Il testo tachigrafico del «De divinis nominibus» (vaticano greco 1809) 8821003922, 9788821003929

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Il testo tachigrafico del «De divinis nominibus» (vaticano greco 1809)
 8821003922, 9788821003929

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STUDI

E TESTI

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SALVATORE LILLA

IL TESTO TACHIGRAFICO DE L

" DE DIVINIS NOMINIBUS (VAT. GR. 1809)

CITTÀ DEL VATICANO BIBLIOTECA. APOSTOLICA VATICANA 1970

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XLVX,

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Γ , V '

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SALVATORE LILLA

IL TESTO TACHIGRAFICO DHL

" DE DIVINIS NOMINIBUS " (VAT. GR. 1809)

CITTÀ DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA

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INTRODUZIONE

Tra i manoscritti greci medievali che presentano note o testi scritti interamente in caratteri tachigrafici — il Parig. gr. 3032 (già 3514) del X secolo contenente alcuni trattati di retorica (l), il Eaurenziano Plut. IX, 15 del 983-64 contenente un lezionario dell’antico testamento, un’omelia di P roclo di Costantinopoli ed alcune disposizioni del con­ cilio di Nicea sulle feste e i digiuni (2), il Brit. Mus. Add. 18231 del 971-72 in cui, oltre ad altri scritti minori, figurano le opere dello pseudo-DiONiGi I/A reopagita, 48 sermoni di Gregorio N azianzeno e il relativo com­ mento di N onno (3), e il Vat. gr. 1809 della fine del sec. X che comprende una raccolta di scritti di S. Massimo il Confessore e parte del De(*) (*) Una sommaria descrizione del contenuto di questo codice si può tro­ vare in H. OmonT, Invent. somm. des man. grecs, 3e partie, Paris 1888, p. 96, dove il codice è attribuito al sec. X I; con ogni probabilità esso è però del sec. X: si veda H. R abe , Rhetores graeci VI, Uipsiae 1913, p. X V II (il codice è con­ trassegnato dalla sigla Ph) e Rhetores graeci XIV, Uipsiae 1931, p. UXXXV e G. MERCATI, Per la storia di manoscritti greci di Genova di varie badie basiliane d’Italia e di Patmo, Città del Vaticano 1935 (Studi e Testi 68), p. 328. (2) Per la descrizione del codice cf. A. M. Bandini, Calai, cod. manuscr. Bibl. Med. Laur., Voi. I, Uipsiae 1961, pp. 412-13 (ristampa anastatica); la descrizione del Bandini è riportata integralmente da M. Gitlbauer , Philolo­ gische Streifzüge, Freiburg im Breisgau 1885, pp. 390-91. Ua data si trova nel colofone contenuto nel f. 167r: c,uoß (anno 6472 del mondo, 963-64 dell’era cristiana). (3) Per la descrizione cf. il Catalogue of Add. to thè Man. in thè Brit. Mus. 1848-1853, Uondon 1868, pp. 90-91 e M. Richard , Invent. des man. grecs du Brit. Mus. I, Paris 1952, p. 30. Ua data è contenuta nell’annotazione èypàfpi) èv iure irsi (6480 del mondo, 972 dell’era cristiana) che si trova alla fine del testo; si veda la tàvola 136 nel volume I I di K. e S. Bake , Dated Greek Minuscule Manuscripts to thè Year 1200 e cf. M. RICHARD, Invent. I, p. 30, R. DEVREESSE, Intr. à l’étude des manuscr. grecs, Paris 1954, pp. 39 e 291 e Les man. grecs de l’Ital. mér., Città del Vaticano 1955 (Studi e Testi 183), p. 28. Nel Catalogue of A d d .... sopra citato, p. 91, il codice è erroneamente attribuito al X II secolo, ma nell’indice, p. 200 col. 2, è scritta la data esatta. Il N onno autore del com­ mento non va confuso con N onno di Panopoli: cf. H. G. Beck , Kirche und theolog. Lit. im byz. Reich, München 1959, p. 422.

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II testo tachigrafia} del « De divinis Nominibus » (Vat. gr. 1809)

ecclesiastica hierarchia e del De divinis nominibus dello pseudo-DiONiGi I / Areopagita (4) — quest’ultimo va considerato come il più insigne testimone della tachigrafia greca usata nei codici medievali (2). Mentre infatti la scrittura interamente tachigrafica nel Parig. gr. 3032 si limita ad alcune note sparse qua e là, nel Laurenzi ano Plut. IX, 15 al colofone del f. 167r, nel Brit. Mus. Add. 18231 a degli scolli scritti nel margine inferiore di alcuni fogli, nel Vat. gr. 1809 essa occupa invece ben 23 fogli, ossia i fi. 195'-196r, 213'-218q 256r-27(K Per quanto riguarda le brevi note tachigrafiche del Parig. gr. 3032 (3), B. DE Montfatjcon nella sua Palaeographia graeca (Parisiis 1708) approntò due tavole: nella prima (p. 353) riprodusse le parole scritte in carattere tachigrafico indicando a fianco il numero del foglio del codice in cui ciascuna di esse compare, e nella seconda (p. 355) fornì un elenco dei simboli indicanti alcune sillabe, disponendoli in ordine alfabetico; contemporaneamente (pp. 352 e 354) diede anche la tra­ scrizione delle note che riuscì a decifrare. Sia la riproduzione delle note tachigrafiche che la loro spiegazione e trascrizione contenevano però non pochi errori e inesattezze, come ebbe a rilevare F. I. Bast in una nota nell’appendice all’edizione di Gregorio di Corinto curata da G. H. Schaefer (4) ; il Bast si era proposto di pubblicare una nuova(*) (*) Ho potuto leggere la descrizione del codice sulle bozze del catalogo del mio collega mons. P. CanarT, che me le ha gentilmente messe a disposizione. (2) In quest’elenco sono compresi solo i codici in cui compaiono parole, frasi e lunghi testi scritti interamente in carattere tachigrafico; R. DEVREESSE, Intr. à l’étude des man. grecs, pp. 39-40, non fa alcuna menzione del codice Lauren­ zi ano Plut. IX ,15 e cita invece i codici Cript. B a 19, Cript. B a i , Angel. 41, Vat. gr. 1658 e i ff. 88 e 89 contenuti nel codice Vallicellianolat. 60 (D 43) (a proposito di questi due fogli si veda, oltre ad E). Martini, Catalogo di man. greci esistenti nelle biblioteche italiane, Voi. II, Milano 1902, p. 91 anche T. W. Aia EN, Three Greek Scribes, Mise. Fr. Ehrle IV , Roma 1924 [Studi e Testi 40], pp. 27-31, che ha pubblicato una foto del f. 89 e la relativa trascrizione; il testo dei due fogli è quello di S. Massimo ie Confessore, Capitum theol. et oecon. cent. II, P. G. 90, 1141 cap. 36 - 1157 cap. 72 come notò P. Sku TEEEA, Byz. Zeitschr. 28, 1928, p. 67; cf. S. G. Mercati, Boll, della Badia greca di Grottaferrata, n. s. 8, 1954, p. 123); occorre però osservare che questi codici citati dal DEVREESSE presentano dei testi scritti in carattere misto — vale a dire in carattere normale con largo uso di abbreviazioni tachigrafiche — ma non delle frasi o dei testi più o meno lunghi scritti esclusivamente in simboli tachigrafici. (3) Una riproduzione di parte del f. 27v di questo codice si può trovare nella tavola II di H. R abe , Rhetores graeci VI, Lipsiae 1913. (4) Gregorii Corinthii et aliorum grammaticorum libri de dialectis linguae graecae, quibus additar nunc primum editus Manuelis Moschopuli libellus de

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Introduzione

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tavola di queste note tachigrafiche e di correggere gli errori del MontFAUCON, ma la morte improvvisa gli vietò di realizzare il suo progetto (x). Fu invece U. F. K opp nella prima parte della sua Palaeographia critica (Mannhemii 1817) a presentare una nuova tavola delle note tachigrafiche contenute nel codice Parigino e a fornirne una più esatta e com­ pleta trascrizione (2). A M. Gitrbatjer va invece il merito di avere decifrato sia il colofone del f. 167r del Raurenziano Plut. IX ,15 (3) sia gli scolli tachigrafici che compaiono nel margine inferiore di alcuni fogli del Brit. Mus. Add. 18231 (4). Prima nei suoi Philologische Streifzüge del 1886 e poi nelle Denkschriften der kaiserlichen Akademie der Wissenschaften di Vienna, 44 (1896), egli pubblicò la trascrizione del colofone del codice Raurenziano; e per gli Scripturae graecae specimina di W. W attenbach (Berolini 1883) trascrisse lo scolio in carattere tachigrafico che figura nel vocum passionibus, recens, e t . .. ed. G. H. SchaEFER, Ripsiae 1811. Si veda in particolare la p. 933. Dopo avere elencato gli errori contenuti già nella prima riga della prima colonna della tavola del Montfaucon, il B ast così continua: « Non minus laborat vitiis paene to ta tabula Notarum Rhetoricarum, quam Montefalconius l.c. e codice Regio 3514 (nunc 3032) publici iuris fe c it.... Adde quod explicatio, quam vir doctus addidit, non pauca continet falsissima ». (x) B ast, Gregorii C orinthii... p. 933: «Fortasse alia occasione tabulam illam eamque quae proxime sequitur denuo aeri incidendas curabo »; cf. anche O. Rehmann, Die tachygraphischen Abkürzungen der griechischen Handschriften, Hildesheim 1965, p. 7 (ristampa anastatica deH’edizione del 1880). (2) Si vedano in particolare i §§ 468-480, pp. 440-452. Da tavola si trova inserita tra le pp. 436 e 437. (3) Riproduzioni fototipiche di alcuni fogli di questo codice si possono trovare in M. Gi Tebauer , Philol. Streif züge, Freiburg im Breisgau 1886 (si veda la tavola all’inizio del libro), in B. Th . REFOrT - J. Cochez, Album Palaeographicum, Reuven 1932, tav. 83 e in K. e S. Rake , Dated Greek Minusc. Man. to thè Year 1200, X, Boston, Mass. 1939, tavv. 679-680 (cf. R. DEVREESSE, Intr. à l’ét. des man. grecs, p. 291). Il f. 167r contenente il colofone si trova riprodotto in Gi Tebauer, Refor T-Cochez e Rare , tav. 679. (4) Per le riproduzioni fototipiche di alcuni fogli di questo codice cf. in particolare G. W aTTEnbach, Scripturae graecae specimina, ed. altera, Berolini 1883, tav. X IX (si noti nel margine inferiore del foglio lo scolio lungo sei righe, scritto interamente in caratteri tachigrafici); The Palaeogr. Soc. Voi. I, Rondon 1873-1883 tav. 25 (il foglio della tavola è contrassegnato dal num. 42) e second series, Voi. I, Rondon 1884-1894, tav. 28 (il foglio della tavola è contrassegnato dal num. 56; la scrittura tachigrafica è visibile nel margine inferiore); ReforTCochez, tav. 44 (la scrittura tachigrafica si nota nel margine inferiore); e K. e S. Rake, II, Boston Mass. 1934, tavv. 118-120 e 136 (cf. R. DEVREESSE, op. cit., pp. 39 n. 3 e 291).

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II testo tachigrafia} del « De divirus Nominibus » (Vat. gr. 1809)

margine inferiore del foglio del Brit. Mus. Add. 18231 riprodotto dal W attenbach nella tavola X IX dei suoi Specimina e per la Palaeographical Society il testo e gli scolli — 1’ultimo dei quali in carattere tachigrafico — del foglio riprodotto nella tavola 28 (f. 56) della seconda serie, Voi. I (1). Prima di passare a parlare della decifrazione delle pagine tachigrafiche del Vat. gr. 1809, che qui più direttamente c’interessa, non sarà forse del tutto inopportuno dire qualcosa sulla sua origine e la sua storia. Sul fatto che anch’esso, come il Parig. gr. 3032, il Laurenziano Plut. IX ,15 e il Brit. Mus. Add. 18231 derivi dall’Italia meri­ dionale (*) non ci sono più dubbi di sorta. R. DEVREESSE si limita a dire che la sua scrittura normale « s’apparente à celle des manuscrits de Capoue de la fin du X e siècle » (3) ; ma gli strettissimi rapporti che legano

(x) Philol. Streifzüge, p. 391; Die drei Syst, der griech. Tachygraphie, Denkschr. der kaiserl. Akad. der Wiss., philos. hist. Kl. 44, Wien 1896, p. 21; G. W aTTENBACH, Scripturae graecae specimina, ed. altera, Berolini 1883, p. 9 coli. 1-2 (cf. anche p. 8, col. 2 « . . .notis tachygraphicis, quas in usum nostrum M. Gite bauer enucleavit » e M. Gitebauer , Die Überreste griech. Tachygraphie im Codex Vaticanus graecus 1809, Erster Fascikel, Denkschr. der kaiserl. Akad. der Wiss., philos. hist. Kl. 28, 1878, p. 3 « Bald war ich in der L ag e ... auch die Glossen des Codex Londinus vollständig zu entziffern»); The Palaeographical Society, second series, Voi. I, tav. 28 «the Committee are indebted to the Rev. Professor Gitlbauer of Vienna for thè deciphering of this piate ». (2) Per l’origine del codice parigino cf. G. Mercati, Per la storia dei ma­ noscritti greci di Genova.. . p. 328, S. G. Mercati, Appunti sui codici di Grot­ taferrata, Boll, della Badia greca di Grottaferrata, n. s. 8, 1954, p. 124 e R. DE­ VREESSE, Intr. à l’ét. des man. grecs, p. 40 e p. 40 n. 4. Per quanto riguarda il Laurenziano Plut. IX, 15 M. Gitebauer , Denkschr. der kaiserl. Akad. der Wiss., 44, Wien 1896, pp. 22-23 è indotto dalle parole èv ’Atppix.t che compaiono nel colofone del f. 167r a credere che il codice sia stato scritto in Africa e lo considera quindi come un esponente della tachigrafia « africana » che contrap­ pone a quella « italiana » rappresentata dal Vat. gr. 1809 e dal Brit. Mus. Add. 18231 (di tachigrafia « africana » a proposito del Laurenziano parlò anche F. G. W. F oaT, On old Greek Tachygraphy, Journ. of Hell. St. 21, 1901, p. 240); ma le parole sv ’Atpptxi possono benissimo alludere, come ha osservato S. G. Mercati, Boll, della Badia greca di Grottaferrata, n. s. 8, 1954, p. 125, al villaggio cala­ brese di Africo, anche se non mi sembra sostenibile la lettura ’Aippixcp da lui pro­ posta; inoltre, gli ornamenti che figurano nel codice — alcuni esempi carat­ teristici li forniscono i fogli riprodotti da LEEOrT-Cochez, tav. 83 e da K. e S. L ake , X, tav. 679 — sono tipici dell’Italia meridionale. Per il Brit. Mus. Add. 18231 si veda, ad es., R. DEVREESSE, Les man. grecs de Vital, mer., p. 28 e Intr. à l’étude des man. grecs, pp. 39-40. (3) Intr. à l’étude des man. grecs, p. 40 n. 4.

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Introduzione

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tra loro le scritture dei codici Vat. gr. 1809, Brit. Mus. Add. 18231, Angel. 41 (B. 3. 11) (1), Cript. B a i , Vat. gr. 1658 e i due fogli derivanti da un codice greco e ora contenuti nel Valliceli, lat. 60 (2) consentono di precisare meglio l’ambiente e la scuola da cui essi derivano. È merito di T. W. AllEN l’avere messo in rapporto tra loro questi manoscritti (3). Egli ha osservato che la seconda mano del Vat. gr. 1809, che ha scritto in caratteri normali i ff. 222v-255v (4), rassomiglia moltissimo a quella che ha scritto il Brit. Mus. Add. 18231 (5), la quale a sua volta è identica a quella che ha scritto la parte più antica (ff. 2-55v) dell’Angel, 41 (6), ma non è andato molto oltre questa constatazione. Un raffronto tra la scrittura di quest’ultimo codice (Palaeogr. Soc., second series, Voi. I tav. 85 f. 57) e quella del Criptense B a i del 985 (Palaeogr. Soc., second series, Voi. I tav. 86 f. 59; L are X tav. 719) scritto da P aolo I, abate di Grottaferrata e immediato successore di S. N ilo (7), mostra che le due scritture sono identiche: a ragione quindi S. Gassisi attribuisce senza esitazione a P aolo anche i ff. 2-55v dell’Angelico 41 (8). A P aolo P) Per una descrizione di questo codice cf. G. Mtjccio-P io F ranchi De ’ Cavalieri, Index codicum graecorum bibliothecae Angelicae, Studi it. di fri. class. 4, 1896, p. 83. Una riproduzione del f. 22r si può trovare in The Palaeographical Society, second series, Voi. I, London 1884-1894, tav. 85 (il foglio contenente la tavola è contrassegnato dal num. 57). (2) A proposito di questi due fogli cf. sopra, p. 6 n. 2. (3) Th. W. ALLEN, Three Greek Scribes, Mise. Fr. Ehrle IV , Roma 1924 (Studi e Testi 40), pp. 26-31. (4) Cf. il catalogo di Mons. P. CanarT, in corso di stampa, nella terza parte della descrizione, e in particolare la sezione Script. (6) Th. W. ALLEN, Mise. Fr. Ehrle IV , p. 27; cf. anche S. G. MERCATI, Boll, della Badia greca di Grottaferrata, n. s. 8, 1954, p. 122 (che in pratica tra­ scrive letteralmente, traducendole, le parole dell’AllEN) e P. CanarT, catalogo, nella sez. Script, e Le problème du style d’écriture dii « en as de piqué » dans les manuscrits italo-grecs, Atti del 4° congresso storico calabrese, 1969, p. 61. Egli ha anche rilevato che la mano che ha scritto i ff. 222v-255v del Vat. gr. 1809 usa una scrittura « en as de piqué »: cf. il lavoro testé citato, p. 59 e p. 65 nota 28. (6) Il Brit. Mus. Add. 18231 e i ff. 2-55v dell’Angel. 41 sono della stessa mano: si veda Th. W. AllEN, Mise. Fr. Ehrle IV, p. 26; Notes on Greek Man. in Italian Libraries, London 1890, p. 40 e Notes on Abbreviations in Greek Manuscripts, Oxford 1889, pp. 31 e 33: cf. anche The Palaeographical Society, second series, Voi. I, nella pagina successiva al f. 57. (7) Ciò risulta dalla sottoscrizione del f. 191r riprodotto da L are , X, tav. 719. Cf. anche A. R occhi, Codices Cryptenses, Tusculani 1883, p. 56. (8) S. Gassisi, I manoscritti autografi di S. Nilo iuniore, Oriens Christianus 4, 1904, p. 333 n. 1; cf. anche M. G. Mal.YTKSTA Zil Embo, Gli amanuensi di Grot­ taferrata, Boll, della Badia greca di Grottaferrata, n. s. 19, 1965, pp. 52-53.

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II testo tachigrafi«) del « De divinis Nominibus » (Vat. gr. 1809)

vanno fatte risalire anche la scrittura dei fi. 88-89 contenuti nel Valicelliano lat. 60 (x) e quella che compare nei ff. 9-65 col. 2 lin. 18 del Vat. gr. 1658, contrassegnata da C. Giannelli con la lettera b (2). Ricapi­ tolando, risalgono a P aolo di Grottaferrata: a) il codice Criptense B a i che reca il suo nome; b) i fi. 2-55v dell’Angelico 41 ; c) i ff. 88-89 del Valliceli, lat. 60; d) il Brit. Mus. Add. 18231 (3); e) la scrittura della seconda mano (b) del Vat. gr. 1658. Molto simile alla scrittura di P aolo è la scrittura della seconda mano del Vat. gr. 1809 (ff. 222v-255v). Ulteriori punti di contatto si possono osservare tra il Vat. gr. 1809, 11 Vat. gr. 1658 e il Brit. Mus. Add. 18231 per quanto riguarda i simboli tachigrafìci: 1) la mano b (Paolo) e, in misura ancora maggiore, quella c del Vat. gr. 1658 (che ha scritto i ff. 65 col. 2 lin. 18-101v) (4) e così pure quella del Brit. Mus. Add. 18231 (Paolo) adottano nel testo un tipo di scrittura mista, fatta cioè di lettere normali e di simboli tachigrafìci. Questi simboli tachigrafìci sono esattamente gli stessi che compaiono nelle parti interamente tachigrafìche del Vat. gr. 1809: basterà ricordare (!) Cf. S. Gassisi, loc. cit. ; T. W. ALLEN, Three Greek Scribes, Mise. Fr. Ehrle IV, pp. 27-28, dove è riportato il parere di A. R occhi; e M. G. Malatesta Zil Embo, art. cit. p. 53. (2) C. Giannelli, Codices Vaticani graeci 1483-1683, Bibl. Vat. 1950, p. 392. Un raffronto tra la seconda mano del codice Vat. gr. 1658 e la scrittura di P aolo nel Cript. B a i (cf. Palaeogr. Soc. second series, Voi. I tav. 86 f. 59 e L are X tav. 719) porta a concludere che si tra tta di un’identica mano: iden­ tici sono compendi come V (γάρ), 7 (δέ), Θ-Ε (θα), φ (διά), ν (ιν finale). La propensione di C. Giannelli a identificare con P aolo lo scriba b del codice è quindi pienamente giustificata, mentre non sembra avere ragione T. W. AllEn quando, a proposito del Vat. gr. 1658, afferma (Mise. Fr. Ehrle IV, p. 27): « .. .thè first hand (ff. 1-64) resembles th at of Paul ». Sull’attribuzione a P aolo della mano b del Vat. gr. 1658 si veda anche M. G. MalaTESTa zilEmbo, art. cit., p. 53. (3) Che anche il Brit. Mus. Add. 18231 sia stato scritto da P aolo è ammesso da O. LEhmann, Die tachygr. Abkurz. der griech. Handschr., p. 54, mentre è escluso da T. W. AllEn , Notes on Abbreviations in Greek Man., Oxford 1889, p. 31. Quest’ultimo è però, a nostro avviso, in errore: il raffronto tra Palaeogr. Soc. second series Voi. I f. 57 (riproduzione dell’Angelico 41), f. 59 (riprodu­ zione del Criptense B a 1), le tavole 119-120 di L ake, voi. II e X IX di W aTTENBACH, Scripturae graecae specimina (riproduzioni di fogli del Brit. Mus. Add. 18231 il cui testo è in scrittura mista, ricca di simboli tachigrafìci) porta a concludere che si tra tta della stessa mano: identici sono non solo i simboli tachigrafìci ma anche compendi come V· (γάρ) e £ (8tà) e lettere come γ, ζ, λ, φ. (*) Cf. C. Giannelli, Codices Vat. gr. 1485-1683, p. 392.

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i'-.·..

Introduzione

simboli come -] (έπί), é

(ερ), γ

(Ss), χ

11

(είναι,), χ (τήν), y. (ύπό),

k (υπέρ), ·\. (tv finale), (γάρ). 2) La mano che ha scritto in caratteri tachigrafici gli scolli che si trovano nel margine inferiore di alcuni fogli del Brit. Mus. Add. 18231 (l’esempio più appariscente è rappresentato dallo scolio di sei righe che compare nel margine inferiore del foglio riprodotto dal W attenbach nella tavola X IX dei suoi Specimina) è, con ogni probabilità, la stessa mano che ha scritto in caratteri tachigrafici i fi. 216v (margine esterno ed inferiore) — 218r del Vaticano gr. 1809 fi). È) importante osservare che in questi fogli tachigrafici (216T-218r) e così pure negli scolli tachi­ grafici del Brit. Mus. Add. 18231 per scrivere γάρ è usato lo stesso compendio caratteristico di P aolo di Grottaferrata (per il Vat. gr. 1809 si veda ad es. f. 216v, margine inferiore, lin. 4 dal basso e f. 217v col. 1 lin. 37, per il Brit. Mus. Add. W attenbach, Specimina, tav. XIX lin. 2 dal basso). Niente d’altra parte vieta di pensare che P aolo, oltre al testo e agli scolli in scrittura mista del Brit. Mus. Add. 18231 abbia scritto in caratteri tachigrafici anche gli scolli che compaiono nel mar­ gine inferiore di alcuni fogli di questo codice. Tutte queste coincidenze — l ’identità tra la mano che compare nei ff. 216v (margine esterno ed inferiore) — 218r del Vat. gr. 1809 e quella che ha scritti gli scolli tachigrafici nel margine inferiore di alcuni fogli del Brit. Mus. Add. 18231, il ricorrere del simbolo ψ (γάρ) carat­ teristico di P aolo nei ff. 216T-218r del Vat. gr. 1809 e negli scolli ta­ chigrafici del Brit. Mus. Add. 18231, e il fatto che P aolo oltre al testo e agli scolli del Brit. Mus. Add. 18231 ha scritto con ogni probabilità anche gli scolli tachigrafici di questo codice — rendono assai plausibile fi) Si tra tta della mano num. 4 che ha scritto le parti tachigrafiche del codice indicate con i numeri X II, XVII, X V III e X IX da M. Gitlbauer (Die Überreste griech. Tachygr. im Codex Vat. gr. 1809, Denkschr. der kaiserl. Akad. der Wiss. philos. hist. Kl. 28, 1878, pp. 31-33): si veda P. Canart, catalogo, nella sezione Script. In favore dell’identità tra questa mano e quella che ha scritto gli scolli tachigrafici del Brit. Mus. Add. 18231 propende anche M. Gitl bauer , Denkschr. der kaiserl. Ak. der Wiss. philos. hist. Kl. 28, 1878, p. 28: « Bloss dem Schreiber der Martyreracten — und dem ihm sehr nahe vewandten, wenn nicht gar m it ihm identischen der londoner Glossen. . . ». Anche O. L ehmann, Die tachygr. Abkürz, der griech. Handschr. p. 54 e R. Devre ESSE, Intr. à l’ét. des man. grecs p. 40 affermano l’identità tra la scrittura tachigrafica del Vat. gr. 1809 e quella degli scolli tachigrafici del Brit. Mus. Add. 18231 ma non distinguono le diverse mani tachigrafiche in seno al Vat. gr. 1809 né dicono quale di queste è identica alla mano tachigrafica del codice del Brit. Mus.

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II testo tachigrafico del « De divinis Nominibus » (Vat. gr. 1809)

l’ipotesi che sia P aolo lo scriba tachigrafico che ha scritto i fi. 216v (margine esterno ed inferiore) — 218r del Vat. gr. 1809. Ba somiglianza della scrittura della seconda mano del Vat. gr. 1809 (fi. 222v-255v) — che però non usa abbreviazioni o simboli tachigrafìci — con quella di P aolo di Grottaferrata, l ’identità assoluta tra i simboli tachigrafìci del Vat. gr. 1809 con quelli usati da P aolo nel Vat. gr. 1658 e Brit. Mus. Add. 18231 e l’identità tra P aolo e lo scriba tachigrafico dei ff. 216v (margine esterno ed inferiore) — 218r del Vat. gr. 1809 inducono a ritenere che anche quest’ultimo codice sia da at­ tribuire alla scuola di S. N ilo iuniore, di cui P aolo era discepolo (*1). È ormai accertato che S. N ilo passava parte della sua giornata a scri­ vere codici ed insegnava ai suoi discepoli l’arte della calligrafìa, dando così origine a quella che sarebbe stata poi chiamata « scuola di Grot­ taferrata » anche se essa sorse in Calabria negli ultimi decenni del sec. X, prima della fondazione del monastero di Grottaferrata, avvenuta nel 1004 (2). Nella sua scuola S. N ilo diffuse anche un particolare tipo di scrittura fatta di abbreviazioni e di simboli, la scrittura « tachigrafia », che è appunto quella che compare nel Vat. gr. 1809 e nel Brit. Mus. Add. 18231 (3). Il Vat. gr. 1809 al pari degli altri codici su

f1) Da presente indagine sembra dunque confermare almeno in parte la tesi di A. R occhi, che in De coenobio Cryptoferratensi eiusque bibliotheca et de codicibus praesertim graecis commentarli, Tusculi 1893, p. 11, aveva attribuito a P aolo tutto il Vat. gr. 1809 senza tuttavia distinguere le diverse mani in esso presenti; contro l’attribuzione di tutto il codice a P aolo si pronunziano invece decisamente S. Gassisi, I manoscritti autografi di S. Nilo iuniore, Oriens Christ. 4, 1904, p. 333 n. 1 e, richiamandosi a quest’ultimo, M. G. MalaTESTA ZllEmbo, Boll, della Badia greca di Grottaferrata, n. s. 19, 1965, p. 53. In favore dell’ap­ partenenza del Vat. gr. 1809 e del Brit. Mus. Add. 18231 alla scuola di S. N ilo si esprime T. W. Allen , Notes on Abbreviations in Greek Manuscripts, Oxford 1889, p. 30. (2) Sull’attività di S. N ilo come copista e sull’insegnamento dell’arte calligrafica da lui impartito ai suoi discepoli si veda in particolare S. Gassisi, I manoscritti autografi di S. Nilo iuniore, Oriens Christ. 4, 1904, pp. 325-341 (in queste pagine si può trovare anche la relativa documentazione). (3) Sull’uso della tachigrafia nella scuola di S. N ilo si veda in particolare T. W. Allen , Notes on Abbreviations in Greek Manuscripts, Oxford 1889, pp. 29-30; O. BEhmann, Die tachygr. Abkùrz. der griech. Handschr. pp. 21-22 « . . .des neutachygraphischen Systems, welches, wie die tachygraphischen Glossen des Codex beweisen, von demselben Kloster gepflegt worden ist, welchem der Schreiber der Handschrift angehòrte » (il codice di cui parla qui il Behmann è il Brit. Mus. Add. 18231; più in là, a p. 54, egli attribuisce questo codice a P aolo di Grottaferrata); S. Gassisi, Oriens Christ. 4, 1904, pp. 341-352; S. G.

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Introduzione

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ricordati deve essere stato scritto in Calabria negli ultimi decenni del secolo X; fu quindi portato, assieme a molti altri codici, nel monastero di Grottaferrata, della cui biblioteca fece parte per vari secoli (x). Che il Vat. gr. 1809 abbia appartenuto al monastero di Grottafer­ rata si desume del resto dalla nota scritta in fondo al f. I τούτο το βιβλίον ήν της· μονής1 τής κρυπτοφέρρης (2) e dall’altra che si legge nel margine superiore del f. 1, Quaestiones theologicae per interrogationem*V .

MERCATI, Appunti sui codici di Grottaferrata, Boll, della Badia greca di Grot­ taferrata, n. s. 8, 1954, p. 123 e G. GiovannEEEI, nel commento alla sua tra ­ duzione italiana della vita di S. Nino, Badia di Grottaferrata, 1966, p. 142. V. GardThausen , Griech. Paläographie, Zweiter Band, Leipzig 1913 (2a ed.) p. 287 è contrario a designare « sistema di Grottaferrata » il sistema tachigrafico usato in alcuni manoscritti greci medievali, e non nasconde il suo sarcasmo nei confronti di chi crede che S. Nino sia stato copista di codici e autore di un sistema tachigrafico: « Wie die Artillerie die hi. Barbara, die Reiterei den hl. Georg verehrt, so hätte auch die Stenographie in der Person des hl. Nilus ihren Schutzpatron erhalten. Allein zunächst müssen wir uns hüten diesem neuen Schutzpatron einen Cult einzurichten » (l’opinione del GardThausen contraria all’espressione « tachigrafia di Grottaferrata » fu condivisa da A. R occhi, De coenobio cryptoferr. p. 247 e da W. WEINBERGER, nell’articolo Kurzschrift, Paulys Real-Encyclop. der class. Altertumswiss., X I, 2, Stuttgart 1922, col. 2220). A tale proposito si può osservare che le espressioni « tachigrafia di Grottaf errata » e «tachigrafia basiliana » sono perfettamente legittime se con esse si vuole indicare la tachigrafia che fu usata specialmente dalla scuola di S. Nino, il fondatore del monastero di Grottaferrata, anche se i codici in cui essa compare, scritti nell’Italia meridionale negli ultimi decenni del secolo X, sono anteriori alla fondazione del monastero: sebbene non si possa provare che S. N ido sia stato l’inventore del sistema tachigrafico, non c’è dubbio che esso fu usato da lui e dai suoi discepoli come stanno a dimostrare i codici Vat. gr. 1809 e Brit. Mus. Add. 18231 derivanti dalla sua scuola (cf. a tal proposito S. G. MERCATI, Boll, della Badia greca di Grottaferrata, n. s. 8, 1954, p. 123). Completamente infondata è quindi l’affermazione del GardThausen , Griech. Paläogr. II, p. 287 : « warten wir Heber den Beweis ab, dass der hl. Nilus irgend etwas mit der Stenographie zu tim h at ». Si vedano anche, a tal proposito, le giuste critiche di S. Gassisi al GardThausen , Oriens Christ. 4, 1904, pp. 344-48 (il GardT­ hausen aveva espresso le sue idee al riguardo già nella prima edizione della sua Griechische Paläographie del 1879). (f) Cf. V. GardThausen , Griech. Pal. II, p. 287; S. Gassisi, Oriens Christ. 4, 1904, pp. 344-45. (2) A proposito di questa nota, che la stessa mano ha scritto anche in altri codici Vaticani greci pure provenienti da Grottaferrata, cf. G. Mercati, Per la storia dei manoscritti greci di Genova... Città del Vaticano 1933 (Studi e Testi 68), p. 90 n. 1.

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II testo tachigrafi«) del « De divinis Nominibus » (Vat. gr. 1809)

et responsionem ex Grottaferrata n° 868 (1). Nel più antico inventario dei codici di Grottaferrata scritto nel 1462 per ordine del cardinale Bes sarione e pubblicato da A. R occhi (2) esso è il codice num. 36 (3), come il R occhi stesso osservò (4) e come risulta dalla nota n° 36 scritta dalla medesima mano nel f. I in testa all’indice sommario del codice compilato da don Buca F eeice da Tivoli e nel margine superiore del f. 3. NeH’inventario successivo fatto da don Buca F eeice da Tivoli nel 1575 e conservato nel codice Pio II gr. 52 (6) esso è contrassegnato dalla sigla MM (6), la stessa che don Buca F eeice scrisse in testa aU’indice che prepose al codice (f. 1) (7). Il codice fece forse parte per un certo periodo, assieme agli Ottob. gr. 250 e 251, della biblioteca del cardinale Cervini (divenuto poi papa Marceleo II), alla quale potrebbe riferirsi il numero 868 scritto alla fine della leggenda latina nel margine superiore del f. 1; in ogni caso, prima del 1575, anno del­ l’inventario di don Buca F eeice , fu restituito alla Badia di Grottafer­ rata (8). Nella Vaticana entrò, insieme ad altri codici criptensi, sotto (1) Questa leggenda è opera di una « mano forse straniera, del sec. XVI inoltrato» che ha scritto leggende analoghe nei codici Ottob. gr. 250 e 251: cf. G. Mercati, Per la storia dei manoscritti greci di Genova. .. p. 200. (2) A. R occhi, De coenobio cryptoferratensi. . . pp. 269-270. (3) Cf. R occhi, De coenobio... p. 270. (4) Cf. R occhi, De coenobio... p. 272. (6) Sull'esistenza di quest’inventario ha richiamato l’attenzione P. Batiffoe , La Vaticane depuis Paul I I I , Rev. des quest, histor. 45, 1889, p. 209; cf. anche G. MERCATI, Per la storia dei manoscritti greci di Genova.. . p. 200 e p. 200 n. 2 e S. G. MERCATI, Boll, della Badia greca di Grottaferrata, n. s. 8, 1954, pp. 115-116. Alla fine dell’inventario (f. 51v) si legge la sottoscrizione autografa con l’indicazione dell’anno: Don Luca felice de Tivoli mano propria 1575. (6) Cf. Pio II gr. 52 f. 37r v; P. Batiffoe ha notato che il codice con­ trassegnato dalla sigla MM è il Vaticano greco 1809 (Rev. des quest, histor. 45, 1889, p. 209 n. 3 è La Vaticane de Paul I I I à Paul V, Paris 1890, p. 114 n. 1). (7) È interessante notare che don Buca F eeice u s ò per descrivere il con­ tenuto del codice esattamente le stesse parole sia neU’indice che neH’inventario. (8) Su questo punto si veda G. Mercati, Per la storia dei manoscritti greci di Genova. . . pp. 200-202, il quale ha richiamato l’attenzione sul fatto che leggende latine analoghe, scritte dalla stessa mano, compaiono nei tre codici Vat. gr. 1809, Ottob. gr. 250 e Ottob. gr. 251. È vero che nell’inventario dei codici greci Cerviniani provenienti dalle due biblioteche di Roma e di Montepulciano — inventario del 1574, contenuto nel Vat. lat. 8185 e pubblicato da R. DEVREESSE, Les manuscrìts grecs de Cervini, Scriptorium 22, 1968, pp. 251-255 — il numero dei codici greci è molto inferiore ai numeri che si leggono alla fine delle leggende dei tre codici su nominati (si tra tta di 134 codici): ma non si può escludere che numeri così alti (868, 869 e 874) che figurano rispettivamente

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Introduzione

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il pontificato di P aolo V (1605-1621) (4) e precisamente il 12 dicem­ bre 1615 (2). Spetta a Girolamo Amati, scrittore della Biblioteca Vaticana a partire dal 1804 (s), il merito di avere studiato per primo al principio del secolo scorso le pagine tachigrafiche del Vaticano gr. 1809 e di es­ sere riuscito a decifrarne i simboli (4). Le carte dell’AMATi contenenti la decifrazione e la spiegazione dei simboli tachigrafici, mai pubblicate, furono da lui lasciate poco prima che morisse al suo amico E miliano Sarti, scrittore di lingua ebraica alla Vaticana dal 1827 (5); dopo la morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1849, esse furono ereditate dal suo discepolo Gaetano P elliccioni, che in una comunicazione del 1880 nel Vat. gr. 1809, nell’Ottob. gr. 250 e nell’Ottob. gr. 251 facessero parte della numerazione di tutti i libri della biblioteca Cerviniana e non si riferissero ai soli codici greci. Che numeri così alti esistessero nella biblioteca Cerviniana è dato per certo da G. Mercati, Per la storia.. . p. 202. 6) Si veda il frontespizio scritto da L uca H olsTEnio nel foglio che pre­ cede l’inventario di don L uca F elice (Reg. Pio II 52 f. ar) : Index codicum graecorum manuscriptorum monasterii Cryptae Ferratae quarum maxima pars in Vaticanam bibliotecam postea translata fu it iussu Pauli V Pont. Max. (cf. S. G. Mercati, Boll, della Badia greca di Grottaferrata, n. s. 8, 1954, p. 116). (2) Per la data esatta cf. S. G. Mercati, art. cit., p. 117 e A. R occhi, De coenobio Cryptoferratensi, p. 282. (3) Per notizie più particolareggiate sulla sua vita si veda la voce di A. P etrucci a lui dedicata nel Dizionario Biografico degl'italiani, Voi. 2, Roma 1960, pp. 673-75. (4) A tal proposito cf., in particolare, G. P elliccioni, Comunicazione sopra una scoperta paleografica dell’abate Girolamo Amati ed illustrazione di un filatterio esoreistico, Atti e memorie delle RR. deputazioni di storia patria per le province dell’Emilia, n. s. V, Parte II, Modena 1880, pp. 177-180 e V. GardThausEN, Beitrdge zur griech. Paldgr., Berichte ùber die Verhandl. der konigl. sachs. Gesell. der Wiss. zu Leipzig, philol. hist. KL, 29, 1877, p. 14. Lo studio del sistema tachigrafico del codice da parte dell’Amati dovette aver luogo tra il 1804 (data del suo ingresso nella Biblioteca Vaticana come scrittore) e il 1811 (del settembre di quest’anno è la lettera del K opp che si congratula con lui per la scoperta da lui fatta del codice tachigrafico): cf. G. MERCATI, Note per la storia dì alcune biblioteche romane... Città del Vaticano 1952 (Studi e Testi 164), pp. 49-50. Che 1’Amati studiò la scrittura tachigrafica del Vat. gr. 1809 risulta anche da ciò che scrisse su un biglietto ora attaccato al f. 125T del Vat. lat. 9779: «codice unico nel suo genere si è il 1809 de’ greci, che si troverà al suo posto, ed il quale dalle pagg. 195 a 256 è tu tto scritto distesamente in astruse note tachigrafiche, alle quali ciascun più valente grecista si arresterà. Contiene le opere di S. Dionigi l’Areopagita e di Teodoto d’Antiochia »: cf. G. MERCATI, Note per la storia di alcune biblioteche romane. .. p. 48. (5) Cf. P elliccioni, art. cit., p. 177 e G. Mercati, op. cit., pp. 50-51.

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II testo tachigrafi«) del «De divinis Nominibus » (Yat. gr. 1809)

dichiarò pubblicamente di possederle (1) ; infine, intorno al 1921, il figlio del P elliccioni, Augusto, che a sua volta le aveva ereditate, le cedette alla biblioteca di Savignano in Romagna, dove tuttora si trovano (2). Nel 1832, all’inizio del tomo VI della sua Scriptorum veterum nova collectio, il cardinale A. Mai pubblicò un facsimile contenente anche una parte della colonna destra del f. 258r del Vat. gr. 1809 (si tratta di una piccola parte del cap. V del De ecclesiastica hierar. dello pseudoD ionigi 1 /A reopagita) e nella prefazione dello stesso volume, p. XXXIX, stampò il testo relativo che prese dall’edizione delle opere dello pseudoD ionigi apparsa a Parigi nel 1655 (3). Più tardi, all’inizio del tomo II della sua Nova patrum biblioteca del 1844, pubblicò un secondo fac­ simile contenente l’intero f. 263r e il frammento del libro di E noch scritto nel margine superiore ed esterno del f. 216v. Nelle prefazioni dell’uno e dell’altro libro il Mai pose in rilievo l’importanza del codice dovuta al gran numero di pagine tachigrafìche in esso presenti ma, com’era sua abitudine, non ne comunicò il numero (4), di modo che il codice rimase nascosto ancora per vari anni agli studiosi. Il von Gebhardt riuscì infine ad identificare il numero del codice e ne diede notizia nel secondo volume (1868) del Merx’ Archiv für wissensch. Erforschung des alten Testamentes (6). Pochi anni dopo G. Guidi comum'cò una detta­ gliata descrizione del codice a V. Gardthausen in una lettera che il Gardthausen stesso pubblicò integralmente nel suo saggio Zur Tachygraphie der Griechen apparso in Hermes 11 (1878) (6). Ea decifrazione delle pagine tachigrafìche del codice è legata, oltre che al nome di G. Amati, anche a quelli di J. Gildemeister , V. Gardt­ hausen e M. Gitlbauer . Nel nono volume della Zeitschrift der deutschen morgenländischen Gesellschaft (1855), quando il numero del codice non*()

(!) Cf. P elliccioni, art. cit., p. 177. (*) Cf. G. Mercati, op. cit., p. 51 n. 1. (3) Il testo riportato dal Mai deriva da quest’edizione e non dalla tra­ scrizione dell’Amati che il Mai avrebbe carpito, come insinuò il P elliccioni, art. cit., p. 179: « .. .senza l’opera del quale non avrebbe egli né pur potuto sognare di pubblicarle ». Cf. a tal proposito G. Mercati, op. cit., p. 53. (4) Cf. Script, vet. nova coll. tom. VI p. X X X V II « rarus hercle ac mirus artis huius thesaurus, cui nullum facile parem invenies » e Nova patr. bibl. tom. II p. X I « Alter Areopagitae multo nobilior ac rarissimus codex ». (5) Cf. V. Gardthausen, Zur Tachygraphie der Griechen, Hermes 11, 1876, p. 447; O. LEUMANN, Die tachygr. Abkùrz. der griech. Handschr. pp. 7-8. (0) Cf. pp. 448-450.

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Introduzione

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era stato ancora identificato, J. G il d e m e is t e r , basandosi sul facsimile pubblicato da A. M ai all’inizio del tomo secondo della Nova ■patrum bibliotheca, pubblicò una trascrizione del frammento di E noch f1). Nei suoi Beiträge zur griechischen Paläographie, apparsi nel 1877 nel volume 29 dei Berichte über àie Verhandlungen der königl.sächs. Gesell, der Wissensch. zu Leipzig, V. G ard th au sen ripubblicò la trascrizione fatta dal G ie d e m e is t e r del frammento di E noch e il testo del De ecclesiast. hierar. dello pseudo-DiONiGi già stampato dal M a i nel tomo VI della Scriptorum veterum nova collectio (2) e diede quindi la trascrizione delle prime tre colonne del testo del De divinis nominibus dello pseudoD io n ig i contenute nel f. 263r~v del codice (3); contemporaneamente, pubblicò una riproduzione fototipica del f. 263v e due tavole contenenti la prima la riproduzione dei simboli tachigrafici, la seconda la loro tra­ scrizione in caratteri normali (4). Nella Griechische Paläographie pub­ blicò inoltre un facsimile, con la relativa trascrizione, delle righe 3-7 della prima colonna del f. 263v (si tratta di una parte del primo capi­ tolo del De divinis nominibus) (5). Lo stesso facsimile fu riprodotto, assieme alla trascrizione, da W. W e in b e r g e r nel suo articolo Kurz­ schrift apparso nell’undicesimo volume della Pauly-Wissowa (6). Ma fu soprattutto M. G iteb a u er a studiare a fondo le pagine tachigrafiche del codice. In due successivi lavori usciti nel 1878 e nel 1884 egli pub­ blicò la trascrizione letterale e l’edizione critica di tutti i testi tachi­ grafici contenuti nel codice, ad eccezione della parte del De divinis nominibus dello pseudo-DiONiGi che si trova alla fine, nei ff. 263r-270v (7)

(!) J. Gildemeister , Ein Fragment des griechischen Henoch, Zeitschr. der deutschen morgenländ. Gesellschaft 9, 1855, pp. 621-24. (2) Cf. in particolare pp. 16-17. (3) Cf. pp. 18-19 e tav. 4 col. 1 e col. 2 (queste due tavole, che recano en­ tram bi il num. 4, si trovano assieme ad altre e alla riproduzione fototipica del f. 263v del codice alla fine del fascicolo del 1877). (4) Cf. le due tavole che recano entrambi il num. 5 alla fine del fascicolo. La riproduzione fototipica del f. 263v del codice rappresenta, assieme ai fogli che contengono la relativa trascrizione, la tav. 4. (6) Griech. Paläogr., Zweiter Band, Leipzig 1913, 2a ed., p. 270. (6) Paulys Real-Encyclopädie der klass. Altertumswiss., Elfter Band, S tutt­ gart 1922, coU. 2219-2220. (7) Die Überreste griechischer Tachygraphie im Codex Vaticanus graecus 1809, Erster Fascikel, Denkschr. der kaiserl. Akad. der Wiss., philos. hist. Kl., Wien 28, 1878; Zweiter Fascikel, Denkschr. der kaiserl. Akad. der Wiss., philos. hist. Kl., Wien 34, 1884.

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II testo tachigrafi«) del « De divinis Nominibus » (Vat. gr. 1809)

e corresse anche gli errori commessi dal G ard th au sen nella trascri­ zione delle prime tre colonne del testo del De divinis nominibus (1). A ciascuno dei due lavori allegò inoltre le riproduzioni fototipiche dei fogli tachigrafìci del codice da lui studiati e trascritti (2). Il presente lavoro si propone, innanzitutto, di colmare la lacuna lasciata da M. G iteb a u er fornendo la trascrizione dei ff. 263r-270v che contengono una parte del De divinis nominibus e che il G iteb a u er non ha trascritto (come si è detto, il G a rd th a u sen ha trascritto soltanto le prime tre colonne); e, in secondo luogo, di rendere comprensibile agli studiosi di paleografia il sistema tachigrafico usato nel codice. Per raggiungere questo secondo scopo si sono seguiti particolari criteri nella trascrizione e si sono allegate delle tavole contenenti la spiegazione dei simboli tachigrafìci. Per quanto riguarda la trascrizione, si è riser­ vata ciascuna pagina ad una colonna del testo del codice e si è fatto in modo che ciascuna pagina comprenda lo stesso numero di righe presente in una colonna del codice e che ciascuna riga contenga le stesse parole contenute nella corrispondente riga della colonna del codice; inoltre, le varianti marginali sono state trascritte a fianco, esattamente come avviene nel codice (3). Per quanto riguarda le tavole, abbiamo

fi) Cf. Erster Fascikel, p. 18. Due delle osservazioni del Gitebauer sono però errate: a proposito del f. 263v col. 1 1. 9 la frase « in ¿¿βατός ist das erste a corrigirt aus άλ»; e a proposito del f. 263v col. 1. lin. 16 l’altra frase «ist in οντων die erste Silbe ov aus τών corrigirt ». D’altra parte il Gitebauer non ha fatto menzione di un errore del Gardthausen nella trascrizione della prima colonna del testo (f. 263r col. 2) : all’inizio della lin. 10 il Gardthausen ha scritto κρυφίας invece di κρυφίου. (2) Si tra tta delle riproduzioni dei fi. 195r-218r (allegate al primo fascicolo) e di quelle dei ff. 256r-262v (allegate al secondo fascicolo). (3) A differenza di quella del Gitebauer, la nostra non è una trascrizione « critica », ma mira soltanto ad aiutare gli studiosi a comprendere il sistema tachigrafico del codice. Non abbiamo ritenuto necessario dare ima trascrizione « critica » del testo del De divinis nom. giacché quest’opera, assieme alle altre dello pseudo-DiONiGi, attende ancora un'edizione critica ed uno studio completo della sua ricchissima tradizione manoscritta. Nella nostra trascrizione ci siamo limitati a sottolineare le varianti più significative che il testo del Yat. gr. 1809 presenta rispetto all’edizione di B. CordERIUS ristam pata nel terzo volume del­ la Patrologia greca del Migne. In un altro precedente lavoro, in cui abbiamo cominciato a studiare la tradizione manoscritta del De div. nom., abbiamo registrato tu tte le concordanze esistenti tra il testo del Vat. gr. 1809 e quello del Brit. Mus. Add. 18231 (Annali della Scuola Norm. Sup. di Pisa, Lettere, Storia e Filos., serie II, XXXIV, 1965, pp. 338-340): questa è un’ulteriore prova degli strettissimi rapporti che legano tra loro i due codici. I preparati chimici

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Introduzione

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voluto fornire un elenco completo e di facile consultazione dei vari simboli tachigrafici, disponendoli in ordine alfabetico (tabella 2): non del tutto complete e inadatte allo studio del sistema risultano infatti le spiegazioni dei simboli tachigrafici fornite dal Montfaucon (*), dal K opp (2), dal L eumann (8), dallo Zereteli (4), dal W attenbach (8), dall’Aleen (6), dal F oat (7) e dal Gardthausen (8). Poco riuscite dal punto di vista pratico ci sono sembrate le tavole fornite dal Gardt­ hausen assieme alla trascrizione delle prime tre colonne del testo del De divinis nominibus: mettendo in due tavole separate i simboli e la loro spiegazione, il Gardthausen obbliga infatti a passare continuamente da una tavola all’altra e rende così oltremodo difficile l’ap­ prendimento di ciascun simbolo e della sua spiegazione. Noi abbia­ mo voluto rimediare a questo grave inconveniente mettendo nella stessa tavola, accanto a ciascun simbolo, la corrispondente trascri-

usati da A. Mai per rendere visibili le eventuali scritture più antiche hanno irrimediabilmente rovinato la parte interna di alcuni fogli, in cui la lettura risulta quindi impossibile: si vedano in particolare i fi. 264v col. 2, 265r col. 1, 267r col. 1, 268v col. 2, 269r col. 1, 269v col. 2,270v col. 1. Un grosso strappo nel f. 270 ha inoltre causato la perdita di gran parte del testo della col. '1 del f. 270r e della col. 2 del f. 270v. Uà dove la lettura è risultata impossibile, ab­ biamo preferito rinunziare alla trascrizione lasciando in bianco le righe: si sarebbero potute recuperare alcune lettere ma, dato che si tra tta di un testo noto e già edito (anche se non criticamente), abbiamo ritenuto inutile adottare questo sistema, che peraltro risulta pienamente valido nella trascrizione dei papiri, quando il testo o è completamente nuovo e sconosciuto o deve essere ancora identificato. P) Palaeographia graeca, Parisiis 1708, p. 355. (2) Palaeographia critica, Pars prima, Mannhemii 1817: cf. in specie pp. 452-53. (8) O. UEhmann, Die tachygraphischen Abkürzungen der griechischen Handschriften·, cf. in specie pp. 36-106. (4) G. ZERETELI, De compendiis scripturae codicum graecorum, Petropoli 1896: si vedano in particolare le tavole 1-30 alla fine del volume. (6) W. W attenbach, Anleitung zur griech. Palaeographie, Leipzig 1895, pp. 111-116. (6) T h . W. Allen , Notes on Abbreviations in Greek Manuscripts, Oxford 1889: si vedano in particolare le tavole I-X I in fine al volume. (’) P. G. W. POAT, On old Greek Tachygraphy, Journ. of Hell. St., 21, 1901, pp. 238-267. (8) V. Gardthausen, Hermes 11, 1876, tav. A (che si trova subito dopo la p. 442); e Griechische Paläogr., Zweiter Band, Leipzig 1913, 2a ed., pp. 335341. Ottimo è tu ttavia l’elenco dei compendi inizianti con t che si trova nelle pp. 340-41.

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II testo tachigrafie© del « De divinis Nominibus » (Vat. gr. 1809)

zione (**). Inoltre, per facilitare l'ingrato compito di chi per la prima volta si accosta a questo sistema tachigrafico, abbiamo fornito un’altra tabella (tab. 1), dove i simboli sono disposti, con la relativa trascrizione, nello stesso ordine in cui si trovano nelle prime due colonne del codice (si tratta di quasi tutti i simboli del sistema). In tal modo il principiante che voglia apprendere il sistema tachigrafico potrà raffrontare le fotografie da noi allegate del f. 263r~v con la nostra trascrizione e consultare quindi la tabella num. 1, rendendosi così facilmente conto del significato di ciascun simbolo (*).

f1) Non condividiamo del tutto il profondo scetticismo di M. Gitebauer sull’utilità delle tavole contenenti la spiegazione dei simboli: « So wenig es Jemandem einfallen wird, irgend ein modernes stenographysches System durch ein Zeichenlexikon lehren zu wollen, ebensowenig kann eine so ausgebildete und in verschiedenen Phasen der Entwickelung vorhegende antike Tachygraphie, wie die der Griechen ist, anders als durch eine systematische Darlegung, wel­ che die einzelnen Variationen auseinander hält, sta tt sie wie das ‘ Lexikon ' durcheinander zu werfen, dem Verständnisse nahe gelegt werden » (erster Fascikel, p. 18). Noi riteniamo che le nostre tavole, anche se non hanno l’am­ bizione d ’illustrare « eine so ausgebildete und in verschiedenen Phasen der Entwickelung vorliegende antike Tachygraphie » possono tuttavia facilitare lo studio per lo meno dei fi. tachigrafici 263r-270v del Vat. gr. 1809. (*) I miei più vivi ringraziamenti vanno al padre A. R aes, S.J., prefetto della Biblioteca Vaticana, che ha benevolmente accolto questo piccolo lavoro nella collana Studi e T esti della Biblioteca, nonché al Prof. A. Campana, alla Prof.ssa E. F o ijje r i e ai miei colleghi V. P eri e mons. P. CanarT per i preziosi suggerimenti che hanno voluto fornirmi. Mons. P. CanarT mi ha anche gentilmente aiutato nella correzione delle bozze.

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T abella I

Simboli nell’ordine in cui si presentano nelle prime due colonne

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24

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Όβ νώνητόν έστι καθόλου τάγαθόν οόδενί των οντων άλλ’ έφ5 έαυτοϋ μονίμως τήν υπερούσιον ίδρυσαν ακτίνα ταίς έκάστου των οντων άναλόγοις έλλάμψεσιν άγαθοπρεπώς έπιφαίνεται καί πρύς τήν έφικτήν αύτοϋ θεωρίαν καί κοινωνίαν καί όμοίωσιν άνατείνει τούς ιερούς νόας τούς ώς θεμιτόν αύτω καί ίεροπρεπώς έπιβάλλοντας καί μήτε προς το ύπέρτερον τής έναρμονίως ένδιδομένης θεοφανείας άδυνάτως άπαυθαδιαζομένους μήτε προς τό κάταντες έκ τής επί το χείρον ύφέσεως άπολισθάνοντας, άλλ’ εύσταθώς τε καί άκλινώς επί τή άκτΐνα τήν αύτοΐς έπιλάμπουσαν άνατεινομένους καί τω συμμέτρω των θεμιτών έλλάμψεων έρωτι μετ’ εύλαβείας ίεράς σωφρόνως τε καί όσίως άναπτερουμένους. τούτοις έπόμενοι τοΐς θεαρχικοΐς ζυγοΐς οΐ καί τάς δλας διακυβερνώσι τών ύπερουρανίων ούσιών ά­ γιας διακοσμήσεις το μέν υπέρ νουν καί ούσίαν τής θεαρχίας

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κρύφιον άνεξεραυνήτοις καί ΐεραΐς νοδς εύλαβείαις τά δέ άρρητα σώφρονι σιγή τιμώντες έπί τάς έλλαμπούσας ήμΐν έν τοΐς ίεροΐς λογίοις αύγάς άνατεινόμεθα καί προς αύτδν φωταγωγόυμεθα προς τούς θεαρχικούς ύμνους ύπ’ αύτών ύπερκοσμίως φωτιζόμενοι καί προς τάς ίεράς ύμνωδίας τυπούμενοι προς τώ καί όράν τά

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i& ty w + ^ /i^ V H íK .O 'W 'V ^ lJ V y V } ^ } ζ ων άγγελλοπρεπεΐς ενώσεις ας είτε έπιβολάς είτε παραδοχάς χρήναι φάναι τής ύπεραγνώστου καί ύπερφανοΰς άγαθότητος άρρητοί τε εΐσι καί άγνωστοι καί μόνοις αύτοΐς ένυπάρχουσι τοΐς υπέρ γνώσιν άγγελικήν ήξιωμένοις 25 αυτών άγγέλοις. ταύταις οί θεοειδείς άγγελομιμήτως ώς έφικτόν ένούμενοι νόες επειδή κατά πάσης νοεράς ένεργείας άπόπαυσιν ή τοιάδε γίγνεται τών έκθεουμένων νοών προς τό όπέρθεον φώς ένωσις ύμνοϋσιν αυτό κυριώτατα ζ ς

διά τής πάντων τών δντων άφαιρέσεως, τοϋτο άληθώς καί ύπερ30 φυώς έλλαμφθέντες έκ τής προς αύτό μακαριωτάτης ένώσεως ς

δτι πάντων μέν έστιν τών δντων αίτια, αυτοί δέ ούδέν ώς πάντων ύπερουσίως έξηρημένον. τήν μέν οδν ύπερουσιότητα

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57

[οί. Ρ .ϋ . 3. 641 Β 2 - 644 Α 6]

266' οοΐ. 1

1 διακρίσει καί τη ένώσει διακεκριμένα’ καί γοϋν όρώμεν έν οϊκω πολλών ένόντων λαμπτήρων προς έν τι φως ένούμενα τα πάντων φώτα καί μίαν αίγλην άδιάκριτον άναλάμποντα καί ούκ αν τις, ώς οΐμαι, δύναιτο τοΰδε του λαμπτήρος τό φώς άπό τών 5 άλλων έκ τοϋ πάντα τά φώτα περιέχοντος άέρος διακρΐναι καί ίδεΐν άνευ θατέρου θατέρον δλον έν δλοις άμιγώς συγκεκραμένων. άλλα καί εί τον ένα τις τών πυρσών ύπεξαγάγοι τοϋ δωματίου συνεξελεύσεται καί τδ οΐκεΐον άπαν φώς [ . . . . ] τι τών έτέρων φώτων έν έαυτώ συνεπισπασάμενον ή του έαυ10 τοϋ τοΐς έτέροις καταλιπόν ’ ήν γάρ αυτών, δπερ έφην, ή δλων προς δλα παντελής ένωσις άμιγής καθόλου καί ούδενί μέζ ,, , ρει συμπεφυρμένη καί ταΰτα όντος έν σώματι τώ άέρι καί έξ ένύλου του πυρός ήρτημένου τοϋ φωτός ’ δπου γε τήν υπε­ ρούσιον ένωσιν ύπεριδρΰσθαι φαμέν ού τών έν σώμασι 15 μόνων ενώσεων, άλλα καί τών έν ψυχαΐς αύταίς καί έν αύτοΐς τοΐς νόοις, ας έχουσιν άμιγώς καί ύπερκοσμίως δι’ δ­ λων δλα τά θεοειδή καί ύπερουράνια φώτα κατά μέθεξιν άνάλογον τοΐς μετέχουσι τής πάντων ύπερηρμένης ένώσεως. έστι δέ καί διάκρισις έν τα ΐς ύπερουρανίαις θεολογίαις ούχ ήν έφην 20 μόνον δτι κατ’ αυτήν τήν ένωσιν άμιγώς 'ίδρυται καί άσυγχύτω ς έκάστη τών έναρχικών ύποστάσεων, άλλ’ δτι καί τά τής ύπερουσίου θεογονίας ούκ άντιστρέφει προς άλληλα. μόνη δέ πηγή τής ύπερουσίου θεότητος ό πατήρ, ούκ δντος υίοΰ τοϋ πατρδς ούδέ πατρδς τοϋ υίοΰ, φυλαττόντων δέ τά οικεία τών ύμνων 25 εύαγώς έκάστη τών θεαρχικών ύποστάσεων. αδται μέν αί κατά τήν άφθεγκτον ένωσίν τε καί ΰπαρξιν ενώσεις τε καί διακρίσεις ’ εί δέ καί θεία διάκρισίς έστι ή άγαθοπρεπής πρόοδος τής ένώσεως τής θείας ύπερηνωμένως έαυτήν άγαθότητι πληθυούσης τε καί πολλαπλασιαζούσης, ήνωμέναι 30 μέν είσι κατά τήν θείαν διάκρισιν αί άσχετοι μεταδόσεις, αί ούσιώσεις, αί ζωώσεις, αί σοφοποιήσεις, αί άλλαι δωρεαί τής πάντων αιτίας άγαθότητος καθ’ ας έκ τών μετοχών καί

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[οί. Ρ .β . 3. 697 Β 9 - 700 Α 9] ί . 269·· οοΐ. 1

1 των αυτών εις τά αύτά περιοδικής άποκαταστάσεως, καθ’ άς αΐ πα­ ρ’ ήμΐν ήμέραι καί νύκτες όριζόμεναι καί μήνες καί ένιαυτοί μετρούμενοι τάς του χρόνου καί των έν χρόνω κυκλικάς κινή­ σεις άφορίζουσι καί άριθμοϋσι καί τάττουσι καί συνέχουσι. τί 5 αν τις φαίη περί αύτής καθ’ αυτήν τής ηλιακής άκτΐνος; έκ τάγαθοΰ γάρ το φως καί εΐκών τής άγαθότητος · διό καί φωτωνυμικώς [ ............. ] ως έν είκόνι τό άρχέτυπον έκφαινόμεν [ ..............] ή τής πάντων επέκεινα θεότητος άγαθότης άπό των άνωτάτων καί πρεσβυτάτων ουσιών άχρι 10 των έσχάτων. ..

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καί άνανεοϊ · καί μέτρον έστί καί άριθμός ωρών καί ήμερών 30 καί παντός του καθ’ ήμας χρόνου τό φώς · αυτό γάρ έστι τό φώς, εί καί τότε άσχημάτιστον ήν, όπερ ό θειος έφη μωσής, καί αύτήν έκείνην ώρίσας την πρώτην τών καθ’ ημάς ήμερών

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Vat. gr. 1809 f. 269r col. 2

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De div. Nom. c. IV

[cf. P.G . 3. 700 A 9 - D 8] f. 269r col. 2

i

τριάδα, καί ώσπερ πάντα προς έαυτήν ή άγαθότης επιστρέφει, καί άρχισυνάγωγός έστι των ¿σκεδασμένων ώς έναρχική καί ένοποιός θεατής * καί πάντα αυτής ώς άρχής, ώς συνοχής, ώς τέλους έφίεται ·’ καί τάγαθόν έστιν [ώς τά λόγιά φησιν] έ5 ξ’ οδ τά πάντα ύπέστη, καί έστιν, ώς έξ αιτίας παντελούς παρηγμένα καί έν φ τά πάντα συνέστηκεν ώς έν παντοκρατορικω πυθμένι φρουρούμενα καί διακρατούμενα καί εις δν τά πάν­ τα έπιστρέφεται καθάπερ εις οίκεϊον έκαστα πέρας, καί οδ έφίεται πάντα, τά μέν νοερά καί λογικά γνωστικώς, τά δέ αί10 σθητικά αίσθητικώς, τά δέ αίσθήσεως άμοιρα τή [ . . . . ] τ * + * V»ì ■Ä.V

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