Il papa rosso Karl Kautsky [Vol. 1]
 8835921759, 9788835921752

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Marek Waldcnberg

Il papa rosso Karl Kautsky

I edizione: settembre 1980 by Marek Waldcnberg Titolo originale Wzlot t upadek Karola Kautsky'ego, Wydawn'ictwo Literackic Kraków, 1972 Traduzione di Marta Di Salvo •g) Copyright by Editori Riuniti via Serchio 9/11 - 00198 Roma Impostazione grafica di Tito Scalbi CL 63-2175-5

Indice

Prefazione all’edizione italiana

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Introduzione

Parte prima

I. Karl Kautsky nella storia del pensiero marxista

15

1. II piu influente teorico della II Internazionale, p. 15 - 2. Il dibattito suU’interpretazionc e la valutazione delle teorie di Kaut­ sky, p. 28 - 3. Le idee di Kautsky e il carattere dell’SPD, p. 39 4. Per una periodizzazione della storia del pensiero di Karl Kautsky, p. 55.

IL L’affermazione del marxismo nella socialdemocrazia te­ desca (1880-1897) 57 J. Gli inizi dell’attività, p. 57 - 2. Gli anni ottanta, p. 61 - 3. Dopo l’abrogazione delle leggi antisocialistc, p. 66 - 4. Il programma di Erfurt, p. 69 - 5. 11 « nuovo corso » e la polemica con Vollmar, p. 77 - 6. L’importanza del parlamentarismo, p. 83 • 7. La socialdemocrazia non « fa » la rivoluzione, p. 87 - 8. La polemica sul programma agrario, p. 92 - 9. Il problema dell’indipendenza po­ lacca, p. 114 - 10. Verso un riavvicinamento con la sinistra libe­ rale?, p. 118.

III. Gli inizi del dibattito sul revisionismo (1898) 1. I primi articoli del ciclo «Problemi del socialismo», p. 128 2. L’articolo sullo « scopo finale » e il « movimento » e l’inizio della controversia, p. 133 - 3. Dalla critica'della forma alla critica del contenuto, p. 151 - 4. Il congresso di Stoccarda dell’SPD e l’ini­ zio della polemica pubblica fra Kautsky c Bernstein, p. 161 - 5. Da Stoccarda ai « Presupposti del socialismo », p. 165 - 6. L'evolu­ zione dell’atteggiamento di Kautsky nei confronti delle concezioni di Bernstein, p. 177.

127

IV.

La polemica con la * Bibbia del revisionismo» (1899)

192

1. 1 presupposti del sodali-imo ed i compiti della socialdemocrazia, p 1 *2 • 2. Dai • Presupposti dei socialismo • all* Anti-Bernstcin », p. 197 - 3 L‘« Anti-Bernsreìn » di Kautsky, p. 214 - 4. La questione agraria, p. 255.

V.

Controversie vecchie e nuove (1900-1909)

244

1 II problema della neutralità dei sindacati, p. 244 - 2. Il caso Millerand. La questione della partecipazione dei socialisti ai governi borghesi, p. 246 - 3. Il problema dell’introduzione dèlia coscienza di classe, p. 252 - 4. La discussione sul carattere scien­ tifico del socialismo, p. 254 - 5. « La rivoluzione sociale », p. 261 • 6. Le ripercussioni delle elezioni del 1903, p. 270 - 7. Il congresso di Dresda, p. 273 * 8. Il significato della forma repubblicana dello Stato capitalistico, p. 278 • 9. La rivoluzione del 1905, p. 281 - 10. Il problema dello sciopero generale, p. 286 • 11. Il carattere della rivoluzione russa, p. 294 - 12. Un'altra polemica sulla tattica, p. 295 - 13. Sul patriottismo proletario, p. 297 - 14. La discussione sul colonialismo, p. 299 - 15. La discussione sull approvazione del bi­ lancio. p. 304 - 16. La via al potete, p. 311.

VI.

Il sistema ideologico di Karl Kautsky

325

1. La concezione materialistica della storia, p. 327 - 2. Le tendenze dell’economia capitalistica, p. 356 - 3. Le trasformazioni della strut­ tura di classe e dei rapporti di classe, p. 382 - 4. La valutazione dello Stato capitalistico e le prospettive della sua evoluzione, p. 400 • 5- Il problema della rivoluzione, p. 409 - 6. I compiti della social­ democrazia e la sua struttura, p. 432 - 7. La visione della società e dello Stato socialisti, p. 439 - 8. Il problema del colonialismo, p. 450 - 9. 11 problema del militarismo e della guerra, p. 454 - 10. La questione della nazione e dei movimenti nazionali, p. 457 11. I valori politici principali, p. 462 - 12. Marxista o criptorevi­ sionista? Rivoluzionario o riformista?, p. 465 - 13. Il contributo dì Kautsky alla diffusione del marxismo, p. 491.

Parte seconda VII.

La polemica con Rosa Luxemburg

523

1. La Germania e l’SPD negli anni 1910-1914, p. 523 - 2. Le circo­ stanze e l’oggetto della polemica, p. 526 - 3. Opinioni sulla pole­ mica, p. 543 - 4. Conclusioni, p. 551.

Vili. Le polemiche degli anni 1911-1914 1. La nuova polemica sulle azioni di massa, p, 560 • 2. Le ripercus­ sioni delle elezioni per il Reichstag, p. 569 - 3. La polemica sul disarmo, p. 575 - 4. La polemica con Pannekoek, p. 582 - 5. La polemica con Mehring, p. 602. VI

560

IX.

Il carattere dell’evoluzione del pensiero kautskìano

612

1. Caratteri generali, p. 612 - 2. La polemica con la sinistra, p. 615 - 3. La tesi della « (ine del revisionismo», p. 625 - 4. Il rapporto con la direzione del partito, p. 634 - 5. L’atteggiamento verso il parlamentarismo, p. 637 - 6. Il problema della collaborazione con i partiti liberali, p. 641 ♦ 7. La questione dell’inevitabilità della guerra, p. 647 • 8. Kautsky e Bebel, p. 654 • 3. Opinioni dei contemporanei sull’evoluzione di Kautsky, p. 655 - 10. Valutazione delle concezioni di Kautsky, p. 660 • il. I fattori dell'evoluzione, p. 665.

X.

Gli anni della guerra

682

1. Il « si » ai crediti di guerra, p. 682 * 2, La svolta « a sinistra », p. 723 • 3. L’atteggiamento verso la scissione della socialdemo­ crazia tedesca, p. 747.

XI.

Dalla rivoluzione d’ottobre alla rivoluzione tedesca

782

1. Nuovi problemi, nuove divisioni, p. 782 • 2. Prime reazioni alla rivoluzione d’ottobre, p. 783 - 3. « Kriegsmarxismus », p. 802 • 4. Osservazioni socialdemocratiche sull’economia di transizione, p. 805 - 5. La polemica sulla dittatura del proletariato, p. 807.

XII.

La rivoluzione tedesca e il periodo postbellico

830

1. La reazione alla rivoluzione, p. 830 - 2. Le concezioni degli anni 19194922, p. 839 - 3. La rivoluzione proletaria e il suo programma, sintesi delle concezioni postbelliche, p. 861.

XIII- Conclusioni 1. I principali aspetti dell’evoluzione del pensiero di Kautsky, p. 876 • 2. L’occasione sprecata, p. 899 • 3. Le cause dell’evo­ luzione, p. 914.

vii

Sono ormai trascorsi otto anni da quando è stato portato a termine questo volume. Nel frattempo è stato reso pubblico il voluminoso archivio della famiglia Kautsky, depositato nell’lnternationaal Instituut voor Sociale Geschicdenis di Amsterdam dal figlio, che è scomparso recentemente. Mi è stato possibile esaminare una parte considerevole di questo archivio che, sebbene contenga notizie e giudizi molto inte­ ressanti, non arricchisce sostanzialmente le conoscenze circa il pensiero di Karl Kautsky e non rende necessaria alcuna effettiva revisione di quanto ho già scritto. Nel corso di questi anni sono usciti può vi studi sulla socialdemo­ crazia tedesca e sul pensiero di Kautsky, tra cui l’opera di D. Groh Negative Integration und revolutionàrer Attentismus, che si basa su una ricca documentazione di prima mano e contiene molti giudizi di particolare interesse. Tuttavia questi nuovi studi non si discostano in sostanza dall’interpretazione che è prevalsa in Occidente. Per­ tanto non sono stato indotto a cambiare le Opinioni espresse nel pre­ sente lavoro. Di nuove pubblicazioni sull’argomento si è arricchita anche la bibliografia italiana, che io apprezzo molto, in particolare gli studi di Giuliano Procacci, di Cui mi sono servito non poco nella stesura del volume. Tra queste nuove pubblicazioni occorre menzionare in primo luogo il lavoro di Massimo L. Salvador! Kautsky e la rivoluzione so­ cialista 1880-1938, in cui l’interpretazione del pensiero di Kautsky si discosta nettamente da quella data per la prima volta da Karl Korsch, che, soprattutto attraverso l’opera di Matthias, esercitò un influsso predominante sugli studiosi occidentali del dopoguerra. Da tale inter­ pretazione, con cui polemizzo nel mio lavoro, Salvador! prende net­ tamente le distanze. Molti giudizi contenuti nel suo lavoro sono vicini a quelli che il lettore troverà nel presente volume. xi

Salv;nl«>ri tuttavia non condivide l’opinione che nel pensiero di Kendo, si sm compiuta una sostanziale evoluzione. In verità egli non nega ebr vi siano state considerevoli trasformazioni: infuni scrive che negl- anni immediatamente precedenti lo scoppio della prima guerra mondiale era evidente un accostamento di Kautsky alla |kjsìzionc di Bernstein (p. 137, 157). Egli dimostra inoltre che l’idea, espressa da Kautsky nel dopoguerra, di una coalizione di governo tra la socialdemocrazia c i partiti borghesi, indicava una revisione delle sue petizioni di un tempo ed un reale riavvicinamento alle conce­ zioni del * padre del revisionismo » (p. 301). Per quanto riguarda poi la crociata ideologica di Kautsky contro il bolscevismo egli afferma: « Come si c potuto constatare seguendo il corso dell’analisi contenuta nel presente lavoro, un problema dì spostamento progressivo delle jxjsizioni di Kautsky in senso moderato non solo esiste, ma c chiara­ mente individuabile » (p. 23d ). Egli poi rileva che le espressioni con cui Kautskv si riferisce al suo dissenso nei confronti del revisionismo di Bernstein, sia nel 1925 che nel 1932, diminuiscono chiaramente di intensità c danno un’immagine deformata di questo grande dibattito. Noi facciamo qui osservare che in una lettera alla moglie, contenuta nell’archivio di famiglia, Kautskv già nel 1917 scriveva a proposito di Bernstein; « Politiseli arljeiten wir zusammen. Wisscnschaftlkh schcidcn sich unsero Mcihodcn wie Feuer und Wasser » Tuttavia ncll'indicarc lo « spostamento » di cui sopra, Salvadori sottolinea che esso si è verificato nell'ambito di una immutata concezione del so­ cialismo, della democrazia e dello Stato. A proposito della posi­ zione assunta da Kautsky dopo la guerra sulla questione della ditta­ tura del proletariato e sulla coalizione di governo, egli scrive: « Il mutamento rappresentato da queste posizioni di Kautsky era quanto mai di ampia portata: ma era riconducibile pur sempre alla concezione kautskiana dello Stato » (p. 304). Salvadori tiene presente soprattutto il fatto che « Kautsky aveva una concezione dello Stato che considerava il parla­ mento e la macchina amministrativa propri della borghesia come istituzio­ ni che potevano c dovevano essere piegate alle esigenze del proletariato, senza "spezzarle" » (p. 305). Salvadori fa notare che tra gli clementi du­ revoli di Kautsky vi è la concezione dello Stato moderno, del ruolo del parlamento, della funzione delle libertà politiche e civili ereditate dal libe­ ralismo borghese, dcll'insostituibilita di un apparato amministrativo

1 PuliiicanuiHc lavoriamo assieme. I).il punto di vista metodi sono opposti come t’acqua e il fuoco.

XI!

scientifico

i

nostri

burocratico centralizzato del significato della democrazia politica come metodo di conoscenza della realtà e di verifica .della volontà del corpo sociale » (p. 9). Indipendentemente dall’interprctazione di queste idee di Kautsky a proposito dello Stato moderno, la risposta alla domanda se si sia verificato un sostanziale cambiamento nel suo pensiero non può limi­ tarsi a queste idee, ma richiede di essere sottoposta all’analisi di tutto il suo pensiero politico-sociale, in particolare delle sue concezioni stra­ tegiche in senso lato. La problematica della strategia politica è stato l’argomento princi­ pale dell’appassionata controversia tra Kautsky e Lenin, Trockij e gli altri ideologi del movimento comunista. Ponendo attenzione soprattutto a questa problematica Lenin rinfacciò a Kautsky di aver sconfessato la sua precedente posizione. Tale accusa fu forse infondata? La risposta a tale domanda è legata in primo luogo all’interpretazione della con­ cezione strategica che Kautsky manifestava nel periodo in cui era generalmente considerato il principale teorico del 'marxismo. Non si può quindi essere d’accordo con l’intepretazione di Salvadori. Non c qui il caso di ricapitolare l’interpretazione che propongo nel pre­ sente lavoro. Mi limito soltanto a mettere in evidenza alcune questioni. Kautsky — come ad esempio Bebel — ripeteva spesso che la socialdemocrazia voleva prendere il potere per via legale e pacifica, tuttavia fin dagli anni a cavallo tra il XIX ed il XX see. dichiarò che questa forma di rivoluzione è troppo poco realistica. Egli era inoltre convinto che le forme democratiche dello Stato capitalistico, che costituiscono la condizione indispensabile della via parlamentare al potere, non si mantengono fino a che la socialdemo­ crazia ottiene l’appoggio della maggioranza. Egli considerava con molto scetticismo anche il ruolo effettivo del parlamento negli Stati capitalistici di tipo democratico. È significativo il seguente passo tratto da una sua lettera a Henriette Roland-Holst del 1909: « Al parlamen­ tarismo attribuisco cosi poca importanza nella presente situazione, che la campagna elettorale comporta per me esclusivamente alcuni mo­ menti di agitazione ». Notiamo tra l’altro che proprio in considerazio­ ne della campagna elettorale, egli si trattenne dal dare espressione pubblica a questo scetticismo, forse per .dare maggior peso alla cam­ pagna dei socialdemocratici. Persino negli anni che precedettero la disputa con Bernstein, in un momento in cui attribuiva maggiore im portanza al parlamento, e scrisse un libro sul parlamentarismo — tale lavoro è giudicato da Salvatori, a mio parere, in maniera troppo unilaXI li

reralc — pur dando importanza alla via parlamentare al potere, tut­ tavia non la considero assoluta. Quando affermava che la democrazia è indispensabile per la conquista del potere da parte della classe operaia intendeva che una certa sfera della democrazia è necessaria affinché si potesse sviluppare il movimento operaio, affinché la socialdemocrazia avesse la possibilità di organizzare ed istruire il proleta­ riato, affinché gli operai fossero resi capaci di prendere parte all’esercizio del potere e alla direzione dello Stato, e non che il proletariato potes­ se andare al potere soltanto attraverso la via parlamentare. Per un esatta interpretazione delle sue concezioni strategiche di allora è ne­ cessario osservare che egli faceva davvero affidamento sul fatto che una reazione radicale del sistema politico poteva condurre alia batta­ glia decisiva per il potere tra il proletariato e le classi dominanti. Egli doveva anche prendere in considerazione che tale lotta si sarebbe ve­ rificata prima che la maggioranza si schierasse dalla parte della social­ democrazia. Ma tuttavia non poteva escludere una « rivoluzione delia minoranza ». Ciò doveva influire sulla comprensione del carattere de! potere rivoluzionario in caso di vittoria. I suoi riferimenti a questa problematica sono piuttosto confusi. Per esattezza occorre tuttavia notare che in Kautsky, anche nel periodo in cui egli era il maggiore critico del revisionismo, non trovia­ mo una . chiara formulazione della « rivoluzione della minoranza »: egli non affermava chiaramente che la socialdemocrazia dovesse conquistare il potere anche se ancora non aveva l’appoggio della maggioranza. Egli non definì mai la dittatura del proletariato come un potere che poteva essere esercitato, sia pure per breve periodo, senza una palese approvazione formale delia maggioranza. Non troviamo nei suoi lavori alcuna formulazione analoga a quelle che si rilevano nelle dichiarazioni dì Plechanov — accolte con approvazione da Lenin — al II Con­ gresso della socialdemocrazia russa. Pensiamo soprattutto al seguente passo del discorso di Plechanov: « Consideriamo ipoteticamente il caso in cui noi socialdemocratici ci pronunciassimo contro il suffragio univer­ sale. La borghesia delle repubbliche italiane una volta privava dei di­ ritti politici gli appartenenti qjla nobiltà. Il proletariato rivoluzionario potrebbe limitare i diritti politici delle classi superiori, allo stesso modo in cui le classi superiori lo avevano un tempo privato dei diritti politici. Sull’opportunità di tale sistema si potrebbe giudicare soltanto in base al principio: salus revolutions suprema lex. Da tale punto di vista dovremmo anche considerare la questione della durata del parlamento. Se nello slancio dell’entusiasmo rivoluzionario il popolo elegge un’eccellente parlamento — una sorta di chambre introuvable xiv

— dovremmo tentare di far si che questo parlamento sia duraturo, ma se la scelta non fosse felice, allora dovremmo cercare di eliminarlo non dopo due anni ma dopo due settimane ». Con la dittatura del proletariato tuttavia Kautsky intendeva allora non il vero e proprio dominio del proletariato ma anche determinate forme e metodi di tale dominio. La concezione strategica espressa da Kautsky dopo la rivoluzione d’ottobre, e cioè proprio agli inizi del 1919, —• per quanto riguarda l'interpretazione di essa non c’è alcuna sostanziale differenza tra Sal­ vador! e me, — si discosta fondamentalmente da quella che egli aveva espresso in precedenza. Tale cambiamento fu esclusivamente il risul­ tato delle mutate condizioni nel sistema democratico tedesco che, come aveva indicato Kautsky in precedenza, rendeva possibile la con­ quista del potere attraverso la via legale del parlamentarismo. L’orien­ tamento manifestato ora da Kautsky proprio sul raggiungimento del potere attraverso la conquista della maggioranza parlamentare, assolutizzando tali forme di rivoluzione, derivava principalmente dal mutato orientamento sulla durata della forma democratica dello Stato capi­ talistico, dalla mutata analisi dei rapporti di classe nelle condizioni del capitalismo monopolistico e dalle mutate previsioni sulla dinamica di tali rapporti come conseguenza della sovrastruttura politica. C’è poi il fatto che la sostanziale differenza ideologica tra Kautsky e Lenin non era generata soltanto dal mutamento di posizioni da parte di Kautsky. Anche nella concezione di Lenin sulla rivoluzione si era verificata una vera e propria evoluzione, soprattutto sotto l’influsso del l’esperienza della rivoluzione russa. Ciò riguardava soprattutto la questione delle premesse e delle forme della rivoluzione nonché la questione del tipo di potere rivoluzionario nello Stato. Tale questione è stata affrontata da me nel lavoro, pubblicato nel 1978, Rivoluzione e Stato nel pensiero politico di Lenin. Né le mie stesse indagini condotte dopo la stesura del presente volume, né le pubblicazioni che nel frattempo sono apparse, mi in­ ducono ad apportare modifiche alle analisi e ai giudizi in esso contenuti, anche se in qualche modo si potrebbero arricchire e sviluppare alcuni argomenti in particolare. La presente edizione è abbreviata, anche se sostanzialmente non è mutata, rispetto aiFedizione polacca. La traduzione italiana dell’opera si deve soprattutto all’iniziativa di Ernesto Ragionieri, ed io voglio dedicare a lui questa edizione. La realizzazione di tale iniziativa si deve poi in massima parte a Franco Andreucci che ha lavorato intensamente alla redazione dell’edizione XV

italiana, della qual cosa Io ringrazio sentitamente. I miei ringrazia­ menti vanno inoltre a tutti coloro che hanno collaborato a tale edizione Fin dal mio primo viaggio in Italia e tutte le volte che ho avuto oc­ casione di ritornarvi, avverto con particolare forza il sentimento che il noto scrittore polacco Henryk Sienkiewicz espresse con le parole: ogni uomo ha due patrie, la propria e l’Italia. Cracovia. settembre 1979

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Il papa rosso

Karl Kautsky

Introduzione

Tre sono stati i fattori che hanno piu di tutti determinato gli obiettivi che mi sono proposto in quest’opera e la sua struttura: il carattere ed il significato del pensiero di Kautsky, le dimensioni della sua evoluzione, infine lo stato delle ricerche e delle conoscenze e in particolare il carattere dei giudizi diffusi su di esso. Kautsky non si distingueva per quella rarissima convivenza di forza intellettuale, di volontà ferrea e di smisurata energia che con­ traddistinse Lenin. La sua personalità non brillava neppure di quelle ricche sfumature di ardore e di passione, tanto caratteristiche di Rosa Luxemburg. Non aveva il talento oratorio di Jaurès. Non scrisse nep­ pure opere che facessero sensazione come I presupposti del sociali­ smo di Bernstein, né diede inizio ad una corrente nuova nella storia del movimento operaio e del pensiero socialista. La sua vita non fu ricca di momenti drammatici, né fu troncata in modo tragico come quella dì Jaurès o di Rosa Luxemburg. Era il classico tipo dello scien­ ziato: non era, è vero, « un teorico da tavolino », ma si sentiva più a suo agio nella solitudine del suo studio, dove per molti anni della sua lunga e laboriosa vita passò la maggior parte della giornata; e tut­ tavia questo « professore tedesco della socialdemocrazia », questo « fa­ natico della teoria », come sarcasticamente lo chiamò il suo avversario di molti anni, von Vollmar, fu l’ideologo più influente della II Inter­ nazionale e dell’SPD e, dopo la morte di Engels, per quasi un quarto di secolo, fu la massima autorità nell’ambito del marxismo, tanto da essere anche definito « il papa del marxismo », o « il papa rosso »: in quel periodo si studiò il marxismo soprattutto sulle sue opere, senza la conoscenza delle quali è dunque difficile conoscere l’ideologia della socialdemocrazia nel periodo della II Internazionale e comprendere un importantissimo periodo della storia del marxismo. L’epoca della mas­ sima influenza di Kautsky coincise con la massima influenza del mar­ 3

xismo nel movimento operaio europeo e pochissimi furono gli ideo­ logi di primo piano della socialdemocrazia, le cui concezioni politiche subissero un’evoluzione cosi radicale e dalle conseguenze cosi impor­ tanti. Questo « profeta della rivoluzione », come lo definì nel 1909 T. Heuss, fu una totale delusione quando la rivoluzione era ormai di­ venuta solo questione di azione: tentò allora di dimostrare che biso­ gnava rimandare la rivoluzione a piu tardi e si oppose a quanti vole­ vano trasformare in realtà rivoluzionaria le parole da lungo tempo pronunciate, soprattutto da lui. Lenin Io chiamò allora rinnegato; ma nel 1923 egli stesso scrisse che sarebbe morto così com’era vissuto, da incorreggibile marxista. Le idee di Kautsky meritano particolare interesse da parte degli storici del movimento operaio e del marxismo. È difficile perciò non stupirsi che manchi ancora un’analisi sistematica del suo pensiero e della sua evoluzione, e che in genere sia cosi scarsa la letteratura scien­ tifica su Kautsky. Sia a Rosa Luxemburg che a Bernstein ed a Jaurès sono state dedicate opere monografiche, e spesso piu di una, e per­ fino a Plechanov, che fu insieme a Kautsky uno dei principali teorici del marxismo nel periodo della II Intemazionale, ebbe un’evoluzione ideologica simile alla sua e che, ancora una volta come Kautsky, co­ stituisce oggi fonte di ispirazione politica e ideologica molto piu rara­ mente, ad esempio, di Rosa Luxemburg. Nelle pubblicazioni su Kaut­ sky prevalgono gli articoli di circostanza, soprattutto in occasione del suo settantesimo compleanno. È mancata finora una piu ampia mono­ grafia tesa a considerare il pensiero di Kautsky nel suo complesso, o in alcuni suoi aspetti. La grande maggioranza di queste pubblicazioni è apparsa prima del 1924, e pochissime dopo la seconda guerra mon­ diale. E infine si tratta di solito di pubblicazioni nate nel pieno delle lotte politiche, e solo alcune di esse sono opera di persone non diret­ tamente impegnate in quelle lotte. Non c’è dunque da stupirsi se sulle concezioni di Kautsky, so­ prattutto del periodo precedente la I guerra mondiale, troppo spesso si incontrano opinioni inesatte o addirittura completamente errate. Gli si attribuiscono affermazioni che non ha mai fatto e che non appro­ vava. Si trascura che furono sue una serie di tesi che, senza alcun cambiamento o modificate arricchirono il pensiero marxista. Si sorvola sulla radicale evoluzione delle sue idee, e si fanno passare per rap­ presentative del suo pensiero in generale concezioni che egli diffuse solo in un determinato periodo, a volte breve. Kautsky non gode del favore della stampa. Nella letteratura occidentale sul marxismo e sulla storia del movimento operaio godono di maggiore simpatia, natural­

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mente, Bernstein ed i suoi sostenitori, ma — come ha già rilevato Steinberg — anche Rosa Luxemburg ed altri fondatori della sinistra dell’SPD nata prima della I guerra mondiale vengono considerati piu benevolmente. Idee errate, espressioni sdegnate e sarcastiche sulla per­ sonalità e sull’opera di Kautsky, anche prima del 1914, hanno ormai assunto il carattere di stereotipi, che spesso neppure autori di opere preziose, profonde e documentate hanno saputo evitare quando in modo piu o meno occasionale hanno dato giudizi su Kautsky e sul marxismo del periodo della II Intemazionale.

L’avversione emotiva per Kautsky, ben comprensibile in persone legate alla corrente rivoluzionaria del movimento operaio, fu provo­ cata dal suo atteggiamento dopo lo scoppio della I guerra mondiale. Lenin scriveva nell’ottobre del 1914 in una lettera: « Ora odio Kaut­ sky piu di chiunque altro ed ho per lui il massimo disprezzo: sporca e miserabile ipocrisia compiaciuta di sé ». Il fatto che la maggior parte dei partiti socialdemocratici, dei loro capi ed ideologi avesse deluso nel modo piu completo al momento della grande prova politica, po­ neva in tutta la sua forza il problema di quale ne fosse la causa e di chi ne fosse responsabile. L’atmosfera di accanita lotta politica ed ideologica non favoriva di solito la precisione e la misura nella for­ mulazione delle domande e deDe risposte. La responsabilità veniva in­ fatti attribuita a tutta l’ideologia del movimento socialista nel periodo prebellico, e quindi anche ad uno dei suoi principali creatori, ed a ciò contribuiva il suo atteggiamento personale. L’esempio più lampante di questa mancanza di misura furono i giudizi espressi da Korsch nelle sue opere degli anni venti, che influirono profondamente su buona parte della « marxologia » con temporanea e sono state recentemente riprese in occidente. D’altra parte, la letteratura sovietica dell’epoca lo aveva criticato per questo. Questo atteggiamento emotivo non deve però retrodatare la pro­ spettiva storica, così da far vedere tutta l’attività di Kautsky attra­ verso uno specchio deformante, svalutando il suo patrimonio teorico e la funzione ideologica da lui svolta nei decenni precedenti la sua svolta verso il riformismo ed il revisionismo. Ricordiamo che Lenin, anche nel periodo delle piu aspre discussioni con Kautsky, se gli rimproverava di essere un rinnegato, d’altra parte non ne sottovalu­ tava l’attività precedente ed anzi ne metteva in risalto una serie di pregi; scriveva ad esempio che prima della guerra Kautsky « era mar­ xista e molte delle sue opere ed esperienze inestimabili resteranno per sempre un modello di marxismo ». Vale la pena di ricordare che in quel periodo si pubblicavano nell’Unione Sovietica a grandi tirature 5

molte delle sue prime opere, per le quali nel 1922 egli ottenne dalle autorità sovietiche un compenso molto alto. Nella seconda metà degli anni venti venne iniziata anche nell’Unione Sovietica un’edizione in molti volumi delle sue opere, che rimase interrotta verso la fine del decennio. L’impopolarità di Kautsky deriva anche dal fatto che per gran parte della sinistra del movimento operaio egli era spesso soltanto un * rinnegato », nonostante il suo precedente marxismo e radicalismo; mentre, al contrario, per la corrente dominante della socialdemocra­ zia moderna egli è un marxista troppo ortodosso, nonostante il suo anticomunismo del periodo successivo alla Rivoluzione d’ottobre. L’errata interpretazione delle concezioni di Kautsky, l’averne tra­ scurata l’eredità, ha conseguenze non irrilevanti e negative, dato il po­ sto da lui avuto nella storia del marxismo. Ciò contribuisce largamente ad immiserire la tradizione del pensiero marxista e a deformarne la storia. Ad esempio, porta ad ingigantire le differenze fra i teorici del marxismo, ciò che si esprime fra l’altro nell’affermazione che esistono due interpretazioni completamente diverse della teoria marxista dello sviluppo sociale, l’una detta attivistica, l’altra deterministica: a volte vengono considerate interpretazioni ugualmente legittime, altre volte soltanto la prima viene ritenuta coerente col pensiero di Marx. Di con­ seguenza, la linea di sviluppo del marxismo viene spesso presentata come eccessivamente discontinua e piena di interruzioni, ed i principi fondamentali dei fondatori del marxismo come tanto eterogenei da am­ mettere interpretazioni molto diverse. Vorrei che quest’opera fosse un contributo alla storia marxista del pensiero marxista. Questa storia marxista deve, mi sembra, respin­ gere le pretese di tanti moderni studiosi occidentali di Marx, i quali dichiarano di essere stati loro a scoprire il vero Marx, rimasto finora incompreso. Non solo i cosiddetti marxisti della seconda generazione, e Kautsky fra loro, non avrebbero affatto capito Marx; ma anche ad Engels, secondo queste opinioni, non fu dato di capire l’uomo col quale aveva intimamente collaborato per quasi quarant’anni. Anzi, da questi giudizi deriverebbe che Marx stesso non capiva di non essere capito. A queste pretese va sostituito lo sviluppo coerente di quanto mise in rilievo Lenin: « Data la ricchezza e la vastità del contenuto ideale del marxismo, non stupisce minimamente che in Russia, come, d’altra parte, anche in altri paesi, i diversi periodi storici mettano in risalto ora l’uno, ora l’altro aspetto del marxismo ». La principale caratteri­ stica sociologica del pensiero marxista era il suo stretto e diretto rap­ porto con il movimento politico proletario di massa, particolarmente

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evidente a partire dall’ultimo venticinquennio del XIX secolo, e quindi proprio nel periodo in cui si svolge l’attività di Kautsky. Questi, come tutti i grandi fondatori del marxismo, anche se in misura minore di molti altri, non fu solo un teorico, ma anche un attivista politico, al corrente dei problemi quotidiani del movimento operaio, e conside­ rava suo compito servirne gli obiettivi a lungo raggio e quelli quoti­ diani. Perciò una storia marxista del marxismo deve considerare l’evo­ luzione della dottrina in stretto rapporto con le trasformazioni del mo­ vimento operaio. Nello storico delle dottrine può prevalere il punto di vista dello storico della scienza, o quello dello storico delle ideologie. Penso che l’argomento delle mie ricerche giustifichi la prevalenza di questo secondo punto di vista. Nel periodo che ci interessa, Kautsky, pur analizzando i problemi generali dell’economia, della struttura di classe e della sovrastruttura politica del capitalismo, cercando di formulare delle previsioni sulla loro evoluzione e pur occupandosi anche di problemi generali di stra­ tegia e tattica del movimento operaio internazionale, era direttamente collegato con la socialdemocrazia tedesca, e perciò si concentrò sul­ l’analisi di quei problemi in Germania. Anche per questo la storia del suo pensiero socio-politico va considerata prima di tutto nel suo rap­ porto con le modificazioni della socialdemocrazia tedesca. Nell’interes­ sante prefazione all’edizione italiana della Questione agraria, G. Pro­ cacci esprime l’opinione che a scoraggiare dallo scrivere una biografia intellettuale di Kautsky sia il fatto che una simile impresa per molti aspetti equivale a scrivere la storia della socialdemocrazia tedesca e al tentativo di risolvere i complessi problemi di quella storia; e che dun­ que, studiando Kautsky, « si rischia di naufragare in un mare di que­ stioni e di interrogativi ». Benché di recente sia apparsa una serie di pubblicazioni che arricchiscono notevolmente la conoscenza della storia dell’SPD, vi sono ancora molti problemi discussi e questioni non stu­ diate a sufficienza, cosi che l’opinione sopra citata non ha perso di attualità. Senza aspirare a risolverli, ritengo che, da un altro punto di vista, l’analisi delle modificazioni del pensiero di Kautsky sia una delle principali condizioni necessarie per approfondire la conoscenza della sto­ ria di quello che fu il più grande partito della II Internazionale. Per­ ché, come ancora una volta rileva felicemente Procacci, Kautsky meglio di chiunque altro riflette e registra il corso di quel processo storico complesso e contraddittorio che portò il più forte dei partiti socialisti della II Internazionale dalle grandi vittorie alla sconfitta del 4 agosto 1914. E veramente la storia dell’ascesa e del declino di Kautsky è in buona parte la storia della grandezza e del declino della socialdemo­ crazia tedesca.

Kautsky fu per vari decenni l’ideologo principale dell’SPD e della Il Internazionale, e in seguito, dopo la scissione fra la corrente comu­ nista e quella socialdemocratica, uno dei principali ideologi della se conda. Tuttavia, in tutto il periodo che qui ci interessa, nelPSPD si manifestarono anche altre tendenze ideologiche. La lotta delle diverse tendenze culminava di tanto in tanto in grandi polemiche. Kautsky ne fu infaticabilmente uno dei protagonisti principali. Negli anni ottanta combattè contro gli esponenti delle concezioni di Rodbertus e di altri ideologi del socialismo non marxista; dopo l’abrogazione dèlie leggi contro i socialisti, polemizzò con le concezioni, riformiste, rappresen­ tate soprattutto da von Vollmar; a cavallo fra i due secoli divenne l'avversario principale del suo vecchio amico Bernstein; negli ultimi anni prima della guerra combattè Rosa Luxemburg (legata da un’ami­ cizia decennale a lui ed a tutta la sua famiglia), e con lei anche altri esponenti della sinistra dell’SPD di quell’epoca ed infine, dopo la Ri­ voluzione d’ottobre, divenne sul piano ideologico il più attivo avver­ sario nella socialdemocrazia internazionale di Lenin e di tutta la cor­ rente comunista. Queste polemiche formarono il clima ideologico del movimento operaio e ne crearono la tradizione intellettuale Perciò mi sembra op­ portuno esporre gli argomenti dei principali avversari di Kautsky, an che per interpretare giustamente i suoi interventi polemici. Queste battaglie ideologiche furono, come dimostra se non altro l’epoca in cui si svolsero, lo specchio di nuove situazioni che sorge­ vano davanti al movimento operaio via via che cambiavano le condi­ zioni in cui operava ed esso stesso subiva modificazioni. Le accesi controversie vanno dunque considerate in primo luogo come una ma­ nifestazione dell’atteggiamento dei principali teorici ed ideologi d movimento operaio verso la nuova realtà, uno sforzo intellettuale mi­ rante a esprimere una diagnosi esatta ed a formulare previsioni, ri­ spondendo a domande che sempre si riproponevano « che fare », e che cosa e in quale ambito cambiare della precedente politica della so­ cialdemocrazia. Queste lotte furono rese più difficili dal fatto che ogni nuova situazione creava di solito nuove contraddizioni dialettiche nella condizione del movimento operaio e nuove alternative. Lo stato delle conoscenze su Kautsky mi induce a presentare nel modo più esauriente le idee contenute nelle sue opere, la maggior parte delle quali è costituita da articoli pubblicati sulle colonne della Newe Zeit e di altri periodici o quotidiani, evidentemente più diffi­ cili da reperire e che più facilmente vengono trascurati rispetto ai li­ bri e agli opuscoli. Mi interessa poi di chiarire il sistema delle sue con­

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cezioni. Infine attribuisco particolare importanza all’analisi dell’epoZwzione delle sue idee, poiché la questione dell’esistenza di tale evolu­ zione, delle sue dimensioni e carattere, e anche il problema del muta­ mento di funzione politica delle sue concezioni, sono per me questioni chiave. Perché sia possibile rendersi conto di tali dimensioni, espongo separatamente ciascuna delle fasi fondamentali della storia del pen­ siero di Kautsky nel periodo che mi interessa. Nell’ambito di ciascuna delle parti, oltre ai capitoli che espongono in ordine cronologico il contenuto di singole pubblicazioni di Kautsky (capitoli II-V, VIIVIII, X-XII), introdurrò un capitolo che ne presenta il sistema di idee e I mutamenti radicali che vi intervennero (capitoli VI. IX, XIII). I capitoli II-V, VII-VIII e X-XII non contengono un’analisi completa di tutte le opere principali di Kautsky nel rispettivo periodo. Essi in sostanza espongono solamente il suo punto di vista sui principali pro­ blemi politici che si presentarono al movimento operaio, soprattutto alla socialdemocrazia tedesca, e che suscitarono grandi polemiche. Tale se­ lezione è giustificata dal fatto che argomento di quest’opera è in primo luogo Kautsky come ideologo del movimento operaio. Ad altri impor­ tanti aspetti dei suoi scritti nei vari periodi farò riferimento nei capi­ toli che sintetizzano le idee di Kautsky in un determinato sistema. Mi rendo conto dei limiti di una simile costruzione. Esponendo ampiamente il contenuto di una serie di pubblicazioni di Kautsky, e anche dei suoi avversari, concedendo spesso la parola a lui stesso, ri­ schio di annoiare il lettore, ma forse un compenso consiste nel fatto che in tal modo fornisco nel modo più completo possibile gli elementi per un giudizio personale sul pensiero di Kautsky, per la valutazione della giustezza delle mie analisi, delle interpretazioni e dei giudizi pro­ posti. Dato che in ognuna delle parti distinguo capitoli « analitici » e capitoli « sintetici », di certo non posso evitare numerose ripetizioni. Quest’opera non è una monografia completa su Kautsky. Una si­ mile monografia dovrebbe prendere in esame tutta la ricchissima gam­ ma tematica delle sue pubblicazioni, ed un periodo lunghissimo, più di sessant’anni, della sua attività creativa, superando largamente i già vasti confini di quest’opera. I limiti del libro sono definiti da consi­ derazioni cronologiche e di contenuto. Vi sottopongo ad analisi par­ ticolareggiata solo metà del periodo di attività ideologica di Kautsky, gli anni 1890-1922. Ma, come spiego nel primo capitolo, si trattò de­ gli anni in cui più vivace fu la sua attività e, ciò che più interessa, in cui egli esercitò il massimo influsso sul movimento operaio intema­ zionale e su quello tedesco. A proposito di questi limiti cronologici deH’opera, vorrei fin da ora fare la seguente osservazione. Uno degli 9

stereotipi piu frequenti è quello di considerare il pensiero di Kautsky attraverso il prisma delle sue concezioni nel periodo in cui, a meno di 25 anni, egli subì l’influenza di tendenze culturali di moda a quel­ l’epoca. in gran parte in rapporto con Darwin, oppure dall’angolo vi­ suale della sua grande opera sulla concezione materialistica della storia (terminata a piu di 70 anni), nella quale, diversamente da prima, egli cercava di creare l’impressione che il suo pensiero non avesse subito soluzioni di continuità e non fosse piu indipendente da quello di Marx ed Engels. Di conseguenza si esagera, a mio modo di vedere, l’influsso del periodo premarxista (1875-1880) sul suo modo di acquisire il marxi­ smo. Kautsky negli anni ottanta subi un profondo processo di riedu­ cazione, in gran parte sotto gli occhi di Engels. In ogni caso sul ca­ rattere di quella acquisizione influirono in particolar modo proprio En­ gels e la situazione del movimento operaio, specialmente della socialdemocrazia tedesca. Un altro limite di quest’opera consiste nel fatto che non mi occupo di Kautsky come storico, benché egli avesse una evidente predilezione per le ricerche storiche, né delle sue concezioni etiche e filosofiche. Quest’ultima limitazione è meno importante, dato che egli stesso a lungo non si considerò competente a studiare pro­ blemi ontologici e gnoseologici, e nel periodo che ci interessa li sfiorò solo molto raramente e in modo occasionale. Pur non essendo una completa biografia intellettuale di Kautsky, l’opera si vale di quasi tutto il materiale edito e delle fonti d’archivio conservate neU’internationaal Instituut voor Sociale Geschiedenis di Amsterdam. La valutazione delle concezioni di Kautsky solleva una serie di dif­ ficili, anche se non nuovi, problemi metodologici. In primo luogo sorge la questione del criterio o dei criteri di valutazione. Conside­ rare Kautsky soprattutto un ideologo richiede che si tenga conto della funzione svolta dalle sue idee. La base teorica dell’ideologia da lui propagandata doveva essere il marxismo, dato che egli si considerava un « incorreggibile marxista », e che per molti anni fu uno dei prin­ cipali teorici del marxismo, ciò che richiede a sua volta una valuta­ zione dal punto di vista dei rapporti di Kautsky con Marx ed Engels. A questo punto sorge un’altra serie di problemi, dovuti anche al fatto che i fondatori del marxismo non esposero in modo sistematico molti aspetti fondamentali della loro dottrina, che le loro concezioni subirono delle evoluzioni, che in circostanze diverse misero in rilievo aspetti diversi dello stesso problema; di qui anche la necessità di stabilire la misura in cui la situazione del movimento operaio differiva al tempo della loro attività dai processi e dalle situazioni di fronte ai quali si

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trovò Kautsky dopo la morte di Engels. Questa complessa problema­ tica, che si riassume nelle formule « sviluppo creativo », « revisioni­ smo », « dogmatismo », « epigonismo », « fedeltà allo spirito o fedeltà alla lettera » e così via, è sufficientemente nota. Una valutazione di Kautsky richiede anche che lo si consideri in confronto ai teorici del marxismo e agli ideologi del movimento operaio suoi con temporanei. Non deve trattarsi, naturalmente, del confronto meccanico di singole concezioni, che non tenga conto dell’epoca della loro formulazione e delle condizioni specifiche in cui operarono. Un confronto libero da tali e simili errori metodologici permetterebbe di non attribuire esclusivamente a Kautsky dei meriti là dove egli deve dividerli con altri, di misurare con maggior precisione il grande valore precorritore delle sue opere, ed anche i loro meriti divulgativi, ma lo difenderebbe anche dall’accusa di lacune ed errori che furono comuni a tutti o quasi i marxisti di quel tempo, anche se la posizione che egli occupò e l’in­ flusso che esercitò rendono legittimi giudizi piu severi nei suoi con­ fronti. Infine, la valutazione di Kautsky come teorico deve tener conto dei valori conoscitivi delle sue analisi e della giustezza delle sue previsioni. E qui di nuovo sorgono complicazioni di carattere metodo­ logico, di cui si parlerà piu oltre. Una simile valutazione su molti piani sarebbe un obiettivo tanto seducente quanto irreale. Cercherò quindi di essere cauto nel dare giudizi, limitandomi ad esprimerli solo nei casi in cui, a mio modo di vedere, le opinioni errate sono parti­ colarmente tenaci e frequenti. Benché abbia cercato di limitare al massimo le polemiche dirette, la mia opera ha in gran parte carattere polemico. È polemica prima di tutto verso quella corrente della letteratura marxista in occidente, le cui tendenze sono predominanti nell’esposizione della storia dell’SPD, — con l’interpretazione delle idee di Kautsky che vi è quasi univer­ salmente accolta, — e che deriva da Korsch. È però anche polemica verso quelle opinioni che si incontrano a volte nella letteratura dei paesi socialisti, di origine diversa e spesso complessa, in contrasto col giudizio di Lenin. Ve ne sono alcune derivate dalla letteratura occi­ dentale, o conservatesi per forza d’inerzia dal periodo « degli errori e delle deformazioni », quando le opere sulla storia del movimento ope­ raio e del pensiero marxista erano piene di errori e di deformazioni. Da queste opinioni bisogna distinguere quelle che, pur essendo a mio giudizio errate, derivano dall’aver accolto una prospettiva di ricerca diversa da quella adottata in quest’opera. Il confronto fra queste di­ verse prospettive ed i loro risultati scientifici è una condizione neces­ saria per conoscere meglio il pensiero di Kautsky e, di conseguenza, 11

per «imprendere meglio l.i storia de! marxismo c le condizioni che la determinarono, il carattere specifico del suo sviluppo c della forma assunta in diversi periodi ed in paesi diversi. Desidero esprimere la mia profonda e sincera gratitudine al prof. Konstanty Grzybowski, sotto la direzione del quale ho lavorato nel periodo in cui preparavo questo libro. Ringrazio cordialmente per i loro preziosi suggerimenti c per le loro osservazioni il prof. Wladislaw Markiewicz ed il prof. Sylvester Zawadski. Esprimo la mia ricono­ scenza per il permesso di accedere all’archivio di Kautsky e ad altri materiali d’archivio e per la gentilezza dimostratami durante il mio soggiorno ad Amsterdam dalla direzione e dai collaboratori dell’Internationaal Insrituut voor Sociale Gcschiedcnis di Amsterdam, ed in par­ ticolare al prof. F. de Jong Edz e alla signora M. Hunink, al sig. G. Langkau ed al signor L. van Rossum. Devo riconoscenza anche al prof. G. del Bo che mi ha permesso di consultare le collezioni della biblioteca dell’istituto Giangiacomo Feltrinelli di Milano, temporanea­ mente chiusa, cd alla signora dr. W. Lanzcr, che mi ha permesso di studiare l’archivio di Adler nel Verein fiir Geschichtc dcr Arbeitcrbcwegung di Vienna. Cracovia, dicembre 1971

Parie prima

f, Karl Kautsky nella storia del pensiero marxista

1. Il più influente teorico della II Internazionale

« Pochi uomini hanno significato tanto per una generazione e cosi poco per quella successiva », scrisse alcuni giorni dopo la morte di Kautsky, il 22 ottobre 1938, l’organo della socialdemocrazia au­ striaca, Der sozialistische Kampf, che si pubblicava a Parigil. « Kautsky, come il suo maestro Marx, fu ad un tempo economi­ sta, sociologo e storico. Solo cosi egli potè creare un sistema com­ piuto, veramente marxista, dagli elementi lasciati da Marx, e con i quali Engels aveva già cominciato a costruire un edificio unitario. Per compiere quest’opera, Kautsky doveva mirare a due scopi: divulgare il pensiero di Marx e contemporaneamente colmare con i propri studi le numerose lacune rimaste nell’eredità di Marx. In entrambi i casi egli raggiunse notevoli risultati. A Kautsky, prima che ad ogni altro, va il merito di aver fatto si che il marxismo non rimanesse solo una dottrina scientifica, ma divenisse anche una forza capace di esercitare un’enorme influenza sulla politica e sullo sviluppo della società. »1 2 Cosi scriveva nel centenario della nascita di Karl Kautsky Benedikt Kautsky, anche se quest’affermazione si potrebbe ritenere eccessiva c dettata da pietà filiale. Già qualche tempo prima, però, uno studioso austriaco scriveva: « Kautsky non solo elaborò in modo sistematico il pensiero di Marx ed Engels, rendendolo esemplarmente fertile nella situazione storica di quell’epoca, ma contribuì soprattutto a far sì che tale pensiero divenisse in genere accessibile a gruppi molto vasti. Il marxismo si diffuse nel mondo non tanto attraverso le opere ori1 Der sozialistische Kampf, 22 ottobre 1938, n. 11. 2 Ein Leben jiìr den Sozialismus, Hannover, 1934, pp. 8-9.

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ginali di Marx cd Engels. quanto per mezzo delle_opcrc di Kaub for»*—------------- ---------------------------------- --------

" E giusto attribuire a Kautsky un posto cost importante nella sto­ ria del pensiero marxista? Una risposta esauriente c ben documen­ tata richiederebbe ancora moke indagini. Ma fin da ora ci sembra di poter affermare con sufficiente fondamento che Kautsky, piu di chiun­ que altro, influenzò prima del 1914 l’interpretazione c la diffusione

Bernstein soste­ neva poi che queste idee di Marx si erano formate sotto l’influenza del blanquismo.

2. I/articolo sullo «scopo finale» e il «movimento» e l'inizio della controversia Solo all’inizio di gennaio del 1898 apparve il successivo articolo del ciclo Problemi del socialismo20 *2223 , aggiungendo d’un tratto all’atti­ vità pubblicistica di Bernstein nuove tinte vivaci, suscitando grande interesse, provocando profonda emozione e aprendo una nuova fase nella corrispondenza fra i due amici. Per questo l’articolo va esaminato piu a fondo. Esso prende le mosse dalla descrizione dei profondi mutamenti avvenuti in tutti i partiti socialisti, che hanno acquistato un peso poli­ tico. Essi si sono ora liberati da ogni pregiudizio o esaltazione nelle formule c nelle argomentazioni, è venuto meno l’entusiasmo per le ge­ neralizzazioni, non si specula più sulla divisione della pelle dell'orso dopo il grande crollo (Kladderadatsch). « La gente non si occupa troppo di questo interessante argomento, — aggiunge ironicamente, — ma si 20 Cfr. la nota 13; Bernstein recensiva The Eastern Question. A report of letters written 1853-56 dealing with the events of the Crimean war, by Karl Marx, edited by Eleanor Marx-Aveling and Edward Aveling, London. s.d. 31 Bernstein a Kautsky, 23 ottobre 1897, IISG, KN, D V (si è conset vaia solo una parte dcHiTlcltera). 23 E. Bernstein, Der Kampf der Sozialdemokratie und die Revolution der Gesellschaft, in NZ, XVI, 1. nn. 16 c 18. La seconda parte dclfarticolo. conte­ nuta nel n. 18, aveva il sottotitolo Die Zusammenbruchstheorie und die Kolonialpolitik.

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studiano fin nei particolari i problemi del momento e si cercano le leve ed i punti d appoggio sulla base dei quali favorire lo sviluppo della società nel senso del socialismo. »33 Giudicato favorevolmente da Bernstein, tale processo, non del tutto cosciente e premeditato, e ancor piu raramente unitario, incontrò però ovunque una violenta opposizione. Un esempio, secondo Bernstein, fu Patteggiamento dei cosiddetti « Giovani » M, giustificato da alarne posizioni della letteratura di partito, come l’indirizzo di Marx ed Engels al Comitato centrale della Lega dei comunisti del marzo 1850; Bern­ stein citava anche la risoluzione del congresso di Londra dell’Interna­ zionale del 1896, la quale affermava: « Lo sviluppo economico è ormai cosi avanzato, che la crisi può scoppiare fra breve. Il congresso esorta perciò gli operai di ogni paese ad imparare a gestire la produ­ zione, per essere in grado, come operai dotati di una coscienza di classe, di assumere la gestione della produzione per il bene comune »23 *25. La pane di questa risoluzione che riguarda la crisi, commenta Bern­ stein, aveva come obiettivo il fallimento di tutta Feconomia capita­ listica. Era dunque coerente con la visione dell’evoluzione della società allora dominante nella socialdemocrazia, che prevedeva una inevitabile grande crisi economica (che avrebbe poi assunto le dimensioni di una crisi sociale), in seguito alla quale si sarebbe instaurato il dominio poli­ tico del proletariato, in quanto unica classe cosciente del proprio obiettivo, e sotto il dominio del proletariato sarebbe avvenuta una totale trasformazione della società in senso socialista. Questa crisi salutare veniva considerata ormai prossima, se non fossero intervenuti avveni­ menti imprevisti a permettere una dilazione del crollo del capitalismo. Veniva cosi ad acquistare importanza fondamentale la questione delle reali prospettive di questa grande crisi. Bernstein giungeva alla conclu­ sione che era probabile che, insieme allo sviluppo economico, non avvenissero necessariamente delle crisi economiche (Geschaftskrisen) del genere di quelle del passato, e che tutte le speculazioni, miranti a fare di tali crisi il prologo di grandi trasformazioni sociali, dovessero essere abbandonate. Tale conclusione non doveva, secondo Bernstein, far disperare, poiché i fattori che impedivano alle crisi di aver luogo o le facevano avvenire in forma diversa erano allo stesso tempo pre­ messe — e in parte addirittura germi — della socializzazione della pro­ duzione e dello scambio. 23 Ibidem,

dcr 134

p. 484. “ Cfr. il cap. Il, p. 80. 25 Cit. da É. Bernstein, Der Gesellschaft, cit., p. 548.

Kam[>f dar Sozialdemokratie und die Revolution

Bernstein non si fermava però alla previsione che l’ulteriore svi­ luppo economico sarebbe stato libero da crisi (notiamo qui che le limitazioni da lui poste alla propria tesi, e contenute nella frase « de! genere del passato », non hanno nella sua argomentazione una parte rilevante, anzi si ha l’impressione che fossero destinate piuttosto a respingere eventuali attacchi da parte dei critici) e che già fosse in atto un lento processo di socializzazione dei mezzi di produzione, un pro­ cesso di crescita della società verso il socialismo. Egli si domandava se, una volta accettato che la questione delle crisi si ponesse come aveva previsto, la socialdemocrazia dovesse augurarsi un rapido crollo del capitalismo, e rispondeva, accennando al livello di sviluppo econo­ mico e soprattutto al grado di concentrazione, che la socialdemocrazia, se avesse esercitato il potere, si sarebbe trovata davanti ad un problema insolubile. Essa non avrebbe potuto decretare l’abolizione del capita­ lismo né del resto farne a meno, e non avrebbe potuto garantirgli quella sicurezza che esso richiedeva per svolgere le proprie funzioni. Trovandosi inevitabilmente in una simile situazione, la socialdemo­ crazia, affermava Bernstein, avrebbe riportato una colossale disfatta. Bernstein attenuava questa conclusione aggiungendo, anche se in nota, la tesi per cui questa situazione verrebbe modificata nella misura in cui la socialdemocrazia fosse stata disposta a dividere il potere con i partiti democratici borghesi. Affermando che un rapido crollo del capitalismo non era né vero­ simile, né augurabile, Bernstein scriveva che, se con realizzazione del socialismo si intendeva « la creazione di una società regolata in tutte le sue parti in modo rigorosamente comunistico », una simile società gli appariva una questione di un lontano futuro; era tuttavia fortemente convinto che « molto del socialismo » sarebbe stato realizzato già durante la vita dell’attuale generazione. Senza precisare che cosa intendesse con « società regolata in tutte le sue parti in modo rigoro­ samente comunistico », Bernstein spiegava su che cosa si fondasse la realizzazione degli elementi di socialismo. «Un continuo estendersi dei doveri sociali, ossia dei doveri e dei corrispondenti diritti dell’indi­ viduo nei confronti della società e della società verso gli individui, l’allargarsi dei diritti di vigilanza della società, organizzata in nazione o in Stato, sulla vita economica, la formazione di un autogoverno de­ mocratico nei comuni, nelle circoscrizioni e nelle province, l’ampliarsi dei compiti di questi istituti: tutto ciò per me significa sviluppo verso il socialismo, o, se si preferisce, la graduale realizzazione del socia­ lismo »2#. *• Ibidem,

p. 556. 135

Invece. In sottrazione della gestione delle imprese economiche ai privati per darla allo Stato, por dovendo accompagnare questo svintpjx). sarà un processo che si compirà solo gradualmente ed in ciò è consigliabile la incxlcrazionc, poiché per assicurare alle imprese una huoiu gestione democratica è necessario del tem]K>. D’altra parte, se * Li comunità non fa del diritto di controllo dei rapporti economici buso adeguato, il passaggio di fatto delle imprese economiche sotto la gestione pubblica non ha importanza cosi fondamentale, come ,si erede di solilo. In una buona legislazione sidle fabbriche vi pile» essere piu socialismo che non nella nazionalizzazione eli un intero gruppo di fab­ briche >•27. Le argomentazioni contro l'aspirazione ad una rapida conquista del [Kitcrc statale da parte della socialdemocrazia, allo scojxr di naziona­ lizzare i mezzi di produzione e di creare cosi la condizione principale della realizzazione del socialismo, e la sua concezione della graduale for­ mazione di clementi socialisti nel sistema capitalista prima della conqui­ sta del potere da parte della classe operaia, considerata una questione di un futuro lontano, — una concezione che sminuisce radicalmente non solo l’importanza della conquista de! potere politico, ina anche della na­ zionalizzazione dei mezzi di produzione — vengono da Bernstein coro­ nate con la seguente celebre frase, apparsa per la prima volta in questo articolo: « f..J per quello che di salito si intende con scopo finale del socialismo ho comprensione e interesse molto scarsi. Questo obiettivo, qualunque esso sta, non è nulla per me, il movimento è tutto ». Data l’importanza acquistata dal contenuto di questa frase nelle discussioni che seguirono, è Ixme citare anche la frase successiva: « E con movi­ mento intendo sia il movimento in genere della società, ossia il pro­ gresso sociale, sia l’agitazione e l’organizzazione politica ed economica miranti a provocare tale progresso »2B. Queste considerazioni permettevano di trarre delle conclusioni sugli scopi della socialdemocrazia, e non solo in quello che era il pros­ simo futuro, ma anche a distanza di anni. Essa doveva dare un’orga­ nizzazione politica alla classe ojxsraia, « educarla alla democrazia » e lottare per tutte le riforme che fossero in grado di elevare la classe *raia o|x e di trasformare lo Stato in senso democratico. L’articolo di Bernstein provocò grande turbamento, soprattutto negli ambienti socialdemocratici. Una sua significativa manifestazione ]>uò essere la corris|M>ndenza degli esponenti principali della socialde­ mocrazia russa. Alla metà di febbraio Plechanov scriveva ad Akselrod 27 Ibidem. * Ibidem.

che l’articolo di TJcrnstcin fili aveva fatto grande impresone: « f...] questa e min vera e propria abiura sia della tattica rivoluzionaria, sia del comuniSmo f... |. Per poco non rni sono ammalato per quegli arti­ coli: la cosa piu penosa e che Bernstein sotto alcuni aspetti ha ragione: ad esempio, non si può evidentemente sperare in una prossima realiz­ zazione dell’ideale socialista. Ma ci si può servire della verità a fini diversi; Bernstein se ne serve per ornarsi del cappello del filisteo. Il filisteo è proprio il Normabnensch del futuro? Una simile domanda mi fa venire la pelle d’oca e vorrei dire come Gogol; è triste stare a questo mondo, signori! Vorrei chiedere a Kautsky che cosa ne pensa di tutta questa faccenda. E tu cosa ne pensi? Scrivimi, ti prego, questo problema mi tormenta senza posa »M. Nella risposta Akselrod rilevava il diffondersi, non solo negli am­ bienti borghesi, ma anche fra i pensatori socialisti, di un atteggiamento ironico verso l’idea del perfezionamento infinito dell’uomo e consi­ derava gli articoli di Bernstein come espressione e conseguenza logica o psicologica di quella mancanza di fede nel movimento progressivo dell’umanità ’°. In Germania la prima critica radicale pubblica della concezione di Bernstein fu un ciclo di articoli di Parvus, di tono molto aspro29 3I. invece l’articolo che apparve sulle colonne del Vorwiirts, il 30 29 Perepiska Cì.V. Plecbanova i P.B. Akselroda, Moskva, 1925, v. T, p. 189. 30 Ibidem, p. 194. Poco tempo dopo Plcchanov informava l'amico di aver già deciso di aprire la discussione con Bernstein, ma di non sapere ancora quando lo avrebbe fatto e in rapporto a quale problema. « In questa faccenda — scriveva — devo essere molto prudente ed agire tatticamente. Sarebbe un grave errore da parte mia cominciare a fare la parte di Bakunin, che accusa il partirò operaio occidentale di essere reazionario, antirivoluzionario, ccc. Non è una parie gradevole; e poi bisogna aspettare quello che diranno i tedeschi stessi. » Piceiumov dichiarava poi che avrebbe trattato Bernstein con riguardo: « È un Gcnosse emerito, ed io ho sempre considerato malvagi i partiti clic non hanno riguardi j»cr i moriii dei loro aderenti» (ibidem, p. 209). 31 Questi articoli, sotto il titolo comune E. Bernsteins Umtrli!znn;.{ des Saziabsmus, apparvero su diversi numeri della Sdcbsische Arbeilerzeim;;^. redatta da Parvus. Op|x»i»endosi alle argomentazioni di Bernstein sull’assenza eli presuppo­ sti per la realizzazione di trasformazioni socialiste, Parvus scriveva: « 15 milioni di operai salariati vengono direttamente sfruttati da 400 mila capitalisti, clic hanno completamente rovinato qualche milione di piccoli contadini, commercimi e artigiani. In qucst’ojKra di sfruttamento, oppressione e distruzione, la classe dei capitalisti si vale di meno di un milione di salariati. Di fronte a queste cifre è diflivilc chiedersi se i rapporti economici siano già maturi per la rivo­ luzione sociale, ed è meglio domandarsi come mai un ordine sociale cesi minato da contraddizioni di classe continui a mantenersi » (Sàcbsische Arl\'iic>ze!tm:t[. 24 febbraio 189 5). Parvus affermava che. se la democrazia avesse conquistato il (xitcre statale, la six’ictà capitalistica avrebbe cessato di esistere in sei mesi. Il giudizio sulle ìlice di Bernstein, già contenuto nel primo articolo di Parvus, era cosi riassumo; « Sc Bernstein avesse ragione, sarebbe Tanniti lamento del socialismo ».

principale organo delì’SPD, conteneva un ampio riassunto dell’articolo d; Bernstein ma evitava di giudicare le idee, affermando che la discus­ sione sollevata da lui era non solo necessaria, ma anche preziosa, e doveva trovar posto sulle colonne dell’organo teorico della socialde­ mocrazia. L’unica osservazione critica riguardava la forma di alcune formulazioni di Bernstein che avrebbero potuto provocare equivoci32.

La reazione di Kautsky era contenuta nella dettagliata lettera a Bernstein del 28 gennaio 1S9S ”, dello stesso giorno in cui era apparso l’articolo di Parvus. Kautsky approvava il suggerimento di Bebel, che

Bernstein, per entrare in contatto piti stretto con l’SPD c la situazione tedesca, si trasferisse a Zurigo, da dove avrebbe potuto partecipare alla

redazione della Neue Zeit. Kautsky informava poi l’amico che le sue opere suscitavano grandissimo interesse, ma che anche a coloro che le approvavano sembravano inadatte alle circostanze. « Proprio quelli che

la pensano come te temono che con la tua autocritica non otterrai quello che si dovrebbe ottenere, che non impedirai 1 addomesticamento

(geistige Mauserungì

del partito, ma perderai solo il tuo prestigio al suo interno. Sarebbe questa in ogni caso una grande perdita per tutti

noi. Poiché infatti ha un valore inestimabile un critico che non stia nel

mezzo della lotta, che sia libero dalla meschinità e dallo schifo de le lotte personali, che possa funzionare da osservatore del tutto imparziale,

ma mostri allo stesso tempo grande simpatia per la causa, e profonda conoscenza della relativa situazione. »

Se Bernstein

fosse

stato piu

vicino alla Germania, avrebbe potuto ancora compiere una simile opera di critica, ma in forme piu gradite ai membri del partito. Questa con­ clusione ci fa ritenere che anche l’autore della lettera fosse tra coloro che condividevano in pieno la sostanza della critica di Bernstein ed

avevano obiezioni da fare solo sulla forma. Sul proprio atteggiamento nei confronti

della

concezione

del-

I’amico. Kautsky scriveva: « Ritengo che sia la mia che la tua evolu­

zione siano avvenute negli ultimi anni in modo abbastanza rapido. Sono stato in Inghilterra sufficientemente a lungo per subire gli stessi

influssi che hai subito tu. (...) I nostri principi teorici ed i nostri metodi sono identici cd il nostro legame, nonostante la distanza,

è

abbastanza stretto perché io rni senta quanto meno spronato da

te

a pensare, e perché subisca la tua influenza. Ciò che ci divide non sono, mi sembra, i punti di vista e le conclusioni, ma il tono con cui li

esnoniamo. Io sono ottimista, tu sei divenuto fortemente pessimista ».

- Cfr. tìber Kolonialpolitik und Krisenlheorie, in Vorutàrls, Jahrg. XV, n. 32, 28 gennaio 1898. Kautsky a Bernstein, IISG, KN, C 178. J 38

Questo giudizio si riferiva, come si deduce da tutto il resto deila

lettera, alla

valutazione della

situazione

all’interno dell’SPD.

Kaut­

sky scriveva che la frase sul fine e sui mezzi aveva fatto « scuotere il capo » a molti amici. Essa era giustificata, se la si interpretava nel senso

che

una

futura

conclusione

del

movimento

fosse

una

solo

fumosa utopia, oppure se si pensava a ciò che intendeva Marx di­ cendo che un solo passo di un movimento reale è più prezioso di una dozzina di programmi. Ma la frase può, da una parte, essere inter­

pretata dai « pratici » nel senso che l’attività pratica è tutto,

men­

tre la teoria non è nulla; dall’altra — e questa osservazione è im­ portante poiché sembra dimostrare che Kautsky non vedeva alcuna analogia fra l’orientamento di Bernstein e quello di Vollmar — può essere interpretata da politici come Vollmar, interessati solo al suc­ cesso immediato, nel senso che l’obiettivo è solo un bell’ornamento,

che nella politica di tutti i giorni bisogna tenere presente non tanto l’obiettivo finale, quanto i successi immediati. Kautsky informava

Bernstein che

Bax aveva intenzione

di

ri­

spondergli, e che Parvus stava per iniziare un ciclo di articoli pole­

mici, e riteneva augurabile che nel polemizzare con i suoi avversari Bernstein portasse avanti anche la polemica con l'altra parte. « Non fraintendermi e non credere che io ti voglia pregare di frenare la

tua critica della tradizione del partito. Non ci penso neppure. Per­ sonalmente, non sarei giunto a scoprire nel tuo articolo peccati cosi

gravi verso lo Spirito santo, se non fosse stata l’altra parte a farmeli notare: ma poiché il

tuo articolo — o forse certe formulazioni —

comincia a provocare reazioni inaspettate sia negli amici che nei ne­

mici, ti consiglierei di continuare la polemica con cautela, separan­ doti nettamente sia dagli eredi dei blanquisti, sia dagli utopisti della conciliazione sociale. Quanto piu netta sarà questa separazione, tanto

piu efficace sarà l’altra. » La risposta di Bernstein è molto significativa. In una lettera del 5 febbraio 1898 affermava34 che gli era indifferente l’essere consi­

derato un compagno da Sozzale Praxis35 e ad altri riformatori sociali. E dichiarava in un modo che dà adito a ben pochi dubbi: « Per prima

cosa, io sono in realtà soltanto un riformatore sociale. Non credo in

34 Bernstein a Kautsky, IISG. KN, D V 431. 3S Nel numero 18 di Soziale Praxis, datato 3 febbraio 1898, apparve un arti­ colo anonimo intitolalo Sozialistnus und Sozialdemokratie, nel quale, per dimo­ strare clic stava avvenendo nella socialdemocrazia un mutamento di idee, si citava un brano del suo ultimo articolo, aggiungendo: « Ecco quanto scrive il “com­ pagno” Bcrnsicin, che eia prima fra i piti radicali rappresentanti della dottrina marxista, e ora, spintovi dai fatti [...] intraprende una radicale revisione della dottrina socialista» (p. 459). 139

un mutamento radicale e la rivoluzione sociale si può realizzare solo attraverso le riforme, cioè, sempre e solo, poco alla volta. La differenza non sta nel numero di riforme sociali e da quale parte o come si favoriscano. E in secondo luogo [qui egli sembra respin­ gere il consiglio di Kautsky: M. W. perché dovrei astenermi dal dire quanto considero giusto solo perché penso che un riformatore, animato da buone intenzioni, si varrà a proprio vantaggio delle mie parole? ». Bernstein affermava poi di sottoscrivere quanto Kautsky gli aveva scritto sul suo giudizio, o meglio (cosi dichiarava) sulla sua casuale osservazione a proposito dell’obiettivo finale, e lo informava di aver inviato al Vormarts una dichiarazione scritta nello stesso spirito. In questa dichiarazione36 Bernstein affermava che, nonostante le sue opinioni avessero subito, col passare del tempo, una certa evoluzione, se di nuovo fossero state instaurate leggi eccezionali con­ tro la socialdemocrazia egli sarebbe tornato ad essere « intransi­ gente » come prima del 1890; solo dopo questa premessa egli pas­ sava a spiegare il significato della sua frase sull’obiettivo e il movi­ mento. Pur evitando di parlare del cosiddetto obiettivo finale del so­ cialismo, egli non negava che questo movimento avesse un fine ben preciso. Il movimento senza scopo sarebbe stato infatti caotico. L’obiet­ tivo non era però di realizzare un progetto di società, ma di affer­ mare un principio sociale, che si sarebbe potuto definire « instaura­ zione del principio di socializzazione universale » (aliseitige Durchfiihrung der Genossenschaftlichkeit). Ogni tentativo di definire l’obiet­ tivo finale era per Bernstein utopistico e pericoloso. Cosi dunque egli cercava di dare l’impressione che questa discussa affermazione esprimesse un’opinione molto diffusa nella socialdemocrazia, cioè che il tentativo di definire in modo più preciso la forma della società socialista avesse carattere utopistico, o fosse pericolosamente vicino all’utopia. L’articolo preannunciato da questa dichiarazione, ed in cui egli si proponeva di polemizzare con le numerose critiche, apparve nella Neue Zeit nei primi giorni di marzo 3738 . Kautsky, ricevutane la prima stesura, pregò Bernstein di apportarvi importanti modifiche ”. La vita tranquilla che si era fino allora vissuta apparteneva al passato, scri­ veva egli con evidente rimpianto, rilevando che da allora in poi gli articoli di Bernstein sarebbero stati letti con attenzione sia da amici 36 Vorwarts, 8 febbraio 1898, n. 32. 37 È. Bernstein, KriLisches Zwischenspiel, in NZ, XVI, 1, n. 24.. 38 Kautsky a Bernstein, 18 febbraio 1898, IISG, KN, C 180.

140

che da nemici, ciascuno dei quali nc avrebbe tratto quanto faceva loro comodo. Come per dare maggior forza alla sua preghiera, Kaut­ sky affermava che anche a lui l’articolo sulla Zusammenbruchstheorìe era sembrato inizialmente ambiguo e che solo alla seconda lettura nc aveva accettato tutto il contenuto. L’articolo sulla teoria del crollo fu interpretato come la consta­ tazione che, se la socialdemocrazia fosse giunta al potere, non avrebbe potuto provocare altro che una serie di fenomeni molto pericolosi. A tale tesi era, si, unita una clausola che in parte la mitigava, ma era aggiunta di sfuggita, e facilmente trascurabile. Dunque, argomentava Kautsky, per un partito che, come l’SPD a quell’epoca, si avviava alla battaglia elettorale, nulla poteva essere piu sgradevole di una simile dichiarazione, soprattutto se proveniva da un «padre della Chiesa ». L’articolo inviato non era, secondo il redattore della Newe Zeit, migliore da questo punto di vista. Egli definiva «splendido» l’inizio, e « molto interessanti » le conclusioni, affermando di accet­ tarne gran parte, ma ancora una volta avanzava delle riserve sul modo dell’esposizione, che avrebbe provocato ancor piu « cattivo san­ gue fra i nostri, mentre avrebbe portato altra acqua al mulino dei nostri nemici ». Per la prima volta le riserve di Kautsky non riguardavano piu soltanto, anche se ancora prevalevano, il modo di esprimere le idee, ma anche il contenuto di alcune di esse. « Io so — scriveva Kaut­ sky — che tu vuoi mostrare soltanto le difficoltà che ci attendono, e metterci in guardia dal farci illusioni alla Parvus, in proposito [...]. Data l’impressione prodotta ovunque dal tuo precedente articolo, temo che questo sembrerà, più che un’autocritica, una prova di scetticismo, d’incertezza sulla nostra causa. » Le riserve di Kautsky riguardavano i tre punti che davano que­ sta impressione. La prima riguardava la possibilità della socializzazione e la tesi di Bernstein, secondo cui non tutte le aziende potevano essere na­ zionalizzate o diventare proprietà comune o collettiva, e quindi per un periodo piuttosto lungo non sì sarebbe potuto fare a meno dei capitalisti. Si trattava, ammetteva Kautsky, di un’idea molto im­ portante, ma egli rimproverava a Bernstein di accontentarsi di que­ sto. « In questa forma, è la negazione della possibilità di instau­ rare in generale il socialismo, ma non lascia intendere che la que­ stione è molto più complessa di quanto comunemente si pensi.» E gli rimproverava che la critica porta allo scetticismo, se distrugge soltanto, senza offrire anche conclusioni positive. 141

La seconda riserva riguardava

la democrazia:

Kautsky ammet­

teva, e ciò è molto importante per comprendere le sue concezioni in quel periodo, di essere egli stesso molto critico verso la democrazia

c di non aver mai esaltato il popolo. La democrazia era però neces­ saria per l’educazione e la maturazione del proletariato, c per di piu in Germania non le mancavano i nemici. « Attualmente, prima della

battaglia elettorale,

screditare, come

fai

tu

[...]

la

capacità della

classe operaia di governare in modo autonomo (zar Selbslregierung) mi sembra molto inopportuno, e anche storicamente sbagliato. Il

proletariato ha molti difetti (e chi non ne ha?), ma è comunque la

forza motrice del progresso. Non ne abbiamo altre. E Velile degli operai è in ogni caso molto superiore alle altre classi delle masse popolari. * La terza riserva riguardava l’interpretazione della questione del­

la rivoluzione. Erano queste, per Kautsky-,

le obiezioni

principali:

♦ Invece di polemizzare con le fantasticherie di Parvus sulla grande rivoluzione in cui. secondo il modello giacobino-blanquista, verrà fon­

dato d’un sol colpo lo Stato socialista, tu ti scagli contro ogni voluzione [...]. Non è giusta

l’affermazione che

ri­

rivoluzione

nella

prendono il sopravvento i piu inetti ». Kautsky illustrava l'ultima riserva ricordando Cromwell,

beau e Robespierre, i quali, pur non essendo

santi,

Mira­

furono

persone senza paragone più illustri degli uomini di Stato di

però

prima

della rivoluzione. Kautsky rimproverava a Bernstein di compiere

lo

stesso errore di Parvus, immaginandosi la rivoluzione del futuro in base a quelle del passato. Parvus pensava

alla grande

rivoluzione

francese, e Bernstein a quelle del 1848 e del 1871. Per Kautsky era

superfluo, dato che non si trattava di pii desideri, cercare di risol­ vere la questione se la

socialdemocrazia

dovesse

zione, e, a giudicare dal contesto, « rivoluzione »

volere significa

la

rivolu­

qui non

solo il contenuto, ma anche la forma delle trasformazioni.

Kautsky faceva rilevare che né Parvus, né Bernstein avevano cercato di definire il significato del termine polisenso di « rivolu­

zione », mentre egli lo usava nel

senso di violenta

trasformazione

politica. Pur riconoscendo che in Inghilterra la via verso la società

socialista era aperta senza rivoluzione, egli sosteneva che la situa­

zione in Germania era diversa. In Germania era necessaria

la

ri­

voluzione politica per giungere al punto degli inglesi: non alla rivo­

luzione sociale, bensì alle condizioni che avrebbero aperta la strada allo sviluppo sociale. La rivoluzione che la borghesia non faceva do­

veva essere fatta dal proletariato. Non c’c dubbio che Kautsky 142

in­

tendeva la rivoluzione borghese-democratica, — c solo questa

rivo­

luzione, — anche se compiuta dalla classe operaia. Senza dire come

si immaginasse la dislocazione delle forze politiche dopo una simile

rivoluzione, Kautsky domandava retoricamente se Bernstein

pensava

che, con 200 socialisti seduti al Reichstag, sarebbe nato un governo

socialista e sarebbe cominciato un pacifico sviluppo socialista. Secondo

Kautsky, « prima ancora che noi abbiamo 100 delegati, si inizierà la

lotta contro di noi, c non per il socialismo, ma per la democrazia. Il colpo di Stato, l’abolizione del diritto elettorale, le leggi eccezionali verranno a questo punto, se non prima. Chi può sapere quanto durerà la lotta, quali forme assumerà, quando finirà? Ma dobbiamo forse non

contare sulla possibilità, anzi, sulla necessità della rivoluzione nel pros­ simo futuro? ».

Pur sostenendo come fosse impossibile prevedere la forma della

rivoluzione, Kautsky scriveva poi che non si sarebbe trattato di lotte sulle barricate. Dopo aver delineato questa possibilità di regressione

del sistema politico, che per il momento riguardava ancora soltanto la Germania e che avrebbe avuto la conseguenza di portare alla lotta rivoluzionaria, — prospettiva questa diversa dalle previsioni di Bern­

stein,

che pensava

ad

una

democratizzazione

sempre

piu profonda

dello Stato e ad una graduale crescita degli elementi del socialismo. —

Kautsky tito

di

riteneva anche che, opposizione,

trovandosi

socialdemocrazia

la

potere come unico par­

al

avrebbe

potuto

una situazione molto difficile. E questo non perché

incontrare

si sarebbe ac­

cinta a realizzare le trasformazioni socialiste nonostante l’assenza di

sufficienti premesse economiche, come affermava Bernstein, ma per­

ché avrebbe dovuto realizzare i compiti storici della borghesia, non del proletariato, creando non lo « Stato del futuro », ma uno Stato

che corrispondesse al moderno sistema inglese. Le conseguenze di una simile situazione erano imprevedibili, affermava poi Kautsky, anche se riteneva piu probabile una frattura nel partito, che non la sua deca­

denza. Tuttavia, indipendentemente da eventuali conseguenze per il partito e dai suoi desideri, il compito del partito era di realizzare la

rivoluzione in Germania. E perciò non bisognava screditare la rivo­

luzione. « Possiamo benìssimo combattere la retorica romantica della

rivoluzione e le illusioni di quanti fanno cominciare lo Stato del fu­ turo dalla piti vicina rivoluzione, senza però negare la necessità e la possibilità ilclla imminente rivoluzione. »

Ancora

una

volta

Kautsky

idee che tenessero conto

rilevava

delle condizioni

la

in

necessità

cui

di esprimere

operava

l’SPD

c

della reazione delle masse del partito, affermando inoltre che in Ger143

mania sì poteva parlare apertamente solo contro la rivoluzione. E pro­ prio su tale questione una critica in termini non troppo prudenti pro­ vocava soprattutto sconforto tra le file del partito. Questo era stato infatti, ripeteva Kautsky, il risultato dell’ultimo articolo di Bernstein. Il passo successivo della lettera è degno di interesse: è vero che non

lo si può considerare un resoconto esauriente delle reazioni all’articolo alTinterno della socialdemocrazia, ma ci dà il giudizio di Kautsky su quella reazione, in un momento molto importante dell’evoluzione del suo pensiero. Pur tenendo presente che Kautsky dovette a bella posta

calcare un po’ le tinte per colpire Bernstein, veniamo cosi a sapere

che alcuni socialdemocratici

furono presi da sconforto, mentre la mag­ gior pane era indignata e incollerita nei confronti di Bernstein. La lettera si chiudeva con la preghiera all’amico di leggere an­ cora una volta Particelo e di sforzarsi di dargli una forma che potesse

essere il meno possibile sfruttata dai nemici. D’altra parte, aggiun­ geva Kautsky, si poteva benissimo criticare la teoria del crollo

(Zt..2:.-.bcz: ’a concisione della sua risposta. In questa lettera egli per !.> p-i:.-... volta consigliava a Bernstein di compiere la « revisione delle idee ♦ in una serie di articoli o in un opuscolo, in cui avrebbe do:;;n esporre il proprio punto di vista in modo particolareggiato e

sistematico. Ancora una volta Kautsky richiamava 1 attenzione sub l’enorme v—:età di significati del termine « rivoluzione ». Egli ri­ tornava sulla

questione dell’interesse

della

socialdemocrazia

ad

un

nrcn C 192. 57 Kautsky a Bernstein, 16 giugno 1S9S, IISG, KN, C 193.

155

A sviluppare quest uh ima

U:S’

Kautsky dedicava

una

lunga argo-

*. mcni;«/ton
sta '3. l iti il 22 giugno ed il 4 luglio, Kaut­ sky scrisse due volte a Bernstein, e dal contenuto di queste lettere non risulta che nel frattempo avesse ricevuto nulla da Bernstein. Si può dunque ritenere che Bernstein non mantenne la promessa. Definendo le idee di Bernstein una « nuova scienza », Kautsky ancora in una lettera del 24 giugno 1898 ripeteva la sua proposta relativa alla collalxirazionc alla redazione della Neue Zeit80. Riferendosi alle intenzioni del redattore della Neue 'Zeil * Bern­ stein scriveva qualche giorno dopo: « D’altra parte ritengo che si ingannino coloro che pensano (se qualcuno lo pensa) che un più stretto contatto con il movimento attuale modificherebbe radical­ mente le mie convinzioni o il mio modo di pensare. Sono in grado di valutare le esigenze «Iella lotta, ma queste non intaccano il mio minio di ixrnsarc» * ’. La risposta di Kautsky è contenuta in una lettera scritta il 17 lu­ glio 1898 dalle vacanze. Egli considerava non definitive le idee dì Bernstein. « O ti riavvicincrai a noi ~ scriveva — o ti allontanerai ancora di piu. » *2 Kautsky affermava che il recente articolo dell’amico *J gli aveva dato Timprcssione che egli si stesse allontanando rapidamente dal proletariato: jx?r la prima volta si domandava la ragione di questa evoluzione e risjxmdcva che ne era causa l'isolamento derivalo dal­ l’esilio e diventato ancora più profondo dopo la morte di Engels. vita di emigrante, Kautsky adRilevando gli influssi negativi dossava anche la responsabilità del inttlamcnio di idee ili Bernstein *• Bernstein a Kautsky, HS P V 449. M IkruMvin a Kautsky, JISC». KN. p V 450. 80 k>»n»«kv ti„ Brrnsffin. IISG. KjN, (• I9< ............. 151 lk-rnsiciii ti Kautsky, 4 luglio 1898, IISG, KN, I) V 450. M Kautsky « Bernstein. I JSsta,

caratterizzala

da

un

evidente senso di rammarico, quest’ultimo |M>lcmizzava con l'interpreta­

zione data delle sue idee: « Dove f.-l ho messo in dubbio la possibilità «li catastrofi |wlitichc? Tutta la mia polemica è fin dall'inizio diretta

contro l’idea che ci troviamo prossimi al crollo della società capita­

lista »

Bernstein rimproverava di nuovo a Kautsky di

leggere ora

i suoi articoli « con occhi diversi «la prima », e di cercare dietro ogni

parola un attacco al partito. « Non |x»sso naturalmente definire i tuoi sentimenti

a

questo proposito -— scriveva



ma

j>osso

solo

rim­

piangere che ora siano diversi da prima. »

1 ,2 Ibidem, p. 130 w Ibidem, p. H2-133. P. Lafargue scrisse parole di appruvuztone a Kautskv |x*r la |x»sizione da lui assunta al congresso, soprai tutto per la difesa dcll'ititcgrità della teoria, e fa sua comprensione per il dolore da lui certamente provato nel combattere Bernstein (cfr. lai argue u Kautsky, 17 ottobre 1898. HSG, KN, i> XV 132). Ktiutsky stesso cosi giudicava in unii lettera alla moglie il proprio intervento: « L un fatto che sono stato io u decidere la risoluzione contro di lui | Bernstein |. Li maggioranza ilei delegati, pur essendo fondamentalmente dalla nostra parte, era molto mollo irritata con la frazione di Parvus, Rosa r Clara |kt il loro contegno, in parte troppo sgarbati! e arrogante, in parte 1 toppo esasperato. Sofc» il mio intervento Ita ('urtato un completo mutamento di umo­ re. I-. I Angus! fRelx’l] quest a volta è stato estremamente dclx»lv. in bove, ho avuto l'impressione che senza il mio intervento saremmo stati sconfitti » (zi. HeMs Ibicftevebsel mit Kurt Kautxky, cit., pp. XXXHI-XXXIVV Kitutsky a Bernstein, 8 ottobre 1898, IISC.». KN, C 207. 115 Bernstein a Kautsky. IO ottobre 1898, IISG, KN, I.) V -161. Ancora un quarto di secolo dopo, Bernstein scriveva che la lettura della sua lettera al congicsso aveva offerto a Kautsky il destro |kt criticarlo (cfr. lì. Bernstein. flitudckluHgJWHf1 , vines Sozulisfen, cit.. p. 29).

165

Nella lettera del 14 ottobre 1898 * Kautsky ancora una volta spiegava di essere stato indotto ad intervenire dai generali rimproveri di non aver assunto fino ad allora una posizione, e che continuare a tacere sarebbe stato interpretato o coinè un segno che non sapeva cosa dire’’, o come riluttanza, dovuta all’amicizia, a manifestare le proprie idee, che avrebbero schiacciato Bernstein. Ai rimproveri dell’ultima lettera di Bernstein, Kautsky rispon­ deva: « No, caro Ede, non il mio intervento a Stoccarda, ma il mio precedente silenzio era tendenzioso [...}. Pensi forse che se qualcun altro avesse scritto quell’articolo sull’obiettivo finale non mi sarei scagliato subito su di lui? Io tacevo non perché non mi fossi ac­ corto delle divergenze che esistevano fra noi, ma perché non le ri­ tenevo definitive, perché speravo che trasferendoti a Zurigo e collaborando con me ti sarebbe stato possibile trovare un modus vivendi, se non cambiando opinioni, almeno comprendendo che nel nostro par­ tito non ce posto per le tue idee e che continuando a difenderle entri sempre piu in contrasto con noi tutti, speravo che avresti indirizzato la tua attività non, come di recente, in sfere discutibili, ma in quegli ** Kautsky a Bernstein, IISG, KN, C 208. Il 13 ottobre 1898 apparve sul Vorwàrts un articolo di Bernstein intitolato Eroberung der politischen Macbt, contro le interpretazioni errate (come egli affermava) delle sue idee. La risposta di Kautsky, pubblicata sullo stesso numero, e intitolata Taktik und Grundsalze, affermava prima di tutto che Bernstein non aveva, è vero, proposto nessuna nuova tattica, ma ciò dimostrava soltanto la sua incoerenza. Kautsky si dichia­ rava convinto che la discussione futura sarebbe stata fruttuosa solo dopo che Bernstein avesse pubblicato un opuscolo o un nuovo ciclo di articoli nella Ncue Zeit. Il giorno dopo la Zetkin scriveva già a Kautsky di essere molto lieta della sua pronta e netta risposta a Bernstein (cfr. la sua lettera del 14 ot­ tobre 1898, IISG, KN, D XXII 321). Il 19 ottobre, in una lettera a Heller, Kautsky esprimeva l’opinione che la posizione da lui assunta a Stoccarda riscuo­ teva la generale approvazione, e che solo Bernstein la considerava preconcetta. Luisa Kautsky aggiungeva alla lettera sopra citata le seguenti riflessioni: « Quel buon uomo [Bernstein] solo ora sta arrivando a rendersi conto di ciò che ha fatto, e naturalmente ritiene che la colpa sia di tutti, fuorché sua. Mi sorprende il tono delle sue lettere, in cui continua ad assicurare a Karl [...] che tutto il partito è con lui, ccc.; e poi assume sempre quel tono indifferente c noncurante che mi irrita, poiché ho visto quanti pensieri abbia dato a Kautsky quella faccenda, che letteralmente non lo faceva dormire, c come tutto questo gli stava a cuore, e come si scervellava j)cr trovare una via d’uscita da una situazione che doveva immancabilmente portare ad un conflitto» (A. Rebels briefwechsel mit Karl Kautsky, cit., p. XXXIV). M II 12 ottobre 1898 R. Luxemburg scriveva nella Sàcbsiscbe Arbeitcrzeitung'. « Ci augureremmo che nelle questioni importanti il nostro teorico ex officio esprimesse sempre la propria opinione, c non solo ncH’intervento con­ clusivo, e cIk non desse l’errata e sviarne impressione di non aver a lungo saputo cosa dire» (R. Luxemburg, Gesammelte Werke, Bd. 1/1, Berlin, 1972, p. 246). 11 15 ottobre 1898 Kautsky scriveva ad Akselrod: « Penso di aver ta­ ciuto forse tropi» * lungo» (IISG, Akselrod Nachlass, A/5 24 I).

166

immensi campi sui quali siamo d’accordo ». Kautsky scriveva poi che Bebel, già prima di recarsi a Zurigo ad incontrare Bernstein, aveva definito chimere le sue speranze, poiché riteneva diffìcili da colmare le loro divergenze di opinioni, e aggiungeva: « Io però non potevo sopportare l’idea che fra di noi potesse esservi un simile contrasto e perciò ho taciuto piu a lungo che era possibile ». All’affermazione che a Stoccarda egli aveva attribuito a Bemstein idee che non aveva manifestato, Kautsky contrapponeva il parere che tutti avevano compreso Bemstein come lui. Chiedeva poi all’amico perché non avesse soddisfatto la sua preghiera ponendo dei confini * a destra », mentre li poneva invece sempre solo « a sinistra »; perché, chiedeva piu avanti, « se per te si tratta solo di conservare la vecchia tattica, ti sei sempre schierato contro gli umori blanquisti, che nel nostro partito non esistono affatto, e non contro quelli che di fatto propagandano una nuova tattica sul modello nazionalsociale e non sono senza seguito nel partito? ». Secondo Fautore della lettera, indi­ pendentemente dai suoi desideri, le nuove idee di Bemstein avrebbero per conseguenza una nuova tattica. Sostenendo di essere stato male interpretato, Bemstein induceva Kautsky a suggerire che egli esponesse le sue nuove teorie in modo sistematico e nella forma piu opportuna allo scopo, che gli sembrava quella dell’opuscolo. Fino alla sua appari­ zione Kautsky avrebbe cercato di frenare gli attacchi a Bemstein, an­ che se non riteneva che la discussione fosse nata da incomprensioni, anzi, sperava che l’opuscolo fosse la base di una discussione spas­ sionata. Anche la sua intenzione di ritirarsi dalla Neue Zeit veniva ora spiegata da Kautsky col fatto che egli prevedeva il conflitto fra Bern­ stein ed il partito e non voleva, come direttore della rivista, essere il primo ad iniziare la lotta con lui. « Ero pronto a sacrificare il carat­ tere marxista della Neue Zeit, — scriveva; — una sola cosa non avrei potuto, e cioè redigere la rivista con uno spirito diverso da quello at­ tuale. » Nella lettera seguente88, in risposta ad una di Bemstein non conservata nell’archivio, Kautsky spiegava di nuovo Ì motivi della sua precedente condotta. Non aveva informato Bemstein, prima del con­ gresso, che vi avrebbe partecipato, perché si era deciso solo due giorni prima dell’inizio del dibattitow. D’altra parte, si era recato al con“ Kautsky a Bemstein, 23 ottobre 1898, in V. Adler. Briefwechsel...., cit., p. 272. •* Nella lettera del 3 settembre 1898 a Kautsky, Bebel scriveva: « Non do­ vresti venire a Stoccarda? Penso che sia sempre bene che il direttore della Nette Zeit partecipi al congresso del partito» (IISG, KN, D III 43). Il 24 set-

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gresso solo per combattere, come sostenitore del libero scambio, una ri­ soluzione projxista da Schippel, ma dopo l’attacco alla Nette Zeit e dopo la dichiarazione di Bernstein si era sentito costretto ad intervenire. « Non credo — scriveva — di averti nuociuto parlando io. Se non avessi detto ad August che avrei risposto alle tue dichiarazioni, l’avreb­ be Lino lui stesso. Puoi bene immaginare come sarebbe stato il suo intervento, dato il suo temperamento e la sua mancanza di tatto.»*0 Anche la pubblicazione sul Vorwarts di un articolo critico nei confronti di Bernstein era dovuta al fatto che il direttore del giornale, Adolf Braun, glielo aveva chiesto, non volendo dare a Rosa Luxem­ burg e ad altri l’opportunità di sferrare un attacco. Rispondendo eviden­ temente ai rimproveri di Bernstein, Kautsky scriveva: « Non nego di aver cambiato idea su alcuni punti, e di aver spesso approvato dal profondo del cuore la tua critica del partito, ma questa era una critica del fatto che non si era ancora messo sul piano di un marxismo maturo, era una critica dei residui di utopismo c di blanquismo che restavano nella sua argomentazione, era una purificazione del marxismo dal modo di pensare dei suoi precursori, e non il superamento del marxismo stesso ». Kautsky definiva la posizione attuale di Bernstein una capitola­ zione ai critici del marxismo, un compromesso fra marxismo e libe­ ralismo. Egli riaffermava che fin dalla primavera aveva potuto preve­ dere una simile evoluzione delle idee di Bernstein in base agli articoli, alle lettere e alle conversazioni, ma che non aveva voluto accettare quell’idea e sperava che il cambiamento di ambiente lo avrebbe in­ fluenzato. « Dove sono — chiedeva — i nuovi fatti, le nuove teorie che ti spingono a questa nuova posizione? Non avevamo forse già visto tutto ciò che tu dici, fin da quando eri un ardente marxista? Che cosa è cambiato? Niente, a parte l’ambiente in cui ti trovi »9t. Affermava poi che le ultime lettere di Bernstein dimostravano come le divergenze dì idee fra di loro fossero piti profonde di quanto credesse, e dichiarava che la loro collaborazione apparteneva ormai al passato, e che l'unica possibilità di salvare la loro amicizia personale era di porre fine alla situazione precedente. Ricordava poi le proprie idee sui principi per la redazione della Nette Zeit. « Finché io ne sarò direttore, essa sarà un organo di stampa marxista, non eclettico à la Sozialistische Monatshefte o alla Révue tembre, invece, Bcbel era già convinto che fosse mollo opportuna la venuta di Kautsky (USG, KN, D III 45). V. Adler, Rrìefwecbscl..., cit., p. 273. 91 Jbidcm, p. 274.

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Socialiste. La mia aspirazione ad una visione del mondo unitaria, la mia riluttanza a qualsiasi forma di eclettismo sono troppo grandi perché io possa dirigerla con spirito diverso. » 92 Kautsky confermava di esser stato disposto a sacrificare il carattere marxista della Neue Zeit ed a rinunciare alla carica di direttore ma ciò che era ancora possibile nel­ l’estate non era piu possibile ora. Bernstcin interpretò queste osservazioni come una richiesta di rinunciare alla carica di collaboratore fisso della Nette Zeit, c lasciò a Kautsky di decidere se ciò dovesse avvenire subito, o solo dopo la pubblicazione del suo opuscolo93. Inoltre riconobbe di non poter dare le dimissioni egli stesso, poiché avrebbe significato qualificare le pro­ prie attuali idee come inconciliabili con la collaborazione all’organo teorico del partito. In questa lettera Bemstein ritornava sulle conver­ sazioni avute in estate a Zurigo, e scriveva che nessuno dei socialde­ mocratici svizzeri con cui aveva conversato aveva espresso riserve di fondo sulle sue idee, mentre molti altri ne avevano dato un giudizio molto positivo. Anche Dietz ne aveva tessuto le lodi, Adler aveva espresso osservazioni critiche, ma nel complesso riteneva quegli arti­ coli innocui, infine Bebcl « non mi aveva affatto dato modo di cre­ dere che attribuisse ai mici articoli quell’importanza che, a sentire quanto dice ora, vi attribuisce». Bemstein era quindi partito da Zurigo convinto che solo persone del genere di Parvus vedessero nei suoi articoli una radicale violazione dei principi socialdemocratici. Anzi, rilevava, in precedenza gli erano giunte anche espressioni di plauso nella corrispondenza e negli articoli degli organi di stampa di altri partiti socialdemocratici w. Rispondendo immediatamente alla lettera di Bemstein, Kautsky negava categoricamente di aver voluto che Bernstcin desse le dimis­ sioni dalla Neue Zeit90, poiché un simile passo sarebbe stato sfruttato « Ibidem. 93 Bemstein a Kautsky, 27 ottobre 1898, IISG, KN, D V 463. 94 Sembra che Bernstcin si sia spesso ingannato sull'atteggiamento degli esponenti della socialdemocrazia verso le sue concezioni. Cosi, ad esempio, il 9 novembre 1898 scriveva a Kautsky che Akselrod era molto pili dalla sua parte che da quella di Plechanov (cfr. IISG, KN, D V 465). Kautsky nc infor­ mò Akselrod (cfr. IISG, Akselrod Nachlass, A [5] 24 1). il quale rispose che Bernstein e .sua moglie erano stati suoi ospiti e che, non volendo turbare con un’aspra discussione il piacere dell’incontro, aveva detto a Bemstein che perso nalmente gli era forse piti vicino di Plechanov, ma di dover, nonostante que­ sto, dar ragione a Plechanov. Secondo Akselrod, « il fatto che Ede ha potuto ingannarsi cosi, dimostra la sua intima consa|ìcvolezza della debolezza della sua posizione» (IISG, KN, D II 289, lettera de! 6 dicembre 1898). w Kautsky a Bemstein. 29 ottobre 1898, IISG, KX, C 210. wl Quest affermazione di Kautsky è in contrasto con l’opinione da lui

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dui loro nemici, ma riteneva che Bernstein non potesse conservare Io propria posizione di rappresentante teorico della Neue Zeit, e suggeriva che egli si occupasse il meno possibile di teoria sulla rivista. Kautsky sollecitava Bernstein a terminare il suo libro al piu tardi all’inizio dell’anno seguente, poiché non sarebbe riuscito a frenare piu a lungo i suoi critici. * I marxisti russi (o meglio la coalizione russo-sassone; ]tt Zetkin, la Luxemburg, Parvus, Plechanov) vorrebbero, cosi mi sembra, indurmi a continuare ora 1a polemica, e non sono d’accordo di aspet­ tare il tuo opuscolo » ’T.

Prendendo chiaramente le distanze da questa « coalizione », Kautsky esprimeva un giudizio malevolo su Rosa Luxemburg, e dichia­ rava che, se non vi fosse costretto, non avrebbe risposto alla lettera aperta di Plechanov a lui diretta, che sarebbe stata pubblicata prossi­ mamente * . II giorno dopo Kautsky scriveva che la

Sàchsìsche Arbeiter-

espressa in lettera ad altre persone (cfr. ad esempio quella alla Zetkin del 27 luglio 1898, IISG, KN, C 762). 87 Dai 21 ai 28 settembre apparve sulle colonne della Leipziger Volkszeitung il primo ciclo di articoli di R. Luxemburg in polemica con Bernstein. La Luxem­ burg si attendeva che, dopo il congresso dell’SPD, Bernstein le avrebbe risposto sulla ìieue Zeit, e lei, a sua volta, avrebbe replicato (cfr. la sua lettera a Tyszka del 24 settembre 1898, op. cit., v. I, p. 286). Come risulta da questa lettera e da quella successiva, i suoi articoli riscossero grande approvazione; ne sono una testimonianza anche la lettera della Zetkin a Kautsky del 22 settembre: « Gli articoli della Luxemburg contro Bernstein — scriveva — mi sono piaciuti moltissimo. £ la dialettica virile contro le chiacchiere da donnette senza capo né coda» (IISG, KN, D XXIII 320); e una lettera a Schonlank. Cfr. la rela­ zione di R. Luxemburg diretta a Tyszka del 25 settembre (op. cit., v. I, p. 292). 11 29 ottobre apparve nella Neue Zeit l’articolo di Plechanov inviato a Kautsky fin dal 16 settembre, Konrad Schmidt gegen Karl Marx und Friedrich Engels, continuazione di un articolo pubblicatovi nel luglio del 1898, Bernstein und der Materialismus (in NZ, XVI, 2, n. 44). Già il 30 ottobre Bebel esprimeva a Plechanov vivo compiacimento per la sua polemica con Bernstein e Schmidt, affermando che « se solo l’oscurità, la vaghezza e l’aperta negazione dei principi si insinueranno in Germania, è molto probabile che sarà una rovina per tutto il mondo » (citato dalla traduzione russa della lettera nel volume Literatnrnoe nasledie G.V. Plechanova, cit., p. 269). Bebel scriveva che lui e Kautsky non nascondevano a Bernstein di non considerarlo più un compagno di partilo. Anche Liebknecht scrisse a Plechanov una lettera di approvazione, esortandolo: «Con­ tinuate, picchiate jjìù forre, picchiate con forza » (cfr. ibidem, p. 272). Ricor­ diamo anche la lettera di R. Luxemburg a Bebcl del 31 ottobre, nella quale scriveva che, se, come egli aveva affermato, non c’era più da sperare che Bernstein cambiasse atteggiamento, si stupiva come mai lui e Kautsky non appro­ fittassero dell’atmosfera favorevole creata dal congresso di Stoccarda per aprire subito un’energica discussione e volessero rimandarla a dopo la pubblicazione dell’opuscolo di Bernstein (cfr. Einìge Briefe Rosa Luxemburgs und andare Documentai, in Bulletin of the International Institute of Social History 1952 v. VII, p. 14). 98 La lettera, intitolata Wofiir sollen wir ihm denkbar sebi?, apparve nella Sachsische Arbeiterzeitung, redatta a quell’epoca da R. Luxemburg, nn. 253-255 del 30 ottobre, 2 novembre e 3 novembre 1898. ’ ’ 170

zeitung

non era il luogo adatto ad una polemica fra Bernstein e Plechanov, c che non bisognava concedere a Rosa Luxemburg l’onore

di dirigere la discussione con Bernstein w. Pur criticando la forma della lettera aperta di Plechanov, Kautsky riconosceva la giustezza dell’affermazione che le idee di Bernstein erano

pili vicine a quelle di Schultze-Gàvernitz che non a quelle di Marx, ed era d’accordo anche che la sua critica della teoria delle crisi fosse poco persuasiva. Bernstein in una lettera del 31 ottobre esprimeva la speranza, o meglio, riteneva non « impossibile », che il suo opuscolo convincesse Kautsky, e che in sostanza essi fossero più vicini di quanto questi rite­ nesse. Egli era di questa opinione, e pensava solo che Kautsky non si fosse ancora liberato da un certo dottrinarismo: « Se, come spero, riu­

scirò a sradicarlo, forse troveremo di nuovo il modo per restare com­ pagni di lotta e, chi sa fra quanto tempo, ancora una volta lavoreremo fianco a fianco contro quelle persone che oggi sono tuoi compagni

— e, mi sembra, a te medesimo odiosi — nella lotta contro di me » Quanto al libro die stava preparando, Bernstein ne parlava nella lettera seguente, rammaricandosi di doversi imporre dei lìmitilM. Kautsky non incitava Bernstein al riserbo, anzi, insisteva che era necessario esporre chiaramente le proprie idee effettive 102. Il 30 novembre Kautsky respingeva il suggerimento fattogli da

Bernstein di non prendere pubblicamente posizione sul suo libro subito dopo la pubblicazione, dato che influenzerebbe gli altri, scoraggiandoli dal darne un giudizio positivo: « Se indugerò ancora — scriveva —

rischierò il mio prestigio, senza con ciò renderti un buon servizio » w3. Col testo del libro di Bernstein fece conoscenza già nel corso della pubblicazione. Alla metà di gennaio del 1899 respingeva la richiesta di Bernstein di annotare le sue osservazioni in margine e spedirgliele; Kautsky scriveva che ciò sarebbe stato opportuno se si fosse trattato solamente di particolari, ma era un’intera concezione a dividerli, e che contestava nel complesso tutti i capitoli da lui letti, fino a quello sulle cooperative di consumo incluso1M. Egli non precisava però le proprie

M Kautsky a Bernstein, 30 ottobre 1898, IISG, KN, C 211. 100 Bernstein a Kautsky, IISG, KN, D V 464. Qualche giorno dopo Kautsky scriveva a F. A. Sorge che dall’estate insisteva con Bernstein perché risolvesse definitivamente la questione del suo rapporto con la Neue Zeit, ma questi riteneva che le loro divergenze dipendessero solo da equivoci e die un bel giorno si sarebbero ritrovati d’accordo sulle posizioni che egli rappresentava (cfr. la lettera del 3 novembre 1898, IISG, KN, C 685). 101 Bernstein a Kautsky, 9 novembre 1898, IISG, KN. D V 465. 108 Kautsky a Bernstein, 18 novembre 1898, IISG, KN, C 214. 103 Kautsky a Bernstein, IISG, KN, C 216. 104 Kautsky a Bernstein, 14 gennaio 1899, IISG, KN, C 218.

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critiche; affermava che per motivarle avrebbe dovuto scrivere un intero libro, il che non era escluso, e si limitava ad affermare a proposito dei capitoli già letti che, quando le riflessioni di Bemstein riguar­ davano questioni pratiche, più facilmente poteva essere d’accordo con lui, ma là dove erano piu teoriche, più grande era la differenza di

opinioni fra di loro. « Posso sottoscrivere i nove decimi del capitolo sulle cooperative di consumo, ma via via die leggo le tue conclusioni sulla concezione materialistica della storia, sulla dialettica e sulla teoria

del valore, sempre più dissento da te. » A meno di un mese dalla pubblicazione dell’atteso libro, Bern­ stein scriveva a Kautsky di non attendersi molto dalla loro polemica, dato che egli avrebbe avuto le mani legate: « Ragioni personali e po­ litiche mi hanno impedito di dire quello che avrei dovuto dire per svi­ luppare le mie idee in maniera non equivoca » 10S.

Per Kautsky questa affermazione era sorprendente, anche se gli chiariva molto di dò che era per lui oscuro106. L’impressione più sgra­ devole gli era stata provocata dai passi oscuri che tentavano in modo incerto di conciliare il marxismo con l’antimarxismo. Kautsky espri­ meva il timore che queste reticenze del libro di Bemstein avrebbero lasciato tutti scontenti. « Tu dici troppo per non nuocere sensibil­

mente al partito nella sua forma attuale, e troppo poco, almeno finora, per risvegliare un qualsiasi entusiasmo per una forma nuova. »

Richiamandosi all’affermazione di Bemstein, che per giustificare la propria posizione egli avrebbe dovuto mostrare gli errori di Marx ed Engels, dei quali avrebbe preferito non parlare, Kautsky scriveva che

avrebbe voluto proprio portarlo a questo. I creatori del marxismo « [stavano] abbastanza in alto perché [fosse] necessario risparmiarli », e inoltre non si trattava di loro errori privati, ma di errori pubblici, e non c’era dunque ragione di nasconderli, se esistevano veramente.

« Aut-Auf, —

aggiungeva Kautsky. — Chi, come te, è convinto del­ l’erroneità dei nostri principi deve o tacere e rinunciare all’attività di partilo, o essere deciso a dire tutto. »

Kautsky assicurava a Bemstein che polemizzare con lui non gli dava alcun piacere, e ricordava che egli aveva taciuto finché il silenzio non aveva voluto dire approvazione, sottolineando che avrebbe volen­ tieri pagato per poter continuare a tacere; scriveva poi che, dovendo ormai parlare, lo avrebbe fatto in modo risoluto.

Nella lettera

Kautsky

respingeva

l’affermazione di

Bemstein,

Bemstein a Kautsky, 16 febbraio 1899, IISG, KN, D V 472 ««• Kautsky a Bemstein, 20 (28?) febbraio 1899, USCÌ, KN, C 219. 172

secondo cui l’ambiente berlinese, e soprattutto Mehring””, lo incita­ vano contro di lui, ma più avanti scriveva: « Forse che io sono cam­ biato nel complesso, da quando sono stato a Stoccarda? La mia posi­ zione è (orse diversa dall’epoca del congresso di Breslavia? Eppure,

allora non ero sotto l’influenza dei berlinesi. Sono rimasto quello che ero ». L'argomento principale di questa lettera, e di molte successive, è il problema delle future condizioni materiali di Bemstein. Kautsky era sfavorevole alla sua intenzione di cercare lavoro in una banca, perché come impiegato, affermava, « non sarà nessuno », mentre come scrittore politico « ha una fama europea e non deve sprecare questo capitale ». Kautsky proponeva che fosse Victor Adler il primo a recensire il libro di Bemstein nella stampa di partito, perché, essendo un grande

fautore della composizione parifica dei contrasti, gli avrebbe scritto la recensione più favorevole che fosse possibile.

La lettera successiva di Kautsky arricchisce di un’altra questione

la problematica della corrispondenza10B. A Bemstein che affermava di avere nel partito non pochi sostenitori, egli scrivevi: « Sono d’accordo con te, ed è proprio questo, non gli incitamenti di Mehring, a provocare la mia irritazione ». Infatti, finché riteneva che si trattasse solo della evoluzione delle idee di Bemstein, era stato addolorato, ma non irri­

tato: « Ma le cose sono cambiate quando si è trattato non di rimpian­ gere una perdita, ma di lottare contro il pericolo. Infatti, temo che il tuo opuscolo scatenerà una lotta che può concludersi con la tua sconfitta o con una scissione nel partito ».

Kautsky avvertiva Bernstein di non riporre grandi speranze nei suoi sostenitori e definiva la linea di frattura alPintemo del partito: « Dalla nostra parte ci sono le masse e buona parte delle persone com­ battive, dalla tua gli stanchi, gli scettici, coloro che non credono più nel socialismo [...] e infine stanno dalla tua parte i socialisti da salotto e gli etici [ossia i fautori del cosiddetto socialismo etico] ».

Bemstein ostinatamente continuò a ripetere quella supposizione. Cosi, ad esempio, in una lettera ad Adler scriveva il 3 marzo 1899 che, negandolo, Kautsky dimostrava solo di non essere conscio dell’influenza esercitata su di lui da Mehring (cfr. V. Adler, Briefwecbsel..., cit-, p. 281). Lo negava però non solo Kautsky, ma anche Bebel (cfr. la sua lettera ad Adler del 4 novembre 1898, ibidem, p. 2/0). Qualche anno dopo Mehring scriveva die Bemstein era ancora convinto che anche Kautsky sarebbe diventato revisionista, se non si fosse trasferito da Stoccarda a Berlino, subendo la sua influenza. Mehring. come Kautsky e Bebel, affermava che anche la conoscenza dei rapporti personali fra lui c Kautsky avrebbe dimostrato l’infondacezza della supposizione di Bemstein. 108 Kautsky a Bemstein, 6 marzo 1899, IISG. KN, C 220. 173

Nella breve risposta a questa lettera, Bernstein contestava che il suo opuscolo potesse provocare una scissione nel partito 10B. Intanto apparvero fopera di Bernstein, spasmodicamente attesa, c in pochi giorni tre articoli polemici di Kautsky nei numeri successivi dell’organo centrale del partito no. Da allora lo scambio di idee fra Kautsky e Bernstein avvenne sulle colonne delle riviste, e la loro corrispondenza assunse un carattere nuovo. Molto piu rara e sempre piti laconica, essa riguardava o la pubblicazione degli articoli di Bern­ stein o — e ciò è per noi piu importante — l’interpretazione del loro atteggiamento di alcuni mesi prima, ed il tono era sempre piu ner­ voso *u, secco, finché, alla fine di aprile del 1900, Bernstein fece pervenire a Kautsky una dichiarazione che poneva termine alla sua col­ laborazione fissa alla Neue Zeit, e per molti anni si interruppe anche la loro amicizia, cosi come la loro corrispondenza. Prima che ciò avvenisse, però, Bernstein più di una volta mosse dei rimproveri a Kautsky, che chiari la propria condotta dei mesi precedenti. I! 22 giu­ gno 1899 Bernstein scrisse con non celato rammarico che la sua let­ tera precedente al congresso di Stoccarda era stata inviata a Bebel perché la leggesse nel caso che Parvus, la Luxemburg, la Zetkin e altri avessero messo in atto il loro avvertimento, provocando un pronunciajnento del congresso contro di lui112. Bernstein rimproverava Kautsky di aver deciso insieme a Bebel di dar lettura di quella lettera non per difenderlo, ma per rompere pubblicamente con lui. « Sono intervenuto — scriveva poi — contro l’interpretazione della mia lettera, e tu allora mi hai spinto a scrivere il libro. Mi sono lasciato persuadere, ,0# Bernstein a Kautsky, 10 marzo 1899, IISG, KN, D V 474. 1,0 Gii comune titolo Bernsteins Streitscbrift, in Vorwdrts, nn. 64, 65, 66, del 16, 17, 18 marzo 1899. Per non interrompere la continuità dcH’analisi della polemica fra Kautsky e Bernstein abbiamo tralasciato l’esame delle pubbli­ cazioni di Kautsky apparse in quel periodo, e più precisamente dall’inizio del 1898. Esse riguardavano in gran parte tre questioni: la questione nazionale in Austria (cfr. Der Kampf der Nationalitaten in Oesterreicb, in NZ, XVI, 1, nn. 17 e 18, e Nochmals der Kampf der Nationalitàten und das Staatsrecht in Oesterreicb, ibidem, n. 23, risposta ad un articolo di I. Daszynski, pubblicato sullo stesso numero, Die Lage in Oesterreicb), la questione delia politica coloniale (cfr. Altere und neuere Kolonialpolitik, ibidem, nn. 25 e 26, c Kiaotschau, ibidem, 2, n. 27) e la questione del sistema militare e del militarismo, che fu al centro della polemica con Schippel (cfr. Friedrich Engels und das Milizsystem, in NZ, XVII, 1, n. Il; Schippel und der Militarism"!, ibidem, nn. 20-22; Siegfried der Harmlose, ibidem, n. 25. Questi scritti verranno illustrati nel sesto capitolo). 111 Già 1'8 marzo 1899 Kautsky scriveva ad Adler: « Ciò che mi irrita e mi provoca, rendendomi estremamente nervoso è, molto più dei suoi articoli, la sotterranea battaglia epistolare che combattiamo da quasi un anno» (V. Adler, Briefwecbsel..., cit., pp. 295-296). 112 Bernstein a Kautsky, IISG, KN, D V 480.

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pensando sempre che a te interessasse soprattutto di trovare un ac­ cordo [...] ti spedii le bozze. L’unico consiglio che in quel periodo ricevetti da te fu che non mi dovevo astenere per ragioni pietistiche da quella critica di Marx ed Engels che mi sembrava inevitabile. * « Ciò che scrivi di Stoccarda — rispondeva Kautsky — è solo una tua fantasia In realtà piu di una volta ti avevo scongiurato — scriveva per respingere l’ultimo rimprovero — di calmarti [...]. Solo quando vidi che i miei incitamenti non sortivano alcun risultato» quando mi inviasti per la Neue Zeit l’inizio di una serie di articoli contro la Luxemburg e gli altri, allora ti consigliai, se proprio eri pas­ sato all’attacco, di farlo non in una serie di articoli, ma in un libro, ma mai ti ho spinto ad attaccare. »113* In questa lettera Kautsky spiegava di aver inizialmente mal inter­ pretato gli articoli di Bernstcin, riconosceva a Parvus e a Rosa Luxem­ burg il merito di aver rilevato la contraddizione fra le opinioni di Bemstein e le idee programmatiche della socialdemocrazia fin da quando egli ancora non riusciva ad ammetterlo e si aggrappava alla speranza che si trattasse solo di un equivoco. Kautsky prevedeva che la differenza di idee fra lui e Bemstein si sarebbe approfondita, se quest’ultimo fosse rimasto in quell’ambiente, e gli annunciava che avrebbe considerato gli articoli di Bemstein come quelli di un qualsiasi altro collaboratore. Se essi avessero risposto a ciò che egli considerava in accordo con gli interessi del partito, avrebbe dato il suo benestare per la pubblicazione. « Se vuoi continuare a far propaganda alle tue idee personali, nella Neue Zeit, a parte sporadiche occasioni, non c’è posto. » Kautsky aggiungeva che, finché egli fosse stato redat­ tore della rivista, essa sarebbe rimasta quella che era, « l’organo com­ battivo del marxismo contro il liberalismo, l’anarchismo e il setta­ rismo ». In una lettera scritta un mese dopo, Bemstein definiva fantasiosa l’affermazione di Kautsky secondo cui lo avrebbe varie volte scongiu­ rato di calmarsi « Prima di Stoccarda — scriveva — nelle tue lettere non c’era neppure l’ombra di una simile preghiera. È vero che di tanto in tanto mettevi in dubbio qualche passo o espressione dei miei articoli, ma mostravi sempre approvazione per il loro contenuto fondamentale e varie volte hai dichiarato di essere ben lontano dal con­ sigliarmi di sospendere i miei articoli sui Problemi. D’altra parte ti sarà difficile citare un solo caso in cui io senza alcuna esitazione non abbia cancellato o modificato i passi che tu contestavi. » Egli sosteneva 113 Kautsky a Bcrnstein, 26 giugno 1899, IISG, KN, C 227. 1,4 Bcrnstein a Kautsky, 26 luglio 1899, IISG, KN, D V 481.

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poi che a scrivere le V oraussetzungeH si era decìso dopo aver ricevuto la lettera di Kautsky del 14 ottobre, pur rendendosi conto che sarebbe stato più facile condurre la critica in singoli articoli che non in un libro. Kautsky non tardò a rispondere: già il 29 luglio 1899 scriveva che Bemstein sbagliava a ritenere che l’opposizione al contenuto delle sue idee risalisse solo a StoccardaU5. Egli avanzava il sospetto che Bemstein non avesse ben compreso le sue lettere, considerandone la forma cauta e guardinga come un giudizio favorevole. Ripeteva poi le considerazioni delle ultime lettere sulla lungimiranza di Parvus e di Rosa Luxemburg; sulla sua intenzione di dare le dimissioni dalla redazione della Nette Zeit in segno di disapprovazione per le idee dell’amico; sul suo isolamento dopo l’interruzione della loro collaborazione teorica, e infine sulla speranza che la loro amicizia personale fosse continuata. La risposta fu immediata. Bemstein ricordava che Tunica ri­ serva di Kautsky alla sua formulazione sull’obiettivo ed i mezzi era stata inizialmente che essa poteva essere mal interpretata, e che anche quest’obiezione egli l’aveva mossa quando altri avevano già cominciato ad attaccare1W. « E poi — aggiungeva — vorrei ancora notare che, se oggi ti rimproveri di non esser stato allora lungimirante come Par­ vus e la Luxemburg, questo mi conferma nella mia convinzione che, senza accorgertene, anche tu hai subito un mutamento, limitato, lo rico­ nosco, ma comunque un mutamento, e non da poco. » Ricordava poi il vecchio giudizio di Kautsky su Parvus e la Luxemburg, permetten­ dosi, scriveva, di dubitare che sarebbe riuscito a intrattenere con loro una collaborazione a lunga scadenza. Infine Bemstein spiegava perché non poteva accettare le condizioni per l’ulteriore collaborazione alla Neue Zeit postegli da Kautsky. È significativo che la risposta di Kautsky del 14 agosto 1899 (a quanto pare, la prima dopo quella di Bemstein del 3 agosto 1899) passasse sotto silenzio l’osservazione che le sue idee avrebbero subito un’evoluzione, ed invece proponeva che la decisione sulle forme della collaborazione con la Nette Zeit fosse rimandata fino al congresso, che avrebbe mostrato quale fosse l’umore del partito 115 *117. Nelle ultime lettere questo problema non viene più sollevato, e vi traspaiono chiaramente la stanchezza e la riluttanza a continuare la polemica. II 29 settembre 1899 Kautsky scriveva: « Sono stanco di di­ scutere, tanto più quando vedo che non ne viene fuori nient’altro che 115 Kautsky a Bemstein, IISG, KN, C 230. ne Bemstein a Kautsky, 3 agosto 1899, IISG, KN, D V 482. 117 Kautsky a Bemstein, IISG, KN, C 231.

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amarezza personale. Il partito resta sulle sue vecchie posizioni, e dopo Hannover sarà, almeno in apparenza, come se il tuo libro non fosse uscito. I signori compagni del partito ci vogliono solo vedere far a pugni. Spero che il congresso del partito creerà una situazione che mi permetta di tacere senza dare il sospetto che io mi senta sopraffatto » lI*.

6. L'evoluzione dell’atteggiamento di Kautsky nei confronti delle con­ cezioni di Bernstein È venuto il momento di tirare le somme su questa vastissima corrispondenza, da noi solo parzialmente esaminata. Bisogna prima di tutto stabilire se Bernstcin aveva ragione, quando sosteneva che le idee di Kautsky in quel periodo avevano subito un’evoluzione di non poco conto, o Kautsky, quando lo negava. E se questa evoluzione era realmente avvenuta, è vero che Kautsky non se ne rendeva conto, come era pronto a ritenere Bemstein, oppure non voleva neppure am­ metterla? L’evoluzione delle idee professate era parallela a quella delle idee realmente vissute, o forse egli era consapevole della contrad­ dizione fra le sue parole ed il suo pensiero, provocata, se non altro, dalla convinzione che esprimere determinati concetti avrebbe avuto ripercussioni negative sulla forza politica dell’SPD? O si trattava di una contraddizione inconsapevole fra le idee e l’atteggiamento assunto, come suggeriva Bemstein ancora nell’ottobre del 1899? E, infine, era avvenuta un’evoluzione dei principi politici fondamentali di Kautsky, o era solo cambiato il giudizio sul contenuto e sulla funzione sociale delle concezioni di Bemstein? E inoltre, se veramente aveva avuto luogo una simile evoluzione, quando era cominciata e che cosa l'aveva provocata? Rispondiamo prima ad un’altra domanda, e cioè se Bem­ stein aveva ragione di rimproverare a Kautsky di aver cambiato il pro­ prio atteggiamento nei confronti delle sue idee. Certamente sf, in note­ vole misura. Riassumiamo i fatti principali. Kautsky, e forse, aggiungiamo, anche altri, avanzarono le prime riserve sulle concezioni esposte nel ciclo Problcme des Sozialismus solo dopo l’articolo sulla teoria del crollo l19. Già nel primo articolo di queire Kautsky a Bemstein, HSG, KN, C 235. In una lettera del 21 marzo 1899 ad Adler, Kautsky scriveva: «Fino al suo [di Bcrnstein] articolo sull’obiettivo finale, fra di noi c’era la più completa armonia, nelle sue lettere nulla mi urtava», ma affermava anche: «Nell’autunno del 1897 ncll’articolo Die Menge und das Verbrechen mi colpi per la prima volta l’animosità di Ede verso qualsiasi movimento rivoluzionario » (V. Adler, Briefwechsel..., cit., p. 304). Ricordiamo che egli avanzava delle ri­

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st*» ciclo si avanzava l'ipotesi che sarebbe avvenuta la democratizza­ zione de! regime politico almeno di tutti i paesi « civili », che la classe operaia avrebbe conquistato un’influenza sempre piu grande sul potere statale, che la proprietà statale c municipale negli Stati democratici non poteva essere considerata una forma di proprietà capitalistica. Bernstein sosteneva poi che il passaggio dal capitalismo al socialismo non sarebbe stato un salto; questa lesi riguardava evidentemente il cambiamento dei rapporti di produzione, ina si riferiva anche ni mura­ mento del carattere dello Stato. L’autore non diceva chiaramente che una simile prospettiva riguardava anche la Germania, ma lo dimostrava il fatto che nell'organo teorico dell’SPD egli analizzava il bagaglio tcorico con cui la socialdemocrazia andava incontro ai tempi nuovi, e lo dimostrava anche la polemica condotta in uno degli articoli successivi con la tesi di Russell, secondo cui in Germania era inevitabile la reazione politica: Bernstein le contrapponeva la tesi che in Germania i partiti nemici della socialdemocrazia non avrebbero resistito all’in­ fluenza delle idee socialiste. L’articolo sulla teoria del crollo completava queste affermazioni, che riguardavano soprattutto lo sviluppo politico, con previsioni sullo svilup{X) economico c con la profezia che le crisi avrebbero cessato di esserne un elemento essenziale. Nuova era anche la tesi che, se la socialdemocrazia fosse giunta al potere in un periodo di tempo relativamente breve, avrebbe subito una sconfitta disonore­ vole cd avrebbe nuociuto alla causa del progresso sociale. Bernstein potè veramente interpretare la lettera di Kautsky del 28 gennaio 1898 come una dichiarazione di consenso al contenuto del suo articolo. Kautsky infatti rilevava come negli ultimi anni entrambi avessero subito un’evoluzione simile, e si dichiarava persuaso che a divergere non fossero i loro punti di vista c le loro conclusioni, ma solo il modo in cui li formulavano. Kautsky non criticava nessuna delle tesi fondamentali dell’articolo, e scriveva che neppure nella formula­ zione sull’obiettivo avrebbe rilevato dei difetti, se non glieli avessero fatti notare. In seguito ri|>eterà diverse volte di aver consigliato a Bernstein di segnare un confine « a destra », ma il consiglio era giu­ stificato dalla considerazione che ciò avrebbe dato maggior efficacia alla critica dei residui di blanquismo. Il 18 febbraio 1898 scriveva già che alla prima lettura dell’articolo aveva avuto dei dubbi, ma che rileg­ gendolo sì era convinto della sua giustezza. Aveva anche espresso riserve di fondo sull’articolo successivo di Bernstein, che pere» non andavano molto lontano. Una di esse riguardava le idee sulla demo-

scrvc anche sul secondo articolo di Bernstein del ciclo la nota 4). 178

Problemi del soeùdixmo

(cfr.

crazia, c Bernstein Ie aveva considerale un equivoco; un’altra, riguar­ dante il giudizio sulla rivoluzione, si limitava al problema della rivo­ luzione in Germania, e Bernstein aveva approvato il punto di vista di Kautsky. Nonostante questo, dopo la lettera del 18 febbraio 1898 Bernstein scriveva di essere conscio delle loro profonde divergenze teoriche. Tuttavia la lettera successiva di Kautsky, del 26 febbraio, diede a Bernstein motivo di credere che l’amico avesse rinunciato ad alcune riserve e che in sostanza fosse d’accordo con lui. Kautsky non respinse questa interpretazione, e nelle lettere seguenti sembrò quasi evitare di aprire una discussione su problemi di fondo. La prima lettera di Kautsky dopo il suo ritorno in Germania da un soggiorno di qual­ che settimana in Inghilterra sottolineava la loro concordanza di idee sul momento attuale e sui compiti pratici, nonostante si manifestassero delle divergenze nella loro visione del futuro, ma dichiarava che la prima era piti importante delle seconde. Invece la lettera successiva, del giorno seguente, già mostra come Kautsky prendeva le distanze dall’amico, anche se il rimprovero fondamentale stava nel fatto che Bernstein attribuisse all’SPD idee che non vi venivano invece accettate. Nella lettera seguente, del 4 giugno 1898, è più evidente la tendenza a sottolineare le loro divergenze di opinioni. Kautsky scrive di avere maggiori obiezioni alla seconda parte dell’articolo Das realistische und ìdeologische Moment im Sozialismus che non agli articoli precedenti di Bernstein e di avere cambiato il proprio giudizio sulla teoria del crollo. Nella lettera successiva, del 16 giugno, già definisce le idee di Bernstein il preludio di una nuova dottrina, ne rileva la contrapposi­ zione alle idee attuali dell’SPD, ma continua ad affermare che sotto molti aspetti si trova d’accordo con l’amico e conferma la proposta di collaborazione alla redazione della Neue Zeit. Le loro divergenze vennero ancor piu sottolineate nella lettera del 19 luglio 1898. Kautsky afferma che già da qualche mese ogni articolo di Bernstein lo trova in profondo disaccordo. Qualche giorno dopo Kautsky già definisce le idee di Bernstein vicine al fabianesimo, e attribuisce alla proposta di dividere con altri la redazione della Neue Zeit motivi nuovi: ciò gli avrebbe dato piu tempo per difendere il marxismo. Dopo qualche giorno, ancora una volta sottolineando le loro divergenze, afferma di averle rilevate per la prima volta già nel novembre del 1897. Bernstein aveva dunque ragione di affermare che Kautsky aveva cambiato il suo giudizio iniziale sulla sua concezione. Aveva invece torto quando sosteneva che ciò era avvenuto a Stoccarda. Questo muta­ mento si manifesta gradualmente nelle lettere di Kautsky dopo i! suo ritorno dallTnghiltcrra. b.ra avvenuto in seguito alle conversazioni con

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Bernstein 1:'\ o per influsso degli umori che aveva trovato nell’SPD a)

suo ritorno, o per entrambi questi motivi c per altri ancora? Sono

domande a cui la corrispondenza non dii una risposta. Kautsky non solo muta il proprio atteggiamento sulle concezioni di Bemstein, ma

fa risalire sempre più indietro nel tempo l’inizio del loro contrasto. Kautsky negava però di aver cambiato idea, e nei mesi che seguitono cercò di spiegare le ragioni per cui non aveva criticato prima le concezioni di Bemstein. Il 14 ottobre

1898 spiegava

considerato definitive le loro differenze di opinioni,

di non

aver

sperando nel

benefico influsso che avrebbe avuto per Bemstein il cambiamento di

ambiente; e poiché il sentimento di amicizia gli impediva di accet­ tare l’idea che le loro idee divergessero, egli aveva più degli

altri

tenuto desta quella speranza. Più tardi, nel giugno del 1898, egli am­ metteva già di non essersi subito accorto della contraddizione fra le idee di Bemstein e quelle della socialdemocrazia. Affermava anche di

aver inizialmente espresso il proprio dissenso in forma molto delicata, e che per questo Bemstein non se ne era accorto. Nel 1901 cosi spie­

gava il proprio atteggiamento in quel periodo:

« Ma

vorrei

fosse

chiaro che le nostre divergenze di idee, pur essendo profonde, non lo

erano come ora. Per spiegare questo non è necessario attribuirmi un cambiamento di posizioni teoriche [...]. È un fatto che la serie di

articoli sui problemi del socialismo, in cui riponevo molte speranze,

l’ho seguita con grande interesse. Ero d’accordo con Bemstein e penso ancora, come ogni marxista di buon senso, che sulla base creata da

Marx ed Engels sia necessario continuare a costruire, sviluppare ulte­ riormente la loro dottrina, eliminare gli elementi ormai

superati e

tener conto di fatti nuovi. La serie di articoli di Bemstein sembrava

promettere proprio questo. Il fatto che un politico autorevole ponesse pubblicamente questioni di simile portata solo quando ne aveva già trovato la risposta, mi sembrava evidente. Il dubbio è la condizione necessaria del progresso, ma è una funzione che non va svolta in pubblico, soprattutto nelle questioni fondamentali e in politica. Il

dubbio può essere fertile solo per la ricerca, ma paralizza l’azione; la sua sede migliore sono dunque lo studio e il laboratorio, mentre in pub­ blico è Irene esporre solo il risultato già pronto delle ricerche stimolate

120 L’unico resoconto di questo soggiorno l’abbiamo trovato in una lettera di Kautsky ad Akselrod del 21 gennaio 1899: « Non ci sono andato jx-r con­ venirlo, sarebbe staio senza speranza, dato dw egli sarebbe rimasto in qucH'amb.'tnte, ma per rivederlo; avevo l’impressione che fosse il nostro addio. E avrei dovuto litigare con lui? No, naturalmente non gli ho nascosto il mio punto di vista, ma noti ho affatto cercato la disputa con lui. È stata davvero una Mia sorpicsa per me sentire che egli ne lia concluso clic eravamo della stessa ooinione » (HSG, Akselrod Nachlass, A (5) 24 I). P

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dal dubbio, la salda convintone. Ecco perché ero convinto che Bemstein pubblicasse i suoi Problemi solo perché ne aveva in tasca la soluzione, e non dubitavo che avremmo fatto cosi un violento balzo in avanti nella nostra conoscenza, e quando Bemstein continuava a non esporre i risul­ tati positivi che ci si attendeva, ne attribuivo la responsabilità ai suoi cri­ tici, che lo avevano tirato nella polemica prima che fosse arrivato alla fine [...]. Le mie speranze, già un po’ diminuite dalla dichiarazione di Stoccarda, si ridussero a zero dopo la lettura del libro [...]. Ora è ormai chiaro che a Bemstein manca un metodo stabile, che non è per­ sona in grado di compiere la revisione promessa e che la via su cui si è messo non porta a maggiore chiarezza ed unità, ma accresce la confusione, c che la sua ulteriore attività di revisione, priva di valore teorico, può avere una sola conseguenza pratica, quella di suscitare nelle nostre file dissidi senza fine e di fornire ai nostri nemici delle armi contro di noi. Non appena me ne resi conto, cambiai opinione sui Problemi. Dovetti infatti riconoscere a me stesso di aver male inteso quelle considerazioni ambigue e vaghe [...]. E senza dubbio avevo torto, avevo commesso un grosso errore a sopravvalutare Bemstein » 121. La corrispondenza di Kautsky con Bemstein non fornisce dunque motivi sufficienti per rispondere alle domande che ci siamo posti, e le spiegazioni di Kautsky non suonano troppo convincenti. È dunque necessario ricorrere ad altri documenti, prima di tutto alla corrispon­ denza di Kautsky con gli esponenti della socialdemocrazia di quel periodo. Una fonte particolarmente preziosa è la corrispondenza col capo della socialdemocrazia austriaca, Victor Adler. Il suo pregio deriva prima di tutto dal fatto che Adler era rimasto amico sia di Bebel e Kautsky, che considerava fra i suoi pochi amici intimi, sia di Bemstein; tutti consideravano Adler con grande rispetto, e possiamo ritenere che con lui parlassero molto francamente e, scrivendogli, si preoccupassero di essere precisi nelle formulazioni. Vi sono anche altre raccolte d’ar­ chivio che contengono materiale interessante, ad esempio la vasta cor­ rispondenza fra Kautsky ed uno dei fondatori della socialdemocrazia russa, Pavel Akselrod, al quale lo legava un’amicizia iniziata a Zurigo fin dal principio degli anni ottanta. Akselrod, amico anche di Bemstein, dimostrava un grande interesse per quella polemica. Anche la corri­ spondenza, solo parzialmente pubblicata, di Kautsky con Plechanov, che partecipò attivamente al dibattito su! revisionismo, contiene pre­ ziose informazioni1”. 1:1 K. Kautsky, Die SeeschLmgc. in A’Z, NIX, 2. pp. 472-473. 1:2 Per la corrispondenza con Adler, ctr. V. Adler, Brief u.echsel...t cit.; per quella con Akselrod, IISG, Akselrod Nachlass e Kautsky N.ichlass; per quella con Plechanov Percpiskj tri'. l'ìeei'anoij.. , cit.

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Già il 21 febbraio del 1898 Kautsky scriveva a Konrad Haenisch che 1’articolo polemico contro Bemstein da lui inviato si basava in parte su un’errata interpretazione del punto di vista di Bemstein; nella conclusione aggiungeva: « Ciò che Bernstcin ha detto non si differenzia in sostanza da quanto Engels aveva scritto ncH’introduzione alle Lolle dì classe in Francia di Marx » 123124 . *128 Ma già il 9 marzo 1898 Kautskj' scriveva ad Akselrod il suo timore che fosse necessario rassegnarsi alla perdita di Bemstein, pur non disperando che, una volta riallacciato il contatto diretto col par­ tito, « nel nostro Amleto risorger?» qualcosa del vecchio combattente e di nuovo indirizzerà contro il nemico, e non contro di noi il veleno della sua critica. Ma se resterà a Londra sarà perduto per noi. Resta solo un modo per evitarlo: trasferirlo a Zurigo. Neanche questo è, a dire la verità, un mezzo sicuro, ma è l’unico che dia qualche speranza. Se potete far qualcosa in questo senso a Zurigo, dovete farlo » 12\ Questa lettera dimostra che già allora Kautsky riteneva che le idee di Bemstein andassero nella direzione opposta alla posizione della socialdemocrazia, e considerava probabile che egli si allontanasse del tutto dalla socialdemocrazia. Ricevuta quella lettera, Akselrod scriveva a Plechanov: « Kautsky, a quanto pare, è molto preoccupato del “pro­ nunciamento*’ di Bemstein » u5. Il 4 aprile 1898 Adler scriverà a Kautsky: « ho saputo da Luisa [la moglie di Kautsky] che consideri la posizione di Ede una mezza eresia e che soffri » 12fl. In risposta a questa lettera, che conteneva 123 Citato da B. A. Ajzin, Borba protiv revizionizma v germanskoj sotsialdemokraiii v konce XIX v. (1898-1899 gg.), in Germanskoe rabocee dviienie v novoe vremja, Moskva, 1962, p. 173. Va ricordato, a proposito di quest'opinione di Kautsky, che il 15 febbraio Bcbcl gli aveva scritto: « Ti invio qui allegata la Freisinnige Zeitung con un articolo di Richter, che conferma ad Ede di essere pienamente d'accordo con lui. £ la pena piu amara che potesse ricevere per il suo articolo [...]. Che cosa direbbe Engels, se vedesse come Ede oggi sta scal­ zando tutto ciò che ha aiutato a costruire » (A. Bebels Briefwechsel mit Karl Kautsky, cit., pp. 102-103). 124 Kautsky ad Akselrod, IISG, Akselrod Nachlass, A (5) 24 I. Come si deduce da una lettera scritta alla moglie quel giorno stesso, Kautsky già osservava come Bemstein si stesse allontanando dall’idcologia dell’SPD. « Acclusa ti spe­ disco — scriveva — una lettera di Akselrod. Anche lui (come Plechanov) non è molto favorevolmente colpito da Ede; tutti si irritano. Solo lui no. Hai ra­ gione: quel tono freddo, come se il partito e gli amici gli fossero indifferenti, ha colpito anche me. Nessuno è al sicuro da possibili cambiamenti d'opinione (Mauserung), ma di solito è un processo doloroso, una lotta in cui si abbando­ nano le idee per le quali si è consumata la parte migliore della propria vita. Non so che pensare di tide. E che cosa ne dice Adler? » (A. Bebels Briefwechsel mit Karl Kautsky, cit., p. XXXII). 128 Akselrod a Plechanov, 13 marzo 1898, Pcrepiska G.V. Plecbanova i P.B. Akselroda, cit., v. I, p. 205. 128 V. Adler, Briefwechsel,..., cit., p. 242.

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una parziale difesa di Bernstein, Kautsky scriveva: « Non vorrei che tu interpretassi male il mio giudizio su Ede. Di eresia, nel senso di passaggio al nemico, non è il caso di parlare. Ma Ede è diventato estre­ mamente scettico, molto piu scettico di quanto facciano supporre i suoi articoli [...]. È necessario che egli torni in contatto col partito. Forse non la penserà diversamente, ma parlerà diversamente da ora » m. Kautsky ripete poi, anche se in forma molto piu aspra che nelle lettere a Bernstein, che questi ha perso il senso di come bisogna di­ struggere le illusioni in modo da essere compresi dai membri del par­ tito, senza dare ai nemici Videa di fare delle concessioni. E qui ancora una volta Kautsky critica la forma dell’intervento di Bernstein, anzi, aggiunge di leggere con piacere le sue opere, e di trarne sempre insegna­ mento, pur dichiarando di conoscere moke persone che Bernstein non ha illuminato, ma confuso. Quanto alla proposta che Bernstein si tra­ sferisca a Zurigo provvisoriamente, come risulta dalla lettera, per sei mesi e assuma la redazione della Neue Zeit, Kautsky scrive che questo ruolo è per lui piu indicato che quello dello scrittore che si batte in prima fila. Dopo la pubblicazione nella Neue Zeit della prima parte dell’arti­ colo di Bernstein Das realistische und das ideologische Moment im SozialisfHus, Plechanov inviò a Kautsky una lettera furibonda1”, nella quale scriveva che, se la ragione era dalla parte di Bernstein, non sarebbe rimasto nulla delle idee filosofiche di Marx e di Engels e, rilevando che la critica di Bernstein era diretta anche contro il pro­ gramma di Erfurt, chiedeva perché Kautsky continuasse a tacere, se non condivideva le idee di Bernstein. Nella risposta del 22 maggio 1898 Kautsky spiegava che la causa immediata del suo silenzio era la man­ canza di tempo, e quella più lontana il desiderio di evitare il più possibile di attaccare direttamente Bernstein. Questo desiderio era giustificato dal fatto che era per lui difficile rivolgere le armi contro un vecchio compagno di lotta, a fianco del quale aveva combattuto per diciotto anni. Un altro motivo della sua condotta era la speranza che, se Bernstein avesse cambiato ambiente, sarebbero rinate in lui le antiche idee 129. Senza dubbio diversi erano i giudizi che Kautsky nei primi mesi formulava sulle concezioni di Bernstein nella corrispondenza con lui e in quella con altre persone. Kautsky non lasciava intendere a Bernstein di vedere nelle sue nuove concezioni il distacco dalla socialdemocrazia tedesca. 127 128 129

Kautsky ad Adler, 9 aprile 1898, ibidem, p. 246. Plechanov a Kautsky, 20 maggio 189S, IISG, KN, D XVIII. Cfr. Literaturnoe nasledije G.v. Plechanova, cit., v. V, p. 264.

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In una lettera della fine di luglio del 1898 a Clara Zetkin, che gli aveva scritto qualche giorno prima di non credere ad una conversione di Bernstein ** , è evidente un tono di irritazione e quasi di scusa per non aver ancora polemizzato con Bernstein131. Kautsky afferma che la sua speranza che Bernstein « mettesse giudizio » è molto diminuita. Definisce insopportabile la sua posizione di direttore della Neve Zeit, c ritiene che Bernstein deve dare le dimissioni dalla carica di collabo­ ratore fisso della rivista. Kautsky sottolinea in particolare l’opinione che la soluzione di quella situazione sia resa piu difficile dal fatto che entra in gioco la sopravvivenza materiale di Bernstein, e che a questo riguardo il partito ha verso di lui, in quanto ex direttore del Sozialdemokrat, degli obblighi. All’inizio di agosto scriveva ad Adler che l’articolo sulla teoria del valore inviatogli da Bernstein lo aveva piu « sconcertato che se avesse scritto un articolo controrivoluzionario, poiché testimonia di un incredibile regresso teorico » 13a. Ed esprimeva il timore che alla lunga la loro collaborazione sarebbe divenuta im­ possibile. All’inizio di settembre Bebel informa Kautsky da Zurigo di ri­ tenere che, se Bernstein non si troverà in un ambiente del tutto di­ verso, le sue idee non cambieranno in meglio 133. E verso la fine del mese si mostra soddisfatto perché Kautsky si è convinto che Bern­ stein non tornerà piu indietro134. Nel comunicare ad Adler l’immi­ nente rottura fra Kautsky e Bernstein, Bebel dichiara che, dopo aver discusso con Bernstein, gli è apparso chiaro che si arriverà alla rot­ tura; fin da allora ha scritto la sua convinzione a Kautsky, il quale se ne è ora accorto lui stesso133. Il 4 novembre 1898 ai rimproveri ’* C. Zetkin a Kautsky, 20 luglio 1898, IISG, KN, D XXIII, 319. , 31 Kautsky alla Zetkin, 27 luglio 1898, IISG, KN, C 762. Come si ricava dalia lettera di Bebel del 31 luglio, Kautsky non aveva ancora rinunciato del tutto a sperare che, collaborando con lui alla redazione della Neue Zeit, avrebbe potuto influire sull’atteggiamento di Bernstein (cfr. A. Bebels Briefwechsel mit Karl Kautsky, cit., p. 104). 132 V. Adler, Briefwechsel..., cit., p. 249. 133 Bebel a Kautsky, 9 settembre 1898, IISG, KN, D III 44. 134 Bebel a Kautsky. 24 settembre 1898, IISG, KN, D III 45. Bcbel si di­ chiarava convinto clic il conflitto con Bernstein sarebbe stato inevitabile. Due giorni prima Kautsky scriveva a Hugo Heller che, una volta terminata La quesiione agraria, avrebbe iniziato la polemica ed il conflitto con Bernstein: « La polemica, anche se iniziata in modo molto spassionato e amichevole, si chiude sempre con degli screzi; c in questo caso se ne può essere tanto più sicuri, perché si tratta di questioni della massima importanza [...]. Io cerco di riman­ dare il piu possibile questo conflitto, ma esso avrà luogo nel corso del prossimo inverno [...]. Puoi bene immaginare come questo sia per me doloroso» (A. Bebels Briefwechsel mit Karl Kautsky, cit., p. XXXIII). 135 Lettera del 29 settembre 1898, V. Adler, Briefwechsel..., cit., p. 252.

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di Adler1M, il quale sostiene che lui c Kautsky con la loro eccessiva durezza stanno spingendo Bernstein sempre piu « a destra », Bebel risponde che Kautsky per tutto l’anno ha combattuto per lettera e a voce con Bernstein, ma che allora credeva di poterlo ancora sal­ vare: « ci credeva anche in agosto, ma l’ultimo barlume di speranza si è spento in lui, come si spegnerebbe la tua speranza, se sapessi quello che sa Karl » lvt. Il 22 ottobre 1898 Bebel afferma in una lettera a Bernstein che egli ormai non è pivi sullo stesso terreno della socialdemocra­ zia138. E qualche giorno dopo in una lettera ad Adler si dichiara convinto che Bernstein considera ormai errato o molto dubbio tutto ciò che fino ad allora era stato considerato giusto, e che approvare la sua concezione significherebbe trasformarsi da socialdemocratici in social-liberali1W. Nello stesso periodo della lettera di Kautsky ad Adler sorge la questione dell’ulteriore appartenenza di Bernstein all’SPD. Perciò Kautsky in un certo senso rassicura Adler che egli non vuole espellere Bernstein, pur sottolineando che non si può piu pensare di superare la loro radicale divergenza di idee: « Ma non è da pensare che io ed Ede ci ritroviamo ancora. Sono rimasto fedele a questo pensiero, contro il buonsenso, più a lungo che ho potuto »14*. Qualche settimana dopo ancora una volta egli esprime la con­ vinzione che l’evoluzione di Bernstein lo porterà necessariamente fuori del partito, e che egli nuoce di più al partito standovi dentro, che non quando ne fosse ormai fuori141. All’inizio di marzo del 1899 Kautsky ribadisce che non insiste per l’espulsione di Bernstein dal partito, ma sarebbe meglio sia per Bemstein che per il partito se egli se ne allontanasse spontaneamente, dato che ormai non è più un socialdemocratico tedesco, ma un socialista inglese142. Dalla lettera sopra citata di Kautsky ad Akselrod risulta che già all’inizio di marzo del 1898 egli si rendeva chiaramente conto della divergenza fra le idee di Bemstein e quelle accolte dall’SPD, e riteneva molto probabile che queste divergenze si sarebbero ap­ profondite ed avrebbero portato ad un aspro conflitto fra Bern­ stein ed il partito. A questa conclusione lo incoraggiava anche l’os­ servazione delle reazioni che nell’ambiente del partito, forse soprat1 3a Cfr. la lettera di Adler a Bebel, 1° novembre 1898, ibidem, p. 266. 131 Ibidem, p. 270. 138 Ibidem, pp. 264-265. 139 Ibidem, p. 269. 140 Ibidem, p. 271. 141 Lettera ad Adler del 23 dicembre 1898, ibidem, pp. 281-282. 142 Lettera ad Adler dell’8 marzo 1899, ibidem, p. 294. Cfr. anche h lettera del 21 marzo 1899, ibidem, p. 304.

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tutto nei quadri dell’SPD (dato che Kautsky non aveva contatti di­ retti con le masse del partito), avevano suscitato gli ultimi articoli di Bernstein. Da questa lettera non risulta però con chiarezza se Kaut­ sky ritenesse o no giuste le idee dell’amico. Ancora in una lettera del mese seguente ad Adler egli sosteneva infatti di leggere con pia­ cere le opere di Bernstein e di trarne molti insegnamenti, criticando soltanto il modo con cui quello abbatteva le illusioni che erano vive nelle file dell’SPD. Bisognerebbe dunque ammettere che Kautsky approvava, almeno in parte, quelle concezioni. Per chiarire la sua posizione, bisogna tener conto del fatto che, come si deduce da varie fonti, in quel periodo fra gli esponenti ed i teorici della socialde­ mocrazia cresceva la convinzione che fosse necessario riesaminare una serie di affermazioni di carattere teorico e tattico sino allora accet­ tate. Questa convinzione si era formata sotto l’influenza delle condi­ zioni economiche, sociali e politiche in cui operava la socialdemocra­ zia, e anche per la nuova forza acquistata dai partiti socialdemocratici in seguito soprattutto all’aumento numerico dei loro aderenti ed ai successi elettorali143144 . Anche Kautsky nutriva questa convinzioneM4, 145 come sottolineava diversi anni dopo, chiarendo la propria posizione iniziale I43. Neppure a Bebel essa era estranea. Il 1° novembre 1898 Adler gli scriveva in difesa di Bernstein: « Forse che noi tutti non abbiamo riserve e dubbi? E se solo avessimo la tranquillità necessaria per farli fermentare, se non fossimo presi dalla routine quotidiana, chissà quan­ to sarebbero forti »146147 . Bebel ammetteva la necessità di una revisione di molte idee, ma dichiarava di non essere disposto a collaborate ad una revisione cosi audace come quella che aveva intrapreso Bernstein M7. 143 Nei 1887 l’SPD aveva conquistato nelle elezioni al Reichstag 763.128 voti, cioè il 10,12%, e, nel 1898, 2.113.073 voti, ossia il 27,23%. 144 Cfr. le sue lettere, già citate, a Bernstein dell’8 dicembre 1896 e del 30 agosto 1897, e il suo intervento a Stoccarda. Nel periodo iniziale del dibat­ tito, Kautsky scriveva nella Neue Zeitz «Non ce alcun dubbio che nella nostra vita economica e politica negli ultimi vent'anni hanno cominciato a svilupparsi aspetti, che erano ancora latenti al tempo in cui furono scritte le nostre opere fondamentali, prima fra tutte il Manifesto del partito comunista e II Capitale. La verifica (Neuprufumù. la revisione delle nostre idee divenne necessaria per questi nuovi fatti. Già molti nostri compagni l’avevano rilevato, ma nessuno è riuscito a convincerci cosi bene come Bernstein. In questo risiede, secondo me, il suo grande merito, e sento la necessità di sottolinearlo quanto più devo contrastarlo su altri punti, e quanto meno posso essere d’accordo con lui (almeno, per quanto posso dedurre dalle sue pubblicazioni fino ad ora apparse) sul metodo impiegato nella sua verifica, c sui risultati a cui è giunto» (NZ XVII, 1, p. 219). 145 Cfr. Mein Lebensuterk, in Ein Leben fiir den Sozialismus, cit 146 V. Adler, Briefwechsel..., dt., p. 266. 147 Ibidem, p. 269. 186

L’anno dopo Bebel sosteneva che la revisione del programma era ine­ vitabile: « Karl Kautsky a suo tempo formulò delle affermazioni — scriveva ad Adler — che anche dal punto di vista del marxismo non si potranno mantenere in quella forma »M*. La convinzione della necessità di mettere a confronto le conce­ zioni dell SPD con le nuove condizioni spiega la simpatia inizial­ mente dimostrata da Kautsky al ciclo di articoli Problems des Sozialismus Tale simpatia era accresciuta dal fatto che le riflessioni di Bemstein sulla politica delì’SPD sembravano convergere con le concezioni che egli stesso aveva sostenuto negli ultimi anni. Ricor­ diamo le sue idee sulla collaborazione con la sinistra liberale bor­ ghese nella lotta per la democratizzazione del regime del Reich, sulla possibilità per l’SPD di condurre una politica di compromessi pur conservando un chiaro carattere di classe. La svolta « a sinistra » di buona parte della borghesia, delineatasi nel 1897, non poteva che rafforzare questo orientamento. Questa concezione era legata alla convinzione che in Germania fossero all’ordine del giorno trasfor­ mazioni non socialiste, ma democratico-borghesi. Per Kautsky la spe­ ranza che il regime, politico esistente potesse essere immediatamen­ te sostituito dal socialismo era forse una delle illusioni piu vive alI interno dell SPD e che l'autore dei Problemi del socialismo aveva fatto bene a distruggere. Forse egli considerava un’illusione anche 1 attesa di un prossimo crollo del Capitalismo nei paesi economica­ mente più sviluppati. Come abbiamo già ricordato, Kautsky era molto scettico nei confronti delle speranze espresse in precedenza da .Engels e soprattutto — da Bebel. Condivideva anche la con­ cezione di Bemstein sui meccanismi del passaggio dal capitalismo al socialismo nei paesi a regime democratico, e la convinzione che esso sarebbe avvenuto in modo graduale e per vie legali. Quanto ad 148 Ibidem, 149

p. 337. Anche altri critici successivi del revisionismo accolsero inizialmente con

favore gli articoli di Bemstein del ciclo Problems des Soztalismus. Schònlank mise in questione la giustezza della teorìa dell’impoverimento, e inizialmente pen­

sava di pubblicare sulla Leipziger V olkszeitung da lui redatta una loro versione piu popolare (cfr. la lettera di Bemstein a Kautsky del 31 ottobre 1898. IISG, KN, D V ^64}. Mehring ammetteva di averli considerati un incitamento alla

meditazione, e solo dopo la pubblicazione dell’opera di Bemstein I presupposti affermò che fra loro vi erano grandi divergenze di opinione. Anche Labriola era convinto che « la situazione del mondo s’è molto cambiata negli ultimi anni, e si va ogni giorno più tra­ sformando — ed al marxista tocca sempre di farsi questa domanda: j che punto siamo, c teas min? » (cfr. Istituto G. Feltrinelli, Annali, 1960, p. 312). In una lettera a Luise Kautsky del 5 aprile 1899, ammetteva: « Io ho trovato utile fino a pochi mesi fa il suo [di Bemstein] atteggiamento critico* {ibidem, p. 322». La questione merita di essere studiata più a fondo.

del socialismo e ì compiti della socialdemocrazia

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alcune questioni accennate nei Problemi del socialismo, Kautsky non aveva ancora un atteggiamento ben preciso. Crediamo che questo fosse il caso delle previsioni sullo sviluppo dell’economia capitali­ stica. soprattutto sulle crisi, in conseguenza del fatto che, nonostante lo sviluppo del capitalismo, si conservavano numerosi piccoli stabi­ limenti di produzione che non si lasciavano socializzare. Della sua indecisione può essere una testimonianza il fatto che, come egli af­ fermava, aveva cambiato opinione sugli articoli di Bernstein dopo averli letti una seconda volta. Riteniamo che un mutamento sostan­ ziale di opinione abbia avuto luogo nel corso di alcuni mesi, a par­ tire dalla pubblicazione dell’articolo di gennaio sulla teoria de! crollo, fino alla fine di maggio. Tale mutamento non riguardava solamente la valutazione della funzione politica delle concezioni di Bemstein. Kautsky cominciava anche a dissentire dalle idee sulla politica del­ l’SPD contenute nei Problemi del socialismo e con le quali era ini­ zialmente d’accordo, poiché vi sentiva già l’aspirazione a fare del­ l’SPD un partito riformista. Perciò egli interpretava diversamente da prima il contenuto delle argomentazioni di Berns tei n. Cominciavano anche a cambiare le idee di Kautsky sul carattere degli attesi muta­ menti di regime in Germania, e già considerava un’eccezione la via pacifica e legale del proletariato al potere. Sul mutamento di Kaut­ sky nei confronti delle concezioni di Bemstein esercitarono un in­ flusso decisivo da una parte le reazioni con cui esse furono accolte fra i membri dell’SPD, dall’altra le reazioni fuori dell’SPD. Non è facile fare un’analisi particolareggiata dell’atteggiamento assunto dai singoli gruppi di militanti e dalle masse degli iscritti al partito: per questo sarebbero necessarie analisi particolareggiatelM. Come si deduce da molte dichiarazioni di Kautsky, egli riteneva che la grande maggioranza dei membri dell’SPD avesse accolto gli articoli di 1W Sugli umori diffusi all'interno ddl’SPD è alquanto indicativo anche il fatto che alcuni riformisti consideravano Fattività di Bemstein inopportuna dal punto di vista tattico. II. J. Steinberg, citando una lettera di Mendelson a Vollmar del 25 dicembre 1898, dimostra che Heine aveva tentato di distogliere Bemstein dal pubblicare I presupposti (cfr. op. cit., p. 111). Bemstein scriveva un quarto di secolo dopo che la sua frase, secondo cui l’SPD doveva trovare il coraggio di mostrare il suo vero carattere, e cioè di essere il partito democra­ tico socialista delle riforme, aveva accresciuto l'indignazione scoppiata nel partito contro di lui. Egli chiedeva infatti ai membri del partito qualcosa di piu del rinnegare alcune formule, nella cui giustezza avevano creduto per anni: chiedeva che fosse cambiata la definizione di « partito rivoluzionario », che aveva per loro il significato di una professione di fede quasi religiosa. Egli ammetteva che, avanzando quella richiesta, non si rendeva conto di mettere in dubbio ciò che per i lavoratori socialdemocratici era il loro simbolo di elevazione: una questione sentimentale, non razionale (cfr. E. Bernstein, F.ntwìcklungsgang cincs Sozia!iste», cit., p. 33).

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Bernstein con profonda avversione c indignazione, e che in un’altra parte questi avessero provocato scoraggiamento e incredulità verso la causa del socialismo. Tali reazioni erano accresciute anche dai commenti della stampa borghese sull’attività teorica di Bcrnstein, nella quale si vedeva un’ammissione dell’erroneità del marxismo, della precedente ideologia e politica dell’SPD 15\ Pensiamo che ciò inducesse non solo un eminente tattico e teorico come Bebel, ma anche un teorico come Kautsky a cominciare a preoccuparsi meno della verità delle conce­ zioni di Bemstein e molto piu delle conseguenze che avrebbero avuto per la socialdemocrazia. Mentre Kautsky era inizialmente incline ad attribuire queste conseguenze alla forma data da Bemstein alle sue dichiarazioni, in seguito, ci sembra, egli riconobbe che non solo la forma, ma anche il loro contenuto aveva conseguenze negative per il partito. Questa convinzione si rafforzò, quando ci si rese conto che Bem­ stein aveva più sostenitori di quanto si pensasse all’inizio in una parte dei quadri e delle masse del partito162. Già il 23 dicembre 1898 Kautsky indicava ad Adler l’influenza pericolosa di Bemstein sui giovani più inesperti dell’SPD Lo stesso egli ripeteva nella let­ tera del 7 marzo 1899, aggiungendo: « Nessuno dei giovani ha letto nulla di Marx, ma tutti lo hanno superato, e questo è stato ora san­ zionato da Ede »,M. E Bebel scriveva ad Adler che la faccenda di Bemstein non avrebbe avuto importanza « se avessimo un solo Bem­ stein, ma ce n’è tutta una schiera, anche in importanti posti di par­ tito »165. 151 Cfr. la nota 35. Cfr. anche l’articolo di J. Wolf lllusionisten und Rea­ liste» in der Nationaldkonomie, in Zeitschrift fiir Sozialwissenschaft, 1898. Hcft 4. Anni dopo Bernstcin dichiarava che i commenti della stampa non socialdemo­ cratica avevano accresciuto nel partito l’ostilità nei suoi confronti (cfr. E. Bem­ stein. Entuticklungsgang eines Sozialisten, cit., p. 26). Le reazioni della stampa ostile alla socialdemocrazia influirono anche moltissimo suU'aneggiamcnto di Labriola nei confronti di Bemstein, al quale scriveva il 20 maggio 1899: «Ma con vera indignazione ho visto l’uso e l’abuso del tuo nome qui, in Italia. Xoo hai motivo di essere fiero di questa gloria inattesa! Qui in Italia, forse solo tre o quattro persone hanno letto il tuo libro. I quotidiani clericali e conservatori, le cosiddette riviste sociali ecc., hanno diffuso dappertutto il nome tuo e del signor Merlino, per proclamare nel nome tuo e del signor Merlino lo sfacelo, la crisi, l’agonia, la fine del marxismo, e perfino del socialismo*, (1st ini to G. Feltrinelli, Annali, 1960, pp. 330-331). Le opinioni degl» esponenti principali dell’SPD sulla questione non erano inizialmente chiare e concordi. Liebknecht, ad esempio, da tempo aveva per Berttsrein un’ostilità personale, e ne minimizzava l'intìuenza. Cfr. le sue lettere a Plechanov del 31 ottobre 1898 e dell’ll novembre 1898. in LHer