano. In alcuni casi possono costringere l’affittuario a coprire tutta o parte della spesa. La priorità della pulizia rapida è rendere la casa igienizzata e sicura, smaltendo i rifiuti, rimuovenInternazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Società Londra, dicembre 2015

do tutto quello che può far inciampare e rendendo accessibili tutte le stanze. Gli oggetti che Simon vede accumulati più comunemente sono vestiti, libri e cartoni, ma i casi vanno da un appartamento dove il proprietario aveva telecamere impilate fino all’altezza della vita a molte altre in cui erano state nascoste delle feci. (“Alle persone che hanno una forma molto grave di questo disturbo può sembrare che sbarazzandosi di oggetti come tamponi usati o bottiglie di urina stiano rinunciando a una parte di sé”, dice Singh). La pulizia forzata è una soluzione temporanea che affronta i sintomi del problema, non le cause, ma anche gli specialisti e gli avvocati ne riconoscono la necessità quando c’è un problema di sicurezza immediato. Per la persona coinvolta, tuttavia, l’esperienza può essere brutale e invasiva. “Immaginate che degli estranei entrino in casa vostra e tocchino le vostre cose, non dimentichiamoci che chi accumula ha un rapporto speciale con quegli oggetti”, dice Singh. Nel 2014 Edward Brown, 61 anni, di Blackburn, era stato informato dall’associazione degli inquilini che doveva accettare la pulizia forzata o essere sfrattato. Il tecnico del riscaldamento, non riuscendo

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a raggiungere la caldaia, aveva segnalato il suo caso alle autorità. Brown aveva accettato la pulizia, ma l’aveva trovata profondamente angosciante. Mentre gettavano le sue cose in un camion per lo smaltimento, gli operai facevano commenti offensivi. Tra gli oggetti Brown vide un bollitore nuovo di zecca. Lo recuperò, ma ci furono molte altre cose che non fu in grado di salvare, e spese subito cinquecento sterline per sostituirle. Dopo la pulizia forzata, Brown non ha ricevuto ulteriore sostegno dall’associazione degli inquilini o dal comune e lentamente il suo tesoro si è riformato. Questo succede spesso: secondo i dati delle amministrazioni locali, le persone sottoposte a pulizie forzate non cambiano il loro comportamento. A quasi dieci anni di distanza Brown è ancora riluttante a lasciare che qualunque autorità entri in casa sua. È un uomo simpatico, caloroso e aperto, con una grande barba bianca “come Babbo Natale”, dice. Attribuisce la sua difficoltà a separarsi dagli oggetti a un’infanzia violenta. “Finché quelle cose sono lì mi sento protetto”, spiega. “Chiunque cerchi di avvicinarsi a me deve prima passare attraverso tutta quella roba”. Vive con la moglie, che ha problemi di salute

mentale e fisica, e che, dice, non accumula, ma “colleziona”. I due collezionano peluche, ma lui ammucchia anche giocattoli come i mattoncini Lego e prodotti elettronici. Ha diverse friggitrici ad aria, microonde, ventilatori e vecchi computer da tavolo. Accumula cibo in scatola, continuando a comprarlo anche se la dispensa trabocca, e fatica a disfarsi di oggetti che, per usare la definizione del servizio sanitario, “la maggior parte delle persone considererebbe spazzatura”: scatole di cartone, bottiglie di plastica vuote. Brown oscilla tra il mettersi sulla difensiva – “ho percorsi in tutte le stanze, ho in testa la mappa di dove sono le cose, quindi perché devono dirmi come vivere?” – e il cercare disperatamente di cambiare: “Perché non ci riesco? Perché ho tanta difficoltà?”. Per quanto traumatica sia stata la pulizia forzata, almeno gli ha permesso di restare a casa sua.

Linee guida Michelle Lambert (anche questo un nome di fantasia), 63 anni, fino all’ottobre 2022 viveva da sola in un appartamento delle case popolari di Londra sud. Lavora – paradossalmente, ammette – come consulente per la salute e la sicurezza, e ha lotta-

Londra, dicembre 2015

to contro la tendenza all’accumulo per la maggior parte della sua vita. Alla fine del 2022 il consiglio comunale le ha comunicato che il suo appartamento aveva bisogno di riparazioni. Gli operai non erano stati in grado di accedervi per anni e i problemi si erano accumulati: il soffitto gocciolava, l’impianto elettrico era umido e difettoso. Il comune ha inscatolato gli effetti personali di Lambert e li ha portati in un deposito a cui lei non può accedere. Lei stessa è stata trasferita in un alloggio temporaneo, dove vive ancora a distanza di otto mesi. Quando ha chiesto quanto ci sarebbe voluto per i lavori che, dice, non sono ancora cominciati, le hanno risposto che il ritardo era causato dagli oggetti accumulati. “Le loro risposte sono sempre così aggressive. È come se dicessero: ‘Sei solo spazzatura, quindi anche la tua roba è spazzatura’”. Nel 2014 il Care act ha modificato il sistema di assistenza sociale per gli adulti del Regno Unito, classificando la negligenza nei confronti di se stessi – una categoria in cui rientra la tendenza all’accumulo – come un problema di sicurezza. Questo significa che i comuni e le autorità in generale hanno la responsabilità di proteggere la persona interessata. Prima del

2014 gli adulti erano considerati a rischio solo se minacciati da qualcuno. Ma i cambiamenti sono stati graduali e frammentari e il supporto specialistico non è sempre disponibile. Di solito come prima cosa l’Nhs suggerisce la terapia cognitivo-comportamentale (un residuo di quando accumulare era considerato una forma di disturbo ossessivo compulsivo), che però nel caso specifico dell’accumulo non è coperta dal servizio sanitario nazionale. Da alcuni studi, inoltre, è emerso che molte persone con questo disturbo sono riluttanti a impegnarsi in questa forma di trattamento. Ma anche per quelle che lo fanno, la terapia in genere non è particolarmente efficace. Megan Karnes, che ha fondato Hoarding Uk, la principale organizzazione britannica di difesa e sostegno degli accumulatori, definisce “criminale” l’attuale approccio del servizio sanitario e afferma che il disturbo sia l’unico problema di salute mentale per il quale l’Nhs non ha linee guida chiare. I professionisti che se ne occupano mostrano un crescente interesse per un metodo chiamato “decluttering terapeutico”, in base al quale un professionista parla con l’accumulatore per settimane o

mesi, aiutandolo a fare pulizia. A Karnes non piace la parola decluttering (riordinare) perché “non si tratta di una cura”. Hoarding Uk propone un metodo simile e altrettanto graduale che unisce il supporto pratico a quello psicologico, a domicilio. Il suo programma di un anno è molto richiesto. Karnes mi ha raccontato di un uomo con cui ha lavorato che accumulava giornali. All’inizio gli ha chiesto di fare una pila separata dei giornali che aveva letto. E a poco a poco si è reso conto che non li leggeva. Ci sono volute 14 settimane per fargli gettare via un giornale. Ma da quel momento il cassonetto della carta è stato sempre pieno. “Ha messo quelle pile di giornali nel bidone da solo, e questo è un risultato diverso da quello della pulizia forzata”, dice Karnes. “Stiamo cambiando il suo modo di pensare, non lo stiamo costringendo”.

L’ostacolo maggiore Jody Hake è un’assistente sociale che partecipa a un programma istituito dal consiglio del distretto di Sevenoaks nel 2018. Dice che convincere qualcuno ad accettare aiuto è l’ostacolo maggiore. La sua regola è offrire aiuto per sei volte al telefono. Poi, se la persona è d’accordo, orgaInternazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Società nizza una visita e discutono di quale risultato vorrebbe ottenere: magari vuole tornare a dormire nel suo letto o usare il divano. “La mia priorità è la sicurezza, cioè liberare le vie di fuga e i passaggi, ma se vogliono cominciare con l’accesso alla cucina, cominciamo da lì”, spiega. Quando trovano un obiettivo comune, torna una volta alla settimana oppure ogni 15 giorni. Cerca sempre di avere un tono gentile che non provochi angoscia, anche se è abbastanza pressante per ottenere progressi: “Cosa t’impedisce di sbarazzarti di quel sacco di calzini?”. Un lavoro così dispendioso in termini di tempo e risorse può essere difficile da far accettare alle amministrazioni locali, ma sembra che sia più efficace della pulizia forzata. Da quando è partito, il programma di Sevenoaks ha lavorato solo con cinquanta persone, ma è stato un successo: in genere non c’è stato bisogno di interventi più drastici o ripetuti. L’amministrazione di Blackburn, dove vive Brown, non ha un programma di sostegno specifico, ma negli ultimi anni l’approccio è diventato meno punitivo. Nel dicembre 2021 un tecnico del riscaldamento l’aveva segnalato di nuovo all’associazione degli inquilini, ma invece di imporre una pulizia forzata, il nuovo responsabile degli alloggi gli aveva chiesto quanto tempo gli servisse per sgomberare l’appartamento, e avevano concordato per Pasqua. Brown e sua moglie avevano cominciato a fare progressi. Avevano trovato un’app per catalogare le lattine nella dispensa – ce n’erano venti di zuppa, fagioli e pomodori pelati – in modo da poter controllare cos’avevano prima di tornare a fare la spesa. Ma sgomberare l’appartamento era un lavoro lungo, e Brown aveva la sensazione che i funzionari comunali attribuissero più importanza ai problemi che ai progressi. Lui e sua moglie avevano soprannominato il terapista occupazionale che li seguiva “Due microonde”, a causa della sua insistenza sul fatto che dovevano tenerne solo uno. Sentirsi dire cosa doveva fare era frustrante. “Vogliono decidere loro di cosa ho bisogno invece di lasciare che sia io a farlo. In fondo che male c’è ad avere due microonde?”. Intanto la scadenza di Pasqua stava per arrivare. Brown non riusciva a dormire. Era arrivato a pensare ad atti di autolesionismo. Il disordine si era accumulato di nuovo. Durante una visita il responsabile degli alloggi aveva detto che la sua casa era “la peggiore che avesse mai vi-

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Dall’inizio della pandemia le amministrazioni di tutto il Regno Unito hanno segnalato un forte aumento dei casi di accumulo

sto”. Quella frase risuonava nella testa di Brown. Nonostante le sue dolorose interazioni con le autorità, negli anni ha collaborato con il consiglio per creare un gruppo di sostegno e di aiuto. Durante una seduta aveva confessato che, come molti accumulatori, non era in grado di accedere al suo bagno (da due anni, lui e sua moglie usavano il lavandino della cucina e i deodoranti). In risposta il consiglio aveva emesso un’ordinanza per consentire agli accumulatori di accedere gratuitamente alle docce delle palestre del quartiere.

Senso di paralisi Chiacchierando con chi ha il disturbo da accumulo, ho notato la tendenza a riferirsi ad archi di tempo dilatati: una pulizia avvenuta dieci o quindici anni fa, una riparazione necessaria da cinque, sei, sette anni. Questo senso di paralisi è uno dei maggiori ostacoli da superare. Brown, in fin dei conti, mira a un risultato modesto: che sua moglie sia in grado di muoversi per casa senza dover camminare sulla spazzatura, che entrambi possano entrare in soggiorno, usare i fornelli della cucina e il bagno. Ma anche questi obiettivi sembrano fuori della sua portata. Dall’inizio della pandemia le amministrazioni locali di tutto il Regno Unito hanno segnalato un forte aumento dei casi di accumulo. Questo dato, insieme alla riduzione dei bilanci comunali e alla conseguente diminuzione degli stanziamenti per la salute mentale e l’assistenza sociale, ha reso più difficile sostenere queste persone. Il progetto pilota di Londra presentato alla fine del 2022 sarebbe costato trentamila sterline per assistere quindici

persone per quattro mesi. Il programma Sevenoaks è costato 68mila sterline solo nell’ultimo anno. Ma non c’è un’alternativa più economica, se si confrontano queste somme con le 45mila sterline necessarie per un singolo intervento di pulizia forzata e trasferimento. “Il sostegno personalizzato è costoso, ma anche non usarlo costa, economicamente e in termini di perdita di vite umane”, dice Sarah Hanson, docente associata di salute della comunità all’università del West Anglia. Mi ha colpito quanto siano appassionati i professionisti che se ne occupano: non solo i ricercatori e gli operatori delle associazioni, ma i vigili del fuoco, i funzionari e i consiglieri comunali. È come se, una volta compresa la portata, non possano più smettere di pensarci. “È un’ossessione”, mi ha confessato una persona del consiglio. A gennaio sono andata a Blackburn per incontrare Brown di persona per la prima volta (in precedenza ci eravamo parlati al telefono). Era troppo ansioso per portarmi a casa sua. Durante le feste di Natale il suo tesoro era cresciuto, e ha detto che poteva essere pericoloso. Mi è venuto a prendere alla stazione con la sua auto, i sedili posteriori erano pieni di oggetti provenienti dall’appartamento, compresi vestiti e un ventilatore. “Ho uno spazio di archiviazione in più”, ha detto sorridendo. Mi ha portato al bar del supermercato Morrisons e durante la colazione mi ha mostrato le fotografie del suo appartamento sul cellulare. L’unica cosa a cui lui e sua moglie potevano accedere era il letto, circondato da scatole e pile di vestiti. Era lì che mangiavano, guardavano la tv (su un iPad, perché il televisore era sepolto) e dormivano. Un tentativo fallito di liberare il soggiorno aveva significato riempire la vasca da bagno. “Non so dove spostare le cose”, ha detto, mostrandomi la foto di una vasca piena di bottiglie di plastica, secchi e articoli per la casa. “Ho pensato: ‘Per il momento le metterò nella vasca’. È sempre solo ‘per il momento’, finché non le sposto da qualche altra parte. Ma poi sono sopraffatto”. Brown stava aspettando di sapere se il consiglio avrebbe pagato per fargli seguire il programma di dodici mesi della Hoarding Uk, che da solo non può permettersi. Nel frattempo spera che il suo desiderio di cambiare scongiuri le periodiche minacce di sfratto. “Credo che nessuno scelga di essere un accumulatore”, dice. “Vorrei una vita normale. Ma non posso farcela da solo”. u bt

Ritratti

Sean Sherman Cucina indigena Rieke Havertz, Die Zeit, Germania. Foto di Marcus Nilsson È lo chef di un rinomato ristorante di Minneapolis, negli Stati Uniti. Lì serve le ricette più antiche del paese, quelle dei popoli nativi. Per riscoprire i sapori precedenti all’invasione europea del Nordamerica uando Sean Sherman serve agli ospiti del suo ristorante, l’Owamni, una bistecca di bisonte a cottura media con verdure stufate non si tratta solo di un piatto famoso, ma anche di un simbolo. Alla fine dell’ottocento fu proprio lo sterminio dei bisonti a regalare ai colonizzatori bianchi la vittoria sui nativi del continente e a segnare l’inizio della loro repressione. A partire dal 1870 nell’ovest del paese l’esercito statunitense uccise milioni di bisonti per risolvere la “questione indiana”, come usavano dire i coloni e i politici bianchi alludendo al fatto che le popolazioni native non erano disposte a consegnare volontariamente le loro terre ai conquistatori. Prima dell’arrivo dei colonizzatori nel continente vivevano più di trenta milioni di bisonti; alla fine del diciannovesimo secolo ne erano rimaste solo alcune centinaia. Con loro sparì il mondo dei sioux, dei kiowa, dei comanche e di quasi tutte le tribù che popolavano le grandi pianure dell’ovest. Le riserve create dai bianchi furono per loro gli unici luoghi dove sopravvivere. Centocinquant’anni dopo all’Owamni Sean Sherman fa a meno di qualsiasi ingrediente importato dai bianchi. E il bisonte nel piatto è anche un modo per incuriosire i suoi ospiti e invitarli alla conversazione. È così che Sherman, cresciuto nella riserva indiana di Pine Ridge, nel South Dakota, intende la sua cucina.

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Il cuoco, che appartiene alla tribù degli oglala lakota sioux, ha aperto l’Owamni nell’estate del 2021. Il posto prende il nome da una cascata che i dakota chiamavano owamni yomni, acqua che vortica. Oggi sono diventate le cascate di Saint Anthony e si trovano a Minneapolis. Dalle finestre del ristorante si vedono le rapide create dalla diga sul fiume Mississippi, che nasce qui nel Minnesota e si getta nel golfo del Messico vicino a New Orleans. In poco tempo l’Owamni è diventato il posto di riferimento per la cucina indigena negli Stati Uniti. Anche se, a dire il vero, al momento non ha concorrenza, dato che le cucine importate dagli immigrati negli Stati Uniti sono soprattutto quelle “tipicamente bianche”: hamburger, catene di pizzerie e raffinati ristoranti all’europea. I piatti tipici dei nativi erano spariti insieme ai bisonti. Ma ora trovano nuova vita all’Owamni. Qui si cucina come se gli europei non avessero mai messo piede in America. Niente farina, latticini, vitello, maiale o pollo, niente zucchero di canna o pepe, nessuno degli ingredienti arrivati dal vecchio continente. Su questo, lo chef Sean, come ormai è chiamato Sherman, è inflessibile. Le uniche eccezioni sono la birra e il vino. Nel giugno 2022 l’Owamni è stato

Biografia ◆ 1974 Nasce nella riserva indigena di Pine Ridge, nel South Dakota. ◆ 1987 Comincia a lavorare nei ristoranti di Minneapolis come lavapiatti. ◆ 2015 Inaugura il Tatanka Truck, un camioncino che serve piatti indigeni per strada. ◆ 2017 Partecipa alla scrittura del libro The sioux chef ’s indigenous kitchen, premiato come miglior libro di cucina degli Stati Uniti. ◆ 2021 Apre il ristorante Owamni, specializzato nella cucina dei nativi americani.

nominato “miglior nuovo ristorante” dalla James Beard foundation, un’istituzione importante nel settore culinario statunitense. Oggi chi vuole fare un pasto “decolonizzato”, come lo chiama Sherman, deve avere pazienza. Il ristorante è tutto prenotato con settimane d’anticipo.

Un luogo riconquistato È un mercoledì pomeriggio di fine gennaio. Mentre il resto della città è paralizzato da neve e gelo, con strade e negozi vuoti, nel tempo morto tra il pranzo e la cena gli ospiti dell’Owamni restano seduti ai semplici tavoli di legno del ristorante. L’ambiente non ha nulla a che vedere con il folclore. L’arredamento è moderno senza essere freddo, in sintonia con l’edificio in mattoni. “Sei nella terra dei nativi”, annuncia una scritta al neon rossa. A indicare una sorta di luogo riconquistato dagli indigeni, creato a loro immagine. Sherman si siede al bar, è appena arrivato da casa, che si trova a un paio di chilometri dal ristorante. Ormai non passa più tanto tempo in cucina, le incombenze di tutti i giorni le ha in gran parte delegate alla sua squadra, in cui lavorano cuochi che lo accompagnano già da parecchio tempo, come Darius, che oggi è ai fornelli. All’apice della stagione, quando il ristorante ha anche i tavoli all’aperto e un camioncino per il cibo di strada sul lungofiume, l’Owamni conta 120 dipendenti, tre quarti dei quali sono di origine nativa. Per il nostro incontro, Sherman fa arrivare una piccola ciotola con del riso selvatico cotto in padella senza olio: “Puoi rifarlo anche con il riso selvatico del supermercato, ma non sarà così buono”, dice ridendo. Il riso servito dall’Owamni cresce nell’area attorno ai Grandi Laghi del Minnesota ed è raccolto a mano. La cucina del ristorante è regionale. Non solo per la provenienza degli ingredienti, ma an-

THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO

Sean Sherman, ottobre 2019

che nella scelta dei piatti: ovviamente non esiste un’unica cucina nativa, dice Sherman. Più a sud, in Arizona, il menù sarebbe diverso. “Siamo così rigorosi perché vogliamo dimostrare che si può cucinare anche senza quello che è stato importato nel paese”. Questa scelta limitata secondo lui rappresenta un’emancipazione dalle tradizioni culinarie europee. E, attraverso una tartare di alce, del pane di mais blu e delle patate dolci con crosta piccante d’acero e cipollotti, gli ospiti possono assaggiare i piatti precoloniali. Sherman, lunghi capelli divisi in due trecce, uno smartwatch a un polso, un braccialetto intrecciato all’altro, parla a voce bassa, rapidamente ma allo stesso tempo con calma, di quella che per lui è diventata una missione: ridare vita alla cucina indigena e riportare l’attenzione sulla colonizzazione e i crimini commessi contro i nativi. Quando pensa a cosa mangiava durante l’infanzia, ricorda un misto di piatti tradizionali e statunitensi. Nato nel 1974, Sherman è cresciuto nella fattoria dei suoi genitori. La famiglia aveva pochi soldi, il ragazzo tanta libertà. A sette anni ha ricevuto il suo primo fucile a pallini. Spes-

so vagava per ore nella prateria, sparava ai fagiani e alle anatre, cercava le bacche di aronia, e ancora oggi ricorda l’odore della salsa che ne ricavava sua nonna. La salsa wojapi che all’Owamni accompagna la bistecca di bisonte è una sua leggera variazione. Ben diverso era l’odore dei piatti serviti ogni giorno nella riserva. Anche quegli aromi hanno formato Sherman: roba industriale, confezionata, in scatola, parte del piano di alimentazione statale da cui la famiglia di Sherman dipendeva, come molti altri indigeni. “Odoravano di cibo per cani”, dice. Ancora oggi negli Stati Uniti i nativi devono fare affidamento sugli aiuti statali. La conseguenza è che le loro condizioni di salute sono in media peggiori di quelle degli americani bianchi. La loro cucina tradizionale, racconta Sherman, usa invece una grande varietà di piante, molte proteine e pochi carboidrati, quindi è povera di zuccheri e non fa schizzare il tasso glicemico del sangue. Sherman ha lasciato la riserva da adolescente, per trasferirsi con la madre e la sorella in una piccola città. Non è mai scappato dalla sua famiglia e dalla sua storia, anche se ora chiama “casa” Minnea-

polis. Sulla sua maglietta e su quelle dei dipendenti dell’Owamni si legge #86colonialism. “Ottantasei” si grida nelle cucine dei ristoranti quando un piatto è esaurito. Il colonialismo è finito, è questo il senso delle magliette, e anche il cuore del lavoro di Sherman: cucinare come forma di resistenza. L’Owamni è caro, ma per gli standard statunitensi non è inaccessibile. La bistecca di bisonte costa cinquanta dollari, circa 47 euro. Solo le costolette di alce, al prezzo di 55 dollari, sono ancora più costose. Ma per otto dollari si possono provare i tacos di mais con cavolo navone o i canederli di mais; le cavallette, ricche di proteine, per dieci. I piatti si possono condividere. Tutto ha un sapore deciso e insolito. Il latte di semi di girasole è più denso di quello di vacca, la bistecca di bisonte deliziosa come il miglior taglio di manzo, il sapore dei tacos è forse il più familiare di tutti. Non c’è niente di troppo elaborato, grasso o zuccheroso. Sherman non aspira a servire cibo stellato. In ogni caso non vuole cucinare per i ricchi. Ma il ristorante è di certo più caro del suo camioncino che serve da mangiare per strada, e non tutti possono permetInternazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Ritratti tersi di cenare nel suo locale – nella serata che trascorriamo qui gli ospiti sono in maggioranza bianchi. Quando Minneapolis è precipitata nel caos prima con la pandemia, che ha ritardato l’inaugurazione del ristorante, e poi con la morte di George Floyd, ucciso da alcuni agenti di polizia nel maggio 2020, Sherman e i suoi collaboratori hanno cucinato diecimila pasti alla settimana per i senza tetto, oltre che per nove delle undici riserve indiane dello stato, molto colpite dal covid-19. “Intorno a noi la città bruciava”, ricorda Sherman. Anche lui ha fatto i conti con il razzismo e le ingiustizie quando dalla riserva si è trasferito in una cittadina a maggioranza bianca. Uno dei suoi cugini è stato ucciso dalla polizia. Perfino nel ristorante i dipendenti nativi continuano a fare esperienze spiacevoli e ogni tanto sentono delle battutine stupide.

Il peso del passato Oggi però all’Owamni non si percepisce nulla del genere. Ai tavoli e in cucina l’atmosfera è piacevole e anche mentre il ristorante si riempie verso sera. La squadra ha un’aria rilassata per un locale di alto livello. Forse è una calma trasmessa dallo stesso Sherman. Quando gli ospiti hanno voglia di scambiare due chiacchiere con lui, interrompe la nostra intervista. Si prende il tempo giusto. Non fa mai affiorare la rabbia per tutto quello che lui e il suo popolo hanno subìto. Nel ristorante discute spesso del passato con i clienti: “Dobbiamo conoscere la storia. Solo così le atrocità del passato non si ripeteranno”, dice. I suoi bisnonni combatterono contro l’armata bianca degli americani dell’est. Nel 1883 il governo emise il cosiddetto Code of Indian offenses, una serie di leggi che proibì tutte le usanze indigene. Dal punto di vista dei bianchi, le tradizioni erano pericolose, e chi le praticava correva dei rischi. Anche per questo sono state tramandate poco. I nonni di Sherman appartenevano alla prima generazione di bambini obbligati a imparare l’inglese, a convertirsi alla religione cattolica e a tagliarsi i capelli. Per ordine del governo, la cultura indigena fu cancellata. “È quello che fa il colonialismo: esclude e costruisce la struttura che oggi conosciamo come capitalismo e globalizzazione”, dice Sherman. Anche per questo i piatti cucinati all’Owamni sono il frutto di una lunga ricerca. Sherman non ha usato libri di cucina, ha inventato molte cose. E ha dovuto anche liberarsi di alcuni preconcetti, visto che il

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suo sapere culinario era in gran parte plasmato dalla tradizione europea. “La prima volta che mi sono sentito un vero cuoco è stato quando ho preparato un risotto perfetto”, ricorda Sherman. All’inizio della sua carriera non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe diventato famoso per dei tacos di bisonte e dei grilli nocciolati su popcorn. Soprattutto non aveva la cucina tra i suoi progetti. Viaggi, fotografia, arte: erano questi i suoi sogni. Ma le circostanze l’hanno spinto a cercarsi presto un lavoro: dopo la separazione dal marito, sua madre era rimasta sola, i soldi non bastavano mai. A tredici anni Sherman ha cominciato a lavorare in una cucina. Il primo incarico da chef è arrivato nel 2001, in un ristorante italo-spagnolo di Minneapolis. Sherman si è sposato, è diventato padre, passando da un lavoro all’altro sempre nella ristorazione, senza mai avere a che fare con la cucina nativa. Davanti ai fornelli pensava come un europeo, senza nemmeno accorgersene. A trent’anni ha avuto un esaurimento. È andato in Messico, per capire come andare avanti. A San Pancho, sulla costa del Pacifico, ha avuto “un’illuminazione”. Ha cominciato a interessarsi alla storia degli indigeni della regione, scoprendo affinità nelle opere d’arte, nelle cerimonie, nel mangiare. “Sapevo nominare centinaia di piatti europei, conoscevo perfino i loro ingredienti nelle diverse lingue, ma non avevo idea delle ricette lakota”. Così ha provato ad approfondire la cucina degli antenati. Ristoranti non ce n’erano, anche i libri di ricette erano pochi. Ha trovato appiglio nei libri di storia e nelle conversazioni con gli anziani delle tribù: “Ho cercato di scoprire come vivevano le persone prima dell’arrivo degli europei, con quali animali, piante e sementi, e cosa di tutto questo si trova ancora”. Ha cambiato il suo modo di pensare.

Per il suo ristorante, Sherman segue regole rigide: si rifornisce prima dai nativi locali, poi dai nazionali, e solo dopo da altri produttori

L’allestimento dell’Owamni non è niente di speciale: ha una tipica cucina da ristorante, lunga e stretta, in acciaio inossidabile. È la mentalità ai fornelli a essere diversa. Gli piacerebbe cambiare menù cinque volte all’anno. Il locale non è ancora pronto a farlo, ma Sherman vorrebbe offrire ai suoi ospiti nuove prospettive sull’intero continente nordamericano: “Quali sono i veri cibi del Nordamerica? Non gli hamburger e la Coca-Cola”. Sherman ha fondato anche un’organizzazione senza scopo di lucro: la North american traditional indigenous food systems (Natifs), per far conoscere la cucina nativa. Oltre a un centro di formazione, ci sono un laboratorio e un mercato dove acquistare prodotti indigeni. Strutture simili saranno costruite in Alaska, Montana e South Dakota. “Dovrebbero esserci ristoranti del genere in ogni regione”, afferma Sherman. Per il suo ristorante, Sherman segue regole rigide: si rifornisce prima dai nativi locali, poi dai nazionali, e solo dopo prende in considerazione gli altri fornitori. Per quanto possibile, compra alcolici e caffè dalle Bipoc, ovvero aziende fondate da neri, indigeni e persone non bianche. Per Sherman gli Stati Uniti hanno ancora da imparare dall’Europa. È importante comprare prodotti regionali e stagionali. Mangia principalmente vegetariano.

La fine della supremazia Quando parla di cucina, Sherman perde quell’inflessione formale acquisita nelle sue tante apparizioni pubbliche, compresa una conferenza alle Nazioni Unite. La salsa della nonna, il primo risotto, la cucina italiana, la sua preferita dopo quella indigena: Sherman si entusiasma per tutti i piatti e la loro storia. All’Owamni non gli piace più stare ai fornelli, a casa lo fa continuamente. E così la carriera da chef ha cominciato a farlo viaggiare come sognava da piccolo. Quest’anno andrà in Norvegia e in Australia per parlare di tradizioni indigene. A volte teme di non poter lasciare molto alle generazioni future. Ma crede nella forza dei movimenti. “La supremazia bianca sta finendo”, dice. Il contributo di Sherman alla resistenza è lo spazio che ha restituito alla cucina nativa. Nel 2016 il presidente Barack Obama ha nominato il bisonte “animale nazionale” degli Stati Uniti. Oggi migliaia di esemplari vivono di nuovo in branchi selvaggi nell’ovest. Anche loro sono tornati. u nv

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Tesori mai visti Un viaggio in Italia tra meraviglie della natura e palazzi bizzarri. Il nuovo lavoro di Silvia Camporesi ella serie Mirabilia la fo to g ra fa S i l v i a Camporesi ha scelto come soggetti luoghi italiani poco conosciuti, spesso difficili da raggiungere e quindi poco frequentati. Cominciato nel 2017 e appena concluso con un libro pubblicato da Corraini, il progetto rispecchia l’attrazione della fotografa per tutto ciò che è insolito, non conforme e imperfetto. Viaggiando in Italia per quasi cinque anni, Camporesi ha potuto esplorare decine di siti naturali e artificiali, a cui attraverso le sue immagini ha ridato un nuovo valore. Nei suoi scatti ha scelto di escludere la presenza umana perché il senso di solitudine che questi luoghi suscitano fa parte della loro bellezza, che a volte può generare spaesamento. “Vedo l’Italia come una fonte inesauribile di possibilità”, afferma la fotografa, “un territorio sufficientemente grande ma non immenso, e credo di essere arrivata a conoscere abbastanza bene i suoi tesori nascosti”. ◆

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Da sapere Il libro ◆ Silvia Camporesi è una fotografa italiana nata a Forlì nel 1973. Il libro Mirabilia (Corraini 2023) contiene testi di Franco Arminio, Maria Vittoria Baravelli e un dialogo tra l’artista e Cesare Pomarici. Le foto sono esposte alla galleria Podbielski di Milano fino al 19 novembre 2023.

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Museo Agostinelli, Dragona, Lazio

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Sopra: la balena bianca, Bagni San Filippo, Toscana. Accanto: Vincent city, Guagnano, Puglia.

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Sopra: il giardino della galassia, Calice al Cornoviglio, Liguria. Sotto: Hotel villino della Flanella (ex casa di tolleranza), Modena, Emilia-Romagna. Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Sopra: teatro tempio di monte san Nicola, Pietravairano, Campania. Sotto: santuario della pazienza, San Cesario di Lecce, Puglia.

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Sopra: la scarzuola, Montegabbione, Umbria. Sotto: Rocchetta Mattei, Grizzana Morandi, Emilia-Romagna. Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Viaggi

Panorami selvaggi Andrej Kudriašhov, Fergana.ru, Russia In Uzbekistan tra i laghi e le cascate nella valle percorsa dal fiume Pskem. In luoghi impervi, spesso raggiungibili solo con un fuoristrada tare all’aperto a Tashkent nelle giornate estive è difficile perché nella capitale uzbeca la temperatura supera i quaranta gradi anche all’ombra degli alberi. Visto che in città ormai ci sono pochissime piscine pubbliche, una soluzione potrebbero essere i parchi acquatici, dove però è più facile scottarsi che avere una bella abbronzatura. Così gli abitanti cercano l’aria fresca in montagna e nel weekend sulle strade della regione si formano code chilometriche, soprattutto in direzione delle località montane, come Amirsoy, Beldersay e Chimgan e verso le rive del lago artificiale di Charvak. Ovunque si moltiplicano le infrastrutture turistiche. Ma c’è sempre chi, ai posti più gettonati, preferisce la natura incontaminata: il parco nazionale di Ugam-Chatkal o i laghi di alta montagna, dove si sta freschi anche d’estate. Fino a poco tempo fa erano tutti luoghi quasi inaccessibili e frequentati solo da chi era pronto ad affrontare estenuanti procedure burocratiche per ottenere i permessi d’accesso e lunghi sentieri molto impegnativi. La semplificazione delle procedure di ammissione alle aree di confine con il Kazakistan e lo sviluppo del turismo con i fuoristrada hanno permesso a molti di arrivare fino alla valle del fiume Pskem, in alta montagna, e scoprire le sue bellezze naturali. Come corrispondente di Fergana in compagnia del Tashkent off-road travel club ho raggiunto il lago Badak in auto. Il lago si trova a 1.700 metri sul livello del mare ed è racchiuso nell’ampia gola del fiume Badaksay, che scende dalle pendici

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del monte Tavalgan (3.888 metri), una delle cime dello Pskem. La strada comincia dalle rive del bacino di Charvak, destinazione finale delle colonne d’auto della domenica. Dal villaggio di Charvak bisogna percorrere altri cinquanta chilometri lungo la tortuosa riva settentrionale e proseguire in una valle di montagna fino al villaggio di Pskem. Non ci sono ingorghi, anche perché molte delle auto non riescono a fare nemmeno un chilometro della salita con una pendenza di quasi cinquanta gradi che porta al villaggio di Tepar. Durante il fine settimana nei tratti più difficili capita spesso di trovare abitanti del posto che offrono un passaggio sulla loro vecchia Niva, il fuoristrada di sovietica memoria, fino ai laghi Urungach, chiamati i laghi di giada, a un’altitudine di 1.227 metri, la principale attrazione locale. Nel 2017 sono stati pubblicizzati dalla televisione nazionale uzbeca come una delle meraviglie del mondo. E in un certo senso lo sono. Sono bastati sei anni perché diventassero un luogo trafficato quasi quanto l’Alay bazar di Tashkent, uno dei mercati più antichi della capitale. Per questo adesso gli ambientalisti stanno combattendo una battaglia contro l’inquinamento causato dai turisti, anche se contrapporsi a questo fenomeno di massa è complicato. Siamo alla ricerca di aria fresca e di novità, così decidiamo di saltare angoli naturali meravigliosi, ma già visitati in prece200 km

KAZAKISTAN

U Z B E K I S TA N

Lago Badak Pskem Tashkent

TURKMENISTAN TAGIKISTAN IRAN

AFGHANISTAN

denza, come i boschetti di betulle di Aksarsay e il lago di Oromzade, dall’acqua cristallina. Entrambi i lati della strada tortuosa sono costellati di insegne pubblicitarie lampeggianti: dacia Bor, topchan (un mobile da giardino tipico dell’Asia centrale), piscina, barbecue. Cos’altro si può desiderare? A mezzogiorno ci sono “solo” trentasei gradi, invece dei quaranta di Tashkent. Se c’è poca umidità e si sta all’ombra si respira, soprattutto se dalle cime dei monti soffia il vento. Di fronte al villaggio di Pskem, i turisti che sono riusciti a farsi dare un passaggio attraversano a piedi la passerella pedonale di Taka Engok fino alla riva sinistra del fiume Pskem. Quattro chilometri dopo si arriva alla gola di Badak. Il Tashkent Offroad travel club ha delle auto 4x4 con cui si attraversa un ponte per poi addentrarsi nella gola.

Opportunità ricreative La riva sinistra del fiume è caratterizzata da un’ampia terrazza collinare con frutteti ed erbe alpine. In estate il tempo non è estremo, anzi è la stagione dell’abbondanza e della fioritura: prugne arancioni e piccole mele cadono dagli alberi, mentre le pere gialle di montagna cominciano a maturare. L’erba è alta fino alla vita ed è colorata dal viola splendente dell’eringio e della lavanda. Davanti a noi si estendono prati di mentuccia e di malva. Nella valle del fiume Pskem stanno costruendo un impianto idroelettrico. Un’opera indispensabile per i tre milioni di abitanti di Tashkent, dove la carenza di elettricità mette a rischio lo sviluppo e la normale vita quotidiana dei prossimi anni. Questo però compromette la pace della natura incontaminata. Ma c’è un lato positivo: la cascata della centrale idroelettrica porterà alla formazione di nuovi bacini idrici nel profondo canyon del fiume. Oltre al bacino di Charvak, nella regione di Tashkent, in futuro potrebbe sorgere una “riviera d’alta montagna”, capace di offrire opportunità ricreative grazie a questo fattore orografico. A patto che siano realizzate in modo ragionevole. La gola di Badak è profonda e piuttosto ampia. Il nome deriva dalla parola turca baitak (esteso). Nel fondo scorre un torrente impetuoso di acqua gelata. Le rive sono coperte di canne, una vegetazione fitta e alberi di salice. È un luogo selvaggio dove in autunno si può facilmente incontrare l’orso bruno himalayano. In piena estate invece la boscaglia è attraversata dalle coturnici. Le pareti di

ZANETA CICHAWA (ALAMY)

Il parco nazionale di Ugam-Chatkal. Uzbekistan, 28 maggio 2019

basalto grigio della gola sono ripide e contengono rocce rosse risalenti al periodo cambriano, che quando si staccano finiscono nel letto del fiume, ricoprendolo in alcuni punti. All’inizio dell’estate, quando la neve sulle cime dei monti si scioglie e i temporali sono ancora frequenti, le pietre lungo il fiume favoriscono la formazione di veri e propri laghi. È per questo che a volte si sente parlare di “laghi Badak”. Il lago Badak, per la sua ampiezza, corrisponde pienamente al suo nome: è lungo più di un chilometro, largo trecento metri e ha una profondità massima di 23

metri. Ha una portata idrica di 4,2 milioni di metri cubi. La temperatura dell’acqua nelle giornate estive è di otto gradi. I tour operator amano esaltare il suo colore, ma non c’è niente di soprannaturale visto che la tonalità di qualsiasi superficie d’acqua varia notevolmente in base alla luce, al tempo e all’orario della giornata. Le foto del lago scattate durante questo viaggio dalla fotografa amatoriale Anna Kulagina mostrano che nei pomeriggi estivi, se il cielo è sereno, il lago è color smeraldo. Perciò se i laghi di Urungach sono chiamati “laghi di giada”, il lago Badak può

essere tranquillamente chiamato “lago di smeraldo”, incastonato nel platino, il colore della conca di pietra che lo contiene. Le rive sono quasi spoglie, a parte un piccolo bosco di betulle nella parte alta, alla confluenza con il letto del fiume, dove le piene primaverili sono riuscite a formare uno strato di terreno fertile. Mille metri più in alto, dietro le creste della catena dello Pskem, a più di 2.500 metri di altezza, se ne stanno ben nascosti i laghi di Ikhnach, i più sorprendenti della regione di Tashkent. Ma arrivarci con il fuoristrada è impossibile. Ci vorrebbe un elicottero. u ab Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Graphic journalism

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Pastoraccia è un autore di fumetti e visual designer nato a Bologna nel 1984, dove vive. Il suo ultimo libro è Quasi nessuno ha riso ad alta voce (Canicola 2022). Su Instagram è @pastoraccia Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Cultura

Cinema

METRO FILMS

Green border

Una visione limitata Jakub Majmurek, Krytyka Polityczna, Polonia Gli attacchi del governo polacco al film Green border di Agnieszka Holland sono indegni di una democrazia naturale che i film provochino polemiche. A volte sono la prova che hanno fatto centro, toccando corde profonde nel pubblico a cui erano rivolti. Nel caso di Green border, però, è evidente che abbiamo a che fare con una macchina del fango organizzata e condotta dai politici che sono al potere. L’attacco al film di Agnieszka Holland è cominciato prima ancora che arrivasse nelle sale polacche e che chi lo attacca avesse avuto la possibilità di vederlo. Ed è chiaro che la maggior parte delle accuse rivolte alla regista non ha nulla a che vedere con la pellicola.

È

Nelle critiche ad Agnieszka Holland e a Green border si ripetono sempre le stesse accuse, cioè che il film è un regalo per Lukashenko e Putin, che è un elemento di un attacco ibrido lanciato contro la Polonia, che ritrae i polacchi come criminali che perseguitano i poveri rifugiati, che persegue gli interessi di centri ostili alla ragion di stato polacca. Dietro a tutte queste imputazioni si nasconde una convinzione molto pericolosa, cioè che il cinema debba essere uno strumento di propaganda governativo, o almeno di stato, e che i registi non allineati siano dei traditori della nazione.

Sostegno pubblico Questa idea è tipica dei regimi autoritari e anche nella Polonia comunista aveva prevalso solo nei periodi più repressivi. Purtroppo, è proprio questa concezione della

cultura, in particolare del cinema, che l’attuale governo porta avanti. Il programma di Diritto e giustizia (Pis, il partito di destra al potere dal 2015) ha condizionato in modo esplicito il sostegno statale a chi persegua valori vicini al governo. Pokłosie, dramma del 2012 di Władysław Pasikowski, è stato citato come esempio di prodotto culturale che non merita sostegno: “Si usano soldi dei contribuenti per promuovere una visione ingannevole della storia polacca”. Dopo Pokłosie, che faceva riferimento al pogrom scatenato in un villaggio contro gli abitanti ebrei, è stata la volta di Ida, di Paweł Pawlikowski, descritto da ambienti vicini al Pis come un “film antipolacco” che poteva far pensare agli spettatori stranieri che “i polacchi siano corresponsabili dell’olocausto”. Non sorprende la reazione delle autorità a un film che critica direttamente le loro politiche, per di più in un ambito, l’immigrazione, che è al centro della loro campagna elettorale di quest’anno. Per i sostenitori del Pis, così come gli autori di Ida e Pokłosie avevano scelto di aderire a una sorta di “guerra narrativa” per spostare le responsabilità dell’olocausto dai tedeschi ai polacchi, Holland dà il suo contributo alla guerra ibrida ingaggiata contro la Polonia da Putin e Lukashenko, che ritrae i polacchi come colpevoli della tragedia dei migranti al Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Cultura

Cinema

BEATA ZAWRZEL (NURPHOTO/GETTY)

Attivisti di destra contestano il film Green border alla prima proiezione a Cracovia, Polonia, 21 settembre 2023

confine. Basta vedere Green border per capire che questa tesi è falsa. Ma ciò che interessa al partito non è “l’immagine della Polonia”, danneggiata più dalla politica dell’odio e dalle intimidazioni lanciate dal governo che dal cinema. È mobilitare l’elettorato intorno a slogan che inneggiano alla “difesa del buon nome della Polonia”, e allo stesso tempo stabilire dei limiti a quello che può essere liberamente detto o mostrato nel cinema polacco. Poco dopo la proiezione a Venezia, il film di Agnieszka Holland è stato paragonato a Heimkehr (1941) di Gustav Ucicky, opera di propaganda nazista che descriveva l’invasione del 1939 come una liberazione delle comunità tedesche perseguitate in Polonia. Questo paragone non è solo moralmente indegno, ma anche completamente fuori luogo: non si possono accostare la propaganda di uno stato totalitario che giustifica l’invasione di un paese vicino e un film di denuncia, voce di una cittadina preoccupata. Gli artisti hanno il diritto, forse il dovere, di mostrare ciò che le autorità non vogliono che si veda. Anche durante il periodo comunista, il cinema polacco cercò, nonostante la censura, uno spazio per una comunicazione con il pubblico. Green border s’inserisce in questa tradizione di cinema civico e impegnato, in cui un autore si rivolge alla comunità mettendola da-

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vanti a uno specchio e costringendola ad affrontare difficili questioni morali che la riguardano. Un’altra accusa rivolta a Green border è di “sputare sull’uniforme” dei militari e delle guardie di frontiera che difendono la sicurezza della Polonia e dell’intera Europa. Da sempre il presunto insulto all’uniforme è un’ossessione della destra autoritaria. Quando l’adattamento hollywoodiano di Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque diretto da Lewis Milestone uscì in Germania, nel 1930, i nazisti interruppero le proiezioni e aggredirono il pubblico, gridando che si trattava di un “film giudaico”, un “insulto ai soldati tedeschi” che avevano combattutto nella grande guerra. Non so se vedremo scene simili nelle sale polacche, ma il linguaggio usato in difesa dell’uniforme per attaccare il film evoca i paragoni peggiori.

Potere ottuso Negli attacchi a Green border si cita spesso il cinema statunitense, che a quanto pare celebra adeguatamente lo sforzo bellico del paese. Ma il cinema statunitense sa essere anche molto critico. Basta citare Apocalypse now di Francis Ford Coppola, Il cacciatore di Michael Cimino, Vittime di guerra e Redacted di Brian de Palma, o anche Platoon di Oliver Stone. Quest’ultimo tra l’altro vinse quattro premi Oscar nel

1987, durante il secondo mandato presidenziale del conservatore Ronald Reagan, che voleva riabilitare moralmente la guerra in Vietnam. In generale, il cinema intelligente prevale sul potere ottuso. Le autorità francesi bloccarono per anni l’uscita di Orizzonti di gloria (1957), capolavoro di Stanley Kubrick che denunciava il militarismo più miope raccontando un episodio esemplare, in senso negativo, sull’esercito francese durante la prima guerra mondiale. Il film suscitò l’ira di Parigi, mentre il paese era profondamente agitato dalla questione algerina: si era diffusa la convinzione che insultasse l’onore dell’esercito francese e la memoria dei reduci della grande guerra. La Francia esercitò grandi pressioni per bloccare la proiezione al festival di Berlino. In Belgio, davanti a un cinema, si arrivò allo scontro tra un gruppo di pacifisti che manifestavano il loro sostegno al film e alcuni veterani francesi. Orizzonti di gloria è diventato un classico in tutto il mondo. E la stessa Francia, oltre a permetterne la circolazione (solo nel 1975) alla fine ha anche dovuto affrontare il problema del trattamento riservato ai suoi soldati durante la prima guerra mondiale. Il valore del film di Kubrick resta indiscusso mentre quasi nessuno ricorda gli stupidi politici che cercarono di metterlo in dubbio. E la storia, si sa, ama ripetersi. u dp

Cultura

Schermi Documentari

In rete Nessuna sicurezza

Amate sponde Sky Nature, lunedì 9 ottobre, ore 21.15, Now In un odierno grand tour, dalle Alpi alla Sicilia, Egidio Eronico ritrae un’Italia inedita, in continua trasformazione, tra fermento e arretratezza, innovazione e conservazione. Diva! Rai Storia, sabato 7 ottobre, ore 23.20 Otto attrici raccontano Valentina Cortese, in un percorso tra memorie e interpretazioni celebri di un personaggio che ha lasciato un segno indelebile sul cinema e il costume della sua epoca. Fake news . Reportage e inganni Sky Documentaries, martedì 10 ottobre, ore 21.15, Now Claas Relotius era un carismatico giornalista tedesco, autore di reportage di successo dalla Siria e dal confine tra Stati Uniti e Messico. Finché un collega ha cominciato a dubitare delle sue fonti, e a sospettare di lui. Hong Kong, Ga Yau Rai Play Anno dopo anno Hong Kong scivola inesorabilmente verso la riduzione dei diritti civili. Marco Di Noia ha filmato le proteste del 2019 e del 2020 nell’ex colonia britannica contro la crescente influenza di Pechino. Laurent Garnier: off the record Arte.tv Il dj francese, re della techno, ripercorre la sua carriera a partire dagli anni ottanta: nei tre decenni successivi Garnier ha contribuito in modo determinante al boom globale della musica elettronica.

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Serie tv Gen V PrimeVideo, 8 episodi Sangue, sesso, estremismo di destra e mascolinità tossica sono alcuni degli elementi che hanno fatto la fortuna di The boys, la serie satirica su un mondo di supereroi al servizio delle grandi multinazionali. E sono elementi che non mancano nello spinoff della serie, che segue alcuni studenti dotati di

superpoteri alle prese con un terribile complotto che salta fuori proprio in mezzo al loro campus. Vivace, truculenta, sfacciata e intelligente, Gen V prende di mira le pratiche predatorie ricorrenti nel mondo delle università come abusi di vario genere, sfruttamento e discriminazione. IndieWire

Il social network X, prima conosciuto come Twitter, realizzerà utili entro i primi mesi del 2024. A sostenerlo è l’amministratrice delegata Linda Yaccarino, nel corso di un’intervista, rilasciata durante la Code conference 2023, a detta di tutti molto tesa ma non particolarmente significativa (il reporter del New York Times Mike Isaac l’ha definita “mediocre”). Yaccarino, che dirige l’azienda da giugno, è sembrata quasi stupita davanti alla richiesta di commento sull’ultimo post di Musk, che annunciava la volontà di far pagare tutti gli utenti. “Le risposte non sono state rassicuranti”, scrive Mashable, “e hanno anche indicato una possibile mancanza di comunicazione con Musk”. Gaia Berruto

Televisione Giorgio Cappozzo

La trincea La storia recente di Pino Insegno e Max Giusti ha un sapore amaro. Lanciati a domare il cavallo di viale Mazzini, secondo la vulgata imbizzarrito da tutto ciò che non fosse sinistro, vivono sulla loro pelle le asperità delle trincee altrui. Il primo, voce ufficiale di Giorgia Meloni, l’altro quasi candidato dall’allora Mario Monti, entrambi romani brizzolati, rugantini dai lunghi curricula, sono stati chiamati a interpretare le aspirazioni di un governo che nelle scarpe non ha sas-

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solini ma serci. I loro programmi sono partiti con fatica, disattendendo le promesse. Qualcuno accusa Fake show di Giusti di essere una copia di altri successi e Il mercante in fiera di Insegno un revival superato in un palinsesto di pesi massimi. Si levano voci di cancellazioni, si tentano manovre per recuperare mezzo punto di share, si rilasciano dichiarazioni che alludono a colpe altrui, si scorgono all’orizzonte dirigenti imbarazzati e silenzi eloquenti. Anche nella mente dei

due artisti, che avrebbero voluto suonare le campane a lutto contro l’ingiustizia passata, come fece il Marchese del Grillo, forse s’insinua il sospetto di essere finiti in una tagliola, in un vuoto di strategia che rischia di mutilarne la carriera. Come Sordi e Gassman nella Grande guerra, o nel racconto che lo ispirò, I due amici di Maupassant, Insegno e Giusti fronteggiano eroicamente l’unico destino a cui può condurre il virile motto “armiamoci e conducete”. u

I consigli della redazione

Asteroid city Wes Anderson, in sala

tendenza a sminuire la sua ra­ gazza, ma il maniacale biso­ gno di attenzioni spinge Signe a raccontare qualsiasi bugia le salti in mente pur di concen­ trare su di sé interesse, ammi­ razione e, in ultima battuta, pietà. Allo scopo di suscitare questi sentimenti Signe di­ strugge scientemente la sua pelle attraverso dosi massicce di un farmaco poco affidabile. Le sue bugie diventano sem­ pre più insostenibili, ma nes­ suno guarda abbastanza da vi­ cino per rendersi conto della realtà. E lei stessa non fa nien­ te per salvarsi. Sick of myself è uno strano film sui mostri, in cui la creatura rivolge la sua furia su di sé senza capire do­ ve sbaglia. Una satira non raf­ finatissima ma nel complesso stimolante. Helen O’Hara, Empire

DR

La moglie di Tchaikovsky

La moglie di Tchaikovsky Di Kirill Serebrennikov. Con Aljona Mikhailova, Odin Lund Biron. Russia/Francia/Svizzera 2022, 143’. In sala ●●●●● Il film si apre sul volto di por­ cellana di una vedova, dentro un’agenzia di pompe funebri. Il celebre compositore è appe­ na morto, a San Pietroburgo, ma continuerà a perseguitare sua moglie proprio come quando era vivo. In un flash­ back denso e inquietante di più di due ore Kirill Serebren­ nikov torna sulle loro nozze fa­ tali che si celebrarono nella chiesa di San Giorgio, a Mo­ sca, nel 1877. Antonina (Aljona Mikhailova) è una giovane di una famiglia molto ricca che studia pianoforte al conserva­ torio nonostante lo sciovini­ smo degli insegnanti. Quando le propone di sposarlo, Čajkovskij è già un composito­ re affermato, sul punto di di­ ventare una leggenda nazio­ nale. Lo ha fatto per conven­ zione sociale, dato che non ri­ cambia l’amore di Antonina per lui. Consumata dai suoi sentimenti, Antonina soppor­ terà ogni cosa pur di rimanere insieme al marito, di cui si ostina a negare l’omosessuali­ tà. Il regista decide di non mo­ strare praticamente mai il ma­

estro al lavoro. E anzi si spinge oltre privandolo (cinemato­ graficamente) delle mani. In­ siste invece sui primi piani del­ la moglie per farci vivere fino in fondo la sua frustrazione: non può suonare il piano (un mestiere da uomini, le dicono) e toccare il corpo del marito, che letteralmente soffoca al minimo contatto. Non è diffi­ cile vedere nelle scelte di Sere­ brennikov, artista dissidente, una sorta di punizione nei confronti di un eroe nazionale. Murielle Joudet, Le Monde Sick of myself Di Kristoffer Borgli. Con Kristine Kujath Thorp, Eirik Sæther. Norvegia 2022, 97’. In sala ●●●●● Sembra proprio che il titolo La persona peggiore del mondo sia stato sprecato sul film norve­ gese sbagliato, visto che è arri­ vato un pretendente netta­ mente migliore. Realizzata dagli stessi produttori del film di Joachim Trier, questa cupa commedia di Kristoffer Borgli dipinge il ritratto di un mostro e suggerisce che la brama di attenzioni può portare alla to­ tale autodistruzione. Signe (Kristine Kujath Thorp) ha una relazione tossica con l’ar­ tista (e ladro) Thomas. Il nar­ cisismo fa sì che la coppia pos­ sa apparire ben assortita. Lui sarà anche disonesto e avrà la

Kafka a Teheran Di Alireza Khatami e Ali Asgari. Con Majid Salehi, Sadaf Asgari. Iran 2023, 77’. In sala ●●●●● Nella loro prima collaborazio­ ne i registi Alireza Khatami e Ali Asgari osservano la vita sotto la teocrazia iraniana dal punto di vista di dodici perso­ ne comuni di varie età, incor­ niciato da un prologo e da un epilogo. Mentre i personaggi si barcamenano in complicate

Talk to me Danny e Michael Philippou, in sala

situazioni legate alla repres­ sione sociale, il film non perde un colpo. In ogni episodio, uno dei protagonisti è alle pre­ se con figure autoritarie che diventano sempre più inva­ denti, anche se i registi non ce le mostrano mai: interlocutori senza volto ideali per rappre­ sentare un sistema disumano. Nella storia di apertura un pa­ dre si sente dire che il nome che ha scelto per il figlio appe­ na nato non va bene. È in qualche modo straziante os­ servare Selena, otto anni, mentre scopre che i suoi colori preferiti non sono ammessi dall’uniforme scolastica. In uno degli episodi più riusciti vediamo Farbod che deve ren­ dere conto dei suoi tatuaggi durante l’esame per ottenere la patente di guida. Anche se con qualche ripetizione Kafka a Teheran sfida ogni tradizione imposta dall’alto, tenendo ac­ ceso un barlume di speranza. Jihane Bousfiha, The Playlist

Newsletter Schermi è la newsletter settimanale di Internazionale su cosa vedere al cinema, in tv e sulle piattaforme di streaming. Per riceverla: internazionale.it/newsletter

DR

Film

The creator Gareth Edwards, in sala

Sick of myself Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Cultura

Libri Francia

I libri italiani letti da un corrispondente straniero. Questa settimana Michael Braun del quotidiano berlinese Die Tageszeitung.

Circostanze fortunate

Gianfranco Viesti Riuscirà il Pnrr a rilanciare l’Italia? Donzelli editore, 144 pagine, 17 euro ●●●●● Pnrr è l’acronimo che sentiamo ripetere in televisione e leggiamo su tutti i giornali. Pochi sanno cosa significa – Piano nazionale di ripresa e resilienza – e pochissimi hanno un’idea precisa di quel fiume di miliardi di euro che si sta riversando sull’Italia grazie all’Unione europea. Ora chi vuole capirci di più trova un validissimo aiuto nello snello volume di Gianfranco Viesti. L’autore è un affermato economista, ma al lettore non è affatto chiesta una laurea in economia. Con un linguaggio chiaro, preciso e per niente accademico Viesti dà le informazioni essenziali su quel piano d’investimenti che solo all’Italia riserva 190 miliardi di euro per rendere il paese più verde, più connesso, più istruito, per dotarlo di una sanità migliore e di scuole, a cominciare dai nidi, al passo con i tempi. Ma nel titolo non a caso si trova un grande punto interrogativo. Viesti espone anche le criticità del Pnrr, dai limiti nella visione che lo ispira agli ostacoli causati da un’amministrazione pubblica largamente impreparata a realizzare in breve tempo quell’ingente programma di investimenti. Non fornisce una risposta – che sarebbe affrettata – ma ci dà un quadro d’insieme delle enormi potenzialità del Pnrr e delle possibili falle nella sua realizzazione. u

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Con Triste tigre, un’opera autobiografica sugli abusi subiti in famiglia, Neige Sinno ha raggiunto un successo inaspettato Per tanti anni scrivere un’opera che parlasse delle violenze sessuali che le ha imposto il suo patrigno le era sembrato impossibile. Finché non è diventato necessario. Neige Sinno, nata nel 1977 nelle Hautes-Alpes, pensava di voler scrivere solo racconti e romanzi. Ma quasi inconsapevolmente ha sempre inserito elementi autobiografici nella sua fiction. Con Triste tigre (P.O.L.) ha deciso di affrontare i suoi fantasmi per seppellirli con le parole e ha raggiunto la vetta delle classifiche letterarie francesi. Pubblicare Triste tigre è stato però meno facile

JOEL SAGET (AFP/GETTY)

Italieni

Neige Sinno, settembre 2023

del previsto. Molti editori infatti avevano rifiutato il suo manoscritto. La casa editrice P.O.L. ha una casella di posta elettronica dedicata alle proposte degli autori, indicata sul suo sito insieme all’avvertenza che è preferibile ricevere manoscritti stampati. Forse

anche perché dal 2006 vive in Messico, Sinno ha inviato il suo pdf a quell’indirizzo. Per fortuna non è finito nello spam. Uscito nelle librerie a metà agosto, Triste tigre ha già venduto 47mila copie ed è arrivato alla sesta ristampa. Libération

Il libro Nadeesha Uyangoda

A partire da un corpo Beatrice Galluzzi Sangue cattivo. Anatomia di una punizione Effequ, 250 pagine, 18 euro Milletrecentocinquanta: sono i caratteri, spazi compresi, di questa rubrica, e a volte risultano essere pochi per raccontare un libro ramificato come l’esordio di Beatrice Galluzzi. Si apre un ventaglio di possibilità nello scrivere un libro a partire da un corpo, l’unità di misura base della vita, come del resto mi ricordano titoli quali Balena di Giulia Muscatelli o Il corpo della femmina di

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Veronica Pacini. La difettosità del corpo di cui narra Galluzzi mima la disfunzionalità di una famiglia e si mostra nei segni che l’infanzia nella periferia romana ha lasciato sulla protagonista, un passato trascorso in balia di un padre squilibrato, presentato dall’autrice con una caricatura, senza dissimularne la follia. Il corpo di Beatrice porta i segni della performance nel fisico di una ragazza che interpreta il ruolo di una persona sana; della biologia nelle analisi sballate di una malattia au-

toimmune; della paura di avere ereditato il cattivo sangue della propria stirpe, “qualcosa di rotto, una falla, un malfunzionamento che non si sarebbe potuto aggiustare con la colla, o nascondere dal lato del muro”. Beatrice Galluzzi disseziona il proprio corpo e il propio passato, nel tentativo di respingere l’idea di meritarsi quella punizione. Il passo della narrazione accelera al ritmo del suo senso di colpa, di vergogna, e si dilata nello scrollarsi di dosso quella pesante eredità familiare. u

I consigli della redazione

Colm Tóibín Il mago Einaudi

Il romanzo

Fatimah Asghar Quando eravamo sorelle 66thand2nd, 336 pagine, 18 euro ●●●●● Kausar è la più giovane di tre sorelle orfane nel bellissimo romanzo d’esordio, intriso di dolore, della poeta, regista e sceneggiatrice statunitense ma originaria del sud dell’Asia Fatimah Asghar. Alla deriva nel mondo senza una madre o un padre, il cuore di Kausar è un po’ quello di Noreen e un po’ quello di Aisha. Le sue due sorelle sono tutto ciò che ha, anche se la distanza tra loro sta aumentando. Kausar “ha messo il suo cuore nel cuore delle sue sorelle” molto tempo prima che diventassero orfane. Il giorno in cui il padre muore, assassinato per le strade d’America all’inizio del romanzo, la loro casa diventa un luogo della tristezza. La salma del padre è spedita dalla Pennsylvania a Lahore ed è sepolta in un terreno che non possono toccare, in un “luogo da cui proviene, e da cui proveniamo anche noi, ma di cui non sappiamo nulla”. Guarderanno la sepoltura in una videocassetta e lo faranno ripetutamente insieme alle zie. Le sorelle avevano innocentemente desiderato dei nuovi letti a castello e hanno perso il padre mentre era fuori a comprarli. Lo zio, il cui nome è sostituito in tutto il testo da una casella nera, diventa il loro tutore, ma lavora soprattutto per servire i propri interessi: si prende la loro eredità e gli assegni emessi dal governo. Le fa trasferire in una nuova città, in

KIRAFACE

Un sentimento difficile

Fatimah Asghar una nuova casa. Negli anni successivi, le sorelle diventate maggiorenni si dividono; ognuna cerca di confrontarsi con il proprio io in trasformazione e di fare i conti con il sistema in quanto donna musulmana americana. Le ragazze non ricordano la loro “madre fantasma”: è un mito, una finzione, morta quando erano ancora bambine. Anche il padre sta gradualmente diventando una finzione. Ovunque vadano, portano con sé la nebbia del dolore familiare. Poeta prima che narratrice, Asghar gioca con lo spazio e il silenzio sulla pagina. Quando eravamo sorelle non è una lettura facile. Il dolore non è un sentimento facile; è solitario, scivoloso, inafferrabile. Ma Kausar può guardare Noreen e Aisha, le sue sorelle-madri, e sapere: quello è il mio cuore. Per qualche istante la nebbia si scioglie, il cuore non è più pesante. Questa consapevolezza è sufficiente. Sana Goyal, The Guardian

Naomi Klein Doppio La nave di Teseo

Benjamín Labatut Maniac Adelphi, 352 pagine, 20 euro ●●●●● L’ultima fatica di Benjamín Labatut è allo stesso tempo un romanzo storico e un’incursione filosofica. Il genio di Maniac è il pioniere dell’informatica John von Neumann, che mostra “un’intelligenza sinistra, simile a una macchina”. Quando è perso nei suoi pensieri, è come se gli ingranaggi stessero girando, ma è anche come se “il divino scendesse a toccare la Terra”. Come raccontano i numerosi narratori del libro, spesso con un pizzico di risentimento, il matematico era in tutto e per tutto “un alieno tra noi”. Poteva vedere in altri mondi, però non sapeva allacciarsi le scarpe. Ma anche se non riusciva a compiere gesti semplici o a comprendere l’incoerenza e la capricciosità della sua specie irrazionale, eseguiva abitualmente imprese intellettuali che sarebbero state le pietre miliari della carriera di qualsiasi altro pensatore: ha contribuito a inventare la teoria dei giochi, ha gettato le basi matematiche della fisica quantistica, ha previsto come l’rna si sarebbe dimostrato in grado di comunicare con il dna quando, un decennio dopo, fu scoperta la doppia elica, e ha fantasticato sull’intelligenza artificiale molto prima che si materializzasse nelle sue forme più sofisticate. Il Maniac del titolo di Labatut è il Mathematical analyzer, numerical integrator and computer, un primo computer progettato da von Neumann negli anni cinquanta. Ma è anche von Neumann stesso. Il Maniac è un’opera di fantasia? O la chiamiamo finzione perché non abbiamo una parola migliore? Becca Rothfeld, The Washington Post

Cecilia Sala L’incendio Mondadori

Helga Flatland Fino alla fine Fazi, 288 pagine, 18,50 euro ●●●●● Anne e Sigrid, madre e figlia, insegnante di scienze e medica. La più grande ha 67 anni, la più giovane appena quaranta. La loro casa è una piccola fattoria in un villaggio nella Norvegia occidentale. Sigrid si è trasferita da tempo a Oslo con il marito e i figli. Non sopporta il villaggio, il luogo in cui tutto è andato storto da quando era bambina. Non riesce nemmeno a dimenticare le cure insufficienti di sua madre, e il suo tradimento quando suo padre Gustav ebbe un ictus dopo l’altro. L’uomo ora è in una casa di riposo, distante nello sguardo e nei pensieri. Anne e Sigrid sono le narratrici in prima persona del libro e si alternano ritmicamente l’una con l’altra in ogni capitolo. Tra vecchi e nuovi rancori, amarezze e aspettative, la vita di Anne è quasi finita. Sta per andare in pensione e ne ha paura, ma poi prevale la stanchezza, le forze l’abbandonano. Ha un cancro, che sembra sotto controllo ma poi si diffonde. Flatland scrive in modo diretto, evidenzia il lato prosaico di questo dramma familiare. Le sue frasi sono ponderate e ben formate, ma non indulgono mai in sperimentazioni o abbellimenti. Mentre il testo procede senza scosse, il lettore può percepire e registrare tutte le emozioni che lo accompagnano. Fino alla fine è un romanzo che si ricorda a lungo. Il percorso di queste persone fragili può essere doloroso da leggere. Ma Flatland dimostra che il romanzo realistico ha ancora il suo posto nel mondo. Anche grazie a un finale eccezionalmente bello: vita e morte in un’unica soluzione. Leif Ekle, Nrk

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Cultura

Libri molto dettagliato, ma s’intuisce che ce ne sono state molte di più. La trama assume la forma di un diario di viaggio, sempre con il Mediterraneo sullo sfondo. Prima sulle coste spagnole, poi anche su quelle francesi e italiane. L’intera storia resta incontaminata dalla prosa della vita e non entrano in gioco le preoccupazioni comuni della gente, nulla che possa distrarre dall’impetuosa frenesia della passione e del sesso. Santos Sanz Villanueva, El Español Karine Tuil La decisione La nave di Teseo, 304 pagine, 20 euro ●●●●● Il titolo del romanzo di Karine Tuil riflette i temi cari all’autrice: la responsabilità individuale, le traiettorie interrotte e la difficile libertà di scegliere, tra menzogna e verità per esempio. Tuil si mette nei panni di una giudice alle prese con il

terrorismo islamico nel 2016. Alma Revel ha fatto carriera fino a diventare coordinatrice dell’unità antiterrorismo di Parigi. Come i suoi colleghi, è oberata di lavoro e molto tesa. Il romanzo si apre quando la crisi raggiunge il suo apice. A cinquant’anni, la giudice occupa una posizione rischiosa e di grande responsabilità. Sposata da 25 anni, è anche una donna in procinto di perdere il marito. Ma lei aveva un amante, Emmanuel, un avvocato penalista. Lui e Alma hanno collaborato a un caso che li ha messi in pericolo. Nel 2016 l’islamismo colpisce. La scrittrice immerge il lettore nell’emergenza permanente che regna nell’unità antiterrorismo del palazzo di giustizia. Si parla di Siria e della radicalizzazione di giovani con “profonde fratture identitarie”. Karine Tuil non giudica le motivazioni alla base del loro odio. Sta a noi giudicare. Virginie Bloch-Lainé, Libération

Non fiction Giuliano Milani

I maschi disegnati nel métro Daisy Letourneur Uomini non si nasce. Piccolo trattato femminista sulle mascolinità Fandango, 272 pagine, 19 euro Ormai una parte importante degli studi sul genere, nati dal femminismo, riguarda gli uomini e le loro caratteristiche: la mascolinità. I libri accessibili al pubblico italiano che parlano di questo tema sono però abbastanza pochi e concentrati soprattutto sulle rappresentazioni dei maschi nel cinema. Questo studio va in un’altra direzione e affronta

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l’argomento dal principio. Con molti dati, un po’ di ironia, qualche disegnino e parecchi suggerimenti di lettura, spiega come nella nostra società si diventa maschi adulti, abbandonando alcune abitudini che ai bambini sono ancora consentite (tra cui l’espressione di tutte le emozioni e una socialità condivisa con persone dell’altro sesso) e acquisendone altre (come la manifestazione della rabbia, il timore di apparire omosessuale e, paradossalmente, una sorta di aria da “immaturi”). Letourneur,

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autrice francese di un blog sul tema, contribuisce così a smontare alcuni miti diffusi (come quello di una rivoluzione recente nella paternità o del presunto legame tra femminilità e passività) e passa in rassegna cosa sappiamo dei maschi: dalle caratteristiche fisiche vere e presunte ad alcuni luoghi comuni che li riguardano, dal comportamento tra di loro a quello con le donne. Così, un po’ alla volta, fornisce argomenti per “ abolire il genere, non a passarci sopra una mano di colore”. u

America Latina DAVID LEVENSON (GETTY)

Manuel Vilas Amor costante Guanda, 336 pagine, 19 euro ●●●●● Una donna di cinquant’anni, Irene, ricorda il suo matrimonio con Marcelo, il più perfetto del mondo secondo lei, durato vent’anni. Da quando si sono conosciuti non c’è stato un giorno, forse nemmeno un’ora, in cui non si siano dedicati a coltivare un erotismo coinvolgente. La morte di Marcelo la lascia completamente impotente: lei si rifiuta di accettare la sua assenza ed elabora un piano per riportarlo in vita. L’idea prende la forma di un rituale mistico e profano che le permetterà di continuare a vivere con lui. Deve attrarre amanti successivi, uomini e donne, che al culmine del rapporto le permettono d’incontrare nuovamente il marito, di parlargli almeno, in cima a una scala. Ognuno di loro funziona come un medium. Sette di queste esperienze sono descritte in modo

Lina Meruane Avidez Páginas de Espuma L’avidità esplorata attraverso una serie di figure insaziabili: madri e figlie, sorelle, amiche e amanti, uomini selvaggi e animali. Lina Meruane è nata a Santiago del Cile nel 1970. Ricardo Silva Romero El libro del duelo Alfaguara Raúl Carvajal è una figura emblematica in Colombia. Ha lottato per ottenere giustizia per il figlio, giovane ufficiale assassinato per essersi rifiutato di uccidere civili innocenti fatti passare per guerriglieri. Gabriel Mamani Magne Seúl, São Paulo Periferica Iniziazione sessuale, grandi cambiamenti, amicizie, razzismo: un ragazzo di São Paulo torna nella terra degli antenati, in Bolivia, insieme alla famiglia e affronta una serie di difficoltà. Gabriel Mamani Magne è nato in Bolivia nel 1987. Cecilia Szperling Las desmayadas Emecé Un’adolescente si allena nell’arte dello svenimento come tattica di sopravvivenza e via di fuga. Suo padre è appena morto e lei sta attraversando il lutto, con la madre e le due sorelle. Cecilia Szperling è nata a Buenos Aires nel 1963. Maria Sepa usalibri.blogspot.com

Cultura

Libri Ragazzi Quanti hamburger Kelly Yang Motel Calivista, buongiorno! Emons raga, 368 pagine, 14,50 euro “I miei genitori dicevano che l’America era un posto straordinario dove avremmo potuto vivere in una casa con un cane, fare quello che ci pareva e mangiare hamburger fino a scoppiare”. Così comincia il movimentato Motel Calivista, buongiorno! di Kelly Yang. L’autrice mette molto della sua esperienza in questo racconto. Anche lei, come la protagonista Mia Tiang, è arrivata con la famiglia dalla Cina quando era ancora una bambina e come lei ha vissuto in un motel. Il libro insegna a ragazze e ragazzi le gioie e i dolori di essere una famiglia migrante e quali ostacoli vanno superati per agguantare la felicità. Mia Tiang capisce da subito che gli Stati Uniti non sono quelli che si aspettano. Niente cane, tanti problemi, in compenso sugli hamburger i genitori avevano ragione. Al motel si pagano venti dollari a notte e s’incontrano personaggi bizzarri. Non sempre le camere sono tutte occupate, e quelle libere vengono sfruttate dai genitori di Mia Tiang per nascondere immigrati che non possono pagarsi una stanza. Bisogna stare attenti però, tutto deve essere fatto in gran segreto, perché se lo scopre il signor Yao, il cattivo proprietario del motel, sono guai seri. Un libro pieno di storie che vi terrà incollati sulla pagina. Igiaba Scego

Ricevuti Alberto Riva Ultima estate a Roccamare Neri Pozza, 224 pagine, 17 euro C’è un luogo nella Maremma toscana in cui sono nati capolavori della letteratura e in cui scrittori, artisti e critici s’incontravano d’estate. Nadia Fusini Creature in bilico Einaudi, 192 pagine, 16 euro Le protagoniste di questi racconti sono donne di oggi che richiamano letteratura e leggende del passato. Storie femminili d’intelligenza, amicizia, intraprendenza che compongono nuovi miti.

Fumetti

Gioco postmoderno Lorenzo Mò Omnilith Eris, 176 pagine, 22 euro Complementare a Pamma, l’esordio di Rambo Pavone recensito la settimana scorsa, ecco il secondo libro di Lorenzo Mò dopo Dogmadrome, altro notevole esordio. Ancora una volta l’intento è di proporre un gioco al lettore, tutto da leggere. Ma “dietro” c’è altro. In questo giallo su dei lottatori sportivi mascherati che con la loro forza nutrono una fonte di energia pulita, o così supposta (l’Omnilith del titolo), c’è il gusto postmoderno per i riferimenti al pulp e più in generale per il pastiche e il lavoro ludico sui codici dei generi narrativi, contiguo alla parodia. Se i riferimenti al videogioco non sono così espliciti come in Dogmadrome, dove erano anzi il fondamento

della narrazione, qui si reinventa il nostro mondo fatto di codici a barre e soprattutto di qr code e, più in generale, di grafica pubblicitaria infantile, anch’essa digitale. Ma il tutto è mutato in una dolce estetica che ci fa entrare in un permanente clima sospeso e onirico, e non soltanto perché la vicenda si svolge in gran parte di notte. Ibridando molto del kitsch e del trash veicolati dal digitale e prima, anche se in forme diverse, da tutti i mezzi d’espressione narrativi, graficamente l’autore trasfigura un’estetica che pare quella delle pubblicità a fumetti più banali, lavorando con sapienza le espressioni dei volti, le inquadrature, i cromatismi. Ma il ludico qui è crudele, futilmente crudele. Come il mondo di oggi. Francesco Boille

Luigi Malerba Il viaggiatore sedentario Exòrma, 264 pagine, 17,50 euro Per Malerba l’Oriente è un altrove, l’altra metà del mondo che non si può ignorare. Viaggiare in quella direzione significa immergersi nel passato e gettare un occhio al futuro. Sally Hayden E la quarta volta siamo annegati Bollati Boringhieri, 448 pagine, 28 euro Un’inchiesta coraggiosa sulla rotta dei migranti dall’Africa al Mediterraneo che, tra morti, abusi di ogni tipo e riscatti esorbitanti, si sofferma sulle politiche migratorie dell’Ue. Ugo Barbàra I Malarazza Rizzoli, 496 pagine, 19 euro Dagli anni sessanta agli anni ottanta dell’ottocento, una famiglia alle prese con gli stravolgimenti della storia e le conseguenze delle proprie ambizioni.

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Cultura

Suoni Podcast Al confine della città

Dall’Indonesia

Phoebe McIndoe e Redzi Bernard County lines Falling Tree e Bbc4 Nel Regno Unito il fatto che molte persone si siano trasferite nelle città ha portato anche ad accentrare le attività della polizia, che si trova a dover operare in grandi territori urbani con risorse sempre più limitate. In questo scenario rimangono scoperte le county lines, le aree rurali di confine tra le province, un territorio desolato e molto difficile da tenere sotto controllo. È in queste aree che hanno cominciato a operare gruppi criminali dediti al traffico di droga. Il sistema è molto semplice: i carichi arrivano nelle città portuali di provincia e i trafficanti li portano nelle piccole cittadine, dove cominciano ad assoldare o a ricattare gli abitanti locali. Nella rete finiscono adolescenti che abbandonano la scuola in cerca di un guadagno veloce, più promettente della povertà a lungo termine che vedono intorno a loro, o adulti che hanno perso il lavoro o si sono indebitati con scommesse sportive e gioco d’azzardo, a cui viene ordinato di prendere treni per le grandi città dove quelle sostanze verranno poi consumate. In questo elegante documentario della Bbc4 quattro voci si alternano per raccontare la loro esperienza con i gruppi criminali attivi nelle county lines: a colpire, più che i retroscena inaspettati sulle attività illecite, è la totale mancanza di una struttura sociale in grado di opporsi alle nuove strategie del narcotraffico. Jonathan Zenti

Una delle migliori band indie pop del paese si è formata all’università

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Spunky!, uscito il 22 settembre, in teoria è l’album di debutto del trio indonesiano Grrrl Gang, ma sembra una reinvenzione per una band che ha passato gli ultimi anni a imitare i propri antenati indie pop. Ed è un album incisivo, tra dissonanza e melodia. Da quando si sono formati nel 2016, i Grrrl Gang hanno pubblicato solo una manciata di singoli ed ep. Sono emersi nel 2016 in mezzo a un’ondata di nuovi gruppi che suonavano indie rock e dream pop nel sudest asiatico. Si sono formati quando il bassista Akbar Rumandung e il chitarrista Edo

TINY STUDIO

Rock dopo la laurea

Grrrl Gang Alventa hanno convinto Angeeta Sentana, diventata poi la leader della band, a unirsi al collettivo Terror Weekend di Yogyakarta, sull’isola di Giava, che organizzava spettacoli per le band in visita nella città. “Una notte, quando ero in macchina con Akbar, mi ha chiesto: ‘Ora

che sei una matricola, a che tipo di attività partecipi?’”, racconta Sentana. “Gli ho detto che ero iscritta a questo programma universitario per band musicali, e lui mi ha detto: ‘Perché non crei il tuo gruppo?’. Alla fine ne abbiamo fondato uno insieme”. La laurea e il lavoro hanno anche reso un po’ più difficile per i Grrrl Gang suonare. “Crescere guardando Hannah Montana su Disney Channel ha stuzzicato il mio interesse da ragazzina”, afferma Sentana. “Mi piaceva l’idea di essere una ragazza normale di giorno e una rock star di notte. Sto vivendo quella vita in questo momento”. Jude Noel, Bandcamp daily

Canzoni Claudia Durastanti

A scatola chiusa “Lo compro a scatola chiusa”: da proclama pubblicitario a principio del crowdfunding, In ambito musicale funziona soprattutto quando, oltre alla fiducia nei confronti di una band o di un artista che chiede un finanziamento per produrre un disco, c’è un discorso di genealogia e di memoria. È il caso degli Estra, che non erano più attivi dal 2003 ma da qualche anno hanno ripreso a scrivere pezzi e durante l’estate hanno lanciato una campagna di raccolta fondi su Produzioni dal basso, arrivando a più di trentamila euro (l’obiettivo

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iniziale era di ventimila). I sostenitori hanno ricevuto un link al brano inedito E tutto è vero e probabilmente saranno aggiornati sulle fasi di lavorazione con un calendario più o meno regolare, disinnescando i meccanismi para-occulti del mistero e della sorpresa con cui almeno fino a qualche anno fa si lanciavano i dischi. La storia dell’album che verrà dimostra che non necessariamente bisogna avere un’altissima fidelizzazione in rete per ottenere degli investimenti o dei doni da una comunità, perché gli Estra sono una

band da “archivio” e fanno parte della storia del rock alternativo italiano degli anni novanta. Con il loro semplice annuncio sono riusciti a riattivare un desiderio di fondo, legato alla singolarità delle band e dei dischi di quegli anni, quando si faceva meno, e già questa era una garanzia di qualità involontaria. Tuttavia, è bello che la raccolta di fondi sia dedicata a un disco nuovo: se è la memoria a far sì che il nuovo album degli Estra esista, la fiducia è che sappia evocare il passato senza usarlo come travestimento. u

Jazz/impro

Irreversible Entanglements Protect your light Impulse!

Scelti da Antonia Tessitore

Animal Collective

cinquantesimo compleanno, pochi ascoltatori avranno bisogno di ricordare il mito della sua creazione, quando il dj Kool Herc s’imbatté nel breakbeat. Ma il fatto implicito in quella genesi è che, fin dall’inizio, l’hip-hop era composto da frammenti di altra musica. Per questo cambia costantemente. E gli artisti più bravi hanno mostrato la libertà che deriva dal rendersi conto che il loro lavoro migliora quando si spingono oltre. Questa è la tradizione in cui Elucid e Billy Woods s’inseriscono, e il sesto album in studio del duo segna un decennio della loro collaborazione. Dopo una jam session insieme a nuovi collaboratori, il duo ha consegnato tante idee a una decina di produttori. Così il sassofonista Shabaka Hutchings si presenta suonando un flauto decostruito in The flexible unreliability of time & memory e in altri brani. Il titolo dell’album deriva dai cartelli che si vedono in alcune zone povere di New York e i testi dei pezzi sono spesso criptici, ma affascinanti. Il nuovo disco degli Armand Hammer non è un album rap tradizionale, ma aderisce alle caratteristiche cruciali del genere. È una meraviglia, e forse po-

trebbe essere un capolavoro. Angus Batey, The Quietus Francesco Corti Frescobaldi and the south. Opere di Frescobaldi e altri autori Francesco Corti, clavicembalo Arcana ●●●●● Girolamo Frescobaldi nasce a Ferrara, poi si trasferisce a Mantova, a Firenze e infine a Roma. Nell’Italia del seicento, i musicisti viaggiavano molto e aprivano un dialogo con i loro colleghi della zona. È così che gli autori dell’Italia meridionale entrarono in contatto con il loro collega del nord. È per questo che Francesco Corti ha deciso d’intitolare Fresco-

Vanishing Twin Afternoon X Fire Records

baldi e il sud la sua ultima raccolta. Il clavicembalista apre il programma con il compositore ferrarese e la sua Toccata 1 (1615), dove il contrappunto ereditato dal passato incontra la retorica del suo tempo e la tastiera fonde il teatro madrigalesco degli affetti con il virtuosismo strumentale: un’apparente libertà che si poggia su una vera e propria dissezione della partitura, l’architettura trionfa e la potenza del gesto esalta la polifonia. Corti si dimostra un virtuoso pieno di temperamento ma anche un poeta, grazie a un tocco solare. Le pagine dei compositori meno noti ci regalano splendide scoperte: basta sentire le enarmonie della Canzon francese di Giovanni Salvatore o la fantasia senza fine della Toccata di Francesco Lambardo. È un disco di grandissima eloquenza e freschezza. Jérémie Bigoire, Diapason

Newsletter Musicale è la newsletter settimanale di Internazionale su cosa succede nel mondo della musica. Esce ogni lunedì. Per riceverla: internazionale.it /newsletter Armand Hammer

ALEXANDER RICHTER

Armand Hammer We buy diabetic test strips Fat Possum ●●●●● A volte dimentichiamo quanto sia eclettico l’hip-hop. Nell’anno in cui celebra il suo

HISHAM AKIRA BHAROOCHA

Album Animal Collective Isn’t it now? Domino ●●●●● Quando sono in forma, gli Animal Collective sanno decostruire la musica pop e rigurgitarla in maniera estatica. È come ritrovare una cassetta d’inediti dei Beach Boys che è stata lasciata troppo tempo sotto al sole. Dopo vent’anni di carriera è un miracolo che con Isn’t it now?, il loro dodicesimo album, abbiano realizzato uno dei loro esperimenti migliori. Li ha aiutati Russell Elevado, produttore che crede fermamente nell’analogico. Se usati bene, questi vecchi mezzi possono tenere insieme una canzone come il tappeto nel Grande Lebowski dava un tono alla stanza del Drugo. I semi di questo lavoro sono stati gettati durante la registrazione di Time skiffs del 2022. In realtà il gruppo aveva già scritto tante altre canzoni qualche anno prima. Ne hanno scelte un po’ e hanno passato un paio di settimane a New York con Elevado. Il disco è attraversato da un flusso meraviglioso che comincia con un chiacchiericcio e grilli in sottofondo e approda presto in una dimensione onirica. Altri album degli Animal Collective sono considerati migliori, ma non hanno la personalità di Isn’t it now?, raggiunta forse grazie a Elevado o a una chimica musicale che dura da tanti anni e si è fusa in qualcosa di nuovo. Alan Ranta, Exclaim!

Matana Roberts Coin coin chapter five: in the garden Constellation

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Pop Oltre la bellezza di Vermeer Teju Cole l pomeriggio in cui scoprii Vermeer stavo cu­ (tradotta dal polacco da Pietro Marchesani): “Finché riosando tra i libri e le pubblicazioni accata­ quella donna del Rijksmuseum / nel silenzio dipinto state sugli scaffali di casa mia a Lagos, in Ni­ e in raccoglimento / giorno dopo giorno versa / il latte geria. Avevo quattordici o quindici anni. Tra dalla brocca nella scodella, / il mondo non merita / la i ricordi degli studi universitari dei miei ge­ fine del mondo”. nitori (opere teatrali nigeriane, storie france­ Un’acclamatissima mostra che si è tenuta al Rijks­ si) avevo trovato la relazione annuale di una multina­ museum da febbraio a giugno è riuscita a mettere in­ zionale. Non so che azienda fosse, ma doveva avere sieme la più grande collezione di sempre di dipinti del qualcosa a che fare con gli alimenti o le bevande, maestro di Delft: 28 sui circa 35 superstiti che gli ven­ perché sulla copertina c’era un dipinto con dei conta­ gono generalmente attribuiti. L’impresa è stata il frut­ dini su un grande campo di grano e sul retro il ritratto to tanto del coordinamento degli organizzatori quan­ di una donna che versava del latte. to della generosità di chi ha prestato le opere: difficil­ Mi ricordo la quiete di quel pomerig­ mente, nei prossimi anni, rivedremo gio e il fascino esercitato su di me da Un quadro di una collezione del genere. quei dipinti che sembravano trasfigura­ Vermeer è un’opera Ma io non avevo voglia di visitare la re l’ambiente intorno a me. Appresi dal­ immersa nel caos mostra, per una serie di motivi. I bigliet­ le didascalie che i quadri erano Mietitu- del mondo, il mondo ti disponibili, circa 450mila, erano an­ ra di Pieter Bruegel il Vecchio e Lattaia in cui è stata dati esauriti in poche settimane, e an­ di Johannes Vermeer. All’epoca questi realizzata e il mondo che se ero riuscito a procurarmene uno, nomi mi erano nuovi, ma ero già un in­ di oggi. Quella che le sale sarebbero state sicuramente af­ saziabile studente di arte e ne sapevo follate. Inoltre, ero scettico su uno prima era solo una abbastanza per capire quando qualcosa sguardo così brutalmente ristretto: un superficie diventa mi colpiva. Il dipinto di Vermeer, in par­ dipinto di Vermeer, poi un altro, poi un ticolare, era un vero mistero. Non avevo un portale altro ancora. Di solito le mostre riuscite mai visto un muro così ben dipinto o offrono un contesto più ampio. Ma una figura umana posizionata in modo così convin­ quello che stava davvero cominciando a darmi sui cente in uno spazio pittorico. E tutto era soffuso di nervi era il plauso incondizionato della critica. Ver­ una luce che lo rendeva più simile alla vita che a un meer, ormai, è un nume che riassume l’eccellenza dipinto. Sapevo di guardare qualcosa di alieno e se­ artistica e gran parte degli elogi mi sembravano una ducente, ambientato in un mondo radicalmente di­ scorciatoia emotiva. Grandezza, perfezione, sublimi­ verso da quello tropicale in cui vivevo. tà: il vocabolario appropriato per un certo tipo di espe­ Sono ancora commosso dal miracolo silenzioso di rienza culturale. Chi ha visto la mostra è stato invidia­ quel pomeriggio. Il mio rapporto con l’arte, però, è to da chi non l’aveva vista. Il fatto che fosse un’espe­ cambiato: adesso cerco quello che mi mette a disa­ rienza “che si fa una volta sola nella vita” era preso gio. Un quadro di Vermeer non è più semplicemente come verità assoluta. Eppure, quanti dei nostri incon­ “alieno e seducente”. È un’opera inesorabilmente tri più indimenticabili con l’arte avvengono in piccoli immersa nel caos del mondo, il mondo in cui fu rea­ musei in giornate tranquille? Quale momento, piena­ lizzata e il mondo di oggi. Guardare i quadri in questo mente vissuto, non è “una volta sola nella vita?”. L’i­ modo non li rovina ai miei occhi, semmai li apre: dea che quei quadri fossero meravigliosi si era in qual­ quella che prima era solo una superficie diventa un che modo confusa con il dogma che fossero meravi­ portale che rivela altre cose che ho bisogno di sapere. gliosi e basta. Era difficile sentire voci contrarie a La scorsa primavera sono andato di nuovo a guar­ questo consenso entusiasta e unanime. dare la Lattaia, al Rijksmuseum di Amsterdam, tor­ Poi, però, alcuni amici olandesi hanno trovato il nando, 33 anni dopo quel pomeriggio a Lagos, all’u­ modo di farmi entrare, fiaccando la mia determina­ miltà di questa donna, alla sua solidità, alla consue­ zione. Martine Gosselink, direttrice del Mauritshuis tudine del suo lavoro domestico. Amo il quadro – e dell’Aja (il museo in cui è conservato Ragazza con l’oamo lei – come la prima volta. È questa figura che ha recchino di perla e uno degli istituti che avevano con­ ispirato la poesia Vermeer di Wisława Szymborska tribuito di più alla mostra) mi ha invitato a visitare il

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TEJU COLE

è uno scrittore e fotografo statunitense di origine nigeriana. Il suo ultimo libro pubblicato in italiano è L’estraneo e il noto. Entusiasmi, incontri, letture, fotografie (Contrasto 2018). Questo articolo è uscito sul New York Times con il titolo Seeing beyond the beauty of a Vermeer.

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INCAMERASTOCK/ALAMY

GL ARCHIVE/ALAMY

Lattaia

Donna con collana di perle

PETER HORREE (ALAMY)

INCAMERASTOCK/ALAMY

Donna che scrive una lettera

Donna in azzurro che legge una lettera

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Pop TOI DERRICOTTE

è una poeta afroamericana nata nel 1941. Insieme a Cornelius Eady ha creato Cave canem, una fondazione che promuove la poesia afroamericana. Questo testo è uscito il 3 luglio 2020 sul sito dell’Academy of american poets nella rubrica “Poem­ a­Day”. Traduzione dall’inglese di Elisa Biagini.

Storie vere Jordan Lewis Cook lavorava al Gun Lake casino di Wayland, in Michigan, Stati Uniti: il suo compito era riparare le slot machine inceppate. Dopo aver tolto i soldi bloccati, però, Cook non li rimetteva nell’apparecchio, ma se li intascava. Ha ammesso di aver raccolto 84.564 dollari, tra il settembre 2021 e il novembre 2022. Ora potrebbe essere condannato a una pena fino a cinque anni di carcere.

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Rijksmuseum con lei dopo l’orario di chiusura. A quel punto sarebbe stato assurdo rifiutare. Nel tardo po­ meriggio del 13 marzo sono entrato nel museo insie­ me a un amico. Gli ultimi visitatori erano stati accom­ pagnati fuori, ed eravamo rimasti solo noi tre fortuna­ ti a goderci i 28 Vermeer. Vermeer non era prolifico: si ritiene che abbia rea­ lizzato in tutto 42 dipinti. È ragionevole pensare, co­ me hanno fatto per anni gli storici dell’arte, che que­ sta lentezza nella produzione fosse dovuta a una tec­ nica particolarmente meticolosa. I raggi X e le imma­ gini a infrarossi, tuttavia, evidenziano una sottopittu­ ra veloce e pochissimi disegni preparatori. Cosa face­ va Vermeer nel resto del tempo? Primo, era anche mercante d’arte, un mestiere che aveva ereditato dal padre. Secondo, era padre di quindici figli (undici dei quali gli sopravvissero): la casa doveva essere molto rumorosa. Sullo sfondo di questo probabile rumore, Vermeer sfornava due o tre quadri all’anno, uno più sbalorditivo e magistrale dell’altro. Quadri che sem­ brano fare cose con la luce che nessun quadro aveva mai fatto prima. Lo storico dell’arte britannico Lawrence Gowing ha parlato di una sorta di noncu­ ranza del soggetto, una fedeltà alla pura apparenza: “Sembra quasi che a Vermeer non importi cosa sta dipingendo, o addirittura non lo sappia. Come si chia­ ma questo cuneo di luce? Un naso? Un dito? Cosa sap­ piamo della sua forma? Per Vermeer tutto ciò non ha importanza, il mondo concettuale dei nomi e della conoscenza è dimenticato, niente lo preoccupa tran­ ne ciò che è visibile, il tono, il cuneo di luce”. Ci fermiamo davanti a Donna in azzurro che legge una lettera, un quadro magnifico. La pittura gioca su una gamma ristretta di tonalità: la parete è biancastra con sfumature azzurre; la grande cartina delle regioni dell’Olanda e della Frisia occidentale è marrone chia­ ro con un accenno di verde; le due sedie ai lati della donna hanno file di borchie di ottone luccicante che tengono tesa l’imbottitura blu scura. Una sedia è più grande dell’altra, più vicina a noi, mentre l’altra è di­ stante e in mezzo c’è lo spazio occupato dalla donna, in piedi. Indossa una giacca blu e una gonna verde oliva. Tutti i colori sono talmente smorzati che sem­ brano ricordati anziché dipinti. La donna, di profilo, profondamente assorta, gli occhi bassi e sognanti, tiene la lettera con entrambe le mani. Ha un nastro nei capelli. Indossa una beddejak, una giacca da casa scampanata. È incinta. Alcuni studiosi mettono in dubbio quest’ultimo punto, oppure dicono che non possiamo saperlo. Ma gli studiosi li interpelliamo per­ ché ci spieghino ciò che non riusciamo a vedere, non ciò che è evidente. Cosa le ha scritto il suo uomo? Perché sicuramen­ te è un uomo, e sicuramente è il padre del suo bambi­ no. La donna ha le labbra dischiuse. La mappa, il pri­ mo mattino, la lettera che ha viaggiato nella notte: una narrazione prorompe dal silenzio della scena. È in corso un dramma, se non un melodramma. Imma­ giniamo una presenza lontana, la cui lontananza è immaginata da quest’altra presenza, la donna che è stata lasciata indietro. Forse la presenza lontana è un

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Poesia

Perché non scrivo di George Floyd Perché c’è troppo da dire Perché non ho nulla da dire Perché non so cosa dire Perché tutto è stato detto Perché fa troppo male dire Che posso dire che posso dire Qualcosa è bloccato nella mia gola Qualcosa è bloccato come una mela Qualcosa è bloccato come un coltello Qualcosa è imbottito come un piede Qualcosa è imbottito come un corpo Toi Derricotte

soldato, o un marinaio. Il dorso dello schienale della sedia a sinistra proietta ombre soffici e bluastre sulla parete. La finestra da cui entra la luce è implicita, non rappresentata, e la luce si posa sulla fronte della don­ na e sulla distesa acquamarina dolcemente rigonfia della sua beddejak. Le pennellate sono precise ma non pignole, un cuneo di luce qua, un altro là. Il nostro respiro collettivo di spettatori è sospeso perché non vogliamo interrompere quello che sta succedendo. La donna aspetta il ritorno del suo uomo, aspetta che nasca il suo bambino, mentre il pittore, dopo aver la­ vorato al cavalletto ogni mattina, è in attesa del mat­ tino dopo, e poi di quello dopo ancora, di quelle ore propizie, finché l’opera non sarà completata. Gowing ha ragione a dire che Vermeer è un pittore della luce. È anche un finissimo pittore del tempo. Adesso, però, cerchiamo quello che ci mette a di­ sagio. In tutta l’opera di Vermeer ci sono oggetti, co­ me quelli in Donna in azzurro che legge una lettera, che ci ricordano la vastità del mondo. Il mondo di Ver­ meer stava emergendo dopo la lunga lotta dei Paesi Bassi per l’indipendenza dalla dominazione spagno­ la. Durante la guerra degli ottant’anni e immediata­ mente dopo, gli olandesi avevano stabilito delle basi commerciali in Asia, in Africa e nelle Americhe. Il capitalismo stava fiorendo in patria e all’estero, cre­ ando le premesse di un impero coloniale. Il fatto di essere stati soggiogati non aveva mitigato il desiderio di soggiogare gli altri. La Compagnia olandese delle Indie orientali dominava le vie marittime e i suoi azionisti ne raccoglievano i profitti. La Compagnia olandese delle Indie occidentali, parallelamente, era diventata una potenza nel commercio degli schiavi. I cittadini comuni olandesi si arricchivano grazie a queste imprese criminali. Con un senso rinnovato del loro posto nel mondo, riempivano le loro case di og­ getti rari e abiti stravaganti. Potevano possedere cose

ARCHIVART/ALAMY

lussuose e farle ritrarre nei quadri. I dipinti erano preziosi promemoria della loro mortalità, sì, ma anche della loro ricchezza. Nel suo perspicace saggio Il cappello di Vermeer (2008), lo storico Timothy Brook ricostruisce la provenienza globale di alcuni oggetti che vediamo nei dipinti di Vermeer. Secondo lui, per esempio, l’argento sul tavolo in Donna con una bilancia veniva probabilmente dalla famigerata miniera d’argento di Potosí, un posto infernale mandato avanti grazie al lavoro degli schiavi che faceva parte del vicereame del Perù (oggi Bolivia). Il feltro che riveste il cappello dell’ufficiale in Soldato con ragazza sorridente veniva quasi certamente dalle pelli di castoro acquistate con la violenza dagli avventurieri francesi attraverso le reti commerciali del Canada del seicento. Brook stabilisce un collegamento tra questa spensierata scena di genere e l’amaro inverno della fame del 1649-1650, quando la brama europea di pelli portò a espulsioni, guerre e alla strage dei bambini indiani huron. La beddejak in Donna in azzurro che legge una lettera, mi dice Martine Gosselink, è dipinta con il blu oltremare, il più raro e costoso dei pigmenti di blu tra quelli che avrebbe potuto procurarsi un pittore olandese nel seicento. Il blu oltremare era ricavato dal lapislazzuli, importato in Europa occidentale dalle miniere afgane: veniva letteralmente dall’altra parte del mare. È possibile che l’uso di un pigmento così costoso permettesse a Vermeer di dare un maggiore prestigio e un prezzo più alto ai suoi dipinti. Ed è possibile che il pittore apprezzasse l’associazione con dipinti di epoche precedenti, in cui si usava colorare il manto della Vergine Maria di azzurro. L’effetto del blu oltremare è abbagliante, emozionante. Ma chi estraeva i lapislazzuli dalle miniere dell’Afghanistan, e in quali condizioni di lavoro? Ogni opera d’arte è la testimonianza delle circostanze materiali in cui è stata prodotta. Le migliori sono più che testimonianze. Dentro una cornice, dentro un grande dipinto, coesistono complicità e trascendenza. È questo che ho pensato quando ho visitato il Rijksmuseum. La mostra non affrontava nessuna di queste questioni e il catalogo, compilato in modo scientifico e approfondito, l’avrei letto solo qualche tempo dopo. Quel pomeriggio, però, sono stato a pranzo con Valika Smeulders, la responsabile del dipartimento di storia del Rijksmuseum. Smeulders era stata una delle curatrici di Schiavitù, una mostra epocale organizzata dal museo nel 2021 che riuniva reperti presi dalle collezioni dello stesso Rijksmuseum e da molte altre fonti. C’erano dipinti, stampe, disegni e documenti, ma anche campane provenienti dalle piantagioni, ceppi per le caviglie, un collare di ottone, un ferro per la marchiatura con uno stemma (probabilmente della Compagnia olandese delle Indie occidentali) e un calice cerimoniale usato dagli schiavisti per i brindisi. I visitatori del museo di Amsterdam, abituati a ricostruzioni più vanagloriose della loro storia nazionale, erano stati messi di fronte alla brutalità quotidiana delle piantagioni della Batavia, del Sudafrica e delle isole Banda, e alle testimonianze

di alcune delle centinaia di migliaia di persone ridotte in schiavitù dagli olandesi. Uno dei dipinti esposti alla mostra era di Pieter de Wit, che fu probabilmente allievo di Rembrandt. Il quadro ritrae il direttore generale della Costa d’Oro olandese, un certo Dirk Wilre, in un interno sfarzoso del castello di Elmina, nell’attuale Ghana. De Wit non è un pittore all’altezza di Vermeer, ma mi hanno colpito i particolari che il suo dipinto ha in comune con Geografo, realizzato dal pittore di Delft nello stesso anno, il 1669: l’unica finestra aperta sulla sinistra, il vetro piombato, il mappamondo, il tappeto dal motivo elaborato sul tavolo. A differenza del Geografo, però, nel quadro di de Wit ci sono altre due figure. Una è una donna: nera, nuda fino alla cintola, piegata su un ginocchio, chiaramente in una posizione di asservimento. Se le pantofole sul pavimento sono sue, allora l’asservimento è anche sessuale. La donna inginocchiata offre a Wilre un dipinto con un paesaggio in cui si vede il castello di Elmina. Il suo corpo e la sua terra. La brutalità è esplicita.

Soldato con ragazza sorridente

La mostra di Vermeer al Rijksmuseum era piena di quadri magnifici, molti realizzati nella metà degli anni 1660, quando la carriera del maestro era all’apice. In quegli anni Vermeer produsse una serie di opere immortali, spesso variazioni sul tema della donna in un interno silenzioso, sola, vestita con una beddejak dall’orlo di pelliccia. In Donna con una bilancia, la donna è incinta e la stanza è più buia del solito, illuminata principalmente dalla luce del sole che fa capolino dalla tenda color giallo limone. I piatti che tiene sospesi sono vuoti: sta bilanciando, non sta pesando. Sul tavolo di fronte ci sono monete d’oro e d’argento e perle, e alle sue spalle c’è un dipinto del giudizio universale. In un altro dipinto, Donna con collana di perle, la protagonista è in piedi di profilo e guarda davanti a lei. Troviamo la stessa tenda gialla, ora scostata per far entrare la luce soffusa. Su quel lato, nell’ombra, c’è un vaso blu scuro di porcellana, il cui riflesso aspro Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Pop contrasta, sulla destra, con il giallo tenue – un giallo leggermente più freddo di quello della tenda – della sua beddejak. Donna che scrive una lettera è un’altra orchestrazione di gialli e blu. Non sappiamo chi sia questa donna di tanto tempo fa; non sappiamo chi sia nessuna di loro, e probabilmente non lo sapremo mai. Anche lei indossa la giacca gialla (i pochi oggetti di scena di Vermeer ricorrono come gli attori preferiti di un drammaturgo). È seduta allo scrittoio e ci guarda direttamente con quella che sembra autentica com­ prensione umana. È un quadro stupefacente, parte della collezione della National Gallery di Washing­ ton. L’avevo già visto, ma non l’avevo mai osservato attentamente. Ecco perché, alla fine dei conti, si va nei musei: per l’opportunità di imparare a vedere di nuovo, per vedere la bellezza e ciò che ci mette a disa­ gio. E sì, alla mostra c’era anche Ragazza con l’orecchino di perla, una visione sbalorditiva e immediata. Nel contesto era solo un’altra vetta di una grande catena montuosa. Ma che catena montuosa, e che vetta! Mentre stavamo per uscire dalla mostra, sono tor­ nato indietro per piazzarmi di nuovo davanti al dipin­ to che mi aveva sorpreso di più: Donna che scrive una lettera. Nel suo sguardo c’è un’ombrosa complessità, un sorriso lieve; sulle iridi due puntini bianchi (mi sembrava molto più vera di quanto mi sia mai sem­ brata la Gioconda). Altri punti di luce bianca spuntano sui suoi enormi orecchini di perla. Se vere, le perle dovevano essere state raccolte nel golfo di Mannar, tra lo Sri Lanka e l’India di oggi. La donna stringe nel­ la mano destra una penna d’oca, staccata dal foglio. Sotto, una striscia di colore delinea perfettamente una pila di carta bianca. La preziosa scatola da scrittu­ ra, di diversi tipi di legno e con borchie tonde di me­ tallo, viene probabilmente da Goa, allora sotto il do­ minio portoghese. Fatta da chi? In quali condizioni di lavoro? Dietro la donna c’è un dipinto di una viola da gamba, una musica muta che suggerisce o conferma

il tema amoroso del quadro. Ma se il suo amante è as­ sente, chi l’ha interrotta? A chi sta sorridendo con tanta gentile familiarità? Allo spettatore. Questo sguardo rapisce il nostro da secoli, sospendendo il tempo al nostro posto. Non c’è una sola linea di disegno nel dipinto, solo strati di pittura accostati, chiazze di colore che sfumano l’una nell’altra come se osservate attraverso l’obiettivo di una vecchia macchina fotografica che si rifiuta di mettere a fuoco. La morbidezza della Donna che scrive una lettera è così pervasiva che è come se il quadro fosse sul punto di dissolversi. Una mattina dopo l’altra, Vermeer si siede davanti al cavalletto, mentre fuori infuria il mondo, un mon­ do dove le persone s’inchinano in segno di sottomis­ sione, dove vengono marchiate con un ferro rovente. Appena fuori della sua porta c’è il cognato violento che minaccia di picchiare le donne della casa. Ma i quadri sono permeabili a questi problemi esterni, an­ zi sono in continuità con essi. Questi soldati appassio­ nati non stanno giocando a mascherarsi. Combatto­ no e uccidono. Passiamo in rassegna l’opera di Ver­ meer cercando invano una semplice famiglia felice, una madre, un padre, un bambino nella pace dome­ stica. E invece no: il mondo di questi quadri è poetico e lirico, ma è anche spezzato, vulnerabile, isolato e ansioso. I dipinti di Vermeer (così come quelli degli altri; le implicazioni di questa tesi non si limitano a lui) non possono essere presi come semplici decora­ zioni o capolavori di tecnica. Contengono la consape­ volezza del dolore e sono in grado di sopportare un contesto più onesto di quello che spesso gli concedia­ mo. Ridurli a spot pubblicitari della bellezza, a simbo­ li fluttuanti di cultura ed eleganza, gli rende un disser­ vizio. Nel loro lungo viaggio attraverso le epoche, i dipinti di Vermeer portano con sé consolazione e terrore. E finché le cose stanno così, il mondo non merita ancora la fine del mondo. u fas

Altri animali Leonardo Caffo

La violenza rivoluzionaria Video di capre prese a calci postati in rete, orsi uccisi a fucilate. Le violenze contro gli animali riem­ piono le pagine di cronaca insieme alle violenze che fanno più discu­ tere: femminicidi, episodi di razzi­ smo e odio verso i migranti, atti di autolesionismo che scatenano competizioni su TikTok. Più si par­ la di eliminare completamente la violenza dalla nostra società, an­ che a partire dalle parole (pensia­ mo al dibattito sul linguaggio in­ clusivo, gli asterischi e lo schwa), più una specie di estetica della vio­

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lenza fatta di stupri di gruppo e calci ad animali indifesi sembra tornare con prepotenza un po’ ovunque. Perché? Come ha soste­ nuto Byung­Chul Han nel suo Topologia della violenza (Nottetempo 2020), ciò che chiamiamo “violen­ za” è proteiforme: cambia aspetto, si adatta alla natura del contesto sociopolitico, agisce anche dove sembra essere sparita. Dovremmo fare i conti con una cosa: non esi­ ste una società senza violenza, perché la violenza – non ci si scan­ dalizzi – è strutturale alla vita ani­

male dotata di “volontà di poten­ za”. Il punto, da discutere con ur­ genza e senza moralismo, è come ri­orientare questa violenza. Il ri­ schio è che, a furia di proibirla del tutto, torni a esplodere dove non dovrebbe, “regalandoci” questi orribili casi di cronaca. Del resto la rivoluzione francese non si è fatta con gli asterischi, e i partigiani non ci hanno liberato chiedendo il per­ messo: se insegnassimo a usare la rabbia per la rivoluzione, forse non avremmo una violenza usata per la repressione. u

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Scienza derata sicura dalle autorità europee. Questi risultati sono sufficienti a concludere che esista una forte probabilità di danni simili nell’essere umano, dunque in sé basterebbero a far scattare il principio di precauzione. Le ong accusano la Bayer Monsanto di aver nascosto i rischi legati al glifosato. Sono stati due ricercatori svedesi a evidenziare nel 2022 l’incompletezza della documentazione fornita all’Efsa, che ha citato il loro lavoro nella sua valutazione ma non ha modificato le sue conclusioni.

CHIARA DATTOLA

Senza alcun dubbio

SALUTE

Altri buoni motivi per vietare il glifosato Amélie Poinssot, Mediapart, Francia Mentre gli stati europei si preparano a votare per rinnovare l’autorizzazione del discusso erbicida, alcuni documenti suggeriscono nuovi rischi per la salute degli esseri umani l rischio di neoplasie maligne del sangue, già documentato, non è l’unico a emergere dagli studi scientifici sugli effetti dell’esposizione al glifosato. Nuove informazioni rese pubbliche il 27 settembre da alcune organizzazioni che fanno parte del Pesticide action network (Pan Europe) evidenziano i danni che la molecola potrebbe causare al sistema nervoso dei bambini le cui madri sono state esposte all’erbicida durante la gravidanza. Le ong hanno trasmesso i dati al tribunale di Vienna, che indaga sulla Bayer Monsanto, produttrice del diserbante più usato al mondo. Le nuove scoperte potrebbero rivelarsi cruciali in vista del Consiglio europeo del 13 ottobre, quando l’Unione dovrà pronunciarsi sul rinnovo dell’autorizzazione

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alla vendita del prodotto. La Commissione europea ha proposto una proroga di dieci anni. Secondo le ong le conseguenze sul sistema nervoso sono molte: disturbi motori, del comportamento e dello spettro autistico, depressione, ansia. Eppure, com’è successo con i tumori e altre malattie, questi effetti non sono stati considerati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), secondo cui l’erbicida non presenta “nessuna area di preoccupazione critica”. Le nuove informazioni arrivano soprattutto da una pubblicazione scientifica del 2001. Lo studio non è stato incluso dalla Bayer Monsanto nella sua richiesta di riautorizzazione, nonostante la normativa europea preveda che le aziende segnalino tutte le ricerche sulle conseguenze potenzialmente dannose dei prodotti. La ricerca indagava la neurotossicità del glifosato nello sviluppo dei roditori e ha rilevato gravi danni alle capacità motorie tra i discendenti delle femmine esposte alla molecola durante la gestazione. Gli effetti sono stati provocati da una dose di prodotto attualmente consi-

Lo studio del 2001 è solo uno tra i tanti che hanno ipotizzato un legame tra l’esposizione al glifosato e i danni al sistema nervoso. Due pubblicazioni molto più recenti si rivelano illuminanti. La prima, del 2019, è uno studio statistico realizzato in una regione agricola della California su donne che durante la gravidanza avevano vissuto a meno di due chilometri di distanza dai campi dove era usato il glifosato, insieme ad altri dieci pesticidi esaminati. I loro figli presentavano un rischio più elevato di disturbi dello spettro autistico. Se il neonato era stato esposto al glifosato durante il primo anno di vita, il rischio aumentava e si combinava con quello di disabilità mentale. La seconda pubblicazione, del 2022, consiste in un’analisi di tutte le ricerche pubblicate sulla tossicità del glifosato per gli esseri umani e gli animali. La conclusione principale dello studio è che “l’esposizione a questo pesticida nel corso dei primi stadi di vita può compromettere gravemente il normale sviluppo delle cellule”. Lo studio aggiunge che “nonostante le dosi di glifosato che producono questi effetti varino molto” da una ricerca all’altra, sono comunque inferiori “alla soglia indicata dalle agenzie di controllo”. In questo corpus si ritrova, per gli esseri umani, il rischio di disturbi dello spettro autistico in caso di esposizione prenatale, ma anche di danni alla memoria visiva e allo sviluppo del sistema nervoso centrale. Il verdetto è chiaro: “L’esposizione al glifosato può senza alcun dubbio produrre importanti alterazioni nella struttura e nella funzione del sistema nervoso degli esseri umani”. Quali conclusioni ne trarranno gli stati dell’Unione europea? La risposta arriverà il 13 ottobre. u as Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Manifesto for a New City Making 13 – 15 October 2023 Torino, Italy 7TH EDITION

11TH ST BRIDGE PARK (Scott Kratz) / ARE YOU? (Richard Upton) / BJARKE INGELS GROUP (Giulia Frittoli) / BLOOMBERG CITYLAB / C40 REINVENTING CITIES / CIVICWISE (Pablo Sendra) / DAVOS BAUKULTUR ALLIANCE / EUGENIA KARGBO / FLOATING FARM (Peter van Wingerden) / HOLZMARKT / THE LOOP (Baharash Bagherian) / MEANWHILE CITY (Petra Marko) / MIT MASIC LAB (Admir Masic) / OKRA (Martin Knuijt) / OPEN ACT (Zuhal Kol) / SCHOONSCHIP (Marjan de Blok) / SINNY & OOKO (Jacyntha Serre) / STIPO (Vivian Doumpa) / THE UNDERLINE / UNSTUDIO (Caroline Bos) / URBAN AI (Hubert Beroche) / URBAN FOXES (Bram Dewolfs) / THE WAR ON CARS (Doug Gordon) & more utopianhours.it

Scienza FISICA

Protetti dall’alzheimer

Come cade l’antimateria

Sono stati identificati due tipi di cellule cerebrali che sembrano proteggere dalla demenza, scrive Cell. Un gruppo di ricercatori ha sequenziato i geni attivi nella corteccia prefrontale di 427 anziani deceduti, alcuni con demenza o alzheimer in fase avanzata, altri con facoltà cognitive intatte o quasi. La mappatura ha localizzato due tipi di neuroni inibitori che erano più numerosi nei soggetti sani, anche in presenza delle placche di amiloide tipiche dell’alzheimer. Un tipo presentava i geni della relina, una proteina coinvolta nello sviluppo dei circuiti nervosi, e l’altro i geni per la somatostatina, un ormone regolatore. Gli autori della ricerca ipotizzano che svolgano una funzione protettiva delle cellule più vulnerabili alla neurodegenerazione provocata dall’alzheimer. La scoperta potrebbe suggerire una strada alternativa per lo studio delle demenze e la ricerca di una cura.

Nature, Stati Uniti L’antimateria cade verso il basso come la materia. L’esperimento Alpha, condotto al Cern di Ginevra, ha dimostrato che gli atomi di antiidrogeno reagiscono alla gravità in modo simile a quelli di idrogeno, confermando le previsioni fatte da Albert Einstein nella teoria generale della relatività più di un secolo fa. L’antimateria è simile alla materia, ma ha una carica elettrica opposta. Gli atomi di anti-idrogeno sono formati da un antiprotone (negativo) e da un positrone, cioè un antielettrone (positivo). Quando l’antimateria entra in contatto con la materia viene annichilata, ed è quindi molto difficile da osservare. Per gli scienziati uno dei maggiori problemi è stato produrre gli atomi di antiidrogeno e controllarli con un campo magnetico. In seguito gli atomi sono stati rilasciati ed è stato osservato il loro movimento, concludendo che con buona approssimazione sono attratti verso terra con la stessa accelerazione degli atomi di idrogeno. Il prossimo passo della ricerca sarà misurare in modo più preciso il movimento degli antiatomi. La ricerca potrebbe aiutare a comprendere le fasi iniziali dello sviluppo dell’universo. ◆

NOBEL

MUTERMUR PROJECT (CC BY-ND)

BIOLOGIA

Ostruzionismo sessuale Dopo l’accoppiamento i maschi delle farfalle bianche Parnassius mnemosyne depositano sull’apice dell’addome della femmina un sigillo, o sphragis, per ostruire i suoi genitali e impedire l’accoppiamento con altri maschi. Lo sphragis varia a seconda delle condizioni, spiega Ecology and Evolution. Dall’osservazione degli accoppiamenti di circa 500 farfalle è risultato che il maschio tende a rinforzarlo con uno scudo quando il numero di competitori è più alto. Se invece il livello di concorrenza è basso il maschio riserva le energie per altri accoppiamenti.

BASTIAAN SLABBERS (REUTERS/CONTRASTO)

NEUROLOGIA

ARCHEOLOGIA

Intrecci preistorici La datazione dei reperti trovati nella Cueva de los Murciélagos, una grotta nel sud della Spagna, ha concluso che si tratta degli esempi più antichi di cesteria in Europa meridionale. Secondo Science Advances i sandali e gli altri oggetti rinvenuti nel sito sono stati prodotti con fibre vegetali, molto deperibili, usando due tecniche principali di intreccio. Risalgono a un periodo tra il 7500 e il 4200 aC. Gli oggetti più antichi sono stati usati da gruppi di cacciatori raccoglitori, i più recenti da comunità di agricoltori.

Salute Il premio Nobel per la medicina è stato assegnato a Katalin Karikó (nella foto) e Drew Weissman per le loro ricerche di genetica, usate in seguito nello sviluppo dei vaccini a mRna contro il covid-19. I due ricercatori hanno modificato alcune caratteristiche chimiche di questa molecola, e più in dettaglio delle lettere, o basi, che la compongono. Grazie a queste alterazioni è stato possibile migliorare la risposta immunitaria nell’organismo che riceve il vaccino. Fisica Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L’Huillier hanno ricevuto il Nobel per la fisica per essere riusciti a creare lampi di luce laser di durata estremamente breve (qualche centinaio di attosecondi). Con questi nuovi strumenti è diventato possibile studiare fenomeni rapidi come il comportamento degli elettroni all’interno della materia. Le applicazioni possibili sono molte, tra cui l’identificazione delle molecole per le diagnosi mediche. Chimica Il premio Nobel per la chimica è andato a Moungi Bawendi, Luis Brus e Aleksej Ekimov per la scoperta e lo sviluppo dei punti quantici. Queste strutture formate da nanocristalli semiconduttori, le cui dimensioni variano tra due e cento nanometri, sono così piccole che le loro proprietà sono governate dalla meccanica quantistica. La loro introduzione ha rivoluzionato il campo delle nanotecnologie, con applicazioni che vanno dagli schermi dei televisori alla chirurgia, e ha posto le basi per lo sviluppo dei computer quantistici.

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GUSTAVO MIRANDA HOLLEY (GETTY)

Il diario della Terra Il nostro clima

Aerei sostenibili

Delfini Nell’ovest dell’Amazzonia, in Brasile, sono state ritrovate le carcasse di almeno 120 inia, una specie di delfini di fiume a rischio di estinzione (nella foto). La moria è stata osservata nel lago Tefé, dove sono venute a galla anche migliaia di pesci morti. Secondo il Guardian la temperatura dell’acqua, che ha toccato i 39 gradi, potrebbe aver superato la soglia di tollerabilità per molte specie. Il fenomeno è stato amplificato dalla forte siccità che ha colpito il bacino del Rio delle Amazzoni, il cui livello è calato di 30 centimetri al giorno nelle ultime due settimane. Sono comunque in corso delle indagini per individuare altre possibili cause della morte dei delfini, come l’inquinamento o una malattia infettiva.

Radar

La pioggia ferma New York

Incendi Gli incendi senza precedenti che hanno colpito

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Terremoti Continua l’attività sismica nei Campi Flegrei, vicino a Napoli, dove è stata registrata una nuova scossa di magnitudo 4.0. Epidemie Dall’inizio del 2023 in Bangladesh la dengue ha ucciso più di mille persone. È la peggiore epidemia di questa malattia mai registrata nel paese.

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Orsi Nel nord dell’isola di Hokkaido, in Giappone, tra il 70 e l’80 per cento dei cuccioli di orso bruno nati nel 2023 sono morti di fame a causa della scarsità di salmoni, probabilmente dovuta alle temperature eccezionalmente calde dei mari circostanti. Ghiacciai Nell’estate del 2023 i ghiacciai svizzeri (nella foto quello del Rodano) hanno perso il 4 per cento del loro volume, il secondo dato più alto dopo quello del 2022. Negli ultimi due anni è stata persa la stessa quantità di ghiaccio che nel periodo tra il 1960 e il 1990. DENIS BALIBOUSE (REUTERS/CONTRASTO)

Alluvioni Almeno 23 soldati risultano dispersi in seguito all’esondazione di un fiume nello stato del Sikkim, sul versante indiano dell’Himalaya. ◆ Le precipitazioni eccezionali nel nordest degli Stati Uniti hanno provocato l’allagamento di vaste aree di New York, bloccando gli aeroporti e i trasporti pubblici. ◆ Dalla fine di settembre più di 15mila abitazioni sono state evacuate a causa delle alluvioni provocate dalle forti piogge in Thailandia.

diverse regioni del Canada nel 2023 hanno già distrutto 18 milioni di ettari di foresta, dieci in più rispetto al record precedente, risalente al 1986. ◆ Nel sudest dell’Australia i roghi favoriti dalla siccità degli ultimi mesi hanno provocato l’evacuazione di una quindicina di centri abitati. ◆ Le scuole della città di Jambi, in Indonesia, sono state chiuse a causa del fumo proveniente dagli incendi nelle torbiere vicine.

◆ Nel 2022 il settore del trasporto aereo ha rappresentato poco più del 2 per cento delle emissioni totali di gas serra, ma la quota è destinata ad aumentare. L’elettrificazione di altri settori, come il riscaldamento delle case o le auto, procede infatti velocemente, mentre nell’aviazione la transizione rimane molto più difficile. Una soluzione almeno parziale è rappresentata dai sustainable aviation fuel (saf ), carburanti alternativi che comportano meno emissioni rispetto a quelli tradizionali. Gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno adottato politiche per promuovere l’uso dei saf, ma “il loro impatto reale dipenderà da diversi fattori”, scrive la Mit Technology Review. Alcuni saf possono essere prodotti a partire dalle biomasse, come l’olio da cucina usato o gli scarti agricoli, ma queste risorse potrebbero essere insufficienti per soddisfare la domanda. I carburanti sintetici, o efuel, sono invece prodotti usando anidride carbonica catturata dall’aria e una fonte di energia pulita. Hanno il vantaggio di non dipendere dalla disponibilità di biomassa, ma la loro produzione è molto dispendiosa: per ottenere il carburante necessario al trasporto aereo nel Regno Unito servirebbe una quantità di energia elettrica da fonti rinnovabili da cinque a otto volte maggiore di quella generata nel paese nel 2020. Sono allo studio delle soluzioni per rendere il processo più efficiente, ma nel frattempo c’è un unico modo per evitare le emissioni dovute ai voli: prendere meno l’aereo.

Il pianeta visto dallo spazio 03.08.2023

Il mistero dell’arco di ghiaccio Nord 1 km

Itilliarsuup Kangerlua

Arco di ghiaccio

EARTHOBSERVATORY/NASA

Kangilleq

◆ In estate i fiordi della Groenlandia sono spesso disseminati di blocchi di ghiaccio che si staccano dai tanti ghiacciai di sbocco dell’isola. Ma il 3 agosto 2023 in un’insenatura della costa ovest è comparso uno strano arco. La struttura è ben visibile in questa foto scattata dal satellite Landsat 9. La sottile curva bianca attraversa l’Itilliarsuup Kangerlua, che appartiene al sistema di fiordi Uummannaq, e si trova a 2,6 chilometri dalla fronte del ghiacciaio Kangilleq. Le origi-

ni dell’arco restano sconosciute, ma la pubblicazione delle immagini su internet ha innescato un dibattito sulle possibili cause. Un’ipotesi è che l’arco sia il risultato del distacco di un grosso iceberg. Quando un iceberg si stacca dalla fronte del ghiacciaio, provoca uno spostamento d’acqua che dà luogo a un’onda. Ma esiste un altro fenomeno in grado di creare spostamenti d’acqua nei fiordi della Groenlandia. A provocare il fenomeno potrebbe anche esse-

L’avvistamento di un insolito fenomeno nei fiordi della Groenlandia ha innescato un dibattito tra gli scienziati, che si sono interrogati sulle sue possibili cause



re stato un flusso d’acqua causato da un pennacchio sottomarino. Quando l’acqua dolce proveniente dallo scioglimento del ghiacciaio entra nel fiordo, essendo meno densa di quella marina torna a galla formando un pennacchio e spostando l’acqua circostante. Le immagini satellitari potrebbero non essere sufficienti a stabilire con certezza cosa abbia creato questa effimera struttura. Nel frattempo l’arco è svanito, e il fiordo è tornato al suo aspetto normale.–Nasa

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IL ROSA CHE FA BENE

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Durante tutto il mese della prevenzione del tumore al seno, Lauretana è al fianco di Fondazione Veronesi con le speciali confezioni in rosa di acqua.

Anche quest’anno Lauretana sostiene il progetto Pink is good di Fondazione Veronesi volto a promuovere la prevenzione e dare un sostegno concreto alla ricerca sui tumori tipicamente femminili.

A SOSTEGNO DI

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Inquadra il QR-Code dedicato e scopri i consigli, dispensati da Fondazione Veronesi, utili a vivere una quotidianità all’insegna dei sani e corretti stili di vita.

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Economia e lavoro

OBIE OBERHOLZER (LAIF/CONTRASTO)

Lüderitz, Namibia, 29 dicembre 2020

NAMIBIA

Aspettative rischiose sul petrolio P. Burkhardt e K. Nhongo, Bloomberg, Stati Uniti In Namibia è stato scoperto un enorme giacimento di greggio. Il suo sfruttamento potrebbe far raddoppiare l’economia del paese africano. Ma bisogna tener lontano il rischio della corruzione econdo alcuni potrebbe essere il più grande giacimento di petrolio in mare aperto del mondo. Le stime parlano di undici miliardi di barili di greggio. La scoperta è stata fatta nel 2022 dalla TotalEnergies e dalla Shell, al largo delle coste della Namibia e ha suscitato un entusiasmo del tutto comprensibile nel paese africano: anche se solo una piccola parte di questo greggio fosse effettivamente sfruttata, porterebbe una ricchezza prima inimmaginabile. Ma considerando quello che i giacimenti petroliferi hanno significato per altri paesi del continente, sorge spontanea una buona dose di cautela. “La cattiva gestione può generare corruzione e disuguaglianze, che a loro volta alimentano tensioni sociali e instabilità politica”, ha dichiarato il

S

ministro namibiano delle miniere e dell’energia, Tom Alweendo. Secondo le stime del governo, il giacimento potrebbe far raddoppiare le dimensioni dell’economia nazionale. Maggie Shino, commissaria per il petrolio della Namibia, afferma che le royalty, le tasse e i dividendi dell’azienda petrolifera di stato rappresenterebbero il 58 per cento del valore di ogni barile di greggio. Tuttavia Graham Hopwood, direttore esecutivo del centro studi britannico Institute for public policy research (Ippr), spiega che sarà fondamentale evitare la corruzione. “Tra dieci anni la Na250 km

Fiume Okavango

Windhoek Oceano Atlantico

Giacimenti di petrolio

BOTSWANA

NAMIBIA Lüderitz

SUDAFRICA

mibia dovrebbe diventare il più importante produttore petrolifero dell’Africa subsahariana, dopo la Nigeria e l’Angola. Ma se guardiamo a questi due stati, in entrambi i casi più del 40 per cento della popolazione vive in condizioni di grave povertà”. Considerando il modo in cui in passato il governo namibiano ha usato le entrate delle risorse minerarie, alcuni ritengono improbabile che il nuovo giacimento possa migliorare le condizioni di vita della maggioranza dei cittadini. “La Namibia ha abbondanti risorse naturali e minerarie, dall’oro all’uranio ai diamanti, ma uno dei livelli di disuguaglianza più alti del mondo”, dice Reinhold Mangundu, della Saving Okavango, un’associazione che si batte contro lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas nel bacino del fiume Okavango. Secondo una ricerca di Afrobarometer, la popolarità del governo è in calo e la fiducia nel presidente Hage Geingob è crollata dal 50 al 25 per cento tra il 2014 e il 2021. Stessa sorte ha subìto la South west african people’s organization (Swapo), il partito al potere. Il fatto che la dirigenza della National Petroleum Corporation of Namibia (Namcor), l’azienda petrolifera di stato, sia stata colpita da diversi scandali non è certo di aiuto. A marzo la presidente Jennifer Comalie è stata arrestata dopo che nella sua auto ferma nel parcheggio dell’azienda è stata trovata della droga. La manager ha negato ogni accusa e ha denunciato lotte interne alla Namcor. Ad aprile Immanuel Mulunga, il direttore generale del gruppo, è stato sospeso con l’accusa di aver pagato tangenti per comprare attività petrolifere in Angola.

Sostenibilità commerciale Nelle acque dell’oceano Atlantico le trivellazioni procedono a pieno ritmo, insieme alla costruzione di molte piattaforme petrolifere, mentre la Shell e la TotalEnergies studiano i giacimenti per valutarne la sostenibilità commerciale. Anche se non tutte le trivellazioni andranno a buon fine, secondo la Namcor il paese potrebbe cominciare a produrre petrolio entro il 2029. Tuttavia la maggior parte delle infrastrutture richieste non è stata ancora realizzata. L’azienda portuale di stato prevede d’investire 2,1 miliardi di dollari, ma qualsiasi sviluppo nello sfruttamento delle risorse dovrà passare al vaglio del ministero Internazionale 1532 | 6 ottobre 2023

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Economia e lavoro

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PAESI BASSI

STATI UNITI

Un’obbligazione all’antica

Attenti agli interessi

Una delle obbligazioni più antiche del mondo è stata emessa nei Paesi Bassi, scrive il Financial Times. Il titolo risale al 1648 dall’Hoogheemraadschap van de Lekdijk bovendams, l’azienda idrica della città di Utrecht che gestiva il lato settentrionale della diga sul fiume Lek, un affluente del Reno. Quell’anno l’ente prese in prestito mille fiori­ ni d’oro dall’uomo d’affari Niclaes de Meijer. Il con­ tratto prevedeva il paga­ mento di un interesse se­ mestrale del 5 per cento (cinquanta fiorini il 15 mag­ gio e il 15 novembre di ogni anno). Si trattava di un’ob­ bligazione perpetua, un ti­ tolo senza scadenza che pa­ ga un interesse fisso. Oggi non esiste più l’Hoogheem­ raadschap Lekdijk boven­ dams né la moneta in cui fu emessa l’obbligazione. Ma il titolo impegna al paga­ mento degli interessi la Ho­ ogheemraadschap De Stichtse Rijnlanden di Houten. In seguito a secoli d’inflazione, riforme mo­ netarie e ristrutturazioni delle clausole contrattuali, l’azienda versa 11,35 euro all’anno all’attuale proprie­ tario, la Beinecke rare book and manuscript library dell’università di Yale, ne­ gli Stati Uniti. Il titolo fu comprato nel 2002 da Ge­ ert Rouwenhorst, professo­ re di finanza di Yale, al prezzo di 24mila euro.

The Economist, Regno Unito

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Gli Stati Uniti sono di nuovo alle prese con il rischio dello shutdown, la parziale chiusura delle attività dell’amministra­ zione pubblica che scatta quando il governo è a corto di finanziamenti. Non è questa, tuttavia, la principale minac­ cia all’economia statunitense, sostiene l’Economist. Sarebbe meglio guardare con più attenzione a quello che sta succedendo ai titoli del tesoro statunitense con scadenza decen­ nale, il cui tasso d’interesse è salito al 4,7 per cen­ to, il più alto dal 2007. Il rialzo è in corso dalla pri­ mavera, quando gli investitori si sono convinti che gli aumenti del costo del denaro voluti dalla Fede­ ral reserve (Fed, la banca centrale degli Stati Uniti) per frenare l’inflazione sarebbero durati a lungo. Il problema, spiega il settimanale britannico, è che nel 2007 il rapporto tra debito e pil statunitense era al 35 per cento, mentre oggi è al 98 per cento: “L’attuale aumento dei tassi significa che il costo del debito pesa quasi tre volte di più sul bilancio pubblico”. E nei prossimi anni il conto potrebbe sa­ lire ancora. u UNIONE EUROPEA

Nuova tassa ambientale Dal 1 ottobre 2023 l’Unione europea ha introdotto il Carbon border adjustment mechanism (Cbam), una norma che prevede la tassa­ zione di merci prodotte fuori dal territorio comuni­ tario in paesi che hanno cri­ teri ambientali meno seve­ ri. Come spiega Bloomberg, la misura ha l’obietti­ vo di contrastare il cosid­ detto carbon leakage, cioè la tendenza delle aziende a ri­ durre i costi spostando la produzione in posti con leg­ gi ambientali più permissi­ ve. Inizialmente il Cbam sarà applicato in settori ca­

ratterizzati da un livello ele­ vato di emissioni: acciaio, alluminio, cemento, fertiliz­ zanti, idrogeno ed elettrici­ tà. Gli importatori saranno obbligati a comprare crediti di carbonio, in base al prez­ zo che avrebbero dovuto pa­ gare se i beni fossero stati prodotti nell’Unione. Saran­ no esentati parzialmente i produttori che hanno pagato una tassa sul carbonio nel paese d’origine della merce. PATRICK PLEUL (PICTURE ALLIANCE/GETTY)

delle miniere e dell’energia. Le scoperte hanno generato aspettative enormi. Nel 2022 Dennis Zekveld, all’epoca re­ sponsabile della Shell per la Namibia, ha raccontato che un addetto alle pulizie gli aveva mostrato un articolo di giornale in cui si moltiplicava un numero ipotetico di barili per il prezzo del petrolio. Ha raccon­ tato di aver usato una lavagna per spiegare a quella persona come funzionano in real­ tà le esplorazioni e la produzione in cam­ po petrolifero, dove non è sempre facile stabilire la ricchezza di un giacimento. “Le persone si aspettano l’imminente so­ luzione di tutti i problemi economici, ma è una prospettiva irrealistica”, dichiara Hopwood. “Non sono ancora convinto che saremo in grado aumentare l’occupa­ zione per i namibiani, soprattutto per i giovani”. Secondo la Namcor, i progetti della To­ talEnergies e della Shell creeranno fino a 3.600 posti di lavoro. Nel frattempo l’a­ zienda ha avviato la formazione del perso­ nale, per poter subentrare alle due multi­ nazionali. Quest’urgenza è spiegabile in parte con il fatto che il settore energetico sta cambiando rapidamente con l’obietti­ vo di eliminare l’uso dei combustibili fos­ sili. Ad agosto l’azienda petrolifera italia­ na Eni ha avviato la produzione a Baleine, in Costa d’Avorio, cominciando a estrarre greggio a meno di due anni dalla scoperta del giacimento. Fino a non molto tempo fa di solito passavano almeno dieci anni pri­ ma che un nuovo giacimento diventasse operativo. A differenza di quant’è successo in Su­ dafrica, dove le organizzazioni ambienta­ liste sono riuscite a bloccare i progetti di trivellazione della Shell e di altre aziende partner, in Namibia poche delle organiz­ zazioni della società civile “hanno parte­ cipato in modo efficace al dibattito nazio­ nale”, afferma Mangundu, che ha messo in discussione le procedure con cui sono state accordate le licenze d’esplorazione alla canadese ReconAfrica nel bacino del fiume Okavango. Secondo il ministro Alweendo, però, gli obiettivi di paesi e gruppi d’interesse globali nel campo della transizione ener­ getica non tengono conto dei vantaggi della Namibia. “È una mentalità paterna­ listica”, osserva. “Dimostra una totale mancanza di attenzione per le immense sfide in campo economico di paesi meno industrializzati come il nostro”. u gim

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L’oroscopo

Rob Brezsny Fai qualche respiro lento e profondo. Lascia che la tua mente sia un cielo azzurro in cui galleggiano poche nuvole. Canticchia la tua canzone preferita. Rilassati come se avessi tutto il tempo del mondo per essere chi vuoi. Fantastica di avere accesso a risorse segrete che ti rendono solida e sicura. Leggi ad alta voce questa poesia di Mary Oliver: “Non devi essere buona. Non devi pentirti camminando in ginocchio per chilometri attraverso il deserto. Devi solo lasciare che il morbido animale del tuo corpo ami ciò che ama”.

ARIETE

GEMELLI

Quando presento il mio nuovo libro Astrology is real. Revelations from my life as an oracle, a volte mi chiedono: “Credi davvero a tutte quelle sciocchezze mistiche di cui scrivi?”. Io vorrei urlare: “Quanto sarei ipocrita se non credessi a quello che studio e insegno da tutta una vita?”. Invece rispondo diplomaticamente: “Amo e rispetto le venerande filosofie spirituali che alcuni sminuiscono definendole ‘sciocchezze mistiche’”. Il mio compito è tradurre quelle idee in suggerimenti pratici e ben fondati che i miei lettori possono usare per migliorare la loro vita. Tutto ciò che ho appena detto è il preludio del tuo incarico, Ariete: impegnati di più a realizzare i tuoi ideali e valori profondi nella vita quotidiana. Metti in pratica ciò che predichi.

L’autore dei Gemelli Chuck Klosterman afferma scherzando: “Mangio quasi solo cereali zuccherati, perché io sono tutto l’opposto di un tipo sensato. Sono una persona assolutamente insensata”. Le prossime settimane saranno un periodo ideale per provare a essere una persona insensata, caro Gemelli. Come? Comincia sospendendo temporaneamente la convinzione di dover essere una persona seria e razionalissima. Impegnati a giocare e a cercare il massimo divertimento. Sesso danzante! Valanghe di gelato! Fantasie ribelli! Orge di risate! Storielle esilaranti! Pensieri vertiginosi e sentimenti euforici!

ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

TORO

Sono felice di vedere quanto si stiano diffondendo gli animali di sostegno. All’inizio c’erano solo cani guida per assistere le persone cieche. Poi sono arrivati gli animali per chi ha bisogno di aiuto per muoversi e per chi non sente il campanello di casa. Alcuni animali, inoltre, offrono conforto e supporto emotivo alle persone con problemi di salute mentale. Prevedo un futuro in cui tutti ci sentiremo liberi di chiedere l’aiuto degli animali da compagnia. Forse hai già amici simili, Toro. Se è così, nelle prossime settimane ti invito a esprimere ulteriore apprezzamento per loro. Rafforza il vostro rapporto, è un ottimo momento per capire meglio la carica che può dare l’amore degli animali.

CANCRO

L’attrice comica del Cancro Gilda Radner dice: “La maggior parte delle mie scelte di moda si basa su quello che non prude”. Mi sembra una metafora perfetta per le prossime settimane, Cancerino. Secondo la mia lettura dei presagi astrali dovresti optare per ciò che ti fa sentire bene e non per quello che sembra bello. Farai le scelte giuste se ti impegnerai ad amare te stesso più che a cercare di convincere gli altri ad amarti. Celebra la bellezza altamente funzionale. Esulta per le intuizioni che hai quando eviti l’autocoscienza e ti crogioli nel tuo amor proprio. LEONE

L’estrosa cantautrice del Leone Tori Amos confessa: “Tutte le persone creative attraversano un periodo in cui sono aride e non sanno come tornare alla fonte che le ispira. Dov’è la cascata? A un certo punto pensi: ‘Mi ac-

contenterò di un rigagnolo’”. La sua ammissione è valida per tutti. Naturalmente preferiremmo avere sempre accesso a quella cascata, ma non è realistico pretenderlo. A volte basta un rigagnolo. E se lo seguiamo, alla fine forse ci porterà alla cascata. VERGINE

Fai esperimenti su te stessa? Io sì. Formulo ipotesi su ciò che potrebbe essere più salutare per me, e poi faccio dei test per provare la correttezza delle mie ipotesi. Di recente ho pensato: sto meglio se faccio cinque piccoli pasti al giorno o tre più sostanziosi? Oppure: il mio sonno è più rigenerante se vado a letto alle dieci di sera e mi sveglio alle sette del mattino o se dormo da mezzanotte alle nove? Nelle prossime settimane ti consiglio di impegnarti in esperimenti simili. Il tuo corpo ha molte rivelazioni da offrirti. SCORPIONE

Una donna dell’Oklahoma, negli Stati Uniti, di nome Mary Clamswer ha usato una sedia a rotelle dai 19 ai 42 anni perché la sclerosi multipla non le permetteva di usare le gambe. Poi è successo un miracolo. Durante un temporale è stata colpita da un fulmine. La scossa non solo non l’ha uccisa, ma l’ha guarita facendole recuperare la capacità di camminare nei mesi successivi. Non sto dicendo che ti auguro di essere colpito da un fulmine guaritore, Scorpione. Ma sospetto che un evento simile, inizialmente inquietante, potrebbe portarti benedizioni. SAGITTARIO

Quali sono le tue sostanze preferite che alterano la mente? Caffè, tè, cioccolato, zucchero o tabacco? Alcol, cannabis, cocaina o oppioidi? Psilocibina, ayahuasca, lsd o mdma? Altre ancora? Tutte quante? Le prossime settimane saranno un momento favorevole per rivalutare il tuo rapporto con queste sostanze. Dovresti chiederti se sono più dannose che utili o viceversa; se i motivi che ti hanno spinto a farne uso sono ancora validi, e come il tuo rapporto con loro influenza quelli con le

persone. P.s. Non conosco le risposte. Il mio obiettivo è spingerti a farti delle domande. CAPRICORNO

Nel suo libro Meditations for miserable people (who want to stay that way) (Meditazioni per persone infelici che vogliono continuare a esserlo) Dan Goodman dice: “Non è che non abbia nulla da dare, è che nessuno vuole quello che ho”. Se hai mai coltivato fantasie cupe come questa, prevedo che nelle prossime settimane te ne libererai. La tua influenza sarà più che mai ricercata. Il tuo punto di vista sarà richiesto e i tuoi doni saranno desiderati. Sono sicuro che non ti sentirai sopraffatto! ACQUARIO

Lo psicologo William James (1842-1910) è stato un esempio di razionalità e logica. I suoi libri sono stati così influenti da farlo considerare uno dei massimi pensatori del diciannovesimo e ventesimo secolo. Ma gli piaceva anche esplorare fenomeni soprannaturali come la telepatia. Una volta consultò una medium di nome Leonora Piper e disse: “Se vuoi mettere in discussione la legge che tutti i corvi sono neri, ti basta dimostrare che un corvo è bianco. Il mio corvo bianco è la signora Piper”. Te ne sto parlando, Acquario, perché sospetto che presto scoprirai il tuo corvo bianco. Di conseguenza potresti mettere in discussione le tue vecchie convinzioni. Una certezza potrebbe diventare incerta. Una verità incontrovertibile potrebbe diventare ambigua. PESCI

Se speriamo di curare le nostre ferite, dobbiamo concentrarci sul desiderio di guarire. Un secondo fattore essenziale è ingegnarci per raccogliere le risorse necessarie alla guarigione. Il terzo requisito è essere abbastanza coraggiosi da superare il nostro senso di sconfitta e rivendicare il diritto di essere di nuovo vigorosi e integri. Nelle prossime settimane ti auguro di avere tutti questi poteri.

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internazionale.it/oroscopo

BILANCIA

COMPITI A CASA

Se potessi guarire da un trauma del passato, da dove cominceresti?

PRAÏ, BRASILE

L’ultima

“Questa ruberà il lavoro a molte persone”.

GROS, FRANCIA

KROLL, BELGIO

“Temperature: il record del numero di record battuti è stato battuto”.

WARP

BRAMHALL, STATI UNITI

Gli armeni del Nagorno Karabakh. “In fondo apparteniamo a un popolo molto grande. Quello dei rifugiati di tutto il mondo”.

Rupert Murdoch lascia la presidenza di Fox News. “Mi dimetto, il mio lavoro qui è finito”.

“Cosa?!? Che ci fanno tutti questi video di altri gatti sul suo telefono?”.

Le regole Essere un uomo basico 1 Se ti prude, grattati. 2 Gli altri possono toccare il telecomando solo per passartelo. 3 L’insalata non è cibo. 4 Un rutto può significare sì o no, a seconda dell’occasione. 5 Quando esci con una tipa, metti subito in chiaro che il fantacalcio verrà sempre prima di lei.

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