Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche: Un'area funzionale all'aperto nell'eta del bronzo 9781803272955, 9781803272962, 1803272953

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Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche: Un'area funzionale all'aperto nell'eta del bronzo
 9781803272955, 9781803272962, 1803272953

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Lista delle figure e tabelle
Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca:dieci anni di ricerche
Figura 1. Il sito della Rocca di Oratino: collocazione topografica. Localizzazione sulla Carta Tecnica Regionale – elemento 405031 (da Cazzella et al. 2007b: fig. 1).
Figura 2. Veduta della Rocca di Oratino da SE (foto Valer D’Anolfo).
Figura 3. Localizzazione del sito di Oratino con l’indicazione delle principali vie di comunicazione, così come definite anche dai percorsi di età storica (da Copat e Danesi 2017: fig. 1).
Figura 4. Carta di distribuzione dei siti occupati nel corso dell’Appenninico (A) e del Subappenninico (B) noti grazie alle ricognizioni di G. Barker (da Copat et al. 2007).
Figura 5. La Rocca di Oratino: ricostruzione dell’area di estensione dell’abitato e indicazione dell’area di scavo (da Copat e D’Oronzo 2021b; foto Molise Geodetica).
Figura 6. Veduta della Rocca dalla valle del Biferno (foto Valer D’Anolfo).
Figura 7. Pianta delle strutture medioevali con l’indicazione dei tagli che hanno interessato il deposito preistorico(da Cazzella et al. 2007a: fig. 3).
Figura 8. Pianta generale dell’area di scavo con l’indicazione delle strutture più significative attribuibili all’Appenninico (strutture 1-2,6) e al Subappenninico (strutture 3-5), in corso di scavo (da Copat et al. 2012: fig. 1).
Figura 9. Ortofoto dell’area dello stretto passaggio, delimitato a S e a N da due accumuli artificiali di terreno argilloso rivestiti in pietrame e da due blocchi (o parte della roccia di base) parziamente scalpellati (foto E. Lucci).
Figura 10. Veduta generale dell’area di scavo da N. In basso un particolare del rivestimento in pietrame relativoalla fase appenninica.
Figura 11. Materiali dal riempimento della cista funeraria e dai livelli di obliterazione del rivestimento in pietrame.
Figura 12. Particolare del prospetto NW della struttura 5.
Figura 13. Vano di epoca sannitica, ricavato all’interno della struttura 5, in corso di scavo (campagna 2011).
Figura 14. Particolare del prospetto delle strutture 4 e 5 viste da NW.
Figura 15. La struttura 4, vista dall’alto.
Figura 16. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 1a.
Figura 17. Veduta da NW dell’area ellissoidale a ridosso della struttura 4 (campagna 2007), quando le strutture medioevali che insistevano su quest’area non erano ancora state asportate.
Figura 18. Particolare della piastra US274.
Figura 19. Particolare della buca US283 e dei fondi di grandi contenitori rinvenuti alla base.
Figura 20. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 2a.
Figura 21. Particolare dell’US171, livello di preparazione della piastra US200.
Figura 22. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 3a.
Figura 23. Particolare della piastra US64, vista da N.
Figura 24. Probabili pesi litici rinvenuti nel livello di preparazione della piastra US64 (disegni N. Ialongo).
Figura 25. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 4a.
Figura 26. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 5a.
Figura 27. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 6a.
La ceramica dai livelli subappenninici della fase III e quella residuale in livelli successivi dal s
Figura 1. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle forme aperte con labbro e con parete concava.
Figura 2. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle forme aperte con bordo rientrante e leggermente rientrante.
Figura 3. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle altre forme aperte a profilo continuo.
Figura 4: Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle forme chiuse.
Figura 5. Scodelle troncoconiche. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-3, 5-6, 8 (cat. nn. 3557, 2301, 3551, 2843, 3803, 3697). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 4 (cat. n. 2120); fase III 2a: n. 7 (cat. n. 2050). Scala di riduzione
Figura 6. Scodelle troncoconiche fonde. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-8 (cat. nn. 2772, 375, 2888, 568, 575, 703, 2391, 3161). Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 9 (cat. n. 3782); fase III 2b: n. 10 (cat. n. 4177). Scala di ri
Figura 7. Scodelle troncoconiche fonde. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 678); fase III 3a: nn. 2-3 (cat. nn. 3384, 1644). Scala di riduzione 1/3.
Figura 8. Scodelle a calotta. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 6-7, 12 (cat. nn. 1881, 2113, 115, 2276). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 5 (cat. n. 161); fase III 3a: nn. 3, 10 (cat. nn. 1655, 1690); fase III 2a: nn. 8-9, 11
Figura 9. Scodelle a calotta. Dai livelli superficiali e di età storica e di età storica: n. 1 (cat. n. 327); Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 2 (cat. n. 3554); fase III 1a: n. 3 (cat. n. 2478). Scala di riduzione 1/3.
Figura 10. Scodelle emisferiche. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 7, 13 (cat. nn. 78, 117, 138). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 3 (cat. n. 3847); fase III 4a: nn. 1-2, 5, 8, 12 (cat. nn. 1146, 3066, 287, 1132, 33); fase III
Figura 11. Scodelle emisferiche. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 4-5, 9 (cat. nn. 229, 38, 138, 2340). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 2, 8 (cat. nn. 45, 1236); fase III 3a: nn. 7, 10 (cat. nn. 2003, 1355): fase III 2a: n. 6
Figura 12. Scodelle curvilinee fonde. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 1 (cat. n. 1780). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 3 (cat. n. 163); fase III 4a: n. 2 (cat. n. 291). Scala di riduzione 1/3.
Figura 13. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2-3, 8, 11, 13, 15-16 (cat. nn. 2381, 2368, 3734, 3628, 2103, 3099, 210). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 5 (cat. n. 2819); fase III
Figura 14: Scodelle con bordo leggermente rientante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-3, 5-7 (cat. nn. 1756, 3423, 875, 3265, 195, 40). Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 4 (cat. n. 4157); fase III 4a: n. 8 (cat. n. 1127
Figura 15. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2, 6, 9(cat. nn. 168, 2249, 4). Dai livelli subappenninnici – fase III 4b: n. 3 (cat. n. 32); fase III 4a: nn. 4, 8 (cat. nn. 301, 1194);fase III
Figura 16. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2-3(cat. nn. 204, 2319). Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 5 (cat. n. 1479); fase III 3a: nn. 4, 6 (cat. nn. 3177, 1636);fase III 2b:
Figura 17. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli subappenninici – fase III 2a: n. 1 (cat. n. 1725).Scala di riduzione 1/4.
Figura 18. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 3, 9-11, 15 (cat. nn. 836, 218, 2458, 2459, 2466, 12). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 13 (cat. n. 3000); fase III 4b: n. 7 (cat. n. 3023); f
Figura 19. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 7 (cat. nn. 2248, 221). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 1 (cat. n. 3039); fase III 4a: n. 2 (cat. n. 1219); fase III 3b: n. 5 (cat. n. 34); f
Figura 20. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 1251); fase III 3b: nn. 1, 6 (cat. nn. 1620, 1538); fase III 3a: nn. 2, 4 (cat. nn. 1788, 1898); fase III 2a: n. 5 (cat. n. 2463). Scala di riduzion
Figura 21. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-5, 7 (cat. nn. 1731, 22, 2927, 202). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 6 (cat. n. 3378); fase III 2b: n. 1 (cat. n. 1828); fase III 1a: n. 2 (ca
Figura 22. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 6 (cat. nn. 2, 114). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 5 (cat. n. 1466); fase III 2a: nn. 1, 3 (cat. nn. 1823, 3525); fase III 1a: n. 2 (cat. n
Figura 23. Scodelle con bordo leggermente rientrante distinto. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 11 (cat. n. 2842). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 10 (cat. n. 1137). Scodelle con bordo rientrante distinto. Dai livelli superficial
Figura 24. Scodelle con profilo spezzato, parete verticale. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 1). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 1166). Scodelle con profilo spezzato, parete svasata. Dai livelli subappennini
Figura 25. Scodelle a calotta con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 7 (cat. nn. 1064, 2148). Dai livelli subappenninici – fase III 2b: n. 6 (cat. n. 1858); fase III 1b: nn. 1, 5 (cat. nn. 1387, 1376); fase III 1a: nn. 2-3 (cat. nn.
Figura 26. Scodelle emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-2, 8, 13 (cat. nn. 151, 4039, 212, 14). Dai livelli subappenninici – fase III 6a: n. 3 (cat. n. 2973); fase III 4b: n. 7, 10-12 (cat. n. 3858, 3896, 1309, 57); fa
Figura 27. Scodelle emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 5, 9 (cat. nn. 1880, 2149, 2145). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 7 (cat. nn. 103, 3933); fase III 3b: nn. 4, 6, 8 (cat. nn. 1525, 1526, 1566);
Figura 28. Scodelle emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4 (cat. nn. 2376, 328). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 5 (cat. n. 3037); fase III 3a: n. 1 (cat. n. 1341); fase III 2b: n. 6 (cat. n. 1841); fase II
Figura 29. Scodelle più che emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 6-7, 11, 14 (cat. nn. 3269, 3552, 211, 4073, 133). Dai livelli subappenninici – fase III 6a: n. 5 (cat. n. 2981); fase III 5a: n. 9 (cat. n. 71); fase II
Figura 30. Scodelle più che emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4 (cat. nn. 1301, 15); Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 157); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 1914); fase III 2a: nn. 6-7 (cat. nn. 1807
Figura 31. Scodelle carenate con parete concava svasata. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 5, 7, 11 (cat. nn. 4090, 3661, 29, 4040). Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 10 (cat. n. 4159); fase III 4b: n. 8 (cat. n. 3895); fase III
Figura 32. Scodelle carenate con parete concava leggermente rientrante e rientrante. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 13 (cat. nn. 2229, 2228). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 2, 7 (cat. nn. 3320, 3319); fase III 3a: nn. 4, 9
Figura 33. Scodelle carenate con parete leggermente rientrante e labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 4, 9 (cat. nn. 3647, 4048, 3137); Dai livelli subappenninici – fase III 3b: nn. 5, 7 (cat. nn. 1474, 1504); fase III 3a: n. 2 (cat.
Figura 34. Scodelle carenate con parete leggermente rientrante e labbro. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 5 (cat. n. 1785); fase III 3a: n. 1 (cat. n. 192); fase III 2b: n. 4 (cat. n. 1536); fase III 2a: nn. 3, 6 (cat. nn. 2450, 1723); fase II
Figura 35. Scodelle carenate con parete leggermente rientrante e labbro. Dai livelli subappenninici – fase III 2a: n. 1(cat. n. 1726). Scala di riduzione 1/4.
Figura 36. Piccoli contenitori fondi. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 3 (cat. nn. 3114, 3115); fase III 3a: n. 2(cat. n. 3113). Scala di riduzione 1/3.
Figura 37. Olle senza collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 1 (cat. n. 4082). Dai livelli subappenninici – fase III 6a: n. 4 (cat. n. 2975); fase III 4b: nn. 2-3 (cat. nn. 3845, 1297); fase III 2b: nn. 6-7 (cat. nn. 4000, 1832); fase III 2a
Figura 38. Olle ovoidali, accenno di collo. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 3 (cat. nn. 3116, 1212); fase III 2b: n. 4 (cat. n. 1863); fase III 2a: n. 2 (cat. n. 2054); fase III 1a: n. 5 (cat. n. 2512). Scala di riduzione 1/3.
Figura 39. Olle ovoidali con collo cilindrico. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4, 6 (cat. nn. 17, 3422, 3132). Dai livelli superficiali e di età storica. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 7 (cat. nn. 469, 263); fase III 3a:
Figura 40. Olle ovoidali con breve collo svasato. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2, 4-5 (cat. nn. 2922, 3203, 3292). Dai livelli subappenninici – fase 4b: nn. 1, 6, 8 (cat. nn. 3836, 274, 3899); fase III 4a: n. 3 (cat. n. 65); fase III 2b:
Figura 41. Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2, 4 (cat. nn. 3559, 3641). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 3 (cat. n. 275); fase III 4b: n. 7 (cat. n. 3891); fase III 4a: nn. 1, 6 (cat. nn. 102, 220
Figura 42. Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 1 (cat. n. 110).Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 289); fase III 2a: n. 4 (cat. n. 1987); fase III 1a: n. 2 (cat. n. 4399).Scala di riduzione 1
Figura 43. Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli subappenninici – fase III2a: n. 1 (cat. n. 222); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 1710). Scala di riduzione 1/3.
Figura 44. Olle ovoidali con collo imbutiforme. Dai livelli superficiali e di età storica. Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 5 (cat. n. 1478); fase III 3a: n. 6 (cat. n. 1674); fase III 2a: n. 3 (cat. n. 1382); fase III 1a: nn. 1-2, 4 (cat. nn.
Figura 45. Olle ovoidali, collo n.d. Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 3 (cat. n. 2998); fase III 4a: n. 4 (cat. n. 2129);fase III 2b: n. 2 (n. 1856); fase III 1b: n. 1 (cat. n. 3546). Scala di riduzione 1/3.
Figura 46. Olle globulari con accenno di collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 3293). Olle globulari con collo cilindrico. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 3936); fase III 3a: n. 1 (cat. n. 1656). Olle ovoi
Figura 47. Olle globulari con collo imbutiforme. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 3 (cat. nn. 237, 3435). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 5 (cat. n. 3889); fase III 3b: n. 6 (cat. n. 1555); fase III 3a: n. 4 (cat. n. 1352). O
Figura 48. Olle globulari, collo n.d. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 2414). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 1312). Olle globulari con collo? Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4 (cat. nn. 344
Figura 49. Olle globulari con collo? Dai livelli subappenninici – fase III 2b: n. 1 (cat. n. 1310). Scala di riduzione 1/3.
Figura 50. Olle a spalla tesa con collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 3149). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: nn. 3-4 (cat. nn. 3860, 154); fase III 2b: n. 5 (cat. n. 3488); fase III 1a: n. 1 (cat. n. 4390). Scala di r
Figura 51. Olle a spalla tesa con collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 3 (cat. n. 3640). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: nn. 1-2 (cat. nn. 1700, 1125). Scala di riduzione 1/3.
Figura 52. Olle biconiche con collo. Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 1 (cat. n. 4153); fase III 4a: n. 3 (cat. n. 302);fase III 1b: n. 2 (cat. n. 2658). Scala di riduzione 1/3.
Figura 53. Olle piriformi con collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 4060). Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 1 (cat. n. 47); fase III 3a: n. 3 (cat. n. 1968). Olla con decorazione protogeometrica. Dai livelli subappenn
Figura 54. Elementi di presa. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 8 (cat. nn. 3138, 30). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 1 (cat. n. 1885); fase III 2b: n. 3 (cat. n. 4151); fase III 2a: nn. 2, 5-7, 10 (cat. nn. 2034, 1121, 3530
Figura 55. Elementi di presa. Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 12 (cat. n. 1147); fase III 4a: n. 10 (cat. n. 1226); fase III3b: nn. 1-3, 7 (cat. nn. 248, 246, 1512, 251); fase III 2a: nn. 4-6, 8 (cat. nn. 3529, 2025, 2201, 2440); fase III 1b:
Figura 56. Elementi di presa. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 6 (cat. nn. 290, 3299). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1-2, 10 (cat. nn. 506, 1228, 3096); fase III 3a: nn. 7, 11 (cat. nn. 2123, 3389); fase III 2b: n. 4 (cat.
Figura 57. Manici con grande foro e manici/maniglia n.d. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 3-7 (cat. nn. 1217, 3072, 3928, 1240, 111); fase III 3a: nn. 1-2 (cat. nn. 3338, 1679); fase III 2b: nn. 9-10 (cat. nn. 3495, 1907); fase III 2a: n. 8 (
Figura 58. Manici a nastro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 6-8 (cat. nn. 7, 2410, 2883). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: nn. 4-5 (cat. nn. 3818, 3841); fase III 4a: nn. 1-2 (cat. nn. 269, 3947); fase III 3b: n. 3 (cat. n. 3961);
Figura 59. Sopraelevazioni a capocchia bilaterale. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4-5, 7, 9-10, 12 (cat. nn. 2169, 217, 3282, 112, 2796, 2168). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 2, 6, 11 (cat. nn. 272, 1145, 1227); fase III 3a:
Figura 60. Appendici anseriformi. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 6 (cat. nn. 171, 198). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. 264); fase III 3a: n. 4 (cat. n. 1982); fase III 1a: nn. 2, 5 (cat. nn. 2524, 2606). Sopraeleva
Figura 61. Decorazioni. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 4-5 (cat. nn. 2860, 3247, 5). Fase III 5a: n. 2 (cat. n. 3324);fase III 3a: n. 3 (cat. n. 1335). Scala di riduzione 1/3.
Figura 62. Decorazioni. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-4, 10-12 (cat. nn. 995, 3660, 236, 13, 3, 2293, 2862). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 20 (cat. n. 403); fase III 4b: nn. 6, 8, 13, 19 (cat. nn. 3021, 3914, 3017, 1311);
Figura 63. Decorazioni. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-2, 4-5, 7, 10, 13 (cat. nn. 2858, 6, 8, 223, 9, 16, 2777); Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 6 (cat. n. 3913); fase III 4a: nn. 3, 8 (cat. nn. 3948, 2133); fase III 3b: nn
Figura 64. Elementi decorativi appenninici attestasti tra le ceramiche di Oratino – La Rocca(da Copat et al. 2012, fig. 5)
Figura 65. Varia. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 7-10 (cat. nn. 2817, 216, 2316, 1779); Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 5 (cat. n. 2985); fase III 4a: nn. 1-2, 11-12 (cat. nn. 2134, 1258, 1257, 1130); fase III 3a: n. 4 (cat. n
Figura 66. Varia. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 3, 6 (cat. nn. 1876, 197, 2142). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 7 (cat. n. 2122); fase III 3b: n. 5 (cat. n. 2121); fase III 3a: nn. 2, 8 (cat. nn. 2952, 261); fase III 2b:
Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione: distribuzione degli elementi stilistic
Figura 1. Distribuzione spaziale dei probabili elementi residuali (forme, elementi di presa e frammenti decorati), sul massimo areale di conservazione della sequenza stratigrafica.
Figura 2. Diagramma di flusso ottenuto dai risultati della cluster analysis sulla base dell’indice di similarità nell’uso degli elementi decorativi nei diversi siti (da Copat et al. 2012: fig. 6).
Analisi funzionale delle forme ceramiche dal sito di Oratino - La Rocca: caratteristiche complessive
Figura 1. Esempi di contenitori di forma aperta che ricadono nei gruppi morfologici I-XI.
Figura 2. Esempi di contenitori di forma aperta che ricadono nei gruppi morfologici XII-XIII.
Figura 3: Esempi di contenitori di forma aperta che ricadono nei gruppi morfologici XIV-XIX.
Figura 4. Esempi di contenitori di forma aperta che ricadono nei gruppi morfologici XX-XXIV.
Figura 5. Esempi di contenitori di forma chiusa che ricadono nei gruppi morfologici I-X.
Figura 6. Esempi di contenitori di forma chiusa che ricadono nei gruppi morfologici XI-XIII.
Figura 7. Esempio di contenitore di forma chiusa che ricade nel gruppo morfologico XIV.
Figura 8. Esempi di contenitori di forma chiusa che ricadono nei gruppi morfologici XV-XVII.
Manufatti in osso, metallo, ambra e pasta vitrea dal sito di Oratino - La Rocca: una breve nota
Figura 1. Manufatti in osso. Dai livelli superficiali: nn. 1, 3-4. Dai livelli subappenninici: n. 2, 5-6, 10-11. Manufatti in metallo. Dai livelli subappenninici: nn. 7-8. Manufatti in ambra. Dai livelli superficiali: n. 9. Manufatti in pasta vitrea. Dai
Alcuni manufatti in pietra scheggiata dall’insediamento dell’età del Bronzo di Oratino - La Rocca: p
Impasti argillosi non vascolari provenienti dal sito di Oratino - La Rocca
Figura 1. Analisi morfologica delle impronte rilevate nei frammenti di intonaco: a, distanze misurate sul versante con impronte parallele (H: distanza fra le impronte; h: distanza fra l’impronta e la superficie esterne; D: diametro massimo dell’impronta);
Figura 2. Materiali argillosi non vascolari provenienti dai livelli della fase III. Intonaco con trattamento della superficie. Fase III 3a: n. 1 (cat. n. C67). Intonaco con impronte vegetali. Fase III 3a: n. 2 (cat. n. C40). Intonaco non impronte di rami
Figura 3. Materiali argillosi non vascolari, I provenienti dai livelli della fase III. Intonaco con impronte di rami o vegetali. Fase III 4a: nn. 8-9 (cat. nn. C7-8); fase III 3a: nn. 6-7 (cat. nn. C12, C4747); fase III 2a: n. 1, 4-5 (cat. n. C193, C184
Figura 4. Materiali argillosi non vascolari individuati nella fase III. Incidenza delle diverse categorie individuate.
Figura 5. Lunghezza media degli intonaci nella fase III.
Figura 6. Variazione del peso degli intonaci nella fase III, con l’indicazione, del peso minimo, medio e massimo individuati nel campione degli intonaci pertinenti a ciascuna sottofase.
Figura 7. Colore della superficie esterna degli intonaci della fase III.
Figura 8. Caratteristiche della superficie esterna degli intonaci della fase III.
Figura 9. Numero di impronte individuate sugli intonaci della fase III.
Figura 10. Andamento delle impronte opposte alla superficie finita degli intonaci della fase III.
Figura 11. Esempio di telaio ligneo (elaborazione degli autori).
Figura 12. Alterazioni termiche delle piastre di cottura (EXP_H) (da D’Oronzo 2019).
Figura 13. Andamento delle temperature (in °C) nel corso dell’esperimento (EXP_H)(da D’Oronzo 2019).
Analisi petrografica dei materiali argillosi non vascolari dal sito di Oratino - La Rocca
Figura 1. Frammenti argillosi non vascolari analizzati in sezione sottile. a: C244 (intonaco); b: n. C57 (incannucciato); c: n. C225 (piastra); d: n. C48 (piastra). Fuori scala.
Figura 2. Impasti di intonaco (n. C244), intonaco con impronte di incannucciato (nn. C57, C3) e piastre (nn. C6, C225, C248, C48, C202) in sezione sottile (ingrandimenti 2.5x)
Oratino - La Rocca: il paleoambiente e le strategie di approvvigionamento del combustibile
Figura 1. Carta climatica della regione e posizionamento dei siti archeologici e geologici citati (1. Isernia La Pineta; 2. Sessano; 3. Boiano; 4. Grotta Reali; 5. Ponte Regio; 6. Geo 33; 7. Oratino-La Rocca; 8. Monteroduni-Loc. Paradiso; A. Regione a cli
Figura 2. Profilo della sezione della vegetazione del Molise (Pi: Pinus; Fr: Fraxinus; Qi: Quercus ilex; Ph: Phyllirea; Os: Ostrya; Qp: Quercus pubescens; Qc: Quercus cerris; Pr: Prunus; Ac: Acer; Fa: Fagus, Ab: Abies).
Figura 3. Geologia dell’area (rielaborata da Rosskopfe Scorpio 2013).
Figura 4. Confronto tra le foto aeree del 1988-1989 e quelle del 1994-1998.
Figura 5. Sezione del territorio compreso fra la Rocca ed il fiume Biferno con vegetazione: Qp: Quercus pubescens; Qc: Quercus cerris; Cu: Cupressus; Fi: Ficus carica; My: Mirtus communis; Co: Corylus avellana; Os: Ostrya carpinifolia; Pr: Prunus spp.; Ce
Figura 6. Diagramma antracologico dei livelli dell’Appenninico.
Figura 7. Diagramma antracologico dei livelli del Subappenninico (fase III).
Figura 8. Associazioni vegetali dei livelli del Subappenninico (fase III).
La sussistenza nel Molise durante il secondo millennio a.C.: il contributo della carpologia
Figura 1 Resti carpologici combusti provenienti dai livelli dell’età del Bronzo di Oratino-La Rocca: Triticum aestivum/durum (a: sezione ventrale; b: sezione laterale; c: sezione dorsale). Triticum cfr. dicoccum (d: sezione ventrale; e: sezione laterale
Figura 2. Taxa identificati nei livelli appenninici di Oratino-La Rocca.
Figura 3. Taxa identificati nei livelli subappenninici di Oratino-La Rocca.
Figura 4. Rapporto larghezza/spessore nelle cariossidi di Triticum della fase III.
Figura 5. Localizzazione dei siti archeologici citati nel testo: i siti neolitici di Riparo Ponte Regio, Monte Maulo e A268 sono indicati con il triangolo; i siti dell’età del Bronzo di Masseria Mammarella, Fonte Maggio, Oratino-La Rocca e Monteroduni-Loc
Figura 6. Cereali, legumi e frutti rinvenuti nei livelli appenninici dei siti di Fonte Maggio e Oratino-La Rocca.
Figura 7. Tipologie di cereali rinvenuti nei livelli appenninici dei siti di Fonte Maggio e Oratino–La Rocca.
Figura 8. Cereali, legumi e frutti rinvenuti nei livelli subappenninici dei siti di Masseria Mammarella, Oratino-La Rocca e Monteroduni-Loc. Paradiso.
Figura 9. Tipologie di cereali rinvenuti nei livelli subappenninici dei siti di Masseria Mammarella, Oratino–La Rocca e Monteroduni-Loc. Paradiso.
L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino - La Rocca. Una prospettiva integrat
Figura 1. Sintesi delle funzioni attribuite e legenda. Nelle successive carte di distribuzione sono indicate con diversi colori le funzioni attribuite, tenendo conto che alcune di queste possono spesso coincidere in uno stesso contenitore. Per le forme ap
Figura 2. Fase III 1a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).
Figura 3. Fase III 1a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.
Figura 4. Fase III 2a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).
Figura 5. fase III 2a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.
Figura 6: fase III 3a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).
Figura 7: Fase III 3a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.
Figura 8. Fase III 4a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).
Figura 9. Fase III 4a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.
Figura 10. Fase III 5a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).
Figura 11. Fase III 5a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.
Figura 12. Fase III 6a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).
Figura 13. Fase III 6a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.
Figura 14. Diagramma delle associazioni delle variabili.
Figura 15. Distribuzione spaziale degli elementi in ceramica non vascolare – tutte le fasi.
Figura 16. Distribuzione spaziale dei resti di animali da pelliccia e delle scodelle di classe D (in verde scuro) – tutte le fasi.
Figura 17. Distribuzione degli elementi da ricondurre alla lavorazione dell’osso e del corno – tutte le fasi.
Premessa
Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca:dieci anni di ricerche
Valentina Copat
La ceramica dai livelli subappenninici della fase III e quella residuale in livelli successivi dal sito di Oratino - La Rocca:aspetti stilistici della produzione
Valentina Copat, Michela Danesi
Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione: distribuzione degli elementi stilistici delle ceramiche nella sequenza stratigrafica del sito di Oratino – La Rocca e confronti con altre situazioni
Valentina Copat
Analisi funzionale delle forme ceramichedal sito di Oratino – La Rocca:caratteristiche complessive e individuazione di attività in posto
Valentina Copat
Catalogo delle ceramiche
Manufatti in osso, metallo, ambra e pasta vitreadal sito di Oratino – La Rocca:una breve nota
Valentina Copat
Alcuni manufatti in pietra scheggiata dall’insediamentodell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca:pochi ma buoni?
Vittorio Mironti
Impasti argillosi non vascolari provenienti dal sitodi Oratino - La Rocca
Cosimo D’Oronzo, Vittorio Mironti
Analisi petrografica dei materiali argillosi non vascolaridal sito di Oratino - La Rocca
Vanessa Forte, Laura Medeghini
Oratino - La Rocca:il paleoambiente e le strategie di approvvigionamentodel combustibile
Cosimo D’Oronzo
La sussistenza nel Molise durante il secondo millennio a.C.:il contributo della carpologia
Cosimo D’Oronzo
L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninicodi Oratino – La Rocca.Una prospettiva integrata multidisciplinare
Valentina Copat
Riferimenti bibliografici

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Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Valentina Copat

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Un’area funzionale all’aperto nell’età del Bronzo

Valentina Copat

con i contributi di:

Michela Danesi, Cosimo D’Oronzo, Vittorio Mironti, Vanessa Forte, Laura Medeghini

Archaeopress Archaeology

Archaeopress Publishing Ltd Summertown Pavilion 18-24 Middle Way Summertown Oxford OX2 7LG www.archaeopress.com

ISBN 978-1-80327-295-5 ISBN 978-1-80327-296-2 (e-Pdf)

© Archaeopress and the individual authors 2022 Coordinamento editoriale: Valentina Copat Restituzione grafica dei reperti (salvo diversa indicazione) ed elaborazione delle piante di scavo: Valentina Copat e Michela Danesi La documentazione grafica e fotografica è a cura degli autori dei singoli contributi Foto copertina: Rielaborazione grafica Michela Danesi (da Google Maps) Foto retro di copertina: Valter D’Anolfo

Hanno contribuito alla ricerca:

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Indice Lista delle figure e tabelle........................................................................................................................................................ ii Autori............................................................................................................................................................................................ ix Premessa....................................................................................................................................................................................... xi Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche........................................................................1 Valentina Copat La ceramica dai livelli subappenninici della fase III e quella residuale in livelli successivi dal sito di Oratino - La Rocca: aspetti stilistici della produzione.....................................................................................................27 Valentina Copat, Michela Danesi Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione: distribuzione degli elementi stilistici delle ceramiche nella sequenza stratigrafica del sito di Oratino – La Rocca e confronti con altre situazioni....................................................................................................................................................................................103 Valentina Copat Analisi funzionale delle forme ceramichedal sito di Oratino – La Rocca: caratteristiche complessive e individuazione di attività in posto......................................................................................................................................127 Valentina Copat Catalogo delle ceramiche.......................................................................................................................................................149 Manufatti in osso, metallo, ambra e pasta vitreadal sito di Oratino – La Rocca: una breve nota.......................239 Valentina Copat Alcuni manufatti in pietra scheggiata dall’insediamentodell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: pochi ma buoni?.......................................................................................................................................................................243 Vittorio Mironti Impasti argillosi non vascolari provenienti dal sitodi Oratino - La Rocca................................................................247 Cosimo D’Oronzo, Vittorio Mironti Analisi petrografica dei materiali argillosi non vascolaridal sito di Oratino - La Rocca......................................259 Vanessa Forte, Laura Medeghini Oratino - La Rocca: il paleoambiente e le strategie di approvvigionamentodel combustibile............................265 Cosimo D’Oronzo La sussistenza nel Molise durante il secondo millennio a.C.: il contributo della carpologia..............................279 Cosimo D’Oronzo L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninicodi Oratino – La Rocca. Una prospettiva integrata multidisciplinare......................................................................................................................................................................291 Valentina Copat Riferimenti bibliografici........................................................................................................................................................351

i

Lista delle figure e tabelle Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche (Valentina Copat)

Figura 1. Il sito della Rocca di Oratino: collocazione topografica. Localizzazione sulla Carta Tecnica Regionale – elemento 405031 (da Cazzella et al. 2007b: fig. 1).�������������������������������������������������������������������������������������������������������������2 Figura 2. Veduta della Rocca di Oratino da SE (foto Valer D’Anolfo).�����������������������������������������������������������������������������������������������2 Figura 3. Localizzazione del sito di Oratino con l’indicazione delle principali vie di comunicazione, così come definite anche dai percorsi di età storica (da Copat e Danesi 2017: fig. 1).����������������������������������������������������������������������3 Figura 4. Carta di distribuzione dei siti occupati nel corso dell’Appenninico (A) e del Subappenninico (B) noti grazie alle ricognizioni di G. Barker (da Copat et al. 2007).���������������������������������������������������������������������������������������������������������4 Figura 5. La Rocca di Oratino: ricostruzione dell’area di estensione dell’abitato e indicazione dell’area di scavo (da Copat e D’Oronzo 2021b; foto Molise Geodetica).�������������������������������������������������������������������������������������������������������������5 Figura 6. Veduta della Rocca dalla valle del Biferno (foto Valer D’Anolfo).��������������������������������������������������������������������������������������6 Figura 7. Pianta delle strutture medioevali con l’indicazione dei tagli che hanno interessato il deposito preistorico (da Cazzella et al. 2007a: fig. 3).�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������7 Figura 8. Pianta generale dell’area di scavo con l’indicazione delle strutture più significative attribuibili all’Appenninico (strutture 1-2,6) e al Subappenninico (strutture 3-5), in corso di scavo (da Copat et al. 2012: fig. 1).����9 Figura 9. Ortofoto dell’area dello stretto passaggio, delimitato a S e a N da due accumuli artificiali di terreno argilloso rivestiti in pietrame e da due blocchi (o parte della roccia di base) parziamente scalpellati (foto E. Lucci).�10 Figura 10. Veduta generale dell’area di scavo da N. In basso un particolare del rivestimento in pietrame relativo alla fase appenninica.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������10 Figura 11. Materiali dal riempimento della cista funeraria e dai livelli di obliterazione del rivestimento in pietrame.���������������11 Figura 12. Particolare del prospetto NW della struttura 5.������������������������������������������������������������������������������������������������������������12 Figura 13. Vano di epoca sannitica, ricavato all’interno della struttura 5, in corso di scavo (campagna 2011).����������������������������13 Figura 14. Particolare del prospetto delle strutture 4 e 5 viste da NW.������������������������������������������������������������������������������������������13 Figura 15. La struttura 4, vista dall’alto.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������14 Figura 16. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 1a.������������������������������������������������������������������������������������������������������16 Figura 17. Veduta da NW dell’area ellissoidale a ridosso della struttura 4 (campagna 2007), quando le strutture medioevali che insistevano su quest’area non erano ancora state asportate.���������������������������������������������������������������17 Figura 18. Particolare della piastra US274.�������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������17 Figura 19. Particolare della buca US283 e dei fondi di grandi contenitori rinvenuti alla base.������������������������������������������������������18 Figura 20. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 2a.������������������������������������������������������������������������������������������������������19 Figura 21. Particolare dell’US171, livello di preparazione della piastra US200.�����������������������������������������������������������������������������20 Figura 22. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 3a.������������������������������������������������������������������������������������������������������21 Figura 23. Particolare della piastra US64, vista da N.���������������������������������������������������������������������������������������������������������������������22 Figura 24. Probabili pesi litici rinvenuti nel livello di preparazione della piastra US64 (disegni N. Ialongo).�������������������������������22 Figura 25. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 4a.������������������������������������������������������������������������������������������������������23 Figura 26. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 5a.������������������������������������������������������������������������������������������������������24 Figura 27. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 6a.������������������������������������������������������������������������������������������������������25

La ceramica dai livelli subappenninici della fase III e quella residuale in livelli successivi dal sito di Oratino - La Rocca: aspetti stilistici della produzione (Valentina Copat, Michela Danesi)

Figura 1. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle forme aperte con labbro e con parete concava.��������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������29 Figura 2. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle forme aperte con bordo rientrante e leggermente rientrante.����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������29 Figura 3. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle altre forme aperte a profilo continuo.���������30 Figura 4. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle forme chiuse.������������������������������������������������30 Figura 5. Scodelle troncoconiche. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-3, 5-6, 8 (cat. nn. 3557, 2301, 3551, 2843, 3803, 3697). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 4 (cat. n. 2120); fase III 2a: n. 7 (cat. n. 2050). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������33 Figura 6. Scodelle troncoconiche fonde. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-8 (cat. nn. 2772, 375, 2888, 568, 575, 703, 2391, 3161). Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 9 (cat. n. 3782); fase III 2b: n. 10 (cat. n. 4177). Scala di riduzione 1/3.�������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������34 Figura 7. Scodelle troncoconiche fonde. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 678); fase III 3a: nn. 2-3 (cat. nn. 3384, 1644). Scala di riduzione 1/3.��������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������35 Figura 8. Scodelle a calotta. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 6-7, 12 (cat. nn. 1881, 2113, 115, 2276). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 5 (cat. n. 161); fase III 3a: nn. 3, 10 (cat. nn. 1655, 1690); fase III 2a: nn. 8-9, 11 (cat. nn. 2019, 1992, 1825); fase III 1a: nn. 2, 4 (cat. nn. 2594, 2605). Scala di riduzione 1/3.�������������������������������������������36 Figura 9. Scodelle a calotta. Dai livelli superficiali e di età storica e di età storica: n. 1 (cat. n. 327); Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 2 (cat. n. 3554); fase III 1a: n. 3 (cat. n. 2478). Scala di riduzione 1/3.��������������������������������������������������������37 Figura 10. Scodelle emisferiche. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 7, 13 (cat. nn. 78, 117, 138). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 3 (cat. n. 3847); fase III 4a: nn. 1-2, 5, 8, 12 (cat. nn. 1146, 3066, 287, 1132, 33); fase III 3a: n. 10 (cat. n. 1796); fase III 1b: n. 6 (cat. n. 2703); fase III 1a: n. 9, 11 (cat. nn. 4410, 2754). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������38

ii

Figura 11. Scodelle emisferiche. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 4-5, 9 (cat. nn. 229, 38, 138, 2340). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 2, 8 (cat. nn. 45, 1236); fase III 3a: nn. 7, 10 (cat. nn. 2003, 1355): fase III 2a: n. 6 (cat. n. 2454); fase III 1a: n. 3 (cat. n. 3611). Scala di riduzione 1/3.���������������������������������������������������������������������������������39 Figura 12. Scodelle curvilinee fonde. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 1 (cat. n. 1780). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 3 (cat. n. 163); fase III 4a: n. 2 (cat. n. 291). Scala di riduzione 1/3.��������������������������������������������������������������40 Figura 13. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2-3, 8, 11, 13, 15-16 (cat. nn. 2381, 2368, 3734, 3628, 2103, 3099, 210). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 5 (cat. n. 2819); fase III 3a: nn. 4, 10, 12, 14, 18 (cat. nn. 205, 1926, 1964, 1707, 1598); fase III 2b: n. 6 (cat. n. 3485); fase III 2a: nn. 1, 7, 17, 19 (cat. nn. 2455, 2192, 1821, 2203); fase III 1a: n. 9 (cat. n. 3612). Scala di riduzione 1/3.�������������������40 Figura 14. Scodelle con bordo leggermente rientante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-3, 5-7 (cat. nn. 1756, 3423, 875, 3265, 195, 40). Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 4 (cat. n. 4157); fase III 4a: n. 8 (cat. n. 1127); fase III 2a: nn. 9-11 (cat. n. 2020, 1808, 2041). Scala di riduzione 1/3.���������������������������������������������������������������41 Figura 15. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2, 6, 9(cat. nn. 168, 2249, 4). Dai livelli subappenninnici – fase III 4b: n. 3 (cat. n. 32); fase III 4a: nn. 4, 8 (cat. nn. 301, 1194); fase III 3b: n. 11 (cat. n. 1619); fase III 3a: n. 10 (cat. n. 3169); fase III 2b: nn. 1, 5 (cat. nn. 1686, 1833);fase III 1a: n. 7 (cat. n. 2505). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������42 Figura 16. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2-3(cat. nn. 204, 2319). Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 5 (cat. n. 1479); fase III 3a: nn. 4, 6 (cat. nn. 3177, 1636);fase III 2b: n. 1 (cat. n. 1826). Scala di riduzione 1/3.�������������������������������������������������������������������������������������������������������������43 Figura 17. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli subappenninici – fase III 2a: n. 1 (cat. n. 1725). Scala di riduzione 1/4.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������44 Figura 18. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 3, 9-11, 15 (cat. nn. 836, 218, 2458, 2459, 2466, 12). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 13 (cat. n. 3000); fase III 4b: n. 7 (cat. n. 3023); fase III 4a: n. 5 (cat. n. 1126); fase III 3b: nn. 12, 14 (cat. nn. 1592, 1505); fase III 3a: nn. 2, 4, 16 (cat. nn. 1767, 2469, 1787); fase III 2b: n. 8 (cat. n. 1850);fase III 2a: n. 6 (cat. n. 1824). Scala di riduzione 1/3.�������������������������������45 Figura 19. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 7 (cat. nn. 2248, 221). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 1 (cat. n. 3039); fase III 4a: n. 2 (cat. n. 1219); fase III 3b: n. 5 (cat. n. 34); fase III 2a: n. 3(cat. n. 2462); fase III 1a: n. 6 (cat. n. 2640). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������46 Figura 20. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 1251); fase III 3b: nn. 1, 6 (cat. nn. 1620, 1538); fase III 3a: nn. 2, 4 (cat. nn. 1788, 1898); fase III 2a: n. 5 (cat. n. 2463). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������47 Figura 21. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-5, 7 (cat. nn. 1731, 22, 2927, 202). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 6 (cat. n. 3378); fase III 2b: n. 1 (cat. n. 1828); fase III 1a: n. 2 (cat. n. 4324). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������48 Figura 22. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 6 (cat. nn. 2, 114). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 5 (cat. n. 1466); fase III 2a: nn. 1, 3 (cat. nn. 1823, 3525); fase III 1a: n. 2 (cat. n. 2572). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������49 Figura 23. Scodelle con bordo leggermente rientrante distinto. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 11 (cat. n. 2842). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 10 (cat. n. 1137). Scodelle con bordo rientrante distinto. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-2, 4-7, 9 (cat. nn. 26, 228, 2879, 2905, 2762, 2904, 3670). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 292);fase III 2a: n. 8 (cat. n. 2641). Scala di riduzione 1/3.������������������������������������50 Figura 24. Scodelle con profilo spezzato, parete verticale. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 1). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 1166). Scodelle con profilo spezzato, parete svasata. Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 3 (cat. n. 1290); fase III 2a: n. 4 (cat. n. 2461). Scala di riduzione 1/3.���������������������������������51 Figura 25. Scodelle a calotta con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 7 (cat. nn. 1064, 2148). Dai livelli subappenninici – fase III 2b: n. 6 (cat. n. 1858); fase III 1b: nn. 1, 5 (cat. nn. 1387, 1376); fase III 1a: nn. 2-3 (cat. nn. 4343, 2485). Scala di riduzione 1/3.��������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������51 Figura 26. Scodelle emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-2, 8, 13 (cat. nn. 151, 4039, 212, 14). Dai livelli subappenninici – fase III 6a: n. 3 (cat. n. 2973); fase III 4b: n. 7, 10-12 (cat. n. 3858, 3896, 1309, 57); fase III 4a: n. 6 (cat. n. 93); fase III 2b: n. 5 (cat. n. 4015); fase III 1b: n. 4 (cat. n. 2705); fase III 1a: n. 9 (cat. n. 4396). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������52 Figura 27. Scodelle emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 5, 9 (cat. nn. 1880, 2149, 2145). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 7 (cat. nn. 103, 3933); fase III 3b: nn. 4, 6, 8 (cat. nn. 1525, 1526, 1566); fase III 2b: n. 2(cat. n. 3463). Scala di riduzione 1/3.���������������������������������������������������������������������������������������������53 Figura 28. Scodelle emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4 (cat. nn. 2376, 328). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 5 (cat. n. 3037); fase III 3a: n. 1 (cat. n. 1341); fase III 2b: n. 6 (cat. n. 1841); fase III 2a: n. 2(cat. n. 2053). Scala di riduzione 1/3.������������������������������������������������������������������������������������������������������������������54 Figura 29. Scodelle più che emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 6-7, 11, 14 (cat. nn. 3269, 3552, 211, 4073, 133). Dai livelli subappenninici – fase III 6a: n. 5 (cat. n. 2981); fase III 5a: n. 9 (cat. n. 71); fase III 4a: n. 3 (cat. n. 1218); fase III 3b: n. 1 (cat. n. 1542); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 1622); fase III 2b: n. 8 (cat. n. 1867); fase III 1b: n. 12 (cat. n. 2734);fase III 1a: nn. 10, 13 (cat. nn. 4323, 2526). Scala di riduzione 1/3.�������������������������������������55 Figura 30. Scodelle più che emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4 (cat. nn. 1301, 15); Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 157); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 1914); fase III 2a: nn. 6-7 (cat. nn. 1807, 2645); fase III 1a: n. 5 (cat. n. 2470). Scala di riduzione 1/3.������������������������������������������������������������������������������������56 Figura 31. Scodelle carenate con parete concava svasata. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 5, 7, 11 (cat. nn. 4090, 3661, 29, 4040). Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 10 (cat. n. 4159); fase III 4b: n. 8 (cat. n. 3895); fase III 3b: n. 9 (cat. n. 129); fase III 3a: nn. 3, 13 (cat. nn. 1930, 1363); fase III 2b: nn. 2, 6, 12 (cat. nn. 4137, 1852, 1864); fase III 2a: n. 4 (cat. n. 1323). Scala di riduzione 1/3.������������������������������������������������������������������������������������57

iii

Figura 32. Scodelle carenate con parete concava leggermente rientrante e rientrante. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 13 (cat. nn. 2229, 2228). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 2, 7 (cat. nn. 3320, 3319); fase III 3a: nn. 4, 9-10 (cat. nn. 2093, 1970, 1614); fase III 1b: n. 1, 11 (cat. nn. 2656, 2714). Scodelle carenate a parete concava verticale/svasata. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 5, 8 (cat. nn. 4034, 609). Dai livelli subappenninici – fase III5a: n. 6 (cat. n. 553); fase III 4a: n. 12 (cat. n. 1196). Scala di riduzione 1/3.����������������������������������58 Figura 33. Scodelle carenate con parete leggermente rientrante e labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 4, 9 (cat. nn. 3647, 4048, 3137); Dai livelli subappenninici – fase III 3b: nn. 5, 7 (cat. nn. 1474, 1504); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 1932); fase III 2a: n. 6 (cat. n. 2468); fase III 1a: nn. 3, 8 (cat. nn. 3550, 4398). Scala di riduzione 1/3.������������������59 Figura 34. Scodelle carenate con parete leggermente rientrante e labbro. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 5 (cat. n. 1785); fase III 3a: n. 1 (cat. n. 192); fase III 2b: n. 4 (cat. n. 1536); fase III 2a: nn. 3, 6 (cat. nn. 2450, 1723); fase III 1a: n. 2 (cat. n. 2523). Scala di riduzione 1/3.�������������������������������������������������������������������������������������������������������������������60 Figura 35. Scodelle carenate con parete leggermente rientrante e labbro. Dai livelli subappenninici – fase III 2a: n. 1(cat. n. 1726). Scala di riduzione 1/4.�������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������61 Figura 36. Piccoli contenitori fondi. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 3 (cat. nn. 3114, 3115); fase III 3a: n. 2(cat. n. 3113). Scala di riduzione 1/3.����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������61 Figura 37. Olle senza collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 1 (cat. n. 4082). Dai livelli subappenninici – fase III 6a: n. 4 (cat. n. 2975); fase III 4b: nn. 2-3 (cat. nn. 3845, 1297); fase III 2b: nn. 6-7 (cat. nn. 4000, 1832); fase III 2a: n. 5 (cat. n. 2224). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������62 Figura 38. Olle ovoidali, accenno di collo. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 3 (cat. nn. 3116, 1212); fase III 2b: n. 4 (cat. n. 1863); fase III 2a: n. 2 (cat. n. 2054); fase III 1a: n. 5 (cat. n. 2512). Scala di riduzione 1/3.������������������������������62 Figura 39. Olle ovoidali con collo cilindrico. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4, 6 (cat. nn. 17, 3422, 3132). Dai livelli superficiali e di età storica. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 7 (cat. nn. 469, 263); fase III 3a: n. 5 (cat. n. 1346);fase III 1a: n. 2 (cat. n. 2550). Scala di riduzione 1/3.����������������������������������������������������������������������������������63 Figura 40. Olle ovoidali con breve collo svasato. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2, 4-5 (cat. nn. 2922, 3203, 3292). Dai livelli subappenninici – fase 4b: nn. 1, 6, 8 (cat. nn. 3836, 274, 3899); fase III 4a: n. 3 (cat. n. 65); fase III 2b: n. 7 (cat. n. 1840);fase III 1a: n. 9 (cat. n. 2608) . Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������64 Figura 41. Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2, 4 (cat. nn. 3559, 3641). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 3 (cat. n. 275); fase III 4b: n. 7 (cat. n. 3891); fase III 4a: nn. 1, 6 (cat. nn. 102, 2209);fase III 3a: n. 8 (cat. n. 293); fase III 1a: n. 5 (cat. n. 2554). Scala di riduzione 1/3.���������������������������������������������������65 Figura 42. Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 1 (cat. n. 110). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 289); fase III 2a: n. 4 (cat. n. 1987); fase III 1a: n. 2 (cat. n. 4399). Scala di riduzione 1/3.�������������66 Figura 43. Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli subappenninici – fase III2a: n. 1 (cat. n. 222); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 1710). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������67 Figura 44. Olle ovoidali con collo imbutiforme. Dai livelli superficiali e di età storica. Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 5 (cat. n. 1478); fase III 3a: n. 6 (cat. n. 1674); fase III 2a: n. 3 (cat. n. 1382); fase III 1a: nn. 1-2, 4 (cat. nn. 2609, 4363, 2477). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������68 Figura 45. Olle ovoidali, collo n.d. Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 3 (cat. n. 2998); fase III 4a: n. 4 (cat. n. 2129);fase III 2b: n. 2 (n. 1856); fase III 1b: n. 1 (cat. n. 3546). Scala di riduzione 1/3.�������������������������������������������������������69 Figura 46. Olle globulari con accenno di collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 3293). Olle globulari con collo cilindrico. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 3936); fase III 3a: n. 1 (cat. n. 1656). Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 4 (cat. n. 2864); fase III 1a: n. 5 (cat. n. 2575). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������70 Figura 47. Olle globulari con collo imbutiforme. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 3 (cat. nn. 237, 3435). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 5 (cat. n. 3889); fase III 3b: n. 6 (cat. n. 1555); fase III 3a: n. 4 (cat. n. 1352). Olle globulari, collo troncoconico e labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 1659). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������71 Figura 48. Olle globulari, collo n.d. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 2414). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 1312). Olle globulari con collo? Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4 (cat. nn. 3442, 3727). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 6 (cat. n. 91); fase III 2b: n. 7 (cat. n. 1712); fase III 2a: n. 5 (cat. n. 1118);fase III 1b: n. 8 (cat. n. 3544). Scala di riduzione 1/3.���������������������������������������������������������������������������������������������72 Figura 49. Olle globulari con collo? Dai livelli subappenninici – fase III 2b: n. 1 (cat. n. 1310). Scala di riduzione 1/3.�����������������������73 Figura 50. Olle a spalla tesa con collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 3149). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: nn. 3-4 (cat. nn. 3860, 154); fase III 2b: n. 5 (cat. n. 3488); fase III 1a: n. 1 (cat. n. 4390). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������73 Figura 51. Olle a spalla tesa con collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 3 (cat. n. 3640). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: nn. 1-2 (cat. nn. 1700, 1125). Scala di riduzione 1/3.��������������������������������������������������������������������������������������74 Figura 52. Olle biconiche con collo. Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 1 (cat. n. 4153); fase III 4a: n. 3 (cat. n. 302);fase III 1b: n. 2 (cat. n. 2658). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������75 Figura 53. Olle piriformi con collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 4060). Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 1 (cat. n. 47); fase III 3a: n. 3 (cat. n. 1968). Olla con decorazione protogeometrica. Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 4 (cat. n. 3031). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������75 Figura 54. Elementi di presa. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 8 (cat. nn. 3138, 30). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 1 (cat. n. 1885); fase III 2b: n. 3 (cat. n. 4151); fase III 2a: nn. 2, 5-7, 10 (cat. nn. 2034, 1121, 3530, 2444, 3610); fase III 1a: n. 9 (cat. n. 4375). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������85 Figura 55. Elementi di presa. Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 12 (cat. n. 1147); fase III 4a: n. 10 (cat. n. 1226); fase III3b: nn. 1-3, 7 (cat. nn. 248, 246, 1512, 251); fase III 2a: nn. 4-6, 8 (cat. nn. 3529, 2025, 2201, 2440); fase III 1b: nn. 9, 11 (cat. nn. 2655, 2671). Scala di riduzione 1/3.����������������������������������������������������������������������������������������������������86

iv

Figura 56. Elementi di presa. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 6 (cat. nn. 290, 3299). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1-2, 10 (cat. nn. 506, 1228, 3096); fase III 3a: nn. 7, 11 (cat. nn. 2123, 3389); fase III 2b: n. 4 (cat. n. 1870); fase III 2a: n. 5(cat. n. 1724); fase III 1a: nn. 8-9 (cat. nn. 2623, 2642). Scala di riduzione 1/3.����������������������������87 Figura 57. Manici con grande foro e manici/maniglia n.d. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 3-7 (cat. nn. 1217, 3072, 3928, 1240, 111); fase III 3a: nn. 1-2 (cat. nn. 3338, 1679); fase III 2b: nn. 9-10 (cat. nn. 3495, 1907); fase III 2a: n. 8 (cat. n. 2456). Scala di riduzione 1/3.��������������������������������������������������������������������������������������������������������������89 Figura 58. Manici a nastro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 6-8 (cat. nn. 7, 2410, 2883). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: nn. 4-5 (cat. nn. 3818, 3841); fase III 4a: nn. 1-2 (cat. nn. 269, 3947); fase III 3b: n. 3 (cat. n. 3961); fase III 1a: n. 9(cat. n. 4424). Scala di riduzione 1/3.��������������������������������������������������������������������������������������������������������90 Figura 59. Sopraelevazioni a capocchia bilaterale. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4-5, 7, 9-10, 12 (cat. nn. 2169, 217, 3282, 112, 2796, 2168). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 2, 6, 11 (cat. nn. 272, 1145, 1227); fase III 3a: n. 3 (cat. n. 1628); fase III 2b: n. 13 (cat. n. 3496); fase III 2a: n. 1 (cat. n. 2070); fase III 1a: n. 8 (cat. n. 2509). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������91 Figura 60. Appendici anseriformi. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 6 (cat. nn. 171, 198). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. 264); fase III 3a: n. 4 (cat. n. 1982); fase III 1a: nn. 2, 5 (cat. nn. 2524, 2606). Sopraelevazioni a lobo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 7-8 (cat. nn. 2170, 295). Prese forate. Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 10 (cat. n. 3871);fase III 3a: n. 9 (cat. n. 2085). Scala di riduzione 1/3.�����������������92 Figura 61. Decorazioni. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 4-5 (cat. nn. 2860, 3247, 5). Fase III 5a: n. 2 (cat. n. 3324);fase III 3a: n. 3 (cat. n. 1335). Scala di riduzione 1/3.����������������������������������������������������������������������������������������������93 Figura 62. Decorazioni. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-4, 10-12 (cat. nn. 995, 3660, 236, 13, 3, 2293, 2862). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 20 (cat. n. 403); fase III 4b: nn. 6, 8, 13, 19 (cat. nn. 3021, 3914, 3017, 1311); fase III 4a: nn. 9, 14, 17 (cat. nn. 400, 1182, 1188); fase III 3b: n. 15 (cat. n. 441); fase III 3a: n. 7 (cat. n. 1959); fase III 2b: nn. 18, 21 (cat. nn. 1855, 3473); fase III 1a: nn. 5, 16 (cat. n. 2729, 2551). Scala di riduzione 1/3.��������������������95 Figura 63. Decorazioni. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-2, 4-5, 7, 10, 13 (cat. nn. 2858, 6, 8, 223, 9, 16, 2777); Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 6 (cat. n. 3913); fase III 4a: nn. 3, 8 (cat. nn. 3948, 2133); fase III 3b: nn. 9, 11 (cat. nn. 1292, 1472); fase III 2a: n. 12 (cat. n. 3501). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������������������96 Figura 64. Elementi decorativi appenninici attestasti tra le ceramiche di Oratino – La Rocca (da Copat et al. 2012, fig. 5)�����������97 Figura 65. Varia. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 7-10 (cat. nn. 2817, 216, 2316, 1779); Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 5 (cat. n. 2985); fase III 4a: nn. 1-2, 11-12 (cat. nn. 2134, 1258, 1257, 1130); fase III 3a: n. 4 (cat. n. 1164); fase III 2b: n. 3(cat. n. 4132); fase III 2a: n. 6 (cat. n. 2204). Scala di riduzione 1/3.�����������������������������������������������100 Figura 66. Varia. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 3, 6 (cat. nn. 1876, 197, 2142). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 7 (cat. n. 2122); fase III 3b: n. 5 (cat. n. 2121); fase III 3a: nn. 2, 8 (cat. nn. 2952, 261); fase III 2b: n. 9 (cat. n. 3986); fase III 2a: n. 4 (cat. n. 2653). Scala di riduzione 1/3.�������������������������������������������������������������������������������101 Tabella 1. Dettaglio degli elementi stilistici delle ceramiche provenienti dai livelli superificiali e di età storica e dai livelli subappenninici di fase III.��������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 28 Tabella 2. Forme aperte: tipi di profilo e distribuzione nei gruppi stratigrafici.������������������������������������������������������������������������������������ 32 Tabella 3. Forme chiuse: tipi di proflo e distribuzione nei gruppi stratigrafici.������������������������������������������������������������������������������������� 61 Tabella 4. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme aperte e tipo di terminazione dell’imboccatura (sono considerate sole le forme con profilo ben determinabile).������������������������������������������������������������ 76 Tabella 5. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme aperte ed elementi di presa (sono considerate sole le forme con profilo ben determinabile).������������������������������������������������������������������������������������������������������ 77 Tabella 6. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme aperte e decorazioni (sono considerate sole le forme con profilo ben determinabile).���������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 78 Tabella 7. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme chiuse in ceramica di impasto e tipo di terminazione dell’imboccatura.���������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 78 Tabella 8. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme chiuse in ceramica di impasto ed elementi di presa. 79 Tabella 9. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme chiuse in ceramica di impasto e decorazioni.������������ 80 Tabella 10. Elementi dell’imboccatura. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.�������������������������������������������������������������������������������������� 82 Tabella 11. Elementi di presa. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.������������������������������������������������������������������������������������������������������ 84 Tabella 12. Decorazioni. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.���������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 94 Tabella 13. Elementi decorativi della ceramica appenninica. Tipologia e incidenza.���������������������������������������������������������������������������� 98 Tabella 13. Varia. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.�������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 101

Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione: distribuzione degli elementi stilistici delle ceramiche nella sequenza stratigrafica del sito di Oratino – La Rocca e confronti con altre situazioni (Valentina Copat)

Figura 1. Distribuzione spaziale dei probabili elementi residuali (forme, elementi di presa e frammenti decorati), sul massimo areale di conservazione della sequenza stratigrafica.�����������������������������������������������������������������������������������104 Figura 2. Diagramma di flusso ottenuto dai risultati della cluster analysis sulla base dell’indice di similarità nell’uso degli elementi decorativi nei diversi siti (da Copat et al. 2012: fig. 6).���������������������������������������������������������������������������123 Tabella 1. Forme aperte. Distribuzione dei tipi di profilo nei gruppi stratigrafici.������������������������������������������������������������������������������ 105 Tabella 2. Forme chiuse. Distribuzione dei tipi di profilo nei gruppi stratigrafici.������������������������������������������������������������������������������ 106 Tabella 3. Elementi di presa. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.������������������������������������������������������������������������������������������������������ 108 Tabella 4. Decorazioni. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.���������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 109 Tabella 5. Rapporto tra forme aperte e forme chiuse nel sito di Oratino e confronti con altre situazioni.������������������������������������� 111 Tabella 6. Forme aperte. Distribuzione dei tipi di profilo nei gruppi stratigrafici e confronti con altre situazioni.���������������������� 111 Tabella 7. Forme chiuse. Distribuzione dei tipi di profilo nei gruppi stratigrafici e confronti con altre situazioni.���������������������� 114

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Tabella 8. Elementi di presa. Distribuzione nei gruppi stratigrafici e confronti con altre situazioni.���������������������������������������������� 116 Tabella 9. Decorazioni. Distribuzione nei gruppi stratigrafici e confronti con altre situazioni.�������������������������������������������������������� 120

Analisi funzionale delle forme ceramichedal sito di Oratino – La Rocca:caratteristiche complessive e individuazione di attività in posto (Valentina Copat) Figura 1. Esempi di contenitori di forma aperta che ricadono nei gruppi morfologici I-XI.��������������������������������������������������������132 Figura 2. Esempi di contenitori di forma aperta che ricadono nei gruppi morfologici XII-XIII.��������������������������������������������������135 Figura 3. Esempi di contenitori di forma aperta che ricadono nei gruppi morfologici XIV-XIX.������������������������������������������������136 Figura 4. Esempi di contenitori di forma aperta che ricadono nei gruppi morfologici XX-XXIV.�����������������������������������������������138 Figura 5. Esempi di contenitori di forma chiusa che ricadono nei gruppi morfologici I-X.���������������������������������������������������������140 Figura 6. Esempi di contenitori di forma chiusa che ricadono nei gruppi morfologici XI-XIII.���������������������������������������������������142 Figura 7. Esempio di contenitore di forma chiusa che ricade nel gruppo morfologico XIV.��������������������������������������������������������143 Figura 8. Esempi di contenitori di forma chiusa che ricadono nei gruppi morfologici XV-XVII.������������������������������������������������144 Tabella 1. Forme aperte. Caratteristiche dei gruppi morfologici.����������������������������������������������������������������������������������������������������������� 129 Tabella 2. Forme chiuse. Caratteristiche dei gruppi morfologici.���������������������������������������������������������������������������������������������������������� 139 Tabella 3. Forme aperte. Distribuzione dei contenitori nei gruppi stratigrafici in base alla funzione.�������������������������������������������� 145 Tabella 4. Forme aperte. Distribuzione dei contenitori nei gruppi stratigrafici in base alla sostanza presumibilmente trattata.������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 146 Tabella 5. Forme aperte. Distribuzione di dettaglio dei gruppi morfologici nei gruppi stratigrafici.����������������������������������������������� 146 Tabella 6. Forme chiuse. Distribuzione dei contenitori nei gruppi stratigrafici in base alla funzione.�������������������������������������������� 147 Tabella 7. Forme chiuse. Distribuzione di dettaglio dei gruppi morfologici nei gruppi stratigrafici.����������������������������������������������� 147

Manufatti in osso, metallo, ambra e pasta vitreadal sito di Oratino – La Rocca: una breve nota (Valentina Copat)

Figura 1. Manufatti in osso. Dai livelli superficiali: nn. 1, 3-4. Dai livelli subappenninici: n. 2, 5-6, 10-11. Manufatti in metallo. Dai livelli subappenninici: nn. 7-8. Manufatti in ambra. Dai livelli superficiali: n. 9. Manufatti in pasta vitrea. Dai livelli superficiali: nn. 12-14.��������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������239

Alcuni manufatti in pietra scheggiata dall’insediamentodell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: pochi ma buoni? (Vittorio Mironti)

Tabella 1. I manufatti litici non determinabili dalla fase III dell’insediamento dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca.���������� 243 Tabella 2. I manufatti litici determinabili dalla fase III dell’insediamento dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca.������������������ 244

Impasti argillosi non vascolari provenienti dal sitodi Oratino - La Rocca (Cosimo D’Oronzo, Vittorio Mironti)

Figura 1. Analisi morfologica delle impronte rilevate nei frammenti di intonaco: a, distanze misurate sul versante con impronte parallele (H: distanza fra le impronte; h: distanza fra l’impronta e la superficie esterne; D: diametro massimo dell’impronta); b: profilo teorico dei frammenti di intonaco con impronte parallele ed inclinate (elaborazione degli autori).���������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������248 Figura 2. Materiali argillosi non vascolari provenienti dai livelli della fase III. Intonaco con trattamento della superficie. Fase III 3a: n. 1 (cat. n. C67). Intonaco con impronte vegetali. Fase III 3a: n. 2 (cat. n. C40). Intonaco non impronte di rami o vegetali. Fase III 3a: n. 3 (cat. n. C76). Intonaco con cresta arrotondata. Fase III 3a: n. 4: (cat. n. C77). Piastra con trattamento della superficie di cottura. Fase III 3b: n. 5 (cat. n. C246). Fase III 3a: n. 6 (cat. n. C247).������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������249 Figura 3. Materiali argillosi non vascolari, I provenienti dai livelli della fase III. Intonaco con impronte di rami o vegetali. Fase III 4a: nn. 8-9 (cat. nn. C7-8); fase III 3a: nn. 6-7 (cat. nn. C12, C4747); fase III 2a: n. 1, 4-5 (cat. n. C193, C184, C133); fase III 1a: n. 3 (cat. n. C156). Piastra con trattamento della superficie di cottura. Fase III 3a: n. 2 (cat. n. C247). Disegni Cristiana Ruggini.�������������������������������������������������������������������������������������������������������������249 Figura 4. Materiali argillosi non vascolari individuati nella fase III. Incidenza delle diverse categorie individuate.������������������250 Figura 5. Lunghezza media degli intonaci nella fase III.���������������������������������������������������������������������������������������������������������������250 Figura 6. Variazione del peso degli intonaci nella fase III, con l’indicazione, del peso minimo, medio e massimo individuati nel campione degli intonaci pertinenti a ciascuna sottofase.�������������������������������������������������������������������251 Figura 7. Colore della superficie esterna degli intonaci della fase III.������������������������������������������������������������������������������������������251 Figura 8. Caratteristiche della superficie esterna degli intonaci della fase III.����������������������������������������������������������������������������252 Figura 9. Numero di impronte individuate sugli intonaci della fase III.���������������������������������������������������������������������������������������252 Figura 10. Andamento delle impronte opposte alla superficie finita degli intonaci della fase III.�����������������������������������������������252 Figura 11. Esempio di telaio ligneo (elaborazione degli autori).��������������������������������������������������������������������������������������������������255 Figura 12. Alterazioni termiche delle piastre di cottura (EXP_H) (da D’Oronzo 2019).����������������������������������������������������������������257 Figura 13. Andamento delle temperature (in °C) nel corso dell’esperimento (EXP_H)(da D’Oronzo 2019).���������������������������������258 Tabella 1. Lunghezza, larghezza, spessore e peso degli intonaci rinvenuti nella fase III - valori massimo, medio e minimo.������ 250 Tabella 2. Caratteristiche macroscopiche delle piastre di cottura rinvenute nella fase III (piani III1a-III4a).�������������������������������� 256

Analisi petrografica dei materiali argillosi non vascolaridal sito di Oratino - La Rocca (Vanessa Forte, Laura Medeghini)

Figura 1. Frammenti argillosi non vascolari analizzati in sezione sottile. a: C244 (intonaco); b: n. C57 (incannucciato); c: n. C225 (piastra); d: n. C48 (piastra). Fuori scala.��������������������������������������������������������������������������259

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Figura 2. Impasti di intonaco (n. C244), intonaco con impronte di incannucciato (nn. C57, C3) e piastre (nn. C6, C225, C248, C48, C202) in sezione sottile (ingrandimenti 2.5x)���������������������������������������������������������������������������������������������260 Tabella 1. Sintesi delle caratteristiche petrografiche dei frammenti attribuibili a strutture di combustione.������������������������������� 262

Oratino - La Rocca: il paleoambiente e le strategie di approvvigionamentodel combustibile (Cosimo D’Oronzo)

Figura 1. Carta climatica della regione e posizionamento dei siti archeologici e geologici citati (1. Isernia La Pineta; 2. Sessano; 3. Boiano; 4. Grotta Reali; 5. Ponte Regio; 6. Geo 33; 7. Oratino-La Rocca; 8. Monteroduni-Loc. Paradiso; A. Regione a clima mediterraneo; B. Regione a clima temperato. Da I a V macro-aree morfologiche.��������266 Figura 2. Profilo della sezione della vegetazione del Molise (Pi: Pinus; Fr: Fraxinus; Qi: Quercus ilex; Ph: Phyllirea; Os: Ostrya; Qp: Quercus pubescens; Qc: Quercus cerris; Pr: Prunus; Ac: Acer; Fa: Fagus, Ab: Abies).������������������������������������������267 Figura 3. Geologia dell’area (rielaborata da Rosskopfe Scorpio 2013).�����������������������������������������������������������������������������������������269 Figura 4. Confronto tra le foto aeree del 1988-1989 e quelle del 1994-1998.��������������������������������������������������������������������������������270 Figura 5. Sezione del territorio compreso fra la Rocca ed il fiume Biferno con vegetazione: Qp: Quercus pubescens; Qc: Quercus cerris; Cu: Cupressus; Fi: Ficus carica; My: Mirtus communis; Co: Corylus avellana; Os: Ostrya carpinifolia; Pr: Prunus spp.; Ce: Cereali; Al: Alnus spp.; Sa: Salix spp; Ra: Rampicante ; Po: Populus spp.; Fr: Fragmites spp.; Ul: Ulmus spp.���������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������270 Figura 6. Diagramma antracologico dei livelli dell’Appenninico.������������������������������������������������������������������������������������������������272 Figura 7. Diagramma antracologico dei livelli del Subappenninico (fase III).�����������������������������������������������������������������������������272 Figura 8. Associazioni vegetali dei livelli del Subappenninico (fase III).��������������������������������������������������������������������������������������275 Tabella 1. Numero dei campioni, volume, numero di resti e taxa analizzati.���������������������������������������������������������������������������������������� 270

La sussistenza nel Molise durante il secondo millennio a.C.: il contributo della carpologia (Cosimo D’Oronzo)

Figura 1. Resti carpologici combusti provenienti dai livelli dell’età del Bronzo di Oratino-La Rocca: Triticum aestivum/durum (a: sezione ventrale; b: sezione laterale; c: sezione dorsale). Triticum cfr. dicoccum (d: sezione ventrale; e: sezione laterale; f: sezione dorsale). Porzione di spiga di Triticum cfr. dicoccum (g: sezione laterale; h: sezione dorsale). Vicia faba var. minor (i: sezione frontale).������������������������������������������������������280 Figura 2. Taxa identificati nei livelli appenninici di Oratino-La Rocca.����������������������������������������������������������������������������������������281 Figura 3. Taxa identificati nei livelli subappenninici di Oratino-La Rocca.����������������������������������������������������������������������������������284 Figura 4. Rapporto larghezza/spessore nelle cariossidi di Triticum della fase III.������������������������������������������������������������������������284 Figura 5. Localizzazione dei siti archeologici citati nel testo: i siti neolitici di Riparo Ponte Regio, Monte Maulo e A268 sono indicati con il triangolo; i siti dell’età del Bronzo di Masseria Mammarella, Fonte Maggio, Oratino-La Rocca e Monteroduni-Loc. Paradiso sono indicati con la stella.����������������������������������������������������������������285 Figura 6. Cereali, legumi e frutti rinvenuti nei livelli appenninici dei siti di Fonte Maggio e Oratino-La Rocca.�������������������������286 Figura 7. Tipologie di cereali rinvenuti nei livelli appenninici dei siti di Fonte Maggio e Oratino–La Rocca.�����������������������������286 Figura 8. Cereali, legumi e frutti rinvenuti nei livelli subappenninici dei siti di Masseria Mammarella, Oratino-La Rocca e Monteroduni-Loc. Paradiso.����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������288 Figura 9. Tipologie di cereali rinvenuti nei livelli subappenninici dei siti di Masseria Mammarella, Oratino–La Rocca e Monteroduni-Loc. Paradiso.������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������288# Tabella 1. Campioni, volume sedimento e numero resti nel sito di Oratino-La Rocca.����������������������������������������������������������������������� 280 Tabella 2.1-2. Resti carpologici identificati provenienti dai siti di Monte Maulo, Riparo Ponte Regio, A268, OratinoLa Rocca, Monteroduni - Loc. Paradiso, Fonte Maggio e Masseria Mammarella.��������������������������������������������������������������� 282 Tabella 3. Misure in millimetri delle cariossidi di Triticum rinvenuti nei livelli della fase III: lunghezza (L), larghezza (l), spessore (sp) e relativi indici biometrici.���������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 284

L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninicodi Oratino – La Rocca. Una prospettiva integrata multidisciplinare (Valentina Copat)

Figura 1. Sintesi delle funzioni attribuite e legenda. Nelle successive carte di distribuzione sono indicate con diversi colori le funzioni attribuite, tenendo conto che alcune di queste possono spesso coincidere in uno stesso contenitore. Per le forme aperte, i contenitori per i quali non sia stata possibile l’attribuzione a un gruppo morfologico sono indicati in grigio chiaro. È comunque mantenuta l’informazione circa la terminazione dell’imboccatura. Le forme chiuse per le quali la funzione della conservazione rimane indeterminabile sono indicate in grigio scuro (rielaborata da Recchia et al. 2008: fig. 2).�������������������������������������������295 Figura 2. Fase III 1a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).�������������������������������������������������������302 Figura 3. Fase III 1a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.��������������������������������������������������������������������������������������������������303 Figura 4. Fase III 2a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).�������������������������������������������������������306 Figura 5. Fase III 2a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.��������������������������������������������������������������������������������������������������307 Figura 6. Fase III 3a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).�������������������������������������������������������310 Figura 7. Fase III 3a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.��������������������������������������������������������������������������������������������������311 Figura 8. Fase III 4a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).�������������������������������������������������������316 Figura 9. Fase III 4a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.��������������������������������������������������������������������������������������������������317 Figura 10. Fase III 5a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).�����������������������������������������������������319 Figura 11. Fase III 5a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.������������������������������������������������������������������������������������������������320 Figura 12. Fase III 6a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).�����������������������������������������������������322 Figura 13. Fase III 6a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.������������������������������������������������������������������������������������������������323

vii

Figura 14. Diagramma delle associazioni delle variabili.��������������������������������������������������������������������������������������������������������������339 Figura 15. Distribuzione spaziale degli elementi in ceramica non vascolare – tutte le fasi.��������������������������������������������������������342 Figura 16. Distribuzione spaziale dei resti di animali da pelliccia e delle scodelle di classe D (in verde scuro) – tutte le fasi.����344 Figura 17. Distribuzione degli elementi da ricondurre alla lavorazione dell’osso e del corno – tutte le fasi.������������������������������345 Tabella 1. Dettaglio delle attribuzioni ai singoli gruppi morfologici relativi alle forme aperte nell’ambito dei diversi contesti individuati per ciascun piano di frequentazione della fase III (sono esclusi i frammenti sicuramente residuali).����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 292 Tabella 2. Dettaglio delle attribuzioni ai singoli gruppi morfologici relativi alle forme chiuse nell’ambito dei diversi contesti individuati per ciascun piano di frequentazione della fase III (sono esclusi i frammenti sicuramente residuali). Si aggiunge qui per completezza un’olla n.d. dai livelli della buca US283 all’interno della struttura frangivento (fase III 1a), rappresentata da un fondo di contenitore di medie dimensioni, rinvenuto alla base del taglio.������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 293 Tabella 3. Dettaglio del rapporto tra forme aperte e forme chiuse, delle funzioni rappresentate e delle sostanze più probabilmente trattate nell’ambito delle forme aperte, per i contesti individuati in ciascun piano di frequentazione. I contenitori con diametro n.d. ricadono nell’insieme per i quali la funzione non risulta ben determinabile. Gli stessi, quando caratterizzati da una terminazione dell’imboccatura che non agevola la fuoriuscita del contenuto sono stati conteggiati con quelli utili al trattamento di sostanze semisolide; gli altri, caratterizzati dalla presenza di una terminazione compatibile con il trattamento dei liquidi, in assenza dell’informazione sulla loro ampiezza sono considerati indeterminabili anche in relazione alla sostanza trattata.�������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 294 Tabella 4. Dettaglio dei rinvenimenti dei resti carpologici per ogni contesto nell’ambito di ciascun piano di frequentazione. Oltre a 24 contesti sopra citati sono stati tenuti distinti i resti provenienti dai campioni localizzati tra la piastra US542 e la piastra UUSS676-677 della fase III 3a, in quanto non sicuramente attribuibili ai livelli di uso dell’una o dell’altra struttura. Come per le altre classi di materiali, sono esclusi i resti provenienti dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione.���������������������������������������������������������������� 296 Tabella 5a. Dettaglio dei rinvenimenti dei resti antracologici per ogni contesto funzionale nell’ambito di ciascun piano di frequentazione. Come per le altre classi di materiali, sono esclusi i resti provenienti dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione.����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 297 Tabella 5b. Incidenza percentuale dei resti antracologici per ogni contesto funzionale nell’ambito di ciascun piano di frequentazione. Come per le altre classi di materiali, sono esclusi i resti provenienti dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione.����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 298 Tabella 6. Dettaglio delle specie faunistiche rinvenute in corrispondenza dei singoli contesti nell’ambito di ciascun piano di frequentazione. È inoltre indicata la proporzione tra fauna domestica e fauna selvatica, da cui sono esclusi i resti di bue o cervo. Sono esclusi i resti provenienti dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione.������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������ 299 Tabella 7a. Dettaglio delle porzioni di resa carnea per le maggiori specie rappresentate nell’ambito dei singoli contesti funzionali individuati.��������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 300 Tabella 7b. Sintesi delle categorie di resa carnea per le maggiori specie rappresentate nell’ambito dei singoli contesti funzionali individuati e incidenza delle porzioni ad alta resa carnea (I+II categoria) e a scarsa resa carnea (III+IV categoria).������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 301 Tabella 8. Sintesi delle caratteristiche principali dei contesti individuati per ciascun piano funzionale, in relazione agli insiemi ceramici: incidenza di forme chiuse o aperte, funzione prevalente e caratteristiche delle forme aperte in funzione della sostanza presumibilmente trattata (cfr. Tabella 3).���������������������������������������������������������� 326 Tabella 9. Sintesi delle caratteristiche principali dei contesti individuati per ciascun piano funzionale in relazione agli insiemi carpologici: quantità e composizione prevalente (cfr. Tabella 4)�������������������������������������������������������������������� 327 Tabella 10. Incidenza percentule delle maggiori specie per ciascun contesto funzionale. Sono esclusi i resti di bue o cervo (cfr. Tabella 5). Si indica, per confronto, anche l’incidenza nell’ambito degli insiemi con scarsi resti, anche se definiti non valutabili.������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 329 Tabella 11. Sintesi delle caratteristiche principali dei contesti individuati per ciascun piano funzionale in relazione agli insiemi faunistici: quantità di resti, rapporto tra fauna domestica e selvatica, incidenza di resti con alta o scarsa resa carnea e rapporto tra le specie (cfr. Tabelle 6, 7a-b).������������������������������������������������������������������������������� 330 Tabella 12a-b. Matrice delle correlazioni osservate tra le caratteristiche individuate per coppia di variabili. Sono indicati in grassetto e campitura grigia i casi in cui due caratteristiche ricorrono contemporaneamente almeno nella maggioranza assoluta dei casi osservati rispetto ad una variabile e almeno nella metà dei casi osservati rispetto all’altra. Sono indicati in grassetto i casi in cui la totalità delle situazioni osservate rispetto a una variabile presenti una medesima caratteristica rispetto ad un’altra variabile, pur non superando la soglia di significatività sopra descritta.������������������������������������������������������������������������������������������������������������� 334

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Autori Valentina Copat – Curatore archeologo – Musei Capitolini– Direzione Musei Civici – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. [email protected] Michela Danesi – Collaboratore Dipartimento di Scienze dell’Antichità – Sapienza Università di Roma. [email protected] Cosimo D’Oronzo – Collaboratore Laboratorio di Archeobotanica e Paleoecologia (LAP) del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento. [email protected] Vanessa Forte – Dipartimento dei Beni Culturali: Archeologia, Storia dell’Arte, del Cinema e della Musica, Università di Padova. [email protected] Laura Medeghini – Dipartimento [email protected]

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Scienze

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Università

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Roma.

Vittorio Mironti – Collaboratore Dipartimento di Scienze dell’Antichità – Sapienza Università di Roma – [email protected]

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Premessa Il sito della Rocca di Oratino venne segnalato per la prima volta grazie alle ricognizioni condotte nell’area da G. Barker negli anni Settanta (1995a-b) e fu indagato nel 1991 da G. De Benedittis con un primo saggio stratigrafico, che permise di riconoscere la presenza di un deposito dell’età del Bronzo ancora in posto (De Benedittis 1991). Dopo un lungo lasso di tempo, le ricerche sono state riprese nell’autunno del 2005 con scavi sistematici, coordinati dalla cattedra di Paletnologia dell’Università Sapienza di Roma in collaborazione con l’Università di Foggia e resi possibili grazie alla preziosa partecipazione di numerosi studenti e collaboratori che si sono avvicendati sul campo nel corso delle diverse campagne di scavo1. Oltre al sostegno fornito dalla Soprintendenza Archeologica del Molise, di grande importanza è stato il supporto ricevuto dall’Amministrazione Comunale e in particolare dalla comunità locale, che ha partecipato in modo attivo alle ricerche, anche prestando le proprie professionalità, e supportando il gruppo di lavoro nella vita quotidiana2. La cittadinanza si è inoltre sempre dimostrata interessata nel seguire i progressi della ricerca, con visite da parte delle scuole o di numerosi “curiosi”, e ha seguito con interesse anche alcune iniziative divulgative organizzate dal gruppo di ricerca, tra cui si ricorda il workshop di archeologia sperimentale, svolto nella piazza del belvedere di Oratino il 12 luglio 2014. Il sito è stato più volte oggetto di contributi sugli specifici aspetti delle ricerche in corso (Cazzella et al. 2006, 2007a, 2007b; Copat 2015; Copat e Danesi 2010, 2017; Copat et al. 2012; Copat e D’Oronzo 2021a, 2021b; Recchia et al. 2008). Con questo volume si vogliono presentare i dati e gli studi conclusivi relativi alle diverse categorie di manufatti rinvenuti negli ultimi livelli di frequentazione dell’insediamento, caratterizzati dalla presenza di un’area di attività all’aperto posta in un’area marginale del sito. Questi possono oggi infatti confluire in una ricerca integrata e multidisciplinare, frutto anche di alcuni lavori di tesi di laurea e di dottorato di ricerca3. Si vogliono al tempo stesso presentare le evidenze relative ai livelli più antichi in un quadro più organico rispetto a quanto è stato possibile fare nelle precedenti occasioni, tenendo conto che i materiali ad essi pertinenti sono ancora in corso di studio e alcuni aspetti necessitano una riflessione più approfondita. Valentina Copat Michela Danesi

1  Per tutti, desideriamo ringraziare Stefano Caruso, Cinzia Fania, Enrico Lucci, Rachele Modesto, Vittorio Mironti e Diego Tiberi, che hanno seguito con continuità le attività di scavo nel corso degli anni. Inoltre si desidera ringraziare il dott. Cosimo D’Oronzo, che ha seguito le strategie di campionamento del deposito e il successivo studio dei resti paleobotanici. Un ringraziamento va infine al prof. Alberto Cazzella, al dott. Maurizio Moscoloni e alla prof.ssa Giulia Recchia, che negli anni hanno seguito questo lavoro. 2  In particolare si ringraziano Valter e Antonio D’Anolfo, Giulio De Socio, Anselmo De Cristofaro, Luca Fatica, Dora Iafelice e Teresa Muccitto. 3  L’industria litica è stata studiata nell’ambito della ricerca di dottorato dal dott. Vittorio Mironti (Mironti 2018) presso l’Università Sapienza di Roma; i resti archeozologici sono stati studiati dalla dott.ssa Anna Pizzarelli nell’ambito della sua tesi di dottorato presso l’Università di Foggia.

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Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche Valentina Copat Si tratta dunque di un modello di occupazione diverso da quello meglio conosciuto dei coevi siti costieri, orientati in particolare verso lo sviluppo dei traffici transmarini, che in anni recenti ha suscitato l’interesse di diversi studiosi anche per altri contesti dell’Italia meridionale e che necessita ancora un approfondimento (Cazzella e Recchia 2008a, 2009a; Cazzella et al. 2018c, 2019, 2020; Guglielmino e Pagliara 2017; Jung et al. 2015; Radina et al. 2008; Recchia 2009; Romano e Recchia 2006; Ruggini 2009; Ruggini e Copat 2013; Scarano 2017).

Il sito della Rocca di Oratino nel contesto dell’occupazione della valle del Biferno nell’età del Bronzo Il sito della Rocca di Oratino (CB, Molise – Figure 1-2), posto salla riva destra dell’alta valle del fiume Biferno, alle spalle di uno sperone roccioso emergente rispetto al territorio circostante, venne segnalato per la prima volta negli anni Settanta da G. Barker (Barker 1988-1989, 1995a, 1995b) Esso è stato in anni recenti oggetto di scavi sistematici che hanno permesso di documentare un’occupazione stabile del sito nel corso del II millennio a.C., almeno a partire dall’Appenninico fino alle fasi finali del Subappenninico, anche se alcuni frammenti residuali rimandano a una frequentazione già nel corso del Protoappenninico1 (Cazzella et al. 2006, 2007a, 2007b; Copat e Danesi 2010; Copat et al. 2012). Queste ricerche hanno permesso in primo luogo di approfondire il tema dell’occupazione delle aree interne appenniniche nel corso dell’età del Bronzo, rispetto alla quale si hanno ancora informazioni limitate. Il sito si trova infatti in posizione strategica lungo un’importante via di penetrazione che dalla costa adriatica a N del Gargano permette di risalire verso le zone interne fino al massiccio del Matese. Esso è posto inoltre presso l’incrocio di due percorsi naturali: quello della valle del fiume, nelle immediate vicinanze del sito, e quello segnato in epoca storica dal tratturo Lucera-Castel di Sangro (Paone 2006), che mette in comunicazione l’area limitrofa al sito di Oratino direttamente con la Puglia settentrionale, attraversando l’alta valle del fiume Fortore, fino al confine con l’Abruzzo. A questi si aggiunge un piccolo percorso noto come ‘il tratturello Biferno-Campobasso’, di più breve percorrenza (Figura 3). Queste vie di comunicazione, oltre ad avere avuto probabilmente un ruolo significativo in relazione alle attività di sussistenza e in particolare allo spostamento stagionale del bestiame (il Matese è anche oggi uno dei maggiori pascoli estivi della regione), sembrano potere essere state funzionali allo scambio di informazioni e di beni, anche di prestigio, quali ambra e pasta vitrea, così come testimoniato dai rinvenimenti dallo stesso sito di Oratino (Copat e Danesi 2010; Copat infra: 239-241).

Le ricerche nel sito della Rocca di Oratino colmano inoltre una lacuna nella conoscenza della preistoria recente del Molise e in particolare della valle del Biferno, per la quale le evidenze relative all’età del Bronzo non sono abbondanti. Oltre infatti ai siti già noti grazie alle ricognizioni degli anni Settanta, seppure numerosi, sono ancora scarse le informazioni provenienti da insediamenti oggetto di attività di scavo sistematico; a parte il caso della Rocca di Oratino, essi sono limitati a due, sempre indagati a opera di G. Barker: quello di Petrella Tifernina – Fonte Maggio, occupato durante l’Appenninico e con tracce di frequentazione nel Protoappenninico, e quello di Masseria Mammarella, che mostra una più chiara continuità di occupazione dall’Appenninico al Subappenninico. A queste evidenze si aggiunge un piccolo saggio effettuato all’interno di una villa romana nel sito di Matrice, che riveste un’importanza particolare per la sua posizione altimetrica elevata, a circa 800 m s.l.m. (Barker 1976, 1995a; Lloyd 1991). In un ambito geografico più ampio si ricordano inoltre le recenti ricerche nel sito di Monteroduni, in provincia di Isernia, sulla non lontana valle del Volturno, che integrano le nostre conoscenze per il periodo in questione della regione (Cazzella et al. 2005, 2007c; Recchia et al. 2006). Quanto al più specifico ambito regionale della valle del Biferno, le ricerche condotte da G. Barker hanno permesso di documentare una frequentazione capillare durante l’età del Bronzo (anche se molti dei siti noti non sono databili nel dettaglio e alcuni potrebbero essere di poco più tardi), con un totale di più di 90 siti, non tutti occupati contemporaneamente, a indicare un certo interesse per il popolamento di quest’area per tutto il corso del II millennio a.C. A questo si aggiunge un

1  Le ricerche sul campo, per le campagne 2005-2015, sono state coordinate da chi scrive insieme alla dott.ssa Michela Danesi.

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Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 1. Il sito della Rocca di Oratino: collocazione topografica. Localizzazione sulla Carta Tecnica Regionale – elemento 405031 (da Cazzella et al. 2007b: fig. 1).

Figura 2. Veduta della Rocca di Oratino da SE (foto Valer D’Anolfo).

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Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche

Figura 3. Localizzazione del sito di Oratino con l’indicazione delle principali vie di comunicazione, così come definite anche dai percorsi di età storica (da Copat e Danesi 2017: fig. 1).

recente progetto di ricognizione territoriale nelle aree limitrofe al sito e nell’alta valle del fiume che, attivo dal 2015, sta chiarendo alcuni aspetti del popolamento della regione (Cazzella et al. 2018a-c, 2019; Lucci et al. 2016).

durante l’Appenninico (Figura 4A), per il quale sono conosciuti almeno 16 siti, nell’ambito dei quali, oltre alle presenze meno significative, sette appaiono interpretabili come veri e propri insediamenti (3 dei quali, come detto sopra noti anche grazie a saggi di scavo: Masseria Mammarella, Petrella Tifernina – Fonte Maggio e Oratino, che in quella occasione era stato considerato come rinvenimento sporadico). In questa fase sembra aver suscitato un particolare interesse l’occupazione della media valle del fiume, mentre il territorio più prossimo alla costa non risulta essere stato densamente occupato, come avviene invece in numerose altre aree dell’Italia meridionale. Allo stesso modo per l’Alta Valle, forse anche in relazione alle caratteristiche geomorfologiche più articolate, che tra l’altro hanno reso le ricerche sul terreno più difficoltose, non risultano documentati insediamenti a carattere stabile oltre il sito Oratino. L’interesse per l’occupazione anche su base stagionale di siti di altura nel periodo, e probabilmente anche nel corso del Protoappenninico, è tuttavia confermato da recenti rinvenimenti nel territorio posto a E della stessa valle del Biferno, sempre ai piedi del massiccio del Matese, con i siti, recentemente individuati, di Pesco la Messa e Morgia Quadra (Cazzella et al. 2019).

G. Barker (1995a) aveva proposto per queste fasi un modello di insediamento basato sulla presenza da una parte di piccoli insediamenti stabili e dall’altra di ‘campi satellite’, legati ad attività temporanee. Questa proposta è stata più recentemente oggetto di una revisione critica dei dati disponibili riportati dallo stesso autore (Copat et al. 2007; Danesi et al. 2009). G. Barker aveva infatti definito tali categorie attraverso l’osservazione dalla consistenza dei rinvenimenti sul terreno, valutata tuttavia in modo non sempre convincente. Questa variabile, definita dall’autore solo sulla base dell’area di dispersione e della quantità del materiale rinvenuto, è stata dunque ricalibrata in relazione anche alla visibilità dei resti, prendendo in considerazione i dati relativi alle caratteristiche morfologiche del terreno, all’uso del suolo e alla eventuale presenza di occupazioni successive all’età del Bronzo, restituendo un quadro in parte diverso da quello precedentemente proposto. A giudicare dai risultati così ‘ricalibrati’, in relazione solo ai siti attribuibili con maggiore precisione all’una o all’altra fase dell’età del Bronzo, l’occupazione della valle del Biferno sembra essere stata già intensa

Nel corso del Subappenninico invece (Figura 4B), per il quale sono stati riconosciuti almeno 25 siti, tra cui sei sono quelli interpretabili come veri e propri 3

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 4. Carta di distribuzione dei siti occupati nel corso dell’Appenninico (A) e del Subappenninico (B) noti grazie alle ricognizioni di G. Barker (da Copat et al. 2007).

insediamenti, i dati disponibili permettono di osservare un maggiore interesse da una parte per le aree più prossime alla costa, che sembra consolidarsi anche in un momento successivo con l’insediamento di Campo Marino (Di Niro 1991), e dall’altra per l’occupazione dell’Alta Valle, in particolare per la piana di Boiano.

5), ma l’area è caratterizzata dalla presenza di un certo numero di piccoli spiazzi posti a quote diverse e risulta carente di ampi spazi a disposizione: la sua occupazione sembra essere stata organizzata in aree ristrette poste a più livelli su versante, come testimonia il rinvenimento sporadico di alcuni frammenti ceramici in posizioni altimetriche anche più elevate rispetto a quelle dell’area indagata. Il sito non è direttamente orientato sulla valle del fiume, dove l’emergenza rocciosa presenta una parete quasi verticale, ma si colloca rispetto a esso sul versante opposto (Figura 6).

Dal confronto con gli altri siti noti nella stessa area per le medesime fasi, l’occupazione di Oratino presenta nel complesso alcune caratteristiche peculiari, strettamente connesse con la volontà di occupare questo specifico luogo. Le attività di scavo si sono concentrate in un piccolo pianoro posto sul versante SE dello sperone roccioso a circa 540 m s.l.m. (Figura

Gli altri siti dell’età del Bronzo nella stessa valle presentano invece caratteristiche in parte diverse 4

Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche

Figura 5. La Rocca di Oratino: ricostruzione dell’area di estensione dell’abitato e indicazione dell’area di scavo (da Copat e D’Oronzo 2021b; foto Molise Geodetica).

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Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 6. Veduta della Rocca dalla valle del Biferno (foto Valer D’Anolfo).

(Barker 1976, 1988-1989, 1995a, 1995b). Se infatti la posizione su versante o su cresta è nel complesso quella più ricorrente, la morfologia delle aree in cui tali insediamenti insistono prevede sempre declivi non scoscesi e ampi pianori. Tali insediamenti inoltre, quando legati a una valle fluviale, si orientano sempre verso il corso d’acqua, sia esso proprio il Biferno, per il quale l’interesse è più evidente nel corso dell’Appenninico, sia esso uno dei suoi maggiori affluenti, come il Rio, il Sinarca o il Cigno.

un’ampiezza di circa 110 mq, è stata suddivisa in quadrati di 4x4 m. Qui, un cortile/aia realizzato con un fitto lastricato di pietre, probabilmente messo in opera nel secolo scorso, sigillava il deposito archeologico. Quest’ultimo si riferisce non solo all’occupazione nel corso dell’età del Bronzo ma anche alle successive frequentazioni di età storica. Le pendici della Rocca vennero infatti rioccupate sia in età ellenistica, come testimonia tra l’altro la presenza di un muro di fortificazione sannitico in opera poligonale, sia in età medioevale, quando l’area venne risistemata, asportando parte del deposito preistorico per favorire l’impianto delle nuove strutture, delle quali sono rimaste tracce consistenti nella porzione S dell’area di scavo.

L’organizzazione topografica del sito pone dunque alcuni interrogativi sulle modalità di insediamento di un’area che doveva presentare alcune difficoltà di occupazione, in particolare in relazione all’organizzazione e allo sfruttamento degli spazi a disposizione. Tale situazione spinge dunque a considerare il problema di quali fossero i vantaggi, costituiti ad esempio dalla posizione dominante su una via di comunicazione strategica, e gli svantaggi, come l’assenza di ampie aree da destinare all’abitato o ad altre attività, di questo tipo di occupazione. Le particolari caratteristiche morfologiche di tale sperone, che si erge isolato sul fiume, sono ancora oggi sottolineate dalla presenza, sulla sua sommità, di una torre di età medioevale che caratterizza fortemente l’attuale paesaggio. Non si può tuttavia del tutto escludere, per la presenza di testimonianze di epoche più recenti e gli sconvolgimenti provocati da un forte terremoto (che nel XV secolo provocò l’abbandono definitivo dell’abitato che in quel periodo occupava l’intera area della Rocca di Oratino) che anche la parte sommitale di tale emergenza rocciosa fosse insediata nell’età del Bronzo.

Le comunità medioevali che si stanziarono sullo spiazzo meridionale operarono dunque un riallestimento dell’area, asportando parte del terreno al fine di regolarizzare forse un preesistente salto di quota. Alcuni dei muri a esse relativi (come il muro est della struttura centrale e il muro N della struttura W - Figura 7) vennero infatti realizzati con tecnica a terrapieno, costituendo al tempo stesso elementi strutturali e di contenimento. Questa evidenza risulta certamente interessante per comprendere le modalità di insediamento di un’area che comunque doveva presentare alcune difficoltà di occupazione per la presenza di numerosi salti di quota, i quali dovevano essere in qualche modo superati (o sfruttati) nell’impianto di un abitato. Il deposito dell’età del Bronzo non conserva dunque la sua estensione originaria: nella porzione N dell’area di scavo esso era meglio conservato, mentre nella porzione S esso risultava rimaneggiato e parzialmente asportato a seguito dell’impianto delle suddette strutture, che arrivarono a intaccare, al margine S dell’area, i livelli di frequentazione appenninica.

Lo scavo e le fasi di frequentazione L’area di scavo, impostata, come accennato sopra, sul piccolo pianoro a SE dello sperone roccioso, per 6

Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche

Figura 7. Pianta delle strutture medioevali con l’indicazione dei tagli che hanno interessato il deposito preistorico (da Cazzella et al. 2007a: fig. 3).

Per l’età del Bronzo, l’analisi delle evidenze finora disponibili porta a ritenere che l’area indagata costituisca una zona marginale dell’insediamento nel corso di tutte le fasi di occupazione. Gli scavi hanno permesso di individuare un probabile sistema di fortificazione, le cui caratteristiche cambiano nel corso del tempo. Esso tuttavia insiste, almeno nei tratti noti, sul medesimo punto con vari rifacimenti, in relazione

probabilmente alle caratteristiche orografiche del terreno, e doveva costituire il limite E dell’insediamento. L’ultima fase di frequentazione, da porsi nell’ambito del Subappenninico Recente, oggetto specifico degli studi che qui si presentano, ha restituito una serie di piani di frequentazione all’aperto, caratterizzati dalla presenza di alcune piastre di cottura, in un’area 7

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche destinata ad attività collettive in gran parte orientate alla preparazione, al trattamento e al consumo degli alimenti, proprio a ridosso delle fortificazioni.

Le due strutture presentano caratteristiche in parte analoghe: oltre alla forma e alle dimensioni, esse risultano scavate nel terreno argilloso. Il loro riempimento risultava invece diversamente caratterizzato, ma in entrambe il livello più alto era costituito da uno strato di ciottoli.

Le caratteristiche topografiche rendono difficile ipotizzare quale fosse l’effettiva ampiezza dell’insediamento, con una ricaduta sulla stima del numero possibile di abitanti e delle modalità di sfruttamento del territorio circostante (Copat e D’Oronzo 2021b). Non si può escludere che esso si estendesse anche a W dello sperone, ma la presenza di una parete quasi verticale, utile anche a scopi difensivi, e il suo forte carattere di marker territoriale, rende tale ipotesi meno probabile. Prendendo comunque in considerazione il limite dell’emergenza rocciosa, l’andamento delle evidenze legate alle mura di fortificazione e le caratteristiche topografiche del luogo è possibile fare una stima dell’area dell’abitato intorno a un ettaro (Figura 5).

La struttura 1, indagata nella sua interezza, è costituita da una fossa irregolarmente ovoidale larga 1,5 m, lunga 2 m e profonda circa 0,5 m, alla cui base sono state rinvenute pietre di grandi dimensioni inglobate nel deposito in cui essa venne ricavata. Il riempimento era invece costituito, dal basso, da alcuni livelli di terreno bruciato misto ad abbondanti resti di semi carbonizzati, relativi a diverse specie (Copat et al. 2012: 194; tab. 1), e da uno strato di terreno bruciato misto a grandi frammenti di concotto con tracce di incannucciato e a frammenti ceramici, oltre che dal livello di ciottoli soprastante.

Il rinvenimento di frammenti ceramici riferibili a questo periodo in zone adiacenti a quella di scavo, ma al di fuori di quest’ultima, sembra da riferirsi alla frequentazione di aree limitrofe al sito, finalizzata piuttosto allo svolgimento di attività legate alla sussistenza, come la coltivazione dei campi adiacenti e la lavorazione dei prodotti derivati dal latte (Lucci et al. 20162).

La struttura 2 è stata invece indagata solo per una porzione semicircolare, in quanto prosegue in sezione oltre l’area di scavo verso S. Essa presenta fondo piano e ha una profondità di circa 0,5 m. A differenza della prima, il suo riempimento risultava caratterizzato da una bassa densità di resti vegetali, che includevano però resti antracologici anche di grandi dimensioni.

Le più antiche evidenze: la frequentazione appenninica

Per quanto riguarda la loro interpretazione funzionale, la forma del taglio, il fatto che siano state ricavate in un deposito di argilla che avrebbe potuto svolgere la funzione stessa di rivestimento (di cui in non sono state trovate tracce) e non ultima, in particolare per la struttura 1, la presenza di abbondanti semi carbonizzati potrebbero orientare verso l’ipotesi che si trattasse di silos. D’altra parte la loro scarsa profondità, la composizione eterogenea dei resti rinvenuti, oltre al profilo interrotto (in particolare della struttura 1) fanno pensare che esse possano essere state utilizzate come fosse di scarico. È difficile stabilire se esse siano state originariamente realizzate per questo scopo, anche con meccanismi leggermente diversi (date le differenze nel riempimento), o se, dopo un uso per noi non determinabile, possano essere state rifunzionalizzate in tal senso.

Il primo momento di frequentazione si pone, come accennato in premessa, nel corso della fase Appenninica (fine XV-XIV secolo a.C.), cui sono riferibili i resti di una grande struttura con probabile funzione difensiva (Figura 8: struttura 6, in corso di scavo): sono riconoscibili due accumuli artificiali di terreno argilloso di colore giallastro, separati da una zona depressa, delimitata da due blocchi o parti della roccia di base, parzialmente scalpellati, a ottenere una sorta di passaggio a imbuto in salita verso l’area centrale dell’abitato che doveva porsi più a monte. I due accumuli, almeno verso l’esterno, erano probabilmente rivestiti in pietrame, come si osserva in alcuni punti (Figure 9-10; Cazzella et al. 2017: fig.8). È possibile attribuire a questo momento, o ad uno immediatamente successivo, anche l’impianto di due piccole strutture in negativo, di cui si era già data notizia in precedenza (Figura 8: strutture 1 e 2; Copat et al. 2012: fig. 1). Esse sono poste al di fuori del ‘passaggio’, una a W di esso, immediatamente al di sotto dei livelli di frequentazione relativi al Subappennico Recente, l’altra nella porzione S dell’area, subito sotto i livelli di età medioevale.

Simile a queste, sia per forma che per eterogeneità dei resti, è una struttura rinvenuta a Pratola Serra, anche se cronologicamente più antica (Ciaraldi 1999; Talamo et al. 2002), intrepretata anch’essa come fossa di scarico. Un confronto geograficamente e cronologicamente più vicino viene inoltre dal sito di Petrella Tifernina – Fonte Maggio, nella stessa valle del Biferno (Barker 1976, 1995a: fig. 58). Qui, una fossa ellissoidale allungata scavata in un terreno argilloso era stata però a suo tempo interpretata come fossa per l’alloggiamento del palo centrale di una probabile capanna conica: tuttavia,

Gli autori hanno diversamente interpretato queste evidenze come pertinenti all’abitato in senso stretto, stimando la sua estensione tra 1,4 e 2,6 ha (Lucci et al. 2016: 166).

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Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche

Figura 8. Pianta generale dell’area di scavo con l’indicazione delle strutture più significative attribuibili all’Appenninico (strutture 1-2,6) e al Subappenninico (strutture 3-5), in corso di scavo (da Copat et al. 2012: fig. 1).

date le sue dimensioni (è lunga più di 1,5 m), sembra piuttosto da riferire a una tipologia strutturale analoga e coeva a quelle attestate a Oratino.

resti umani non in connessione, inclusi i resti di un cranio, rinvenuti sulla sommità di uno dei due accumuli di terreno, quello settentrionale, per il quale in passato era stata proposta un’interpretazione come tumulo funerario (Figura 8, quadrato C4G, sommità della struttura 6; Copat e Danesi 2010), essendo allora non

Sempre probabilmente in relazione alla frequentazione appenninica del sito è da porsi la presenza di alcuni 9

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 9. Ortofoto dell’area dello stretto passaggio, delimitato a S e a N da due accumuli artificiali di terreno argilloso rivestiti in pietrame e da due blocchi (o parte della roccia di base) parziamente scalpellati (foto E. Lucci).

Figura 10. Veduta generale dell’area di scavo da N. In basso un particolare del rivestimento in pietrame relativo alla fase appenninica.

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Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche

Figura 11. Materiali dal riempimento della cista funeraria e dai livelli di obliterazione del rivestimento in pietrame.

visibile il secondo accumulo, a S del primo e parallelo a esso. I resti antropologici sono stati rinvenuti in un’area sgombra da pietre di forma quadrangolare, che proseguiva verso N al di sotto della sezione, delimitata da pietre allineate disposte di taglio, a formare una sorta di cista funeraria. All’interno, le ossa erano miste a un terreno caratterizzato da tracce di combustione, ma esse stesse non presentavano, al contrario, evidenza di contatto con il fuoco.

isolata. In questo territorio, l’unico confronto possibile è quello con l’insediamento di Coppa Nevigata, e in particolare con le sepolture databili all’Appenninico Antico rinvenute nelle postierle delle precedenti mura protoappenniniche (Recchia 2012a: 394). Allo stesso modo però, le caratteristiche del deposito, il fatto che esso sia stato rimaneggiato in un momento successivo e il rinvenimento di questi presunti elementi di corredo non in associazione con i resti umani (a parte un frammento della scodella carenata) non permettono di escludere l’ipotesi che la loro deposizione possa essere l’esito di un altro tipo di comportamento legato al trattamento dei resti all’interno degli abitati, quale la deposizione di frammenti di ossa umane selezionate, sempre in connessione con tratti di fortificazione, attestato anch’esso a Coppa Nevigata, ugualmente per l’Appenninico Antico (Recchia 2012a: 392). In ogni caso, sia nell’una che nell’altra ipotesi, un elemento ricorrente è il legame tra questo tipo di evidenze con tratti di fortificazioni, che, come già sottolineato per l’abitato di Coppa Nevigata, dovevano rivestire un significato simbolico, oltre che pratico.

Tra i materiali rinvenuti nel riempimento si segnalano alcuni frammenti ceramici attribuibili alla fase subappenninica. Tuttavia, il rinvenimento, dallo stesso riempimento e dai livelli di immediata obliterazione della struttura, di un discreto numero di frammenti con decorazione appenninica in buono stato di conservazione (anche rispetto ad altre aree dello scavo), in particolare relativi a un’unica scodella carenata decorata (Figura 11.1), oltre che di un ago crinale in osso decorato a globetti di ispirazione egea (Figura 11.2), sempre dagli stessi livelli di obliterazione, suggerisce che la sistemazione dei resti possa essere legata alla frequentazione appenninica, poi rimaneggiata nel corso della fase recente dell’età del Bronzo. Anche l’ago crinale rimanda infatti a un periodo precedente quello Subappenninico e trova confronti con quelli rinvenuti a Punta le Terrare e Grotta Manaccora (Lo Porto 1995: tav. LXVII 1,5; Recchia 2010a: n. 4.20), che a loro volta ricordano un esemplare dal circolo A di Micene (Karo 1930: tav. LXXI.898). L’ago crinale da Punta Le Terrare sembra essere ascrivibile a un livello della omonima facies (Radina e Recchia 2003), mentre un esemplare riferibile alla stessa facies da Roca Vecchia rimanda a una versione semplificata in cui si ha solo una serie di incisioni sulla testa (Rugge 2010: n. 22.38).

La funzione difensiva sembra poi essere stata temporaneamente accantonata: l’area depressa fra i due accumuli di terreno venne progressivamente obliterata. I suoi primi livelli di riempimento possono essere messi in relazione a estese attività di combustione: lungo il suo perimetro si osservano lembi sparsi di terreno bruciato, cenere e concotto, con forte pendenza dai margini verso l’interno, mentre, via via che la depressione veniva riempita le tracce di bruciato e cenere diminuiscono progressivamente (Figura 8: struttura 3). Almeno a partire dai primi livelli del riempimento, i cui materiali sono in corso di studio, così come il loro inquadramento cronologico, una spiegazione di carattere simbolico appare al momento la più verosimile (e potrebbe connettersi con la presenza di resti scheletrici), data l’importanza di un’azione di chiusura di un probabile ‘passaggio’ o ingresso verso l’abitato. Una funzione di carattere pratico non può tuttavia essere ancora esclusa, almeno per i livelli più alti del riempimento, connessi con l’impianto di due strutture quadrangolari in pietrame a secco, che caratterizzano il momento

Nell’ipotesi che si tratti di una sepoltura formalizzata, anche se sconvolta nel corso del Subappenninico Recente, l’ago crinale di Oratino potrebbe dunque rappresentare un probabile elemento residuale nei livelli subappenninici e, insieme alla scodella, costituire un elemento di corredo di una deposizione comunque ‘anomala’ rispetto al panorama noto per l’età del Bronzo in Italia centro-meridionale, anche se non 11

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche successivo e che possono anch’esse essere riferite a un sistema di fortificazione (Figura 8: strutture 4 e 5). La frequentazione nel corso del Subappenninico: la fase II La più antica delle due strutture quadrangolari, la struttura 5, occupava una delle due estremità del riempimento della fossa: essa risultava in parte compromessa dai successivi interventi, ad eccezione del fronte rivolto presumibilmente verso l’insediamento, conservato per almeno 1 m di altezza (Figura 12). Alle spalle di tale fronte, il riempimento fu quasi del tutto asportato per realizzare un vano probabilmente interrato in età sannitica, cui si riferisce la sua porzione sommitale (Figura 13)3. È stato comunque possibile seguire la sua larghezza per circa 1 m, ma esso prosegue in sezione oltre il limite dello scavo.

Figura 12. Particolare del prospetto NW della struttura 5.

Dopo una serie di livelli di frequentazione per i quali non sono state riconosciute particolari evidenze strutturali o tracce di attività, poco più a N, fu messa in opera una seconda struttura in pietrame a secco di forma quadrangolare allungata, per la quale la funzione difensiva sembra ancora più probabile (Figura 8: struttura 4; Figure 14-15). Essa rappresenta un’aggiunta o un parziale rifacimento della struttura 5, dati la loro prossimità e l’analogo andamento. La struttura risulta conservata per un’altezza di almeno 50 cm, ed è stato possibile seguirla per una larghezza di circa 2 m e per una lunghezza di circa 5 m, ma anch’essa prosegue, sia in larghezza che in lunghezza, in un’area non ulteriormente indagabile, per cui le sue dimensioni massime non sono determinabili.

Da questi livelli di frequentazione, successivi all’impianto della struttura 4, sono inoltre disponibili tre datazioni radiometriche, che si pongono, coerentemente con le altre evidenze, tra il XIII e il XII secolo a.C. (in un range tra il 1310 e il 1130 a.C. - date calibrate)4. Se l’ipotesi di un carattere difensivo di queste strutture fosse corretta, così come sembra anche dall’osservazione del loro considerevole spessore, l’individuazione di un centro fortificato nelle aree interne appenniniche costituirebbe un elemento di grande interesse nella comprensione delle dinamiche insediative dell’età del Bronzo nel Molise e in generale nella migliore definizione di questi siti interni, ancora poco noti rispetto ai meglio indagati insediamenti costieri. Il caso di Oratino non sarebbe tuttavia un caso isolato (Cazzella e Recchia 2013): per l’età del Bronzo nell’Italia meridionale notizie relative a siti fortificati nelle aree interne si hanno in Campania per l’insediamento di Tufariello (Holloway et al. 1975), non lontano dal Vallo di Diano, di Trentinara nell’entroterra di Paestum (Holloway e Lukesh 1978) e di Ariano Irpino (Albore Livadie 1991-1992: 483), mentre nella Puglia settentrionale si possono segnalare i siti di Madonna di Ripalta, nella bassa valle dell’Ofanto (Tunzi Sisto 1999), e di Monte Granata, sulle pendici del Gargano (Tunzi Sisto 1995). Più a S si ricorda poi il caso del sito retrocostiero di Masseria Chiancudda (Cinquepalmi e Recchia 2009, 2010). In ogni caso la realizzazione di opere di un certo impegno costruttivo, insieme all’interesse e alla capacità di acquisire beni di prestigio di vario tipo,

A W delle strutture sono stati documentati una serie di piani di vita privi di evidenze strutturali significative, ad eccezione di un caso, successivo all’impianto della struttura 4, in cui è stato possibile individuare un allineamento con andamento ellissoidale di 12 buche di palo in un’area molto ampia, con un asse maggiore di circa 5 m. L’andamento delle buche si sviluppa intorno a un’area ingombra di fitti acciottolati con forte pendenza N/S. Nelle immediate vicinanze è stato rinvenuto un ulteriore allineamento circolare di quattro buche di palo (che prosegue in sezione verso N al di sotto della cinta muraria sannitica), la cui funzionalità era forse connessa con la struttura più ampia (il suo diametro era di circa 80 cm). Lo studio dei materiali relativi a questi piani è ancora in corso e potrà chiarire in futuro il carattere della frequentazione di quest’area del sito.

3  La pianta della struttura 5 in Figura 8 risale a un momento dello scavo in cui era stata messa in luce una buona parte del fronte interno e si riteneva che quella fosse la sua superficie originaria. Un approfondimento successivo ha permesso di comprendere come si trattasse invece di livelli di età storica che avevano profondamente intaccato la struttura dell’età del Bronzo. Per tale ragione, nelle successive e aggiornate piante, se ne riporta solo l’ingombro.

Queste datazioni sono state ottenute nell’ambito del progetto “Circum-Adriatic branch of the amber route in the Bronze Age” NCN no. 2015/17/N/HS3/00052 condotto dal dott. M. Cwaliński, che si ringrazia (Cwaliński 2021).

4 

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Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche

Figura 13. Vano di epoca sannitica, ricavato all’interno della struttura 5, in corso di scavo (campagna 2011).

Figura 14. Particolare del prospetto delle strutture 4 e 5 viste da NW.

come l’ago crinale descritto sopra, o altri beni esotici e di prestigio (quali, nel caso di Oratino, metallo, ambra e pasta vitrea – Copat e Danesi 2010: 159-165; Copat infra: 239-241), costituiscono indicatori archeologici di rilievo per una migliore definizione delle caratteristiche di

queste comunità e del loro ruolo su scala territoriale più ampia (anche in relazione agli scambi a lunga distanza), ancora problematica data la generale scarsità di dati disponibili per i siti non direttamente proiettati verso la costa (Cazzella e Recchia 2009a). 13

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 15. La struttura 4, vista dall’alto.

livelli connessi con il momentaneo abbandono dell’area. Alcuni di essi, individuati nelle prime campagne di scavo, sono già stati presentati nel dettaglio e parzialmente editi anche per quel che riguarda l’analisi stilistica e funzionale dei manufatti ceramici (Cazzella et al. 2006, 2007b), che aveva già reso possibile la formulazione di un’ipotesi ricostruttiva relativa alle attività qui praticate: la preparazione, la trasformazione e il consumo collettivo di alimenti, d’accordo anche con le analisi preliminari dei resti paleobotanici (D’Oronzo e Fiorentino 2008, 2010) e di quelli archeozoologici (Buglione e De Venuto 2008), forse insieme ad attività di tipo quotidiano e artigianali, quali ad esempio la lavorazione dell’osso o delle pelli (Recchia et al. 2008).

La frequentazione subappenninica: la fase III - un’area funzionale all’aperto In un momento più recente, sempre nell’ambito della fase subappenninica, il carattere della frequentazione di quest’area dell’abitato vede un cambiamento abbastanza significativo, sia per tipo di strutture rinvenute sia per qualità delle attività individuate: in questo momento, almeno la porzione superiore della struttura più recente in pietrame a secco a pianta quadrangolare (struttura 4) doveva essere ancora visibile e probabilmente ancora in uso. Per questa fase è stato possibile individuare alcuni piani di frequentazione caratterizzati ciascuno dalla presenza di piastre di cottura e focolari, legati ad attività connesse con l’uso del fuoco. Tali piani risultavano intervallati da episodi di momentaneo abbandono, e solo raramente sovrapposti gli uni agli altri, con una notevole continuità di utilizzo, a testimoniare lo svolgimento di attività probabilmente ripetute a breve distanza di tempo. Si tratta di un’area di attività all’aperto, presumibilmente usata collettivamente, a ridosso delle mura di fortificazione dell’abitato, in posizione analoga rispetto a quanto noto per altri contesti coevi (ad esempio Coppa Nevigata, Tufariello, Masseria Chiancudda – Cazzella e Recchia 2012b; Cinquepalmi e Recchia 2009, 2010; Holloway et al. 1975), con i quali sarà possibile istituire puntuali confronti, anche per quanto riguarda il tipo di attività documentate, che verranno descritte oltre nel dettaglio, anche in relazione alla distribuzione spaziale dei reperti (Copat infra: 291-349).

L’ampliamento dell’area di scavo negli anni 20082010 verso N, l’analisi degli elementi stratigrafici e il completamento dello studio dei materiali ceramici e delle altre classi di manufatti, insieme all’analisi complessiva di tutti i resti paleobotanici e archeozoologici pertinenti a questi piani, permettono oggi di arricchire il quadro precedentemente riportato, sia rispetto agli elementi strutturali presenti che in relazione alle attività svolte. Questo ha reso possibile l’elaborazione di un’analisi integrata e multidisciplinare dei dati a disposizione, anche attraverso lo studio della distribuzione spaziale dei resti, favorita dalla grande abbondanza di materiali rinvenuti in un’area molto ristretta, ma frequentata senza dubbio ad ‘alta intensità’. I sei piani riconosciuti non sono tuttavia conservati per la loro intera estensione. Essi, tutti caratterizzati da una dicreta pendenza in senso NW/SE, risultano infatti sempre tagliati verso S dall’impianto delle strutture medioevali e dal più recente intervento di sistemazione dell’area

Nell’ambito della sequenza sono stati riconosciuti ben sei piani di attività: sono stati contrassegnati con la lettera a i livelli di uso delle strutture, con la lettera b i 14

Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche allineamento si conclude, verso N, su una porzione affiorante di parete rocciosa, sulla quale risultava impostata la cinta sannitica. A E del muretto il deposito relativo ai livelli subappenninici non si è conservato, ma risultavano già affioranti i livelli appenninici sempre probabilmente a causa delle successive sistemazioni dell’area nel corso del Bronzo Recente. Il piano risulta dunque costituito da una fascia con andamento curvilineo contenuta, almeno in parte, dal muro di fortificazione.

come aia/cortile da riferirsi al secolo scorso. Come specificato sopra, il taglio medioevale è inoltre obliquo rispetto al piano di calpestio dell’età del Bronzo, a seguire l’andamento orografico del terreno. Ne consegue che tutti i piani riconosciuti sono conservati ‘a monte’, nella fascia N dell’area, mentre a valle, verso S, risultano conservati solo quelli più antichi. Questi ultimi presentavano dunque un’estensione maggiore rispetto a quelli soprastanti, che per il livello più recente si riduce a soli 2-3 mq. Verso N alcuni di essi non sono conservati, altri proseguono al di sotto della cinta muraria sannitica, oltre la quale lo scavo non è potuto proseguire.

Sono elementi caratterizzanti di questo piano di attività (così come di alcuni dei livelli successivi), quattro grandi massi, di cui tre posti nella fascia settentrionale, a circa 1,5-2 m di distanza l’uno dall’altro (nn. 1-3) e uno posto in posizione centrale (n. 4), probabilmente scivolati dall’alto in antico, con faccia piana rivolta verso l’alto, che sembrano potere essere stati utilizzati come elementi funzionali, quali sedili o piani di appoggio. Tra questi, i nn. 2, 3 e 4 risultavano inglobati nella sequenza stratigrafica. Quello più a E (n. 3), all’interno del taglio, venne inoltre riutilizzato in epoca medioevale per la costruzione di una delle strutture, come base di appoggio di uno dei muri. Il deposito non risultava invece conservato in corrispondenza del masso n. 1, che potrebbe essere stato altrettanto visibile.

Quanto ai livelli frammisti ai diversi piani d’uso, questi sono caratterizzati dall’assenza di elementi strutturali o da evidenze legate all’uso del fuoco e da una relativa scarsità di materiali archeologici e bioarcheologici. Essi sembrano essere l’esito degli episodi di momentaneo abbandono e di successivo riallestimento dell’area, oltre che di probabili eventi di scivolamento di terreno dall’alto, data la posizione dell’area di scavo, alla base di un rilievo probabilmente occupato anche a quote più alte. Delle diverse caratteristiche di questi due gruppi stratigrafici si terrà conto nell’analisi dei materiali. Nella presentazione dei dati di scavo è utile fare anche un accenno agli elementi di ‘concotto’, quali i frammenti di intonaco, con o senza impronte di incannucciato, o i frammenti di piastre, presenti tra i materiali raccolti per questi livelli e per i quali è stato possibile avviare uno studio non solo basato sull’esame autoptico, ma anche su alcune analisi sulle sezioni sottili (D’Oronzo e Mironti infra; Forte e Medeghini infra). I frammenti relativi a questa categoria di manufatti sono dunque messi in pianta insieme agli altri elementi per aiutare nella lettura delle stesse strutture presentate, cui potrebbero essere funzionalmente connessi, oltre che favorirne l’interpretazione.

Questo piano è caratterizzato, nella porzione orientale, da significative tracce di attività connesse con l’uso del fuoco. L’evidenza più significativa è un’area di forma ellissoidale allungata, posta proprio a ridosso della struttura 4, delimitata a W da una serie continua di piccoli buchi di palo, relativi alla presenza di una probabile struttura frangivento (Figure 16-18). All’interno della struttura è posta una piccola piastra di cottura di forma subcircolare (US274), realizzata direttamente su una base di argilla gialla (US276). Immediatamente a S, un ulteriore lembo di terreno concotto (US278), meno strutturato, può essere interpretato, anche per la sua forma irregolare, come l’esito del disfacimento di una piastra precedentemente in uso nello stesso punto o poco distante. A N della piastra si osserva inoltre una piccola buca circolare (US281), riempita da livelli costituiti da terreno bruciato, abbondanti semi carbonizzati e numerosi frammenti di ceramica relativi ad alcuni contenitori di forma chiusa (UUSS282-283), tra cui sono stati riconosciuti, alla base del taglio, almeno due fondi di grandi contenitori, per i quali essa potrebbe avere costituito l’alloggiamento6 (Figura 19). In corrispondenza di tale evidenza, il deposito risultava direttamente a contatto con il livelli di età storica, parzialmente asportato dal taglio di epoca medioevale.

Fase III 1a Il più antico di tali piani (fase III 1a) è stato individuato per un’area di circa 20 mq (Figura 16; Recchia et al. 2008: fig. 3). Come accennato sopra, questo, come gli altri piani soprastanti, è tagliato a S dall’azione degli interventi di epoca medioevale, mentre a N non risulta conservato, in questo caso a causa probabilmente dei continui riallestimenti dell’area nel corso della stessa età del Bronzo, ma risultano affioranti i livelli più antichi (fase II). Esso risulta delimitato a E dalla struttura difensiva 4 e a W da un allineamento di pietre a secco di medie dimensioni con andamento N/S conservato per un’altezza di circa di 15 cm5 (US116), che costituisce un elemento di delimitazione della zona destinata a queste specifiche attività. Tale Precedentemente attribuita alla fase II, la revisione dei dati di scavo e lo studio delle ceramiche hanno permesso di riferirla a questo primo momento di frequentazione nell’ambito della fase III (Cazzella et al. 2007b: 279-280).

5 

Le UUSS tra gli elementi strutturali sopra descritti, sempre all’interno della struttura frangivento sono: US224, US273 e US277.

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Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 16. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 1a.

Al di fuori della struttura frangivento è stato possibile documentare una serie di piani di frequentazione, molto ricchi di materiale archeologico e bio-archeologico, connessi con l’utilizzo della piastra7.

una serie di piani di frequentazione caratterizzati da scarse evidenze strutturali8, ad eccezione di una piccola chiazza di bruciato di forma semicircolare a ridosso dell’allineamento di pietre (US109), un punto di fuoco meno strutturato di quanto descritto per l’area E, così come sarà caratteristico anche per i piani successivi.

A W del masso centrale, che costituisce una sorta di limite dell’area caratterizzata dalla presenza delle strutture di combustione, si possono inoltre osservare 7  Le UUSS relative a questi piani sono: US212, US213, US563, US233, US234, US275.

8 

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Si tratta di US115 e US235.

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Figura 17. Veduta da NW dell’area ellissoidale a ridosso della struttura 4 (campagna 2007), quando le strutture medioevali che insistevano su quest’area non erano ancora state asportate.

Figura 18. Particolare della piastra US274.

Oltre ai numerosi frammenti ceramici, carpologici e faunistici, per una cui trattazione di dettaglio si rimanda all’analisi integrata effettuata oltre (Copat infra: 291-349), si può osservare che i frammenti relativi a intonaci (incannucciati o meno) siano molto

scarsi per questa fase. La loro distribuzione è tuttavia limitata all’area corrispondente a quella della struttura frangivento, probabile indizio dell’uso di intonaco nella sua realizzazione (per una proposta ricostruttiva si veda D’Oronzo e Mironti infra: 254-255). 17

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche nel livello più antico, è comune ad alcune strutture rinvenute nei livelli soprastanti, come a molte piastre di cottura simili in altri contesti dell’età del Bronzo (si veda ad esempio Cazzella e Recchia 2008b, 2012b; Moffa 2002: 54-55). A N della piastra di cottura è stato inoltre riconosciuto un focolare di forma circolare, in parte delimitato da pietre (US192), costituito da terreno nerastro con tracce di bruciato: non si esclude che esso possa rappresentare l’esito dell’accensione delle braci per il mantenimento della temperatura della vicina piastra, oltre che essere anch’esso utilizzato nelle attività di cottura, preparazione e trasformazione dei cibi. Più a W il grande masso di crollo descritto sopra era ancora visibile, oltre che probabilmente utilizzato come piano di appoggio (n. 4), e costituiva, anche in questo caso, il limite occidentale dei livelli più strettamente connessi alla piastra. Erano inoltre ancora visibili i tre altri massi posti al margine N dell’area di scavo (nn. 1-3).

Figura 19. Particolare della buca US283 e dei fondi di grandi contenitori rinvenuti alla base.

Analogamente a quanto osservato per il piano sottostante, un ulteriore punto di fuoco meno strutturato è stato individuato nell’area W (US91). Esso risultava costituito da un’ampia lente di terreno concotto friabile di forma subcircolare, con un diametro massimo di circa 1,5 m11, posto immediatamente a E dell’allineamento di pietre, che manteneva ancora probabilmente una funzione di delimitazione dell’area.

Fase III 2a Dopo una fase di momentaneo abbandono (denominata fase III 1b9), il piano viene utilizzato per lo svolgimento di analoghe attività in un momento di poco successivo. Per questa fase di frequentazione (fase III 2a) il piano è conservato per un’area analoga a quella del sottostante (Figura 20; Recchia et al. 2008: fig. 4). Anch’esso è caratterizzato da diversi tipi di evidenze legate all’uso del fuoco, in parte diverse tra loro. Ancora una volta, nei settori orientali si osserva la presenza di una piastra di cottura (US200, US206): essa risultava tuttavia fortemente danneggiata dagli interventi medioevali in corrispondenza della sua parte sommitale e della sua porzione sud-orientale: il piano concotto a essa relativo, infatti, non era ben conservato, ma sono stati individuati alcuni livelli connessi con il suo utilizzo10, anch’essi parzialmente compromessi, e il suo piano di preparazione (US171). Quest’ultimo risultava tuttavia conservato in modo eccezionale e ha restituito numerosi frammenti ceramici disposti ordinatamente, relativi ad alcuni grandi contenitori defunzionalizzati e messi in posa per evitare l’eventuale dispersione di calore nel terreno (Figura 21 – si vedano ad esempio: Copat e Danesi infra - Figure 13.1, 17.1, 19.3, 33.6, 34.6, 35.1, 42.4, 43.1). Essi erano frammisti a numerosi frammenti di intonaco con tracce di incannucciato. Quest’ultima attestazione, in assenza di evidenze strutturali e per posizione, porta a ritenere che anche questi materiali potessero essere stati utilizzati come materiale refrattario per evitare la dispersione di calore (D’Oronzo e Mironti infra: 253258). Questo particolare piano di preparazione, assente

Fase III 3a Meno esteso verso S, ma più conservato a monte, è invece il piano di frequentazione corrispondente alla fase III 3a. Anch’esso, come il precedente, risulta separato da quello sottostante da una serie di livelli con pendenza N/S, da riferirsi a un momentaneo abbandono dell’area, denominato fase III 2b12. Esso era già stato descritto in precedenti occasioni in relazione alla presenza di un’unica piastra di cottura (US64): anch’essa solo parzialmente conservata, posta lungo il taglio medioevale, era costituita da un lembo di terreno concotto di spessore consistente (Figura 22 – Recchia et al. 2008: fig. 5; Copat e D’Oronzo 2021a: fig. 2). Così come è stato osservato per la piastra della fase III 2a, la struttura era caratterizzata da una base di preparazione (US164, US175) costituita da terreno bruciato misto a pietre e numerosissimi frammenti di ceramica posta di taglio presso i margini (che hanno permesso anche di questo caso di ricostruire molti contenitori – si veda in particolare Copat e Danesi infra - Figura 43.2) e qualche frammento di intonaco (Figura 11  Le UUSS relative ai piani di uso di questa struttura di combustione sono la US92 e la US201. 12  Le UUSS relative a questo momento, denominato fase III 2b, sono: US166, US168, US174, US187, UUSS550-552, US557, UUSS834-835 nella porzione orientale; la US96 nella porzione occidentale.

Le UUSS relative a questo momento sono: US572, US658, US845, US219 nella porzione orientale; US94 e US264 nell’area W. 10  Le UUSS pertinenti ai piani di vita dell’area E sono: US78, US190, US193, US272, US196, US736, US739 e US747. 9 

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Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche

Figura 20. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 2a.

23). Degno di nota inoltre il rinvenimento, sempre all’interno del piano di preparazione di tre manufatti in pietra arenaria, il più piccolo di 93,7 gr., il più grande di 392,2 gr. (Figura 24). Essi, presumibilmente interpretabili come pesi, sono stati recentemente inseriti in un più ampio progetto di ricerca volto all’individuazione del relativo sistema in uso tra Europa Centrale e Italia meridionale nel corso dell’età del Bronzo (Ialongo 2018: fig. 6A.10-12; Ialongo e Lago 2021; Ialongo et al. 2019).

Si tratta del piano funzionale per il quale l’allargamento dell’area di scavo negli anni 2008-2010 ha maggiormente arricchito i dati a disposizione e gli elementi di valutazione13, mettendo in evidenza la presenza di in un sistema più complesso di quanto riportato in precedenza. La prosecuzione degli scavi 13  Le UUSS pertinenti a questa fase di vita sono: US137, US143, US155, US160, US161, US532, US535, UUSS540-541, US546, US659, US668, US671, US673 e US833.

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Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 21. Particolare dell’US171, livello di preparazione della piastra US200.

l’esito dell’accantonamento, a seguito di una pulizia dell’area, di una piastra precedentemente usata e forse dei residui di una parte in elevato (US103). Sono infatti numerosi i frammenti pertinenti a intonaci con tracce di incannucciato rinvenuti in questo contesto, ma come nel caso dell’US171 della fase sottostante, questi materiali avrebbero potuto essere stati utilizzati anch’essi come materiale refrattario.

verso N ha permesso infatti di rintracciare almeno altre 2 strutture di fuoco parzialmente contemporanee, una nell’angolo NE dell’area (UUSS676-67714) e una poco più a W (US 542), nell’area ancora caratterizzata dalla presenza dei grossi massi con faccia superiore piana posti al margine settentrionale. Un ulteriore lembo di terreno concotto, tra le piastre UUSS676-677 e US542, sembra essere il residuo di un piano di cottura molto limitato (US547 e US549), abbandonato a breve distanza di tempo, mentre le altre strutture continuano a essere in uso.

Nell’area W, sempre al di là del masso centrale (n. 4), sono stati individuati ancora una volta alcuni piani di vita privi di evidenze strutturali consistenti, ad eccezione di una piccola chiazza di terra concotta posta in un’area caratterizzata da un’alta presenza di resti antracologici (US7015). Essi si estendono al di là dell’area prima occupata dall’allineamento di pietre descritto per i due piani precedenti, che in questo momento non doveva essere più visibile.

In analogia con quanto descritto per la piastra US64, la piastra US542 presenta un livello di preparazione costituito da terreno bruciato misto a pietre e ceramica messa di piatto a formare un piano refrattario al calore (US545). Diversamente, per la piastra UUSS676-677, la base risultava realizzata con terreno argilloso giallastro (US680 e US681), simile a quello descritto per il piano più antico della sequenza, all’interno della struttura frangivento.

Come negli altri casi i frammenti di intonaco e concotto non hanno una distribuzione sparsa, ma si concentrano sempre vicino alle piastre, in connessione funzionale (D’Oronzo e Mironti infra: 254).

A SW dell’area è stato inoltre rinvenuto uno spesso strato di terreno bruciato misto a numerosi frammenti di piastra di cottura e di concotto con impronte di incannucciato, interpretabile come La contiguità dei due livelli di concotto, i frammenti di piastra rinvenuti tra le due zone e la medesima composizione dei taxa induce a ritenere che esse siano da riferirsi ai resti una medesima struttura.

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15  Tra quest’ultima e l’US103, altri lembi di terreno diversamente caratterizzati sono: US141, US143, US146 e US151.

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Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche

Figura 22. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 3a.

medioevali (Figura 25; Copat 2015: fig. 3.3; Copat e D’Oronzo 2021a: fig. 4; Recchia et al. 2008: fig. 6). Al di sotto del terreno concotto che la caratterizza, anche in questo caso risulta degno di nota il rinvenimento di un livello che ne costituisce l’accurata preparazione, realizzato con una concentrazione di pietre di medie dimensioni e grandi frammenti ceramici disposti ordinatamente (US89). Immediatamente a S di questa era stato inoltre documentato uno strato che costituiva probabilmente la base di un’altra struttura di

Fase III 4a Dopo un ulteriore momento di disuso dell’area (fase III 3b16), il successivo piano di frequentazione, denominato III 4a, era stato rintracciato già dalla prima campagna di scavo, con l’individuazione di una piastra di cottura, di cui si conservava solo una porzione di forma semicircolare (US71), sempre a causa degli interventi Sono da riferirsi a questo momento: US65, US95, US100, US108, US110, US113, US114 e US534.

16 

21

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 23. Particolare della piastra US64, vista da N.

combustione, contigua alla prima, i cui livelli superiori non si sono conservati (US90). Tale ipotesi sembra essere avvalorata dal rinvenimento di due frammenti di piastra immediatamente al di sopra di questo livello di pietre. Le successive ricerche hanno ampliato il quadro precedentemente riportato, che si mostra, come per la fase III 3a, più articolato rispetto a quanto descritto nelle precedenti occasioni. Le più recenti campagne di scavo hanno infatti permesso di documentare, più a N, un’ulteriore struttura di fuoco (US503, US511 e US512), di forma circolare e di piccole dimensioni, la cui caratteristica, unica nella sequenza, è quella di essere stata realizzata sul piano di una delle due grosse pietre con faccia piana descritte sopra (n. 2), che dunque in questo momento viene ‘rifunzionalizzata’ come piano di preparazione, quando il deposito raggiungeva in altezza il suo limite superiore. In questo momento neanche il masso centrale era più visibile, ma risultava completamente obliterato, mentre il masso n. 1 risultava solo affiorante. Presumibilmente ancora visibile era inoltre il masso n. 3, con cui però non è stato possibile individuare nessun raccordo stratigrafico, essendo il taglio medioevale posto più a monte. Nell’area compresa tra le due piastre inoltre si è potuta osservare la presenza di una significativa concentrazione di materiale, tra cui ceramica, fauna e molti frammenti di concotto17.

Figura 24. Probabili pesi litici rinvenuti nel livello di preparazione della piastra US64 (disegni N. Ialongo).

cui il deposito dell’età del Bronzo è risultato sconvolto probabilmente a seguito di un evento franoso di età storica.

Altri piani di vita, presumibilmente contemporanei, sono stati individuati nella parte W dell’area indagata18. Le due zone sono tuttavia separate da un diaframma in

Come nei piani sottostanti, quest’area era caratterizzata dalla presenza di tracce di attività connesse con l’uso del fuoco costituite per lo più da chiazze di terreno bruciato e concotto di forma irregolare e di modesto spessore e da aree fortemente carboniose.

17  Sono pertinenti ai livelli di uso di queste strutture di fuoco: US72, US74, US75, US88, US101, US500, US521, US522, US523 e US822. 18  Si tratta di US38, US43, US44, US47 e US48.

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Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche

Figura 25. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 4a.

potrebbero in via ipotetica essere riferiti anche in questo caso ai resti di una struttura frangivento connessa con la piastra US71, anche se a questa non corrispondono tracce sul terreno (D’Oronzo e Mironti infra: 254-255).

La distribuzione degli intonaci, alcuni con impronte di incannucciato, è molto significativa ed è limitata all’area posta intorno la piastra US71, mentre l’area della piastra settentrionale e quella occidentale appaiono relativamente sgombre. Tali elementi 23

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 26. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 5a.

tuttavia conservato, come accennato sopra, solo in una fascia marginale dell’area di scavo, dove prosegue in sezione al di sotto della cinta muraria sannitica, tanto da non essere ulteriormente indagabile (Copat e Danesi 2010: 160). Pur nella limitata estensione è tuttavia caratterizzato dalla presenza di due piccole piastre di cottura (in un caso due lembi probabilmente pertinenti alla stessa struttura, US439 e UUSS466/70320– Figura 26).

Fase III 5a Il piano di frequentazione III 5a, separato dal sottostante da un ulteriore diaframma (fase III 4b19) è stato individuato grazie all’ampliamento dello scavo verso N nelle campagne del 2008-2010. Esso risulta 19  Sono pertinenti a questo momento: US40, US69, US482, US490, US491, US707, US709, US710, US718, US791, US793, US799, US803, US811, US812 e US816.

20 

24

I relativi piani d’uso sono: US472, US645, US786 e US704.

Valentina Copat: Il sito dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: dieci anni di ricerche

Figura 27. Pianta dei livelli di frequentazione della fase III 6a.

La prima, di forma subcircolare risultava caratterizzata da una base costituita da fitte pietre di medie dimensioni (US470). La seconda invece era direttamente impostata sul piano argilloso (US467).

si conserva a partire da questo punto, anche se le due aree non sono in continuità fisica21. In questi livelli non sono stati rinvenuti materiali argillosi non vascolari.

A questo stesso momento sono probabilmente da mettere in relazione alcuni lembi residui di deposito nell’area W dello scavo, dove la stratigrafia

21 

25

Si tratta di US26, US30 e US37.

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche un’estensione di soli 50 cm ca. oltre la sezione, lungo il margine N dello scavo, in un’area difficilmente indagabile sempre per la ravvicinata presenza della cinta muraria di epoca sannitica. Essi erano posti immediatamente al di sotto dei livelli superficiali e profondamente intaccati (così come lo stesso piano della fase III 6a) da una buca di età storica24.

Fase III 6a La fase III 6a costituisce l’ultimo piano di frequentazione connesso con l’uso delle strutture di combustione individuato nella sequenza del sito della Rocca di Oratino, posto immediatamente al di sopra di quelli sottostanti, senza diaframma (Copat e Danesi 2010: 160). Pur nella limitata estensione dei livelli indagati (circa 2-3 mq), non ben conservati lungo la sezione e intaccati da una buca di età storica, è stato comunque possibile individuare anche per questo piano i resti di due piastre di cottura a distanza ravvicinata (Figura 27).

Le evidenze fin qui descritte per l’ultimo momento di frequentazione del sito appaiono dunque abbastanza articolate e permettono di documentare lo svolgimento di attività connesse con l’uso del fuoco probabilmente in parte diversificate in relazione ai diversi tipi di strutture di combustione e forse anche differenziate nello spazio. Solo a giudicare dalle evidenze strutturali si osserva infatti da una parte, a W, la presenza di semplici punti di fuoco di forma irregolare, caratterizzati da una dispersione di resti carboniosi dal centro verso i margini, dall’altra, a E, quella di strutture di concotto, non solo dalla forma meglio individuabile e di maggiore spessore, ma caratterizzate da un’accurata preparazione con livelli di ceramica e pietre, su base di argilla o solo su pietre/ roccia. Tale diversità permette dunque di ipotizzare che aree diverse fossero legate ad attività differenziate, un’ipotesi di lavoro che verrà nel dettaglio indagata oltre, grazie all’integrazione di questi dati con quelli provenienti dalle classi di manufatti rinvenuti in associazione con queste strutture, inclusi i resti faunistici e paleobotanici (Copat infra: 291-349).

La prima, a W, aveva probabilmente in origine un’estensione notevole: a giudicare dai lembi residui sembra avere avuto circa due metri di diametro con uno spessore di circa 10 cm (US75322) e proseguiva verso N al di sotto della cinta muraria sannitica. Più a E è stata invece rintracciata un’ulteriore piccola piastra di forma sub-circolare (US440). Nel primo caso la struttura è caratterizzata da un livello di preparazione realizzato con semplice materiale argilloso, nel secondo da una base in pietrame23. Anche in questo caso frammenti di intonaco sono stati rinvenuti nel livello di preparazione di una delle piastre (D’Oronzo e Mironti infra: 254). Questo lembo di frequentazione risultava infine obliterato da una serie di livelli conservati per

Insieme alle sottostanti US780, US782, US783 e US784, che costituiscono ulteriori lembi di terreno bruciato e concotto sovrapposti gli uni agli altri. 23  I relativi piani di uso sono: US462, US463, US441, US460, US748 e US762. 22 

Questi livelli, pertinenti a quella che è stata definita fase III 6b sono i seguenti: US724, US729, US732, US740, US615 e US616.

24 

26

La ceramica dai livelli subappenninici della fase III e quella residuale in livelli successivi dal sito di Oratino - La Rocca: aspetti stilistici della produzione Valentina Copat, Michela Danesi

Le ceramiche provenienti dagli ultimi piani di frequentazione del sito della Rocca di Oratino (fase III) risultano essere numericamente molto abbondanti, soprattutto alla luce della limitata estensione dell’area indagata e del probabile breve periodo in cui sembra essersi formato questo deposito, da riferirsi a un momento avanzato del Subappenninico. Si tratta di 1.856 frammenti, già in parte presentati in precedenti occasioni (Cazzella et al. 2006, 2007a-b), riferibili a forme riconoscibili, semplici elementi dell’imboccatura, elementi di presa, decorazioni e frammenti in ceramica non vascolare. La maggior parte di essi (1.211 frr.) proviene dai livelli di uso delle piastre di cottura e dai livelli connessi alla loro messa in opera (gruppo a), mentre i restanti 645 dai livelli di accumulo ad essi frammisti (gruppo b). Vengono qui inoltre presentati i materiali in ceramica di impasto provenienti da alcuni dei livelli superficiali e di età storica, mentre altri sono ancora in corso di studio.

Le ceramiche rinvenute permettono di analizzare in modo sufficientemente completo il patrimonio stilistico della comunità che occupava le pendici della Rocca in una fase avanzata del Subappenninico. Tuttavia è raro il rinvenimento di forme interamente ricostruibili e dunque la possibilità di associare i differenti tipi di profilo con determinati tipi di elementi di presa, di fondo o di decorazione. Questo rende difficoltoso il riconoscimento dei modelli ceramici cui tali elementi, se pur numerosi, rimandano. Tale catalogo va dunque inteso non tanto come un elenco di tipi ceramici, quanto come una descrizione delle scelte stilistiche praticate in relazione a diverse variabili (profilo, articolazione dell’imboccatura, elemento di presa, fondo, decorazione) e delle loro associazioni, laddove presenti. Inoltre, nell’analisi di questi materiali, e soprattutto nella definizione delle caratteristiche stilistiche utili a un loro inquadramento crono-tipologico, si deve tenere conto della presenza, all’interno del campione, di numerosi frammenti residuali relativi alla frequentazione dell’area nel corso dell’Appenninico. Oltre che tra i materiali provenienti dai livelli superficiali, tale fenomeno si può osservare anche nell’insieme delle ceramiche provenienti dai livelli subappenninici in posto e, nell’ambito di questi ultimi, come si è già avuto modo di sottolineare in passato (Cazzella et al. 2007b), esso è più frequente per i livelli di accumulo frammisti ai piani di uso delle strutture di combustione. In particolare per questi ultimi il materiale appare stilisticamente meno omogeno, probabilmente a causa di rimaneggiamenti e/o di fenomeni di scivolamento dall’alto di materiali in antico durante i momenti di disuso o riallestimento dell’area. Al tempo stesso si deve tenere conto che, anche nei momenti in cui le strutture di combustione erano in uso, in alcuni punti dell’area il deposito appenninico risultava quasi affiorante e che fenomeni di ripescaggio di frammenti più antichi sono presenti, con minor frequenza, anche per questi livelli.

In questa sede si intende dunque offrire un catalogo dettagliato di 3.245 frammenti ceramici nell’ambito del quale 726 sono da attribuire a forme ricostruibili (con 620 forme aperte e 106 forme chiuse), 1.119 sono i frammenti da attribuire ai soli elementi dell’imboccatura determinabili (orli, labbri, colli), 882 i frammenti con elementi di presa (in associazione o meno con forme o elementi dell’imboccatura sopra citati) e infine 793 i frammenti decorati (anch’essi in associazione o meno con gli elementi precedenti). A questi si aggiungono 62 elementi ceramici non vascolari, anch’essi a volte in associazione con elementi di presa o decorazioni. Il totale degli elementi stilistici presi in considerazione è dunque di 3.520 (Tabella 1). Ciascuno dei frammenti analizzati è contrassegnato da un numero, dal settore e dall’unità stratigrafica di provenienza (vedi catalogo infra: 149-238). La maggior parte di quelli provenienti dai livelli subappenninici in posto sono inoltre contrassegnati da una lettera minuscola che indica la posizione all’interno del settore (da a, nell’angolo NO, a r nell’angolo SE), secondo una griglia di 1x1 m, sulla base della quale è stata effettuata la raccolta dei materiali, permettendo una loro migliore localizzazione nello spazio (Copat supra: 6).

In via preliminare i materiali verranno dunque presentati nel loro complesso su base tipologica; al fine di un loro migliore inquadramento rispetto alle produzioni coeve dei siti più o meno limitrofi e al fine di una migliore comprensione di questo fenomeno, i 27

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

scodelle in associazione con elementi decorativi

scodelle in associazione con elementi di presa (anche non determinabili) e decorativi

8

2

48 6

4

Totale complessivo

185

48

Totale ivelli subappenninici

224

Livelli di accumulo (gruppo b)

scodelle in associazione con elementi di presa (anche non determinabili)

Livelli di uso delle piastre e della loro messa in opera (gruppo a)

scodelle (solo profilo)

Livelli storici e superficiali

Tabella 1. Dettaglio degli elementi stilistici delle ceramiche provenienti dai livelli superificiali e di età storica e dai livelli subappenninici di fase III.

64

249

473

7

13

21

24

72 4

olle (solo profilo)

12

28

19

47

olle in associazione con elementi decorativi

8

9

9

18

olle in associazione con elementi di presa (anche non determinabili)

4

olle in associazione con elementi di presa (anche non determinabili) e decorativi

elementi dell'imboccatura determinabili

1

5

7

1

3

6

10

120 6

59

10

26

11

436

378

216

594

1.030

28

16

8

24

52

elementi dell'imboccatura determinabili in associazione con elementi decorativi

18

9

5

14

32

elementi di presa determinabili

268

261

118

379

647

elementi decorativi

290

218

155

373

663

1

1

elementi dell'imboccatura determinabili in associazione con elementi di presa (anche non determinabili) elementi dell'imboccatura determinabili in associazione con elementi di presa e decorativi

elementi di presa determinabili in associazione con elementi decorativi varia

varia in associazione con elementi di presa (anche non determinabili)

varia in associazione con delementi decorativi

TOTALE FRAMMENTI totale scodelle

1

14

27

totale elementi dell'imboccatura

9

21 3

5

10

4

14

31 3

5

28

58 3

1

1.389

1.211

645

1.856

3.245

25

49

32

81

106

282

totale olle

4

243

95

338

620

totale elementi di presa

483

407

229

636

1.119

366

357

159

516

882

totale decorazioni

342

266

185

451

793

TOTALE ELEMENTI STILISTICI

1.498

1.322

700

2.022

3.520

materiali provenienti dai livelli di uso delle strutture (gruppo a) e quelli provenienti dai livelli ad essi frammisti (gruppo b), verranno in una successiva elaborazione considerati separatamente (Copat infra: 103-126).

di forma aperta (620). Essi provengono per lo più dai livelli subappenninici in posto, con 419 frammenti, e nell’ambito di questi ultimi un numero di gran lunga superiore (292 frr.) è stato rinvenuto nei livelli di uso delle piastre.

Le forme ceramiche: l’analisi dimensionale

Nella classificazione delle forme, al di là degli aspetti più strettamente stilistici, la variabile presa in considerazione in via preliminare è stata quella della grandezza del vaso, così come deducibile dall’ampiezza dell’imboccatura dei contenitori, se ricavabile.

L’insieme delle forme ceramiche riconoscibili è costituito, come descritto in premessa, da 726 frammenti, per la maggior parte riferibili a contenitori 28

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 1. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle forme aperte con labbro e con parete concava.

Figura 2. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle forme aperte con bordo rientrante e leggermente rientrante.

Sono stati dunque impostati, separatamente per le forme aperte e per le forme chiuse, alcuni grafici di distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura di ciascun contenitore.

superiore concava (con un totale di 108 contenitori – Figura 1), quelle con bordo rientrante e leggermente rientrante, continuo o spezzato (con un totale di 120 contenitori – Figura 2) e infine le altre forme, per lo più a profilo continuo, ad esempio scodelle emisferiche o troncoconiche (con un totale di 62 contenitori – Figura 3), per meglio apprezzare eventuali specificità o la presenza di eventuali raggruppamenti dimensionali distinti per i tre insiemi. L’analisi ha condotto infatti, in qualche caso, all’identificazione di gruppi dimensionali non del tutto coincidenti, con intervalli di valori che sembrano potere variare al variare della conformazione generale dei contenitori.

Per quanto riguarda le forme aperte questa analisi è stata possibile su un totale di 290 esemplari per i quali il diametro all’imboccatura fosse determinabile ed è stata condotta separatamente per tre differenti insiemi, distinti sulla base dell’aspetto generale del profilo e dell’imboccatura, che rimandassero a diverse modalità di modellazione della stessa: si è scelto di analizzare separatamente le forme con labbro e quelle con parete 29

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 3. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle altre forme aperte a profilo continuo.

Figura 4. Distribuzione di frequenza dei valori del diametro all’imboccatura delle forme chiuse.

È stato dunque possibile distinguere almeno quattro classi di grandezza, definite sulla base degli abbassamenti della curva di frequenza. È chiaro che, in corrispondenza di tali abbassamenti, laddove non si osservino vere e proprie mancanze, i contenitori potrebbero essere attribuiti alla coda superiore di quelli più piccoli o a quella inferiore di quelli più grandi. L’attribuzione all’uno o all’altro insieme è stata fatta sulla base di altre valutazioni sulla morfologia del contenitore1.

abbassamento intorno ai 10 cm. Inoltre, per il primo gruppo, sembrano potersi individuare, nell’ambito della stessa classe A, due sottoinsiemi, uno di scodelle di piccolissime dimensioni, con diametro all’imboccatura inferiore ai 6 cm (classe A1) e un altro di dimensioni leggermente più grandi (7-12 cm: classe A2). Una seconda classe dimensionale, la classe B, è definita fino alla cesura di 17 cm che è comune a tutti i tipi di profilo rappresentati. Tuttavia, nell’ambito delle scodelle con bordo rientrante o leggermente rientrante possono essere osservati due sottoinsiemi, definiti da un abbassamento della curva di valori intorno ai 13 cm (classi B1 e B2). La classe C è invece definita da un abbassamento della curva di frequenza intorno ai 29/30 cm per tutti i tipi di profilo. In tutti i casi inoltre si può osservare, nell’ambito di questo intervallo di valori, un abbassamento delle frequenze che sembra individuare due sottoinsiemi, classi C1 e C2, per ogni gruppo: per le scodelle con labbro tale abbassamento si pone intorno ai 25 cm, per quelle con bordo rientrante o leggermente rientrante e per le scodelle con profilo continuo si pone invece intorno ai 23 cm. Infine, la classe D, è posta per tutti e tre gli insiemi oltre il valore di 30 cm.

Una prima classe, la classe A, include le scodelle con diametro all’imboccatura inferiore ai 10/12 cm, a seconda del tipo di profilo: i valori del diametro all’imboccatura delle scodelle caratterizzate dalla presenza del labbro o di una parete concava vedono infatti un abbassamento intorno ai 12 cm, mentre, diversamente, il gruppo delle scodelle con bordo rientrante o leggermente rientrante vede un analogo Ad esempio, la scodella carenata con parete concava leggermente rientrante cat. n. 3319, che ha un diametro all’imboccatura di 12 cm, è ben più ampia delle omologhe scodelle della classe A (cat. nn. 3320, 3656, che misurano all’imboccatura circa 7/8 cm).

1 

30

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici Un analogo tentativo è stato poi condotto per le forme chiuse, senza ulteriori suddivisioni interne, essendo il campione numericamente più ridotto, con un totale di 87 contenitori che presentano un diametro all’imboccatura di dimensioni determinabili (Figura 4). L’analisi dimensionale ha permesso di individuare almeno cinque classi di grandezza, non così ben definite come per le forme aperte, una con diametro fino ai 10 cm (classe A), all’interno del quale possono essere distinti due sottogruppi (A1 e A2), una con diametro compreso tra i 10 e i 17 cm (classe B), un’altra con diametro compreso tra 17 e i 21 cm (classe C) e una con diametro compreso tra i 21 ai 27 cm (classe D). Un numero sporadico di contenitori mostra infine valori uguali o superiori ai 29 cm (classe E).

range di profili possibili: un piccolo gruppo è stato definito “troncoconico/a calotta”, uno come “a calotta/ rientrante”, un altro come “a calotta/emisferica”, e un ultimo “con bordo rientrante o leggermente rientrante”. Infine, un altro insieme è costituito dalle scodelle carenate troppo frammentarie perché se ne possa apprezzare l’andamento e la conformazione della parete superiore. La classificazione basata sul tipo di profilo, come accennato sopra, non individua sempre tipi precisi, in quanto profili differenti si associano in modo diversificato a tipi di elementi di presa, decorazioni o altri elementi, andando a definire un’ampia variabilità di situazioni. Tuttavia, è possibile individuare alcune associazioni ricorrenti, che verranno descritte oltre.

VC

Le scodelle troncoconiche sono rappresentate da un numero molto scarso di esemplari (8 in tutto, di cui 6 provenienti dai livelli superficiali – Figura 5). Costituiscono dunque un insieme molto poco significativo sia nell’ambito dell’intero campione (1,3%) sia dei soli materiali provenienti dai livelli subappenninici (0,6%). Quelle per le quali sia stato possibile ricavare informazioni dimensionali ricadono sempre in classe C (C1 o C2), dunque sempre di media grandezza. Questo piccolo insieme si presenta molto variabile sia per articolazione dell’imboccatura (orlo arrotondato, orlo tagliato obliquamente, orlo ispessito internamente e orlo piatto e ispessito esternamente), sia per tipo di elementi di presa rappresentati in associazione con questa forma: si osserva un esempio con sopraelevazione a capocchia bilaterale direttamente impostata sull’orlo (Figura 5.2) e un altro con una coppia di piccole anse a maniglia a sezione poligonale (Figura 5.4). Nessun esemplare risulta infine decorato.

Analisi stilistica delle ceramiche Le forme aperte Il campione delle forme aperte di Oratino – La Rocca è dunque costituito, come specificato sopra, in tutto da 620 scodelle (Tabella 2). Queste comprendono sia quelle rinvenute nei livelli subappenninici in posto, che sono la maggioranza, con 338 frammenti, sia quelle rinvenute nei livelli superficiali, meno attendibili per un’analisi tipo-cronologica, ma che comunque possono essere utilizzate per confronto o possono essere utili nel ragionamento circa la presenza/assenza di alcuni specifici tipi di contenitori nell’ambito della produzione ceramica del sito di Oratino, anche se rinvenuti fuori contesto. Tra le scodelle dai livelli subappenninici in posto ben 243 frammenti provengono dai livelli di uso delle piastre di cottura, mentre solo 95 dai livelli di accumulo ad essi frammisti.

Un numero maggiore di esemplari è invece rappresentato dalle scodelle troncoconiche fonde (Figure 6-7): sono in tutto 22 (il 3,5% dell’intero campione), ma comunque sempre poco rappresentate nei livelli subappenninici in posto, con solo sei frammenti, che costituiscono, nell’ambito di questi soli livelli, appena l’1,8% del totale. Sono variabili per grandezza, ma, come nel caso precedente, presentano quasi tutte dimensioni medio-grandi, con un unico caso nella classe B. Sono inoltre abbastanza variabili per tipo di imboccatura, con orlo arrotondato, piatto o tagliato obliquamente, nell’ambito dei quali prevalgono questi ultimi. Un unico caso presenta un orlo ispessito esternamente. Questo insieme è inoltre variabile rispetto all’elemento di presa, che, anche se mai conservato per intero, risulta essere impostato sia su orlo (prevalentemente, con 4 casi – Figura 6.3,9) che sulla parete (in 2 casi: Figura 6.4,10). Alcuni frammenti presentano infine una decorazione plastica, sempre costituita da un cordone, in un caso liscio orizzontale sotto l’orlo, in un altro liscio

Le forme aperte che si qui presentano sono state distinte principalmente sulla base del tipo di profilo, pur nella difficoltà di definire insiemi discreti e ammettendo al loro interno forme di variabilità. Nel totale del campione, inclusi i frammenti provenienti dai livelli superficiali, si possono dunque osservare scodelle con profilo troncoconico, più o meno fondo (4,8%), scodelle con profilo a calotta e emisferico non articolato (egualmente rappresentate, con il 4,7%), scodelle con bordo leggermente rientrante o rientrante (continuo o distinto – le prime insieme rappresentano il 23,7%, le seconde il 2,3%), scodelle con profilo curvilineo (a calotta, emisferiche, più che emisferiche) con labbro (15,8%), varie forme di scodelle carenate, da quelle con parete concava a quelle con parete rientrante e labbro (il 19,7%) e infine scodelle con profilo spezzato (lo 0,8%). Sono incluse nella classificazione, anche se non presentate nel dettaglio, quelle scodelle che, anche se difficilmente orientabili, potessero ricadere in un 31

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

17

3

scodella emisferica

11

3

scodella a calotta/emisferica

8

scodella curvilinea fonda

1

scodella con bordo leggermente rientrante continuo

38

5

scodella con bordo rientrante continuo

27

3

scodella a bordo leggermente rientrante/ rientrante

6

2

scodella a calotta/bordo rientrante continuo

63

4

scodella emisferica/bordo rientrante continuo

3

scodella con bordo leggermente rientrante distinto

2

scodella con bordo rientrante distinto

5

scodella con bordo rientrante distinto, alta parete

4

1

2

3

1

1

1

3

9

1

2

2

1

1

2

34

10,1

61

9,8

4

1,2

10

1,6

55

16,3

118

19,0

1

0,3

4

0,6

1

0,3

3

0,5

0

-

5

0,8

1

2

0,6

6

1,0

1

1

0,3

1

0,2

0

-

1

0,2

3

0,9

3

0,5

5

1,5

7

1,1

22

6,5

36

5,8

21

6,2

34

5,5

6

1,8

7

1,1

1

8

2,4

14

2,3

1

9

2,7

13

2,1

2

9

2,7

13

2,1

1

3

0,9

9

1,5

4

1,2

4

0,6

10

3,0

14

2,3

2

1

14

2

1

1

3

1 1

2

2

1

scodella emisferica con labbro

14

1

1

1

3

2

3

5

5

scodella più che emisferica con labbro

13

4

1

3

1

3

1

3

1

3

2

1

1

scodella carenata, parete concava svasata

4

1

scodella carenata, parete concava rientrante

4

scodella carenata, parete concava verticale/ svasata

6

1

3

3

2

3

2

1

1

3

2 4

4

20

13

282

49

1

2

1

1

1

11

2

6

14

52

22

63

scodella carenata, parete rettilinea verticale

1 3 1

2

scodella carenata, parete rientrante e labbro

1 2

1

piccoli contenitori fondi

2

4

29

59

1

32

4,7

1

5

6

0,3

12,3

5

1

2 29

76

9

scodella a calotta/emisferica con labbro

0,6 5,3

11,2

3

scodella emisferica/più che emisferica con labbro

2 18

38

5

1

4,7

1

1

1

1

3,5

29

0,5

6

1

22

3,6

2,6

3

8

1,8

3

9

12

6 12

16

4

2

1,3

0,6

8

6

8

2,4

1 3

0,6

8

1

1

2

2

1

2

TOTALE

Fase III 6b

1 1

scodella a calotta con labbro

scodella carenata

Fase III 6a

1 1

1

scodella con profilo spezzato, parete rettilinea svasata

scodella carenata, parete rientrante convessa e labbro

Fase III 5a

Fase III 4b

2

scodella con profilo spezzato, parete verticale scodella con profilo spezzato, alta parete verticale

Fase III 4a

Fase III 3b

Fase III 3a

Fase III 2b

Fase III 2a

1 3

%

16

scodella a calotta

1

Totale complessivo

scodella troncoconica fonda scodella troncoconica/calotta

1

%

6

Totale livelli subappenninici

scodella troncoconica

Fase III 1b

Fase III 1a

Livelli storici e superficiali

Tabella 2. Forme aperte: tipi di profilo e distribuzione nei gruppi stratigrafici.

4

3

19

17

1

0,3

1

0,2

2

48

14,2

68

11,0

3

0,9

3

0,5

11

338

2 3

620

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 5. Scodelle troncoconiche. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-3, 5-6, 8 (cat. nn. 3557, 2301, 3551, 2843, 3803, 3697). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 4 (cat. n. 2120); fase III 2a: n. 7 (cat. n. 2050). Scala di riduzione 1/3.

dell’imboccatura abbastanza articolate, tipiche delle ceramiche rinvenute nei livelli del Subappenninico Recente di Oratino: si tratta ad esempio di tre casi di orlo ispessito all’interno e tagliato esternamente (Figura 8.12), di un orlo con cresta mediana (Figura 8.1), di un orlo tagliato sia all’interno che all’esterno (Figura 9.1) e infine di un orlo espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura. Quando presente, l’elemento di presa è sempre impostato sull’orlo. Sotto questo aspetto si può comunque osservare una discreta variabilità, con una prevalenza di esemplari, tre in tutto, caratterizzati dall’attacco di un manico o maniglia di forma non determinabile (Figure 8.4; 9.3). Un unico esemplare presenta un attacco di ansa a nastro con cresta longitudinale mediana che termina a bastoncello. Nessun esemplare è inoltre decorato.

orizzontale su cui si innesta un elemento circolare (Figura 6.1), in un altro a tacche, con andamento obliquo (Figura 6.8). Un nutrito gruppo di scodelle presenta un profilo a calotta non articolato (Figure 8-9). Si tratta in tutto di 29 contenitori, di cui 12 provenienti dai livelli subappenninici. Essi costituiscono il 4,7% delle scodelle di tutto il campione e il 3,6% di quelle provenienti dai livelli subappenninici in posto. Quest’incidenza è tuttavia sottostimata: si deve infatti considerare il buon numero di scodelle che potrebbe ricadere in questo gruppo tra quelle con profilo “a calotta/ rientrante” (che costituiscono circa il 19% dell’intero campione e il 16,3% delle sole forme rinvenute nei livelli subappenninici) e “a calotta/emisferiche” (il 2,6% dell’intero campione e il 2,4% di quello dai livelli subappenninici). Le scodelle a calotta sono nel complesso molto variabili per dimensioni, dalla classe B alla classe D. Questo gruppo presenta anch’esso alcune differenze nella realizzazione dell’imboccatura, con una prevalenza dell’orlo ispessito all’interno (14 frr.), mentre sono sporadicamente attestate realizzazioni

Le scodelle con profilo emisferico non articolato costituiscono un ulteriore nutrito gruppo di 29 contenitori, di cui 18 dai livelli subappenninici (Figure 10-11): essi costituiscono dunque il 4,7% del totale 33

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 6. Scodelle troncoconiche fonde. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-8 (cat. nn. 2772, 375, 2888, 568, 575, 703, 2391, 3161). Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 9 (cat. n. 3782); fase III 2b: n. 10 (cat. n. 4177). Scala di riduzione 1/3.

34

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 7. Scodelle troncoconiche fonde. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 678); fase III 3a: nn. 2-3 (cat. nn. 3384, 1644). Scala di riduzione 1/3.

che forma un angolo verso l’occhiello (Figura 11.10) e un altro con attacco di ansa a nastro che termina a bastoncello, con cresta che forma con la linea dell’imboccatura un beccuccio accentuato (Figura 11.6). Si può citare infine un unico caso con manico forato, margini laterali ricurvi formanti un angolo posteriore stondato all’altezza del foro, sempre su orlo, fermo restando che il confine tra questo tipo di elementi e le maniglie rimane spesso di difficile definizione (Figura 11.9). Anche per questo insieme non sono presenti infine esemplari decorati.

delle forme aperte e il 5,3% di quelle rinvenute nei soli livelli subappenninici in posto, incidenza anch’essa sottostimata se si considerano anche le forme non bene orientabili. Come le scodelle a calotta, esse sono abbastanza variabili per quanto riguarda le dimensioni (dalla classe B alla classe D) e la terminazione dell’imboccatura, anche con forme abbastanza complesse. Oltre ai tipi più comuni dell’orlo arrotondato, piatto, tagliato obliquamente o ispessito all’interno, rappresentano casi particolari l’orlo ispessito all’interno e tagliato esternamente (Figura 10.10), l’orlo piatto espanso internamente (Figura 10.12), l’orlo piatto tagliato obliquamente, l’orlo piatto espanso esternamente (Figura 10.9), l’orlo ispessito internamente e tagliato obliquamente all’imboccatura (Figura 11.7), l’orlo ispessito internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura e infine l’orlo ispessito sia all’esterno che all’interno, (Figura 11.4), a definire una gamma di soluzioni molto ampia ed elaborata. Per quanto riguarda i tipi di elementi di presa associati a questo profilo sono prevalenti i casi di anse verticali con cresta longitudinale mediana, sempre impostata sull’orlo: se ne può citare uno con ansa a nastro che forma un angolo con la linea dell’imboccatura e sopraelevazione a capocchia bilaterale (Figura 10.5), un caso con attacco di ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana, interna e esterna,

Analoghe, ma con vasca più profonda, sono tre scodelle definite curvilinee fonde, molto simili tra loro, sia per dimensioni (tutte di classe A2), che per la presenza di un elemento di presa impostato sull’orlo, in due casi costituito da un’ansa a nastro (Figura 12). Seppure con qualche differenza nell’articolazione dell’imboccatura, che in un caso presenta un labbro leggermente svasato, esse sono state comunque considerate insieme per la loro forte similarità. Esse rappresentano una percentuale residuale delle forme aperte, sia nell’ambito di tutto il campione, che nei soli livelli subappenninici (in entrambi i casi intorno allo 0,5%). Le scodelle con bordo leggermente rientrante continuo sono in tutto 76, il gruppo più numeroso nel campione di Oratino, per la metà (38 frr.) provenienti dai livelli subappenninici in posto (Figure 13-17). Essi nel 35

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 8. Scodelle a calotta. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 6-7, 12 (cat. nn. 1881, 2113, 115, 2276). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 5 (cat. n. 161); fase III 3a: nn. 3, 10 (cat. nn. 1655, 1690); fase III 2a: nn. 8-9, 11 (cat. nn. 2019, 1992, 1825); fase III 1a: nn. 2, 4 (cat. nn. 2594, 2605). Scala di riduzione 1/3.

36

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 9. Scodelle a calotta. Dai livelli superficiali e di età storica e di età storica: n. 1 (cat. n. 327); Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 2 (cat. n. 3554); fase III 1a: n. 3 (cat. n. 2478). Scala di riduzione 1/3.

complesso costituiscono ben il 12,3% delle forme aperte e l’11,3% di quelle rinvenute nei livelli subappenninici. Anche in questo caso potrebbero avere un’incidenza maggiore, data non solo la presenza di numerosi contenitori definiti “a calotta/rientrante”, ma anche del più piccolo insieme di scodelle che è stato definito con bordo “leggermente rientrante/rientrante”, che costituisce un ulteriore 1,6% di tutto il campione delle forme aperte e l’1,2% di quelle dai livelli subappenninici. Questa forma, comunque molto ricorrente, presenta gamma dimensionale molto ampia, dalla classe A (con scodelline anche di 5 cm di diametro) fino alla classe D (con scodelle con ben oltre 30 cm). L’orlo è nella maggior parte dei casi arrotondato o tagliato obliquamente, ma ben rappresentati sono anche l’orlo piatto (9 casi) e l’orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura (con 6 casi: Figure 14.8; 15.6; 16.3; 17.1), mentre sono attestate solo sporadicamente altre realizzazioni, come l’orlo piatto espanso internamente, l’orlo piatto tagliato obliquamente (Figura 13.13,15). Per quanto riguarda gli elementi di presa associati con questo tipo di profilo, in molti casi (13) è presente almeno l’attacco di un elemento di presa sull’orlo (Figure 13.5,12; 14.1-2; 15.9,11; 16.2,5), che risulta dunque la scelta più ricorrente, anche se con diverse realizzazioni stilistiche, laddove determinabili. In un caso infatti è attestato l’attacco di una probabile semplice ansa a nastro (Figura 13.2), in un altro un manico con grande foro, attacchi a bastoncello appiattito formanti un angolo posteriore accentuato, margini superiori rilevati e appiattiti, apici cornuti a sezione quadrangolare e solcatura longitudinale tra gli attacchi degli apici (Figura 17.1). Infine un esemplare

presenta una linguetta arrotondata impostata su orlo (Figura 15.10) e un altro un secondo attacco su orlo, forse da attribuire anch’esso a una sopraelevazione di forma non determinabile (Figura 14.7), descrivendo dunque un’ampia gamma di scelte che molto probabilmente, al di là dell’uniformità del profilo, rimandano a modelli di realizzazione differenti. L’insieme delle scodelle con bordo rientrante continuo è costituito in tutto da 61 contenitori (Figure 18-22), per la maggior parte provenienti dai livelli subappenninici in posto (34 frr.). Essi costituiscono il 9,8% di tutto il campione delle forme aperte e il 10,1% di quelle provenienti dai livelli subappenninici. Anche in questo caso tale percentuale è sottostimata, considerando il gran numero di frammenti non ben orientabili. Questi contenitori, come i precedenti, risultano molto variabili per dimensioni, sempre con il range di oscillazione massimo, dalla classe A alla classe D. Sono attestati diversi tipi di realizzazione dell’orlo, da quelli più semplici (arrotondato e tagliato obliquamente, quest’ultimo nettamente più rappresentato) ai tipi più elaborati che abbiamo visto caratteristici anche del gruppo precedente, da quello piatto espanso internamente (3 frr: Figure 18.7; 22.3), a quello piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura (6 frr: Figure 19.1; 21.6; 22.1,6), più un unico caso di orlo espanso solo internamente. Per quanto riguarda il tipo di elemento di presa associato a questo tipo di profilo, sono attestati esclusivamente quelli impostati sull’orlo, in molti casi di forma non determinabile (Figure 18.1,7,10,15; 19.1; 20.1-2,5-6; 21.1; 22.2), in altri molto elaborati, nella forma di anse verticali, manici o maniglie, con una forte variabilità: 37

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 10. Scodelle emisferiche. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 7, 13 (cat. nn. 78, 117, 138). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 3 (cat. n. 3847); fase III 4a: nn. 1-2, 5, 8, 12 (cat. nn. 1146, 3066, 287, 1132, 33); fase III 3a: n. 10 (cat. n. 1796); fase III 1b: n. 6 (cat. n. 2703); fase III 1a: n. 9, 11 (cat. nn. 4410, 2754). Scala di riduzione 1/3.

38

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Figura 11. Scodelle emisferiche. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 4-5, 9 (cat. nn. 229, 38, 138, 2340). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 2, 8 (cat. nn. 45, 1236); fase III 3a: nn. 7, 10 (cat. nn. 2003, 1355): fase III 2a: n. 6 (cat. n. 2454); fase III 1a: n. 3 (cat. n. 3611). Scala di riduzione 1/3.

39

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 12. Scodelle curvilinee fonde. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 1 (cat. n. 1780). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 3 (cat. n. 163); fase III 4a: n. 2 (cat. n. 291). Scala di riduzione 1/3.

Figura 13. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2-3, 8, 11, 13, 15-16 (cat. nn. 2381, 2368, 3734, 3628, 2103, 3099, 210). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 5 (cat. n. 2819); fase III 3a: nn. 4, 10, 12, 14, 18 (cat. nn. 205, 1926, 1964, 1707, 1598); fase III 2b: n. 6 (cat. n. 3485); fase III 2a: nn. 1, 7, 17, 19 (cat. nn. 2455, 2192, 1821, 2203); fase III 1a: n. 9 (cat. n. 3612). Scala di riduzione 1/3.

40

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Figura 14. Scodelle con bordo leggermente rientante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-3, 5-7 (cat. nn. 1756, 3423, 875, 3265, 195, 40). Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 4 (cat. n. 4157); fase III 4a: n. 8 (cat. n. 1127); fase III 2a: nn. 9-11 (cat. n. 2020, 1808, 2041). Scala di riduzione 1/3.

41

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 15. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2, 6, 9 (cat. nn. 168, 2249, 4). Dai livelli subappenninnici – fase III 4b: n. 3 (cat. n. 32); fase III 4a: nn. 4, 8 (cat. nn. 301, 1194); fase III 3b: n. 11 (cat. n. 1619); fase III 3a: n. 10 (cat. n. 3169); fase III 2b: nn. 1, 5 (cat. nn. 1686, 1833); fase III 1a: n. 7 (cat. n. 2505). Scala di riduzione 1/3.

42

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Figura 16. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2-3 (cat. nn. 204, 2319). Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 5 (cat. n. 1479); fase III 3a: nn. 4, 6 (cat. nn. 3177, 1636); fase III 2b: n. 1 (cat. n. 1826). Scala di riduzione 1/3.

43

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Figura 17. Scodelle con bordo leggermente rientrante continuo. Dai livelli subappenninici – fase III 2a: n. 1 (cat. n. 1725). Scala di riduzione 1/4.

si segnala un attacco di ansa verticale a bastoncello, beccuccio accentuato sulla linea dell’imboccatura (Figura 18.4), un esempio con un’ansa a maniglia di forma quadrangolare, con sopraelevazione che si diparte da uno degli angoli con cresta mediana interna che forma con la linea dell’imboccatura un angolo (Figura 20.3) e infine un esempio caratterizzato da un manico con grande foro, margini laterali a bastoncello appiattito che formano un angolo laterale stondato, margini superiori rilevati e appiattiti, attacchi di apici in posizione centrale (uno a sezione subcircolare rivolto verso l’interno, l’altro a sezione ellissoidale rivolto verso l’alto (Figura 19.3). Infine l’esemplare con un attacco di ansa verticale a nastro su orlo, dato l’andamento obliquo dell’attacco inferiore potrebbe riferirsi, in via ipotetica, a un caso di ansa doppia (Figura 21.3). Come per la maggior parte delle forme sopra presentate, le scodelle con bordo rientrante continuo risultano sempre non decorate.

casi con alta parete, dai livelli subappenninici (lo 0,6% da questi livelli). Anch’esse variabili dal punto di vista dimensionale (dalla classe A alla C2) e rispetto alla terminazione dell’imboccatura, con orlo arrotondato e tagliato obliquamente, rappresentati quasi in egual misura. Questo insieme non fornisce indicazioni circa l’eventuale elemento di presa, a parte un caso in cui è presente un attacco di elemento di presa sulla parete (Figura 23.6).

Un più piccolo gruppo di scodelle, 19 in tutto, presenta inoltre un profilo spezzato, se pure con forme di variabilità. Tre hanno bordo leggermente rientrante distinto (Figura 23.10-11): una sola proviene dai livelli subappenninici in posto e costituisce dunque una percentuale minima del campione (0,3%). Esse sono variabili dal punto di vista dimensionale e diverse per quanto riguarda la terminazione dell’imboccatura (un caso con orlo arrotondato, un altro con cresta e infine un ultimo con orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura). Solo per un esemplare è conservato un attacco di elemento di presa impostato sull’orlo (Figura 23.10). Come nei casi precedenti inoltre sono tutte non decorate.

Infine, si possono osservare tre casi di scodelle con profilo spezzato e parete rettilinea svasata (Figura 24.34), tutte provenienti dai livelli subappenninici in posto. Esse sono caratterizzate in due esempi dalla presenza di un attacco di elemento di presa impostato sull’orlo. Prevalente è inoltre la presenza dell’orlo tagliato obliquamente. In nessun caso infine le scodelle con profilo spezzato, siano esse con parete rettilinea o svasata, si presentano decorate.

Rappresentate in modo sporadico sono poi le scodelle con profilo spezzato e parete verticale (Figura 24.1-2), con due soli esempi, di cui uno dai livelli subappenninici in posto (0,3%), un altro dai livelli superficiali, quest’ultimo con alta parete convessa. Si tratta in entrambi i casi di scodelle di piccole dimensioni (classe A o B), non decorate e senza nessun indicazione circa l’eventuale elemento di presa ad esse associato.

Per quanto riguarda le scodelle con labbro, quelle con profilo a calotta sono rappresentate in modo poco significativo con sette esemplari (Figura 25), tutti provenienti per la maggior parte (5 frr.) dai livelli subappenninici, nell’ambito dei quali costituiscono l’1,5% delle forme aperte. Quando il diametro sia determinabile esse sono sempre di dimensioni mediograndi (classi C1 e C2). Sono variabili per il tipo di

Undici scodelle presentano invece bordo rientrante distinto (l’1,8% del totale delle forme aperte – Figura 23.1-9), in sei casi con alta parete. Esse provengono quasi tutte dai livelli superficiali, ad eccezione di due 44

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 18. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 3, 9-11, 15 (cat. nn. 836, 218, 2458, 2459, 2466, 12). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 13 (cat. n. 3000); fase III 4b: n. 7 (cat. n. 3023); fase III 4a: n. 5 (cat. n. 1126); fase III 3b: nn. 12, 14 (cat. nn. 1592, 1505); fase III 3a: nn. 2, 4, 16 (cat. nn. 1767, 2469, 1787); fase III 2b: n. 8 (cat. n. 1850); fase III 2a: n. 6 (cat. n. 1824). Scala di riduzione 1/3.

45

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Figura 19. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 7 (cat. nn. 2248, 221). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 1 (cat. n. 3039); fase III 4a: n. 2 (cat. n. 1219); fase III 3b: n. 5 (cat. n. 34); fase III 2a: n. 3 (cat. n. 2462); fase III 1a: n. 6 (cat. n. 2640). Scala di riduzione 1/3.

46

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Figura 20. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 1251); fase III 3b: nn. 1, 6 (cat. nn. 1620, 1538); fase III 3a: nn. 2, 4 (cat. nn. 1788, 1898); fase III 2a: n. 5 (cat. n. 2463). Scala di riduzione 1/3.

47

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Figura 21. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-5, 7 (cat. nn. 1731, 22, 2927, 202). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 6 (cat. n. 3378); fase III 2b: n. 1 (cat. n. 1828); fase III 1a: n. 2 (cat. n. 4324). Scala di riduzione 1/3.

48

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 22. Scodelle con bordo rientrante continuo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 6 (cat. nn. 2, 114). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 5 (cat. n. 1466); fase III 2a: nn. 1, 3 (cat. nn. 1823, 3525); fase III 1a: n. 2 (cat. n. 2572). Scala di riduzione 1/3.

49

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Figura 23. Scodelle con bordo leggermente rientrante distinto. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 11 (cat. n. 2842). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 10 (cat. n. 1137). Scodelle con bordo rientrante distinto. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-2, 4-7, 9 (cat. nn. 26, 228, 2879, 2905, 2762, 2904, 3670). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 292); fase III 2a: n. 8 (cat. n. 2641). Scala di riduzione 1/3.

articolazione del labbro (in 2 casi accenno di labbro, in 5 labbro svasato o imbutiforme) e non forniscono in nessun caso informazioni circa il tipo di elemento di presa ad esse eventualmente associato. Nessun esemplare risulta inoltre decorato.

dei quali proviene dai livelli subappenninici in posto (22 frr.). Esse costituiscono dunque circa il 5,8% dell’intero campione e il 6,5% delle forme aperte rinvenute nei livelli subappenninici. Insieme a quelle a calotta, come per le altre forme a profilo continuo, il loro numero potrebbe essere superiore dati i numerosi frammenti non ben orientabili. Queste forme si presentano variabili rispetto alle dimensioni (dalla classe A alla C2) e all’articolazione

Le scodelle emisferiche con labbro sono invece rappresentate da un insieme più numeroso, con un totale di 36 frammenti (Figure 26-28), la maggior parte 50

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 24. Scodelle con profilo spezzato, parete verticale. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 1). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 1166). Scodelle con profilo spezzato, parete svasata. Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 3 (cat. n. 1290); fase III 2a: n. 4 (cat. n. 2461). Scala di riduzione 1/3.

Figura 25. Scodelle a calotta con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 7 (cat. nn. 1064, 2148). Dai livelli subappenninici – fase III 2b: n. 6 (cat. n. 1858); fase III 1b: nn. 1, 5 (cat. nn. 1387, 1376); fase III 1a: nn. 2-3 (cat. nn. 4343, 2485). Scala di riduzione 1/3.

51

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Figura 26. Scodelle emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-2, 8, 13 (cat. nn. 151, 4039, 212, 14). Dai livelli subappenninici – fase III 6a: n. 3 (cat. n. 2973); fase III 4b: n. 7, 10-12 (cat. n. 3858, 3896, 1309, 57); fase III 4a: n. 6 (cat. n. 93); fase III 2b: n. 5 (cat. n. 4015); fase III 1b: n. 4 (cat. n. 2705); fase III 1a: n. 9 (cat. n. 4396). Scala di riduzione 1/3.

del labbro, che può essere solo accennato, svasato o imbutiforme, quest’ultimo prevalente, con 17 frammenti, mentre in casi più rari esso si presenta imbutiforme e tagliato verticalmente all’imboccatura (3 frr.: Figure 27.6; 28.2). Scarse sono le informazioni circa gli elementi di presa associati a questo profilo, che si riducono a quattro esempi in cui è presente un attacco di elemento di presa non determinabile impostato sull’orlo (Figure 27.4, 28.3). In questo gruppo ricadono anche due frammenti decorati secondo schemi decorativi di tipo appenninico, riferibili dunque a una tradizione stilistica precedente a quella cui il complesso dei materiali qui presentati si riferisce (Figura 26.3,5). Entrambi provengono tuttavia dai livelli subappenninici in posto e sono dunque da interpretarsi come frammenti residuali di una frequentazione più antica. Come descritto sopra, tale fenomeno non è infrequente nella sequenza subappenninica di Oratino ed è da riferirsi alle modalità di formazione del deposito.

Le scodelle più che emisferiche con labbro sono un gruppo di 34 contenitori, anche in questo caso per la maggior parte provenienti dai livelli subappenninici in posto (con 21 frr.), con il 6,2% delle forme aperte (circa il 5,5% del totale del campione) (Figure 29-30). Esse presentano la massima variabilità dimensionale, dalla classe A alla classe E e sono variabili per terminazione dell’imboccatura, tra cui più comune, come nel caso precedente, è il labbro imbutiforme, mentre si possono segnalare alcuni casi di accenno di labbro tagliato sia esternamente che verticalmente all’imboccatura (4 frr. terminazione rinvenuta in associazione solo con questo profilo – Figure 29.13; 30.4,7) e di labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura (Figura 30.2-3). Anche in questo caso sono scarse le informazioni circa gli eventuali elementi di presa associati a questo tipo di profilo: a parte il caso di un’ansa a maniglia a sezione subcircolare, impostata obliquamente sulla parete (Figura 30.1), in altri pochi frammenti (4 in tutto)

52

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Figura 27. Scodelle emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 5, 9 (cat. nn. 1880, 2149, 2145). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 7 (cat. nn. 103, 3933); fase III 3b: nn. 4, 6, 8 (cat. nn. 1525, 1526, 1566); fase III 2b: n. 2 (cat. n. 3463). Scala di riduzione 1/3.

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Figura 28. Scodelle emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4 (cat. nn. 2376, 328). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 5 (cat. n. 3037); fase III 3a: n. 1 (cat. n. 1341); fase III 2b: n. 6 (cat. n. 1841); fase III 2a: n. 2 (cat. n. 2053). Scala di riduzione 1/3.

Un primo gruppo è costituito dalle scodelle carenate con parete concava svasata (Figura 31), in tutto 13, la maggior parte delle quali provenienti dai livelli subappenninici in posto (9 frr.). Esse costituiscono il 2,1% dell’intero campione delle forme aperte e il 2,7% del campione dei livelli subappenninici. Sono nella quasi totalità dei casi di piccole dimensioni (classi A o B), ad eccezione di un unico esemplare che ricade nella classe C1. Hanno sempre orlo arrotondato, tranne un caso in cui esso si presenta tagliato obliquamente (Figura 31.3). In tre frammenti è conservato l’elemento di presa, sempre costituito da un manico forato impostato sull’orlo, elemento che sembra caratterizzare in modo significativo questo tipo di profilo (ma associato anche ad altri precedentemente descritti). In un caso si

si osserva l’attacco di elemento di presa impostato sull’orlo (Figure 29.2,4; 30.4-5). Si osservano inoltre cinque frammenti decorati con la tipica decorazione appenninica (Figura 29.1,8, 11-12), sempre dai livelli subappenninici in posto e probabilmente da ricondurre anch’essi a un fenomeno di ripescaggio in antico di frammenti residuali di una precedente frequentazione dell’area. Le scodelle carenate (in tutto 122) sono infine state distinte sulla base della conformazione della parete (se concava o rettilinea/convessa con labbro) e sulla base del suo andamento. Molte di queste rimangono tuttavia di forma indeterminabile, poiché si conservano solo in corrispondenza della carena (68 frr.). 54

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Figura 29. Scodelle più che emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 6-7, 11, 14 (cat. nn. 3269, 3552, 211, 4073, 133). Dai livelli subappenninici – fase III 6a: n. 5 (cat. n. 2981); fase III 5a: n. 9 (cat. n. 71); fase III 4a: n. 3 (cat. n. 1218); fase III 3b: n. 1 (cat. n. 1542); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 1622); fase III 2b: n. 8 (cat. n. 1867); fase III 1b: n. 12 (cat. n. 2734); fase III 1a: nn. 10, 13 (cat. nn. 4323, 2526). Scala di riduzione 1/3.

55

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Figura 30. Scodelle più che emisferiche con labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4 (cat. nn. 1301, 15); Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 157); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 1914); fase III 2a: nn. 6-7 (cat. nn. 1807, 2645); fase III 1a: n. 5 (cat. n. 2470). Scala di riduzione 1/3.

osserva un grande manico forato con margini laterali formanti angolo laterale accentuato e apici ravvicinati in posizione centrale sul margine superiore (Figura 31.7, dai livelli superficiali), in un altro l’attacco di un probabile manico a nastro forato, di forma non determinabile (Figura 31.9), mentre un ultimo frammento presenta l’attacco di probabile manico forato con margini rilevati e appiattiti (Figura 31.5, dai livelli superficiali), caratterizzato dalla presenza di una decorazione con i tipici schemi appenninici, in cui si osservano una serie di elementi triangolari excisi. Hanno in tutti i casi una vasca molto bassa.

rientrante o rientrante, per lo più provenienti dai livelli subappenninici in posto (nell’ambito dei quali costituiscono il 2,7% del campione – Figura 32.14,7,9-11,13). Queste sono variabili dal punto di vista dimensionale (dalla classe A alla classe D) e rispetto alla terminazione dell’imboccatura, con orlo arrotondato (del tutto prevalente), tagliato obliquamente, piatto e ispessito internamente. Per quanto riguarda l’associazione con particolari tipi di elementi di presa, le informazioni sono invece molto scarse: si può osservare solo la presenza di un attacco di elemento di presa sull’orlo in due frammenti (Figura 32.1,3).

Sempre con 13 frammenti, sono rappresentate le scodelle carenate con parete concava leggermente

Un altro gruppo di scodelle (9 frr.) presenta sempre parete concava, senza che sia stato però possibile, per 56

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Figura 31. Scodelle carenate con parete concava svasata. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 5, 7, 11 (cat. nn. 4090, 3661, 29, 4040). Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 10 (cat. n. 4159); fase III 4b: n. 8 (cat. n. 3895); fase III 3b: n. 9 (cat. n. 129); fase III 3a: nn. 3, 13 (cat. nn. 1930, 1363); fase III 2b: nn. 2, 6, 12 (cat. nn. 4137, 1852, 1864); fase III 2a: n. 4 (cat. n. 1323). Scala di riduzione 1/3.

il loro cattivo stato di conservazione, stabilirne l’esatto orientamento, se non con un’oscillazione possibile tra parete concava svasata o verticale (Figura 32.5-6,8,12). Per nessuna di queste l’elemento di presa risulta conservato, mentre in un caso si può osservare un esemplare decorato con almeno tre solcature verticali (Figura 32.5).

Per quelle con parete rientrante, essa può essere rettilinea o leggermente convessa, mentre l’articolazione del labbro varia da svasato (in un caso tagliato esternamente – Figura 33.6) a imbutiforme, pressochè egualmente rappresentati. Un caso particolare è costituito da una scodella con accenno di labbro tagliato verticalmente all’imboccatura (Figura 35. 1). Per quanto riguarda gli elementi di presa si osserva una grande variabilità di tipi associati a questo profilo, dalla semplice ansa a nastro insellata su orlo (Figura 34.6), all’ansa a bastoncello su orlo con baccellature multiple (Figura 33.6), all’attacco di manico forato, grande foro, con attacchi a sezione subcircolare con cresta longitudinale mediana interna che forma con la

Un più nutrito gruppo è costituito dalle scodelle carenate con parete rientrante e labbro, con 18 frammenti, di cui 14 provenienti dai livelli subappenninici (Figure 3335). In un solo caso si osserva un esemplare con parete verticale rettilinea. Queste nel complesso costituiscono dunque il 3,1% di tutto il campione e quasi il 4,5% dei livelli subappenninici in posto. 57

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Figura 32. Scodelle carenate con parete concava leggermente rientrante e rientrante. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 13 (cat. nn. 2229, 2228). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 2, 7 (cat. nn. 3320, 3319); fase III 3a: nn. 4, 9-10 (cat. nn. 2093, 1970, 1614); fase III 1b: n. 1, 11 (cat. nn. 2656, 2714). Scodelle carenate a parete concava verticale/svasata. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 5, 8 (cat. nn. 4034, 609). Dai livelli subappenninici – fase III5a: n. 6 (cat. n. 553); fase III 4a: n. 12 (cat. n. 1196). Scala di riduzione 1/3.

linea dell’imboccatura un angolo (Figura 35.1), fino a un probabile attacco di manico forato, quest’ultimo su un esemplare decorato a excisione (Figura 33.8). Non è infatti insolita, come nei casi precedenti, la presenza di decorazioni riferibili a una tradizione più antica in associazione con questo tipo di profilo, attestate in quattro esemplari (Figure 33.8-9; 34.2,4).

Degni di nota sono infine tre piccoli contenitori fondi di dimensioni quasi miniaturistiche, rinvenuti integri nei livelli di uso delle piastre: si tratta in particolare di due piccole tazze a profilo subtroncoconico con accenno di labbro e ansa a nastro impostata su orlo (Figura 36.12) e di una piccola tazza a profilo biconicheggiante con cordone liscio ondulato impostato sulla massima espansione (Figura 36.3). MD 58

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Figura 33. Scodelle carenate con parete leggermente rientrante e labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 4, 9 (cat. nn. 3647, 4048, 3137); Dai livelli subappenninici – fase III 3b: nn. 5, 7 (cat. nn. 1474, 1504); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 1932); fase III 2a: n. 6 (cat. n. 2468); fase III 1a: nn. 3, 8 (cat. nn. 3550, 4398). Scala di riduzione 1/3.

prevalentemente, o piatto. Inoltre, essi risultano tutti di dimensioni abbastanza ridotte (classe A o C). Per quanto riguarda gli elementi di presa in associazione con queste forme, in due frammenti si osserva la presenza di un elemento di forma non determinabile impostato sull’orlo (Figura 37.1, 4), mentre nel caso di una piccola olla ovoidale, conservata quasi per intero, è presente almeno una presa con foro verticale passante (Figura 37.5). Infine, un esemplare con orlo piatto, con foro passante poco sotto l’orlo, risulta decorato a excisione, tipico, come in altri casi discussi sopra, della tradizione decorativa appenninica (Figura 37.6), ma sempre proveniente dai livelli subappenninici in posto.

Le forme chiuse Il campione delle forme chiuse è costituito da 106 contenitori, la gran parte provenienti dai livelli subappenninici in posto, con 81 esemplari, di cui 49 dai livelli di uso delle piastre e 32 dai livelli di accumulo ad essi frammisti. Esse, come spiegato sopra, sono abbastanza variabili dal punto di vista dimensionale, con un diametro all’imboccatura che oscilla dai 4 ai 38 cm. Il complesso dei contenitori di forma chiusa è stato classificato sulla base della presenza o meno di un collo più o meno sviluppato e sulla base dell’articolazione del profilo, nell’ambito della quale si distinguono olle ovoidali, globulari, biconiche e piriformi, o in cui sia semplicemente riconoscibile una spalla tesa (che potrebbero ricadere in uno degli ultimi due gruppi citati - Tabella 3).

Diversamente, altri due contenitori caratterizzati dall’assenza del collo, entrambi provenienti dai livelli subappenninici in posto, presentano spalla tesa. Essi hanno caratteristiche stilistiche diverse: uno con orlo arrotondato non decorato, di classe A (Figura 37.2), l’altro con orlo piatto, decorato con un cordone con impressioni digitali, di dimensioni non determinabili (Figura 37.3). A questo gruppo potrebbe aggiungersi un altro insieme di contenitori, la cui terminazione dell’imboccatura non è valutabile a causa dello stato di frammentazione: si

Le olle caratterizzate da una terminazione dell’imboccatura priva del collo sono in tutto sette (il 6,6% di tutto il campione – Figura 37). Cinque di esse presentano profilo ovoidale e per la maggior parte (4 frr.) provengono dai livelli subappenninici in posto, nell’ambito dei quali costituicono il 4,9%. Questi contenitori possono presentare orlo arrotondato, 59

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Figura 34. Scodelle carenate con parete leggermente rientrante e labbro. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 5 (cat. n. 1785); fase III 3a: n. 1 (cat. n. 192); fase III 2b: n. 4 (cat. n. 1536); fase III 2a: nn. 3, 6 (cat. nn. 2450, 1723); fase III 1a: n. 2 (cat. n. 2523). Scala di riduzione 1/3.

60

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Figura 35. Scodelle carenate con parete leggermente rientrante e labbro. Dai livelli subappenninici – fase III 2a: n. 1 (cat. n. 1726). Scala di riduzione 1/4.

Figura 36. Piccoli contenitori fondi. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 3 (cat. nn. 3114, 3115); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 3113). Scala di riduzione 1/3.

1

olle a spalla tesa senza collo

2

olle ovoidali con collo

11

11

olle globulari con collo

5

2

olle a spalla tesa con collo

5

1

olle biconiche con collo

4

5

3 1

1

olle globulari con collo?

2 14

6

7

61

%

Totale complessivo

%

5

45

55,6

56

52,8

2

1

10

12,3

15

14,2

1

3

9

11,1

14

13,2

3

3,7

3

2,8

2

2,5

3

2,8

1

1

2 8

Totale ivelli subappenninici

9

1

olla con decorazione protogeometrica 25

4,7 1,9

2

1 1

5 2

2

1 1

1

4,9 2,5

3 3

2

4 2

4

1

olle piriformi con collo

TOTALE

Fase III 6b

Fase III 6a

Fase III 5a

Fase III 4b

Fase III 4a

2

Fase III 3b

1

Fase III 3a

Fase III 2b

Fase III 1b

1

Fase III 2a

olle ovoidali senza collo

Fase III 1a

Livelli storici e superficiali

Tabella 3. Forme chiuse: tipi di proflo e distribuzione nei gruppi stratigrafici.

11

5

14

11

2

1

5

6,2

7

6,6

1

1

1,2

1

0,9

2

81

106

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche tratta di sette contenitori, tutti di forma globulare, per i quali non è determinabile l’eventuale presenza o meno del collo e che verranno descritti oltre nel dettaglio.

Sei esemplari, tutti provenienti dai livelli subappenninici, presentano solo un accenno di collo (Figura 38). Essi sono molto variabili per dimensioni (dalla classe A alla classe E): le due più piccole (di classe A), anch’esse quasi miniaturistiche come alcune delle forme aperte sopra descritte, danno entrambe indicazioni circa l’elemento di presa: una presenta un’ansa a nastro impostata su orlo ed è stata rinvenuta integra in uno dei livelli di uso delle piastre di cottura (Figura 38.1); un’altra presenta un’ansa a nastro con margini appiattiti impostata sulla parete (Figura 38.3). Frequente è inoltre la decorazione

I contenitori di forma chiusa con collo sono nel complesso un numero significativo, con 92 esemplari. Il gruppo più numeroso presenta profilo ovoidale, con 56 contenitori (il 52,8% del campione delle forme chiuse), per la maggior parte provenienti dai livelli subappenninici (45 casi), nell’ambito dei quali essi costituiscono ben il 55,6%.

Figura 37. Olle senza collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 1 (cat. n. 4082). Dai livelli subappenninici – fase III 6a: n. 4 (cat. n. 2975); fase III 4b: nn. 2-3 (cat. nn. 3845, 1297); fase III 2b: nn. 6-7 (cat. nn. 4000, 1832); fase III 2a: n. 5 (cat. n. 2224). Scala di riduzione 1/3.

Figura 38. Olle ovoidali, accenno di collo. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 3 (cat. nn. 3116, 1212); fase III 2b: n. 4 (cat. n. 1863); fase III 2a: n. 2 (cat. n. 2054); fase III 1a: n. 5 (cat. n. 2512). Scala di riduzione 1/3.

62

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici costituita da un cordone plastico (con tre esempi), sia esso liscio (Figura 38.1) o con impressioni digitali (Figura 38.2).

di combustione, uno da quello dell’US200 della fase III 2a (Figura 42.4) e uno da quello dell’US64 della fase III 3a (Figura 43.2). Due esemplari presentano l’innesto di elementi semicircolari (Figure 40.3; 41.2), mentre, un caso analogo sembra quello di un elemento angolare (Figura 40.2). Più rara è invece la presenza di cordoni con andamento curvilineo (Figura 40.7). In un unico caso, sempre proveniente dai livelli di preparazione della piastra di cottura della fase III 2a (Figura 43.1) si osserva un contenitore quasi integro con due anse a maniglia contrapposte su orlo e un cordone curvilineo, su cui si innesta un elemento semicircolare poco marcato, posto in posizione centrale sul corpo. I cordoni con impressioni digitali sono rappresentati in due esempi, uno dei quali con una bugna su cordone (Figure 41.7; 42.1). In un unico frammento si osserva infine la presenza di una bugna isolata sulla parete (Figura 41.3).

Le olle ovoidali con collo cilindrico (sia breve che alto, con orlo arrotondato o piatto – Figura 39) sono in tutto nove, circa la metà provenienti dai livelli subappenninici in posto. Anch’esse sono molto variabili per dimensioni (dalla classe A alla classe D). Per questo gruppo sono scarse le informazioni circa l’elemento di presa associato, con un solo caso di attacco di elemento di presa impostato sull’orlo, in un esemplare di classe B (Figura 39.3). Questo tipo di contenitori non risulta mai decorato. Le olle ovoidali con collo svasato, breve (Figura 40) o alto (Figure 41-43), sono le più numerose, con 28 contenitori, provenienti anch’essi per la maggior parte dai livelli subappeninici in posto. Si tratta di un gruppo che, a parte l’analogo profilo, si presenta abbastanza variabile sia dal punto di vista dimensionale (con un’oscillazione dalla classe A alla classe E) che dal punto di vista degli elementi di presa attestati: si possono osservare due frammenti con un’ansa a nastro sull’orlo (Figure 41.6; 42.1), un frammento con ansa a nastro insellata, sempre impostata sull’orlo (Figura 41.4) e un ultimo caso che presenta l’attacco di un’ansa a maniglia con sezione subcircolare sulla parete. La presenza di cordoni lisci orizzontali sulla parete è abbastanza comune, con 12 casi (Figure 40.4-5; 41.5-6; 42.4, 43.2), tra cui si segnalano due esemplari ben conservati provenienti dai livelli di preparazione delle strutture

Meno numeroso è il gruppo delle olle ovoidali con collo imbutiforme (Figura 44 - breve o alto, in un caso con orlo tagliato esternamente), con sette esemplari, per i quali si osserva una discreta variabilità dimensionale (dalla classe B alla classe D), mentre molto scarse sono le informazioni circa gli elementi di presa o le decorazioni ad essi associati. Si segnala un unico caso che presenta un attacco di elemento di presa, in posizione n.d., decorato con un cordone liscio con l’innesto di due elementi semicircolari. Altri sei contenitori con profilo ovoidale presentano infine un attacco di collo di forma non determinabile

Figura 39. Olle ovoidali con collo cilindrico. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4, 6 (cat. nn. 17, 3422, 3132). Dai livelli superficiali e di età storica. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1, 7 (cat. nn. 469, 263); fase III 3a: n. 5 (cat. n. 1346); fase III 1a: n. 2 (cat. n. 2550). Scala di riduzione 1/3.

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Figura 40. Olle ovoidali con breve collo svasato. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2, 4-5 (cat. nn. 2922, 3203, 3292). Dai livelli subappenninici – fase 4b: nn. 1, 6, 8 (cat. nn. 3836, 274, 3899); fase III 4a: n. 3 (cat. n. 65); fase III 2b: n. 7 (cat. n. 1840); fase III 1a: n. 9 (cat. n. 2608) . Scala di riduzione 1/3.

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Figura 41. Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 2, 4 (cat. nn. 3559, 3641). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 3 (cat. n. 275); fase III 4b: n. 7 (cat. n. 3891); fase III 4a: nn. 1, 6 (cat. nn. 102, 2209); fase III 3a: n. 8 (cat. n. 293); fase III 1a: n. 5 (cat. n. 2554). Scala di riduzione 1/3.

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Figura 42. Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 1 (cat. n. 110). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 289); fase III 2a: n. 4 (cat. n. 1987); fase III 1a: n. 2 (cat. n. 4399). Scala di riduzione 1/3.

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Figura 43. Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli subappenninici – fase III2a: n. 1 (cat. n. 222); fase III 3a: n. 2 (cat. n. 1710). Scala di riduzione 1/3.

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Figura 44. Olle ovoidali con collo imbutiforme. Dai livelli superficiali e di età storica. Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 5 (cat. n. 1478); fase III 3a: n. 6 (cat. n. 1674); fase III 2a: n. 3 (cat. n. 1382); fase III 1a: nn. 1-2, 4 (cat. nn. 2609, 4363, 2477). Scala di riduzione 1/3.

68

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici (Figura 45), uno con ansa a nastro con margini appiattiti, decorato con un’applicazione plastica ellissoidale alla base dell’elemento di presa (Figura 45.3), uno decorato con un cordone plastico ondulato a tacche (Figura 45.1).

Più rappresentate sono invece le olle globulari con collo imbutiforme, con sei esemplari, molto variabili per dimensioni (dalla classe A alla classe E), per le quali non sono mai disponibili informazioni circa l’eventuale elemento di presa ad esse associato. Nei casi in cui si tratti di esemplari decorati, la decorazione è costituita da excisioni che formano motivi complessi (Figura 47.3-4), tipiche della precedente tradizione appenninica. Uno dei due esemplari proviene dai livelli di età storica, l’altro dai livelli subappenninici in posto: come sottolineato già in alcuni casi per le forme aperte, si tratta di frammenti riferibili a una più antica frequentazione dell’area.

I contenitori di forma chiusa che presentano un profilo globulare con collo sono nel complesso meno numerosi, con 15 esemplari (il 14,2% dell’intero campione), anche in questo caso per la maggior parte provenienti dai livelli subappenninici, con 10 casi (il 12,3% delle forme chiuse provenienti da questi livelli). Anch’essi sono variabili per articolazione dell’imboccatura, con accenno di collo, collo cilindrico, svasato o imbutiforme. L’unico esemplare con accenno di collo proviene dai livelli di età storica, non conserva indicazioni circa l’eventuale elemento di presa e non è decorato (Figura 46.2).

Un esemplare non decorato presenta un collo troncononico e labbro svasato, sempre dai livelli di età storica (Figura 47.2).

Le olle globulari con collo cilindrico sono solo due (una di classe B e una di classe D – Figura 46.1,3), in un caso decorate con un cordone con impressioni digitali profonde.

Infine, due frammenti presentano un’articolazione del collo non determinabile e potrebbero ricadere in uno degli insiemi sopra descritti: una, di piccole dimensioni (classe A), presenta l’attacco di un elemento di presa sull’orlo (Figura 48.1); l’altra, di classe C, è decorata con una risega alla base del collo (Figura 48.2).

Sempre scarse numericamente (3 casi) sono le olle globulari con collo svasato: il caso meglio conservato presenta un cordone ondulato a faccia concava e un’ansa a nastro con margini appiattiti impostata sull’orlo (Figura 46.5).

Un caso a parte è costituito da altri sette contenitori che presentano profilo globulare, per i quali, dato il loro stato di conservazione, non è possibile determinare

Figura 45. Olle ovoidali, collo n.d. Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 3 (cat. n. 2998); fase III 4a: n. 4 (cat. n. 2129); fase III 2b: n. 2 (n. 1856); fase III 1b: n. 1 (cat. n. 3546). Scala di riduzione 1/3.

69

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 46. Olle globulari con accenno di collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 3293). Olle globulari con collo cilindrico. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 3 (cat. n. 3936); fase III 3a: n. 1 (cat. n. 1656). Olle ovoidali con collo svasato. Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 4 (cat. n. 2864); fase III 1a: n. 5 (cat. n. 2575). Scala di riduzione 1/3.

70

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 47. Olle globulari con collo imbutiforme. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 3 (cat. nn. 237, 3435). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 5 (cat. n. 3889); fase III 3b: n. 6 (cat. n. 1555); fase III 3a: n. 4 (cat. n. 1352). Olle globulari, collo troncoconico e labbro. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 1659). Scala di riduzione 1/3.

la maggior parte dai livelli subappenninici, con nove esemplari (il 11,1% dai soli livelli subappenninici). Esse sono variabili per tipo di collo, in un esemplare troncoconico con orlo piatto (Figura 50.1), in un altro breve cilindrico (Figura 50.4), in altri, più ricorrenti, svasato o imbutiforme, mentre in tre casi esso è di forma non determinabile. Per questo gruppo non si hanno mai indicazioni circa l’eventuale elemento di presa associato, mentre nella loro totalità risultano non decorati. Sono infine variabili per dimensioni, dalla classe B alla classe E.

l’eventuale presenza del collo, e che dunque, in via ipotetica, potrebbero ricadere anche nel gruppo delle olle senza collo (Figure 48.3-8; 49). Essi sono variabili per dimensioni (dalla classe A alla classe C), mentre negli unici due casi in cui è conservato l’elemento di presa, esso è costituito da almeno un’ansa a nastro impostata sulla parete – Figure 48.5; 49.1). Quest’insieme offre inoltre un’ampia gamma di soluzioni per quanto riguarda le decorazioni. Un contenitore è decorato con un bottone circolare sulla parete (Figura 48.4), un altro con un’applicazione plastica ellissoidale presso l’attacco dell’elemento di presa (Figura 49.1) e ancora due sono decorati con un cordone orizzontale sulla parete, in un caso liscio (Figura 48.3), nell’altro con impressioni digitali (Figura 48.6). Infine, un ultimo contenitore, in linea con quanto già osservato per altri con profilo globulare e collo, è decorato a excisione, con un motivo complesso a meandro retto, dai livelli subappeninici (Figura 48.7).

Tre sono invece le olle per le quali è possibile osservare un corpo biconico (Figura 52), una con accenno di collo, una con breve collo svasato e infine un’altra con collo di forma non determinabile. Esse sono tutte provenienti dai livelli subappenninici, nell’ambito dei quali costituiscono il 3,7% delle forme chiuse. Pur nella variabilità dell’articolazione del collo, questi tre contenitori risultano tuttavia fortemente assimilabili, sia per la presenza, in due casi su tre, di un elemento di presa impostato sull’orlo, sia per quella, nella totalità degli esemplari, di una decorazione plastica, sia essa

Molto meno rappresentate sono poi le olle a spalla tesa con collo, con 14 esemplari (il 13,2% dell’intero campione – Figure 50-51), anch’esse provenienti per 71

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 48. Olle globulari, collo n.d. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 2414). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. n. 1312). Olle globulari con collo? Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3-4 (cat. nn. 3442, 3727). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 6 (cat. n. 91); fase III 2b: n. 7 (cat. n. 1712); fase III 2a: n. 5 (cat. n. 1118); fase III 1b: n. 8 (cat. n. 3544). Scala di riduzione 1/3.

72

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 49. Olle globulari con collo? Dai livelli subappenninici – fase III 2b: n. 1 (cat. n. 1310). Scala di riduzione 1/3.

Figura 50. Olle a spalla tesa con collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 3149). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: nn. 3-4 (cat. nn. 3860, 154); fase III 2b: n. 5 (cat. n. 3488); fase III 1a: n. 1 (cat. n. 4390). Scala di riduzione 1/3.

73

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 51. Olle a spalla tesa con collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 3 (cat. n. 3640). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: nn. 1-2 (cat. nn. 1700, 1125). Scala di riduzione 1/3.

rappresentata da un cordone liscio (Figura 52.2-3), o da una bugna conica sulla massima espansione (Figura 52.1). Inoltre, si tratta sempre di contenitori di dimensioni ridotte, di classe A o di classe B.

motivo realizzato a linee tremule verticali e sulla spalla con un motivo metopale (campitura a grossi punti alternata a quelle che sembrano bande oblique). L’attacco tra il collo e la spalla è segnato da due bande orizzontali che marginano una linea tremula. Un’altra banda orizzontale segna invece l’attacco tra il collo e il labbro (Figura 53.4). Seppure anomalo nel panorama finora discusso esso potrebbe non essere fuori contesto, in quanto pertinente al più recente livello di frequentazione in posto nella sequenza del sito della Rocca di Oratino (fase III 6b, Copat infra: 126).

Altrettanto poco rappresentate sono le olle con profilo piriforme (Figura 53), con tre esemplari variabili per dimensioni (dalla classe A alla classe D): quando sia possibile apprezzarne la conformazione, esse presentano sempre un collo svasato e, nell’unico caso in cui l’elemento di presa risulti conservato, questo è costituito da un’ansa a nastro insellata sull’orlo (Figura 53.2). In tutti i casi inoltre, non sono decorati.

Associazioni ricorrenti tra forme, elementi di presa e decorazioni

Si segnala infine un frammento relativo a un di un contenitore di forma chiusa pertinente a una classe di materiali diversa da quella finora presentata, quella della ceramica cosidetta Protogeometrica Japigia. Si tratta di un alto collo cilindrico leggermente convesso con labbro imbutiforme, decorato, sul collo, da un

Per quanto riguarda le forme nel loro complesso, si può infine valutare, anche se non su base statistica, data la limitatezza dei dati, l’insieme delle associazioni dei differenti elementi stilistici in relazione ai tipi di profilo rappresentati (articolazione dell’imboccatura, elementi 74

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 52. Olle biconiche con collo. Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 1 (cat. n. 4153); fase III 4a: n. 3 (cat. n. 302); fase III 1b: n. 2 (cat. n. 2658). Scala di riduzione 1/3.

Figura 53. Olle piriformi con collo. Dai livelli superficiali e di età storica: n. 2 (cat. n. 4060). Dai livelli subappenninici – fase III 3b: n. 1 (cat. n. 47); fase III 3a: n. 3 (cat. n. 1968). Olla con decorazione protogeometrica. Dai livelli subappenninici – fase III 6b: n. 4 (cat. n. 3031). Scala di riduzione 1/3.

75

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

28

1

4

orlo piatto, tagliato obliquamente orlo ispessito internamente

2

orlo ispessito esternamente

14

1

2

5

86

1

29

1

1

80 5

1

2

25

1

1

orlo ispessito sia all’interno che all’esterno orlo piatto, espanso esternamente

6

29

7

TOTALE

9

3

9

piccoli contenitori fondi

7

1

1

scodella carenata, parete rettilinea vericale

3

10

1

scodella carenata, parete rientrante e labbro

6 2

orlo piatto orlo tagliato obliquamente

6

scodella carenata, parete concava verticale/svasata

1

scodella carenata con parete concava rientrante

16

scodella carenata, parete concava svasata

scodella a bordo legg. rientrante distinto

27

scodella più che emisferiche con labbro

scodella a bordo rientrante

2

scodella emisferiche con labbro

scodella a bordo legg. rientrante

5

scodella a calotta con labbro

scodella curvilinea fonda

4

scodella a profilo spezzato, parete svasata

scodella emisferica

5

scodella a profilo spezzato, parete verticale

scodella a calotta

2

scodella a bordo rientrante distinto

scodella troncoconica fonda

orlo arrotondato

scodella troncoconica

Tabella 4. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme aperte e tipo di terminazione dell’imboccatura (sono considerate sole le forme con profilo ben determinabile).

1

orlo piatto, espanso internamente

1

1

1

2

1

orlo piatto, espanso int. e tagliato verticalmente all’imboccatura

1

orlo ispessito internamente, tagliato esternamente

3

2

3

6

6

6 1

14

1

4

orlo ispessito internamente, tagliato verticalmente

1

1

orlo ispessito internamente, tagliato obliquamente

1

1

orlo con cresta mediana

1

2

orlo con cresta mediana, tagliato vert. all’imboccatura

1

4

1

orlo tagliato sia all’interno che all’esterno

1

1

1

accenno di labbro

2

9

accenno di labbro, tagliato est. e verticalmente all’imboccatura labbro svasato

1

6

1 4

1

8

4

labbro svasato tagliato est.

2

5 1

1

labbro svasato distinto

3

1

labbro imbutiforme

2

17

16

3

3

labbro imbutiforme, tagliato verticalmente all’imboccatura orlo n.d.

1

1

1

TOTALE

8

22 29 29

3 3

76 61

76

11

2

3

7

20 1 4

3 3

14

6

41 6

3

2

9

5

1

36 34 13 13

9

18

1

29 3

381

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

2

1

3

1

3 1

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana, su orlo

1

ansa verticale a bastoncello, sull’orlo

TOTALE 52

ansa a nastro insellata con margini appiattiti, sull’orlo

7 1

2

3

1

1

1

ansa a maniglia, sulla parete

3

1

1

1

1

ansa a maniglia, sull’orlo

1

1

manico a nastro forato manico con grande foro

1

manico/maniglia n.d., su orlo sopraelevazione a capocchia bilaterale, su orlo

piccoli contenitori fondi

2

1

ansa a nastro, sull’orlo

ansa a maniglia doppia, sull’orlo

scodella carenata, parete verticale rettilinea

4

scodella carenata, parete rientrante e labbro

2

4

scodella carenata, parete concava verticale/svasata

attacco di elemento di presa, sulla parete

2

scodella carenata con parete concava rientrante

1

scodella carenate, parete concava svasata

15

scodella più che emisferiche con labbro

scodella a bordo legg. rientrante distinto

13

scodella emisferiche con labbro

scodella a bordo rientrante

1

scodella a calotta con labbro

scodella a bordo leggermente rientrante

1

scodella a profilo spezzato, parete svasata

scodella curvilinea fonda

5

scodella a profilo spezzato, parete verticale

scodella emisferica

4

scodella a bordo rientrante distinto

scodella a calotta

attacco di elemento di presa, su orlo

scodella troncoconica

scodella troncoconica fonda

Tabella 5. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme aperte ed elementi di presa (sono considerate sole le forme con profilo ben determinabile).

1

1

2

1

3

1

1

5

3

3

1

1

linguetta arrotondata

1

n.d./assente

6

16

20

24

TOTALE

8

22

29

29

3

1

60

42

2

10

2

1

7

32

29

10

11

9

14

1

76

61

3

11

2

3

7

36

34

13

13

9

18

1

77

297 3

381

TOTALE

olle a spalla tesa senza collo

orlo arrotondato

4

1

5

orlo piatto

1

1

2

accenno di collo

6

1

collo cilindrico

9

2

1

collo svasato

28

3

3

collo imbutiforme

7

6

6

19

1

1

collo troncoconico e orlo piatto

collo n.d.

collo troncoconico e labbro

5

2

78 5

1

1

decorazione a solcature

1

2

1

TOTALE

plastica: applicazione plastica

olle globulari con collo?

2

olle piriformi con collo

decorazione appenninica

olle biconiche con collo

olle a spalla tesa con collo

TOTALE

scodella carenata, parete rettilinea verticale

scodella carenata, parete rientrante e labbro

scodella carenata, parete concava svasata/rientrante

scodella carenate con parete concava rientrante

scodella carenate, parete concava svasata

scodella più che emisferiche con labbro

scodella emisferiche con labbro

scodella a calotta con labbro

scodella a profilo spezzato, parete svasata

scodella a profilo spezzato, parete verticale

scodella a bordo rientrante distinto

scodella a bordo legg. rientrante distinto

scodella a bordo rientrante

scodella a bordo legg. rientrante

scodella curvilinea fonda

scodella emisferica

piccoli contenitori fondi

1

olle globulari con collo

2

plastica + impressa: cordone a tacche

olle ovoidali con collo

olle ovoidali senza collo

plastica: cordone liscio scodella a calotta

scodella troncoconica fonda

scodella troncoconica

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Tabella 6. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme aperte e decorazioni (sono considerate sole le forme con profilo ben determinabile).

1 3

1

1 1

4 12

1 1

non decorate 8 19 29 29 3 76 61 3 11 2 3 7 34 29 12 13 8 13 1 2 363

TOTALE 8 22 29 29 3 76 61 3 11 2 3 7 36 34 13 13 9 18 1 3 381

Tabella 7. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme chiuse in ceramica di impasto e tipo di terminazione dell’imboccatura.

12

8

37

6

2

3

1

1

7

20

1

56

15

14

3

3

7

105

elemento di presa n.d., sull’ orlo

ansa a nastro, sull’orlo

ansa a nastro con margini appiattiti, sulla parete 2

elemento di presa n.d., su parete

1

ansa a nastro insellata, sull’orlo

ansa a nastro con margini appiattiti, posizione n.d.

ansa a nastro con margini appiattiti, sull’orlo

79

1

ansa a nastro, sulla parete

1 1

presa verticale passante 1

n.d./assente

2

2

4

8

22

7

5

1

2

2

6

1

1

5

1

1

3

6

3

1

1

TOTALE

5

2

6

9

28

7

6

1

2

3

6

1

2

7

1

1

3

6

3

2

1

1 1

1

1

1

1 1

1 1

TOTALE

olle biconiche con collo n.d.

olle biconiche con collo svasato

1

olle biconiche con accenno di collo

olle piriformi con collo n.d.

olle piriformi con collo svasato

olle a spalla tesa, collo n.d.

olle a spalla tesa, collo imbutiforme

olle a spalla tesa, collo svasato

olle a spalla tesa, collo cilindrico

olle a spalla tesa, collo troncoconico e orlo piatto

olle globulari con collo?

olle globulari con collo n.d.

olle globulari con collo troncococnico e labbro

olle globulari con collo imbutiforme

olle globulari con collo svasato

olle globulari con collo cilindrico

olle globulari con accenno di collo

olle ovoidali con collo n.d.

olle ovoidali con collo imbutiforme

olle ovoidali con collo svasato

olle ovoidali con collo cilindrico

olle ovoidali con accenno di collo

olle a spalla tesa senza collo

olle ovoidali senza collo

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Tabella 8. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme chiuse in ceramica di impasto ed elementi di presa.

6

1 1

2 3

1

1

2

1

2

coppia di anse a maniglia, su orlo 1 1

ansa a maniglia, sulla parete 1 1

1

1

85

1

105

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali

plastica: cordone liscio

plastica: cordone liscio a faccia concava

1 1

applicazioni plastiche

2 12

1

plastica + impressa: cordone a tacche 2

80

risega

1

1 1

decorazione appenninica 1

non decorato 4 1 3 9 13 6 4 1 1 2 4 1 1 2 1 1 3 6 3 2 1

TOTALE 5 2 6 9 28 7 6 1 2 3 6 1 2 7 1 1 3 6 3 2 1

2 1 1

1

2

1

1 1

1 1

1

1 1

1

TOTALE

olle biconiche con collo n.d.

olle biconiche con collo svasato

olle biconiche con accenno di collo

olle piriformi con collo n.d.

olle piriformi con collo svasato

olle a spalla tesa, collo n.d.

olle a spalla tesa, collo imbutiforme

olle a spalla tesa, collo svasato

olle a spalla tesa, collo cilindrico

olle a spalla tesa, collo troncoconico e orlo piatto

olle globulari con collo?

olle globulari con collo n.d.

olle globulari con collo troncococnico e labbro

olle globulari con collo imbutiforme

olle globulari con collo svasato

olle globulari con collo cilindrico

olle globulari con accenno di collo

olle ovoidali con collo n.d.

olle ovoidali con collo imbutiforme

olle ovoidali con collo svasato

olle ovoidali con collo cilindrico

olle ovoidali con accenno di collo

olle a spalla tesa senza collo

olle ovoidali senza collo

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Tabella 9. Numero di occorrenze nell’associazione tra profilo delle forme chiuse in ceramica di impasto e decorazioni.

1

17 1 5

7

1

4

69

105

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici con le scodelle carenate. In quest’ultimo caso, si osserva anche un caso di solcature.

di presa, presenza e tipo delle decorazioni), nel tentativo di individuare almeno alcuni comportamenti ricorrenti (e in qualche caso alternativi tra un profilo e un altro), che possano andare a definire tipi stilistici forse più significativi.

Per quanto riguarda invece i contenitori di forma chiusa, si può segnalare in generale una preferenza nell’associazione tra profilo ovoidale e collo svasato e, diversamente, nell’associazione tra profilo globulare e a spalla tesa con il collo imbutiforme (Tabella 7). L’olla piriforme, anche se attestata in pochi casi, è invece attestata esclusivamente in associazione con il collo svasato. Rispetto agli elementi di presa è invece difficile fare considerazioni più di dettaglio, in quanto esiste una forte variabilità nella presenza di tipi comunque molto semplici (Tabella 8).

Per quanto riguarda le forme aperte, rispetto all’articolazione dell’imboccatura (Tabella 42) si può osservare come l’orlo ispessito internamente, anche tagliato esternamente, costituisca la scelta preferenziale solo in relazione alle scodelle a calotta, mentre le articolazioni più elaborate, con orli tagliati variamente all’imboccatura, siano ricorrenti nelle altre scodelle con profilo continuo e in particolare in quelle con bordo leggermente rientrante o rientrante. Le articolazioni dell’imboccatura più semplici e più comuni (orlo arrotondato, piatto o tagliato obliquamente) sono quelle quasi esclusivamente adottate per le scodelle troncoconiche (più o meno fonde); similarmente, per le forme con profilo spezzato e per quelle carenate con parete concava, l’uso dell’orlo arrotondato costituisce la scelta più ricorrente. Per le scodelle con profilo articolato non si osservano invece scelte alternative, ma il labbro imbutiforme risulta il più comune nella maggior parte dei profili meglio rappresentati.

Qualche considerazione in più può essere invece fatta nelle associazioni più ricorrenti tra tipi di profilo e decorazioni (Tabella 9). Si può infatti segnalare una scelta preferenziale nell’associazione tra olle ovoidali e decorazioni plastiche, in particolate con i cordoni lisci. Solo in un caso tale decorazione è attestata in associazione con le olle globulari. Risulta inoltre esclusiva l’associazione tra olle con profilo globulare e decorazione di tipo appenninico. Da segnalare inoltre che le olle a spalla tesa con collo si presentano tutte non decorate, mentre quelle biconiche sembrano mostrare una preferenza, come detto sopra, per la decorazione plastica.

Nell’osservazione delle associazioni tra tipo di profilo ed elemento di presa (Tabella 5), è possibile basarsi su un campione ben più ridotto di contenitori, in quanto spesso esso non risulta conservato. A parte la generale tendenza alla presenza di un elemento di presa impostato sull’orlo, i pochi casi di elementi sulla parete si segnalano solo per le scodelle con profilo troncoconico, per quelle con bordo rientrante distinto e per quelle più che emisferiche con labbro. Le anse a nastro con cresta longitudinale mediana sono attestate solo per scodelle con profilo continuo e in particolare solo per quelle con profilo a calotta ed emisferico, mentre i vari tipi di manico si associano variamente con differenti tipi di profilo, senza che sia possibile riconoscere scelte preferenziali. Viceversa, le scodelle carenate in generale sembrano essere più spesso caratterizzate da questo tipo di elemento di presa.

Elementi dell’imboccatura I frammenti relativi a elementi dell’imboccatura non attribuibili a forme ricostruibili sono nel complesso molto numerosi, con 1.119 attestazioni, esclusi i frammenti di orli di forma non determinabile e quelli che non è stato possibile attribuire con certezza a un collo o a un labbro (Tabella 10). Più della metà (636 frr.) provengono dai livelli subappenninici in posto, sempre con una prevalenza di quelli rinvenuti nei livelli d’uso delle piastre, che costituiscono circa i 2/3 dei frammenti (407), rispetto a quelli dai livelli di accumulo ad essi frammisti (229). Nell’ambito degli orli semplici (il 40,8% dell’intero campione e il 36,2% dei frammenti dai livelli subappenninici), oltre ai casi più comuni e già descritti in associazione con le forme, si osservano scarsi casi di orli non rappresentati in associazione con le scodelle, tra cui l’orlo tagliato esternamente, l’orlo espanso internamente e tagliato sia verticalmente che obliquamente all’imboccatura, l’orlo tagliato obliquamente, leggermente ispessito esternamente e internamente e infine un caso di orlo a tesa. Tutti questi vanno ad ampliare la gamma di variabilità del campione delle ceramiche provenienti da questo sito, molto caratterizzato sotto questo punto di vista.

Diverso è il caso delle decorazioni (Tabella 6), per le quali si può osservare come i cordoni plastici siano attestati solo in associazione con le scodelle troncoconiche e con i tre piccoli contenitori fondi di dimensioni quasi miniaturistiche, mentre la generale tendenza è quella all’assenza della decorazione. Fanno eccezione gli esemplari decorati con la tipica decorazione appenninica, rinvenuta in associazione solo con le scodelle emisferiche e più che emisferiche con labbro e

Per l’analisi delle associazioni sono state escluse le forme non ben orientabili, per un totale di 381 contenitori.

2 

81

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

orlo piatto espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

orlo tagliato esternamente

orlo con cresta mediana

orlo espanso internamente, tagliato verticalmente e obliquamente orlo tagliato obliquamente leggermente ispessito est. e inter.

orlo tagliato sia all’esterno che all’interno

orlo ispessito sia all’interno che all’esterno orlo ispessito int., tagliato esternamente

accenno di labbro

accenno di labbro tagliato verticalmente all’imboccatura labbro leggermente svasato

20

8

1

3

1

5

2

1

4

2

6 1

1

2

1

6

1

6 2

2

3

1

2

2

1

1

1

2

11

1

1

1

3 7

2

1

14

labbro imbutiforme

16

5

3

4

1

5

5

2

3

labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura

1

2

1

11

3

collo cilindrico, orlo arrotondato

1

1

4

2

1

1

4

1

3

1

1

collo svasato

54

12

5

13

collo svasato, orlo piatto

1

3

10 1 1

1

3

2

1

2

2

1

4

4,1

1

2

1

7

1

1

5

5

21

9

1

8

1,3

19

1,7

10

1,6

14

1,3

1

0,2

7

0,6

6

0,9

8

0,7

2

1

1

3

3

2

3

1

1

1

0,1

2

0,3

4

0

-

1

0,1

1

0,2

1

0,1

2

0,2

1

0,1

1

-

0,2

0,2

1

0,4

0,1

6

0,9

17

1

0,2

4

0,4

8

0,7

1

0,2

1,5

112 9

0,8

2

30

4,7

46

4,1

1

0,2

2

0,2

1

0,1

7

1

3

1,1

0,2

14

2,2

25

4

0,6

5

1

4

0,2

0,6

5

6

10

2,2

0,4

0,4

0,5

20

3,1

29

2,6

82

12,9

136

12,2

1

0,2

2

0,2

1

0,2

1

0,1

-

1

0

12 0

1 0

82

1

0,8

12,1

2 9

0,2

9

77

1

2

0,3

4

1

2

9

collo svasato, orlo con cresta mediana

3,6

46

1

labbro n.d.

collo svasato, labbro imbutiforme

40

2,7

1 7

collo svasato, orlo ispessito esternamente

2,8

17

1

1

11

collo svasato, orlo tagliato obliquamente

18 1

0

9

collo svasato, orlo tagliato esternamente

27

1

6

collo leggermente svasato

302

1

7

collo leggermente svasato, orlo piatto

25,5

1

5

collo cilindrico, orlo piatto

162

1

12

accenno di collo

7

1

35

orlo a tesa

1

1

labbro svasato

labbro svasato distinto

2

%

27

Totale complessivo

11

%

4

1

1

37

Totale livelli subappenninici

orlo piatto espanso esternamente

orlo piatto espanso internamente

7

6

Fase III 6b

11

18

Fase III 6a

orlo ispessito internamente

orlo ispessito esternamente

Fase III 5a

1

Fase III 4b

4

1

22 29

Fase III 4a

2 1

orlo piatto orlo tagliato obliquamente

Fase III 3b

8

Fase III 3a

19

Fase III 2b

Fase III 1b

140

Fase III 2a

Fase III 1a

orlo arrotondato

Livelli storici e superficiali

Tabella 10. Elementi dell’imboccatura. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.

-

1,9 -

0,2

3

22 1

2

0,3

2,0

0,1

0,2

0,1

collo imbutiforme, orlo tagliato obliq.

6

collo troncoconico, orlo piatto

1

collo imbutiforme, orlo tagliato est.

collo troncoconico, orlo arrotondato

collo troncoconico, labbro svasato

1

1

2

5

5

1

6

1

1

8

8

4

5

1

1 5

7

5

3 6 1

3

1

1

2

Fase III 6b

Fase III 6a

Fase III 5a

Fase III 4b

Fase III 4a

Fase III 3b

Fase III 3a

Fase III 2b

Fase III 2a

Fase III 1b

2

-

1

0,1

46

1

collo troncoconico, labbro imbutiforme

1 44

7

5

6

2

14

5

11

3

3

TOTALE

483

88

49

73

31

120

61

93

67

30

3

10

70

3,8

29

2

0,3

2

1

2

1,3

7,2

24

0,2

1

0,2

1

collo n.d.

I frammenti attribuibili a labbri sono in numero di gran lunga inferiore e costituiscono il 20,0% dell’intero campione e il 19,5% dai livelli subappenninici. Per questi in particolare si osservano le forme più semplici (accenno di labbro, labbro svasato, labbro imbutiforme e labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura), che non vanno ad arricchire il panorama già noto in associazione con le forme.

0 8

1

1

1

%

24

Totale complessivo

collo imbutiforme

collo svasato distinto

%

1

Totale livelli subappenninici

collo svasato, labbro imbutiforme, orlo tagliato esternamente

Fase III 1a

Livelli storici e superficiali

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

0,2

7

0,9

6,3

2,6

0,6

0,2

2

0,2

1

0,1

2

0,3

3

0,3

1

57

9,0

101

9,0

21

636

1.119

frammisti. La maggior parte di essi è costituita da anse verticali a nastro di vario tipo (circa il 52% del totale), seguite dai frammenti di manici sopraelevati (9,5%, esclusi i frammenti di manici/maniglia – che da soli costituiscono il 6,7%), dalle anse a maniglia (il 12,5%), mentre le prese hanno un’incidenza percentuale minore (di varia forma, forate o meno – 7,5%). Le anse verticali a bastoncello rappresentano il 5,4% e infine quelle con le caratteristiche espansioni laterali costituiscono il 2,3% del totale. I vari tipi di sopraelevazioni (frammentarie o in associazione con alcuni degli elementi citati sopra) sono infine rappresentate nel 5,9% del totale dei frammenti.

Più numerosi sono i frammenti relativi a colli (il 41,5% di tutto l’insieme, il 44,3% dei frammenti dai livelli subappenninici). Come per gli orli semplici, anche per quanto riguarda i colli, i frammenti restituiscono una variabilità maggiore di quanto osservato in associazione con le forme, con casi di collo svasato con orlo piatto, tagliato esternamente, ispessito esternamente, con cresta mediana o infine con labbro imbutiforme. Si segnalano poi scarsi casi di collo svasato distinto e di collo troncoconico con labbro svasato o labbro imbutiforme.

Nell’ambito della più comune categoria delle anse a nastro verticale sono state distinte in primo luogo le anse a nastro semplici, le più comuni, con 199 frammenti (il 26,7% del totale e il 26,5% dai soli livelli subappenninici), dalle anse a nastro con margini appiattiti, con 80 frammenti e un’incidenza percentuale del l’10,7% del totale e dell’11,5% dai soli livelli subappenninici (51 frr.). Come abbiamo visto, esse ricorrono trasversalmente sulle forme ceramiche individuate, siano esse aperte o chiuse, impostate sull’orlo o sulla parete (Figura 55.1). In questo insieme si segnala un esemplare decorato con bugna conica sulla parte superiore, dai livelli subappenninici (Figura 54.3).

Elementi di presa Sono invece 746 gli elementi di presa (compresi quelli rinvenuti in associazione con le forme già discusse) per i quali si possa riconoscere forma, tipologia e orientamento e di cui qui si presenta un’analisi (Tabella 11). Più della metà (442) sono stati rinvenuti nei livelli subappenninici in posto, di cui 311 provengono dai livelli di uso delle piastre e 131 dai livelli di accumulo ad essi

Meno frequenti sono le anse insellate, con 37 frammenti, con o senza margini appiattiti (circa il 5% sia del totale 83

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Fase III 2a

Fase III 2b

Fase III 3a

Fase III 3b

Fase III 4a

Fase III 4b

Fase III5a

Fase III 6a

Fase III 6b

Tot. livelli subappenninici

10

9

15

7

26

12

23

7

4

1

3

117

ansa a nastro con margini appiattiti e sopraelevazione a corna di lumaca

ansa a nastro con attacco di sopraelevazione n.d.

ansa a nastro insellata

ansa a nastro che termina a bastoncello

%

Fase III 1b

82

ansa a nastro con margini appiattiti

Totale complessivo

Fase III 1a

ansa a nastro

%

Livelli storici e superficiali

Tabella 11. Elementi di presa. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.

51

11,5

26,5

199

26,7

1

0

-

1

0,1

2

0

-

2

0,3

23

5,2

37

5,0

0,2

1

29

14

6

2

3

ansa a nastro ispessito

ansa verticale che si orgina da linguetta arrotondata ansa a bastoncello

ansa a bastoncello con baccellature multiple

3

16

7

5

1

ansa a bastoncello con cresta longitudinale mediana

maniglia sezione subcircolare

11

22

3

7

1

1

2

2

1

1

2

2

1

6

4

9

3 17

3

1

6

2

1

2

1

1

2

1

1

maniglia con cresta longitudinale

10

1

manico a nastro forato

11

2

manico con grande foro

manico con ansa retrostante

2

6

2

1

2

18

2

1

1

1

2

1

4

1

1 1

1

1 4

19

7

1

5

5

2

1

presa a lingua triangolare

3 3

2

1

1

6

84

1

3

1

1

1

2

3

5

3

3

4

2

2

1

1

2

2

4

1 1

0,1

0

-

1

0,1

1

0,2

1

0,1

11

2,5

22

2,9

1

0,2

1

0,1

35

7,9

57

7,6

1

0,2

1

0,1

2

0,5

3

0,4

11

2,5

13

1,7

2

0,5

2

0,3

14

3,2

17

2,3

30

4,0

1

1

1

13 10

1

0,5

2,9

2,3

2

23

0,3

3,1

8

1,8

14

1,9

1

0,2

2

0,3

7

1,6

17

14

3,2

27

1

0,1

0,1

1

1

1

1

10,7

0,2

1

1

0,2

80

1

2

1

1

1

1

1

1

1

3

4

2

1

2

3

3

2

9

11 4

1

2

1

1

2

1 1

frammenti di manico/maniglia n.d.

presa trapezoidale

1

3

presa semicircolare

presa rettangolare

4

1

1

maniglia sezione poligonale

maniglia con baccellature multiple

1

1

13

maniglia insellata

4

1

maniglia sezione quadrangolare maniglia sezione ellissoidale

3

1

ansa a bastoncello con cresta longitudinale mediana e soprael. a capocchia bilaterale

anse verticali con cresta ed espansioni laterali a formare una protome ornitomorfa

5

1

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e sopraelevazione a capocchia bilaterale

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e sopraelevazione n.d.

7

1

1

ansa a bastoncello con cornetti laterali

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

3

5

ansa a nastro ripiegata verso l’interno

ansa a nastro con margini appiattitii e linguetta sopraelevata rettangolare

4

0,5 0,2

5

2

0,7 0,3

2,3

6,1

45

6,0

0,2

1

0,1

25

3,4

31

7,0

50

6,7

11

2,5

22

2,9

6

1,4

10

1,3

4

0,9

7

0,9

5

1,1

8

1,1

appendice anseriforme sopralevazione a lobo

linguetta semicircolare

1

9

2 2

1

4

2

1

1

1

1

TOTALE DETERMINABILI

304

62

24

73

25

62

8

4

11

366

70

28

84

TOTALE COMPLESSIVO

1

1

0,2

1

0,2

1

1,6

16

2,1

2

0,3

1

1

2

7

2

2

1

0,2 0,5

2

1

1 3

%

1

0,2

Totale complessivo

Fase III 6b

Fase III 6a

Fase III5a

Fase III 4b

Fase III 4a

Fase III 3b 1

0,2

1

0,3

0,1

0,1 0,1

0,1

0,4

10

2,3

12

1

0,2

1

0,1

2

0,5

3

0,4

0

1

attacco di sopraelevazione attacco di elemento di presa n.d. (in associazione con forme ed elementi dell’imboccatura)

1

1

1

1

1

%

sopraelevazione a capocchia bilaterale

Fase III 3a 1

presa verticale con foro longitudinale

presa n.d. con foro orizzontale

Fase III 2b

1

presa n.d. con foro verticale presa n.d.

Fase III 2a

Fase III 1b

1

Tot. livelli subappenninici

presa a semiluna

presa rettangolare insellata, forata

Fase III 1a

Livelli storici e superficiali

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

-

1

1

87

40

75

33

12

2

9

442

746

2

9

12

12

6

2

4

4

74

136

27

96

52

87

39

14

6

13

516

882

1,6

Figura 54. Elementi di presa. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4, 8 (cat. nn. 3138, 30). Dai livelli subappenninici – fase III 3a: n. 1 (cat. n. 1885); fase III 2b: n. 3 (cat. n. 4151); fase III 2a: nn. 2, 5-7, 10 (cat. nn. 2034, 1121, 3530, 2444, 3610); fase III 1a: n. 9 (cat. n. 4375). Scala di riduzione 1/3.

85

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche che di quelli rinvenuti nei soli livelli subappenninici, con 23 frr.) anch’esse ricorrenti sia su forme aperte che chiuse (Figure 34.6; 41.4; 46.6; 53.2; 54.1) e le più caratteristiche, almeno da un punto di vista cronologico, anse a nastro con cresta longitudinale mediana (61 frr., con o senza margini appiattiti – circa 8,2% del totale e l’8,6% dai livelli subappenninici). Altre tipologie sono rappresentate solo sporadicamente, come un caso di ansa a nastro ispessito (Figura 54.2) o un caso di ansa a nastro che termina a bastoncello, queste ultime dai livelli subappeninici in posto.

come detto sopra, l’8,6% degli elementi di presa (con 38 casi). Due frammenti presentano una doppia cresta (Figura 55.9), in altri (4 in tutto) l’ansa termina con una sezione a bastoncello in prossimità dell’attacco sull’orlo, come nel caso già descritto di scodella emisferica (Figura 11.6). In un solo frammento l’ansa a nastro con cresta longitudinale mediana è associata a una sopraelevazione a capocchia bilaterale sempre su scodella emisferica (Figura 10.5), ma il fatto che si tratti di un caso isolato sembra principalmente dovuto alla frammentarietà del materiale. Per alcuni frammenti, meglio conservati in corrispondenza dell’attacco con l’imboccatura, è possibile inoltre osservare particolari più elaborati, come quando la cresta va a formare un angolo con la linea dell’imboccatura (Figure 10.5; 55.8) o un piccolo beccuccio accentuato sulla parete interna (Figura 11.6).

Sono inoltre presenti, nell’ambito delle anse verticali, una, di forma non determinabile, che si origina da una linguetta arrotondata, dai livelli subappenninici (Figura 54.7), un’altra, con margini appiattiti, che si origina da una linguetta rettangolare, dai livelli superficiali. Inoltre è attestata un’ansa a nastro con margini appiattiti e sopraelevazione a corna di lumaca, con bugnetta conica sulla faccia interna, dai livelli superficiali (Figura 54.4), e un’ansa a nastro ripiegata verso l’interno dell’occhiello, beccuccio accentuato sulla linea dell’imboccatura, impostata sull’orlo.

Si affianca al precedente, ma con sezione a bastoncello, un altro piccolo gruppo di materiali, rappresentato nel 2% del totale degli elementi (con 15 casi), sempre provenienti per lo più dai livelli subappenninici, con 13 frammenti (circa il 3% da questi livelli). Analogamente a quelle con sezione a nastro, in due frammenti tale elemento è associato a una sopraelevazione a capocchia bilaterale (Figura 59.1-2), in altri si tratta di esemplari meno conservati (Figura 55.5,10). Si segnalano inoltre tre casi in cui l’ansa ripiega verso l’interno dell’occhiello, uno con beccuccio molto prominente (su

Per quanto riguarda, più nel dettaglio, le anse a nastro che presentano una cresta longitudinale mediana, con o senza margini appiattiti (Figura 55.3-4, 6-8), esse provengono per la maggior parte dai livelli subappenninici, nell’ambito dei quali costituiscono,

Figura 55. Elementi di presa. Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 12 (cat. n. 1147); fase III 4a: n. 10 (cat. n. 1226); fase III3b: nn. 1-3, 7 (cat. nn. 248, 246, 1512, 251); fase III 2a: nn. 4-6, 8 (cat. nn. 3529, 2025, 2201, 2440); fase III 1b: nn. 9, 11 (cat. nn. 2655, 2671). Scala di riduzione 1/3.

86

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 56. Elementi di presa. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 6 (cat. nn. 290, 3299). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 1-2, 10 (cat. nn. 506, 1228, 3096); fase III 3a: nn. 7, 11 (cat. nn. 2123, 3389); fase III 2b: n. 4 (cat. n. 1870); fase III 2a: n. 5 (cat. n. 1724); fase III 1a: nn. 8-9 (cat. nn. 2623, 2642). Scala di riduzione 1/3.

scodella esmiferica – Figura 11.10 - e in alcuni esemplari più frammentari - Figura 55.11-12).

parte di esemplari frammentari, essi sono qui descritti sulla base della conformazione della sezione, rispetto alla quale si può osservare una discreta variabilità. Le più comuni sono quelle a sezione circolare, con 30 frammenti (il 4,0%), di cui più della metà (13 frr.) proviene dai livelli subappenninici, con un’incidenza intorno al 2,9% nell’ambito di questi ultimi. Esse possono essere impostate sia sull’orlo che sulla parete (su una scodella più che emisferica con labbro citata sopra – Figura 30.1), anche se nella maggior parte dei casi non è possibile stabilirne la posizione. Tra queste se ne distinguono alcune (4 in tutto, 3 dai livelli subappennininci) di forma quadrangolare. Un esemplare ancora più articolato presenta un foro di forma probabilmente quadrangolare, sezione subcircolare e apici in corrispondenza degli angoli, già descritto sopra su scodella con bordo rientrante continuo (Figura 20.3).

Caratteristiche del complesso di materiali qui presentati sono inoltre le anse verticali con cresta e espansioni laterali a formare una protome ornitomorfa, in alcuni casi realizzati a nastro (Figura 56.1-8), tra cui si segnala un esemplare decorato con borchiette metalliche lungo i margini (Figura 56.4), in altri a formare una capocchia poco sviluppata, non distinta (Figura 56.9-10). Queste sono rappresentate da 17 frammenti e costituiscono il 2,3% del totale degli elementi di presa. La maggior parte proviene dai livelli subappenninici (14 frr.), nell’ambito dei quali costituiscono il 3,2% degli elementi di presa. Le anse a bastoncello semplici rappresentano il 3,4% del totale dei frammenti e il 3,2% del campione proveniente dai livelli subappenninici. Quando è nota la posizione, esse sono impostate sull’orlo (in un caso su scodella con bordo rientrante continuo - Figura 18.4), mentre in un unico caso è attestata la presenza di un setto interno. Altri esempi degni di nota sono quello in cui si possono osservare due cornetti laterali poco accentuati (Figura 54.5) e quello di due frammenti caratterizzati da baccellature multiple (Figura 54.6, e in un caso su orlo di una scodella carenata con parete rientrante e labbro – Figura 33.6).

Le anse a maniglia a sezione subquadrangolare sono rappresentate in minor misura (23 frr. che costituiscono il 3,1% del totale). Nell’ambito dei soli livelli subappenninci esse hanno un’incidenza percentuale di circa il 2,3% (10 frr.) e possono essere impostate sia sull’orlo che sulla parete (Figura 54.8). Una percentuale più ridotta è invece costituita dalle anse a maniglia con sezione ellissoidale (14 frammenti nell’interno campione – 1,9%, di cui 8 dai livelli subappenninici in posto), anche in questo caso impostate sia sull’orlo che sulla parete. Si segnala in proposito ancora il caso ben conservato delle due

Per quanto riguarda le anse a maniglia (il 12,5% del totale degli elementi di presa, il 9,5% di quelli rinvenuti nei livelli subappenninici), trattandosi per la maggior 87

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche maniglie affrontate sull’orlo di un’olla ovoidale con collo svasato decorata con un cordone curvilineo sul corpo (Figura 43.1). Inferiore all’1% (sia nell’ambito di tutto il campione che nell’ambito dei soli livelli subappenninci, con 5 esemplari in tutto) sono invece le anse a maniglia a sezione poligonale, in un caso in coppia su una scodella troncoconica (Figura 5.4). Altre forme sono rappresentate solo in modo sporadico, come due frammenti di ansa a maniglia insellata con margini appiattiti, impostata obliquamente sulla parete.

Simili a questi ultimi, se ne distinguono altri molto articolati, che difficilmente si inquadrano in formule ripetitive, costituendo ciascuno quasi un caso a sé: si tratta ad esempio del manico già descritto in associazione con un scodella con bordo rientrante continuo (Figura 19.3) con due attacchi di apici in posizione centrale, di quello con margini laterali formanti angolo laterale accentuato impostato sull’orlo di una scodella carenata (Figura 31.7) e di un altro con margini laterali ricurvi a sezione ellissoidale, formanti un angolo posteriore stondato, impostato sull’orlo di una scodella emisferica (Figura 11.9). Più frammentari sono un esemplare con doppio angolo, uno in corrispondenza del foro, uno sul margine superiore, con attacco di apici (Figura 57.5) e ancora un manico di cui si conserva un margine laterale rilevato appiattito formante un angolo posteriore in corrispondenza della parte superiore del foro e margine superiore a sezione quadrangolare (Figura 57.6). Infine, tra quelli più conservati, si segnala la presenza di un manico con margini laterali che formano un angolo posteriore accentuato, che, al di sopra del foro, presenta un angolo anteriore che termina con piccole appendici ornitomorfe, da cui si dipartono due attacchi di apici di forma non determinabile (Figura 57.7).

Rappresentate in 17 esemplari (il 2,3% dell’intero campione e l’1,6% di quello proveniente dai soli livelli subappenninici, con 7 esemplari) sono le più diagnostiche anse a maniglia con cresta longitudinale mediana, da avvicinare agli elementi analoghi, ma con andamento verticale precedentemente descritti (Figura 54.9). Esse presentano nella maggior parte dei casi una sezione ellissoidale, e solo in un frammento sezione subcircolare e forma quadrangolare, anch’esse impostate sia sulla parete che sull’orlo. In due esempi si osservano soluzioni più elaborate: hanno cresta mediana sia interna che esterna e presentano in un caso apici romboidali, in un altro attacco di apici n.d., entrambe dai livelli superficiali. Un altro esemplare è di forma quadrangolare. Si segnalano infine due casi di ansa a maniglia con baccellature multiple, uno proveniente dai livelli superficiali, un altro dai livelli subappenninici in posto (Figura 54.10).

Tali forme (soprattutto se frammentarie) sono comunque spesso difficilmente distinguibili dalla anse a maniglia su orlo, rispetto alle quali non sembra esserci una forte distinzione, se non per un maggiore sviluppo nei manici della parte sommitale. Alcuni frammenti del campione di Oratino potrebbero per questo motivo essere attribuiti alla categoria dei manici, così come a quella delle maniglie. Si tratta di esemplari frammentari e di difficile orientamento, come ad esempio quello caratterizzato da un largo foro rettangolare con attacco di probabili apici (Figura 57.10) o un caso di probabile margine a bastoncello sulla cui sommità insistono quattro ulteriori attacchi, relativi a una serie di apici con andamento diverso, parte dunque di un elemento di presa particolarmente elaborato (Figura 57.9).

Per quanto riguarda i manici, i frammenti ad essi relativi sono in tutto 121 (circa il 16,2% del totale degli elementi di presa, inclusi i manici/maniglia non determinabili), di cui 73 dai livelli subappenninici (sempre il 16,7% nell’ambito di questi ultimi). Essi possono essere distinti in due grandi insiemi: i manici a nastro e quelli con margini a bastoncello o a sezione quadrangolare, che formano un grande foro, spesso associati ad apici di vario tipo. Questi ultimi sono senza dubbio quelli tipologicamente più coerenti con la posizione cronologica del deposito qui presentato. Sono in tutto 45 i frammenti riferibili a manici che sia stato possibile attribuire a questa forma, di cui 27 provenienti dai livelli subappenninici (il 6,1% degli elementi di presa provenienti da questi ultimi livelli). Tra questi (Figura 57), quelli meglio rappresentati sono quelli con attacchi a bastoncello appiattito formanti un angolo posteriore accentuato, margini superiori rilevati e appiattiti, apici cornuti a sezione quadrangolare e solcatura longitudinale tra gli attacchi degli apici. Un caso già descritto è impostato sull’orlo di una scodella con bordo leggermente rientrante (Figura 17.1), mentre altri esempi sono frammentari, per i quali comunque si osservano alcune forme di variabilità interna (Figura 57.1-4,8).

Una discussione a parte merita invece la presenza di manici a largo nastro forato, con margini rilevati e appiattiti e apici ricurvi, che da un punto di vista stilistico possono rimandare a una tradizione precedente, riferibile all’Appenninico, la cui presenza costituisce l’esito, come per alcune forme e decorazioni, del fenomeno di ripescaggio di frammenti residuali (Figura 58). Quelli di cui si possa riconoscere almeno in parte la forma sono in tutto 25, di cui 14 dai livelli subappenninici. Si tratta dunque di una percentuale che si aggira nel complesso intorno al 3,5% del totale degli elementi di presa e al 3,2% di quelli provenienti dai livelli subappenninici. 88

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 57. Manici con grande foro e manici/maniglia n.d. Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 3-7 (cat. nn. 1217, 3072, 3928, 1240, 111); fase III 3a: nn. 1-2 (cat. nn. 3338, 1679); fase III 2b: nn. 9-10 (cat. nn. 3495, 1907); fase III 2a: n. 8 (cat. n. 2456). Scala di riduzione 1/3.

Da un punto di vista stilistico, alcuni presentano margine superiore revoluto all’esterno e/o margini laterali revoluti all’interno (Figura 58.1-2,4), altri i classici margini rilevati e appiattiti e apici ricurvi, uno con foro triangolare (Figura 58.3), altri anche decorati a excisione (Figure 31.5; 58.5, quest’ultimo dai livelli superficiali). In due casi inoltre il nastro presenta un prospetto trapezoidale (Figura 58.7-8): essi potrebbero riferirsi a un momento più antico nell’ambito della stessa fase Appenninica, comunque provenienti dai livelli superficiali.

Sempre in relazione al fenomeno della presenza di frammenti residuali più antichi, è l’attestazione di un manico a nastro non forato con ansa retrostante, attribuibile a un momento ancora precedente della frequentazione del sito di Oratino, la fase Protoappenninica, di cui tuttavia al momento non sono stati individuati livelli di frequentazione in posto (Figura 58.9). Ritornando agli elementi meglio inquadrabili nell’ambito del Subappenninico Recente, numerosi sono 89

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 58. Manici a nastro. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 6-8 (cat. nn. 7, 2410, 2883). Dai livelli subappenninici – fase III 4b: nn. 4-5 (cat. nn. 3818, 3841); fase III 4a: nn. 1-2 (cat. nn. 269, 3947); fase III 3b: n. 3 (cat. n. 3961); fase III 1a: n. 9 (cat. n. 4424). Scala di riduzione 1/3.

a formare un angolo con la linea dell’imboccatura, così come osservato per alcune anse verticali (Figura 59.1213).

i frammenti riferibili a sopraelevazioni o ad appendici di vario tipo (Figure 59-60). Alcune, nelle forme più complete, sono state già discusse in associazione con specifici elementi di presa, solitamente crestati; per altre, che non è possibile associare a nessun elemento di presa particolare è necessaria una trattazione separata. I frammenti attribuibili a questa categoria sono nel complesso 45, di cui 27 provenienti dai livelli subappenninici in posto, con un’incidenza pressocchè analoga sia nell’ambito di tutto il campione che di questi ultimi (il 6%). Molto rappresentate sono le sopralevazioni a capocchia bilaterale, con 19 frammenti, di cui 10 provenienti dai livelli subappenninici. Come abbiamo accennato sopra, esse sono spesso associate ad anse a nastro o a bastoncello con cresta longitudinale mediana (Figure 10.5; 59.1-3), mentre nella maggior parte dei casi si trovano in uno stato più frammentario (Figura 59.411). Degna di nota è tuttavia la presenza di alcune sopraelevazioni a capocchia impostate direttamente sull’orlo. Nel caso meglio conservato, proveniente dai livelli superficiali, essa è impostata, come già descritto, sull’orlo di una scodella troncoconica (Figura 5.2), mentre in altri si può osservare come la “cresta” vada

Numericamente abbondanti sono anche le appendici anseriformi, con 12 frammenti, di cui 10 provenienti dai livelli subappenninici (Figura 60.1-6). Esse sono nella maggior parte dei casi in stato frammentario e non è possibile stabilire in quale posizione si trovassero nel contenitore. Solo in un caso (Figura 56.11) si può suggerire un migliore orientamento del pezzo come un beccuccio che prosegue verso l’interno del contenitore, da cui si diparte, verso l’alto, una probabile ansa a bastoncello, ma le dimensioni del frammento, forse troppo grandi, non confortano del tutto questa interpretazione, anche dal confronto con altri contesti (Copat infra: 119). Altri tipi di sopraelevazioni sono rappresentate solo sporadicamente: sono attestati due casi di sopraelevazione a lobo, direttamente impostate sull’orlo (all’interno del labbro), entrambi dai livelli superficiali (Figura 60.7-8), una sopraelevazione a cornetti poco sviluppati, su ansa a bastoncello, anch’essa già citata 90

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 59. Sopraelevazioni a capocchia bilaterale. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 4-5, 7, 9-10, 12 (cat. nn. 2169, 217, 3282, 112, 2796, 2168). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: nn. 2, 6, 11 (cat. nn. 272, 1145, 1227); fase III 3a: n. 3 (cat. n. 1628); fase III 2b: n. 13 (cat. n. 3496); fase III 2a: n. 1 (cat. n. 2070); fase III 1a: n. 8 (cat. n. 2509). Scala di riduzione 1/3.

(Figura 54.5) e infine una sopraelevazione a corna di lumaca su ansa a nastro con margini appiattiti, dai livelli superficiali (Figura 54.4).

si origina da linguetta. Si segnala ancora infine il caso di una linguetta arrotondata impostata sull’orlo di una scodella a bordo leggermente rientrante (Figura 15.10).

Altre otto sono sopraelevazioni di forma non determinabile (tre su orlo, due su ansa a nastro, tre su ansa a nastro con cresta longitudinale mediana, di cui una con doppia cresta), mentre in due casi l’ansa

Per concludere, le prese costituiscono in totale il 7,5% degli elementi rappresentati, con 56 fremmenti, di cui 33 provengono dai livelli subappenninici in posto, dei quali costituiscono il 7,4%. Quella senza 91

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 60. Appendici anseriformi. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 3, 6 (cat. nn. 171, 198). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 1 (cat. 264); fase III 3a: n. 4 (cat. n. 1982); fase III 1a: nn. 2, 5 (cat. nn. 2524, 2606). Sopraelevazioni a lobo. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 7-8 (cat. nn. 2170, 295). Prese forate. Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 10 (cat. n. 3871); fase III 3a: n. 9 (cat. n. 2085). Scala di riduzione 1/3.

dubbio più rappresentata è la presa semicircolare, con 22 frammenti di cui 11 nei livelli subappenninici (2,5% di questi livelli), quella a lingua triangolare con vertice arrotondato (8 esemplari, di cui 5 provenienti dai livelli subappenninici, pari all’1,1% degli elementi provenienti da questi ultimi), quella rettangolare con 10 frammenti (di cui 6 dai livelli subappenninici) e quella trapezoidale (con 7 esemplari di cui 4 dai livelli subappenninici: 0,9% di questi ultimi). Sono invece ancora meno rappresentate altre forme, come la presa a semiluna, con due soli esemplari.

provengono dai livelli storici e superficiali e 451 dai livelli subappenninici. Nell’ambito di questi ultimi, più della metà (266 frr. ) proviene dai livelli di uso delle strutture di combustione e da quelli relativi alla loro messa in opera, mentre sono 185 quelli dai livelli di accumulo ad essi frammisti. Il campione è abbastanza variato per quanto riguarda tecniche e motivi decorativi. Sono attestate semplici decorazioni impresse (il 2,3% del totale), decorazioni plastiche di vario tipo, in assoluto le più rappresentate (il 78,2%) e decorazioni a solcature (1,8%). Infine, un corposo numero di frammenti risulta decorato con tecniche e schemi di tipo appenninico, che costituiscono il 17,8% degli elementi decorativi. L’alta incidenza percentuale di questo tipo di decorazioni, anche nell’ambito dei soli livelli del Subappenninico Recente (il 20% ca.), al di là della possibilità o meno che essi possano ancora essere in uso in un momento avanzato dell’età del Bronzo, è piuttosto da imputare agli aspetti di formazione del deposito, come descritto sopra per altri elementi (Tabella 12).

Scarsi sono inoltre i casi di prese forate, in un caso una piccola presa rettangolare insellata (Figura 60.9), in un altro con margine superiore appiattito (Figura 60.10), relative probabilmente a piccoli contenitori di cui non è comunque possibile ricostruire la forma. Un caso analogo è costituito da quelle impostate sotto l’orlo della piccola olla ovoidale con orlo arrotondato, anche se ancora più piccole e di forma indeterminabile (Figura 37.5). Decorazioni

Per quanto riguarda la decorazioni semplicemente impresse, molto poco rappresentate, esse insistono sul 2,3% del totale dei frammenti decorati e sul 2,2% di quelli provenienti dai livelli subappenninici. A parte

Il complesso dei frammenti decorati, inclusi quelli già citati in cui la decorazione ricorre su forme o elementi di presa, è costituito da 793 esemplari, di cui 342 92

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici tre esemplari in cui si osserva la presenza di una risega orizzontale alla base del collo (1 dai livelli superficiali e 2 dai livelli subappenninici – Figura 48.2), un piccolo gruppo di contenitori (6 in tutto) è decorato con tacche impresse (circa 1% del totale), raramente su orlo, più spesso sulla parete e associate ad altri elementi decorativi: ad esempio, le tacche risultano associate in un caso a un cordone liscio e in un altro sono poste sul margine di una presa semicircolare, in associazione con un cordone con impressioni digitali, quest’ultimo dai livelli superficiali. Un altro piccolo gruppo (6 frr.) presenta impressioni digitali semplici, solo in un frammento su orlo. È invece abbastanza ricorrente la presenza di un’impressione digitale sull’elemento di presa (in 5 casi, su presa trapezoidale o rettangolare). Ancora più rari sono altri tipi di impressioni, come un frammento in cui è possibile osservare la presenza di una fila di impressioni ovali sulla parete, dai livelli superficiali. Si segnala inoltre, un unico caso di una cuppella sul dorso di un’ansa a nastro.

discusso sopra, una piccola bugna è posta sull’elemento di presa, sulla faccia frontale di una sopraelevazione a corna di lumaca (Figura 54.4), un’altra sulla sommità di un’ansa a nastro (Figura 54.3). Un’altra bugna presenta invece forma troncoconica allungata (Figura 61.1) e infine un’ultima è associata a una cuppella. A Oratino si osserva inoltre la presenza di applicazioni plastiche di varia forma, abbastanza variabili dal punto di vista stilistico e scarse dal punto di vista quantitativo (con solo 13 frr., circa l’1,6% dell’insieme dei frammenti decorati, 1,3% dei livelli subapenninici). A parte casi isolati, come quello di una piccola applicazione plastica curvilinea (dai livelli superficiali), di un piccolo gruppo di “bottoni” sulla parete (tutti sempre dai livelli superficiali – in un caso su un’olla globulare con collo n.d. - Figura 48.4) e infine di un frammento di parete con due piccole applicazioni plastiche discoidali (quest’ultimo dai livelli subappenninici), la maggior parte dei casi riguarda piccole borchie di forma ellissoidale presso gli attacchi dell’elemento di presa, che, laddove documentato, risultano in associazione con forme chiuse (su un’olla ovoidale e su una globulare - Figure 45.3; 49.1). Tali elementi assumono in alcuni casi una forma “anseriforme”, ricordando alcune delle appendici plastiche che caratterizzano il patrimonio degli elementi di presa. Come per quelle ellissoidali semplici, esse sono attestate presso gli attacchi dell’elemento di presa, ma, diversamente dalle prime, hanno orientamento verticale (Figura 61.2), in un caso alla base di un’ansa a bastoncello con baccellature multiple impostata su una scodella carenata con parete leggermente rientrante (Figura 33.6).

Le decorazioni plastiche sono sicuramente quelle più numerose nel complesso degli elementi decorativi dal sito di Oratino, con 624 frammenti. Tra queste, la maggior parte è costituita da cordoni (attestati nel 73,8% dei frr. decorati), mentre una parte residuale presenta bugne e applicazioni plastiche di vario tipo (circa il 5,1% del totale). Per quanto riguarda le bugne (isolate o in serie), esse costituiscono il 3,4% del totale delle decorazioni, mentre se si guarda ai soli livelli subappenninici la loro incidenza scende all’1,6%. Nel complesso si tratta di elementi stilisticamente poco variabili. Oltre a quelle semplici, se ne distinguono solo alcune di forma più marcatamente conica, in due casi poste sulla massima espansione di un’olla (Figure 41.3; 52.1), in un altro su cordone (Figura 41.7), mentre, come

Si segnalano poi altri esempi di applicazioni plastiche, in due casi una bozza, in un altro di forma non determinabile, associati a motivi realizzati a excisione, posti intorno all’applicazione plastica stessa (Figura 62.16, 19).

Figura 61. Decorazioni. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 4-5 (cat. nn. 2860, 3247, 5). Fase III 5a: n. 2 (cat. n. 3324); fase III 3a: n. 3 (cat. n. 1335). Scala di riduzione 1/3.

93

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

2 1

1 1

impressioni digitali + cordone con impressioni digitali

1

cuppella

1

%

impressioni digitali impressioni digitali + cordone liscio

Totale complessivo

1

%

Fase III 6b

1

Fase III 6a

Fase III 3a

Fase III 2b

Fase III 2a

Fase III 1b

tacche impresse su parete + cordone liscio

1

Totale livelli subappenninici

1

2

Fase III5a

tacche impresse + cordone con impressioni digitali

1

Fase III 4b

1

Fase III 4a

1

tacche impresse

Fase III 3b

risega

Fase III 1a

Livvelli superficiali e di età storica

Tabella 12. Decorazioni. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.

2

0,4

3

0,4

3

0,7

4

0,5

0

-

1

0,1

1

0,2

1

0,1

1

0,2

3

0,4

1

0,2

2

0,3

1

0,2

1

0,1

1

0,2

1

0,1

impressioni ovali

1

0

-

1

0,1

bugna con cuppella

1

0

-

1

0,1

bugne

18

bugna + cordone liscio

1

2

1

1

bugna + cordone con impressioni digitali applicazioni plastiche

2

1 6

1

1

cordone liscio

189

33

13

34

9

37

25

35

25

cordone con impressioni digitali

39

7

5

3

10

12

13

10

9

1

1

2

applicazione plastica + baccellature su presa

1

2

1

cordone con tacche

8

2

cordone pizzicato

1

1

cordone a unghiate

1

cordone n.d.

16

2

solcature

3

1

baccellature multiple

1

solcature curvilinee

1

incisioni

10

incisioni e punteggio

2

incisioni e segmenti

1

10

2

1 2

1

5

1

1

1

1

2

1

1

1

2

excisioni

35

11

incisione + excisione

1

excisione + applicazione plastica n.d.

1

excisione + bozza

2 8

2

8

7

8

1

1

10

12

2

1

TOTALE

110

13,9

8

1,8

16

2,0

3

0,7

4

0,5

1

31

46

94

38

67

52

68

54

18

3

1,4

15,7

1 64

11

71

1 342

1,1

2

1

borchiette metalliche

5

0,1

1

decorazione protogeometrica

0,1

52,5

1

excisione + impressione

1 1

1

excisioni e punteggio

0,2

416

2

1

1

0,2

1

1

0,1

50,3

1 1

3,0

1

1

1 3

24

-

227

1

4

1,3

4

2 2

6 0

10

0

-

1

0,1

17

3,8

33

4,2

5

1,1

8

1,0

3

0,7

4

0,5

1

0,2

2

0,3

6

1,3

16

2,0

5

1,1

7

0,9

1

0,2

1

0,1

6

1,3

7

0,9

69

15,3

104

13,1

1

0,2

2

0,3

0

-

1

0,1

2

0,4

2

0,3

1

0,2

1

0,1

1

0,2

1

0,1

1

0,2

1

0,1

451

793

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici Gli elementi decorativi maggiormente attestati sono i cordoni lisci (in 420 frr.), che costituiscono il 53,0% del campione complessivo e il 50,8% di quello dai livelli subappenninici in posto. Da un punto di vista stilistico è possibile distinguere cordoni lisci semplici (la maggior parte) da quelli in cui il profilo dell’applicazione plastica è più accentuato, oltre a sporadici frammenti di cordone liscio a faccia piana. Alcuni schemi decorativi più complessi meritano un approfondimento. Il loro numero è tuttavia limitato, dato che spesso è possibile osservare solo porzioni ridotte di contenitori, in cui motivi più ampi potrebbero non essere sempre riconoscibili. È il caso

ancora di ricordare, sui contenitori meglio conservati, la presenza di un cordone curvilineo su cui si innesta un elemento semicircolare, che si diparte dalle maniglie impostate sull’orlo di un’olla ovoidale con collo svasato (Figura 43.1), quella di un analogo elemento su cordone orizzontale, sulla parete di una scodella troncoconica fonda e di due olle ovoidali con collo svasato (Figure 6.1; 40.3; 41.2), di un cordone ondulato sul corpo di un piccolo contenitore fondo corpo globulare (Figura 36.3) o ancora di un cordone ondulato a faccia concava su un’olla globulare con collo svasato (Figura 46.5). In altri casi frammentari (12 - Figure 40.2,7; 61.3) il cordone presenta un andamento curvilineo (e potrebbero

Figura 62. Decorazioni. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-4, 10-12 (cat. nn. 995, 3660, 236, 13, 3, 2293, 2862). Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 20 (cat. n. 403); fase III 4b: nn. 6, 8, 13, 19 (cat. nn. 3021, 3914, 3017, 1311); fase III 4a: nn. 9, 14, 17 (cat. nn. 400, 1182, 1188); fase III 3b: n. 15 (cat. n. 441); fase III 3a: n. 7 (cat. n. 1959); fase III 2b: nn. 18, 21 (cat. nn. 1855, 3473); fase III 1a: nn. 5, 16 (cat. n. 2729, 2551). Scala di riduzione 1/3.

95

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche dunque riferirsi essi stessi a porzioni di cordoni ondulati o a festone), o ancora si osservano una coppia di cordoni lisci paralleli, un cordone con andamento a ferro di cavallo, tre frammenti in cui il cordone orizzontale si interseca con un altro perpendicolare (Figura 61.5), quattro frammenti in cui il cordone orizzontale si interseca con un altro obliquo, uno in cui il cordone liscio è associato a un altro curvilineo. Sono inoltre presenti un esempio con un segmento di cordone semicircolare e un cordone verticale (Figura 61.4).

Un’ultima nota per i cordoni pizzicati, in tutto quattro, di cui tre dai livelli subappenninici in posto, che costituiscono dunque una percentuale residuale di questo genere di decorazioni e infine un frammento di cordone con impressioni a unghiate (dai livelli superficiali). Molto scarse sono infine le decorazioni a solcature sulla parete o su elemento di presa. Si tratta in tutto di 14 frammenti, con circa l’1,8% del totale delle decorazioni e il 2,2%, dei livelli subappennininici, dai quali provengono la maggior parte dei frammenti (10 frr.). Si tratta nel complesso di semplici motivi rettilinei o curvilinei (Figura 63.12) o di solcature curvilinee parallele, ben inquadrabili nell’orizzonte cronologico del Subappenninico Recente. In un caso è inoltre attestato un motivo con scanalature multiple a virgola sulla parete. Tale decorazione compare, come già descritto sopra, anche in associazione con alcuni elementi di presa, in due casi su ansa a maniglia (uno dai livelli superficiali, l’altro dai livelli subappenninici in posto – Figura 54.10), in due casi su ansa a bastoncello verticale (Figure 33.6; 54.6). Si ricordano infine due casi di solcature profonde che formano un motivo a spirale (Figura 63.13).

A seguire, le decorazioni plastiche più numerose sono quelle rappresentate dai cordoni con impressioni digitali, nell’ambito dei quali sono stati distinti quelli con impressioni semplici da quelle con impressioni digitali più profonde (in tutto 113 frammenti, che costituiscono circa il 14,1% del totale delle decorazioni e il 16,2% di quelle provenienti dai livelli subappenninici in posto). Molto meno rappresentati sono i cordoni con tacche, con 16 frammenti in tutto (il 2% del totale delle decorazioni e l’1,8% di quelle dai livelli subappenninici), che tuttavia presentano una certa variabilità interna: nella maggior parte dei casi infatti si tratta di cordoni orizzontali, ma si osserva anche un frammento di cordone semicircolare, uno di cordone ondulato (Figura 45.1), uno di cordone verticale sull’elemento di presa e infine uno di cordone obliquo, questi ultimi attestati solo dai livelli superficiali (Figura 6.8).

Per quanto riguarda i frammenti decorati a incisione, excisione e punteggio, che rimandano spesso a schemi decorativi di tipo appenninico, essi rappresentano, come accennato sopra, un gruppo abbastanza significativo sia nell’ambito di tutto il campione (17,8%),

Figura 63. Decorazioni. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1-2, 4-5, 7, 10, 13 (cat. nn. 2858, 6, 8, 223, 9, 16, 2777); Dai livelli subappenninici – fase III 4b: n. 6 (cat. n. 3913); fase III 4a: nn. 3, 8 (cat. nn. 3948, 2133); fase III 3b: nn. 9, 11 (cat. nn. 1292, 1472); fase III 2a: n. 12 (cat. n. 3501). Scala di riduzione 1/3.

96

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

Figura 64. Elementi decorativi appenninici attestasti tra le ceramiche di Oratino – La Rocca (da Copat et al. 2012, fig. 5)

Nell’ambito del campione qui presentato si osserva la presenza di 30 elementi decorativi determinabili che ricorrono in 207 casi (Tabella 13): per alcuni frammenti meglio conservati due o tre elementi si associano a formare motivi più complessi, di cui si cercherà di dare conto oltre. Tra gli elementi rappresentati solo una piccola percentuale è costituita da semplici incisioni (9,2%). Tra questi si distinguono sporadici elementi a spirale (Figure 62.1, 64.13), a zig zag (Figure 64.23; 66.9, su rocchetto), ed elementi angolari (Figura 64.5), mentre la maggior parte è costituita da semplici linee orizzontali (Figura 64.19), isolate o in coppie parallele, a segnare la base del labbro o del collo del vaso o sulla parete. In quest’ultimo caso, in casi sporadici si osservano tre o più linee parallele, ma si tratta più probabilmente di porzioni di motivi più complessi, che risultano tuttavia illeggilibili.

che nell’ambito dei soli livelli subappenninici (con il 20,2%), per un insieme complessivo di 141 frammenti. Lo studio delle loro caratteristiche stilistiche è stato affrontato sulla scorta di un precedente lavoro in cui erano stati analizzati un gran numero di frammenti con decorazione appenninica editi provenienti dai siti posti in un territorio compreso tra la Puglia settentrionale, la Campania interna e meridionale e il Molise, incluso Oratino, per un totale di più di 700 esempi da 44 siti (Ruggini e Copat 2013: tab.1; Copat et al. 2012; Copat e Danesi 2017). In questa proposta di classificazione sono stati considerati utili per un’analisi complessiva di questo tipo di decorazione i singoli elementi decorativi che la compongono (intese come unità minime del disegno), tenendo conto della tecnica decorativa, della forma e del loro andamento nello spazio decorativo (Figura 64). Questo procedimento, seppure parziale rispetto a un’analisi stilistica più completa dei manufatti, permette di analizzare, su base statistica, anche il materiale in stato frammentario. Per il campione di Oratino infatti, così come per quelli di altri contesti, uno studio dei modi in cui, attraverso la ripetizione dei diversi elementi si ottengono motivi decorativi più complessi, l’associazione tra più elementi e ancora il loro uso nel decoro delle diverse forme ceramiche risulterebbe più difficoltoso. In molti casi infatti tale dato non è deducibile, se non in esempi isolati, che saranno comunque oggetto di commento.

Un piccolo gruppo di frammenti è decorato con elementi campiti a punteggio, definiti sia da linee excise che incise (6,3% del totale degli elementi): tra questi si distinguono semplici bande (Figure 62.2,5; 64.20) e isolati casi di elementi geometrici quali triangoli e quadrati (Figure 62.6; 64.1,10). In un caso si osserva la presenza di una banda curvilinea campita a punteggio, relativa a un elemento non determinabile. La maggior parte degli elementi risulta invece realizzata a excisione, siano essi realizzati a nastro (56,5%) 97

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche o a excisione piena (24,6%). Quanto agli elementi realizzati a nastro (di cui circa il 13,5% di forma non determinabile) la maggior parte (il 22,7% del totale) è rappresentata da bande orizzontali (Figura 64.22). Ancora una volta esse sono spesso poste alla base del labbro o del collo dei contenitori (Figure 34.2,4; 62.3), a marginare motivi più complessi (leggibili o meno), a volte in coppia (Figura 62.11). Sulla parete le coppie di linee sono spesso disposte a formare una banda che margina altri elementi, come serie di triangoli (Figura 63.4-5), serie di tacche (Figura 62.10) o infine serie alternate di elementi penduli curvilinei (Figura 62.8). In altri casi tale decorazione è attestata a marginare in alto o in basso altri elementi decorativi (probabilmente seguendo lo schema della banda descritto sopra, non visibile a causa della frammentarietà del materiale – Figure 29.12; 47.4; 48.7; 62.7; 63.7). In altri ancora è posta a “separare” file di altri elementi, ad esempio triangoli o tacche (Figura 62.9). È inoltre rappresentata la linea verticale excisa (2,4% - Figura 64.30), in un caso a lato di una bozza con cuppella (Figura 62.19) o in associazione con fasci di linee orizzontali excise (Figura 33.8). Oltre alla semplice linea, tra gli altri elementi realizzati a nastro intagliato, il più comune è l’elemento spiraliforme (7,2% - Figura 64.15), mai tuttavia interamente leggibile e spesso di non sicura identificazione (Figura 62.12-15), in un caso associato a una bozza (Figura 62.16), in un altro realizzato intorno a un’applicazione plastica di forma non determinabile. Abbastanza comuni sono inoltre le tacche realizzate a excisione (3,4%), verticali o oblique in fila orizzontale (Figura 62.9-10), semplicemente disposte disordinatamente sulla parete o inscritte in altri elementi (in un caso un triangolo realizzato a nastro exciso) (Figure 47.4; 62.18). Sono inoltre attestati segmenti verticali excisi (1,9%), per lo più utilizzati a decorare l’interno del labbro, a gruppi di tre (Figure 33.8; 62.17), anche alternati ad altri elementi (Figura 34.4). Discretamente rappresentato è inoltre l’elemento ad arco (1,4% - Figura 64.24), in serie continua e associato ad altri motivi curvilinei non determinabili (Figura 62.4,20) o inseriti negli spazi di risulta di linee ondulate excise (Figura 34.4). In proporzioni analoghe è attestato il triangolo realizzato a nastro exciso (1,4% - Figura 64.2) sempre sulla parete (Figura 63.1), mentre sono rappresentati solo sporadicamente l’elemento angolare a nastro (1% - Figura 64.6), in un caso a formare un motivo a spina di pesce, in un altro in un motivo sempre concentrico, ma non determinabile (Figura 63.2-3), la linea excisa ondulata (0,5% - Figura 64.25), in un caso in coppia sulla parete (Figura 34.4), la spirale quadrangolare (0,5% - Figure 47.3, 64.16) e l’elemento ovale a nastro intagliato (0,5% - Figura 64.17). Rari sono infine, rappresentati solo in un caso, gli elementi a nastro intagliato campiti da segmenti (Figura 62.21).

Tabella 13. Elementi decorativi della ceramica appenninica. Tipologia e incidenza. numero di occorrenze

%

linea orizzontale a incisione

11

5,3

spirale a incisione

1

0,5

elemento angolare a incisione

1

0,5

zig-zag a incisione

2

1,0

elemento n.d. a incisione

4

1,9

banda orizzontale campita a punteggio

3

1,4

triangolo campito a punteggio

1

0,5

quadrato campito a punteggio

1

0,5

elemento n.d. campito a punteggio

8

3,9

banda orizzontale campita da segmenti

2

1,0

elemento n.d. campito da segmenti

2

1,0

banda orizzontale a nastro exciso

47

22,7

spirale a nastro exciso

15

7,2

tacca verticale a nastro exciso

7

3,4

banda verticale a nastro exciso

5

2,4

segmento verticale a nastro exciso

4

1,9

triangolo a un nastro exciso

3

1,4

elemento ad arco a nastro exciso

3

1,4

elemento angolare a nastro exciso

2

1,0

linea ondulata a nastro exciso

1

0,5

spirale quadrangolare a nastro exciso

1

0,5

ovale a nastro exciso

1

0,5

elemento n.d. a nastro exciso

28

13,5

triangolo a excisione

31

15,0

cerchiello a excisione

4

1,9

elemento rettangolare verticale a excisione

3

1,4

elemento angolare retto a excisione

3

1,4

elemento a W a excisione

1

0,5

quadrato a excisione

1

0,5

elemento a goccia a excisione

1

0,5

elemento pendulo a excisione

1

0,5

ovale a excisione

1

0,5

elemento n.d. a excisione

5

2,4

triangolo a nastro exciso, campitura complessa

3

1,4

Elementi decorativi appenninici

TOTALE

207

98

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici Gli elementi realizzati a intaglio pieno costituiscono invece, come specificato sopra, il 24,6% di quelli rappresentati. Tra questi (e in assoluto) quello più attestato è il triangolo (15% - Figura 64.3). In molti casi esso appare isolato, per ragioni legate allo stato di conservazione dei singoli frammenti, dove spesso è usato come elemento riempitivo degli spazi di risulta di elementi curvilinei (Figura 26.5). Tuttavia per questo elemento, a differenza degli altri fin qui descritti, si possono riconoscere anche diverse modalità di organizzazione nello spazio decorativo. Nella maggior parte dei casi ricorre in serie (marginate o meno), sul margine del manico (Figura 31.5) o sulla parete (Figura 63.4), in un caso con andamento curvilineo (Figura 63.6). È attestato inoltre con serie unite alla base (Figura 63.78), in serie alternate e opposte al vertice, sulla parete o all’interno del labbro (Figure 29.1,12; 63.5), in più serie orizzontali, in serie verticale, in un caso con due triangoli contrapposti (Figura 63.9), o in serie alternate e opposte al vertice, ma unite alla base. Più raramente sono rappresentati l’elemento angolare retto (1,4% - Figura 64.8), attestato una volta all’interno del labbro (Figura 63.10), anche se di forma molto irregolare, più comunemente in serie alternate e contrapposte (Figura 48.7). Si vogliono inoltre ricordare una serie di frammenti in cui si osservano grossi punti excisi (Figura 64.26), in due casi a decorare l’interno del labbro, in serie orizzontali (Figura 26.3), in serie verticali alternati a segmenti (Figura 34.4) o, sempre in questo stesso ultimo contenitore, inserito in un motivo più complesso di linee ondulate e archi descritti sopra. Un altro piccolo gruppo presenta piccoli rettangoli excisi (1,4% - Figura 64.27), all’interno del labbro, a interrompere un motivo a triangoli (Figura 29.11), sulla parete frammisto ad altri motivi (Figura 62.18) e infine in due casi sul manico, in un frammento isolato sulla faccia frontale (Figura 58.1), in un altro in serie sul margine del manico (Figura 58.5). Si ricorda inoltre un frammento decorato con un motivo a scacchiera sulla parete (Figura 63.11), uno con un elemento a meandro angolare (Figura 64.24), uno con serie di elementi a goccia verticali (Figura 64.12), uno con elementi penduli curvilinei contrapposti e alternati (Figura 62.8; 64.28) e infine un altro decorato con un ovale intagliato (Figura 64.18).

elemento di presa sull’orlo, accanto al quale si osserva un foro passante; uno con probabili attacchi di coppia di prese forate sulla faccia superiore – Figura 65.1-2) e un sostegno a base piatta ingrossata e profilo troncoconico (Figura 65.3). Numerosi sono poi gli elementi in ceramica non vascolare che rimandano a usi particolari legati presumibilmente al trattamento e alla trasformazione di vari tipi di sostanze (non necessariamente alimentari). Abbastanza significativa è la presenza di vasi con pareti cribre (19 frr., per la maggior parte provenienti dai livelli subappenninici in posto, con 11 frr.). Nell’ambito di questi manufatti si osserva la presenza di alcuni frammenti forati solo in una porzione del vaso, tra i quali si distingue un esemplare ben conservato di colino con profilo spezzato (Figura 65.4,8), e di altri con fori subito sotto l’orlo, a testimonianza forse di un uso differenziato, di difficile interpretazione. Si segnala inoltre la presenza di un probabile coperchio troncoconico di bollitoio (Figura 65.5). Altri frammenti non sono sufficientemente conservati per essere attribuiti all’una o all’altra categoria (Figura 65.7,9). Potrebbero inoltre essere messi in relazione ai coperchi di bollitoio, i frammenti di vaso con listello interno, uno dai livelli superficiali, l’altro da quelli subappenninici in posto (Figura 65.11). Accanto ai vasi cribri, sempre in relazione alle attività di preparazione, si segnala una discreta presenza di frammenti di cucchiai (6 in tutto, per la metà provenienti dai livelli subappenninici – Figura 65.6). Altri elementi legati ad attività connesse con il fuoco sono sei frammenti di teglia o piastre mobili3, tutti dai livelli subappenninici in posto, di cui una con basse pareti troncoconiche e attacco di elemento di presa sull’orlo (Figura 65.12). Si segnalano inoltre quattro frammenti di fornello, tutti dai livelli superficiali (Figura 65.10). Il campione degli elementi legati alla tessitura/ lavorazione delle fibre è abbastanza significativo e rimanda in parte alle attività che si svolgevano in quest’area del sito in questo momento. Le fuseruole sono rappresentate da 14 frammenti (di cui 5 dai livelli subappenninici in posto), con una discreta variabilità tipologica. Quelle più rappresentate sono le fuseruole biconiche a base piatta (6 in tutto, di cui solo una proveniente dai livelli subappenninici in posto – Figura 66.1-2), mentre altre forme sono rappresentate da uno o due esemplari: si riconoscono tre fuseruole discoidali (Figura 66.7-8), due fuseruole coniche a base piatta (Figura 66.4-5), una di forma biconica, carena smussata, con sfaccettature multiple (Figura 66.3), una fuseruola a

Varia Oltre ai frammenti relativi contenitori, altri 62 sono da riferirsi a materiali ceramici non vascolari, dei quali più della metà proviene dai livelli subappenninici in posto (35), per la maggior parte dai livelli di uso delle piastre, con 22 frammenti (Tabella 14). Alcuni di essi sono in qualche modo legati agli stessi contenitori ceramici, come tre frammenti di probabili coperchi (uno di forma probabilmente troncoconica, dai livelli superficiali; uno con andamento concavo/convesso e attacco di un

3  Due di questi frammenti, uno dalla fase III 3a e uno dalla fase III 4a, sono inclusi anche nell’analisi di C. D’Oronzo e V. Mironti (infra: 247258, il primo in Figura 5.2, cat. n. C247). Il frammento proveniente dai livelli della fase III 4a è stato inoltre oggetto di analisi petrografica (Forte e Medeghini infra: 259-264, campione n. C248).

99

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 65. Varia. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 7-10 (cat. nn. 2817, 216, 2316, 1779); Dai livelli subappenninici – fase III 5a: n. 5 (cat. n. 2985); fase III 4a: nn. 1-2, 11-12 (cat. nn. 2134, 1258, 1257, 1130); fase III 3a: n. 4 (cat. n. 1164); fase III 2b: n. 3 (cat. n. 4132); fase III 2a: n. 6 (cat. n. 2204). Scala di riduzione 1/3.

100

Valentina Copat, Michela Danesi: La ceramica dai livelli subappenninici

vaso cribro

8 1

cucchiaio

3

fornello

4

2

1

1

teglia/piastra mobile

6

1

1

1

2

sostegno

1

fuseruola

9 1

1

2

1

4

3

11

3

Totale complessivo

%

19

30,6

2

3,2

1

3

8,6

6

9,7

0

-

4

6,5

1

1

1

9

3

1 0

1,6

2,9

elemento con grande foro 27

4,8

1

31,4

1

parete irregolare con orlo arrotondato

3

2,9

1

1

tarallo

5,7

11

3 1

2 1

1

1

rocchetto

%

Fase III 6b

Fase III 6a

2 1

listello interno

TOTALE

Fase III5a

Fase III 4b

Fase III 4a

Fase III 3b

Fase III 3a

Fase III 2b

Fase III 2a

Fase III 1b

1

coperchio di bollitoio

Totale livelli subappenninici

coperchio

Fase III 1a

Livelli superficiali e di età storica

Tabella 13. Varia. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.

1

0

0

6

17,1

6

9,7

1

2,9

1

1,6

5

14,3

14

22,6

1

2,9

2

3,2

1

2,9

1

1,6

2

5,7

2

3,2

1

2,9

1

1,6

35

62

Figura 66. Varia. Dai livelli superficiali e di età storica: nn. 1, 3, 6 (cat. nn. 1876, 197, 2142). Dai livelli subappenninici – fase III 4a: n. 7 (cat. n. 2122); fase III 3b: n. 5 (cat. n. 2121); fase III 3a: nn. 2, 8 (cat. nn. 2952, 261); fase III 2b: n. 9 (cat. n. 3986); fase III 2a: n. 4 (cat. n. 2653). Scala di riduzione 1/3.

101

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche botte, a base piatta (Figura 66.6), e infine una fuseruola biconica convessa schiacciata. Come già sottolineato in una precedente occasione (Cazzella et al. 2007b: 298-299), di un certo interesse risultano nel complesso le loro piccole dimensioni e il loro peso particolarmente ridotto (dai 5 agli 11 g). Hanno infatti tutte un diametro massimo compreso tra i 2 e i 3 cm, ad eccezione di quelle discoidali, di poco più grandi (intorno ai 4 cm di dm). Si ricorda in proposito un

manufatto forato in osso, forse anch’esso da ricondurre a una funzione analoga (Copat infra: 239-241). Ulteriori elementi che rimandano alle attività di filatura sono costituiti da due frammenti riferibili a rocchetti. Uno proviene dai livelli superficiali, l’altro, decorato con un elemento a zig-zag sulla faccia esterna, proviene invece dai livelli subappenninici in posto, anche se il tipo di decorazione rimanda a un orizzonte più antico (Figura 66.9). VC

102

Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione: distribuzione degli elementi stilistici delle ceramiche nella sequenza stratigrafica del sito di Oratino – La Rocca e confronti con altre situazioni Valentina Copat Il complesso delle ceramiche qui presentate, pertinenti ai livelli di frequentazione della fase III del sito di Oratino – La Rocca, ben si confronta con quello di numerosi siti coevi dell’Italia centro-meridionale ed è nel suo insieme inquadrabile nell’ambito di un momento avanzato del Subappenninico. Come spiegato sopra tuttavia (Copat e Danesi supra: 27-28), al fine di un loro migliore inquadramento tipologico e per una più corretta interpretazione, i diversi insiemi di materiali, provenienti gli uni dai livelli di uso delle piastre di cottura - gruppo a, gli altri dai livelli di accumulo ad essi frammisti – gruppo b, verranno considerati separatamente. Oltre al fenomeno già descritto, più o meno frequente, del ripescaggio o dello scivolamento dall’alto di elementi residuali più antichi, che rende in particolare il complesso delle ceramiche provenienti dai livelli del gruppo b meno attendibile nella definizione degli elementi stilistici contemporaneamente in uso, si deve tenere presente che anche tra i materiali provenienti dai livelli del gruppo a è possibile osservare la presenza di elementi residuali, fenomeno da imputare alla presenza, nei punti marginali dell’area e in particolare lungo la fascia N e W, del deposito appenninico quasi affiorante, almeno in relazione ai piani più antichi. La distribuzione spaziale degli elementi che danno maggiori indicazioni in tal senso, come i frammenti con decorazione appenninica e i manici a nastro forato, permette di visualizzare meglio questo fenomeno (Figura 1). Non si possono infine escludere possibili asportazioni di terreno dai livelli inferiori (ma posti a quote più alte sia nella fascia N che nella fascia W) nelle attività di allestimento delle stesse strutture di combustione. Inoltre, le ceramiche rinvenute nei livelli del gruppo a, come più volte sottolineato, potrebbero essere al tempo stesso l’esito di una selezione orientata allo svolgimento di specifiche attività e non semplicemente un campione casuale del patrimonio funzionale e stilistico in uso in questo momento di frequentazione del sito (Copat infra: 144-148).

stessa selezione di forme legate a specifiche attività (per i materiali dai livelli del gruppo a) o alla maggiore o minore incidenza di elementi residuali. È chiaro come questi fattori si combinino a più livelli e come sia spesso difficile distinguerne gli esiti nella composizione di questi insiemi. La distribuzione degli elementi stilistici nella sequenza stratigrafica Il campione delle forme ricostruibili dai livelli subappenninici del sito della Rocca di Oratino è, come abbiamo detto, costituito da 418 frammenti1, nell’ambito dei quali l’80,9% è da riferirsi a forme aperte e il restante 19,1% a forme chiuse. Si può in primo luogo osservare come tale incidenza non sia del tutto analoga tra i livelli di uso delle piastre e i livelli ad essi frammisti: nei primi essa raggiunge per le forme aperte l’83,2%, mentre nei secondi scende al 75,4%. Questa evidenza sembra essere più verosimilmente legata alla differenza funzionale tra i due insiemi di strati, da riconnettersi alla possibile selezione di forme operata nello svolgimento di specifiche attività in relazione alle strutture di combustione, mentre per i livelli ad essi frammisti il complesso delle ceramiche potrebbe avere, sotto questo aspetto, più le caratteristiche di un campione casuale (cfr. oltre). Nel dettaglio delle diverse forme ed elementi stilistici, è possibile fare ulteriori considerazioni circa le differenze osservabili tra materiali dai livelli del gruppo a e i materiali dai livelli del gruppo b, che permettono di delineare meglio il patrimonio tipologico che qui si presenta. Per quanto riguarda nello specifico le forme aperte (Tabella 1), è stato già osservato come le scodelle troncoconiche e le scodelle troncoconiche fonde siano nel complesso scarsamente attestate nel campione del sito di Oratino, con un’incidenza percentuale molto poco significativa. Nel primo caso esse provengono solo

Parallelamente, è possibile istituire alcuni confronti con situazioni limitrofe coeve, sia per definire meglio le caratteristiche stilistiche del campione di Oratino in relazione agli altri contesti, sia anche per individuare eventuali “anomalie” che possano dipendere o dalla

1  In questa e nelle successive elaborazioni si esclude il frammento di olla con decorazione protogeometrica, in quanto si intende analizzare più nel dettaglio la distribuzione degli elementi stilistici propri della ceramica di impasto, anche in relazione agli altri contesti.

103

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 1. Distribuzione spaziale dei probabili elementi residuali (forme, elementi di presa e frammenti decorati), sul massimo areale di conservazione della sequenza stratigrafica.

dai livelli di uso delle piastre (ma questa evidenza, dato lo scarso numero di contenitori, corrispondente a meno dell’1% delle forme aperte da questi livelli, sembra irrilevante), nel secondo sono attestate in egual misura nei due insiemi di strati (sempre con basse percentuali, intorno al 2%).

invece una certa disomogenità: le prime costituiscono circa il 4,5% delle forme aperte rinvenute nei livelli di uso delle piastre di cottura, mentre nei livelli ad essi frammisti sono attestate appena per l’1,1%. Analogamente le seconde costituiscono il 6,6% del campione del gruppo a e il 2,1% di quelle provenienti dai livelli dei gruppo b. Se a queste si aggiungono quelle curvilinee fonde e quelle con profilo non ben orientabile, qui definite come “a calotta/emisferica”,

La distribuzione nella sequenza stratigrafica delle scodelle a calotta e delle scodelle emisferiche mostra 104

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione

Livelli di uso delle piastre e della loro messa in opera (gruppo a)

%

Livelli di accumulo (gruppo b)

%

Tabella 1. Forme aperte. Distribuzione dei tipi di profilo nei gruppi stratigrafici.

scodella troncoconica

2

0,8

scodella troncoconica fonda

4

1,6

2

2,1

scodella a calotta

11

4,5

1

1,1

scodella troncoconica/calotta

2

0,8

scodella emisferica

16

6,6

2

2,1

scodella a calotta/emisferica

7

2,9

1

1,1

scodella curvilinea fonda

1

0,4

1

1,1

scodella con bordo legg. rientrante continuo

28

11,5

10

10,5

11

11,6

-

-

scodella con bordo rientrante continuo

23

9,5

scodella a bordo legg. rientrante/rientrante

4

1,6

scodella a calotta/bordo rientrante continuo

37

15,2

scodella emisferica/bordo rientrante continuo

1

0,4

-

scodella con bordo legg. rientrante distinto

1

0,4

-

scodella con bordo rientrante distinto, alta parete

2

0,8

-

scodella con profilo spezzato, parete verticale

1

0,4

scodella con profilo spezzato, parete rettilinea svasata

1

0,4

2

2,1

scodella a calotta con labbro

2

0,8

3

3,2

18

18,9

-

scodella emisferica con labbro

10

4,1

12

12,6

scodella più che emisferica con labbro

17

7,0

4

4,2

scodella a calotta/emisferica con labbro

5

2,1

1

1,1

scodella emisferica/più che emisferica con labbro

4

1,6

4

4,2

scodella carenata, parete concava svasata

3

1,2

6

6,3

scodella carenata, parete concava rientrante

6

2,5

3

3,2

scodella carenata, parete concava verticale/svasata

3

1,2

-

scodella carenata, parete rientrante e labbro

4

1,6

-

scodella carenata, parete rientrante convessa e labbro

7

2,9

scodella carenata, parete rettilinea verticale

1

0,4

scodella carenata

37

15,2

3

1,2

piccoli contenitori fondi TOTALE

243

questa tendenza viene rafforzata: l’incidenza complessiva delle scodelle con profilo curvilineo non articolato sale al 14,4% per i livelli di uso delle piastre contro il 5,3% per i livelli di accumulo.

3

3,2 -

11

11,6 -

95

percentuali intorno all’11%. La stessa situazione si osserva per le scodelle con bordo rientrante continuo (il 9,5% nei livelli di uso delle piastre, l’11,6% nei livelli di accumulo, con una leggera prevalenza in questi ultimi). Se si includono nel conteggio infine anche quelle il cui profilo risulta non ben orientabile, definite come “bordo leggermente rientrante/rientrante”, la situazione rimane invariata, con un’incidenza

Per quanto riguarda invece le scodelle con bordo leggermente rientrante continuo, esse mostrano un’analoga incidenza nei due insiemi di strati, con 105

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche complessiva del 22,6% nei livelli del gruppo a e del 22,1% in quelli del gruppo b. Essa risulta tuttavia in entrambi i casi sottostimata: sono infatti numerose le scodelle definite come “a calotta/bordo leggermente rientrante” che potrebbero ricadere in questi ultimi due insiemi o in quelli sopra descritti delle scodelle a calotta o emisferiche.

osservare casi decorati secondo modelli attribuibili a una tradizione precedente. Quanto infine ai contenitori di dimensioni quasi miniaturistiche, essi provengono tutti dai livelli di uso delle piastre e in stretta connessione con esse. Appare più plausibile che questi piccoli contenitori avessero dunque una funzione pratica e che fossero più probabilmente legati a particolari attività di preparazione (Copat infra: 340).

Per i casi di profili meno rappresentati (e per questo anche meno significativi) si vuole in particolare segnalare come le scodelle con bordo rientrante distinto siano state rinvenute tutte nei livelli di uso delle strutture di fuoco, nell’ambito dei quali costituiscono l’1,2% delle forme aperte; diversamente, le scodelle con profilo spezzato e parete rettilinea, verticale o svasata mostrano una leggera prevalenza nell’ambito delle forme aperte dai livelli di accumulo (2,1%), rispetto a quanto si osserva per i livelli di uso delle piastre (0,8%).

Anche in relazione alle forme chiuse, la distribuzione dei differenti tipi di profilo rappresentati nella sequenza stratigrafica mostra in qualche caso alcune interessanti differenze nelle relative incidenze tra materiali provenienti dai livelli d’uso delle piastre e quelli provenienti dai livelli di accumulo ad essi frammisti (Tabella 2).

Per le forme articolate, caratterizzate dalla presenza del labbro, quelle a calotta e quelle emisferiche condividono la maggiore incidenza nei livelli del gruppo b: le prime sono attestate in questi ultimi per il 3,2% contro lo 0,8% dei livelli di uso delle strutture di combustione; le seconde, più significative da un punto di vista numerico, sono attestate per il 12,6% nei livelli del gruppo b e solo per il 4,1% nei livelli del gruppo a. Diversamente, le scodelle più che emisferiche con labbro hanno una maggiore incidenza nei livelli di uso delle strutture di combustione (il 7%) che in quelli di momentaneo abbandono ad essi frammisti (4,2%). Tuttavia, se si guarda il complesso delle scodelle curvilinee con labbro (incluse quelle non ben orientabili) si nota una generale maggiore incidenza di questo tipi di profili dai livelli di accumulo (circa il 25%) che dai livelli di uso delle piastre. In proposito si vuole ricordare che le scodelle che possono essere più genericamente definite curvilinee con labbro sono quelle, insieme alle carenate, per le quali si è osservata, in qualche caso, l’associazione con la tipica decorazione appenninica (Copat e Danesi supra: Tabella 6).

Livelli di uso delle piastre e della loro messa in opera (gruppo a)

%

Livelli di accumulo (gruppo b)

%

Tabella 2. Forme chiuse. Distribuzione dei tipi di profilo nei gruppi stratigrafici.

olle ovoidali senza collo

2

4,1

2

6,5

olle ovoidali con collo

31

63,3

14

45,2

olle a spalla tesa con collo

5

10,2

4

12,9

1

3,2

olle a spalla tesa senza collo olle globulari con collo

olle biconiche con collo

olle piriformi con collo

olle globulari con collo?

TOTALE

Se si guarda infine alle forme carenate nel loro complesso, non sembrano esserci significative differenze tra i materiali rinvenuti nei livelli del gruppo a e quelli rinvenuti nei livelli del gruppo b, con un’incidenza percentuale del 25,1% nel primo caso e del 24,2% nel secondo. Tuttavia, più nel dettaglio, e solo per quelle meglio orientabili, le scodelle carenate con parete concava, risultano avere una maggiore incidenza percentuale nei livelli del gruppo b, con il 9,5%, contro il 4,9% dei livelli di uso delle strutture di fuoco. Inversamente, le scodelle carenate con parete rientrante e labbro risultano, ma solo con uno scarto minimo e forse non significativo, più rappresentate in questi ultimi livelli, con il 4,5% contro il 3,2% nei livelli di accumulo. Ricordiamo che anche per questo tipo di profili è stato possibile

7 1

1

2

49

-

14,3 2,0

2,0

4,1

2

3

2

3

31

6,5

9,7

6,5

9,7

Per le olle ovoidali senza collo questa differenza non appare molto significativa: esse costituiscono il 6,5% dei livelli del gruppo b e il 4,1% dei livelli del gruppo a. Quelle invece per le quali è riconoscibile una spalla tesa, e sempre caratterizzate dall’assenza di collo, risultano attestate solo dai livelli del gruppo b, con il 6,5%. Per quanto riguarda le olle con collo, quelle ovoidali e quelle globulari risultano molto più rappresentate nei livelli di uso delle strutture di fuoco rispetto ai livelli del gruppo b: le prime rispettivamente con il 63,3% contro il 45,2%; le seconde rispettivamente con il 14,3% contro il 9,7%. Tuttavia, quest’ultimo dato sembra meno attendibile, data la presenza di un buon numero di contenitori che presentano questo tipo di profilo, ma 106

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione che non sono sufficientemente conservati per verificare l’eventuale presenza del collo, più rappresentate nei livelli di accumulo.

precedenza tra le due grandi categorie, dei manici con grande foro, spesso con forme molto elaborate, e i manici a nastro forati con apici meno sviluppati (Copat e Danesi supra: 88). Per quanto riguarda la loro distribuzione nella sequenza di Oratino, i primi, con grande foro, tipologicamente più coerenti con l’orizzonte cronologico del complesso dei materiali qui presentati, mostrano un’incidenza decisamente maggiore nei livelli pertinenti all’uso delle piastre (il 7,4%) rispetto a quelli ad essi frammisti, dove costituiscono solo il 3,1% degli elementi di presa. Diversamente, i manici a nastro forato sono più rappresentati nei livelli di accumulo, con il 5,3%, rispetto al 2,3% dei livelli di uso delle piastre. Come abbiamo detto, quest’ultima categoria a volte rimanda, per forma e in alcuni casi anche per decorazione, a un momento più antico della frequentazione del sito, così come per alcune delle forme ceramiche sopra descritte. Se da un lato la loro incidenza percentuale sembra alta per ipotizzare che si tratti in tutti i casi di rispescaggi di elementi più antichi, la loro maggiore presenza nei livelli di accumulo trova una spiegazione, almeno in parte, con i fenomeni connessi alla formazione del deposito.

Infine, diversamente dalle olle ovoidali e globulari con collo, sia le olle biconiche che le olle con profilo piriforme, anche se attestate in scarsi casi, risultano prevalenti nei livelli di accumulo (rispettivamente con il 6,5% e il 3,2%) rispetto a quanto si possa osservare nei livelli di uso delle piastre (entrambi i casi con il 2,0%). Tale tendenza viene confermata dall’andamento delle olle per le quali il profilo non sia ben definibile, ma sia riconoscibile la presenza di una spalla tesa, che potrebbero dunque ricadere nell’uno o nell’altro dei precedenti insiemi: anche per queste si osserva infatti una prevalenza nei livelli del gruppo b rispetto a quelli del gruppo a (rispettivamente 12,9% e l’10,2%). Per quanto riguarda gli elementi di presa, per le anse a nastro verticale, tipi molto comuni e di lunga durata, non si osservano particolari differenze nella distribuzione nella sequenza stratigrafica, ma le oscillazioni osservate sembrano essere del tutto casuali (Tabella 3). L’unico scostamento si osserva per le anse a nastro insellate, maggiormente rappresentate nei livelli di uso delle piastre (6,1%) rispetto ai livelli ad essi frammisti (3,1%).

L’incidenza dei diversi tipi di sopraelevazioni nella sequenza stratigrafica non fa emergere invece particolari differenze tra livelli di uso delle piastre e livelli di abbandono, solo con una leggera prevalenza nei primi, con il 5,8%, piuttosto che nei secondi, con il 5,3%. In particolare, tra quelle di forma riconoscibile rinvenute nei livelli subappenninici in posto, le sopraelevazioni a capocchia bilaterale sono rappresentate con incidenza analoga nei due insiemi (circa il 2%), mentre le appendici anseriformi sono più rappresentate nei livelli di uso delle piastre (il 2,6% contro l’1,5%).

Anche per quanto riguarda il complesso degli elementi “crestati”, non si rilevano scarti significativi tra i livelli di uso delle piastre e quelli di accumulo ad essi frammisti, con una leggera prevalenza (15,1% contro il 13,7%) di questi elementi nei livelli del gruppo a. Questo riguarda in particolare le anse con sezione a bastoncello e quelle con espansioni laterali, mentre le semplici anse a nastro con cresta sono leggermente prevalenti nei livelli del gruppo b, andando a definire una situazione molto variabile e forse poco significativa nel dettaglio dei singoli elementi. Per le anse a bastoncello semplici, anche se attestate in numero minore, si può osservare invece solo una leggera prevalenza nei livelli di uso delle piastre (2,9%), rispetto ai livelli di accumulo (2,3%).

Infine, per quanto riguarda le prese, per i due insiemi di strati si rileva un’analoga incidenza (con percentuali intorno al 7%). Nell’ambito delle specifiche realizzazioni, una più marcata differenza si osserva per le prese di forma rettangolare, attestate con un’incidenza maggiore nei livelli di accumulo, con 3,1% contro lo 0,6% del gruppo a.

Per le anse a maniglia si possono invece sottolineare alcune differenze nella distribuzione delle specifiche realizzazioni osservate: se infatti da una parte quelle con sezione subcircolare hanno una maggiore incidenza nei livelli del gruppo b (oltre al frammento di ansa a maniglia insellata, elemento non attestato nei livelli del gruppo a), viceversa le anse a maniglia con sezione quadrangolare sono maggiormente attestate nei livelli di uso delle piastre e quelle con cresta esclusivamente rappresentate in questi ultimi.

Nell’ampio panorama delle decorazioni (Tabella 4), per le semplici impressioni non possono essere osservati scarti significativi nella loro incidenza tra i due insiemi, ma solo una leggera prevalenza nell’ambito dei materiali del gruppo a (rispettivamente il 2,6% e l’1,6%). Quanto invece alle decorazioni plastiche, si osserva qualche differenza degna di nota in relazione alle singole realizzazioni. Tra quelle meno rappresentate, le semplici bugne mostrano un’incidenza solo leggermente superiore, e probabilmente non significativa, tra i materiali provenienti dai livelli di

Nella discussione relativa ai manici, si deve in primo luogo tenere conto della suddivisione operata in 107

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

ansa a nastro

79

ansa a nastro margini appiattiti

25,4

38

%

Livelli di accumulo (gruppo b)

%

Livelli di uso delle piastre e della loro messa in opera (gruppo a)

Tabella 3. Elementi di presa. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.

29,0

ansa a nastro insellata

36

19

11,6

15

11,5

ansa a nastro ripiegata verso l’interno

1

0,3

-

1

0,8

ansa verticale che si orgina da linguetta arrotondata

1

0,3

ansa a nastro che termina a bastoncello ansa a nastro ispessito

1

ansa a bastoncello

8

ansa a bastoncello con baccellature multiple

2

ansa a bastoncello con cornetti laterali poco sviluppati

1

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

23

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e sopraelevazione n.d.

1

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e sopraelevazione a capocchia bilaterale ansa a bastoncello con cresta longitudinale mediana

ansa a bastoncello con cresta longitudinale mediana e sopraelevazione a capocchia bilaterale

1

9 2

ansa verticale con cresta ed espansioni laterali a formare una protome ornitomorfa

11

maniglia sezione quadrangolare

8

maniglia sezione subcircolare maniglia sezione ellissoidale

7 6

maniglia sezione poligonale

1

ansa a maniglia insellata

6,1

0,3

2,6

9,2

0,3

1

0,8

0,3

2,9 0,6

presa rettangolare

2

presa a lingua triangolare

3

presa trapezoidale

4

presa a semiluna

1

presa rettangolare insellata, forata

1

presa verticale con foro longitudinale

1,5 -

2,6

2

1,5

1,9 0,3 -

1

8

-

2,3

manico con ansa retrostante

19

-

3

2,3

7,4

presa semicircolare

2

-

3,5

23

frammenti di manico/maniglia n.d.

-

12

0,3

manico con grande foro

7

-

7,4

0,6

0,3

manico a nastro forato

-

2,3

1

7

3,1

3

ansa a maniglia con baccellature multiple ansa a maniglia crestata

4

2,3

2,3 0,3

6 2 1 1

4 7

4,6 1,5 0,8 0,8 -

-

3,1 5,3 -

6,1

12

9,2

0,6

4

3,1

2,6 1,0 1,3

3 2

0,3

0,3 -

2,3 1,5 -

-

-

1

0,8

presa n.d. con foro verticale

1

0,3

presa n.d.

1

0,3

1

0,8

2,6

2

1,5

presa n.d. con foro orizzontale

1

sopraelevazione a capocchia bilaterale

4

appendice anseriforme

8

linguetta semicircolare

1

attacco di sopraelevazione

1

TOTALE

311

108

0,3

1,3 0,3

0,3

3

1 131

-

-

2,3 -

0,8

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione

Livelli di uso delle piastre (gruppo a)

%

Livelli di accumulo (gruppo b)

%

Tabella 4. Decorazioni. Distribuzione nei gruppi stratigrafici.

risega

1

0,4

1

0,5

tacche impresse

2

0,8

1

0,5

tacche impresse su parete + cordone liscio

1

0,4

-

impressioni digitali

1

0,4

-

impressioni digitali + cordone liscio

1

0,4

impressioni digitali + cordone con impressioni digitali

-

1

0,5

cuppella

1

0,4

bugne

3

1,1

3

1,6

-

1

0,5

1,5

1

0,5

bugna + cordone con impressioni digitali applicazioni plastiche

4

applicazione plastica + baccellature su presa

-

1

0,4

cordoni lisci

151

56,8

76

41,3

-

cordoni con impressioni digitali

32

12,0

39

21,2

cordone con tacche

4

1,5

4

2,2

cordone pizzicato

3

1,1

cordone n.d.

12

4,5

5

2,7

solcature

4

1,5

1

0,5

solcature curvilinee

1

0,4

baccellature multiple

2

0,8

1

0,5

incisione

1

0,4

5

2,7

incisione e punteggio

1

0,4

4

2,2

incisione e segmenti

1

0,4

excisione e punteggio

3

1,1

3

1,6

excisione

33

12,4

36

19,5

incisione + excisione

1

0,4

excisione + bozza

1

0,4

1

0,5

excisione + impressione

1

0,4

borchiette metalliche

-

-

1

0,5

TOTALE

266

accumulo rispetto a quelli provenienti dai livelli di uso delle piastre (2,2% contro l’1,1%); viceversa, le altre applicazioni plastiche (ellissoidali etc.) risultano leggermente più rappresentate nei livelli del gruppo a piuttosto che in quelli del gruppo b (1,9% contro lo 0,5%), anche in accordo con la loro maggiore coerenza con il patrimonio stilistico del Subappenninico.

-

-

-

184

connessi con l’uso delle piastre, ma solo per il 41,3% di quelli rinvenuti nei livelli di accumulo ad essi frammisti. Tale rapporto si inverte nel caso dei cordoni con impressioni digitali, che costituiscono invece il 22,2% dei frammenti decorati dai livelli di accumulo e il 12,0% di quelli dai livelli del gruppo a. Trattandosi tuttavia di elementi poco diagnostici dal punto di vista stilistico, è difficile dire se questa evidenza sia da imputare al ripescaggio di elementi residuali più antichi. Come si vedrà oltre, questo potrebbe comunque in parte avere influito sulla non omogeneità dei due insiemi.

Per quanto riguarda i cordoni lisci, che costituiscono l’elemento decorativo più rappresentato, essi risultano attestati per il 57,5% dei frammenti decorati dai livelli 109

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Infine, i tipi di cordoni meno rappresentati, come quelli a tacche, non mostrano significative differenze (2,2% nei livelli del gruppo b e l’1,5% in quelli del gruppo a).

e gli elementi più comuni, almeno su base quantitativa. Questa analisi sarà operata principalmente rispetto alla composizione, più attendibile, dell’insieme di materiali provenienti dai livelli di uso delle strutture e solo per confronto con i materiali del gruppo b. Un tentativo analogo, anche se con un campione numericamente più ridotto, è possibile in qualche caso anche con il complesso delle ceramiche provenienti dai livelli superiori del sito di Monteroduni (Cazzella et al. 2005: tabb. 1-4), geograficamente più vicino, che potrebbe quindi rendere conto della presenza di caratteristiche stilistiche proprie di questo ambito regionale rispetto a quello adriatico costiero. Il confronto tra le ceramiche di Oratino – La Rocca da una parte e quelle di Coppa Nevigata e Monteroduni dall’altra permette inoltre di mettere in luce alcune specificità di questo campione in relazione alla probabile selezione di forme legate al tipo di contesto, oltre che essere infine utile nella migliore valutazione di elementi residuali meno diagnostici.

I frammenti decorati con solcature e baccellature multiple sono invece più chiaramente rappresentati, anche se con scarsi esempi, nei livelli di uso delle piastre che in quelli di accumulo (3% contro l’1 circa%). Per quanto riguarda infine la ceramica decorata a incisione, excisione e punteggio, come già discusso per alcune forme ed elementi di presa, la loro distribuzione nella sequenza non è omogenea: si può infatti osservare una loro maggiore incidenza nei livelli del gruppo b, con il 26,5% dei frammenti decorati, piuttosto che nei livelli del gruppo a, dove costituiscono circa il 15,8%. Anche se non si esclude che alcuni frammenti possano essere l’esito del persistere di tradizioni precedenti, soprattutto per i tipi più semplici, la loro incidenza percentuale risulta comunque anomala, tanto da avere indotto, più che per altri elementi, a valutare anche separatamente i due insiemi di materiali. Questa evidenza si accorda con quanto già osservato in relazione alle forme, agli elementi dell’imboccatura e agli elementi di presa, nell’ipotesi che il gruppo b abbia restituito in proporzione un numero maggiore di elementi residuali, sia a causa di possibili episodi di scivolamento di terreno dall’alto nei momenti di parziale abbandono tra l’uno e l’altro livello di uso delle strutture di combustione, sia per contiguità fisica con il deposito appenninico.

In questa elaborazione verranno utilizzate categorie in parte più ampie di quelle utilizzate nell’analisi tipologica (Copat e Danesi supra: 27-102), anche per superare eventuali differenze terminologiche che potrebbero viziare il quadro interpretativo e al tempo stesso renderlo più frammentario e dunque meno leggibile. Un primo confronto tra l’incidenza delle forme chiuse rispetto a quelle aperte con i due contesti sopra citati (Tabella 5) conforta l’ipotesi, sopra proposta, che la minore presenza delle forme chiuse a Oratino nei livelli del gruppo a rispetto ai livelli del gruppo b, possa essere attribuita a fattori funzionali. L’insieme delle ceramiche dai livelli del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata mostra infatti una proporzione del tutto analoga a quella descritta per i livelli del gruppo b, con un’incidenza del 76,7% di forme aperte e 23,3% di forme chiuse, con valori vicini anche a quelli di Monteroduni, confermando il carattere di maggiore specificità dei materiali provenienti dai livelli d’uso delle strutture di combustione e quello più simile a un campione casuale delle ceramiche del gruppo b. Per quanto riguarda invece i confronti possibili con le specifiche forme ceramiche (Tabella 6) e le loro eventuali associazioni ricorrenti con i diversi elementi di presa o decorazioni, la scodella troncoconica, anche se sporadicamente, risulta una forma comunque attestata per il Subappenninico Recente. A Coppa Nevigata, pur se in misura minore rispetto alle fasi più antiche dell’età del Bronzo, sembra comunque più rappresentata di quanto si possa osservare a Oratino (dove costituisce lo 0,8%), con un’incidenza percentuale del 5,7% nell’ambito del solo campione delle forme aperte (Cazzella e Recchia 2012a: tab. 9). Simile alla situazione di Coppa Nevigata, sebbene con un campione numericamente molto ridotto (30 forme aperte determinabili) è quella che si può osservare

Confronti con altri siti Le forme Nel tentativo di inquadrare le caratteristiche stilistiche delle ceramiche provenienti dal sito di Oratino – La Rocca nell’ambito delle produzioni dell’Italia centromeridionale, al di là dei confronti più o meno puntuali con specifici esemplari da altri i siti coevi2, per i quali tuttavia viene generalmente pubblicata una selezione del materiale, è possibile più in particolare operare un confronto con quelle rinvenute nei livelli del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata, anche in relazione all’incidenza quantitativa dei vari elementi stilistici individuati. Per questo contesto è infatti stata recentemente pubblicata, come in questo caso, la totalità delle ceramiche rinvenute negli scavi Puglisi 1955-1975 (Cazzella e Recchia 2012a: tabb. 9-12), cosa che permette di includere nel confronto anche le forme Per le forme ci si limiterà a citare i casi che possano aiutare a capire l’intera conformazione di esemplari più frammentari a Oratino, privilegiando quelli di contesti più vicini. Per gli elementi di presa e le decorazioni ci si limiterà ai tipi più rappresentativi. I materiali provenienti dai livelli superficiali verranno considerati solo quando determinate caratteristiche non ricorrano tra quelle dei materiali subappenninici in posto.

2 

110

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione Tabella 5. Rapporto tra forme aperte e forme chiuse nel sito di Oratino e confronti con altre situazioni.

Oratino: Livelli superficiali

forme aperte

%

forme chiuse

%

282

91,9

25

8,1

totale forme ricostruibili 307

Oratino: Livelli subappenninici (fase III)

338

80,9

80

19,1

418

Oratino: Livelli di accumulo (fase III, gruppo b)

95

75,4

31

24,6

126

76,7

113

23,3

484

Oratino: Livelli di uso delle piastre (fase III, gruppo a)

243

Coppa Nevigata: livelli del Subappenninico Recente

371

Monteroduni: livelli superiori

33

83,2

49

71,7

16,8

13

292

28,3

46

Livelli di uso delle piastre e della loro messa in opera (gruppo a)

%

Livelli di accumulo (gruppo b)

%

COPPA NEVIGATA - SR %

MONTERODUNI %

Tabella 6. Forme aperte. Distribuzione dei tipi di profilo nei gruppi stratigrafici e confronti con altre situazioni.

scodella troncoconica

2

0,8

-

5,7

6,7

scodella troncoconica fonda

4

1,6

2

2,1

2,2

3,3

scodelle curvilinee a profilo non articolato (scodelle a calotta, emisferiche, più che emisferiche e curvilinee fonde)

35

14,4

5

5,3

19,9

36,6

scodella con bordo leggermente rientrante continuo e bordo rientrante continuo

55

22,6

21

22,1

16,7

50,0

scodella con bordo leggermente rientrante distinto e bordo rientrante distinto

3

1,2

-

4,0

-

-

-

0,3

-

0,8

3,3

scodella troncoconica con labbro scodelle con profilo curvilineo con labbro (a calotta, emisferiche e più che emisferiche con labbro, a profilo sinuoso)

38

15,6

24

25,3

scodella con profilo spezzato, parete rettilinea verticale/svasata

2

0,8

2

2,1

0,3

-

scodella carenata, parete concava (svasata, verticale, rientrante o n.d.)

12

4,9

9

9,5

10,5

-

scodella carenata, parete rientrante (rettilinea o convessa) e labbro

11

4,5

3

3,2

8,1

-

scodella carenata, parete rettilinea (verticale o svasata)

1

0,4

-

3,2

-

scodella carenata

37

15,2

11,6

28,6

-

piccoli contenitori fondi

3

1,2

-

-

-

scodella troncoconica/calotta

2

0,8

scodella a calotta/bordo rientrante continuo

37

15,2

1

0,4

scodella emisferica/bordo rientrante continuo TOTALE

243

nel sito di Monteroduni, dove questa forma presenta un’incidenza pari a circa il 7% (con 2 frr.). I confronti possibili confermano inoltre la varietà di soluzioni circa l’elemento di presa associato a questo tipo di profilo. In letteratura non sono mai attestate quelle osservate a Oratino, dove, come

11

18

-

-

-

18,9

-

-

-

-

-

95

precedentemente descritto, esso è associato in un caso a una sopraelevazione a capocchia direttamente impostata sull’orlo (Copat e Danesi supra - Figura 5.2, dai livelli superficiali) e in un altro a una piccola doppia ansa a maniglia su orlo (Copat e Danesi supra – Figura 5.4). Diversamente, nei livelli del Subappenninico 111

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Recente di Coppa Nevigata, essa è associata in un caso a una presa e in un altro a un’ansa a maniglia su parete (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 20.7-8).

verticale e sopraelevazione a capocchia bilaterale dal territorio di Offida (De Grossi Mazzorin 1976: tav. 18.3). Quando questa forma ricorre in associazione con manici di forma elaborata, un unico confronto puntuale si ha con una scodella con manico forato e margini ricurvi dai livelli superiori di Monteroduni (Cazzella et al. 2005: fig. 10.8), molto simile a un contenitore da Oratino, dai livelli superficiali, ma ben inquadrabile in questo orizzonte cronologico (Copat e Danesi supra - Figura 11.9). Si può comunque sottolineare come, negli altri casi noti in letteratura, l’associazione tra questo tipo di profilo e manici di forma elaborata non sia attestata.

Per quanto riguarda invece le scodelle troncoconiche fonde, esse sono rappresentate in egual misura nei siti molisani e nel sito pugliese (con un’incidenza tra il 2% e il 3% circa), con situazioni altamente confrontabili. Non sembra tuttavia trattarsi di un tipo particolarmente diagnostico. Si è già segnalata una certa ricorrenza nell’associazione tra questo tipo di profilo e la decorazione plastica, che a Oratino è rappresentata in forma di cordone in tre esemplari (liscio, a tacche, con vari orientamenti – Copat e Danesi supra – Figura 6.1,8), questi ultimi, tuttavia, dai livelli superficiali.

Per le scodelle curvilinee fonde (Copat e Danesi supra Figura 12) l’associazione con un’ansa a nastro impostata sull’orlo, trova invece confronti anche su un più ampio areale geografico (Damiani 2010: tavv. 16A, 17A).

Per le scodelle curvilinee a profilo non articolato, sopra distinte tra profilo a calotta, emisferico, più che emisferico e curvilineo fondo, per operare un analogo confronto è necessario superare tali terminologie e considerare la categoria nel suo insieme: per le ceramiche di Coppa Nevigata infatti, per una diversa terminologia utilizzata, sono definite “a calotta” forme molto poco sviluppate in altezza (assenti a Oratino) e “curvilinee” quelle qui definite nel range tra “calotta” e “curvilinea fonda”. Più vicina è invece la terminologia adottata nella classificazione del materiale dai livelli superiori di Monteroduni. Al di là di queste differenze (stante anche la difficoltà di classificare quelli che spesso costituiscono insiemi pressochè continui per i quali è difficile individuare cesure nette) il gruppo delle scodelle “curvilinee” con profilo non articolato presenta a Oratino un’incidenza del 14,4% nei livelli di uso delle piastre, inferiore a quella riscontrata a Coppa Nevigata, dove costituiscono il 19,9% delle forme aperte. A Monteroduni invece (pur se l’incidenza percentuale è meno affidabile), essa potrebbe essere più elevata (> del 30%). Da un punto di vista più strettamente stilistico, per le scodelle a calotta non possono essere istituiti confronti puntuali, ad eccezione di un solo caso di una forma analoga proveniente dai livelli del Subappenninico Recente 2b di Coppa Nevigata, con un attacco di manico a nastro/maniglia su orlo (Cazzella e Recchia 2012: tav. 21.16), che costituisce l’associazione più ricorrente anche a Oratino (Copat e Danesi supra - Figure 8.4; 9.3). Difficoltoso è inoltre fare confronti puntuali per le scodelle emisferiche. Non è infrequente in altri contesti l’associazione di questo tipo di profilo con un elemento di presa sopraelevato, come a Oratino nei casi più conservati (Copat e Danesi supra – Figure 10.5; 11.6,9-10), anche se rispetto alla sua resa stilistica si osserva in letteratura una certa variabilità, per tipo di sopraelevazioni, per andamento dell’elemento di presa, presenza/assenza di beccuccio etc. (si veda ad esempio Damiani 2010: tavv. 5B, 6A, 7, 8A): il confronto più stringente è con una scodella emisferica con ansa

Le scodelle con bordo rientrante o leggermente rientrante continuo sono senza dubbio tra le forme più ricorrenti e costituiscono nel loro insieme (incluse quelle definite bordo leggermente rientrante/bordo rientrante per la difficoltà di orientamento del frammento) il 22,6% delle forme aperte dai livelli di uso delle strutture di combustione, con un’incidenza pressochè analoga, come spiegato sopra, anche per i livelli del gruppo b. Come è stato messo in evidenza in una precedente occasione (Cazzella et al. 2007b: 300) proprio l’alta incidenza di questo tipo di contenitori costituisce uno degli elementi che suggeriscono per questo momento di frequentazione del sito di Oratino una posizione in una fase avanzata del Subappenninico, anche dal confronto con Coppa Nevigata, quando questa forma è oggetto di un netto incremento, e con Monteroduni (Cazzella e Recchia 2012a: 63; Cazzella et al. 2005: 426427). A questo proposito tuttavia si può segnalare che nei due siti interni la loro incidenza percentuale risulti ben superiore rispetto a quella del sito adriatico, dove esse si attestano intorno al 16,7%: a Monteroduni infatti questo tipo di scodelle è rappresentato per circa il 50% del campione (percentuale sempre da prendere con cautela, ma che comunque dà un’indicazione di massima su una particolare tendenza), andando a definire quella che potrebbe essere una caratteristica regionale. Ulteriori confronti puntuali sono più difficili, in quanto si tratta di una forma molto ricorrente, per la quale tuttavia, come per le scodelle a calotta, ogni contenitore fa quasi caso a sé. Un unico esempio meglio conservato in cui tale profilo risulta in associazione con un’ansa a bastoncello sopraelevata con beccuccio rivolto verso la parete interna del contenitore (Copat e Danesi supra - Figura 18.4) è avvicinabile, anche se frammentario, a numerosi altri casi in un ampio areale geografico, con o senza sopraelevazione, come dai livelli superiori di Monteroduni (Cazzella et al. 2005: fig. 6.5-6), da quelli del Subappenninico Recente di Coppa 112

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione Le scodelle curvilinee con labbro3 costituiscono nel loro complesso il 15,6% delle forme aperte provenienti dai livelli di uso delle piastre. Queste forme sembrano tuttavia avere un’incidenza forse troppo elevata, soprattutto se confrontata con quanto si osserva a Coppa Nevigata, dove rappresentano appena lo 0,8% di quelle rinvenute nei livelli del Subappenninico Recente, o rispetto a Monteroduni, dove risultano attestate per il 3%. In questo caso, come in altri che verranno discussi oltre, la maggiore incidenza riscontrata a Oratino, insieme al fatto che questa risulta ancora più alta nei livelli di accumulo (come abbiamo visto sopra, il 25,3%), e infine unitamente alle caratteristiche stilistiche di alcuni di questi esemplari (a volte decorati con la tipica decorazione appenninica), porta a ritenere che alcuni di essi, anche oltre quelli che presentano questa decorazione, possano costituire elementi residuali più antichi. In nessun caso inoltre, come già descritto, tale profilo ricorre in associazione con elementi di presa che possano rendere conto della conformazione generale del contenitore, ad eccezione di un unico esemplare con profilo più che emisferico e ansa a maniglia impostata obliquamente sulla parete (Copat e Danesi supra - Figura 30.1). Questo non permette dunque di istituire confronti precisi. La forma, anche se con una bassa incidenza, sembra comunque attestata in ambito subappenninico: per citare i contesti più vicini geograficamente si possono ricordare, oltre i casi da Coppa Nevigata (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 21.11, con profilo a calotta) e da Monteroduni (Cazzella et al. 2005: tav. 5.10), anche quelli da La Starza (Albore Livadie et al. 2004: fig. 2.1,4, la prima “a calotta”, la seconda “emisferica”).

Nevigata (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 22.6,12-14,18), e, rimanendo sul versante adriatico della penisola, da Grotta Sant’Angelo (Di Fraia e Grifoni Cremonesi 1996: fig. 57.1) e da Ortucchio (Irti 1981: fig. 1.11). Se comunque in letteratura risulta ricorrente l’associazione tra questo tipo di profilo e l’insieme degli elementi di presa sopraelevati su orlo, spesso caratterizzati dalla tipica costolatura mediana e dalla presenza di beccucci e/o sopralevazioni, la stessa associazione si rileva in altri contesti anche con altre forme, ad esempio le scodelle carenate (Damiani 2010: tav. 107). Diversamente a Oratino, quando conservati, questi elementi di presa ricorrono solo in associazione con le scodelle con profilo continuo non articolato (dalle “curvilinee” a quelle con bordo rientrante e leggermente rientrante – Copat e Danesi supra: Tabella 5). In ogni caso le scodelle con bordo leggermente rientrante e rientrante sono più frequentemente attestate in associazione con manici e maniglie sopraelevate di forma anche molto elaborata, che costituiscono forse gli esemplari più conservati nell’ambito del panorama attualmente a disposizione (Copat e Danesi supra – Figure 17.1; 19.3; 20.3). Come per le scodelle curvilinee, questi esempi non trovano confronti in in altri siti, dove tali elementi di presa ricorrono in associazione solo con scodelle carenate (anche se tale nota si basa solo sugli unici casi ben conservati da Lipari). Tale evidenza potrebbe essere dovuta alla casualità del rinvenimento. Tuttavia, anche se ci si confronta con pochi esempi, il fatto che l’associazione tra manici elaborati e forme a profilo continuo non articolato ricorra solo a Oratino e a Monteroduni (nella scodella curvilinea sopra descritta) potrebbe costituire anch’esso un tratto stilistico regionale.

Il confronto per il complesso delle scodelle carenate con il campione di Coppa Nevigata porta a fare ulteriori considerazioni. Nel sito adriatico infatti la loro incidenza è di circa 50%, di gran lunga superiore di quanto si possa osservare a Oratino (il 25% nei livelli del gruppo a). È invece rispettata, nei due contesti, un’analoga maggiore incidenza delle scodelle carenate con parete concava rispetto a quelle con parete leggermente rientrate o rientrante con labbro. Ancora una volta, inoltre, la proporzione delle forme è più simile a quella che si osserva a Monteroduni, dove le scodelle carenate non sono rappresentate. Per le scodelle carenate, pur se attestate in letteratura con numerosi esempi, quelle meglio conservate nel campione che qui si presenta, in entrambi i casi con parete rientrante e labbro, una con ansa a bastoncello con baccellature multiple, un’altra con ansa a nastro insellata (Copat e Danesi supra - Figure 33.6; 34.6) non

Per quanto riguarda invece le scodelle con bordo rientrante distinto, la loro scarsa incidenza nell’ambito delle forme provenienti dalle strutture di combustione (pari all’1,2%) è ancora ben confrontabile con quanto noto per i livelli del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata, dove questa è comunque più rappresentata con il 4%, mentre non risulta attestata a Monteroduni, ma è difficile fare confronti puntuali dato che per Oratino non è nota l’eventuale associazione con elementi di presa che permetta di comprendere la conformazione generale del contenitore. Anche le scodelle con profilo spezzato e parete rettilinea, attestate per l’0,8% nei livelli di uso delle piastre di cottura, non sono molto frequenti nei siti limitrofi: in contesti con i quali Oratino condivide anche molti altri elementi si può comunque citare un caso da Badia di Schiavi, con parete verticale, anch’esso privo dell’eventuale elemento di presa (Di Fraia 2004: fig.1.2), mentre tale profilo risulta attestato a Coppa Nevigata con un solo esemplare (circa lo 0,3% delle forme aperte).

Per le stesse ragioni terminologiche discusse sopra si includono qui nella definizione di “curvilinee” le scodelle a calotta, emisferiche, curvilinee fonde e più che emisferiche con labbro, queste ultime definite a Coppa Nevigata con profilo sinuoso.

3 

113

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Livelli di uso delle piastre e della loro messa in opera (gruppo a)

%

Livelli di accumulo (gruppo b)

%

COPPA NEVIGATA - SR %

MONTERODUNI %

Tabella 7. Forme chiuse. Distribuzione dei tipi di profilo nei gruppi stratigrafici e confronti con altre situazioni.

olle ovoidali senza collo

2

4,1

2

6,5

53,1

7,7

olle ovoidali con collo

31

63,3

14

45,2

23,9

46,2

olle biconiche/ piriformi o a spalla tesa con collo

7

14,3

7

22,6

8,0

15,4

olle a spalla tesa senza collo olle globulari con collo

olle globulari senza collo? TOTALE

7

2

49

trovano confronti puntuali in letteratura, se non, nel primo caso, solo in relazione allo specifico elemento di presa, frammentario in altri siti (cfr. oltre). Più frequente invece a Oratino, come già messo in evidenza, è l’associazione con manici/maniglie di varie forme, sia per le scodelle carenate con parete concava che per quelle carenate con parete rientrante e labbro (Copat e Danesi supra - Figure 31.7; 35.1). Queste trovano in particolare confronto con un esemplare dai livelli del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 24.7) e presumibilmente con un altro dalla Starza, per il quale si conserva solo l’attacco dell’elemento di presa (Albore Livadie et al. 2004: fig. 2.8).

-

14,3 4,1

2

3

3

31

6,5

9,7

9,7

6,2

7,1 -

-

23,1 -

vedano ad esempio gli esemplari analoghi dai livelli del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata: Cazzella e Recchia 2012a: tavv. 26.5-6,8-10; 27.1-3; o il caso di Monteroduni: Cazzella et al. 2005: 404, F18), quelle di Oratino sono nella maggior parte dei casi di piccole dimensioni, non decorate e più frequentemente dotate di un elemento di presa impostato sull’orlo (Copat e Danesi supra – Figura 37.1,4). Diversamente, le olle a spalla tesa senza collo, come sottolineato sopra, sono attestate solo nell’ambito del gruppo b, con il 6,5%: non è chiaro se anch’esse siano da interpretare come elementi residuali o se la loro assenza nei livelli di uso delle strutture di combustione sia piuttosto da imputare alla loro scarsa rappresentatività e alla casualità del rinvenimento. Quest’ultima ipotesi sembra più probabile, essendo un forma documentata a Coppa Nevigata proprio a partire dal Subappenninico Recente, coerentemente con l’orizzonte cronologico che qui si propone. Anche in questo caso si potrebbe avanzare l’ipotesi di una sua minore incidenza nel patrimonio stilistico dei siti interni (non essendo attestata a Monteroduni), fermo restando la difficoltà di analizzare un campione numericamente poco consistente. Non si possono comunque istituire confronti particolarmente stringenti, se non per un’associazione ricorrente, anche a Oratino, con la presenza di cordoni plastici (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 26.2,11).

Per le forme chiuse (Tabella 7), è più difficile stabilire confronti puntuali con altri contesti, dato che in scarsi casi esse sembrano essere documentate in modo esaustivo, ma risentono più spesso della scelta nell’edizione, così come forse della loro minore riconoscibilità rispetto a quelle aperte. Nel confronto quantitativo tra quanto osservato per le ceramiche di Oratino e quanto noto per i contesti di Coppa Nevigata e Monteroduni, è possibile invece fare ulteriori considerazioni. Se si confronta l’incidenza delle olle ovoidali senza collo (che costituiscono appena il 4% circa dai livelli di uso delle piastre) con quella dei livelli del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata, dove esse costituiscono ben il 53% ca. del totale delle forme chiuse, si può mettere in evidenza un comportamento altamente differenziato. Ancora una volta più simile è la situazione di Monteroduni, dove le ovoidali senza collo sono rappresentate per il 7% circa (con 1 esemplare su 13). Ancora, rispetto al panorama disponibile, in cui spesso queste forme ricorrono in associazione con decorazioni plastiche e prese impostate sulla parete o su cordone (si

Inversamente da quanto osservato sopra, le olle ovoidali con collo sono molto più rappresentate nel sito di Oratino (il 63% ca. dai livelli delle piastre di cottura) rispetto a quanto noto per i livelli del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata, dove costituiscono solo il 23,9% del totale delle forme chiuse. Ancora una volta più simile è la situazione di Monteroduni, dove esse sono rappresentate nel 46,2% dei casi (con 6 esempi). 114

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione Per questa forma si possono suggerire alcuni confronti puntuali nell’associazione con un cordone liscio orizzontale su cui si innesta un elemento semicircolare (Copat e Danesi supra – Figure 40.3; 41.2), attestato sia nei livelli superiori di Monteroduni (Cazzella et al. 2005: fig. 8.2), che nel sito abruzzese di Badia di Schiavi (Di Fraia 2004: fig.1.7; Di Fraia e Menicagli 2006: fig. 4.8). Particolarmente stringente è invece il confronto tra l’esemplare integro caratterizzato da due anse a maniglia affrontate su orlo, da cui si diparte un ampio cordone liscio curvilineo che occupa gran parte del corpo, con le cosidette “situle” note per altri contesti dell’Italia centro-meridionale (Damiani 2010: 259261; tav. 85). L’esemplare di Oratino è altamente confrontabile per proporzioni generali del contenitore e per l’associazione tra tipo di elemento di presa e decorazione plastica (quest’ultima particolarmente assimilabile a quella dell’esemplare da Canosa – Lo Porto 1997: fig. 51.2), ma se ne discosta per la presenza di un ampio collo svasato, elemento non attestato negli altri casi.

tipo di elemento di presa non risulta inoltre attestato a Monteroduni: è dunque difficile dire se tale differenza sia o meno da imputare a un tratto stilistico regionale: a Monteroduni il campione è infatti ancora una volta forse troppo ridotto per rilevare la presenza di tipi meno rappresentati (29 frr. in tutto). Viceversa, le anse verticali con linguetta sopraelevata, rappresentate a Oratino in un solo caso dai livelli del gruppo a (lo 0,3%), sono più comuni nei livelli del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata (il 2,5% ca.), dove comunque esso non sembra essere un tipo cronologicamente diagnostico (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 30.9-11). Analogamente scarse nei due contesti sono le anse a nastro che terminano a bastoncello (o a prospetto trapezoidale), che a Coppa Nevigata sono rappresentate solo nello 0,5% del campione, mentre a Oratino non sono presenti nei livelli di uso delle piastre, ma con percentuali analoghe solo dai livelli di accumulo. Alcuni tipi sono poi specifici dell’uno o dell’altro sito, ma trattandosi di elementi che ricorrono solo sporadicamente, questa evidenza non sembra significativa nella definizione di ambiti regionali diversamente caratterizzati a livello stilistico: l’ansa a nastro ispessito non trova confronto nel campione di Coppa Nevigata, viceversa a Oratino sono assenti le anse con costolature e le anse tubolari. Il complesso degli elementi con cresta longitudinale mediana presenta un’incidenza di gran lunga superiore (complessivamente il 15,1% nei livelli di uso delle piastre) di quanto si possa osservare nel campione di Coppa Nevigata, dove essa si attesta all’1,5% del totale degli elementi di presa del Subappenninico Recente. Più assimilabile, ancora una volta, è la situazione di Monteruduni, dove la loro incidenza supera il 27%. Il complesso degli elementi “crestati” provenienti dal sito di Oratino è inoltre più variato dal punto di vista stilistico. Se a Coppa Nevigata esso è rappresentato solo dalle anse a nastro (anche se con stringenti confronti – Cazzella e Recchia 2012a: tav. 18.7), a Oratino si osserva, come sopra descritto, anche la presenza di anse a nastro che terminano a bastoncello (queste ultime attestate anche a Monteroduni), di anse con sezione a bastoncello o ancora di una maggiore varietà di realizzazione degli elementi con espansioni laterali a formare una protome ornitomorfa (Copat e Danesi supra - Figure 55-56). Ricordiamo che tali elementi sono attestati a Oratino, così come a Monteroduni (e diversamente da quanto noto in letteratura), solo su forme con profilo continuo non articolato, che comunque sono le più rappresentate. Questi tipi di anse sembrano essere un elemento caratteristico del periodo in un ampio ambito territoriale, anche se spesso frammentarie, tanto da rendere difficile istituire confronti precisi. In alcuni casi tale elemento di presa risulta, come a Oratino, sormontato da una sopraelevazione a capocchia bilaterale, come ad esempio in Abruzzo nel sito di

Anche le olle globulari con collo sono molto più rappresentate a Oratino (il 14,3% nei livelli di uso delle piastre) di quanto sia possibile osservare per il sito di Coppa Nevigata, dove esse costituiscono il 7% dei contenitori di forma chiusa provenienti dai livelli del Subappenninico Recente, mentre ancora una volta si osserva un’incidenza percentuale maggiormente assimilabile a quella del campione di Monteroduni (dove costituiscono il 23,1%, con 3 casi). Per le olle biconiche con collo, piriformi o per le quali sia possibile riconoscere solo la presenza di una spalla tesa (anche in questo caso considerate nel loro insieme per permettere il confronto con le ceramiche da Coppa Nevigata), che rappresentano nel complesso il 14,3% di quelle provenienti dai livelli di uso delle piastre, si può osservare anche in questo caso un’incidenza non dissimile da quanto si osserva a Monteroduni (il 15,4% del totale, con soli 2 frr.), mentre ancora una volta essa risulta superiore a quella di Coppa Nevigata, dove costituiscono solo l’8% del totale delle forme chiuse. Elementi di presa Ulteriori e analoghe osservazioni possono essere fatte in relazione agli elementi di presa (Tabella 8). L’incidenza percentuale delle anse a nastro, con o senza margini appiattiti, osservata a Oratino (complessivamente circa il 37% nei livelli di uso delle piastre di cottura) è nel complesso molto vicina a quella del campione di Coppa Nevigata per i livelli del Subappennico Recente (34,3% - Cazzella e Recchia 2012a: tab. 10). Le anse a nastro insellate sono invece rappresentate a Oratino meno sporadicamente (il 6,1%) rispetto al sito adriatico (dove raggiungono appena lo 0,3% dei livelli del Subappenninico Recente). Questo 115

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Livelli di uso delle piastre e della loro messa in opera (gruppo a)

%

Livelli di accumulo (gruppo b)

%

COPPA NEVIGATA - SR %

MONTERODUNI %

Tabella 8. Elementi di presa. Distribuzione nei gruppi stratigrafici e confronti con altre situazioni.

ansa a nastro semplice e con margini appiattiti

115

37,0

53

40,5

34,3

17,2

ansa a nastro insellata

19

6,1

ansa a nastro ripiegata verso l’interno

1

0,3

ansa a nastro e sopraelevazione a corna di lumaca ansa a nastro che termina a bastoncello

-

-

4

1

-

3,1

0,8 -

ansa a nastro ispessito

1

0,3

-

ansa verticale che si orgina da linguetta arrotondata

1

0,3

-

-

-

ansa a nastro e linguetta sopraelevata rettangolare ansa a nastro apicata

ansa a nastro costolata ansa tubolare

ansa a bastoncello (con o senza sopraelevazioni)

-

-

-

4,3

0,3

0,5 -

-

-

-

-

-

-

-

-

1,5

-

-

2,5

-

0,3

-

3,5

-

-

-

ansa a nastro o a bastoncello con cresta longitudinale mediana, a formare o meno protomi ornitomorfe

11

3,5

3

2,3

3,9

-

47

15,1

18

13,7

1,5

27,6

maniglia sezione quadrangolare

8

maniglia sezione subcircolare

maniglia sezione ellissoidale

7

6

2,3

2,6

1,9

maniglia sezione poligonale

1

0,3

ansa a maniglia con baccellature multiple

1

0,3

ansa a maniglia insellata

ansa a maniglia crestata

7

ansa a maniglia a sezione triangolare ansa a maniglia bifora

manico con grande foro

23

manico con ansa retrostante

1

manico a nastro forato

7

-

appendice anseriforme

8

linguetta semicircolare

1

attacco di sopraelevazione

1

sopraelevazione a corna taurine

sopraelevazione a corna di lumaca

TOTALE

311

116

-

0,3

-

7,4

4

3,1

2,2

7

5,3

12

9,2

0,3

6,1

0,3

1,3

10 1

3

-

7,6 -

0,8

2,3

0,3

-

2,5

20,7

-

-

3,0 -

-

3,4

17,0

10,3

2,8

3.4

0,3

3,4

2,6

2

1,5

1,0

0,3

1

0,8

-

-

2,0

-

0,3 -

-

-

0,5

-

0,5

-

131

-

-

-

-

altre sopraelevazioni

-

-

-

sopraelevazione cilindro retta

3,4

-

-

-

sopraelevazione a corna frammentarie

-

0,8

-

-

0,6

1

3,4

2,5

3,4

2

4

-

1,5

1,5

-

3,4

0,3

presa forata

presa n.d.

5,3

5,5

-

6,1

sopraelevazione a capocchia bilaterale

2

1

-

19

19

2

4,6

1,5

2,3

frammenti di manico/maniglia n.d. presa

6

2

-

0,3

3,5

-

-

-

-

-

-

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione Badia di Schiavi (Di Fraia e Menicagli 2006: fig. 6.2-3) e dal territorio di Ortucchio (Irti 1981: fig. 1.11). In altri esempi le anse a nastro con cresta longitudinale mediana si trovano in associazione con attacchi di sopraelevazioni la cui forma non è determinabile (come a Monteroduni – Cazzella et al. 2005: fig. 6.6). In questo come in altri casi, una visione complessiva dell’elemento di presa è spesso difficile, essendo attestati più spesso o la sola ansa verticale o la sola sopraelevazione.

frammentari, questi esemplari possono trovare confronto sempre a Coppa Nevigata (Damiani 2010: tav.112B.1) e in Abruzzo nel territorio di Ortucchio (Irti 1981: fig. 1.7), ma confronti più diffusi si hanno anche in questo caso su tutta la penisola, fino a Lipari (si veda ad esempio Damiani 2010: tav. 102). Anche in questi casi si osserva talvolta la presenza di un beccuccio più o meno accentuato, orientato verso la parte interna del contenitore, come nel Lazio a Colle della Mola (Cassano et al. 1979: tav. XXXVI.3, su ansa bifora) e a Luni sul Mignone (Fugazzola Delpino 1976: fig. 41.13, 45.6). A Oratino l’associazione tra la presenza di un beccuccio in corrispondenza dell’imboccatura e le espansioni che formano una protome ornitomorfa, in entrambe le versioni, non è mai attestata, forse per ragioni dovute alla frammentarietà del materiale, anche se non si può escludere che tali beccucci costituissero un elemento isolato.

Anche le anse crestate caratterizzate da una sezione a bastoncello trovano confronto in un areale geografico molto ampio. Come nel caso precedente, trattandosi spesso di esemplari frammentari non se ne riesce ad apprezzare l’intera conformazione, che nei casi più conservati appare più articolata. Ad esempio, il particolare che si osserva in alcuni esemplari a Oratino (Copat e Danesi supra - Figura 11.10, su scodella emisferica; Figura 55.11-12, in esemplari frammentari), con l’ansa che ripiega verso l’interno dell’occhiello, trova anch’esso puntuali confronti in un ambito territoriale abbastanza diffuso, dal più vicino sito di Monteroduni (Cazzella et al. 2005: fig. 9.5, con un beccuccio poco accentuato), a siti più distanti geograficamente, come quello abruzzese di Madonna degli Angeli (Lambelet 2000: fig. 1.3) o, nelle Marche, dal territorio di Offida (De Grossi Mazzorin 1976: tav. 23.4).

Un caso piuttosto raro e di grande interesse, al momento poco rappresentato nella penisola, è quello di un ansa a nastro che termina a bastoncello con espansioni laterali, decorato con l’innesto di borchiette metalliche (Copat e Danesi supra – Figura 56.4). Questo tipo di decorazione trova scarsi ma puntuali confronti anche in alcuni contesti dell’Italia centrale interna: nelle Marche sono noti i rinvenimenti di Cisterna di Tolentino, Fontevecchia di Camerano e Moscosi di Cingoli, in quest’ultimo caso su una sopraelevazione a manubrio (Sabbatini e Silvestrini 2005: fig.1.23); in Toscana una decorazione analoga è invece attestata nell’insediamento di Scarceta, su un frammento di appendice anseriforme (Poggiani Keller 2004: fig. 3.7).

Le più complesse anse verticali con cresta ed espansioni laterali a formare una protome ornitomorfa, in alcuni casi realizzate a nastro (Copat e Danesi supra - Figura 56.1-8) costituiscono anch’esse elemento caratteristico del periodo e trovano confronto, per citare solo alcuni esempi limitatamente alla fascia adriatica e ai siti interni appenninici, sempre a Coppa Nevigata (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 30.6; Belardelli 2004a: tavv. XXXVII.9, LXI.20, LVIII.7), in Abruzzo a Collelongo-Fondjò (Gatti 2004: fig. 30.7) e in Campania a La Starza (Albore Livadie et al. 2004: fig. 2.15-16). In alcuni frammenti, conservati fino all’imboccatura del contenitore si osserva la presenza di un beccuccio più o meno accentuato orientato verso la parte interna del contenitore, come in Puglia a Coppa Nevigata (Belardelli 2004a: tav. LVIII.2-3) o, in un contesto geograficamente più distante, in Toscana a Scarceta (Poggiani Keller 2004: fig. 3.1, 16,18). A volte gli stessi beccucci si presentano, in una forma più sviluppata, come vere e proprie appendici anseriformi, presenti queste ultime a Oratino solo in stato frammentario (vedi oltre).

Per quanto riguarda le anse a bastoncello, incluse quelle con sopraelevazione (il 3,5% degli elementi di presa dai livelli delle piastre di cottura), esse costituiscono un elemento abbastanza caratteristico del Subappennico Recente e sono attestate con analoga incidenza dai livelli coevi di Coppa Nevigata. L’esemplare con cornetti poco accentuati (Copat e Danesi supra – Figura 54.5) non trova tuttavia confronti nel sito pugliese, ma solo scarse attestazioni in contesti geograficamente più distanti, come in Campania a Montedoro di Eboli (Aurino 2010: fig. 2.7), o ancora, verso S, sempre in Puglia a Scoglio del Tonno (Belardelli 2004b: nn. 8, 13, 17) o in Calabria a Torre Mordillo (Trucco e Vagnetti 2001: fig. 45.22), mentre, verso N, in Toscana nel sito di Scarceta (Poggiani Keller 2004: fig. 3.21). Gli esemplari di ansa a bastoncello con baccellature multiple (Copat e Danesi supra – Figure 33.6; 54.6), non molto diffusi, trovano invece un confronto puntuale in alcuni siti più vicini, dalla stessa Coppa Nevigata (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 32.11-12) al sito abruzzese di Badia di Schiavi (Di Fraia 2004: fig. 1.16).

Per le anse verticali con cresta ed espansioni laterali a formare una protome ornitomorfa caratterizzata da una capocchia bilaterale poco sviluppata non distinta (Copat e Danesi supra – Figura 56.9-10, anche se le due tipologie non sono sempre distinguibili in letteratura per la presenza di rese grafiche non omogenee) i confronti sono altrettanto vasti. Limitatamente alla fascia adriatica, e in esemplari quasi sempre

Per le anse a maniglia si tratta di forme di lunga durata e abbastanza comuni, per le quali è superfluo nella 117

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche maggior parte dei casi soffermarsi a definire confronti precisi, anche se spesso, trattandosi di materiali frammentari, potrebbero essere parti di elementi di presa più complessi. Tuttavia, qualche nota può essere ancora fatta confrontando l’incidenza percentuale di questi elementi con quella osservata per i livelli del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata, pur nella difficoltà di comparare attribuzioni terminologiche che rischiano di essere diverse. Anche se le percentuali sono a Oratino leggermente più basse, la situazione complessiva appare altamente confrontabile con i dati dal sito adriatico, dove le anse a maniglia a sezione circolare e quadrangolare solo le più rappresentate (nel Subappenninico Recente a Coppa Nevigata con un’incidenza intorno al 5,5%, mentre a Oratino intorno al 2,5%), seguite dalle anse a sezione appiattita (qui definita ellissoidale), che costituiscono il 2,5% circa a Coppa Nevigata e l’1,9% a Oratino, dunque con analoghe proporzioni tra i tipi. Rare, come a Coppa Nevigata, le anse a maniglia insellata, che abbiamo visto non attestate a Oratino nei livelli di uso delle piastre.

sotto il profilo quantitativo l’incidenza complessiva di questa categoria di manufatti dai livelli di uso delle piastre risulta abbastanza elevata (il 7,4% dai livelli del gruppo a) se confrontata con quella dei livelli del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata, dove questi si attestano intorno al 2,5%. A Monteroduni si rileva un’incidenza intorno al 21%. Quanto alla possibilità di stabilire confronti più puntuali, i manici con solcatura longitudinale e apici cornuti (in un caso su una scodella con bordo leggermente rientrante – Copat e Danesi supra - Figura 17.1 – in altri in stato frammentario – Copat e Danesi supra – Figura 57.14,8) trovano in particolare confronto a Coppa Nevigata, dove sono attestati già dal Subappenninico Antico (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 10.8, dal Subappenninico Antico; tav. 31.16,19 dal Subappenninico Recente). Altri confronti possono essere istituiti sempre con Monteroduni (Cazzella et al. 2005: fig. 10.9) e con alcuni siti abruzzesi, in particolare con i materiali provenienti da Grotta dei Piccioni (Cremonesi 1976: fig. 70.6), Grotta Sant’Angelo (Di Fraia e Grifoni Cremonesi 1996: fig. 67.3) e ancora Badia di Schiavi (Di Fraia e Menicagli 2006: fig. 6.16). Per questo tipo di manico i confronti si spingono fino a Lipari, dove, come abbiamo detto sopra, sono impostati sull’orlo di scodelle carenate, anche se con forme meno accentuate e prive della solcatura tra gli attacchi degli apici che è caratteristica di Oratino (Albanese Procelli et al. 2004: fig. 2.4; Bernabò Brea e Cavalier 1980: tav. CXCVI.1). Anche per i manici con grande foro e margini laterali che formano un angolo più o meno accentuato (Copat e Danesi supra – Figure 31.7; 57.5-6), che a Oratino sono caratterizzati in qualche caso anche da appendici molto elaborate, è possibile individuare alcuni esempi analoghi nei siti di Coppa Nevigata (Cazzella e Recchia 2012a: tavv. 18.5; 32.10; Puglisi 1982: tav. III.3) e di Monteroduni (Cazzella et al. 2005: fig. 10.7,11). Un ulteriore puntuale confronto con quest’ultimo sito si ha per il manico a sezione ellissoidale con angolo posteriore stondato (Copat e Danesi supra - Figura 11.9), anche, come descritto sopra, per l’analoga forma su cui è impostato (Cazzella et al. 2005: fig. 10.8). Gli altri tipi di manici, riconosciuti in esemplari isolati nel sito di Oratino, non trovano confronti puntuali in altri contesti, se non per alcuni elementi. Quello con appendici frontali in forma di piccole protomi ornitomorfe e attacchi superiori di sopraelevazioni di forma non determinabile (Copat e Danesi supra - Figura 57.7) è assimilabile con alcuni manici/maniglia, per i quali, oltre alle piccole protomi ornitomorfe si osserva in qualche caso la presenza di appendici anseriformi che si dipartono da esse. È ad esempio il caso dell’esemplare da Paludi di Celano (Cosentino et al. 1998: fig. 11.8) o ancora di quelli da Lipari (Bernabò Brea e Cavalier 1980: tav. CCIV, 1c, 2f, 2h, tra quelli più conservati). In altri casi, per citare i contesti più vicini, la stessa protome è posta in posizione centrale: questa caratteristica si può osservare in Campania a La Starza (Trump 1963:

Come per le anse verticali, l’incidenza delle maniglie “crestate” è invece più alta a Oratino (il 2,3% nei livelli di uso delle piastre) rispetto al contesto pugliese, dove questo elemento è attestato in un unico caso nel Subappenninico Recente (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 32.8). Incidenza analoga di questi elementi si riscontra ancora a Monteroduni, sempre con il 3,4%. Il caso qui presentato di ansa a maniglia crestata con appendici romboidali (dai livelli superficiali) potrebbe trovare confronto con un esemplare da Coppa Nevigata, dove è stata diversamente interpretata come un’ansa a bastoncello con appendice verticale (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 18.8). Si deve tuttavia tenere conto che per questi elementi, spesso frammentari e molto variabili stilisticamente, risulta spesso difficile definirne l’esatto orientamento, in assenza di elementi integri di confronto. Sono infine assenti a Oratino, anche se presenti a Coppa Nevigata in percentuali minime, con un unico esemplare, le anse a maniglia a sezione triangolare. Si ricorda inoltre a Oratino l’esemplare di ansa a maniglia con baccellature multiple (Copat e Danesi supra - Figura 54.10). Anche se questo elemento sembra più caratteristico di un momento successivo, la sua presenza tra i materiali dai livelli superiori di Monteroduni ha fatto avanzare l’ipotesi di un possibile parallelismo cronologico tra alcuni contesti avanzati del Bronzo Recente e altri in cui gli elementi relativi al Bronzo Finale fossero già affermati (Cazzella et al. 2005: fig. 8.3; Cazzella e Recchia 2012a: 60). Tale evidenza potrebbe trovare ulteriore confronto nel sito di Trasacco (Di Fraia 2004: fig. 1.21). Per i manici molto elaborati, meglio inquadrabili cronologicamente nell’orizzonte subappenninico, 118

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione fig. 19d), in alcuni contesti abruzzesi (Ortucchio, strada 28 - Ialongo et al. 2005: fig. 3.4; Paludi - Cosentino et al. 1998: fig. 10.3; Grotta Sant’Angelo - Di Fraia e Grifoni Cremonesi 1996: fig. 67.12) e pugliesi (S. Maria di Ripalta - Nava e Pennacchioni 1981: 27, tav. 19.1). A questi esemplari potrebbe riferirsi, anche se frammentario, il caso del manico con doppio apice in posizione centrale (Copat e Danesi supra – Figura 19.3).

comunque questo orientamento, per la presenza di due attacchi contrapposti e per confronto con altri materiali frammentari ad esempio dal sito di Monte Pizzuto in Abruzzo (Di Fraia e Menicagli 2006: fig. 6.5,9) o di Scarceta in Toscana (Poggiani Keller 2004: figg. 2.12-13; 3.2,7). Per concludere il panorama delle sopraelevazioni, quelle a lobo circolare direttamente impostate sull’orlo, provenienti tuttavia solo dai livelli superficiali, puntuali confronti, diversamente dai casi descritti sopra, sono limitati all’area tirrenica, come dalle raccolte nel sito laziale di Colle San Magno (AA.VV. 1981: p. 96.B16), evidenza piuttosto da imputare alla casualità del rinvenimento, dato lo scarso numero di esemplari noti.

Per quanto riguarda le sopraelevazioni, come noto, quella a capocchia bilaterale, impostata su anse di vario tipo (a nastro, a bastoncello, bifore, crestate o meno), è uno dei tipi più diffusi nel Subappenninico e sono superflui confronti più puntuali. Da un punto di vista quantitativo la loro incidenza percentuale sul totale degli elementi di presa è pari all’1,9% dai livelli di uso delle piastre (ma il 2,3% dai livelli di accumulo, oscillazione dunque che sembra essere casuale), è analoga a quella di Coppa Nevigata e di Monteroduni (rispettivamente 2,8% e 3,4%). Pur nell’ambito di una grande diffusione di questo tipo si può comunque sottolineare come il caso in cui la sopraelevazione a capocchia bilaterale si imposta direttamente sull’orlo sembra essere molto raro in altri contesti, se non in un unico caso a Grotta Sant’Angelo, su una scodella curvilinea con labbro (Di Fraia e Grifoni Cremonesi 1996: fig. 57.4).

Infine, per quanto riguarda le prese, attestate nel complesso per il 7% ca. degli elementi dai livelli di uso delle piastre, la loro incidenza risulta significativamente inferiore a quella osservata per Coppa Nevigata, dove nell’insieme raggiungono circa il 17% nei livelli del Subappenninico Recente. Rispetto al campione di Oratino quello di Coppa Nevigata sembra inoltre meno variabile: esso è costituito per la maggior parte da prese a lingua semicircolare (che raggiungono l’11%) e da una piccola percentuale di prese di forma rettangolare, che, sulla base della distribuzione dei tipi nella sequenza stratigrafica dell’età del Bronzo, sarebbero più caratteristiche del Subappenninico, piuttosto che delle fasi precedenti. Tuttavia, l’assenza di altre forme frequenti a Oratino, come quelle qui definite triangolari o trapezoidali, potrebbe ancora una volta dipendere da questioni terminologiche. Scarse in entrambi i siti sono invece le prese forate. Più simile anche sotto questo aspetto è ancora una volta il campione di Monteroduni, non solo per incidenza (qui il 10,3%), ma anche per tipi rappresentati.

Meno diffusa e di più difficile inquadramento è l’appendice anseriforme, per la quale, sempre frammentaria, nella maggior parte dei casi non è stato possibile stabilirne la posizione nel contenitore. In questo caso i confronti possono suggerire alcune interpretazioni: è noto che in ambito peninsulare compaiono sia come appendici di protomi anseriformi variamente orientate rispetto all’elemento di presa e al contenitore (si veda ad esempio, tra gli esemplari più vicini geograficamente: Coppa Nevigata - Belardelli 2004a: tavv. XXXV.15, LXIX.11, XL.7; La Starza - Albore Livadie et al. 2004: fig. 2.9, 26-27), o, come discusso sopra, come appendici di piccole dimensioni rivolte verso l’interno del vaso a formare una sorta di beccuccio (spesso in associazione con anse con espansioni laterali), o infine come appendici dei manici o delle maniglie sopra citate (singole o in coppia), come si vede ad esempio, per citare i casi in cui questa caratteristica è più evidente (comunque lungo il versante adriatico), sempre Coppa Nevigata (Belardelli 2004a: tav. LXIX.4), Trasacco (Di Fraia 2004: fig. 1.18), Paludi di Celano (Cosentino et al. 2003: fig. 1, in basso a destra), Grotta Sant’Angelo (Di Fraia e Grifoni Cremonesi 1996: fig. 67.12) e Cisterna di Tolentino (Percossi et al. 2005: fig. 3.2). Le appendici rinvenute a Oratino sembrano più avvicinabili, per dimensioni, a queste ultime, piuttosto che a quelle che formano un beccuccio rivolto verso l’interno, che di solito hanno dimensioni più ridotte. In un solo caso, anche se anch’esso di grandi dimensioni (Copat e Danesi supra - Figura 56.11) si è proposto

Le decorazioni Anche per quanto riguarda gli elementi decorativi, è difficile stabilire confronti puntuali se non in casi particolari soprattutto in relazione a quelli condivisi e non particolarmente diagnostici. Spesso inoltre le decorazioni non vengono pubblicate in modo sistematico, se non quando in associazione con particolari forme o elementi di presa (Tabella 9). È questo ad esempio il caso di quelle realizzate a impressione, che, per la loro semplicità, sono difficilmente valutabili da un punto di vista cronologico e nel rapporto con altri siti. A parte nel caso della risega alla base del collo in un’olla globulare (Copat e Danesi supra - Figura 48.2), in nessun caso a Oratino queste decorazioni sono associate a forme specifiche, limitando dunque la possibilità di confronti puntuali. La loro scarsa incidenza si accorda comunque con quanto noto per altri siti coevi in cui gli elementi decorativi siano stati valutati anche dal punto di vista quantitativo. 119

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

risega

1

tacche impresse

0,4

1

0,5

1

impressioni digitali

impressioni digitali + cordone liscio

1

1

0,4

cuppella

1

0,4

3

1,1

3

1,6

4

1,5

1

0,5

151

56,8

76

41,3

30,0

2,2

4,3

impressioni digitali + cordone con impressioni digitali cuppella + scanalature bugna con cuppella bugne

bugna + cordone con impressioni digitali applicazioni plastiche

applicazione plastica + baccellature su presa

1

borchia + cordone liscio cordone liscio

cordone con impressioni digitali cordone con tacche

-

-

0,4

-

-

-

-

0,4 -

12,0

3

1,1

1,5

cordone n.d.

12

4,5

solcature curvilinee

1

0,4

solcature

4

1

-

32 4

cordone pizzicato

-

1,5

39 4

5 1

0,2

0,2

7,6

0,5

1,2

-

1

2,6

-

-

-

0,5 -

-

21,2 -

0,7

0,7

0,5

0,7 4,3 -

1,9 -

0,2

35,7

81,2

-

2,7

0,9

-

-

0,5

MONTERODUNI

COPPA NEVIGATA - SR %

tacche impresse su parete + cordone liscio

0,8

tacche impresse + cordone a tacche

0,5

-

2

0,4

1

%

Livelli di accumulo (gruppo b)

%

Livelli di uso delle piastre e della loro messa in opera (gruppo a)

Tabella 9. Decorazioni. Distribuzione nei gruppi stratigrafici e confronti con altre situazioni.

7,1

6,3

baccellature multiple

2

0,8

1

0,5

0,5

6,3

incisione e punteggio

1

0,4

4

2,2

-

6,3

incisione

1

incisione e segmenti

1

excisione e punteggio

3

excisioni

33

incisione + excisione

1

excisione + bozza

1

excisione + impressione

1

borchiette metalliche TOTALE

266

La scarsità di questo tipo di decorazioni era già stata infatti in passato messa in relazione a una certa seriorità nell’ambito della fase subappenninica, come ad esempio per i livelli superiori di Monteroduni, dove quelle impresse su orlo sono del tutto assenti (anche se in un campione di elementi decorativi molto limitato –

0,4 0,4

1,1

5

3

2,7 -

1,6

12,4

36

19,5

0,4

1

0,5

-

1

0,5

0,4

0,4

184

-

-

0,7 -

-

0,2 -

-

-

-

16 frr.; Cazzella et al. 2005: fig. 11.8). Tale dato coincide con quanto più recentemente edito per il sito di Coppa Nevigata, dove le decorazioni impresse vedono un decremento proprio nel Subappenninico Recente. Esse sono tuttavia attestate con percentuali ben superiori, con il 12%, di quanto si possa osservare a Oratino, dove 120

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione costituiscono solo il 2,6% dei frammenti decorati dai livelli di uso delle strutture di combustione. È difficile dire se si tratti di un comportamento “regionale”, che ancora una volta avvicina i due siti interni appenninici, ma questa caratteristica, insieme ad alcune altre descritte sopra, potrebbe essere interpretata in tal senso almeno come ipotesi di lavoro. Nel complesso si può osservare come le decorazioni a tacche sulla parete, presenti a Oratino, non siano invece attestate a Coppa Nevigata (dove sono presenti solo tacche oblique sulla carena) e che, viceversa, le impressioni digitali su parete, presenti a Coppa Nevigata, siano assenti nel campione di Oratino, confermando l’eccezionalità di questo tipo di decorazione, come sottolineato dagli stessi autori (Cazzella e Recchia 2012a: 61). Anche l’uso della cuppella trova confronti sempre con i livelli del Subappenninco Recente di Coppa Nevigata (Cazzella e Recchia 2012a: tavv. 11.4, 36.4), dove è però spesso associata a solcature, mentre a Oratino è posta in posizione isolata sul dorso dell’ansa. Un uso simile si può segnalare sempre a Coppa Nevigata, ma da materiali fuori contesto (Belardelli 2004a: tav. XLIX,8), in un caso in cui la cuppella è rivolta verso l’interno del contenitore.

Per quanto riguarda i cordoni lisci, nel confronto su base quantitativa si può in primo luogo sottolineare come la loro incidenza sia di gran lunga superiore (il 57,5% del gruppo a) di quanto non si osservi a Coppa Nevigata, dove la loro presenza si attesta intorno al 30%. Parallelamente, si può osservare un’analogia con il campione dei frammenti decorati da Monteroduni, dove i cordoni lisci costituiscono la quasi totalità degli elementi decorativi (13/16), ancora una volta a suggerire che si possa trattare di una differenza stilistica regionale. Più nel dettaglio, quanto alla la loro resa stilistica, i frammenti decorati con cordoni lisci organizzati a formare motivi più complessi sembrano ben inquadrarsi in una fase recente del Subappenninico: sotto questo aspetto il confronto più vicino, basato sull’analisi di una sequenza stratigrafica, è ancora quello di Coppa Nevigata, dove queste forme sono appunto attestate esclusivamente nei livelli del Subappenninico Recente. Nel dettaglio, numerosi motivi trovano confronto in quest’ultimo come in altri contesti più o meno distanti: a Coppa Nevigata sono infatti attestati la coppia di cordoni lisci paralleli (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 25.11, 34.1), il motivo con andamento a ferro di cavallo (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 19.1) e infine quello ad angolo retto (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 35.1). Il cordone su cui si innesta un elemento semicircolare (Copat e Danesi supra - Figure 6.1; 40.3; 41.2), come descritto sopra in relazione alle forme, trova inoltre confronto, oltre che a Coppa Nevigata (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 30.8, 35.2), nei livelli superiori di Monteroduni (Cazzella et al. 2005: fig. 8.2) e in Abruzzo a Badia di Schiavi (Di Fraia 2004: fig. 1.7; Di Fraia e Menicagli 2006: fig. 4.8). Il cordone ondulato (Copat e Danesi supra - Figura 36.3), spesso comunque non ben individuabile per lo stato frammentario in cui si trova il materiale, è anch’esso presente tra i materiali del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 35.5), tra le decorazioni dai siti abruzzesi di Badia di Schiavi e di Monte Pizzuto (Di Fraia e Menicagli 2006: figg. 7.4; 8.37) e da Monteroduni (Cazzella et al. 2005: 414, D4). In un ambito territoriale più ampio il cordone che si interseca con uno obliquo vede esemplari affini, oltre che a Coppa Nevigata (Cazzella e Recchia 2012a: tav. 27.9), anche nelle Marche a Cortine di Fabriano (Damiani 2010: fig. 15.5) e in Romagna a Santa Maria in Castello (Vigliardi 1968: fig. 5.5).

Un’analoga considerazione può essere fatta anche per le decorazioni plastiche più semplici e meno diagnostiche, come ad esempio le bugne. Su base quantitativa, così come a Coppa Nevigata, si tratta di elementi comunque numericamente poco rappresentati. Tuttavia, come in molti altri casi, l’incidenza percentuale osservata a Coppa Nevigata per questo tipo di decorazione è ben superiore (il 4,3% contro il l’1,1% di Oratino dai livelli di uso delle piastre). Pur non essendo un elemento particolarmente significativo da un punto di vista cronologico, gli autori osservano come sembri essere più caratteristica del periodo in esame la sua applicazione su carene ed elementi di presa, evidenza che trova conferma anche nel campione di Oratino, con un caso di bugna applicata sulla carena di un’olla biconica (Copat e Danesi supra - Figura 52.1) e in un caso su un’ansa a nastro (Copat e Danesi supra – Figura 54.3). Ancora una volta, per incidenza, la situazione di Oratino appare più simile a quella Monteroduni, dove queste decorazioni sono assenti (se pure in un campione limitato). Analoghe proporzioni si osservano per le applicazioni plastiche: l’1,9% a Coppa Nevigata e l’1,5% a Oratino). Nell’ambito di questi elementi, il caso delle borchie anseriformi presso gli attacchi degli elementi di presa (Copat e Danesi supra - Figure 33.6; 61.2) rimanda molto più chiaramente (rispetto alle altre forme meno diagnostiche) a un orizzonte cronologico subappenninico, anche quando rinvenute fuori contesto, senza tuttavia confronti puntuali in letteratura, soprattutto quando impostate verticalmente all’attacco inferiore dell’elemento di presa.

Per i cordoni con impressioni digitali, il confronto quantitativo vede, diversamente da quelli lisci, un’incidenza percentuale maggiore a Coppa Nevigata (il 35,7% contro il 12% dei livelli del gruppo a). La minore incidenza di questo tipo di elementi si inquadra anch’essa bene nell’ambito di una fase avanzata del Subappenninico, quando, almeno per quanto emerge dalla sequenza del sito adriatico, essi diminuirebbero progressivamente nel tempo (anche se la loro presenza 121

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche non appare residuale), in accordo con una proposta avanzata anche per Monteroduni, dove essi sono del tutto assenti. In quest’ultimo caso, gli autori hanno infatti proposto che tale mancanza (insieme a quella delle decorazioni su orlo) potesse essere spiegata con l’ipotesi che i cordoni lisci subentrino a quelli impressi nella fase recente del Subappenninico; tuttavia gli stessi autori non escludono che essa possa essere messa in relazione ai fattori connessi con la variabilità stilistica nell’ambito dello stesso sito, dato che i materiali dei livelli superiori sono pertinenti tutti a un’unica struttura. Dal confronto con i materiali di Oratino quest’ultima ipotesi sembra più probabile, pur tuttavia in una cornice in cui in questo specifico ambito regionale i cordoni con impressioni digitali potrebbero essere meno frequenti rispetto ad altri contesti coevi.

e Calcara (Gravina 1998), insieme ad alcuni più vicini alla costa tirrenica, quali Avella loc. Fusaro e Montagna Spaccata (Albore Livadie 1986; Albore Livadie et al. 2008). Si era poi osservato un minor grado di affinità con i siti di Coppa Nevigata, con quelli dell’alto corso del Fortore (Mulino Dabbasso e Casale de’ Maria – Gravina 2001; 2006), con lo stesso sito molisano di Petrella Tifernina, più orientato verso la costa adriatica (Barker 1976), e infine, verso SW, con il sito di San Giovanni a Sarno (Marzocchella 1986). Il risultato di questa analisi è stato letto alla luce del ruolo chiave delle aree interne nei fenomeni di trasmissione dell’informazione, senza che la catena appenninica risulti un elemento di separazione naturale tra costa adriatica e costa tirrenica4 (Puglisi 1956). A un’analisi più di dettaglio, nell’associazione tra forme e motivi decorativi, il campione di Oratino (per il quale le forme riconoscibili decorate sono tuttavia abbastanza poche) trova invece i confronti più stringenti solo con alcuni contesti della Puglia settentrionale. È questo il caso, ad esempio, della scodella più che emisferica decorata con elementi triangolari concentrici (Copat e Danesi supra - Figura 29.11), attestata anche a Mulino Dabbasso (Gravina 2003: fig. 9.1), Madonna di Ripalta (Nava 1984: fig. 137) e Canne (Nava 1984: fig. 127). Caratteristico è inoltre il probabile motivo a spirale a nastro intagliato quadrangolare, elemento attestato con una certa frequenza nell’area della Daunia, come a Piano Navuccio, Lucera e Trinitapoli (Macchiarola 1987: tav. 34.3; Gravina 2012: fig. 2.16; Cataldo 1999: tav. X.1), nell’ambito dei quali l’esemplare da Oratino (Copat e Danesi supra - Figura 47.3) trova puntuale confronto, anche per la forma su cui esso è attestato, con quello proveniente da Lucera (Copat e Danesi 2017).

Per quanto riguarda i cordoni decorati con tacche, anche in questo caso essi rivelano un’incidenza più significativa a Coppa Nevigata (maggiore del 4%) rispetto a Oratino, dove dai livelli delle piastre essi raggiungono appena l’1,5%. Si tratta comunque di elementi poco rappresentati e, forse, poco significativi. Si può ancora una volta segnalare la maggiore presenza di alcuni elementi decorativi nel sito di Coppa Nevigata nel caso delle solcature e delle scanalature, rappresentate in ben oltre il 7% dei frammenti decorati e con una discreta variabilità stilistica. Anche a Monteroduni questo tipo di decorazioni sembra essere altrettanto poco rappresentato, con un frammento. Per quanto riguarda infine le decorazioni che più chiaramente inquadrabili nell’ambito della tradizione appenninica, esse, come sopra descritto sono rappresentate con un’incidenza “anomala” nel sito di Oratino, anche dai livelli di uso delle piastre di cottura (con il 15,8% dei frammenti decorati), tanto da spingere a una riflessione più ampia anche rispetto agli elementi non chiaramente attribuibili a quell’orizzonte. Per confronto, nel sito di Coppa Nevigata essi rappresentano appena l’1% dei frammenti decorati, mentre a Monteroduni è presente solo un frammento.

Varia Gli elementi in ceramica non vascolare, legati alle attività di preparazione, cottura, tessitura e filatura, andranno considerati soprattutto in relazione alla possibilità di comprendere meglio le specifiche attività condotte in questo momento in quest’area del sito, piuttosto che a un loro inquadramento stilistico (Copat infra: 341-343).

Per meglio inquadrare le caratteristiche di queste decorazioni in un contesto territoriale più ampio, si riportano le conclusioni raggiunte nello studio sopra citato (Ruggini e Copat 2013: fig. 7; Copat et al. 2012: fig. 6), in cui era stata presentata un’analisi complessiva del grado di affinità tra coppie siti, nel territorio compreso tra Puglia, Molise e Campania, sulla base della presenza/ assenza dei diversi elementi decorativi e della loro incidenza percentuale (Figura 2). Questa analisi aveva messo in evidenza la forte affinità tra il campione delle ceramiche appenniniche decorate da Oratino, in termini di elementi usati, con i siti dell’area interna appenninica, come con il sito della Starza di Ariano Irpino (Albore Livadie 1991-1992; Macchiarola 1987)

Un tentativo in tal senso può essere forse fatto solo in relazione agli elementi legati alla tessitura: da un punto di vista più strettamente tipologico, le due fuseruole discoidali e le due troncoconiche si inquadrano bene nel patrimonio anche stilistico del Subappenninico Recente, così come quelle biconiche. Le altre forme, provenienti dai livelli superficiali (quella con carena

Per una discussione in proposito, un analogo tentativo è stato effettuato, anche da chi scrive, sulla ceramica dipinta della facies di Castelluccio (Copat et al. 2008; Copat 2020).

4 

122

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione

Figura 2. Diagramma di flusso ottenuto dai risultati della cluster analysis sulla base dell’indice di similarità nell’uso degli elementi decorativi nei diversi siti (da Copat et al. 2012: fig. 6).

smussata e sfaccettature, quella biconica convessa e quella a botte) sono di difficile definizione cronologica. Sono elementi raramente pubblicati ed è quindi difficile fare confronti tipologici precisi. Tuttavia la presenza nei livelli subappenninici delle fuseruole coniche trova confronto (anche per dimensioni) con quanto riportato per Coppa Nevigata (Recchia 2012b: fig. 4.6-8), dove,

su base stratigrafica, si afferemerebbero a partire dall’Appenninico Recente. Si nota tuttavia in generale una certa varietà di forme, con esempi anche di variabilità locale: a parte le biconiche, quelle discoidali appaiono più schiacciate che negli altri siti. Si tratta nel complesso, come abbiamo avuto modo di sottolineare sopra, di elementi molto piccoli, tanto da 123

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche fare pensare che in alcuni casi si possa trattare di vaghi di collana. La presenza di fuseruole molto leggere era stata già segnalata per il sito di Fonte Tasca, riferibile al Bronzo Finale (Mistretta 2004) e, più recentemente, per il sito di Coppa Nevigata (Recchia 2012b: 163). Tuttavia, già J. Barber aveva sottolineato come, anche se più infrequente, il peso leggero, insieme all’ampiezza del foro che avrebbe ospitato il fuso, sarebbe compatibile, in accordo con alcuni studi di carattere etnografico, con la lavorazione di filati molto sottili (Barber 1991: 51-52). Tale ipotesi è accolta per Fonte Tasca anche da V. Mistretta, suggerendo che questi manufatti possano essere connessi con la lavorazione delle fibre del lino, particolarmente sviluppata nel territorio chietino fino a tempi recenti. Per un territorio limitrofo al sito di Oratino, tale ipotesi troverebbe un riscontro nei resti paleobotanici del sito dell’età del Bronzo di Petrella Tifernina, nella media valle del Biferno (Barker 1995a: 164), anche se non confermata dal seppur ricco campione paleobotanico di Oratino (D’Oronzo infra: 286-287). Il frammento di rocchetto decorato a incisione, anch’esso probabile elemento residuale, proviene invece da uno dei livelli del gruppo b. È improbabile che si tratti di un elemento connesso con le attività svolte nell’area: la presenza della decorazione, che lo accomuna ad altri elementi rinvenuti ad esempio a Coppa Nevigata per l’Appenninico (Boccuccia e Recchia 1998), potrebbe essere un indizio che si tratti di un elemento residuale, in accordo con quanto si è osservato per questo gruppo stratigrafico.

leggermente rientrante. Il complesso delle scodelle con profilo continuo non articolato (incluse quelle non ben orientabili) costituisce ben il 52,7% delle forme aperte nei livelli del gruppo a, mentre, in quelli del gruppo b si pone al 46,3%. Sono inoltre meglio rappresentate nei livelli d’uso delle piastre le scodelle con bordo rientrante distinto e le olle ovoidali con collo. Nell’ambito degli elementi di presa, prevalgono in questo insieme i manici con grande foro e apici cornuti e, in minor misura, gli elementi crestati, le anse a nastro insellate, le anse a bastoncello e le appendici anseriformi. Tra le decorazioni risultano essere maggiormente rappresentate, rispetto ai livelli del gruppo b, i cordoni lisci, le solcature e, in minor misura, le applicazioni plastiche di vario tipo. Viceversa sono più rappresentati nei livelli del gruppo b tutti quegli insiemi per i quali la presenza di elementi residuali è più evidente, più altri per i quali un’interpretazione in tal senso è più difficoltosa: per quanto riguarda le forme aperte si tratta delle scodelle curvilinee con labbro, delle scodelle carenate con parete concava svasata e, in minor misura, di quelle con profilo spezzato e parete rettilinea. Per quanto riguarda le forme chiuse, si registra invece una più ampia gamma di forme, da quelle ovoidali a quelle biconiche, piriformi, o semplicemente a spalla tesa, con collo. Infine, tra gli elementi di presa hanno invece una maggiore incidenza i manici a nastro forato, mentre tra le decorazioni, sono più rappresentati per questi livelli i frammenti con decorazione appenninica, i cordoni con impressioni digitali e, in minor misura, le bugne.

Considerazioni conclusive

Come già specificato, e in particolare per alcuni di questi insiemi (come per le scodelle curvilinee con labbro, quelle carenate a parete concava, ma soprattutto per i frammenti decorati di tradizione appenninica e i manici a nastro) è chiara la loro intrepretazione come elementi residuali più antichi. La loro maggiore incidenza nei livelli del gruppo b porta a pensare che in questi livelli, formatisi nell’ambito di momentanei abbandoni dell’area, lo scivolamento dall’alto di elementi residuali più antichi possa essere stato più frequente, anche se non mancano fenomeni di ripescaggio anche nei livelli del gruppo a. Sempre da attribuire al medesimo fenomeno è forse la maggiore incidenza dei cordoni con impressioni digitali, anche se in quest’ultimo caso si tratta di elementi comunque poco diagnostici.

Nel complesso dunque, nell’ambito della sequenza stratigrafica, si può osservare una differente distribuzione di forme, elementi di presa e decorazioni, da mettere in relazione a diversi ordini di fattori, quali da una parte la presenza di elementi residuali relativi alla frequentazione del sito nel corso dell’Appenninico e dall’altra una possibile selezione di forme nell’ambito delle ceramiche provenienti dai livelli di uso delle piastre. Queste ultime sembrano comunque più attendibili nella definizione degli elementi stilistici in uso presso questa comunità nel corso dell’ultimo momento di frequentazione del sito e possono essere utili a individuare la presenza di eventuali tratti regionali. Nel confronto tra i due insiemi di materiali (gruppo a e gruppo b) sono state individuate sopra alcune differenze che mettono in luce i fenomeni sopra descritti. Riassumendo, tra gli elementi stilistici che risultano meglio rappresentati nei livelli di uso delle piastre troviamo, tra le forme aperte, le scodelle con profilo continuo non articolato, a calotta ed emisferiche, e, in minor misura, quelle con bordo rientrante e

Per le altre forme, la disomogeneità nella distribuzione nella sequenza stratigrafica rimane di difficile interpretazione: su questa sembra avere in parte inciso anche la presenza di una selezione di quelle destinate a specifiche attività nei livelli di uso delle piastre, che rimane uno dei fattori operanti nella composizione di questi campioni. L’analisi funzionale dei contenitori 124

Valentina Copat: Livelli di uso e di abbandono delle strutture di combustione selezione di forme legate alle attività che si svolgevano intorno alle strutture di combustione.

effettuata dopo nel dettaglio e un ulteriore confronto tra materiali provenienti dai livelli di uso e quelli provenienti dai livelli di abbandono potranno meglio chiarire questo aspetto (Copat infra: 144-148).

Per quanto riguarda le forme chiuse, i rapporti proporzionali tra i vari profili rappresentati per Oratino e Monteroduni da una parte e Coppa Nevigata dall’altra sono ancor più dissimili, con una netta prevalenza in quest’ultimo sito delle forme chiuse con profilo non articolato, che complessivamente a Coppa Nevigata costituiscono il 59,3%, rispetto a quelle con collo, che invece si pongono al 39,9%. Queste ultime rappresentano invece a Oratino il 91,7%. Sotto questo aspetto, l’affinità con Monteroduni, dove le olle con collo sono la quasi totalità delle forme chiuse (12/13) fa pensare che anche in questo caso possa trattarsi di un tratto stilistico regionale6 e si confermerebbe nella versione con collo delle cosiddette situle, che di solito hanno profilo non articolato. Tuttavia, non si può escludere che abbiano influito anche fattori funzionali, legati alle specificità dei piani di uso delle strutture di combustione.

Se si considera invece solo la composizione delle ceramiche provenienti dai livelli di uso delle piastre, pur nella possibilità che si tratti di una selezione (in parte “disturbata” da elementi residuali), nel confronto con altri siti, e in particolare con i materiali del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata e di Monteroduni, si possono avanzare ulteriori considerazioni. Da una parte infatti il patrimonio delle forme è altamente confrontabile non solo rispetto alla presenza/assenza di specifici elementi, ma spesso anche in relazione alla loro incidenza percentuale5. Si osservano però alcune differenze che, piuttosto che avere un significato cronologico, sembrano individuare ambiti regionali in parte stilisticamente differenziati tra l’area interna appenninica e quella adriatica costiera. Tuttavia, trattandosi nel caso di Monteroduni di un campione numericamente ridotto, proveniente inoltre da un’unica struttura, non si può escludere che le diversità osservate non siano invece da imputare alle specificità funzionali dei due insiemi. Il patrimonio stilistico delle ceramiche rinvenute a Oratino condivide con quello delle ceramiche di Monteroduni, rispetto a quelle di Coppa Nevigata, l’alta incidenza delle forme a profilo continuo (e in particolare delle scodelle con bordo rientrante e leggermente rientrante) rispetto a quelle carenate, con un rapporto inverso. Le prime costituiscono a Oratino e a Monteroduni rispettivamente il 52,7% e l’85% circa, mentre a Coppa Nevigata la loro incidenza è del 35%. Le scodelle carenate, che a Coppa Nevigata costituiscono circa 50% delle forme aperte sono invece rappresentate a Oratino per il 25%, mentre a Monteroduni sono assenti. La presenza, nel primo caso, di elementi residuali anche nei livelli di uso delle piastre nell’ambito dell’insieme delle scodelle carenate, porterebbe i due siti molisani ad avvicinarsi ulteriormente sotto questo punto di vista.

Anche per gli elementi di presa, il confronto operato sia sulla base della loro presenza/assenza che su quella della relativa incidenza percentuale tra Oratino, Coppa Nevigata e Monteroduni fa emergere nel complesso alcune caratteristiche specifiche dei contesti interni appenninici, almeno per questo ambito territoriale. A Oratino infatti si osserva in generale una più alta incidenza di alcuni elementi diagnostici, quali quelli “crestati” e i manici con largo foro. Per questi sembra inoltre potersi sottolineare una maggiore variabilità stilistica nella loro realizzazione e forse anche la presenza di elementi più elaborati. Tale situazione è ben comparabile con quanto si osserva a Monteroduni, delineando ancora quella che sembra essere una caratteristica regionale. A questo proposito si vuole sottolineare, come ulteriore ipotesi di lavoro, come da una parte gli elementi di presa con orientamento verticale, caratterizzati dalla tipica costolatura mediana e, dove meglio conservati, dalla presenza di beccucci e/o sopraelevazioni, siano attestati, a Oratino e a Monteroduni e diversamente da quanto attualmente noto in letteratura, solo su forme con profilo continuo non articolato. Viceversa i manici con grande foro e comunque dalle forme elaborate, che in letteratura non sono mai attestai su scodelle curvilinee o con bordo rientrante, sono attestate negli stessi siti anche in associazione con queste forme.

Rimane di più difficile interpretazione la maggiore incidenza delle forme curvilinee con labbro rispetto agli altri due siti: il 15% a Oratino contro il 3% di Monteroduni e appena l’1% di Coppa Nevigata. Questa potrebbe essere attribuita alla presenza di elementi residuali anche nei livelli di uso delle piastre, ma non è da escludersi che su questo abbia influito anche una

Per quanto riguarda invece le sopraelevazioni, e con un comportamento in qualche modo inverso rispetto agli elementi sopra descritti, a Coppa Nevigata si osserva una loro maggiore incidenza, oltre che una più alta variabilità stilistica. Nei siti molisani, esse si limitano

Proprio per la presenza di elementi residuali anche tra le ceramiche provenienti dai livelli di uso delle strutture di combustione, l’incidenza percentuale delle forme e degli elementi che meglio si inquadrano nell’ambito del Subappenninico Recente deve considerarsi leggermente sottostimata rispetto al patrimonio che doveva essere contemporaneamente in uso. Viceversa, anche per i materiali provenienti da questi livelli, gli insiemi in cui è stato riconosciuto un maggior numero di elementi residuali, al tempo stesso rappresentati in proporzioni maggiori nei livelli del gruppo b, sembrano essere sovrarappresentati.

5 

Questa evidenza potrebbe inoltre accordarsi con le osservazioni recentemente avanzate per i materiali di Punta Zambrone (Jung et al. 2015: 61-67).

6 

125

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche infatti alle capocchie bilaterali e alle sopraelvazioni a lobo (solo a Oratino), mentre a Coppa Nevigata nei livelli del Subappenninico Recente è attestata una più ampia varietà di forme (con sopraelevazioni a corna di lumaca, queste ultime attestate a Oratino dai livelli superficiali, a corna taurine o a flabello).

come indicato anche dalle datazioni radiometriche (Copat supra: 12), ottenute dai livelli immediatamente precedenti a quelli di uso di quest’area all’aperto per attività di preparazione e trasformazione degli alimenti. In proposito, merita un breve commento il rinvenimento del frammento di un’olla con decorazione dipinta di tipo protogeometrico japigio, la cui collocazione stratigrafica, in uno dei livelli più alti della sequenza (fase III 6b), sovrapposti agli ultimi piani di frequentazione connessi con l’uso delle strutture di combustione, sembra essere coerente con questo quadro (Copat e Danesi supra - Figura 53.4). Il deposito attribuito alla fase III 6b risulta tuttavia conservato solo per alcuni lembi di terreno, disturbati in età storica e difficilmente leggibili, che proseguono in sezione al di sotto della cinta muraria di epoca sannitica (Copat supra: 26). Essi hanno restituito scarsi materiali e non è dunque possibile valutare a pieno eventuali diverse caratteristiche delle ceramiche ad essi pertinenti. Tuttavia, anche se il frammento sopra citato potrebbe rimandare a una frequentazione del sito anche nel corso del Bronzo Finale, cui questa classe di materiali viene tradizionalmente attribuita, non sembra improbabile che possa ancora collocarsi al termine della sequenza subappenninica, non essendo chiari gli indizi di una frequentazione successiva neanche tra i materiali residuali nei livelli di età storica e superficiali, che sono nel complesso significativi da un punto di vista quantitativo. Un parallelismo potrebbe provenire ancora dalla sequenza di Coppa Nevigata, dove un frammento con decorazione di tipo protogeometrico è stato rinvenuto anche in questo caso alla fine della sequenza subbappenninica, in un livello pertinente al Subappenninico Recente 2b, rinvenimento che porta gli autori a suggerire che tali produzioni possano avere avuto inizio nel corso del XII sec. a.C. (Cazzella e Recchia 2012a: 62).

Le semplici prese hanno un’incidenza di molto inferiore a Oratino rispetto a Coppa Nevigata. Tuttavia, come osservato dagli stessi autori, le oscillazioni relative a questi elementi potrebbero essere dovute non tanto a questioni stilistiche legate alla cronologia dei contesti o alla collocazione geografica, quanto alla connotazione funzionale degli stessi, poiché per lo più associate a contenitori di forma chiusa. In questo specifico confronto, dunque potrebbe influire la maggiore incidenza delle olle con profilo non articolato, spesso associate a prese, rispetto a quelle con collo, per le quali, come abbiamo visto sopra, nel sito di Oratino si osseva un comportamento molto differenziato: il fattore stilistico e quello funzionale sembrano variamente intrecciati. Per quanto riguarda le decorazioni, come spiegato sopra, un comportamento regionale, condiviso tra Oratino e Monteroduni, potrebbe risultare anche dalla generale la scarsità di impessioni semplici e quella di cordoni con impressioni digitali (che potrebbero essere sovrarappresentati a Oratino per la possibile presenza di elementi residuali), così come, viceversa, la maggiore frequenza dei cordoni lisci. Infine, i vari tipi di solcature sembrano essere molto meno utilizzate nei siti interni rispetto a quanto si osserva a Coppa Nevigata, a favore più in generale delle decorazioni plastiche. Nel complesso, la produzione ceramica dei livelli della fase III del sito di Oratino - La Rocca rimanda a un momento piuttosto avanzato del Subappenninico,

126

Analisi funzionale delle forme ceramiche dal sito di Oratino – La Rocca: caratteristiche complessive e individuazione di attività in posto Valentina Copat La situazione descritta per l’ultima fase di frequentazione del sito della Rocca di Oratino, con la presenza di sei piani funzionali sovrapposti, per i quali si riconoscono tracce di attività all’aperto legate all’uso del fuoco (piastre di cottura, focolari etc.) e l’eccezionale quantità di materiali ceramici rinvenuti (circa 1.900 frammenti, solo per i livelli subappenninici in posto e in un deposito relativamente limitato – Copat e Danesi supra: 27-28), oltre ai numerosi resti bio-archeologici, ha senza dubbio costituito uno stimolo per un’analisi integrata dei dati a disposizione (Copat infra: 291-349).

indicatori riferibili alla funzione pratica dei recipienti (relativi alle caratteristiche morfologiche e tecniche), mettendo di volta in volta in evidenza la possibilità di svolgere o meno attraverso di essi determinate azioni, utili o necessarie al compimento di specifiche attività. Le azioni considerate significative sono quelle relative alla possibilità di accesso diretto al contenuto, con o senza attingitoi, di bere o versare (o viceversa proteggere), di coprire o di chiudere in modo stabile un contenitore, di prenderlo con una o con due mani (valutandone dunque la maneggevolezza), di appenderlo o di sospenderlo e infine quella di attingere attraverso di esso vari tipi di sostanze da un contenitore più grande.

In via preliminare, per quanto riguarda le ceramiche si propone qui un’analisi morfologica e funzionale dei contenitori rinvenuti nel sito, utile nelle successive elaborazioni a comprendere meglio le attività svolte in relazione alle strutture di combustione. L’analisi è stata condotta tuttavia su tutti i contenitori che finora sono stati oggetto di studio, sia quelli provenienti dai piani funzionali (fase III 1a-6a) che su quelli provenienti dai livelli ad essi frammisti e dai livelli storici e superficiali, per avere un campione quanto più ampio a disposizione. Si tratta in tutto di 383 contenitori di cui 2911 relativi a forme aperte e 922 relativi a forme chiuse. Nell’ambito del più ampio campione dei frammenti disponibili relativi a forme ricostruibili, questi sono quelli per i quali sia stato possibile determinare la variabile dell’ampiezza dell’imboccatura e il cui profilo fosse sufficientemente orientabile. Il risultato di tale analisi verrà successivamente letto insieme agli altri elementi disponibili.

Tuttavia, un’analisi completa della funzione dei vasi risulta senza dubbio facilitata dallo studio di esemplari integri o interamente ricostruibili, mentre in questo caso si dispone per lo più di materiali in stato frammentario, anche se in buono stato di conservazione, per cui possono essere desunti solo alcuni elementi3. In questa sede, dunque, non è stato possibile valutare complessivamente l’intera gamma di elementi morfologici utili a una classificazione di questo tipo (ad esempio per la lacuna negli elementi di presa o per l’impossibilità di effettuare un’analisi volumetrica di dettaglio), ma sono stati presi in considerazione, di volta in volta, solo alcuni degli elementi utili alla definizione del tipo di utilizzo e delle sostanze al cui trattamento essi erano più probabilmente destinati, restituendo tuttavia un’indicazione di massima per la comprensione delle attività svolte. L’analisi dimensionale dei contenitori presentata sopra (Copat e Danesi supra: 28-31), deducibile per i frammenti per i quali l’ampiezza dell’imboccatura fosse ricavabile, costituisce un punto di partenza per questa successiva elaborazione. È chiaro come essa non sia del tutto sufficiente a determinare le dimensioni complessive del recipiente, possibile solo attraverso un’analisi volumetrica di dettaglio: a parità di ampiezza dell’imboccatura infatti, di caso in caso, le quantità di sostanze contenute potrebbero essere anche molto

Tale classificazione parte dal presupposto che la funzione primaria dei recipienti ne determini in una certa misura la forma, la capacità e la presenza di elementi connessi all’uso (come anse, prese etc.): essa prende le mosse dalla proposta avanzata a suo tempo da G. Recchia per un consistente insieme di contenitori ceramici dell’età del Bronzo da contesti dell’Italia meridionale (Recchia 1997) ed è volta in particolare all’individuazione degli Ai 290 contenitori presentati nei grafici in Copat e Danesi supra: 2930, se ne aggiunge uno, caratterizzato dalla presenza del labbro, con diametro non ben determinabile, comunque superiore ai 30 cm. 2  Agli 87 contenitori presentati nel grafico in Copat e Danesi supra: 30 se ne aggiungono cinque le cui dimensioni sono state stimate sulla base dell’ampiezza del diametro massimo, essendo l’imboccatura non conservata. 1 

Per i criteri qui utilizzati si rimanda anche a Bietti Sestieri et al. 2002, dove è stato considerato anche materiale in stato frammentario, e ai precedenti tentativi effettuati sempre sulle ceramiche di Oratino, ma per insiemi più ridotti o per altri contesti (Copat 2015, 2018; Copat et al. 2017; Copat e D’Oronzo 2021a; Copat e Recchia 2003; Recchia et al. 2008).

3 

127

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche diverse. La maggior parte dei contenitori qui considerati è tuttavia troppo frammentaria perchè si possa avviare un’analisi di questo tipo, ma per alcuni di essi, anche se non conservati fino al fondo, si è tentato comunque di ricavare un’indicazione di massima. A tal fine si è tenuto conto dell’andamento del profilo dei contenitori, non nel dettaglio della loro resa stilistica, ma in relazione al loro possibile sviluppo in altezza: al di là dei fattori più propriamente stilistici, l’andamento del profilo può infatti aiutare a definire contenitori più o meno fondi, che, a parità di diametro all’imboccatura, potrebbero rimandare a quantità diverse, incidendo a volte in modo significativo sulla funzione dei recipienti (come nella valutazione della loro manegevolezza o del tipo di contenuto che più probabilmente erano idonei a contenere). Lo stesso tipo di profilo può inoltre ricorrere in “taglie” diverse, riconducibili a diverse modalità di svolgere un’analoga funzione (ad esempio consumo individuale o collettivo). Questo tentativo è stato più agevole nel caso dei contenitori di forma aperta, per i quali più facilmente se ne può intuire lo sviluppo in altezza, mentre, per i contenitori di forma chiusa esso è risultato più difficoltoso: questi ultimi sono infatti raramente conservati fino alla loro massima espansione, senza che se ne possa determinare lo sviluppo del corpo. Parallelamente, l’analisi dell’articolazione dell’imboccatura ha permesso di formulare qualche ipotesi circa il tipo di sostanza eventualmente trattata, proponendo una distinzione tra i contenitori maggiormente idonei a contenere liquidi e quelli presumibilmente più adatti per semisolidi: nel primo caso ricadono i frammenti per i quali la fuoriuscita del contenuto risulti favorita, ad esempio, per la presenza del labbro o, nel caso dei contenitori di forma chiusa, per quelli che presentano un collo estroflesso (che abbiamo visto essere la maggior parte nell’insieme delle ceramiche di Oratino); nel secondo caso ricadono i contenitori a profilo rientrante per cui questa azione non sembra agevolata. Non sono state prese in considerazione, a parte qualche eccezione, le caratteristiche strettamente stilistiche dei contenitori, che sono da considerarsi trasversali alla funzione dei recipienti.

del tipo di profilo)4, quelli ancora idonei al consumo individuale, ma anche ad attività di preparazione e trasformazione (classe B – con valori fino ai 17 cm, per tutti i tipi di profilo) e infine quelli per la preparazione, la trasformazione e il consumo collettivo (classi C e D, da mettersi forse in relazione alla presenza di diverse modalità di svolgimento delle medesime funzioni: uno con diametro compreso tra 17 e 27/30 cm; un altro con diametro >27-30 cm). Ricordiamo che tali cesure non sono risultate del tutto coicidenti per i tre grandi insiemi di contenitori definiti sopra sulla base delle caratteristiche della parte superiore del contenitore: scodelle con labbro o con parete superiore concava, scodelle con bordo rientrante e infine con profilo continuo non articolato. I tre insiemi vengono dunque trattati separatamente. Oltre a indicare una differenza nella manifattura, essi corrispondono, dal punto di vista funzionale, a un diverso grado di facilità nell’azione del bere e del versare, che è favorita nel primo, difficile nel secondo e infine non particolarmente agevolata nell’ultimo, anche se non impossibile (Tabella 1). Per i contenitori di forma chiusa, la frequente lacuna dell’elemento di presa rende più difficile un’interpretazione funzionale di dettaglio. La posizione dell’elemento di presa risulta infatti significativa per distinguere i contenitori idonei alla funzione della conservazione (che devono potere essere chiusi e dunque non presentare un elemento di presa impostato sull’orlo) da quelli che invece non lo sono. Nel complesso, ai contenitori di più piccole dimensioni, di classe A, con diametro inferiore ai 10 cm, sono state attribuite la funzione del consumo individuale, oltre che quella della conservazione, a seconda delle caratteristiche dei singoli frammenti; ai contenitori di maggior dimensioni, dalla classe B alla classe D, pure nelle relative specificità, possono essere attribuite le funzioni possibilli della cottura, della preparazione e del consumo, presumbilmente collettivo. L’attribuzione della funzione della conservazione è invece subordinata, come spiegato sopra, alla conoscenza della posizione dell’elemento di presa. Per i contenitori più grandi, di classe E, anche il consumo collettivo sembra essere più difficoltoso, ad esempio nel senso della mescita di sostanza liquide, ma la loro funzione sembra meglio individuabile ancora nella cottura/preparazione e nella conservazione, a seconda delle diverse caratteristiche (Tabella 2).

In senso funzionale, la scansione sopra riportata in classi dimensionali definite sulla base degli abbassamenti delle curve di frequenza dei valori (Copat e Danesi supra: 28-31) non definisce dunque solo classi di grandezza, ma anche diversi gradi di possibilità di accesso al contenuto (ad esempio assente, possibile con una o due mani o infine attraverso altri contenitori).

Forme aperte. Contenitori che permettono l’azione del bere/versare I contenitori caratterizzati da un’articolazione dell’imboccatura tale da permettere la possibilità

Per le forme aperte tale scansione ha permesso in primo luogo di distinguere i contenitori maggiormente idonei per il consumo individuale (quelli di classe A, con diametro all’imboccatura 4000 ml

n.d.

XVI

2

>29 cm

E

?

n.d.

XVII

5

>29 cm

E

> 15000 ml

n.d.

VII

8-10 cm

ansa verticale su parete

Funzione attribuibile

Gruppo morfologico

Tabella 2. Forme chiuse. Caratteristiche dei gruppi morfologici.

n.d.

elemento di presa su parete?

consumo individuale/conservazione (?) di liquidi consumo individuale/conservazione (?) di liquidi consumo collettivo, preparazione e cottura di aridi e semisolidi consumo collettivo, preparazione, cottura e conservazione di liquidi, aridi e semisolidi

consumo collettivo, preparazione, cottura e conservazione (?) di liquidi, aridi e semisolidi preparazione e cottura di liquidi e semisolidi

consumo collettivo, preparazione, cottura e conservazione (?) di liquidi, aridi e semisolidi

consumo collettivo, preprazione, cottura di liquidi, aridi e semisolidi consumo collettivo, preparazione, cottura e conservazione di liquidi, aridi e semisolidi

consumo collettivo, preparazione, cottura e conservazione (?) di liquidi, aridi e semisolidi

preparazione, cottura e conservazione (?) di liquidi, aridi semisolidi conservazione?

arrotondato (Copat e Danesi supra - Figura 37.2), che è stata comunque inclusa in questo gruppo: malgrado l’articolazione dell’imboccatura, le ridotte dimensioni rendono anche in questo caso agevole l’azione del versare. Il corpo di questi contenitori è raramente conservato a sufficienza perchè si possa valutare nel dettaglio il dato relativo alla capacità, che tuttavia sembra porsi porre per tutti al di sotto dei 500 ml circa.

all’imboccatura più alti dei gruppi precedenti (classe A2), tra gli 8 e i 10 cm. È rappresentato anch’esso da un unico contenitore (Figura 5.V; Copat e Danesi supra - Figura 52.2), per il quale è conservato l’attacco di un elemento di presa su orlo. Simile dal punto di vista funzionale al gruppo III, ma più grande (con valori intorno ai 350 ml), anch’esso sembra potere essere idoneo al consumo individuale di piccole quantità di sostanze liquide.

Consumo collettivo, preparazione, cottura e conservazione (classe B)

Gruppo VI - Come per il gruppo IV, questo è costituito da materiali per i quali non è nota la posizione dell’elemento di presa, con 13 contenitori con vari tipi di profilo, ma caratterizzati sempre dalla presenza del collo, che consente la possibilità di versare il contenuto (Figura 5.VI; - Figure 37.2; 39.1; 40.2; 41.1-2; 45.1; 47.1,3; 48.3-4; 52.1). Si tratta dunque di contenitori per i quali è genericamente attribuibile la funzione del consumo, mentre quella della conservazione non è determinabile. Fa eccezione una piccola olla a spalla tesa con orlo

Un ulteriore insieme è costituito dai contenitori di forma chiusa che ricadono nella classe dimensionale B, con un diametro all’imboccatura che oscilla tra gli 11 e i 17 cm. Essi per quantità trattate e possibilità di accesso al contenuto sono più probabilmente idonei al consumo collettivo (nel senso della mescita, nei casi in cui sia presente il collo), alla cottura e forse anche alla conservazione, funzione determinabile solo 139

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 5. Esempi di contenitori di forma chiusa che ricadono nei gruppi morfologici I-X.

quando si conosca la posizione dell’elemento di presa. Si tratta in tutto di 25 contenitori6, all’interno dei quali possono distinguersi quattro gruppi morfologici, proprio sulla base della presenza/assenza e della posizione dell’elemento di presa. I valori volumetrici

dovrebbero porsi tutti tra 1 e 2 litri, anche se alcuni frammenti potrebbero essere relativi a contenitori più capienti, non individuabili a causa del cattivo stato di conservazione. Gruppo VII - Ricadono in questo gruppo sei contenitori con collo, che conservano l’elemento di presa su orlo. Essi sono dunque idonei al consumo collettivo di sostanze liquide, alla preparazione e alla cottura di

Anche in questo caso, rispetto al grafico in Copat e Danesi supra: 30 se ne aggiungono due le cui dimensioni sono state stimate rispetto al diametro massimo.

6 

140

Valentina Copat: Analisi funzionale delle forme ceramiche dal sito di Oratino – La Rocca capacità non è determinabile, ma potrebbero arrivare fino a 8 litri (un vaso ben conservato, che si pone su valori di diametro all’imboccatura intremedi rispetto a quelli qui considerati, ha una capicità di circa 6-7 litri).

vari tipi di sostanze, ma non alla conservazione (Figura 5.VII: Copat e Danesi supra - Figure 39.3; 41.4,6; 46.5; 52.3; 53.2). I valori di capacità, laddove determinabili, oscillano tra 1,2 e i 2 litri ca. A giudicare dai pochi casi per i quali quest’ultima variabile sia determinabile, essi risultano dunque ben più capienti degli omologhi gruppi III e V.

Gruppo XI - È costituito da due contenitori stilisticamente abbastanza diversi tra loro, ma le cui caratteristiche morfologiche li rendono entrambi idonei allo svolgimento della medesima funzione (Figura 6.XI; Copat e Danesi supra - Figura 37.4; 43.1). In entrambi i casi, la presenza di almeno un elemento di presa sull’orlo impedisce le azioni del coprire o del chiudere, rendendo improbabile una loro destinazione funzionale per la conservazione, ma più plausibile quella per la preparazione e la cottura di vari tipi di sostanze. Anche il consumo collettivo, nel senso della mescita, sembra potere essere escluso, in un caso per l’assenza del collo e per l’andamento rientrante della parte superiore del vaso, nell’altro per la presenza di due anse a maniglia contrapposte su orlo, che rende difficile l’azione del versare.

Gruppo VIII - Questo gruppo è costituito da un solo contenitore, caratterizzato, come il precedente, dalla presenza di un elemento di presa impostato sull’orlo. Tuttavia, il tipo di terminazione dell’imboccatura, con profilo rientrante e assenza di collo, non permette un’agevole fuoriuscita del contenuto. Questo rende più difficoltosa l’azione del versare e dunque del consumo collettivo nel senso della mescita di sostanze, in particolare di liquidi. Esso risulta dunque più probabilmente idoneo alla sola funzione della preparazione e della cottura (Figura 5.VIII; Copat e Danesi supra - Figura 37.1). Gruppo IX - Si tratta di due contenitori (Figura 5.IX; Copat e Danesi supra - Figura 48.5), per i quali è conservato un elemento di presa sulla parete. A differenza dei precedenti, essi risultano dunque presumibilmente idonei anche alla conservazione, oltre che al consumo collettivo, alla preparazione e alla cottura. Non sono valutabili nel dettaglio i valori di capacità, che comunque sembrano ricadere nell’intervallo descritto per i gruppi precedenti.

Gruppo XII - È un gruppo costituito da 17 contenitori caratterizzati dalla presenza del collo, ad agevolare l’azione del versare, ma che non restituiscono mai indicazioni sull’elemento di presa, per cui l’eventuale funzione della conservazione rimane indeterminata, analogamente ai gruppi costituiti da contenitori più piccoli (IV, VI e IX) - (Figura 6.XII; Copat e Danesi supra – Figure 38.2; 39.5; 40.7; 41.8; 44.3; 45.2; 47.4-5; 48.2,7; 50.1,3-4). Questi contenitori risultano pertanto utili almeno alle funzioni della cottura e preparazione e del consumo collettivo. I valori di capacità sembrano sempre comunque superiori ai 3 litri.

Gruppo X - È un nutrito insieme di 16 contenitori, per i quali non è conservato l’elemento di presa, che quindi potrebbero ipoteticamente ricadere nei gruppi VII o VIII, in relazione alla possibilità o meno di essere coperti o chiusi e dunque di potere essere destinati alla funzione della conservazione. Essi presentano vari tipi di profilo e diverse rese stilistiche del collo, ma con proporzioni analoghe nella forma (Figura 5.X; Copat e Danesi supra - Figure 39.4; 40.3-6; 41.3,5,7; 44.1-2,4; 46.1; 48.6; 50.2). A causa dello stato di frammentarietà della maggior parte di essi, in pochi casi possono essere stimati valori di capacità, anche se essi nel complesso non sembrano superare la soglia dei 3 litri.

Consumo collettivo, preparazione, cottura e conservazione (classe D) Un successivo insieme è costituito dai contenitori che ricadono nell’intervallo dell’imboccatura tra i 22 e i 26 cm (classe D). Essi potrebbero avere valori di capacità in parte sovrapposti con quelli del gruppo dimensionale precedente. Tuttavia, l’accesso al contenuto sembra più agevole, così come la relativa manipolazione, anche con due mani, risulta più facilitata rispetto a quelli con imboccatura più stretta. L’accesso potrebbe inoltre essere possibile anche attraverso altri contenitori, come piccoli attingitoi. Per questi sono stati individuati tre gruppi morfologici.

Consumo collettivo, preparazione, cottura e conservazione (classe C) Un successivo nucleo di contenitori, in tutto 187, si pone nell’intervallo tra i 17 e i 21 cm (classe C). Anche in questo caso i gruppi morfologici, due in tutto, sono stati distinti sulla base della presenza/assenza dell’elemento di presa e della sua posizione. I valori volumetrici sembrano porsi dai tre litri in su, mentre il termine superiore di

Gruppo XIII - Questo gruppo è rappresentato da un unico contenitore (Figura 6.XIII; Copat e Danesi supra Figura 42.1), abbastanza ben conservato, probabilmente idoneo al consumo collettivo, alla preparazione e alla cottura, mentre la presenza dell’elemento di presa sull’orlo non ne consente l’uso per la conservazione. Presenta valori di capacità, per la porzione conservata, superiori ai 4 litri.

All’insieme rappresentato nel grafico a in Copat e Danesi supra: 30 si aggiunge qui un unico contenitore con diametro all’imboccatura non determininabile.

7 

141

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 6. Esempi di contenitori di forma chiusa che ricadono nei gruppi morfologici XI-XIII.

142

Valentina Copat: Analisi funzionale delle forme ceramiche dal sito di Oratino – La Rocca Gruppo XIV - Si tratta di un unico contenitore, molto ben conservato (Figura 7.XIV; Copat e Danesi supra Figura 43.2), per il quale non sono attestati elementi di presa: la porzione conservata dell’orlo, quasi integro, rende improbabile che l’eventuale elemento di presa fosse impostato proprio sull’orlo. Si tratta probabilmente di un vaso utile per la funzione della conservazione (il collo svasato inoltre favorisce una possibile chiusura con pelle/tessuto), oltre che del consumo collettivo, della preparazione e della cottura, con valori di capacità intorno agli 8 litri, dunque comunque, a differenza dei precedenti, maneggiabile almeno con due mani.

Preparazione, cottura e conservazione (classe E) È un piccolo gruppo di contenitori che presenta valori dell’imboccatura superiori ai 29 cm, fino a un massimo documentato di 38 cm, con un accesso al contenuto ancora più agevole, anche se a fronte di una minore manegevolezza, che non consente in tutti i casi di sollevarli, soprattutto se pieni. La funzione del consumo collettivo per questo motivo sembra essere più difficoltosa, mentre più probabili sembrano la preparazione, la cottura e la conservazione (classe E). Gruppo XVI - Questo gruppo è costituito da soli due contenitori, con l’imboccatura molto ampia, ma che l’andamento del profilo suggerisce che non fossero stati molto profondi (Figura 8.XVI; Copat e Danesi supra - Figura 38.4-5). L’accesso al fondo e non solo al contenuto sembra infatti possibile, non solo con le mani ma anche con altri strumenti. Questo li rende idonei non solo cottura, ma anche alla preparazione e al trattamento di diversi tipi di sostanze. La funzione della conservazione è indeterminabile per l’assenza di indicazioni sull’elemento di presa, così come la capacità.

Gruppo XV - È costituito dai restanti contenitori (16 in tutto), che tuttavia sono molto frammentari, per cui non è stato possibile determinare la possibilità che fossero o meno utilizzati anche per la conservazione. Inoltre, i valori volumetrici non sono mai definibili, ma per proporzioni non sembrano distanti da quanto osservato per i gruppi XIII e XIV (Figura 8.XV; Copat e Danesi supra - Figure 39.6; 40.8-9; 42.2-3; 44.5-6; 46.3-4; 47.2; 50.5; 51.1-2; 53.3).

Figura 7. Esempio di contenitore di forma chiusa che ricade nel gruppo morfologico XIV.

143

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 8. Esempi di contenitori di forma chiusa che ricadono nei gruppi morfologici XV-XVII.

Gruppo XVII - Si tratta di cinque contenitori di grandi dimensioni (Figura 8.XVII; Copat e Danesi supra Figura 42.4; 45.4; 47.6; 51.3), per i quali non è mai determinabile l’informazione su eventuali elementi di presa. Nel caso meglio conservato si arriva a una misura di circa 15 litri per la metà del vaso: si tratta dunque di quantità in ogni caso abbastanza elevate che li rende poco maneggevoli, non idonei per la mescita, ma piuttosto per la conservazione, anche se non può essere verificata in questi casi la possibilità di chiuderli in modo stabile.

frammisti (contrassegnati dalla lettera b), potrebbero in parte dipendere dalla selezione di forme legate alle attività che si svolgevano nell’area intorno alle piastre di cottura, che comunque già di per sè rimandano alla preparazione e alla trasformazione di sostanze alimentari. Il confronto tra i due gruppi è comunque reso difficoltoso da una parte per il fatto che i livelli di accumulo sono comunque l’esito del rimaneggiamento dello stesso deposito, dall’altra per la presenza, discussa in precedenza, di elementi residuali più antichi (Copat supra: 103-126).

Una selezione di forme per i livelli di uso delle piastre di cottura

Se si guarda dunque alle forme aperte in relazione alle funzioni rappresentate (Tabella 3), a prescindere dal tipo di sostanza cui esse sembrano maggiormente idonee, si può osservare una prevalenza, anche se non netta, dei contenitori destinati al consumo collettivo e alla preparazione tra le ceramiche rinventute nei piani di uso delle strutture, con il 52,3% dei

Come già descritto nel capitolo precedente, alcune differenze ossevate tra le ceramiche provenienti dai livelli di uso delle piastre di cottura (contrassegnati dalla lettera a) e quelle provenienti dai livelli ad essi 144

Valentina Copat: Analisi funzionale delle forme ceramiche dal sito di Oratino – La Rocca con il 57,9%, piuttosto che nei livelli del gruppo b, dove costituiscono il 47,1%8.

%

Forme aperte dai livelli frammisti ai piani di uso (gruppo b) %

TOTALE

TOTALE

Forme aperte dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione

consumo collettivo e preparazione

%

consumo individuale e preparazione

Forme aperte dai livelli di uso delle piastre di cottura (gruppo a)

consumo individuale

Tabella 3. Forme aperte. Distribuzione dei contenitori nei gruppi stratigrafici in base alla funzione.

18

33

56

107

16,8

30,8

52,3

2

4

16

9,1

18,2

72,7

8

18

25

15,7

35,3

49,0

28

55

97

Come accennato sopra, la situazione sopra descritta potrebbe essere in qualche modo influenzata dalla maggiore presenza di elementi residuali nei livelli del gruppo b. La maggiore incidenza di contenitori con labbro nei livelli di accumulo tra le piastre di cottura è già stata messa sopra in relazione, nell’analisi delle caratteristiche stilistiche del materiale, proprio al fenomeno di ripescaggio di elementi più antichi. Se da una parte non si può escludere che tale evidenza possa condizionare questo risultato, l’osservazione analitica dell’incidenza dei diversi gruppi morfologici nei due diversi insiemi stratigrafici porta tuttavia a fare ulteriori considerazioni (Tabella 5). Si può infatti osservare come, diversamente dalla tendenza generale, nell’ambito dei diversi gruppi morfologici maggiormente idonei al trattamento di sostanze liquide (I-VI), alcuni siano comunque più rappresentati nei livelli di uso delle piastre, secondo quella che sembra essere comunque una selezione di forme utili allo svolgimento delle attività che venivano praticate. Sono infatti più rappresentati i gruppi I e VI, mentre viceversa risultano quasi assenti nei livelli delle piastre i piccoli attingitoi (gruppo IV) e generalmente più rappresentati nei livelli di accumulo i gruppi II e III. Allo stesso modo, nell’ambito dei contenitori che sembrano idonei al trattamento di una più ampia gamma di sostanze, liquide e semisolide (e che compredono al loro interno ancora quelli con labbro o parete concava – VII-XIII) prevalgono nei livelli di uso delle piastre le scodelle più fonde (gruppi X e XII) e quelle molto grandi di classe D (XIII), probabilmente destinate a specifici usi.

22

51 180

contenitori attribuibili ai gruppi morfologici, contro il 49% nei livelli di abbandono. Quelli presumibilmente idonei al solo consumo individuale presentano una lieve maggiore incidenza nei livelli di uso delle piastre di cottura (con il 16,8% contro il 15,7% nei livelli di accumulo), mentre viceversa i recipienti utilizzabili sia per il consumo individuale che per la preparazione presentano un’incidenza maggiore nei livelli del gruppo b (35,3%), piuttosto che in quelli di uso delle piastre (30,8%).

Nell’ambito infine dei contenitori destinati al consumo e/o alla preparazione di sostanze semisolide, nel complesso prevalenti nei livelli di uso delle strutture di combustione, degna di nota sembra tra tutte la maggiore incidenza del piccoli contenitori destinati al consumo individuale (gruppi XIV e XV, che abbiamo spiegato come in qualche caso siano talmente piccoli da suggerire un loro utilizzo come “mestoli”), quella delle scodelle con imboccatura molto ampia e scarso sviluppo in altezza (gruppi XXII e XXIII), mentre i grandi contenitori fondi che, più che per il consumo collettivo, sembrano essere idonei esclusivamente alla preparazione e forse anche alla cottura delle sostanze in esse contenute, sono quasi del tutto assenti nei livelli di accumulo (XXI e XXIV).

Una differenza più marcata può essere invece sottolineata in relazione al tipo di sostanza trattata (Tabella 4). I contenitori per i quali si è ipotizzato un loro migliore utilizzo per il trattamento delle sostanze liquide (gruppi I-VI) risultano infatti prevalenti nei livelli di accumulo frammisti a quelli di uso delle piastre, con il 27,5%, piuttosto che in questi ultimi (20,6%). Allo stesso modo sono prevalenti nei livelli del gruppo b, con il 25,5%, le scodelle con labbro o con parete concava di più grandi dimensioni, per le quali il trattamento di sostanze liquide sembra essere in qualche modo favorito dal tipo di terminazione dell’imboccatura, ma che per dimensioni e facilità di accesso sembrano potere essere utilizzate agevolmente soprattutto in relazione a sostanze semisolide (gruppi VII- XIII). Queste ultime costituiscono invece il 21,5% nel campione delle ceramiche dai livelli delle piastre di cottura. Per quanto riguarda infine i contenitori maggiormente idonei al consumo e al trattamento delle sole sostanze semisolide, essi sono viceversa prevalenti nei livelli di uso delle piastre di cottura,

Tale incidenza, valutata solo sulla base dei contenitori per i quali è stato possibile proporre una destinazione funzionale, è in ogni caso sottostimata, dato l’alto numero di casi di scodelle a profilo continuo, con bordo rientrante e leggermente rientrante, con diametro all’imboccatura e orientamento non ben determinabile, pertanto non inclusi nei gruppi morfologici e che potranno essere considerati in un secondo momento (Copat supra: 105, Tabella 1).

8 

145

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Tabella 4. Forme aperte. Distribuzione dei contenitori nei gruppi stratigrafici in base alla sostanza presumibilmente trattata. Forme aperte idonee al trattamento di liquidi (gruppi I-VI)

Forme aperte idonee al trattamento di semisolidi (gruppi XIV-XXIV)

Forme aperte idonee al trattamento di semisolidi e semisolidi (gruppi VII-XIII)

TOTALE

22

62

23

107

20,6

57,9

21,5

17

5

-

77,3

22,7

14

24

13

27,5

47,1

25,5

36

103

41

Forme aperte dai livelli di uso delle piastre di cottura (gruppo a) %

Forme aperte dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione (gruppo a) %

Forme aperte dai livelli frammisti ai piani di uso (gruppo b)

%

TOTALE

22

51

180

Tabella 5. Forme aperte. Distribuzione di dettaglio dei gruppi morfologici nei gruppi stratigrafici. Gruppo morfologico I

Forme aperte dai livelli di uso delle piastre di cottura (gruppo a) 3

% 2,8

Forme aperte dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione (gruppo a)

Forme aperte dai livelli frammisti ai piani di uso (gruppo b)

% -

II

3

2,8

4

7,8

IV

2

1,9

4

7,8

VI

4

3,7

VIII

4

3,7

III V

VII IX X

XI

XII

XIII

XIV

5 5 2

3

6

2

2

4

7

XV

10

XVII

9

XVI

XVIII XIX XX

XXI

XXII

XXIII

XXIV

TOTALE

7

7

1

3

1 7

7

3

107

4,7

3

4,7

2

1,9

1

2,8

2

5,6

1,9

1,9

1

6,5

2

3,7

1

9,3

6,5

1

8,4

5

6,5 0,9

2

2,8

2

0,9

1

3

5

2

5,9 3,9 2,0

5,9

9,8

3,9 -

2

3,9

1

2,0

3

5,9

1

4

-

2,0

7,8

8

15,7

2

3,9

2 1

3,9

2,0 -

6,5

3

2

3,9

2,8

1

1

2,0

6,5

1

22

146

51

-

Valentina Copat: Analisi funzionale delle forme ceramiche dal sito di Oratino – La Rocca piccoli, maggiormente idonei al consumo individuale di sostanze liquide, costituiscono infatti il 20,5% nei livelli di uso delle piastre e il 33,3% in quelli ad essi frammisti. Inversamente, i contenitori idonei al consumo collettivo/cottura costituiscono nel complesso il 79,5% di quelli rinvenuti in associazione con le piastre e solo il 66,7% di quelli pertinenti ai momenti in cui l’area era in disuso (Tabella 6).

Forme chiuse dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione Forme chiuse dai livelli frammisti ai piani d’uso (gruppo b) %

TOTALE

TOTALE

%

consumo collettivo/ cottura/conservazione

Forme chiuse dai livelli di uso delle piastre di cottura (gruppo a)

consumo individuale/ conservazione

Tabella 6. Forme chiuse. Distribuzione dei contenitori nei gruppi stratigrafici in base alla funzione.

8

31

39

20,5

79,5

1

7

8

8

16

24

33,3

66,7

17

54

Inoltre, nel dettaglio dei gruppi morfologici (Tabella 7), i contenitori per i quali con più probabilità si può suggerire la funzione della conservazione, per la presenza di un elemento di presa impostato sulla parete, sono stati esclusivamente rinvenuti nei livelli delle piastre (gruppi II e IX), anche se quest’ultima evidenza potrebbe essere riferita al maggior numero di frammenti che compongono questo campione e al loro migliore stato di conservazione.

71

Nel complesso, l’insieme delle ceramiche rinvenute nei livelli di uso delle piastre sembra dunque essere in parte l’esito di una selezione di forme destinate principalmente al consumo collettivo e alla preparazione e cottura, maggiormente orientato alle sostanze semisolide piuttosto che liquide, anche se un confronto più puntuale andrebbe operato con livelli coevi dallo stesso sito diversamente caratterizzati a livello funzionale, che non si esclude possano essere messi in luce in future ricerche.

Per quanto riguarda invece le forme chiuse, oltre alla loro maggiore incidenza, rispetto alle forme aperte, nell’insieme delle ceramiche nei livelli di uso delle piastre, si può osservare una prevalenza dei contenitori di maggiori dimensioni, più idonei al consumo collettivo, alla preparazione e alla cottura di quantità di sostanze medie o grandi. I contenitori più

Tabella 7. Forme chiuse. Distribuzione di dettaglio dei gruppi morfologici nei gruppi stratigrafici. Gruppo morfologico

Forme chiuse dai livelli di uso delle piastre di cottura (gruppo a)

%

I

1

2,6

III

1

2,6

II

1

2,6

IV

1

2,6

VI

VII

4

2

10,3

IX

2

5,1

V

VIII X

XI

XII

XIII

XIV XV

17,9

9

23,1

1

2,6

1

TOTALE

39

XVII

1

-

7

Forme chiuse dai livelli frammisti ai piani di uso (gruppo b)

%

2

8,3

2,6

1 2

-

1 1

2,6

1

8

147

-

-

2

8,3

3

12,5

1

5,1

20,5

XVI

1

-

8

1

Forme chiuse dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione (gruppo a)

4,2 -

3

12,5

7

29,2

4

16,7

1

4,2

1 24

-

4,2

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Inoltre, al di là di questo quadro di insieme, il dettaglio della distribuzione spaziale dei diversi frammenti e delle associzioni sia con i differenti tipi di strutture di combustione che con altri tipi di manufatti e con i

resti bio-archeologici, permetterà di osservare alcune disomogeneità che mettono in luce la presenza di attività differenziate, sia nell’ambito di uno stesso piano che tra i differenti piani funzionali (Copat infra: 291-349).

148

Catalogo delle ceramiche Si presenta qui il catalogo dettagliato delle ceramiche provenienti dai livelli subappenninici in posto e residuali dai livelli di età storica e superficiali. Per ogni frammento, contrassegnato da un numero, è indicato l’anno di rinvenimento (A), il quadrato (Q), l’US e il subquadrato di riferimento, quando sia stata effettuata la raccolta sulla base di una griglia di 1x1m (q). Per le forme è poi indicata, dove determinabile, la classe dimensionale (CD) e il gruppo morfologico (GM). La posizione degli elementi di presa e delle decorazioni, laddove non indicata, è da intendersi come non determinabile. Le figure di riferimento sono in Copat e Danesi supra. Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 6b A

Q

US

q

n

Forma/elemento morfologico

2010

C4F

724

3782

scodella troncoconica fonda, orlo tagliato obliquamente

2010

C4F

732

4156

scodella a calotta/emisferica, orlo ispessito internamente

2010

C4F

732

4157

2010

C4F

724

2010

C4F

2010

CD

GM

Fig.

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

fig. 6.9

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

B2

XVI

3769

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C2

XVIII

732

4167

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

C4F

740

3791

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato sia all'interno che all'esterno

n.d.

n.d.

2010

C4F

732

4158

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2010

C4F

740

3792

scodella emisferica/più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2010

C4F

732

4159

scodella carenata a parete concava svasata, orlo arrotondato

B

IV

2010

C4F

724

3783

scodella carenata

n.d.

n.d.

2010

C4F

729

4154

scodella carenata

n.d.

n.d.

2010

C4F

729

4153

olla biconica, collo n.d.

plastica: bugna conica, isolata, sulla carena

A2

VI

fig. 52.1

dipinta: serie (?) di coppie di linee tremule sul collo; decorazione metopale sulla spalla; banda orizzontale tra il labbro e il collo; linea tremula orizzontale marginata da bande sull’attacco della spalla

-

-

fig. 53.4

2009

C4B

616

3031

olla n.d., collo cilindrico convesso e labbro imbutiforme

2010

C4F

724

3768, 3770, 37723773

orlo arrotondato (4 frr.)

2010

C4F

740

37883789

orlo arrotondato (2 frr.)

2010

C4F

732

4166

orlo arrotondato

2009

C4B

616

3311

orlo tagliato obliquamente

2009

C4B

615

3285

orlo piatto espanso esternamente

2009

C4B

616

3312

accenno di labbro

2010

C4F

714

37503751

labbro svasato (2 frr.)

2010

C4F

724

3780

labbro svasato

2010

C4F

732

4160

labbro svasato

2010

C4F

714

3754

labbro imbutiforme

Elementi di presa

Decorazioni

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di ansa a nastro, su orlo

149

fig. 14.4

fig. 31.10

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 6b 2010

C4F

732

4164

labbro imbutiforme

2010

C4F

732

4165

collo cilindrico, orlo arrotondato

2010

C4F

724

3775

collo svasato

2010

C4F

729

4155

collo svasato

2010

C4F

732

4163

collo svasato

2010

C4F

740

3802

collo n.d.

2010

C4F

732

4171

orlo n.d.

2010

C4F

732

4172

ansa a nastro

2010

C4F

732

4173

ansa a nastro che termina a bastoncello

2010

C4F

732

4168

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2010

C4F

732

4169

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2010

C4F

724

3784

ansa a maniglia di forma quadrangolare, sezione subcircolare

2010

C4F

724

3785

manico n.d.: apice corto a sezione quadrangolare leggermente ritorto

2010

C4F

724

3786

presa a lingua triangolare con vertice arrotondato, sulla parete

2010

C4F

714

3746

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2010

C4F

724

37643767

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (4 frr.)

2010

C4F

714

37443745

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2010

C4F

732

4176

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

ansa a nastro, su orlo

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 6a A

Q

US

q

n.

Forma/elemento morfologico

Elementi di presa

2008

C4B

441

o

2008

C4B

460

2008

C4B

2008

2977

scodella a bordo leggermente/rientrante, orlo tagliato obliquamente

attacco di elemento di presa, su orlo

p

2973

scodella emisferica, labbro svasato

attacco di elemento di presa, su orlo

441

o

2981

scodella più che emisferica, labbro n.d.

C4B

441

o

2975

olla ovoidale, orlo arrotondato

attacco di elemento di presa, su orlo

2008

C4B

441

o

2979

orlo arrotondato

attacco di elemento di presa, su orlo

2010

C4F

753

3793

collo imbutiforme

2008

C4B

441

o

2978

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2008

C4B

441

o

2980

ansa a nastro, sulla parete

2008

C4B

440

p

2971

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

2008

C4B

441

o

2983

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2010

C4F

780

3796

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

150

Decorazioni

excisione: serie orizzontali di grossi punti excisi, sulla parete interna del labbro

CD

GM

Fig.

n.d.

n.d.

A2

II

fig. 26.3

B

V

fig. 29.5

C

XI

fig. 37.4

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 5a A

Q

US

2009

C4B

2008

q

n.

Forma/elemento morfologico

Elementi di presa

645

3554

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

attacco di elemento di presa, su orlo

C4G

439

2990

2008

C4G

467

b

2008

C4B

467

2008

C4G

467

2005

C4K

2005

CD

GM

Fig.

C2

XXIII

fig. 9.2

scodella a calotta/emisferica, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

2994

scodella a calotta/emisferica, orlo n.d.

n.d.

n.d.

p

3000

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

B2

XVI

b

2992

scodella a bordo leggermente/rientrante, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

26

31

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

C4K

26

68

scodella più che emisferica, labbro svasato

n.d.

n.d.

2005

C4K

30

71

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

B

VII

2005

C4K

30

76

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2009

C4B

645

3320

scodella carenata a parete concava leggermente rientrante, orlo arrotondato

A2

III

fig. 32.2

2009

C4B

645

3319

scodella carenata a parete concava leggermente rientrante, orlo arrotondato

B

VI

fig. 32.7

2005

C4K

30

553

scodella carenata a parete concava verticale/svasata, orlo n.d.

A2

III

fig. 32.6

2008

C4G

472

2986

scodella emisferica/più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2009

C4B

645

3327

scodella emisferica/bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto

n.d.

n.d.

2008

C4B

467

3004

scodella carenata

n.d.

n.d.

2010

C4F

472

4186

scodella carenata

n.d.

n.d.

2009

C4B

645

3321

scodella carenata

n.d.

n.d.

2005

C4K

30

275

olla ovoidale, collo svasato

plastica: bugna conica, isolata, sulla parete

B

X

fig. 41.3

2008

C4G

467

2998

olla ovoidale, collo n.d.

plastica: applicazione plastica ellissoidale, presso l’attacco di elemento di presa

n.d.

n.d.

fig. 45.3

2005

C4P

29

536

orlo arrotondato

a

p

b

2005

C4L

26

549

orlo arrotondato

2005

C4K

37

559

orlo arrotondato

2008

C4G

467

2993

orlo arrotondato

2010

C4F

472

4188

orlo arrotondato

2009

C4B

645

3314, 3315

orlo arrotondato (2 frr.)

2010

C4F

786

3797

orlo arrotondato

2005

C4K

26

540, 550

orlo piatto (2 frr.)

2005

C4K

30

560

orlo piatto

2008

C4G

472

a

2987

orlo piatto

2008

C4G

467

b

2991

orlo piatto

2008

C4G

472

c

2989

orlo tagliato obliquamente

2010

C4B

704

3591

orlo tagliato obliquamente

b

Decorazioni

attacco di elemento di presa, su orlo

ansa a nastro a margini appiattiti

151

fig. 18.13

fig. 29.9

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 5a 2005

C4K

26

2008

C4B

467

p

543544

orlo ispessito internamente (2 frr.)

3001

orlo tagliato esternamente

2005

C4K

26

72

accenno di labbro

2009

C4B

645

3316

labbro svasato

2010

C4F

786

3799

labbro svasato

2005

C4K

30

551

labbro n.d.

2005

C4K

29

556

collo svasato

1235

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2008

C4G

439

2008

C4B

472

p

3008

collo imbutiforme

2008

C4B

467

p

2999

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2009

C4B

645

3318

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2005

C4K

26

538539

collo n.d. (2 frr.)

2005

C4P

29

558

collo n.d.

2005

C4K

26

537

ansa a nastro

2010

C4F

472

4187

ansa a nastro

risega orizzontale alla base del collo

2010

C4B

704

3592

ansa a nastro

2009

C4B

645

3329

attacco di ansa a nastro

2005

C4K

30

268

ansa a nastro a margini appiattiti

2008

C4G

472

2988

ansa a nastro a margini appiattiti

2008

C4G

439

2008

C4B

467

2005

C4K

30

2009

C4B

645

2009

C4B

2009

c

1147

orlo n.d.

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana, interna e esterna, che forma un angolo verso l’occhiello, su orlo

fig. 55.12

3002

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva un probabile angolo laterale stondato

552

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

3396

presa a lingua triangolare con vertice arrotondato, sulla parete

645

3322

presa semicircolare, sulla parete

C4B

645

3324

plastica: applicazione anseriforme, presso l’attacco di elemento di presa

2005

C4K

26

69

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4L

26

299

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2008

C4B

472

3006

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

C4B

645

33253326

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4K

30

73

plastica: cordone liscio con andamento a ferro di cavallo, sulla parete

2008

C4B

467

3003

plastica: cordone liscio con andamento a ferro di cavallo, sulla parete

2005

C4K

8+ 30

70

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

p

r

152

fig. 61.2

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 5a 2996

plastica: cordone liscio a faccia piana orizzontale, sulla parete

3397

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

30

75

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, sulla parete

26

300

excisione: excisioni rettilinee concentriche excisione: serie di elementi ad arco a nastro exciso che margina in alto un elemento curvilineo n.d. In alto un elemento n.d., sulla parete

2008

C4G

467

2009

C4B

645

2005

C4K

2005

C4L

r

2005

C4K

30

403

2005

C4K

29

557

collo/labbro svasato

2008

C4B

472

2985

probabile coperchio di bollitoio

e

fig. 62.20

incisione + excisione: zig-zag orizzontale inciso, all’interno del quale sono iscritti piccoli triangoli excisi, con vertici alternati, sulla parete fig. 65.5

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4b A

Q

US

2005

C4F

69

2010

C4F

803

2006

C4G C4F

69

2005

C4P

2008

q

n.

Forma/elemento morfologico

o

161

CD

GM

Fig.

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

B

XX

fig. 8.5

3847

scodella emisferica, orlo piatto

n.d.

n.d.

fig. 10.3

g + r

163

scodella curvilinea fonda, labbro leggermente svasato

A2

II

fig. 12.3

40

c

32

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

C1

XVII

fig. 15.3

C4G

490

b

3023

scodella a bordo rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente

attacco di elemento di presa, su orlo

B1

XV

fig. 18.7

2008

C4G

491

a

3039

scodella a bordo rientrante continuo, orlo piatto, espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

attacco di elemento di presa, su orlo

C1

XVII

fig. 19.1

2008

C4B

490

p

3027

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2010

C4F

803

3851

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2010

C4F

490+ 803 + 799

3896

scodella emisferica, accenno di labbro

B

V

fig. 26.10

2006

C4F

69

1309

scodella emisferica, accenno di labbro

B

V

fig. 26.11

2010

C4F

811

3858

scodella emisferica, accenno di labbro

n.d.

n.d.

fig. 26.7

2005

C4P

40

c

57

scodella emisferica, labbro svasato

B

VII

fig. 26.12

2008

C4G

491

a

3037

scodella emisferica, labbro imbutiforme

C2

XI

fig. 28.5

2010

C4F

490

3897

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2010

C4F

490

3895

scodella carenata a parete concava svasata, orlo arrotondato

B

IV

2010

C4F

482

3894

scodella carenata

n.d.

n.d.

r

Elementi di presa

attacco di elemento di presa, su orlo

153

Decorazioni

fig. 31.8

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4b 2010

C4F

793

3824

scodella carenata

2010

C4F

799

3838

2010

C4F

803

3852

2010

C4F

803

2006

C4F

69

2010

C4F

2005

excisione e punteggio: area campita a punteggio di forma n.d., marginata in alto da una linea orizzontale a nastro exciso, al di sopra della carena

n.d.

n.d.

scodella carenata

n.d.

n.d.

scodella carenata

n.d.

n.d.

3845

olla a spalla tesa, orlo arrotondato

A2

VI

fig. 37.2

1297

olla a spalla tesa, orlo piatto

n.d.

n.d.

fig. 37.3

799

3836

olla ovoidale, breve collo svasato

A1

IV

fig. 40.1

C4K

13+ 40

274

olla ovoidale, breve collo svasato

B

X

fig. 40.6

2010

C4F

490

3899

olla ovoidale, breve collo svasato

D

XV

fig. 40.8

2010

C4F

482

3891

olla ovoidale, collo svasato

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete. Una bugna conica, sul cordone.

B

X

fig. 41.7

2010

C4F

482

3890

olla ovoidale, collo imbutiforme

plastica: cordone liscio, con l’innesto di due elementi semicircolari, alla base dell’elemento di presa

C

XII

2010

C4F

482

3889

olla globulare, collo imbutiforme

C

XII

fig. 47.5

2010

C4F

812

3860

olla a spalla tesa, breve collo imbutiforme

C

XII

fig. 50.3

2010

C4F

490

3898

olla a spalla tesa, collo imbutiforme

B

X

2005

C4G

69

154

olla a spalla tesa, breve collo cilindrico

C

XII

2005

C4K

40

526527

orlo arrotondato (2 frr.)

2006

C4F

69

r

1306, 1308

orlo arrotondato (2 frr.)

2005

C4G

69

f

917918

orlo arrotondato (2 frr.)

2008

C4G

490

b

3022

orlo arrotondato

2008

C4B

490

q

3029

orlo arrotondato

2008

C4G

491

a

3038

orlo arrotondato

2010

C4F

799

38293830

orlo arrotondato (2 frr.)

2010

C4F

803

3854

orlo arrotondato

2010

C4F

812

3859

orlo arrotondato

2010

C4F

482

38823886

orlo arrotondato (5 frr.)

2010

C4F

490

39033904

orlo arrotondato (2 frr.)

2010

C4F

799

3831

orlo piatto

2006

C4F

69

r

1307

orlo tagliato obliquamente

2005

C4G

69

p

929

orlo tagliato obliquamente

2008

C4G

491

d

3048

orlo tagliato obliquamente

2010

C4F

793

3821

orlo tagliato obliquamente

2010

C4F

812

3865

orlo piatto espanso esternamente

2008

C4B

491

3060

orlo tagliato obliquamente, ispessito esternamente e internamente

r

f

r

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sotto l’orlo

attacco di elemento di presa

attacco di elemento di presa, su orlo

excisione: una linea orizzontale, sulla parete

154

fig. 50.4

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4b 2005

C4K

40

528

labbro svasato

2005

C4K

40

3

533

labbro svasato

2005

C4G

69

g

924

labbro svasato

2005

C4G

69

l

926927

labbro svasato (2 frr.)

2005

C4G

69

p

930

labbro svasato

2008

C4B

490

p

3030

labbro svasato

2010

C4F

490

3907

labbro svasato

2010

C4F

490

3913

labbro svasato

2010

C4F

793

3892

labbro svasato

2010

C4F

799

38333834

labbro svasato (2 frr.)

2010

C4F

799

3835

labbro svasato

2010

C4F

812

3861

labbro svasato

2005

C4K

40

547

labbro svasato distinto

2008

C4G

482

a

3013

labbro imbutiforme

39113912

labbro imbutiforme (2 frr.)

2010

C4F

490

2006

C4F

69

r

1303

collo leggermente svasato

2008

C4B

491

r

3059

collo leggermente svasato

2006

C4F

69

r

1304

collo svasato

2005

C4G

69

e

297

collo svasato

2008

C4B

482

p

3010

collo svasato

2008

C4G

482

a

3012

collo svasato

2008

C4G

482

e

3018

collo svasato

2010

C4F

490

39053906

collo svasato (2 frr.)

2008

C4G

491

f

30563057

collo svasato (2 frr.)

2008

C4G

491

e

3051

collo svasato, orlo piatto

2005

C4G

69

f

914

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2008

C4G

491

a

3040

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2010

C4F

482

3887

collo imbutiforme

39003901

collo imbutiforme (2 frr.)

3011

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

excisione: serie di piccoli triangoli excisi con andamento curvilineo, sulla parete

attacco di elemento di presa, su orlo

2010

C4F

490

2008

C4B

482

2010

C4F

803

3846

collo troncoconico, orlo piatto

2005

C4K

40

529

collo n.d.

2008

C4B

490

3032

collo n.d.

2010

C4B

718

3987

collo n.d.

2008

C4B

490

m

3026

orlo n.d.

2008

C4B

490

p

3028

ansa a nastro, sulla parete

2005

C4P

40

c

260

ansa a nastro

2006

C4F

69

n

1293

ansa a nastro

2008

C4G

491

a

3046

ansa a nastro

p

q

risega orizzontale alla base del collo

ansa a nastro, su orlo

155

fig. 63.6

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4b 2010

C4F

799

3840

ansa a nastro

2010

C4F

482

3869

attacco di ansa a nastro

2010

C4F

482

3868

ansa a nastro a margini appiattiti

2010

C4F

490

3929

ansa a nastro a margini appiattiti

2008

C4G

491

3045

ansa a nastro a margini appiattiti

2010

C4F

803

3853, 3855

ansa a nastro a margini appiattiti (2 frr.)

2008

C4G

491

3043

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2010

C4F

482

3870

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

2005

C4G

69

g

923

ansa a maniglia quadrangolare con sezione subcircolare

2008

C4B

490

q

3034

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2010

C4F

793

3819

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2008

C4G

491

d

3050

ansa a maniglia con sezione quadrangolare e margine superiore appiattito

2005

C4G

69+ 25

e

183

2005

C4G

69

f

912

ansa a maniglia a margini appiattiti orizzontalmente, rastremata verso il centro e leggermente insellata

a

a

orlo n.d.

ansa a maniglia con sezione ellissoidale, su orlo

2010

C4F

793

3818

manico a nastro forato con margine superiore n.d. e margini laterali revoluti all’interno, apici n.d., probabilmente impostato su orlo

2010

C4F

799

3841

manico a nastro forato, margini rilevati e appiattiti e apici revoluti, su orlo (1 frammento da attribuire a questa forma)

2010

C4F

490

3922

manico forato, grande foro, margini laterali a bastoncello e attacco di apici n.d.

2008

C4G

491

a

3044

probabile manico forato, grande foro, di cui si conservano i margini a bastoncello

2008

C4B

490

q

3036

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2010

C4F

791

3817

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2010

C4F

812

3863

manico n.d.: 1 frammento di probabile apice cornuto

2010

C4F

812

3867

manico/maniglia: 1 frammento di margine a bastoncello

2010

C4F

799

3842

presa a lingua triangolare con vertice arrotondato, sulla parete

2008

C4G

490

b

3024

presa rettangolare con margini arrotondati, sulla parete

2008

C4B

491

r

3061

presa semicircolare, sulla parete

2010

C4F

482

3871

presa verticale forata longitudinalmente, appiattita sul lato superiore

156

fig. 58.4

excisione: serie di elementi rettangolari excisi, sul margine del manico

fig. 58.5

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete, presso l’attacco di elemento di presa. Un’impressione digitale, sulla presa

fig. 60.10

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4b 2010

C4F

803

3856

2006

C4F

69

r

1299

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

69

f

156

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2010

C4F

482

38723875

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (4 frr.)

2008

C4G

482

3019

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2010

C4F

490

3918

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2008

C4G

491

a

30413042

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2008

C4G

491

d

3049

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2010

C4F

793

3823

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2010

C4F

812

3864

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2008

C4G

491

a

3005

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

2006

C4F

69

r

1298

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2005

C4F

69

o

162

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2005

C4G

69

g

164

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

482

3876

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2008

C4G

491

3053

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

799

3826

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

793+ 780

4023

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

490

3919

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2010

C4F

811

3857

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2005

C4K

40

4028

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4K

40

4

58

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2005

C4G

69

f

155, 158

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4G

69

p

928

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2010

C4F

490

3920

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2010

C4F

799

38273828

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2008

C4G

490

3025

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete, presso l’attacco di elemento di presa

2010

C4F

482

3877

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, sulla parete

e

e

b

appendice anseriforme

157

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4b incisione e punteggio: un quadrato campito da punti, sulla parete

fig. 62.6

2008

C4G

482

e

3021

2006

C4F

69

r

1305

2005

C4F

69

o

920

excisione: probabile elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete

2008

C4G

482

a

3014

excisione: una linea orizzontale, sulla parete

2008

C4G

482

a

3015

excisione: un elemento triangolare associato ad un elemento curvilineo n.d. a nastro intagliato, sulla parete

2008

C4G

482

b

3017

excisione: probabile elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete

fig. 62.13

fig. 62.8

incisione: una linea orizzontale, alla base del collo

collo svasato/labbro svasato

2010

C4F

490

3914

excisione: due linee orizzontali parallele che marginano una serie elementi penduli contrapposti. Più in basso una banda campita da segmenti, sulla parete

2010

C4F

490

3916

excisione: elemento curvilineo n.d. a nastro intagliato, sulla parete

2010

C4F

490

3915

excisione: elemento rettilineo n.d. a nastro intagliato, sulla parete

2008

C4G

490

3392

excisione: una linea orizzontale che margina in alto un elemento curvilineo a nastro intagliato n.d. e un probabile triangolo, sulla parete

2010

C4F

799

3839

excisione: due linee orizzontali parallele, sulla parete

1311

plastica + excisione: bozza con cuppella, marginata da un lato da una linea verticale e da un elemento angolare retto, sulla parete

a

2006

C4F

69

r

2010

C4F

803

4268

vaso cribro

2010

C4F

803

3849

parete irregolare con orlo arrotondato

2010

C4F

490

3923

elemento con grande foro

fig. 62.19

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a A

Q

US

q

n.

Forma/elemento morfologico

Elementi di presa

Decorazioni

CD

GM

C2

XXIV

Fig.

2006

C4G

88

o

1237

scodella troncoconica fonda, orlo piatto

2005

C4G

45+ 66+ 72

g

678

scodella troncoconica fonda, orlo tagliato obliquamente

D

XXIV

2006

C4G

90

q

1459

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

C2

XXIII

2008

C4G

74

c

3066

scodella emisferica, orlo arrotondato

B

XX

fig. 10.2

2006

C4G

72

g

1146

scodella emisferica, orlo arrotondato

B

XX

fig. 10.1

2006

C4G

72

c

1132

scodella emisferica, orlo piatto

C1

XXII

fig. 10.8

2005 2006

C4G

72+ 88

l

287

scodella emisferica, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

fig. 10.5

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana, che forma un angolo con la linea dell’imboccatura, sopraelevazione a capocchia bilaterale, su orlo

158

fig. 7.1

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a D

XXIII

fig. 11.8

scodella emisferica, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

fig. 11.2

33

scodella emisferica, orlo piatto espanso internamente

C1

XXII

fig. 10.12

p

1260

scodella emisferica, orlo piatto, tagliato obliquamente

C1

XXII

38

n

278

scodella emisferica, orlo ispessito internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

n.d.

n.d.

C4K

38 II

i

291

scodella curvilinea fonda, orlo arrotondato

ansa a nastro, su orlo

A2

II

2006

C4G

72

g

1150

scodella a calotta/emisferica, orlo ispessito internamente

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2008

C4G

519

c

2819

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

attacco di elemento di presa, su orlo

A

XIV

2005

C4G

74

214

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

B1

XV

2006

C4G

72

c

1127

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

B2

XVI

fig. 14.8

2005

C4K

38

g + m

301

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

C1

XVII

fig. 15.4

2006

C4L

72

a

1194

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C1

XVII

fig. 15.8

2005

C4K

38

d

44

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C1

XVII

2006

C4G

71

1220

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

A

XIV

2006

C4G

72

1126

scodella a bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

B1

XV

fig. 18.5

2006

C4G

74

1219

scodella a bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

C1

XVII

fig. 19.2

ansa a maniglia di forma quadrangolare, con sopraelevazione che si diparte da uno degli angoli, con cresta mediana interna che forma con la linea dell’imboccatura un angolo, su orlo

C1

XVII

fig. 20.3

2006

C4G

88

o

1236

scodella emisferica, orlo arrotondato

2005

C4L

38

i

45

2005

C4K

38

h

2006

C4G

90

2005

C4K

2005

c

2006

C4G

89

m

1251

scodella a bordo rientrante continuo, orlo n.d.

2006

C4G

89

m

1250

scodella a bordo rientrante continuo, orlo n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

D

XIX

2006

C4L

72

b

1165

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2005

C4K

38

b

495

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2006

C4G

72

m

1139

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4G

89

m

1255

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4G

72

m

1138

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2006

C4G

89

m

1256

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4K

38

m

476

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2006

C4G

72

1205

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

159

fig. 12.2

fig. 13.5

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a 2006

C4L

72

b

1174

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

2005

C4K

38

l

489

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

2006

C4G

88

p

1245

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2005

C4K

38

n

39

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2006

C4G

88

p

1241

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2006

C4G

72

1264

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2006

C4G

72

m

1137

scodella a bordo leggermente rientrante distinto, orlo con cresta mediana

C2

XVIII

fig. 23.10

2005

C4G

75

1

292

scodella a bordo rientrante distinto, alta parete, orlo arrotondato; fondo concavo

A

XIV

fig. 23.3

2006

C4L

72

b

1166

scodella a profilo spezzato, parete verticale, orlo piatto

A

XIV

fig. 24.1

2005

C4K

38

l

93

scodella emisferica, accenno di labbro

B

V

fig. 26.6

2005

C4K

38 II

d

109

scodella emisferica, labbro svasato

C1

VIII

2005

C4K

38 II

q

103

scodella emisferica, labbro imbutiforme

C1

VIII

2010

C4F

523

3932

scodella emisferica, labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura

C1

X

2010

C4F

523

3933

scodella emisferica, labbro svasato distinto

n.d.

n.d.

fig. 27.7

2006

C4G

74

1218

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

B

V

fig. 29.3

2005

C4G

72

157

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

C1

X

fig. 30.1

2005

C4K

38

a

104

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

C1

X

2006

C4F

72

n

1196

scodella carenata a parete concava verticale/svasata, orlo n.d.

B

IV

2005

C4K

38

l

94

scodella carenata a parete concava verticale/svasata, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2006

C4G

75

1785

scodella carenata con parete leggermente rientrante, labbro imbutiforme

C1

IX

fig. 34.5

2008

C4B

500

r

3114

piccolo contenitore fondo a profilo subtroncoconico, accenno di labbro

ansa a nastro, su orlo

A1

I

fig. 36.1

2008

C4B

500

n

3115

piccolo contenitore fondo a profilo globulare, labbro svasato

ansa a nastro, su orlo

A1

I

fig. 36.3

2006

C4G

72

f

1133

scodella carenata

2006

C4G

72

g

1155

scodella carenata

2006

C4G

75

2089

scodella carenata

2010

C4F

523

3939

scodella carenata

2008

C4B

500

3116

olla ovoidale, accenno di collo

ansa a nastro, su orlo

A1

III

fig. 38.1

2006

C4G

74

1212

olla ovoidale, accenno di collo

ansa a nastro con margini appiattiti, sulla parete

A1

II

fig. 38.3

n

attacco di elemento di presa, su orlo

ansa a maniglia a sezione subcircolare, impostata obliquamente, sulla parete

plastica: cordone liscio ondulato, sulla parete

fig. 27.1

fig. 32.12

excisione e punteggio: area campita a punteggio di forma n.d., marginata in alto da una linea orizzontale a nastro exciso, al di sopra della carena

160

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a 2005

C4K

38

d

263

olla ovoidale, breve collo cilindrico

n.d.

n.d.

fig. 39.7

2005

C4K

38

n

469

olla ovoidale, breve collo cilindrico e orlo piatto

A2

VI

fig. 39.1

2005

C4K

38 II

d

65

olla ovoidale, breve collo svasato

B

X

fig. 40.3

2005

C4K

38 II

q

102

olla ovoidale, collo leggermente svasato

A2

VI

fig. 41.1

2006

C4L

90

b

2209

olla ovoidale, collo svasato

B

VII

fig. 41.6

2005

C4G

72

289

olla ovoidale, collo svasato

D

XV

fig. 42.3

2006

C4P

38

2129

olla ovoidale, collo n.d.

E

XVII

fig. 45.4

2010

C4F

523

3936

olla globulare, breve collo cilindrico

D

XV

fig. 46.3

2006

C4G

89

m

1312

olla globulare, collo n.d.

A1

III

fig. 48.1

2005

C4K

38

l

91

olla globulare con collo?

B

X

fig. 48.6

2008

C4G

519

c

3084

olla a spalla tesa, collo n.d.

C

XII

2005 2006

C4G

75

1

302

olla biconica, accenno di collo

B

VII

2005

C4K

38

a

105

orlo arrotondato

2005

C4K

38

b

498

orlo arrotondato

2005

C4K

38

m

336

orlo arrotondato

2005

C4K

38

m

165

orlo arrotondato

2005

C4K

38

n

465, 468, 471

orlo arrotondato (3 frr.)

2005

C4L

38

i

482

orlo arrotondato

2005

C4K

38 II

h

501

orlo arrotondato

2005

C4K

38 II

d

507, 509

orlo arrotondato (2 frr.)

2005

C4K

38 II

c

521

orlo arrotondato

2005

C4F

43

35023503

orlo arrotondato (2 frr.)

2006

C4F

72

n

11981199

orlo arrotondato (2 frr.)

2006

C4G

72

m

1209

orlo arrotondato orlo arrotondato (2 frr.)

b

2006

C4G

72

g

11531154

2006

C4L

72

c

1159

orlo arrotondato

2006

C4L

72

b

1172, 11751176

orlo arrotondato (3 frr.)

2006

C4L

72

c

1163

orlo arrotondato

2006

C4G

88

i

1225

orlo arrotondato

2006

C4L

90

b

2097

orlo arrotondato

2010

C4F

523

3924

orlo arrotondato

2006

C4L

72

b

1173

orlo tagliato obliquamente

2006

C4G

72

m

1143

orlo ispessito internamente

2005

C4K

38

n

466

orlo ispessito internamente

plastica: cordone liscio orizzontale, su cui si innesta un elemento semicircolare, sulla parete

ansa a nastro, su orlo

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

attacco di elemento di presa, su orlo plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

attacco di ansa a nastro, su orlo

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

attacco di elemento di presa, su orlo

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

161

fig. 52.3

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a 2005

C4K

38

h

459

orlo ispessito internamente

2005

C4K

2005

C4K

38

f

60

orlo piatto espanso esternamente

38

h

455

orlo piatto espanso esternamente

2005

C4K

38

l

491

orlo piatto espanso esternamente

2005

C4K

38

p

494

orlo piatto espanso esternamente

2006

C4G

75

2092

orlo piatto espanso esternamente

2010

C4F

523

3931

orlo piatto espanso esternamente

2006

C4G

71

1223

orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura

2006

C4G

75

2090

orlo tagliato esternamente

2005

C4K

38

464

accenno di labbro

2010

C4F

523

3935

accenno di labbro

2005

C4K

38 II

503

labbro svasato

2005

C4K

43

77

labbro svasato

2005

C4K

48

g

531

labbro svasato

2008

C4G

523

b

3094

labbro svasato

2010

C4F

523

3934

labbro svasato

2010

C4F

523

3937

labbro svasato

2010

C4F

822

h

3942

labbro svasato

2005

C4K

38

n

467

labbro svasato distinto

2005

C4K

38

b

497

labbro svasato distinto

2008

C4B

523

p

3091

labbro imbutiforme

2008

C4G

523

b

3093

labbro imbutiforme

2005

C4K

38

m

475

labbro n.d.

n

b

2005

C4K

38 II

b

400

labbro n.d.

2005

C4K

38

d

401

labbro n.d.

2010

C4F

523

3940

labbro n.d.

2010

C4B

523

3593

accenno di collo

2005

C4K

38

276

collo cilindrico, orlo arrotondato

2006

C4G

74

1214

collo cilindrico, orlo arrotondato

2005

C4K

38

e

283

collo cilindrico, orlo piatto

2005

C4K

38 II

l

502

collo cilindrico, orlo piatto

2005

C4K

38 II

g

516

collo cilindrico, orlo piatto

2006

C4G

72

g

1151

collo leggermente svasato

2006

C4G

72

m

1141

collo leggermente svasato

2006

C4G

88

p

1242

collo leggermente svasato

2005

C4K

38 II

c

520

collo svasato

2006

C4G

72

o

1190

collo svasato

2006

C4G

72

m

1142

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2006

C4G

89

m

1263

collo svasato, orlo tagliato esternamente

l

attacco di elemento di presa, su orlo

excisione: una linea orizzontale, alla base del collo/labbro

excisione: una linea orizzontale che margina, in basso, una serie di tacche excise verticali e, in alto, una serie di tacche excise oblique intorno a un motivo exciso n.d.

solcature: una solcatura orizzontale, alla base del labbro

attacco di elemento di presa, su orlo

162

fig. 62.9

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a 2008

C4B

503

n

3063

collo svasato, orlo tagliato esternamente

e

282

collo svasato distinto

2087

collo svasato distinto

2005

C4K

38

2006

C4G

75

2006

C4L

90

b

2096

collo svasato distinto

2005

C4K

38 II

c

519

collo imbutiforme

2006

C4F

72

r

1179

collo imbutiforme

2006

C4G

72

o

1189

collo imbutiforme

2008

C4G

519

c

3076

collo imbutiforme

2008

C4G

523

q

3086

collo imbutiforme

2008

C4B

523

p

3090

collo imbutiforme

2006

C4L

90

b

2095

collo imbutiforme, orlo tagliato obliquamente

2005

C4K

38

m

477

collo troncoconico, labbro imbutiforme

2006

C4L

90

1464

collo troncoconico, labbro imbutiforme

2005

C4K

38

h

265, 456, 460

collo n.d. (3 frr.)

impressa: fila di tacche impresse oblique, su orlo

2005

C4K

38 II

d

508

collo n.d.

2006

C4F

72

n

1197

collo n.d.

2006

C4G

72

c

1128

collo n.d.

2006

C4G

72

p

1313

collo n.d.

2006

C4L

90

1463

collo n.d.

2008

C4G

519

c

3085

collo n.d.

2005

C4K

38

d

462

collo n.d.

2008

C4G

522

6896

collo n.d.

2008

C4B

503

n

3064

orlo n.d.

2005

C4L

38

i

483, 486

ansa a nastro (2 frr.)

2005

C4K

38

m

266

ansa a nastro

2005

C4K

43

561

ansa a nastro

attacco di ansa a nastro, su orlo

ansa a nastro, su orlo

2006

C4G

72

d

1202

ansa a nastro

2006

C4G

72

g

1157

ansa a nastro

2006

C4G

72

l

1187

ansa a nastro

2006

C4G

72

m

1201

ansa a nastro

2006

C4L

72

b

1169, 1170

ansa a nastro (2 frr.)

2006

C4L

72

c

1162

ansa a nastro

2008

C4G

74

c

3067

ansa a nastro

2006

C4G

88

p

1244

ansa a nastro

2008

C4G

519

c

3078

ansa a nastro

2010

C4F

822

h

3943

ansa a nastro

2005

C4K

38

m

472473

ansa a nastro a margini appiattiti (2 frr.)

2006

C4P

38

b

2130

attacco di ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4G

72

g

1158

ansa a nastro a margini appiattiti

163

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a 2846

ansa a nastro a margini appiattiti

3927

ansa a nastro a margini appiattiti

m

277

ansa a nastro insellata

38 II

l

285

ansa a nastro insellata

C4G

90

q

1461

ansa a nastro insellata

2006

C4G

75

2088

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2006

C4G

72

f

1131

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2006

C4G

72

o

1192

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2006

C4G

75

2091

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2008

C4G

519

3081

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2010

C4F

523

3926

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2006

C4G

89

m

1248

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana sia all’interno che all’esterno e margini appiattiti

2005

C4K

38 II

d

506

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a ba-​ stoncello (quando visibile)

fig. 56.1

2006

C4G

88

o

1228

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a ba-​ stoncello (quando visibile)

fig. 56.2

2008

C4G

523

b

3096

ansa verticale con cresta longitudinale mediana che termina a bastoncello ed espansioni coniche laterali a capocchia

fig. 56.10

2005

C4K

38

i

271

attacco di ansa verticale a bastoncello

2006

C4G

72

c

1129

ansa verticale a bastoncello

2006

C4G

89

m

1253

ansa verticale a bastoncello

2006

C4G

88

o

1229

2006

C4G

88

i

1226

ansa a bastoncello con cresta longitudinale mediana, che forma un angolo nella parte superiore

2006

C4G

72

l

1186

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana

2005

C4K

38

i

272

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana, sopraelevazione a capocchia bilaterale, probabilmente impostata su orlo

2005

C4K

38

q

284

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2005

C4K

38 II

g

517

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2005

C4K

38

c

262

ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana, impostata obliquamente

2008

C4B

503

n

3065

ansa a maniglia di forma quadrangolare con sezione subcircolare, sulla parete

2010

C4B

500

3594

ansa a maniglia semicircolare, sezione poligonale, cresta longitudinale sul margine superiore

2008

C4G

101

2010

C4F

523

2005

C4K

38

2005

C4K

2006

l

c

orlo n.d.

ansa verticale a bastoncello con attacco di setto interno, su orlo

164

fig. 55.10

fig. 59.2

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a 2005

C4K

43

2010

C4F

822

2005

C4K

38

2010

2006

2008

2006

C4F

C4G

C4G

C4G C4F

269

manico a nastro forato con margine superiore revoluto all’esterno e margini laterali revoluti all’interno, apici n.d., probabilmente impostato su orlo

o

3947

manico a nastro forato con margine superiore revoluto all’esterno e margini laterali revoluti all’interno, apici n.d., probabilmente impostato su orlo

m

474

manico a nastro forato: 1 frammento con margini rilevati e appiattiti

3928

grande manico forato con margini laterali formanti angolo laterale e attacco di apici, uno in corrisponenza del foro, uno sul margine superiore, in posizione centrale sul margine superiore, su orlo

fig. 57.5

1217

manico con grande foro, di cui si conservano i margini superiori rilevati e appiattiti, apici cornuti a sezione quadrangolare e solcatura longitudinale tra gli attacchi degli apici, su orlo

fig. 57.3

3072

piccolo manico con grande foro, di cui si conservano i margini superiori rilevati e appiattiti, attacco di apici a sezione quadrangolare e solcatura longitudinale tra gli attacchi degli apici, su orlo

fig. 57.4

111

manico con grande foro, attacchi a bastoncello, margini laterali che formano un angolo posteriore, che termina in appendici coniche e, al di sopra del foro, un angolo anteriore che termina con appendici a sezione romboidale, con attacchi di apici a sezione semicircolare, su orlo

fig. 57.7

fig. 57.6

523

74

74

25+ 72

c

r

excisione: un elemento rettangolare exciso, sul manico

fig. 58.1

fig. 58.2

2006

C4G

88

p

1240

manico forato, grande foro, di cui si conserva un margine late-​ rale rilevato appiattito formante un angolo posteriore in corrispondenza della parte superiore del foro, e margine superiore a sezione quadrangolare

2008

C4G

74

c

3071

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2005

C4K

43

270

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2006

C4G

72

i

1193

presa rettangolare con margini arrotondati, sulla parete

2006

C4G

72

g

1145

sopraelevazione a capocchia bilaterale

fig. 59.6

2006

C4G

88

o

1227

sopraelevazione a capocchia bilaterale

fig. 59.11

2005

C4K

38 II

n

264

appendice anseriforme

fig. 60.1

2008

C4G

523

b

3095

appendice anseriforme

2006

C4L

72

c

1160

2005

C4K

38

h

457

impressione: tacche impresse oblique, sulla parete

2010

C4F

523

3941

plastica: applicazione anseriforme, sulla parete

2005

C4K

38

e

267

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4K

38

m

97

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4K

38

q

100

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

orlo n.d.

attacco di sopraelevazione n.d., su orlo

165

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a 2005

C4L

38

i

87

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4K

38 II

g

61

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

72

160

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

72

931

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

72

f

1136

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

72

m

1207

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4L

72

b

11671168

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4G

89

m

1246

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4L

90

c

1467

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2008

C4G

519

c

3083

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2010

C4F

822

o

3944

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4K

38

q

89

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2006

C4L

90

c

1468

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2005

C4K

38

n

107

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2005

C4K

38

m

98

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2005

C4L

38

i

88

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2006

C4P

38

c

21312132

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete (2 frr.)

2005

C4K

48

g

530

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2006

C4G

90

q

1262

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2005

C4K

38

h

62

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2005

C4K

38 II

h

108

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4F

72

r

1177

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2008

C4G

523

q

3087

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

822 + 60

h

3758

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

822

o

3945

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4G

90

1462

plastica + impressa: cordone liscio orizzontale al di sopra di una fila di tacche impresse verticali, sulla parete

2005

C4K

38

101

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4G

71

1221

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

q

166

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a attacco di elemento di presa

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4G

72

g

1156

2006

C4G

88

o

1239

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2008

C4G

519

c

3082

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2005

C4K

38

q

99

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali con andamento n.d.

2005

C4K

38 II

d

66

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2006

C4G

88

o

1238

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2006

C4L

90

c

1469

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2005

C4K

38

n

106

plastica + impressa: cordone orizzontale pizzicato, sulla parete

2005

C4K

38 II

c

63

plastica + impressa: cordone orizzontale pizzicato, sulla parete

2005

C4K

38 II

b

504

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d.

2006

C4G

72

g

1148

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

2006

C4G

72

l

1188

2006

C4G

74

2005

C4K

38

2006

C4P

2005

excisione: serie di larghi segmenti excisi verticali, probabilmente a gruppi di tre, sul labbro internamente

collo/labbro svasato

fig. 62.17

1206

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

n

470

excisione: elemento curvilineo n.d. a nastro intagliato in cui sono iscritti piccoli triangoli excisi, sulla parete

38

c

2133

excisione: serie di elementi triangolari uniti alla base, sulla parete

C4K

38/ 40

e

505

excisione: probabile elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete

2006

C4G

72

p

1182

excisione: elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete

2010

C4F

523

3938

excisione: una linea orizzontale che margina in alto almeno un triangolo, sulla parete

2010

C4F

822

o

3948

excisione: serie concentrica di elementi angolari a nastro exciso, marginata a un lato da una linea obliqua

2008

C4B

500

m

3075

solcature: due solcature curvilinee parallele, sulla parete

2006

C4G

89

m

1258

coperchio n.d.

due piccole probabili prese n.d. con foro passante orizzontale

fig. 65.2

2006

C4P

38

2134

coperchio con andamento concavo convesso

attacco di elemento di presa, su orlo, accanto al quale si osserva la presenza di un foro passante

fig. 65.1

2006

C4G

89

m

1257

listello interno

2006

C4G

72

m

1211

manico di cucchiaio

2006

C4G

72

f

1130

teglia con basse pareti troncoconiche

fig. 63.8

fig. 62.14

fig. 63.3

fig. 65.11

attacco di elemento di presa, su orlo

167

fig. 65.12

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 4a 2005

C4K

38 II

g

515

teglia

2006

C4G

72

g

C248

piastra mobile

2006

C4G

89

2122

fuseruola discoidale

2010

C4F

822

3949

parete irregolare con orlo arrotondato

o

fig. 66.7

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3b A

Q

US

q p

n.

Forma/elemento morfologico

1586

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto

1619

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

Elementi di presa

Decorazioni

CD

GM

Fig.

B1

XV

attacco di elemento di presa, su orlo

C1

XVII

fig. 15.11

attacco di elemento di presa, su orlo

D

XIX

fig. 16.5

2006

C4G

113

2006

C4G

113

2006

C4G

95

m

1479

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

2006

C4G

113

g

1592

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo arrotondato

B2

XVI

fig. 18.12

2006

C4G

95

i

1505

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

B2

XVI

fig. 18.14

2005

C4K

65

d

34

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

attacco di elemento di presa, su orlo

C1

XVII

fig. 19.5

2006

C4G C4F

95

o

1538

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

attacco di elemento di presa, su orlo

C1

XVII

fig. 20.6

2006

C4G

113

m

1620

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

attacco di elemento di presa, su orlo

C1

XVII

fig. 20.1

2005

C4K

65

g

35

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4G

95

m

1481

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4F

65

1289

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4F

100

o

1554

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4K

65

d

56

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2005

C4K

65

c

55

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

attacco di ansa a nastro, su orlo

n.d.

n.d.

2006

C4G

95

m

1480

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2006

C4G

95

m

1778

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2006

C4F

65

1290

scodella a profilo spezzato, parete rettilinea svasata, orlo arrotondato

attacco di elemento di presa, su orlo

B

IV

fig. 24.3

2006

C4G

108

i

1525

scodella emisferica, accenno di labbro

attacco di elemento di presa, su orlo

C1

VIII

fig. 27.4

2006

C4G

110

l

1566

scodella emisferica, labbro imbutiforme

C1

VIII

fig. 27.8

2006

C4G

108

i

1526

scodella emisferica, labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura

C1

VIII

fig. 27.6

2006

C4G

95

1542

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

A2

II

fig. 29.1

2006

C4F

65

1291

scodella carenata a parete concava svasata, orlo arrotondato

B

IV

fig. 31.9

attacco di elemento di presa, su orlo

excisione: due serie di triangoli excisi staccati, alternati e contrapposti al vertice, sulla parete manico a nastro forato: attacco su orlo

168

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3b 2006

C4F

95

n

1474

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, labbro svasato

B

VI

fig. 33.5

2006

C4G

95

i

1504

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, labbro svasato

B

VII

fig. 33.7

2006

C4G

113

l

1581

scodella emisferica/più che emisferica, attacco di labbro n.d.

n.d.

n.d.

2006

C4F

95

o

1550

scodella emisferica/più che emisferica, accenno di labbro

n.d.

n.d.

2006

C4F

95

o

1551

scodella emisferica/più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2010

C4F

95

d

3952

scodella carenata

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

1292

scodella carenata

excisione: due grandi triangoli contrapposti al vertice, più altre piccole excisioni n.d., sulla parete

d

3955

olla ovoidale, accenno di collo

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

95

m

1478

olla ovoidale, collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

D

XV

fig. 44.5

C4G

95

i

2864

olla globulare, attacco di collo svasato

D

XV

fig. 46.4

2006

C4F

100

o

1555

olla globulare, collo imbutiforme

E

XVII

fig. 47.6

2005

C4K

65

a

47

olla piriforme, collo n.d.

A1

IV

fig. 53.1

2006

C4G

95

m

1489

orlo arrotondato

2006

C4G

100

i

1515

orlo arrotondato

2006

C4G

100

i

1518

orlo arrotondato

attacco di elemento di presa, su orlo

2006

C4G

113

p

1587

orlo arrotondato

attacco di ansa a nastro, su orlo

2005

C4K

65

c

436

orlo arrotondato

2005

C4K

65

m

443

orlo arrotondato

2005

C4K

65

m

442

orlo arrotondato

2005

C4K

65

h

427

orlo arrotondato

2010

C4F

95

d

3951

orlo arrotondato

2010

C4F

95

n

3950

orlo arrotondato

2010

C4F

95

o

3981

orlo arrotondato

2005

C4K

65

d

439

orlo tagliato obliquamente

2006

C4G

113

p

1585

orlo tagliato obliquamente

2006

C4G

95

m

1482

orlo ispessito internamente

2005

C4K

65

h

424

accenno di labbro

2005

C4K

65

h

46

accenno di labbro tagliato verticalmente all’imboccatura

2006

C4G

95

i

1510

labbro svasato

2006

C4G

95

m

1495

labbro svasato

2006

C4G

95

l

1497

labbro svasato

2006

C4F

100

n

15741575

labbro svasato (2 frr.)

2005

C4K

65

h

422

labbro svasato

2005

C4K

65

h

428

labbro svasato

2006

C4F

65

2010

C4F

95

2006

C4G

2006

attacco di ansa a nastro, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

incisione e punteggio: due linee orizzontali, alla base del labbro; serie di triangoli campiti a punteggio, sulla parete

attacco di elemento di presa, sulla parete

169

fig. 63.9

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3b 2005

C4K

65

n

447

labbro svasato

2010

C4F

95

o

3977

labbro svasato

2008

C4G

534

e

68836884

labbro svasato (2 frr.)

2006

C4F

95

n

1475

labbro leggermente svasato

2005

C4K

65

a

48

labbro svasato distinto

2006

C4G

95

i

1509

labbro svasato distinto

2006

C4F

95

r

2006

C4F

65

2010

C4F

95

2010

C4F

2005

1539

labbro svasato distinto

1286

labbro imbutiforme

h

3958, 39673968

labbro imbutiforme (3 frr.)

95

o

3976

labbro imbutiforme

C4K

65

m

50

labbro n.d.

2008

C4G

534

e

6882

collo leggermente svasato

2006

C4G

95

i

1506

collo leggermente svasato

2006

C4G

95

l

1498

collo leggermente svasato

2006

C4G

113

l

1577

collo leggermente svasato

2006

C4L

114

1590

collo leggermente svasato

2005

C4K

65

g

242

collo svasato collo svasato (3 frr.)

2005

C4K

65

h

243245

2006

C4G

95

m

1486

collo svasato

2006

C4G

108

i

1523

collo svasato collo svasato (2 frr.)

2006

C4G

100

l

15331534

2006

C4G

113

q

1591

collo svasato

2006

C4L

113

b

1583

collo imbutiforme

h

419, 423, 445

collo imbutiforme (3 frr.)

1288

collo imbutiforme

2005

C4K

65

2006

C4F

65

2005

C4K

65

h

416, 418, 421

collo n.d. (3 frr.)

2006

C4G

95

m

14831484

collo n.d. (2 frr.)

2006

C4G

100

i

1519

collo/labbro svasato

2005

C4K

65

d

440

ansa a nastro

2005

C4K

65

c

252

attacco di ansa a nastro

2005

C4K

65

h

420

attacco di ansa a nastro

2010

C4F

95

m

3962

ansa a nastro

2006

C4G

95

m

1485

ansa a nastro

2006

C4G

100

i

1517

ansa a nastro

2006

C4G

100

i

1520

attacco di ansa a nastro

2006

C4G

108

i

1527

ansa a nastro

2005

C4K

65

h

248

ansa a nastro a margini appiattiti

2005

C4K

65

h

247

attacco di ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4F

95

o

1547

ansa a nastro a margini appiattiti

attacco di ansa a nastro, su orlo

170

fig. 55.1

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3b 2006

C4F

95

o

1548

ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4G

113

l

1578

ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4F

95

n

1477

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2005

C4K

65

h

249

2005

C4K

65

d

251

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

fig. 55.7

2005

C4K

65

h

246, 250

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana (2 frr.)

fig. 55.2

2006

C4G

95

i

1512

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

fig. 55.3

2006

C4G

108

i

1528

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2006

C4F

100

o

1553

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2006

C4G

110

l

1569

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2010

C4F

95

o

3978

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2006

C4F

95

o

1549

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti, attacco di sopraelevazione n.d.

2005

C4K

65

c

54

2006

C4G

108

i

1529

ansa verticale a bastoncello

2005

C4K

65

c

434

manico a nastro forato con margine superiore n.d. e margini laterali revoluti all’interno, apici n.d., probabilmente impostato su orlo

2010

C4F

95

h

3961

manico a nastro forato, foro triangolare, margini rilevati e appiattiti, su orlo

orlo n.d.

orlo n.d.

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana che termina a bastoncello, su orlo

attacco di ansa verticale a bastoncello, su orlo

fig. 58.3

2010

C4F

95

d

3954

manico con grande foro, margini superiori rilevati e appiattiti, attacco di apici a sezione quadrangolare e solcatura longitudinale tra gli attacchi degli apici, su orlo

2006

C4F

95

n

1476

manico forato, grande foro, attacchi a bastoncello appiattito e margini laterali formanti un angolo laterale stondato

2006

C4G

95

m

2119

manico n.d.: apice corto a sezione subquadrangolare appiattita leggermente ritorto

2006

C4G

113

g

1594

orlo n.d.

attacco di manico/maniglia, su orlo

2008

C4F

534

e

6885

orlo n.d.

attacco di sopraelevazione n.d., su orlo

2010

C4F

95

d

3953

presa rettangolare con margini arrotondati, sulla parete

2010

C4F

95

h

3970

presa n.d., sulla parete

2005

C4K

65

h

425

impressione: tacche impresse oblique a formare un motivo curvilineo, sulla parete

2006

C4G

95

l

1500

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4F

65

12821283

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

171

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3b 2005

C4K

65

d

437

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2010

C4F

95

h

3960, 3965

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4F

95

n

1470

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4F

95

o

15441545, 39723974

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (5 frr.)

2006

C4F

100

n

1573

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

100

i

1516

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

108

i

1522

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

108

1556

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

110

l

1570

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

113

p

1588

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4L

114

1589

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2008

C4G

534

e

6886

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4K

65

h

42

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2005

C4K

65

h

37

plastica: cordone liscio orizzontale che interseca con un altro ad angolo retto, di cui si conserva solo l’attacco, sulla parete

2010

C4F

95

h

3959

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2006

C4G

113

g

1593

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2006

C4F

95

o

1546

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

95

d

3956

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2010

C4F

95

h

3966

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2010

C4F

95

o

3975

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4G

95

l

1499, 1501

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4F

100

n

1572

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4G

108

i

1521

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2005

C4K

65

g

444

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali con andamento n.d., sulla parete

2005

C4K

65

h

426

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali con andamento n.d., sulla parete

2010

C4F

95

h

3980

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali con andamento n.d., sulla parete

172

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3b 2006

C4G

95

m

1493

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2006

C4G

110

l

1571

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2005

C4K

65

h

36

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, sulla parete

2008

C4K

534

e

6887

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, sulla parete

2006

C4G

95

m

1492

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d.

2006

C4G

95

i

1507

2010

C4F

572

h

6892

incisione e punteggio: una banda curvilinea campita da punti

2005

C4K

65

d

441

excisione: elemento curvilineo n.d. a nastro exciso, sulla parete

fig. 62.15

2006

C4F

95

n

1472

excisione: motivo a scacchiera, sulla parete

fig. 63.11

2006

C4G

95

1543

excisione: una linea orizzontale, sulla parete

2006

C4G

100

l

1535

excisione: probabile elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete

2006

C4G

113

l

1580

excisione: elemento curvilineo n.d. a nastro intagliato, sulla parete

2008

C4G

534

e

6888

excisione: probabile elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete

2006

C4G

113

l

1582

vaso cribro

2006

C4G

95

m

2121

fuseruola conica, base piatta

2005

C4K

65

n

446

probabile tarallo

incisione: una linea orizzontale, sotto l’orlo

collo/labbro svasato

fig. 66.5

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a A

Q

US

q

n.

Forma/elemento morfologico

Elementi di presa

2006

C4L

103

g

2120

scodella troncoconica, orlo n.d.

coppia di piccole anse a maniglia semicircolari, sezione poligonale, cresta longitudinale sul margine superiore, su orlo

2009

C4C

681

i

3384

2006

C4L

103 II

b

2006

C4G

137

2009

C4C

2006

CD

GM

Fig.

n.d.

n.d.

fig. 5.4

scodella troncoconica fonda, orlo arrotondato

D

XXIV

fig. 7.2

1644

scodella troncoconica fonda, orlo tagliato obliquamente

D

XXIV

fig. 7.3

c

1655

scodella a calotta, orlo arrotondato

B

XX

fig. 8.3

681

i

3385

scodella a calotta, orlo piatto

B

XX

C4G

164

h

1690

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

B

XX

fig. 8.10

2006

C4K

70

q

1355

scodella emisferica, orlo piatto

n.d.

n.d.

fig. 11.10

2007

C4G

175

h

1796

scodella emisferica, orlo ispessito internamente, tagliato all’esterno

C1

XXII

fig. 10.10

2006

C4L

151

b

2003

scodella emisferica, orlo ispessito internamente, tagliato obliquamente all’imboccatura

C2

XXIII

fig. 11.7

attacco di ansa verticale a ba-​ stoncello con cresta longitudinale mediana, interna e esterna, che forma un angolo verso l’occhiello, su orlo

173

Decorazioni

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a 2009

C4C

155

3170

scodella a calotta/emisferica, orlo tagliato obliquamente

2009

C4C

659

3371

scodella a calotta/emisferica, orlo n.d.

2005

C4H

80

205

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

2006

C4G

70

o

1964

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

2006

C4G

161

h

1707

2006

C4L

103 II

d

2006

C4L

70

2009

C4C

659

2009

C4C

2009

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

A

XIV

fig. 13.4

B1

XV

fig. 13.12

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

B1

XV

fig. 13.14

1598

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

B1

XV

fig. 13.18

b

1926

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto

B1

XV

fig. 13.10

p

3379

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

C1

XVII

155

3169

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C1

XVII

fig. 15.10

C4C

155

3177

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C2

XVIII

fig. 16.4

2006

C4L

103 II

h

1636

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

D

XIX

fig. 16.6

2006

C4G

64

h

1767

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo arrotondato

A

XIV

fig. 18.2

2006

C4F

70

r

2469

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

A

XIV

fig. 18.4

2007

C4H

175

a

1787

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

B2

XVI

fig. 18.16

2007

C4H C4G

175+ 176

a

1788

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

C1

XVII

fig. 20.2

2006

C4L

70

c

1898

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

C1

XVII

fig. 20.4

2009

C4C

659

p

3378

scodella a bordo rientrante continuo, orlo piatto, espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

C2

XVIII

fig. 21.6

2006

C4L

90+ 103

c

1466

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo con cresta mediana

C2

XVIII

fig. 22.5

2006

C4G

161

g

1718

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4L

103

d

1613

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2006

C4G

155

g

1685

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4G

161

g

1717

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4L

141

g

1757

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2009

C4C

155

3174

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4K

70

d

449

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2006

C4G

155

g

1687

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2006

C4L

103

c

1621

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

linguetta arrotondata, su orlo

attacco di ansa verticale a ba-​ stoncello, beccuccio accentuato sulla linea dell’imboccatura, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

ansa a nastro ripiegata verso l’interno dell’occhiello, beccuccio accentuato sulla linea dell’imboccatura, su orlo

174

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a 2006

C4L

103 II

g

1565

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

2006

C4G

164

h

1697

2006

C4L

70

c

2008

C4B

540

q

2009

C4C

155

2006

C4K

70

2006

C4L

2006

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo con cresta mediana

n.d.

n.d.

1904

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

3357

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

3171

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

g

1341

scodella emisferica, labbro imbutiforme

C2

XI

70

c

1899

scodella emisferica, labbro imbutiforme

D

XIII

C4L

103

c

1622

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

A2

II

fig. 29.2

2006

C4L

70

a

1914

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura

C1

X

fig. 30.2

2006

C4K

70

q

1354

scodella più che emisferica, labbro svasato

n.d.

n.d.

2006

C4F

70

n

1930

scodella carenata a parete concava svasata, orlo tagliato obliquamente

A2

III

fig. 31.3

2006

C4K

70

c

1363

scodella carenata a parete concava svasata, orlo n.d.

B

IV

fig. 31.13

2006

C4L

151

f

2093

scodella carenata a parete concava rientrante, orlo n.d.

A2

III

fig. 32.4

2006

C4F

70

r

1970

scodella carenata a parete concava rientrante, orlo arrotondato

B

VI

fig. 32.9

2006

C4L

103

g

1614

scodella carenata a parete concava leggermente rientrante, orlo ispessito internamente

B

VI

fig. 32.10

2006

C4F

70

q

1932

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, labbro svasato

A2

III

fig. 33.2

2005

C4H

64

192

scodella carenata con parete leggermente rientrante, labbro imbutiforme

C1

IX

fig. 34.1

2006

C4K

70

c

1364

scodella carenata, parete verticale rettilinea, labbro n.d.

n.d.

n.d.

2008

C4B

542

1

3113

piccolo contenitore fondo a profilo subtroncoconico, accenno di labbro

A1

I

2006

C4K

70

c

1368

scodella emisferica/più che emisferica, accenno di labbro

n.d.

n.d.

2006

C4G

155

g

1688

scodella emisferica/più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2006

C4L

70

a

1915

scodella carenata

n.d.

n.d.

2006

C4G

70

i

1941

scodella carenata

n.d.

n.d.

2006

C4F

70

q

1933

scodella carenata

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa

excisione: serie di elementi angolari retti, excisi, riflessi e ripetuti, sulla parete ansa a nastro, su orlo

excisione: elemento rettilineo n.d. a nastro exciso, sulla parete

fig. 28.1

fig. 36.2

fig. 62.7

2006

C4G

70

p

1959

scodella carenata

2006

C4L

151

b

2004

scodella carenata

n.d.

n.d.

2009

C4B

533

q

3336

scodella carenata

n.d.

n.d.

2006

C4K

70

n

1346

olla ovoidale, breve collo cilindrico

C

XII

fig. 39.5

2005

C4H

64 II

293

olla ovoidale, collo svasato

C

XII

fig. 41.8

175

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a 2006

C4H

175+ 64+ 164+ 161

e

1710

olla ovoidale, collo svasato

2006

C4K

70

n

1968

2006

C4G

155

h

2006

C4G

137

g + f

2009

C4C

659

2006

C4K

70

2006

C4G

2006

D

XIV

fig. 43.2

olla piriforme, collo svasato

D

XV

fig. 53.3

1674

olla ovoidale, collo imbutiforme

D

XV

fig. 44.6

1656

olla globulare, breve collo cilindrico e orlo piatto

B

X

fig. 46.1

3373

olla globulare, breve collo svasato

C

XII

q

1352

olla globulare, attacco di collo imbutiforme

C

XII

fig. 47.4

161

g

1700

olla a spalla tesa, collo svasato

D

XV

fig. 51.1

C4K

70

c

1125

olla a spalla tesa, collo svasato

D

XV

fig. 51.2

2008

C4G C4B

549+ 533+ 540+ 545

o + q + f

3393

olla a spalla tesa, collo imbutiforme

D

XV

2006

C4F

70

q

1938

orlo arrotondato

2006

C4G

70

i

1943, 1946, 19481949

orlo arrotondato (4 frr.)

2006

C4G

70

o

1967

orlo arrotondato

2006

C4K

70

h

13291330

orlo arrotondato (2 frr.)

2006

C4L

70

a

19161918

orlo arrotondato (3 frr.)

2006

C4L

70

b

19271928

orlo arrotondato (2 frr.)

2006

C4L

70

c

1901

orlo arrotondato

2006

C4L

70

e

1892

orlo arrotondato orlo arrotondato (2 frr.)

2006

C4L

103

b

16411642

2006

C4L

103

c

16231625

orlo arrotondato (3 frr.)

2006

C4L

103

g

1615

orlo arrotondato

2006

C4L

103

h

1643

orlo arrotondato

2006

C4L

103

1650

orlo arrotondato

2006

C4L

103 II

g

1563

orlo arrotondato

2006

C4L

103 II

l

1604

orlo arrotondato

2006

C4L

141

g

17581759

orlo arrotondato (2 frr.)

2009

C4C

155

3180

orlo arrotondato

2008

C4G

533

e

3331

orlo arrotondato

2008

C4B

540

n

3347

orlo arrotondato

2008

C4B

540

p

3352

orlo arrotondato

2008

C4B

540

q

3356

orlo arrotondato

2010

C4B

546

3603

orlo arrotondato

2009

C4C

659

3375

orlo arrotondato

o

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

excisione: due linee orizzontali parallele associate a un elemento curvilineo n.d parzialmente visibile sulla parete, riempito da tacche disordinate

176

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a 2009

C4C

659

p

3380

orlo arrotondato

2009

C4C

668

o

3344

orlo arrotondato

2009

C4C

673

p

3368

orlo arrotondato

2005

C4K

70

h

429

orlo piatto

2005

C4K

70

h

432

orlo piatto

2006

C4L

70

e

1890

orlo piatto

2006

C4G

70

i

1947

orlo piatto

2006

C4L

151

c

1997

orlo piatto

2006

C4L

151

f

2094

orlo piatto

2006

C4L

141

g

1760

orlo tagliato obliquamente

2008

C4C

533

3340

orlo tagliato obliquamente

2010

C4B

546

3605

orlo tagliato obliquamente

2006

C4L

70

1888

orlo ispessito internamente

2009

C4C

155

3178

orlo ispessito esternamente

2006

C4L

70

e

1891

orlo piatto espanso internamente

2008

C4B

540

p

3353

orlo con cresta mediana

2009

C4C

659

o

3376

orlo ispessito sia all’interno che all’esterno

2006

C4F

70

r

19741975, 19771980

labbro svasato (6 frr.)

2006

C4L

70

a

1913

labbro svasato

2010

C4B

546

3607

labbro svasato

2009

C4C

668

p

3343

labbro svasato

2006

C4G

70

i

1945

labbro imbutiforme

2006

C4F

70

r

1976

labbro imbutiforme

2009

C4C

155

3173

labbro imbutiforme

2009

C4C

673

3367

labbro imbutiforme

2009

C4C

659+ 600

3372

labbro imbutiforme

2006

C4G

70

i

1944

labbro n.d.

2006

C4F

70

q

1935

collo leggermente svasato

2006

C4G

70

i

1942

collo leggermente svasato

2006

C4L

70

b

1925

collo leggermente svasato

2006

C4L

103 II

g

1562, 1616

collo leggermente svasato (2 frr.)

2006

C4G

64

1698

collo svasato

2006

C4F

70

q

1934

collo svasato

2006

C4G

70

o

19621963

collo svasato (2 frr.)

2006

C4K

70

h

1331

collo svasato

2006

C4P

99

4116

collo svasato

2006

C4L

103 II

g

1567, 1617

collo svasato (2 frr.)

2006

C4L

103 II

l

1603

collo svasato

2006

C4L

103

1639

collo svasato

2006

C4G

137

4712

collo svasato

e

p

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

177

excisione: due linee orizzontali parallele, alla base del labbro

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a 2006

C4G

143

h

1661

collo svasato

2006

C4G

143

q

1666

collo svasato

2006

C4G

155

g

1683

collo svasato

2009

C4G

155

d

3165

collo svasato

2009

C4C

155

3172

collo svasato

2008

C4G

533

e

3330, 3332

collo svasato (2 frr.)

2009

C4C

673

p

3366

collo svasato

2010

C4B

540

3598

collo svasato

2008

C4B

549

r

3398

collo svasato

2006

C4L

103 II

b

1645

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2006

C4G

155

h

1673

collo svasato distinto

2006

C4K

70

q

1349

collo imbutiforme

2006

C4K

70

l

1350

collo imbutiforme

2006

C4L

70

e

1893

collo imbutiforme

2009

C4C

155

3179

collo imbutiforme

2007

C4G

175 II

h

1799

collo imbutiforme

2006

C4F

70

r

1972

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2006

C4K

70

g

1371

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2006

C4L

70

c

1900

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2006

C4L

103

1651

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2007

C4G

175

d

1795

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2007

C4H

175

a

1789

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2008

C4G

540

c

3394

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2005

C4H

64 II

4

940

collo n.d. collo n.d. (2 frr.)

2005

C4K

70

d

254255

2006

C4G

70

o

1966

collo n.d.

2006

C4L

103

1638

collo n.d.

2006

C4L

103 II

g

1564

collo n.d.

2006

C4L

151

c

1995

collo n.d.

impressa: serie di impressioni digitali, su orlo

2006

C4L

151

c

1996

collo n.d.

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4L

151

e

2002

collo n.d.

2006

C4G

155

h

1672

collo n.d.

2006

C4G

155

g

1684

collo n.d.

2006

C4G

161

h

1701

collo n.d.

2006

C4G

161

h

1702

collo n.d.

2009

C4B

546

m

3166

collo n.d.

2006

C4F

70

r

1971

orlo n.d.

ansa a nastro, su orlo

2005

C4K

70

d

259

orlo n.d.

ansa a nastro, su orlo

178

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a 2006

C4K

70

l

1351

orlo n.d.

ansa a nastro, su orlo

2006

C4L

70

a

1919

orlo n.d.

ansa a nastro, su orlo

2006

C4G

70

i

19511952

ansa a nastro (2 frr.)

2006

C4K

70

c

1362

ansa a nastro

2005

C4K

70

d

452

ansa a nastro

2005

C4K

70

h

257

ansa a nastro

2006

C4L

70

a

1911

ansa a nastro

2006

C4L

70

e

1886

ansa a nastro

2006

C4P

99

4127

ansa a nastro

2006

C4L

103

l

1612

ansa a nastro

2006

C4L

103

c

1627

ansa a nastro

2006

C4L

103 II

d

1597

ansa a nastro

2006

C4L

103 II

l

1600

ansa a nastro

2009

C4G

155

b

3175

ansa a nastro

2008

C4G

155

d

4708

ansa a nastro

2009

C4C

668

o

3345

ansa a nastro

2006

C4K

70

h

1333

attacco di ansa a nastro

2006

C4K

70

m

1325

attacco di ansa a nastro

2006

C4K

70

m

1326

attacco di ansa a nastro

2006

C4K

70

m

1990

attacco di ansa a nastro

2006

C4L

70

a

1908

attacco di ansa a nastro

2006

C4L

70

e

1887

attacco di ansa a nastro

2006

C4G

70

o

1961

2005

C4K

70

d

448

ansa a nastro a margini appiattiti

2005

C4K

70

h

430

ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4L

70

a

1909

ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4P

99

41224125

ansa a nastro a margini appiattiti (4 frr.)

2006

C4L

103 II

d

1596, 1648

ansa a nastro a margini appiattiti (2 frr.)

2006

C4G

137

g

1658

ansa a nastro a margini appiattiti

2009

C4G

155

d

3184

ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4G

155

g

1682

ansa a nastro a margini appiattiti

2010

C4B

540

3597

ansa a nastro a margini appiattiti

2008

C4B

549

r

3361

ansa a nastro a margini appiattiti

2009

C4C

673

p

3369

ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4F

70

r

1981

ansa a nastro insellata

2006

C4L

103 II

l

1601

ansa a nastro insellata

2008

C4G

155

b

3346

ansa a nastro insellata

orlo n.d.

ansa a nastro a margini appiattiti, su orlo

179

impressa: una cuppella circolare, sul dorso

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a 2006

C4G

155

g

1681

ansa a nastro insellata

2006

C4K

70

q

1347

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2006

C4L

70

e

1885

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2006

C4G

161

h

1706

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2009

C4B

546

m

3167

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana, sulla parete

2006

C4L

70

a

1910

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2006

C4L

103 II

l

1599

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2010

C4B

540

3596

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2006

C4K

70

g

1340

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana

2006

C4G

70

p

1954

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

2006

C4L

70

a

2123

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

2005

C4K

70

h

258

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2006

C4L

103 II

g

1558

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2006

C4L

103

l

1595

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2006

C4F + C4G

70+ 100

o +i

1552

ansa a maniglia con sezione ellissoidale

2006

C4P

99

4126

ansa a maniglia con sezione ellissoidale

2009

C4C

681

o

3388

ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana, impostata obliquamente

2009

C4C

681

o

3387

ansa a maniglia di forma quadrangolare, sezione subcircolare, con cresta longitudinale mediana, sulla parete

2010

C4F

833

n

3984

manico a nastro forato, margini rilevati e appiattiti e apici revoluti, appena accennati, su orlo

2009

C4G

533

d

3338

manico con grande foro, di cui si conserva un margine laterale a bastoncello appiattito formante un angolo posteriore accentuato, con cresta mediana interna che forma un angolo con la linea dell’imboccatura, margini superiori rilevati e appiattiti, su orlo

2010

C4F

833

n

3985

appendice a sezione romboidale probabilmente da attribuire a un manico con grande foro, attacchi a bastoncello, su orlo

2006

C4P

99

4129

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva un margine formante un angolo posteriore

2006

C4P

99

4130

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva un margine a bastoncello appiattito

2006

C4G

70

1955

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva un margine laterale formante un angolo posteriore

p

180

fig. 54.1

fig. 56.7

fig. 57.1

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a 2006

C4G

70

o

1960

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva un margine laterale a bastoncello formante un angolo laterale stondato

2006

C4L

103 II

g

1559

manico n.d.: apice revoluto e appiattito

2008

C4G

542

3360

manico n.d.: attacco di apici

2009

C4C

671

p

3389

manico/maniglia: 1 frammento con appendice anseriforme

2006

C4G

143

q

1664

manico/maniglia: 1 fr. di probabile margine ricurvo a sezione subquadrangolare

2008

C4B

540

n

3348

presa trapezoidale, sulla parete

2006

C4P

99

4128

presa a semiluna, sulla parete

2008

C4B

540

n

3350

presa rettangolare con margini arrotondati, sulla parete

2006

C4F

70

q

1939

presa semicircolare, su cordone

2006

C4L

103

e

2085

presa rettangolare insellata sulla faccia frontale, con foro verticale passante

2009

C4C

681

i

3383

presa n.d., sulla parete

2006

C4L

103

c

1628

sopraelevazione a capocchia bilaterale

fig. 59.3

2006

C4F

70

r

1982

appendice anseriforme

fig. 60.4

2006

C4K

70

h

1335

attacco di elemento di presa

2005

C4H

64 II

3

209

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4K

70

c

13571358

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4K

70

d

51

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4K

70

g

1369

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4K

70

n

1342

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4K

70

q

1356

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4L

70

a

1920, 1923

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4P

99

4118

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4L

103

l

16091610

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4L

103 II

g

1618

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4L

103 II

l

16061607

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4L

103

1640

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

C4C

155

3181

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

155

g

1679

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

155

h

1678

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

161

h

1704

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

181

fig. 56.11

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete presso l’attacco di elemento di presa fig. 60.9

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

fig. 61.3

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a 2009

C4C

673

p

3365

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4G

175

d

1794

plastica: cordone liscio ad angolo retto, sulla parete

2006

C4G

70

i

1950

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2008

C4C

533

2778

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2006

C4L

103 II

d

1649

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2006

C4L

103

c

1629

attacco di elemento di presa

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

2010

C4B

540

3601

attacco di elemento di presa

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

2005

C4K

70

d

53

plastica: cordone liscio orizzontale che si interseca con un altro ad angolo retto, sulla parete

2006

C4L

103

c

1630

plastica: cordone liscio orizzontale, su cui si innesta un elemento semicircolare, sulla parete

2005

C4K

70

d

52

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4K

70

r

1336

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4L

70

a

19211922

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2007

C4G

175

d

1793

plastica: cordone liscio accentuato con andamento curvilineo, sulla parete

2007

C4G

175

h

1798

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4K

70

c

1359

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4K

70

m

1327

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4K

70

q

1353

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4L

70

e

1895

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4G

137

f

1653

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4L

146

l

1761

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4L

151

b

2005

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4G

161

h

1705

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4K

70

g

1370

plastica + impressa: cordone semicircolare a tacche

2006

C4K

70

h

1334

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2006

C4K

70

l

1367

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

182

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 3a 1699

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

b

1924

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

e

1896

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

4120

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete, presso l’attacco di elemento di presa

1884

solcature: due solcature curvilinee parallele, sulla parete

3182

incisione: due linee orizzontali parallele, sulla parete

d

451

excisione + impressione: triangolo a nastro exciso campito da impressioni oblique disposte disordinatamente, sulla parete

70

n

1931

excisione: probabile elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete

C4F

70

q

1940

excisione: un elemento ovale a nastro intagliato, sulla parete

2006

C4L

70

e

1897

excisione: una linea orizzontale, sulla parete

2006

C4L

103+ 72

b

1164

vaso cribro di forma aperta a profilo spezzato, con fori solo nella parte inferiore

2006

C4L

70

b

1929

vaso cribro

2006

C4G

70

i

1953

vaso cribro

2006

C4G

164

h

1696

vaso cribro

2009

C4G

155

d

3183

vaso cribro

2009

C4C

545

4717

vaso cribro

2006

C4L

151

c

2000

probabile fr. di cucchiaio

2007

C4H

175

a

1792

teglia

2008

C4B

540

n

2952

fuseruola biconica a base piatta

2006

C4L

103

c

C247

piastra mobile

2008

C4C

155

261

fuseruola discoidale

2006

C4G

64

2006

C4L

70

2006

C4L

70

2006

C4P

99

2006

C4L

70

2009

C4C

155

2005

C4K

70

2006

C4F

2006

i

fig. 65.4

fig. 66.2

fig. 66.8

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2b A

Q

2006

C4K

2009

US

q

n.

Forma/ elemento morfologico

Elementi di presa

96

f

4177

scodella troncoconica fonda, orlo piatto

attacco di elemento di presa, sulla parete

C4G

174

a

3485

2006

C4G

155+ 174

g

2007

C4G

174

2007

C4G

174+ 175

2007

C4G

174

CD

GM

Fig.

C2

XXIV

fig. 6.10

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto

A

XIV

fig. 13.6

1686

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

C1

XVII

fig. 15.1

1833

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C1

XVII

fig. 15.5

h

1826

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

D

XIX

fig. 16.1

m

1850

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

B1

XV

fig. 18.8

183

Decorazioni

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2b 2007

C4G

174

c

1847

scodella a bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

2007

C4G

174

h

1828

scodella a bordo rientrante continuo, orlo piatto, espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

2010

C4F

557

g

4009

2007

C4G

174

d

2007

C4G

166

g

B2

XVI

C2

XVIII

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

1844

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

1858

scodella a calotta, labbro svasato distinto

C2

XI

fig. 25.6

A2

II

fig. 26.5

attacco di elemento di presa, su orlo

excisione: elemento curvilineo n.d. a nastro intagliato che margina in alto un elemento ovale, con almeno un triangolo negli spazi di risulta di un motivo complesso

fig. 21.1

2010

C4F

557

h

4015

scodella emisferica, labbro svasato

2009

C4G

166

a

3463

scodella emisferica, labbro imbutiforme

C1

VIII

fig. 27.2

2007

C4G

174

d

1841

scodella emisferica, labbro imbutiforme

D

XIII

fig. 28.6

2007

C4G

166

l

1867

scodella più che emisferica, attacco di labbro n.d.

n.d.

n.d.

fig. 29.8

2006

C4K

96

q

4137

scodella carenata a parete concava svasata, orlo arrotondato

A2

III

fig. 31.2

2007

C4G

166

g

1852

scodella carenata a parete concava svasata, orlo arrotondato

A2

III

fig. 31.6

2007

C4G

166

l

1864

scodella carenata a parete concava svasata, orlo n.d.

C1

VIII

fig. 31.12

C1

IX

fig. 34.4

A1

I?

fig. 37.7

A1

I

fig. 37.6

E

XVI

fig. 38.4

C

XII

fig. 40.7

C

XII

fig. 45.2

C

XII

fig. 48.7

2006

C4G

100+ 166+ 113

l

1536

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, labbro imbutiforme

2006

C4K

96

f

4190

scodella a calotta/emisferica, labbro svasato

2006

C4K

96

a

4180

scodella carenata

2010

C4F

835

h

3996

scodella carenata

2007

C4G

174

1832

olla ovoidale, orlo arrotondato

2010

C4F

835

m

4000

olla ovoidale, orlo piatto; fori passanti sotto l’orlo

2007

C4G

166

l

1863

olla ovoidale, accenno di collo

2007

C4G

174

d

1840

olla ovoidale, breve collo svasato

2007

C4G

166

g

1856

olla ovoidale, collo n.d.

2006

C4G

166

f

1712

excisione: tre linee parallele orizzontali, alla base del labbro

excisione: all’interno del labbro serie di larghi segmenti excisi verticali, a gruppi di tre, alternati a file verticali di grossi punti excisi (motivo non continuo); una linea orizzontale alla base del labbro; sulla parete superiore due excisioni parallele ondulate. Al di sopra di uno degli archi un segmento exciso semicircolare, al cui interno è iscritta una fila di punti ad esso parallelo. Un motivo speculare è forse presente al di sotto di un altro arco

excisione e punteggio: linee curvilinee che delimitano un’area di forma n.d. campita a punteggio (spirale?)

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

excisione: una linea orizzontale sulla massima espansione, che margina in basso un motivo a meandro retto (forse su due file) formato da serie di elementi angolari retti, riflessi e ripetuti, marginato da bande

olla globulare con collo?

184

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2b 2007

C4G

168

l

1310

olla globulare con collo?

2009

C4B

557

o

3488

olla a spalla tesa, collo svasato

2006

C4K

96

i

4148

orlo arrotondato

2006

C4K

96

l

4147

orlo arrotondato

2006

C4G

166

l

1714

orlo arrotondato

2009

C4G

166

f

3469

orlo arrotondato

2009

C4G

166

3472

orlo arrotondato

2010

C4F

557

h

4018

orlo arrotondato

2009

C4G

174

a

3476

orlo tagliato obliquamente

2006

C4K

96

a

4179

labbro svasato

2006

C4K

96

b

4182

labbro svasato

2006

C4K

96

f

4190

labbro svasato

2006

C4K

96

o

4140

labbro svasato

2009

C4G

174

a

3478

labbro svasato

2010

C4F

835

m

3998

labbro svasato

2010

C4F

835

o

4005

labbro imbutiforme

2010

C4F

835

h

3995

labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura

2007

C4G

166

g

1857

collo svasato

2009

C4G

166

b

3467

collo svasato

2009

C4G

166

f

3470

collo svasato

ansa a nastro a margini appiattiti, sulla parete

2007

C4G

174

d

1839

collo svasato

2007

C4G

174

q

1849

collo svasato

2009

C4B

552

o

3498

collo svasato

2009

C4B

557

o

3488

collo svasato

2007

C4G

166

1869

collo imbutiforme

2009

C4G

174

f

3475

collo imbutiforme

2007

C4G

187

g

1871

collo imbutiforme

2009

C4G

550+ 491

f+ e

3461

collo imbutiforme

2009

C4B

552

o

3499

collo imbutiforme

2007

C4G

174

1830

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2009

C4B

552

o

3497

collo troncoconico, labbro svasato

2010

C4F

557

h

4014

collo n.d.

2007

C4G

166

l

1866

orlo n.d.

2006

C4K

96

i

4151

ansa a nastro, sulla parete

2006

C4K

96

f

4139

ansa a nastro

2006

C4K

96

o

4141

attacco di ansa a nastro

2006

C4K

96

q

4136

ansa a nastro

2007

C4G

174

d

1843

ansa a nastro

2010

C4F

835

o

4007

attacco di ansa a nastro

2006

C4K

96

q

4135

ansa a nastro a margini appiattiti

plastica: applicazione plastica ellissoidale, presso l’attacco di elemento di presa

n.d.

n.d.

fig. 49.1

D

XV

fig. 50.5

ansa a nastro, su orlo

185

plastica: bugna conica, sull’elemento di presa

fig. 54.3

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2b 2010

C4F

557

h

4021

ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4K

96

l

4145

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2009

C4G

174

a

3480

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2009

C4B

557

p

3494

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2007

C4G

166

n

1870

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

2010

C4F

835

d

4004

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana

2006

C4G

166

l

1715

ansa a maniglia a sezione subcircolare, sulla parete

2006

C4K

96

b

4183

ansa a maniglia con sezione ellissoidale

2006

C4K

96

e

4143

ansa a maniglia semicircolare, sezione poligonale, cresta longitudinale sul margine superiore

2010

C4F

835

m

3999

manico a nastro forato, margini rilevati e appiattiti e apici n.d., su orlo

2007

C4G

174

g

1846

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2009

C4B

557

3490

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2007

C4G

166

1907

manico/maniglia: largo foro rettangolare allungato e attacco di apici

fig. 57.10

manico/maniglia: un fr. di probabile margine a bastoncello sulla cui sommità insistono quattro ulteriori attacchi, probabilmente relativi al margine superiore e a una serie di apici con andamento diverso

fig. 57.9

sopraelevazione a capocchia bilaterale, con cresta che forma con la linea dell’imboccatura un angolo, su orlo

fig. 59.13

borchiette metalliche sui margini

2009

C4B

551

q

3495

2009

C4B

552

o

3496

2010

C4F

557

g

4011

2007

C4G

166

g

1854

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4G

166

l

1865

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4G

174

c

1848

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

C4G

187

b

3491

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

C4B

557

o

3486

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2010

C4F

835

m

3997

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2009

C4B

557

o

3487

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

835

d

4003

plastica: segmento di cordone liscio a faccia piana orizzontale, sulla parete

2007

C4G

166

g

1853

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2009

C4G

174

a

3481, 3483

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete (2 frr.)

orlo n.d.

appendice anseriforme

186

fig. 56.4

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2b 1829

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

3474

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

o

3500

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

557

h

4012

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

C4F

834

d

3991

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2010

C4F

835

d

4002

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2009

C4G

174

a

3482

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2006

C4G

166

f

1713

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2010

C4F

557

h

4013

incisione: tre linee orizzontali parallele, sulla parete

2007

C4G

187

g

1872

incisione: due incisioni formanti un angolo retto, concentriche, che formano un elemento n.d.

2006

C4K

96

l

4146

excisione e punteggio: fila di punti marginata da una linea a nastro exciso con andamento n.d., sulla parete

2009

C4G

166

f

3466

excisione: probabile elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete

2009

C4G

166+ 174

a

3473

excisione: elemento curvilineo n.d. a nastro exciso associato a una banda curvilinea campita da segmenti, sulla parete

2006

C4K

96

q

4133

excisione: elemento triangolare exciso iscritto in un triangolo a nastro intagliato, sulla parete

2007

C4G

166

g

1855

excisione: elemento rettangolare exciso, associato a tacche disposte disordinatamente

2010

C4F

835

o

4006

2009

C4B

552

o

3501

2006

C4K

96

p

4132

sostegno a base piatta ingrossata e profilo troncoconico

2006

C4K

96

f

4138

vaso cribro

2010

C4F

834

h

3986

rocchetto

2007

C4G

174

2009

C4B

550

2009

C4B

552

2010

C4F

2010

h

fig. 62.21

fig. 62.18

baccellature multiple, sulla parete

labbro/collo n.d.

fig. 63.12

solcature: una solcatura curvilinea, sulla parete

fig. 65.3

fig. 66.9

incisione: zig-zag orizzontale, sulla faccia esterna

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2a A

Q

US

q

n.

Forma/elemento morfologico

CD

GM

Fig.

2007

C4L

92 II

i

2050

scodella troncoconica, orlo arrotondato

Elementi di presa

C2

XXIII

fig. 5.7

2006

C4K

92

d

1992

scodella a calotta, orlo arrotondato

C1

XXII

fig. 8.9

2007

C4G

190

h

1825

scodella a calotta, orlo arrotondato

C1

XXII

fig. 8.11

2007

C4L

201

f

2019

scodella a calotta, orlo ispessito internamente, tagliato esternamente

C1

XXII

fig. 8.8

187

Decorazioni

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2a 2454

scodella emisferica, orlo arrotondato

attacco di ansa a nastro con cresta longitudinale mediana che termina a bastoncello; la cresta forma con la linea dell’imboccatura un beccuccio accentuato, su orlo

2435

scodella a calotta/emisferica, orlo ispessito internamente

attacco di manico/maniglia, su orlo

n.d.

n.d.

3608

scodella a calotta/emisferica, orlo tagliato obliquamente

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

o

2455

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente; fondo piatto

A

XIV

fig. 13.1

196

n

2192

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto, tagliato obliquamente all’imboccatura

A

XIV

fig. 13.7

C4G

190

g

1821

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

B1

XV

fig. 13.17

2007

C4G

206

r

2203

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto, tagliato obliquamente all’imboccatura

B1

XV

fig. 13.19

2007

C4G

193

q

1808

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto

B2

XVI

fig. 14.10

2007

C4L

92 II

a

2041

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

B2

XVI

fig. 14.11

2007

C4L

201

f

2020

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto, tagliato obliquamente all’imboccatura

B2

XVI

fig. 14.9

D

XIX

fig. 17.1

B1

XV

fig. 18.6

2007

C4H

171 III

2007

C4G

171

2010

C4B

739

2007

C4H

171 III

2007

C4G

2007

r

manico con grande foro, attacchi a bastoncello appiattito formanti un angolo posteriore accentuato, margini superiori rilevati e appiattiti, apici cornuti a sezione quadrangolare e solcatura longitudinale tra gli attacchi degli apici, su orlo

n.d.

n.d.

fig. 11.6

2006

C4G

171

r

1725

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

2007

C4G

190

h

1824

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

2007

C4L

171

d

2463

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

attacco di elemento di presa, su orlo

C1

XVII

fig. 20.5

manico con grande foro, margini laterali a bastoncello appiattito che formano un angolo laterale stondato, margini superiori rilevati e appiattiti, attacchi di apici in posizione centrale, uno a sezione subcircolare rivolto verso l’interno, l’altro a sezione ellissoidale rivolto verso l’alto, su orlo

C1

XVII

fig. 19.3

2007

C4M

171 III+ 85

a

2462

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo n.d.

2007

C4G

190

h

1823

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo con cresta mediana, tagliato verticalmente all’imboccatura

C2

XVIII

fig. 22.1

2009

C4C

190

p

3525

scodella a bordo rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente

C2

XVIII

fig. 22.3

2009

C4C

190

p

3521

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2007

C4L

201

a

2008

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2007

C4G

196

n

2193

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

attacco di ansa a maniglia a sezione subcircolare, su orlo

n.d.

n.d.

2007

C4G

92

o

2078

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2007

C4G

92

o

2079

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2009

C4C

190

p

3524

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2007

C4M

171 III

a

2641

scodella a bordo rientrante distinto, alta parete, orlo tagliato obliquamente

C1

XVII

fig. 23.8

2007

C4H

171 II

2461

scodella a profilo spezzato, parete rettilinea svasata, orlo tagliato obliquamente

C1

XXII

fig. 24.4

2007

C4L

92 II

2053

scodella emisferica, labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura

C2

XI

fig. 28.2

i

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

188

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2a 2005 2006

C4K

70+ 91

h

49

scodella più che emisferica, accenno di labbro tagliato esternamente e verticalmente all’imboccatura

2007

C4G

193

q

1807

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

C2

XII

fig. 30.6

2007

C4G C4H

192

2645

scodella più che emisferica, accenno di labbro tagliato esternamente e verticalmente all’imboccatura

D

XIII

fig. 30.7

2006

C4K

92

h

1323

scodella carenata a parete concava svasata, orlo n.d.

n.d.

n.d.

fig. 31.4

2007

C4H

171

o

2468

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, labbro svasato, tagliato esternamente

B

VII

fig. 33.6

2007

C4H

171 III

o

2450

scodella carenata con parete leggermente rientrante, labbro n.d.

C1

IX

fig. 34.3

2006 2007

C4G C4L

171

r+ d

1723

scodella carenata con parete leggermente rientrante, labbro imbutiforme

ansa a nastro insellata con margini appiattiti, su orlo

C2

XII

fig. 34.6

2006

C4G

171

r

1726

scodella carenata a parete leggermente rientrante convessa, accenno di labbro, tagliato verticalmente all’imboccatura; fondo concavo.

attacco di manico forato, grande foro, con attacchi a sezione subcircolare con cresta longitudinale mediana interna che forma con la linea dell’imboccatura un angolo

D

XIII

fig. 35.1

2007

C4L

92

b

2033

scodella a calotta/emisferica, labbro imbutiforme

attacco di elemento di presa, su orlo

C1

VIII

2007

C4L

92

a

2060

scodella a calotta/emisferica, attacco di labbro n.d.

n.d.

n.d.

2009

C4C

190

p

3522

scodella emisferica/più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2007

C4G

92 II

2071

scodella troncoconica/calotta, orlo ispessito internamente

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2007

C4G

206

2217

scodella carenata

manico a nastro forato: attacco su orlo

n.d.

n.d.

2006

C4L

91

1989

scodella carenata

n.d.

n.d.

2006

C4K

92

h

1318

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4F

92

r

2080

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4G

171 III

o

3124

scodella carenata

n.d.

n.d.

2009

C4G

190

e

3510

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4G

190

g

1820

scodella carenata

n.d.

n.d.

2009

C4H

190

a

3511

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4H

200

i

2218

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4G

200

n

2223

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4G

200

r

2226

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4L

200

r

2224

olla ovoidale, orlo arrotondato. Fondo piatto.

A1

I

fig. 37.5

2007

C4L

92 II

i

2054

olla ovoidale, accenno di collo

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

C

XII

fig. 38.2

2006

C4L C4H C4M

171+ 91

o

1987

olla ovoidale, collo leggermente svasato

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

E

XVII

fig. 42.4

2006

C4L C4H C4M

171

o +a

222

olla ovoidale, collo svasato

plastica: cordone curvilineo su cui si innesta un elemento semicircolare poco marcato, su entrambi i fronti del vaso

C

XI

fig. 43.1

2006

C4K

91

h

1382

olla ovoidale, breve collo imbutiforme

C

XII

fig. 44.3

2007

C4H

171

o

2436

olla ovoidale, collo n.d.

C

XII

2006

C4K

92

d

1118

olla globulare con collo?

B

IX

2007

C4F

92

r

2082

orlo arrotondato

2006

C4K

92

d

1117

orlo arrotondato

2006

C4K

92

d

1993

orlo arrotondato

2006

C4K

92

h

1322

orlo arrotondato

2006

C4K

92

n

1123

orlo arrotondato

2007

C4L

92

b

2030

orlo arrotondato

m

ansa verticale a bastoncello, su orlo

plastica: applicazione anseriforme, presso l’attacco dell’ansa; baccellature multiple, sull’elemento di presa

presa n.d. con foro verticale passante

due anse a maniglia a sezione ellissoidale, affrontate su orlo

ansa a nastro, sulla parete

attacco di ansa a nastro, su orlo

189

C1

X

fig. 48.5

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2a 2007

C4L

92 II

a

20382039

2007

C4L

92 II

i

2047, 2049

orlo arrotondato (2 frr.)

2007

C4L

92 II

e

2073

orlo arrotondato

2007

C4H

171

o

2437

orlo arrotondato

2009

C4H

190

a

3512

orlo arrotondato

2009

C4C

190

o

3530

orlo arrotondato

2007

C4G C4H

192

2647

orlo arrotondato

2007

C4L

201

b

2024

orlo arrotondato

2007

C4L

201

f

2016, 2018

orlo arrotondato (2 frr.)

2007

C4L

92

i

2067

orlo piatto

2007

C4G

196

r

21892190

orlo piatto (2 frr.)

2007

C4G

206

r

2214

orlo piatto

2009

C4C

190

o

3531

orlo tagliato obliquamente

2009

C4B

190

p

3506

orlo tagliato esternamente

2009

C4C

190

p

3520

orlo tagliato esternam.

2007

C4G

193

p

1802

orlo con cresta mediana

2009

C4C

190

p

3523

accenno di labbro

2007

C4F

92

r

2083

labbro svasato

2007

C4L

92

a

2058

labbro svasato

2007

C4L

92

i

2068

labbro svasato

2007

C4L

92 II

a

2042

labbro svasato

2007

C4L

92 II

i

2046

labbro svasato

2007

C4H

196

a, e

2197

labbro svasato

2009

C4H

190

a

3515

labbro svasato

2009

C4B

190

p

4714

labbro svasato distinto

2007

C4L

92 II

i

2051

labbro imbutiforme

2007

C4G

206

m

2215

labbro imbutiforme

p

3519, 3522

labbro imbutiforme (2 frr.)

2009

C4C

190

orlo arrotondato (2 frr.)

2007

C4H

206 II

3123

collo leggermente svasato

2005

C4G

78

934

collo svasato

2006

C4K

91

h

1381

collo svasato

2006

C4K

91

h

2086

collo svasato collo svasato (2 frr.)

2007

C4G

92

o

20762077

2007

C4L

92 II

i

2052

collo svasato

2007

C4G

171

o

3122

collo svasato

2007

C4H C4M

171 III

o +a

3119

collo svasato

2009

C4B

190

r

35163517

collo svasato (2 frr.)

2007

C4L

201

b

2023

collo svasato

2007

C4H

206 II

i

2210

collo svasato

2007

C4H

206 II

i

2213

collo svasato

2007

C4H

196

e

2195

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2007

C4H

171 III

o

2443

collo svasato distinto

2007

C4G C4H

192

2646

collo svasato distinto

2007

C4L

92

2059

collo imbutiforme

a

attacco di elemento di presa, su orlo ansa verticale a bastoncello, su orlo

baccellature multiple, sull’elemento di presa

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

ansa a nastro insellata con margini appiattiti, su orlo

190

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

fig. 54.6

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2a 2007

C4L

92

b

2032

collo imbutiforme

2007

C4H

190

b

1816

collo imbutiforme

2007

C4H

196

2186

collo imbutiforme

2007

C4L

92

i

2065

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2007

C4M

171 III

a

2446

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2009

C4H

190

a

35133514

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente (2 frr.)

2007

C4L

196

d

2182

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2007

C4G

206

r

2200

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2005

C4G

78

933

collo troncoconico, orlo arrotondato

2005

C4G

78

936

collo n.d.

2006

C4K

91

d

1986

collo n.d.

2009

C4G

190

a

3504

collo n.d.

2007

C4G

193

r

1803

collo n.d.

2007

C4H

200

i

2221

collo n.d.

2007

C4G

206

m

2216

collo n.d.

2006

C4K

92

n

1120

ansa a nastro

2007

C4L

92

b

2031

ansa a nastro

2006

C4K

92

d

1116

attacco di ansa a nastro

2006

C4K

92

h

1316

attacco di ansa a nastro

2006

C4K

92

h

1317

attacco di ansa a nastro

2007

C4L

92 II

i

2045

ansa a nastro

2007

C4G C4H

192

2648

ansa a nastro

2007

C4L

193

b

1812

ansa a nastro

2007

C4G

193

q

1806

attacco di ansa a nastro

2007

C4L

201

b

2022

ansa a nastro

f

20102011

ansa a nastro (2 frr.)

attacco di elemento di presa, su orlo

2007

C4L

201

2007

C4L

201

2006

ansa a nastro

2007

C4G

92 II

2069

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4M

171 III

a

2447

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4G

193

n

1801

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4H

196

e

2194

ansa a nastro a margini appiattiti

2009

C4C

190

p

3527

ansa a nastro insellata

2007

C4G

193

q

1811

ansa a nastro insellata

2007

C4G

193

q

1809

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2007

C4L

92 II

e

2072

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2007

C4G

190

m

1822

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2009

C4C

190

o

3529

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

fig. 55.4

2007

C4G

206

r

2201

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

fig. 55.6

2007

C4H

171 II

o

2440

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana che forma un angolo con la linea dell’imboccatura e margini appiattiti

fig. 55.8

2007

C4L

92 II

a

2034

ansa a nastro ispessito

fig. 54.2

2007

C4G

92 II

2070

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana, sopraelevazione a capocchia bilaterale, probabilmente impostata su orlo

fig. 59.1

191

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2a 2006

C4G

171

r

1724

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

2007

C4H

200

i

2220

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

2007

C4M

200

a

2227

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

2006

C4K

92

n

1121

ansa verticale a bastoncello con due cornetti laterali poco accentuati

2007

C4G C4H

192

2649

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana interna

2007

C4L

201

b

2025

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2007

C4L

201

f

2013

2010

C4B

190

2007

C4L

92 II

2007

C4L

2007

orlo n.d.

fig. 56.5

fig. 54.5

fig. 55.5

ansa a maniglia a sezione subcircolare, con cresta mediana interna, su orlo

3610

ansa a maniglia a sezione subcircolare

i

2043

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

201

f

2012

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

C4G

206

r

2205

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2009

C4C

190

p

3528

ansa a maniglia con sezione quadrangolare e margine superiore appiattito, sulla parete

2007

C4L

92 II

i

2044

ansa a maniglia con sezione ellissoidale, su orlo

2007

C4H

171 III

o

2456

manico con grande foro, attacchi a bastoncello appiattito formanti un angolo posteriore poco accentuato, margini superiori poco rilevati e appiattiti, attacco di apici a sezione quadrangolare e solcatura longitudinale tra gli attacchi degli apici, su orlo

2007

C4L

201

f

2014

manico a nastro forato, margini rilevati e appiattiti e apici revoluti, su orlo (1 frammento da attribuire a questa forma)

2006

C4K

92

n

1119

manico forato, grande foro, di cui si conserva 1 frammento di margine superiore appiattito e attacchi di apici

2007

C4L

201

g

2009

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva un margine laterale a sezione qua breve drangolare, rilevato all’interno, formante un angolo laterale accentuato

2007

C4M

171 III

a

2448

manico con grande foro, attacchi a bastoncello appiattito e margine superiore a bastoncello con solcatura orizzontale

2006

C4K

92

h

1324

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva uno dei margini e l’attacco di uno degli apici

2007

C4H

196

e

2196

manico n.d.: due apici cornuti a sezione subquadrangolare leggermente ritorti

2007

C4G

206

r

2202

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2007

C4L

200

m

2222

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2007

C4G

206

r

2207

manico/maniglia: 1 frammento di margine a bastoncello

2005

C4G

78

932

presa trapezoidale, sulla parete

192

baccellature multiple, sull’elemento di presa

fig. 54.10

fig. 57.8

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2a 2005

C4G

78

2007

C4G

196

2007

C4M

2007

plastica + impressa: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa. Un’impressione digitale, sulla presa

935

presa trapezoidale, su cordone

r

2191

presa trapezoidale insellata, sulla parete

171

a

3120

presa a lingua triangolare con vertice arrotondato, su cordone

plastica: cordone liscio orizzontale che si interseca con uno obliquo, sulla parete, presso l’attacco di elemento di presa

C4H

171

o

3121

presa a lingua triangolare con vertice arrotondato, su cordone

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4G C4H

192

2650

presa semicircolare, sulla parete

2007

C4H

171

o

2438

appendice anseriforme

2007

C4H

171 III

o

2444

linguetta sopraelevata arrotondata, margini appiattiti, da cui si origina un’ansa verticale n.d.

2007

C4H

190

b

1818

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2007

C4L

92

a

2061

plastica: bugna conica, sulla parete

2006

C4K

91

h

1378

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4L

92

b

2029

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

171+ 78

938

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4H

171

o

2434

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4H

171

o

2433, 3128

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2007

C4H

171 III

o

2457

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4M

171

3125

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4M

171 II

a

2442

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4M

171 III

a

24522453

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2007

C4M

171 III

a

3126

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

C4G

190

e

3509

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4G

190

n

1813

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4H

196

a

21792180

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2007

C4H

196

2185

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4L

201

b

2021

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4G

206

r

2432

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4G

206

r

3127

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4H

206 II

i

2212

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4H

171

o

2439

2007

C4G

190

n

1814

plastica: due cordoni lisci orizzontali paralleli, sulla parete

2006

C4H

171

o

1721

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2007

C4H

171

o

3129

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2006

C4K

91

h

1379

plastica: cordone liscio orizzontale ad angolo retto, sulla parete

2007

C4L

92

a

2057

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

attacco di elemento di presa

193

fig. 54.7

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 2a 2006

C4H

171

o

17191720

2007

C4L

92

i

2063

2006

C4H

171

o

1722

2006

C4K

91

h

1380

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2010

C4B

739

3609

excisione: elemento curvilineo n.d. a nastro intagliato associato a piccoli triangoli negli spazi di risulta, sulla parete

2007

C4L

92

i

2064

labbro/collo n.d.

2007

C4L

92

a

2062

vaso cribro

2007

C4L

201

3130

vaso cribro

2007

C4G

206

2204

probabile fr. di cucchiaio

fig. 65.6

2007

C4G C4H

192

2653

fuseruola conica, base piatta

fig. 66.4

A

Q

r

attacco di elemento di presa

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete (2 frr.) plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete plastica + impressa: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete presso l’attacco di elemento di presa

excisione: una linea orizzontale che margina in alto un elemento a W, sulla parete

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1b US

q

n.

Forma/elemento morfologico

CD

GM

Fig.

2006

C4K

94

r

2703

scodella emisferica, orlo piatto

Elementi di presa

Decorazioni

C1

XXII

fig. 10.6

2007

C4L

264

g

2662

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2007

C4L

264

e

2657

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2007

C4L

264

f

2681

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2007

C4L

264

g

2663

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2006

C4K

94

r

2707

scodella a profilo spezzato, parete rettilinea svasata, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2006

C4K

94

m

1387

scodella a calotta, accenno di labbro

C1

XXII

fig. 25.1

2006

C4K

94

m

1376

scodella a calotta, accenno di labbro

n.d.

n.d.

fig. 25.5

2006

C4K

94

r

2705

scodella emisferica. breve labbro imbutiforme

A2

II

fig. 26.4

2007

C4G

94

o

2734

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

B

VII

fig. 29.12

2007

C4L

264

e

2656

scodella carenata a parete di elemento di presa, concava leggermente rientrante, attacco su orlo orlo arrotondato

A2

III

fig. 32.1

2006

C4K

94

c

2714

scodella carenata a parete concava leggermente rientrante, orlo arrotondato

C1

IX

fig. 32.11

2010

C4G

572

h

6889

scodella carenata a parete concava leggermente rientrante, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4K

94

c

2716

scodella carenata

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

excisione: una linea orizzontale che margina in alto due file di triangoli alternati e contrapposti al vertice, staccati, sulla parete

2006

C4K

94

g

1400

di ansa a maniglia a se-​ olla ovoidale, breve collo svasato attacco zione subcircolare, sulla parete

2010

C4F

845

n

6879

olla ovoidale, attacco di collo svasato

n.d.

n.d.

2009

C4G

572+ 219

f +c

3543

olla ovoidale, collo n.d.

n.d.

n.d.

2009

C4G

572

b

3546

olla ovoidale, collo n.d.

A2

VI

fig. 45.1

2009

C4G

572

f

3544

olla globulare con collo?

n.d.

n.d.

fig. 48.8

plastica + impressa: cordone ondulato a tacche, sulla parete

194

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1b 2007

C4L

264

e

2658

di elemento di presa, olla biconica, breve collo svasato attacco su orlo

2006

C4K

94

h

1390

orlo arrotondato

2007

C4L

264

g

2669

orlo arrotondato

2007

C4L

264

f

2682

orlo arrotondato

2007

C4L

264

a

2699

orlo arrotondato orlo arrotondato

2007

C4G

219

g

2726

2009

C4B

219

q

3537

orlo arrotondato

2010

C4F

572

h

6890

orlo arrotondato

2010

C4B

845

o

6872

orlo arrotondato orlo piatto (2 frr.)

2007

C4L

264

f

26832684

2007

C4L

264

a

2698

orlo tagliato obliquamente

2006

C4K

94

c

2711

orlo piatto espanso esternamente

2006

C4K

94

h

1389

orlo piatto espanso esternamente

2006

C4K

94

c

2713

labbro svasato

2006

C4F

94

q

2724

labbro svasato

2007

C4G

219

g

2725

labbro svasato labbro svasato (2 frr.)

2010

C4F

845

o

68706871

2007

C4L

264

e

2661

labbro imbutiforme

2007

C4L

264

f

2686

labbro imbutiforme

2009

C4G

572

a

3536

labbro imbutiforme

2006

C4F

94

n

2709

labbro n.d.

2006

C4K

94

g

1395

labbro n.d.

2007

C4G

219

c

2580

labbro n.d.

2010

C4F

845

o

6869

labbro n.d.

2007

C4L

264

b

2676

collo leggermente svasato

94

r

27422743

collo svasato (2 frr.)

2006

C4F

2006

C4K

94

m

2749

collo svasato

2007

C4L

264

f

2687

collo svasato

2010

C4K

845

o

6873

collo svasato

2009

C4G

572

b

3547

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2010

C4F

845

o

6868

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2007

C4G

94

o

2733

collo svasato distinto

2006

C4F

94

q

2723

collo imbutiforme

94

r

27452746

collo imbutiforme (2 frr.)

2006

C4F

2007

C4L

264

b

2678

collo imbutiforme

2007

C4L

264

e

26592660

collo imbutiforme (2 frr.)

2007

C4L

264

g

2668

collo imbutiforme

2009

C4G

572

3542

collo imbutiforme

2007

C4L

264+ 92 II

a+ e

2702

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2006

C4F

94

n

2708

collo troncoconico, orlo arrotondato

2007

C4L

264

g

2670

collo n.d.

f

2685, 2694

collo n.d. (2 frr.)

2007

C4L

264

2007

C4L

264

2697

collo n.d.

2009

C4G

572

a

3535

collo n.d.

2006

C4F

94

n

2710

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

excisione: due linee orizzontali parallele che marginano una serie di triangoli excisi, alla base del labbro

attacco di ansa a nastro, su orlo

ansa a nastro

195

A2

V

fig. 52.2

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1b 2007

C4G

94

o

27362737

ansa a nastro (2 frr.)

2006

C4K

94

h

1391

ansa a nastro

2007

C4L

264

f

2688

ansa a nastro

2007

C4L

264

f

26902691

attacco di ansa a nastro (2 frr.)

2010

C4G

845

o

6876

ansa a nastro

2006

C4K

94

c

2717

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4L

264

f

2689

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4L

264

e

2655

ansa a nastro con doppia cresta longitudinale mediana, margini appiattiti

2007

C4G

94

i

2721

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

2007

C4L

264

g

2696

ansa verticale a bastoncello

2671

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana, interna e esterna, che forma un angolo verso l’occhiello, beccuccio accentuato sulla linea dell’imboccatura, probabilmente impostato su orlo

2431

manico a nastro forato, margini rilevati e appiattiti e apici revoluti, su orlo (1 frammento da attribuire a questa forma)

2007

C4L

264

2007

C4H

264

2007

C4L

264

g

2672

manico n.d.: apice corto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2006

C4K

94

d

2741

presa rettangolare con margini arrotondati, sulla parete

2010

C4F

845

h

6867

presa rettangolare con margini arrotondati, sulla parete

2007

C4L

264

f

2692

presa semicircolare, su cordone

2007

C4L

264

f

2865

presa semicircolare, sulla parete

fig. 55.9

fig. 55.11

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

2006

C4K

94

d

1403

sopraelevazione a capocchia bilaterale

2006

C4K

94

d

1402

sopraelevazione a capocchia bilaterale

2007

C4L

264

g

2667

attacco di elemento di presa

2006

C4K

94

m

2750

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4L

264

b

26792680

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2007

C4L

264

f

2693

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4L

264

g

26642666

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (3 frr.)

2006

C4K

94

g

1397

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4K

94

m

2752

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2007

C4L

264

a

2701

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4K

94

g

1396

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4K

94

m

2751

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2010

C4F

845

n

6880

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2010

C4F

845

o

68746875

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4K

94

c

2720

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

196

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete, presso l’attacco di elemento di presa

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1b 2006

C4K

94

m

1384

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2006

C4F

94

r

2748

incisione e punteggio: linea con adamento n.d. che margina un’area campita a punteggio, sulla parete

C4F

572

6892

incisione e punteggio: una banda curvilinea campita da punti

2007

C4G

94

i

2722

excisione: una linea orizzontale che separa due file di triangoli con vertice in basso, sulla parete

2007

C4G

94

o

2735

excisione: elemento curvilineo n.d. a nastro intagliato associato a un grosso punto exciso, sulla parete

2006

C4K

94

d

1404

excisione: cinque linee orizzontali parallele, marginate a un lato da una linea verticale, sulla parete

2006

C4K

94

h

1392

excisione: elemento rettilineo n.d. a nastro intagliato, sulla parete

2006

C4K

94

h

1393

2006

C4K

94

r

2706

2006

C4K

94

m

1388

A

Q

US

2010

h

excisione: elemento curvilineo n.d. a nastro intagliato associato a un triangolo, all’interno del labbro

labbro svasato/collo svasato

excisione: probabile elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete teglia

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1a q

n.

Forma/elemento morfologico

Elementi di presa attacco di manico/maniglia, su orlo

2007

C4L

213

c

2605

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

2007

C4G

213

p

2594

scodella a calotta, orlo ispessito internamente attacco di manico/maniglia, su orlo

Decorazioni

CD

GF

Fig.

C1

XXII

fig. 8.4

C2

XXIII

fig. 8.2

D

XXIII

fig. 9.3

2007

C4L

233

c

2478

scodella a calotta, orlo n.d.

2007

C4G

212

q

2637

scodella troncoconica/calotta, orlo attacco di elemento di presa, tagliato obliquamente su orlo

n.d.

n.d.

2007

C4H

275

2754

scodella emisferica, orlo ispessito internamente

C1

XXII

fig. 10.11

2010

C4B

563

3611

scodella emisferica, orlo ispessito internamente

C2

XXIII

fig. 11.3

2006

C4K

115

4410

scodella emisferica, orlo piatto, espanso esternamente

C1

XXI

fig. 10.9

2010

C4B

563

3612

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto

B1

XV

fig. 13.9

2007

C4G

233

q

2489

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

B2

XVI

2007

C4G

213

n

2613

scodella a bordo leggermente/ rientrante, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2007

C4H

224

e

2505

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

C1

XVII

2006

C4K

115 II

d

4325

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4F

115

r

4426

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2007

C4H

278

o

2572

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

C2

XVIII

fig. 22.2

2007

C4H

212

e

2640

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

C1

XVII

fig. 19.6

2006

C4K

115 II

d

4324

scodella a bordo rientrante conti-​ nuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

fig. 21.2

2007

C4M

277

2536

scodella a bordo leggermente/ rientrante, orlo tagliato obliquamente

B2

XVI

2007

C4M

277

2539

scodella a calotta/bordo rientrante attacco di elemento di presa, continuo, orlo arrotondato su orlo

n.d.

n.d.

n

ansa a maniglia con sezione ellissoidale, appendice stondata oltre la linea interna dell’orlo, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

197

fig. 15.7

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1a 2006

C4K

115 II

4335

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2007

C4H

212

2624

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2007

C4G

213

q

2587

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2007

C4L

233

d

2485

scodella a calotta, labbro svasato distinto

C1

VIII

fig. 25.3

2006

C4K

115

h

4343

scodella a calotta, labbro svasato distinto

n.d.

n.d.

fig. 25.2

2006

C4K

115

d

4396

scodella emisferica, accenno di labbro

B

V

fig. 26.9

2007

C4G

233

r

2470

scodella più che emisferica, labbro svasato

C2

XII

fig. 30.5

2006

C4K

115 II

d

4323

scodella più che emisferica, labbro svasato

B

VII

fig. 29.10

2007

C4H

224

i

2526

scodella più che emisferica, accenno di labbro tagliato esternamente e verticalmente all’imboccatura

C1

X

fig. 29.13

2009

C4B

563

m

3549

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura

n.d.

n.d.

2006

C4K

115

d

4397

scodella carenata a parete concava leggermente rientrante, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2007

C4H

273

2541

scodella carenata con parete leggermente rientrante, labbro imbutiforme

C1

IX

2007

C4H

274

i

2523

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, labbro n.d.

C1

IX

fig. 34.2

2009

C4B

563

m

3550

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, accenno di labbro

n.d.

n.d.

fig. 33.3

B

VI

fig. 33.8

g

attacco di elemento di presa, su orlo

excisione: una linea orizzontale che margina in alto elementi excisi n.d., sulla parete

excisione: almeno tre linee orizzontali parallele, marginate da un lato da una linea verticale in corrispondenza dell’attacco del manico. Fila di tacche excise sul labbro internamente

2006

C4K

115

d

4398

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, labbro svasato

2007

C4G

233

p

2500

scodella a calotta/emisferica, labbro imbutiforme

D

XIII

2007

C4G

213

q

2588

scodella a calotta/emisferica, labbro imbutiforme

D

XIII

2007

C4M

277

2533

scodella a calotta/emisferica, labbro imbutiforme

B

V

2006

C4F

115

n

43394340

scodella carenata (2 frr.)

n.d.

n.d.

2006

C4K

115

q

4415

scodella carenata

n.d.

n.d.

probabile manico a nastro forato: attacco su orlo

excisione: due serie di triangoli excisi alternati e contrapposti al vertice, sul labbro internamente

excisione: una linea orizzontale che margina in alto un motivo rettilineo n.d. a nastro intagliato, sulla parete

2006

C4K

115

c

4394

scodella carenata

n.d.

n.d.

2006

C4K

115

g

4382

scodella carenata

n.d.

n.d.

2006

C4K

115

h

4344

scodella carenata

n.d.

n.d.

2006

C4K

115 II

d

4328

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4L

213

d

2617, 2619

scodella carenata (2 frr.)

n.d.

n.d.

p

2007

C4G

233

2007

C4H

234

2501

scodella carenata

n.d.

n.d.

2731

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4L

251

2760

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4H

278

2574

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4H

224

2512

olla ovoidale, accenno di collo

E

XVI

fig. 38.5

2007

C4H

282

2550

olla ovoidale, breve collo cilindrico

A1

IV

fig. 39.2

2006

C4K

115 II

g

4334

olla ovoidale, breve collo svasato

A2

VI

2007

C4G

213

n

2614

olla ovoidale, breve collo svasato

A2

VI

o

198

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1a 2007

C4G

213

2007

C4H

282

2007

C4H

283 II

2006

C4K

2007

r

2608

olla ovoidale, breve collo svasato

2549

olla ovoidale, collo leggermente svasato

e

2554

olla ovoidale, collo svasato

115

d

4399

C4G

213

r

2006

C4K

115

2007

C4L

2007

C4H

2007

C4H

282

2006

C4K

115 II

2006

C4F

115

fig. 40.9

D

XV

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

B

IX

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

B

X

fig. 41.5

olla ovoidale, collo svasato

D

XV

fig. 42.2

2609

olla ovoidale, breve collo imbutiforme

B

X

fig. 44.1

r

4363

olla ovoidale, breve collo imbutiforme

B

X

fig. 44.2

233

c

2477

olla ovoidale, breve collo imbutiforme

B

X

fig. 44.4

278

o +i

2575

olla globulare, collo svasato

B

VII

fig. 46.5

olla globulare, collo imbutiforme

D

XV

q

4390

C

XII

r

4425, 44274428

orlo arrotondato (3 frr.)

C4K

115

c

4393

orlo arrotondato

C4K

115

d

4402

orlo arrotondato

2006

C4K

115

g

4383, 4386

orlo arrotondato (2 frr.)

2006

C4K

115 II

c

4352

orlo arrotondato

2007

C4G

213

m

650, 2582, 2808

orlo arrotondato (3 frr.)

2007

C4G

213

p

2595

orlo arrotondato

2007

C4G

213

q

2589

orlo arrotondato

2007

C4H

224

o

2513

orlo arrotondato

2007

C4G

233

p

2503

orlo arrotondato

c

C4L

233

C4G

233

2479

orlo arrotondato

2761

orlo arrotondato

2007

C4H

275

2755

orlo arrotondato

2007

C4M

277

2538

orlo arrotondato

2007

C4H

224

i

2525

orlo tagliato obliquamente

d

2007

C4L

233

2007

C4M

277

2007

C4L

213

2007

C4H

212

2007

C4H

277

2006

C4K

2006

C4K

plastica: cordone a faccia concava ondulato, sulla parete

olla a spalla tesa, collo troncoconico e orlo piatto

2006

2007

ansa a nastro insellata con margini appiattiti, su orlo

2548

2006

2007

attacco di elemento di presa, sulla parete

b

2486

orlo ispessito internamente

2534

orlo ispessito esternamente

2586

orlo tagliato esternamente

2629

orlo tagliato esternamente

i

2545

orlo ispessito internamente, tagliato esternamente

115

m

4357

orlo a tesa

109

m

4616

labbro svasato

2006

C4K

115

d

4404

labbro svasato

2006

C4K

115

g

4385

labbro svasato

2006

C4K

115

m

4359

labbro svasato

2006

C4K

115

q

4420

labbro svasato

2006

C4K

115 II

d

4326

labbro svasato

2007

C4H

212

2631

labbro svasato

2007

C4G

213

m

2584

labbro svasato

2007

C4G

213

q

2590

labbro svasato

2007

C4G

213

r

2612

labbro svasato

2007

C4G

233

p

2502

labbro svasato

2007

C4G

233

q

2493

labbro svasato

attacco di manico/maniglia: appendice a beccuccio stondato che prosegue oltre il profilo interno della scodella, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

199

fig. 50.1

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1a 2006

C4K

115

d

4401

labbro imbutiforme

2006

C4K

115

g

4384

labbro imbutiforme

2006

C4K

115 II

c

4353

labbro imbutiforme

2007

C4G

233

q

2491

labbro imbutiforme

2007

C4G

233

r

2471

labbro imbutiforme

2006

C4K

115 II

d

4329

labbro n.d.

2006

C4K

115 II

m

4417

labbro n.d.

2007

C4G

213

p

2596

labbro n.d.

2006

C4K

115

q

4414

collo cilindrico, orlo piatto

2006

C4K

115 II

q

4391

collo cilindrico, orlo arrotondato

2007

C4H

274 II

i

2520

collo leggermente svasato

2007

C4G

213

p

2602

collo leggermente svasato

2007

C4H

277

i

2544

collo leggermente svasato

2006

C4K

115

h

4346

collo svasato

2006

C4K

115

n

4413

collo svasato

2007

C4G

212

m

2620

collo svasato

2007

C4G

212

q

2632

collo svasato

2007

C4L

213

c

2603

collo svasato

2007

C4G

213

q

2849

collo svasato

2007

C4G

224

r

2507

collo svasato

2007

C4L

233

c

24812482

collo svasato (2 frr.)

2007

C4M

277

2535

collo svasato

2007

C4H

278 III

i

2576

collo svasato

2007

C4H

278 III

i

2577

collo svasato

2006

C4K

115

l

4423

collo svasato, orlo ispessito esternamente

2006

C4K

115 II

c

4356

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2007

C4G

212

q

2634

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2007

C4H

224

o

2511

collo svasato, orlo con cresta mediana

684

collo svasato distinto

d

4400

collo imbutiforme

2007

C4H

212

2006

C4K

115

2006

C4K

115

g

4381

collo imbutiforme

2006

C4K

115

h

4347

collo imbutiforme

2006

C4K

115

m

4358

collo imbutiforme

r

43644365

collo imbutiforme (2 frr.)

2006

C4K

115

2007

C4G

213

r

2610

collo imbutiforme

2007

C4G

235

m

2728

collo imbutiforme

2006

C4K

115

g

4380

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2007

C4G

212

m

1077

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2007

C4G

212

q

26352636

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente (2 frr.)

2007

C4L

233

b

2496

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2006

C4K

115

d

4405

collo n.d.

2006

C4K

115

n

4408

collo n.d.

excisione: due serie di triangoli excisi alternati e contrapposti al vertice uniti alla base, sulla parete

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

ansa a nastro a margini appiattiti, su orlo

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

200

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1a 2007 2007

C4G C4G

212

m

2621

collo n.d.

212

q

2633, 1216

collo n.d. (2 frr.)

2007

C4G

213

n

2615

collo n.d.

2007

C4L

213

c

2604

collo n.d.

2006

C4K

115

c

4395

ansa a nastro

2006

C4K

115 II

r

43714372

attacco di ansa a nastro (2 frr.)

2007

C4H

212

e

2643

ansa a nastro

2007

C4G

233

r

2473

ansa a nastro

2007

C4L

233

b

2498

ansa a nastro

2007

C4G

235

m

2730

ansa a nastro

2007

C4H

278 III

i

2570

ansa a nastro

2007

C4L

233

b

2499

attacco di ansa a nastro

2007

C4L

233

c

2483

attacco di ansa a nastro

2007

C4H

234

2429

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4H

274

2522

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4H

275

2757

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4H

276

i

2563

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4H

283 II

e

2561

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4H

224

i

2528

ansa a nastro insellata

2007

C4H

278 III

i

2569

ansa a nastro insellata

2006

C4K

115

g

4387

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2007

C4H

212

2630

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2007

C4G

233

r

2472

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2007

C4G

233

p

2504

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2007

C4G

213

m

2583

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2006

C4K

115

m

4361

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2007

C4H

224

f

2510

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2007

C4H

273

2007

C4H

234

2424

ansa verticale a bastoncello

2007

C4H

276

i

2564

ansa verticale a bastoncello

2007

C4H

276

i

2565

ansa verticale a bastoncello

2007

C4H

283 II

e

2562

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana interna

2006

C4K

115

m

4360

2007

C4G

213

n

2642

ansa verticale con cresta longitudinale mediana che termina a bastoncello ed espansioni coniche laterali a capocchia

fig. 56.9

2007

C4G

212

m

2623

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

fig. 56.8

2007

C4L

233

d

2487

ansa a maniglia a sezione subcircolare, sulla parete

2007

C4H

277

o

2531

i

2542

orlo n.d.

orlo n.d.

orlo n.d.

attacco di ansa a nastro con cresta longitudinale mediana che termina a bastoncello, attacco di sopraelevazione n.d., su orlo

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana, su orlo

ansa a maniglia a sezione subcircolare, su orlo

201

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1a 2006

C4K

115

h

4375

ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana, impostata obliquamente

2007

C4G

233

r

2474

ansa a maniglia con sezione quadrangolare, sulla parete

2006

C4F

115

n

4342

ansa a maniglia di forma quadrangolare con sezione appiattita orizzontalmente

2007

C4L

213

c

2607

attacco di manico/maniglia, su orlo

2007

C4H

234

2431

manico a nastro forato, margini rilevati e appiattiti e apici revoluti, su orlo (1 frammento da attribuire a questa forma)

2006

C4K

115 II

l

4424

manico a nastro non forato con ansa a nastro retrostante, impostato sulla parete

2007

C4L

233

c

2484

manico n.d.: apice corto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2007

C4G

213

m

2822

manico n.d.: margine superiore appiattito e apici revoluti

2006

C4K

115

n

4409

manico/maniglia: 1 frammento di margine a sezione subcircolare

2006

C4K

109

g

4612

piccolo manico forato con margini laterali formanti angolo laterale accentuato e attacco di apici, su orlo

2006

C4K

115 II

r

4370

1 appendice a sezione romboidale probabilmente da attribuire a un manico con grande foro, attacchi a bastoncello, su orlo

2007

C4H

212

2625

presa semicircolare, su cordone

plastica: cordone liscio orizzontale che si interseca con uno obliquo, sulla parete

2006

C4K

115 II

d

4330

presa semicircolare, su cordone

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete, presso l’attacco di elemento di presa

e

2007

C4H

212

2007

C4H

275

2007

C4H

277

2007

C4G

213

2007

C4L

213

2007

C4G

2007

fig. 54.9

fig. 58.9

2644

presa semicircolare, sulla parete

2753

presa semicircolare, sulla parete

o

2532

presa semicircolare, sulla parete

m

2585

appendice anseriforme

c

2606

appendice anseriforme

233

q

2495

appendice anseriforme,

C4H

274

i

2524

appendice anseriforme

fig. 60.2

2007

C4G

224

r

2509

sopraelevazione a capocchia bilaterale

fig. 59.8

2006

C4K

115 II

g

4338

plastica: serie di applicazioni plastiche circolari, sulla parete

2007

C4G

213

p

2597

plastica: cordone liscio orizzontale che interseca con un altro ad angolo retto

2007

C4H

283 II

e

2560

plastica: cordone liscio orizzontale che si affianca ad un cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2007

C4G

233

r

2475

2006

C4K

115

h

4379

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4K

115 II

d

43324333

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4K

115 II

g

4337

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4H

212

26272628

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2007

C4G

213

p

25982601

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (4 frr.)

2007

C4L

233

b

2497

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

attacco di elemento di presa

202

fig. 60.5

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1a 2488

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

275

2756

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

C4L

277

2546, 2537

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2007

C4H

278

2573

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4H

278

2579

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4H

273

2543

2007

C4H

212

2626

plastica: cordone liscio a faccia piana orizzontale, sulla parete

2006

C4F

115

n

4341

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4K

115 II

d

4331

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4K

115 II

r

4373

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2007

C4H

283 II

e

2559

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2007

C4G

224

o

2514

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2007

C4H

224

i

2530

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2006

C4K

115

d

4407

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4K

115

g

4388

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2007

C4H

234

2427

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2007

C4H

234

2428

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2007

C4H

278 III

i

2571

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4K

115 II

c

4355

plastica + impressa: cordone orizzontale pizzicato, sulla parete

2006

C4K

115 II

m

4416

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2007

C4G

213

q

2593

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, sulla parete

2007

C4G

233

r

2476

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, sulla parete

2006

C4K

115

h

4378

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2007

C4H

274 II

i

2518

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2007

C4H

282

2551

plastica + excisione: probabile elemento spiraliforme che si sviluppa intorno a una bozza, sulla parete

2007

C4H

274 II

i

2519

solcature: profonde solcature curviline che formano un motivo a spirale, sulla parete

2007

C4G

212

q

2638

labbro/collo n.d.

solcature: una solcatura orizzontale, alla base del labbro/collo

2007

C4G

235

m

2729

collo/labbro imbutiforme

incisione e punteggio: una banda orizzontale campita da una fila di punti, alla base del labbro/collo

2006

C4K

115

g

4389

excisione: due linee curvilinee parallele che formano un elemento n.d. (spirale?)

2006

C4K

115

h

4350

excisione: banda curvilinea campita da segmenti

2006

C4F

115

r

4430

excisione: due linee orizzontali parallele, sulla parete

2007

C4L

233

2007

C4H

2007

d

o

attacco di elemento di presa

203

plastica: cordone liscio orizzontale che si interseca con uno obliquo, sulla parete

fig. 62.16

fig. 62.5

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli di fase III 1a 2006

C4K

115 II

m

4418

excisione: una linea orizzontale associata a un elemento curvilineo n.d. a nastro intagliato, sulla parete

2007

C4G

213

q

2592

excisione: due linee verticali parallele che marginano una fila di elementi a goccia excisi, sulla parete

2007

C4L

213

d

2616

excisione: elemento rettilineo n.d. a nastro intagliato, sulla parete

2006

C4F

115

r

4429

excisione: una linea orizzontale associata ad un motivo rettilineo a nastro intagliato, n.d., sulla parete

2006

C4K

115

r

4369

excisione e punteggio: una probabile banda orizzontale campita a punteggio associata ad un elemento spiraliforme a nastro exciso

2007

C4G

212

q

2639

excisione e punteggio: linea curvilinea che margina un’area di forma n.d. campita a punteggio, sulla parete

A

Q

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica US

n.

Forma/ elemento morfologico Elementi di presa

CD

GF

Fig,

C1

XXII

fig. 5.1

C1

XXII

fig. 5.2

scodella troncoconica, orlo ispessito internamente

C1

XXII

fig. 5.3

2843

scodella troncoconica, orlo tagliato obliquamente

C2

XXIII

fig. 5.5

698

3697

scodella troncoconica, orlo piatto ispessito esternamente

C2

XXIII

fig. 5.8

C4F

pul.

3803

scodella troncoconica, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

fig. 5.6

2008

C4G

SI

2772

scodella troncoconica fonda, orlo arrotondato

B

XXI

fig. 6.1

2008

C4G

395

2888

scodella troncoconica fonda, orlo arrotondato

C1

XXI

fig. 6.3

2005

C4K

1

575

scodella troncoconica fonda, orlo piatto

C1

XXI

fig. 6.5

2005

C4K

7+2

375

scodella troncoconica fonda, orlo piatto

C1

XXI

fig. 6.2

2005

C4F

SI

568

scodella troncoconica fonda, orlo piatto

C1

XXI

fig. 6.4

2005

C4H

19

703

scodella troncoconica fonda, orlo tagliato obliquamente

C1

XXI

fig. 6.6

2007

C4H

210

2391

scodella troncoconica fonda, orlo arrotondato

C2

XXIV

fig. 6.7

2005

C4G

19

730

scodella troncoconica fonda, orlo piatto

C2

XXIV

2009

C4B

SI

3161

scodella troncoconica fonda, orlo tagliato obliquamente

plastica + impressa: cordone obliquo a tacche

C2

XXIV

plastica: cordone liscio orizzontale, sotto l’orlo

n.d.

n.d.

2010

C4B C4C

45

3557

scodella troncoconica, orlo arrotondato

2007

C4M

321

2301

scodella troncoconica, orlo ispessito internamente

2009

C4H

pul.

3551

2008

C4C C4B

45 II+ 394

2010

C4F

2010

Decorazioni

sopraelevazione a capocchia bilaterale, poco sviluppata, su orlo

plastica: cordone liscio orizzontale, su cui si innesta un elemento semicircolare, sulla parete attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, sulla parete

2005

C4G

25

806

scodella troncoconica fonda, orlo arrotondato

2005

C4H

19

705

scodella troncoconica fonda, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4H

67

904

scodella troncoconica fonda, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

2008

C4G

395

2893

scodella troncoconica fonda, orlo tagliato obliquamente

2007

C4M

19

2241

scodella troncoconica fonda, orlo tagliato obliquamente

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2005

C4H

19

176

scodella troncoconica fonda, orlo tagliato obliquamente

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2005

C4H

19

698

scodella troncoconica fonda, orlo ispessito esternamente

n.d.

n.d.

2005

C4L

34

145

scodella a calotta, orlo piatto

B

XX

204

fig. 6.8

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4L

11

1081

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

2007

C4H

176 II

1881

scodella a calotta, orlo con cresta mediana

2005

C4L

11

1084

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

attacco di elemento di presa, su orlo

XX

B

XX

C1

XXII

C2

XXIII

fig. 8.7

C2

XXIII

fig. 8.6

C2

XXIII

fig. 8.12

C2

XXIII

fig. 9.1

n.d.

n.d.

2005

C4G

25

115

scodella a calotta, orlo tagliato obliquamente

2006

C4G

79

2113

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

2007

C4M

194

2276

scodella a calotta, orlo ispessito internamente, tagliato esternamente

2005

C4G

24

327

scodella a calotta, orlo tagliato sia all’interno che all’esterno

2005

C4K

2

23

scodella a calotta, orlo arrotondato

2005

C4L

50

219

scodella a calotta, orlo piatto

n.d.

n.d.

2802

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

2008

C4G

14

attacco di elemento di presa, su orlo

B

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di ansa a nastro con cresta longitudinale mediana che termina a bastoncello, su orlo

fig. 8.1

2005

C4G

36

190

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

2005

C4L

50 II

172

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

2006

C4L

86

1732

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2008

C4G

480

2997

scodella a calotta, orlo ispessito internamente

attacco di manico/maniglia con cresta longitudinale mediana interna che forma con la linea dell’imboccatura un angolo

n.d.

n.d.

2005

C4L

11

1083

scodella a calotta, orlo ispessito internamente, tagliato esternamente

n.d.

n.d.

2005

C4F

14

687

scodella a calotta, orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura

n.d.

n.d.

2005

C4K

13

78

scodella emisferica, orlo tagliato obliquamente

B

XX

fig. 10.4

2005

C4G

45

117

scodella emisferica, orlo ispessito internamente

C1

XXII

fig. 10.7

2005

C4L

19

138

scodella emisferica, orlo ispessito internamente

C1

XXII

fig. 10.13

2005

C4H

67

229

scodella emisferica, orlo piatto

C2

XXIII

fig. 11.1

2005

C4L

22

1067

scodella emisferica, orlo piatto

n.d.

n.d.

2005

C4L

19

137

scodella emisferica, orlo tagliato obliquamente

C2

XXIII

2007

C4M

179

2258

scodella emisferica, orlo tagliato obliquamente

D

XXIII

2007

C4H

pul.

3399

scodella emisferica, orlo piatto

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

fig. 11.4

2005

C4K

8

150

scodella emisferica, orlo ispessito internamente

2005

C4K

8

38

scodella emisferica, orlo ispessito sia all’esterno che all’interno

2007

C4M

333

2340

scodella emisferica, orlo n.d.

manico forato, margini laterali ricurvi a sezione ellissoidale, formanti un angolo posteriore stondato all’altezza del foro e attacco di apici, su orlo

n.d.

n.d.

fig. 11.9

2006

C4H

19

1780

scodella curvilinea fonda, orlo arrotondato

ansa a nastro, su orlo

A2

II

fig. 12.1

2006

C4K

158

2164

scodella a calotta/emisferica, orlo arrotondato

attacco di ansa a nastro, su orlo

n.d.

n.d.

2005

C4G

24

834

scodella a calotta/emisferica, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2007

C4H

210 II

2395

scodella a calotta/emisferica, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2007

C4M

19

2251

scodella a calotta/emisferica, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

3732

scodella a calotta/emisferica, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

2010

C4F

S IV

attacco di elemento di presa, su orlo

fig. 11.5

205

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2006

C4K

158

2152

scodella a calotta/emisferica, orlo piatto, espanso internamente, tagliato verticamente all’imboccatura

n.d.

n.d.

2006

C4H

19

1751

scodella a calotta/emisferica, orlo tagliato obliquamente, ispessito esternamente e internamente

n.d.

n.d.

2007

C4H

189

2267

scodella a calotta/emisferica, orlo n.d.

C1

XXII

A

XIV

fig. 13.8

2010

C4F

S IV

3734

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

2007

C4H

54

2368

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto

A

XIV

fig. 13.3

2007

C4H

198

2381

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo taglia- attacco di ansa a nastro, su orlo to obliquamente

A

XIV

fig. 13.2

2005

C4G

66

184

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

B1

XV

2009

C4C

387

3628

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

B1

XV

fig. 13.11

2005

C4K

60

210

scodella a bordo leggermente ingrossamento sulla rientrante continuo, orlo taglia- leggero parete interna to obliquamente

B1

XV

fig. 13.16

2006

C4G

102+ 79

2103

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto, tagliato obliquamente all’imboccatura

B1

XV

fig. 13.13

2006

C4G

79

3099

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto, tagliato obliquamente all’imboccatura

B1

XV

fig. 13.15

2009

C4C

45 III

3265

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

B2

XVI

fig. 14.5

2006

C4L

11

1756

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

attacco di elemento di presa, su orlo

B2

XVI

fig. 14.1

2007

C4M

85

3423

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

attacco di elemento di presa, su orlo

B2

XVI

fig. 14.2

2006

C4G

102

2100

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

B2

XVI

2005

C4K

8+ 13

40

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

B2

XVI

fig. 14.7

2005

C4G

25 II

195

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto

B2

XVI

fig. 14.6

2005

C4G

36

875

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

B2

XVI

fig. 14.3

2005

C4L

50 II

168

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

C1

XVII

fig. 15.2

2006

C4G

76

1295

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

C1

XVII

2010

C4F

S III

3671

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto

C1

XVII

2007

C4H

216

2400

scodella a bordo leggermente di elemento di presa, rientrante continuo, orlo taglia- attacco su orlo to obliquamente

C1

XVII

2005

C4L

50

4

scodella a bordo leggermente di elemento di presa, rientrante continuo, orlo taglia- attacco su orlo to obliquamente

C1

XVII

2006

C4G

79

2110

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente

C1

XVII

2007

C4M

19

2249

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

C1

XVII

fig. 15.6

2005

C4L

50

204

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

C2

XVIII

fig. 16.2

2007

C4M

339

2319

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

C2

XVIII

fig. 16.3

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo e probabile attacco di sopraelevazione n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

206

fig. 15.9

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4G

19

127

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

2005

C4L

19

1110

2005

C4G

45 II

2010

C4F

2005

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

824

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

pul.

3815

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto

n.d.

n.d.

C4L

2 II

1000

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4G

7

1433

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4L

13

680

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4G

19

128

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4L

21

11

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2007

C4M

85

2467

scodella a bordo leggermente di elemento di presa, rientrante continuo, orlo taglia- attacco su orlo to obliquamente

n.d.

n.d.

2009

C4C

600

3296

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2007

C4H

pul.

3420

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2006

C4M

19

2347

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente

n.d.

n.d.

2005

C4G

14

812

scodella a bordo leggermente rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

n.d.

n.d.

2005

C4G

24

836

scodella a bordo rientrante con- attacco di elemento di presa, tinuo, orlo arrotondato su orlo

A

XIV

fig. 18.1

2005

C4L

50

218

scodella a bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

A

XIV

fig. 18.3

2007

C4M

85

2466

scodella a bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

B2

XVI

fig. 18.11

2005

C4K

7+8 +13

12

scodella a bordo rientrante con- attacco di elemento di presa, tinuo, orlo arrotondato su orlo

B2

XVI

fig. 18.15

2007

C4M

85

2458

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

B2

XVI

fig. 18.9

2007

C4M

85

2464

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

B2

XVI

2007

C4M

85

2459

scodella a bordo rientrante con- attacco di elemento di presa, tinuo, orlo con cresta mediana su orlo

B2

XVI

fig. 18.10

2007

C4M

19

2248

scodella a bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

C1

XVII

fig. 19.4

2005

C4G

19

221

scodella a bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

C1

XVII

fig. 19.7

2007

C4M

85

2465

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C1

XVII

2006

C4L

86

1731

scodella a bordo rientrante con- attacco di ansa a nastro, su orlo tinuo, orlo arrotondato

C2

XVIII

fig. 21.3

2008

C4B C4G

424

2927

scodella a bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

C2

XVIII

fig. 21.5

2005

C4K

2+8

22

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C2

XVIII

fig. 21.4

2005

C4L

50

202

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C2

XVIII

fig. 21.7

2005

C4L

50 II

2

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C2

XVIII

fig. 22.4

207

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4G

9

10

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

C2

XVIII

2005

C4G

25

114

scodella a bordo rientrante continuo, orlo piatto, espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

C2

XVIII

2005

C4G

19

126

scodella a bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4G

66

185

scodella a bordo rientrante con- attacco di elemento di presa, tinuo, orlo arrotondato su orlo

n.d.

n.d.

2010

C4F

S IV

3733

scodella a bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4L

6

998

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4H

19

720

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2007

C4H

229

4723

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2009

C4B

612

3279

scodella a bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2009

C4B

612

3278

scodella a bordo rientrante continuo, orlo piatto espanso internamente

n.d.

n.d.

2005

C4G

14 II

881

scodella a bordo rientrante continuo, orlo piatto, espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

n.d.

n.d.

2009

C4C

45 III

3262

scodella a bordo rientrante continuo, orlo piatto, espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

n.d.

n.d.

2008

C4G

14

2793

scodella a bordo leggermente/ rientrante, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2009

C4B

612

3276

scodella a bordo leggermente/ rientrante, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

attacco di ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana, impostata obliquamente, su orlo

plastica: applicazione plastica ellissoidale, presso l’attacco di elemento di presa

2008

C4G

45 II

2874

scodella a bordo leggermente/ rientrante, orlo tagliato obliquamente

2008

C4B C4G

424

2920

scodella a bordo leggermente/ rientrante, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2008

C4B C4G

469

2953

scodella a bordo leggermente/ rientrante, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2009

C4B

612

3277

scodella a bordo leggermente/ rientrante, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4L

8

564

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4K

13

43

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4G

14

818

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2008

C4G

14

2807

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4G

19

121

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4H

19

700

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4H

19

1752

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2006

C4H

79

1763

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4K

13 II

335, 337

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato (2 frr.)

n.d.

n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di ansa a nastro, su orlo

208

fig. 22.6

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4L

50 II

169, 174

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato (2 frr.)

n.d.

n.d.

2006

C4H

83

1762

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2009

C4B C4G

SI

3139

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2010

C4F

SII

3668

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4K

13

625

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2008

C4G

14

2799

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2008

C4G

14

2800

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4G

19

942

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4L

19

140

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2007

C4M

19

2250, 2552

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente (2 frr.)

n.d.

n.d.

2005

C4G

25

800

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2009

C4C

45 III

3267

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4P

49 II

234

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4L

50

10411042

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente (2 frr.)

n.d.

n.d.

2005

C4L

50 II

175

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2005

C4G

66

186

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2006

C4F

86

1784

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2008

C4B

14

2780

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

2008

C4B

394

2880

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

2008

C4G

395

2889

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

2009

C4C

45 II

3250

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

2009

C4C

45 III

3266

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

2007

C4H

188

2374

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

2008

C4C

45 II

2844

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo ispessito esternamente

n.d.

n.d.

2005

C4L

19

141

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo piatto, espanso internamente, tagliato verticalmente all’imboccatura

n.d.

n.d.

2005

C4K

13

273

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo con cresta mediana

n.d.

n.d.

2005

C4K

1

577

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di sopraelevazione n.d., su orlo

209

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4L

3

1025

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

2005

C4K

7

379

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

2005

C4G

7 II

960

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

2006

C4L

11

1755

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

2005

C4L

11 II

20

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2005

C4K

13

41

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2005

C4L

13

191

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2005

C4G

19

770

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2005

C4H

19

712, 716

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d. (2 frr.)

n.d.

n.d.

2005

C4L

19

1109, 1111

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d. (2 frr.)

n.d.

n.d.

2005

C4L

22

1066

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2005

C4G

24

835

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2009

C4C

45 V

3188

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2005

C4G

66

915

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

2007

C4H

81 rip. 3434

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

2007

C4H

81

3441

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

manico/maniglia: 1 attacco di margine a bastoncello

n.d.

n.d.

2006

C4L

86

1733

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2006

C4H

163

1754

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2007

C4H

198

2377

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2005

C4F

S

570

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2008

C4B

SI

2763

scodella a calotta/bordo rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2008

C4C

45

2842

scodella a bordo leggermente rientrante distinto, orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura

C1

X

2008

C4B C4G

424

2918

scodella a bordo leggermente rientrante distinto, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2005

C4L

22

26

scodella a bordo rientrante distinto, orlo arrotondato

A

XIV

fig. 23.1

2008

C4B

SI

2762

scodella a bordo rientrante distinto, orlo arrotondato

B1

XV

fig. 23.6

2008

C4B

424

2879

scodella a bordo rientrante distinto, orlo tagliato obliquamente

B1

XV

fig. 23.4

2008

C4B

424 II

2905

scodella a bordo rientrante distinto, orlo tagliato obliquamente

B2

XVI

fig. 23.5

2007

C4H

225

2420

scodella a bordo rientrante distinto, orlo tagliato obliquamente

C2

XVIII

2005

C4H

67

228

scodella a bordo rientrante distinto, alta parete, orlo arrotondato

A

XIV

fig. 23.2

2010

C4F

SIII

3670

scodella a bordo rientrante distinto, alta parete, orlo arrotondato

C1

XVII

fig. 23.9

2009

C4C

600

3297

scodella a bordo rientrante distinto, alta parete, orlo arrotondato

n.d.

n.d.

2008

C4B

424 II

2904

scodella a bordo rientrante distinto, alta parete, orlo tagliato obliquamente

B2

XVI

attacco di elemento di presa, sulla parete

210

fig. 23.11

fig. 23.7

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4L

50

1

scodella a profilo spezzato, alta parete verticale convessa, orlo arrotondato

B1

XX

fig. 24.2

2005

C4L

22

1064

scodella a calotta, labbro imbutiforme

C1

VIII

fig. 25.4

2006

C4K

158

2148

scodella a calotta, labbro imbutiforme

C2

XI

fig. 25.7

2005

C4K

8

151

scodella emisferica, accenno di labbro

A2

II

fig. 26.1

2009

B4O

8

4039

scodella emisferica, accenno di labbro

A2

II

fig. 26.2

2010

C4F

698

3702

scodella emisferica, accenno di labbro

attacco di elemento di presa, su orlo

C1

VIII

2008

C4H

509

4727

scodella emisferica, accenno di labbro

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

2005

C4H

53

239

scodella emisferica, accenno di labbro

n.d.

n.d.

2005

C4K

7

14

scodella emisferica, labbro imbutiforme

B

VII

fig. 26.13

2006

C4K

158

2149

scodella emisferica, accenno di labbro

C1

VIII

fig. 27.5

2005

C4K

60

212

scodella emisferica, labbro imbutiforme

B

V

fig. 26.8

2007

C4G

176

1880

scodella emisferica, labbro imbutiforme

C1

VIII

fig. 27.3

2006

C4K

158

2145

scodella emisferica, labbro imbutiforme

C1

X

fig. 27.9

2007

C4H

198

2376

scodella emisferica, labbro imbutiforme

C2

XI

fig. 28.3

2005

C4G

24

328

scodella emisferica, labbro imbutiforme

C2

XI

fig. 28.4

2005

C4G

36

874

scodella emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2007

C4H

81

3437

scodella emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2009

C4H

rip.

3552

scodella più che emisferica, labbro svasato

B

V

fig. 29.6

2005

C4K

60

211

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

B

V

fig. 29.7

C1

IX

fig. 29.11

excisione: serie di triangoli contrapposti al vertice e alternati associati con un elemento rettangolare exciso, sul labbro internamente; triangolo exciso marginato da un elemento triangolare a nastro intagliato, sulla parete. All’interno del nastro altri tre piccoli triangoli.

2009

B4T

561

4073

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

2006

C4M

S

2353

scodella più che emisferica, labbro svasato

C1

X

2005

C4G

25

1301

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura

C2

XII

fig. 30.3

2005

C4L

23

15

scodella più che emisferica, accenno di labbro tagliato esternamente e verticalmente all’imboccatura

n.d.

n.d.

fig. 30.4

2006

C4K

158

2150

scodella più che emisferica, labbro svasato

C1

X

2009

B4O B4T

578

4079

scodella più che emisferica, labbro svasato

n.d.

n.d.

2005

C4P

3

241

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2005

C4F

14

693

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2005

C4L

19

1114

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2005

C4G

25

133

scodella più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

fig. 29.14

2009

C4C

45 III

3269

scodella più che emisferica schiacchiata, labbro n.d.

A2

II

fig. 29.4

2009

B4O

2

4090

scodella carenata a parete concava svasata, orlo arrotondato

A2

III

fig. 31.1

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

211

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica grande manico forato con margini laterali formanti angolo laterale accentuato e apici ravvicinati in posizione centrale sul margine superiore, su orlo

B

IV

fig. 31.7

B

IV

fig. 31.11

n.d.

n.d.

fig. 31.5

n.d.

n.d.

A2

III

fig. 32.3

scodella carenata a parete concava leggermente rientrante, orlo tagliato obliquamente

D

XIII

fig. 32.13

2891

scodella carenata a parete concava leggermente rientrante, orlo ispessito internamente

n.d.

n.d.

S

4034

scodella carenata a parete concava verticale/svasata, orlo n.d.

A2

III

fig. 32.5

C4K

13 II

609

scodella carenata a parete concava verticale/svasata, orlo n.d.

B

IV

fig. 32.8

C4F

S II

694

scodella carenata a parete concava verticale/svasata, orlo n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

2005

C4K

13

29

scodella carenata a parete concava svasata, orlo arrotondato

2009

B4O

8

4040

scodella carenata a parete concava svasata, orlo arrotondato

2009

B4O B4T

13

3661

scodella carenata a parete concava svasata, orlo arrotondato

2010

C4C

45 IV

3577

scodella carenata a parete concava leggermente rientrante, orlo n.d.

2007

C4M

19

2229

scodella carenata a parete concava rientrante, orlo piatto

2007

C4M

19

2228

2008

C4G

395

2009

B4T

2005 2005

attacco di probabile manico a nastro forato, margini rilevati e appiattiti e apici revoluti, su orlo

excisione: elemento triangolare alla base del labbro; serie continua di triangoli excisi staccati con vertice in alto sul labbro internamente e sul margine del manico

attacco di elemento di presa, su orlo

solcature: larghi segmenti verticali, sulla parete

2005

C4H

19

711

scodella carenata a parete concava verticale/svasata, orlo n.d.

2005

C4G

25 II

1430

scodella carenata a parete concava verticale/svasata, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2007

C4M

285

2299

scodella carenata a parete concava verticale/svasata, orlo n.d.

n.d.

n.d.

2009

B4O

2

3647

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, labbro n.d.

A2

III

fig. 33.1

2009

C4B C4G

S

3137

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, labbro n.d.

B

VI

fig. 33.9

2009

B4O B4T

589

4053

scodella carenata con parete leggermente rientrante convessa, labbro n.d.

C1

IX

2009

B4O

582

4048

scodella carenata con parete leggermente rientrante, labbro imbutiforme

B

VI

2005

C4L

19

1115

scodella a calotta/emisferica, accenno di labbro

n.d.

n.d.

2006

C4H

S

1768

scodella emisferica/più che emisferica, accenno di labbro

n.d.

n.d.

2008

C4G

395

2892

scodella emisferica/più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2009

C4C

45 III

3263

scodella emisferica/più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

excisione: elemento rettilineo n.d. a nastro exciso (elemento angolare?), sulla parete

2009

C4C

45 III

3264

scodella emisferica/più che emisferica, labbro imbutiforme

2009

C4C

596

3622

scodella emisferica/più che emisferica, labbro imbutiforme

n.d.

n.d.

2007

C4M

218

2288

scodella emisferica/più che emisferica, attacco di labbro n.d.

n.d.

n.d.

2008

C4B

45 II

2855

scodella emisferica/bordo leggermente rientrante continuo, orlo tagliato obliquamente

n.d.

n.d.

2009

C4B

612

3280

scodella emisferica/bordo leggermente rientrante continuo, orlo ispessito esternamente

n.d.

n.d.

2008

C4G

395

2894

scodella emisferica/bordo leggermente rientrante continuo, orlo n.d.

n.d.

n.d.

ansa a nastro con attacco di sopraelevazione n.d., su orlo

2009

B4T

S

4035

scodella carenata

n.d.

n.d.

2008

C4B

SI

2770

scodella carenata

n.d.

n.d.

2005

C4K

1

579

scodella carenata

n.d.

n.d.

incisione: elemento angolare, sulla parete

2005

C4G

7

1436

scodella carenata

n.d.

n.d.

2005

C4K

8

371

scodella carenata

n.d.

n.d.

212

fig. 33.4

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4L

9

1023

scodella carenata

2005

C4G

9 II

975

scodella carenata

attacco di elemento di presa, su orlo

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

2005

C4K

13

632

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4M

19

2230

scodella carenata

n.d.

n.d.

2005

C4L

34

1001

scodella carenata

n.d.

n.d.

2005

C4H

67

908

scodella carenata

n.d.

n.d.

2006

C4L

76

1277

scodella carenata

n.d.

n.d.

2006

C4K

158

2151

scodella carenata

n.d.

n.d.

2007

C4H

194

2277

scodella carenata

n.d.

n.d.

2008

C4G

395

2899

scodella carenata

n.d.

n.d.

2010

C4F

698

3710

scodella carenata

n.d.

n.d.

2009

C4C

45 IV

32093210

scodella carenata (2 frr.)

n.d.

n.d.

2007

C4H

81

3436

scodella carenata

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

B

VIII

excisione: una linea orizzontale, sulla parete

2007

C4G

pul.

2355

scodella carenata

2009

B4O B4T

564

4082

olla ovoidale, orlo arrotondato

2005

C4G

19

225

olla ovoidale, breve collo cilindrico

n.d.

n.d.

2005

C4K

18

385

olla ovoidale, breve collo cilindrico e orlo piatto

n.d.

n.d.

2005

C4L

42

17

olla ovoidale, breve collo cilindrico e orlo piatto

B

VII

fig. 39.3

2009

C4B

S

3132

olla ovoidale, collo cilindrico e orlo piatto

D

XV

fig. 39.6

2007

C4M

85

3422

olla ovoidale, collo cilindrico e orlo piatto

B

X

fig. 39.4

2008

C4B C4G

424

2922

olla ovoidale, breve collo svasato

plastica: probabile innesto di elemento angolare su cordone liscio

A2

VI

fig. 40.2

2009

C4C

45 IV

3203

olla ovoidale, breve collo svasato

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

B

X

fig. 40.4

2009

C4C

600

3292

olla ovoidale, breve collo svasato

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

B

X

fig. 40.5

2005

C4G

25

110

olla ovoidale, collo leggermente ansa a nastro, su orlo svasato

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

D

XIII

fig. 42.1

2010

C4B

45

3559

olla ovoidale, collo svasato

plastica: cordone liscio orizzontale, su cui si innesta un elemento semicircolare, sulla parete

A2

VI

fig. 41.2

2009

B4T

2

3641

olla ovoidale, collo svasato

B

VII

fig. 41.4

2009

C4C

600

3293

olla globulare, accenno di collo

n.d.

n.d.

fig. 46.2

2005

C4G

45 II

237

olla globulare, breve collo imbutiforme

A2

VI

fig. 47.1

2007

C4H

81

3435

olla globulare, collo imbutiforme

A2

VI

fig. 47.3

2010

C4B

702 +S 1659

olla globulare, collo troncoco-​ nico e labbro svasato

D

XV

fig. 47.2

2007

C4G

85

3442

olla globulare con collo?

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

A2

VI

fig. 48.3

2010

C4F

S IV

3727

olla globulare con collo?

plastica: bottone circolare, sulla parete

A2

VI

fig. 48.4

2007

C4H

221

2414

olla globulare, collo n.d.

risega orizzontale alla base del collo

C

XII

fig. 48.2

2009

C4B

SI

3149

olla a spalla tesa, breve collo imbutiforme

B

X

fig. 50.2

2007

C4M

218

2287

olla a spalla tesa, breve collo imbutiforme

E

XVII

2009

B4T

2

3640

olla a spalla tesa, breve collo imbutiforme

E

XVII

2009

C4B

612

3271

olla a spalla tesa, collo n.d.

B

X

2005

C4P

53

890

olla a spalla tesa, collo n.d.

n.d.

n.d.

2009

B4O B4T

589

4060

olla piriforme, collo svasato

B

VII

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

ansa a nastro insellata con margini appiattiti, su orlo

excisione: un elemento spiraliforme quadrangolare

ansa a nastro insellata con margini appiattiti, su orlo

213

fig. 37.1

fig. 51.3

fig. 53.2

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4K

1

578

orlo arrotondato

2009

B4T

2

3645

orlo arrotondato orlo arrotondato (2 frr.)

2005

C4P

2

393394

2005

C4L

3 II

1449

orlo arrotondato

2005

C4G

4 II

1445

orlo arrotondato

2005

C4G

7

1434

orlo arrotondato

2009

B4O

8

4038

orlo arrotondato

2005

C4K

8

339, 362, 367, 372

orlo arrotondato (4 frr.)

2005

C4K

8

361, 368, 370

orlo arrotondato (3 frr.)

2005

C4P

8

406

orlo arrotondato

2005

C4P

8

408

orlo arrotondato

2005

C4L

9 II

946

orlo arrotondato

2005

C4L

11

1087

orlo arrotondato

2005

C4L

11 II

972

orlo arrotondato

2005

C4K

13

332

orlo arrotondato

2005

C4K

13

617, 619, 638639, 646

orlo arrotondato (5 frr.)

2009

B4O B4T

13

3658

orlo arrotondato orlo arrotondato (3 frr.)

2005

C4K

13 II

606607, 612

2008

C4B

14

2779, 2782

orlo arrotondato (2 frr.)

2008

C4G

14

2798, 28052806

orlo arrotondato (3 frr.)

2005

C4G

14 II

885

orlo arrotondato

2005

C4F

18

398399, 405

orlo arrotondato (3 frr.)

2005

C4K

18

387, 599

orlo arrotondato (2 frr.)

2005

C4G

19

751, 755, 757, 766, 778779

orlo arrotondato (6 frr.)

2005

C4H

19

719, 725

orlo arrotondato (2 frr.)

2005

C4L

19

1108

orlo arrotondato

2005

C4L

21

1457

orlo arrotondato

2005

C4L

22

1068

orlo arrotondato

2005

C4P

22

895

orlo arrotondato

2005

C4G

24

847

orlo arrotondato

2005

C4F

25

1413

orlo arrotondato

2005

C4G

25

784, 788789, 794

orlo arrotondato (4 frr.)

2005

C4G

25 II

1428, 1426

orlo arrotondato (2 frr.)

2005

C4L

34

1010, 1012

orlo arrotondato (2 frr.)

2005

C4G

36

859, 861, 877

orlo arrotondato (3 frr.)

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sotto l’orlo presso l’attacco di elemento di presa

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo incisione: una linea orizzontale, sotto l’orlo

214

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4L

42

1451

orlo arrotondato

2008

C4C

45

2825

orlo arrotondato

2005

C4G

45

888

orlo arrotondato orlo arrotondato (2 frr.)

2005

C4G

45 II

825, 828

2008

C4G

45 II

2866

orlo arrotondato

2008

C4B

45 II

2878

orlo arrotondato

2009

C4C

45 II

32413243

orlo arrotondato (3 frr.)

2009

C4C

45 III

32533256, 3261

orlo arrotondato (5 frr.)

orlo arrotondato (7 frr.)

2009

C4C

45 IV

3206, 3208, 35623564, 3566, 3570

2009

C4C

45 V

3191

orlo arrotondato

2005

C4P

49 II

848

orlo arrotondato

2005

C4L

50 II

1051

orlo arrotondato

2010

C4F

60

3762

orlo arrotondato orlo arrotondato (2 frr.)

2005

C4H

67

901, 906

2006

C4L

76

1276

orlo arrotondato

2006

C4H

81

1774

orlo arrotondato

2006

C4G

86

2136

orlo arrotondato orlo arrotondato (2 frr.)

2006

C4L

86

1735, 1744

2006

C4K

158

21582160

orlo arrotondato (3 frr.)

2006

C4K

158

2165

orlo arrotondato

2007

C4M

194

2273

orlo arrotondato

2007

C4H

198

2379

orlo arrotondato

2007

C4H

216

2406

orlo arrotondato

2007

C4H

229

47254726

orlo arrotondato (2 frr.)

2007

C4M

333

2337

orlo arrotondato

2008

C4B C4G

394

2886

orlo arrotondato

2008

C4G

395

2895

orlo arrotondato

2008

C4B

424

2903

orlo arrotondato

2008

C4B

424 II

2909

orlo arrotondato

2008

C4B

436

2832

orlo arrotondato

2008

C4B C4G

436

2941

orlo arrotondato

2009

B4T

561

4064, 40664067

orlo arrotondato (3 frr.)

2009

B4O B4T

564

4083

orlo arrotondato

2009

C4C

596

3620

orlo arrotondato

2009

C4C

600

3289

orlo arrotondato

2009

C4B

612

3274

orlo arrotondato

2009

C4B

612

3275

orlo arrotondato

2010

C4F

698

36923695

orlo arrotondato (4 frr.)

2007

C4G

pul.

3416

orlo arrotondato orlo arrotondato (4 frr.) orlo arrotondato

2010

C4F

pul

38063807, 38133814

2007

C4H

pul.

3421

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di ansa a nastro, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

plastica: applicazione plastica curvilinea, sotto l’orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

215

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4G

pul.

1458, 2118

orlo arrotondato (2 frr.)

2009

B4O

S

4032

orlo arrotondato

2009

B4T

S

4037

orlo arrotondato

2008

C4B

SI

2766

orlo arrotondato

2010

C4F

S II

3668

orlo arrotondato

2005

C4K

2

572

orlo piatto

2005

C4L

3

1024

orlo piatto

2005

C4K

8

348

orlo piatto

2005

C4G

9 II

981

orlo piatto

2005

C4K

13

623

orlo piatto

2005

C4K

13

642

orlo piatto

2008

C4B

14

2781

orlo piatto

2005

C4G

19

775

orlo piatto orlo piatto (2 frr.)

2005

C4H

19

702, 724

2006

C4M

19

2348

orlo piatto

2005

C4G

24

839

orlo piatto

2005

C4G

36

857

orlo piatto

2008

C4G

45 II

2867

orlo piatto

2006

C4K

158

2146, 2153

orlo piatto (2 frr.)

2009

C4C

225

3639

orlo piatto

2008

C4B

480

2960

orlo piatto

2010

C4F

698

3690, 3699

orlo piatto (2 frr.)

2008

C4G

SI

2774

orlo piatto

2010

C4F

S IV

3728

orlo piatto

2005

C4P

3 III

597

orlo tagliato obliquamente

2005

C4L

6

999

orlo tagliato obliquamente

2005

C4G

14

819

orlo tagliato obliquamente

2008

C4G

14

2809

orlo tagliato obliquamente

2005

C4F

18

404

orlo tagliato obliquamente

2005

C4L

22

1069

orlo tagliato obliquamente

2005

C4G

24

840

orlo tagliato obliquamente orlo tagliato obliquamente (2 frr.)

2005

C4L

34

1008, 1013

2005

C4G

36

871

orlo tagliato obliquamente

2009

C4C

45

3220

orlo tagliato obliquamente

2010

C4B C4C 45

3556

orlo tagliato obliquamente

2005

C4G

45 II

826827

orlo tagliato obliquamente (2 frr.)

2008

C4B

45 II

2831

orlo tagliato obliquamente

2009

C4C

45 V

3189

orlo tagliato obliquamente

2007

C4M

194

2270

orlo tagliato obliquamente

2007

C4H

198

2378

orlo tagliato obliquamente

2007

C4H

216

2401

orlo tagliato obliquamente

2008

C4B

424 II

2907

orlo tagliato obliquamente

2008

C4B C4G

436

2942

orlo tagliato obliquamente

2009

C4C

600

3290

orlo tagliato obliquamente orlo tagliato obliquamente (3 frr.)

2009

C4B

612

3273, 3277, 3279

2010

C4B

702 +S

3590

orlo tagliato obliquamente

2010

C4F

pul.

4796

orlo tagliato obliquamente

attacco di elemento di presa, su orlo

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali verticale, sotto l’orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

216

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2006

C4G

pul.

1268

orlo tagliato obliquamente

2010

C4F

SIII

3672

orlo tagliato obliquamente

2005

C4K

2

594

orlo ispessito internamente

attacco di elemento di presa, su orlo

2005

C4K

8

346

orlo ispessito internamente

attacco di elemento di presa, su orlo

2005

C4K

8

347, 356, 360

orlo ispessito internamente (3 frr.)

2005

C4G

19

732

orlo ispessito internamente

2008

C4B

45 II

2853, 2856

orlo ispessito internamente (2 frr.)

2007

C4H

176 II

1882

orlo ispessito internamente

2007

C4M

321

2313

orlo ispessito internamente

2005

C4G

9

956

orlo ispessito esternamente

2005

C4G

9 II

977

orlo ispessito esternamente

2005

C4K

13

643

orlo ispessito esternamente

2005

C4L

19

1112

orlo ispessito esternamente

2005

C4G

25

795

orlo ispessito esternamente

2007

C4M

345

2327

orlo ispessito esternamente

2008

C4B

480

2962

orlo ispessito internamente

2009

C4B

612

3280

orlo ispessito esternamente

2005

C4F

14

685

orlo piatto espanso esternamente

2009

C4C

45 IV

3204

orlo piatto espanso esternamente

2007

C4M

194

2274

orlo piatto espanso esternamente

2007

C4H

197

2290

orlo piatto espanso esternamente

2005

C4L

22

1072

orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura

2005

C4G

25

811

orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura

2005

C4G

45 II

830

orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura

2005

C4H

67

909

orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura

2006

C4L

86

1734

orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura

2008

C4B C4G

424

2932

orlo piatto, espanso internamente e tagliato verticalmente all’imboccatura

2008

C4G

395

2887

orlo tagliato esternamente

2010

C4F

698

3696

orlo tagliato esternamente

2005

C4G

4 II

1446

orlo con cresta mediana

2006

C4H

79

1766

orlo con cresta mediana

2007

C4M

19

2253

orlo espanso internamente tagliato verticalmente e obliquamente

2006

C4G

79

2106

orlo tagliato sia all’esterno che all’interno

2007

C4M

194

2272

orlo tagliato sia all’esterno che all’interno

2005

C4P

8

201

accenno di labbro

2005

C4G

14 II

882

accenno di labbro

2005

C4G

19

771772, 761

accenno di labbro (3 frr.)

2005

C4G

36

873

accenno di labbro

2009

C4C

45 II

3244

accenno di labbro

2009

C4C

45 IV

3207

accenno di labbro

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali con andamento n.d., sotto l’orlo attacco di elemento di presa, su orlo

217

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2009

C4C

600

3291

accenno di labbro

2010

C4F

698

3701

accenno di labbro

2010

C4F

pul

3811

accenno di labbro

2005

C4G

36

867

accenno di labbro tagliato verticalmente all’imboccatura

2005

C4P

49 II

235

accenno di labbro tagliato verticalmente all’imboccatura

2007

C4M

218

2286

accenno di labbo tagliato verticalmente all’imboccatura

2005

C4K

2

574

labbro leggermente svasato

2005

C4P

8

407

labbro leggermente svasato

2005

C4G

19

750

labbro leggermente svasato labbro leggermente svasato (3 frr.)

2005

C4F

25

1407, 1409, 1415

2005

C4H

53

891

labbro leggermente svasato

2009

B4O

2

4031

labbro svasato

2005

C4K

8

365

labbro svasato

2009

B4O B4T

13

3657

labbro svasato

2008

C4B

14

2783

labbro svasato

2005

C4P

22

896

labbro svasato

2005

C4L

23 II

968

labbro svasato labbro svasato (2 frr.)

2005

C4G

25

791, 793

2005

C4F

25

1416

labbro svasato

2005

C4G

36

862

labbro svasato

2008

C4B

45 II

2857

labbro svasato

2009

C4C

45 II

3245

labbro svasato labbro svasato (2 frr.)

2005

C4K

60

388389

2006

C4K

158

21542155

labbro svasato (2 frr.)

2007

C4H

176 II

1883

labbro svasato

2007

C4H

210 II

2394

labbro svasato

2007

C4H

211

2396

labbro svasato

2007

C4M

218

2285

labbro svasato

2008

C4B C4G

424

2926

labbro svasato

2008

C4B

480

2961

labbro svasato

2009

B4T

561

4065

labbro svasato

2009

B4O

573

4086

labbro svasato

2009

B4O B4T

589

4057

labbro svasato

2009

C4C

596

3621

labbro svasato

2010

C4F

698

3718

labbro svasato

2010

C4F

698

3698, 3703

labbro svasato (2 frr.)

2007

C4H

pul.

3449

labbro svasato

2010

C4F

pul

3804

labbro svasato

2007

C4H

pul.

3410

labbro svasato

2006

C4M

S

2354

labbro svasato

2009

B4T

S

4036

labbro svasato

2010

C4F

SII

3669

labbro svasato

2005

C4K

8

366

labbro svasato distinto

2005

C4K

13

621

labbro svasato distinto

2009

C4B C4G

S

3135

labbro imbutiforme

excisione: un elemento triangolare isolato (?), sulla parete attacco di elemento di presa, su orlo

218

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4H

S III

236

labbro imbutiforme

excisione: una linea orizzontale associata a un elemento rettilineo n.d. a nastro exciso, alla base del collo/labbro

fig. 62.3

2005

C4K

7

13

labbro imbutiforme

excisione e punteggio: serie di archi a nastro exciso, al di sotto della quale insiste un’area di forma n.d. campita a punteggio, sulla parete

fig. 62.4

2009

B4O B4T

13

3660

labbro imbutiforme

incisione e punteggio: una banda orizzontale campita da una fila di punti, alla base del labbro/collo

fig. 62.2

2005

C4K

13 II

16

labbro imbutiforme

excisione: una linea orizzontale, che margina in alto un elemento angolare retto irregolare, sul labbro internamente

fig. 63.10

2008

C4G

14

2804

labbro imbutiforme

2005

C4G

19

227

labbro imbutiforme

2005

C4L

22

1063

labbro imbutiforme

2005

C4G

25

792

labbro imbutiforme

2005

C4L

34

1014

labbro imbutiforme

2006

C4L

50

4721

labbro imbutiforme

2007

C4M

228

2292

labbro imbutiforme

2008

C4B C4G

394

2885

labbro imbutiforme

2009

B4O B4T

578

4077

labbro imbutiforme

2009

B4O B4T

589

4056

labbro imbutiforme

2009

C4C

596

3622

labbro imbutiforme

2008

C4B

394

2881

labbro imbutiforme tagliato verticalmente all’imboccatura

2005

C4K

1

580

labbro n.d.

2005

C4K

8

359

labbro n.d. labbro n.d. (2 frr.)

excisione: una linea orizzontale, alla base del collo/labbro

2005

C4K

13

636, 644

2007

C4H

81

3438

labbro n.d.

excisione: due linee orizzontali parallele che marginano in alto un elemento rettilineo n.d. a nastro intagliato, sulla parete

2009

B4O B4T

578

4078

labbro n.d.

excisione: una linea orizzontale, alla base del collo/labbro e sul labbro internamente

2009

B4O B4T

589

4054

labbro n.d.

2007

C4H

pul.

3448

labbro n.d.

2007

C4H

pul.

3446

labbro n.d.

2005

C4L

8

566

labbro n.d.

2005

C4K

S II

585

labbro n.d.

2009

C4B

SI

3148

accenno di collo

2009

C4B

SI

3150

accenno di collo

2009

C4B

SI

3151

accenno di collo

2009

C4C

600

3288

accenno di collo

2005

C4K

S II

582

collo cilindrico, orlo arrotondato

2005

C4G

36

864

collo cilindrico, orlo piatto

2005

C4G

7

1431

collo cilindrico, orlo piatto

2005

C4K

8

342

collo leggermente svasato

2005

C4P

8

413

collo leggermente svasato collo leggermente svasato (2 frr.)

2008

C4G

14

2791, 2803

2005

C4L

50 II

1048

collo leggermente svasato

2006

C4H

79

1765

collo leggermente svasato

2006

C4G

79

2108

collo leggermente svasato

2007

C4H

188

2372

collo leggermente svasato

2007

C4G

pul.

3454

collo leggermente svasato

excisione: un elemento triangolare isolato (?), sulla parete

attacco di elemento di presa, su orlo

219

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2008

C4B

SI

2764

collo leggermente svasato, orlo piatto

2008

C4B

45 II

2830, 2854

collo leggermente svasato, orlo piatto (2 frr.)

2005

C4H

3

1450

collo svasato

2005

C4P

8

412

collo svasato

2005

C4G

9 II

973

collo svasato

2005

C4K

13

624

collo svasato

2005

C4K

13 II

280

collo svasato

2008

C4G

14

2792, 2801

collo svasato (2 frr.)

2005

C4H

19

699, 710

collo svasato (2 frr.)

2005

C4L

19

1101

collo svasato

2006

C4M

19

2349

collo svasato

2005

C4L

22

1061

collo svasato

2005

C4L

22

1071

collo svasato

2005

C4L

23 II

966

collo svasato

2005

C4G

25

785, 807

collo svasato (2 frr.)

2005

C4L

34

10021003

collo svasato (2 frr.)

2008

C4C

45

2824

collo svasato

2008

C4B

45 II

2852

collo svasato collo svasato (2 frr.)

attacco di elemento di presa, su orlo impressa: fila di tacche impresse oblique, su orlo

2010

C4C

45 IV

35683569

2005

C4L

50

318

collo svasato

2005

C4L

50 II

1047

collo svasato

2005

C4K

60

294

collo svasato

attacco di ansa a nastro, su orlo

2005

C4K

60

525

collo svasato

attacco di elemento di presa, su orlo

2006

C4F

60

2127

collo svasato

2005

C4H

67

902

collo svasato

2006

C4G

79

2112

collo svasato

2006

C4G

102

2099

collo svasato

2006

C4L

158

2139

collo svasato

2006

C4K

158

2156

collo svasato

2007

C4H

176

1875

collo svasato

2007

C4M

194

2269

collo svasato collo svasato (2 frr.)

2007

C4H

216

24022403

2007

C4H

216

2404

collo svasato

2007

C4M

236

2296

collo svasato

2007

C4M

321

2310

collo svasato

2008

C4B C4G

424

2921, 2931

collo svasato (2 frr.)

2008

C4B C4G

469

2957

collo svasato

2009

B4T

561

40684069

collo svasato (2 frr.)

2009

B4O

578

4075

collo svasato

2009

C4C

600

3286

collo svasato

2009

C4B

612

3270

collo svasato collo svasato (2 frr.)

2010

C4F

698

3687, 3688

2007

C4H

pul.

3447

collo svasato

2005

C4F

S

569

collo svasato

attacco di elemento di presa, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

incisione: una linea orizzontale, alla base del collo

220

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4K

S

590

collo svasato

2009

C4B

SI

3147

collo svasato

2010

C4F

S IV

3736

collo svasato

2010

C4F

SIII

3674

collo svasato, orlo piatto

2005

C4K

8

340

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2005

C4L

8

562

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2007

C4M

19

2238

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2005

C4L

23

995

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2007

C4H

81

3431

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2005

C4L

50

319

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2006

C4L

76

1275

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2006

C4G

79

2109

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2006

C4K

158

2147

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2007

C4H

205

2263

collo svasato, orlo tagliato esternamente

2009

C4C

600

3287

collo svasato, orlo tagliato obliquamente

2007

C4M

19

2237

collo svasato, orlo con cresta mediana

2005

C4H

67

898

collo svasato, labbro imbutiforme

2006

C4L

76

1274

collo svasato, labbro imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2007

C4M

194

2268

collo svasato distinto

2007

C4M

321

2311

collo svasato distinto

2005

C4K

7

373

collo imbutiforme

2005

C4K

13

616

collo imbutiforme

2005

C4G

14

815

collo imbutiforme

2008

C4G C4B

14

2794

collo imbutiforme

2008

C4G

14

28142815

collo imbutiforme (2 frr.)

2006

C4H

81

1773

collo imbutiforme

2007

C4H

210

2390

collo imbutiforme

2007

C4H

225

2418

collo imbutiforme

2007

C4M

228

2291

collo imbutiforme

2007

C4M

285

2300

collo imbutiforme

2008

C4B C4G

424

2919, 2923

collo imbutiforme (2 frr.)

2008

C4B

480

2964

collo imbutiforme

2010

C4F

698

3705

collo imbutiforme

2007

C4H

pul.

3443

collo imbutiforme

2005

C4G

14 II

880

collo imbutiforme

2010

C4F

pul.

3816

collo imbutiforme

2007

C4G

77

3415

collo imbutiforme

2007

C4M

85

3409

collo imbutiforme collo imbutiforme (3 frr.)

2008

C4B

SI

2765, 2768, 3149

2010

C4F

S IV

3735

collo imbutiforme

2005

C4G

25

193

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2007

C4M

19

2242

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

incisione: probabile elemento spiraliforme, associato a un altro elemento n.d., sulla parete

221

fig. 62.1

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2007

C4H

81

3433

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2007

C4H

216

2405

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2007

C4H

pul.

3414

collo imbutiforme, orlo tagliato esternamente

2008

C4G

14

2797

collo imbutiforme, orlo tagliato obliquamente

2008

C4C

45

2823

collo imbutiforme, orlo tagliato obliquamente

2009

C4C

45 III

3257

collo imbutiforme, orlo tagliato obliquamente

2007

C4H

54

2370

collo imbutiforme, orlo tagliato obliquamente

2009

C4B

612

3272

collo imbutiforme, orlo tagliato obliquamente

2010

C4B

702 +S

3588

collo imbutiforme, orlo tagliato obliquamente

2007

C4H

225

2419

collo troncoconico, orlo piatto

2008

C4B

480

2970

collo troncoconico, labbro imbutiforme

2005

C4K

7

374

collo n.d.

2005

C4K

8

341

collo n.d.

2005

C4L

8

567

collo n.d.

2005

C4P

8

414

collo n.d.

2005

C4G

9

953

collo n.d.

2005

C4G

9 II

980

collo n.d.

2005

C4L

11

1082

collo n.d. collo n.d. (2 frr.)

2005

C4K

13

615, 637

2005

C4L

13

681

collo n.d. collo n.d. (2 frr.)

2005

C4K

13 II

281, 604

2005

C4F

14

692

collo n.d.

2005

C4L

19

139, 1099, 11021103, 1107

collo n.d. (5 frr.)

2005

C4G

19

748

collo n.d.

2005

C4G

24

846

collo n.d. collo n.d. (2 frr.)

2005

C4G

25

796, 809

2005

C4L

34

144

collo n.d.

2005

C4G

36

856

collo n.d.

2008

C4B

45 II

2829

collo n.d.

2005

C4G

45 II

831

collo n.d.

2008

C4G

45 II

2875

collo n.d. collo n.d. (4 frr.)

2005

C4L

50

10361038, 1043

2006

C4H

79

1764

collo n.d.

2007

C4H

81

3432

collo n.d. collo n.d. (2 frr.)

2009

B4O

573

4085, 4087

2009

B4O B4T

589

4084

collo n.d.

2010

C4F

698

3689

collo n.d.

2010

C4F

712

3742

collo n.d.

2007

C4M

pul.

3401

collo n.d.

2005

C4K

pul.

598

collo n.d.

2006

C4G

rip

2116

collo n.d.

2009

C4B

SI

3152

collo n.d.

2005

C4K

S II

586

collo n.d.

attacco di ansa a nastro, su orlo

attacco di elemento di presa, su orlo

222

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2010

C4F

S IV

3737

collo n.d.

2005

C4P

2

392

orlo n.d.

ansa a nastro, su orlo

2005

C4G

25

783

orlo n.d.

ansa a nastro, su orlo

2006

C4M

163

2362

orlo n.d.

attacco di ansa a nastro, su orlo

2006

C4L

76

1273

attacco di ansa a nastro, sulla parete

2008

C4B C4G

469

2959

ansa a nastro, sulla parete

2009

B4O

2

3648

ansa a nastro

2005

C4K

2 II

614

ansa a nastro

2005

C4K

7

380

ansa a nastro ansa a nastro (3 frr.)

2005

C4G

7 II

957, 961, 963

2005

C4K

8

353, 355

attacco di ansa a nastro (2 frr.)

2005

C4P

8

409

attacco di ansa a nastro

2005

C4L

11

1080

ansa a nastro

2005

C4L

11

1078

attacco di ansa a nastro

2005

C4L

11 II

970

attacco di ansa a nastro ansa a nastro (2 frr.)

2005

C4K

13

633, 635

2005

C4K

13

634

ansa a nastro

2005

C4K

13

647, 649

ansa a nastro (2 frr.)

2005

C4K

13 II

610

ansa a nastro

2005

C4G

19

742, 754

ansa a nastro (2 frr.)

2005

C4G

19

737, 760

attacco di ansa a nastro (2 frr.)

2005

C4L

19

1092

attacco di ansa a nastro

2005

C4K

22

1452

ansa a nastro ansa a nastro (2 frr.)

2005

C4L

23

989990

2005

C4L

23

991

attacco di ansa a nastro ansa a nastro (3 frr.)

2005

C4G

25

136, 781, 808

2005

C4G

25 II

1421

ansa a nastro

2005

C4L

34

1096

ansa a nastro

2005

C4G

36

865

ansa a nastro

2005

C4G

36

863

attacco di ansa a nastro

2008

C4C

45 II

2845

ansa a nastro

2009

C4C

45 II

3226

ansa a nastro

2008

C4G

45 II

2872

ansa a nastro

2005

C4L

50

323

ansa a nastro attacco di ansa a nastro (3 frr.)

2005

C4L

50

321322, 1039

2005

C4G

54

802

ansa a nastro

2005

C4H

67

903

ansa a nastro

2006

C4L

76

1271

ansa a nastro

2007

C4M

85

3425

ansa a nastro

2006

C4M

163

2364

ansa a nastro

2007

C4H

186

2371

attacco di ansa a nastro

2007

C4M

189

2266

ansa a nastro

2007

C4M

333

2335

ansa a nastro

2007

C4M

345

2330

ansa a nastro

2008

C4G

395

2896

ansa a nastro

223

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, su elemento di presa

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2008

C4B C4G

424

2939

ansa a nastro

2008

C4B C4G

436

29472948

attacco di ansa a nastro (2 frr.)

2008

C4B C4G

436

2948

attacco di ansa a nastro

2009

B4T

561

4072

ansa a nastro

2009

C4C

593

3391

ansa a nastro

2009

C4C

596

3616

attacco di ansa a nastro

2009

C4C

600

3298

ansa a nastro

2009

C4C

600

3300

ansa a nastro ansa a nastro (3 frr.)

2010

C4F

698

37133715

2009

C4C

45 IV

3211, 3213

ansa a nastro (2 frr.)

2007

C4H

pul.

3445

ansa a nastro

2009

C4B C4G

SI

3141

ansa a nastro

2010

C4F

S III

3678

ansa a nastro

2010

C4F

SI

3664

ansa a nastro con attacco di sopraelevazione n.d., su orlo

2005

C4K

18

386

2005

C4K

2+7

376

attacco di ansa a nastro a margini appiattiti

2005

C4K

8

345, 363364

ansa a nastro a margini appiattiti (3 frr.)

2005

C4P

8

415

ansa a nastro a margini appiattiti

2005

C4L

11 II

971

ansa a nastro a margini appiattiti

2005

C4K

13 II

279

attacco di ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4M

19

2346

ansa a nastro a margini appiattiti

2005

C4L

22

1059

ansa a nastro a margini appiattiti ansa a nastro a margini appiattiti (2 frr.)

orlo n.d.

ansa a nastro a margini appiattiti, con linguetta sopraelevata rettangolare, su orlo

2005

C4L

23

993994

2009

C4C

45

32233224

ansa a nastro a margini appiattiti (2 frr.)

2008

C4G

45 II

2870

ansa a nastro a margini appiattiti

2010

C4C

45 IV

3579

ansa a nastro a margini appiattiti

2005

C4L

50

203

ansa a nastro a margini appiatti

2006

C4G

79

2107

ansa a nastro a margini appiattiti

2006

C4M

112

2358

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4H

197

2289

ansa a nastro a margini appiattiti ansa a nastro a margini appiattiti (2 frr.)

2009

C4C

216

36293630

2007

C4M

321

2314

ansa a nastro a margini appiattiti

2007

C4M

339

2322

ansa a nastro a margini appiattiti

2008

C4B C4G

436

2946

attacco di ansa a nastro a margini appiattiti

2010

C4F

698

3707, 3712, 4024

ansa a nastro a margini appiattiti (3 frr.)

2005

C4K

SI

588

ansa a nastro a margini appiattiti

2010

C4F

S IV

3719

ansa a nastro a margini appiattiti

2009

C4B C4G

SI

3138

2005

C4K

13 II

611

ansa a nastro insellata

2005

C4H

17

911

ansa a nastro insellata

2005

C4H

19

713

ansa a nastro insellata

2007

C4M

19

2245

ansa a nastro insellata

2005

C4L

34

1011

ansa a nastro insellata

2009

C4C

45 IV

3212

ansa a nastro insellata

orlo n.d.

ansa a nastro a margini appiattiti, sopraelevazione a corna di lumaca, su orlo

224

plastica: piccola bugna conica

fig. 54.4

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4L

50

320

ansa a nastro insellata

2008

C4B

424 II

2906

ansa a nastro insellata

2008

C4B

14

2784

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2005

C4L

34

1006

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2005

C4G

45

886

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2007

C4M

345

2328

ansa a nastro insellata con margini appiattiti

2010

C4C

45 IV

3578

orlo n.d.

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana che forma un angolo con la linea dell’imboccatura e margini appiattiti, su orlo

2009

C4C

596

3613

orlo n.d.

ansa a nastro con doppia cresta longitudinale mediana, margini appiattiti, attacco di sopraeleva -zione n.d., su orlo

2005

C4G

9 II

974

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2008

C4G

14

2812

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2005

C4L

22

1057

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2008

C4B

45 II

2861

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2006

C4L

50

4719

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2006

C4L

76

1272

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2006

C4L

86

1739

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2006

C4F

86

1782

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2007

C4M

321

2303

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2010

C4F

698

3716

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2010

C4F

S IV

3720

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana

2005

C4L

9 II

21

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2009

C4C

225

3637

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2008

C4B C4G

424

2924

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2009

C4C

596

3614

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2007

C4M

pul.

3402

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2007

C4H

pul.

3452

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2007

C4L

pul.

3458

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti

2005

C4G

4 II

1444

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana e margini appiattiti, probabile attacco di setto interno

2005

C4L

2

1438

ansa a nastro con cresta longitudinale mediana sia all’interno che all’esterno e margini appiattiti

2005

C4L

79

290

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

fig. 56.3

2009

C4C

600+ 45 III

3299

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

fig. 56.6

2010

C4F

S IV

3721

ansa verticale con cresta longitudinale mediana ed espansioni laterali, attacco inferiore a bastoncello (quando visibile)

2005

C4H

67

230

orlo n.d.

attacco di ansa verticale a bastoncello, su orlo

2009

C4B

SI

3146

orlo n.d.

attacco di ansa verticale a bastoncello, su orlo

225

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4K

8

369

ansa verticale a bastoncello

2009

B4O B4T

13

3662

ansa verticale a bastoncello

2008

C4G

14

2811

ansa verticale a bastoncello

2005

C4L

19

1093

ansa verticale a bastoncello

2008

C4C

45 II

2851

ansa verticale a bastoncello

2009

C4C

596

3615

ansa verticale a bastoncello

2007

C4H

210 II

2393

ansa verticale a bastoncello

2010

C4F

S III

3679

ansa verticale a bastoncello

2005

C4L

9 II

945

attacco di ansa verticale a bastoncello

2006

C4G

76

1296

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana

2006

C4K

158

2166

ansa verticale a bastoncello con cresta longitudinale mediana interna

2005

C4G

19

740

orlo n.d.

attacco di ansa a maniglia a sezione subcircolare, su orlo

2009

C4C

600

3302

orlo n.d.

ansa a maniglia con sezione quadrangolare, su orlo

2006

C4G

79

2105

orlo n.d.

ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana che forma con la linea dell’imboccatura un angolo, impostata obliquamente, su orlo

2005

C4K

1

576

ansa a maniglia a sezione subcircolare, sulla parete

2008

C4B

14

2786

ansa a maniglia a sezione subcircolare, sulla parete

2008

C4B

45 II

2839

ansa a maniglia a sezione subcircolare, sulla parete

2008

C4B

424 II+ 2915 45 II

ansa a maniglia a sezione subcircolare, sulla parete

2008

C4G

14

2813

attacco di ansa a maniglia a sezione subcircolare, sulla parete

2005

C4F

14

688

ansa a maniglia a sezione subcircolare, impostata obliquamente, sulla parete

2005

C4L

9

1022

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2005

C4K

13

331

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2007

C4M

19

2246

ansa a maniglia a sezione subcircolare,

2005

C4F

25

1412

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2006

C4K

158

2167

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2007

C4H

225

2422

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2009

C4C

225

3638

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2010

C4F

698

3717

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2009

C4B

SI

3145

ansa a maniglia a sezione subcircolare

2005

C4G

25

132

ansa a maniglia a sezione subcircolare, 2 attacchi di apici laterali, uno in alto in corrispondenza dell’attacco sulla parte, uno impostato lateralmente esterno e parallelo all’ansa stessa (verso l’esterno)

2005

C4P

2

391

ansa a maniglia con sezione semicircolare con cresta mediana sia interna che esterna, attacco di apice laterale

2005

C4K

13

330

ansa a maniglia con sezione semicircolare con cresta mediana sia interna che esterna, apici laterali romboidali

2005

C4K

13

30

ansa a maniglia con sezione quadrangolare, sulla parete

2008

C4B

45 II

2838

ansa a maniglia con sezione quadrangolare, sulla parete

226

baccellature multiple, sull’elemento di presa

fig. 54.8

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4G

54

803

ansa a maniglia con sezione quadrangolare, sulla parete

2005

C4K

13 II

28

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2005

C4L

19

142

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2005

C4G

19

768

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2005

C4G

36

866

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2007

C4H

81

4715

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2010

C4F

S III

3680

ansa a maniglia con sezione quadrangolare

2005

C4K

S II

587

ansa a maniglia con sezione quadrangolare e margine superiore appiattito

2007

C4H

pul.

3450

ansa a maniglia con sezione quadrangolare e margine superiore appiattito

2005

C4K

18

384

ansa a maniglia insellata con margini appiattiti impostata obliquamente, sulla parete

2009

C4B

SI

3144

ansa a maniglia con sezione ellissoidale, sulla parete

2005

C4G

19

749, 763, 765

ansa a maniglia con sezione ellissoidale (3 frr.)

2009

B4T

561

4071

ansa a maniglia con sezione ellissoidale

2009

B4O

578

4074

ansa a maniglia con sezione ellissoidale

2005

C4L

19

19

ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana, impostata obliquamente

2009

C4C

45

3225

ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana, impostata obliquamente

2006

C4L

50 II

1727

ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana, impostata obliquamente, sulla parete

2010

C4F

60

3757

ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana, impostata obliquamente, sulla parete

2005

C4G

83

298

ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana, attacco di apice laterale, impostata obliquamente

2008

C4B C4G

436

2945

ansa a maniglia con sezione ellissoidale e cresta longitudinale mediana, impostata obliquamente

2008

C4B

45 II

2859

ansa a maniglia di forma quadrangolare, sezione subcircolare

2005

C4G

19

753

ansa a maniglia di forma quadrangolare con sezione appiattita orizzontalmente

2007

C4M

339

2323

ansa a maniglia semicircolare, sezione poligonale, cresta longitudinale sul margine superiore

2008

C4C

45 II

2850

ansa a maniglia semicircolare, sezione poligonale, cresta longitudinale sul margine superiore

2009

C4B

SI

3142

ansa a maniglia semicircolare, sezione poligonale, cresta longitudinale sul margine superiore

2005

C4L

19

10941095

ansa a maniglia n.d. (2 frr.)

2009

C4C

596

3617

ansa a maniglia n.d.

2006

C4L

86

1738

2005

C4F

14

7

orlo n.d.

plastica: applicazione plastica ellissoidale, presso l’attacco di elemento di presa

manico a nastro forato: 1 con piccolo foro di cui si conservano gli attacchi su orlo manico a nastro, probabilmente forato, con margini laterali appiattiti e apici ricurvi, probabilmente impostato su orlo

227

fig. 58.6

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4G

45

325

manico a nastro forato con margine superiore revoluto all’esterno e margini laterali revoluti all’interno, apici n.d., probabilmente impostato su orlo

2010

C4F

SI

3665

manico a nastro forato con margine superiore revoluto all’esterno e margini laterali revoluti all’interno, apici n.d., probabilmente impostato su orlo

2007

C4H

216

2410

manico a nastro forato, a prospetto trapezoidale, margini laterali appiattiti e margine superiore revoluto verso l’esterno, apici n.d., probabilmente impostato su orlo

fig. 58.7

fig. 58.8

2008

C4B

394

2883

manico a nastro forato stretto, a prospetto trapezoidale, margini laterali appiattiti e margine superiore revoluto verso l’esterno, apici n.d., probabilmente impostato su orlo

2005

C4P

SI

240

manico a nastro forato, margini poco rilevati e appiattiti e apici revoluti e cornuti, su orlo

2010

C4F

pul.

3810

manico a nastro forato, margini poco rilevati e appiattiti e apici revoluti e cornuti, su orlo

2007

C4H

210

2386

manico a nastro forato: 1 frammento con margini rilevati e appiattiti

2010

C4F

S IV

3741

manico a nastro forato: 1 frammento con margini rilevati e appiattiti

2005

C4K

60

296

grande manico forato con margini laterali formanti un probabile angolo laterale di cui si conserva solo l’attacco ed apici revoluti, su orlo

2795

manico con grande foro, di cui si conservano i margini superiori rilevati e appiattiti, attacco di apici a sezione quadrangolare e solcatura longitudinale tra gli attacchi degli apici, su orlo

2008

C4G

14

2006

C4H

81

1769

manico con grande foro, di cui si conservano i margini superiori rilevati e appiattiti, attacco di apici a sezione quadrangolare e solcatura longitudinale tra gli attacchi degli apici, su orlo

2006

C4H

81

1770

manico con grande foro, di cui si conservano i margini superiori rilevati e appiattiti, attacco di apici a sezione quadrangolare e solcatura longitudinale tra gli attacchi degli apici, su orlo

3424

manico con grande foro, margini laterali a bastoncello appiattito che formano un angolo laterale stondato, margini superiori rilevati e appiattiti, attacco di un apice in posizione centrale, su orlo

2007

C4M

85

2010

C4F

S IV

3723

manico con grande foro, margini laterali a bastoncello appiattito che formano un angolo laterale stondato, margini superiori appiattito a sezione ellissoidale, su orlo

2009

C4C

596

3618

manico con grande foro, attacchi a bastoncello, margini laterali che formano un angolo posteriore, che termina in appendici a sezione romboidale, su orlo

2006

C4H

19

1753

appendice a sezione romboidale probabilmente da attribuire a un manico con grande foro, attacchi a bastoncello, su orlo

2007

C4H

pul. sez. N

3456

appendice a sezione romboidale probabilmente da attribuire a un manico con grande foro, attacchi a bastoncello, su orlo

2005

C4L

7

1447

manico con ampio foro di forma subquadrangolare, margini laterali a bastoncello appiattito, margine superiore a sezione quadrangolare, attacco di apici ricurvi, su orlo

2007

C4M

19

2247

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva un margine laterale a bastoncello che forma un angolo laterale stondato

228

excisione: due serie di triangoli excisi contrapposti al vertice e alternati, sul margine del manico

fig. 57.2

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4L

22

1058

probabile manico forato, grande foro: margine laterale che forma un angolo laterale stondato

2005

C4F

25

1414

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva un frammento di margine laterale

2005

C4G

25

194

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva un margine laterale che forma un angolo laterale accentuato

2005

C4L

50 II

167

probabile manico forato, grande foro, di cui si conserva un margine laterale che forma un angolo laterale stondato

2007

C4M

218

2281

manico forato, grande foro, margini laterale a bastoncello appiattito, margine superiore non rilevato

2009

C4C

45 IV

3214

manico forato n.d.

2007

C4M

338

2332

manico forato n.d.

2005

C4G

7

24

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2005

C4G

24

329

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2010

C4C

45 IV

3583

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2009

C4C

216

3631

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2009

C4C

600

3301

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2007

C4H

pul.

3419

manico n.d.: apice cornuto a sezione subquadrangolare leggermente ritorto

2007

C4M

218

2282

manico n.d.: apice corto a sezione quadrangolare leggermente ritorto

2009

B4O

573

4089

manico n.d.: apice corto a sezione quadrangolare leggermente ritorto

2005

C4K

13 II

605

manico n.d.: apice revoluto

2006

C4F

86

1783

manico n.d.: apice revoluto e appiattito

2010

C4F

S IV

3722

manico n.d.: apice revoluto e appuntito

2010

C4F

698

4025

manico/maniglia: 1 frammento di margine a bastoncello

2005

C4K

7

377

presa trapezoidale, sulla parete

impressa: un’impressione digitale, sulla presa

2005

C4G

25

135

presa trapezoidale, sulla parete

impressa: un’impressione digitale, sulla presa

2006 2007

C4G C4H

79

3117

presa trapezoidale, su cordone

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

2005

C4K

13

82

presa a semiluna, su cordone

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2009

B4O B4T

13

3663

presa a lingua triangolare con vertice arrotondato, sulla parete

2005

C4F

14

682

presa a lingua triangolare con vertice arrotondato, sulla parete

2005

C4P

49 II

852

presa a lingua triangolare con vertice arrotondato, sulla parete

2006

C4K

158

2144

presa rettangolare con margini arrotondati, sulla parete

2008

C4B C4G

424

2933

presa rettangolare con margini arrotondati, sulla parete

2009

C4C

556

3636

presa rettangolare con margini arrotondati, sulla parete

2009

C4B

SI

3143

presa rettangolare con margini arrotondati, su cordone

2005

C4F

25

1419

presa semicircolare, sulla parete

2005

C4G

25 II

199

presa semicircolare, sulla parete

229

excisione: tre serie di piccoli triangoli staccati, sull’apice di manico

plastica + impressa: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa. Un’impressione digitale, sulla presa

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2010

C4C

45 IV

3587

presa semicircolare, sulla parete

2006

C4G

102

2098

presa semicircolare, sulla parete presa semicircolare, sulla parete (2 frr.)

2006

C4K

158

21612162

2007

C4M

333

2336

presa semicircolare, sulla parete

2007

C4H

pul.

3408

presa semicircolare, sulla parete

2009

C4C

45 II

3237

presa semicircolare, su cordone

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2007

C4M

218

2280

presa semicircolare, su cordone

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete, presso l’attacco di elemento di presa. Tacche impresse verticali sulla presa.

2006

C4G

pul.

1267

presa semicircolare, su cordone

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

2009

C4C

216

3632

presa n.d., sulla parete

2008

C4G

14

2796

sopraelevazione a capocchia bilaterale

fig. 59.10

2005

C4G

25

112

sopraelevazione a capocchia bilaterale

fig. 59.9

2008

C4C

45

2827

sopraelevazione a capocchia bilaterale

2005

C4L

50

217

sopraelevazione a capocchia bilaterale

fig. 59.5

2006

C4K

158

2169

sopraelevazione a capocchia bilaterale

fig. 59.4

2007

C4M

321

2302

sopraelevazione a capocchia bilaterale

2009

C4B

612

3282

sopraelevazione a capocchia bilaterale

fig. 59.7

2006

C4K

158

2168

orlo n.d.

sopraelevazione a capocchia bilaterale con cresta che forma con la linea dell’imboccatura un angolo, su orlo

fig. 59.12

2005

C4K

60

295

orlo n.d.

sopraelevazione a lobo circolare impostata su orlo

fig. 60.8

2006

C4K

158

2170

orlo n.d.

sopraelevazione a lobo circolare impostata su orlo

fig. 60.7

2005

C4F

25

198

appendice anseriforme

fig. 60.6

2005

C4L

50 II

171

appendice anseriforme

fig. 60.3

2009

C4C

45 II

3252

impressa: serie di impressioni ovali, sulla parete

2005

C4K

8

152

plastica: serie di bugne semplici, sulla parete

2008

C4B C4G

424

2934

plastica: serie di bugne semplici, sulla parete

2005

C4G

7 II

958

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2005

C4G

9

954

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2005

C4L

9 II

949

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2005

C4G

19

124, 220

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie - 2 frr.)

2005

C4G

45

889

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2008

C4G

45 II

2869

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2007

C4H

198

2382

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2008

C4B C4G

424

2937

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2008

C4B

480

2968

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2009

C4C

600

3308

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2010

C4F

698

3686

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

230

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2009

C4B

SI

3162

plastica: bugna semplice, sulla parete (probabile serie)

2008

C4B

45 II

2860

plastica: bugna troncoconica allungata, isolata, sulla parete

2005

C4K

8

697

2005

C4F

S II

696

2006

C4L

86

1741

2005

C4L

50

1040

2005

C4L

19

1105

2007

C4M

pul.

3403

attacco di elemento di presa

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

2007

C4M

179

2256

attacco di elemento di presa

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

2006

C4G

79

2115

attacco di elemento di presa

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete, presso l’attacco dell’elemento di presa

2009

B4O

2

3649

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4K

5

602

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4L

6

996

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4K

7

382

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

7 II

959, 962

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4L

9

1021

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

9 II

979

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4L

11

1075

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4K

13

83-84

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4G

14

816

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

14 II

883

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

19

224

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

19

733

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

19

122

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

19

125

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

19

759

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4H

19

178, 180182, 303, 706

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (6 frr.)

2006

C4H

19

17471748

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4M

19

23412344

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (4 frr.)

2005

C4L

23

988

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4L

23 II

964

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4G

176

1879

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4G

25

134, 782, 801, 804

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (4 frr.)

2005

C4G

36

872, 876

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

fondo piatto

plastica: bugna conica, sul fondo plastica: bugna con cuppella attacco di elemento di presa

plastica: bottone, presso l’attacco di elemento di presa plastica: bottone circolare, sulla parete plastica: cordone liscio orizzontale, sotto l’orlo

collo/labbro svasato

231

fig. 61.1

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2009

C4C

45

32163217

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4G

45

116, 326

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2008

C4B

45 II

2841

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

C4C

45 II

32273232, 3236

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (7 frr.)

2008

C4G

45 II

2871, 2873

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2009

C4C

45 IV

31933195, 3201

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (4 frr.)

2010

C4C

45 IV

35843585

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4G

45 + 54

119

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4L

50

170, 206, 1026, 1034

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (4 frr.)

2005

C4H

54

238

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4H

54

2369

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4F

60

2124

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2010

C4F

60

3760

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4H

67

232

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4G

77

3418

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4G

86

21372138

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4M

112

2356

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2006

C4K

158

21712172

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4M

163

23592361

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (3 frr.)

2007

C4G

176

1878

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4M

179

2255, 2257

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2009

C4C

216

3633

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4M

285

2297

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4M

321

23052306

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2007

C4M

339

2318

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2008

C4B

424

29012902

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2008

C4B

424 II

2917

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2008

C4B C4G

436

29432944, 2950

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (3 frr.)

2008

C4B C4G

469

2954, 3052

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2009

C4C

556

3635

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

B4O

573

4088

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

B4O B4T

589

4076

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

C4C

596

36263627

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2009

C4C

600

33043307

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (4 frr.)

232

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2010

C4F

698

36823685

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (4 frr.)

2007

C4H

pul.

3444, 3451

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4G

pul.

1265

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4L

pul.

3427

plastica: cordone liscio orizzontale associato a una bugna conica, sulla parete

2007

C4H

pul.

3412

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4H

pul.

3413

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2007

C4M

pul.

34043405

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2009

C4B

SI

3158

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

C4B

SI

3159

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2005

C4P

S III

595

plastica: cordone liscio orizzontale, sulla parete

2009

C4C

45 IV

3247

2008

C4B

424 II

2910

attacco di elemento di presa

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2005

C4H

19

179

attacco di elemento di presa

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete, presso l’attacco di elemento di presa

2005

C4G

14

817

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2005

C4L

22

1060

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2005

C4G

25

129

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2009

C4B C4G

S

3140

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2010

C4F

S IV

3726

plastica: cordone liscio con andamento curvilineo, sulla parete

2005

C4G

19

762

plastica: cordone liscio semicircolare, sulla parete

2005

C4K

60

524

plastica: cordone liscio semicircolare, sulla parete

2009

C4B

SI

3163

plastica: cordone liscio con andamento a ferro di cavallo, sulla parete

2005

C4F

14

686

plastica: cordone liscio orizzontale che si interseca con uno obliquo, sulla parete

2005

C4G

9 II

5

plastica: cordone liscio orizzontale che si interseca con un altro ad angolo retto, sulla parete

2007

C4M

339

2317

plastica: cordone liscio ad angolo retto, sulla parete

2007

C4H

pul.

3097

plastica: cordone liscio ad angolo retto, sulla parete

2005

C4K

8

350

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2005

C4K

13

79, 85

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete (2 frr.)

2007

C4M

19

22432244

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete (2 frr.)

2006

C4G

102

2102

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2007

C4M

236

22942295

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete (2 frr.)

2010

C4F

698

3739

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2006

C4H

19

1750

plastica: cordone liscio con andamento n.d., sulla parete

2009

C4C

45 II

3238

plastica: cordone liscio verticale, sulla parete

orlo n.d.

attacco di elemento di presa

233

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete, presso l’attacco di elemento di presa

fig. 61.4

fig. 61.5

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica attacco di elemento di presa

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete, presso l’attacco di elemento di presa

2008

C4B

480

2969

2005

C4K

8

149

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2005

C4P

8

200

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4H

19

1749

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2005

C4F

25

14171418

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4G

25

113

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2009

C4C

45

32183219

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2008

C4B

45 II

2836

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2009

C4C

45 II

3233

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2009

C4C

45 IV

3202

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2005

C4L

50 II

166, 173

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2006

C4F

60

2125

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2005

C4H

67

231

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2007

C4G

77

3417

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2006

C4H

81

1776

plastica: cordone liscio accentuato con andamento curvilineo, sulla parete

2006

C4K

158

21732174

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2007

C4H

216

2408

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2007

C4H

225

2421

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2007

C4M

333

2334

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2008

C4B C4G

424

2938

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2008

C4B C4G

436

2940

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

S III

3681

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

S IV

3724

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2010

C4F

S IV

3725

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, sulla parete

2005

C4K

31

545

plastica: cordone liscio accentuato orizzontale, su cui si innesta un elemento semicircolare, sulla parete

2007

C4M

19

2236

plastica: cordone liscio a faccia piana orizzontale, sulla parete

2005

C4L

21

1455

2005

C4K

8

146, 148

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4L

9

955

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2009

B4O B4T

13

3651

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2005

C4G

19

123, 223

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4L

23

987

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2005

C4G

25

131

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

attacco di elemento di presa

234

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4G

36

187

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2009

C4C

45 II

32343235

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete (2 frr.)

2005

C4K

60

523

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4F

60

2126

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2010

C4F

60

3759

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2006

C4L

76

1278

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2007

C4H

216

2409

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2007

C4H

229

4724

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2008

C4B C4G

424

2935

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2010

C4F

712

3743

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2007

C4L

pul.

3429

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2005

C4P

S III

596

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali orizzontale, sulla parete

2005

C4G

36

860

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali con andamento n.d., sotto l’orlo

2006

C4H

81

1777

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali con andamento n.d., sotto l’orlo

2005

C4P

2

395

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali con andamento n.d.

2009

B4O

2

3650

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2009

B4O

8

4046

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2005

C4K

13

81

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2005

C4G

19

746

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2005

C4L

34

143

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2006

C4K

158

2175

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2007

C4H

205

2262

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2009

C4C

216

3634

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2007

C4M

218

2279

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2009

C4B

SI

3131

plastica + impressa: cordone con impressioni digitali profonde orizzontale, sulla parete

2006

C4K

158

2176

2009

B4O B4T

2

4030

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, sulla parete

2009

B4O

8

4041

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, sulla parete

attacco di elemento di presa, sulla parete

235

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, sulla parete

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4H

19

726

plastica + impressa: cordone orizzontale a tacche, sulla parete

2005

C4K

13

333, 641

plastica + impressa: cordone a tacche con andamento n.d., sulla parete (2 frr.)

2005

C4K

13

80

plastica + impressa: cordone orizzontale pizzicato, sulla parete

2007

C4H

210

2392

plastica + impressa: cordone con impressioni ad unghiate orizzontale, sulla parete

2005

C4G

7

1435

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

2005

C4L

11

1076

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

2005

C4G

14 II

884

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

2005

C4P

22

894

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

2005

C4G

25

805

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

2006

C4L

86

1743

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

2007

C4M

321

2304

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

2009

B4O

582

4047

plastica + ?: cordone orizzontale n.d., sulla parete

2005

C4K

2

573

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2005

C4K

7

383

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2005

C4K

13 II

613

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2005

C4H

19

728

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2006

C4M

19

2345

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2005

C4G

25

799

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2007

C4H

198

2383

plastica + ?: cordone n.d. con andamento n.d., sulla parete

2005

C4G

4 II

1443

attacco di fondo n.d.

incisione: serie di linee parallele (>3), sulla parete

2005

C4K

13

622

collo/labbro svasato

incisione: una linea orizzontale, alla base del collo/labbro

2005

C4G

19

120

incisione: tre linee orizzontali parallele, sulla parete

2005

C4L

21

1456

incisione: segmento di linea con andamento n.d., sulla parete

2007

C4G

pul.

3453

incisione: una linea orizzontale, sulla parete

2007

C4M

333

2339

incisione: segmento di linea con andamento n.d., sulla parete

2005

C4H

19

177

punteggio: area di forma n.d. campita a punteggio, sulla parete

2008

C4B

436

2928

collo/labbro imbutiforme

2005

C4L

22

1073

collo/labbro imbutiforme

2005

C4K

1

581

excisione: una linea orizzontale, sulla parete

2005

C4K

1

9

excisione: una linea orizzontale che margina in alto una fila di triangoli excisi, sulla parete

fig. 63.7

2005

C4K

1

8

excisione: due linee orizzontali parallele che marginano una fila di triangoli excisi, sulla parete

fig. 63.4

2005

C4K

8

354

excisione: una linea orizzontale che margina in alto una fila di triangoli excisi, sulla parete

2005

C4K

13

334

excisione: due elementi spiraliformi a nastro exciso, staccati, con andamento contrapposto, sulla parete

attacco di elemento di presa, su orlo

excisione: una linea orizzontale, sulla parete excisione: una linea orizzontale, sul labbro internamente

236

Catalogo delle ceramiche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2005

C4K

13 II

27

excisione: una linea orizzontale che margina in alto una fila di triangoli excisi, sulla parete

2005

C4G

14

6

excisione: serie concentrica di elementi angolari a nastro exciso, sulla parete

2005

C4L

22

1074

excisione: due linee curvilinee parallele che formano un elemento n.d. (spirale?)

2005

C4G

24

842

excisione: due linee orizzontali parallele, sulla parete

2005

C4L

34

1009

excisione: due linee orizzontali parallele che si incrociano con un elemento rettilineo n.d. a nastro intagliato, sulla parete

2005

C4G

36

188

excisione: due linee orizzontali parallele che marginano una fila di triangoli excisi, sulla parete

2008

C4B

45 II

2863

excisione: triangolo a nastro exciso, sulla parete

2008

C4B

45 II

2858

excisione: due linee convergenti a formare un probabile triangolo a nastro exciso, sulla parete

fig. 63.1

2008

C4B

45 II

2862

excisione: elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete

fig. 62.12

2010

C4C

45 IV

3586

excisione: elemento spiraliforme a nastro exciso, sulla parete

2005

C4G

45 II

233

collo/labbro svasato

excisione: due linee orizzontali parallele che marginano due serie di triangoli excisi, alternati e opposti al vertice, sulla parete

fig. 63.5

2007

C4M

228

2293

labbro/collo n.d.

excisione: due linee orizzontali parallele, alla base del collo/labbro

fig. 62.11

2008

C4B

SI

2771

excisione: tre linee curvilinee parallele che formano un elemento n.d. (spirale?)

2005

C4K

S II

3

excisione: due linee orizzontali parallele che marginano una fila orizzontale di tacche oblique, associato ad un elemento curvilineo a nastro intagliato n.d., sulla parete

2005

C4L

2

18

incisione + excisione: un triangolo inciso all’interno del quale è iscritto un triangolo exciso, sulla parete

2009

B4O

S

4033

plastica + excisione: elemento spiraliforme a nastro exciso che si sviluppa intorno a un’applicazione plastica n.d., sulla parete

2008

C4G

SI

2777

solcature: profonde solcature curviline che formano un motivo a spirale, sulla parete

2007

C4H

216

2407

solcature: quattro leggere solcature orizzontali parallele, sulla parete

2008

C4B

45

2821

solcature: una solcatura curvilinea, sulla parete

2005

C4K

8

352

probabile coperchio troncoconico

2005

C4G

25

130

vaso cribro con fori subito sotto l’orlo

2005

C4L

50

216

vaso cribro con fori presenti solo in una porzione del vaso

2007

C4M

pul.

3459

vaso cribro con profilo a calotta, orlo tagliato obliquamente

2008

C4G

14

2817

vaso cribro

2005

C4L

22

25

vaso cribro

2006

C4H

81

1772

vaso cribro

2007

C4M

321

2316

vaso cribro

2008

C4B

424 II

2840

vaso cribro

2009

C4C

45 V

3187

listello interno

2006

C4H

81

1771

manico di cucchiaio

2006

C4G

102

2104

probabile fr. di cucchiaio

2008

C4B C4G

424

2930

probabile fr. di cucchiaio

fig. 63.2

fig. 62.10

fig. 63.13

fig. 65.8

fig. 65.7

fig. 65.9

237

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Catalogo delle ceramiche provenienti dai livelli superficiali e di età storica 2006

C4H

19

1779

fornello, di cui si conserva la parte centrale non forata e due dei fori periferici

2010

C4F

698

3738

fornello di cui si conserva una porzione con un foro

2006

C4H

19

1746

fornello

2006

C4M

163

2367

fornello

2008

C4C

45

2828

fuseruola biconica a base piatta

2005

C4G

66

941

fuseruola biconica a base piatta

2005

C4H

67

309

fuseruola biconica a base piatta

2007

C4H

176

1876

fuseruola biconica a base piatta

2008

C4B

394

2916

fuseruola biconica a base piatta

2005

C4G

25

307

fuseruola discoidale

2005

C4F

25

197

fuseruola biconica, carena smussata, con sfaccettature multiple

fig. 66.3

2006

C4M

19

2142

fuseruola a botte a base piatta

fig. 66.6

2006

C4M

163

2141

fuseruola biconica convessa schiacciata

2007

C4H

54

4713

rocchetto

fig. 65.10

fig. 66.1

238

Manufatti in osso, metallo, ambra e pasta vitrea dal sito di Oratino – La Rocca: una breve nota Valentina Copat

Si vogliono qui brevemente descrivere alcuni manufatti in materiale diverso dalla ceramica, alcuni dei quali, come quelli in osso, arricchiscono il quadro delle produzioni e delle attività potenzialmente svolte nel corso di una fase avanzata del Subappenninico nel sito di Oratino – La Rocca, anche se raramente rinvenuti in associazione con i piani funzionali sopra descritti. Altri costituiscono invece indicatori di rilievo, quali quelli in metallo, ambra e pasta vitrea, che aiutano a comprendere meglio il ruolo delle comunità interne appenniniche nell’acquisizione di beni di prestigio, ma anche nel loro coinvolgimento negli scambi a breve e lunga distanza.

contesti più antichi (come a Punta Le Terrare ed Egnazia - Wilkens 1998: figg. 693, 695, 698, 705, 711, 716, 728-730, 742), ma attestati a Coppa Nevigata, oltre che dai livelli appenninici, in un caso anche in quelli del Subappenninico Recente (Cazzella e Moscoloni 1987: 181, fig. 91.22; Moscoloni 2012: 224, fig. 1-2; fig. 1.2). Essi sono stati variamente interpretati in letteratura o come fuseruole o come teste di altro manufatto, in materiale deperibile o in metallo (come ad esempio di spilloni). Recenti ricerche, anche di carattere sperimentale (Cristiani 2012), rendono oggi più plausibile la prima ipotesi, che risulta forse più coerente con il tipo di contesto che qui si è presentato (sebbene nello specifico il manufatto da Oratino provenga dai livelli superficiali, ma posti immediatamente al di sopra del deposito dell’area E della fase III 4a). Sempre dai livelli superficiali dell’area E proviene poi una probabile spatola (Figura 1.4), manufatto anch’esso abbastanza frequente nei siti del versante adriatico, ad esempio sempre a Punta Le Terrare e Coppa Nevigata (in quest’ultimo caso con un esempio anche dai livelli del Subappenninico Antico – Moscoloni 2012: 222; tabb. 2-3; Wilkens 1998: figg. 677, 717, 719, 738). In particolare, a Punta Le Terrare un esemplare è stato rinvenuto in associazione con attività di preparazione del cibo e

Manufatti in osso Scarsi sono i materiali in osso lavorato, riferibili a utensili o a ornamenti, provenienti sia dai livelli superficiali e di età storica, che dai livelli subappenninici in posto. Quelli provenienti dai livelli superficiali sono in qualche modo più variati e rimandano allo svolgimento di diverse attività. Il primo è un manufatto forato (gr. 16 - Figura 1.1), ricavato da una testa di femore, che trova numerosi confronti in area basso adriatica, più frequenti in

Figura 1. Manufatti in osso. Dai livelli superficiali: nn. 1, 3-4. Dai livelli subappenninici: n. 2, 5-6, 10-11. Manufatti in metallo. Dai livelli subappenninici: nn. 7-8. Manufatti in ambra. Dai livelli superficiali: n. 9. Manufatti in pasta vitrea. Dai livelli superficiali: nn. 12-14.

239

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche interpretato appunto come utensile conivolto in questa attività (Radina et al. 2002: 420), in forte analogia, anche sotto altri punti di vista, con il contesto di Oratino (Copat infra: 347-349).

Recchia 2010b) che oggetti di ornamento. Si vogliono in particolare ricordare una cuspide di lancia o giavellotto con immanicatura a cannone frammentaria (Figura 1.8)1, un frammento di ardiglione rettilineo di fibula di piccole dimensioni (Figura 1.7), un frammento di ago di fibula a sezione circolare leggermente ricurvo e infine un frammento di lesina in bronzo a sezione quadrangolare in corrispondenza dell’immanicatura. I primi due sono stati rinvenuti nei livelli d’uso delle strutture di combustione: la cuspide dai livelli della fase III 3a, il frammento di fibula da quelli della fase III 1a. Un’analisi contestuale del loro rinvenimento e una riflessione sui possibili significati della loro presenza in un’area di attività all’aperto, verranno presentate insieme alle altre evidenze. Gli altri, rinvenuti nella campagna del 2010 e non precedentemente descritti, provengono invece dai livelli del gruppo b (la lesina dai livelli del gruppo 6b, l’ago dai livelli di fase 2b). Dai livelli superficiali finora oggetto di studio proviene solo una lamina informe di bronzo.

Ancora dai livelli superficiali si ricorda infine un’estremità di corno tagliato trasversalmente e una punta in osso di forma romboidale con margini smussati (Figura 1.3), anch’essa presumibilmente da ricondurre ad attività pratiche. Dai livelli subappenninici in posto provengono invece, oltre a un punteruolo dai livelli della fase III 1b (Figura 1.2), per lo più elementi di ornamento. Si tratta in particolare di quattro piccoli vaghi, uno di forma anulare, uno subcircolare, uno di forma biconica conservato per metà e infine uno di forma poligonale con sezione molto sottile (i primi pertinenti alla fase III 5a, l’ultimo alla fase III 1a; Figura 1.6,10-11). Si segnala poi un piccolo dischetto a sezione biconicheggiante, di difficile inquadramento tipologico e funzionale, dai piani di uso delle strutture di combustione della fase III 4a (Figura 1.5). A questi si aggiungono alcuni resti faunistici che presentano tracce di lavorazione o politura, che verrano citati oltre in relazione ai diversi piani funzionali (Copat infra: 291-349) (2 falangi forate, una di cervo e una di ovis/capra, un metatarso di ovis/capra polito).

In ogni caso, l’attestazione di un’ampia gamma di manufatti in contesti abitativi, inclusi, come in questo caso, elementi di armamento, non è infrequente a partire dal Subappenninico, data anche la probabile maggiore disponibilità di tale materia prima. Si possono citare, tra gli altri, i siti marchigiani della Valle del Musone, l’insediamento di Scarceta in Toscana o Coppa Nevigata (Cazzella 2012; Jung et al. 2011; Sabbatini et al. 2009; Poggiani Keller 2004; Recchia 2010b), caratterizzati da una maggiore quantità e varietà tipologico-funzionale dei manufatti rinvenuti. Questi sono spesso da mettere in relazione anche alle attestazioni di produzione metallurgica in loco, così come documenta la presenza di forme di fusione, scorie metalliche, crogioli o frammenti di pani di bronzo, pur senza l’evidenza di strutture produttive da destinare a tale attività.

Sebbene il campione dei manufatti in osso sia relativamente ridotto, la lavorazione dell’osso e del corno non sembra essere stata un’attività secondaria: sono abbastanza numerosi dai livelli subapenninici in posto, considerata anche la ristrettezza dell’area indagata, i palchi di cervo, con 12 frammenti in tutto, di cui sette dai livelli di uso delle strutture di combustione. Questi, utili alla realizzazione di vari tipi di utensili (Wilkens 1998: 235) risultano in tre casi lavorati, mentre in un altro (dalla fase III 3a) è stato possibile osservare, oltre alla politura, l’asportazione del tessuto spugnoso interno (Buglione e De Venuto 2008: 301; fig. 11). Da segnalare infine, sempre dai livelli subappenninici, due frammenti di corno di Capra hircus e un frammento di corno di Bos taurus.

I manufatti provenienti dal sito di Oratino sono nel complesso in cattivo stato di conservazione, sia per porzioni conservate sia per estensione della corrosione delle superfici, ed è difficile, come già osservato, un loro preciso inquadramento tipologico. Per quanto riguarda la cuspide, si può sottolineare come l’ingombro dell’innesto a cannone non prosegua fino alla punta della lama, come nella maggior parte degli esemplari noti (per una documentazione complessiva si veda Bruno 2008), ma termini con una cresta sottile fino alla punta. Tale caratteristica trova scarsi confronti, a parte un caso, coevo, da Coppa Nevigata, attribuito al tipo Pila del Brancòn (Cazzella 2012; Recchia 2010b: fig. 56).

Manufatti in metallo, ambra e pasta vitrea I manufatti in metallo, ambra e pasta vitrea, rinvenuti sia nei livelli storici e di superficie che nei livelli subappenninici (questi ultimi non ancora oggetto di uno studio complessivo) sono stati già descritti da chi scrive nel dettaglio in una precedente occasione, rispetto alla quale il quadro è rimasto sostanzialmente invariato (Copat e Danesi 2010: 159-165). Quelli rinvenuti nel deposito che qui si presenta, pertinente dunque solo all’ultimo momento di frequentazione di quest’area dell’abitato, sono relativi a una gamma funzionale abbastanza ampia e comprendono sia manufatti legati all’armamento (Pacciarelli 2006;

Più in generale, cuspidi in bronzo in contesti abitativi subappenninici sono state rinvenute, oltre che a Coppa Su questo manufatto sono in corso analisi archeometallurgiche sugli isotopi del piombo da parte del dott. R. Jung, nell’ambito di uno studio sulla circolazione dei bronzi nel Mediterraneo centrale ed orientale (Jung et al. 2011).

1 

240

Valentina Copat: Manufatti in osso, metallo, ambra e pasta vitrea dal sito di Oratino – La Rocca sono oggetto di questo volume (fase III), ma provengono per lo più dai livelli subappenninici più antichi, e in particolare da quelli di obliterazione della grande struttura in negativo descritta sopra (Copat supra: 11), evidenza che potrà senza dubbio aiutare in una migliore definizione del contesto, ancora in corso di studio.

Nevigata, anche a Scarceta (Cazzella 2012; Recchia 2010b: figg. 55-56; Poggiani Keller 2004: fig. 4.6), mentre elementi di ornamento, oltre che nei siti già menzionati, sono documentati anche in contesti in cui la presenza di manufatti in metallo è meno frequente, come Badia di Schiavi, con uno spillone (Di Fraia 2004: fig. 1.25) e La Starza di Ariano Irpino, con una fibula ad arco di violino (Albore Livadie et al. 2004: fig. 2.28).

Nell’ambito dell’insieme dei materiali che si presenta in questa sede, manufatti in ambra e pasta vitrea provengono infatti solo dai livelli superficiali e di età storica, tra cui si annoverano un vago in ambra di forma globulare schiacciata e quattro vaghi anulari in materiale vetroso blu (Figura 1.9, 12-14), manufatti tipologicamente diffusi nel corso dell’età del Bronzo, anche se non sono moltissime le attestazioni nei contesti di abitato coevi. Tra questi si ricordano gli esemplari di Coppa Nevigata (Bellintani et al. 2006) e di Moscosi di Cingoli e Cisterna di Tolentino (Percossi et al. 2005; Sabbatini et al. 2009), a testimonianza dunque anche di un certo coinvolgimento delle comunità locali dell’interno negli scambi a lunga distanza.

I rinvenimenti di Oratino, cui si deve aggiugere quello dell’ansa decorata con borchiette metalliche descritta sopra (Copat e Danesi supra: Figura 56.4), arricchiscono dunque il quadro finora abbastanza lacunoso relativo alla circolazione dei manufatti metallici nelle aree interne dell’Appennino centro-meridionale e in particolare dell’area molisana, per la quale le attestazioni sono limitate a due frammenti di probabili fibule rinvenuti nelle adiacenze della capanna di Masseria Mammarella (Barker 1995: fig. 63, 64.1-2) e a due cuspidi sporadiche dal territorio, una da Guardiaregia e un’altra proprio dal territorio di Oratino, non ben inquadrabili dal punto di vista cronologico, ma comunque probabilmente riferibili alle fasi finali dell’età del Bronzo (Barker 1995 fig. 70.3-4).

I manufatti rinvenuti a Oratino vanno a colmare un vuoto nelle attestazioni di ambra e pasta vitrea nella penisola, concentrate per lo più nell’arco adriatico settentrionale e nella Puglia adriatica e ionica, aree più direttamente coinvolte negli scambi a lunga distanza. Per valutarne a pieno il significato, si dovrà comunque attendere il risultato delle analisi archeometriche in programma. Come noto, per quanto riguarda l’ambra, sebbene quella di origine baltica sia nel complesso più diffusa, le analisi archeometriche effettuate su campioni da siti anche non troppo lontani, come Coppa Nevigata e Trinitapoli, suggeriscono la possibilità di approvvigionamento, a partire dall’Appenninico, anche da fonti non baltiche, presumibilmente italiane, accanto alle più diffuse succiniti (Angelini e Bellintani 2006; Bellintani 2009; Tunzi Sisto 2006). Per la pasta vitrea, oltre al complesso di manufatti che per tipologia e composizione rimandano all’ambito egeo, è stato possibile isolare un gruppo di manufatti, concentrati in area padana, la cui diversa composizione indizierebbe una situazione di manifattura locale, mentre altre analisi permettono di includere in quest’ultimo gruppo anche i manufatti provenienti dai siti marchigiani, allargando l’area delle attestazioni di tale fenomeno (Bellintani et al. 2006; Jung et al. 2015: 83).

Come accennato sopra, un particolare interesse riveste inoltre il rinvenimento di ornamenti in ambra e pasta vitrea, indicatori archeologici di rilievo nella ricostruzione del complesso sistema di scambi multidirezionali che si sviluppa nel corso dell’età del Bronzo, anch’essi già presentati in una precedente occasione anche in relazione alle fasi di frequentazione più antiche del sito (Copat e Danesi 2010: 159-165). A questi si può aggiungere oggi il rinvenimento di un frammento di tipo miceneo2, proveniente anch’esso, come il frammento di olla con decorazione protogeometrica (Copat e Danesi supra - fig. 57.3; Copat supra: 126), dai più recenti livelli in posto nella sequenza del sito, quella della fase III 6b, nel complesso difficilmente leggibili, in quanto scarsamente conservati in estensione e fortemente intaccati dagli interventi di età storica (Copat supra: 26). Esso è tuttora oggetto di studio e di approfondimento e se ne darà una più esaustiva comunicazione in una successiva occasione. I manufatti in ambra e pasta vitrea non sono tuttavia documentati in associazione con i piani funzionali che

2  Comunicazione personale dott. M. Bettelli, che ha in studio il frammento e che si ringrazia.

241

242

Alcuni manufatti in pietra scheggiata dall’insediamento dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca: pochi ma buoni? Vittorio Mironti I manufatti in pietra scheggiata hanno rappresentato per un lungo periodo, soprattutto durante i momenti antichi della preistoria, la principale attestazione della cultura materiale delle comunità umane. A partire dalla fine del Neolitico, l’introduzione di strumenti in metallo contribuì ad attribuire alla pietra scheggiata un ruolo via via sempre più marginale. “Negli ultimi anni l’aumento degli studi sui complessi litici dell’età del Bronzo ha permesso tuttavia di evidenziare che, almeno nell’Italia centro-meridionale e più nello specifico nell’area sud-orientale, la pietra scheggiata in questo periodo veniva ancora utilizzata sia per lavorazioni più accurate, come la realizzazione di punte di freccia (attestata anche a Oratino, con un esemplare dai livelli superficiali – Cazzella et al. 2007a: fig. 9.1), sia con un approccio in molti casi expedient, volto alla produzione ad hoc di diversi tipi di manufatti connessi ad attività differenti tra loro” (Mironti e Moscoloni 2016). Nel caso della Rocca di Oratino e più nello specifico della fase III, che si colloca in un momento avanzato del Subappenninico (XII sec. a.C. ca.), l’uso e la produzione dei manufatti litici scheggiati potrebbero essere stati notevolmente condizionati, come vedremo più avanti, da fattori connessi alle poche risorse di materia prima locali e all’orizzonte cronologico relativamente recente. Tuttavia, sebbene i manufatti litici scheggiati siano presenti in un numero poco significativo, è sembrato comunque doveroso considerare questa classe di materiali e inserirli in questo specifico studio.

Tabella 1. I manufatti litici non determinabili dalla fase III dell’insediamento dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca. Fase

Quadrato

US

Tipologia

III 1a

C4H

276

débris

C4L l

264

débris

C4G/H

171 II

débris

C4G q

193

non orientabile

C4B o

557

non orientabile

C4K h

70

non orientabile

C4K h

65

débris

C4K h

38 II

non orientabile

C4F

482

débris

C4F

482

débris

C4K

26

débris

C4K

26

non orientabile

C4K

26

alterazione termica

III 1b III 2a III 2a III 2b III 3a III 3b III 4a III 4b III 4b III 5a III 5a III 5a

indicazioni di dettaglio e vari riferimenti bibliografici si rimanda a: Mironti 2018); da quel lavoro derivano anche considerazioni più articolate di cui si è comunque tenuto conto in questo elaborato. L’analisi ha considerato, dal punto di vista macroscopico, il tipo di materia prima, nel tentativo di individuare eventuali variazioni nella composizione litologica. I reperti, schedati singolarmente, sono stati suddivisi considerando le fasi della sequenza operativa: fasi iniziali/messa in forma, produzione, gestione, trasformazione e abbandono. Gli elementi non diagnostici (non orientabili, bruciati etc.) e quelli inferiori a 1 cm2 sono stati solo conteggiati e inseriti anch’essi nelle tabelle riassuntive.

Materiali e metodi Il campione litico analizzato è composto da 26 reperti tra cui 13 non diagnostici (7 inferiori a 1 cm2, 5 non orientabili e 1 con accentuata alterazione termica) (Tabella 1). Le osservazioni qui riportate sono il risultato dell’analisi dei restanti 13 manufatti determinabili, tutti riconducibili a prodotti della scheggiatura (Tabella 2). Per quanto riguarda la metodologia d’analisi utilizzata, lo studio dell’industria litica è avvenuto mediante un approccio di tipo tecno-morfo-funzionale. A tal proposito, va premesso che lo studio che qui si presenta è stato estrapolato da un lavoro più ampio nell’ambito della ricerca di dottorato dello scrivente e che in questa sede verranno elencate solo alcune informazioni generali sulla metodologia di analisi adottata (per le

Tutto ciò è stato possibile con l’ausilio di un database, che ben si adatta ai contesti in esame, già sperimentato nell’ambito di contesti dell’età del Bronzo (Mironti e Moscoloni 2014, 2016; Mironti 2013-2014, 2018); in seguito, i dati sono stati rielaborati e inseriti in tabelle riassuntive. 243

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Tabella 2. I manufatti litici determinabili dalla fase III dell’insediamento dell’età del Bronzo di Oratino – La Rocca. Numero

Fase

Quadrato

US

Tipologia

54

III 1a

C4H f

224

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

53

III 2a

C4G

171 II

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

42

III 2b

C4G o

174

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

41

III 2b

C4B o

552

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

44

III 2b

C4F

835

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

75

III 3a

C4G p

70

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

76

III 3a

C4L d

103

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

57

III 3b

C4F

95

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

55

III 4a

C4G

88

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

68

III 4a

C4L

38

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

73

III 4a

C4K n

38

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

67

III 4b

C4K

40

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

71

III 5a

C4G

30

Prodotto della scheggiatura (scheggia non ritoccata)

Tuttavia, allo stato attuale della ricerca, mentre le informazioni riguardanti le materie prime scheggiabili nell’area di Isernia sono più consistenti, al contrario, per l’area di Campobasso sicuramente andrebbero incrementate le ricerche poiché il quadro risulta ancora parziale.

Materie prime e alcune considerazioni sugli aspetti tecnologici I manufatti litici analizzati sono realizzati esclusivamente in selce. Il cortice, presente solo su tre manufatti (nn. 41, 42 e 55), è di natura silicea e presenta una superficie grigiastra puntinata e poco invasiva, non superando i 2/3 mm di spessore; con estrema cautela potrebbe rimandare a selce tabulare. Il colore nettamente predominante della selce è il grigio (7 elementi), seguito dal bianco (3 elementi), dal marrone (bruno) e dal viola (con 1 elemento per colore). Solo per un elemento non è stato possibile determinare il colore poiché il manufatto mostra un’evidente alterazione termica. La presenza di pochi colori attestati, con prevalenza di selce grigia, fornisce solo un’indicazione su una possibile origine comune della materia prima; inoltre, in tutti i manufatti, la selce è caratterizzata da una tessitura medio-grossolana, abbastanza diffusa nei giacimenti appenninici.

L’area intorno alla Rocca di Oratino non è particolarmente ricca di materie prime scheggiabili; anche le ricognizioni avviate nel 2015 hanno registrato solo una labile presenza di liste di selce nelle vicinanze del sito, probabilmente in giacitura secondaria; analogamente, le ricognizioni sistematiche effettuate nel letto del fiume Biferno non hanno rilevato la presenza di ciottoli di selce (Lucci et al. 2016). A ridosso del corso fluviale, almeno nell’area della Rocca di Oratino, non stati rinvenuti ciottoli di selce e questo porta a escludere che l’approvvigionamento, durante l’età del Bronzo, potesse avvenire direttamente nella vallata sottostante il sito. In alcune aree vicine (Frosolone, IS), recenti indagini di superficie (ad esempio: Cazzella et al. 2018c) hanno invece individuato fonti di approvvigionamento di materia prima in giacitura primaria e secondaria. Anche se in assenza di analisi specifiche rimane difficile stabilire con precisione le relative fonti, le materie prime utilizzate a Oratino per la scheggiatura di manufatti litici rimandano comunque presumibilmente a un approvvigionamento locale, in linea con quanto osservato negli altri contesti coevi analizzati.

Strategie d’approvvigionamento Per quanto riguarda le materie prime scheggiabili, alcuni affioramenti di selce sono stati individuati soprattutto nella provincia di Isernia, dove nel corso degli anni sono state avviate campagne di ricognizione volte all’individuazione di possibili fonti di approvvigionamento (ad esempio: Rufo 2012; Sozzi et al. 1994, 1998). La materia prima individuata in questi contesti si presenta sotto forma di liste di discreta qualità in giacitura primaria e secondaria, anche se in alcuni casi risulta fortemente interessata da fessurazioni probabilmente di origine tettonica.

Aspetti tecnologici Alcune considerazioni tecnologiche possono essere formulate, non tanto sulla base dell’osservazione del 244

Vittorio Mironti: Alcuni manufatti in pietra scheggiata dall’insediamento limitato campione che qui si presenta, ma considerando il lavoro più corposo sopracitato, su tutti i manufatti litici del sito. Sfuggenti rimangono le fasi legate alla messa in forma del nucleo, che sembrerebbero quasi del tutto assenti nel campione analizzato. I prodotti della scheggiatura presi in esame, tutte schegge non ritoccate, sono riconducibili alle fasi di piena produzione: solo 3 elementi presentano infatti cortice sulla faccia dorsale che interessa comunque meno della metà del reperto, mentre i restanti 10 risultano totalmente privi di cortice. Per quanto riguarda le dimensioni dei prodotti della scheggiatura, queste sono in media 37 mm ca. di lunghezza (max. 72 mm, min. 18 mm), 28 mm di larghezza (max. 45 mm, min. 17 mm) e 11 mm di spessore (max. 22 mm, min. 4 mm). I prodotti della scheggiatura, relativi alle fasi di produzione, mostrano una sezione in prevalenza trapezoidale (6 elementi) e triangolare (5 elementi), mentre sono meno attestate le sezioni irregolari (2 elementi). Il profilo dei manufatti si mostra rettilineo in 10 elementi, mentre in 3 questo è riflesso. I negativi sulla faccia dorsale delle schegge, inerenti alle attività di produzione, posti in relazione con la direzione degli stessi supporti, risultano sempre unidirezionali. Il numero dei negativi visibili varia da 1 a 3. Le fasi di produzione s’impostano sull’utilizzo di piani di percussione realizzati, nel corso della sequenza di riduzione, tramite i distacchi delle schegge precedenti e sono sfruttati secondo un débitage principalmente unipolare. Sebbene i dati a disposizione non permettono di formulare con certezza ipotesi ricostruttive della sequenza operativa, anche in base alle osservazioni formulate sull’intero insieme litico dell’insediamento, si riesce a intravedere una prevalenza del metodo opportunistico o expedient, già evidenziato in altri contesti coevi, con diversi livelli di complessità. La presenza di tre elementi riflessi (su 13: 25% ca.) fa intuire una certa ricorrenza nel commettere errori di lavorazione, aspetto questo che consolida l’ipotesi dell’approccio opportunistico. I talloni si presentano quasi sempre lisci (12 elementi), tranne 1 solo caso dove questo è corticato. I bulbi si mostrano prominenti in 10 elementi e diffusi nei restanti tre manufatti. Il labbro è sempre assente. I dati relativi a tutti questi indicatori tecnologici suggeriscono un uso prevalente della percussione diretta con percussore duro.

pensare all’utilizzo principalmente di materiale di mediopiccole dimensioni in giacitura secondaria, suggerendo, molto probabilmente, strategie di approvvigionamento locali volte al reperimento di materiale scheggiabile nelle vicinanze del sito. Purtroppo, il ristretto campione litico non ha permesso di formulare ipotesi tecno-morfo-funzionali più puntuali, anche se i manufatti non ritoccati potrebbero essere stati comunque utilizzati, con un approccio expedient, per alcune attività riconducibili soprattutto al taglio. In particolare, va ricordato che sette manufatti in selce sono stati rinvenuti nei livelli connessi con l’uso delle strutture di combustione presenti nell’area oggetto di studio, uno proviene dai livelli della loro messa in opera, mentre cinque provengono dai livelli intermedi, di accumulo, quindi in una posizione non direttamente attiva. Inoltre, si può notare che per i manufatti in posizione stratigrafica presumibilmente “funzionale” non si ha nessuna concentrazione, per quanto limitata, ma che sono distribuiti in modo relativamente uniforme nei diversi livelli. Nonostante siano presenti solo prodotti della scheggiatura (non ritoccati), la produzione in loco sembrerebbe non attestata, anzi si può osservare la mancanza della prima parte della sequenza operativa, vista la quasi totale assenza di elementi che presentano cortice. Il confronto con altri contesti coevi della penisola rimane difficile soprattutto per fasi così avanzate dell’età del Bronzo. Tuttavia, nell’ambito del II millennio a.C., la selce continuò ad essere utilizzata con un’incidenza abbastanza differente nelle diverse aree geografiche della penisola, influenzata soprattutto dalla disponibilità di materia prima. Le analisi funzionali, che finora hanno interessato contesti diversi da quello qui presentato, hanno evidenziato che l’industria litica era ancora utilizzata in attività anche molto diverse tra loro (ad esempio: a Tufariello – Buccino, SA: Hartmann 1975; a Coppa Nevigata – Manfredonia, FG: Cristiani et al. 2003; Lemorini 2012), soprattutto nei momenti più antichi dell’età del Bronzo. Le indagini di G. Barker a Masseria Mammarella – Guglionesi (CB) e a Fonte Maggio – Petrella Tifernina (CB) hanno evidenziato la presenza di un discreto numero di manufatti litici. La maggior parte del campione litico presente sembra tuttavia essere riconducibile a fasi cronologiche leggermente più antiche (Subappenninico Antico e Appenninico: Barker 1995a). Difficile quindi confrontare il campione di Oratino, inquadrabile in un momento avanzato del Subappenninico, quando i manufatti litici erano oramai sempre meno utilizzati soprattutto nei territori poco ricchi di materia prima scheggiabile e, al contrario, il loro uso e produzione persisteva solo nelle aree ricche di fonti d’approvvigionamento (ad esempio a Coppa Nevigata: Mironti 2018).

Discussione Le materie prime utilizzate nel sito della Rocca di Oratino si mostrano di discreta qualità e appaiono coerenti tra di loro per colore e tessitura con percentuali leggermente variabili. Il tipo di cortice, di natura silicea, associato alle dimensioni dei prodotti della scheggiatura, farebbe 245

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche aree geografiche, durante l’età del Bronzo le strategie di reperimento subiscono notevoli cambiamenti: in particolare un “approvvigionamento a lunga distanza” lascia spazio a un “approvvigionamento locale” in depositi secondari. La scarsa disponibilità di materia prima utilizzabile per la scheggiatura, rispetto ad altre aree geografiche come ad esempio il Tavoliere pugliese, deve aver influito sullo scarso uso dei manufatti in pietra, nonché sulle tecniche e i metodi di scheggiatura adottati.

Conclusioni L’analisi dell’industria litica del sito della Rocca di Oratino della fase III, con tutti i limiti menzionati, ha contribuito a fornire un quadro riguardante la produzione e l’uso della pietra scheggiata durante il II millennio a.C., e più nello specifico in un momento avanzato del Subappenninico, in un sito dell’area interna del Molise. In generale, la produzione e l’uso dell’industria litica a Oratino sembrerebbe abbastanza marginale, almeno nell’area indagata. Non sembra quindi che tale localizzazione geografica abbia influito su una certa arcaicità del sito dal punto di vista dell’incidenza dell’uso dell’industria litica, in confronto, ad esempio, a un abitato costiero, fortemente aperto ai contatti con altri contesti culturali, come Coppa Nevigata. Del resto, come si è visto (Copat supra: 239241), l’insediamento della Rocca di Oratino in tale periodo era ben inserito in correnti di traffico, come indicato da elementi di importazione, come l’ambra, o da modelli con ampia circolazione in Italia, come l’uso di inserire piccoli elementi in metallo nella ceramica, anche se attestati solo in pochi siti. I dati indicano che la quasi totalità della materia prima è coerente per tessitura e colore, facendo supporre una provenienza comune nell’ambito della regione Molise. Nel territorio in esame, come probabilmente in altre

In conclusione, lo scavo stratigrafico e lo studio dei reperti ceramici e bioarcheologici hanno fatto ipotizzare un uso funzionale dell’area, dove probabilmente si svolgevano attività connesse alla trasformazione degli alimenti, che è caratterizzata dalla presenza di una serie di piastre di cottura e strutture pirotecniche (Copat infra: 291-349). I materiali litici analizzati, quindi, anche se in numero esiguo, potrebbero rappresentare parte del kit di manufatti utilizzati dalla comunità dell’età del Bronzo di Oratino a tale scopo, anche se proprio il loro scarso numero farebbe ipotizzare un limitato uso della pietra scheggiata forse connesso proprio alle specifiche attività svolte e, molto più probabilmente, alla fase cronologica relativamente recente, in cui il metallo assume un ruolo sempre maggiore nelle attività pratiche.

246

Impasti argillosi non vascolari provenienti dal sito di Oratino - La Rocca Cosimo D’Oronzo, Vittorio Mironti Il termine “concotto” è comunemente utilizzato nel linguaggio archeologico per indicare una vasta categoria di impasti appartenenti a diverse categorie funzionali, la cui composizione differisce da quelli impiegati per le classi ceramiche e la cui conservazione è frutto di un trattamento termico. Esso, frequentemente associato a quello di “intonaco”, è principalmente utilizzato per indicare “l’impasto con cui sono realizzate diverse categorie di manufatti nell’ambito edilizio o infrastrutturale o frammenti non riconducibili a forme vascolari o altre categorie di fittili determinabili” (Tasca 1998). In altri casi si preferisce sostituire tali espressioni con “malta”, per indicare gli impasti impiegati per realizzare strutture o “installazioni fisse” come i muri delle capanne o le piastre da focolare. Quest’ultima terminologia non sembra tuttavia del tutto appropriata, poiché le espressioni “malta” o “malta di fango” sarebbero “più adatte a situazioni in cui un preparato è usato come legante tra materiali costruttivi” (Cazzella e Recchia 2008b). Per gli impasti utilizzati per plasmare oggetti è stato utilizzato anche il termine di “terracotta” (Moffa 2002; Peroni 1994).

risulta quasi sempre essere accidentale e causata dall’esposizione diretta al fuoco o da incendi; per quanto riguarda le strutture pirotecniche e quei manufatti ideati per una funzione a stretto contatto con il calore, la cottura è invece strettamente connessa con la destinazione d’uso e quindi volontaria. Tutto ciò rende l’analisi di questi materiali molto difficoltosa e forse anche per questo, in passato, spesso non hanno ricevuto la dovuta attenzione, nonostante forniscano indicazioni molto significative sugli ambienti domestici. Tuttavia, negli ultimi decenni, lo stato dell’arte per la preistoria recente si è molto arricchito e molti autori si sono occupati dello studio di questi manufatti, soprattutto quando pertinenti a strutture di combustione (anche con l’organizzazione di giornate di studio dedicate - ad esempio: Debandi et al. 2019a, 2019b), mentre per gli intonaci specifici approfondimenti sono ancora relativamente datati (Moffa 1998a, 1998b). Per l’analisi di questi materiali, e in particolare per gli intonaci, risultano particolarmente significative le osservazioni dedotte da alcuni studi etnografici (ad esempio: Guidoni 1975; Zaccheo 2006), etnoarcheologici (ad esempio: Moffa 2008; Ramseyer 2003) e di archeologia sperimentale (ad esempio: Cattani et al. 2015; D’Oronzo 2017, 2019; Peinetti et al. 2018), che aiutano notevolmente a comprendere le modalità della loro messa in opera e il loro vasto utilizzo in ambito domestico. Inoltre, un notevole contributo è anche fornito da alcuni contesti archeologici “eccezionali”, dove si sono conservati intonaci e strutture di combustione (vedi ad esempio il sito di Nola – Croce del Papa: Albore Livadie e Vecchio 2005). Nello specifico, per quanto riguarda le strutture di combustione, la loro presenza è abbastanza costante negli abitati già a partire dalle fasi antiche del Neolitico (ad esempio: Muntoni 2002; Muntoni et al. 2020; Tozzi 2002, 2015; Tozzi e Tasca 1989) per divenire poi quasi una costante negli insediamenti dell’età del Bronzo (ad esempio: Borgna et al. 2019; Cazzella e Recchia 2008b; Debandi et al. 2019b; Moffa 1998b; Tasca et al. 2019). In questa sede, sulla base dei criteri di classificazione definiti durante l’analisi morfologica dei frammenti, é stato impiegato il termine intonaco, per indicare un impasto utilizzato per il rivestimento di telai lignei, e struttura di combustione per designare le piastre di cottura.

Scevra da eccezioni interpretative è invece la terminologia proposta da I. Muntoni, ovvero “materiali argillosi non vascolari”, nell’ambito dei quali è possibile individuare da una parte i frammenti di “intonaco di capanna” e dall’altra le “piastre di cottura” (Muntoni 2007: 27), almeno per i contesti dell’età del Bronzo. In realtà, la questione terminologica cela la difficoltà insita nel riconoscimento di tali materiali, generalmente caratterizzati da un alto tasso di frammentazione, e nella relativa categorizzazione, poiché la terra cruda, tuttora in uso, è impiegata per la realizzazione di una grande varietà di manufatti afferenti a diverse categorie funzionali. Basti ricordare la similarità fra i materiali argillosi di rivestimento dei telai lignei appartenenti agli alzati delle capanne e i silos sopraelevati o non ipogeici (Moffa 2007, 2008). Il materiale in esame, realizzato con un impasto costituito da argilla mista a diversi sgrassanti, era utilizzato per la realizzazione degli intonaci e delle strutture di combustione (piastre da focolare, forni e fornelli). La combustione o cottura di questo materiale è tuttavia da ricondurre a diversa origine: per quanto riguarda i materiali edili, come gli intonaci, essa 247

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 1. Analisi morfologica delle impronte rilevate nei frammenti di intonaco: a, distanze misurate sul versante con impronte parallele (H: distanza fra le impronte; h: distanza fra l’impronta e la superficie esterne; D: diametro massimo dell’impronta); b: profilo teorico dei frammenti di intonaco con impronte parallele ed inclinate (elaborazione degli autori).

elementi formali caratteristici ha permesso di definire la categoria degli oggetti/manufatti.

Metodologia di studio Gli scavi condotti nell’insediamento della Rocca di Oratino hanno consentito il recupero di frammenti di impasti argillosi non vascolari provenienti da diverse fasi di frequentazione del sito. Lo stato di conservazione dei resti e l’elevato tasso di frammentazione ha portato a schedare complessivamente 299 frammenti, di cui il 18% è stato rinvenuto nei livelli superficiali e il 42% nei livelli di uso delle strutture di combustione e in quelli ad essi frammisti (fase III). I restanti frammenti (il 40%) provengono dai livelli più antichi della sequenza, in corso di studio e di definizione.

Per la categoria degli intonaci, quando possibile, è stato indicato il numero delle impronte e la loro forma (curvilinea, piatta), il loro diametro, la distanza dell’impronta dalla superficie finita e quella fra le impronte stesse, l’orientamento reciproco (parallelo, incrociato, ortogonale), la direzione rispetto alla superficie finita (parallele, inclinate) e le eventuali impronte di legature o altri elementi riconoscibili (Figura 1). Nel caso dei frammenti di strutture di combustione è stata valutata la presenza di impronte imputabili a frammenti ceramici, ciottoli e pietre (tipiche delle strutture fisse), di bordi o di particolari trattamenti delle superfici (Figure 2-3).

Per l’analisi dei materiali argillosi non vascolari si è proceduto in primo luogo a un’osservazione complessiva di tutti i frammenti per valutarne lo stato di conservazione; in un secondo momento, gli stessi sono stati schedati sulla base di criteri morfologici descrittivi, come suggerito da altri casi studio presenti in letteratura (Moffa 2002; Speciale 2015; Tasca 1998; Tinè 2009). Nella fase di schedatura, oltre a indicare informazioni di carattere stratigrafico e cronologico, sono stati registrati i parametri dimensionali (lunghezza, larghezza, spessore), il peso, il colore e il grado di coesione. É stata valutata la presenza di superfici diagnostiche indicandone la forma e l’andamento (piana, concava, convessa, irregolare), il grado di rifinitura e trattamento (lisciata, steccata, etc.), il relativo stato di conservazione e l’eventuale presenza di impronte (elementi lignei, vegetali, pietre/frammenti ceramici). È stata infine operata una preliminare caratterizzazione degli inclusi lungo dei piani di frattura (minerali, vegetali, etc.).

Limitatamente ai frammenti della fase III, che sono oggetto specifico di questo contributo, il campione è complessivamente costituito da 126 frammenti, di cui l’80% (101 frr.) è stato ricondotto alla categoria degli intonaci, il 15% (19 frr.) a quella delle strutture di combustione (piastre di cottura), mentre il restante 5% (6 frr.) include resti di attribuzione incerta (Figura 4). La maggior parte di essi proviene dai quattro piani di uso delle strutture di combustione maggiormente conservati (fasi III1a-III4a), mentre numericamente molto scarsi sono quelli provenienti dagli ultimi due momenti di vita riconosciuti, individuati solo per una limitata estensione: solo tre frammenti provengono dai livelli della fase III6a. Un numero limitato di frammenti di intonaco, in tutto 13, proviene inoltre dai livelli di accumulo ad essi frammisti, a testimonianza del loro stretto legame con le evidenze restituite da questi piani.

Sulla base di queste caratteristiche, i frammenti caratterizzati dalla presenza di impronte di una tramatura lignea e impasto grossolano sono stati inseriti nelle categoria delle infrastrutture (intonaci), i frammenti con pareti parallele e rifinite sono state inclusi nelle strutture di combustione (piastre, fornelli), mentre la presenza di spigoli, orli, perforazioni ed altri

Gli intonaci I frammenti di intonaco esaminati presentano forme e dimensioni eterogenee, condizionate principalmente dalla dinamica di formazione del deposito e da una scarsa resistenza di tali impasti agli agenti esterni. I frammenti hanno una lunghezza media di 4,5 cm, ma 248

Cosimo D’Oronzo, Vittorio Mironti: Impasti argillosi non vascolari ...

Figura 2. Materiali argillosi non vascolari provenienti dai livelli della fase III. Intonaco con trattamento della superficie. Fase III 3a: n. 1 (cat. n. C67). Intonaco con impronte vegetali. Fase III 3a: n. 2 (cat. n. C40). Intonaco non impronte di rami o vegetali. Fase III 3a: n. 3 (cat. n. C76). Intonaco con cresta arrotondata. Fase III 3a: n. 4: (cat. n. C77). Piastra con trattamento della superficie di cottura. Fase III 3b: n. 5 (cat. n. C246). Fase III 3a: n. 6 (cat. n. C247).

Figura 3. Materiali argillosi non vascolari, I provenienti dai livelli della fase III. Intonaco con impronte di rami o vegetali. Fase III 4a: nn. 8-9 (cat. nn. C7-8); fase III 3a: nn. 6-7 (cat. nn. C12, C4747); fase III 2a: n. 1, 4-5 (cat. n. C193, C184, C133); fase III 1a: n. 3 (cat. n. C156). Piastra con trattamento della superficie di cottura. Fase III 3a: n. 2 (cat. n. C247). Disegni Cristiana Ruggini.

249

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

III 4b (1 fr.)

III 4a (21 frr.)

III 3b (2 frr.)

Figura 4. Materiali argillosi non vascolari individuati nella fase III. Incidenza delle diverse categorie individuate.

III 3a (29 frr.)

III 2b (6 frr.)

nei livelli di uso delle piastre (fasi III 1a-III 6a), e in particolare nella fasi III 2a, III 3a e III 4a, sono attestati frammenti che superano la media generale, con alcuni esemplari che raggiungono la lunghezza di 10 cm (Figura 5). Lo spessore è in media di 2 cm ma sono presenti alcuni casi, sempre nella fase III 2a e III 4a, con valori massimi di 5,5 cm (Tabella 1).

III 2a (30 frr.)

III 1b (3 frr.)

Il peso medio è di 32 g, ma sono presenti anche frammenti con peso compreso fra 50-120 g, in particolare nei piani delle fasi III 2a, III 3a e III 4a, mentre solo nei piani

III 1a (6 frr.)

Lunghezza (cm)

Larghezza (cm)

Spessore (cm)

Peso (gr)

III 6a (3 frr.)

Valori

Tabella 1. Lunghezza, larghezza, spessore e peso degli intonaci rinvenuti nella fase III - valori massimo, medio e minimo.

max

4,8

45,9

4,5

51,3

med

4,3

15,2

2,3

32,7

min

3,9

5

2,5

30,3

max

3,5

3

1

7,5

med

3,5

3

1

7,5

min

3,5

3

1

7,5

max

8,5

7

5,5

192,8

med

4,7

3,5

2,4

37,5

min

2

1,5

0,5

2,2

max

3,5

2,5

2

15

med

2,9

2,3

1,7

9,5

min

2,3

2,2

1,4

4

max

8

6

3,5

116,3

med

4,7

3,1

3

29,4

min

2,5

1,5

1

4,2

max

6

4,5

2,5

39

med

4,5

3,5

1,6

21,8

min

3

2,5

1

8,6

max

10

9

5,5

212,3

med

5,5

4,2

2,7

55,1

min

2

1,5

1

3,1

max

3,5

2,5

2,5

13

med

3,2

2,1

2

10,5

min

3

2

1,5

5,8

max

5,5

4,5

2,5

45,9

med

3,8

2,9

1,5

15,2

min

2,5

1,5

1

5

Figura 5. Lunghezza media degli intonaci nella fase III.

250

Cosimo D’Oronzo, Vittorio Mironti: Impasti argillosi non vascolari ...

Figura 6. Variazione del peso degli intonaci nella fase III, con l’indicazione, del peso minimo, medio e massimo individuati nel campione degli intonaci pertinenti a ciascuna sottofase.

relativi alle fasi III 2a e III 4a si osservano intonaci con peso superiore ai 150 g (Figura 6, Tabella 1). Un altro parametro preso in considerazione è il colore della superficie e della porzione interna. Questo dipende da una parte dalla composizione chimica del sedimento (eventuale presenza di Fe) e dall’altra risulta strettamente correlato con la temperatura di esposizione alla fonte di calore (Lintz 1989; Wells et al. 1979). Generalmente, il colore della superficie esterna è arancione e grigio, mentre sporadicamente è attestato il colore rosso o nero-marrone. Il maggior numero di frammenti di colore arancione è stato riscontrato nelle fasi III 2a, III 3a e III 4a, il colore grigio si trova in tutti i livelli di uso delle piastre meglio conservati (III 1a-III 4a), mentre il rosso nelle fasi III 2a, III 4a e III 6a (Figura 7).

Figura 7. Colore della superficie esterna degli intonaci della fase III.

I colori riscontrati nella sezione interna sono l’arancione, il grigio e il nero: in particolare l’arancione e il nero sono maggiormente documentati nelle fasi III 2a, III 3a, III 4a, il grigio risulta più frequente nelle fasi III 1a, III 2a, III 3a e III 4a. Tali cromatismi, imputabili alla cottura accidentale dell’intonaco, trovano una buona corrispondenza con le variazioni cromatiche di alcuni campioni di sedimento recuperati nel deposito indagato e dalle formazioni argillose comprese fra il sito ed il fiume Biferno, utilizzate per la realizzazione di repliche sperimentali di piastre di cottura le cui implicazioni saranno trattate in seguito (D’Oronzo 2019).

attenzione nella lisciatura assimilabile a una forma di steccatura (nella fase III 6a). L’andamento della superficie priva d’impronte è piana, mentre risulta meno frequente la forma curvilinea (Figura 8). Il tipo di impasto appare piuttosto granuloso, spesso ricco di inclusi di origine minerale o talvolta di vacuoli. Tale composizione conferisce comunque un sufficiente grado di compattezza nei frammenti analizzati; tuttavia 20 di essi si presentano meno coerenti. Nell’ambito della macrocategoria degli intonaci, il 51,5% presenta alcune impronte di elementi straminei ben definite (diametro conservato o ricostruibile). Questi sono ben attestati principalmente nella fase III

Alcuni campioni presentavano una superficie trattata, generalmente lisciata (nella fase III 3a), mentre in un solo caso è stato possibile riscontrare una particolare 251

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 9. Numero di impronte individuate sugli intonaci della fase III. Figura 8. Caratteristiche della superficie esterna degli intonaci della fase III.

2a, III 3a e III 4a, tendenza riscontrata anche per quei frammenti per i quali le tracce sono meno conservate. Il 54% del campione conserva le tracce di una singola impronta, il 29% ha due impronte, mentre minore è l’attestazione di frammenti con un numero di impronte compreso fra tre e cinque (Figura 9). Questi sono tutti pertinenti alle fasi III 2a, III 3a e III 4a. Lo stato di conservazione delle impronte ha permesso di ricostruire il diametro degli elementi lignei sulla quale era stato applicato lo strato di intonaco, che, considerando possibili distorsioni dovute alla combustione, è compreso fra 1 e 3 cm, con un’elevata incidenza di valori compresi fra 1,5 e 2,5 cm. Tale tendenza è documentata in tutti i principali livelli di uso, mentre nelle fasi III 2a, III 3a, e III 4a sono presenti elementi con diametro maggiore di 5 cm. Sono attestati anche frammenti con impronte di 0,5 cm, nelle fasi III 3a e III 4a.

Figura 10. Andamento delle impronte opposte alla superficie finita degli intonaci della fase III.

creste con bordo più arrotondato o comunque finito: questo porterebbe a escludere la seconda ipotesi (Moffa 2008). Sulla base delle misurazioni della distanza fra la parte interna delle impronte e la superficie finita a vista, si stima che lo strato di intonaco fosse di almeno 1,5-2,5 cm: la parete avrebbe dunque avuto uno spessore minimo di 5 cm, quindi con limitate capacità portanti nel caso in cui questa avesse dovuto sopportare il peso di una copertura.

La presenza di frammenti con un numero di almeno due impronte ha permesso anche la comprensione dell’orientamento della trama lignea rispetto alla superficie a vista, afferente a due categorie: una con orientamento parallelo e l’altro obliquo. La prima classe è quella più frequente, ed è documentata nelle fasi III 1a, III 2a, III 2b, III 3a e III 4a, mentre quella con elementi obliqui ha un’incidenza minore, ed è attestata nelle fasi III 2a, III 2b, III 3a e III 4a. Il rapporto fra le due classi è di 1/3 nelle fasi III 2b e III 4a, 1/2 nella III 2a, mentre scende a 1/6 nella fase III 3a (Figura 10).

Strutture di combustione

Infine, si è cercato di comprendere se la stesura dell’intonaco fosse destinata a entrambe le superfici del telaio o solo a una di esse. L’osservazione delle superfici con le impronte ha evidenziato solo fratture nette con

La seconda tipologia di materiali argillosi non vascolari è costituita da frammenti pertinenti a strutture di combustione, in questo caso afferenti al tipo “piastra di cottura”. Non sono stati identificati infatti frammenti

VM

252

Cosimo D’Oronzo, Vittorio Mironti: Impasti argillosi non vascolari ... con entrambe le superfici trattate, quindi riferibili a strutture con pareti, come fornelli o forni a cupola, né tantomeno frammenti di diaframma. In generale i frammenti analizzati sono stati assegnati alla categoria delle piastre poiché presentano una superficie trattata, che costituisce la parte funzionale, opposta a una con impronte di cocciame o elementi litici. Tali frammenti presentano in sezione una minore porosità e maggiore compattezza rispetto agli intonaci, caratteristiche probabilmente dovute a una diversa modalità di preparazione dell’impasto, come confermato dalle analisi archeometriche (Forte e Medeghini infra).

comprendere le evidenze archeologiche sul terreno: si presenta dunque qui un’analisi della distribuzione spaziale dei frammenti provenienti dai livelli di uso delle strutture di combustione ad eccezione delle fasi III5a e III6a, per la limitata estensione dei piani funzionali e per il numero esiguo di materiali rinvenuti (3 frr. in 6a). Inoltre, l’analisi contestuale di alcuni frammenti porta a ripensare alcune attribuzioni all’una o all’altra categoria (intonaci o piastre), a conferma della difficoltà di categorizzazione e definizione di questo tipo di manufatti, soprattutto per quelli privi di impronte.

Sulla base di tali criteri sono stati identificati 19 frammenti rinvenuti nelle fasi III 1a, III 1b, III 2a, III 3a, III 3b, III 4a e III 4b, con una maggiore frequenza di attestazione nelle fasi III1a e III3a. All’interno di questa categoria è stato possibile includere i residui di strutture fisse, ma anche di piastre mobili, i cui frammenti si trovano nelle fasi III 3a e III 4a e le cui caratteristiche differiscono dagli altri frammenti indagati1.

Per la fase III 1a (Copat supra: 15-17, Figura 16), i frammenti di intonaco con impronte si dispongono, coerentemente con le evidenze strutturali restituite da questo piano di frequentazione, lungo l’allineamento delle buche di palo che circondano l’area destinata alle attività di combustione, mentre quelli privi di impronte sono concentrati fra la piastra settentrionale (US274) e quella meridionale (US278). Tra questi ultimi, tuttavia, è probabile che un frammento, a giudicare dal colore lungo le fratture e di alcune impronte di forma piatta, possa, diversamente da una prima attribuzione, riferirsi a un elemento della piastra US278. Altri, più sicuramente riconducibili a frammenti di piastra, provengono inoltre dal deposito delle stesse. Sulla base della distribuzione spaziale dei resti è possibile supporre che non vi siano tracce evidenti di una dislocazione spaziale dei materiali dai bacini di origine, suffragando pertanto l’ipotesi che sia stata effettivamente presente una barriera frangivento, costituita da un telaio ligneo rivestito da un impasto.

La categoria delle piastre mobili è caratterizzata infatti da una superficie superiore ben conservata (presunto piano di cottura), con tracce evidenti di un trattamento come la lisciatura/lucidatura, opposto a un piano sempre regolare ma privo di impronte e con tracce di lisciatura. Rispetto a quelle fisse, quelle mobili presentano in genere la superficie superiore di colore nero-marrone o arancione, mentre in sezione la colorazione è nera o marrone. Differiscono inoltre per lo spessore, che in questi casi è di 3,5 cm, nettamente superiore a quello degli altri frammenti. Quelli di piastra fissa, invece, hanno mediamente uno spessore di 1,5-2 cm (8 frr.) e 3 cm (5 frr.) mentre sporadici sono i frammenti di 1 cm o 3,5 cm. Da un punto di vista cromatico, lungo la sezione le piastre di cottura si presentano di colore arancione o grigio, mentre la superficie superiore, generalmente trattata, si presenta di colore giallo, arancione e raramente grigio. Tali variazioni cromatiche probabilmente sono dovute a una diversa incidenza delle temperature nelle regioni del piano di cottura, come riscontrato in alcune simulazioni sperimentali (D’Oronzo 2017, 2019). Tali frammenti differiscono dagli intonaci, poiché a parità di volume presentano un peso maggiore e in genere contengono inclusi minerali visibili a occhio nudo, associati a una minore incidenza di resti vegetali.

Per la fase III 2a (Copat supra: 18, Figura 20), i frammenti di intonaco privi e con impronte sono stati in particolare rinvenuti nelle UUSS relative alla piastra di cottura posta nell’area E (US200), il cui piano di combustione, come descritto, si trovava in cattivo stato di conservazione e risultava intaccato da livelli di età storica, mentre la base di preparazione risultava particolarmente ben conservata (US171). Nello specifico, le UUSS pertinenti al piano di combustione hanno restituito quattro frammenti di intonaco, due prive di impronte e due fortemente degradati, con tracce di impronte non misurabili. La maggior parte dei frammenti sono stati invece individuati nello strato di preparazione della struttura pirotecnica: si tratta di 12 frammenti di intonaco con impronte e di sette che ne sono privi. Minimale è inoltre la presenza di elementi attribuibili a frammenti di piastra di cottura, con un frammento rinvenuto nello strato di preparazione e un altro posto nell’area occidentale della paleo-superficie, priva di strutture di combustione. Tale distribuzione sembra suggerire, anche in questo caso, una bassa dislocazione dei frammenti, che tuttavia sembrano essere stati probabilmente impiegati per realizzare la

La distribuzione spaziale dei manufatti nei livelli di uso delle strutture pirotecniche Sulla base dell’analisi morfologica sopra riportata, sembra utile utilizzare i risultati raggiunti per meglio Questi due frammenti sono stati discussi anche nella descrizione dei manufatti in ceramica non vascolare (Copat e Danesi supra: 99102). 1 

253

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche base della struttura di combustione, come materiale refrattario.

La distribuzione dei frammenti di intonaco sembra in parte differire rispetto alle fasi precedentemente descritte: sono presenti infatti due concentrazioni, la prima a ridosso della piastra US71, l’altra nell’area tra le due piastre. Nel primo caso sono presenti due frammenti di intonaco privi di impronte associati a un frammento con una coppia di impronte di 3 cm di diametro, e una singola di uguale calibro, con tracce di legature. Nell’area tra le piastre il rapporto fra le categorie è analogo da un punto di vista qualitativo (resti con impronte: 5 frr.; prive di impronte: frr. 7), ma in questo caso il range del diametro è più eterogeneo: esso è mediamente di 2 cm, ma sono presenti anche frammenti con diametri di 1 o 0,5 mm. Sempre nell’ambito della fase III 4a si trovano anche un frammento di piastra fissa ed una mobile, mentre un altro è stato rinvenuto all’interno della US90 in associazione a un frammento di intonaco di dubbia attribuzione. Quest’ultima evidenza sembrerebbe ulteriormente avvalorare la tesi che l’US90 rappresenti i resti di un’ulteriore piastra di combustione. L’analisi della distribuzione spaziale dei materiali argillosi non vascolari, oltre a evidenziare alcuni limiti del tradizionale studio morfologico dei frammenti, permette anche di meglio definire la presenza di determinati elementi strutturali non ben conservati e di approfondire alcuni aspetti legati alla loro realizzazione. Nel caso della fase III 1a, sulla base della distribuzione degli intonaci e della loro associazione con un allineamento di buche da palo è possibile dunque ipotizzare la presenza di un alzato realizzato con un telaio ligneo rivestito da intonaco (Figura 11). Tale struttura, sulla base dei dati archeologici, poteva essere costituita da un allineamento di pali verticali del diametro uguale o minore ai 10 cm, uniti fra loro da elementi lignei orizzontali. Le campiture così create avrebbero potuto essere riempite con elementi lignei di piccole dimensioni (con un diametro minimo di 1 cm), giustapposti fra loro e con andamento parallelo; di seguito avrebbero potuto essere rivestite da ambo i lati con uno strato di intonaco di 2 cm, fino ad arrivare a una parete dello spessore di almeno 5 cm. Non è da escludere che il rivestimento potesse interessare solo una facciata della parete: non sono stati tuttavia rinvenuti frammenti di intonaco con le creste fra le impronte prive di frattura. Tale tecnica è attestata anche nelle fasi III 2a, III 3a e III 4a: in queste ultime l’inclinazione delle impronte sembrerebbe inoltre indicare anche la presenza di campiture realizzate intrecciando elementi straminei, come canne palustri o porzioni di rami flessibili (di salice o pioppo, anche in accordo con i dati antracologici – D’Oronzo infra: 265277) di diametro variabile (Figura 8).

Anche nella fase III 3a (Copat supra: 18-20, Figura 22), la dislocazione degli intonaci è correlata con la presenza delle strutture di combustione, ovvero con le piastre poste nell’area settentrionale (UUSS676-677, US542) e con quella più meridionale (US64), oltre che con la concentrazione di materiali in corrispondenza dell’US103 posta a S dell’ultima struttura. L’area della piastra UUSS676-677 ha restituito, tra i frammenti inclusi nella categoria degli intonaci, quattro esempi dai livelli immediatamente adiacenti il piano di combustione: il loro colore sembra suggerire che anch’essi possano essere forse meglio riferiti alla struttura di combustione, il cui stato di conservazione non è ottimale, anche se, come nel caso della piastra della fase III 2a, essi potrebbero avere avuto la funzione di materiale refrattario al calore. Analogamente, anche i frammenti di intonaco presso la piastra US542, potrebbero riferirsi a frammenti della piastra di cottura, data la maggiore tenacità dell’impasto, nonostante condividano altre caratteristiche con gli intonaci. A questi materiali è associato anche un frammento con impronte, che a differenza di quelli rinvenuti su questo stesso piano presenta un’impronta con profilo piatto e non curvilineo. Altri due frammenti di piastra sono posti nella medesima posizione. Valutando la distribuzione spaziale intorno alla piastra US64 si osserva la presenza di quattro frammenti di intonaco, rinvenuti nello strato di preparazione della stessa, disposizione che potrebbe fare ipotizzare il loro impiego ancora come materiale refrattario o per stabilizzare lo strato di argilla della struttura e non essere correlato con un elemento strutturale sincrono alla fase d’uso della stessa. In corrispondenza della concentrazione di materiali US103, a S delle strutture di combustione, è stata riscontrata un’area circoscritta interessata, invece, da una concentrazione di frammenti di intonaco (6 frr. con impronte, 4 frr. senza impronte) e da un frammento di piastra mobile. L’eterogeneità del deposito, dovuta inoltre al rinvenimento di ossa animali, frammenti ceramici e resti vegetali, lascia ipotizzare, come descritto, che si tratti di un accumulo di scarti di attività diversificate, forse di un’ulteriore piastra di cottura accantonata. La paleo-superficie III 4a è anche essa caratterizzata da due piastre di cottura ben conservate (Copat supra: 21-23, Figura 25), una posta a N (US503) e l’altra più a S (US71), ma probabilmente ne era presente una terza, come documentato da una concentrazione di pietre di piccole dimensioni, immediatamente a S di quest’ultima (US90), che ne avrebbe potuto costituire la base di preparazione.

Una struttura analoga a quella della fase III 1a poteva anche essere presente durante la fase III 4a, quando in questo caso i frammenti di intonaco sembrano disporsi 254

Cosimo D’Oronzo, Vittorio Mironti: Impasti argillosi non vascolari ...

Figura 11. Esempio di telaio ligneo (elaborazione degli autori).

nell’area tra le due strutture di combustione. Tuttavia, l’orientamento parallelo delle impronte e l’assenza di buche di palo rende più debole tale ipotesi. A tal proposito, alcuni contesti etnografici documentano la realizzazione di piccole delimitazioni o strutture realizzate con rami intrecciati lungo dei pali verticali di piccolo calibro, inseriti all’interno di una canaletta poco profonda, priva di vere e proprie buche di palo (Moffa 2007, 2008; Peinetti et al. 2018). Una struttura analoga, in genere identificabile tramite il rinvenimento di un esile canaletta, sufficiente a sopportare i carichi di una struttura di per sè autoportante, non sembra tuttavia compatibile con le evidenze di Oratino.

il cui diametro è uguale o superiore a 80 cm, mentre in quelle più piccole è solitamente arancione. Il colore delle piastre di cottura fisse è strettamente correlato alla temperatura, alla composizione del suolo e alla frequenza d’uso e non è da escludere che le alterazioni cromatiche osservate sul manufatto archeologico siano la traccia di più momenti d’uso. La riproduzione sperimentale delle piastre (ciclo di esperimenti EXP-H), realizzate con i suoli recuperati nel sito e nelle sue vicinanze e su diverse basi di preparazione (quali ciottoli, ceramica o roccia - (D’Oronzo 2019), ha permesso di valutare le variazioni cromatiche delle strutture realizzate: per tutte il piano d’uso dopo un primo episodio di combustione si presentava di colore grigio scuro o nero nella parte centrale con aree marginali tendenti al marrone o arancione, nonostante l’impiego di suoli con colorazione differente. Un’unica eccezione è rappresentata dalla piastra H-4, realizzata su una lastra di pietra, per la quale le colorazioni sono risultate invertite. Con le combustioni successive tutte le piastre hanno raggiunto le medesime colorazioni, ma avevano una diversa resistenza alla frattura: in particolare sono risultate più solide quelle con la preparazione in ciottoli (H-1 e H-2) e ceramica (H-3 e H-5) rispetto a quella su roccia, H-4 (Figura 12).

La distribuzione spaziale di questi materiali suggerisce inoltre che tali frammenti siano stati utilizzati, dopo una loro defunzionalizzazione, come materiale refrattario nello strato di base delle piastre di cottura. Caratteristiche delle strutture pirotecniche La costante frequenza delle piastre di cottura in tutte le paleo-superfici indagate permette di approfondire alcuni aspetti legati alla loro realizzazione e ai loro usi potenziali (D’Oronzo 2015, 2017). Nel complesso sono state rinvenute 13 piastre di cottura, generalmente di forma circolare o oblunga, anche se non tutte sono conservate per la loro intera estensione, ma di dimensione variabile, nell’ambito delle quali è possibile individuare tre gruppi: il primo comprende quelle con diametro di 50 cm, il secondo quelle fra 80-100 cm, mentre un terzo insieme include quelle di grandi dimensioni prossime ai 200 cm (Tabella 2). Il piano di combustione è costituito da un sedimento argilloso talvolta contenente piccoli inclusi di calcare e si presenta di colore giallastro, grigio nelle piastre

La superficie dei frammenti di piastra di cottura dal campione di Oratino, nonostante lo stato conservazione non sia sempre ottimale, presenta in alcune parti i segni di un trattamento come la lisciatura, meglio documentata per gli esemplari rinvenuti in associazione con gli intonaci. La presenza delle tracce lasciate dal trattamento delle superfici sui campioni archeologici, oltre a dipendere da fattori deposizionali, è probabilmente influenzata dal tipo di trattamento e 255

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Tabella 2. Caratteristiche macroscopiche delle piastre di cottura rinvenute nella fase III (piani III1a-III4a). UUSS

Diametro

Colore superficie

Colore sezione

Preparazione

III 1a

274

90 cm

giallastra, grigio

arancione, grigio

terreno argilloso giallastro

III 1a

278

200 cm

giallastra

arancione

terreno argilloso giallastro

III 2a

200

200 cm

giallastra, grigio

grigio

pietre, intonaco e ceramica messa di piatto

III 3a

676-677

100 cm

giallastra

arancione

terreno argilloso giallastro

III 3a

64

80 cm

arancione

arancione

pietre, intonaco e ceramica messa di piatto

III 3a

542

50 cm

arancione, grigio

grigio

pietre e ceramica messa di piatto

III 4a

503

50 cm

arancione

arancione

roccia

III 4a

71

80 cm

arancione

arancione

pietre e ceramica messa di piatto

III 4a

90

80 cm

arancione

arancione

pietre

dalla frequenza d’uso della struttura stessa. Infatti le repliche sperimentali finora condotte indicherebbero una buona conservazione della lisciatura del piano d’uso, ma d’altra parte la sua facile deperibilità a seguito di diverse fasi d’uso o di erronee procedure nella lisciatura del piano (D’Oronzo 2017, 2019).

2019). In questo modo è stato possibile dare un peso maggiore alle variabili legate al tipo di sedimento e allo strato di preparazione, che sembrerebbero aver influenzato l’andamento delle temperature. Queste si sono dimostrate più elevate nelle simulazioni EXP-H-4 ed EXP-H-1, rispetto a EXP-H-3, ovvero risultano più elevate nelle preparazioni con pietre o lastre, rispetto a quelle costituite da frammenti ceramici (Figura 13). Se altri esperimenti confermeranno questi dati, si potrebbe supporre che lo strato di preparazione influenzi non solo il raggiungimento di certe temperature, ma di conseguenza anche il loro mantenimento durante la fase di cottura degli alimenti. Gli esperimenti sopra menzionati, infine, confermano da una parte la possibilità di cuocere porzioni di carne e focacce (D’Oronzo 2017, 2019) ma anche di tostare i cereali vestiti, previa fase di idratazione delle cariossidi, attività che si presume siano state realizzate nel contesto di Oratino.

Uno degli aspetti di variabilità delle piastre di Oratino, a parte quello dimensionale, è rappresentato dalla diversità nella base di preparazione sottostante il piano di combustione. Le strutture possono avere un livello di preparazione costituito da pietre di piccole dimensioni e ceramica messa di piatto, una base di pietre o roccia o infine risultano direttamente impostate sul terreno argilloso (Copat infra: 323-325). La variabilità riscontrata nella realizzazione della preparazione sottostante il piano di combustione potrebbe in parte dipendere dalla necessità di creare una buona superficie di attrito allo strato argilloso del piano di combustione. Tuttavia non è da escludere che possa dipendere anche da modalità d’uso diversificate, in parte dipendenti dalla necessità di ottenere un differente range di temperatura. Questo aspetto emerge dai rilevamenti delle temperature delle piastre di cottura sperimentali precedentemente menzionati (D’Oronzo et al. 2016; D’Oronzo 2017, 2019). Nello specifico, con il ciclo di esperimenti EXP-H sono state realizzate cinque piastre di forma circolare (diametro 30 cm), adagiando un impasto argilloso di 2,5 kg su tre preparazioni distinte: frammenti ceramici messi di piatto (EXP-H-3, EXP-H-5), pietre calcaree di piccole dimensioni (EXP-H-1, EXP-H-2) e una lastra in calcare (EXP-H-4). Tutte le piastre, in seguito alla steccatura del piano funzionale, sono state interessate da tre episodi di combustione, utilizzando rami appartenenti a quattro specie (Pinus halepensis, Abies alba, Quercus robur e Olea europaea), di uguale volume (3 kg), distribuito in tre momenti a distanza di 15 minuti (D’Oronzo

Conclusioni Lo studio dei materiali argillosi non vascolari rinvenuti nella fase III del sito di Oratino la Rocca ha permesso di individuare due categorie di resti: gli intonaci e le piastre di cottura. Lo studio dei primi ha permesso di definire meglio le caratteristiche della struttura frangivento della fase III1a, la cui presenza è indiziata dalla serie di piccole buche di palo rinvenute sul terreno e di valutare l’eventuale presenza di strutture simili anche nelle altre fasi. Esse, sulla base dello studio morfologico e dimensionale delle impronte, sembrano essere state realizzate tramite la stesura di uno strato di fango ed elementi vegetali (Forte e Medeghini infra) su una sola facciata del telaio realizzato con elementi lignei e un intreccio costituito da canne palustri o da rami flessibili. Una parte di questi intonaci, una volta defunzionalizzata, poteva essere utilizzata per 256

Cosimo D’Oronzo, Vittorio Mironti: Impasti argillosi non vascolari ...

Figura 12. Alterazioni termiche delle piastre di cottura (EXP_H) (da D’Oronzo 2019).

257

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 13. Andamento delle temperature (in °C) nel corso dell’esperimento (EXP_H)(da D’Oronzo 2019).

realizzare lo strato di preparazione delle strutture di combustione.

alla cottura diretta delle carni e di impasti vegetali, ma anche la cottura indiretta tramite un contenitore ceramico, anche mediante l’utilizzo di sostegni. Quelle di maggiori dimensioni, con superficie più scabrosa e preparazione in cocciame invece potrebbero risultare più efficaci per la tostatura dei cereali o trattamenti termici a bassa temperatura; quelle di piccole dimensioni, realizzate con un sottofondo realizzato con ciottoli o a diretto contatto con la roccia, potevano probabilmente essere impiegate per trattamenti termici che richiedessero temperature più elevate, rapidamente raggiungibili, destinate a manipolare alcuni tipi di vegetali come le leguminose. Tale ipotesi potrebbe avere una conferma dallo studio di altri contesti simili, come ad esempio Coppa Nevigata, dove, a partire da Protoappenninico Recente fino a tutto il corso dell’età del Bronzo Recente, si conservano evidenze di strutture di combustione, per le quali è possibile apprezzare una certa variabilità dimensionale, utilizzate, come nel caso di Oratino probabilmente a livello collettivo (Cazzella e Recchia 2012b).

L’altra categoria individuata è costituita da frammenti di piastre di cottura, realizzate con un impasto spesso privo di paglia, più simile a quello impiegato per la realizzazione dei contenitori ceramici. Lo studio delle strutture di combustione e dei relativi frammenti individuati in tutte le fasi, oltre che il confronto con le repliche sperimentali, hanno permesso di individuare alcuni elementi correlabili con probabili usi specifici delle stesse, come suggerito dallo studio della distribuzione spaziale dei contenitori ceramici e dei resti biologici (Copat e D’Oronzo 2021a; D’Oronzo et al. 2016; Copat infra: 291-349). In particolare, se si considerano alcuni aspetti formali delle piastre di cottura come le dimensioni, il trattamento della superficie del piano d’uso e lo strato di preparazione sottostante, sulla base delle repliche sperimentali e della distribuzione dei resti, si potrebbe ipotizzare che le piastre di 1 mq, con piano lisciato e preparazione realizzata con cocciame, fossero destinate

CD

258

Analisi petrografica dei materiali argillosi non vascolari dal sito di Oratino - La Rocca Vanessa Forte, Laura Medeghini Questo contributo presenta i risultati di uno studio archeometrico su frammenti di piastre, intonaci e intonaci con impronte di elementi straminei provenienti dai livelli di uso delle strutture di combustione della fase III del sito di Oratino-La Rocca. Un campione composto da otto frammenti di concotto (1 fr. di intonaco, 2 frr. di incannucciato e 5 frr. di piastre, secondo la classificazione sopra proposta – D’Oronzo e Mironti supra) (Figura 1) è stato analizzato mediante analisi petrografica in sezione sottile per una caratterizzazione preliminare delle materie prime utilizzate per la realizzazione di strutture di combustione e di abitato.

il termine “pori” sono stati definiti gli spazi interni presenti nella sezione e sono stati classificati sulla base della loro frequenza rispetto a volume totale (espressa in percentuale su confronto con carte di comparazione es. Matthew et al. 1991), forma (planar, channels, vughs e vesicles), dimensione (mega, macro, meso e micro) e allineamento rispetto ai bordi. La matrice è stata definita sulla base della natura (calcarea o non calcarea) e del colore visibile al microscopio a un ingrandimento di 2.5x (Figura 2). I campioni analizzati in sezione sottile sono stati ulteriormente descritti in accordo allo studio di Moffa (2002) per la caratterizzazione di malte ed intonaci.

Metodologia

Risultati

L’analisi petrografica in sezione sottile è stata applicata mediante un microscopio petrografico ZEISS D-7082 Oberkochen. Considerando la similarità con i materiali ceramici sono stati parzialmente adottati i criteri diagnostici proposti da Whitbread (1986, 1995) permettendo la caratterizzazione dei tre maggiori costituenti dei frammenti analizzati: la matrice, gli inclusi e i pori.

Intonaco privo di impronte L’unico frammento di intonaco privo di impronte analizzato, il frammento n. C244 (fase III 3a, US542), presenta una percentuale di inclusi tra il 10 e il 20% del volume totale, caratterizzati da una forma da equidimensionale ad allungata, da sub-angolare a subarrotondata. La distribuzione degli inclusi all’interno della matrice varia da single a open-spaced e non sono allineati ai margini della sezione o rispetto agli altri inclusi presenti in sezione. Tra gli inclusi identificati dominanti sono i frammenti di roccia sedimentaria (del tipo calcare: equidimensionali e allungati, da subangolari a sub-arrotondati e con range dimensionale tra 0,3 e 1,0 mm), cristalli di quarzo e feldspati (equidimensionali e allungati, da sub-angolari a subarrotondati e con dimensioni inferiore ai 0,3 mm). Tra gli inclusi più diffusi i frammenti di calcare sono più grossolani rispetto ai cristalli di quarzo. Diffusi sono

La definizione degli inclusi si basa sulla descrizione della loro frequenza rispetto al volume totale (espressa in percentuale su confronto con carte di comparazione - es. Matthew et al. 1991), forma (allungati e equidimensionali), angolarità o arrotondamento (molto angolari, angolari, sub-angolari, sub-arrotondati, arrotondati e ben arrotondati), distanza media tra gli inclusi (close, single e open spaces), orientamento rispetto alla sezione e rispetto agli altri inclusi. Per ogni tipologia di inclusi sono stati inoltre descritti la natura, la forma, l’arrotondamento e il range dimensionale. Con

Figura 1. Frammenti argillosi non vascolari analizzati in sezione sottile. a: C244 (intonaco); b: n. C57 (incannucciato); c: n. C225 (piastra); d: n. C48 (piastra). Fuori scala.

259

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 2. Impasti di intonaco (n. C244), intonaco con impronte di incannucciato (nn. C57, C3) e piastre (nn. C6, C225, C248, C48, C202) in sezione sottile (ingrandimenti 2.5x)

anche i noduli argillosi (o clay pallets, equidimensionali, sub-arrotondati tra 0,6 a 3,0 mm). Infine, molto rari sono frammenti di microfossili (del tipo globigerine o globuline, di dimensioni attorno a 0,3 mm).

il campione n. C244 come caratterizzato dalla presenza di tracce lasciate dall’utilizzo diffuso (5-20%) di paglia sottile (dal diametro inferiore a 1,0 mm). All’interno del campione non sono stati identificati né residui né tracce lasciate dalla decomposizione di pula. La granulometria della matrice può essere definita tra fine e media ed è caratterizzata dalla presenza di sabbia (1-2 mm, vedi Moffa 2012). La struttura è lamellare per la presenza delle porosità lasciate dai frammenti di paglia. Infine, la porosità intesa come la somma dei pori dovuti alla decomposizione di inclusi vegetali e pori presenti per altri motivi (lavorazione, ritiro...), risulta essere molto abbondante (al di sopra del 20%) e media, considerando che le dimensioni dei pori è molto spesso superiore a 1,0 mm.

La porosità è stimata in percentuale elevata tra il 30% e il 40% rispetto alla superficie totale della sezione. Essa è composta principalmente da vughs allungati e pori irregolari che non presentano allineamento ai margini della sezione. Parte delle porosità sono dovute ai vuoti lasciati dalla paglia o dagli inclusi vegetali utilizzati nell’impasto. La matrice (40-60%) è di natura calcarea, eterogenea, dal colore variabile tra marrone e nero ed otticamente attiva, suggerendo una temperatura di cottura al di sotto di 850 °C (Reedy 2008: 288).

Il colore della matrice in sezione varia da marrone a nero a causa dell’incompleta cottura del materiale.

L’analisi macroscopica del campione mette in evidenza la presenza di inclusi grossolani, dalle dimensioni comprese tra 1,5 e 4 mm, tuttavia l’eterogeneità del campione da zona a zona è la causa dell’assenza di questa frazione granulometrica nella sezione analizzata. Purtroppo la dimensione del vetrino e la superficie del campione osservata (ridotta rispetto alle dimensioni reali dello spessore del frammento) impediscono di specificare in che modo il campione vari granulometricamente all’interno dello spessore.

Intonaci con impronte di elementi straminei Sono stati analizzati due campioni di intonaci con impronte di incannucciato (n. C57: fase III 3a - US103; n. C3 - fase III 4a - US72). Il campione n. C57 è caratterizzato dalla presenza di inclusi equidimensionali e allungati, di forma variabile da sub-angolare a sub-arrotondata in una matrice calcarea, eterogenea, dal colore variabile tra arancio e marrone. La distanza tra gli inclusi varia da single a openspaced e non risultano allineati ai margini della sezione.

Sulla base dei criteri classificativi utilizzati da Moffa (2002) per le malte e gli intonaci possiamo descrivere 260

Vanessa Forte, Laura Medeghini: Analisi petrografica dei materiali argillosi non vascolari... L’abbondanza degli inclusi è stimata intorno al 20% del volume totale ed è principalmente composta da dominanti cristalli di quarzo e feldspati (equidimensionali e allungati, da sub-angolari a sub-arrotondati, e con dimensioni comprese nel range 0,1-0,6 mm. La frazione granulometrica più diffusa si inserisce nel range 0,150,3 mm). Comuni risultano essere frammenti di roccia sedimentaria (del tipo calcare: equidimensionali e allungati, da sub-angolari a sub-arrotondati e con range dimensionale tra 0,5 e 0,6 mm).

La matrice (50-60%) è di natura calcarea, otticamente attiva (< 850 °C), eterogenea e dal colore variabile tra rossiccio a nero, evidenziando il tipico “black core”, caratterizzato da margini ossidati rossi e una parte centrale nera (Nodari et al. 2004). Secondo la classificazione di Moffa (2002), il campione n. C3 presenta tracce riconducibili all’utilizzo diffuso (520%) di paglia sottile (dal diametro inferiore a 1.0 mm), tuttavia in questo campione la percentuale di paglia è inferiore rispetto ai campioni precedenti. Al suo interno non sono stati identificati né residui, né tracce lasciate dalla decomposizione di pula. La granulometria della matrice può essere definita tra fine e media: anche se vi sono alcuni inclusi con dimensioni maggiori di 1,0 mm, la maggioranza si inserisce infatti in un range dimensionale inferiore. La struttura è definita lamellare per la presenza delle porosità lasciate dai frammenti di paglia. Infine, la porosità intesa come la somma dei pori dovuti alla decomposizione di inclusi vegetali e pori presenti per altri motivi, risulta essere abbondante e media, considerando che le dimensioni dei pori è molto spesso superiore a 1,0 mm. Il colore della matrice in sezione varia da rossiccio a nero.

La porosità è stimata in una percentuale compresa tra 20% e 30% e i pori risultano essere per lo più vughs allungati e irregolari. La matrice (50-60%), risulta essere otticamente attiva permettendo di stimare la temperatura di cottura al di sotto di 850 °C. In accordo alla classificazione di Moffa (2002), il campione n. C57 è caratterizzato da tracce attribuibili all’utilizzo diffuso (5-20%) di paglia sottile (dal diametro inferiore a 1,0 mm). All’interno del campione non sono stati identificati né residui, né tracce lasciate dalla decomposizione di pula. La matrice è medio-fine, poiché gli inclusi identificati hanno granulometria inferiore a 1,0 mm. La struttura è definita lamellare per la presenza delle porosità lasciate dai frammenti di paglia. Infine, la porosità totale (pori dovuti alla decomposizione di inclusi vegetali e pori presenti per altri motivi) risulta essere molto abbondante (al di sopra del 20%) e media, considerando che la dimensione dei pori è molto spesso superiore a 1,0 mm. Infine, il colore della matrice in sezione varia da arancio e marrone.

Strutture di combustione Sono stati analizzati cinque frammenti classificati come pertinenti a strutture di combustione (n. C6: fase III 3a - US155; n. C225: fase III 3a - UUSS676-677; n. C202: fase III 3a - US542; n. C48: fase III 4a - US90; n. C248: fase III 4a - US72) (Tabella 1). Il campione n. C6 presenta un’abbondanza degli inclusi pari al 3%, cristalli di quarzo equidimensionali, subangolari con dimensioni fini (0,05 mm) e distribuiti nella matrice in modo open-spaced. Sono comuni anche noduli argillosi.

Il campione n. C3 è caratterizzato dalla presenza di inclusi (30-40%) con forma da equidimensionale ad allungata, da angolare a sub-arrotondata, distribuiti all’interno della matrice da single a open-spaced senza alcun allineamento rispetto ai margini della sezione o agli altri inclusi. Quarzo e feldspati sono gli inclusi dominanti (equidimensionali e allungati, da angolari a sub-arrotondati, 0,5-1,2 mm, tra cui la maggior parte ha dimensioni attorno ai 0,5 mm. Inclusi diffusi sono frammenti di roccia sedimentaria (del tipo calcare: equidimensionali e allungati, da sub-angolari a subarrotondati e con range dimensionale tra 0,3 e 1,0 mm) e calcite (equidimensionali e allungati, da angolari a sub-arrotondati, 0,5 mm). Tra gli inclusi, i frammenti di calcare sono più grossolani rispetto ai cristalli di quarzo. Anche i noduli argillosi sono diffusi all’interno della matrice (o clay pallets, equidimensionali, sub-arrotondati tra 0,6 a 3,0 mm).

La porosità, priva di allineamento, si attesta intorno al 20% ed è costituita principalmente da macro a micro vughs combinate con vesicles da meso a micro. La matrice è calcarea e otticamente attiva e con un colore che varia tra arancio e rosso. In base alla classificazione di Moffa (2002), il campione n. C6 non presenta tracce riconducibili all’utilizzo diffuso di paglia nell’impasto (assente). Inoltre, non sono stati identificati né residui, né tracce lasciate dalla decomposizione di pula. La granulometria della matrice è molto fine e scarsa. La struttura è massiva, poiché fine, omogenea e compatta e la porosità è abbondante e media, considerando che le dimensioni dei pori sono superiori a 1,0 mm. Il colore della matrice in sezione è arancio-rosso.

La porosità è stimata attorno al 20% ed è composta principalmente da vughs allungati e pori irregolari senza alcun allineamento ai margini della sezione. Una percentuale della porosità è legata al processo di decomposizione di residui vegetali utilizzati nell’impasto.

Il campione n. C225 è caratterizzato da una percentuale molto bassa (3%) di cristalli di quarzo come inclusi di 261

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Tabella 1. Sintesi delle caratteristiche petrografiche dei frammenti attribuibili a strutture di combustione. numero fase contesto inclusi %

inclusi

C6

C225

C202

C248

III 3a

III 3a

III 3a

III 4a

III 4a

area tra le piastre US72 e US503

US90 probabile messa in opera di una piastra di cottura

livelli d’uso della piastra US64

piastra UUSS676-677

piastra US542

3%

3%

20-30%

5-10%

10-20%

open spaced

open spaced

single/open spaced

open spaced

single/open spaced

quarzo

quarzo

quarzo

quarzo

feldspati noduli argillosi

noduli argillosi

noduli argillosi

matrice - qualità matrice - tessitura matrice - colore paglia

quarzo feldspati

noduli argillosi

noduli argillosi

ossidi ferro

ossidi ferro

rocce sedimentarie porosità

C48

rocce sedimentarie

20%

20%

30%

20%

30%

calcarea

calcarea

calcarea

calcarea

calcarea

fine/scarsa

fine/scarsa

medio-fine

fine/scarsa

medio-fine

arancio-rosso

arancio

nero

arancio-marrone

rosso/nero

assente

assente

presente

assente

presente

pula

assente

assente

assente

assente

assente

struttura

massiva

massiva

lamellare

massiva

lamellare

note

porzione poco cotta/ fessurazioni dovute a cottura non controllata

forma equidimensionale e sub-angolare, dimensione attorno a 0,05 mm, dispersi in una matrice calcarea dal colore arancio con una distribuzione open-spaced. Sono presenti noduli argillosi e una porzione della sezione non è completamente cotta. La porosità è calcolata come il 20% del volume totale costituita per lo più da vughs allungati e irregolari, non legati alla presenza di paglia, ma a fessurazioni dovute a una cottura non controllata, e molto rare micro-vesicles. Inoltre, la matrice è otticamente attiva.

sub-angolari, dei quali sono una piccola percentuale presenta granulometria un po’ più grossolana (0,5 mm). Comuni sono i noduli di ossidi di ferro, e noduli argillosi dalle dimensioni grossolane. Nella sezione sottile si osserva una porosità pari al 20% del volume totale rappresentata principalmente da vughs irregolari e allungati. Il campione è costituito da una matrice calcarea, con un colore che varia da arancio a marrone chiaro, otticamente attiva. L’analisi macroscopica del campione mette in evidenza la presenza di inclusi grossolani, dalle dimensioni superiori a 1,0 mm: le dimensioni grossolane e il colore visibili allo stereomicroscopio permettono di identificarli quali i noduli argillosi.

In accordo alla classificazione di Moffa (2002), il campione n. C225 non presenta tracce riconducibili all’utilizzo diffuso di paglia nell’impasto (assente). Inoltre, non sono stati identificati né residui, né tracce lasciate dalla decomposizione di pula. La granulometria della matrice è molto fine e scarsa. La struttura è massiva, poiché fine, omogenea e compatta e la porosità è abbondante e media, considerando che le dimensioni dei pori sono superiori a 1,0 mm. Il colore della matrice in sezione è arancio, con una zona marrone-beige non completamente cotta.

Secondo la classificazione di Moffa (2002), il campione n. C248 non presenta tracce riconducibili all’utilizzo diffuso di paglia nell’impasto (assente). Inoltre, non sono stati identificati né residui, né tracce lasciate dalla decomposizione di pula. La granulometria della matrice è molto fine e scarsa. La struttura è massiva, poiché fine, omogenea e compatta e la porosità è abbondante e media, considerando che le dimensioni dei pori sono superiori a 1,0 mm. Il colore della matrice in sezione è arancio-marrone.

Il campione n. C248 presenta il 5-10% di inclusi, equidimensionali, sub-angolari molto fini (0,05 mm). Gli inclusi prevalenti sono microcristalli equidimensionali, 262

Vanessa Forte, Laura Medeghini: Analisi petrografica dei materiali argillosi non vascolari... Il campione n. C48 presenta una quantità di inclusi tra il 10% e il 20%, di forma equidimensionale e allungata, con un grado di arrotondamento tra sub-angolare e sub-arrotondato. La loro dispersione spaziale è da single a open–spaced. Gli inclusi predominanti sono quarzo e feldspati, di forma da equidimensionale ad allungata, da sub-angolari a sub-arrotondati con dimensioni comprese tra 0,3 e 0,6 mm. Sono frequenti frammenti di rocce sedimentarie carbonatiche (tipo calcare), equidimensionali tra sub-angolare e sub-arrotondati e dimensioni tra 0,5 e 0,6 mm. Gli inclusi argillosi sono presenti con forma equidimensionale, subarrotondata e dimensioni comprese tra 0,6 e 3,0 mm, molti diffusi anche noduli di ossidi di ferro. La porosità si attesta intorno al 30%, composta principalmente da vughs allungati e irregolari, in parte dovuti alla decomposizione di paglia utilizzata nell’impasto. La matrice è calcarea, otticamente attiva con un colore variabile tra rosso e il nero, evidenziando il tipico “black core”.

vughs, senza allineamenti specifici. Alcuni pori sono da riferire alla decomposizione di inclusi vegetali aggiunti all’impasto argilloso. La matrice calcarea appare nera.

L’analisi macroscopica del campione mette in evidenza la presenza di inclusi grossolani, dalle dimensioni superiori a 1,0 mm: le dimensioni grossolane e il colore visibili allo stereomicroscopio permettono di identificarli quali noduli argillosi.

Osservazioni conclusive

In accordo alla classificazione di Moffa (2002), il campione n. C202 è caratterizzato dalla presenza di tracce lasciate dall’utilizzo diffuso (5-20%) di paglia sottile (dal diametro inferiore a 1,0 mm). All’interno del campione non sono stati identificati né residui, né tracce lasciate dalla decomposizione di pula. La granulometria della matrice è medio-fine, poiché gli inclusi identificati hanno granulometria inferiore a 1,0 mm. La struttura è definita lamellare per la presenza delle porosità lasciate dai frammenti di paglia. Infine, la porosità intesa come la somma dei pori dovuti alla decomposizione di inclusi vegetali e pori presenti per altri motivi, risulta essere molto abbondante (al di sopra del 20%) e media, considerando che le dimensioni dei pori è molto spesso superiore a 1,0 mm. Infine, il colore della matrice in sezione appare nero.

L’analisi dettagliata dei campioni di concotto in sezione sottile ha permesso di raccogliere dati sulla composizione e preparazione del materiale per la costruzione di strutture di alzato o piaste per la cottura di cibi.

In base alla classificazione di Moffa (2002), il campione n. C48 è quindi caratterizzato dalla presenza di tracce lasciate dall’utilizzo diffuso (5-20%) di paglia sottile (dal diametro inferiore a 1,0 mm). All’interno del campione non sono stati identificati né residui, né tracce lasciate dalla decomposizione di pula. La granulometria della matrice è medio-fine, poiché gli inclusi identificati hanno granulometria inferiore a 1,0 mm. La struttura è definita lamellare per la presenza delle porosità lasciate dai frammenti di paglia. Infine, la porosità intesa come la somma dei pori dovuti alla decomposizione di inclusi vegetali e pori presenti per altri motivi, risulta essere molto abbondante (al di sopra del 20%) e media, considerando che le dimensioni dei pori è molto spesso superiore a 1,0 mm. Infine, il colore della matrice in sezione varia da rosso a nero.

Considerato il numero limitato del campione, l’analisi petrografica in sezione sottile e la descrizione della struttura degli impasti in accordo alla classificazione di Moffa (2002) non permette di trarre conclusioni generali, tuttavia alcuni elementi possono essere evidenziati. È stato infatti possibile riscontrare una omogeneità degli impasti tra i campioni di incannucciato e intonaco caratterizzati dall’uso di paglia sottile aggiunta intenzionalmente all’impasto argilloso. Diverso è il caso delle piastre, in cui solo due campioni (nn. C48 e C202) mostrano caratteristiche molto simili ai campioni di intonaco e incannucciato oltre a tracce di utilizzo di paglia sottile impastata all’argilla, come suggerito dalla forma dei pori osservati in sezione.

Il campione n. C202 presenta inclusi di forma equidimensionale e allungata, da angolari a subarrotondati, nell’ordine del 20-30% e la loro distribuzione all’interno della matrice varia da single a open–spaced. Gli inclusi predominanti sono quarzo e feldspati (equidimensionali e allungati, da angolari a sub-arrotondati, da 0,3 a 0,6 mm). Rari sono i frammenti di rocce sedimentarie carbonatiche di tipo limestone (equidimensionali e allungati, da sub-angolari a sub-arrotondati, da 0,5 a 0,6 mm) con comuni noduli argillosi (0,6-3 mm).

Inoltre, una diversificazione è stata osservata nella relazione tra il tipo di degrassanti presenti nell’impasto argilloso e la funzione del campione. Infatti, il frammento di incannucciato (n. C244), diversamente dagli altri campioni, è caratterizzato da un impasto composto da frammenti di roccia sedimentaria (calcare), cristalli di quarzo e feldspato e rari frammenti di microfossili, con aggiunta intenzionale di paglia sottile. I due frammenti di intonaco (nn. C3 e C57) sono caratterizzati dallo stesso degrassante dell’incannucciato (n. C244) oltre all’aggiunta di calcite e noduli argillosi.

La porosità è stimata attorno al 30% ed è costituita principalmente da pori allungati e irregolari tipo

La variazione interessante riguarda i campioni di piastre tra i quali è possibile distinguere due gruppi: 263

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche il primo (campioni nn. C225, C248 e C6) mostra una prevalenza di inclusi argillosi, privo di tracce di paglia e macroscopicamente mostra una struttura compatta a granulometria fine; il secondo (campioni nn. C48 e C202) mostra impasti simili a incannucciato e intonaco. Data comunque la generale difficoltà di distinguere tra le diverse categorie, intonaco da una parte e piastra di cottura dall’altra, è tuttavia possibile che l’attribuzione operata attraverso l’osservazione delle caratteristiche morfologiche dei frammenti (D’Oronzo, Mironti supra) possa essere in parte corretta grazie al contributo delle analisi archeometriche.

riducente che altera la colorazione fino al centro del manufatto. Quando il combustibile finisce, l’ossigeno penetra nel corpo ceramico ossidando le particelle carboniose nei margini e formando ematite (Maggetti et al. 2011). Tuttavia, recenti studi analitici hanno mostrato come la medesima struttura a “sandwich” (colorazione chiara al centro e scura ai margini) può essere associata a differenti combinazioni di condizioni ossidanti/riducenti e dipendente dalla composizione chimica del materiale di partenza (Nodari et al. 2004). Infatti, questo tipo di struttura è stato ottenuto sperimentalmente dalla cottura di un’argilla ricca di materiale organico in condizioni ossidanti (Maritan 2002) o in forni con condizioni ossidanti, basso incremento di temperature e lungo tempo di permanenza all’interno del forno stesso (Maritan et al. 2006). Questi manufatti non hanno relazioni funzionali con la cottura in forni per ceramica e la colorazione può essere associata ad alternanze di atmosfere che si sviluppano in punti diversi del concotto durante la sua esposizione al fuoco.

Tutti i campioni presentano una matrice otticamente attiva. Questo suggerisce che l’eventuale esposizione al fuoco non ha superato gli 850°C. Due campioni, il n. C3 (incannucciato) e il n. C48 (piastra?) presentano il black core, che consiste in una colorazione solitamente associata a cotture in atmosfere riducenti con una fase di raffreddamento in condizioni ossidanti; in queste condizioni il manufatto viene esposto ad un’atmosfera

264

Oratino - La Rocca: il paleoambiente e le strategie di approvvigionamento del combustibile Cosimo D’Oronzo

Lo studio delle comunità del passato non può prescindere dalla ricostruzione dell’ambiente, poiché, come suggerito da diversi autori, contribuisce a migliorare la conoscenza storica dell’uomo (Hughes 1975). Tale presupposto era alla base ricerche condotte dall’equipe di G. Barker, che, affascinato dal concetto di longue durée, iniziò a delineare l’evoluzione del paesaggio della regione Molise dall’inizio dell’occupazione umana del territorio fino all’età moderna (Barker 1995a-b; 2017). L’ampiezza del periodo cronologico preso in esame da G. Barker ha permesso di cogliere alcuni processi di trasformazione di lunga durata, sacrificando in alcuni casi la lettura di cambiamenti avvenuti nel breve periodo, che, in particolare durante l’Olocene recente hanno visto alcune trasformazioni nelle modalità di vita talvolta radicali delle società del passato (Dalfes et al. 1997).

montano limitrofo. Il sito sorge infatti a meno di 600 m dal corso del Biferno ed è inserito in un contesto la cui morfologia è il frutto di complesse interazioni tra fattori climatici, tettonici e antropici (Aucelli et al. 2009). Le ricerche sugli aspetti paleo-ambientali sono state anche inquadrate all’interno di una più ampia rilettura delle trasformazioni ambientali di lunga durata delle comunità preistoriche della regione molisana, sfruttando anche i dati provenienti da altri contesti posti nelle valli fluviali e nella regione pedemontana. Clima e Vegetazione attuale del Molise La ricostruzione dell’ambiente dell’area limitrofa al sito nel corso dell’età del Bronzo, caratterizzata alla presenza di una valle fluviale, piuttosto dinamica e soggetta a rapidi cambiamenti, si avvale anche del confronto con altri proxy. Nello specifico, la costruzione di un diagramma antracologico e la sua lettura in chiave paleo-ambientale è stata confrontata con alcuni archivi naturali e necessariamente con una ricognizione dell’attuale vegetazione nella valle del Biferno e dell’area presso il sito.

Le ricerche archeologiche condotte in Molise e in particolare nel sito di Oratino hanno consentito di approfondire questi temi nel territorio della valle del fiume Biferno, permettendo di focalizzare non solo l’attenzione sulle comunità del II millennio a.C., ma anche di offrire una nuova lettura delle trasformazioni del paesaggio mediante la ricostruzione degli assetti della vegetazione potenziale e dello sfruttamento delle risorse vegetali.

Di qui la necessità di una breve descrizione delle caratteristiche climatiche (temperature e precipitazioni) e pedologiche (suoli, formazioni geologiche) attuali, che nel caso del Molise e in particolare delle valli fluviali (Aucelli et al. 2011) determinano alcuni tipi di fitocenosi piuttosto articolate e poco frequenti, spiegabili in parte attraverso la lettura del complesso delle sequenze polliniche regionali. La regione molisana, infatti, nonostante la limitata estensione, permette di apprezzare le caratteristiche ecologiche principali dell’Italia centrale, passando da ambienti costieri a quelli di alta montagna in soli 90 km, nei quali si distinguono due macro-aree climatiche, quella mediterranea e quella temperata/oceanica (Blasi et al. 2000; Lucchese 1994). La regione mediterranea comprende le piane alluvionali e una parte del sistema collinare del basso Molise (Figura 1.IA), caratterizzata da precipitazioni annuali di 674 mm, con un picco massimo nel periodo autunnale e primaverile (novembre, marzo). La temperatura media annuale è compresa tra 14 e 16°C (media 14,9°C),

Si vogliono dunque qui provare a individuare le caratteristiche e i possibili cambiamenti nella vegetazione intorno al sito di Oratino, grazie allo studio dei carboni campionati nei livelli archeologici relativi all’età del Bronzo. La natura di alcune delle evidenze indagate, come i piani di uso di numerose strutture di combustione e i relativi livelli carboniosi, offre in particolare la possibilità di ricostruire con un certo dettaglio una delle componenti del paesaggio, ovvero la vegetazione arborea utilizzata anche come fonte di combustibile (Delhon et al. 2010). La formulazione di un’ipotesi ricostruttiva sul paleoambiente consente infatti di cogliere alcune modalità di approvvigionamento del combustibile nonché di avanzare alcune osservazioni su un probabile modello di gestione del territorio, contribuendo a delineare gli stretti legami fra le comunità e l’ambiente fluviale e 265

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 1. Carta climatica della regione e posizionamento dei siti archeologici e geologici citati (1. Isernia La Pineta; 2. Sessano; 3. Boiano; 4. Grotta Reali; 5. Ponte Regio; 6. Geo 33; 7. Oratino-La Rocca; 8. Monteroduni-Loc. Paradiso; A. Regione a clima mediterraneo; B. Regione a clima temperato. Da I a V macro-aree morfologiche.

700-1300 m s.l.m. con precipitazioni annue molto abbondanti (1614 mm) anche nel periodo estivo (142 mm) e caratterizzato da assenza di aridità durante i mesi estivi. Qui la temperatura media annua è di 11,5°C e si mantiene inferiore a 10°C per 6 mesi l’anno, ma rimane mediamente superiore a 0°C (Figura 1.BIV). Nella parte settentrionale, al confine con l’Abruzzo, si collocano i sistemi carbonatici dell’alto Molise e l’alto bacino del fiume Volturno, posti nel tratto di quota fra i 805-1400 m s.l.m., area caratterizzata da precipitazioni annue di 1040 mm abbondanti anche nel periodo estivo (142 mm). La temperatura media annua è di 9,8°C, inferiore a 10°C per 6 mesi l’anno e durante due mesi le minime sono inferiori a 0°C. Il clima assume un termotipo di carattere subalpino nel settore del monte Meta, caratterizzato da precipitazioni molto abbondanti (1614 mm) anche in estate (277 mm) e freddo invernale molto intenso (medie al di sotto di 0°C), presente anche fra giugno e settembre (Aucelli et al. 2007; Lucchese e Paura 1996; Figura 1.BV).

con minime inferiori ai 10 °C durante quattro mesi dell’anno. La regione temperata (Figura 1.B) comprende, invece, quattro macro-aree, che presentano altri sottosistemi definiti dalla presenza dei massicci montuosi dell’Appennino centrale. L’area più estesa è quella delle colline del basso Matese, che include i bacini dei fiumi Trigno, Biferno e Fortore, compresa nel tratto altimetrico fra i 300-850 m s.l.m., con precipitazioni annue di 858 mm, piogge estive abbondanti (131 mm) e temperature medie annue inferiori a 10 °C per 5-6 mesi (Figura 1.BII). Le altre aree si collocano nella fascia dell’Appennino sannitico e campano e includono pattern geomorfologici eterogenei costituiti da valli fluviali, massici montuosi e collinari. In particolare a SW è presente il sistema delle piane alluvionali e fluvio-lacustri pedemontane nell’area di Venafro, caratterizzato da precipitazioni annue abbondanti (1319 mm) distribuite anche durante il periodo estivo (140 mm), una temperatura media annuale di 14,7°C e una media minima compresa tra 1,2 e 2,6°C (Figura 1.BIII). Nella parte meridionale è collocato il sistema carbonatico del Massiccio del Matese e della Montagnola d’Isernia, posto fra i

Tale eterogeneità climatica e le variazioni delle strutture geologiche e geomorfologiche, determinano l’istaurarsi di comunità forestali piuttosto complesse e 266

Cosimo D’Oronzo: Oratino-La Rocca: il paleoambiente e le strategie ...

Figura 2. Profilo della sezione della vegetazione del Molise (Pi: Pinus; Fr: Fraxinus; Qi: Quercus ilex; Ph: Phyllirea; Os: Ostrya; Qp: Quercus pubescens; Qc: Quercus cerris; Pr: Prunus; Ac: Acer; Fa: Fagus, Ab: Abies).

articolate (Figura 2), la cui fitocenosi risulta fortemente influenzata da cambiamenti climatici di larga scala e lunga durata (Orain et al. 2013) e in tempi recenti dalle attività antropiche (Aucelli et al. 2009). Il tratto di costa molisana risulta fortemente interessato da fenomeni di rimboschimento (a partire dal 1907) con varie specie di Pinus ssp. e specie esotiche come Acacia saligna ed Eucalyptus ssp. associate a residui di sistemi dunali (Izzi 2007) e lembi esigui di macchia mediterranea. La parte retro-dunale e pianeggiante invece presenta boschi a dominanza di leccio, la cui attestazione tuttavia risulta concentrata lungo i substrati calcarei e limitata dalla concorrenza con altre specie, come la roverella (Figure 1.I; 2). Tali formazioni boschive, si accompagnano a essenze arbustive tipiche di quelle mediterranee di sclerofille (Phyllirea latifolia, Viburnum ssp., Arbutus unedo), cui si mescolano elementi provenienti dai querceti supra-mediterranei e dagli orno-ostrieti (Fraxinus ornus, Carpinus orientalis, Cercis siliquastrum).

dalla presenza di arenarie, talvolta di substrati di natura conglomeratica a quote comprese fra i 400 e 750 m s.l.m. in particolare ai piedi del massiccio del Matese, lungo la valle del Volturno e nella media valle del Biferno. A queste foreste si lega un fitto strato di carpinella (Carpinus orientalis) cui si associano frequentemente i sorbi (Sorbus domestica, S. torminalis), l’orniello e talvolta l’acero opalo (Acer obtusatum), con arbusti come Crataegus monogyna, Prunus spinosa, Ligustrum vulgare, Euonymus europaeus, Cytisus villosus, Malus florentina, Genista tinctoria e Erica arborea. Un’altra formazione di tipo mesofilo è rappresentata dalle foreste a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia), la cui diffusione risulta esclusivamente localizzata in corrispondenza dei massicci principali (Monti del Matese, Catena delle Mainarde) di natura carbonatica e nei rilievi calcarei della valle del fiume Volturno (750 e 1000 m s.l.m.), mentre risulta pressoché assente in tutto il settore collinare argilloso. Il carpino nero, in questo areale non ha un comportamento fortemente dominante, ma si unisce frequentemente ad altri alberi quali l’acero opalo (Acer obtusatum), l’orniello, il cerro, il faggio (Fagus sylvatica) e in qualche caso all’abete bianco (Abies alba) (Figure 1.BIII-IV; 2).

Nell’area con clima mediterraneo lungo il Biferno e il Fortore è possibile distinguere boscaglie a prevalenza di roverella, con alcune caducifoglie come la carpinella (Carpinus orientalis), l’orniello (Fraxinus ornus) e l’acero (Acer campestre). Tali formazioni occupano una fascia di vegetazione in posizione di raccordo fra le foreste sclerofille a leccio e i querceti del piano collinare (Figure 1.AI, BII; 2). Le formazioni marcatamente mesofile si collocano generalmente nell’area collinare dove sussistono diverse tipologie boschive (Figure 1.BII; 2). Nel tratto fra i 500-800 m s.l.m. sono presenti foreste a dominanza di cerro (Quercus cerris L.) e roverella (Quercus pubescens Willd.) con un intricato sottobosco di Rosaceae quali il rovo (Rubus ulmifolius), le rose (Rosa canina, R. arvensis, R. agrestis), il prugnolo (Prunus spinosa), il biancospino (Crataegus monogyna, C. oxyacantha). Al cerro e alla roverella si accompagnano inoltre l’acero campestre (Acer campestre), l’acero opalo a foglie pelose (Acer obtusatum), l’orniello (Fraxinus ornus) e il sorbo (Sorbus domestica, S. torminalis). Sono censite anche foreste a dominanza di cerro e farnetto (Quercus frainetto ten.) la cui distribuzione è limitata quasi esclusivamente alle aree caratterizzata

Nell’area montana sono attestate foreste a dominanza di faggio, principalmente lungo i versanti delle principali catene montuose del Matese o del Mainarde e Alto Molise, aree caratterizzate da cospicue precipitazioni (1100-1600 mm) e substrati eterogenei. Nonostante tendano a sviluppare foreste monospecifiche, le faggete del Molise si accompagnano sporadicamente ad altre specie come l’acero di montagna (Acer pseudoplatanus), l’abete bianco (Abies alba), l’agrifoglio (Ilex aquifolium), il sorbo argenteo (Sorbus aria), la rosa agreste (Rosa agrestis) e la rosa pendolina (Rosa pendulina) (Figure 1.BIV-V; 2). La presenza di numerose valli fluviali (fiumi Trigno, Biferno, Fortore e Volturno) comporta infine la presenza di foreste ripariali, la cui estensione e composizione risente dei cambiamenti dell’andamento dei corsi d’acqua, particolarmente repentini negli ultimi cinquant’anni (Aucelli et al. 2011). Le aree prossime ai corsi d’acqua sono infatti caratterizzate da elementi arborei con salici (Salix purpurea, S. eleagnos, 267

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche S. alba), pioppi (Populus alba, P. nigra), olmo campestre (Ulmus minor), sanguinella (Cornus sanguinea) ed essenze arbustive della macchia (Aucelli et al. 2011; Pirone et al. 2009). Elementi geomorfologici potenziale presso Oratino

e

della

Considerando le trasformazioni intercorse, la lettura della flora attuale intorno al sito, rispetto a quella che doveva essere in passato, risulta agevolata: il territorio posto ai piedi dello sperone roccioso è infatti occupato prevalentemente da colture agrarie eterogenee, intervallate da piccole aree di vegetazione naturale. Quest’ultima è composta da diversi tipi di querce, carpini, Rosaceae, Prunoideae ed essenze arboree introdotte dall’uomo, come cipressi e abeti. Nella parte settentrionale e lungo alcuni terreni tra lo sperone e il fiume sono invece presenti seminativi non irrigui, generalmente utilizzati per la produzione di foraggio per il bestiame. Lungo il versante occidentale e orientale si estendono aree boscate, in parte naturali, costituite da boschi di latifoglie, in cui dominano le querce come il cerro e la roverella. Lungo i margini del fiume Biferno, invece, è presente una rigogliosa foresta ripariale, dominata da pioppi e salici e da un intricato sottobosco in cui è possibile osservare essenze con portamento rampicante, come l’edera e la vite selvatica, e alberi di carpino, ontano e olmo. A ridosso di margini del fiume è concentrato un fitto canneto di Arundo donax e Fragmites communis (Figura 5).

vegetazione

Il bacino del fiume Biferno è posto all’interno di un’area geologicamente molto complessa. Il tratto medioalto è caratterizzato da una valle stretta impostata su successioni di formazioni mesozoiche terziarie (Unità Molisana e Falda Sannitica) e silicio-clastiche terziarie (Patacca et al. 1992a-b). In questo tratto il fiume scorre in sezioni vallive strette e incise, costituite da depositi alluvionali e depositi di marne e argille. Come indicato dalla cartografia (CGI Campobasso F 405), allo sperone roccioso della Rocca, di origine calcarea, si addossano depositi argillosi di origine alluvionale dell’Oligocene – Miocene inferiore, riferibili al gruppo delle argille “varicolori” (Fanelli e Lucchese 2003). La loro composizione è piuttosto variabile poiché può contenere marne, calcari, brecce ricristallizzate (Figura 3). La presenza di diverse formazioni geologiche, fra loro dissimili per composizione, determina la compresenza di suoli diversificati e, frequentemente, quella di numerose essenze arboree. Sulla base della cartografia dell’uso del suolo Corine Land Cover e forestali1 l’area presso la Rocca è caratterizzata da alcune tipologie forestali quali la cerreta, il querceto mesoxerofilo e l’ostrieto mesoxerofilo. L’area è anche interessata da un rimboschimento con conifere.

Materiali e metodi. Tecniche di recupero e studio dei resti antracologici Gli antracoresti del sito della Rocca di Oratino sono stati raccolti mediante strategie di campionamento diversificate nel tentativo di ricavare la medesima rappresentazione statistica delle specie vegetali e limitare fenomeni di sovra-rappresentazione (dipendenti dalla natura del contesto o dal tasso di frammentazione delle specie), nonché con l’obiettivo di contribuire alla ricostruzione delle aree funzionali messe in luce durante lo scavo (D’Oronzo e Fiorentino 2008).

Tale palinsesto è stato in parte modificato da trasformazioni del paesaggio dovute ad attività agro pastorali e alla riconfigurazione della viabilità, come suggerito dalla lettura delle foto aeree. Le ortofoto del periodo 1988-1989 evidenziano come nell’area a N della Rocca fosse presente un fitto querceto, in parte in contiguità con la vegetazione ripariale del fiume Biferno, e come la porzione meridionale fosse dedicata alle coltivazioni. Quelle del 19941998 documentano invece una drastica riduzione del querceto e un’espansione delle aree agricole con presenza di una discreta viabilità secondaria a N della Rocca, oltre alla costituzione, nella parte occidentale, di una fascia di rispetto lungo il fiume, che ha permesso di tutelare la foresta ripariale (Figura 4). Tale tipo di ambiente, dominato da popolazione salicacee e Alnus sembra sia stato compromesso da opere di gestione per regolamentare il flusso dei fiumi o per la creazione di laghi artificiali (Aucelli 2011).

A tal fine i frammenti di carbone sono stati prelevati a vista, previo posizionamento topografico, nel caso in cui i resti presentassero dimensioni percepibili, oppure tramite il campionamento del sedimento. È stato applicato un campionamento sistematico percentuale: sono stati raccolti campioni pari a una percentuale fissa del volume delle UUSS asportate, compresa fra il 20 e 50%, per tutte le paleo-superfici e livelli che non hanno evidenziato elementi strutturali ben visibili. Le fasi di frequentazione interessate da strutture di combustione sono state campionate con la tecnica del ring sampling (Stapert 1989; Stapert e Street 1997). Questo consiste nel campionamento di settori circolari a partire dal centro dei focolari e dalle piastre di cottura, combinate con la raccolta impostata su una quadrettatura di 1x1 e di 0,5 x 0,5 m, fino ad arrivare a una raccolta anche del 100% del terreno. Il volume dei campioni raccolti, dipendendo da una stima percentuale, può dunque variare fortemente, oscillando fra i 2 e 7 litri.

http://www3.regione.molise.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/ IT/IDPagina/737

1 

268

Cosimo D’Oronzo: Oratino-La Rocca: il paleoambiente e le strategie ...

Figura 3. Geologia dell’area (rielaborata da Rosskopfe Scorpio 2013).

I campioni sono stati setacciati a secco o in acqua corrente a seconda della matrice del sedimento, variabile dal sabbioso all’argilloso, in modo da eliminare la frazione a granulometria fine. Durante tale operazione è stato impiegato un set di setacci a maglia differente (4, 2 e 0,5 mm) in modo da separare i resti sulla base di classi dimensionali, tali da recuperare anche la frazione dei micro-carboni.

e resti bio-archeologici macroscopici e di seguito, con uno stereo-microscopio (Nikon SMZ560). I frammenti di carbone, una volta isolati, sono stati separati per classi dimensionali e morfologiche in modo da valutare il grado di arrotondamento dovuto a fasi di trasporto sin e post-deposizionali. Ogni frammento è stato determinato attraverso l’osservazione degli elementi anatomici dei tessuti, lungo tre sezioni principali (trasversale, tangenziale e radiale), generate mediante frattura manuale e con l’ausilio di un

I residui della setacciatura, una volta asciugati, sono stati vagliati con una lente per recuperare manufatti 269

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 4. Confronto tra le foto aeree del 1988-1989 e quelle del 1994-1998.

Figura 5. Sezione del territorio compreso fra la Rocca ed il fiume Biferno con vegetazione: Qp: Quercus pubescens; Qc: Quercus cerris; Cu: Cupressus; Fi: Ficus carica; My: Mirtus communis; Co: Corylus avellana; Os: Ostrya carpinifolia; Pr: Prunus spp.; Ce: Cereali; Al: Alnus spp.; Sa: Salix spp; Ra: Rampicante ; Po: Populus spp.; Fr: Fragmites spp.; Ul: Ulmus spp.

microscopio metallografico Nikon Me 600 (100, 200 e 500 ingrandimenti), il confronto con atlanti (Cambini 1967; Jacquiot et al. 1973; Nardi Berti 2006; Schweingruber 1978; 1990) e quello con i campioni dell’antracoteca del Laboratorio di Archeobotanica e Paleoecologia (LAP) del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento.

dei livelli appenninici indagati, nonché dall’assenza, per questi ultimi livelli, di contesti caratterizzati dalla presenza di strutture di combustione, in genere più ricchi di resti, che eventualmente potevano essere selezionati per specifiche attività.

270

numero di antracoresti

numero di taxa

Tale confronto ha tenuto conto di alcuni fattori come il diverso numero di campioni, dipendente dall’esiguità

volume (litri)

I campioni finora analizzati sono circa 350, per un volume pari a 1.575 litri di sedimento, nell’ambito dei quali sono stati identificati a livello specifico o di genere 2.592 frammenti di carbone di legna pertinenti a due fasi cronologiche distinte (Appenninico e Subappenninico, questi ultimi pertinenti esclusivamente all’ultima fase di frequentazione del sito – fase III), la cui analisi permette di ipotizzare possibili cambiamenti in chiave diacronica (Tabella 1).

numero di campioni

Tabella 1. Numero dei campioni, volume, numero di resti e taxa analizzati.

Risultati

Subappenninico (fase III)

300

1.350

2.183

16

Appenninico

50

225

409

7

TOTALE

350

1.575

2.592

-

Cosimo D’Oronzo: Oratino-La Rocca: il paleoambiente e le strategie ... I carboni della fase appenninica provengono da una struttura in negativo contenente cereali e resti di intonaco, forse da interpretare, almeno in relazione al suo ultimo utilizzo, come fossa di scarico e di cui si è gia dato in precedenza notizia (Copat supra: 8, struttura 1; Copat et al. 2012) e da alcuni livelli di frequentazione caratterizzati da un substrato argilloso che generalmente ha restituito una bassa densità di resti vegetali, piuttosto omogenei da un punto di vista dimensionale (3-5 mm).

I livelli inquadrabili nell’Appenninico (Figura 6) hanno restituito in particolare frammenti di carbone appartenenti al gruppo delle querce caducifoglie (Quercus tipo caducifoglie 53,23%) e delle Salicaceae (Populus/Salix 21,77%), mentre minoritario è l’apporto di altre essenze come Rosaceae (9,95%), Ostrya cfr. carpinifolia (5,91%), Rhamnus sp. (4,84%), Quercus tipo sempreverde (3,49%) e semi-caducofoglie (0,81%). I livelli della fase III, riferibili al Subappenninico recente (Figura 7) oltre ad avere restituito un maggior numero di resti, documentano un più alto numero di specie. Quelle più frequenti sono ancora le querce caducifoglie (Quercus tipo caducifoglie 48,79%), il carpino (Carpinus sp. 12,37%), il carpino nero (Ostrya cfr. carpinifolia 10,67%), le quercie semicaducifoglie (Quercus tipo caducifoglie 5,04 %) e l’acero (Acer sp.4,54%). A queste sono associate in percentuale minore le querce sempreverdi (Quercus cfr. ilex - 2,38%), i pruni (Prunus sp. - 2,2%), le Salicaceae (Populus/Salix - 2,1%,) l’olmo (Ulmus sp.- 2,02%), le quercie (Quercus sp. - 1,88%), un gruppo afferente al fico o al frassino (Ficus/Fraxinus -1,69%), il nocciolo (Corylus sp. - 1,6%), il maggiociondolo (Laburnum sp. - 1,56%), il noce (Juglans sp. - 1,05%), le Rosaceae (0,69%), le Buxaceae (Buxus sp. 0,23%) e alcune dicotiledoni non determinabili (1,19%).

I resti antracologici del Subappenninico, invece, provengono da livelli a diretto contatto con focolari e piastre di cottura, livelli cinerosi adiacenti le strutture di combustione e dai relativi piani d’uso, dove è più probabile rinvenire resti vegetali combusti (Copat supra: 14-26). A una maggior quantità di resti corrisponde anche una forte eterogeneità dimensionale (da 3 mm fino a 50 mm), un differente grado di arrotondamento (generalmente sono angolati e sub-arrotondati) e una maggiore variabilità tassonomica. Le specie identificate appartengono principalmente alla famiglia delle Fagaceae, ovvero querce caducifogli (Quercus cfr. caducifogli), semicaducifogli (Quercus cfr. semicaducifogli) e sempreverdi (Quercus cfr. ilex), e alle Corylaceae, documentate da Ostrya cfr. carpinifolia, Carpinus sp. e Corylus sp. Sono state identificate altre famiglie come Aceraceae (Acer sp.), Buxaceae (Buxus sp.), Juglandaceae (Juglans sp.), Rhamnaceae (Rhamnus sp.), Leguminosae (Laburnum sp.), Ulmaceae (Ulmus sp.), Rosaceae (Prunus sp. e gruppo Rosacea) e un gruppo afferente alle Salicaceae (Populus/Salix). Alcuni frammenti di carbone caratterizzati da uno stato di conservazione non ottimale sono stati assegnati al gruppo Ficus/Fraxinus e documenterebbero la famiglia delle Moraceae e delle Oleaceae.

Scenari paleombientali tra pleistocene e olocene La ricostruzione degli assetti della vegetazione basata sullo studio dei carboni raccolti nel sito della Rocca di Oratino sembra delineare associazioni ben più articolate rispetto a quelle descritte da Barker e dai viaggiatori nel corso del Seicento e Settecento (Barker 1995a-b). Questi descrivono infatti un paesaggio caratterizzato da ambienti di macchia mediterranea lungo la costa e di faggete nelle aree di alta quota. Come descritto sopra, si assiste a una discreta trasformazione degli ambienti costieri e lungo le valli fluviali in tempi recenti.

Per il genere Quercus, le caratteristiche anatomiche dei campioni osservati sembrerebbero indicare la presenza di alcuni macro-gruppi, come suggerito da alcuni autori (Cambini 1967), ovvero uno di caducifoglie, uno di semi-caducifoglie e uno sempreverde. Sulla base di questa proposta e dall’osservazione della disposizione dei vasi conduttori lungo la sezione trasversale dei carboni analizzati e della vegetazione potenziale presso il sito sono stati dunque individuati: il gruppo Quercus tipo caducifoglie (Quercus cfr. pubescens) in cui sono ben distinguibili vasi di grandi dimensioni nella zona primaticcia; il gruppo semi-caducifoglie, dove è osservabile la presenza di grossi vasi nella zona primaticcia e di un ridotto numero di vasi nella fase tardiva, il cui andamento e disposizione è talvolta simile a Quercus cfr. cerris o a Quercus cfr. pubescens; il gruppo Quercus tipo sempreverde (Quercus ilex/coccifera), i cui i vasi, isolati, hanno un diametro piuttosto costante e una disposizione radiale.

Se da una parte, sulla base dell’impostazione della longue durée, si possono cogliere in via generale le trasformazioni paleoambientali nel passaggio tra le comunità dei cacciatori-raccoglitori e quelle di agricoltori e pastori, questa non permette di verificare le risposte delle comunità ai rapidi cambiamenti nel corso della preistoria recente. Alcune trasformazioni tuttavia possono essere individuate anche nel corso dell’età del Bronzo. Un quadro più dettagliato del paleo-ambiente, almeno per la media e alta valle del Biferno, è invece desumibile dallo studio dei resti archeobotanici del sito di Oratino, in particolare da quei contesti caratterizzati dalla presenza di strutture di combustione, ricchi di resti carbonizzati. Tuttavia, la formulazione di ipotesi sulla ricostruzione della vegetazione e dei probabili cambiamenti ha la necessità di essere soppesata non solo considerando 271

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 6. Diagramma antracologico dei livelli dell’Appenninico.

Figura 7. Diagramma antracologico dei livelli del Subappenninico (fase III).

la natura dei contesti indagati, ma anche l’espansione delle foreste a seguito del passaggio da Pleistocene e Olocene (Di Rita et al. 2013).

Per il Paleolitico, sono state condotte analisi polliniche nel sito di Isernia La Pineta (Lebreton 2002; Arobba et al. 2004), nella regione di Sessano (Russo Ermolli et al. 2010) e di Boiano (Orain et al. 2013) e nel sito di Grotta Reali (Cui et al. 2009). Il paesaggio dell’Alto Molise durante il Pleistocene inferiore (870-500 ka) risulta caratterizzato sulla base delle analisi condotte a Isernia-La Pineta (Figura 1.1) da una vegetazione steppica xerofila con Artemisia, Poaceae, Chenopodiaceae, Asteraceae, e una con una

I dati a disposizione per ricostruire le trasformazioni delle comunità vegetali del Molise dal Paleolitico all’età del Bronzo, ovvero l’analisi di pollini e carboni provenienti da sequenze naturali e antropiche, nonostante siano sporadici ed eterogenei, ci permettono di avanzare alcune considerazioni in proposito. 272

Cosimo D’Oronzo: Oratino-La Rocca: il paleoambiente e le strategie ... sola specie arborea, il Pinus. Nei livelli del Pleistocene medio si registra invece una progressiva comparsa di un ambiente lacustre con Typha/Sparganium, Ranunculaceae, associata alla presenza di Pinus e di alcune specie mesofile, come Alnus, Salix, cf. Populus, Platanus, Quercus, Pinus, Cedrus (Arobba et al. 2004).

Nonostante non siano disponibili informazioni sulla copertura arborea della regione nel corso del passaggio fra Pleistocene e Olocene, si può ipotizzare, anche in questo caso, la progressiva espansione di foreste decidue e sempreverdi che caratterizza tutta l’Italia centrale (Di Rita et al. 2013).

I campioni pollinici nella regione di Sessano relativi al Pleistocene medio (Figura 1.2) mostrano una tendenza simile, ovvero la presenza di un ambiente forestato, caratterizzato da querce decidue, con aree dominate da Pinus e ambienti con una vegetazione di alta quota durante gli interglaciali (600-500 ka M15). A questa segue, nelle fasi glaciali, l’espansione degli ambienti steppici, dominati da erbe come Poaceae, Asteraceae, Chenopodiaceae, Artemisia e dalle aree con le conifere (Pinus) con relativa riduzione delle foreste mesofile. Infine, a partire da 450 ka, si registra una nuova fase dominata dalle foreste, in cui si susseguono diversi tipi di formazioni, dominate da Fagus, Abies o con caratteristiche mesofile dominate dalle querce decidue (Russo Ermolli et al. 2010).

È invece possibile avere un’idea del paesaggio della valle del Biferno nel corso dell’Olocene medio, in cui è piuttosto consolidata la presenza di comunità agricole. Le analisi polliniche realizzate da Hunt e Webley su quaranta sezioni a vista lungo la valle del Biferno (Barker 1995a) mostrano, come nel caso del sito Geo 33 (Figura 1.6), la presenza di una foresta mesofila caratterizzata da querce, carpino bianco, carpino nero, abete, tasso, olmo, nocciolo, pino, lentisco, biancospino, acero, tiglio e frassino, e, in alcuni casi, graminacee e piante palustri (Barker 1995 a-b), ma anche spazi aperti destinati alle attività agricole, attestati da Polygonaceae e Chenopodiaceae. La frequente presenza di livelli carboniosi spinge gli autori a pensare che tali depositi documentino una forma di disboscamento protratto nel tempo dai primi agricoltori della valle. Un quadro analogo probabilmente poteva essere presente presso il sito di Oratino, nonostante lo studio dei carboni dei focolari rinvenuti all’interno del riparo di Ponte Regio (Figura 1.5), sito prossimo a quello di Oratino, abbia restituito la sola presenza di Quercus e semi di Rubus fructicosus (Webley 1995 in Barker 1995a-b).

A pochi chilometri in direzione SE, la sequenza di Boiano (Figura 1.3), a partire da circa il 450 ka, evidenzia dei trend simili, ma in parte influenzati da fattori edafici (alto tasso di umidità) che durante le fasi glaciali potrebbe aver favorito la creazione di aree refugia per la flora arborea da riferire a essenze mesofile e al Fagus (Orain et al. 2013). A partire dal 350-330 ka, si registra la presenza di una foresta decidua di querce e faggete di alta quota, sostituite poco dopo, da foreste di conifere (Abies e Picea), collocabili in alta quota.

Più in generale sembra che un impatto antropico sulla vegetazione sia circoscrivibile alla bassa valle del Biferno, area nella quale, grazie anche alle ricerche di G. Barker, sono note forme di insediamento stabile da parte dei gruppi neolitici.

Nel Pleistocene superiore i dati di Isernia La-Pineta (100 ka) mostrano una progressiva diversificazione degli ambienti con specie arboree come il Pinus e la foresta mesofila decidua (Quercus, Corylus, Castanea, Fagus, Fraxinus, Alnus, Carpinus e Betula), elementi della macchia mediterranea come Olea, Quercus ilex e Phillyrea (Lebreton 2002), mentre le analisi dei pollini e dei carboni dei focolari di Grotta Reali (Figura 1.4), per le fasi successive (40-30 ka), indicano aree steppiche associate a spazi dominati da boschi (Betula, Corylus, Carpinus, Quercus, Oleaceae, Tilia), la cui presenza è influenzata da particolari condizioni edafiche (Cui et al. 2009; 2012).

Le comunità agro-pastorali dell’età del Bronzo sembrano occupare l’intera valle del fiume Biferno, adottando diverse soluzioni insediative nel corso del tempo e determinando una diversificata pressione sull’ambiente circostante. Per questa fase l’equipe di G. Barker, pur concentrandosi sulla ricostruzione dei modelli di sussistenza (D’Oronzo infra), non fornisce ipotesi ricostruttive sulla vegetazione, le cui dinamiche sono invece oggi meglio riconoscibili mediante le indagini nel sito di Oratino e, per confronto, anche in quello di Monteroduni (Figura 1.7-8), pur non ricadendo quest’ultimo nella medesima valle.

Da questa rapida ricostruzione è evidente come le foreste mesofile siano comparse nella regione nel corso del Pleistocene, la cui estensione, oltre a dipendere da cambiamenti climatici su larga scala, è da correlare a fattori locali, come la presenza di alti rilievi e valli fluviali. Tale trend generale sembra caratterizzare anche gli ambienti lungo la costa tirrenica (Di Rita et al. 2013) e non è da escludere che anche nella valle del Biferno la tendenza sia stata simile.

Nello specifico la vegetazione nella media-alta valle del Biferno tra il XV-XIV sec. a.C. sembra essere caratterizzata dalla presenza di un bosco mesofilo con una bassa percentuale di elementi termofili. Nonostante il numero di campioni analizzati da riferire ai livelli appenninici del sito sia ridotto, è possibile presupporre la presenza di querceto deciduo con carpino nero (cfr. Ostrya carpinifolia) e alcune Rosaceae associate a una 273

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche foresta ripariale composta da pioppi o salici (Populus/ Salix). In tale ambiente, tuttavia, sembrano essere presenti anche elementi della lecceta, come il ramno (Rhamnus sp.) e le querce sempreverdi.

seconda metà del II millennio, che sembrerebbero essere attestati da un maggior numero di resti, dai livelli subappenninici, da riferire a essenze del bosco mesofilo e meno a essenze da riferire ad aree presso il fiume o presso i suoli calcarei. Tale cambiamento oltre a dipendere da possibili variazioni nella portata del Biferno, potrebbe anche essere interpretabile come una traccia di una diversa modalità di gestione del territorio nella valle da parte di queste comunità.

In un ambito regionale più ampio, di maggiore dettaglio sono le informazioni per il periodo più recente dell’età del Bronzo, momento in cui sembra sussistere un bosco di tipo mesofilo nella parte compresa fra Isernia e la media valle del Biferno. Presso il sito di Monteroduni-loc. Paradiso (Isernia), doveva essere presente nuovamente un bosco mesofilo, costituito principalmente da querce caducifoglie, carpini e prunoideae, con elementi più termofili come il leccio, la cui presenza è dovuta alla natura marcatamente calcarea dei suoli. Anche in questo caso, la scelta di insediarsi nelle vicinanze di una valle fluviale (quella del Volturno) sembra indicare la tendenza a utilizzare alcune specie della foresta ripariale, come il pioppo e il salice (D’Oronzo 2014). Nella media e alta valle del Biferno è ancora documentato un ambiente tendenzialmente mesofilo piuttosto articolato, da mettere in relazione alla presenza di suoli maggiormente diversificati. I numerosi carboni analizzati identificherebbero un bosco deciduo composto da querce caducifoglie, carpini, olmi, aceri, pruni e rosaceae, più probabilmente in corrispondenza di suoli argillosi e sabbiosi, mentre il fico e il bosso dovevano trovarsi in prossimità di affioramenti calcarei. Non è da escludere lungo alcuni versanti o in suoli più calcarei l’istaurarsi della lecceta e nuovamente di essenze della ripisilva (D’Oronzo e Fiorentino 2008). Tali dati non sembrano indicare cambiamenti “radicali” della vegetazione a opera delle comunità dell’età del Bronzo, tuttavia è interessante valutare, in prospettiva diacronica e sincronica, lo sfruttamento delle essenze ripariali nel corso della seconda metà del II millennio.

Le indagini di G. Barker evidenziano infatti i segni di un’espansione degli insediamenti nel corso del II millennio, caratterizzata da progressive forme di occupazione del territorio con una rete di insediamenti stabili di grandi dimensioni e siti satelliti, che occupano le valli fluviali, i bacini intermontani e le montagne. Tale assetto sembra essere stato possibile grazie alla presenza di una vegetazione più aperta sulle montagne dell’Appenninico centrale (Barker 1995 a-b), o forse anche dalla precisa scelta di prediligere particolari formazioni boschive. Non è in ogni caso da escludere, almeno nella valle del Biferno, che tali scelte insediative siano dipese da fattori strategici di controllo del territorio o dalla presenza di aree di transito fra la costa adriatica e tirrenica (Roberts et al. 2010, 2011). Strategia di sfruttamento delle risorse arboree: catchment e tecniche di approvvigionamento del combustibile La presenza di aree coperte da boschi presso gli insediamenti rappresentava indubbiamente un’importante fonte di approvvigionamento per le comunità preistoriche. Nonostante la rarità dei resti di legno nei contesti archeologici è noto come la biomassa vegetale rappresentasse una fonte di materie prime utilizzabile da una parte per costruire strutture (abitazioni, ripari, silos, fortificazioni, etc.), mezzi di trasporto (imbarcazioni, carri, etc.), utensili (armi, contenitori, strumenti agricoli, etc.), dall’altra come fonte di energia, sotto forma di combustibile, per attività quotidiane e artigianali. La disponibilità di combustibile di origine vegetale era funzionale a numerose attività quotidiane, quali la cottura degli alimenti, la loro conservazione, l’illuminazione e il riscaldamento degli ambienti, ma anche attività artigianali come la cottura della ceramica, la lavorazione dei metalli e di altri materiali che richiedevano l’uso del calore.

Presso il sito di Oratino, tra l’Appenninico e il Subappenninico, nonostante si confrontino campioni numericamente differenti, si riscontra un calo nelle essenze ripariali, la cui riduzione potrebbe dipendere dalla combinazione di una relativa pressione antropica associata a oscillazioni nella portata del Biferno, come suggerito dall’attuale riduzione di Salix e Alnus nella regione e in numerosi fiumi del versante adriatico (Aucelli et al. 2011). Se valutiamo il peso di queste specie da un punto di vista sincronico, emerge una diversa consistenza della foresta ripariale nell’alto tratto del Volturno e nel tratto medio-alto della valle del Biferno, che in questo secondo caso doveva essere più ridotta. Tale differenza poteva dipendere dalla diversa caratteristica dei contesti dei siti, ma più probabilmente dalla diversa natura dei territori.

Nel caso di Oratino non sono stati rinvenuti oggetti in materiale ligneo, ma sulla base di altri indicatori è possibile ipotizzare che le varie essenze arboree venissero impiegate per realizzare manufatti, ad esempio il fuso per la tessitura, attività attestata dal rinvenimento di fuseruole, o di elementi per le immanicature. Alcune essenze arboree potevano essere invece utilizzate per innalzare palizzate, attestate del

Se invece consideriamo complessivamente le trasformazioni in senso diacronico non è inverosimile ipotizzare alcuni cambiamenti nella vegetazione nella 274

Cosimo D’Oronzo: Oratino-La Rocca: il paleoambiente e le strategie ... rinvenimento di buche da palo, mentre altre specie più flessibili potevano essere state utilizzate nella costruzione di telai e intrecci di barriere frangivento, visti i numerosi frammenti rinvenuti di materiali argillosi con impronte (D’Oronzo e Mironti supra). Lo stato di conservazione delle impronte, caratterizzato da un’accentuata frammentarietà, non ha consentito di diagnosticare l’impiego di particolari essenze, ma non è da escludere che siano state utilizzate specie della ripisilva (Phragmites, Arundo, Salix) o alcune essenze flessibili del sottobosco come il Corylus.

aver ospitato anche alcune querce sempreverdi, ma è più probabile che queste siano collocate lungo versanti maggiormente assolati, dove era presente una vegetazione assimilabile al bosco misto di tipo mediterraneo, ovvero caratterizzato in alcuni momenti da esemplari di Ostrya e Phyllirea. A tali formazioni boschive, collocabili nelle immediate vicinanze del sito, era collegata una foresta di tipo ripariale, composta da Salix, Populus e Fraxinus sp., e un articolato sottobosco che prevedeva sicuramente la presenza di Rosoceae, ma anche di Vitaceae e Poaceae, come Phragmites e Arundo donax, nonostante non ci siano tracce nel record antracologico.

Ben documentato è invece l’uso del legno come combustibile, come ben evidente nei sei livelli d’uso della fase III, caratterizzata da numerose strutture connesse con l’uso del fuoco e lo scarico dei residui di combustibile. Lo studio del gran numero di carboni rinvenuti in questi contesti ha dato la possibilità di ricostruire l’area di approvvigionamento del combustibile (catchment) e di ipotizzarne le strategie di raccolta, grazie anche al confronto fra la distribuzione della vegetazione attuale e l’analisi antracologica e tafonomica (D’Oronzo 2012; D’Oronzo et al. 2012; Vernet 1992, 1997).

Collocare topograficamente l’estensione di queste foreste non è un’operazione semplice, soprattutto in assenza di studi puntuali sull’evoluzione dei suoli presso il sito e nell’area della vicina valle fluviale; tuttavia è possibile formulare alcune ipotesi, sulla base della morfologia attuale e delle caratteristiche edafiche delle specie. Un limite dell’area minima utilizzata per raccogliere la legna è data dalla ripisilva, collocabile lungo le sponde del Biferno, distanti circa 600-700 m dal sito, nell’ipotesi che l’attuale corso sia analogo a quello del II millennio a.C. Il querceto misto caducifoglie probabilmente doveva essere piuttosto vasto e poteva estendersi dalle pendici della Rocca alle colline poste a W, quindi fino a circa 2 km di distanza dal villaggio.

Per il momento in cui tali strutture di combustione erano in uso, è possibile ipotizzare lo sfruttamento di più aree con composizione floristica differente (Figura 8). Come descritto sopra, lo studio dei carboni di legna infatti indica la presenza di un’area dominata dal bosco misto caducifogle (Quercus tipo caducifoglie e semicaducifoglie, Ulmus sp., Acer sp., Laburnum sp.) e di un sottobosco in cui erano presenti le Rocaceae e il Corylus sp., che probabilmente occupava i suoli a matrice argillosa, mentre altre aree, più probabilmente caratterizzate da affioramenti rocciosi, erano occupate da specie come il bosso e il fico. Tali ambienti potrebbero

È possibile dunque tentare di ricostruire le strategie di acquisizione del combustibile legnoso grazie allo studio tafonomico dei carboni e alcuni confronti etnografici. L’osservazione dei campioni di combustibile evidenzia probabili forme di selezione. Generalmente venivano privilegiate le querce e i carpini, che erano disponibili

Figura 8. Associazioni vegetali dei livelli del Subappenninico (fase III).

275

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche sotto forma di legno morto sul soprassuolo forestale o tramite l’abbattimento e successivo stoccaggio del legname, casistica documentata già in alcuni contesti del Paleolitico (Théry-Parisot e Texier 2006). Tale consuetudine perdura probabilmente per tutta la preistoria e non è da escludere che conducesse a forme di “gestione” del bosco durante l’età del Bronzo.

più frequentemente. È dunque plausibile che la superficie necessaria per lo svolgimento di attività di tipo quotidiano fosse maggiore di 54 ha. Conclusioni Il paesaggio all’interno del quale si inserisce il sito di Oratino e la sua vegetazione è dunque il risultato di profondi cambiamenti che hanno interessato l’Italia meridionale nel corso dei millenni. Tali trasformazioni sono state influenzate da cambiamenti climatici (temperatura e precipitazione) e dall’uso del territorio da parte dell’uomo, come evidenziato dalle ricerche di Higgs e Barker in Italia centrale. L’approccio di tipo paleo-economico di questi autori, nel tentativo di superare forme di determinismo ambientale, ha fornito nuovi spunti di riflessione sulle relazioni fra l’uomo e l’ambiente, in cui quest’ultimo non è inteso come una mera cornice all’interno della quale si inseriscono le comunità umane.

SI può dunque provare a stimare la biomassa vegetale prodotta dalle formazioni boschive presso il sito di Oratino, grazie a recenti monitoraggi effettuati nella regione Molise. All’interno del “Bosco Pennataro” è stata valutata la produzione di biomassa di una cerreta (un querceto misto caducifoglie) non sottoposta a pratiche selviculturali da circa 50 anni, mediante il monitoraggio e campionamento del legno morto. Quest’ultimo è costituito da alberi morti spezzati o sradicati, tronchi e rami atterrati e vecchi alberi cavi in decadimento, la cui presenza dipende da diversi fattori, come lo stadio di sviluppo dei popolamenti, il tipo e la frequenza dei disturbi naturali caratteristici della regione (Hahn e Christensen 2004; Nocentini 2002).

In tale ottica si inseriscono le ricerche nella valle del Biferno dell’Università Sapienza di Roma, che hanno permesso di recuperare una cospicua quantità di resti bio-archeologici, come i carboni che forniscono un quadro dettagliato degli assetti della vegetazione nel corso del II millennio a.C. nell’area oggetto dell’analisi. In particolare nel tratto medio-alto della valle del Biferno, nel corso dell’Appenninico, si evidenzia la presenza di una vegetazione di tipo mesofila con una bassa percentuale di elementi termofili, da mettere in relazione sia con il querceto deciduo associato al carpino nero (cfr. Ostrya carpinifolia) e ad alcune Rosaceae, sia con la foresta ripariale composta da pioppi o salici (Populus/Salix) e sporadici elementi di una lecceta.

Sono state rilevate e monitorate diverse classi di legno sui soprassuoli probabilmente compatibili con quelle sfruttabili dalla comunità di Oratino, ovvero alberi morti in piedi, al suolo, rami con diametro uguale o superiore a 10 cm e rami fini (diametro compreso tra 10 cm e 5 cm). La cerreta indagata tende a produrre circa 15 m3/ ha di legno morto, composto principalmente da alberi, schianti e rami di grosse dimensioni (10 m3), nonché da rami inferiori ai 10 cm di diametro (3 m3) e da fusti ancora in situ (2 m3). I tronchi di maggiori dimensioni, fino a un diametro di circa 10 cm, appartengono alle querce caducifoglie, mentre i rami di diametro inferiore ai 10 cm includono un maggior numero di specie, come i carpini, gli aceri e il frassino (Marchetti e Lombardi 2006). Questo tipo di legno, dato anche il suo calibro, avrebbe potuto rappresentare un fonte di “facile approvvigionamento” di combustibile anche per la comunità di Oratino, che secondo alcune stime poteva essere composta da 30 nuclei familiari (Copat e D’Oronzo 2021b). Sulla base di alcuni studi sperimentali è possibile proporre una stima generale sul consumo di combustibile da parte di un gruppo familiare, escludendo le attività di tipo artigianale (D’Oronzo 2007, 2019; March 1992). Un focolare può consumare circa 75 kg di legna al giorno, rimanendo in funzione per almeno 10/12 ore. Un gruppo familiare necessitava dunque di circa 27 t, ovvero circa 27 m3 di legno. Se avessero utilizzato solo il legno recuperato dal soprassuolo, a ogni gruppo familiare sarebbe stato sufficiente circa 1,8 ha di bosco, ovvero 36 ha per tutta la comunità. Tuttavia, la bassa efficienza di tale combustibile e la sua scarsa attestazione nei livelli dell’età del Bronzo lasciano intendere che il legno stagionato, frutto di prelievi dal bosco mediante il taglio, venisse impiegato

Più dettagliate sono le informazioni per il periodo più recente dell’età del Bronzo (XIII-XII sec. a.C.), per il quale è documentato un ambiente tendenzialmente mesofilo, costituito da un bosco deciduo composto da un numero più elevato di essenze, come querce caducifoglie, carpini, olmi, aceri, pruni e rosaceae che dovevano occupare i suoli argillosi e sabbiosi, mentre lungo gli affioramenti calcarei erano probabilmente presenti il il fico e il bosso. Erano inoltre presenti elementi della lecceta e lungo il corso del fiume invece essenze tipiche degli ambienti ripariali. L’occupazione di territori con la compresenza di ecosistemi in parte diversificati probabilmente consentiva di recuperare facilmente il combustibile necessario alla comunità del sito di Oratino, che su una stima del consumo annuale per un gruppo composto da 30 nuclei familiari, doveva essere di circa 54 ha, presenti nell’area compresa fra il sito e il fiume. Tali informazioni inoltre vanno a colmare una lacuna conoscitiva inerente gli assetti della vegetazione nella 276

Cosimo D’Oronzo: Oratino-La Rocca: il paleoambiente e le strategie ... valle durante il II millennio, che allo stato attuale delle ricerche non sembrano indicare in modo inequivocabile l’impatto di cambiamenti climatici o le tracce di cambiamenti radicali della vegetazione causati dalle comunità antropiche. Tuttavia a partire dalla seconda metà del II millennio sono evidenti segni di un’espansione degli insediamenti (Cazzella e Ruggini 2010; Copat et al. 2007), fenomeno che secondo G. Barker fu in parte dovuto alla presenza di una

vegetazione più aperta sulle montagne dell’Appennino centrale (Barker 1995a). Tale fenomeno può anche essere il frutto della combinazione di nuove forme di gestione delle risorse boschive e del territorio da parte dell’uomo e, nel caso di Oratino, forse anche della scelta di prediligere particolari ambienti rispetto ad altri e non dal susseguirsi di micro-oscillazioni climatiche registrate su scala mediterranea (Roberts et al. 2010, 2011).

277

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La sussistenza nel Molise durante il secondo millennio a.C.: il contributo della carpologia Cosimo D’Oronzo

Lo studio dei resti carpologici rinvenuti nel sito della Rocca di Oratino fornisce nuovi spunti di riflessione su alcuni aspetti relativi all’uso delle piante e all’economia di sussistenza da parte delle società del II millennio lungo la valle del Biferno. L’analisi dei semi e dei frutti (resti carpologici) è stata utilizzata in primo luogo per formulare ipotesi sulle pratiche agricole di queste comunità, con un approccio di tipo paleo-economico, sulla base delle caratteristiche agronomiche delle specie e della loro tipologia, nonché dell’uso potenziale dei suoli, valutando con attenzione l’attendibilità di quest’ultimo strumento. La distribuzione attuale delle colture nella regione, infatti, rappresenta l’esito di complessi fenomeni di trasformazioni agricole che hanno interessato la regione Molise e che probabilmente hanno profondamente modificato la genetica delle piante. Alcuni autori inoltre ipotizzano l’ingresso di alcuni cultivar o di nuovi sistemi di coltivazione nella regione, come nel caso del forte impulso sulla frutticoltura operato in erpoca romana (Tanno 2014), dell’espansione della cerealicoltura durante il XVIII secolo (Massafra 1984) o infine nel caso dell’introduzione di alcuni cultivar dall’area balcanica, probabilmente sia in antico che in periodi più recenti (Laghetti et al. 2011).

frequentazione del sito (fase III), caratterizzata dalla presenza di una serie di strutture di combustione e dei relativi piani di uso (Copat supra: 14-26). Materiali e metodi Tecniche di recupero e studio dei resti carpologici I resti carpologici rinvenuti durante le campagne di scavo del sito della Rocca di Oratino sono stati recuperati attraverso una raccolta a vista dei singoli resti e sulla base di una strategia di campionamento del suolo utilizzata per i carboni di legni e descritta nel capitolo dedicato al paleo-ambiente (D’Oronzo supra: 268-270). I residui delle vagliature anche in questo caso sono stati osservati con una lente di ingrandimento e con l’ausilio di uno stereo-microscopio a luce riflessa (Nikon SMZ645 ingrandimenti 10X, 20X, 40X), in modo da recuperare diverse categorie carpologiche, come semi, frutti e porzioni di infiorescenze. Lo stato di conservazione dei carporesti, nonostante si tratti in genere di resti combusti, è tale da permetterne il riconoscimento tassonomico mediante la descrizione morfologica lungo le sezioni fondamentali (trasversale, laterale, ventrale e dorsale), le superfici e alcune strutture diagnostiche. Il confronto tra le caratteristiche morfologiche dei resti archeologici con quelli attuali (carpoteca del LAP - Laboratorio di Archeobotanica e Paleoecologia - Università del Salento) e l’ausilio delle chiavi dicotomiche di alcuni atlanti (Anderberg 1994; Berggren 1981; Jacomet 2006; Hervey-Murray 1980; Schoch et al. 1988) ha permesso di individuare il genere o la specie di appartenenza di cereali, leguminose e frutti. Infine è stata effettuata l’analisi biometrica di alcune cariossidi di cereali attraverso un riferimento micrometrico applicato agli oculari di uno stereo microscopio a luce riflessa (Nikon SMZ645 ingrandimenti 10X).

Grazie alle analisi condotte in un altro sito molisano, quello di Monteroduni-Loc. Paradiso, è stato possibile inoltre cogliere alcune differenze nella distribuzione di alcune coltivazioni tra l’ambiente adriatico e quello più interno durante la fasi più recenti dell’età del Bronzo, ampliando le ipotesi ricostruttive proposte dall’equipe di G. Barker (Barker 1995a-b; Barker et al. 2001). Si è cercato inoltre di fare alcune proposte circa l’uso potenziale dei semi e dei frutti, avvalendosi degli studi etnobotanici disponibili per la regione, e di ricostruire alcuni processi di trasformazione e manipolazione dei cibi, valutando le evidenze archeologiche, oltre che la natura e la distribuzione spaziale di alcuni indicatori (tipologia di resti vegetali, associazione con contenitori ceramici) nell’ambito dell’ultima fase di

Risultati I resti carpologici indagati provengono da frammenti raccolti a vista e dalla flottazione di 350 campioni il cui volume è pari a 1.575 litri di sedimento. 279

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

numero di campioni

volume (litri)

numero di carporesti

numero di taxa

Tabella 1. Campioni, volume sedimento e numero resti nel sito di Oratino-La Rocca.

Subappenninico

300

1.350

7.504

17

Appenninico

50

225

16.879

14

TOTALE

350

1.575

24.383

-

Complessivamente è stato possibile definire la specie o il genere di 24.383 frammenti, di cui 7.504 resti sono da riferire alla fase del Subappenninico (nell’ambito dei quali 3.070, sono relativi sia ai livelli di uso delle strutture pirotecniche che ai livelli di abbandono ad essi frammisti, gli altri da livelli più antichi, in corso di definizione), mentre 16.879 alla fase dell’Appenninico (Tabella 1). Lo stato di conservazione dei resti riscontrato in microscopia risulta migliore nei livelli della fase più antica (Appenninico) rispetto a quella più recente (Subappeninico). Tale differenza è imputabile probabilmente alle azioni che ne hanno determinato l’ingresso nel deposito e al diverso impatto dei processi post-deposizionali operanti nei contesti indagati. I resti della fase più antica provengono per lo più non a caso da una probabile fossa di scarico, e comunque da un contesto chiuso, meno soggetto a fenomeni di trasporto e abrasione dei resti carbonizzati. Quelli provenienti dai livelli del Subappenninico, caratterizzati, nei livelli più recenti, dalla presenza di strutture di combustione e di aree di lavorazione o, nei piani più antichi, da piani di calpestio connessi con attività in corso di definizione, risultano invece essere stati più soggetti a manipolazioni e trattamenti termici articolati e a fenomeni di dislocazione e calpestio, che ne hanno determinato una diversa modalità di conservazione intra e interspecifica. Nei cereali, infatti, è stata riscontrata la presenza di abrasioni, bollosità e raramente di fratture, mentre queste ultime sono invece piuttosto frequenti nelle leguminose. Tali caratteristiche invece sono del tutto assenti nei semi di alcune piante arbustive, come la vite, che conservano fedelmente la morfologia (Figura 1). In generale la famiglia maggiormente attestata è quella delle Poaceae, rappresentata da tre generi: Avena, Hordeum e Triticum. Per il genere Avena sp. non è stato possibile individuare una specie in particolare, a differenza del genere Hordeum, documentata dalla specie in forma distica (Hordeum cfr. vulgare) e polistica (Hordeum cfr. vulgare 4- 6 rowed). Al genere Triticum, appartengono invece le specie vestite (hulled wheat), come il farro piccolo (Triticum cfr. monococcum), il farro (Triticum cfr. dicoccum), una forma simile alla

Figura 1. Resti carpologici combusti provenienti dai livelli dell’età del Bronzo di Oratino-La Rocca: Triticum aestivum/ durum (a: sezione ventrale; b: sezione laterale; c: sezione dorsale). Triticum cfr. dicoccum (d: sezione ventrale; e: sezione laterale; f: sezione dorsale). Porzione di spiga di Triticum cfr. dicoccum (g: sezione laterale; h: sezione dorsale). Vicia faba var. minor (i: sezione frontale).

spelta (Triticum cfr. dicoccum/spelta) e specie nude (free/threshing wheat), come il grano nudo (Triticum aestivum/durum) e la forma più compatta (Triticum aestivum/compactum). Sono presenti diverse specie afferenti alla famiglia delle Fabaceae come il favino (Vicia faba var. minor), la vecciola (Vicia cfr. ervilia, Vicia sp.), la cicerchia (Lathyrus sp.), la lenticchia (Lens cfr. culinaris), il pisello (Pisum sp.) e altre Leguminosae, il cui stato di conservazione non ha permesso di individuarne il genere o la specie di appartenenza. Risulta sporadica invece l’attestazione di altre piante edibili, come la noce (Juglans cfr. regia) e forme probabilmente selvatiche di vite (Vitis vinifera subsp. sylvestris). Nella fase più antica, l’Appenninico, sono presenti principalmente specie di cereali come Avena sp. (0,09%), Hordeum cfr. vulgare (0,55%), Hordeum cfr. vulgare 4- 6 rowed (0,02%), Triticum cfr. monococcum (2,2%), Triticum cfr. dicoccum (25,8%), Triticum cfr. dicoccum/ spelta (0,41%), Triticum aestivum/durum (33,02%) e Triticum aestivum/compactum (4,37%), mentre minore 280

Cosimo D’Oronzo: La sussistenza nel Molise durante il secondo millennio a.C.

Figura 2. Taxa identificati nei livelli appenninici di Oratino-La Rocca.

è l’attestazione delle Fabaceae, come Lens cfr. culinaris (0,01%) e Vicia faba var. minor (0,03%) e delle piante da frutto, come Vitis vinifera subsp. sylvestris (0,02%) (Figura 2; Tabella 2).

var. minor – 10,1 %) e di piante da frutto come Juglans cfr. regia (0,02%), Olea europaea (0,01%) e Vitis vinifera subsp. sylvestris (0,9%). Strategie di sussistenza tra Neolitico ed età del Bronzo

Nel complesso si può invece osservare come l’assemblaggio della fase del Subappanninico sia più articolato e caratterizzato da diverse specie di cereali (Hordeum cfr. vulgare - 9,27%; Triticum cfr. monococcum 3,6%, Triticum cfr. dicoccum - 11,55%; Triticum aestivum/ durum - 20,97%; Triticum aestivum/compactum - 0,5%), la cui risoluzione tassonomica è stata confermata anche dallo studio biometrico (Figura 3; Tabella 2).

Il rinvenimento di un cospicuo numero di resti carpologici nel sito di Oratino e in altri contesti anteriori e coevi del Molise contribuisce ad arricchire le nostre conoscenze sulle pratiche di sussistenza delle comunità antropiche in epoca preistorica. In un approccio di tipo paleoeconomico, tali categorie di resti rappresentano una delle risorse necessarie all’uomo per il proprio sostentamento (Higgs e Jarman 1975). Tuttavia per poter comprendere il loro ruolo nell’economia di sussistenza è necessario valutare altre tipologie di informazioni come quelle legate alle caratteristiche agronomiche delle specie, ai rapporti tra le macrocategorie (cereali, legumi e frutti), alla variabilità tassonomica e alla natura dei suoli. Tale approccio permette di ipotizzare le modalità di sfruttamento delle risorse vegetali sia attraverso una prospettiva diacronica, qualora volessimo ricercare i processi di trasformazione, sia in una dimensione sincronica, qualora si volessero e potessero cogliere delle differenze dipendenti da fattori zonali.

Attraverso la misurazione della lunghezza, larghezza e spessore (anche nei rapporti reciproci) di alcune cariossidi pertinenti alla fase III è stato possibile trovare una buona corrispondenza nella distinzione del farro piccolo (Triticum cfr. monococcum) dal farro (Triticum cfr. dicoccum), operata già su base morfologica. Valutando il rapporto l/s (larghezza/spessore) è stato possibile osservare che buona parte delle cariossidi di Triticum cfr. dicoccum hanno valori superiori a 1, al contrario del Triticum cfr. monococcum, in cui i valori sono inferiori. I valori di due campioni di Triticum dicoccum tuttavia si discostano da tale tendenza, da mettere forse in relazione con la variabilità biometrica delle cariossidi all’interno della spighetta, riscontrata anche in altri cereali (Tabella 3; Figura 4).

Nel caso della regione Molise la disponibilità di analisi carpologiche condotte nei siti di Monte Maulo, A268 presso Larino, Ponte Regio, Fonte Maggio, Oratino La Rocca, Masseria Mammarella, Monteroduni - Loc. Paradiso (Figura 5; Tabella 2) permettono di cogliere

Nella stessa fase sono attestate diverse specie di leguminose (Lathyrus sp. – 0,09%,; Lens cfr. culinaris – 0,5%; Pisum sp. – 0,18%; Vicia cfr. ervilia – 0,1%; Vicia faba 281

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Oratino livelli subappenninici

Masseria Mammarella A113

Monteroduni - Loc. Paradiso

Fonte Maggio G1

Oratino livelli appenninici

A268

Riparo Ponte Regio - C63

Monte Maulo B198

Tabella 2.1-2. Resti carpologici identificati provenienti dai siti di Monte Maulo, Riparo Ponte Regio, A268, Oratino-La Rocca, Monteroduni - Loc. Paradiso, Fonte Maggio e Masseria Mammarella.

Cereali Avena sp. Avena sativa

15 3

2

Avena strigosa

4

Hordeum sp. Hordeum cfr. vulgare

63 38

24

Hordeum vulgare 4-6 rowed

92

10 30

66

616 16

693

3

4

Hordeum/Triticum

1.106

43

1.250

Triticum sp.

4.483

13

1.169

372

7

267

Triticum cfr. monococcum Triticum cfr. dicoccum

78

40

Triticum cfr. dicoccum/spelta Triticum cfr. aestivum/durum

1

Triticum cfr. aestivum/compactum Panicum miliaceum

4.355

31

6

50

864

69

1

5.573

5

1.566

738

5

37

1

1

Panicum sp.

1

cereali ind.

42

Legumi Anthyllis vulneraria

2

Cicer arietinnum

1

Lathyrus sp. Lens cfr. culinaris

9

Pisum arvense

5

1 2

2

7

4

38

9

Pisum sp.

13

Vicia cfr. ervilia Vicia faba

6 2

8

1

Vicia faba var. minor

4

1 249

757

Vicia sp.

133

18

Leguminosae

242

112

Frutti ed altre piante coltivate Corylus avellana

2

Juglans regia

2

282

Linum usitatissimum

Oratino livelli subappenninici

Masseria Mammarella A113

Monteroduni - Loc. Paradiso

Fonte Maggio G1

Oratino livelli appenninici

A268

Riparo Ponte Regio - C63

Monte Maulo B198

Cosimo D’Oronzo: La sussistenza nel Molise durante il secondo millennio a.C.

7

Olea europaea

1

Prunus institia

1

41

Quercus robur

1

Rubus fructicosus

1

1

Staphylea pinnata

2

Vitis vinifera/sylvestris

3

3

Frutto ind.

1

58

2

Altre Achillea millefolium

1

Anchusa avernsis

1

Brassica sp.

1

Camelina sativa

4

Chenopodium album

46

1

Euphorbia helioscopia

206

26

Fallopia convolvulus

82

20

Geranium dissectum

1

1

Gramineae

7

3

Lapsana communis

1

Galium aparine

6

1

6

32

Lychnis sp.

1

Myosotis sp.

3

Neslia paniculata

1

Onobrychis sativa

26

Picris sp.

1

Polygonum aviculare

19

Polygonum persicaria

47

Stellaria media

2

Trifolium sp. Urtica dioica

7

1 2

1

1

Dicotiledone ind. TOTALE

28 147

1

99

283

16.877

577

863

123

7.504

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 3. Taxa identificati nei livelli subappenninici di Oratino-La Rocca.

Tabella 3. Misure in millimetri delle cariossidi di Triticum rinvenuti nei livelli della fase III: lunghezza (L), larghezza (l), spessore (sp) e relativi indici biometrici. L

l

sp

L/l

L/sp l/sp

Triticum cfr. dicoccum

6,4

3,4

3,2

1,9

2,0

1,1

Triticum cfr. dicoccum

4,3

3

3,1

1,4

1,4

1,0

Triticum cfr. dicoccum

6

3,7

3

1,7

2,1

1,2

Triticum cfr. dicoccum

6,3

3,2

3

2,0

2,1

1,1

Triticum cfr. dicoccum

4,4

2,5

2,4

1,8

1,8

1,0

Triticum cfr. dicoccum

5,6

2,9

3

1,9

1,9

1,0

Triticum cfr. dicoccum

5,7

3,4

2,8

1,7

2,0

1,2

Triticum cfr. dicoccum

3,7

2,4

2,3

1,5

1,6

1,0

Triticum cfr. dicoccum

5,3

3

2,8

1,8

1,9

1,1

Triticum cfr. dicoccum

6

2,7

2,6

2,2

2,3

1,0

Triticum cfr. dicoccum

6

3,2

3

1,9

2,0

1,1

Triticum cfr. dicoccum

5,4

2,6

2,6

2,1

2,1

1,0

Triticum cfr. dicoccum

5,8

3

2,9

1,9

2,0

1,0

Triticum cfr. dicoccum

5,6

3

2,5

1,9

2,2

1,2

Triticum cfr. dicoccum

5,9

3,4

2,1

1,7

2,8

1,6

Triticum cfr. monococcum

5,6

2,3

2,5

2,4

2,2

1,0

Triticum cfr. monococcum

5,3

2,2

2,5

2,4

2,1

0,9

Triticum cfr. monococcum

5,7

2,3

2,7

2,5

2,1

0,9

Triticum cfr. monococcum

5,5

2,4

2,6

2,3

2,1

0,9

Triticum cfr. monococcum

5,4

2,6

2,8

2,1

1,9

0,9

Triticum cfr. monococcum

5,2

2,4

2,6

2,2

2,0

0,9

Triticum cfr. monococcum

5,6

2,5

2,7

2,2

2,1

0,9

Triticum cfr. monococcum

5,4

2,4

3

2,3

1,8

0,8

Triticum cfr. monococcum

5,5

2,3

2,8

2,4

2,0

0,8

Triticum cfr. monococcum

5,4

2,5

2,9

2,2

1,9

0,9

Figura 4. Rapporto larghezza/spessore nelle cariossidi di Triticum della fase III.

alcuni aspetti dell’economia di sussistenza di queste comunità e di valutarne le possibili trasformazioni in un range cronologico che va dal Neolitico all’età del Bronzo. Le prime informazioni sullo sfruttamento delle risorse vegetali, escludendo quelle pertinenti alle fasi del Pleistocene e inizio Olocene, risalgono al V millennio a.C., periodo in cui sono attestate le prime forme di occupazione stabile e non nella valle del Biferno (Barker 1988-1989). I resti provenienti dal sito di Monte Maulo (Webley 2001), nonostante siano numericamente limitati, mostrano la predilezione per la coltivazione dei cereali 284

Cosimo D’Oronzo: La sussistenza nel Molise durante il secondo millennio a.C.

Figura 5. Localizzazione dei siti archeologici citati nel testo: i siti neolitici di Riparo Ponte Regio, Monte Maulo e A268 sono indicati con il triangolo; i siti dell’età del Bronzo di Masseria Mammarella, Fonte Maggio, Oratino-La Rocca e Monteroduni-Loc. Paradiso sono indicati con la stella.

leguminose. Tuttavia, se si valutano le specie e la variabilità interspecifica, emerge un’intensificazione delle colture cerealicole e una riduzione del numero di specie riscontrata sia per i cereali che per le leguminose.

(88%), integrata con quella delle leguminose (12%). Se si considera la variabilità tassonomica emerge la tendenza a coltivare diverse specie di cereali e leguminose. Le prime documentano la coltivazione del farro (Triticum cfr. dicoccum), dell’orzo e in modo più sporadico di cereali come l’avena, il frumento e il miglio; le seconde, invece, indicano la produzione di lenticchia, pisello e favino. Sempre a questo momento sono da riferirsi i resti di Rubus fructicosus rinvenuti dal riparo di Ponte Regio (Barker 1974), che documentano l’integrazione di frutti selvatici mediante la raccolta nella dieta, principalmente basata sulla coltivazione di cereali e legumi, delle prime comunità neolitiche della valle.

Sebbene il numero di resti sia esiguo e pertinente a un ambito geografico limitato risulta probabile che per le prime comunità sia stato possibile coltivare un più ampio range di specie rispetto alle fasi più avanzate del Neolitico, in cui predominano il farro e l’orzo. Tale differenza potrebbe in parte dipendere da fattori climatici e sottintendere una predilezione verso la selezione di specie compatibili con più tipologie di suoli e più adattabili a condizioni ambientali difficili, come il farro e l’orzo.

In una fase più avanzata del Neolitico i dati provenienti dal sito A268 (Webley 2001), presso Larino, confermano il quadro emerso per le fasi iniziali, ovvero la coltivazione di farro, orzo e in minor misura

I trend generali emersi per questa fase, seppur limitati, non si discostano infatti in modo significativo da 285

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 6. Cereali, legumi e frutti rinvenuti nei livelli appenninici dei siti di Fonte Maggio e Oratino-La Rocca.

alcune tendenze generali osservate per altri ambiti regionali dell’Italia centro meridionale (Fiorentino et al. 2013). Allo stato attuale non è possibile valutare se ci sia stato un graduale passaggio tra l’economia delle comunità neolitiche e quelle dell’età del Bronzo in assenza di dati per il IV-III millennio a.C., mentre un maggior numero di dati è disponibile per l’età del Bronzo, in particolare per le fasi più recenti. Analisi carpologiche per l’età del Bronzo sono disponibili per i siti di Fonte Maggio – Petrella Tifermina, Oratino - La Rocca, Masseria Mammarella e Monteroduni Loc. Paradiso, insediamenti caratterizzati da una continuità di frequentazione dalla fase Appenninica al Subappenninico.

Figura 7. Tipologie di cereali rinvenuti nei livelli appenninici dei siti di Fonte Maggio e Oratino–La Rocca.

Per la fase più antica disponiamo delle analisi condotte nei siti della media e dell’alta valle del Biferno di Fonte Maggio - G1 (Barker 1976) e Oratino - La Rocca (Figura 2, Tabella 1; Copat et al. 2012), i cui risultati sono in questo ultimo caso influenzati dal contesto di rinvenimento. Se si considerano tre grandi macrocategorie (cereali, legumi e frutti – Figura 6), il campione dei carporesti da Fonte Maggio è caratterizzato da una certa integrazione tra piante coltivate (cereali 53%, legumi 13%) e raccolte (frutti 34%), a differenza di Oratino, in cui le risorse vegetali provengono esclusivamente dalla cerealicoltura (cereali 99 %, legumi 0,5%, frutti 0,5%). Questo primo livello di elaborazione dei dati suggerirebbe che la comunità di Oratino fosse fortemente orientata a un sistema esclusivamente basato sulla cerealicoltura. Tuttavia è più probabile che questa evidenza costituisca una distorsione dovuta al contesto di rinvenimento, che, come descritto sopra, è relativo a una probabile fossa di scarico (Copat supra: 8, struttura 1).

erano integrate da altri coltivi, come l’avena e il miglio (Figura 7; Tabella 2). Nei due siti è anche attestata la produzione di leguminose, il cui numero di specie è maggiore per Fonte Maggio, dove erano privilegiate la veccia, i piselli e il favino, mentre nel caso di Oratino risultano più abbondanti il favino e le lenticchie. Resti di pruni, solo a Fonte Maggio – Petrella Tifernia, e di vite selvatica, in entrambi i siti, più che indicare una forma di frutticoltura lascerebbero intendere la pratica di raccogliere frutti selvatici nelle aree boschive e nella valle fluviale. Di particolare interesse è il rinvenimento del lino (Linum usitatissimum) a Fonte Maggio, che probabilmente ricopriva un ruolo non del tutto secondario rispetto ad altre specie, poiché poteva interessare i processi di produzione dell’olio e delle fibre tessili. A differenza di altre specie ampiamente coltivate nel corso della preistoria, la conoscenza sull’uso del lino è piuttosto limitata, anche se rinvenuto in diversi contesti del Vicino Oriente, Grecia ed Europa centro-settentrionale (Karg 2011; Valamoti 2011). A partire dal Neolitico, sulla base dello studio genetico e

Se si considerano le specie cerealicole coltivate emerge la predilezione in entrambe le comunità per la coltivazione di due specie principali: il frumento (58%) e il farro (40,8%) nel caso di Oratino; il farro (46%) e l’orzo (44%) per Fonte Maggio. In entrambi i casi queste 286

Cosimo D’Oronzo: La sussistenza nel Molise durante il secondo millennio a.C. morfometrico dei resti di lino, sembra che almeno in Grecia la sua coltivazione fosse stata più orientata per estrarne l’olio dai semi (Valamoti 2011), a differenza dell’Europa centrale dove il suo utilizzo sembra essere stato più legato alla produzione di fibre (Herbig e Maier 2011). In Italia il lino è documentato in alcuni siti neolitici del settentrione. Data l’associazione frequente con strumenti legati alla tessitura, si presume che fosse impiegato per produrre fibre (Rottoli, Castiglioni 2009), attività che verosimilmente continuò anche durante l’età del Bronzo. Il rinvenimento di Linum usitatissimum a Fonte Maggio sembrerebbe supportare tale ipotesi, corroborata dalla presenza di altri indicatori archeologici, come le fuseruole, anche di piccole dimensioni (Copat e Danesi supra - Figura 66; Copat supra: 124). Un altro elemento a conferma di tale ipotesi è la tendenza delle comunità a privilegiare aree presso i corsi d’acqua e suoli umidi (indicati dalla presenza di Potentilla anserina e il Polygonum persicaria), ovvero areali compatibili con la coltivazione del lino.

lungo la pianura costiera (Masseria Mammarella 76%) e una progressiva diminuzione di tale specie procedendo verso gli ambienti collinari (Oratino 28%, Monteroduni 13%), tendenza che invece si inverte se consideriamo l’orzo, che risulta maggiormente utilizzato nelle aree interne (Monteroduni 76%), rispetto a quelle collinari (Oratino 32%) e costiere (Masseria Mammarella 24%). Il frumento risulta principalmente coltivato nel tratto collinare (Oratino 40%) e meno nella regione più interna (Monteroduni 10%), mentre è assente nella zona costiera (Figure 3,9; Tabella 2). Alla cerealicoltura era associata la coltivazione delle leguminose, che in generale prevedeva la produzione del favino, ma che nelle aree interne e collinari poteva prevedere la compresenza di diverse specie come la lenticchia, il pisello, la veccia, mentre lungo la costa è documentata la presenza del Cicer arietinum. Tale diversificazione delle coltivazioni, tra l’ambiente costiero e quello collinare, oltre a dipendere dalla tipologia degli insediamenti, probabilmente è correlabile all’adattabilità delle varie specie e alla possibilità di diversificare il periodo di semina e raccolta delle specie nel corso dell’anno, o da modalità di scambio fra gli insediamenti. Non è da escludere che la scelta di coltivare determinate specie sia in parte condizionato dalla strategia di allevamento del bestiame, ovvero dalla tendenza a coltivare cereali con un diverso tasso di produzione di paglia o di determinate tipologie di leguminose da destinare all’alimentazione animale piuttosto che umana. Lo studio dei resti carpologici di questi insediamenti inquadrabili nella seconda parte del II millennio mostra l’emergere di una nuova forma di gestione delle risorse vegetali rispetto alla fase precedente, forse da mettere in relazione a una maggiore complessità sociale delle comunità o a una trasformazione nell’uso del territorio orientata a una diversa articolazione delle aree destinate alla coltivazione.

Il quadro che sembra emergere dallo studio dei resti carpologici di Oratino e Fonte Maggio, sottolinea la capacità di queste comunità di praticare forme di agricoltura mista, sebbene orientata verso la cerealicoltura. La diversa selezione nei cereali da coltivare nei due siti potrebbe invece dipendere da condizioni locali (tipologia dei suoli e presenza di acqua), dalla specificità dei constesti, così come dalla casualità del rinvenimento (non essendo a Fonte Maggio il campione particolarmente significativo). La fase più recente dell’età del Bronzo (XIII-XII secolo a.C) è documentata grazie ai campioni carpologici da tre siti distribuiti fra la valle del Biferno e l’Alto Molise: Masseria Mammarella (Barker et al. 2001), Oratino (D’Oronzo e Fiorentino 2008) e Monteroduni Loc. Paradiso (D’Oronzo 2014) (Tabella 2). In generale sembra che le piante maggiormente utilizzate nella dieta provengano dalle aree coltivate, che nei siti lungo la valle del Biferno sembrano essere state destinate prevalentemente alla produzione di cereali (Masseria Mammarella 86%, Oratino 86%), mentre nelle aree interne come Monteroduni verso lo sfruttamento delle leguminose (Monteroduni: cereali 20%, legumi 79%), ma anche in quest’ultimo caso, trattandosi dei resti provenienti da un’unica struttura, potrebbe trattarsi di una selezione di tipo funzionale.

La manipolazione delle risorse vegetali Lo studio dei semi e dei frutti rinvenuti nel deposito archeologico di Oratino dà la possibilità di valutare le loro modalità d’uso, strettamente dipendenti dal tipo di essenza e deducibili dal contesto di rinvenimento. Frutti e piante erbacee oltre a essere coinvolti in alcuni processi di lavorazione dei manufatti (conciatura, tintura, etc.), erano principalmente utilizzati per la preparazione di alimenti, ma anche forse medicinali e medicamenti.

Di ridotta importanza, ma più articolato, è lo sfruttamento delle piante arboree, che nel caso di Masseria Mammarella prevedeva la raccolta delle ghiande, delle nocciole, del rovo e della vite selvatica (Figura 8; Tabella 2).

Alcune ipotesi sull’alimentazione, la preparazione dei cibi e la gestione degli spazi è possibile per le evidenze della fase III, contribuendo a ricostruire l’organizzazione sociale della comunità.

Se consideriamo le specie cerealicole utilizzate durante questa fase si nota la predilezione del farro 287

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 8. Cereali, legumi e frutti rinvenuti nei livelli subappenninici dei siti di Masseria Mammarella, Oratino-La Rocca e Monteroduni-Loc. Paradiso.

per separare i semi dalle infiorescenze rimuovendo la pula e gli infestanti, frammenti di baccello nel caso dei cereali, altri elementi nel caso delle leguminose. I semi dei cereali vestiti richiedevano invece delle operazioni extra per essere estratti, ovvero una probabile fase di idratazione seguita da un trattamento termico (D’Oronzo 2019; Pena-Chocarrο et al. 2009), mentre alcune leguminose come la cicerchia e la veccia potevano essere bollite o private della testa per eliminare alcune sostanze nocive (Hansen 2000). Queste operazioni, a seconda delle specie, potevano necessitare della collaborazione di più nuclei familiari in limitati periodi dell’anno, di solito dalla primavera all’estate per cereali e leguminose, ma a seconda delle tecniche di insilaggio, esse potevano comunque rientrare nelle attività quotidiane di un singolo gruppo familiare. I semi così estratti erano utilizzati quotidianamente per i pasti di cui tuttavia è possibile solo avere un’idea generica della composizione o della “ricetta”, poiché questa dipende da una parte da scelte culturali non facilmente indagabili, dall’altra dalla riconoscibilità delle tracce lasciate dalle trasformazioni di cereali e legumi nella fase di preparazione (Valamoti 2009).

Figura 9. Tipologie di cereali rinvenuti nei livelli subappenninici dei siti di Masseria Mammarella, Oratino–La Rocca e Monteroduni-Loc. Paradiso.

La ricostruzione delle attività di manipolazione e preparazione dei cibi di origine vegetale, in assenza di fonti scritte, è possibile grazie alla conoscenza degli usi potenziali delle piante documentate nel record archeologico, integrate dalle informazioni note da studi di carattere etnobotanico. Nel sito di Oratino non sono documentate essenze per la preparazione di medicinali, che tuttavia rimane un’attività plausibile, stando al rinvenimento di una pianta come l’Achillea millefolium, utilizzata come disinfettante e cicatrizzante, nel sito di Masseria Mammarella (Barker et al. 2001; Menale et al. 2006). Le evidenze di Oratino sono più legate a piante adoperate per preparare alimenti, come i cereali (farro, orzo e frumento) e le leguminose (lenticchia, cicerchia, vecciola, pisello e favino), piante che rappresentavano una delle risorse principali per ottenere da una parte un elevato apporto calorico, dall’altra per recuperare alcuni tipi di proteine e vitamine (McGee 1991).

Tracce di preparazione di un alimento simile al burghul sono state riconosciute grazie in un contenitore colmo di cariossidi di cereali frammentati nel sito dell’età del Bronzo di Archondiko in Macedonia (2100-1900 a.C.). Tale alimento, consumato anche oggi presso diverse culture del Mediterraneo (Abdalla 1990), viene preparato frammentando i cereali precedentemente bolliti e disidrati al sole. Questo trattamento conferisce una frattura dei resti piuttosto caratteristica, riconosciuta grazie alla microscopia elettronica in numerosi cereali provenienti dal sito macedone (Valamoti 2002).

Generalmente tutte queste specie, prima di essere consumate, subivano trattamenti finalizzati all’estrazione dei semi o all’eliminazione delle parti non edibili. Una volta raccolti i cereali e le leguminose venivano puliti, attraverso la battitura e la vagliatura

I cereali potevano inoltre essere macinati per produrre la farina impiegabile per la preparazione di pani o degli alimenti assimilabili a piadine o focacce (Samuel 2002), la cui produzione è attestata dal rinvenimento di frammenti di impasto nei depositi archeologici, ma 288

Cosimo D’Oronzo: La sussistenza nel Molise durante il secondo millennio a.C. anche dalla presenza di strumenti come le macine e di istallazioni per la loro cottura. Nonostante la rarità e le problematiche legate alla loro riconoscibilità nel record archeologico, frammenti di pane/focaccia ascrivibili all’età del Bronzo sono documentati in alcuni contesti dell’Italia settentrionale, come Morano sul Po e Bande di Cavriana (Castelletti e Motella De Carlo 2006; Motella de Carlo et al. 2021) o in Sardegna nel nuraghe di Arrubiu (Lo Schiavo et al. 2021). Lo studio di tali frammenti ha evidenziano una certa variabilità negli elementi costituenti. Venivano infatti impiegate farine poco raffinate (“intregrali”?), di farro e orzo, contenenti resti di pula, cariossidi frammentate e in alcuni casi legumi o ghiande, mentre meno attestata sembrerebbe la farina di frumento, generalmente più indicata per la panificazione, data la maggiore concentrazione di glutine.

indiretta di alimenti a base di legumi e/o cereali, come si può ipotizzare in alcuni casi osservando le associazioni tra resti carpologici e forme ceramiche (Copat infra: 291349). Conclusioni Lo studio dei resti carpologici e dei rapporti fra le specie coltivate e raccolte permettono di valutare alcune caratteristiche dell’economia di sussistenza e degli aspetti sociali delle comunità poste lungo i maggiori bacini fluviali del Molise fra il XV e il XII secolo a.C. Da un punto di vista sincronico i dati dei siti di Fonte Maggio e di Oratino (XV-XIV sec. a.C.) mostrano la tendenza a coltivare un numero limitato di cereali, in genere il farro, che nel primo caso è associato all’orzo e nel secondo al frumento. La selezione di tali specie sembra sottolineare come le comunità in questo periodo fossero strettamente vincolate alla natura dei suoli presso gli insediamenti, più argillosi nel caso di Oratino (perciò più adatti al frumento) rispetto a quelli di tipo sabbioso di Fonte Maggio. Alla coltivazione dei cereali si accompagnava quella delle leguminose, che prevedeva, anche in questo caso, l’impiego di un numero limitato di specie. Inoltre, il rinvenimento di alcuni semi di lino nel sito di Fonte Maggio attesta l’utilizzo di tale essenza, che non è invece documentata nel corso della seconda metà del II millennio.

Se da una parte risultano rari i frammenti di pane, in realtà sono piuttosto frequenti le strutture di combustione per la loro cottura come i forni a cupola o le piastre fisse o i dischi in ceramica preriscaldati, detti platters or baking plates, più indicati per la cottura di piadine o focacce (D’Oronzo 2017, 2019). Queste strutture sovente presenti in aree marginali dell’insediamento, come documentato nei siti di Coppa Nevigata (Cazzella e Recchia 2012b) e Masseria Chiancudda (Cinquepalmi e Recchia 2009), indicherebbero la partecipazione di una parte della collettività nel processo di panificazione, attività che comunque poteva coinvolgere anche il singolo gruppo familiare: non è raro infatti trovare tali istallazioni anche presso le singole unità abitative.

Dai dati disponibili per il XIII-XII sec. a.C. emergono in modo più chiaro i segni di un’ulteriore differenziazione nella coltivazione dei cereali tra costa e aree interne. Si assiste infatti a una progressiva riduzione dell’uso del farro procedendo dalla costa verso l’interno, area nella quale viene sostituito dall’orzo. Segni di intensificazione dell’uso di questo cereale sono forse riconoscibili anche a livello diacronico, nel sito di Oratino. Sembra dunque che a partire da questa fase la natura dei suoli non rappresenti più un fattore limitante per le comunità, che iniziano a privilegiare specie caratterizzate da una maggiore adattabilità ad ambienti diversificati. Un altro elemento di novità in questo periodo è rappresentato da un maggior interesse per la coltivazione delle leguminose, in particolare del favino, la cui produzione era destinata all’alimentazione umana. Non è da escludere che le variazioni delle coltivazioni tra il XV e il XII secolo a.C. nei siti posti lungo i maggiori bacini fluviali possano dipendere da fattori non ancora chiaramente leggibili nell’ambito dell’età del Bronzo della regione. Ad esempio, non è da escludere che cambiamenti nella variabilità tassonomica rappresentino da una parte la traccia del tentativo di superare alcuni fattori limitanti come la natura dei suoli, dall’altra la scelta di diversificare il periodo di semina e raccolta delle specie, ovvero un’ulteriore prova dell’interesse a occupare determinate aree ritenute strategiche.

Infine cereali e le leguminose potevano essere utilizzati per produrre pietanze assimilabili a zuppe e affini, mediante la cottura all’interno di contenitori ceramici. Lo studio dei carporesti di Oratino e della loro distribuzione spaziale, correlato allo studio della ceramica e delle strutture di combustione, pertinenti ai livelli della fase di frequentazione del Subappenninico Recente, offre in primo luogo la possibilità di valutare le tecniche di cottura ma anche ipotizzare forme di trattamento e preparazione dei cibi. Per quanto riguarda la cottura, sulla base delle caratteristiche delle strutture di combustione riscontrate nelle sei fasi di frequentazione è possibile supporre la tecnica di cottura diretta sul piano di combustione. La costante presenza di piastre di cottura fisse in tutte le fasi e di frammenti di piastre mobili, nelle fasi III 3a e III 4a, suggeriscono che in alcuni momenti tali strutture siano state utilizzate per cuocere focacce non lievitate, anche se non sono state individuate chiare evidenze di frammenti di impasto. Al momento, invece, è da escludere la produzione di impasti lievitati come il pane, data l’assenza di strutture assimilabili ai forni a cupola. Le piastre di cottura sono probabilmente state utilizzate anche per la cottura 289

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Non a caso, fra il XV e XII secolo a.C., anche in quest’area si assiste a un progressivo fenomeno di concentrazione degli insediamenti, che, sulla base del rinvenimento di alcuni beni esotici e della stessa collocazione topografica, risultano coinvolti in attività di scambio trans-appeninici, che richiedevano una diversa gestione del territorio, non più compatibile con insediamenti a

carattere sparso ma concentrati in aree strategiche e di controllo dei percorsi di scambio. Tale comportamento potrebbe aver innescato anche una nuova modalità di gestione del territorio e delle risorse non solo per il mero sostentamento delle comunità, ma probabilmente per “sostenere” o avviare lo sviluppo di società più articolate.

290

L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca. Una prospettiva integrata multidisciplinare Valentina Copat Come descritto nella presentazione dei contesti (Copat supra: 14-26), l’ultima fase di frequentazione dell’insediamento della Rocca di Oratino è costituita da una serie di piani di frequentazione successivi, posti in un’area aperta e caratterizzati dalla presenza di alcune piastre di cottura (in qualche caso in associazione con focolari), intervallati da alcuni livelli di temporaneo abbandono o riallestimento dell’area. Posta presumibilmente ai margini dell’insediamento, l’area risulta destinata ad attività collettive in gran parte orientate alla preparazione, al trattamento e al consumo degli alimenti.

Come già discusso, nessuno di questi piani è conservato o indagato per la sua intera estensione: questo condiziona in parte la lettura dei dati, ma l’individuazione di analoghi modelli di comportamento per i vari livelli porta a ritenere che la comprensione della destinazione funzionale dell’area non risulti nel complesso compromessa. L’analisi orientata alla ricostruzione delle attività svolte è stata resa possibile anche grazie al tipo di raccolta e campionamento dei resti effettuata in corso di scavo: i reperti (in particolare ceramica, vascolare e non, litica, manufatti in osso, fauna e scarsi metalli) possono essere infatti posizionati in pianta con un buon margine di approssimazione grazie a una raccolta effettuata secondo una maglia per quadrati di 1x1 m, all’interno di una griglia di 4x4 m. A questi si associa un dettagliato campionamento dei resti paleobotanici: in particolare per le strutture di fuoco è stata effettuata una raccolta di sedimento a volume variabile (in genere dal 50% al 100% del totale), tale da recuperare categorie di resti, come carboni e semi/frutti non sempre percepibili a vista durante la fase di scavo. I relativi piani d’uso sono stati campionati tra il 20% e il 50% circa del sedimento, per ciascuna unità stratigrafica, in punti quanto più uniformemente distribuiti nello spazio (D’Oronzo, supra: 268-270).

L’analisi integrata dei dati a disposizione (dati di scavo, studio funzionale delle ceramiche, determinazione dei resti bio-archeologici e distribuzione spaziale di questi e di altri manufatti) è stata affrontata per formulare alcune ipotesi legate al funzionamento delle strutture di fuoco e alla gestione dello spazio, al fine di individuare aree funzionali eventualmente diversificate, sia in senso diacronico che nell’ambito di ciascun piano di frequentazione, con riferimento alle specifiche modalità in cui le attività di preparazione, cottura e consumo degli alimenti e/o altre attività artigianali venissero attuate da questa comunità dell’età del Bronzo. Sulla base della distribuzione spaziale dei resti sul terreno, della presenza o meno di strutture di fuoco in determinate aree e infine delle loro caratteristiche è stato possibile individuare 24 contesti, almeno due per ciascun piano, che verranno descritti di seguito nel dettaglio e analizzati sotto questo aspetto.

Guardando dunque alla totalità dei resti rinvenuti sul terreno, alla loro distribuzione spaziale e alla correlazione funzionale tra questi e le strutture individuate, è possibile trarre numerose informazioni. Per quanto riguarda le ceramiche, rinvenute in gran numero, sono stati considerati 216 frammenti, riferibili per l’81% a forme aperte e per il restante 19% a forme chiuse2 (Tabelle 1-3). Sono in numero inferiore (1413) i

Questo studio era già stato presentato in via preliminare (Buglione e De Venuto 2008; Copat 2015;  Copat e D’Oronzo 2021a; D’Oronzo e Fiorentino 2008; Recchia et al. 2008), ma l’ampliamento dell’area di scavo e il prosieguo dello studio su manufatti e resti bioarcheologici, permette oggi di arricchire il quadro precedentemente riportato, grazie anche all’integrazione dei dati riferibili a tutte le classi di materiali, inclusi quelli precedentemente non considerati, come ad esempio i resti faunistici1 e i manufatti in litica scheggiata.

Sono esclusi i frammenti di scodelle carenate con forma e diametro non determinabile, troppo frammentarie sia in relazione alla possibilità di individuare una possibile funzione che a quella di definire il tipo di sostanza preferibilmente trattata. Sono inoltre escluse la ceramiche provenienti dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione. 3  Trattandosi di un’analisi volta a definire le attività che si svolgevano nell’area, dall’insieme delle ceramiche provenienti dai livelli di uso delle strutture di combustione (Copat supra: 144-148, Tabelle 3-7) sono stati espunti cinque contenitori, quattro di forma aperta e uno di forma chiusa, decorati a excisione, da interpretarsi come frammenti residuali (Copat e Danesi supra - Figure 26.3; 33.8; 34.2). 2 

1  Le determinazioni sono a cura della dott.ssa Anna Pizzarelli, che ha studiato i resti faunistici nell’ambito della sua tesi di dottorato di ricerca (Pizzarelli 2012).

291

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

I

1

II

III

1

IV V

1

VII

1

VI

VIII

IX

1

X

1

1

XII

1 1

XIII

1

2

XIV

XV

XVI

1

XVIII

1

XVII

2

XIX

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XXII

XXIII

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2

1

1

1

1

1

2

2

1

2 2

1

1

1

1

1

1

2

1

1

1

1

2

1

1

1

1

1

1

1

2 1

TOTALE

III 6a - area piastra US440

III 6a - area piastra US753

III 5a W

III 5a piastra UUSS 466-703

III 5a - area piastra US439

III 4a W

III 4a - C4F 1

1

2

1

5 1

1

2

4 3

2

4 2

1

6

2 2

1

1

1

1

1

2

III 4a E - area tra le piastre

III 4a E - area piastra US71

III 4a N - area piastra US503

1

1

3

1

2

1

1

1

XX

XXI

1

1

2

1

1

XI

XXIV

1

III 3a W

III 3a - area US103

III 3a E - area piastra US542

III 3a E - area piastra UUSS 676-677

III 3a E - area piastra US64

III 2a W

III 2a N

III 2a - focolare US192

III 2a E - piastra US200

III 1a W

III 1a N

III 1a E - esterno pali

III 1a E - interno pali - area piastre

III 1a E - interno pali - buca US283

Tabella 1. Dettaglio delle attribuzioni ai singoli gruppi morfologici relativi alle forme aperte nell’ambito dei diversi contesti individuati per ciascun piano di frequentazione della fase III (sono esclusi i frammenti sicuramente residuali).

1

1

4

2

7

2 1 1

10

1

2

7 9

7

1

1

3

1 1

1

1

7

1

7 3

TOT

0

6

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3

3

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1

8

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1

11

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2

8

11

2

8

0

4

2

0

1

103

TOT

0

7

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6

9

6

5

5

14

8

8

2

17

12

2

17

12

3

15

2

7

5

0

2

175

n.d.

1

3

3

6

2

4

6

5

4

1

6

4

9

1

1

7

2

3

3

1

preparazione e trasformazione (53,4%); la funzione del consumo individuale/preparazione e trasformazione è invece attestata per il 30,1%, mentre il solo consumo individuale è rappresentato complessivamente dal 16,5% dei casi.

frammenti riferibili a forme ricostruibili per i quali sia stata possibile un’attribuzione ai gruppi morfologici già individuati sulla base dell’analisi sopra proposta (Copat supra: 127-148). È stato dunque possibile indicare, per ciascun piano o particolare contesto, quali fossero le funzioni maggiormente rappresentate ed eventuali differenze a livello sincronico (Tabella 3).

Per quanto riguarda la sostanza trattata, le forme aperte utili a questa analisi sono in tutto 159: si possono infatti includere quelli a profilo continuo che non sono stati inclusi nei gruppi morfologici per l’impossibilità di definirne le dimensioni, ma che comunque risultano più adatti al trattamento di semisolidi in quanto la possibilità di fuoriuscita del contenuto non sembra

Per le forme aperte in particolare, i contenitori per i quali sia stato possibile proporre un’attribuzione funzionale, per quanto generica, sono in tutto 103, nell’ambito delle quali prevale nettamente, come già descritto (Copat supra: 145, Tabella 3), la funzione del consumo collettivo, 292

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

I

TOTALE

III 6a - area piastra US440

III 6a - area piastra US753

III 5a W

III 5a piastra UUSS 466-703

III 5a - area piastra US439

III 4a W

III 4a - C4F

1

1

II

1

III IV

III 4a E - area tra le piastre

III 4a E - area piastra US71

III 4a N - area piastra US503

III 3a W

III 3a - area US103

III 3a E - area piastra US542

III 3a E - area piastra UUSS 676-677

III 3a E - area piastra US64

III 2a W

III 2a N

III 2a - focolare US192

III 2a E - piastra US200

III 1a W

III 1a N

III 1a E - esterno pali

III 1a E - interno pali - area piastre

III 1a E - interno pali - buca US283

Tabella 2. Dettaglio delle attribuzioni ai singoli gruppi morfologici relativi alle forme chiuse nell’ambito dei diversi contesti individuati per ciascun piano di frequentazione della fase III (sono esclusi i frammenti sicuramente residuali). Si aggiunge qui per completezza un’olla n.d. dai livelli della buca US283 all’interno della struttura frangivento (fase III 1a), rappresentata da un fondo di contenitore di medie dimensioni, rinvenuto alla base del taglio.

1

1

1

1

1

V

0

VI

1

VII

1

2

1

4

1

2

VIII

0

IX

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X

1

1 2

1

2 1

2

1

8

XI

1

XII

1

2

1

1

1

1 6

XIII

0

XIV

0

XV

1

XVI

1

1

2

2

1

1

9

1

1

XVII

1

TOT

4

n.d.

1

TOT

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2

4

0

4

1

0

0

3

3

1

0

0

3

1

1

3

1

5

1 0

1 2

4

0

4

1

0

0

3

3

1

0

0

3

1

1

3

1

6

0

1

0

1

1 0

1

38 3

1

0

1

41

È dunque riportata in pianta la distribuzione dei contenitori più probabilmente destinati al consumo individuale e collettivo, alla preparazione e trasformazione, alla cottura, alla conservazione, tenendo conto che alcune di queste funzioni possono spesso coincidere in uno stesso contenitore (indicati con diversi colori – Figura 1). In pianta, vengono inoltre riportati sia il gruppo morfologico cui sono stati attribuiti i diversi frammenti che, per le forme aperte, le caratteristiche della terminazione dell’imboccatura (come descritto sopra, essa può infatti essere utile a individuare il tipo di sostanza eventualmente trattata).

favorita (Copat supra: 128). Rimangono indeterminabili i contenitori con labbro o parete concava con diametro n.d.: tale variabile incide, come spiegato più volte, nel loro possibile utilizzo o come contenitori utili al consumo individuale di sostanze liquide, per quelli di minori dimensioni, o come contenitori utili al consumo collettivo e preparazione di una più ampia gamma di sostanze, per quelli di dimensioni maggiori. Nel complesso, si può comunque sottolineare un’incidenza più alta di forme più probabilmente atte a contenere sostanze semisolide (il 74,8%) piuttosto che liquide (12,6%), mentre le grandi scodelle con labbro o parete concava, probabilmente utili anche al trattamento di liquidi, oltre che a quello di semisolidi, costituiscono anch’esse il 12,6% dell’intero campione.

Nella presentazione del dato relativo alle ceramiche (e nella restituzione grafica dello stesso) si è inoltre tenuto 293

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

III 1a W

9

4

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III 2a E - piastra US200

6

III 2a E- focolare US192

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III 2a W

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III 3a E - piastra UUSS 676-677

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III 2a N

III 3a E - piastra US64

III 3a E - piastra US542

III 3a E - area US103 III 3a W

III 4a N - piastra US503

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3 1

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III 4a W

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21

III 5a - piastra US439

III 5a - piastra UUSS 466-703

III 5a W

III 6a - piastra US753

III 6a - piastra US440 TOTALE

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2

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3

216

9

2

1

4

3

2

6

4

6

6

8

2

1

1

5

9

17

2

2

12

1

1

1

6

15

2

2

1

5 1

1

1

17

31

16,5

conto del diverso stato di conservazione dei materiali, distinguendo i contenitori più sicuramente rotti in posto da quelli che si presentano in stato più frammentario4.

1

30,1

4 1

55

53,4

1 1

7

2

3

3 1

72 -

4

5

1

4

12

3

2

7

5 0

2

175

4

1

2

2 1

20

12,6

1

4

1

9

3

7

4

4

7

4

8

2

2

8

1

13

1

4

2

16

1

10 1

9

1

1 3

5

1 1

119

74,8

0

7

2

2

1

1

2

1

12,6

11 6

9

6

5

5

14 8 8

2

2

17

12 2

17 1

1

1

2

20

TOTALE FORME APERTE

sostanza trattata non determinabile

2

4

3

3

5

5

14

1

liquidi

5

6

5

1

17

1

8

6

6

1

2

2

11

3

6

2

4

2

3

2 1

0

6

2

3

18

2

7

7

3

3

15

12

III 4a - C4F

1

2

17

III 4a E - area tra le piastre

1

1

11

1

17

1

7

5

2

III 4a E - piastra US71

1

1

6

1

semisolidi e liquidi

15

5

Sintesi sostanze trattate (forme aperte)

semisolidi

4

6

1

TOTALE FORME APERTE

11

e

III 1a E - esterno pali

III 1a N

consumo collettivo preparazione

5

9

e 5

consumo individuale preparazione

2

solo consumo individuale

7

TOTALE

Fortme chiuse

III 1a E - interno pali - US283

III 1a E . interno pali - area piastre

Forme aperte

Sintesi delle funzioni (forme aperte)

forme aperte con funzione non determinabile

Tabella 3. Dettaglio del rapporto tra forme aperte e forme chiuse, delle funzioni rappresentate e delle sostanze più probabilmente trattate nell’ambito delle forme aperte, per i contesti individuati in ciascun piano di frequentazione. I contenitori con diametro n.d. ricadono nell’insieme per i quali la funzione non risulta ben determinabile. Gli stessi, quando caratterizzati da una terminazione dell’imboccatura che non agevola la fuoriuscita del contenuto sono stati conteggiati con quelli utili al trattamento di sostanze semisolide; gli altri, caratterizzati dalla presenza di una terminazione compatibile con il trattamento dei liquidi, in assenza dell’informazione sulla loro ampiezza sono considerati indeterminabili anche in relazione alla sostanza trattata.

17 -

12 3

15 2

7 5 0

2

175

Sono inoltre considerati i materiali in ceramica non vascolare, tra cui vasi cribri, cucchiai, fuseruole o altri manufatti che possano rimandare a specifiche attività. In particolare per i cucchiai è stato recentemente proposto che essi possano avere avuto un uso non solamente legato al consumo (per il quale avrebbero potuto essere facilmente sostituiti da manufatti in materiale deperibile come il legno), ma anche alla

4  Come detto sopra (Copat supra: 127-128), in questa analisi integrata dei dati, per le ceramiche, così come per le altre classi di materiali, si tiene dunque conto del lavoro svolto nell’ambito di un più ampio progetto di ricerca in alcuni contesti dell’Italia centro-meridionale dell’età del Bronzo (Bietti Sestieri et al. 2002).

294

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Figura 1. Sintesi delle funzioni attribuite e legenda. Nelle successive carte di distribuzione sono indicate con diversi colori le funzioni attribuite, tenendo conto che alcune di queste possono spesso coincidere in uno stesso contenitore. Per le forme aperte, i contenitori per i quali non sia stata possibile l’attribuzione a un gruppo morfologico sono indicati in grigio chiaro. È comunque mantenuta l’informazione circa la terminazione dell’imboccatura. Le forme chiuse per le quali la funzione della conservazione rimane indeterminabile sono indicate in grigio scuro (rielaborata da Recchia et al. 2008: fig. 2).

61,6% di cereali e dal 38,4% di leguminose. I primi sono in particolare rappresentati grani nudi (11,2%), orzo e farro (rispettivamente il 7,3% e il 6,6% del campione), ma la maggior parte è costituita da elementi non determinabili (36,4%).

presenza di fonti di calore dirette o alla miscelazione in presenza di calore (Recchia 2012b: 165): tale ipotesi trova particolare conferma nel caso di Oratino, essendo essi stati più spesso rinvenuti, come descritto oltre nel dettaglio, in associazione funzionale con le piastre di cottura.

L’intero campione proveniente dai livelli di uso delle strutture pirotecniche è costituito nel complesso dal

Il recupero dei frammenti di carbone, anch’essi abbastanza abbondanti, con 1.887 frammenti determinabili (Tabelle 5a-b), permette di fare qualche riflessione sulle essenze presumibilmente utilizzate come combustibile (Bietti Sestieri et al. 2002: 324) e sulla relazione tra variabilità dei taxa rinvenuti per ciascun contesto e aree interessate dall’uso del fuoco, aree di scarico o di dispersione di frammenti (oltre che la composizione della vegetazione presso il sito – D’Oronzo supra: 265-277). Questi sono costituiti per la gran parte da Quercus caducifoglie, semicaducifoglie e sempreverdi (che nel complesso costituiscono circa il 60%, ma le prime sono nettamente preponderanti, con il 51%), mentre, seppure si possa osservare una discreta variabilità, le altre essenze hanno un’incidenza notevolemente più bassa: le specie di carpino raggiungono circa il 21%, mentre le altre, tra cui il noce, il busso o l’acero, hanno sempre incidenza inferiore al 5%.

Si ringrazia il dott. Cosimo D’Oronzo per i consigli dati nella lettura di questi resti.

I resti faunistici invece (rappresentati da 480 frr. determinabili a livello di specie e di elemento

Per quanto riguarda i resti paleobotanici, i frammenti di semi e frutti sono costituiti in tutto da 1.806 resti (Tabella 4), rinvenuti sia in diretta connessione con le strutture di fuoco (595 frr.) che nei piani ad esse adiacenti o in aree più distanti, non connesse a evidenze strutturali o a situazioni particolari (1.211 frr.)5. Essi, pertinenti in genere a piante edibili, offrono non solo la possibilità di individuare le piante raccolte o coltivate (D’Oronzo supra: 279-290) ma, in questo caso specifico, la loro trasformazione in alimento, attraverso attività di manipolazione e cottura. Questi elementi sono desumibili grazie alla definizione delle associazioni vegetali, all’analisi degli aspetti tafonomici e alla correlazione con lo studio funzionale delle forme ceramiche e degli altri resti, anche strutturali.

5 

295

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

100

III 2a W

III 3a E -piastra UUSS676-677

1

7

Campioni tra US542 e US676

20

III 3a E - piastra US64

24

III 3a E - piastra US542 III 3a - area US103 III 3a W

III 4a N - piastra US503

III 4a - area tra le piastre

7

31 1

23

III 6a - piastra US753

III 6a - piastra US440 TOTALE

9

1

6

9

37

33

89

2

10

45

6

1

2

9

2

1

4

2

2

1.806

178

72

0

6

1

47

259

anatomico) sono stati in primo luogo considerati in relazione alle specie attestate (Tabella 6). La maggior parte è attribuibile a fauna domestica, il 77% (tra cui prevalgono gli ovicaprini, con il 36,1%, seguiti dai bovini, con il 21,1% e infine dai suini, con il 18,3%6), mentre il 23% è costituito da fauna selvatica, relativa per lo più al cervo (16,7%) e al cinghiale (il 3,5%), ma anche a piccoli animali da pelliccia o all’orso in minime quantità7.

4,6

18,5

63,1

17

7

9

62

33,9

9,2

6,2

7,3

43,3

25

25

7

3

20

41

29

11 2

4

4

20 7

4

2

5

8

7

5

3

6

7

515

5

1

1

-

6

38

19,4

15,1

7,2

4

23

33,0

15,0

25,8

5

65,1

16,3

7,0

71,4

17,9

10,7

30,9

7,4

2,1

1

2

8

16 3

5 2

3

2

131

93

2

36

63

53 8

3,1 -

95,0

25,7 -

-

21,2 -

5,0

12,0 -

-

6,2 -

-

28,9

11,1

17,8

-

-

-

6

2 399

25,0 -

4,6

15,0 -

51,1

4,0

23,0

14,2 -

-

10,8

16

85,6

7,2

-

8,4

-

-

3,2 -

-

4,0

2,9

30,0

-

-

89,3

15,8

-

4,4

5

-

-

-

90,1

2

73

-

5

4

1

1

-

5,3

2

3

-

78,9

14

13

10,7

3

1

149

7

39

13,8

15

1

1

-

33

1

8

41

12

1

72

1

12

17

76

1

3

1

2

11

1

4

18

9

15

23

3 -

5

13

5

91

20

1

III 5a W

94

7

III 4a W

III 5a - piastra US466-703

28

167

174

11

III 5a - piastra US439

80

35

III 4a E - piastra US71 III 4a - C4F

7

43

10

n.d.

17

226

Farro

III 2a N

75

Orzo

139

III 2a E - focolare US192

3

28 4

13

Grani nudi

28

1

127

Leguminose

III 2a E - piastra US200

III 1a W

23

n.d.

19

20

Farro

5

9

23

Orzo

III 1a N

III 1a E - esterno pali

135

% SUL TOTALE DEI RESTI

Grani nudi

436

Livelli di uso delle strutture di combustione/altri contesti Leguminose

55

n.d.

III 1a E - interno pali, area piastre

Farro

65

Orzo

22

Grani nudi

TOTALE RESTI

III 1a E - interno pali - US283

Ultimo uso della struttura di combustione Leguminose

Resti/campione

Tabella 4. Dettaglio dei rinvenimenti dei resti carpologici per ogni contesto nell’ambito di ciascun piano di frequentazione. Oltre a 24 contesti sopra citati sono stati tenuti distinti i resti provenienti dai campioni localizzati tra la piastra US542 e la piastra UUSS676-677 della fase III 3a, in quanto non sicuramente attribuibili ai livelli di uso dell’una o dell’altra struttura. Come per le altre classi di materiali, sono esclusi i resti provenienti dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione.

-

55,3 -

11,6 -

-

43,1

56,4 -

5,5

2,9

4,4

37,8

-

-

-

30,0 -

72,7

9,1

-

-

18,2

-

-

-

-

-

7,3

6,6

-

-

38,4

-

-

11,2

-

-

-

-

36,4

Nelle diverse situazioni osservate può essere messo in evidenza l’eventuale differente rapporto tra specie domestiche o selvatiche e la composizione degli insiemi. Successivamente sono state prese in considerazione le parti anatomiche cui i diversi frammenti sono relativi (Tabelle 7a-b), per valutare (analogamente a quanto è stato fatto per le ceramiche), eventuali differenze nelle attività svolte di trattamento/preparazione o consumo delle porzioni carnee, le prime riflesse da una elevata incidenza di resti con bassa resa carnea, le seconde da un’elevata incidenza di porzioni con alta resa carnea8.

6  Da queste e dalle prossime percentuali sono esclusi i resti di bue o cervo. 7  Tale proporzione non si discosta molto da quella osservata nell’insieme dei resti che sono stati finora oggetto di studio e provenienti anche dai livelli più antichi, se non per una maggiore incidenza dei bovini e una minore presenza del cervo (Pizzarelli

2012), differenze tuttavia che non sembrano significative. 8  Anche in questo caso si è tenuto conto del lavoro sopra citato in cui

296

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Rosaceae

Prunus sp.

Ficus/Fraxinus

Laburnum sp.

Salix/Populs

Ulmus sp.

18

Acer sp.

10

6

22

8

1

III 1a N III 1a W

77

III 2a E - piastra US200

24

III 2a E - focolare US192

37

III 2a N

66

9

2

2

4

III 2a W

18 63

Campioni tra US542 e US676

18

III 3a E - piastra US542

36

III 3a E - piastra US64

81

III 3a E - area US103

37

III 3a W

43

6

2

III 4a N - piastra US503

45

3

1

13

III 4a E - area tra le piastre

89 45

III 4a C4F

23

III 4a W

12

III 5a - piastra US466-703

22

III 5a - piastra US439

17

13

1 7 21

4 6

2

1

33

9

1

11

7

2

11

14

2

2

6

9

6

2

5

16

36

6

9

12

9

2

3

7

7

5 2

8 5

24

3

1

III 3a E - piastra UUSS676-677

III 4a E - piastra US71

15

6

2

7

17

3

3

34

2 2

2 3

2

1

5

8

2

1

9

2

3

2

3 2

3

12

6

5

3

3

2

4

2

5

7

8

5

6

10

5

4

48

III 6a piastra US753

11

TOTALE

964

3

4

51

38

41

197

205

6

85

33

38

29

53

18

127

21

57

11

101

17

26

87

10

58

15

13 4 3

8 22

11

27

5 80

20

57

77

10

3

217

43

6

88

18

55

18

4

17

3

69

17

37

9

0

-

2

76

15

7

23

8

5

6

4 11

142

190

III 5a W III 6a piastra US440

-

2

5 4

6

0

7

6

4

24

18

16

2 11

190

28

3 7

8

19

63

8 1

57

3 18

10 7

5 10

Resti/campione

2

2

TOTALE

9

14

Buxus sp.

9

18

4

Corylus cfr avellana

105

III 1a E - esterno pali

Carpinus sp.

III 1a E -interno pali - area piastre

Ostrya cfr carpinifolia

8

Juglans sp.

29

Quercus sp.

Quercus semicaducifoglie

III 1a E- interno pali- US283

Quercus sempreverde

Quercus caducifoglie

Tabella 5a. Dettaglio dei rinvenimenti dei resti antracologici per ogni contesto funzionale nell’ambito di ciascun piano di frequentazione. Come per le altre classi di materiali, sono esclusi i resti provenienti dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione.

48

35

15

1.887

In base a questi dati9 (Tabella 7b), prevalgono i resti con minore resa carnea (69,9%, per i quali si deve comunque tenere conto della loro maggiore frammentazione), che documentano soprattutto attività di macellazione e preparazione delle carcasse piuttosto che di consumo. Tale evidenza, come sottolineato in precedenti

occasioni (De Venuto e Buglione 2008), concorda con il dato generale deducibile dalla ceramica. Le parti ad elevata resa carnea costituiscono invece il 30,1%, e, viceversa, come specificato nelle singole situazioni, potrebbero essere indicatori del consumo delle specie animali sul posto.

si distinguono quattro categorie di resti sulla base della resa carnea. Secondo questo modello, qui seguito, la prima categoria comprende scapola, omero, coxale, femore, vertebre e coste; la seconda categoria comprende radio, ulna, tibia e fibula; la terza categoria il cranio, il mascellare, la mandibola e i denti; la quarta categoria comprende infine carpo, tarso, metapodi e falangi (Bietti Sestieri et al. 2002: 328329, fig. 4). 9  Per questa stima è stato considerato un totale di 462 resti che comprende anche quelli di incerta attribuzione a bue o a cervo.

Molto scarsi sono invece i manufatti in selce, con sole sette schegge non ritoccate e altrettanti manufatti non determinabili, a testimoniare il loro scarso utilizzo in connessione con questi piani (Mironti supra: 243-246). Sporadici inoltre i manufatti di osso lavorato e i metalli, che verranno commentati nel dettaglio dei singoli piani. 297

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

III 1a W

-

-

-

-

3,8

III 2a W

31,6

-

Campioni tra US542 e US676

64,3

-

52,0

III 3a E - UUSS676-677

III 3a E - piastra US542 III 3a E - piastra US64

III 3a E - area US103

III 3a W

1,4

-

5,3

-

3,1

10,2

0,8

26,0

-

1,0

-

10,9

13,9

57,1

-

-

11,1

42,6

11,1

-

-

-

9,1

-

62,4

48,1

49,4

6,9

1,9 -

-

2,3

9,1

III 5a - piastra UUSS466-703

31,9

5,8

-

-

III 5a - piastra US439 III 5a W

III 6a piastra US440

III 6a piastra US753 TOTALE

45,9 63,2

47,8

51,2

-

-

-

-

4,2

-

-

16,9 3,8

7,1

-

-

16,2

-

3,9

2,7

2,0

-

-

-

3,8

3,5

3,5

-

-

0,8

-

-

9,5

3,2

-

-

-

2,6

8,4

18,9

6,3

3,2

1,6

7,8

11,7

23,4

-

-

-

3,4

5,2

1,7

-

-

-

11,4

9,1

2,3

-

-

-

-

-

3,4 -

-

-

-

2,2

-

29,4

10,3

-

-

-

-

3,5

-

14,3

7,3

-

1,9

-

12,3

-

2,0

12,7

10,1

3,8

5,3

21,4

-

-

1,4

-

7,1

-

-

-

3,5

17,5

-

8,8

5,5 -

-

12,3

15,7

-

-

19,3

7,8

9,1

70,6

-

0,9

-

41,8

-

0,9

51,1

-

3,2

3,2

III 4a E - piastra US71

III 4a C4F

-

-

11,3

-

4,2

13,8

1,7

6,0

-

-

-

11,6

5,7

5,2

41,0

-

7,0

-

9,5

-

77,6

III 4a W

10,6

10,5

III 4a N - piastra US503

III 4a E - area tra le piastre

-

-

-

2,0 -

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

14,5

10,4

10,9

-

-

-

4,5

-

-

-

1,7

-

-

-

1,2

-

-

-

-

-

-

5,6 -

-

15,8 2,0

-

-

-

3,0

-

-

-

-

-

-

-

4,8 1,1

-

-

-

-

-

5,2

-

6,8

-

-

-

-

-

-

-

-

2,3

6,0

4,6

9,1

7,3

7,3

7,2

5,8

4,3

7,2

8,7

-

-

-

-

-

5,1

10,8

-

10,5

-

-

0,3

2,0

1,5

2,5

-

-

-

-

-

-

-

7,1

-

-

-

-

1,6

-

-

-

0,5

-

-

-

-

-

2,6

-

-

-

-

-

-

-

-

3,0

1,8

1,8

-

-

-

0,9

-

-

5,3

-

-

-

1,4

-

21,7

-

3,2

-

-

-

9,2

7,2 -

-

-

11,6

27,0

-

Rosaceae

-

-

-

Prunus sp.

5,3

-

-

Ficus/Fraxinus

1,1

-

-

Laburnum sp.

-

69,8

III 2a N

III 2a E - focolare US192

-

4,7

6,3

42,1

-

4,7

54,2

III 2a E - piastra US200

3,5

Salix/Populs

-

24,6

Buxus sp.

-

7,0

Corylus cfr avellana

100

55,3

-

Ulmus sp.

-

Acer sp.

-

Carpinus sp.

14,0

Ostrya cfr carpinifolia

50,9

Juglans sp.

III 1a N

Quercus sp.

III 1a E - esterno pali

Quercus sempreverde

III 1a E -interno pali - piastre

Quercus semicaducifoglie

III 1a E- interno pali- US283

Quercus caducifoglie

Tabella 5b. Incidenza percentuale dei resti antracologici per ogni contesto funzionale nell’ambito di ciascun piano di frequentazione. Come per le altre classi di materiali, sono esclusi i resti provenienti dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione.

-

-

-

-

-

-

-

-

-

1,4

6,8 -

-

-

2,6

-

1,9

1,9

30,4

-

terreno (US274) e un’area caratterizzata da terreno concotto friabile, più irregolare (US278), forse il residuo del disfacimento di un’altra piastra o una struttura destinata ad altre attività. Caratteristiche analoghe presenta un’ulteriore lente di terreno al margine S di quest’area (US279). Nella porzione N, sempre all’interno dei pali, si può osservare inoltre la presenza di una buca per l’alloggiamento di alcuni vasi probabilmente destinati alla conservazione (US283).

La distribuzione spaziale di manufatti e resti bioarcheologici Fase III 1a Il più antico dei piani di frequentazione relativo a questa sequenza, come descritto sopra nel dettaglio (Copat supra: 15-18), è caratterizzato a E dalla presenza di un’area di attività di forma allungata, delimitata da una struttura frangivento, a ridosso dei resti di una probabile struttura di fortificazione. Al suo interno sono state riconosciute le tracce di una piastra di cottura ben strutturata impostata direttamente sul

I piani adiacenti risultavano delimitati a N e a W da quattro grandi massi: con faccia superiore piana, essi potrebbero avere costituito elementi funzionali, quali 298

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

III 1a W III 2a E - piastra US200 III 2a E - focolare US192

2

1

4

13

13

6

III 2a W III 3a E - piastra US64

14

7

4

8

3

1

7

4

4

2

III 3a E - area US103

30

10

16

23

5

15

III 4a N - piastra US503 III 4a E - piastra US71

1

6

9

2

4

1

8 1

1

1

3

49

71,7

28,3

0

-

-

1

1

-

-

-

-

18

83,3

16,7

1

3

-

-

1

15

5

7

1

2

III 4a - C4F

5

1

2

11

4

22

3

2

5

3

1

1

1

1

1

5

86

70,4

29,6

1

6

58

82,7

17,3

5

-

-

1

24

91,3

8,7

1

9

-

-

12

75,0

25,0

40

92,5

7,5

6

-

-

16

68,8

31,2

0

-

-

1

3 1

1

1

1 4

1

III 5a W

%

7 3

3

2

TOTALE

25,0

26,5

1

1

75,0

27,8

3

III 6a - piastra US753

7 45

73,5

1

III 6a piastra US440

% Selvatici 13,3

72,2

5

3

% Domestici 86,7

5

1

TOTALE

Bue o cervo

32

35

7

III 5a piastra UUSS466703

1

-

18

9

III 5a piastra US439

1

-

2

1

3

III 4a E - area tra le piastre III 4a W

4

5 1

3

III 3a E - piastra UUSS676677 III 3a W

2

2

III 2a N III 3a E - piastra US542

3

Tartaruga

4

Tasso

11

Lepre

16

Lupo

III 1a E esterno pali III 1a N

1

Volpe

9

Orso

6

Capriolo

10

Cinghiale

III 1a E - interno pali area piastre

Cervo

1

Equus

4

Cane

Maiali

III 1a E- interno pali US283

Bovini

Ovicaprini

Tabella 6. Dettaglio delle specie faunistiche rinvenute in corrispondenza dei singoli contesti nell’ambito di ciascun piano di frequentazione. È inoltre indicata la proporzione tra fauna domestica e fauna selvatica, da cui sono esclusi i resti di bue o cervo. Sono esclusi i resti provenienti dai livelli di messa in opera delle strutture di combustione.

1

166

84

97

5

2

77

16

2

2

1

1

1

1

5

36,1

18,3

21,1

1,1

0,4

16,7

3,5

0,4

0,4

0,2

0,2

0,2

0,2

1,1

piani di appoggio o sedili. Il deposito, come spiegato, non risultava conservato lungo il limite NW dell’area di scavo. A W, una struttura perimetrale in pietrame (US115) delimita altri piani di frequentazione privi di tracce di attività connesse con l’uso del fuoco altrettanto consistenti, ad eccezione di un’area caratterizzata da terreno bruciato di forma irregolare a ridosso della stessa (US109).

20

2

-

-

0

-

-

480

77

23

osservare come le attività sembrano essersi svolte principalmente a E fino al masso n. 4, mentre a N e a W il piano sembra essere relativamente sgombro (Figure 2-3). All’interno dell’area delimitata dalle piccole buche di palo sono stati rinvenuti numerosi frammenti ceramici, alcuni relativi a contenitori rotti in posto, e numerosi resti bioarcheologici che possono fornire utili indizi circa le attività che si svolgevano al suo interno. Qui, per quanto riguarda le ceramiche, i

A giudicare dalla distribuzione dei rinvenimenti ceramici e dei resti bioarcheologici si può 299

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Maiali

I

II

III

1

IV

4

Bovini

I

1

II

III

4

IV

4

Cervo

I

II

2

5 3

1

2

2

1

III

3

I

1

1

1

2

1 8

2

2

2

3

Cinghiale Bue o cervo

1 1

5

1

1

2

1

1

6

2

4

1

2

3

1

1

1

4

1

3

2 1

1

2 1

II

III I

III

IV

4

I

2

1

II

III

2

IV

1

12

9

10

1

4

2

2

3

2 2

6

1

1

1

5

5

2

1

1

1

1

1

2

1

2

1

2

2

4 1

2

1

2

1 8

3

3 1

3

1

1 1

1

13

1

2

2

1

2

30

44

3

44

7

2 3

1

32

3

16

44,0

45

1

11

11,3

1

26

11 49

2 1

1

5

2

1

1

18

materiali non presentano particolari concentrazioni, tranne che dentro e nei pressi della fossetta, ma sono distribuiti in modo abbastanza omogeneo, per un totale di almeno 14 contenitori, tra cui sette di forma aperta e sette di forma chiusa. Tale proporzione non è comune nei piani successivi, dove le olle sono generalmente molto poco rappresentate, ma costituisce una particolare caratteristica di questo piano, che si rileva anche al di fuori della stessa struttura frangivento (Tabelle 1-3).

82

57

5

9

11

23

6

16

2

50,5

19,5

1

50,0

39

16,9 50,6 -

1

50,0

2

12,5

25,0 -

10

62,5

0

-

12

39

26,8

15

4

1

11,3

13,0

13

1

25,0

10

0

3

21,4

1

21

0

1

27,1

10,7

42,9

0

1 7

73

12,0

36

2 5

16,6

20

18

1

1 1

28

9

1

5

1 1

2

1

III 6a piastra US753

2

1

III 5a piastra UUSS466-703

1

III 5a piastra US439

1

III 4a W

III 4a tra piastre 2

1

2

1

1

2

12

10

2

1

6

3

1

2

1

1

1

II

7

% nell’ambito della specie

2

1

IV

TOTALE

2

1

2

1

2

1

1

3

2

1

5

3

TOTALE

4

5

2

III 4a E - piastra US71

9

5

1 1

5

1

1

III 4a - C4F

1

1

IV Capriolo

2

1

4

III 4a N - piastra US503

9

2

III 3a W

5

2

III 3a E - area US103

1

1

1

III 3a piastra US64

III

IV

2

III 3a E - piastra US542

1

3

III 3a E - piastra UUSS676-677

3

1

III 2a W

III 1a W

2

III 2a E - focolare US192

III 1a E - esterno pali

1

III 2a E - piastra US200

III 1aE - interno pali - area piastre

I

II

III 2a N

III 1a E - interno pali - US283 Ovicaprini

Tabella 7a. Dettaglio delle porzioni di resa carnea per le maggiori specie rappresentate nell’ambito dei singoli contesti funzionali individuati.

60,0

6

30,0

2

10,0

462

Cinque frammenti di contenitori di forma chiusa sono stati rinvenuti all’interno della piccola buca posta nella porzione N dell’area: per uno di essi, di classe B, la funzione della conservazione sembra possibile (IX), ma anche per gli altri, sebbene lacunosi rispetto all’elemento di presa (utile a determinare la possibilità o meno di chiudere in modo stabile i contenitori per favorire la conservazione del contenuto – Copat supra: 128), se ne può comunque ipotizzare tale destinazione d’uso, alla luce dello specifico contesto di rinvenimento. 300

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

9

18

IV

2

15

% I+II

-

11

9

0

1

16

6

18

2

3

2

24

10

5

1

18

1

9

1

5

9

20

36,4

-

-

22,7

-

22,9

-

50

80

63,6

-

-

77,3

-

77,1

-

50

16,2

6

64

13,8

1

156

33,8

3

1

167

36,1

-

43,8

-

30,1

-

56,2

-

69,9

III 4a W

4

75

III 4a - C4F

2

3

III 4a E - piastra US71

3

III 2a W

5

III 2a N 1

1

III 4a tra le piastre

% III+IV

14

%

1

15

TOTALE

III

3

1

2

2

4

1

3

5

1

1

14

2

1

10

4

16

4

4

32

20

2

4

6

4

18

1

38,9

31,7

40,4

-

-

30,4

27,3

12,8

61,1

68,3

59,6

-

-

69,6

72,7

87,2

Essi sono di dimensioni variabili: uno di classe A (IV), quest’ultimo utile anche al consumo individuale, un altro di classe B (X) e infine un terzo di classe D (XV). Sul fondo della buca è stata inoltre rinvenuta la porzione inferiore di un quinto contenitore, verosimilmente anch’esso di forma chiusa e di dimensioni probabilmente analoghe al precedente (Copat supra: 18: fig. 19). Essi sono stati rinvenuti in associazione con un gran numero resti di cereali carbonizzati (65 frr. appartenenti a diverse specie – Tabella 4), suggerendo che si possa trattare di un’area destinata alla conservazione di aridi, forse temporanea per un’imminente attività di preparazione. Inoltre, il fatto che i cereali qui rinvenuti siano relativi a diverse specie suggerisce l’ipotesi che i contenitori potessero contenere i semi in modo separato, probabilmente in quantità diverse.

III 6a piastra US753

1

6

III 5a piastra UUSS466-703

9

5

III 5a piastra US439

1

5

III 4a N - piastra US503

1

III 3a W

II

III 3a E - area US103

1

III 3a piastra US64

III 1a W

7

III 3a E - piastra US542

III 1a E - esterno pali

5

III 3a E - piastra UUSS676-677

III 1aE - interno pali - area piastre

1

III 2a E - focolare US192

III 1a E - interno pali - US283

I

III 2a E - piastra US200

CATEGORIA

Tabella 7b. Sintesi delle categorie di resa carnea per le maggiori specie rappresentate nell’ambito dei singoli contesti funzionali individuati e incidenza delle porzioni ad alta resa carnea (I+II categoria) e a scarsa resa carnea (III+IV categoria).

concentrati tra la piastra US274 e la buca con i vasi. Un solo contenitore sembra potere essere destinato alle funzioni del consumo individuale, anche se sufficientemente ampio perchè potessero essere svolte anche attività di preparazione e trasformazione (XVI), posto al margine S. Nell’ambito delle forme chiuse, di un certo interesse è il rinvenimento di un contenitore funzionalmente idoneo al consumo collettivo, cottura e preparazione (VII), rotto in posto nei pressi della piastra US274, al cui interno risultavano presenti numerosi resti di favino (Copat e Danesi supra - Figura 46.5). Un ulteriore contenitore di grandi dimensioni era posto al margine S di questo contesto, probabilmente anch’esso destinato alle funzioni della preparazione e cottura, date le grandi dimensioni e lo scarso sviluppo in altezza (XVI). I resti carpologici all’interno della struttura frangivento sono molto numerosi (più di 400 - Tabella 4). Essi mostrano una discreta varietà tassonomica, ma non sono distribuiti in modo omogeneo, a segnalare la probabile presenza di attività diversificate. Nei pressi delle due strutture adiacenti (US274 e US278) i resti di leguminose sono molto significativi. In corrispondenza della piastra US274 (che ha restituito da sola 88 resti), esse costituiscono il 28%, in associazione con grani nudi, vestiti e orzo: la struttura sembra essere stata utilizzata dunque (almeno l’ultima volta prima di essere abbandonata) per la trasformazione di più specie vegetali. Allo stesso modo, sul piano della piastra US278 (che ha restituito da sola ben 240 resti), le leguminose costituiscono il 46% del totale, ancora una volta in associazione con elementi vestiti e nudi. Anche il rinvenimento, nelle immediate vicinanze, di resti di

Sempre all’interno dell’area circondata da buche di palo, nell’area più prossima alle strutture di fuoco, sono stati rinvenuti sette contenitori di forma aperta, di cui uno di dimensioni non determinabili (dunque non inserito nei gruppi morfologici), e due di forma chiusa. Tra questi prevalgono senza dubbio, in accordo con le caratteristiche dell’area, i contenitori più probabilmente destinati al consumo collettivo e alla preparazione/ trasformazione (IX, X, XVII, XVII, XVIII), in particolare di sostanze semisolide, rappresentate per più di 1/3 da grandi scodelle caratterizzate dalla presenza del labbro, utili dunque anche al trattamento di liquidi. In questo caso, proprio per le caratteristiche del contesto e per la ristrettezza dell’area, è più probabile che questi ultimi fossero destinati alla preparazione piuttosto che al consumo collettivo. Essi si trovano in particolare 301

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 2. Fase III 1a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).

I resti antracologici sono anch’essi particolarmente abbondanti, con 190 frammenti nell’area delle piastre e 57 frammenti all’interno della buca, in entrambi i casi da riferirsi a diverse qualità di Quercus e al carpino, con una minore incidenza di frammenti di acero, olmo e noce, molto probabilmente da mettere in relazione allo sfruttamento della legna come combustibile (Tabelle 5a-b).

favino in associazione con il vaso descritto sopra, idoneo per la preparazione e la cottura, suggerisce dunque che la struttura potesse essere stata utilizzata per la trasformazione di più specie, a più riprese. Intorno alle diverse installazioni pirotecniche i resti sono in totale 90, prevalentemente relativi a cereali (sia vestiti che nudi – 88% ca.), mentre le leguminose costituiscono il 12% (con 13 frr.).

302

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Figura 3. Fase III 1a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.

Anche i resti faunistici sono discretamente abbondanti (data la ristrettezza dell’area), con 32 frammenti (Tabella 6), per la maggior parte relativi a fauna domestica (86,7%), nell’ambito della quale si osserva una leggera predominanza di ovicaprini (10 frr.), seguiti da bovini (9 frr.) e da suini (6 frr.). Nel riempimento della buca gli scarsi resti (5 frr.) sono invece attribuibili solo a ovicaprini e suini. In linea con i dati emersi anche dall’analisi funzionale delle ceramiche, che indicano una maggiore enfasi per le attività di preparazione

piuttosto che per il consumo, i resti sono per circa l’80% da riferirsi a porzioni di animali con scarsa resa carnea, a indicare che probabilmente il consumo venisse svolto altrove, come le stesse caratteristiche dell’area suggeriscono (Tabelle 7a-b). Le parti con maggiore resa carnea, spesso con tracce di combustione, si concentrano intorno alla piastra US274 o sul suo stesso piano e dentro la buca. Si segnala inoltre un frammento di cane, per il quale ne è stato suggerito un probabile uso alimentare, anche occasionale (Bertolini et al. 2021: 303

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche 404; Buglione e De Venuto 200810; Pizzarelli 2012: 209) e un frammento di carapace.

I resti archeozoologici sono invece abbondanti: si tratta in particolare di 49 frammenti, anche in questo caso per la maggior parte relativi a specie domestiche (71,7%), in particolare ovicaprini (16 frr.) e suini (11 frr.), mentre marginale è l’incidenza dei bovini, con quattro frammenti. Da segnalare inoltre la presenza di due frammenti di Equus. Non si osservano particolari concentrazioni in relazione alle specie, ma esse sono distribuite in modo omogeneo. Rispetto a quanto osservato all’interno del perimetro, quelle selvatiche hanno dunque una maggiore incidenza e risultano anche più variate rispetto a quanto si possa osservare nell’area più prossima alle piastre. Sono attestati sia il cervo (6 frr.) che il cinghiale (4 frr), ma anche l’orso, la volpe e un frammento di carapace. Questi resti sembrano dunque indicare una gamma di attività più ampia in relazione al trattamento degli animali, che potrebbe comprendere lo sfruttamento di animali da pelliccia. Inoltre, due frammenti di palco di cervo indiziano attività di lavorazione del corno. L’incidenza delle parti anatomiche con alta resa carnea è inoltre più alta (36,4%), a testimoniare una maggiore enfasi verso il consumo. Le parti con maggiore resa carnea sono da riferirsi a tutte le specie (ad eccezione dei bovini e del cinghiale che però sono rappresentati da pochi frammenti), ma in particolare al maiale (7 resti/11). Non si può dire che ci siano particolari concentrazioni sotto questo aspetto, ma è solo suggestivo che la maggior parte di questi resti si trovi ai piedi del masso n. 4.

Come accennato sopra, all’esterno del perimetro di pali, sia i resti ceramici che quelli bioarcheologici ricalcano in parte le caratteristiche di quelli al suo interno. Per quanto riguarda i contenitori ceramici, disposti in particolare tra il masso e l’area delle piastre, sono stati rinvenuti 11 frammenti relativi a forme aperte e quattro a forme chiuse (Tabelle 1-3). Per le prime, anche in questo caso le funzioni del consumo collettivo, preparazione e trasformazione sono quelle maggiormente rappresentate, con sette contenitori relativi a vari gruppi morfologici (VIII, XII, XIII, XIII, XXII, XXIII, XXIII), mentre è attestata in un solo caso, come all’interno del perimetro, la funzione del consumo individuale/preparazione e trasformazione (XVI). Altri tre contenitori hanno diametro n.d. e non sono inclusi nei gruppi. Nel complesso si osserva un maggiore orientamento per sostanze semisolide, con una buona presenza di grandi scodelle con labbro (così come all’interno del perimetro), che rimanda forse ad attività differenziate (almeno in relazione al tipo di sostanza). Anche in questo caso inoltre sono ben rappresentate le forme chiuse: un contenitore di classe A utile alle funzioni del consumo individuale e forse della conservazione (VI), gli altri di taglia più grande (2 di classe B - X, X; 1 di classe D - XV). Questi contenitori sono tutti lacunosi rispetto a eventuali elementi di presa, quindi la funzione della conservazione non è valutabile.

La zona N, come detto sopra, risulta invece quasi completamente sgombra. I resti di frammenti ceramici sono relativi a sei contenitori di forma aperta, per lo più in prossimità del masso n. 2. Di questi solo tre hanno diametro determinabile: uno sembra più utile al consumo individuale/preparazione (XV), gli altri due al consumo collettivo (XXII, XXIII), tutti comunque meglio utilizzabili per sostanze semisolide. Tre contenitori di forma aperta hanno invece diametro n.d., due dei quali, al margine N dell’area, sono invece caratterizzati dalla presenza del labbro.

I resti carpologici sono qui molto meno abbondanti rispetto all’area posta all’interno del perimetro, con 28 resti, costituiti per circa il 89,3% da cereali, tutti indeterminabili. Molto meno abbondanti sono anche i resti antracologici, con 18 frammenti, tutti appartenenti al genere della quercia caducifoglie, ma provenienti da un unico campione, raccolto immediatamente a N della struttura frangivento (piccolo scarico?), mentre altri tre campioni non hanno restituito resti. In ogni caso, per contrasto, è chiaro come l’utilizzo del combustibile sia attestato principalmente in associazione con le strutture pirotecniche piuttosto che all’esterno del perimetro di pali.

I resti faunistici determinabili sono assenti, mentre i resti carpologici (in tutto 19) sono quasi esclusivamente pertinenti a leguminose (15 frr.), associati a un solo frammento di grano nudo, oltre agli scarsi frammenti di cereali indeterminabili (Tabella 4). Non sono stati rinvenuti in quest’area resti antracologici, coerentemente con quanto osservato nell’area esterna alla struttura frangivento.

Proprio in questo punto di segnala la presenza di un frammento di ardiglione rettilineo di fibula e di un vago in osso di forma poligonale con sezione appiattita, per i quali il fenomeno di obliterazione casuale non appare improbabile, date le loro ridotte dimensioni (Copat supra: 239, Figura 1.6-7), mentre sono assenti, su questo piano, materiali in ceramica non vascolare.

L’area a W del masso centrale presenta invece alcune significative differenze in relazione sia alle ceramiche rinvenute che ai resti bio-archeologici, da un punto di vista sia qualitativo che quantitativo, con una minore presenza di rinvenimenti e in peggiore stato

10  In questo lavoro sono citate tracce di taglio su un coxale di cane, sempre dal campione di Oratino (Buglione e De Venuto 2008: 302; Pizzarelli 2012: 209).

304

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca di conservazione. Qui sono stati infatti rinvenuti 13 contenitori (9 di forma aperta e 4 di forma chiusa – Tabelle 1-3). Tra i contenitori di forma aperta sono solo tre quelli di cui sia stato possibile determinare più nel dettaglio la funzione e per i quali si osserva una maggiore presenza di contenitori destinati al consumo individuale/preparazione e trasformazione (2: V, VII), mentre un altro risulta più utile al consumo collettivo (XXI). Per quanto riguarda le sostanze trattate, pur se nell’ambito di un campione molto ridotto e se si considerano anche i contenitori che non è stato possibile attribuire ai differenti gruppi morfologici, la maggior parte sembra ancora da riferirsi al trattamento di sostanze semisolide, anche se, tra quelle meglio valutabili è attestato anche il consumo di liquidi (V), quest’ultimo possibile, insieme a quello dei semisolidi, anche per un esemplare più grande (VII). Anche le forme chiuse sono abbastanza rappresentate, con quattro contenitori, per i quali tuttavia l’elemento di presa non è mai conservato, con una discreta variabilità dimensionale: uno di classe A (VI), idoneo al consumo individuale, uno di classe B (X), uno di classe C (XII) e uno infine di classe D (XV), distribuiti senza particolari concentrazioni.

selce, ma si tratta sempre di schegge non ritoccate o di frammenti non determinabili: questi sono qui attestati esclusivamente nell’area E, all’interno della struttura frangivento, con due elementi. Fase III 2a Anche per la successiva fase di frequentazione, il piano è costituito da diversi tipi di evidenze legate all’uso del fuoco (Copat supra: 18). Come nel caso precedente, nella porzione E dell’area scavata, si osserva la presenza di una piastra di cottura, della quale, come osservato in premessa, si conserva solo parzialmente il piano d’uso (US200), mentre il livello di preparazione costituito da frammenti ceramici, concotti e pietre disposti ordinatamente (US171) risultava eccezionalmente conservato. A N della piastra di cottura era inoltre presente un piccolo focolare di forma circolare (US192), utilizzato presumibilmente sia per l’accensione delle braci, ai fini del mantenimento della temperatura della vicina piastra, che probabilmente anch’esso per le attività di cottura, preparazione e trasformazione dei cibi. Qui, i massi con faccia piana rivolta verso l’alto dovevano essere ancora visibili e probabilmente utilizzati come piani di appoggio o sedili. Un’ulteriore larga lente di terreno bruciato molto friabile (US91) individua un’altra struttura in uso nella porzione W dell’area, ancora delimitata dal muretto perimetrale (US115), già descritto per il piano più antico.

I resti carpologici sono rappresentati in quantità molto scarse (con 4 frr. di cereali, di cui solo 2 determinabili, riferibili a orzo – Tabella 4). Diversamente, i resti antracologici risultano particolarmente abbondanti, con 142 resti, con specie altamente corrispondenti a quelle rinvenute all’interno della struttura frangivento: quercia caducifoglie per la maggior parte (77 frr.), ma anche semicaducifoglie, sempreverde, carpino e acero. Diversamente dall’area E è inoltre presente qualche resto di fico/frassino (8 frr.).

Le tracce più consistenti di attività si dispongono nei pressi della piastra di cottura e intorno alla lente bruciata nell’area W, mentre a N del piccolo focolare US192 l’area appare ancora una volta relativamente sgombra (Figure 4-5). L’area orientale (piastra di cottura, piccolo focolare e margini N) ha restituito nel complesso 17 contenitori, per la maggior parte riferibili a forme aperte, ad eccezione di un piccolo contenitore di forma chiusa (Tabelle 1-3). Alcuni di essi possono essere messi in relazione alternativamente alla piastra US200 o al focolare, mentre altri, rinvenuti nella fascia settentrionale, non sono associati a evidenze strutturali, anche se non si può escludere che queste fossero presenti immediatamente più a N, oltre la sezione dello scavo.

I resti faunistici sono presenti in quantità trascurabili (Tabella 6), con sette frammenti, tutti appartenenti a specie domestiche (con 4 frr. di bovini, 2 di ovicaprini e 1 di maiale), concentrati in particolare a ridosso del muro, in corrispondenza del focolare US109. La maggior parte dei resti è relativa a porzioni con scarsa resa carnea (Tabelle 7a-b). Nel complesso dunque per questo piano (e in parte anche per quelli successivi), le attività sembrano essere concentrate nella porzione E dell’area indagata, maggiormente orientata ad attività di preparazione e trasformazione degli alimenti, sia di origine vegetale che animale, con scarse evidenze di consumo degli stessi, testimoniato in modo più consistente solo al di fuori del perimetro della struttura frangivento. Sono inoltre attestate anche altre attività, come forse la lavorazione dell’osso o quelle legate alla presenza degli animali da pelliccia. Come segnalato in premessa non è mai attestata, per questo e per i successivi piani di frequentazione, la presenza di strumenti ritoccati in

In particolare, i frammenti di contenitori più prossimi alla piastra di cottura sono in tutto sette, di cui sei di forma aperta, oltre a un piccolo contenitore di forma chiusa rinvenuto integro (Copat e Danesi supra - Figura 37.5) idoneo alla conservazione di piccole quantità di sostanze (I). Tra le forme aperte le funzioni individuate sono ampiamente variate, con vasi destinati al solo consumo individuale (XIV), al consumo individuale/ preparazione e trasformazione (XV, XVI) e infine al consumo collettivo/preparazione e trasformazione 305

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 4. Fase III 2a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).

(XII). Gli altri due frammenti, con diametro n.d., sono troppo frammentari per poterne determinare la funzione. Nel complesso tuttavia, essi sono nella maggior parte dei casi idonei al trattamento di sostanze semisolide. Si segnala infine, coerentemente con le attività della preparazione, la presenza di un frammento di cucchiaio. Sul piano adiacente la piastra è stato inoltre rinvenuto un frammento di selce non determinabile.

I resti carpologici sono qui abbondanti (139 frr.) e appartengono a varie specie (Tabella 4). Solo sul piano della struttura di combustione sono stati rinvenuti 61 resti, nell’ambito dei quali prevalgono i cereali (sia nudi che vestiti), mentre le leguminose costituiscono circa il 16%. Del tutto analoga la situazione nei piani d’uso, con 78 frammenti, nell’ambito dei quali l’incidenza delle leguminose è solo di poco superiore (ca. 22%).

306

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Figura 5. Fase III 2a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.

I resti antracologici sono stati anch’essi rinvenuti in un buon numero, con 57 frammenti (Tabelle 5a-b), tra cui prevalgono ancora le querce (caducifoglie e sempreverdi) e il carpino, ma sono rappresentati anche l’acero e il nocciolo, oltre a più scarsi resti di olmo e noce.

maggior parte delle situazioni qui descritte essi sono prevalentemente relativi a ovicaprini (13 frr.) e a suini (13 frr.), mentre i bovini sono scarsamente rappresentati (6 frr.). Le specie selvatiche (il 25,0%) sono, come in tutte le altre situazioni, per la maggior parte riferibili al cervo (9 frr.), ma è attestato anche il cinghiale (2 frr.). La maggior parte dei resti è riferibile a porzioni con scarsa resa carnea (che costituiscono circa il 77,3%), mentre le parti con alta resa carnea, attestate per tutte le specie ad eccezione del cinghiale, non mostrano

Anche i resti faunistici sono discretamente abbondanti, con 45 frammenti (Tabella 6), per lo più relativi ad animali domestici (75,0%): in accordo con la 307

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche concentrazioni particolari. Alcuni elementi presentano tracce di macellazione e disarticolazione (1 bos/cervus; 1 ovis/capra). Altri invece testimoniano lo svolgimento di attività artigianali, come un palco di cervo con tracce di lavorazione e una falange, sempre lavorata, di ovis/ capra, entrambi rinvenuti ai piedi del masso centrale.

essi sembrano essere idonei al trattamento di sostanze semisolide (Tabelle 1-3). Qui, il campione carpologico è costituito da ben 100 elementi, con il 33,0% attribuibili a resti di leguminose, il 15% a grani nudi e il 25,8% all’orzo, oltre a una quantità minima di farro (ca. il 4%) (Tabella 4). Per quanto riguarda invece i resti antracologici, sempre in buona quantità, con 127 elementi, essi sono ancora una volta relativi per lo più alle diverse qualità di quercia e al carpino, mentre sono attestati con pochissimi resti anche il noce e il nocciolo (Tabella 5).

Più a N, intorno al focolare e nella fascia settentrionale, si può invece descrivere una situazione in parte differente. In primo luogo, nelle immediate vicinanze del focolare, rispetto alle ceramiche si osserva una prevalenza di contenitori destinati al consumo collettivo, preparazione e trasformazione piuttosto che al consumo individuale (Tabelle 1-3): tra i cinque contenitori per i quali sia stato possibile determinare la funzione due ricadono nelle classi del consumo individuale/preparazione e trasformazione (XV, XV) e tre in quelle del consumo collettivo, preparazione e trasformazione, di cui uno di grandi dimensioni (XVIII, XXII, XIII). Nessun esemplare sembra essere dunque idoneo al solo consumo individuale. Tutti questi contenitori sembrano meglio utilizzabili per le sostanze semisolide, ad eccezione di uno, una grande scodella con labbro, presumibilmente idonea anche al trattamento di liquidi. Nei pressi del focolare è inoltre testimoniata l’attività di filatura, con una fuseruola.

Così come intorno al focolare, i resti archeozoologici sono molto scarsi, rappresentati solo tre frammenti di maiale, di cui solo uno relativo a porzioni con buona resa carnea (Tabella 6), cui si aggiunge un frammento di palco di cervo. Come descritto sopra, l’area occidentale del piano è invece caratterizzata dalla presenza di un largo focolare poco strutturato (US91). Le forme ceramiche sono rappresentate da 17 contenitori, 14 di forma aperta e tre di forma chiusa (Tabelle 1-3). Questo insieme si caratterizza per l’assenza di ceramiche idonee al solo consumo individuale, mentre si possono distinguere solo due contenitori per il consumo individuale e la preparazione/trasformazione (XVI, XVI). Si osserva dunque una netta prevalenza di quelli maggiormente idonei al consumo collettivo e alla preparazione (6 su 8 contenitori di cui sia stato possibile valutare la grandezza), posti in particolare nell’area immediatamente adiacente all’area con tracce di combustione (VIII, X, XI, XXII, XXII, XXIII). Tali materiali inoltre mostrano, rispetto a quelli rinvenuti nelle adiacenze della piastra US200, alcune differenze qualitative: al di là della comune maggiore incidenza di contenitori destinati al consumo collettivo e alla preparazione, l’incidenza di scodelle con presenza del labbro è più elevata, anche se in molti casi su contenitori con diametro non determinabile. Come accennato sopra, per i contenitori più grandi questo potrebbe fare pensare a modalità diverse nello svolgimento delle medesime funzioni.

Anche qui, come nell’area vicino alla piastra, la quantità di resti carpologici è molto elevata: in un’area molto ristretta sono stati rivenuti 226 carporesti, oltre a 53 antracoresti (Tabelle 4, 5a-b). A differenza tuttavia di quanto osservato nell’area più prossima alla piastra di cottura, la quasi totalità è relativa a cereali, tra cui la categoria meglio rappresentata è il frumento, associata al farro, mentre i resti di leguminose sono attestati in quantità minima (7 frr.). Tali resti sono stati rinvenuti per la maggior parte proprio sul piano del focolare (163 frr.), il cui ultimo uso è probabilmente legato proprio al trattamento di queste specie. Nell’ambito dei resti antracologici prevalgono ancora quelli relativi al legno di quercia caducifoglie (37 frr.), seguiti dal carpino, ma sono presenti anche resti di quercia semicaducifoglie, sempreverde, olmo, acero e busso. A differenza di quanto osservato per i livelli intorno alla piastra i resti faunistici sono qui abbastanza scarsi, con appena sette frammenti, relativi solo a cervo (4 frr.), maiale (2 frr.) e cinghiale (1 fr.), nessuno dei quali relativo a porzioni con elevata resa carnea (Tabelle 6-7a-b).

Per quanto riguarda invece i contenitori di forma chiusa, quasi completamente assenti nella porzione E dell’area indagata, essi sono rappresentati da tre frammenti relativi a contenitori di dimensioni variabili: uno di classe B (IX) e due di classe C (XII, XII), di cui il primo presumibilmente utile anche alla funzione della conservazione. Due frammenti di vaso cribro rimandano inoltre ancora ad attività di preparazione.

Ancora più sgombra è la fascia settentrionale, priva anche di evidenze strutturali. Il dato delle ceramiche è tuttavia coerente con quanto si osserva in relazione al vicino focolare: i frammenti di contenitori ceramici sono solo cinque, tutti di forma aperta, tra cui uno probabilmente destinato al consumo collettivo (XVIII) e altri quattro con diametro n.d. Per la maggior parte

In analogia con quanto si osserva per il piano sottostante (e più in generale per tutti i piani a W) i resti carpologici sono molto scarsi (solo 7 frr., per la maggior 308

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca parte relativi a cereali – Tabella 4), a fronte di una forte variabilità tassonomica dei carboni. Più rappresentati sono infatti i resti antracologici, con 57 frammenti, nell’ambito dei quali il legno di quercia caducifoglie e quello di carpino hanno una maggiore incidenza, ma anche altre specie sono discretamente attestate, come ad esempio il fico/frassino, l’acero, l’olmo, il nocciolo, il busso e anche il salice/pioppo (Tabella 5).

e ancora visibili (nn. 1-3) e a E dal masso centrale (n. 4). Due di esse (US64 e US542) sono caratterizzate da un piano di preparazione costituito da terreno bruciato misto a pietre e ceramica messa di piatto; l’altra, la piastra UUSS676-677, risulta invece caratterizzata da una base realizzata con semplice terreno argilloso giallastro. A SW di quest’area, a ridosso del grande masso centrale, è inoltre stato rinvenuto uno spesso strato di terreno bruciato misto a numerosi frammenti di piastra di cottura e di concotto con impronte di incannucciato, probabilmente interpretabile come l’esito dell’accantonamento, a seguito di una pulizia dell’area, di una piastra precedentemente usata e forse dei residui di una parte in elevato (US103). Più a W sono stati invece rintracciati alcuni piani di vita privi di evidenze strutturali, con aree fortemente carboniose.

L’insieme dei resti faunistici è costituito da 35 frammenti (Tabella 6), anche in questo caso prevalentemente relativi a fauna domestica (73,5%), ancora una volta rappresentati per la maggior parte da ovicaprini (14 frr.), seguiti dai maiali (7 frr.) e da quattro frammenti di bovini. Le specie selvatiche, comunque ben rappresentate, sono ancora prevalentemente relative al cervo (8 frr.) e al cinghiale (1 fr.), quest’ultimo con tracce di scarnificazione. Sono prevalenti anche in questo caso le porzioni con scarsa resa carnea (77,1%), mentre quelle con maggiore resa carnea (solo 8 frr.) si dispongono comunque o sul focolare o nelle immediate vicinanze dello stesso e sono relative prevalentemente al maiale e al cervo. Un frammento di falange di cervo forata è stata inoltre rinvenuta nei pressi del masso centrale, a testimoniare il probabile svolgimento di attività artigianali.

L’area E è quella che ha restituito un maggior numero di evidenze (Figure 6-7). Nel dettaglio, sono stati rinvenuti frammenti relativi a 22 contenitori, distribuiti in almeno due concentrazioni: una a W della piastra UUSS676-677 e una a W della piastra US64, mentre l’area intorno alla piastra US542 è relativamente più sgombra di ceramiche, con un piccolo contenitore rinvenuto integro, presumibilmente destinato al consumo individuale di liquidi (I – Copat e Danesi supra - Figura 36.2), più un altro contenitore con diametro n.d.

In generale dunque, come nel piano sottostante, le attività meglio rappresentate sembrano essere quelle della preparazione, della trasformazione e del consumo collettivo di cibi, con scarse evidenze legate al consumo individuale, ad eccezione dell’area più prossima alla piastra US200. In analogia con il piano sottostante, sono inoltre rappresentati, nell’area W, i vasi idonei per la conservazione. Il trattamento delle specie vegetali sembra essere ancora una volta circoscritto all’area E, con una buona varietà di specie nei pressi della piastra e nell’area N, mentre si osserva una selezione maggiore nell’area più vicina al focolare (esclusivamente legato al trattamento dei cereali). I resti faunistici risultano anch’essi relativi per lo più ad attività di preparazione delle carcasse (con una prevalenza di ovicaprini, ma con un’alta variabilità di specie nei pressi della piastra) e con una maggiore selezione di specie a N, dove sono attestati quasi esclusivamente resti di cervo e maiale. Quanto ad altre possibili attività artigianali, non sono attestati resti faunistici relativi ad animali da pelliccia, ma tracce di lavorazione dell’osso e del corno, possono essere individuate nelle vicinanze del masso centrale, più distanti dalle strutture di fuoco.

Intorno alla piastra UUSS676-677 sono stati rinvenuti nove contenitori, in un’area molto ristretta, di cui solo cinque attribuibili ai diversi gruppi morfologici (Tabelle 1-3). Essi sono per la maggior parte da ricondursi a forme aperte, ad eccezione di un unico contenitore (XII), con una presenza esclusiva di vasi idonei al consumo collettivo/preparazione (XVII, XVII, XVIII, XVIII). Tutte le forme aperte, anche quelle con diametro non determinabile, sono inoltre da mettere in relazione al trattamento di sostanze semisolide. Ai piedi del masso settentrionale, in un’area ristretta, è inoltre da segnalare, oltre alla presenza di un vaso cribro anch’esso legato alle funzioni del trattamento e della preparazione degli alimenti, il rinvenimento di due fuseruole, a testimonianza dello svolgimento di altre attività quotidiane. Nell’area a W della piastra US64 sono stati invece individuati 11 contenitori tra cui tre di forma chiusa e otto di forma aperta. Questi ultimi si presentano in stato più frammentario rispetto ad altre situazioni qui descritte; quelle per le quali sia stato possibile definirne una funzione generica sono infatti solo tre: uno, quasi intero, destinato al consumo individuale di sostanze semisolide (XIV), gli altri utili probabilmente anche alla preparazione/trattamento di piccole quantità di sostanze, sempre comunque semisolide (XV, XX). Nella maggior parte dei casi dunque (5 frr.) non è stato

Fase III 3a Come descritto nella presentazione dello scavo (Copat supra: 18-21), questo piano funzionale mostra anch’esso una discreta variabilità di situazioni, con la presenza, a NE, di ben tre piastre di cottura a distanza ravvicinata, nell’area delimitata a N dai tre grandi massi citati sopra 309

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 6. Fase III 3a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).

possibile ricostruire le dimensioni e dunque ricavare informazioni utili a determinarne la funzione, sebbene anch’essi, con un’unica probabile eccezione, sembrino più probabilmente destinati a contenere sostanze semisolide. I tre contenitori di forma chiusa (1 di classe B - X; 2 di classe C - XV, XV), per i quali non è mai conservato l’elemento di presa, sono presumibilmente destinati al consumo collettivo, alla preparazione e alla cottura, e solo in via ipotetica alla conservazione.

Tra le due concentrazioni sopra descritte è dunque possibile sottolineare alcune differenze che sembrano individuare attività differenziate (pur nell’incertezza data dalle molte forme con funzione non ben determinabile). Intorno alla piastra UUSS676-677 è infatti possibile osservare una maggiore presenza di contenitori destinati al consumo collettivo; al contrario, l’area a W della piastra US64 si distingue, oltre che per la presenza di contenitori forma chiusa, per l’esclusiva presenza, tra quelli di forma aperta e di dimensioni 310

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Figura 7. Fase III 3a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.

determinabili, di ceramiche più probabilmente idonee al consumo individuale/preparazione.

cinque resti di favino sul piano della struttura, mentre, nei piani adiacenti, si ha un totale di 38 resti, di cui la maggior parte attribuibili a leguminose (23 frr.) e i restanti a grani nudi (7 frr.) e orzo. Nel secondo caso sono attestati un solo frammento di grano nudo sul piano di combustione e 27 frammenti nelle immediate vicinanze, sempre attribuibili esclusivamente a leguminose, grani nudi e orzo (rispettivamente 20, 4 e 3 frr.). I resti rinvenuti nei campioni tra le due piastre, non sicuramente attribuibili all’uso dell’una

I resti carpologici sottolineano anch’essi una differenza tra le due aree (Tabella 4). Nella fascia più settentrionale (con un totale di 151 frr.), in prossimità della piastra UUSS676-677 e della piastra US542, è possibile documentare attività di preparazione e trattamento principalmente di leguminose, associate a scarsi resti di orzo e grani nudi. Nel primo caso sono stati rinvenuti 311

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche o dell’altra struttura, rispecchiano sostanzialmente questa composizione (con 80 resti, nella quasi totalità da riferirsi a leguminose, con solo 4 frr. di grani nudi). Nell’ambito delle leguminose si segnala inoltre la sporadica presenza, per i livelli intorno alla piastra UUSS676-677 e dai campioni tra le due piastre, di lenticchie (5 frr. in tutto).

della struttura di fuoco (Tabella 6, Figura 7). Questi presentano una forte variabilità di specie, sia selvatiche che domestiche, queste ultime comunque prevalenti (83,3%). Come già osservato in altri casi, anche se non si rileva una significativa differenza quantitativa, si vede una prevalenza di ovicaprini (7 frr.), seguiti dai bovini (4 frr.) e infine di maiale (4 frr.). La fauna selvatica è invece rappresentata esclusivamente dal cervo con soli tre frammenti. A differenza di quanto descritto per la maggior parte delle altre situazioni, ben il 38,9% di questi resti è da riferirsi a porzioni con alta resa carnea, tutti rinvenuti sui piani d’uso della piastra, senza particolari concentrazioni e relativi a quasi tutte le specie rappresentate, ad eccezione del maiale (Tabella 7a-b). Nell’area si segnala inoltre il rinvenimento di un corno di bue, a testimonianza forse dello svolgimento di altre attività artigianali.

Quest’area nel suo complesso è inoltre caratterizzata da una buona presenza di antracoresti (Tabelle 5a-b). Nel caso dei livelli di uso della piastra UUSS676-677 si tratta di 101 resti, per i quali di registra ancora una prevalenza di quercia caducifoglie e di carpino, mentre sono attestati, anche se sporadicamente, carboni relativi all’olmo, al salice/pioppo, al fico/frassino e al Prunus sp. Colpisce inoltre la relativa abbondanza di resti di noce (11 in tutto). Analoga, anche sotto questo aspetto, è la composizione dell’insieme antracologico proveniente dall’area intorno alla piastra US542, con 63 resti: oltre alla comune presenza di quercia e carpino e alla sporadica presenza del fico/frassino, si osservano ben nove resti di noce. Il Prunus sp. è inoltre ben attestato nei campioni tra le due piastre.

Intorno alla piastra US542 la quantità di resti invece è relativamente più elevata, considerando la ristrettezza dell’area e la scarsità di frammenti ceramici in associazione, con 18 elementi. Come nella maggior parte degli altri casi, le specie domestiche sono le più rappresentate (72,2%), nell’ambito delle quali prevalgono sempre gli ovicaprini (8 frr.), mentre le altre hanno un’incidenza marginale, con due resti di maiale e uno solo di bovino. È inoltre presente un resto di cane. Si registra dunque una buona percentuale di specie selvatiche, con una discreta variabilità (circa il 30% dei resti), tra cui tre resti di cervo, uno di capriolo e uno di Meles meles. Qui le porzioni con alta resa carnea raggiungono il 50%, ancora più significativa di quanto osservato per la vicina piastra US64. Tale evidenza sembra inoltre coerente con quanto osservato per le ceramiche, nell’ambito delle quali la funzione del consumo individuale risulta più rappresentata rispetto alle altre situazioni. Si discosta invece l’area intorno alla piastra UUSS676-677, dove i resti faunistici sono molto scarsi e dove l’accento prevalente, anche per le ceramiche, sembra da porsi nelle attività di preparazione.

Diverso è invece l’insieme carpologico rinvenuto in prossimità della piastra US64, che sembra più orientato al trattamento di un maggior numero di specie, con una preferenza per i cereali (per un totale di 167 resti): sul piano della struttura sono stati rinvenuti resti di orzo e farro associati a leguminose (14 frr. in tutto), nei piani adiacenti diverse specie di cereali relativi sia a grani nudi che a grani vestiti (in tutto si tratta di 153 elementi, di cui 41 relativi a leguminose). Tale evidenza potrebbe accordarsi con la presenza dei tre contenitori di forma chiusa presumibilmente atti a contenerli. Una grande variabilità di specie si osserva anche in relazione ai resti antracologici, altrettanto abbondanti, con 190 elementi: oltre alla generalizzata maggiore incidenza dei carboni di quercia (sia caducifoglie che sempreverde) e di carpino, si osserva una buona presenza dell’acero (con 12 frr.) e quella, più sporadica, di un buon numero di altre essenze, come il noce e il nocciolo, l’olmo, il salice/pioppo, il laburno e il fico/ frassino.

Più a S, come descritto sopra, un’ulteriore concentrazione di frammenti ceramici è stata rinvenuta in un’area di terreno bruciato, probabile esito di un episodio di scarico e disallestimento di una struttura di fuoco precedentemente utilizzata (US103). Qui sono stati rinvenuti frammenti ceramici relativi a 17 contenitori, tutti riferibili a forme aperte (Tabelle 1-3). Le forme adatte esclusivamente al consumo individuale sono rappresentate da due soli contenitori, molto piccoli, presumibilmente utili al consumo di sostanze liquide (II, III, quest’ultimo probabilmente idoneo anche al solo trasferimento breve). Un maggior numero di contenitori, per la maggior parte utili a contenere sostanze semisolide, è invece relativo alle funzioni del

La distribuzione dei resti faunistici ricalca solo in parte quanto osservato per la ceramica e per i resti paleobotanici (Figura 7). Nel complesso si tratta di 39 frammenti distribuiti principalmente intorno alla piastra US64 e intorno alla piastra US542. In corrispondenza della piastra UUSS676-677 i resti faunistici sono invece molto scarsi (3 frr.: 2 di ovicaprini e un solo frammento di cervo, tutti con scarsa resa carnea). I piani connessi con la piastra US64 hanno restituito 18 resti faunistici, per lo più concentrati nei pressi 312

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca consumo individuale/preparazione di sostanze (3 vasi – VI, XV, XV), ma soprattutto al consumo collettivo e alla preparazione (in tutto 6 - XIII, XVII, XVIII, XIX, XXIII – più un grande contenitore a profilo troncoconico probabilmente destinato alla preparazione e alla cottura - XXIV). La preferenza per il trattamento di sostanze semisolide si conferma inoltre anche con l’analisi delle forme che hanno diametro non determinabile. Sempre da collegare alle attività di preparazione si segnala la presenza di un frammento di vaso cribro, di un frammento di cucchiaio e di un frammento di piastra mobile (D’Oronzo e Mironti supra - Figura 3.2).

L’area intorno all’US103 ha restituito un insieme di 86 resti, costituito per il 70,4% da specie domestiche (30 frr. di ovicaprini, 16 di bovini e 10 di suini) e per il 29,6% da specie selvatiche, queste ultime con una forte variabilità, con 15 frammenti di cervo, cinque di cinghiale, uno di capriolo, cui si aggiungono un frammento di orso, uno di lupo e uno di carapace. Nell’ambito di questo campione il 68,3% è costituito da resti con scarsa resa carnea. In aggiunta, si segnalano infine due frammenti di palco di cervo, di cui uno lavorato. L’area a W del masso risulta invece priva di evidenze strutturali. Il materiale ceramico rinvenuto è numericamente più ridotto e disperso, oltre che diversamente caratterizzato sul piano qualitativo. Per quanto riguarda le ceramiche sono stati rinvenuti in tutto 12 contenitori di forma aperta e tre di forma chiusa (Tabelle 1-3). Per le forme aperte (8 di cui sia stato possibile ricostruire la funzione) sono rappresentate la maggior parte delle funzioni determinabili, con una discreta variabilità. È attestato il consumo individuale con tre frammenti rinvenuti in posizione ravvicinata, in corrispondenza del margine N dell’area (di questi 2 potrebbero essere piccoli attingitoi - III, III, mentre un altro sembra essere maggiormente idoneo per il consumo di semisolidi – XIV), il consumo individuale/preparazione, con tre frammenti (2 idonei al trattamento di liquidi - IV, VI, uno per semisolidi XV) e il consumo collettivo/preparazione di vari tipi di sostanze con due frammenti (X, XI). A differenza però delle concentrazioni vicino alle strutture di fuoco, sembrano avere una maggiore incidenza le forme probabilmente più orientate a contenere sostanze liquide, con quattro contenitori, ma anche i più grandi contenitori con labbro, presumibilmente utili, come spiegato, oltre che per il trattamento di semisolidi, anche per quello di sostanze liquide. I tre contenitori di forma chiusa sono invece stati rinvenuti a distanza ravvicinata, nella porzione SW dell’area, quasi a indicare un’ulteriore differenziazione nell’uso dello spazio, difficilmente definibile in assenza di elementi strutturali. Questi ultimi ricadono in un caso nella classe B (XII) e in altri due nella classe D (XV, XV), ma in nessun caso è conservato l’elemento di presa, utile per determinare la possibilità o meno che fossero utilizzati anche per la conservazione.

I resti carpologici rinvenuti nell’area sono coerenti con l’idea che si tratti del risultato dell’accantonamento di una struttura precedentemente usata, con 94 elementi di cui 29 relativi a leguminose (tra cui si osserva la presenza sporadica della lenticchia e del pisello) e i restanti a cereali, nell’ambito dei quali sono attestate tutte le specie: grani nudi (7 frr.), orzo (2 frr.), farro (3 frr.), oltre a quelli n.d. Si segnala inoltre la presenza di 10 frammenti di Vitis vinifera (Tabella 4). Anche l’insieme dei resti antracologici risulta significativo, con 77 resti (Tabella 5), nell’ambito del quale si osserva una bassa variabilità di essenze: oltre alle specie maggiormente rappresentate della quercia (caducifoglie e sempreverde) e del carpino, è attestato un discreto numero di resti di acero (18 frr.). Da questo deposito proviene inoltre una cuspide di lancia o giavellotto con immanicatura a cannone frammentaria (Copat supra: 239, Figura 1.8), la cui presenza, in un’area legata ad attività domestiche all’aperto, risulta di difficile interpretazione, non essendo infatti del tutto compatibile con il resto delle attività documentate per questo momento, anche se si tratta comunque di un frammento, pertanto defunzionalizzato. In altre situazioni è stata proposta l’ipotesi di deposizioni simboliche intenzionali di simili manufatti, come ad esempio recentemente suggerito per Coppa Nevigata, in relazione a due cuspidi e un pugnale, due di essi caratterizzati da rottura intenzionale (Recchia 2010a; Cazzella e Recchia 2012b: 301; Cazzella et al. 2021). Questa ipotesi potrebbe essere, in via ipotetica, applicata anche al frammento di cuspide di Oratino. Non stupirebbe inoltre se l’andamento ricurvo del profilo di tale manufatto fosse l’esito di una piegatura intenzionale (Copat e Danesi 2010).

Coerentemente con quanto osservato per i piani immediatamente sottostanti, l’area W ha restituito scarsissimi resti carpologici (1 fr. di favino e 8 frr. di cereali n.d.), ma solo un elevato numero di carboni di piccole dimensioni (87 frr.), dovuto probabilmente a fenomeni di dispersione naturale dei residui di combustione o legato ad attività volontarie, come lo scarico di cenere o di attività connesse con le ripuliture dell’area adiacente. Da segnalare comunque che, oltre

Per quanto riguarda i resti faunistici, la loro dispersione sembra in effetti non coincidere con quella osservata per le altre classi di manufatti, ma l’insieme proveniente dall’area dell’US103 sembra in qualche modo in continuità con la fascia occidentale adiacente. Verranno tuttavia considerati come due insiemi distinti (sulla base della provenienza dalle diverse unità stratigrafiche), data anche la diversità dei due contesti. 313

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche alla solita preponderanza della quercia (caducifoglie, semicaducifoglie e sempreverde) e del carpino, si osserva anche la presenza del noce, del salice/pioppo e del pruno.

si conserva solo il livello di preparazione). La quantità dei materiali nelle immediate vicinanze della piastra US503 è invece minore, oltre a risultare in condizioni di maggiore frammentarietà, ad eccezione di tre piccoli contenitori conservatisi integralmente e posti in stretta connessione con essa. Essi sembrano utili al consumo individuale di liquidi, ma non si può escludere che possano essere messi in relazione all’utilizzo di sostanze particolari, in quantità minime, da più persone (2 relativi al gruppo I delle forme aperte; uno relativo al gruppo III delle forme chiuse, che, come spiegato sopra, risultano affini sotto il profilo morfologico: Copat e Danesi supra - Figura 36.1-3; 38.1). Più a S, le due concentrazioni di materiale presentano significative differenze: la prima, tra le due piastre, è costituta da 15 contenitori, 12 di forma aperta e tre di forma chiusa. In questo insieme, la funzione del consumo individuale sembra essere maggiormente rappresentata anche con contenitori rotti in posto: due destinati al solo consumo individuale di sostanze semisolide (XIV, XIV); cinque destinati probabilmente anche alla preparazione/trasformazione di piccole quantità di sostanze, di cui uno per il consumo di liquidi (V) e quattro per semisolidi (XV, XV, XVI e XX). Quattro, infine, sono i contenitori che possono essere utili al consumo collettivo e alla preparazione, principalmente orientati al trattamento di semisolidi (XVII, XXII) e solo in un caso di liquidi (IX). Nell’ambito di quest’ultimo insieme inoltre, un contenitore di forma troncoconica con imboccatura molto ampia (oltre i 30 cm di diametro), rinvenuto al confine con l’area della piastra US71, ricade nel gruppo probabilmente destinato alla cottura e preparazione (XXIV). Un ultimo frammento ha diametro non determinabile. A questi si associano tre contenitori di forma chiusa, di varie dimensioni: uno di classe A (II) sembra potere essere messo in relazione alla conservazione di piccole quantità di sostanze (presumibilmente liquide) e ancora al consumo individuale, in linea con quanto emerso per le forme aperte; un altro, di classe B, è invece da legarsi alle funzioni della mescita e della cottura (VII), mentre per il terzo, di classe C, la funzione non è determinabile con precisione (XII).

Per quanto riguarda i resti faunistici, a parte la fascia E del quadrato C4K, in parte in continuità con l’insieme dell’US103, il margine W e il margine N appaiono relativamente sgombri. Si tratta di un campione costituito da 58 elementi, per i quali si può osservare una maggior incidenza di specie domestiche rispetto all’adiacente area dell’US103, con l’82,7% dei resti (23 frr. di ovicaprini, 15 di bovini e 5 di maiale), mentre le specie selvatiche appaiono meno variate, con sette resti di cervo e uno di cinghiale. Rispetto all’area adiacente inoltre le porzioni da attribuire a un’alta resa carena e quindi più probabilmente al consumo, hanno un’incidenza maggiore che qui raggiunge il 40,3%, a conferma di una probabile differenza tra le due aree. Oltre a un frammento di palco di cervo, ad ulteriore testimonianza della compresenza di tracce legate ad attività artigianali come la lavorazione dell’osso, si segnala il rinvenimento di un metatarso polito di ovis/ capra e quella di un corno di capra. Fase III 4a Per il successivo piano di frequentazione (fase III 4a), come descritto in premessa (Copat supra: 21-23), l’area E risulta ancora interessata dalla presenza di almeno due piastre di cottura: una (US71), in posizione centrale, è conservata solo per una porzione di forma semicircolare ed è caratterizzata da un livello di preparazione costituito da frammenti ceramici e pietre di medie dimensioni; un’altra, posta a N di quest’ultima (US503), di forma circolare e di piccole dimensioni è l’unica della sequenza ad essere stata realizzata su un piano di roccia, costituito da una delle grandi pietre con faccia piana descritte sopra. Completano le evidenze i resti dei livelli di preparazione di un’ulteriore struttura di fuoco, al margine S dell’area (US90), compromessa dai successivi interventi di età storica. Altri piani di vita, presumibilmente contemporanei, caratterizzati anch’essi da estese tracce di combustione, ma meno strutturate, sono stati individuati nell’area W. Le due aree sono separate da un diaframma in corrispondenza del quale il deposito dell’età del Bronzo è risultato sconvolto.

Nell’area a corona intorno alla piastra US71, dove i materiali sono più dispersi, sono invece presenti frammenti relativi a 18 contenitori: 17 di forma aperta e uno di forma chiusa. Per quanto riguarda i primi, sono otto quelli di cui sia possibile stabilire la funzione, mentre gli altri si presentano in stato troppo frammentario. Tuttavia, diversamente da quanto osservato per l’insieme precedente, la funzione del solo consumo individuale è qui scarsamente rappresentata, con soli due contenitori presumibilmente orientati al trattamento di semisolidi (XIV, XIV); un caso può essere considerato idoneo anche alla preparazione (XX). Sono invece più rappresentate le funzioni del

Nell’area E, in relazione all’uso delle strutture di fuoco, sono stati individuati ben 40 frammenti di ceramica attribuibili a forme determinabili (34 aperte e 6 chiuse), distribuiti in due concentrazioni significative: una a N e una a SE della piastra US71 (Figura 8; Tabelle 1-3). La prima potrebbe essere funzionalmente legata a entrambe le strutture; la seconda più probabilmente solo alla piastra US71 (o almeno in parte a quella di cui 314

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca consumo collettivo/preparazione e trasformazione, con cinque contenitori (X, XVII, XVIII, XXIII e XXIV), nell’ambito dei quali si distingue ancora uno scodellone troncoconico utile più per la cottura e la preparazione che per il consumo collettivo. È presente inoltre un unico vaso di forma chiusa, di classe D, mancante tuttavia dell’elemento di presa (XV).

Al contrario, per la piastra US71 (ed eventualmente anche quella di cui si conserva solo il piano di preparazione) l’insieme carpologico indicherebbe attività più articolate, legate sia alla manipolazione di cereali, come farro, frumento e orzo, che di leguminose. Si tratta in tutto di 45 resti: sul piano della piastra sono stati rinvenuti sei frammenti di favino, mentre nei piani adiacenti si registra una prevalenza di cereali (72%). La presenza elevata di resti si accorda inoltre con quella del contenitore di forma chiusa che potrebbe essere connesso con il loro stoccaggio di breve periodo. Quanto ai resti antracologici rinvenuti in quest’area, nel novero degli 88 frammenti rinvenuti, si segnala la presenza, oltre a quella delle essenze maggiormente rappresentate, di otto resti di acero, due di olmo, sei di laburno e sei attribuibili a Rosacee.

Sono poi attestati un frammento di teglia e un frammento di piastra mobile che, insieme a un frammento di cucchiaio proprio a ridosso della piastra US71 arricchiscono il quadro dei manufatti in ceramica utilizzati per le funzioni della preparazione. Nei livelli di uso della piastra è inoltre presente un frammento di scheggia non ritoccata. Il margine NW dell’area E (quadrato C4F) sembra essere nel complesso più sgombro di resti, oltre che privo di evidenze strutturali: sono presenti un contenitore di forma chiusa (XV) e tre di forma aperta, di cui uno con funzione non ben determinabile, uno presumibilmente utile per il consumo collettivo/preparazione di sostanze semisolide o liquide (X), un altro probabilmente destinato al consumo individuale e preparazione di liquidi, oltre che al trasferimento breve (IV). Nel complesso i contenitori destinati al consumo individuale e alla preparazione ricadono dunque per la quasi totalità dei casi nella concentrazione tra le due strutture, mentre quelle utili al consumo collettivo e alla preparazione si dispongono a corona intorno alla piastra US71. In entrambi i casi si tratta di contenitori più utili al trattamento di sostanze semisolide piuttosto che liquide, mentre le ceramiche più probabilmente destinate al solo consumo individuale di liquidi risultano concentrate nei pressi della piastra N.

Nell’area tra le piastre, che come spiegato potrebbe legarsi a entrambe le strutture, nell’ambito dei 174 resti carpologici rinvenuti la situazione è più simile a quella osservata per la piastra N, per la presenza maggioritaria di leguminose (85,6%), mentre diversamente da quest’ultima e in analogia con la piastra US71 sono presenti anche grani vestiti, questi ultimi, non a caso dal campione più vicino alla struttura di combustione. Questa piccola area ha inoltre restituito l’insieme antracologico caratterizzato dal maggior numero di resti (217 frr.), nell’ambito dei quali si osserva una grande variabilità di essenze, tra cui solo l’acero risulta assente, ma sono ben rappresentati, con più di 10 frammenti, anche il laburno, il fico/frassino e il pruno. Coerentemente con quanto osservato per gli insiemi posti nella fascia più settentrionale, il campione dei carporesti proveniente dal quadrato C4F è esclusivamente costituito da leguminose, grani nudi e orzo, per un totale di 14 resti, oltre a sei frammenti di cereali non determinabili. Nella stessa area è documentata infine la presenza di un endocarpo di ulivo. Tra i 55 resti antracologici determinabili qui rinvenuti, si sottolinea, in analogia con il campione precedente, una buona attestazione sempre di laburno, di fico/ frassino e di pruno.

Tali differenze corrispondono a quanto si osserva nel record dei resti bioarcheologici, a confermare la possibilità che le attività potessero essere differenziate. Per quanto riguarda i resti paleobotanici, per la sola area E, il numero dei resti vegetali è particolarmente abbondante (Tabella 4). Sia in corrispondenza dei piani di combustione che in corrispondenza dei rispettivi piani d’uso si può osservare come la piastra N, US503, sembri essere legata esclusivamente alla manipolazione o preparazione di cibi a base di leguminose: 10 frammenti sono stati rinvenuti proprio sul piano della piastra, mentre, per i piani immediatamente adiacenti, nell’ambito degli 81 resti rinvenuti, le leguminose sono rappresentate nel 90% dei casi (72 frr.), associate ad altri scarsi resti da riferirsi a grani nudi (4 frr.) e a cinque resti di cereali non determinabili. A questi si aggiunge un buon campione di resti antracologici (58 frr.), che presenta analoghe caratteristiche rispetto ad altri descritti per gli altri piani: oltre le specie, sempre prevalenti, della quercia e del carpino, sono attestati anche un frammento di acero e tre frammenti di fico/ frassino (Tabella 5).

Per quanto riguarda i resti faunistici, nell’area E sono stati rinvenuti in tutto 50 elementi, sempre prevalentemente relativi a fauna domestica, ma con significative differenze nella loro distribuzione (Tabelle 6-7; Figura 9). Nella fascia settentrionale, in corrispondenza della piastra US503, i pochi resti di fauna presenti sono attribuibili esclusivamente al cervo, con cinque frammenti, di cui quattro attribuibili a porzioni con scarsa resa carnea. Più a W, sempre nella fascia settentrionale, si osserva un’ulteriore concentrazione di resti faunistici che come descritto non corrisponde a un’analoga concentrazione di ceramica o all’uso di 315

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 8. Fase III 4a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).

una struttura di fuoco. Qui sono presenti 12 frammenti di fauna prevalentemente domestica (circa i 3/4), con una discreta varietà di specie: prevalgono come nella maggior parte dei casi gli ovicaprini (5 frr.), seguiti da bovini (2 frr.) e dal maiale (1 fr.). È attestato anche un frammento di cane. Per la fauna selvatica è

rappresentato il cervo (3 frr., di cui uno con tracce di macellazione). Per questo insieme il 27,3% dei resti è attribuibile a porzioni con elevata resa carnea. Si può nel complesso sottolineare come i resti di cervo siano dislocati quasi esclusivamente nella porzione settentrionale dell’area indagata. 316

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Figura 9. Fase III 4a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.

Più a S, la distribuzione della fauna ricalca quella osservata per la ceramica. Tra le due piastre sono stati rinvenuti solo nove frammenti, tra i quali prevalgono sempre gli ovicaprini (3 frr.) seguiti dai bovini (2 frr.) e da un unico frammento di maiale. Sono qui abbastanza ben rappresentate le parti anatomiche con elevata resa

carnea, in particolare del bue e del cervo, in accordo con quanto osservato in relazione alla funzione della ceramica in quest’area (Tabelle 6-7). A corona, intorno alla piastra US71, si osserva invece una maggiore abbondanza e varietà di resti, con 24 317

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche frammenti, appartenenti però quasi esclusivamente a specie domestiche (con 9 frr. di ovicaprini, 7 di maiale e 5 di bovino). Quanto alla loro distribuzione si può osservare come ovicaprini e bovini siano dislocati molto vicino alla piastra (ultimo utilizzo?) mentre i resti di maiale siano stati rinvenuti poco più distanti. Per la fauna selvatica è attestata la presenza di un solo frammento di cervo e di un frammento di carapace. Una buona percentuale (30,4%) è relativa a porzioni con buona resa carnea, mentre il resto è da riferirsi a parti di terza e quarta categoria, senza particolari concentrazioni.

Dalla stessa area proviene infine un dischetto in osso a sezione biconicheggiante, di difficile interpretazione funzionale (Copat supra: 239; Figura 1.5) I resti faunistici sono molto abbondanti, con 40 resti tra cui le specie domestiche sono attestate per il 92,5% (Tabella 6). Queste ultime sono rappresentate per la maggior parte da bovini (22 frr.), oltre che da 10 frammenti di ovicaprini e cinque di maiale, tutti in particolare disposti intorno alle tracce di terreno bruciato, mentre le aree più a W e a S appaiono più sgombre, con una distribuzione che non ricalca quella osservata per i frammenti ceramici. Le specie selvatiche sono invece rappresentate solo da un frammento di cervo, uno di probabile cinghiale e uno di lepre. Molto scarsi in questo caso sono i resti relativi a porzioni con elevata resa carnea, con appena il 13%, nella quasi totalità da riferirsi a bovini e al frammento di cinghiale (di dubbia attribuzione), anche qui senza una distribuzione degna di nota.

Il confronto tra i materiali sopra descritti e quelli rinvenuti nei piani di vita a W, dove sono presenti solo larghe tracce di bruciato poco strutturate, permettono di fare ulteriori considerazioni. Non si osservano particolari concentrazioni di materiali, ma le funzioni rappresentate sono in parte diverse da quanto descritto per i piani adiacenti e i materiali si trovano in un maggiore stato di frammentazione. Nel complesso sono stati rinvenuti 21 contenitori di cui 15 di forma aperta e sei di forma chiusa in un’area comunque abbastanza estesa (Tabelle 1-3). Quanto alle funzioni, tra le forme aperte, il consumo inviduale è scarsamente rappresentato, con due contenitori, entrambi destinati al trattamento di sostanze liquide, di cui uno utile probabilmente anche al trasferimento breve (II), un altro anche alla preparazione (V); hanno invece una maggiore incidenza i contenitori destinati al consumo collettivo/preparazione e trasformazione (6/8 di cui sia stata possibile riconoscere la funzione: VIII, VIII, X, XVII, XVII, XXII). Altri sette frammenti sono relativi a contenitori di forma aperta con funzione non determinabile. Coerente con la funzione della preparazione è anche il rinvenimento di un frammento di teglia. Per quanto riguarda invece i sei contenitori di forma chiusa, tutti lacunosi dell’elemento di presa, si può segnalare la discreta variabilità dimensionale, che rimanda alla presenza delle funzioni del consumo individuale, con due contenitori di classe A (VI, VI), e del consumo collettivo, della preparazione e della cottura (3 casi: 2 di classe B – X, X – e un altro di classe D, forse utile anche alla conservazione – XVII). Anche la presenza di un coperchio nei pressi può rimandare ad analoga attività. A questi si aggiunge un frammento con dimensioni e funzione non determinabili.

Fase III 5a Come descritto in premessa (Copat supra: 24-25), i livelli di frequentazione relativi alla fase III 5a risultano molto compromessi dagli interventi di età storica (Figure 10-11). Essi sono caratterizzati, a E, dalla presenza di due piastre di cottura a distanza ravvicinata, una di piccole dimensioni impostata su uno strato di fitto pietrame (US439) e una presumibilmente più grande, forse circondata da pietre, impostata direttamente sul terreno (UUSS466=703). Sono inoltre probabilmente pertinenti a questo stesso momento di frequentazione alcuni piani di vita indagati nell’area W dello scavo. L’area E, intorno alle piastre, ha restituito la maggior parte dei materiali, sia ceramici che bioarcheologici, se pure in un’area limitata. Qui i frammenti relativi a forme riconoscibili sono 10 (9 forme aperte, 1 contenitore di forma chiusa), concentrati in particolare in corrispondenza della piastra E, dove sono stati rinvenuti otto contenitori (Tabella 1-3). Nell’ambito di questi ultimi si può sottolineare un buon equilibrio tra le diverse funzioni individuate, a partire dal consumo individuale sia di sostanze liquide (III, VI – in quest’ultimo caso rappresentato da un contenitore che potrebbe essere stato utilizzato anche per il trasferimento breve e la preparazione), che di sostanze semisolide (XVI), utile anch’sso alla preparazione, fino al consumo collettivo e alla preparazione con un contenitore di grandi dimensioni (XXIII). Tra le forme aperte sono poi presenti altri tre frammenti relativi a contenitori non attribuibili a nessun gruppo morfologico, ma più probabilmente orientati al trattamento di sostanze semisolide, per le quali nel complesso di può notare una maggiore incidenza. Proprio nei pressi della piastra UUSS466=703 si segnala la presenza di un contenitore di forma chiusa, anch’esso con diametro indeterminabile,

Tale evidenza si associa, come negli altri casi osservati per l’area W, a una scarsa presenza di resti carpologici, con soli otto semi (1 di favino, 3 di orzo e 4 cereali n.d.); scarsi anche i resti antracologici, 17 frammenti in tutto, da attribuire solo alle specie maggiori (Tabelle 4-5). Sono invece relativamente ben attestati gli elementi in selce, con due schegge non ritoccate e un frammento non determinabile, tutti nei pressi delle chiazze di bruciato. 318

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Figura 10. Fase III 5a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).

possibile funzione. Nei suoi pressi tuttavia, sempre in relazione alle attività di preparazione e trasformazione degli alimenti, si segnala la presenza di un probabile frammento di coperchio di bollitoio.

ma caratterizzato dalla presenza di un’ansa a nastro su orlo. Per quest’ultimo dunque si può escludere la funzione della conservazione, ma può essere meglio riferito alle funzioni del consumo collettivo e/o della cottura, anche se non sappiamo in quali quantità, perchè con diametro non determinabile.

Nel complesso, il numero di resti archeobotanici è in questo caso abbastanza ridotto, con 13 frammenti relativi a semi (Tabella 4). La loro distribuzione suggerisce l’uso della piastra più orientale per la

Per la piastra più a W i due frammenti rinvenuti non sono sufficientemente conservati per suggerirne una 319

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 11. Fase III 5a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.

cottura di leguminose (8/11 frr.), in associazione a grani nudi (1 fr.). Non sono stati rinvenuti invece semi in corrispondenza della piastra più occidentale, ma solo scarsi frammenti, a W di essa, relativi a orzo e grani nudi (solo 1 fr. per ciascuno).

alla consueta maggiore incidenza di quercia e carpino, in entrambi i casi sono abbastanza rappresentati i resti di salice/pioppo, cui si aggiungono, intorno alla piastra orientale, anche il laburno, il fico/frassino e il pruno. Per quanto riguarda la distribuzione dei resti faunistici (Figura 11; Tabelle 6-7) si osserva una particolare concentrazione intorno alle due piastre, con qualche differenza nelle specie rappresentate. In connessione con la piastra E sono infatti presenti 16 frammenti,

I resti antracologici rinvenuti in associazione con questi insiemi, più abbondanti per la piastra E (con 69 frr.) rispetto alla piastra W (con 37 frr.), mostrano comunque caratteristiche analoghe (Tabelle 5 a-b): oltre 320

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca di cui cinque relativi a fauna selvatica (nella maggior parte dei casi cervo e 1 fr. di cinghiale) e i restanti appartenenti a fauna domestica, nell’ambito della quale sono rappresentate le maggiori specie (5 frr. di ovicaprini, 3 di bovini e 3 di maiale – qualcuno combusto). In questo caso, a differenza della maggior parte delle situazioni osservate, i resti con porzioni con alta resa carnea superano la metà del totale con il 56,2%, ma lo scarso numero di resti (anche se in un’area molto limitata) impone cautela nell’acquisizione di questo dato. Il consumo sembra comunque essere maggiormente orientato alle specie selvatiche, con resti combusti di cervo, ma anche di bovini e maiali. La presenza di un frammento di un palco semicombusto di cervo parla anche in questo caso in favore della presenza di attività diversificate. Per la piastra W, US439, i resti sono stati rinvenuti invece direttamente sul piano di cottura, con sei frammenti, di cui solo uno relativo a cervo, gli altri a ovicaprini (3 frr.) e maiale (2 frr.). La quasi totalità è da riferirsi a porzioni con scarsa resa carnea, ad eccezione di un frammento di ovicaprino. Nessun resto faunistico è stato trovato a W della piastra US439.

livelli pertinenti a questo momento sono anch’essi caratterizzati dalla presenza di due piastre di cottura a distanza ravvicinata, in un’area molto limitata (circa 2-3 mq - Copat supra: 25-26). La prima, a E, era impostata direttamente su terreno (US753); la seconda, a W presentava invece una base di preparazione costituita da pietrame (US440). Sia i materiali ceramici, concentrati intorno alla piastra più piccola (2 contenitori di forma aperta e 1 di forma chiusa) che i resti bioarcheologici sono quantitativamente troppo limitati per avanzare considerazioni di dettaglio. Tuttavia, pur nella scarsità di dati, sono comunque rappresentate, per la ceramica, le funzioni che ben si accordano con quelle già descritte per i piani sottostanti (Tabelle 1-3): per le forme aperte è attestata quella del consumo individuale e preparazione di liquidi (V). Sono poi presenti un contenitore di forma aperta con funzione non determinabile probabilmente orientato al trattamento di sostanze semisolide, oltre che un frammento di vaso forma chiusa destinato probabilmente al consumo collettivo, alla preparazione e alla cottura (XI), in forte analogia con quanto osservato per il piano sottostante (Figura 12).

Su questo piano, tra le due piastre sono stati inoltre rinvenuti due vaghi di collana in osso, uno di forma anulare, l’altro di forma biconica, non tanto da mettere in relazione a specifiche attività, quanto all’esito di un’obliterazione involontaria (Copat supra: 239, Figura 1.10-11).

Per quanto riguarda i resti paleobotanici è stato possibile recuperare nel complesso un numero discreto di resti vegetali, considerando anche la ristrettezza dell’area, principalmente riferibili a carboni (118 elementi: 108 carboni, 10 semi - Tabelle 4-5). Per quanto riguarda nello specifico i resti carpologici, nel caso della piastra a W (US753) essi documentano la cottura di cibi a base di frumento e leguminose (con soli 4 frr. in tutto); nel caso della struttura più a E (US440) è attestata la presenza di leguminose (1 fr. è stato rinvenuto sulla piastra di cottura), in associazione con orzo e grani nudi nei piani adiacenti. Più corposo è l’insieme degli antracoresti, soprattutto per la piastra E (76 frr.), nell’ambito del quale, in aggiunta alle specie sempre meglio attestate (quercia e carpino), si osserva una buona incidenza dei frammenti di salice/ pioppo (8 frr.) e una sporadica presenza di pruno (2 frr.). Coerenti, anche se con un campione meno significativo (23 frr.), sono i resti rinvenuti in associazione con la piastra W, tra i quali, oltre alle essenze più ricorrenti, si osserva ancora una volta la presenza del pruno (con 7 frr.).

Per quanto riguarda invece l’area W, rispetto ai materiali rinvenuti si può osservare una situazione diversa, anche se da pochi elementi. Nell’ambito delle ceramiche sono stati individuati sei contenitori di cui sia stato possibile ricostruire la forma. È attestato in un caso il solo consumo individuale di sostanze liquide (III) e in un altro la funzione del consumo individuale/ preparazione sia di sostanze semisolide che liquide (VII). Altri tre frammenti relativi a forme aperte non hanno funzione determinabile. È inoltre presente un piccolo contenitore di forma chiusa di classe B (X), tuttavia lacunoso dell’elemento di presa. Per quest’area sembra inoltre particolarmente significativa l’incidenza di elementi in selce, con una scheggia non ritoccata e tre frammenti non determinabili, a segnare forse la presenza di attività diversificate. La differenza tra le due aree è inoltre marcata dall’assenza in questa porzione del deposito di resti bioarcheologici.

Per quanto riguarda i resti faunistici (Tabelle 6-7), diversamente dalla ceramica, essi sono stati rinvenuti esclusivamente intorno alla piastra US753, con un frammento di cervo e un frammento di ovicaprino (Figura 13). L’area è troppo ristretta per trarre considerazioni di dettaglio, tuttavia la presenza esclusiva di ceramica a E e quella esclusiva di fauna a W potrebbe rimandare ad attività differenziate, anche

Fase III 6a La fase III 6a costituisce l’ultimo lembo residuo della sequenza di piani di frequentazione della fase III. I 321

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 12. Fase III 6a – distribuzione spaziale delle ceramiche (si veda fig. 1 per la legenda).

in un’area così ristretta, essendo presenti due piastre di cottura separate, oltre che con diverse caratteristiche strutturali.

parte destinata ad attività collettive principalmente orientate alla preparazione, al trattamento e al consumo collettivo degli alimenti e forse anche ad attività di trasformazione dei prodotti, come la lavorazione dell’osso, del corno o delle pelli. Sembrano principalmente attestate attività di cottura di cibi a base di cereali, leguminose e carni. Cereali e legumi potevano essere trattati come sfarinati, tostati (in particolare i cereali) direttamente sul piano di argilla delle piastre precedentemente riscaldato, oppure, come si è detto,

Definire le variabili. Consumare e preparare: quanto e che cosa? A giudicare dalle caratteristiche più ricorrenti delle ceramiche e dei resti faunistici, oltre che dalla presenza di abbondanti resti carpologici, l’area sembra in gran 322

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Figura 13. Fase III 6a – distribuzione spaziale dei resti faunistici.

cotti con l’ausilio di contenitori ceramici o di manufatti quali le teglie. Infine avrebbero potuto essere bolliti, eventualmente insieme alle carni11. Queste ultime

avrebbero inoltre potuto essere cotte direttamente sul piano o con l’ausilio della brace (D’Oronzo 2019; supra: 287-289).

Analisi chimiche volte al riconoscimento dei residui organici conservati nei contenitori ceramici, condotte su un campione dall’insediamento di Coppa Nevigata (Evans e Recchia 2001-2003), hanno mostrato, ad esempio, la presenza di misture complesse relative a preparazioni con ingredienti animali e vegetali di vario tipo. Recentemente, anche su forme tradizionalmente interpretate come

contenitori per liquidi (come più volte sottolineato in questo lavoro, forme con labbro di medie e grandi dimensioni sembrano comunque atte a contenere sostanze semisolide), analoghi risultati sono stati ottenuti per alcuni contenitori da Roca Vecchia (Guglielmino et al. 2021: 777).

11 

323

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Si può nel complesso osservare una sostanziale continuità nell’utilizzo di quest’area dell’abitato nel corso dell’ultima fase di frequentazione del sito, pur con alcune differenze sia nell’ambito dello stesso piano che in senso diacronico. Si tratta di uno spazio verosimilmente scoperto, così come scoperte dovevano essere le strutture di fuoco messe in luce, ad eccezione forse del primo momento (III 1a) dove si è potuta riconoscere una delimitazione con piccoli pali che racchiude una zona a ridosso di una probabile struttura di fortificazione. Quest’area poteva essere dunque dotata di una copertura straminea, per quanto leggera, o di una semplice delimitazione frangivento (D’Oronzo e Mironti supra: 254-255). Altri indizi della presenza di possibili analoghe strutture vengono inoltre dalle fasi III 4a e III 3a, per la grande quantità di intonaco con impronte di incannucciato rinvenuto in corrispondenza di alcune concentrazioni di materiale, nell’area tra le due piastre in fase III 4a e in corrispondenza del margine SE (US103) nella fase III 3a. In alternativa, in quest’ultimo caso tali materiali potrebbero costituire il residuo del piano refrattario alla base di una struttura di combustione, come è attestato nel caso della piastra US200 della fase III 2a (D’Oronzo e Mironti supra: 253-254; Copat supra: 20). Le strutture di combustione riconosciute sono dunque generalmente fisse e aperte e nella maggior parte dei casi probabilmente utilizzate più volte. Esse sono riconducibili sia a piastre di cottura di dimensioni medio-piccole, sia a focolari delimitati da pietre che infine a semplici punti di fuoco, in questo caso forse non ripetuti (chiazze di terreno bruciato), che potrebbero essere anche l’esito di episodi di scarti o pulitura delle aree adicenti. Tuttavia, pur nella più generale differenza tra “piastre” da una parte e “focolari e chiazze di bruciato” dall’altra, le prime mostrano al loro interno una discreta variabilità strutturale e possono essere distinte in tre grandi gruppi (D’Oronzo e Mironti supra: Tabella 2).

sono inoltre le strutture rinvenute all’interno della delimitazione frangivento della fase III 1a. Tutte queste sono di dimensioni maggiori delle precedenti, di forma tendenzialmente oblunga e con asse maggiore tra il metro e il metro e mezzo, e si dispongono anch’esse, ad eccezione dell’ultimo e più complesso esempio, nella fascia N dell’area. Il terzo tipo di piastra è infine caratterizzato dalla presenza di un piano di preparazione realizzato con frammenti ceramici, pietrame e intonaci disposti ordinatamente. Sono anche queste distribuite in tutta la sequenza (la piastra US200 della fase III 2a, le piastre US542 e US64 della fase III 3a e infine la piastra US71 della fase III 4a). Ad eccezione della piastra US542, più a N, le altre si trovano tutte nella porzione centrale dell’area E, quasi sovrapposte le une alle altre. Esse si presentano variabili per dimensioni, da circa mezzo metro (quelle di fase III 3a) a circa 2 m (quella di fase III 2a). Infine, piccole strutture mobili potrebbero essere rappresentate dai quattro frammenti di teglia o piastre mobili (3 attestati per la fase III 4a; 1 per la fase 3 IIIa), forse utilizzate anch’esse dopo essere state surriscaldate per mezzo di braci. È comune a tutti i piani, anche quelli meno conservati in estensione, la compresenza di più strutture o punti di fuoco contemporaneamente in uso. Si possono avere casi di più piastre di cottura a distanza ravvicinata e di tipo diverso (fasi III 6a, III 5a, III 4a, III 3a) e casi con una o più piastre in associazione con punti di fuoco meno strutturati (III 4a, III 3a, III 2a e III 1a). Questa evidenza risulta più chiara grazie anche ai ripetuti allargamenti dell’area di scavo effettuati nelle diverse campagne, che hanno in parte modificato il quadro precedentemente proposto (Recchia et al. 2008), restituendo un’immagine più complessa anche rispetto alle attività possibilmente praticate. La compresenza di tipi di strutture di combustione diversificati suggerisce la possibilità dello svolgimento di più attività o della presenza di modalità di uso del fuoco in parte differenti, forse anche in relazione al tipo di sostanze trattate.

Il primo è costituito da piastre di cottura impostate su fitto pietrame o direttamente sulla roccia. Si tratta di tre soli casi, posti nella fascia settentrionale dell’area di scavo: la piastra N della fase III 4a (US503), la piastra W della fase III 5a (US439) e infine la piastra E della fase III 6a (US440), accomunate anche dalle piccole dimensioni (con diametro intorno al mezzo metro), ma potrebbe essere il caso anche dei resti di un’altra probabile struttura della fase III 4a (US90).

Data la variabilità delle situazioni osservate e la prossimità dei contesti, è tuttavia difficile individuare modelli di comportamento eventualmente diversificati in relazione ai diversi tipi di strutture. Tuttavia, si possono comunque tentare di individuare alcune linee di tendenza in relazione ai modi in cui le diverse evidenze strutturali si associano con gli altri elementi noti, quali quelli desunti dal record bio-archeologico e dalle caratteristiche di manufatti ceramici (e non), in relazione sia alle sostanze presumibilmente trattate che alla funzione prevalente. Inoltre, è possibile tentare di

Il secondo tipo di struttura è invece realizzato con argilla posta direttamente sul terreno. Si tratta di almeno quattro situazioni e in particolare della piastra UUSS676-677 della fase III 3a, della piastra E della fase III 5a (US466), e infine della piastra W della fase III 6a (US753). Analoghe per tipologia del punto di fuoco, ma inserite in una situazione più complessa 324

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca Per un altro gruppo, in accordo con le caratteristiche di tutto il campione, prevalgono invece i contenitori destinati al consumo collettivo e alla preparazione. Essi sono sempre in numero di 10, sono caratterizzati da una maggiore abbondanza di forme ceramiche e risultano distribuiti omogeneamente nello spazio e nella sequenza, ad eccezione dei livelli più recenti15.

individuare alcune analogie in relazione alle modalità in cui tali elementi si associano in situazioni specifiche. Il quadro è tuttavia di difficile definizione e in alcuni casi indeterminabile. Per permetterne la lettura, come indicato sopra, sono stati in primo luogo isolati 24 contesti, coincidenti agli insiemi citati nella descrizione analitica dei singoli piani. Oltre alle strutture di fuoco (inclusi i piani strettamente connessi con il loro uso - tre piastre con base in pietrame, quattro direttamente su terra, quattro su ceramica, concotto e pietre, un focolare e quattro aree con chiazze di bruciato), sono stati isolati anche altri sette contesti, definiti sulla base delle dispersione dei materiali, ma privi di evidenze strutturali. È stato inoltre considerato separatamente l’insieme rinvenuto all’interno della buca US283, identificato all’interno della struttura frangivento della fase III 1a, per le sue particolari caratteristiche, anche se il dato necessita comunque di una lettura complessiva. Per ciascuno di questi contesti si è cercato di mettere in evidenza le caratteristiche prevalenti. È stata dunque operata una “tipologia” di situazioni in relazione alle diverse variabili note, per poi osservare come esse si combinassero tra di loro, nel tentativo di inviduare modelli di comportamento sulla base delle associazioni più ricorrenti.

Anche in relazione alla sostanza trattata ci sono situazioni che si discostano dalla tendenza più generale e che possono essere utili all’individuazione di attività particolari. Sebbene infatti nei diversi insiemi si possa osservare come i contenitori destinati al trattamento di sostanze semisolide siano comunque quasi sempre prevalenti, alcuni contesti sono caratterizzati da una più alta incidenza di contenitori più adatti al trattamento di sostanze liquide (pari ad almeno 1/4), altri da una presenza “insolita” di grandi scodelle con labbro, utili al trattamento di tutti i tipi di sostanze (>1/5), altri infine sono caratterizzati dalla presenza quasi esclusiva di contenitori più utili al trattamento di sostanze semisolide (>3/4), anche in proporzioni maggiori di quelle riscontrate sull’intero campione. Nel primo caso ricadono sette contesti, distribuiti soprattutto nella parte alta della sequenza16, mentre nel secondo caso, meno frequente, ricadono solo quattro contesti17. La situazione più comune, come atteso, è infine quella in cui prevale nettamente il consumo o trattamento di sostanze semisolide, con le restanti 11 situazioni18.

Per quanto riguarda le ceramiche e la loro funzione, si possono osservare alcune situazioni che si discostano dal quadro complessivo sopra descritto (Tabelle 3, 8). Rispetto alla proporzione tra forme aperte e chiuse, si possono disinguere otto contesti per i quali queste ultime appaiono meglio rappresentate12 (pari o >1/4 delle forme), mentre in altre si osserva comunque con una netta prevalenza delle prime, che risultano pressochè esclusive, come nella totalità del campione.

Anche per i resti carpologici si è proceduto al tentativo di individuare insiemi di contesti con caratteristiche comuni, al fine di individuare la presenza di attività eventualmente differenziate (Tabelle 5, 9). Le proporzioni osservate tra le varie specie per l’intero campione non si verificano infatti nella totalità dei contesti, anche se non tutti sono ben valutabili sotto questo

Per quanto riguarda invece la possibile funzione dei contenitori di forma aperta, si osservano situazioni particolari in cui, a differenza del quadro di insieme, prevalgono (o sembrano essere maggiormente attestati rispetto alla media del campione) i contenitori destinati al solo consumo individuale o al consumo individuale/ preparazione, suggerendo una selezione di forme legate a specifiche attività13: si tratta di 10 contesti, documentati in tutta la sequenza e in tutte le aree14.

livelli di uso della piastra US440 della fase III 6a. 15  Per la fase III 1a su tratta dell’area N e di quelle all’esterno e all’interno della struttura frangivento; per la fase III 2a presentano questa caratteristiche la fascia N, l’area W e il focolare US192; per la fase III 3a, l’area dell’US103 e quella della piastra UUSS676-677; per la fase III 4a, l’area W e l’insieme dei livelli di uso della piastra US71. 16  Per la fase III 3a presenta queste caratteristiche l’insieme dell’area W e quello in corrispondenza dell’US542; per la fase III 4a sia i livelli di uso della piastra US503 che quelli al margine NW dell’area; per la fase III 5a sia i livelli dell’area W che quelli di uso della piastra US466-703; infine, per la fase III 6a, quello dai livelli di uso della piastra US440. 17  Per la fase III 1a questa caratteristica è abbastanza comune e riguarda sia l’area interna alla struttura frangivento che quella ad essa immediatamente adiacente; per la fase III 2a e III 4a le rispettive aree occidentali. 18  Per la fase III 1a, presenta queste caratteristiche l’insieme ceramico della fascia N; per la fase III 2a gli insiemi di contenitori intorno al focolare, quelli intorno alla piastra US200 e quelli nella fascia N; per la fase III 3a i livelli di uso delle piastre UUSS676-677 e US64 e lo scarico dell’US103; per la fase III 4a l’insieme della piastra US71 e quello immediatamente a N di quest’ultima; per la fase III 5a l’insieme della piastra US439. L’area W della fase III 1a si osservano proporzioni del tutto analoghe alla media del campione ed è stato pertanto incluso in questo gruppo, sui si avvicina maggiormente.

Si tratta dell’area W e dei contemporanei piani adiacenti alla struttura frangivento nella fase III 1a, oltre ai materiali rinvenuti nella buca posta all’interno del perimetro, dei livelli di uso della piastra US64 nella fase III 3a, dell’area W della fase III 4a, della piastra US503 della stessa fase, dei contemporanei livelli di uso nel quadrato C4F e infine dei livelli di uso della piastra US440 della fase III 6a. 13  Sono tuttavia non distinguibili in due ulteriori insiemi in quanto spesso le due funzioni si equivalgono. 14  Per la fase III 1a l’area W; per la fase III 2a l’area della piastra US200; per la fase III 3a i materiali del complesso dell’area W e quelli connessi con le piastre US542 e US64; per la fase III 4a l’area della piastra US503 e l’area tra le piastre; infine i materiali dell’area W della fase III 5a e quelli contemporanei della piastra UUSS466-703 e i materiali dei 12 

325

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Tabella 8. Sintesi delle caratteristiche principali dei contesti individuati per ciascun piano funzionale, in relazione agli insiemi ceramici: incidenza di forme chiuse o aperte, funzione prevalente e caratteristiche delle forme aperte in funzione della sostanza presumibilmente trattata (cfr. Tabella 3). Rapporto forme aperte/forme chiuse

Forme aperte - funzione prevalente

Forme aperte - sostanza prevalente

forme chiuse pari o > 1/4

-

-

netta prevalenza di forme aperte

consumo collettivo

tutti i tipi di sostanze (>1/4)

forme chiuse pari o > 1/4

consumo collettivo

tutti i tipi di sostanze (>1/4)

III 1a N

netta prevalenza di forme aperte

consumo collettivo

semisolidi (>3/4)

III 1a W

forme chiuse pari o > 1/4

consumo individuale

semisolidi (>3/4)

III 2a E - piastra US200

netta prevalenza di forme aperte

consumo individuale

semisolidi (>3/4)

III 2a E - focolare US192

netta prevalenza di forme aperte

consumo collettivo

semisolidi (>3/4)

III 2a N

netta prevalenza di forme aperte

consumo collettivo

semisolidi (>3/4)

III 2a W

netta prevalenza di forme aperte

consumo collettivo

tutti i tipi di sostanze (>1/4)

forme chiuse pari o > 1/4

consumo individuale

semisolidi (>3/4)

III 3a E - piastra UUSS676-677

netta prevalenza di forme aperte

consumo collettivo

semisolidi (>3/4)

III 3a E - piastra US542

netta prevalenza di forme aperte

consumo individuale

liquidi (almeno 1/4)

III 3a E - area US103

netta prevalenza di forme aperte

consumo collettivo

semisolidi (>3/4)

III 3a W

netta prevalenza di forme aperte

consumo individuale

liquidi (almeno 1/4)

III 4a N - piastra US503

forme chiuse pari o > 1/4

consumo individuale

liquidi (almeno 1/4)

III 4a E - piastra US71

netta prevalenza di forme aperte

consumo collettivo

semisolidi (>3/4)

III 4a E - area tra le piastre

netta prevalenza di forme aperte

consumo individuale

semisolidi (>3/4)

III 4a C4F

forme chiuse pari o > 1/4

n.d.

liquidi (almeno 1/4)

III 4a W

forme chiuse pari o > 1/4

consumo collettivo

tutti i tipi di sostanze (>1/4)

III 5a - piastra US439

netta prevalenza di forme aperte

n.d.

semisolidi (>3/4)

III 5a -piastra UUSS466-703

netta prevalenza di forme aperte

consumo individuale

liquidi (almeno 1/4)

III 5a W

netta prevalenza di forme aperte

consumo individuale

liquidi (almeno 1/4)

III 6a - piastra US753

-

-

-

III 6a - piastra US440

forme chiuse pari o > 1/4

consumo individuale

liquidi (almeno 1/4)

III 1a E - interno pali - US283 III 1a E - interno pali - area piastre III 1a E - esterno pali

III 3a E - piastra US64

aspetto: il numero dei resti è infatti molto variabile: si oscilla infatti da casi in cui essi sono assenti ad altri caratterizzati da una loro particolare abbondanza (fino a un massimo di 436 frr. solo all’interno della struttura frangivento della fase III 1a, escludendo quelli all’interno della buca US283).

costituito dalle situazioni caratterizzate da abbondanza di resti, o comunque valutabili (12 contesti con >40 frammenti19, con una densità di resti variabile da più di 10 a ben 75 per campione); il secondo è costituito da quelle caratterizzate da quantità discrete (4 contesti con

Proprio sulla base della quantità di resti, non solo in termini assoluti, ma anche considerando il loro numero per campione, sono stati distinti, per una migliore valutazione, tre grandi insiemi (Tabella 9): il primo è

19  Per la fase III 1a l’area all’interno della struttura frangivento (sia l’area delle piastre che l’interno della buca); per la fase III 2a il focolare (US192), l’area N e quella della piastra US200; per la fase III 3a l’area delle piastre UUSS676-677, US542 (considerando anche i resti rinvenuti tra queste ultime), US64 e quella dell’US103; per la fase III 4a l’area delle piastre US503 e US71 e quella tra queste ultime.

326

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca Tabella 9. Sintesi delle caratteristiche principali dei contesti individuati per ciascun piano funzionale in relazione agli insiemi carpologici: quantità e composizione prevalente (cfr. Tabella 4).

III 1a E -interno pali - US283

III 1a E -interno pali - area delle piastre III 1a E - esterno pali III 1a N

III 1a W

III 2a E - piastra US200

III 2a E - focolare US192 III 2a N

Quantità

Composizione del campione

tanti

cereali 90% ca.

tanti

alta variabilità di specie

discreti

leguminose, orzo e grani nudi

tanti

alta variabilità di specie

tanti

alta variabilità di specie

tanti

leguminose, orzo e grani nudi

tanti

leguminose, orzo e grani nudi

discreti scarsi

scarsi

Campioni tra US542 e US676

tanti

III 3a E - piastra US542 III 3a E - piastra US64 III 3a E - area US103

III 4a E - area tra le piastre

tanti

III 4a C4F III 4a W

III 5a - piastra US439

III 5a - piastra UUSS466-703 III 5a W

III 6a - piastra US753

III 6a - piastra US440

n.d.

leguminose, orzo e grani nudi alta variabilità di specie

tanti

scarsi

III 4a E - piastra US71

cereali 90% ca.

tanti

III 3a W

III 4a N

n.d.

tanti

III 2a W

III 3a E - piastra UUSS676-677

cereali 90% ca.

alta variabilità di specie n.d.

tanti

leguminose, orzo e grani nudi

leguminose, orzo e grani nudi

tanti

alta variabilità di specie

discreti

leguminose, orzo e grani nudi

n.d.

n.d.

scarsi

n.d.

discreti

leguminose, orzo e grani nudi

n.d.

n.d.

scarsi

n.d.

n.d.

un numero di resti compreso tra 10 e 30 frammenti20, con una densità compresa tra 3 e 9 per campione); infine, un terzo gruppo comprende i contesti che hanno restituito quantità minime di resti carpologici (inferiori alla decina, con una densità di resti pari a circa 1 per campione). In quest’ultimo caso si tratta o di situazioni per le quali la scarsità di resti è coerente con la limitata estensione del contesto in esame (per la piastra W della fase III 5a e intorno alle due strutture della fase III 6a), che sono state dunque valutate come non determinabili, o di contesti per i quali la scarsità di resti carpologici, a fronte dell’ampiezza dell’area e dell’abbondanza di materiali relativi alle altre classi, suggerisce lo scarso interesse per il trattamento delle specie vegetali (tutti i casi dell’area W, in tutte le fasi).

n.d.

quest’ultimo caso considerando solo i campioni con quantità discrete o abbondanti) è stato poi possibile distinguere tre insiemi. Il primo è costituito dalle situazioni in cui si osserva una preferenza verso il trattamento delle leguminose (quasi sempre costituite da favino), con un’incidenza percentuale tra il 65% e il 95% del totale. I casi sono in tutto sette e sono distribuiti limitatamente alla fascia N dell’area di scavo21, oltre che in gran parte nel deposito più recente. In questi casi, ad alte concentrazioni di leguminose si associano inoltre solo grani nudi e orzo, mentre sono del tutto assenti i grani vestiti. Rispetto a quest’ultimo aspetto fa eccezione solo l’insieme carpologico rinvenuto nell’area tra le piastre della fase III 4a, che tuttavia presenta l’85% di leguminose: la posizione di questo contesto, tra due strutture di fuoco diversamente utilizzate, potrebbe giustificare questa “anomalia”. Un altro contesto incluso in questo gruppo, ma che sfugge

Sulla base dell’associazione tra le diverse specie osservate e della loro incidenza percentuale (in

Si tratta degli insiemi di fase III 1a nella fascia N, degli insiemi dall’area delle piastre UUSS676-677 e US542 della fase III 3a, di quelli dell’area della piastra US503 e dell’area tra le due piastre per la fase III 4a e, infine, di quello dai livelli di uso della piastra UUSS466-703 della fase III 5a.

21 

Si tratta dell’area esterna alla struttura frangivento e di quella N per la fase III 1a; dell’area del quadrato C4F nella fase III 4a e della piastra UUSS466-703 per la fase III 5a, dove per la ristrettezza dell’area essi potrebbero essere in effetti sottorappresentati.

20 

327

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche in parte alle caratteristiche sopra descritte (così come a quelle degli altri insiemi descritti oltre), è quello dell’area del quadrato C4F per la fase III 4a. Qui le leguminose sono attestate con un’incidenza più bassa che nei casi precedenti, a favore dei carporesti di orzo, sempre in assenza di grani vestiti. Tuttavia, trattandosi di un insieme abbastanza ridotto (quantità discrete), per cui tali proporzioni sono meno attendibili, si è preferito comunque privilegiare il dato qualitativo22.

di vista della loro maggiore o minore abbondanza che sotto il profilo della loro caratterizzazione qualitativa. Quanto alla possibilità di distinguere insiemi sulla base della quantità di resti rinvenuti, se infatti sono ben individuabili alcuni casi caratterizzati più chiaramente da un’abbondanza di resti (almeno da 127 a 427 resti con una densità tra i 20 e i 43 resti/campione), gli altri risultano di più difficile definizione. Quelli che hanno restituito scarsi resti (almeno tra i 17 e i 40, con un numero di resti per campione inferiore alla decina) sono per la maggior parte costituiti da situazioni con limitata estensione, ad eccezione dell’area esterna alla struttura frangivento nella fase III 1a e dell’area W della fase III 4a, per le quali questa caratteristica è più definita.

Tra le situazioni indeterminabili da un punto di vista quantitativo, se ne osservano alcune che potrebbero essere avvicinate a questo gruppo: come descritto sopra, la piastra US439 della fase III 5a ha restituito solo grani nudi e orzo e potrebbe essere ipoteticamente associata alle precedenti; simili per composizione (con solo legumi, grani nudi e orzo) sono inoltre gli insiemi carpologici rinvenuti in associazione con le due piastre di cottura in fase III 6a.

Per gli altri, che presentano valori intermedi, la situazione è invece estremamente variabile: alcuni sono caratterizzati da un numero di resti significativo, ma con bassa densità (ad esempio l’area W nella fase III 3a); altri, ad esempio la buca US283 all’interno della struttura frangivento della fase III 1a, hanno valori di densità maggiori di situazioni che hanno restituito un numero di resti più elevato; altri infine, presentano quantità di resti abbastanza elevate pur nella ristrettezza dell’area (ad esempio la piastra US440 della fase III 6a).

Il secondo insieme definito sulla base dell’insieme carpologico è costituito dalle situazioni in cui si osserva una più ampia variabilità di specie, con un’incidenza percentuale di leguminose che varia dal 20% al 40% ca., in associazione non solo a grani nudi e orzo, ma anche a grani vestiti, variabili dal 4% all’11% ca. Questi ultimi potrebbero essere inoltre sottostimati in quanto la percentuale di cereali non determinabili (diversamente dal primo gruppo) è in questi casi sempre molto elevata. Si tratta in tutto di sei casi, tutti caratterizzati da abbondanza di resti, attestati tra la fase III 2a e la III 4a, in prevalenza nell’area centrale dello scavo23.

I due indici (quantità e densità media dei rinvenimenti) non hanno dunque una progressione parallela, come per i resti carpologici, e sembrano risentire maggiormente delle strategie di campionamento (che in alcuni casi ha reso necessaria una campionatura più capillare), rendendo questa variabile di più difficile utilizzo per la lettura dei contesti.

Infine, il terzo insieme è costituito da tre situazioni molto diverse l’una dall’altra, in cui i cereali sono quasi o del tutto esclusivi, con un’incidenza di circa il 90%. Si tratta di due casi caratterizzati da una forte abbondanza di resti: il focolare circondato da pietre nell’area E in fase III 2a e la buca all’interno della struttura frangivento in fase III 1a. Un’altra evidenza simile è quella dell’area esterna alla stessa struttura frangivento, ma con quantità solo discrete di resti. Sono tutte dunque abbastanza vicine tra loro nello spazio e si pongono nei livelli più antichi della sequenza.

Quanto invece alla loro caratterizzazione sulla base della qualità delle essenze rinvenute e ancora alla possibilità di definire sotto questo aspetto insiemi discreti, ogni situazione sembra consituire un caso a sè, senza che possano essere individuati gruppi di contesti con caratteristiche analoghe. Tale variabilità restituisce l’impressione di un uso del combustibile in qualche modo legato alla disponibilità del momento: ad esempio i carboni di noce sembrano avere una maggiore incidenza nell’area N della fase III 3a, il busso in relazione alle attività svolte in corrispondenza della fase III 2a o ancora il laburno nell’insieme di contesti che insistono nell’area E della fase III 4a, senza che però tali caratteristiche possano essere messe in relazione alla loro associazione con altre essenze.

Per quanto riguarda i resti antracologici non è invece stato possibile procedere a un analogo tentativo di definizione di insiemi discreti di contesti che presentassero caratteristiche comuni, sia dal punto Il quadro generale non ne risulterebbe comunque modificato se fosse trattato separatamente (cfr. oltre). Si tratta in particolare di tre piastre di cottura caratterizzate da un livello di preparazione realizzato con ceramica e pietre: US200 della fase III 2a, US64 della fase III 3a e US71 della fase III 4a. Inoltre, presentano queste stesse caratteristiche due assemblaggi carpologici non in connessione con resti strutturali: la fascia N della fase III 2a e lo scarico US103 della fase III 3a. Può associarsi a questo caso anche l’intero insieme carpologico all’interno della struttura frangivento, anche se con una maggiore incidenza di leguminose (40 % ca.).

22 

Infine, un tentativo di individuare insiemi di contesti che presentassero le stesse caratteristiche è stato fatto anche in relazione al campione dei resti faunistici (Tabelle 6-7, 10-11), rispetto ai quali, anche in questo caso, alcune situazioni, sfuggono al quadro generale sopra delineato.

23 

328

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Ovicaprini

Maiali

Bovini

Cervo

Cinghiale

Capriolo

Altri

Numero resti considerati co

Tabella 10. Incidenza percentule delle maggiori specie per ciascun contesto funzionale. Sono esclusi i resti di bue o cervo (cfr. Tabella 5). Si indica, per confronto, anche l’incidenza nell’ambito degli insiemi con scarsi resti, anche se definiti non valutabili.

III 1a E - interno pali - US283

80,0

20,0

-

-

-

-

-

5

III 1a E - interno pali - area delle piastre

33,3

20,0

30,0

10,0

-

-

6,6

30

III 1a E - esterno pali

34,8

23,9

8,7

13,0

8,7

-

10,8

46

III 1a N

-

-

-

-

-

-

-

0

III 1a W

28,6

14,3

57,1

-

-

-

-

7

III 2a E - piastra US200

29,5

29,5

13,6

20,5

4,5

2,3

44

III 2a E - focolare US192

-

28,6

-

57,1

14,3

-

-

7

III 2a N

-

100,0

-

-

-

-

-

3

III 2a W

41,2

20,6

11,8

23,5

2,9

-

-

34

III 3a E piastra UUSS676-677

66,7

-

-

33,3

-

-

-

3

III 3a E - piastra US542

44,4

16,7

5,6

16,7

-

5,6

11,1

18

III 3a E - piastra US64

36,9

21,3

22,2

16,7

-

-

-

18

III 3a E - area US103

37,0

12,3

19,8

18,5

6,2

1,2

4,9

81

III 3a W

44,2

9,6

28,8

13,5

1,9

-

1,9

54

-

-

-

100,0

-

-

-

5

III 4a E - area tra le piastre

37,5

12,5

25,0

25,0

-

-

-

8

III 4a E - piastra US71

39,1

30,4

21,7

4,3

-

-

4,3

23

III 4a C4F

41,7

8,3

16,7

25,0

-

-

8,3

12

III 4a W

27,5

10,0

55,0

2,5

2,5

-

2,5

40

III 5a - piastra UUSS466-703

31,3

18,8

18,8

25,0

6,3

-

-

16

III 5a - piastra US439

50,0

33,3

-

16,7

-

-

-

6

-

-

-

-

-

-

-

0

III 6a - piastra US753

50,0

-

-

50,0

-

-

-

2

III 6a - piastra US440

-

-

-

-

-

-

-

0

III 4a N - piastra US503

III 5a W

TOTALE

460

Nel primo caso ricadono sette contesti che presentano da un minimo di 32 a un massimo di 86 resti24. Sono presenti su tutta la sequenza ad eccezione degli ultimi due livelli di frequentazione (il cui areale è come abbiamo detto molto compromesso) e sono distribuiti omogeneamente anche dal punto di vista spaziale, a eccezione della fascia settentrionale. Presentano quantità medie, comunque ridotte (da un minimo di 12 a un massimo di 24 resti), cinque contesti

Così come per i resti carpologici, la distribuzione dei resti faunistici non è omogenea e l’individuazione di situazioni particolari è possibile solo per quei contesti che ne abbiano restituito un buon numero. Sulla base del dato quantitativo, sono stati dunque distinti in primo luogo i casi in cui la quantità dei resti faunistici fosse abbondante o almeno valutabile da un punto di vista quantitativo (>di 30 frr.), discreta (da 10 a 20 frr.) e quelli invece in cui la fauna fosse presente in quantità minime (< 10 frr.) (Tabelle 6,10).

24  Per la fase III 1a l’interno e l’esterno della struttura frangivento; per la fase III 2a l’area intorno alla piastra US200 e area W; per la fase III 3a l’area W e l’area dell’US103; per la fase III 4a l’area W.

329

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche Tabella 11. Sintesi delle caratteristiche principali dei contesti individuati per ciascun piano funzionale in relazione agli insiemi faunistici: quantità di resti, rapporto tra fauna domestica e selvatica, incidenza di resti con alta o scarsa resa carnea e rapporto tra le specie (cfr. Tabelle 6, 7a-b). Quantità

Rapporto domestici/selvatici

Alta/scarsa resa carnea

Rapporto tra le specie

III 1a E - interno pali - US283

scarsi

fauna domestica nettamente prevalente?

resti ad alta resa carnea >1/3?

ovicaprini, maiali?

III 1a E - interno pali - area delle piastre

tanti

fauna domestica nettamente prevalente

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti

alta incidenza di tutte le specie domestiche

III 1a E - esterno pali

tanti

fauna domestica nettamente prevalente

resti ad alta resa carnea >1/3

ovicaprini, maiali e specie selvatiche

III 1a N

scarsi

-

-

-

III 1a W

scarsi

fauna domestica nettamente prevalente?

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti?

alta incidenza di bovini e scarsa presenza di maiali?

III 2a E - piastra US200

tanti

fauna domestica nettamente prevalente

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti

ovicaprini, maiali e specie selvatiche

III 2a E - focolare US192

scarsi

fauna selvatica >1/3?

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti?

maiale e fauna selvatica?

III 2a N

scarsi

fauna domestica nettamente prevalente?

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti?

solo maiale?

III 2a W

tanti

fauna domestica nettamente prevalente?

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti

ovicaprini, maiali e specie selvatiche

III 3a E - piastra US542

discreti

fauna domestica nettamente prevalente

resti ad alta resa carnea >1/3

ovicaprini e specie selvatiche in maggioranza

III 3a E - piastra US64

disccreti

fauna domestica nettamente prevalente

resti ad alta resa carnea >1/3

alta incidenza di tutte le specie domestiche

III 3a E - piastra UUSS676-677

scarsi

fauna selvatica >1/3?

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti?

ovicaprini e specie selvatiche in maggioranza?

III 3a E - area 103

tanti

fauna domestica nettamente prevalente

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti

ovicaprini e specie selvatiche in maggioranza

III 3a W

tanti

fauna domestica nettamente prevalente

resti ad alta resa carnea >1/3

alta incidenza di bovini e scarsa presenza di maiali

III 4a N - piastra US503

scarsi

fauna selvatica >1/3?

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti?

solo cervo?

discreti

fauna domestica nettamente prevalente

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti

alta incidenza di tutte le specie domestiche

scarsi

fauna domestica nettamente prevalente?

resti ad alta resa carnea >1/3?

ovicaprini e specie selvatiche in maggioranza?

discreti

fauna domestica nettamente prevalente

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti

ovicaprini e specie selvatiche in maggioranza

III 4a W

tanti

fauna domestica nettamente prevalente

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti

alta incidenza di bovini e scarsa presenza di maiali

III 5a - piastra US439

n.d.

fauna domestica nettamente prevalente?

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti?

ovicaprini, maiali e specie selvatiche?

discreti

fauna domestica nettamente prevalente

resti ad alta resa carnea >1/3

ovicaprini e specie selvatiche in maggioranza

scarsi

-

-

-

III 4a E - piastra US71 III 4a E - area tra le piastre III 4a C4F

III 5a - piastra UUS466-703 III 5a W

330

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Quantità

Rapporto domestici/selvatici

Alta/scarsa resa carnea

Rapporto tra le specie

III 6a - piastra US753

n.d.

fauna selvatica >1/3?

resti a scarsa resa carnea nettamente prevalenti?

ovicaprini e specie selvatiche in maggioranza?

III 6a -piastra US440

n.d.

-

-

-

in alcuni casi, corrispondenti a cinque contesti con quantità abbondanti o discrete di resti, l’incidenza delle prime suggerisce che il consumo potesse avere un ruolo più significativo (con resti superiori a 1/3 – Tabella 7b)28.

distribuiti nella parte alta della sequenza, con una prevalenza di situazioni nella fascia N25. Le altre situazioni presentano quantità minime di resti. Come per i resti carpologici, tale evidenza può essere letta in due modi. I resti intorno alla piastra W della fase III 5a e intorno alle due strutture della fase III 6a sono stati considerati ancora una volta non valutabili sotto questo aspetto, data la ristrettezza dell’area indagata; in altri casi, la scarsa fauna è comunque distribuita in areali più consistenti (o in contesti specifici, come la buca all’interno della struttura frangivento), per quello che sembra indicare un effettivo disinteresse al trattamento degli animali26.

Per quanto riguarda il rapporto tra le singole specie, pur in presenza di forme di variabilità, e con la difficoltà di ragionare su campioni numericamente poco consistenti, si può comunque tentare di individuare insiemi in parte distinti, sempre a partire da quelli con numero di resti discreti o abbondanti (Tabelle 1011). Due di essi sono accomunati da un’incidenza ben maggiore di bovini rispetto a quanto si possa osservare rispetto alla media del campione (che è di circa il 21%) e, parallelamente da una scarsa incidenza dei maiali29; un altro piccolo gruppo (3 contesti) è invece caratterizzato da una buona incidenza di tutte e tre le maggiori specie domestiche (che per i maiali e per i bovini supera quella della media del campione) a scapito dunque di quelle selvatiche (che si pongono al di sotto della media del campione e nell’ambito delle quali è sempre assente il cinghiale)30. Un terzo gruppo è poi costituito da quei contesti in cui le maggiori specie, anche le selvatiche, sono tutte ben rappresentate, ad eccezione dei bovini che mostrano un’incidenza inferiore alla media del campione31. Un ultimo, più numeroso, gruppo di contesti è infine caratterizzato da una maggiore incidenza di ovicaprini e specie selvatiche, mentre maiali e bovini sono rappresentati in percentuali variabili, comunque inferiori alla media del campione32.

Rispetto alla composizione dei resti faunistici, come descritto in relazione ad altre variabili, alcune situazioni si discostano da quelle che sono le caratteristiche generali del campione, sia nel rapporto tra domestici e selvatici che in quello tra porzioni con scarsa o alta resa carna. Tuttavia è possibile prendere in considerazione tale aspetto solo per i contesti con fauna più abbondante o almeno discreta, riducendo il numero delle situazioni valutabili alla metà (in tutto 12) e rendendo il quadro di non facile lettura. Per le altre, dove comunque il dato è stato registrato, esso verrà utilizzato solo per confronto. In generale, si può osservare come la fauna domestica sia quasi sempre prevalente (Tabelle 6, 11). Tuttavia, le specie selvatiche appaiono a volte sovrarappresentate rispetto a quello che si può osservare per l’intero campione faunistico. In rari casi, come accennato sopra, queste risultano quasi esclusive, forse a testimoniare scelte specifiche. Quest’ultima caratteristica ricorre però in contesti che hanno restituito scarsissimi resti di fauna27, rendendo questo dato difficilmente utilizzabile, ma comunque indicativo.

28  Si tratta di un caso nella fase III 1a, all’esterno della struttura frangivento, e di un altro in fase III 3a, in corrispondenza dell’area W e nei livelli di uso della piastra US64 e di quelli della piastra US542 e infine della piastra UUSS466-703 della fase III 5a. 29  Si tratta di due contesti dell’area W, quello della fase III 3a, qui caratterizzata anche da una buona presenza di ovicaprini, e quello della fase III 4a, ma a questi può essere accomunata anche la situazione dell’area W della fase III 1a, seppure con scarsi resti. 30  Per la fase III 1a è il caso dei resti rinvenuti all’interno della struttura frangivento, per la fase III 3a di quelli rinvenuti intorno alla piastra US64 e per la fase III 4a di quelli dai livelli intorno alla piastra US71. 31  Si tratta, per la fase III 1a dell’area posta intorno struttura frangivento, per la fase III 2a sia dell’area intorno alla piastra US200 che dell’area W. Può essere associata a queste situazioni, ma con scarsi resti, quella intorno alla piastra US439 della fase III 5a, dove i bovini sono del tutto assenti. 32  Presentano queste caratteristiche l’area dell’US103 e l’area intorno alla piastra US542 della fase III 3a, oltre a quella del quadrato C4F nella fase III 4a. Simile anche la situazione dell’area della piastra UUSS466-703 della fase III 5a, ma con una minore incidenza di ovicaprini. Assimilabili, ma con scarsi resti, sono le situazioni della

Infine, nel rapporto tra porzioni ad alta o scarsa resa carnea, pur essendo le seconde sempre prevalenti, 25  Per la fase III 3a presentano queste caratteristiche gli insiemi della piastra US64 e quelli di US542; per la fase III 4a l’area della piastra US71 e quella corrispondente al quadrato C4F; infine la piastra US466703 della fase III 5a. 26  Per la fase III 1a, oltre all’interno della buca US283, l’area N e l’area W; per la fase III 2a l’area N e l’area intorno al focolare; per la fase III 3a l’area delle piastre UUSS676-677; per la fase III 4a sia l’area tra le piastre che la piastra US503; per la fase III 5a l’area W. 27  Si tratta dell’area della piastra US503 della fase III 4a, quella della piastra UUSS676-677 della fase III 3a e infine di quella intorno al focolare US192 della fase III 2a.

331

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche L’associazione tra le variabili. Dove e come?

Le associazioni con le evidenze strutturali: piastre di cottura, focolari e chiazze di bruciato

Dopo avere tentato di definire, nell’ambito della stessa classe di rinvenimenti (ceramica, resti carpologici e resti faunistici) gli insiemi di contesti che potessero avere caratteristiche simili, si è proceduto a un’analisi dei modi in cui tali caratteristiche si combinassero tra loro, per verificare la presenza di associazioni ricorrenti, per coppie di variabili. Poichè si tratta di numeri bassi, non è possibile procedere a un’analisi statistica di dettaglio. Tuttavia è stata “arbitrariamente” decisa una soglia al di sopra della quale la correlazione poteva essere considerata utile all’individuazione delle principali attività svolte33. Sono dunque stati presi in considerazione i casi in cui due caratteristiche (ad esempio la presenza di un insieme carpologico orientato allo sfruttamento delle leguminose e la prevalenza di contenitori utili al cosumo individuale) ricorressero contemporaneamente nella maggioranza assoluta dei casi osservati rispetto a una variabile e almeno nella metà dei casi osservati rispetto all’altra (evidenziati in grigio in Tabella 12). Ad esempio, 9 dei 12 contesti che hanno restituito resti carpologici in quantità abbondante sono caratterizzati dalla presenza quasi esclusiva di forme aperte; parallelamente, gli stessi 9 contesti rappresentano più della metà dei casi che presentano quest’ultima caratteristica (9/14). Da questi conteggi vengono escluse le situazioni non determinabili. Sono state considerate degne di considerazione anche le situazioni (evidenziate in grassetto in Tabella 12) in cui, pur non venendo rispettati i criteri sopra descritti (per il basso numero di contesti che mostrano una data variabile), la totalità dei casi osservati presentassero una medesima caratteristica (ad esempio, tutte le piastre impostate direttamente sul terreno si associano a insiemi ceramici caratterizzati da una netta prevalenza di forme aperte). Non è stata invece presa in considerazione la variabile del rapporto tra fauna domestica e fauna selvatica in quanto, come spiegato sopra, la forte prevalenza della prima risulta generalizzata, almeno nei contesti valutabili; sono stati considerati invece gli insiemi definiti sulla base della composizione delle specie rinvenute, che possono restituire informazioni anche sul primo aspetto. Questo ha permesso di disegnare un diagramma utile a visualizzare le associazioni più ricorrenti, nel tentativo di definire gruppi di attività, anche in relazione alle strutture di fuoco (Figura 14).

Se si guardano i modi in cui i diversi tipi di strutture si associano ai contesti diversamente caratterizzati per composizione dei resti carpologici, faunistici e per funzione delle ceramiche, possono in primo luogo essere sottolineati alcuni comportamenti ricorrenti e in qualche modo alternativi. A parte i casi isolati (e allo stesso modo ben caratterizzati) del focolare delimitato da pietre US192 della fase III 2a e della buca US283 all’interno della struttura frangivento della fase III 1a, le piastre di cottura danno alcune informazioni significative soprattutto in relazione ai resti carpologici ad esse prevalentemente associati. Meno evidente è, invece, l’associazione tra tipo di struttura e caratteristiche degli insiemi ceramici, se non in relazione alla sostanza presumibilmente trattata. Le piastre impostate direttamente sul terreno presentano quantità di resti variabili (comunque abbondanti o discreti), ma quando questo aspetto sia definibile, sono caratterizzate da un insieme carpologico costituito in prevalenza da leguminose associate a grani nudi e orzo. Fa eccezione, solo in parte, la situazione all’interno della struttura frangivento in fase III 1a. Tuttavia, si deve ricordare che la maggiore complessità di azioni che probabilmente venivano svolte in quest’area, la compresenza di più strutture e infine la prossimità con la buca all’interno della quale sono stati rinvenuti solamente cereali, rendono il quadro di più difficile lettura. Se pure classificato nell’ambito di quei contesti ad alta variabilità di resti, l’insieme carpologico dall’interno della struttura frangivento presenta comunque un numero di resti di leguminose superiore a quello delle altre situazioni definite come “variabili”: il 35% sul totale del campione, con una prevalenza in particolare nei pressi della piastra US278, quella meglio conservata. Qui, inoltre, ricordiamo il rinvenimento del vaso quasi integro di forma chiusa, utile per il consumo collettivo, la preparazione e la cottura, caratterizzato dalla presenza al suo interno resti di favino. La relazione tra piastre direttamente impostate sul terreno e trattamento di leguminose sembra dunque essere confortata anche da questo rinvenimento. Tale evidenza è ancora più significativa se si considera che sia all’interno dell’adiacente buca, che all’esterno della struttura frangivento, i cereali costituiscono la specie quasi esclusiva. Anche per la piastra US753 della fase III 6a, analoga alle precedenti dal punto di vista strutturale (sebbene si tratti di un contesto definito indeterminabile, per scarsità di resti in un’area ristretta, si può comunque segnalare come l’uso del piano di cottura risulti legato al trattamento di leguminose e grani nudi. Come descritto sopra nell’esempio, per le piastre direttamente impostate sul terreno si osserva inoltre

piastra UUSS676-677 della fase III 3a, l’area tra le piastre nella fase III 4a e quella della piastra US753 della fase III 6a. 33  Non è stato ad esempio possibile utilizzare il test del chi-quadro, poichè si tratta di un numero complessivo di 24 contesti, non tutti valutabili in ogni situazione, per il quale il numero delle frequenze osservate sarebbe risultato sempre troppo basso. Tuttavia in questa sede ci si ispira alla logica di fondo di tale strumento, pur nella consapevolezza che la soglia stabilita non è significativa dal punto di vista statistico.

332

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca l’associazione, nella totalità dei casi, con insiemi ceramici in cui le forme aperte sono quasi del tutto esclusive. Rispetto agli insiemi faunistici, pur in assenza di associazioni ritenute significative, si può inoltre rilevare una tendenza nell’associazione tra questo tipo di struttura e gli insiemi caratterizzati da una prevalenza di ovicaprini e fauna selvatica: si tratta non solo della piastra UUSS466-703 della fase III 5a (unico caso definito valutabile), ma anche dell’area della piastra UUSS676-677 della fase III 3a e di quella US753 della fase III 6a (Tabella 11). Questi ultimi ricadono nei casi definiti non valutabili per scarsità di resti, ma tale evidenza può comunque risultare degna di nota, suggerendo forse scelte diverse rispetto alla totalità del campione.

grande varietà di resti (3/4), per lo più relativi a cereali, inclusi i grani vestiti, con percentuali di leguminose che oscillano tra il 19% e il 33%. Al quadro sopra descritto fa eccezione (oltre che per dimensioni, essendo la più piccola) la piastra US542 della fase III 3a, che condivide con le piastre impostate sul terreno e su pietrame l’associazione con una prevalenza per il trattamento di leguminose, in assenza di grani vestiti. Non ci sono relazioni con le caratteristiche delle forme ceramiche, mentre, a differenza delle piastre impostate su terreno o su pietrame, la fauna è tendenzialmente presente, ma per lo più in quantità discrete (solo in un caso abbondante), e composta da insiemi in cui prevalgono nettamente le specie domestiche, tutte ugualmente rappresentate.

Le piastre impostate su pietrame o su roccia sono come detto sopra in numero più ridotto (solo 3), con caratteristiche in parte analoghe. L’unica che può fornire alcune indicazioni circa una possibile relazione tra tipologia di struttura di fuoco e attività praticate è quella N di fase III 4a. Essa è la sola di questo insieme ad avere restituito resti carpologici in numero valutabile (abbondanti), che rimandano, in analogia con le piastre direttamente impostate su terra, quasi esclusivamente al trattamento di leguminose, insieme a grani nudi e orzo. Per confronto, anche se con maggiore prudenza dato che si tratta di situazioni già definite indeterminabili, si può segnalare che per la piastra E della fase III 6a (US440), i pochi resti rimandano comunque a una situazione molto simile, con un frammento di leguminosa sul piano di cottura e un piccolo insieme di grani nudi e orzo nei piani adiacenti. Ugualmente, nei pressi dell’analoga piastra della fase III 5a (US439), sono attestati unicamente carporesti relativi a queste specie, anche se con scarsissimi esempi. Per questo tipo di struttura, si osserva comunque l’associazione con contenitori idonei al consumo individuale: per la piastra N di fase III 4a in particolare si tratta dei tre piccoli contenitori rinvenuti integri e destinati probabilmente al consumo di liquidi (ma forse anche ad attività più specifiche), situazione quest’ultima anomala rispetto al panorama generale, in cui prevalgono, come detto sopra, le funzioni del consumo collettivo, della preparazione e del trattamento di sostanze semisolide. Per quanto riguarda i resti faunistici essi sono sempre inferiori alla decina e non permettono di fare considerazioni di dettaglio, ma suggeriscono comunque, in negativo, la generale impressione che il trattamento degli animali non fosse un’attività prevalente intorno a queste strutture. Le piastre di cottura impostate su una base di ceramica e pietre (oltre a essere tendenzialmente più grandi) sono associate in tutti i casi a un numero elevato di resti carpologici, con insiemi caratterizzati per la maggior parte, diversamente dai precedenti, da una

Tra le evidenze strutturali meno complesse, le aree caratterizzate da chiazze irregolari di terreno bruciato presentano associazioni che le distinguono in modo significativo rispetto a quanto osservato finora per le piastre di cottura. Queste aree sono infatti caratterizzate da scarsissimi resti carpologici (con un totale di resti sempre inferiore alla decina), confortando l’idea, appena deducibile dal punto di vista strutturale, che possano essere a ragione distinte dal focolare delimitato da pietre nell’area E relativo alla fase III 2a (US192). Negli insiemi ceramici associati a queste evidenze risulta essere inoltre ricorrente la presenza di ampie scodelle con labbro, definite nell’analisi funzionale come idonee sia al trattamento di semisolidi che a quello di liquidi. Queste aree sono inoltre spesso caratterizzate, diversamente dagli altri tipi di contesti, da abbondante presenza di fauna (3/4), nell’ambito della quale, tra le specie, prevalgono nella maggioranza dei casi (2/3 valutabili) gli insiemi per i quali si osserva una forte incidenza di bovini, a scapito dei maiali. Questo trova confronto anche nel caso analogo, definito in via cautelare indeterminabile per scarsità di resti, dell’area W in fase III 1a, ma che comunque rafforza questo quadro. Le associazioni con i resti carpologici: quantità e composizione degli insiemi Guardando al modo gli insiemi di contesti diversamente caratterizzati per quantità e qualità dei resti carpologici si associano con le altre classi di manufatti e con i resti archeozoologici, a parte la tendenza già descritta a una loro maggiore abbondanza in connessione con le piastre di cottura (come atteso), e viceversa, a una loro presenza solo sporadica in prossimità delle semplici chiazze di bruciato, si può in primo luogo osservare come gli insiemi caratterizzati da grandi quantità di resti carpologici coincidano più frequentemente con gli insiemi in cui, al loro interno, è più alta la variabilità tassonomica. Gli stessi, rispetto alle ceramiche, coincidono inoltre per lo più con le situazioni in cui le 333

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

2

piastra su ceramica e pietre

4

focolare US192 (III 2a) buca US283 (III 1a)

1 3 1

resti carpologici in quantità discrete

2

4

1

1

1 4

resti carpologici scarsi 1

3

4

2

6

1

2

cereali 90% ca.

1 2

1

netta prevalenza di forme aperte

1

3

forme chiuse pari o >1/4

2

n.d.

1

4 3

2

1

2

3

1

1 1

3

2

2

1

2

n.d.

1

1

consumo di liquidi (almeno 1/4)

2

1

1

consumo di semisolidi (>2/3)

1

1

3

consumo collettivo e preparazione

consumo di semisolidi e liquidi

1 1 1

1 1

1

2

1

n.d.

1

5

1

1

2

8

2

2

1

2

3

4

3

5

1

3

1

4

2

2

2

4

2

1

2

1

4

1

3

4

6

2

1

1

1

2

2

2

4

8

1

1

1

1

1

2

4

6

1

2

2

2

2

4

1

2

1

2

4 3

1

5

1

2

9

2

1

1

2

2

2

1

1

1

2

2

6

3

3

2

1

3

5

2

2 3

3 1

2

2

1

4

6

1

2

2 1

2

1

1

1

1 3

1

4

1

1

334

3

1

1

2

5

2

1

1

1

3

2

4

1

2

5

7

4

2

1

1

2

1

2 3

1

1

1

2

2

2

4

6

1

1 2

1 3

1

2

3 1

n.d. 1

1

1

1

1

alta incidenza bovini, scarsi maiali

situazioni n.d.

alta variabilità di resti carpologici

leguminose, grani nudi e orzo

cereali 90% ca. 2 1

2

3

2

4

4 3

2

3

6

1 2

1

ovicaprini, maiali e fauna selvatica

4

5 1

3

ovicaprini e fauna selvatica

2 3

5

3

domestici, fauna selvatica bassa

1 4

3 2

1

1

1

1

2

1

2

5

1

3

1

5

3

1

1

2 1

2

3

2

3 1

2

1 1

5 3

2

1

3

2

3

1

resti con alta resa carnea >1/3

3

2

9

resti faunistici in quantità discreta 2

9

1

5

resti faunistici abbondanti resti con scarsa resa carnea

2

2

1

1

2

2

1

1

2

1 1

1

1 2

1

1

3

1

1

3

5

1

3

resti scarsi o assenti e altre situazioni

situazioni n.d.

6

3

1

2

1 4

2

1 3

4

3

1

2 1

1

3

leguminose, grani nudi e orzo alta variabilità di resti carpologici

resti scarsi o assenti

3

1

1

n.d.

1

2

2

resti faunistici scarsi

1

3

situazioni n.d.

consumo individuale

1 2

1

assenza di evidenze

situazioni n.d.

2 1 4

chiazze di bruciato

resti carpologici abbondanti

resti carpologici scarsi

1

forme chiuse pari o > 1/4

1

piastra su terra/argilla

netta prevalenza di forme aperte

piastra su pietrame o roccia

resti carpologici in quantità discrete

resti carpologici abbondanti

assenza di evidenze

buca US283 (III 1a)

focolare US192 (III 2a)

chiazze di bruciato

piastra su ceramica e pietre

piastra su terra/argilla

piastra su pietrame o roccia

Tabella 12a. Matrice delle correlazioni osservate tra le caratteristiche individuate per coppia di variabili. Sono indicati in grassetto e campitura grigia i casi in cui due caratteristiche ricorrono contemporaneamente almeno nella maggioranza assoluta dei casi osservati rispetto ad una variabile e almeno nella metà dei casi osservati rispetto all’altra (segue...).

3

1

4

1

1 2

1 5

2

1

3

1

7

4

1

1

1

1

1

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

piastra su ceramica e pietre

3

1

1

3

chiazze di bruciato

2

2

1

1

focolare

1

buca

1

2

4

1

2

4

1

resti carpologici abbondanti

5

6

1

2

8

1

1

1

2

3

2

situazioni n.d.

1

leguminose, grani nudi e orzo

4

2

alta variabilità di resti carpologici

2

4

cereali 90% ca.

2

ovicaprini e fauna selvatica

resti scarsi o assenti e altre situazioni

ovicaprini, maiali e fauna selvatica

domestici, fauna selvatica bassa

resti scarsi o assentu

alta incidenza di bovini, scarsi maiali

resti con alta resa carnea >1/3

2

1

1

2

1

3

2

1

2

3 4

3

1

2

2

1

2

4

1

2

6

1

2

1

1

2

4

1

1

1

2

3

2

1

5

1 2

3 4

3

3

3 3

1

3

4

1

1

1

1

2

1

1

2

3

1

4

9

2

6

3

5

1

5

3

7

1

2

2

3

7

2

3

2

2

1

3

2

2

1

2

2

4

1

1

1

1

4

6

4

4

3

2

1

1

4

5

1

1

1

2

5

4

1

5

5

1

4

1

2

2

1

1

1 6

4

1

2

1

2

1

2

3

1

1

1

3

3

6

2

2

1

3

1

7

3

1

2

1

resti faunistici scarsi

4

4

1

2

6

resti faunistici in quantità media

3

1

1

3

2

resti faunistici abbondanti

2

5

1

2

n.d.

1

2

1

1

resti con scarsa resa carnea

1

1

1

3

3

resti con alta resa carnea >1/3

4

1

3

1

1

resti scarsi o assenti

5

4

3

7

3

alta incidenza bovini, scarsi maiali

1

1

domestici, fauna selvatica bassa

1

2

ovicaprini, maiali e fauna selvatica

1

2

ovicaprini e fauna selvatica

2

1

1

3

1

resti scarsi o assenti e altre situazioni

5

4

3

3

7

1

1

1 4 1

2 1

2

1

1

2

2

5

2

3

2

2

2

335

5

2

2

3

5

2

6

2

1 2

1

1

2

1

4

1

3

3

3

1

7 2

1

1

2

1

2

6

3

2 3

1

2

1 1

1 3

2

2

3

4

1

1

1

3

1 3

2

2

1

2

1

2

1

3

1

3 2

1

1

1

1

2 5

2

2 5

1 1

3

1

4

2

1

1

4

5

1

2

1

n.d.

1

1

n.d.

consumo di liquidi e semisolidi

1 1

2

consumo collettivo e preparazione

6

4 6

1

1

4

2

3

consumo individuale

6

1 2

4

8

consumo di semisolidi (>2/3)

2 4

1

6

consumo di liquidi (almeno 1/4)

2 3

1

4

2 1

1

1

netta prevalenza di forme aperte

2 1

3

2

forme chiuse pari o > 1/4

2 2

4 1

1

1 3

6 2

2

2

3 1

1

1

2

1

3

1

2

1

2

1

1

3

1

1

1

2

n.d.

1

1

2

1

2

4

situazioni n.d.

1

1

2

5

1

1 1

assenza di evidenze

resti carpologici scarsi

1

3 2

1

resti carpologici in quantità discrete

1

1

resti con scarsa resa carnea

1

n.d.

1

resti faunistci abbondanti

1

resti faunistici in quantità discrete

1

1

scarsi resti faunistici

2

1

n.d.

1

consumo semisolidi e liquidi

2

cosnumo di semisolidi (>3/4)

1

consumo di liquidi (almeno 1/4)

2

n.d.

piastra su pietrame/roccia piastra su terra/argilla

consumo collettivo e preparazione

consumo individuale

Tabella 12b. Sono indicati in grassetto i casi in cui la totalità delle situazioni osservate rispetto a una variabile presenti una medesima caratteristica rispetto ad un’altra variabile, pur non superando la soglia di significatività sopra descritta.

3

1

1

4

3

1

3

1

3

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche forme aperte sono nettamente prevalenti (9/12) e in cui, nell’ambito di queste ultime, è attestata una maggiore incidenza di contenitori più adatti al trattamento di sostanze semisolide (8/11). Prevalgono inoltre i casi in cui grandi quantità di carporesti risultano in associazione con insiemi ceramici è maggiormente attestata la funzione del consumo collettivo e della preparazione (6/11). È inoltre più ricorrente l’associazione con le situazioni caratterizzate da scarsa presenza di fauna, forse a indicare lo svolgimento di attività alternative. Si può infine osservare, sempre in relazione ai resti faunistici, come le situazioni caratterizzate da tanti resti carpologici coincidano nella maggior parte dei casi con quelli in cui le porzioni a elevata resa carnea sono presenti in quantità minime (4/6 valutabili). L’elevata quantità di resti carpologici è infine caratteristica ricorrente nei tre contesti in cui la presenza di fauna domestica è quasi esclusiva, con un buon equilibrio tra le specie.

in cui l’incidenza delle porzioni ad alta resa carnea sembra essere più significativa rispetto alla media del campione. Nelle stesse tre situazioni valutabili, inoltre, il campione faunistico è costituito per la maggior parte da ovicaprini e specie selvatiche (tendenza comune alle molte situazioni caratterizzate da scarsità di resti, non ritenute valutabili ma qui citate per confronto). Diversamente, nelle situazioni caratterizzate da insiemi carpologici ad alta variabilità di specie, oltre alla relazione già sottolineata con le piastre impostate su un piano di ceramica e pietre e con la presenza, nella totalità dei casi, di abbondanti resti carpologici, si segnala, per quanto riguarda le ceramiche, e a differenza di quanto si è osservato per i contesti più orientati al trattamento di leguminose, una maggioranza di casi in cui sono prevalenti i contenitori presumibimente utili alla funzione del consumo collettivo e preparazione (4/6) e a contenere sostanze semisolide (5/6), a indicare un diverso comportamento. Un’ulteriore tendenza inversa rispetto ai contesti con prevalenza di leguminose si vede inoltre in relazione ai resti faunistici, rispetto ai quali si osservano più frequentemente situazioni in cui la fauna risulta abbondante, in cui le porzioni con scarsa resa carnea sono nettamente prevalenti (4/5 valutabili)34 e infine in cui le specie domestiche sono tutte ben rappresentate, a scapito della fauna selvatica (3/5).

Per le situazioni in cui i resti carpologici sono stati rinvenuti in quantità discrete o minime (anche se in aree estese) non si possono invece sottolineare particolari relazioni, se non, per le ultime, nell’associazione, già citata, con le aree prossime alle chiazze di bruciato irregolari e con insiemi faunistici ad alta incidenza di bovini (che come detto coincidono nella maggior parte dei casi con le precedenti), delineando un quadro pressocchè inverso a quello sopra descritto per i contesti con tanti resti carpologici.

Gli insiemi caratterizzati dalla presenza quasi esclusiva di cereali, molto diversi tra loro per tipo di contesto, sono invece, proprio per tale motivo, per molti versi difficilmente comparabili. Un’unica, debole associazione con le altre variabili si può tuttavia osservare con quei contesti in cui le forme per il consumo collettivo sono più rappresentate.

Per quanto riguarda le associazioni ricorrenti per i diversi tipi di assemblaggi carpologici, i tre gruppi di contesti costituiti da insiemi analoghi (a prevalenza di leguminose, variabili e a prevalenza di cereali), mostrano significative e spesso alternative relazioni con le caratteristiche delle forme ceramiche e del record faunistico, andando a delineare un quadro al tempo stesso più complesso e più nitido.

Le associazioni con gli insiemi ceramici: incidenza delle forme chiuse, funzione prevalente e sostanza trattata Anche in relazione alle associazioni ricorrenti tra quei contesti che presentano analoghe caratteristiche nella composizione degli insiemi ceramici (definite sulla base dell’incidenza delle forme chiuse, della funzione prevalente nell’ambito delle forme aperte e della sostanza preferibilmente trattata) e le altre variabli, si osservano comportamenti per così dire “alternativi”, andando a definire un modello più solido.

I contesti per i quali si è potuto osservare un comportamento orientato principalmente al trattamento delle leguminose, al di là del già citato legame con le piastre impostate su terreno (oltre che su pietrame o roccia), mostrano caratteristiche in parte analoghe in relazione agli insiemi ceramici. Essi infatti coincidono, nella maggioranza dei casi, con quei contesti per i quali si è potuto osservare una prevalenza di contenitori presumibilmente destinati alla funzione del consumo individuale (4/6) e in cui sono ben rappresentate le forme adatte a contenere liquidi (4/7). Inoltre, sono più spesso caratterizzati dalla presenza di resti faunistici in numero ridotto, inferiori alla decina (4/7), mentre nei restanti casi ricorrono in quantità solo discrete. Anche se per uno scarso numero di casi (2/3 determinabili), prevalgono comunque le situazioni

I contesti caratterizzati da una presenza quasi esclusiva di forme aperte, al di là della relazione già descritta con le piastre su terra e argilla e con la presenza di tanti resti carpologici (9/14), sono per lo più coincidenti con quelli La situazione descritta risulterebbe invariata, nel risultato, anche se si considerasse separatamente l’insieme proveniente dal quadrato C4F per le sue specifiche caratteristiche.

34 

336

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca che mostrano una prevalenza di contenitori destinati più probabilmente al consumo collettivo (8/14) e al trattamento di semisolidi (9/15). Essi coincidono inoltre, nella maggior parte dei casi, con quelli in cui i resti faunistici sottolineano un maggiore orientamento verso attività di preparazione (5/8), mentre, rispetto alla qualità delle specie risultano molto variabili. Non si osservano invece associazioni ben valutabili per i contesti caratterizzati da una buona incidenza di forme chiuse.

con quelli in cui la fauna domestica è pressochè esclusiva. Viceversa, i contesti in cui i contenitori presumibilmente destinati a contenere liquidi sono ben rappresentati, oltre a coincidere, come già descritto, con quelli che presentano una prevalenza di leguminose nella totalità dei casi (4/4) e con quelli in cui, nell’ambito delle forme aperte, sia prevalente la funzione del consumo individuale (6/635), mostrano ulteriori associazioni ricorrenti rispetto alla composizione degli insiemi faunistici. Sono più numerose le situazioni in cui il consumo delle specie animali è ben rappresentato (3/4 determinabili) e quelle in cui ovicaprini e specie selvatiche hanno una maggiore incidenza (3/4).

In relazione agli insiemi di contesti definiti sulla base della funzione delle forme aperte, quelli in cui prevalgono i contenitori utili al consumo collettivo e alla preparazione, oltre alle relazioni già citate con la presenza di tanti resti carpologici (6/10) ad alta variabilità di resti e con i contesti in cui sono quasi esclusivamente attestati contenitori di forma aperta (8/10), risultano coincidenti, sempre in relazione alle caratteristiche delle forme ceramiche, con un numero più elevato di casi in cui le sostanze trattate sono prevalentamente semisolide (6/10).

Infine, per i quattro contesti caratterizzati da una significativa presenza di grandi scodelle con labbro, per definizione più utili alle funzioni del consumo collettivo e della preparazione e idonee sia al trattamento di sostanze semisolide che liquide, oltre alla già descritta associazione (2/3 casi) con le aree caratterizzate dalla presenza di chiazze di bruciato, si può osservare che nella totalità dei casi essi concidono con situazioni in cui i resti faunistici sono abbondanti e in cui, nell’ambito di questo ultimi, prevalgono ovicaprini, maiali e fauna selvatica.

Quanto invece alle caratteristiche dei resti faunistici in associazione, si può osservare come in un numero più elevato di casi essi corrispondono ai contesti in cui questi ultimi sono abbondanti e caratterizzati da una presenza quasi esclusiva di porzioni a bassa resa carnea (5/6). I contesti con prevalenza di contenitori per il consumo individuale e per il consumo individuale/ preparazione hanno, come per altre variabili sopra descritte, relazioni per lo più alternative rispetto al primo gruppo. Oltre a coincidere, diversamente dai precedenti contesti, nella maggioranza assoluta dei casi (4/6) con quelli caratterizzati da una prevalenza di leguminose, essi coincidono per lo più con quelli in cui i contenitori utili per il trattamento di liquidi sono meglio rappresentati (6/10). Ancora, delineando una situazione pressocchè inversa a quella descritta sopra, essi corrispondono nella maggior parte dei casi con gli insiemi in cui il consumo delle specie animali è attestato con un’incidenza superiore a quella della media del campione (4/5).

Le associazioni con i resti faunistici: quantità e composizione degli insiemi Per quanto riguarda i resti faunistici, come è stato possibile già mettere in evidenza nella descrizione degli altri insiemi, le associazioni più solide si hanno in modo particolare rispetto alle quantità di resti rinvenuti, piuttosto che con la loro composizione. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, i contesti caratterizzati da scarsa fauna coincidono infatti nella maggioranza assoluta dei casi con quelli con tanti resti carpologici (6/9 - quasi a indicare un’alternativa nei beni da trattare), in cui si osserva una prevalenza di leguminose (4/7) e con quelli in cui sono prevalenti i contenitori utili al trattamento di sostanze semisolide (6/8). Viceversa, quelli caratterizzati da fauna abbondante, oltre alla relazione, già citata con le chiazze di bruciato (3/5), diversamente dal gruppo precedente, sono legati a situazioni con ampia varietà carpologica (3/4). In più, resti faunistici abbondanti si associano con gli insiemi ceramici caratterizzati da un’alta incidenza di contenitori presumibilmente destinati al consumo collettivo e alla preparazione (5/7) e, sempre

Se si considerano infine gli insiemi definiti sulla base delle differenze nel tipo di sostanza trattata, le situazioni in cui prevalgono i contenitori atti a contenere sostanze semisolide coincidono, come già messo in evidenza, nella maggior parte dei casi, con quelle caratterizzate dalla presenza di tanti resti carpologici (8/10), ad alta variabilità di specie (5/9), e, per quanto riguarda le altre caratteristiche degli insiemi ceramici, con quelli in cui le forme aperte, e in particolare quelle più utili al consumo collettivo, sono pressochè esclusive (rispettivamente 9/11 e 6/10). Inoltre, rispetto ai resti faunistici, prevalgono le situazioni in cui questi sono molto scarsi (6/10), ma, nei pochi contesti valutabili,

Situazione quest’ultima in qualche modo intriseca all’analisi funzionale effettuata, in quanto i contenitori più grandi, se pure idonei anche al trattamento di sostanze liquide, sono stati interpretati come più utili a quello dei semisolidi. In ogni caso sono più limitate le situazioni in cui si possa osservare una prevalenza di contenitori utili al consumo individuale di sostanze semisolide.

35 

337

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche diversamente da quelli precedentemente descritti, agli insiemi caratterizzati da una maggiore incidenza di ampie scodelle con labbro, utili al trattamento di diversi tipi di sostanze (4/7). Come osservato sopra infine, resti faunistici in quantità definite discrete ricorrono, nella maggioranza assoluta dei casi (3/4) in associazione con le piastre realizzate su base di cocciame e pietre, ma anche con i contesti in cui l’insieme faunistico è per lo più costituito da ovicaprini e specie selvatiche (3/5). Nella relazione tra la composizione dei resti faunistici e le altre variabili, sia in relazione al rapporto tra scarsa e alta resa carnea che in relazione al rapporto tra le specie, le associazioni ricorrenti indicano la presenza di comportamenti tendenzialmente diversificati, anche se in modo meno marcato. È stato già osservato come gli insiemi in cui le porzioni con bassa resa carnea sono nettamente prevalenti coincidano nella maggior parte dei casi (4/7) con quelli con tanti resti carpologici, ad alta variabilità di specie (4/5), e come, rispetto agli insiemi ceramici, essi coincidano con quelli caratterizzati dalla presenza quasi esclusiva di forme aperte (5/7) e con quelli con elevata incidenza dei contenitori utili al consumo collettivo (5/6). I contesti in cui i resti ad alta resa carnea sono meglio rappresentati coincidono invece con i quelli che presentano caratteristiche “inverse” rispetto a quelle citate sopra: insiemi carpologici caratterizzati da una forte presenza di leguminose, di contenitori idonei al consumo individuale (4/5) e più indicati al contenimento di liquidi (3/5). Meno solide sono invece le associazioni in relazione al rapporto tra le specie faunistiche più caratterizzanti di ciascun contesto, data anche la variabilità delle situazioni osservate, che nel caso di campioni ridotti rende questo dato meno attendibile. Si è potuto comunque sottolineare come gli unici due insiemi ad alta prevalenza di bovini si associno, nella totalità dei casi in cui risultino valutabili, con le aree caratterizzate da semplici chiazze di bruciato e con i contesti caratterizzati da un numero molto scarso di resti carpologici. Diversamente, gli insiemi caratterizzati dalla prevalenza di animali domestici, in cui tutte le specie sono ben rappresentate, coincidono nella maggior parte dei casi (2/3) con i contesti che presentano una piastra di cottura con base in ceramica e pietre e sono associati sempre con insiemi carpologici abbondanti e ad alta variabilità, oltre che con insiemi ceramici caratterizzati da un’ alta incidenza di contenitori utili al trattamento di sostanze semisolide (2/3). Gli insiemi faunistici per i quali si osserva una scarsa presenza di bovini risultano associati con gli insiemi ceramici caratterizzati da un’alta presenza di grandi scodelle con labbro e, infine, gli insiemi faunistici ad alta incidenza di ovicaprini e fauna selvatica sono associati, nella maggior parte dei casi (e diversamente dai casi

precedenti), agli insiemi carpologici caratterizzati da una forte prevalenza di leguminose (3/4), oltre che essere per lo più costituiti da un numero di resti qui definito come discreto. L’individuazione dei aree funzionali differenziate – preparazione e consumo del cibo e altre attività artigianali Le associazioni ricorrenti Come detto sopra, è possibile visualizzare le relazioni evidenziate in un diagramma (Figura 14), per quanto possibile anche orientato nello spazio: sono qui indicate le relazioni biunivoche descritte sopra e, a tratteggio, quelle che non superano la soglia stabilita a monte, ma sono individuate tra questi ultimi e un’altra variabile nella totalità dei casi osservati. Questo diagramma va a definire almeno tre principali grandi insiemi. Da una parte si “raggruppano” una serie di caratteristiche, ovvero la presenza di resti carpologici molto abbondanti e caratterizzati da un’alta variabilità di specie, la prevalenza, negli insiemi ceramici, di contenitori presumibilmente destinati al consumo collettivo e alla preparazione e per lo più atti al trattamento di sostanze semisolide. Infine, rispetto alla quantità e qualità dei resti faunistici, per questo gruppo si osserva una buona presenza di resti (discreti o abbondanti), nell’ambito dei quali sono nettamente prevalenti le porzioni con scarsa resa carnea e le situazioni in cui tutte le specie domestiche sono pressocchè egualmente rappresentate. Queste caratteristiche ricorrono per lo più nei contesti posti nella porzione E dell’area di scavo, per la quale, in quasi tutti i momenti di frequentazione è stata riconosciuta la presenza di piastre di cottura impostate su un piano di frammenti ceramici e pietre. Il tipo di struttura in sé si lega tuttavia solo alla quantità e qualità dei resti bioarcheologici (tanti resti carpologici caratterizzati da assemblaggi ad alta variabilità e discreta presenza di resti faunistici, con presenza quasi esclusiva di fauna domestica), senza tuttavia relazioni, se non “mediate”, con le caratteristiche degli insiemi ceramici. Dall’altra parte, si “raggruppano” altre caratteristiche, come la presenza di assemblaggi carpologici in cui le leguminose risultano preponderanti e i resti faunistici poco abbondanti. Quando il rapporto tra le specie sia determinabile essi sono inoltre caratterizzati da insiemi a prevalenza di ovicaprini e fauna selvatica, oltre che da una maggior incidenza di porzioni ad alta resa carnea. Nell’ambito delle ceramiche si osservano numerosi casi con prevalenza di contenitori presumibilmente destinati al consumo individuale, insieme a una buona incidenza di quelli utili al trattamento di sostanze liquide (sebbene in campioni 338

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Figura 14. Diagramma delle associazioni delle variabili.

Si osserva infine un terzo “gruppo”, in cui troviamo i contesti caratterizzati dalla presenza di chiazze di bruciato, sempre posti a W dell’area indagata. Questi coicidono per lo più con quelli caratterizzati da scarsi resti carpologici e, viceversa, da una certa abbondanza di resti faunistici, a suggerire che da una parte le specie animali, dall’altra quelle vegetali, potessero essere trattate, almeno in parte, separatamente. Nel merito delle specie faunistiche rappresentate, gli insiemi che coincidono in modo più ricorrente con queste situazioni sono quelli che presentano un’alta incidenza di bovini. Sono infine legati agli insiemi di contesti così definiti quelli caratterizzati da una buona incidenza di grandi scodelle con labbro, che però di preferenza

molto ridotti). Queste situazioni sono tendenzialmente attestate in presenza di piastre di cottura impostate sul terreno o su una base di pietra o pietrame, più ricorrenti nella fascia settentrionale dell’area. Come per il gruppo precedente inoltre, nell’unico caso realmente valutabile, il tipo di struttura si lega solo alle caratteristiche degli insiemi bioarcheologici (e in particolare carpologici), mentre più sfumata appare la relazione con le caratteristiche degli insiemi ceramici. Tuttavia da una parte l’associazione tra piastre su pietrame e contenitori per il consumo individuale, dall’altra quella tra piastre su terreno e insiemi a prevalenza quasi esclusiva di forme aperte sono comunque sempre attestate. 339

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche sono associati a insiemi faunistici ad alta presenza di ovicaprini, suini e fauna selvatica.

3a), interpretati come contenitori presumibilmente destinati al consumo individuale di liquidi. Tuttavia, per le loro specifiche caratteristiche e per le loro dimensioni molto ridotte, non si può escludere che essi possano avere avuto una funzione particolare anche nelle attività di preparazione (misurini, piccoli attingitoi?) e in particolare proprio delle leguminose. Tale ipotesi rafforza l’evidenza che il consumo individuale sia attestato in misura minoritaria, anche se esso avrebbe comunque potuto essere attuato sia attraverso contenitori in materiali deperibili che, in alternativa, attingendo direttamente da vasi “da portata” (Recchia et al. 2008: 267), senza dunque lasciare tracce.

Gli insiemi così definiti sembrano dunque individuare aree funzionali differenziate, sulla base delle associazioni più ricorrenti. Tuttavia, poichè il diagramma è realizzato sulla base di queste ultime, il modello proposto non si verifica in tutte le situazioni, ma si osservano alcune forme di variabilità in relazione all’uno o all’altro aspetto. Queste sono probabilmente dovute da una parte alla stretta contiguità dei contesti (quindi a ragioni tafonomiche in senso più stretto) e dunque al possibile spostamento dei materiali dovuto a processi deposizionali, dall’altra a effettive differenze legate alla variabilità dei comportamenti adottati.

Anche se si tratta di pochi casi si può inoltre osservare che gli unici contenitori di forma chiusa per i quali è stato possibile escludere la funzione della conservazione e che quindi risultano idonei al consumo collettivo, alla preparazione e alla cottura (in tutto 4) sono attestati solo nell’ambito di quei contesti in cui le leguminose sono prevalenti: in due casi a ridosso del piano di cottura (fase III 5a e III 6a); in un caso in un’area priva di elementi strutturali tra le due piastre di cottura della fase III 4a. Un ultimo esempio è quello rinvenuto in associazione con resti di favino, dentro il perimetro della struttura frangivento, contesto, diversamente dai precedenti, definito ad alta variabilità di resti carpologici, ma che, come spiegato sopra, ha comunque resituito un buon numero di resti di leguminose nei pressi delle piastre di cottura. Al di là della nostra possibilità di individuare dunque la gamma di funzioni possibili per i contenitori ceramici, si può suggerire, in via ipotetica, che sulla base dei dati contestuali e almeno in questa specifica situazione, questo genere di contenitori potesse essere utilizzato proprio per la cottura delle leguminose (eventualmente insieme ad altro), piuttosto che per la mescita di sostanze liquide.

Ad esempio, nel gruppo che si distingue per un’incidenza molto significativa di leguminose, la piastra UUSS676677 (III 3a) fa eccezione rispetto alla funzione dei contenitori ceramici, dato che, nelle sue immediate vicinanze, sono stati rinvenuti esclusivamente quelli orientati al consumo collettivo, alla preparazione e al trattamento di semisolidi piuttosto che liquidi. Viceversa, nell’insieme di situazioni che condividono la presenza di una piastra con base realizzata in ceramica e pietre fa eccezione la piastra US542 (sempre della fase III 3a), che a differenza delle altre strutture analoghe (ma più grandi) ha invece restituito un insieme carpologico con prevalenza di leguminose, più simile a quelli che si associano più frequentemente con piastre su terreno e su pietra o pietrame. Inoltre, al di là delle eccezioni e delle forme di variabilità, dato che nessun contesto è identico a un altro, alcune caratteristiche possono essere comuni ai macro gruppi così definiti. Ad esempio, la presenza di tanti resti carpologici è comune sia al primo che al secondo: nel primo si associa tendenzialmente alla variabile della scarsa fauna, che caratterizza molte delle situazioni che vedono una prevalenza nel trattamento delle leguminose; nel secondo si associa a insiemi faunistici in cui tutte le specie domestiche sono ben rappresentate, associati a loro volta alla presenza di piastre con base in cocciame e pietre. Pur con queste difficoltà il quadro sembra tuttavia sostanzialmente leggibile.

Ancora, i pochi contenitori di forma chiusa di medie e grandi dimensioni per i quali sia stato possibile suggerire una destinazione d’uso legata alla conservazione (in aggiunta a quelli dall’interno della buca della fase III 1a, interpretati in tal senso proprio per il particolare contesto di rinvenimento) sono stati rinvenuti solo nell’area occidentale dello scavo, in associazione con le chiazze di bruciato, dove è inoltre attestato anche l’unico coperchio della sequenza (nella fase III 4a), che rimanda ad analoga funzione. Anche se indubbiamente sono numerosi i contenitori di forma chiusa frammentari, per i quali la loro idoneità ad essere chiusi o coperti non è determinabile, è comunque plausibile che nell’area W si stoccassero sostanze da processare nelle immediate vicinanze delle aree più propriamente legate all’uso del fuoco. Si tratterebbe comunque, come per il consumo

La funzione dei contenitori ceramici nel contesto di rinvenimento: alcuni casi specifici Alcuni contenitori, al di là dei gruppi funzionali sopra presentati, potrebbero comunque essere destinati a usi più specifici rispetto alla più ampia gamma di possibilità che è stata proposta sopra. È questo ad esempio il caso dei quattro piccoli vasi integri, rinvenuti tre in associazione con la piastra US503 (III 4a) e uno in associazione con la piastra US542 (III 340

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca individuale, di un’attività non prevalente e comunque direttamente legata a quella di preparazione.

Le strutture di combustione “mobili” sono invece limitate alla fase III 4a e 3a, senza particolari relazioni con le evidenze strutturali.

Lo stoccaggio e la conservazione dei beni in senso proprio, nonché i processi preliminari alla conservazione dei vegetali su base stagionale, potrebbero essere stati svolti altrove. I risultati ottenuti dall’analisi funzionale e spaziale dei bioresti sembrano accordarsi bene con questa ipotesi: in particolare non si avrebbero evidenze legate all’insilaggio e le cariossidi combuste sembrano l’esito di episodi accidentali di sovracombustione, forse durante la preparazione e la cottura, e del successivo accantonamento per la pulizia dei piani piuttosto che il risultato di incendi di beni stoccati. Anche i semi rinvenuti nella fossetta accanto alla piastra della fase III 1a, come si è osservato, verosimilmente contenuti nelle olle rotte in posto, sembrano relativi a quantità non grandi tenute a disposizione per la contestuale preparazione (Recchia et al. 2008: 265).

Infine, qualche osservazione può essere fatta in relazione alla distribuzione spaziale degli elementi legati alla filatura: questi sono attestati per le fasi III 2a e III 3a, anche se per pochi casi, e mostrano una concentrazione specifica nell’area N, intorno al masso n. 2. Si può dunque osservare un’analogia nella distribuzione di questi manufatti con quella sopra descritta per i frammenti di vasi cribri, in associazione nelle medesime fasi. Altre attività artigianali Come detto sopra inoltre, il record faunistico rimanda per la maggior parte ad attività di preparazione delle carcasse, che potrebbe essere messa in relazione anche alla lavorazione delle pelli. È stato già suggerito (Recchia et al. 2008: 265) che quest’ultima particolare potesse aver coinvolto l’uso di contenitori ceramici, ad esempio per il trattamento con sostanze tanniche o urea. Un’ipotesi di questo tipo è stata avanzata a suo tempo, sempre sulla base di analisi chimico-organiche, per la palafitta di Fiavè (Evans 1994), dove in alcuni contenitori sono state individuate concentrazioni di tannini difficilmente conciliabili con residui alimentari. In proposito, era stato a suo tempo sottolineato come se da un lato la presenza di contenitori aperti di diametro grande può essere compatibile con attività di lavatura e forse decantazione, essi appaiono tuttavia ancora relativamente “piccoli” per il trattamento di pelli di animali di taglia media e grande. Un’altra attività potrebbe essere quella derivante dallo sfruttamento degli animali da pelliccia. Resti di piccoli animali da pelliccia (tasso, volpe, lepre, lupo), oltre ai due frammenti di orso, sono comunque molto scarsi (6 frr. per tutta la sequenza). Se si vuole confrontare l’ipotesi precedentemente proposta, del conivolgimento dei contenitori ceramici nello svolgimento di attività di questo tipo, alla luce della distribuzione spaziale di questi specifici resti faunistici (che all’epoca non erano stati ancora determinati) e di quella delle scodelle più ampie, con diametro all’imboccatura superiore ai 30 cm (Figura 16), si osserva come i primi, ad eccezione di un frammento di tasso nell’area N dello scavo, siano concentrati nella parte centrale dell’area, ad E e a W del masso n. 436. Allo stesso modo i frammenti di scodelle di grandi dimensioni si dispongono nella stessa porzione dell’area, per lo più a S del masso stesso37. La distribuzione di tali insiemi

Altri elementi in ceramica non vascolare: distribuzione e uso Altri elementi, quali i manufatti in ceramica non vascolare, possono essere presi in considerazione per completare il quadro, sia in relazione all’organizzazione dello spazio che alla caratterizzazione funzionale delle diverse aree descritte (Figura 15). La maggior parte dei frammenti proviene dai piani più alti della sequenza, e in particolare nella fase III 3a, forse a testimonianza dello svolgimento di una gamma più ampia di attività; la presenza di tali manufatti diminuisce o scompare del tutto nei livelli più antichi, ad esempio nella fase III 1a. Nel complesso, si può comunque osservare come i frammenti di cucchiaio siano sempre attestati in contesti caratterizzati da una piastra di cottura realizzata con una base di ceramica e dalla presenza di un’alta variabilità di resti carpologici, oltre che nell’US103 della fase III 3a (a rafforzare l’ipotesi che si tratti dei residui di una piastra non più utilizzata e accantonata). Diversamente, i frammenti di vasi cribri, che di per sé parlano a favore dello svolgimento di attività di preparazione, non sono stati rinvenuti in associazione ricorrente con tipi specifici di strutture o con altre variabili. La loro distribuzione tuttavia rivela una particolare tendenza: frammenti di questo tipo provengono dai livelli di fase III 5a, III 3a e III 2a e si dislocano intorno al masso centrale n. 4 e intorno al masso n. 2 (ad esclusione della fase III 5a, quando questi non avrebbero dovuto essere più visibili), a indicare forse la presenza di aree di attività specifiche, diverse da quelle svolte attraverso l’uso del fuoco.

36  Ad eccezione del resto di lepre, da riferirsi alla fase III 4a, quando, come spiegato, lo stesso masso risultava completamente obliterato, tutti gli altri sono pertinenti alle fasi III 1a e III 3a, quando invece esso era visibile. 37  Queste ultime sono anch’esse tutte provenienti dalle fasi III 1a e III 3a, quindi in associazione con gli stessi resti faunistici. Quella

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Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 15. Distribuzione spaziale degli elementi in ceramica non vascolare – tutte le fasi.

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Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca sembra dunque in parte coincidente, ma tale evidenza può chiaramente solo suggerire un’ipotesi di lavoro, che in ogni caso necessiterebbe di adeguate analisi chimico-organiche.

alta variabilità e a buone quantità di resti faunistici, e da una o più piastre, più piccole, impostate su terreno e su pietra, associate al trattamento di leguminose e in generale a scarsi resti faunistici.

È ancora di un certo interesse il modello che si può evincere dalla distribuzione spaziale dei manufatti che in qualche modo rimandano alla lavorazione dell’osso o all’utilizzo di strumenti in tale materiale (Figura 17), come i palchi di cervo, i corni di bue e di capra e infine altri resti che risultano lavorati (appartenenti ancora al cervo e a ovis/capra): tali testimonianze sono attestate per lo più nella parte più bassa della sequenza (fasi III 1a-III 3a, insieme dunque alla maggior parte dei resti faunistici da rincondurre agli animali da pelliccia), ancora una volta quando il masso posto in posizione centrale, il n. 4, era ancora visibile, attorno al quale si osserva nuovamente una concentrazione di evidenze, in un’area di confine tra quella interessata dalla presenza delle piastre di cottura (a E) e quella interessata dalla semplice presenza di chiazze di bruciato a W.

Rimangono da comprendere a pieno le modalità in cui questi alimenti potessero essere processati, come ad esempio la cottura diretta, la tostatura sul piano di argilla o la cottura attraverso contenitori ceramici, e quanto queste possano risultare leggibili attraverso l’osservazione delle caratteristiche delle strutture pirotecniche e della qualità dei resti ceramici e bioarcheologici. L’indizio di una differenza funzionale tra i diversi tipi di struttura trova conferma nei risultati di una ricerca effettuata su alcune repliche sperimentali di piastre di cottura realizzate con basi di preparazione diverse, anche sulla scorta delle evidenze dello stesso sito di Oratino (D’Oronzo e Mironti supra: 255-258; D’Oronzo 2017, 2019). Da questa si evince infatti come le piastre impostate su pietra o roccia raggiungano temperature mediamente più elevate, superiori ai 500°C, rispetto a quelle impostate su una base di frammenti ceramici (generalmente inferiori ai 500°C), che invece dimostrano una tenuta del calore di più lunga durata. Non ci sono dati sperimentali per le piastre impostate direttamente sul terreno, ma si può immaginare che esse non raggiungessero temperature elevatissime, data l’assenza di materiale refrattario alla base che avrebbe fatto disperdere più velocemente il calore.

Come si è potuto inoltre osservare nel dettaglio dei singoli piani, non è attestata la presenza di strumenti ritoccati in selce, ma solo quella di schegge non ritoccate e di elementi non determinabili. In due casi (fase III 1a e III 4a) essi sono stati rinvenuti nei piani d’uso adiacenti alle strutture di combustione; negli altri essi ricorrono, più frequentemente, nei livelli dell’area W (fase 3a, III 4a e III 5a). Si tratta quasi sempre di contesti caratterizzati da una abbondante presenza di resti faunistici, cui potrebbero essere funzionalmente legati come strumenti utili alla preparazione delle carcasse. Fanno eccezione i rinvenimenti dall’area W della fase III 5a, che, oltre a essere numericamente più abbondanti (con 4 elementi, in un’area abbastanza ristretta), non ricorrono in associazione con resti bioarcheologici, in un quadro di difficile interpretazione data la scarsità di tracce di lavorazione in loco della selce in quest’area del sito (Mironti supra).

Nel complesso, i cluster sopra descritti vanno a definire aree funzionali in parte differenziate: risulta inoltre di particolare interesse come si possa osservare una certa regolarità nell’utilizzo delle varie aree nel tempo. La porzione orientale è infatti sempre interessata da una o più piastre di cottura (solo in un caso in associazione con un focolare delimitato da pietre, nella fase III 2a). Inoltre, le strutture contemporaneamente in uso, soprattutto per i piani più estesi in cui questo elemento sia valutabile, sono nella maggior parte dei casi costituite da una piastra di maggiori dimensioni con base in ceramica associata a insiemi carpologici ad

Sulla base dei dati raccolti è dunque possibile suggerire che, in particolare le piastre con base in ceramica potessero essere state più idonee alla tostatura dei cereali. Il dato dell’associazione di questo tipo di struttura con insiemi ad alta variabilità di resti, inclusi i grani vestiti, che necessitano appunto tale processo per diventare edibili (D’Oronzo e Fiorentino 2008: 288), è coerente con una struttura pirotecnica che probabilmente non raggiungeva temperature elevatissime ma che, al tempo stesso, garantiva una buona tenuta del calore. Questo tipo di struttura necessitava inoltre di un maggiore sforzo di realizzazione, anch’esso compatibile con un’operazione forse più complessa della semplice cottura per un consumo immediato, oltre che forse preliminare alla conservazione su lungo periodo degli stessi resti. Un’eccezione potrebbe essere costituita dalle piastre su terreno rinvenute all’interno della struttura frangivento nell’ambito della fase III 1a, per le quali però, proprio la presenza di quest’ultima avrebbe potuto contenere i fenomeni di dispersione del calore e rendere comunque possibile questa attività, anche in assenza di un piano refrattario molto strutturato.

rinvenuta a NE dello stesso masso è pertinente alla fase III 2a, mentre alla fase III 4a è pertinente la scodella posta a W dello stesso.

Certamente la vicinanza tra le diverse situazioni e il fatto queste relazioni non si verifichino nella totalità dei

Sintesi dei risultati

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Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche

Figura 16. Distribuzione spaziale dei resti di animali da pelliccia e delle scodelle di classe D (in verde scuro) – tutte le fasi.

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Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca

Figura 17. Distribuzione degli elementi da ricondurre alla lavorazione dell’osso e del corno – tutte le fasi.

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Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche casi rende il quadro di difficile lettura, ma il maggiore impegno nella realizzazione di queste strutture, una loro possibile maggiore durata di utilizzo (legata alla maggior varietà dei taxa – Pagliara et al. 2007: 352) e forse una diversa tenuta del calore potrebbero essere coerenti con il questa ipotesi. Il tipo di piastra impostata su una base di ceramica e pietre potrebbe inoltre essere compatibile con la cottura, direttamente sul piano, di focacce o pani non lievitati, che avrebbero necessitato analoghe condizioni. Compatibile con questa attività sarebbe ancora la presenza ricorrente di contenitori utili alla preparazione di semisolidi, che avrebbero potuto servire per preparare i relativi impasti (D’Oronzo supra; 2019).

Quanto invece alle modalità di cottura e preparazione delle diverse specie faunistiche, al di là delle attività preliminari di macellazione, anche per queste si può pensare che venissero cotte direttamente sul piano della piastra di cottura o eventualmente, come già specificato, attraverso contenitori insieme ad altri ingredienti. Resti faunistici relativi a porzioni con elevata resa carnea sono stati rinvenuti direttamente sul piano di cottura sia nella fase III 5a, su una piastra con base in pietrame, sia nella fase III 1a, su una delle piastre su terreno all’interno della struttura frangivento, che, come specificato sopra, potrebbero avere analoghe caratteristiche in relazione alle temperature raggiunte e alla tenuta del calore. Non si può tuttavia escludere che, quando rinvenuti in stretta associazione con le strutture pirotecniche, soprattutto se relativi a porzioni di scarto, possano essi stessi essere stati utilizzati come combustibile (Buglione e De Venuto 2008: 302).

Per i contesti che hanno restituito in prevalenza leguminose, associate a grani nudi e orzo, specie che non necessitano la tostatura, è invece più facile pensare alla cottura, tramite contenitori ceramici, di zuppe a base di questi alimenti, forse anche in associazione con parti di animali (in particolare cervo e ovicaprini, a giudicare dai resti più ricorrenti). Tale evidenza sarebbe supportata, come specificato sopra, dal rinvenimento di contenitori di forma chiusa presumibilmente idonei alla cottura proprio nei pressi delle stesse strutture di fuoco. Compatibile risulta inoltre la maggiore incidenza di contenitori più idonei al consumo individuale. Questa modalità di preparazione, insieme all’evidenza che i cereali non determinabili siano in proporzione più scarsi rispetto agli insiemi associati a piastre di cottura con base in ceramica (cosa che potrebbe suggerire un loro più facile deterioramento con la tostatura), potrebbe confortare l’idea che la conservazione di questi carporesti sia stata possibile per una caduta accidentale sul piano di cottura (D’Oronzo 2019: 384, fig. 6).

Lo spazio centrale e occidentale sembrano essere stati invece adibiti ad altre attività. Queste, come accennato, potrebbero essere state volte alla preparazione di alimenti da trasformare tramite l’uso del fuoco, al trattamento delle carcasse e forse alla produzione di manufatti. La porzione occidentale è infatti interessata dalla presenza di chiazze di bruciato di forma irregolare e di scarsissimi resti carpologici, che fanno piuttosto pensare all’esito di fenomeni di dispersione dall’area adiacente. Essa è comunque abbastanza ampia, spesso caratterizzata dalla presenza di fauna abbondante e a prevalenza di resti con scarsa resa carnea, per la quale l’associazione con elementi in selce, in particolare per le fasi III 3a e III 4a, costituisce un ulteriore indizio dello svolgimento di attività di macellazione, anche di animali di più grossa taglia come i bovini, prevalenti proprio su quei piani che hanno restituito elementi in selce38.

Rimane di più difficile interpretazione l’associazione degli insiemi a prevalenza di leguminose con due diversi tipi di struttura pirotecnica, l’una, su pietra o pietrame, attraverso la quale potevano essere raggiunte temperature più elevate, l’altra direttamente impostata su terreno che, in assenza di una base strutturata, sembra più soggetta alla dispersione del calore. Questi due comportamenti potrebbero rimandare a due diverse modalità di trattamento delle leguminose e forse a due fasi distinte della loro preparazione: secondo quanto emerge da ricerche su contesti etnobotanici (D’Oronzo supra: 287-289; Hansen 2000) è noto un preliminare trattamento di bollitura per eliminare le sostanze nocive dalle leguminose (più veloce?), diverso da una cottura destinata al consumo immediato (più lenta ed eventualmente insieme ad altri ingredienti?). Queste due pratiche potrebbero essere realizzate anche a breve distanza di tempo, come emergerebbe dalla compresenza ravvicinata dei due tipi di strutture sia per la fase III 5a che per la fase III 6a.

Infine, altre attività, non necessariamente connesse con la presenza delle strutture pirotecniche, sembra potessero essere svolte in aree specifiche, anche prossime alle prime. Si tratta in particolare dell’area centrale intorno al masso n. 4 (lavorazione dell’osso, concia delle pelli e altre attività di trasformazione attraverso i vasi cribri?) e dell’area settentrionale intorno al masso n. 2 (filatura e utilizzo di vasi cribri). L’associazione di questi elementi con la presenza di grossi massi con faccia superiore piana rafforza l’ipotesi che questi potessero essere usati come sedili o piani di appoggio.

38  Ipotesi che andrebbe confermata a seguito di analisi sulle tracce d’uso di questi manufatti.

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Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca 264, 289, fig. 36), ma anche per Scogli di Apani (sia nel saggio A che nel saggio B – Scarano e Guglielmino 2017: 499; Scarano e Malorgio 2017) o Punta le Terrare (Radina et al. 2002). Più rare sembrano invece quelle in cui lo strato basale della struttura viene realizzato con pietrame o ciottoli: quelle di Oratino trovano confronto con la piastra di cottura rinvenuta all’interno della struttura ellissoidale di Monteroduni (Recchia et al. 2006: 174 – dove la sistemazione realizzata in ciottoli su cui è impostata la piastra interessa comunque tutta l’area della struttura), con una da Scogli di Apani (dal saggio A – Scarano e Guglielmino 2017: 499) e con una da Roca (da un contesto leggermente più tardo di quello di Oratino – Pagliara et al. 2007: 315). Per la struttura di combustione realizzata su una base di lastra di pietra si hanno confronti più distanti geograficamente e in particolare a Mursia, dove sono inoltre presenti, così come a Oratino, anche strutture di argilla impostate direttamente sul terreno e quelle su base di ceramica e pietre (Debandi et al. 2019b; Cattani et al. 2021), ma, diversamente dal sito molisano, in stretta connessione con strutture abitative. In letteratura, pur nella conoscenza di una vasta gamma di situazioni, non sono tuttavia molti i dati che possano aiutare a capire se le diverse modalità di realizzazione delle strutture di combustione siano da mettere in relazione o meno ad attività differenziate, in relazione al tipo di trattamento o di cottura o ancora alla sostanza trattata. Si può tuttavia segnalare che la piastra di cottura di Monteroduni, impostata su ciottoli, è associata eslcusivamente a resti di orzo (anche se all’interno della struttura è stata comunque rinvenuta un’ampia variabilità di specie – D’Oronzo 2014: 260) e che piastra di cottura della fase IV di Roca, con base di preparazione in pietrame, abbia restituito soprattutto resti di favino. Entrambe le situazioni sembrano confrontabili con quanto osservato per le simili strutture di combustione di Oratino. Anche per quelle della fase V di Roca il favino risulta prevalente, ma non ci sono dati sulle modalità di realizzazione della base di preparazione (Pagliara et al. 2007: 352-353). Viceversa, per quanto noto dalla struttura protoappenninica di Coppa Nevigata, anche se relativa a un momento più antico nell’ambito dell’età del Bronzo, sembra rispettata l’associazione tra piastre realizzate con base in ceramica e pietre e alta variabilità di resti (Fiorentino e D’Oronzo 2012). Si può inoltre citare il caso più distante geograficamente del nuraghe di Arrubio, dove in connessione con le piastre di cottura all’interno della Torre C sono stati rinvenuti frammenti di impasti di pane (Lo Schiavo et al. 2021).

Osservazioni conclusive e confronti con altre situazioni La generale impressione che se ne ricava è che tali attività, individuate al momento in un’area abbastanza ristretta dell’abitato, dovevano essere praticate da un numero relativamente limitato di persone, per un’ampia gamma di esigenze di tipo “quotidiano”, con quantità non elevate di beni da preparare/ trasformare, e non di tipo “stagionale”, ad esempio la tostatura dei cereali a fine raccolto per la conservazione annuale. È probabile, quindi, che esistessero aree affini in altri punti, forse ugualmente marginali dell’abitato, ognuna forse per un nucleo familiare di carattere esteso. La presenza di strutture di combustione di vario tipo poste in aree marginali dell’insediamento, presumibilmente destinate ad attività svolte collettivamente, rimanda ad altre situazioni note in diversi contesti dell’Italia centro-meridionale, anche a partire da momenti più antichi della stessa età del Bronzo, per le quali si possono osservare comportamenti ricorrenti (Recchia e Lemorini 2021). Si può citare il caso di Coppa Nevigata, dove, fin dal Protoappenninico recente sono note situazioni che rimandano ad attività svolte presumibilmente a livello collettivo nei pressi o a ridosso delle mura di fortificazione (Cazzella e Recchia 2012b), nell’ambito delle quali forse quella maggiormente confrontabile con il caso di Oratino è proprio quella, coeva, recentemente messa in luce per i livelli del Subappenninico Recente (Cazzella e Recchia 2012b: 305; 2021). Simili, anche se relative a un momento precedente nell’ambito dell’età del Bronzo e in particolare in contesti attribuibili alla facies di Punta le Terrare, sono i casi del sito eponimo, per il quale è disponibile anche un’analisi contestuale dei manufatti e dei resti bioarcheologici (Radina et al. 2002), e quello di Masseria Chiancudda (Cinquepalmi e Recchia 2009; Recchia 2010a), per la presenza di strutture di combustione poste in aree con una discreta continuità di utilizzo nel tempo e soggette a numerosi rifacimenti. Un caso analogo, sempre in Puglia e anch’esso pertinente alla facies di Punta le Terrare, potrebbe essere quello di Monopoli (piazza Palmieri – Cinquepalmi 1998), anche se all’interno di un saggio che non consente a pieno la comprensione del contesto. Tale modello risulta tuttavia ben più diffuso, trovando ad esempio confronti fin nel litorale adriatico più settentrionale, nel sito dell’età del Bronzo di Cà Baredi presso Aquileia (Borgna et al. 2019). Quanto alla tipologia delle strutture, sono più comuni quelle con la base realizzata in frammenti ceramici disposti orizzontalmente a formare uno strato refrattario al calore, come quelle note per Coppa Nevigata (attestate dal Protoappenninico Recente al Subappenninico - Cazzella e Recchia 2008c; 2012b:

Se paragonato ad altre situazioni il caso della Rocca di Oratino presenta tratti peculiari, a fronte di alcuni elementi comuni. Questi ultimi sono in particolare relativi alle modalità di “allestimento” e organizzazione 347

Il sito della Rocca di Oratino: dieci anni di ricerche delle aree dedicate alla preparazione e cottura dei beni alimentari, benché attuate anche tramite strutture di combustione diverse, e forse alle modalità di trattamento delle specie vegetali e animali.

La presenza di contenitori atti alla conservazione nei pressi di una delle strutture di combustione (fase III 1a) è confrontabile con un’altra situazione nota per Coppa Nevigata, sempre dai livelli subappenninici, quella di un’area aperta con un forno da pane, anch’essa studiata in una prospettiva multidisciplinare (Moscoloni et al. 2002). Anche qui sono stati infatti rinvenuti alcuni vasi rotti in posto e frammenti riferibili a contenitori adatti anche alla conservazione, con capacità medie tra i 3l e i 5l, eventualmente da collegare ancora alla dislocazione temporanea di beni contestuale alla loro preparazione. Sempre nei pressi del forno, l’area sembra essere adibita alla macellazione e al trattamento degli animali, in particolare di ovicaprini, ancora una volta in analogia con Oratino. Nella medesima area sono documentate attività di lavorazione della selce, quest’ultima probabilmente finalizzata all’ottenimento di strumenti utilizzati nelle attività di preparazione stesse. Questo potrebbe anche essere il caso di Oratino, dove tuttavia gli elementi in selce sono molto scarsi.

Rispetto all’organizzazione dello spazio e alla comprenza di più strutture, un confronto più puntuale si ha, come accennato sopra, con un’area dell’abitato del Subappenninico Recente di Coppa Nevigata, dove sono state recentemente individuate una serie di piastre di cottura a distanza ravvicinata, probabilmente soggette a diversi rifacimenti, insieme a un forno da pane, tipologia che non risulta mai attestata a Oratino (neanche dall’analisi dei frammenti di concotto – D’Oronzo e Mironti supra). Per Coppa Nevigata è stata messa in evidenza una maggiore standardizzazione nelle modalità di realizzazione delle strutture di combustione rispetto ai periodi più antichi, cosa che troverebbe solo parziale conferma nel caso di Oratino, data la discreta variabilità nella realizzazione delle piastre di cottura, solo occasionalmente (nella fase III 2a) associate a un focolare strutturato. Per il sito pugliese questo ha fatto suggerire che si possa trattare di attività più specifiche di quelle probabilmente condotte a livello sovrafamiliare nei periodi precedenti, per preparazioni legate a particolari occasioni. Se è comunque possibile una specializzazione funzionale di determinate aree all’interno degli abitati, con attività più selezionate, forse non è il caso, almeno per Oratino, di pensare a situazioni di carattere “straordinario”.

È inoltre ricorrente, anche in altri contesti, la presenza di elementi che rimandano alle attività di filatura: sempre nei pressi del forno a Coppa Nevigata e a Punta le Terrare, non in zone specifiche, ma in concomitanza con lo svolgimento di altre attività. Ricordiamo che a Oratino questa attività è documentata, in modo ricorrente (fase III 3a e III 2a), nell’area intorno al masso settentrionale (n. 2). Tali evidenze, e le diverse ipotesi che sembra possibile sviluppare, rimandano più in generale al problema, tuttora aperto, del rapporto tra l’area in esame e l’eventuale abitato e delle modalità di occupazione stessa del sito. L’area a disposizione per eventuali strutture abitative, in prossimità della porzione indagata, appare infatti piuttosto limitata, ma potevano essere state comunque attuate forme di terrazzamento dell’altura su cui si erge lo sperone roccioso, con un forte interesse per questa posizione con elevata visibilità su una vasta parte della valle del Biferno allo stesso tempo nascosta e riparata dallo sperone roccioso (Copat supra: 6; Copat e D’Oronzo 2021b). Il quadro si arricchisce se si pensa al rinvenimento dei manufatti in metallo, ma anche di quelli di ambra e pasta vitrea, cui oggi si aggiunge il frammento di tipo miceneo (Copat supra: 241), che sottolineano la capacità e l’interesse, da parte di questa comunità, per l’acquisizione di beni di prestigio. In particolare l’ambra e la pasta vitrea costituiscono un indicatore archeologico di rilievo (insieme ad altri, come gli stessi manufatti in metallo) nella ricostruzione del complesso sistema di scambi multidirezionali che si sviluppa nel corso dell’età del Bronzo, nell’ambito del quale sta emergendo, grazie alle recenti ricerche, anche un coinvolgimento delle comunità locali dell’interno. Si ricordino ad esempio il frammento di

Altamente confrontabile è inoltre l’esempio, più antico, di Punta le Terrare, livelli superiori (Radina et al. 2002), per il quale è stata affrontata un’analisi integrata dei dati a disposizione e con il quale è possibile istituire un confronto puntuale anche grazie all’analoga metodologia adottata. Anche a Punta le Terrare si è potuta osservare un’alta incidenza di contenitori probabilmente destinati al consumo collettivo e alla preparazione, attività indiziata anche dall’analisi dei resti faunistici. Tuttavia, diversamente dal caso di Punta le Terrare, dove le aree di attività di preparazione della carcasse non coincidono con quelle in cui veniva coinvolto l’uso di contenitori ceramici, si può osservare come a Oratino le concentrazioni di fauna corrispondano invece spesso a quelle delle ceramiche, in particolare intorno alle piastre di cottura dell’area E, e come gli insiemi di resti faunistici siano più abbondanti in assenza di strutture di fuoco, comunque in associazione con contenitori ceramici. Un’ulteriore analogia tra i due contesti è costituita dell’evidenza, in entrambe le situazioni, della lavorazione in loco di manufatti in materia dura animale e in particolare di palchi di cervo, in associazione (non funzionale) con lo svolgimento di attività di preparazione degli alimenti. 348

Valentina Copat: L’uso dello spazio nell’insediamento subappenninico di Oratino – La Rocca ceramica figulina dipinta di tipo egeo dal sito molisano di Monteroduni, nella valle del Volturno (Bettelli 2006; Recchia et al. 2006) e i rinvenimenti relativi a un’ampia gamma di manufatti di diversi materiali, quali ambra, pasta vitrea, metallo e ceramiche di tipo egeo, dai siti marchigiani di Moscosi di Cingoli e Cisterna di Tolentino (Percossi et al. 2005; Sabbatini e Silvetrini 2005; Sabbatini et al. 2009).

che indica un’elevata capacità di realizzazione, con una tecnica che trova confronti in pochi altri contesti coevi, come Scarceta e Moscosi di Cingoli (Copat e Danesi supra - Figura 56.4; Sabbatini e Silvestrini 2005: fig. 1.23; Poggiani Keller 2004: fig. 3.7). In questa prospettiva, non solo l’ipotesi che queste comunità potessero essere legate a quelle della costa anche in relazione alla circolazione di beni di vario tipo, compresi quelli esotici, appare più concreta, ma emerge sempre più come esse avessero l’interesse e fossero nelle condizioni di acquisire beni di prestigio. In particolare, la comunità della Rocca di Oratino, con il rinvenimento di strutture in pietrame a secco di un certo rilievo e quello di beni di prestigio comincia a restituire l’immagine di una maggiore complessità.

Nel complesso, però, la scarsità di dati ancora disponibili per i siti non direttamente proiettati verso la costa rende ancora problematica la comprensione del ruolo di questi ultimi nel sistema degli scambi. I recenti rinvenimenti a Oratino spingono rivalutare il problema. È ancora da ricordare il frammento ceramico con inserimento di elementi in metallo, un manufatto

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