Il dinamismo della coscienza. Il contributo di Lonergan ad una 'filosofia' della formazione 8834300610

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Il dinamismo della coscienza. Il contributo di Lonergan ad una 'filosofia' della formazione
 8834300610

Table of contents :
INDICE
Introduzione
Parte 1 - La questione formazione
1. La 'formazione' come 'nuovo' modo diparlare del dato educativo-formativo
2. Pensare 'filosoficamente' la formazione
Parte 2 - Il 'sistema' coscienziale lonerganiano
3. Il quadro di fondo
4. Il dinamismo coscienziale del soggetto
5. Lo sviluppo della coscienza
Parte 3 - Il pensiero di Lonergane la formazione della coscienza
6. Elementi di una 'filosofia'della formazione
7. Lonergan e il mondo della pedagogia:spunti per la teoresi e l'azione formativa
Conclusioni
Bibliografia

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SCIENZE PEDAGOGICHE - 7

Pierpaolo Triani

Il dinamismo della coscienza e la formazione Il contributo di Bemard Lonergan ad una 'filosofia' della formazione

-�f+\�-Vi TA E PENSIERO

Pubblicazioni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore Milano 1998

È vietata la riproduzione non autorizzata, anche parziale, neppure per uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata. L'editore potrà concedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre una porzione non superiore a un decimo del presente volume. Le richieste di riproduzione vanno inoltrate ali'Associazione Italiana per i Diritti di Riproduzione delle Opere dell'ingegno (AIDRO) - via delle Erbe, 2 - 20121 Milano, te!. e fax 02/80.95.06.

© 1998 Vita e Pensiero - Largo A. Gemelli, 1 - 20123 Milano ISBN 88-343-0061-0

INDICE

Introduzione

XI PRIMA PARTE

La questione formazione I.

La 'formazione' come 'nuovo' modo di parlare del dato educativo-formativo 1. 2. 3.

II.

La polivalenza del termine L'espansione della 'formazione' Alcune ragioni di una crescente centralità della nozione di 'formazione'

3 4 9 13

Pensare 'filosoficamente' lafonnazione

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1. Pensare alla formazione e pensare la formazione 2. L'indirizzo fenomenologico 3. L'indirizzo personalista-cattolico 4. L'indirizzo costruttivista-autobiografico 5. L'indirizzo clinico 6. L'indirizzo critico 7. La circolarità tra pedagogia e filosofia

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VI

INDICE

SECONDA PARTE

Il 'sistema' coscienziale lonerganiano III.

IV.

Il quadro di fondo

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1. La storia di formazione di B. Lonergan 1.1. Contesti, orizzonti, interessi 1.2. Vita di Lonergan

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2. Le linee guida del pensiero di Lonergan 2.1. Oltre l'arretratezza verso l'attualizzazione del sapere: 'un pensare all'altezza dei tempi' 2.2. Dalla centralità della logica alla centralità del metodo 2.3. Oltre il concettualismo verso una comprensione delle operazioni della mente umana 2.4. Al di là del mito del vedere: la proposta di un realismo critico 2.5. Oltre il teoreticismo per un'analisi dell'intenzionalità 2.6. Dalla mente, alla coscienza, al soggetto

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Il dinamismo coscienziale del soggetto 1. 2. 3. 4.

La nozione di coscienza Le operazioni della coscienza Le operazioni sono intenzionali e consce I diversi livelli d'intenzionalità e coscienza 4.1. La vita non cosciente 4.2. Il livello frammentario del sogno 4.3. Il livello empirico 4.4. Il livello intellettuale 4.5. Il livello razionale 4.6. Il livello responsabile 4.7. I sentimenti, i simboli, la coscienza 'innamorata' 4.8. Le credenze

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INDICE

V.

VII

5. La relazione tra i livelli della coscienza 5.1. Uno schema dinamico. La progressività circolare 5.2. Più operazioni, un unico soggetto 6. I due tipi di intenzionalità 6.1. L'intendere categoriale e trascendentale 6.2. Le operazioni prese nel loro intendere trascendentale costituiscono il metodo trascendentale 6.3. Il metodo trascendentale porta ad una teoria della conoscenza, ad una epistemologia, ad una metafisica trascendentale 7. La coscienza aperta, interrogante, autotrascendente 7.1. Aperta 7.2. Interrogante 7.3. Autotrascendente

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Lo sviluppo della coscienza

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1. La nozione di sviluppo 1.1. Cambiamento, sviluppo, progresso 1.2. La nozione euristica di sviluppo 2. Lo sviluppo come processo di differenziazione 2.1. Lo sviluppo umano e i tipi di esperienza 2.2. Lo sviluppo della coscienza e gli ambiti di significato 3. La centralità del significato 3.1. Gli elementi del significato 3.2. Le funzioni del significato 4. Lo sviluppo coscienziale del soggetto e gli ambiti di significato 4.1. Il mondo immediato 4.2. La comparsa del linguaggio e il suo sviluppo 4.3. Gli ambiti di significato: caratteri di fondo 4.4. L'ambito del senso comune e la coscienza 'indifferenziata' 4.5. L'ambito della teoria e la coscienza teoretica

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VIII

5.

6. 7. 8.

INDICE

4.6. L'ambito dell'interiorità e la coscienza critica 4.7. L'ambito della trascendenza e la coscienza religiosa 4.8. Gli ambiti dell'arte e della scholarship 4.9. Considerazioni finali sugli ambiti di significato Lo sviluppo coscienziale e lo sviluppo delle culture 5.1. Primo stadio: la cultura prefilosofica e prescientifica 5.2. Secondo stadio: la cultura classica 5.3. Terzo stadio: la cultura moderna Lo sviluppo coscienziale e l'autenticità Lo sviluppo coscienziale e le 'conversioni' 7.1. Il progresso e il declino La coscienza polimorfa

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TERZA PARTE

Il pensiero di Lonergan e la formazione della coscienza VI.

Elementi di una 'filosofia' dellaformazione

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1. Alcune premesse 1.1. La questione formazione in Lonergan: formazione, formazione dell'uomo, formazione della coscienza 1.2. Coscienza e formazione: il punto di vista esterno e il punto di vista interno 1.3. Il senso di una 'filosofia' della formazione 2. La 'forma' della formazione: la significazione costitutiva 2.1. Primo passo: un impulso a priori e il flusso di coscienza 2.2. Secondo passo: l'organizzazione del mondo del soggetto 2.3. Terzo passo: le componenti della riorganizzazione 2.4. Quarto passo: la (ri)significazione costitutiva 3. Il contesto della formazione

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IX

INDICE

4. 5. 6. 7. 8.

9. 10. VII.

3.1. Il fattore individuale 3.2. Il fattore intersoggettivo 3.3. Il fattore culturale 3.4. Il fattore storico 3.5. Il fattore religioso L'esigenza formativa: l'autenticarsi Il dinamismo della formazione: l'autotrascendenza Le 'rotture formative': le conversioni Lo 'scacco' alla formazione: le deformazioni Il metodo formativo: l'auto-appropriazione 8.1. La nozione generale di auto-appropriazione ed una precisazione 8.2. L'auto-appropriazione come auto-appropriazione delle operazioni in generale 8.3. L'auto-appropriazione delle operazioni rispetto alle esigenze e ai singoli ambiti di significato 8.4. Auto-appropriazione, ambiti, aree disciplinari I due vettori del processo di formazione e i due vettori del metodo Il promotore della formazione: l'educazione

Lonergan e il mondo della pedagogia: spunti per la teoresi e l'azione formativa 1. La crisi di crescita della cultura contemporanea, il primato dell'interiorità, l'auto-appropriazione 1.1. Una lettura dinamica delle culture 1.2. La crisi di crescita 1.3. La centralità dell'interiorità 1.4. Formazione ed interiorità: auto-appropriazione 1.5. Lonergan, filosofie della mente, metacognizione 2. Formazione, coscienza unitaria e coscienza polimorfa 2.1. Unità e pluralità 2.2. Note sulle pluralità 2.3. Le intelligenze multiple di Gardner

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X

INDICE

3. 4. 5.

6. 7.

2.4. Bruner: il pensiero paradigmatico e il pensiero narrativo Formazione, orizzonte personale, vivere ordinario Formazione, simboli e domande Formazione e 'metafisica' 5.1. Delimitazione del discorso 5.2. Da una posizione sulla metafisica ad una applicazione formativa 5.3. La possibilità di una lettura integrativa: la posizione di Lonergan Un ultimo breve spunto: il paradosso della formazione Verso le conclusioni con un 'cantiere aperto'

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Conclusioni

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Bibliografia

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Introduzione

Formazione è una di quelle parole il cui significato è talmente 'denso', da rischiare, continuamente, l'ingenerarsi di confusioni e malintesi. Occorre perciò, fin dall'inizio, fare una precisazione. Pur tenendo presente l'accezione di formazione come processo di comparsa-assunzione di una forma da parte di qualsiasi realtà (fisica, biologica, psichica, ecc.), nel corso di questo lavoro con formazione si intende, generalmente.formazione umana, ossia il processo-assunzione di una forma da parte dell'uomo. Anche considerata in questa accezione 'ristretta', comunque, la parola formazione rimanda ad una pluralità di significati e di pratiche di non facile tematizzazione; pluralità che verrà ripresa più volte nelle pagine di questo volume. Nonostante tale densità (o forse grazie ad essa), il termine formazione ha vissuto in questi anni, nel contesto italiano, un processo di crescita. Innanzitutto, nell'utilizzo all'interno dei più diversi campi del conoscere e dell'operare, e, in secondo luogo, nel 'prestigio' culturale, fino alla costituzione delle Facoltà di Scienze della Formazione. Il mondo della pedagogia non è rimasto estraneo a questo fenomeno; al contrario, ha progressivamente reso la formazione una delle proprie categorie chiave, muovendosi lungo due princi­ pali vie di lavoro, interconnesse tra loro. La prima via si caratteriz­ za per una curvatura più operativa. In questa strada sono fatti oggetto di studio i caratteri dell'azione formativa, i suoi elementi basilari e strutturali, le sue valenze organizzative, sociali, persona­ li, i metodi, le tecniche. La seconda via ha una curvatura maggior­ mente teoretica. In essa si cercano i caratteri fondamentali e fon­ danti del processo formativo presi nel loro insieme; caratteri fon­ danti a cui la stessa azione, deliberatamente scelta, può rifarsi.

XII

INTRODUZIONE

Entrambe le vie, comunque, hanno messo in luce quanto, ac­ canto all'ascesa del termine formazione, si accompagni una proble­ matizzazione, caratterizzata da innumerevoli domande. Si posso­ no fornire, limitandosi alla via teoretica, alcuni esempi: Cosa si­ gnifica formazione in pedagogia? Perché questa nozione ci appare oggi tanto importante? Quanto è davvero importante? Dove sono le radici del suo significato? Quale può essere il suo futuro? Quali modalità teoreticamente fondate possono essere messe in atto? La formazione appare, così, come una 'questione' che, oltre ad una problematicità politica, sociale, economica, presenta una pro­ blematicità teoretica che chiede di essere assunta. E se questo approfondimento teoretico richiama il contributo di una moltepli­ cità di 'sistemi di sapere', ad esso concorre in maniera determi­ nante il mondo pedagogico. La pedagogia, nell'insieme dei suoi saperi, ha tra i suoi compiti fondamentali il pensare la formazione e a questo campo di rifles­ sione stanno contribuendo, ormai da tempo, anche in Italia, diversi autori. Essi, pur nella diversità delle loro conclusioni, concordano sulla necessità e sull'urgenza di sottoporre la nozione di formazio­ ne, nella polivalenza dei suoi significati e delle sue valenze opera­ tive, ad un pensare rigoroso, coraggioso, non riduttivo. Senza una riflessione teoretica, attuata da coloro che dentro il pedagogico operano, elaborano, comunicano, l'approfondimento sulla forma­ zione risulterebbe drammaticamente impoverito. Dentro la via teoretica, naturalmente, si inseriscono una plura­ lità di approcci. In questa ricerca è preso in considerazione, prin­ cipalmente, l'approccio definibile come 'pensare filosoficamente' la formazione, intendendo qui confilosofia lo sforzo di compren­ sione ed interpretazione delle costanti, delle rotture, dei vincoli, delle possibilità, delle direzioni di senso, delle strutture di una data realtà. La convinzione della centralità di una riflessione teoretica-filo­ sofica in merito alla 'questione formazione' e dell'importanza di un suo sviluppo è un elemento basilare del presente lavoro e ne rappresenta, in un certo senso, il contesto fondamentale. Perciò, la prima parte è dedicata all'approfondimento della 'questiòne for­ mazione'. In essa, l'intenzione è quella di descrivere le ragioni dell'attuale crescita di utilizzo e di problematicità della 'formazio-

INTRODUZIONE

XIII

ne' che sembra caratterizzare anche il nostro paese e, insieme, di delineare alcuni dei principali indirizzi che, in Italia, all'interno di un contesto pedagogico, cercano di pensare filosoficamente la formazione. Vi sono dunque dei confini, geografico (in Italia) e temporale (ai nostri giorni), da cui si parte. Anche il 'semplice' pensare filosoficamente la formazione dentro la pedagogia ha, evidentemente, una estensione ben più ampia che raggiunge i grandi pilastri del pensiero filosofico e pedagogico. Perché allora questo punto di partenza? La ragione è semplice: mi è sembrato opportuno partire da dove 'abito', da quello che è il territorio culturale in cui dimoro. Partire, però, per uscire, per esplorare, per fare nuovi incontri e scoperte, per 'fare ritorno' arricchito. Per questo, con la seconda parte, ho inteso uscire dai miei primi confini per percorrere una singola strada sulla quale incon­ trare un autore preciso: Bernard Joseph Francis Lonergan (19041984). Si tratta di una strada particolare ed insieme significativa. Lonergan ha studiato il processo formativo dell'uomo pur non appartenendo, propriamente, al mondo della pedagogia; ha opera­ to anche in Italia, ma dentro un orizzonte culturale ben più vasto. Occorre soffermarsi, un momento, su queste caratteristiche. a) Studioso dei processi di formazione della coscienza umana Canadese, gesuita, insegnante e studioso, Lonergan fu soprattutto un filosofo e, ancora di più, un teologo. Sia come filosofo che come teologo si interessò soprattutto ai 'processi' con cui l'uomo in generale, e poi il filosofo, il teologo, cresce, si sviluppa, opera. Benché 'ufficialmente' estraneo al mondo della pedagogia, il com­ plesso delle sue opere presenta un pensiero molto articolato e ricco rispetto ai temi della conoscenza, della mente, della coscien­ za del soggetto, studiata nell'insieme del suo dinamismo, del suo sviluppo, delle sue peculiari operazioni. Vi è, così, nei temi loner­ ganiani una valenza pedagogica (primariamente teoretica, ma non solo) che il presente studio vuole mettere in luce 1• I Inoltre, al di là dei singoli contenuti, l'opera di Lonergan nel suo insieme, evoca mteressanti affinità tra una 'mente teologica' e una 'mente pedagogica', tra un sapere

XIV

INTRODUZIONE

b) Un autore dalla pluriappartenenza culturale

Lonergan non è facilmente inquadrabile dentro una sola scuola di pensiero, o dentro un unico riferimento culturale. Egli è un autore caratterizzato da una pluralità di appartenenze culturali. Questa pluralità può essere riscontrata innanzitutto nella esten­ sione 'territoriale' del suo operare. Egli studiò in Canada, in Inghilterra, a Roma; così come operò da insegnante e studioso sia nel continente europeo (principalmente a Roma) che nell'America del Nord. Siamo, perciò, di fronte ad un uomo.che ha potuto incontrarsi e confrontarsi direttamente con diverse prospettive di pensiero del nostro tempo, sperimentando direttamente il rapporto tra idee, costumi, contesti culturali differenti. In secondo luogo, la pluralità di appartenenza culturale risiede nell'estensione 'delle competenze'. 'Studioso' per professione, egli si richiamò costantemente a saperi teologici, filosofici, scien­ tifici, storici, nella piena consapevolezza della peculiarità di pro­ spettiva e di proceduralità di ciascuno di questi saperi. In terzo luogo, dobbiamo guardare all'estensione 'temporale' della sua opera. Egli dialogò tanto con il pensiero antico quanto con il pensiero moderno e contemporaneo. Si confrontò con Plato­ ne, Aristotele, Agostino, Tommaso, così come con Hume, Berke­ ley, Kant, Hegel, Marx, Dilthey fino ad arrivare alle diverse cor­ renti contemporanee. È stata una costante fondamentale del suo operare questo intrecciare l'antico e il contemporaneo nel tentati­ vo di comporre un nuovo quadro di sapere. Vi è un dato biografico che esemplarmente rappresenta questa sua capacità di dialogare con più epoche e con mondi diversi. Lonergan insegnò a Roma, alla Gregoriana, i tradizionali trattati teologici parlando in latino, come era uso nelle Università Pontificie prima del Concilio Vati­ cano II. Negli stessi anni, d'estate, si spostava in Canada o negli Stati Uniti dove teneva, in lingua inglese, seminari di studio in cui metteva all'opera un serio confronto con le correnti contemporateologico e u1i ,a;1ere pedagogico. Queste affinità sono qui registrate ma non vengono affrontate direttamente nel corso del presente studio. Rimangono sullo sfondo come un grande 'tema', certo dai confini così ampii da essere forse scoraggiante, ma che non può per questo essere ignorato o dimenticato dalla teoresi propria della pedagogia.

INTRODUZIONE

xv

nee. Il corso estivo sull'educazione, tenuto nel 1959, ad esempio, lo vide impegnato nel richiamarsi a Dewey e a Piaget. La pluralità delle appartenze non ha significato però in Loner­ gan dispersione. Al contrario, gli permise di non chiudersi in piccole cittadelle culturali, ma di cercare sempre le linee essenzia­ li che sorreggono il pensare e il vivere umano. Filosofo realista (realista critico come lui amava chiamarsi) e teologo cattolico, sia per storia personale che per scelta, egli ha sempre cercato di elaborare un sapere che facesse seriamente i conti con le questioni dell'unità e della pluralità dei saperi e dei mondi. Il vasto orizzonte tematico e culturale di Lonergan può permet­ tere così a colui che opera teoreticamente nel mondo pedagogico di attraversare un territorio dove anche il proprio orizzonte si allarga, si approfondisce e si arricchisce. Dove i propri pensieri e le proprie questioni messi a confronto con autori e temi di grande portata assumono nuova luce e nuova sistemazione. Ma come attraversare questo territorio senza perdersi? Questo rischio ha richiesto la presenza di una direzione e per questo, nella presente ricerca, il pensiero di Lonergan è esposto attraverso un preciso filo conduttore: la coscienza umana nel suo dinamismo e nel suo sviluppo. La maggior parte della seconda parte è dedicata all'analisi dettagliata di questa visione lonerganiana della coscien­ za; una visione così articolata da poter essere definita una sorta di 'sistema coscienziale'. Questo filo conduttore permette, natural­ mente, di organizzare una molteplicità di dati, ma, dall'altro lato, opera come filtro, lasciando perciò dietro di sé tanti fattori che un nuovo tema metterebbe in luce in maniera diversa. Perché si è scelta la tematica della coscienza? La ragione sta nel fatto che Lonergan ha elaborato un pensiero articolato e com­ posito sulla coscienza, mentre non ha elaborato, esplicitamente, un pensiero sistematico sulla formazione. Nonostante questo però la sua visione coscienziale, anche ad una prima analisi, richiama costantemente il dato della formazione. La coscienza, secondo Lonergan, è intrinsecamente segnata da un processo formativo, così come la formazione non si attua pienamente se non attraverso una appropriazione della propria coscienza. Si arriva, così, alla prima ipotesi di questo studio, secondo la quale l'elaborazione teoretica di Lonergan in merito alla coscien-

XVI

INTRODUZIONE

za contiene una serie di elementi tali da costituire una sorta di filosofia della formazione. Qui il termine filosofia è inteso nella specifica accezione che gli dà Lonergan stesso, per il quale la filosofia è il pensiero sistematico 'trascendentale' del soggetto sui propri processi coscienziali. La filosofia della formazione, sareb­ be così una elaborazione sul processo formativo basata sulla com­ prensione, da parte del soggetto, dei dati coscienziali che costitui­ scono la formazione stessa. Questa accezione di filosofia, però, non sostituisce quella data nelle pagine precedenti come sforzo di comprensione delle costanti, delle rotture, ecc., quanto piuttosto la specifica in rapporto ad altre nozioni elaborate da Lonergan stes­ so. Così l'affermare che Lonergan offre un contributo alla 'filoso­ fia' della formazione richiama, nel contesto globale della ricerca, sia l'accezione ampia che quella ristretta del termine 'filosofia'. Gli elementi della 'filosofia' della formazione di Lonergan sono presentati e analizzati nel capitolo sesto, il primo della terza parte, appositamente dedicata a considerare le implicanze delle opere di Lonergan sul pensare la formazione. Si percorre la strada di Lonergan per allargare gli orizzonti e per arricchire il mondo da cui si è partiti. Così la prima ipotesi porta alla chiara esplicitazione di una seconda, per la quale il pensare filosoficamente e teologicamente la formazione da parte di Loner­ gan può rappresentare un contributo importante non solo alla riflessione teoretica-filosofica ma alla riflessione pedagogica sulla formazione nel suo insieme. All'approfondimento di questa ipote­ si è dedicato il settimo capitolo che è, perciò, sorretto da una domanda: In che modo Lonergan può contribuire all'attuale 'que­ stione formazione' che caratterizza il mondo della pedagogia? Questo settimo capitolo è, per continuare la metafora del viag­ gio, il capitolo del 'ritorno' nel 'proprio territorio'. E come quan­ do si parte si deve, comunque, optare per una direzione, ritornan­ do a casa da una esplorazione si deve scegliere cosa riportare con sé. Ho deciso di ricondurre dall' 'esplorazione' alcune linee fonda­ mentali, alcuni nodi problematici, alcuni confronti 'virtuosi' con autori generalmente noti al mondo pedagogico italiano. Come i cercatori d'oro, se mi è permesso questo paragone un po' fiabesco, portando solo alcuni frammenti aurei suscitavano negli altri il

INTRODUZIONE

XVII

desiderio di inoltrarsi in un nuovo territorio, così vorrebbe fare il presente studio. Non tutta la ricchezza del pensiero di Lonergan e le sue implicanze sono state riportate, ma la speranza è che ciò che si mostrerà nel corso di questo lavoro possa far cogliere l'impor­ tanza dell'autore e la sua forza di ampliare gli orizzonti della teoresi pedagogica. Infine una nota di metodo. 11 pensiero di Lonergan, anche limitandosi alle opere più mature, abbraccia almeno trentacinque anni di attività, dagli scritti sul Verbum del 1946 agli scritti degli anni Settanta. In questo vasto arco di tempo, segnato da una profonda coerenza ed insieme dinamicità di pensiero, ho dovuto fare alcune scelte, insieme dettate da dati contingenti e da una precisa deliberazione. I dati contingenti sono l'esistenza di non molti sclitti di Lonergan tradotti in lingua italiana e la non facile repelibilità degli scritti originali. Ho potuto così fare riferimento alle principali opere di Lonergan, come Insight e The Method in Theology (studiati sia nel testo originale che nella traduzione italiana) ed altre opere importanti come Understanding and Being, Topics in Education, The Subject, ma non ho potuto pren­ dere in esame altri scritti importanti, soprattutto quelli elaborati tra il 1960 e il 1965. Il confronto però con gli scritti dei più attenti studiosi di Lonergan mi ha permesso di rimediare, un poco, a questo limite. La deliberazione è in connessione al carattere dina­ mico del pensiero di Lonergan. L'autore canadese parla della coscienza in tutte le sue opere, con molti elementi comuni, ma anche con alcune differenze. Quali posizioni vanno assunte? Ho scelto di 'ricomporre' (non eliminare) le differenze prendendo come punto di riferimento principale The Method in Theology, la quale, pur essendo anch'essa un opera 'provvisoria', presenta bene la struttura di fondo e la molteplicità di aspetti propri della visione lonerganiana della coscienza. Ringraziamenti Un particolare ringraziamento al prof. L. Guasti, al prof. D. Demetrio e al prof. N. Spaccapelo, per le loro osservazioni e consigli. Viva gratitu­ dine rivolgo anche al prof. E. Agazzi, al prof. D. Mongillo, alla prof.ssa

XVIII

INTRODUZIONE

R. Finamore, al prof. L. Bertocchi, al prof. G. Benelli, alla dott.ssa A. Olivieri e a M. Bertocchi, purtroppo recentemente scomparso. Inoltre vorrei esprimere la mia gratitudine all'insieme dei professori del Dotto­ rato di Ricerca in Pedagogia dell'Università degli Studi di Bologna che mi hanno accompagnato nel corso di questo lavoro.

PRIMA PARTE

La questione formazione

CAPITOLO PRIMO

La 'formazione' come 'nuovo' modo di parlare del dato educativo-formativo

Ci sono termini che si utilizzano nel vivere ordinario senza creare, apparentemente, grandi equivoci. Il contesto d'uso e le 'regole del gioco' designano un significato su cui i diversi interlocutori sem­ brano concordare. Ma se questi termini vengono fatti oggetto di riflessione, la loro apparente univocità e chiarezza si frantuma, improvvisamente, per fare spazio ad una sorta di intreccio (o addirittura intrico) di significati il cui aspetto è, a dire poco, poliedrico. Di fronte a termini come persona, conoscenza, filoso­ fia, scienza, tanto per citarne alcuni, si è come in presenza di un 'caleidoscopio' culturale dove, al posto di piccoli pezzi di vetro colorato, abbiamo diverse tradizioni linguistiche, diverse correnti filosofiche, diversi usi sociali, che si incrociano tra di loro dando origine ad una continua pluralità di figure. Senza dubbio, il termi­ ne italiano 'formazione' può essere certamente inserito nell'elen­ co di questi termini estremamente polisemici. Il termine formazione, infatti, spazia dall'ambito biologico, all'ambito storico, a quello letterario, ma è soprattutto nel campo della riflessione pedagogica, in stretta connessione con quella filosofica, che esso presenta i caratteri di maggiore complessità. Nel campo pedagogico, infatti, non solo confluisce la ricchezza del termine nella sua generalità, ma esso acquista una ulteriore problematicità in merito al rapporto e distinzione tra formazione tout court e la nozione diformazione umana, la quale rappresenta lo specifico campo di sapere del pedagogico. Tutti gli studiosi, legati all'ambito pedagogico, che hanno te­ matizzato il nodo della nozione di formazione ne hanno messo in luce il carattere complesso. In modo esemplificativo, può essere riportato quanto scrivono F. Cambi ed E. Frauenfelder in alcune pagine che saranno riprese più volte nel corso del presente capito-

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

lo. « Va - anzi - subito rilevato che tale nozione [formazione ndr.], così come si è venuta definendo e come è venuta operando nella pedagogia occidentale, è forse la categoria pedagogica più alta, più ricca, e più complessa, che meglio di altre viene a indicare, a segnare il limite (il concetto limite) della pedagogia» 1 • L'ampiezza dello spettro che la nozione di formazione porta con sé non può essere, ovviamente, affrontata all'interno di questo capitolo. Lo scopo è molto più ristretto. Intendendo il termine formazione in primo luogo nella sua più peculiare connotazione pedagogica che è 'formazione umana', si vuole: - richiamare la polivalenza del termine e al suo interno fare una scelta di campo; - sottolinearne l'uso crescente fino a diventare un nuovo modo di parlare dell'educativo; - esporre alcune ragionifondanti tale attenzione e diffusione. I. La polivalenza del termine Già ad un primo, e neanche troppo approfondito, 'sguardo' anali­ tico, 'formazione' richiama, nel nostro contesto culturale, almeno tre significati: a) il processo bio-antropologico-sociale attraverso il quale il soggetto umano si struttura; b) il processo di crescita dell'io e del sé, propri di ogni indivi­ duo; c) l'attività intenzionale, strutturata, finalizzata ad un qualche cambiamento2 • La stretta vicinanza tra i primi due significati, permette anche di parlare semplicemente di un duplice senso: ilformarsi e ilfare formazione; il processo e l'attività. La questione del significato si complica ulteriormente quando si deve necessariamente considerare il termine formazione in rap-

1 F. CAMBI - E. FRAUENFELDER, Introduzione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione. Studi di pedagogia critica, Edizioni Unicopli, Milano 1994, p. 22. 2 Cfr. ibidem.

LA «FORMAZIONE» COME «NUOVO» MODO DI PARLARE

5

porto agli altri termini cruciali del mondo pedagogico, cercando di precisarne affinità e distinzioni. Che cosa distingue formazione da educazione? Oppure da istruzione, apprendimento, addestra­ mento? Di fronte a domande di questo tipo, la complessità del signifi­ cato, e il suo 'intrico', crescono in modo tale da chiedere, a chi elabora un sapere pedagogico, una presa di posizione. Ossia, chi voglia usare con ragionevolezza e spirito critico il termine forma­ zione deve cercare di definirne la portata che lo collega e lo distingue da altri significati. È ciò che fanno, ad esempio (ma prendiamo solo due esempi paradigmatici3 ) P. Goguelin, nella prospettiva della formazione come attività legata soprattutto ali'ambito professionale o comunque extrascolastico, e A. Grane­ se, nel campo di una 'stretta' teoresi pedagogica. Goguelin nell'opera La formazione animazione presenta una sua proposta di differenziazione tra educare/educazione, istrui­ re/istruzione e formare/formazione. Educare, per l'autore francese, richiama il significato di con­ durre fuori, condurre oltre. Esso rimanda così al significato di 'elevare'. Elevare il corpo, lo spirito, la mente, in riferimento a dei valori che si pongono come fini ultimi a cui tendere. L'educazione è sostanzialmente lo scopo dell'educare ed è «legata alla cultura, alla civiltà, quindi ai valori» 4. Istruire rimanda a struere, accatastare materiale, e significa fondamentalmente dare in possesso nuove conoscenze una di seguito all'altra. Nel suo senso letterale, secondo Goguelin, evoca l'idea di riempire la testa. L'istruzione, perciò, si presenta come quell'azione mirante soprattutto a riempire il vuoto di sapere (generalmente i cosiddetti sapere e saper fare) che un soggetto può avere. Cfr. ad esempio, tra gli alti-i, R. MASSA, Istituzioni di pedagogia e scienze dell "educazio­ ne, Laterza, Bari 19956 (1990), pp. 568-569. 4 P. GoGUELIN, Laformation-animation. Une vocation, Edition ESF, Paris 1987, ed. it. La formazione animazione, !sedi, Torino 1991, p. 53. 3

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

Formare invece richiama il «dare l'essere e la forma» 5 • La formazione, molto più dell'istruzione, implica un cambiamento delle persone più profondo. Se in Goguelin è chiara la distinzione tra istruire e formare, più sfumata appare la distinzione tra formare ed educare. Entrambi i termini riguardano la persona nel suo 'essere', ma mentre l'educa­ zione riguarda tutto l'uomo e i suoi valori, la formazione sembra riguardare esplicitamente solo degli aspetti particolari (general­ mente delle competenze) e solo implicitamente dei valori. Questa distinzione dai contorni così sfumati appare oggi molto diffusa, fino a rappresentare un presupposto di molti discorsi pedagogici. Nella sua proposta di una pedagogia critica, che verrà ripresa nel prossimo capitolo, Granese è attento a distinguere tra forma­ zione ed educazione, formazione ed apprendimento. Formazione è la nozione fondamentale del pedagogico e porta in sé, almeno un duplice senso6 • Scrive Granese: «È ora necessario insistere sul duplice senso (ma vi possono essere ulteriori 'sdop­ piamenti') in cui può essere assunto il termine formazione: da un lato il formarsi, dall'altro l'essere formato (qui il participio può significare l'esito di un qualunque processo, il suo completamen­ to, la sua compiutezza, così come può riferirsi all'attività del formare)»7 • Educazione invece è 'soltanto' una delle modalità attraverso le quali il soggetto si forma8 • Essa è essenziale al formar-si umano9 ma non è condizione sufficiente 10 • Educazione, in senso più speci­ fico, può essere così definita come «una modalità (o anche la 5

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/bi, p. 46.

Il duplice senso di Granese va ad arricchire quello sopra riportato in quanto 'l'essere formato' è inteso nel doppio senso di 'essere sottoposto ad azione formativa' e 'raggiun­ gere una determinata forma'. 7 A. GRANESE, Il labirinto e la porta stretta, La Nuova Italia, Firenze 1993, p. 193. Una sintesi puntuale della propria posizione si trova in A. GRANESE, Il concetto di formazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), Laformazione... , pp. 107-132. • Cfr. GRANESE, Il concetto di formazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione..., p. 111. 9 Cfr. ibidem. 1 ° Cfr. GRANESE, Il labirinto e la porta stretta, p. 194.

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modalità) del formar-si umano sulla base e nella forma di intera­ 11 zioni infraspecifiche (sociali)» . La stessa dipendenza verso la formazione ha, in Granese, la nozione di apprendimento. L'apprendimento è una modalità (un modo d'essere) della formazione, ma «ciò non implica affatto che la formazione in generale si risolva in processi di apprendimen­ to» 12_ In sintesi, mentre la posizione di Goguelin lascia sullo sfondo la nozione di educazione, Granese percorre invece una strada che conduce ad una distinzione dove la formazione è nozione generale e, correlativamente, educazione ed apprendimento sono nozioni particolari, più specifiche e comunque dipendenti dalla prima. Infine il quadro si complica ulteriormente quando, dal tentativo di una 'definizione'che tenga conto degli altri termini, si passa a considerare le etimologie, le diverse storie dei termini e dei signi­ ficati, i diversi filoni culturali. Dietro la parola italiana formazione si trovano, a seconda dell'uso, la tradizione della paideia e della Bildung 13 , oppure la tradizione del training inglese o dellaforma­ tion francese. Tutti termini che, a loro volta, hanno una loro storia e una loro polivalenza 14. " /bi, p. 199. 12 /bi, p. 201. 13 Per una introduzione alla nozione di paideia e Bildung e ai loro diversi modelli cfr. F. CAMBI, / grandi modelli della formazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La fonnazione... , pp. 37-76. Per una prima panoramica delle diverse accezioni di Bildung, analizzate all'interno del mondo tedesco, cfr. F.X. EGGERSDORFER, voce Formazione, «Dizionario Enciclopedico di Pedagogia», Editrice S.A.I.E., Torino 1961. Per una analisi dello sviluppo storico del concetto di Bildung, cfr. M. GENNARI, Storia della Bildung, La Scuola, Brescia 1995. 14 In merito alle diverse tradizioni linguistiche, R. Massa nota: «Sarebbe interessante una esplorazione a livello delle lingue straniere. Perché certamente mostrerebbe come il termine 'formazione' in lingua italiana abbia un significato, per la sua derivazione dalle nozioni di paideia e di Bildung in qualche modo travasatesi a livello di rappresentazione sociale diffusa, che evoca qualcosa di più estremamente impegnativo dal punto di vista delle implicazioni esistenziali e culturali, di quanto non comporti ad esempio il termine training in inglese o il termine formation in francese. Certamente la parola 'formazione' non traduce adeguatamente dal tedesco né Erziehung né Bildung e oscilla appunto nel lessico italiano fra significati intraducibili con una sola parola in altre lingue», R. MASSA, La 'formazione' oggi come campo di interventi e di saperi: il rapporto con la pedagogia, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione... , p. 295.

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

Questa polivalenza, che si arricchisce nella misura in cui si approfondisce la ricerca, è un dato di cui prendere atto; dato che, in realtà, ci richiama, con forza, la complessità del significato. Sono a questo proposito significative le parole di Cambi e Frauen­ felder: La nozione di formazione non è, quindi, univoca, nella nostra tradizione culturale e in quella pedagogica. Eppure la pedagogia (ieri, ma anche oggi) ha assunto tale nozione come proprio concetto-limite e/o categoria chiave, e quindi non può non essere impegnata a portare ordine intorno a tale nozione. Certamente senza pretendere di farlo fur ewig. Senza pretendere di elaborare la sintesi sincronicamente più giusta o perfetta. Si tratta - invece - di ripensare (alla maniera dell'ermeneutica critica) lo spessore teorico del concetto, le sue articolazioni e il suo modello­ massimo (qui e ora, ma anche erede del là e allora}, per ricollocarlo nel dibattito pedagogico attuale, facendogli giocare il ruolo di chiarificatore, di integratore, di sfida anche che è proprio di una nozione così autentica­ mente pedagogica e di così ricco significato, oltre che di così illustre e ampia tradizione 15 .

Tale complessità non può, così, significare rinuncia ad una ricerca teoretica, ma, piuttosto, rappresenta l'invito ad una ricerca costan­ te, organica, sempre aperta. In secondo luogo, ci richiama alla consapevolezza che qualsiasi necessaria delimitazione del signifi­ cato risolve alcune questioni e ne apre altre. A partire da questa consapevolezza, prima di continuare la riflessione sulla 'questione formazione', è opportuno mostrare la propria personale posizione rispetto alla 'delimitazione' della no­ zione di formazione e correlativamente di educazione. Questa presa di posizione infatti, ne sono consapevole, agisce come una sorta di pre-giudizio, come un paio di occhiali con cui, in un certo senso, le opere stesse di B. Lonergan sono state lette. Dal mio punto di vista, formazione richiama l'insieme di pro­ cessi ed eventi che comportano nel soggetto la generazione e la trasformazione di una data forma (o più forme) coscienziale. È il farsi dell'uomo, considerato dal punto di vista del soggetto stesso. 15 /bi, p. 23.

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Se invece si considera il farsi dell'uomo da un punto di vista

esterno al soggetto, allora si possono considerare l'insieme delle azioni (deliberatamente scelte o meno) che concorrono allo svi­

luppo o all'acquisizione di una data forma. Questo insieme di azioni può essere chiamato in senso generale 'azione formativa'; al suo interno, con sfumature diverse, si precisano diversi tipi di azione formativa come l'educazione, l'istruzione, l'addestramen­ to, la formazione professionale. Formazione ed azione non sono separati, né identificabili. In quest'ottica, formazione non ingloba educazione, né viceversa, in quanto entrambi i termini richiamano due prospettive sullo stesso dato: il punto di vista del soggetto e il punto di vista delle attività 'esterne' (cioè messe in atto da un soggetto che è 'altro'). In questa distinzione si potrebbe dire che formazione rimanda ad una 'storia', mentre l'azione formativa (e in essa l'educazione) richiama l'insieme di attività infra personali che concorrono a costituire la storia delle persone, la loro peculia­ re configurazione. La distinzione non toglie certo la possibilità di utilizzare anche per 'azione formativa' il termine formazione che così svolge una funzione sintetica. Mi sembra, però, che la distinzione permetta di poter parlare di educazione e formazione insieme, senza necessa­ riamente espellere uno dei due termini. A tale distinzione si farà riferimento quando si cercheranno di identificare gli elementi della formazione in B. Lonergan. 2. L'espansione della 'formazione' Il termine formazione ha avuto, in Italia, un vero e proprio trend di crescita. Se ne è sempre di più allargato l'uso fino al rischio di abuso, e di sostanziale impoverimento. In questo processo di espansione possiamo, sommariamente, distinguere: a) una fase di uso specialistico; b) una fase di generalizzazione; e) il sorgere di una esigenza 'critica' 16 del suo utilizzo. 16 Non mi riferisco qui al processo di espansione delle attività di formazione (una interessante, se pur datata, descrizione dell'evoluzione della fortuna del «fare formazio-

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

a) Fase di uso specialistico

Innanzitutto possiamo registrare un ampio uso del termine forma­ zione in senso specialistico, per indicare quell'azione mirante a fornire un insieme di saperi, che si presenta, per gli obiettivi e i destinatari, diversa dall'azione educativa scolastica e da quella familiare o sociale in senso ampio. È di questo parere Carlo Nanni, secondo il quale l'impiego del termine «si è esteso in concomitanza con strategie di azione sociale a favore degli adulti o della preparazione dei giovani al lavoro» 17 • Dentro questa acce­ zione specifica di formazione si può anche leggere la distinzione, a volte latente a volte esplicita, tra istruzione scolastica e forma­ zione professionale 18 • In questo uso specifico, dunque, la formazione è intesa come attività, più precisamente come una attività intenzionale, struttura­ ta, finalizzata ad un apprendimento del soggetto per una pluralità di fini, in primis organizzativi. Essa non esclude l'educazione o l'istruzione; si pone semplicemente su un piano più specifico, più legato alla professionalità e alle organizzazioni. Al limite, non si pone neppure il problema di una distinzione dall'educazione, con­ siderato ambito estraneo a questo tipo di attività. Sullo sfondo, certamente, rimane, l'idea di formazione come 'formazione generale rispetto ad un modello ideale'; ma essa è nell'ombra e se è considerata prende spesso l'accezione di educa­ zione integrale o globale. b) Fase di generalizzazione

All'uso specialistico del termine formazione, che rimane più che mai vivo, si è affiancato, in questi ultimi anni, un utilizzo del termine che ha acquistato valore generale (o generico), assumen­ do il ruolo che prima era del termine educazione. Al posto dell'agne» si può trovare in G.P. QUAGLINO, Fare fonnazione, Il Mulino, Bologna 1985, pp. 11-21) quanto, invece, all'espansione dell'uso del termine. 17 C. NANNI, voce Formazione, in Enciclopedia Pedagogica (diretta da M. LAENG), La Scuola, Brescia 1989, col. 5042. 18 Per una storia della formazione professionale in rapporto al sistema scolastico cfr. F. HAZON, Storia della formazione tecnica e professionale in Italia, Armando, Roma 1991.

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gettivo educativ_? si �referis _ �e quell� di f�rma_tiv�. Si _ parla _ �i d1 az1om formative, d1 ob1ett1v1 format1v1, rmative, fo gie ate str formazione non sostituisce educazione, comunque vi poi Se c ... ec ponendosi come una sua declinazione (la formazione o anca si affi specifica in un certo modo il termine educazione), o come un significato inglobante (formazione è termine generale che com­ prende educazione come una specificazione). Le ragioni di questa sostituzione sono molteplici e si accennerà ad alcune di esse al paragrafo 1.3. In questo uso generale dire formazione significa mettere in gioco tutta la polivalenza, sopra riportata. Formazione può indica­ re sia l'azione specifica soprattutto legata a competenze professio­ nali 19, sia il processo di sviluppo, crescita, cambiamento, appren­ dimento del soggetto e le correlative azioni di cura, coltivazione, di intenzionalità educativa20 . Formazione così appare ormai diventata il 'nuovo' modo di indicare quel complesso insieme di azioni e di processi che co­ struiscono, configurano, modificano, strutturano, il soggetto uma­ no, e che, per brevità, si potrebbe indicare come 'accadimento' educativo-formativd 1 • Questa nozione, pur sottoposta continua­ mente a rischi di eccessivo riduzionismo o eccessiva enfasi, risul­ ta attualmente la parola chiave per dire e pensare il processo di sviluppo, apprendimento, crescita, cambiamento dell'uomo e le connesse attività di coltivazione, cura, insegnamento22• 19 A questo riguardo si può riportare la definizione di Quaglino: «La formazione è attività educativa rivolta al sapere dei soggetti che può diventare momento per il cambiamento organizzativo solo a certe condizioni e non in virtù di alcun automatismo di legame tra apprendimento individuale e cambiamento organizzativo», in QUAGLINO, Fareformazio­ ne, p. 23. 2 ° Cfr. GRANESE, Il concetto di formazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione... , p. 107. 2 1 Si potrebbe anche parlare di evento educativo, se non che la sua accezione molto specifica aprirebbe le questioni legate all'oggetto proprio della pedagogia che non sono qui affrontabili. Sul tema dell'evento educativo, cfr. S. DE GIACINTO, Educazione come sistema, La Scuola, Brescia 19862 ( 1977). 22 Secondo Luhmann e Schorr nella nota opera Il sistema educativo, 'formazione' non rappresenta più all'interno dei 'sistemi educativi', la 'formula' indicante il bisogno educativo e la direzione di senso dei sistemi stessi. Questa formula che, con la sua attenzione alle competenze dei soggetti, aveva sostituito la formula della 'perfezione' più

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c) Il sorgere di una esigenza critica

L'accezione generale, e generica, di formazione ha però, correla­ tivamente, fatto sorgere in campo pedagogico l'esigenza di uno 'sguardo' problematico sul suo utilizzo, sui suoi significati, sui suoi rapporti con le altre parole/nozioni chiave del pedagogico. Non basta sostituire formazione ad educazione, o mettere i due termini l'uno a fianco dell'altro, ma occorre intensificare la ricer­ ca in una molteplicità di direzioni. Tre, tra tante, appaiono oggi fondamentali. 1) Ricercare le ragioni della crescente centralità di questa nozione. Essa non ha semplicemente sostituito educazione. Più specificatamente, formazione ha permesso, nel nostro contesto, di esprimere una sensibilità, di tematizzare dei dati del clima cultu­ rale moderno e soprattutto post-moderno che dentro la nozione di educazione rimanevano in ombra. A questa direzione sarà dedica­ to, in modo necessariamente sommario, il prossimo paragrafo. 2) Approfondire la vastità, la problematicità, la ricchezza della nozione. È diffusa la 'sensazione' che formazione, più di altri termini, possa indicare in modo realmente più appropriato, più ricco, più complesso, con maggiori sfumature, il farsi e l'essere fatto dell'uomo. Di conseguenza si nota l'esigenza di una rifles­ sione critica, a tutto campo, che faccia tesoro di diverse sollecita­ zioni, intuizioni, riflessioni, presenti e passate23 • incline alla cultura globale dei soggetti, è stata, a sua volta, soppiantata dalla formula dell' 'apprendere ad apprendere', centrata meramente sull'abilità di conoscere. «L'essen­ ziale di ogni apprendimento non è accumulare conoscenze giuste, oppure sviluppare capacità utili come tali, ma l'abilità contemporaneamente acquisita di usare quel che è stato appreso come fondamento per un ulteriore apprendimento» (p. 95). Le affermazioni di Luhmann e Schorr sembrano così indicare non una estensione della formazione, ma un suo declino. In realtà il significato che essi attribuiscono al termine è molto specifico e quindi non identificabile con la nozione di formazione nella sua complessità. Cfr. N. LUHMANN - K.E. ScHORR, Reflexionsprobleme im Erziehungssystem, Emst Klett, Stuttgart 1979, ed. it. Il sistema educativo. Problemi di riflessività, Armando, Roma 1988. Per una critica a questa posizione in rapporto ad una nozione 'radicale' di formazione cfr. il saggio di R. FADDA, Forma, formazione, mutamento, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione..., pp. 199-237. 23 In quest'ottica si pone il volume già più volte citato di CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), Laformazione...

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All'interno di questa direzione di approfondimento della no­ zione si colloca, con una considerazione strategica che varia a seconda dell'accezione e della considerazione che si dà allo studio teoretico o filosofico, la prospettiva che possiamo chiamare pro­ spettiva filosofica (o di pedagogia teoretica) in merito alla forma­ zione umana, intendendo con questo termine una riflessione fon­ dante (o fondazionale), critica, sistematica, che mira alla ricerca dei sensi, dei paradigmi, delle strutture, delle direzioni che carat­ terizzano il formar-si e il formare umano. Dentro questa prospetti­ va si collocano un insieme di autori ed indirizzi che hanno tema­ tizzato esplicitamente il termine e la nozione di formazione così come coloro che, pur non utilizzando il termine formazione, e mantenendo l'uso di educazione, hanno elaborato una riflessione intenzionalmente fondante, critica, sistematica, in merito al farsi uomo del soggetto. Ad alcuni indirizzi ed autori, sarà posta atten­ zione nel secondo capitolo allo scopo di porre in luce alcune significative vie di riflessioni del mondo pedagogico italiano, ed, insieme, evidenziare la circolarità continua tra il pedagogico in senso generale e una riflessione di ordine 'filosofico'. 3) Porre attenzione ad un uso semplicistico e riduttivo del termine. Occorre andare nella direzione di smascherare atteggia­ menti banalizzanti, onnipervasivi24 , o di riduzione prettamente tecnicista del termine. Questa esigenza attraversa trasversalmente il presente studio, nel suo insieme. 3. Alcune ragioni di una crescente centralità della nozione di 'formazione' Quali sono le ragioni per cui 'formazione' è divenuta parola chiave del pedagogico? Senza la pretesa di soddisfare una doman­ da talmente radicale si vorrebbe qui proporre una risposta orienta­ tiva e, in conclusione, una sorta di percezione. 24 Cfr. R. MASSA, La formazione' oggi, in formazione... , p. 291.

CAMBI - FRAUENFELDER

(a cura di), La

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La risposta orientativa è la seguente: la nozione formazione sembra porsi maggiormente in linea con le categorie principali dello 'spirito' del nostro tempo. Molte riflessioni attualmente in atto, mentre sottolineano con forza la grande mole di questioni che un pensiero critico sulla nozione formazione apre - mole non minore (tutt'altro!) a quella della nozione di educazione - indicano comunque una maggiore fruibilità, attualità del termine e della nozione di formazione. Secondo Cambi e Frauenfelder formazione, agli occhi di molti, appare più neutrale del 'compromesso' termine educazione25 • Secondo Granese, formazione svolge, per molti, una funzione maggiormente onnicomprensiva delle diverse posizioni, più rassi­ curante, di maggior mediazione: Il concetto di formazione viene incontro sia al pedagogista con propen­ sioni filosofico-metafisiche che al pedagogista orientato a dare risposta ai problemi 'concreti' come quelli della scuola, dei curricoli, delle com­ petenze 'professionali' da acquisire, delle esigenze e dei ruoli sociali. Dal punto di vista di chi rilutta a imbarcarsi in avventure di pensiero teoretico, il concetto di 'formazione' appare da subito sdrammatizzante e rassicurante oltre che dotato di una apprezzabile capacità e virtù di semplificazione. Se 'educare' è apparso a volte termine inadeguato e sospetto per la sostanziale impossibilità del compito a cui vorrebbe corrispondere, e se 'istruire' rischia di avere un suono di rassegnata rinuncia a fronte di compiti certo più gravosi e ambiziosi di quelli 'istruttivi', ma non tali per questo da poter essere giustificatamente trascurati, 'formare' potrebbe ben essere termine adatto a veicolare significazioni intermedie, e per ciò stesso a mediare posizioni prima facie inconciliabili26 .

Ma quest'attualità, qui ricordata, possiede almeno tre radici, identificabili con altrettante connessioni che la nozione di forma«Il termine formazione appare come più neutrale e quindi da preferire al troppo denso termine di 'educazione' gravato da una tradizione troppo illustre e ideologicamente connotata, oltre che culturalmente e filosoficamente troppo pregnante», CAMBI - FRAUEN­ FELDER, Introduzione, ibi, p. 21. 26 A. GRANESE, Presentazione, ibi, p. 9. 25

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zione sembra avere con tre categorie fondamentali del nostro tempo: soggetto, complessità, specializzazione. La formazione si connette innanzitutto con la categoria fonda­ mentale di soggettD21 . La curvatura che la riflessione filosofica e la cultura occidentale hanno avuto verso il soggetto rappresenta una prima (e lontana) radice dell'importanza della 'formazione'. Da un inizio che è certamente discusso (Cartesio? Kant? Nietzsche? Heidegger?...), attraverso figure composite, tra conflitti, riduzio­ nismi di vario tipo, accentuazioni diverse, questa curvatura è arrivata fino a noi. Dalla logica al metodo, dai contenuti ai proces­ si, dalla storia universale alla storia singola, dal macro al micro, dall'essere all'esistere, vi è un filo rosso che è l'attenzione al soggetto del filosofare, all'uomo nella sua dinamicità (che non necessariamente cancella una trascendentalità) e nella sua irridu­ cibilità ad un unico concetto. Il filosofo di origine ebrea F. Ro­ senzweig, in una delle pagine iniziali della Stella della redenzio­ ne, parlando della nuova epoca filosofica - «che si apre», afferma­ va, «con Schopenauer, prosegue attraverso Nietzsche, e non è ancora giunta alla fine»28 - nel 1919 evidenziava con molta chia­ rezza questa curvatura: Così l'uomo, anzi non l'uomo ma un uomo, un uomo ben determinato, divenne una potenza al di sopra della filosofia, anzi, della propria filoso­ fia. Il filosofo cessò di essere una quantité négligeable per la propria filosofia. Il risarcimento, che la filosofia prometteva di corrispondere sotto forma di spirito a chi le avesse venduto la propria anima, non venne più preso per buono. L'uomo, non quello trasposto nello spirituale, ma quello dotato di anima, quello per il quale lo spirito non era che l'alito condensato della sua anima vivente, l'uomo come soggetto del filosofare era divenuto padrone della filosofia; essa doveva riconoscerlo, ricono­ scerlo come qualcosa che non arrivava a concepire e tuttavia proprio perché dotato di potere su di lei, non poteva negare. L'uomo nella pura e

27 Naturalmente in una riflessione più ampia bisognerebbe, all'interno di soggetto, distin­ guere una serie di categorie come storia, ragione, emozione, desiderio, ecc. 28 F. RosENZWEIG Der Stern der Erlosung, Martinus Nijhoff, The Hague 1981 (la prima edizione risale al 1921), tr. it. a cura di G. BoNOLA, La Stella della redenzione, Marietti, Casale Monferrato 1985, p. 8.

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semplice singolarità della sua essenza individuale, nel suo essere, con­ trassegnato da nome e cognome, uscì dal mondo che si sapeva accessibi­ le al pensiero, uscì dal Tutto della filosofia29 .

A questa curvatura partecipa in prima linea il pensiero pedagogi­ co. All'importanza dei fini e dei contenuti, si affianca la centralità dell'educando, e in genere del soggetto, dei suoi processi, e della personale capacità di conoscere i propri processi. Così, la nozione di formazione, con la sua valenza dinamica ed insieme la sua valenza strutturale, sembra esprimere questo spostamento dall'as­ se del mondo all'asse del soggetto, dai contenuti alle processuali­ tà; ed ancora esprime meglio il connubio tra gli elementi universa­ li e le storie particolari del soggetto. Accanto al soggetto, si parla sempre di più del carattere com­ plesso e mutevole della realtà. Complessità e cambiamento sono divenuti due termini fondamentali dell'attuale clima culturale tan­ to da assumere, soprattutto il primo, un valore paradigmatico. Complessità richiama il carattere composito, articolato, non 'riducibile' della realtà. La realtà già nelle sue unità concettuali di base si configura, secondo gli epistemologi della complessità, come un 'sistema', una unitas multiplex, caratterizzata dall' 'anel­ lo tetralogico' dell'ordine-disordine-interazioni-organizzazione30. Nota D. Demetrio: «'Complessità' è parola la quale, più che una teoria possibile del mondo, esprime il suo contrario: cioè l'impos­ sibilità di addivenire ad una qualche forma di verità definitiva, in sede sia filosofica sia scientifica» 31 . Questa impossibilità non im­ plica però la rinuncia alla ricerca di costanti, di direzioni, di 'forme'; ma una ricerca aperta, cosciente dei propri limiti, soprat­ tutto del proprio irrimediabile riduzionismo. La visione della complessità, così, sembra porsi nella prospettiva di considerare insieme conoscenza e non conoscenza, generale e particolare,

29

°

/bi, p. IO.

Cfr. E. MoRIN, La méthode I. La nature de la nature, Editions du Seuil, Paris 1977, ed. it. Il metodo, Feltrinelli, Milano 1983. 31 D. DEMETRIO, Filosofia analitica e filosofia della scienza, in MASSA, Istituzioni di 3

pedagogia..., p. 270.

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32 possibilità e vincolo • Il 'paradigma' della complessità è divenuto anche nel pensare, nel prospettiva epistemologica fondamentale 33 ttare e nel realizzare l'educativo • e og pr Strettamente unita alla categoria della complessità è la catego­ del cambiamento. Notava qualche hanno fa Watzlawick: «Fin­ ria ché la scienza si è interessata allo studio dei rapporti lineari, unidirezionali, e progressivi di causa-effetto, molti fenomeni di estrema importanza sono stati esclusi dall'immenso territorio che la scienza ha conquistato negli ultimi quattro secoli. Semplifican­ do molto, si può asserire che tali fenomeni hanno il loro comune denominatore nei concetti affini di crescita e cambiamento»34• Il cambiamento non è più considerato un processo e un prodot­ to 'saltuario' o 'epocale', quanto un fatto che attraversa i soggetti e le organizzazioni nella loro più profonda costituzione. Così la nozione di cambiamento ha assunto un ruolo fondamentale in pedagogia fino a diventarne una categoria imprescindibile. Ebbene, la categoria di formazione, con la sua valenza dinami­ ca (prendere forma, passare da una forma all'altra), la sua valenza strutturale, la sua valenza composita (la forma rappresenta un vincolo, ma anche un insieme di possibilità) sembra esprimere, meglio di altre, il farsi dell'uomo nell'insieme dei suoi aspetti.

Ci si riferisce qui in particolar modo alla visione della complessità elaborata da MoRIN, cfr. Il metodo, e inoltre ID., La méthode Il. La vie de la vie, Editions du Seui!, Paris 1980, ed. it. La vita della vita, Feltrinelli, Milano 1987; La méthode III. La connaissance de la connaisance/1, Editions du Seui!, Paris 1986, ed. it. La conoscenza della conoscenza, Feltrinelli, Milano 1989; La méthode IV. Les idées. Leur habitat, leur vie, leurs moeurs, leur organisation, Editions du Seui), Paris 1991, ed. it. Le idee: habitat, vita, organizza­ zione, usi e costumi, Feltrinelli, Milano 1993. 33 Cfr. F. CAMBI - G. C1vES - R. FORNACA, Complessità, pedagogia critica, educazione democratica, La Nuova Italia, Firenze 1991. Ancora Demetrio nota che: «Da tale indiriz­ zo scaturiscono alcune idee sinora sottovalutate in educazione, che stanno comunque arricchendo la riflessione epistemologica: come la nozione di caso (in opposizione al determinismo educativo), di disordine (in contrasto con il valore sempre ordinativo che dovrebbe assumere il linguaggio pedagogico), di asimmetria (a fronte dei precetti educa­ tivi che eliminano idealisticamente la categoria della diversità tra educatore ed educan­ do)», DEMETRIO, Filosofia..., in MASSA, Istituzioni di pedagogia..., p. 271. 34 P. WATZLAWICK - J. HELMICK BEAVIN - D. JACSON, Pragmatic of Human Communica­ tion. A Study of lnteractional Patterns, Pathologies, and Paradoxes, Ed. W.W Norton & Co., lnc., New York 1967, ed. it. Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971, p. 23. 32

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Bisogna, infine, fare accenno ad una terza radice culturale che ha comportato l'espansione della nozione di formazione. Si tratta di quell'insieme di concetti più strettamente sociali come divisio­ ne del lavoro, funzione sociale, specializzazione. Si è visto più sopra come una accentuazione della divisione del lavoro abbia comportato l'esigenza di nuove competenze e di una azione socia­ le che offrisse specifiche abilità. Da qui l'esigenza di 'formare' i soggetti e l'utilizzo del termine formare, preferito ad educazione, perché meno 'valoriale', ma, spesso, preferito anche ad addestra­ mento o a semplice istruzione, perché meno riduttivo e quindi ca­ pace di esprimere, anche nel campo strettamente lavorativo, una sor­ ta di 'attenzione al soggetto'. Nella misura in cui l'attenzione al sog­ getto, attraverso l'enfasi sull'apprendere ad apprendere, si presenta come una sfida formativa sempre più forte anche negli ambiti di lavoro, l'uso della nozione di formazione appare sempre più raf­ forzata, anche se non aliena da rischi di pericoloso riduzionismo. In sintesi, si può allora dire che 'formazione', con il suo intrico di significati, richiama oggi: a) una centralità del soggetto, dei suoi processi, della sua storia; b) una centralità del 'gioco' di vincoli e possibilità; e) una centralità di competenze non rigide, ma 'aperte' e perciò inseparabili, come in un circolo, dall'atten­ zione al soggetto e ai suoi processi35 • In altre parole, formazione richiama continuamente la sfida dell'imparare a vivere. Se prima la cultura conteneva una immagine di uomo e una direzione di senso alla cui realizzazione era deputata l'educazione, oggi che la ragione ha un valore strumentale, il senso appare smarrito, e le immagini dell'uomo molteplici: ciò che appare importante è at­ trezzarsi a vivere36 . 35 «La parola 'formazione' consente una apparente laicizzazione e tecnicizzazione, co­ munque una possibile restituzione alla modernità e alla post-modernità, che dir si voglia, di tutto ciò che ha a che fare con lo sviluppo, la crescita, l'apprendimento dell'individuo, con le istituzioni e le ideologie ad essi preposte», MASSA, La 'formazione' oggi, in CAMBI FRAUENFELDER (a cura di), Laformazione... , p. 291. 36 Ma vivere per chi? Per che cosa? Vivere come? Qui le riflessione fondazionali si scontrano con il problema della destinazione, dei fini, dei valori. Le strade si diversificano e la dialettica dei diversi orizzonti filosofici emerge con prepotenza. Ma ciò che resta patrimonio comune è l'attenzione al farsi del soggetto umano, sia che questo dinamismo sia considerato come svelamento, adattamento, realizzazione di una struttura trascenden­ tale o altro.

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«FORMAZIONE» COME «NUOVO» MODO DI PARLARE

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Per concludere questa riflessione sulle ragioni di un trend di crescita della nozione di formazione, vorrei comunicare quello che appare, agli occhi di chi scrive, più che un dato confermato criticamente, una percezione o, ancora di più, una suggestione. Se non negli altri campi di ricerca e di pratica delle scienze dell'educazione, almeno nel campo della riflessione fondativa ('debole' o 'forte' che sia), il termine formazione, là dove è usato, si sta caricando di quella profondità e di quella problematicità che un uso strettamente tecnico rischia spesso di far perdere. Così facendo, 'formazione', ancor più radicalmente di 'educazione', sembra rappresentare l'ultimo modo (in un ordine storico e non trascendentale) che il pensare pedagogico ha per riaffermare, con­ tro ogni riduzionismo, la problematicità del soggetto umano, del suo farsi, e di quell'insieme di pratiche che contribuiscono in modo determinante a configurarne la storia personale. In questo modo la strada dell'utilizzo 'riflesso e critico' del termine formazione si incrocia con altre dove il termine educazio­ ne ancora prevale, per formare un unico percorso abitato dalla tensione di pensare in modo fondante, sistematico, critico, il for­ marsi e l'essere formato dell'uomo. Tale tensione si mostra come l'indizio di una resistenza diffusa ad ogni riduzione ed, insieme, come un nuovo modo di pensare e operare nel pedagogico che non sia organizzare o regolamentare, ma 'pensare' il farsi umano e la sua possibile promozione. Ad alcuni di questi modi 'filosofici' di pensare il formarsi e l'essere formato (o educato) del soggetto sarà dedicato il prossimo capitolo.

CAPITOLO SECONDO

Pensare 'filosoficamente' la formazione

1. Pensare allaformazione e pensare laformazione Il formarsi e l'essere formato dell'uomo, ossia la formazione umana in senso generale, possono essere tematizzati attraverso una molteplicità di prospettive. Possono parlare della formazione la biologia, l'economia, la sociologia, la psicologia, la filosofia, la storia, ed altre discipline ancora. Vale per la formazione ciò che S. De Giacinto scriveva per l'evento educativo: «Le sue parti ed i suoi elementi analitici possono essere trattati da differenti discipline, che con propri schemi di riferimento lo considerano loro propria unità d'indagi­ ne» 1 • Non possiamo certamer.ite addentrarci nell'impresa di distin­ guere le diverse prospettive disciplinari e cercare di definire, in relazione con esse, l'oggetto e il sapere specificò della pedagogia. Ciò rimanderebbe infatti, come il riferimento a De Giacinto lascia presagire, alla vastissima problematica dell'epistemologia peda­ gogica2 • In termini molto sintetici, invece, si possono individuare alme­ no due direzioni fondamentali, applicando anche, alla nozione di formazione, la distinzione, certo discussa e problematica ma cer1 DE GIACINTO, Educazione come sistema, p. 206. 2 Una densa esposizione delle posizioni fondamentali in campo italiano in merito all'epi­ stemologia pedagogica è rappresentata da R. MASSA - P. BERTOLINI, Il dibattito epistemo­ logico sulla pedagogia e le scienze dell'educazione, in L. GEYMONAT, Storia del pensiero filosofico, Il Novecento, voi. IX, 4, a cura di E. BELLONE e C. MANGIONE, Garzanti, Milano 1996, pp. 337-360.

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tamente evocativa, che alcuni fanno tra il pensare all'educazione e il pensare l'educazione3 • Da una parte, infatti, possiamo registrare una vasta e significa­ tiva elaborazione sulla promozione concreta dei processi formati­ vi, sul 'fare formazione'. Dentro la consapevolezza di connettere il fare formazione con altre teorizzazioni4, tutte le diverse letture 'disciplinari' vengono, in questo caso, inserite in una indispensa­ bile curvatura pratica. Tale curvatura, a sua volta, può essere pensata in modi diversi. Si oscilla tra una pratica intesa in senso rigorosamente tecnico e una pratica intesa in senso più propria­ mente 'artistico'. Questo pensare alla formazione, in un clima culturale spesso tecnicista ed efficientista, può perdere di vista la globalità dei processi formativi dell'uomo e la propria necessaria connessione con il pensare la formazione. In tal caso si verificherebbe la riduzione a quello che un autore come G. Acone, fortemente critico verso lo spirito tecnicista della pedagogia contemporanea, chiama «il concetto meramente tecnico della formazione intesa ormai come mera acquisizione di istruzione/socializzazione»5 • Dall'altra parte, in una connessione più o meno stretta con il fare formazione, possiamo registrare un insieme di contributi, di autori, di prospettive, tese a tematizzare la formazione nei suoi processi interni, attraverso una prospettiva non semplicemente funzionale-operativa ,- quanto piuttosto teoretica. All'interno di questa direzione del pensare laformazione, gio­ cano certamente un ruolo fondamentale quelle vie di riflessione che mirano a ripensare il formarsi e l'essere formato dell'uomo con una valenza che nel capitolo precedente abbiamo chiamato filosofica, cioè finalizzata a individuare, in termini certamente aperti, ma non per questo meno rigorosi, direzioni di senso, strut­ ture, costanti, circolarità, rotture, vincoli, possibilità del formarsi 3 Cfr. GRANESE, Il concetto di formazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione... , p. I IO e pp. 131-132, n. 2. Questa consapevolezza è propria degli autori più attenti di questo campo, i quali esprimono esplicitamente l'esigenza di inserire il 'fare formazione' dentro una teoria generale della formazione. Cfr. QUAGLINO, Fareformazione. 5 G. AcoNE, Declino dell'educazione e tramonto d'epo ca , La Scuola, Brescia 1994, p. 143.

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6 dell'uomo . Queste prospettive di riflessione spinte in qualche modo da domande 'filosofiche'7, mirano ad una tematizzazione della formazione capace di affrontare seriamente e problematica­ mente le profonde provocazioni del filosofare. Potremmo chiamare queste prospettive di ricerca come il cam­ po del pensare filosoficamente la formazione, se non che una attenzione ai soggetti di queste ricerche ci induce ad una precisa­ zione, a nostro parere importante. Vi può essere un pensare filosoficamente la formazione opera­ to da un soggetto che è estraneo al mondo della pedagogia, ai suoi linguaggi, ai suoi concetti, alle sue preoccupazioni. Quando ela­ bora la propria teoria della formazione, il suo orizzonte non è pedagogico, ma è definito da concetti, da linguaggi, soprattutto da preoccupazioni filosofiche. Vi può essere, invece, un pensare filosoficamente la formazio­ ne dove il soggetto ha ben presente il mondo della pedagogia8 • Quando egli elabora le sue riflessioni, il suo orizzonte non è solamente filosofico, ma anche (e spesso ancora di più) pedagogi­ co. In questo caso possiamo parlare più specificatamente di un pensare filosoficamente la formazione dentro la pedagogia9 •

È chiaro che filosofico nel nostro contesto non si pone in contrasto con scientifico. I confini tra filosofia e scienza sono sempre molto discutibili e discussi. Si preferisce però l'accezione di filosofia, perché questa nozione ancora più di quella di scienza richiama, ancora oggi, uno sforzo di comprensione e di interpretazione delle strutture e delle direzioni della realtà. Ed è a questo sforzo che ci si vuole rivolgere con la dizione 'pensare filosoficamente'. 7 Ne presento qui un elenco sommario: Cosa significa che l'uomo si forma ed è educato? Vi sono delle costanti individuabili nella formazione? Dove sono? A che scopo l'uomo si forma? In che senso può essere sollecitata la formazione umana? Quale il ruolo della conoscenza, della coscienza, della libertà? Qual è lo spazio dell'altro nella formazione? Quali sono i confini etici dell'azione formativa? 8 Per una prima lettura circa diversi modi di pensare filosoficamente dentro la pedagogia cfr. la prima parte del volume V. TELMON - G. BALDUZZI (a cura di), Oggetto e metodi della ricerca in campo educativo: le voci di un recente incontro, CLUEB, Bologna 1990. 9 Ma pensare filosoficamente la formazione dentro la pedagogia è fare della filosofia dell'educazione (o meglio della formazione) oppure è fare della pedagogia teoretica? Su una domanda di tale portata, si può qui semplicemente accennare, sommariamente, la propria prospettiva. La pedagogia teoretica (solo artificiosamente separabile da una pedagogia sperimentale o dalla didattica, o dalla storia della pedagogia) non si identifica con la filosofia della formazione, ma non può fare a meno di una filosofia della fonnazio6

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Tutti e due i modi sono importanti e sono evidentemente colle­ gati tra di loro, tanto è vero che la presente ricerca centrerà l'attenzione nei prossimi capitoli su un autore che ha pensato in un orizzonte non propriamente pedagogico. In questo capitolo però si vuole prendere in considerazione peculiarmente il secondo modo per mostrare come il filosofare non sia un qualcosa di estraneo al pedagogico, una elaborazione esterna presa sostanzialmente in prestito, ma piuttosto una tensione fondamentale di coloro che tematizzano il pedagogico stesso. Esistono diversi modi di pensare filosoficamente la formazione dentro la pedagogia. E questi modi diventano molto numerosi se si prende in considerazione (come secondo noi è corretto fare) il fatto che anche là dove la formazione non è tematizzata diretta­ mente, ma si parla, preferibilmente, in termini di educazione, un filosofare sulla formazione può essere comunque dedotto almeno in alcune linee generali. Esistono, naturalmente, diversi modi di classificare e sintetiz­ zare le diverse prospettive. Si pensi a Fornaca che mette in rappor­ to l'elaborazione teorica del mondo pedagogico con le diverse espressioni della filosofia e della scienza contemporanea, offren­ do un quadro vasto che spazia dal neoidealismo, fino al pensiero della complessità, passando per tutte le più importanti direzioni di riflessione pedagogica del nostro secolo m. Oppure si pensi al contributo di Massa-Bertolini che, all'interno della sola pedagogia italiana, distinguono tra prospettive empiriste, prospettive umani­ ste, prospettive materialiste 11 • ne. Chi scrive si trova d'accordo con quanto scrive Granese: «Il fine della pedagogia non è 'teorico', nonostante il fatto che lo smantellamento consapevole e calcolato del teoreti­ cismo 'ascensionale' implichi più impegno teorico di quanto una filosofia centrata su se stessa e paga della propria più o meno autentica capacità di comprensione, possa sognar­ ne. Compagna di strada della filosofia, la pedagogia non può risolversi in una filosofia, né 'affiliarsi' o assoggettarsi a una filosofia», GRANESE, Presentazione, in CAMBI - FRAUEN­ FELDER (a cura di), Laformazione... , p. 19. 1° Cfr. R. FoRNACA, La pedagogiafilosofica del '900, Principato Editore, Milano 1989; R. FoRNACA - R.S. D1 PoL, La pedagogia scientifica del '900, Principato Editore, Milano 1981. Per una lettura sintetica cfr. gli ultimi due capitoli di R. FoRNACA, Storia della pedagogia, La Nuova Italia, Firenze 1991. 11 MASSA - BERTOLINI, Il dibattito epistemologico...

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Non si vuole qui ridisegnare il quadro generale del pensare filosoficamente la formazione nella pedagogia italiana. Lontani dalla pretesa di esaustività, si vuole soltanto dare una breve rasse­ gna di alcune vie di riflessione presenti nel panorama italiano attuale allo scopo di mostrare l'attualità del pensare in modo approfondito e sistematico la formazjone e la sua ineliminabilità nel campo della ricerca pedagogica. E bene precisare che si tratta solo di alcune 12 ; si tratta di un accenno e non di una disamina dettagliata. Saranno prese in considerazione riflessioni collegabili a cinque indirizzi: l'indirizzo fenomenologico, quello definibile come personalista-cattolico, quello costruttivista-autobiografico, quello clinico, quello critico. Alcuni di questi indirizzi (i primi due) prendono come punto di riferimento una concezione filosofi­ ca sostanzialmente unitaria, altri invece si rifanno ad un insieme più composito di nozioni e suggestioni filosofiche. 2. L'indirizzo fenomenologico Questo indirizzo 1 3 ha come riferimento teoretico fondamentale la fenomenologia di E. Husserl 14 :

12 Non sono ad esempio prese in considerazioni le riflessioni che si rifanno ad un indirizzo strettamente positivista, o pragmatico, oppure idealista, o specificatamente marxista. Così come mancano gli indirizzi delle riflessioni legate all'approccio storico, all'approccio linguistico, all'approccio biologico. Per questi ultimi approcci, cfr. CAMBI FRAUENFELDER (a cura di), La.formazione... 13 Come notano Massa - Bertolini: «La prospettiva fenomenologica ha conosciuto nuova fortuna, specie negli anni Ottanta, sia in ambito nordamericano - francofono e anglosas­ sone - sia in Italia, dove è stata rilanciata da Piero Bertolini e dal gruppo bolognese dell'Enciclopaideia», MAssA - BERTOLINI, Il dibattito epistemologico... In questo richiamo all'indirizzo fenomenologico abbiamo fatto riferimento soprattutto agli scritti di P. Bertolini. Occorre però ricordare che l'indirizzo è caratterizzato da una pluralità di voci e di scritti che hanno trovato, nel gruppo Enciclopaideia, un punto di riferimento importante. Tra gli altri ricordiamo gli scritti di M. Dallari, A. Franza, V. lori. La partecipazione al gruppo inoltre non sta ad indicare tanto una 'confessione' fenomeno­ logica, quanto piuttosto la condivisione di una Koiné, che i diversi autori, è il caso di D. Demetrio, esplicano in un percorso di ricerca personale e originale. 14 Va precisato che nelle intenzioni di questo indirizzo la fenomenologia di Husserl rappresenta un elemento chiave, ma ciò a cui si aspira è la pedagogia come 'scienza

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Essa volle, fin dall'inizio, rinnovare la filosofia per liberarla sia dall'at­ teggiamento mondano (proprio ad esempio dell'empirismo tradizionale e delle scienze naturali che tendono a conoscere le cose, ma per usarle, manipolarle, possederle allo scopo di rivendicare l'autenticità del mon­ do-della-vita); sia da quello astratto ed inconcludente del tradizionale idealismo. Fondamentali appaiono così i concetti di intenzionalità, di coscienza, di esperienza, di intersoggettività, ecc., attraverso i quali la fenomenologia husserliana perviene ad una concezione trascendentale della realtà non in quanto sintesi di immanenza e trascendenza, ma in quanto emergente dalla relazione imprescindibile e indistinguibile tra la soggettività (donatrice di un senso) e l'oggettività (fornitrice di un con­ tenuto} 15 .

Secondo Bertolini, il metodo fenomenologico husserliano e le sue principali linee di sviluppo possono permettere un autentico ripen­ samento teoretico della pedagogia e permettere così ad essa di contribuire in modo decisivo, come scienza rigorosa in senso fenomenologico, all'assunzione delle sfide che la crisi del mondo contemporaneo propone 16• Occorre ripensare il pedagogico, e ciò deve essere fatto «mediante una fondazione teoretica originaria dei suoi principi e delle sue procedure metodologiche». Questo sforzo va operato nella convinzione «che è solo andando ai fonda­ menti ultimi di essa che la pedagogia può oggi dare un contributo importante per il superamento della crisi del mondo contempora­ neo; e nella convinzione che per una tale complessa operazione la tensione teoretica e l'approccio metodologico della fenomenolo­ gia husserliana possono rappresentare un punto di riferimento quanto mai utile e stimolante» 17 • Ripensare la pedagogia significa ripensare in un modo fenome­ nologicamente orientato l'educazione e la formazione. Secondo Bertolini, l'educazione, o meglio l'esperienza educativa è «quelautonoma'. La pedagogia infatti «ha davanti a sé il compito di realizzarsi sempre più come scienza autonoma», P. BERTOLINI, L'esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedago­ gia come scienzafenomenologicamentefondata, La Nuova Italia, Firenze 1988, p. 5. 15 P. BERTOLINI, voce Fenomenologia, in Dizionario di Pedagogia e scienze dell'educa­ zione, Zanichelli, Bologna 1996, pp. 205-206. 16 Cfr. BERTOLINI, L'esistere pedagogico... Tutto il primo capitolo è dedicato all'analisi delle crisi del mondo contemporaneo. 17 /bi, p. 38.

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l'insieme di eventi che, attraverso la comunicazione interpersona­ le e la trasmissione culturale consentono, o addirittura stimolano lo sviluppo e la crescita, e dunque le trasformazioni sia individuali che sociali» 18 • Formazione invece, almeno nel contesto attuale, «rinvia sia alla dimensione esistenziale dell'educazione (e dunque a tutto ciò che influisce a livello soprattutto soggettivo sul modo di essere dell'individuo), sia alla sua dimensione tecnica e quindi consapevole e voluta» 19 • Queste stesse definizioni mettono in luce come all'interno di questo indirizzo non vi sia una radicale distinzione tra i due termini, la valenza dei quali assume spesso sfumature diverse a seconda del contesto di uso. Possiamo però individuare alcune convinzioni di fondo: a) che l'educazione è un'esperienza ineliminabile dell'uomo fondata sulla comunicazione interpersonale; b) che la formazione è termine oggi maggiormente efficace per uscire dalla dialettica educazione/istruzione e per indicare la pro­ cessualità del soggetto; c) che educazione (in quanto esperienza intersoggettiva) e for­ mazione (in quanto esperienza e storia del soggetto) sono insepa­ rabili. Per queste ragioni i due termini si richiamano a vicenda20 ed insieme richiamano la complessità del formarsi e dell'essere for­ mato dell'uomo. Ebbene questo processo di formazione è caratterizzato, per l'indirizzo fenomenologico, da alcune direzioni intenzionali ori­ ginarie proprie dell'esperienza umana. Le principali sono la siste­ maticità, la relazione-reciproca, la possibilità, l'irreversibilità, la socialità 2 1 • 18 BERTOLINI, voce Educazione, in Dizionario di Pedagogia e scienze dell'educazione, pp. 167-168. 19 /bi, voce Formazione, pp. 213-214. 20 Non a caso Bertolini utilizza spesso la formula formazione/educazione. 21 Cfr. BERTOLINI, L'esistere pedagogico... , cap. 1v.

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La sistematicità richiama la complessità e la circolarità di quattro variabili: individuo, patrimonio culturale, strumenti, so­ cietà22• La relazione-reciproca rimanda alla dimensione fondamentale dell'intersoggettività. La possibilità mette in luce il carattere aperto del processo formativo, la sua dinamica aperta al futuro e «alle infinite modali­ tà con cui l'essere si manifesta e viene percepito» 23• L'irreversibilità mette in luce il carattere condizionato del pro­ cesso formativo. Esso è condizionato dal passato, ciò che precede, e da ciò che si è scelto. La socialità, infine, richiama l'aspetto fondamentale di una rete di relazioni inter-individuali per il processo formativo. Queste direzioni intenzionali originarie rappresentano la strut­ tura aperta dell'esperienza educativa e, in quanto aperte24, sono fonte costante di formazione del soggetto. In questa dinamica l' «esser personalità>> 25, rappresenta il livello più alto del processo formativo, un livello, peraltro, da realizzare concretamente da parte di ogni individuo e sempre di nuovo. 3. L'indirizzo personalista-cattolico Con questo titolo vogliamo indicare quel modo di pensare la formazione che ha come orizzonte di riferimento e come primaria suggestione filosofica l'insieme di significati propri del cosiddetto pensiero personalista26 cattolico. Se nel caso dell'indirizzo fenoCfr. ibi, p. 139. /bi, p. 145. 24 Osserva Bertolini che: «in quanto emergono dall'attività intenzionale, intersoggettiva, non vanno considerate in modo statico, come qualcosa di sostanziale e perciò di contenu­ tisticamente immutabile; ma in modo dinamico, come qualcosa che in ogni caso va sempre di nuovo realizzato e concretizzato», in BERTOLINI, voce Direzioni intenzionali originarie, in Dizionario di Pedagogia e scienze dell'educazione, p. 146. 25 Cfr. BERTOLINI, L'esistere pedagogico... , p. 74. 26 Q ui il termine personalista sta ad indicare non tanto un riferimento diretto e chiaramen­ te tematizzato ad una teoria personalista quanto, piuttosto, il pensiero che fa propria la nozione di persona così come la filosofia e la teologia cristiano-cattolica sono andate

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menologico vi sono un autore (Husserl) e una scuola (quella fenomenologica) che fanno da riferimento fondamentale, in que­ sto secondo indirizzo è difficile trovare un unico riferimento. Si potrebbe forse indicare in Tommaso d'Aquino il riferimento prin­ cipale? Ma letto attraverso quali prospettive? Nella prospettiva di Maritain? Nella prospettiva della scuola di Maréchal? Uguali difficoltà si hanno se si prende come riferimento il personalismo in senso stretto, o l'esistenzialismo, o lo spiritualismo27 . Più che da un autore dunque, questo indirizzo è ispirato da un quadro generale di significati che trovano eco (e sfumature diver­ se) in una galassia di autori e di scuole. C. Nanni descrive in modo sintetico, ma efficace, questo quadro generale. Esso «è costituito da una visione della realtà che ammette un continuo di determini­ smo-libertà-trascendenza, e a livello epistemologico da una teoria della conoscenza che contempla la distinzione di diversi gradi del sapere nella fondamentale unità del conoscere umano, radical­ mente capace di verità» 28. A completamento, si può dire che, in stretta connessione con la visione della realtà e con l'epistemolo­ gia, vi è una concezione antropologica secondo la quale la persona umana si caratterizza per la sua creaturalità, libertà, volontà, capa­ cità di amare e di conoscere, per l'intersoggettività e l'apertura ai valori e alla trascendenza. Da ciò discende un certo modo di interpretare e 'orientare' il formarsi e l'essere formato dell'uomo. definendo nel corso del tempo. Per questo si è voluto precisare ulteriormente l'aggettivo personalista con l'aggettivo cattolico per indicare che facciamo riferimento alla riflessio­ ne sull'irriducibilità della persona operata nell'orizzonte di una comprensione cattolica della vita. Per quanto riguarda poi il personalismo inteso come corrente di pensiero, bisogna sottolineare la sua non univocità e quindi anche in questo caso la necessità sempre di qualche aggettivo che lo specifichi ulteriormente. Per un approfondito dibattito sui diversi modi di concepire il personalismo cfr. G. FLORES D'ARCAIS (a cura di), Pedagogie personalistiche e/o pedagogia della persona, La Scuola, Brescia 1994. Inoltre, per un approfondimento sulla nozione di personalismo educativo, interno all'indirizzo persona­ lista cattolico, cfr. G. FLORES D' ARCAIS, Le 'ragioni' di una teoria personalistica dell'edu­ cazione, La Scuola, Brescia I 987. 27 Per uno sguardo riassuntivo sulla filosofia cattolica del Novecento in Italia, cfr. P. PRINI, Lafilosofia cattolica italiana del Novecento, Laterza, Bari 1996. 28 C. NANNI, Educazione e scienze dell'educazione, Las, Roma 1986, pp. 119-120. Mi sia permesso sottolineare come dire 'capace' di verità non significa 'padrone' della verità.

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Prima però di accennare ad alcuni caratteri di questa concezio­ ne, è necessario fare una precisazione in merito al rapporto tra formazione ed educazione. Questo indirizzo, per quanto riguarda il campo italiano, non ha, nella maggioranza dei casi, tematizzato in modo esplicito una distinzione tra formazione ed educazione, ed ha così, di solito, fatto uso più del secondo che del primo termine. Dal momento che la prospettiva pedagogica di questo indirizzo sottolinea con forza l'aspetto teleologico e assiologico dello sviluppo umano, si com­ prende perché sia utilizzato più frequentemente il termine educa­ zione. Se in altri indirizzi la parola educazione è sembrata ormai troppo ambivalente, all'interno dell'indirizzo personalista-cattoli­ co essa ha mantenuto il valore di una idea forza. Così, nella maggioranza dei casi, educazione mantiene il significato di strut­ turazione complessiva della personalità, mentre formazione si riferisce più specificatamente a delle competenze specifiche e alla strutturazione di figure 'specifiche'. Così, negli scritti del magi­ stero ecclesiale e nella prassi educativa cristianamente ispirata, si parla, generalmente, di educazione delle persone e/o di formazio­ ne dei catechisti, o dei genitori, o dei presbiteri. Ultimamente però, anche in questo indirizzo, la complessità del termine formazione, che nel mondo tedesco, anche cattolico, ha sempre avuto un attento approfondimento29 , sta riapparendo e stimolando nuove riflessioni3°. L'importanza del termine educa­ zione e l'ingresso di una nuova attenzione al significato complesCfr., ad esempio, R. GUARDINI, Briefe iiber Selbstbildung, Matthias Grunewald Verlag, Mainz 1985, ed. it. Lettere sull' autoformazione, Morcelliana, Brescia 1994; ID., Persona e libertà (saggi raccolti a cura di C. FEDELI), La Scuola, Brescia 1987. 30 È importante osservare il 'dato' che anche il linguaggio delle prassi educative legate all'ispirazione cristiana sta assumendo la nozione di formazione nella sua polivalenza contemporanea. L'Azione Cattolica Italiana, ad esempio, ha assunto, ultimamente, nella sua elaborazione formale, il termine formazione secondo l'accezione di cammino di crescita della persona nella sua integralità. Cfr. AzIONE CATTOLICA ITALIANAISETIORE GIOVANI, Cammino formativo dei giovanissimi, A VE, Roma 1993, e Cammino formativo dei Giovani, AVE, Roma 1996. Per un approfondimento del rapporto tra formazione e prassi educativa della Chiesa cfr. G. AMBROSIO ET AL, /I primato della formazione, Glossa, Milano 1997. 29

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so di formazione può essere visto analizzando sommariamente i dizionari e le enciclopedie ispirate da questo indirizzo. Mentre, infatti, il Nuovo Dizionario di Pedagogia a cura di G. D'Arcais ha la voce formazione soltanto nella accezione di ores Fl fo mazione professionale'3 1, l'Enciclopedia Pedagogica ha, seb­ ' r bene molto più breve di 'educazione', la voce formazione curata, non casualmente, da Carlo Nanni32 • Questo autore infatti già nel 1986, nell'opera L'educazione tra crisi e ricerca di senso, aveva approfondito la nozione precisando che con formazione «s'inten­ de la risultanza del processo (o anche il processo che vi porta), in cui si pongono in dialettica e in integrazione dinamica le potenzia­ lità soggettive, con le concrete possibilità storico-ambientali-cul­ turali e con le attività individuali e sociali di aiuto e sostegno allo sviluppo[...], sia in generale, sia in qualche aspetto o dimensione particolare»33 • Al di là comunque dell'utilizzo dei termini, è fuori dubbio che in questo indirizzo, in stretta connessione con il nucleo visto sopra, è sempre stata fortemente presente l'attenzione al pensa­ re filosoficamente il formarsi e l'essere formato dell'uomo. Ne risulta una concezione della formazione come processo di cre­ scita integrale dell'uomo dove la dinamicità del processo è dato dalla 'struttura'34 creaturale - libera - razionale - individuale sociale - trascendente della persona. Formarsi è umanizzarsi, di­ ventare pienamente uomo. Questo processo è individuale, si com­ pie in base alle condizioni storiche ed ambientali, è favorito dal1'attività educativa, si realizza grazie ad un impegno del soggetCfr. R. CosTA, voce Formazione professionale, in Nuovo Dizionario di Pedagogia, a cura di G. FLORES D'ARCAIS, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 19923 (1982), pp. 1011-1020. Alla formazione intesa in senso ampio si accenna alla voce Forma curata da E. BERTI, pp. 501-503. 32 NANNI, voce Formazione, in Enciclopedia Pedagogica. 33 C. NANNI, L'educazione tra crisi e ricerca di senso, Las, Roma 1986, p. 55. 34 «[La proposta dell'educazione integrale della prospettiva personalista] si fonda su una concezione della persona (cui sono proprie le prerogative dell'unità, dell'identità, dell'unicità, dell'impagabilità, della logicità, della libertà, e della spiritualità), le cui pietre angolari sono la 'sostanzialità, l'individualità, la razionalità, la soprannaturalità'». S.S. MACCHIETTI, Unità della persona, pluralità delle facoltà, formazione, «Proposta Educati­ va», 1996, I, p. 24. 31

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to35• La struttura della persona ha un carattere fondante e la sua realizzazione è connessa ad un insieme di valori e di fini, umani e soprannaturali36 • In questo senso l'indirizzo personalista-cattolico disegna, in senso peculiare, una formazione individuale-comuni­ taria, teleologica, assiologica e trascendente. Infine, si può notare come, da più parti all'interno di questo indirizzo, si leva la voce dell'esigenza di rimettere al centro del pensare pedagogico una riflessione sull'uomo che non passi sotto silenzio il problema del suo statuto 'ontologico', della sua razio­ nalità, del suo rapporto con la verità. Si richiama con sfumature diverse la necessità di una nuova paideia. G. Vico ritiene importante recuperare nella pedagogia la cen­ tralità della persona, intesa come essere razionale e spirituale. Occorre una nuova paideia, cioè una nuova elaborazione educati­ va che, pur non cadendo nel dogmatismo, rimetta nel circuito educativo delle idee forza imprescindibili per l'umano: la ragione critica, la ricerca della verità, il desiderio di bene, il senso di Dio. Vico non accetta la posizione contemporanea del pensiero debole. Egli ritiene che una tale posizione rende forte solo il silenzio sulle questioni fondamentali dell'uomo. Non si tratta però di ribadire idee forti intese come risposte rassicuranti, ma, prendendo sul serio gli aneliti dell'uomo, ricominciare a riflettere educativamen­ te su di essi. Certo una nuova paideia, per Vico, non può essere una paideia assolutamente soggettivista, e neppure semplicemente ermeneutica. Il soggetto e la sua capacità ermeneutica hanno un fondamento nell'essere dell'uomo e nelle sue aspirazioni fonda­ mentali37 • Per E. Agazzi una nuova paideia non può separarsi dalla riva­ lorizzazione del logos umano nella sua portata scientifica e filosoCfr. NANNI, L'educazione... , p. 60. 36 La struttura 'ontologica' della persona se intesa in senso troppo forte può far perdere di vista il carattere storico e individuale del processo formativo. Ma questo aspetto idiogra­ fico della formazione umana è in realtà fortemente presente negli autori più attenti di questo indirizzo. Basti pensare all'opera di S. DE GIACINTO, L'isola delle parole traspa­ renti, Vita e Pensiero, Milano 1983, dove il linguaggio stesso usato dall'autore per descrivere il processo formativo, ossia la narrazione-evocazione, rimanda alla irriducibi­ lità idiografica del farsi dell'uomo. 37 Cfr. G. Vico,/ fini dell'educazione, La Scuola, Brescia 1995. 35

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fica. Una rinnovata paideia è connessa con l'educazione di una 38 razionalità realmente aperta a tutte le istanze • Infine si può ricordare la posizione di G. Acone che ritiene necessario ripensare la formazione dell'uomo e la sua educazione alla luce di una nuova paideia orientata esplicitamente in modo 'forte'. Vi è una autentica formazione del soggetto solo se questa passa attraverso la sua umanizzazione; e per fare questo occorre riprendere seriamente in considerazione i valori dell'umanesimo cristiano. Nella misura in cui ci si allontana dall'umanesimo, che per Acone ha radice peculiarmente religiosa, e si assiste al preva­ lere dell'illuminismo tecnocratico e del nichilismo, la formazione diviene sempre più una mera acquisizione di dati, una istruzione o al massimo una socializzazione. Secondo Acone, dunque, bisogna essere attenti a rendere la formazione sempre più Bildung39 • 4. L 'indirizZo costruttivista-autobiografico Con indirizzo costruttivista-autobiografico s'intende la prospetti­ va di studio e di ricerca che considera il processo formativo in primo luogo come costruzione e ricostruzione idiografica della propria vita. Questo indirizzo può essere chiamato costruttivista in relazio­ ne alla concezione, che esso fa propria, secondo la quale il proces­ so di strutturazione della personalità è strettamente connesso con i processi di apprendimento40 intesi come costruzione attiva del soggetto. Questa costruzione, inoltre, non è concepita come unidi­ rezionale, ma come poliforme, in quanto fondata su pluralità di strategie cognitive proprie dell'uomo. D. Demetrio, che prendia­ mo in considerazione come l'autore di riferimento per questo indirizzo, parla, in proposito, di quattro domini della mente, inten­ dendo con mente la vita cosciente del soggetto e con intelligenza la sua attività41 • 38 39

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Cfr. E. AGAZZI, Cultura scientifica ed interdisciplinarità, La Scuola, Brescia 1994. Cfr. G. AcoNE, Declino dell'educazione e tramonto d'epoca, La Scuola, Brescia 1994. Cfr. MASSA - BERTOLINI, Il dibattito epistemologico..., p. 357. Cfr. D. DEMETRIO (a cura di), Per una didattica dell'intelligenza, Angeli, Milano 1995.

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

Questo indirizzo può essere denominato anche autobiografico, in quanto viene riconosciuta, soprattutto rispetto alla condizione adulta42, la centralità del pensiero autobiografico e le pratiche ad esso connesse43 • L'autobiografia, con i suoi tre momenti della retrospezione, interpretazione, creazione44, permette al soggetto di scoprirsi nella sua identità plurima, e di avviare continuamente una nuova 'tessitura' di sé. L'unità del soggetto è data infatti da questa capacità di tessere insieme le proprie molteplici identità. Nota Demetrio: «L'adultità, attraverso la tregua autobiografica, al contempo impara ad accettare la propria molteplicità e a fame un'arte consapevole grazie alla facoltà di cui il lavoro autobiogra­ fico si dota di integrare l'integrabile e di giustificare quanto, pur attraversando la nostra vita, ne resterà ai margini»45• In merito ai riferimenti teoretici, questo indirizzo si rapporta, più che ad un singolo ambito di riflessioni teoretiche, ad un insieme di prospettive che costituiscono una sorta di galassia di riferimento. Assieme alla prospettiva costruttivista, sono tenute presenti la prospettiva fenomenologica, quella clinica, quella si­ stemico relazionale46, così come le suggestioni dell'universo lette­ rario. In questo indirizzo si tende ad assumere la nozione di forma­ zione come nozione generale del pedagogico ed insieme ad indi­ viduarne una peculiarità di significato rispetto al più ristretto 'educazione'. Pur nella consapevolezza della sua polivalenza se­ mantica47 e nella inscindibilità del formarsi e dell'essere formato, formazione richiama principalmente il processo in cui il soggetto, 42 Per l'attenzione rivolta alla condizione adulta da questo indirizzo cfr. D. DEMETRIO, L'età adulta, NIS, Roma 1990; lo., L'educazione nella vita adulta, NIS, Roma 1995. La riflessione sulla condizione adulta è approdata inoltre alla rivista «Adultità», rivista semestrale sulla condizione adulta e sui processi formativi, Milano. 43 Cfr. D. DEMETRIO, Raccontarsi. L'autobiografia come cura di sé, Cortina, Milano 1996. 44 /bi, p. 18. 45 /bi, p. 33. 46 Cfr. D. DEMETRIO, Micropedagogia. La ricerca qualitativa in educazione, La Nuova Italia, Firenze 1992, pp. 45-70. 47 Cfr. ibi, p. 14.

PENSARE «FILOSOFICAMENTE» LA FORMAZIONE

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attraverso il proprio percorso di vita, assume una configurazione di sé. Una configurazione non univoca, ma plurima; non statica ma dinamica. Tale nozione è resa elemento cardine del mondo pedagogico fino a diventare «l'oggetto della ricerca qualitativa in educazione»48• La formazione, prima di essere un processo deliberatamente scelto, è un dato della vita umana. «La formazione c'è; a prescin­ dere, appunto, dalla nozione di intenzionalità che ha rappresentato 'il punto archimedico' di ogni riflessione pedagogica»49• In secondo luogo, la formazione è peculiarmente un processo assolutamente idiografico, è una 'storia di vita', dove il soggetto è fondamentalmente un tessitore di storie. E la storia di ognuno riceve una intensità inedita nel momento in cui il soggetto sceglie consapevolmente di raccontarsi5°, in cui si riconosce narratore/tes­ sitore. Da qui la centralità del pensiero e del metodo autobiografi­ co attraverso il quale il soggetto si riappropria e, in un certo senso, ri-crea e ri-forma la propria vita. «L'autobiografia non è soltanto un tornare a vivere: è un tornare a crescere per se stessi e per gli altri, è un incoraggiamento a continuare a rubare giorni al futuro che ci resta, e a vivere più profondamente - aiutati da quell'io necessario e tessitore reso più vigile e al contempo indulgente quelle esperienze che, per la fretta e la disattenzione degli anni cruciali, non potevano essere vissute con la stessa intensità» 51 • In terzo luogo, questo processo idiografico si presentapolimor­ fo52 , segnato, cioè, da una pluralità di possibili configurazioni del sé, e da una pluralità di percorsi, da una pluralità di fonti formati­ ve. Il carattere polimorfo rende così la storia di vita una «trama» 53• 48 49

/bi, p. 15. /bi, pp. 16-17.

50 «Il momento in cui sentiamo il desiderio di raccontarci è segno inequivocabile di una tappa della nostra maturità. Poco importa che ciò accada a vent'anni piuttosto che a ottanta. È l'evento che conta, che sancisce la transizione a un altro modo di essere e di pensare», DEMETRIO, Raccontarsi ..., p. 21. 51 !bi, p. 16. 52 DEMETRIO, Micropedagogia..., p. 15. 53 Cfr. D. DEMETRIO, Il dilagare dell'eccezione. Vita adulta e desiderio di trame, «Adul­ tità», (1996), 3, pp. 7-13.

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

Il carattere personale della formazione non impedisce la ricer­ ca e la tematizzazione. Una ricerca qualitativa secondo la quale, all'interno del processo di formazione, «il ricercatore può inserirsi per osservarlo e ascoltarlo; per interagirlo e provocarlo; per ap­ prenderlo e scoprirlo, nelle sue diverse componenti costitutive, senza mai distanziarsene a differenza di quanto è avvenuto nella pratica di ricerca che ha creduto di poter rinchiudere questo ogget­ to entro i confini del laboratorio» 54. Proprio nella prospettiva di tematizzare alcune componenti costitutive, Demetrio parla di: amor, opus, ludus, mors55 • 5. L'indirizzo clinico Il termine clinico richiama, in senso generale, quel modo di inten­ zionare e tematizzare la formazione che è attento principalmente alla dinamica interna del soggetto e, soprattutto, alla elaborazione di significati che egli opera in merito al proprio formarsi56 • In questo caso una curvatura clinica potrebbe essere attribuita a qualsiasi discorso sulla formazione che non voglia essere mero addestramento. Qui però, in modo specifico, si intende riferirsi alla particolare prospettiva di ricerca e di intervento sui processi formativi propria della cosiddetta 'clinica della formazione'. Co­ me osserva Massa, che assumiamo come l'autore di riferimento, «Una clinica della formazione viene a costituire a nostro avviso l'altro registro fondamentale del lavoro pedagogico. Dove, però, per lavoro pedagogico intendiamo tanto un approccio di interven­ to sui soggetti della formazione (soggetti formatori e soggetti in formazione), quanto la costituzione di un sapere ulteriore che derivi da tale lavoro e che lo alimenti progressivamente. Intendia54 DEMETRIO,

Micropedagogia..., p. 15. Cfr. DEMETRIO, L'educazione nella vita adulta, pp. 55s63. 56 Il termine 'clinico' è assunto qui non nel senso medico del termine, ma nell'accezione più ampia che è andato assumendo nelle scienze psico-sociali. Per un primo, generale, quadro, cfr. DEMETRIO, Micropedagogia..., pp. 53-58. Per un'analisi delle varie accezioni del termine in rapporto alla 'clinica della formazione', cfr. R. MASSA, La clinica della formazione, Angeli, Milano 1992, pp. 21-30. 55

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mo quindi per clinica della formazione anche un nuovo modo di 57 attuare la ricerca empirica e quella teorica in educazione» • Sul piano della ricerca «la clinica della formazione privilegia lo studio approfondito di singole58situazioni, di singoli oggetti e di singoli processi di59formazione» utilizzando le diverse tecniche del metodo clinico • Nel contesto, però, di questo capitolo non si vuole affrontare la prospettiva della 'clinica' nei suoi aspetti attinenti alla epistemo­ logia pedagogica e nelle sue precise caratteristiche metodologi­ che. Così come per gli altri indirizzi, si cercherà di tracciare bre­ vemente il modo con cui è compresa e tematizzata la formazione. Anche l'indirizzo clinico prende esplicitamente in considera­ zione la nozione di formazione come l'elemento fondamentale del mondo e del sapere pedagogico. Ne riconosce la polivalenza e l'attualità del termine, ne assume «tutta l'estensione semantica» 60 , ma ne studia principalmente una dimensione: quella vitale, esi­ stenziale61 • Pur riconoscendo l'importanza (anzi, proprio perché se ne riconosce l'importanza) di un piano funzionale e manifesto62 , legato alla progettazione e all'azione formativa, l'indirizzo clinico ritiene indispensabile volgere l'attenzione al piano del 'mondo della vita'63 del soggetto, al formarsi e all'essere formato nella sua concretezza storica e nei significati che questo processo continua­ mente assume nella vita del soggetto. Così facendo l'indirizzo MASSA, Istituzioni di pedagogia... , p. 582. Ibidem. 59 Cfr. ibi, pp. 20-21. 60 !bi, p. 583. 61 Cfr. MASSA, La clinica della formazione, pp. 15-16. Ed ancora Io., Istituzioni di pedagogia... , p. 583: «Una nuova pedagogia non può che ricomprendere al proprio interno 57

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tanto l'accezione più tecnica, di sapore aziendalistico, dell'idea di formazione, quanto quella relativa alla sua significazione esistenziale (il corsivo è nostro) e alla sua diffusività sociale». 62 Cfr. MASSA, La clinica della formazione, p. 19. 63 La nozione di mondo della vita, di matrice fenomenologica, è naturalmente presente con forza nell'indirizzo fenomenologico così come nell'indirizzo costruttivista-clinico. Ma l'attenzione all'esistente nella sua irriducibile concretezza è presente anche nell'indi­ rizzo personalista-cattolico. In realtà occorrerebbe studiare analogie e differenze dei diversi indirizzi nel considerare il mondo della vita.

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

clinico, dentro la 'datità'64 e la 'densità'65 della formazione mette particolarmente in risalto la materialità del processo formativo, la struttura latente, i dispositivi del processo formativo ed, infine, le sue fondamentali dimensioni strutturali. Per 'materialità' si intende «l'insieme di quelle determinazioni concrete che rendono possibile il processo di formazione sia in quanto mondo vitale, sia in quanto azione intenzionale per un verso e progettazione tecnica per l'altro»66 . Per 'struttura latente' si intende l'insieme di 'significati impli­ citi' al processo67 e al lavoro formativo68 che «concernono, a nostro avviso, le dinamiche di processo, i modelli di comprensio­ ne, i codici affettivi e soprattutto i dispositivi che risultano agenti in qualunque situazione formativa»69• Questi significati impliciti danno vita a particolari 'latenze'. Con 'dispositivo' che la clinica della formazione prende nel­ l'accezione elaborata da M. Foucault, s'intende «in senso squisi­ tamente sistemico», «un reticolo di strategie, tattiche e procedure specifiche, un gioco di regole proprie dotato di autonoma positivi­ tà educativa»70 . L'indirizzo clinico mette in correlazione quattro fondamentali materialità con altrettante specifiche latenze e dispositivi. Per64 «La formazione in quanto oggetto del nostro discorso rimane per noi un fenomeno che per profondità, durata, universalità è paragonabile alla natura stessa: un dato che ci preesiste ma che ci attraversa e di cui siamo nostro malgrado partecipi, attori e agiti al contempo come in una seconda natura», A. FRANZA, Il congegno metodologico, in MASSA, La, clinica della.fonnazione, p. 44. 65 «Il presupposto della clinica della formazione è dunque che la formazione in quanto tale presenti una tale densità di componenti cognitive e di vissuti affettivi da richiedere, nella sua normalità e nella sua generalità, un'adeguata elaborazione culturale ed esisten­ ziale, di tipo disinteressato rispetto a urgenze progettuali o di ricerca nomotetica da soddisfare in altre sedi», MASSA, Istituzioni di pedagogia ... , p. 585. 66 MASSA, La, clinica della.formazione, pp. 19-20. 67 Cfr. MASSA, Istituzioni di pedagogia ... , p. 586. 68 Cfr. MASSA, La '.fonnazione' oggi... , in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazio­ ne... , p. 300. 69 Ibidem. 70 MASSA - BERTOLINI, Il dibattito epistemologico ... , p. 335.

RE «FILOSOFICAMENTE» LA FORMAZIONE pENSA

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ciò, la formazione, che la clinica mette in luce, risulta caratterizza­ ta da: a) La 'vicenda di formazione' a cui corrisponde la 'latenza refe­ permet­ renziale'. Un lavoro clinico che partendo dalla narrazione 71 di un dispositivo viduazione esistenziale • ndi i l' te b) La 'rappresentazione della formazione' connessa con una 'la­ tenza cognitiva'12• Il lavoro clinico partendo dalla categorizzazio­ ne dell'esperienza formativa permette l'individuazione di un di­ spositivo ideologico. e) La 'relazione formativa' connessa con una 'latenza affettiva 073 • Il lavoro clinico attraverso un'attività di interpretazione permette 74 l'individuazione di un dispositivo inconscio • d) La 'situazione formativa' che è in correlazione con una 'latenza pedagogica'. Il lavoro clinico permette la scoperta e la struttura­ zione di un dispositivo di elaborazione, cioè un insieme di prati­ che, di strutture, di simboli attraverso i quali la formazione si compie. La scoperta degli elementi della situazione formativa porta a concepire la formazione come un processo latente/manifesto75 71 «Si tratta di cogliere, attraverso l'analisi stessa dello stile narrativo e dei suoi contenuti manifesti, lo scenario, e i personaggi più significativi del testo in oggetto, il suo intreccio, gli avvenimenti e le salienze, gli incidenti critici e l'eventuale scioglimento che si danno in esso, i criteri di valutazione, di successo o di insuccesso a cui si fa riferimento, la im­ medesimazione e le variazioni immaginarie», MASSA, La clinica dellaformazione, p. 34. 72 «L'attività che qui è in gioco è quella di addivenire a una 'categorizzazione' esplicita e criticamente consapevole dell'esperienza di formazione in oggetto. Si tratta su questa base di giungere a individuare (e quindi ridefinire) il modello di comprensione latente in ogni azione e progettazione formativa, come pure in ogni rappresentazione della formazione medesima e della vita in generale, ibi, pp. 35-36. 73 «Attraverso l'analisi della costellazione emotiva e dei vissuti soggettivi concernenti quanto precedentemente narrato e categorizzato si tende a svelare la dinamica affettiva soggiacente al processo di formazione e da esso suscitata», MASSA, Istituzioni di pedago­ gia... , p. 589. 74 Cfr. MASSA, La clinica dellaformazione, p. 37. 75 La clinica della formazione non contrappone tanto un registro affettivo ad un registro cognitivo, ma piuttosto un registro latente ad uno manifesto. Cfr. MASSA, Istituzioni di pedagogia..., p. 586.

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

caratterizzato da alcune dimensioni strutturali indipendenti da una esplicita intenzionalità formativa76: la dimensione spazio tempora­ le, corporea, simbolica, finzionale, transizionale, rituale, iniziati­ ca, prescrittiva e valutativa77. Rispetto ai riferimenti teoretici di questo indirizzo, la clinica si richiama esplicitamente ad una prospettiva neostrutturalista. Essa però «si prefigge di integrare in una prospettiva neostrutturalista le posizioni più avanzate delle revisioni cognitiviste e psicoana­ litiche, utilizzando anche gli studi sulle rappresentazioni sociali oltre ad alcuni contributi dell'antropologia culturale e dell'analisi organizzativa»78. 6. L'indirizzo critico Volgiamo, infine, l'attenzione all'indirizzo definibile come criti­ co, proprio della cosiddetta pedagogia critica che ha nel pensiero di A. Granese e nel gruppo inter universitario di ricerca pedago­ gica i referenti fondamentali79 . In realtà questo indirizzo presenta una pluralità di posizioni che, accomunate dall'attuazione di un pensiero critico, presentano rispetto a singole questioni delle posi­ zioni diverse. Se dunque qui si prende il pensiero di Granese come punto di riferimento, lo si fa nella consapevolezza che egli non rappresenta l'indirizzo nella sua globalità, ma, insieme, nella con­ vinzione che la sua posizione indichi bene la prospettiva del gruppo. La pedagogia critica vuole attuare una riflessione radicale (si potrebbe dire estrema) dei concetti pedagogici sia presenti nel1'elaborazione pedagogica sia, spesso in modo implicito, «nella 76 «Consideriamo formativa, indipendentemente dai suoi intenti e dai suoi esiti, qualun­ que situazione anche scevra da ogni intenzione pedagogica, tale da presentare però una strutturazione determinata da alcune dimensioni fondamentali di esperienza», MASSA, La clinica dellaformazione, pp. 38-39. 77 Cfr. ibi, p. 39 e MASSA, Istituzioni di pedagogia... , p. 59 I. 78 MASSA - BERTOLINI, Il dibattito epistemologico ... , p. 357. 79 !bi, p. 349.

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80 filosofia, n�ll•��istemologia, nelle scienze» • Fare della pedago­ gia critica s1gmf1ca secondo Granese:

forzare i li�!i co�cet�ua!i dei discorsi_già volti, prospet�ando un piano di riflessioni pm rad1cah, sia nel senso d1 un salto quahtat1vo verso catego­ rie più c omprensive e consistenti di quelle fino ad allora individuate e utilizzate, sia nel senso di strategico verso categorie soggiacenti (e in quanto tali non sempre ben individuate) al 'fatto educativo' e a quella il contenuto fondamentale considerazione storico-critica, che costituisce 81 • della disciplina pedagogica ico tip e La nozione che primariamente deve essere fatta oggetto di questa riflessione critica è 'formazione'. Così, l'esigenza di una criticità nei confronti dell'uso del termine/concetto 'formazione' trova, nell' 'indirizzo critico', una totale assunzione. Granese è del parere che: il problema della formazione è 'radicale' e che quello dell'educazione gli si collega talvolta come tematica subalterna e subordinata, talvolta come tematica centrale e sovraordinata[... ]. Affrontare l'immensa diffi­ coltà teorica per cui ci può essere formazione senza educazione e per cui, al tempo stesso, non può esservi formazione umana senza educazione, significa approssimarsi a un livello di massima profondità, nel senso che qui definiamo 'radicalità'82. La riflessione radicale sulla nozione di formazione, che ha una funzione di mediazione tra le propensioni filosofico-metafisiche e quelle concrete della pedagogia83 , mette in luce una serie di que80 Ibidem. È importante ricordare che il volume di CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione... , contiene diversi contributi (Cambi; Spadafora; Colicchi Lapresa; Porched­ du; Frauenfelder; Fadda, De Sanctis; Piromallo Gambardella) che si muovono nell'ordine di ricercare 'radicalmente' nella storia del pensiero e nelle scienze gli «impliciti pedago­ gici». 81 GRANESE, Presentazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), Lafonnazione... , p. 8. Per una trattazione approfondita della prospettiva critica cfr. anche GRANESE, Il labirinto e la porta stretta. 82 GRANESE, Il concetto di formazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazio­ ne... , p. 124. 83 Cfr. GRANESE, Presentazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione... ,

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

stioni aperte e aporie «con le quali la pedagogia non aveva mai fatto i conti» 84 e porta il pensiero pedagogico fino alla tematizza­ zione di una domanda estrema (che con Heidegger potrebbe esse­ re detta metafisica): «Perché l'educazione piuttosto del nulla?» 85 • Sottoposta ad una complessità di domande estremamente com­ plesse, di cui la domanda suddetta è solo l'apice (altre domande potrebbero essere così formulate: la formazione è disvelamento di un modello? è connessa con la libertà? è una questione di 'natura', di 'destino'?), la formazione è comunque intesa in questo indiriz­ zo come il formarsi e l'essere formato dell'uomo nel suo insie­ me86 • In tale accezione, sia l'educazione che l'apprendimento, come abbiamo già notato nel capitolo precedente, sono considera­ ti modalità di formazione. In questo processo che è di 'costruzione integrale' del soggetto, ma anche di 'determinazione estema'87, assumono particolare rilevanza le questioni della destinazione originaria, della salvezza, della cura e della coltivazione, della scelta, della responsabilità-imputabilità, della determinazione e della costituzione per delimitazione88 . L'importanza di queste questioni richiede una riflessione 'in quota' e rimanda, in Granese, alla ineludibilità di una riflessione in qualche modo 'ontologica' sul processo formativo89 . Ma al di là di questa curvatura ontologica propria di Granese, su cui non è possibile soffermarsi in maniera adeguata, questo indirizzo assu­ me una particolare posizione sul 'pensare la formazione' su cui occorre soffermarsi. Ibidem. Cfr. GRANESE, Il labirinto e la porta stretta, cap. VI, pp. 247-268. 86 Cfr. GRANESE, Il concetto di formazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione..., p. 111 e ID., Il labirinto e la porta stretta, pp. 191-195. 87 Cfr. GRANESE, Il concetto di formazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione..., p. 112. 88 Cfr. GRANESE, Il labirinto e la porta stretta, cap. v, pp. 191-246, e ID., Presentazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), Laformazione..., pp. 7-20. 89 Notano criticamente questo, Massa, e Bertolini quando osservano che: «Granese in Il labirinto e la porta stretta (1993), vanifica ogni intento di specificazione epistemologica e filosofica. Egli utilizza gli esiti antiteoricisti della costruzione postmoderna per un ritorno all'ontologia religiosa del premoderno, incentrato sulle categorie di cura e di salvezza», MASSA - BERTOLINI, Il dibattito epistemologico..., p. 349. 84 85

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Negli indirizzi precedenti si è notato che il pensare filosofica­ rnente la formazione dentro la pedagogia comporta un richiamo esplicito, senza che questo vada inteso come dipendenza90 , ad alcune particolari elaborazioni filosofiche. L'indirizzo critico, pur avendo naturalmente anch'esso un collegamento con varie sugge­ 91 stioni filosofiche (filosofia analitica, filosofia critica ), affronta direttamente la questione del rapporto tra filosofia e pedagogia filosofica (o teoretica) rivendicando con forza, principalmente in Granese, l'importanza primaria di un pensare filosoficamente la formazione dentro la pedagogia. Non è soltanto la riflessione filosofica esterna al pedagogico che può venire in aiuto alla rifles­ sione filosofica dentro la pedagogia, ma ancora di più è il pensare radicalmente, dentro l'esperienza, i problemi pedagogici nella loro irresolubilità, che svela la riflessione pedagogica di molte filosofie e rimanda alla filosofia una serie di questioni aperte invitandola, così, a sua volta, ad una radicalità. Nota Granese: L'approfondimento radicale del concetto di formazione se da un lato sembra concedere più di quanto non sia ammissibile ad una pedagogia filosofica, dall'altro mostra come la riflessione pedagogica sia costituti90 Anzi, nell'indirizzo fenomenologico e in quello clinico (ma con sfumature diverse an­ che negli altri), l'intenzione è comunque di prospettare un sapere pedagogico autonomo. 91 «Quindi la filosofia ritorna al centro della pedagogia, ma secondo un deciso approccio critico, che esclude ogni esito speculativo, come pure ogni riduzione empiristica. Si tratta di una filosofia anti-speculativa (cioè anti-metafisica, analitico-critica, dialettico-erme­ neutica) e post-empirista, che lavora con criteri prevalentemente informali, intorno al nesso complesso e sfuggente di scienza, prassi e storia, coinvolgendo prospettive inten­ zionali e prerequisiti o precomprensioni nascoste e sottoponendoli al vaglio della critica, risolto in una varietà di forme (dalla critica dell'ideologia all'ermeneutica, passando per la critica genealogica e per quella dialettica). L'approccio filosofico si caratterizza così come epistemologia e metateoria, come indagine sulle strutture del discorso pedagogico e sul suo congegno interno, storico e in divenire, ma anche come la ripresa di un dibattito sui fini e sui modelli, che appare oggi irrinunciabile data la costitutiva storicità delle pedagogie e la loro curvatura valoriale, anzi deve farsi più esplicito e decisivo in merito agli scopi della pedagogia in un'era di crisi e di trasformazione, della quale si intravedono esiti fortemente inquietanti e possibili perdite irrevocabili, affrontando i terni del Progetto di civiltà che si va a costruire, secondo l'ottica di una criticità radicale (cioè costantemente aperta su se stessa, negli approdi e nei metodi), quale è manifestata proprio e soltanto dalla filosofia. Tra i due emisferi della filosofia dell'educazione (quello epistemologico e quello del Progetto) non c'è contrasto, anzi reciprocità», F. CAMBI, Dopo la scienza empirica, «Cultura e scuola», 1989, 110, pp. 144-145.

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

va di modelli di riflessione filosofica, il che è un notevole indizio a favore di una pedagogia 'critica' che in quanto tale contribuisce a riequi­ librare i rapporti tra il 'sapere' filosofico e quello 'pedagogico' facendo giustizia sia di incongrue 'ancillarità', sia della separazione netta di pedagogia e filosofia auspicata in alcuni contesti, nonché della tesi che assai poco plausibilmente identifica la teorizzazione pedagogica con la filosofia dell'educazione92 .

Così l'indirizzo critico, partendo dalla nozione di formazione e applicandosi, in primis, su di essa, porta in sé l'invito forte al mondo pedagogico di tentare il rischio del teoretico (e non teorici­ stico)93 nell'intenzione di appropriarsi 'di alcune categorie-cardi­ ne', come, appunto, quella di formazione, con tutta la rete di categorie connesse e soggiacenti che la costituiscono. 7. La circolarità tra pedagogia e filosofia Questa tensione teoretica però, che in Granese viene assunta così esplicitamente fino ad assumere la radicalità della domanda meta­ fisica94, è presente in tutti gli indirizzi che abbiamo preso in esame. Anzi, sono stati presi in esame, perché presentavano una interessante riflessione teoretica sulla formazione. E presi nel loro insieme (cfr. per un riassunto la tabella a fine capitolo) costitui­ scono un esempio chiaro della tensione a pensare filosoficamente la formazione dentro la pedagogia. Il pensare in modo aperto, critico, ma insieme in modo siste­ matico e non banale la formazione sembra, a chi scrive, un compi­ to ineludibile del mondo pedagogico. E questo pensare teoretica­ mente la pedagogia, dentro un orizzonte culturale che sempre più GRANESE, li concetto di formazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), Laformazio­ ne... , p. 123. 93 «Forse più di quanto non accada in altre discipline di ricerca, dalla pedagogia deve escludersi ogni schizzinosità pseudo-castaliana ed ogni cedimento concettuale: ogni rapi­ mento teoricistico e ogni abbassamento strutturale o strumentale del tono teoretico», GRANESE, li labirinto e la porta stretta, p. 1. 94 Ma anche gli altri indirizzi, in forme e densità diverse, portano in sé delle domande radicali che sarebbe interessante individuare. 92

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diventa consapevole delle interrelazioni, con le sue risorse e i suoi condizionamenti, non può né da una parte abdicare ad una qualche filosofia chiusa in sé, né dall'altra ritenersi autosufficiente. Se è vero ciò che dice Granese che: «sembra in ogni caso da 95 escludere che la verità delle pedagogie stia nelle filosofie» , dal1'altro lato, però, ci sembra di poter dire che il pensare e l'operare nel pedagogico non possa fare a meno di un filosofare. Così, ciò che emerge sempre di più è una circolarità tra la pedagogia, presa nel suo insieme come teoresi, ricerca, clinica, didattica, e il pensa­ re in modo sistematico, critico, le direzioni, i sensi, i significati del vivere umano. Riflessioni nate in un contesto intenzionalmente filosofico possono essere di grande aiuto nel pensare la formazio­ ne e nel pensare alla formazione; così come intelligenze, com­ prensioni, problemi sorti nel pedagogico possono arricchire la comprensione e lo 'sguardo' critico, del filosofo. Questa circolari­ tà è, però, autenticamente favorita solo se dentro la pedagogia stessa è alimentata la tensione teoretica, se l'orizzonte pedagogico non espelle il filosofico e insieme rivendica il diritto di poter interloquire con esso. In questa reciproca dipendenza tra una pedagogia che pensa filosoficamente e che necessita di suggestioni filosofiche e una filosofia che necessita delle suggestioni sorte dal pedagogico, si colloca il tentativo di analizzare l'elaborazione di un filosofo-teo­ logo, Bemard Lonergan. Lonergan, propriamente, non ha pensato filosoficamente la formazione dentro la pedagogia, bensì dentro un orizzonte episte­ mologico e teologico96 • Ha elaborato però, dentro una pluralità di interessi, un pensiero molto articolato sullo sviluppo coscienziale dell'uomo, uno sviluppo strutturato, storico, aperto, differenziato; pensiero che, benché egli non lo chiami così, può essere certamen­ te inteso come un pensiero sistematico sulla formazione. Proprio per questo, può essere fatto oggetto di una ricerca pedagogica.

Presentazione, in CAMBI - FRAUENFELDER (a cura di), La formazione... , p. 19. 96 Occorre qui, di sfuggita, richiamare l'esistenza di una forte analogia tra un sapere pedagogico e un sapere teologico. 95

GRANESE,

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LA QUESTIONE FORMAZIONE

Figura 1 Indirizw

Principali prospettive teoretiche di riferimento

È sottolineata, nella formazione, l'importanza di:

La formazione è intesa, principalmente, come:

Fenomenologico Fenomenologia

le direzioni intenzionali originarie

apertura al possibile

Personalistacattolico

Pensiero personalistacattolico

- la struttura della persona -i valori e i fini - la dimensione trascendente

processo di 'umanizzazione' della 'forma umana'

Costruttivistaautobiografico

Fenomenologia Costruttivismo

- il carattere polimorfo della mente - la dimensione idiografica -le figure eidetiche

storia di vita

Clinico

Neostrutturalismo Psicoanalisi

- la struttura latente

processo esistenziale legato a materialità, latenze, dispositivi

Critico

Filosofia analitica Filosofia critica

-forma -cura - destinazione originaria

il formarsi e l'essere formato dell'uomo nel suo problematico insieme

Infatti una teorizzazione sulla formazione sorta dentro un orizzon­ te non esplicitamente pedagogico può essere molto arricchente per chi pensa e opera dentro l'orizzonte della pedagogia.

SECONDA PARTE

Il 'sistema' coscienziale lonerganiano

CAPITOLO TERZO

Il quadro di fondo

1. La storia di formazione di B. Lonergan 1.1. Contesti, orizzonti, interessi Per Bemard Lonergan la configurazione della coscienza di un soggetto non è separabile dalla sua storia, dal suo concreto svilup­ parsi 1, dentro determinati contesti2, nel corso della vita. Caratterizzata da un struttura fondamentale di operazioni - comune a tutti gli uomini e trascendentale3 - la coscienza del

1 Il presente capitolo ha lo scopo principale di introdurre la figura di Lonergan mettendo­ ne in luce la dinamica formativa. In esso perciò verranno utilizzati termini la cui valenza concettuale si chiarirà soltanto nel corso dei capitoli successivi. Uno di questi è certamen­ te quello di sviluppo. In generale, comunque, occorre sottolineare che Lonergan, nel corso delle sue opere, utilizza un numero vasto di termini 'tecnici' per indicare concetti che non sono facilmente definibili in poche righe e il cui approfondimento comporterebbe un lavoro qui non proponibile. A seconda dei casi, si cercherà quindi o di rimandare ad alcuni testi oppure darne una qualche delucidazione attraverso il testo o le note. 2 Contesto è una delle nozioni fondamentali della teoresi lonerganiana. Come di ogni nozione chiave Lonergan ne mette in luce le diverse sfumature attraverso molteplici distinzioni. Qui basterà ricordare la distinzione tra contesto materiale e contesto formale. Il contesto materiale è l'insieme delle condizioni che fanno da sfondo ad un soggetto che conosce ed agisce. Il contesto formale è l'insieme delimitato di domande e di risposte con cui un soggetto affronta un argomento. Nella vita del soggetto vi è un susseguirsi di contesti materiali e formali, che comportano la formazione di contesti cumulativi. Cfr. B. LoNERGAN, Method in Theology, Darton, Longman & Todd, London 1972, ed. it. a cura di G.B. SALA, Il metodo in teologia, Queriniana, Brescia 19852 (1975), pp. 181, 198, 330-332; F.E. CROWE, Lonergan, Casse!, London 1992, ed. it. a cura di N. SPACCAPELO, Bemard J.F. Lonergan. Progresso e tappe del suo pensiero, Città Nuova, Roma 1995, pp. 15-16. Per ogni opera di e su Lonergan la prima volta che è citata viene riportato il titolo originale ed insieme, se esiste, la traduzione italiana a cui si riferiscono le pagine citate. Nelle citazioni successive si fa riferimento, invece, solo all'eventuale edizione italiana. 3 Per la nozione di trascendentale vedi prossimo capitolo.

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soggetto trova forma, espressione, realizzazione attraverso un processo di formazione in cui i contesti materiali storici, culturali, sociali, giocano un ruolo determinante. Scrive Lonergan: «Impa­ rare non è una mera aggiunta a ciò che si è imparato in anteceden­ za, ma piuttosto una crescita a partire dal previo apprendimento. Per cui tutte le nostre intenzioni, le nostre affermazioni, le nostre azioni stanno dentro un contesto» 4 • I contesti sono lo sfondo dinamico, mentale, psichico a partire dal quale il soggetto vive la propria esistenza e dentro il quale si compie la ricerca, l'elaborazione, l'affermazione dei significati. La coscienza umana è infatti intrinsecamente connessa con il significato, e il suo sviluppo è un progressivo differenziarsi ed integrarsi di diversi ambiti di significato5 . Il contesto è luogo di mediazione del significato. In due accezioni: la prima nel senso che il soggetto è posto in un contesto già carico di significati storicamente determinati; la seconda nel senso che il contesto stesso partecipa alla determinazione del significato da parte del soggetto. Alla formazione della coscienza concorre così la sua struttura intrinseca e il concreto, storico insieme di contesti in cui essa si sviluppa. Se infatti le strutture di base della coscienza sono in qualche modo trans-storiche6, è dentro il dinamico svolgersi dell'esistenza che il soggetto 'si fa'. La figura e la forma della conoscenza umana, del lavoro umano, dell'or­ ganizzazione sociale, dell'opera, della comunicazione, e della comunità culturale, dello sviluppo personale sono impregnati di significato. Il significato ha le sue strutture e i suoi elementi che sono invarianti, ma i contenuti di queste strutture sono soggetti a uno sviluppo e a un declino cumulativo. Perciò l'uomo sta al di fuori del resto della natura, è un essere storico, e ogni uomo configura la sua vita, ma lo fa solo in un rapporto di causalità reciproca rispetto alle tradizioni della comunità nel LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 253. 5 Lonergan distingue, di solito, quattro ambiti di significato: senso comune, teoria, interiorità, trascendenza. Di ciò si parlerà ampiamente nei prossimi capitoli. 6 Si potrebbe dire anche che sono date dalla natura, se questo termine non fosse oggi carico di ambiguità. Con trans-storiche si intende comunque indipendenti dalle storie dei singoli e appartenenti ali' essere umano in quanto tale, al di là delle razze.

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che quale di fatto è nato, mentre a loro volta queste tradizioni non sono 7 • lasciatogli dalla vita di coloro che lo hanno preceduto il deposito

Il dinamismo coscienziale e i contesti di vita fanno sì che il soggetto sia collocato sempre dentro un proprio mondo, caratte­ 8 rizzato da un particolare orizzonte • «Non si dà un 'soggetto', se che non non entro un 'orizzonte', come non si dà un 'orizzonte' 9 • che delimita il mondo del soggetto» linea sia la L'orizzonte, letteralmente, segna il 'circolo limite', la linea dove cielo e terra sembrano congiungersi, il confine del proprio campo di visuale. «Man mano che ci si sposta, la linea retrocede davanti ed avanza di dietro, cosicché secondo la diversità del punto dove ci si trova vi sono orizzonti diversi. Inoltre, per ogni posizione e per ogni orizzonte diverso c'è una diversa divisione nella totalità degli oggetti visibili» 10 • Questa nozione geografica è trasposta metaforicamente da Lo­ nergan alla vita del soggetto. Orizzonte diventa così una nozione chiave per descrivere e comprendere la coscienza del soggetto. Ogni coscienza ha un orizzonte; la sua diversità comporta un 'mondo diverso', diversi significati e diversi valori. «L'orizzonte è l'ambito dei nostri interessi e della nostra conoscenza; è la fonte fertile di ulteriori conoscenze e attenzioni; ma è anche il termine che limita la nostra capacità di assimilare dell'altro, oltre quanto abbiamo già raggiunto» 1 1• 7 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 100. 8 Oriu.onte (horizont) è, nel pensiero di Lonergan, una nozione chiave, che viene progres­ sivamente impiegata, nel corso delle opere, in modo sistematico e creativo. Preceduta nelle prime opere da tennini come realm (ambito), viewpoint (punto di vista), world (mondo), essa è usata in modo sempre più frequente e preciso a partire dalle lezioni estive sull'Esistenzialismo, tenute nel 1957. Come si vedrà anche in seguito, Lonergan, prenden­ do avvio dalle letture di Husserl ed Heidegger, rielaborò la nozione costruendo una propria concezione metaforica di orizzonte. Per un'attenta analisi di questa nozione cfr. N. SPACCAPELO, Bemard Lonergan e il suo 'orizzonte', presentazione al volume di H.A. MEYNELL, The theology ofBemard Lonergan, Atlanta 1986, ed. it. a cura di N. SPACCAPE­ LO, Bemard Lonergan, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1994. 9 SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Lonergan, p. 18. 10 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 251. 11 /bi, p. 253.

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L'orizzonte non è un dato statico, bensì è caratterizzato da una dinamicità correlata anche all'evolversi degli interessi 12 del sog­ getto. Questi trovano ragion d'essere nella struttura coscienziale, nei suoi contesti concreti e si modificano con l'evolversi della vita del soggetto 13 • Un interesse muta perché il soggetto umano si sviluppa geneti­ camente, storicamente, socialmente, culturalmente, religiosamen­ te; il suo mutarsi muta il mondo del soggetto e il suo orizzonte 14. La vita di una persona nel suo evolversi storico può essere rappresentata prendendo in prestito le nozioni lonerganiane appe­ na descritte. Della storia di un soggetto si possono individuare gli orizzonti iniziali, quelli successivi, gli interessi di fondo che ren­ dono dinamico il quadro. Così facendo, si cerca di raccontare la vita di una persona con l'attenzione di individuare in essa un processo che è 'processo di formazione di una coscienza'. Forma­ zione co-determinata dalla struttura coscienziale, dai contesti con­ creti e da un susseguirsi organizzato di orizzonti e di interessi. Con questa attenzione si cercherà di 'raccontare' ora la vita di Bemard Lonergan, cercando di mettere in luce, soprattutto, come le nozioni chiave del suo pensiero sistematico furono innanzitutto elementi centrali della sua esistenza. Egli era solito affermare, nel corso delle sue opere, che i dati della coscienza umana, per poter essere compresi, concettualizzati, affermati e giudicati, devono innanzitutto essere sperimentati dal soggetto stesso, attraverso un'attenzione alla propria esperienza di vita. Applicò questo prin12 Q ui si utilizza il termine interesse in una accezione molto vasta che ingloba sia il termine interest che altre due parole utilizzate da Lonergan: concern ed exigence. Nel corso dello studio si andrà, però, precisando il significato di questi due ultimi termini. 13 «Come il campo di visuale varia con il variare della propria posizione, così anche la portata della propria conoscenza e l'ambito dei propri interessi variano secondo il periodo in cui uno vive, lo sfondo e l'ambiente sociale, l'educazione e lo sviluppo personale», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 252. 14 La dinamica di cambiamento degli interessi assume figure molteplici. Essa però si muove attorno a due poli di fondo che Lonergan chiama il 'mio mondo' e 'l'universo dell'essere'. Lo sviluppo della coscienza consiste in un progressivo aprirsi del proprio interesse dall'orizzonte del 'mio mondo' al più vasto universo dell'essere. Cfr. B. LONER­ GAN, Understanding and Being, Toronto 1990, ed. it. a cura di N. SPACCAPELO - S. MURATORE, Comprendere ed essere, Città Nuova, Roma 1993, p. 229. Sullo sviluppo della coscienza del soggetto si tornerà ampiamente nel cap. 5.

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cipio innanzitutto a se stesso, per cui le nozioni fondamentali che elaborò furono innanzitutto dati che progressivamente si afferma­ rono alla sua coscienza e che Lonergan fece criticamente propri. 15 1.2. Vita di Lonergan a) / primi contesti e i primi interessi

Bemard Joseph Francis Lonergan nacque il 17 dicembre 1904 a Buckingam presso Ottawa, in Canada. La famiglia fu il primo contesto di formazione; il padre, di origine irlandese, topografo di professione, la madre, originaria dell'Inghilterra, e altri due fratel­ li, costituirono il primo ambiente. La lingua di casa Lonergan era l'inglese; la religione il cattolicesimo. Per i cattolici, a Buckin­ gam, vi era una chiesa ed una scuola tenuta dai Fratelli delle Scuole Cristiane. Entrambe le agenzie contribuirono ad arricchire l'ambiente formativo del piccolo Lonergan. Soprattutto la scuola rappresentò una prima palestra di studia 16, che con il crescere degli anni si sarebbe fatto metodico, assiduo, straordinariamente intenso. Nel 1918, a quattordici anni, Bemard fu mandato a compiere la High School a Montreal, presso il Loyola College, retto dai padri gesuiti. La significanza formativa di questi anni è riscontrabile in almeno due elementi. Innanzitutto, perché segnarono l'inizio del rapporto con lo spirito e l'istituzione gesuitica, verso la quale manterrà per tutta la sua vita una relazione complessa di stima e di critica, di affetto e di risentimento 17 • In secondo luogo, perché cominciò a prendere forma il primo interesse centrale di Loner15 Per questo profilo ho fatto riferimento ad alcuni scritti che presentano la vita e l'opera di Lonergan. Innanzitutto all'opera di quello che può essere considerato il suo biografo: CROWE, Bernard J.F. Lonergan... Quindi a G.B. SALA, Bernard Lonergan, in La filosofia cristiana nei secoli XIX e XX, voi. 11, Città Nuova, Roma 1994, pp. 843-863; G.B. SALA, Da Tommaso d'Aquino a Bernard Lonergan, «Rivista di Teologia», 36 (1995); A. SBARDELLA, Sul pensiero di Bernard J.F. Lonergan, «La Civiltà Cattolica», 146 (1995), 3, pp. 505-512; SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'oriu,onte', in MEYNELL, Bernard Lonergan. 16 «Alla scuola parrocchiale dovevo sempre lavorare con il massimo impegno». Stralcio di una lettera del 5 maggio 1946 riportata da CROWE, Bernard J.F. Lonergan... , p. 20. 17 Cfr. ibi, p. 19.

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gan: il fenomeno del comprendere (understanding) umano. Nella coscienza dell'adolescente Bemard cominciò così a dilatarsi un orizzonte di ricerca che avrebbe assunto negli anni spazi sempre più vasti e profondi. Nel 1922, a diciotto anni, decise di farsi gesuita ed entrò di conseguenza nel noviziato della Compagnia di Gesù a Guelph, nell'Ontario. Come in ogni seminario, anche a Guelph l'intenzio­ nalità educativa dell'istitùzione si ramificava in una molteplicità di attività formative che segnavano il ritmo della vita quotidiana, incidendo significativamente sul processo formativo delle per­ sone. Queste attività possono essere raccolte in alcuni gruppi. Le lezioni scolastiche di latino, greco, francese, inglese, canto e lo studio personale costituivano l'aspetto intellettuale della forma­ zione. La lettura dei testi di spiritualità, le istruzioni del maestro ai novizi, le esortazioni, le penitenze, le pratiche di preghiera forma­ vano l'aspetto ascetico-spirituale. I lavori domestici, le passeg­ giate e le ricreazioni comunitarie rappresentavano l'aspetto socia­ le. Gli impegni nella redazione di un diario di comunità, nelle attività di catechesi, negli esercizi di eloquenza e di predicazione costituivano infine l'aspetto di tirocinio. Ai due anni di noviziato fecero seguito, sempre a Guelph, i due anni del cosiddetto carissimato simili, in molti aspetti, ai prece­ denti; uniche differenze significative furono l'inizio dell'attività didattica (insegnò matematica, latino, greco) e l'intensificazione delle attività di lettura personale. I quattro anni trascorsi a Guelph, per la loro strutturazione e pervasività quotidiana, segnarono chiaramente la vita di Loner­ gan. Furono, infatti, un'esperienza di studio, di preghiera, di vita comunitaria, di disciplina personale ed insieme occasione di ri­ flessione su questa esperienza. L'incipiente riflessione sull'espe­ rienza comportò un insieme di comprensioni che avrebbero in seguito portato alla tematizzazione delle principali nozioni del suo sistema. In questi anni Lonergan, in sintesi, acquisì: uno stile di studio metodico, fortemente individuale, e ricco di auto-didassi. L'esercizio di uno studio personale assiduo, coscien­ te e critico avrebbe rappresentato il contesto fondamentale su cui I.

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si sarebbero innestate le riflessioni sui caratteri della conoscenza propri della coscienza umana e sulla centralità del metodo. Il. un'attenzione particolare alla propria coscienza e alla sua crescita. Fu l'esercizio di questa attenzione che avrebbe favorito negli anni la distinzione dei livelli della coscienza e la formulazio­ 18 ne delle nozioni di auto-appropriazione, autotrascendenza • m. la convinzione della centralità dell'attività intellettuale nell'insieme della vita quotidiana. Ciò avrebbe rafforzato l'impor­ tanza data al comprendere e in esso all'intellezione (insight).

IV. il riconoscimento dell'importanza della vita comune. L'espe­ rienza comunitaria caratteristica della vita di un ordine religioso sarebbe stato elemento determinante per la formulazione di diver­ se nozioni tra cui quelle di intersoggettività, comunità, bene d'or­ dine. b) Gli studi filosofici in Inghilterra

Nella seconda metà del 1926, terminato il carissimato, Lonergan fu inviato in Inghilterra, per studiare filosofia presso il Collegio di Heythrop vicino ad Oxford. Le esperienze e le iniziali compren­ sioni di Guelph (che avevano dato avvio alla consapevolezza di nuovi interessi e alla strutturazione di nuovi orizzonti) trovarono così un nuovo contesto ed un nuovo ambiente che si sarebbe rivelato fecondo. Fu in questi anni inglesi che la coscienza di Lonergan avrebbe vissuto l'incontro con nuovi modi di vivere e nuove culture e sarebbe così stata sollecitata a nuove comprensioni. Sono anni in cui l'antico e il nuovo, il noto e il non conosciuto si intrecciarono rendendo estremamente dinamica e recettiva la coscienza e la mente di Lonergan. Il primo intreccio si ebbe tra la sequenza familiare della vita di un collegio di religiosi, comune a tutto il mondo, e le abitudini diverse date dal numero maggiore di persone e soprattutto dalla

La vita di Guelph «diede inizio ali' opera di strutturazione di un elemento tipico del suo pensiero: la nozione di auto-trascendenza», ibi, p. 25. 18

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diversa collocazione geografica del luogo, a cui seguiva un am­ biente generale diverso. Il secondo intreccio fu rappresentato dall'incontro tra le cono­ scenze acquisite negli anni canadesi e la partecipazione ad un corso di studi filosofici sistematico. Si trattava di un insegnamen­ to filosofico di stampo scolastico e di scuola suareziana 19 rispetto al quale Lonergan ebbe un rapporto contrastato. Se i professori infatti erano onesti e capaci, la filosofia insegnata era «di secondo ordine»20 , e in seguito Lonergan affermò che avrebbe dovuto di­ simpararla. La limitatezza di tale insegnamento ebbe però aspetti positivi in quanto stimolò la fervida mente di Lonergan a vederne tutti i limiti alla luce di una personale esperienza (quegli anni di filosofia gli permisero in futuro di apportare severe critiche ad un'impostazione ritenuta inadeguata) e a cercare con forza nuove strade. La dialettica con la filosofia acquisita nel collegio fu resa ancora più viva dal confronto con studi compiuti nell'Università di Londra. Confronto che rappresenta un terzo significativo in­ treccio di antico e nuovo proprio di questo periodo. Era prassi che gli studenti migliori di Heythrop cercassero di ottenere un grado accademico all'Università di Londra. Lonergan, stimolato anche dai limiti della filosofia istituzionale, avrebbe voluto scegliere metodologia rivelando così ormai palesemente un altro dei suoi interessi fondamentali. Il suo provinciale gli chiese invece di studiare i classici. Studiò assiduamente ed ottenne il baccellierato presentando una tesi di etica dell'economia e sostenendo l'esame nelle seguenti materie: latino e storia romana, greco e storia greca, matematica pura e francese. Con la frequentazione dell'Università di Londra, accompagna­ ta da un'intensa attività di letture tra cui quelle fondamentali di

19 «Contrariamente a un'opinione diffusa tra gli studiosi di Lonergan, l'inizio del pensie­ ro filosofico di Lonergan va visto sì nella filosofia scolastica (la 'neoscolastica') allora comunemente insegnata negli scolasticati della Compagnia di Gesù, ma non specificata­ mente in san Tommaso. Lonergan stesso nel I 97 4 ebbe a dire di sé che il suo interesse per san Tommaso venne piuttosto tardi», SALA, Bernard Lonergan, p. 844. 20 CROWE, Bernard J.F. Lonergan... , p. 31.

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21 Agostino e Newman , Lonergan si incamminò in modo definitivo corso formativo (che avrebbe sempre coltivato) non 1. un per �cchiuso nei confini della scolastica didattica e della teologia �anualistica, ma aperto agli influssi dei grandi classici e delle correnti del pensiero filosofico e scientifico moderno. La molla di questa apertura di orizzonti era la maturazione di un interesse che l'avrebbe accompagnato per tutta la vita: fare filosofia e teologia all'altezza dei tempi, in costante connessione con la cultura con­ temporanea. Gli anni di Heythrop, con la loro molteplicità di intrecci, porta­ no ro così alla maturazione due interessi (che non abbandoneranno più Lonergan) strettamente correlati tra loro: la metodologia e il rinnovamento della filosofia e della teologia. La nuova cultura contemporanea non poteva essere affrontata da un filosofare vec­ chio. Occorreva, invece, un forte rinnovamento che accogliendo le istanze della cultura sapesse individuare un nuovo metodo capace di fondare la conoscenza. In stretta connessione con questi due interessi, continuava in­ tanto a crescere nella coscienza di Lonergan quello già emerso in passato: l'interesse per la comprensione umana e il processo di conoscenza, definibile più in generale come funzionamento della mente22 • Se gli anni di Guelph furono infatti segnati dall'acquisi­ zione di un habitus di vita, di studio e di ricerca, gli anni inglesi portarono quindi alla maturazione definitiva di tre interessi fonda­ mentali: la metodologia, il funzionamento della mente, la contem-

21 John Henry Newman (Londra 1801-Edgbaston, Birmingham 1890), ecclesiastico e teologo inglese. Anglicano di nascita, attraverso il movimento di Oxford, rappresentò una delle coscienze critiche dell'Anglicanesimo. Nel 1845 si convertì al Cattolicesimo. In quanto teologo approfondì la questione ermeneutica della fede e il problema della teoria della conoscenza. Le nozioni di senso illativo, di assenso incondizionato, di assenso nozionale e reale hanno avuto certamente un'influenza determinante sulla filosofia di Lonergan. L'opera principale per approfondire queste nozioni è J.H. NEWMAN, A Gram­ mar of Assent, 1870, ed it. a cura di G. COLOMBI - E. GuERRERO, La Grammatica dell'Assenso, Jaca Book-Morcelliana, Milano-Brescia 1980. 22 L'iniziale attenzione al comprendere è inserita pian piano in un contesto più ampio che riguarda la conoscenza in generale, definibile anche come mente. Tale attenzione alla conoscenza, come si vedrà nel seguito del capitolo e del volume, sarà poi gradualmente inserita in un contesto ancora più ampio riguardante la coscienza del soggetto, di cui la mente è parte importante, ma non il tutto.

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poraneità della filosofia, in particolare del pensiero cattolico. Ciò comportò nuovi, fecondi, orizzonti. Gli anni di Heythrop videro anche la composizione di alcuni primi scritti, connessi agli emergenti interessi di Lonergan e pub­ blicati inizialmente su «Blandyke Papers», una rivista interna al collegio gesuitico. Qui è bene ricordarne due. Il primo è The form of mathematical inference23 del 1928 dove Lonergan mise in luce un rifiuto del puro concettualismo per affermare lo stretto collega­ mento tra immagine ed intellezione24• Il secondo è True Judgment and Science del 192925 dedicato principalmente al 'senso illativo' di Newman. In questo saggio egli oppose al metodo sillogistico, proprio di. un pensare razionalistico, il criterio alternativo della mente stessa il cui modo di operare non può essere ridotto all'in­ ferenza logica26 . c) Il Magistero a Montreal

Terminati gli studi filosofici in Inghilterra, Lonergan tornò, nel 1930, a Montreal, presso il Loyola College, per compiere quella fase del programma di formazione gesuitica definita Magistero27, della durata di tre anni. Benché impegnato in molteplici attività, tra cui la principale fu quella dell'insegnamento, Lonergan ebbe modo di coltivare i suoi interessi ed allargare i suoi orizzonti attraverso una fervida attività di studio personale. Sono di questo periodo l'approfondimento di Platone e la lettura di The age of the Gods di Christopher Dawson. Quest'ultima lettura fu di primaria importanza in quanto diede il via alla modifica, in Lonergan, della B. LoNERGAN, The form of mathematical inference, «Blandyke Papers», 283 (1928), pp. 126-137. 24 Lonergan chiamerà più tardi questo atto di capire nell'immagine presentata dal senso insight into phantasm. Cfr. SALA, Bemard Lonergan, p. 844; CROWE, Bemard J.F. Lonergan..., p. 34. 25 B. LONERGAN, True Jùdgment and Science, «Blandyke Papers», 291 (1929), pp. 195216. 26 SALA, Bemard Lonergan, p. 844. 27 Si tratta di un periodo nel quale «il giovane gesuita è chiamato ad insegnare, animare gruppi sportivi, supervisionare le pubblicazioni degli studenti, essere prefetto dei dormi­ tori e, in genere, rendersi utile nella scuola o nel collegio in cui si trova», CROWE, Bernard J.F. Lonergan... , p. 37. 23

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ione di cultura. Egli stesso ebbe ad affermare: «[The age ofthe ��s] mi introdusse alla nozione antropologica di cultura e questo spinse ad iniziare a correggere l'idea che ne28 avevo che era stata f1 no a quel momento normativa o classicista» • Con questa nuova O zione di cultura si arricchì, ulteriormente, il quadro interpretati­ �o di Lonergan. In tutti i suoi scritti più maturi, fino agli ultimi, egli avrebbe considerato di basilare importanza la nuova nozione di cultura per comprendere le caratteristiche del sapere contemporaneo.

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d) Lo studio della teologia a Roma Concluso il periodo di Magistero, nell'autunno del 1933, Loner­ gan fu inviato a Roma per gli studi teologici. Altri contesti e un altro ambiente cominciarono a segnare così la sua vita e il relativo processo formativo in maniera determinante. Roma era il luogo simbolico per eccellenza degli studi teologici cattolici e con l'ani­ mo carico di entusiasmo29 dovette giungervi Lonergan. L'entusiasmo fece posto presto, soprattutto in merito agli studi, ad un giudizio molto severo. Così come era stato anche per gli studi filosofici, Lonergan riscontrò l'arretratezza di quelli teologi­ ci e fu rafforzato nell'interesse di un radicale aggiornamento del pensiero cattolico. Nel contesto romano giunse inoltre a maturazione un altro interesse che già aveva dato segnali di presenza: quello per le problematiche sociali e per la dimensione storica. Il quadro co­ mincia così a farsi chiaro. Oltre che i temi della conoscenza e del metodo, il confronto con il sapere del tempo stimolò Lonergan a riflettere sulle dinamiche storiche e sociali3°. In questo modo Lonergan maturò pienamente l'esigenza di un quadro generale di natura prevalentemente metodologica che sapesse fornire un'inte­ grazione dei diversi saperi3 1 • Citazione riportata ibi, p. 39. Cfr. ibi, pp. 40-42. 30 Si hanno in merito a questo periodo, diverse fonti che indicano la lettura di Aristotele, Marx, Hegel. Cfr. ibi, pp. 45-47. 31 Cfr. SBARDELLA, Sul pensiero di Bernard J.F. Lonergan, p. 506. 28 29

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e) Il dottorato in teologia

Dopo l'ordinazione sacerdotale avvenuta nel luglio del 1936 e il conseguimento della licenza in teologia, tutto sembrava pronto nella mente di Lonergan per un dottorato in filosofia della storia32, oppure in epistemologia33 . Invece, dopo il cosiddetto anno di probazione ad Amiens in Francia, a Lonergan venne esplicita­ mente assegnato, nel 1938, il compito di affrontare il dottorato in teologia. L'imposizione si rivelò, vista con gli occhi di oggi, estrema­ mente fruttuosa. Per almeno due motivi: primo, perché permise a Lonergan di approfondire il pensiero di Tommaso d'Aquino; se­ condo, perché tale approfondimento comportò nuovi contesti e nuovi orizzonti in cui tutti gli interessi di Lonergan trovarono una nuova sintesi dinamica. Il tema della tesi riguardava lo studio di un articolo della Summa Theologiae, 1-11, q. 111, a. 2 intorno alla divisione della Grazia in 'operans' e 'cooperans'. Tale tema richiese lo studio approfondito di Tommaso d'Aquino, di cui fino ad allora Loner­ gan aveva poco più che delle nozioni generali. L'incontro con san Tommaso fu dirompente per i suoi orizzonti e per l'insieme dei significati che costituiva il mondo di Lonergan34• Attraverso que­ sto studio egli principalmente scoprì: «il metodo di Tommaso, il suo modo di porre i problemi, di pensare, di capire, di pensare di nuovo, di esprimere giudizi e di scrivere» 35• Egli comprese così che la conoscenza ha un carattere dinamico ed evolutivo36 . Non possiamo sapere come si sarebbe evoluta la riflessione lonerganiana senza tale dottorato e senza la conseguente familia­ rità con Tommaso. Certo è però che questi fatti furono determi­ nanti per portare Lonergan a scoprire il carattere dinamico, stori32 Cfr. CROWE, Bemard J.F. Lonergan... , p. 55. 33 Cfr. ibi, p. 43. 34 «Ero stato educato come molinista e studiavo allora il pensiero di san Tommaso sulla gratia operans... Dopo un mese o poco più mi era del tutto evidente che il molinismo non serviva per capire san Tommaso». Cit. in CROWE, Bernard J.F. Lonergan..., pp. 61-62. 35 /bi, p. 68. 36 Cfr. SALA, Da Tommaso d'Aquino a Bernard Lonergan, p. 427.

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[imorfo e strutturato in livelli della coscienza, soprattutto co, P� inizialmente, nel suo aspetto intellettuale37 • Furono s erata, o c � �nanti per condurlo a scoprire che la sintesi del sapere, de _ �a che in una filosofia strutturata, doveva essere ricercata nel �rnanu s mo della coscienza che opera e conosce. f) Undici anni di studio di Tommaso d'Aquino L'incontro con Tommaso d'Aquino non terminò con il lavoro di ebbe modo di dottorato, ma proseguì - come lo stesso Lonergan 38 anni undici per : dall'inizio della sistematico modo in e mar affer tesi dottorale, nel 1938, all'ultimo degli articoli sul Verbum, nel 1949. Furono anni di apprendistato finalizzati a comprendere la mente dell'Aquinate. Il tirocinio alla scuola di Tommaso fu un esercizio attraverso il quale, con gli occhi di oggi, è possibile affermare che Lonergan diede inizio ad uno sguardo sintetico sulla molteplicità dei suoi intere s si. Per spiegarci meglio, si può ricorrere ad alcune immagini cine­ s tetiche. La dinamica della coscienza di Lonergan appare sempre caratterizzata da tre movimenti. Un movimento di maturazione di nuovi interessi e di allargamento39 di orizzonte. Un movimento di approfondimento ed appropriazione degli interessi maturati. Un terzo movimento di ricerca di un quadro sintetico che genera nuove domande, quindi nuovi interessi e così spinge ancora in avanti l'orizzonte. Se, fino al 1938, si può dire che fu il movimento di allargamen­ to a prevalere (pur essendo in azione anche gli altri due), alla 37 Occorre fare una precisazione importante che sarà ripresa anche nel seguito dello studio. Il pensiero di Lonergan, anche nelle sue acquisizioni fondamentali, non appare mai statico, ma invece caratterizzato da una comprensione sempre aperta ad un rinnovamento. Questo vale soprattutto per il rapporto coscienza e conoscenza intellettuale. Mentre nei primi scritti, fino alla prima grande opera lnsight, Lonergan pone l'aspetto intellettuale come centrale nella dinamica della coscienza, in seguito egli mette in luce altri aspetti per cui, nell'ultimo Lonergan, il termine coscienza è certamente più vasto della sola dimen­ sione intellettuale. 38 CRoWE, Bernard J.F. Loner an... , p. 59. g 39 Parlo di allargamento e non di semplice cambiamento in quanto i tratta sempre di un collegamento in cui la fase successiva comprende anche la precedente.

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scuola di Tommaso cominciò a prevalere l'approfondimento ed insieme una ricerca dinamica del quadro sintetico. Un primo risultato di questo nuovo contesto si ha con i cosid­ detti articoli sul Verbum, pubblicati tra il 1946 - 1949 sulla rivista «Theological Studies», 7, 8, 10 con il titolo The concept of Ver­ bum in the Writings of St. Thomas Aquinas40 • Centrati sulla nozio­ ne di 'parola interiore', essi presentano carattere teologico e filo­ sofico. Dal punto di vista teologico sono uno studio sulla vita trinitaria di Dio, compresa in una prospettiva di psicologia trinita­ ria41 • Dal punto di vista filosofico invece sono uno studio del dinamismo conoscitivo della coscienza umana, in principal modo della sua operazione di 'intellezione' (insight) 42 • Ciò che appare di capitale importanza è che il dinamismo conoscitivo e la correlata intellezione sono presi in considerazione con una prospettiva diversa dalle posizioni classiche della filoso­ fia scolastica. Lonergan si muove su un piano di analisi psicologi­ ca delle operazioni della coscienza43 dando avvio definitivo alla prospettiva dell'interiorità. La realtà della coscienza può essere studiata fermandosi ad un livello di ricerca di termini e relazioni. Si è allora, in quello che in futuro Lonergan avrebbe chiamato l'ambito della teoria. Si può, però, anche studiare attraverso un'analisi che il soggetto stesso fa delle stesse operazioni che compie, attraverso un'analisi dell'intenzionalità; questa è la pro­ spettiva dell'interiorità44 • Tale prospettiva, emersa decisamente B. LoNERGAN, The Concept of Verbum in the Writings of St. Thomas Aquinas, «Theo­ logical Studies», 7 (1946), pp. 349-392; 8 (1947), pp. 35-79, 404-444; IO (1949), pp. 3-40, 359-393. Questi articoli furono pubblicati con alcune differenze con il titolo La notion de Verbe dans [es écrits de saint Thomas d'Aquin negli «Archives de Philosophie», 26-28 (1963-1965) e successivamente pubblicati anche in italiano in unico volume: B. LoNER­ GAN, Conoscenza ed interiorità. Il Verbum nel pensiero di San Tommaso, a cura di N. SPACCAPEW, EDB, Bologna 1984. 41 Vi è quindi una forte ascendenza agostiniana. In realtà Lonergan nel corso delle sue opere attuerà in modo sempre più originale un incontro tra Agostino e Tommaso. 42 Per il rapporto tra intellezione e comprensione vedi pagine seguenti. 43 «La concezione tomista sulla parola interiore non è una semplice condizione metafisica per un certo tipo di conoscenza; vuole invece essere l'affermazione di fatti psicologici», in LoNERGAN, Conoscenza e interiorità... , p. 72. 44 Prende avvio così la cosiddetta 'scoperta del soggetto' (cfr. SALA, Da Tommaso d'Aquino a Bernard Lonergan, p. 416) che si arricchirà ulteriormente, dopo la pubblica-

40

IL QUADRO DI FONDO

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con questi scritti, non avrebbe più abbandonato Lonergan; anzi avrebbe acquisito un ruolo sempre più centrale. g) /nsight

L'analisi dell'intenzionalità divenne un criterio operativo di tutte le ricerche successive. Partendo dalla coscienza, soprattutto consi­ derata nel suo aspetto conoscitivo, Lonergan rimise in moto la ricerca sul metodo. L'obiettivo ultimo avrebbe dovuto essere la costituzione di un metodo teologico che fosse all'altezza dei tem­ pi. In realtà, tale meta comportava lo studio della problematica del metodo in generale, le sue diverse modalità, e la possibilità di fondare un metodo generalizzato su cui basare anche quello teolo­ gico45 • In questo ormai consolidato orizzonte di ricerca, prese forma l'opera più complessa ed articolata di Lonergan: Insight. A Study of Human Understanding46 • Come detto, nel progetto originale di Lonergan 1'opera voleva essere un esame dei metodi in generale, in preparazione allo studio del metodo in teologia. In realtà la chiamata all'insegna­ mento presso la Gregoriana, a Roma, lo costrinse nel 1953 a chiudere in fretta 1'opera che si presentò così non uniforme47• zione di lnsight, fino a diventare una vera e propria 'svolta del soggetto'. Credo si possa dire che nel pensiero di Lonergan sono andati di pari passo una crescente attenzione alla coscienza nel sua complessità e al soggetto nella sua concreta esistenza. 45 «Non ci si innalza all'altezza dei propri tempi con una funivia, ed anche quando si realizza un gigantesco balzo innanzi, la strada deve essere esplorata e preparata con una marcia faticosa. Anche il percorso di Lonergan fu soprattutto una dura marcia», CROWE, Bernard J.F. Lonergan... , p. 80. 46 B. LoNERGAN, lnsight. A Study of Human Understanding, Logmans, Green & Co., London 1957; ultima edizione a cura di F.E. CROWE - R.M. DORAN, Collected Works of B. Lonergan 3, University ofToronto Press,Toronto 1992; ed. italiana dalla 2' ed. inglese a cura di C. M1001ANO Dr ScrPro, L'intelligenza. Studio sulla comprensione dell'esperienza, Edizioni Paoline, Alba 1961. Il libro fu chiuso da Lonergan nel 1953, ma venne pubblica­ to, per fattori interni all'editore, soltanto nel 1957. In Italia fu pubblicato nel 1961, soltanto 8 anni dopo la sua stesura. 47 Lonergan stesso ebbe modo di scriverlo: «Ho lavorato a lnsight dal 1949 al 1953. Durante i primi tre anni la mia intenzione era un esame dei metodi in generale in preparazione di uno studio del metodo della teologia. Ma nel 1952 divenne chiaro che nel 1953 avrei dovuto iniziare il mio insegnamento all'Università Gregoriana di Roma, per

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Composta di due parti, entrambe di dieci capitoli, si presentò perciò ai lettori più attenti come organica ed articolata fino al cap. 13, meno omogenea nei successivi48 . Per Lonergan una ricerca sul metodo che volesse confrontarsi seriamente con la cultura contemporanea49 non poteva partire che dall'analisi delle operazioni conoscitive e dei campi di conoscen­ za. Per questo l'opera ebbe come elemento centrale la conoscenza (knowledge) ed, in termini più precisi, la dimensione della com­ prensione (understanding) che ha nell'intellezione (insight) il suo perno fondamentale. Sia qui concessa una parentesi. Anche se l'insieme delle nozio­ ni verranno riprese nel prossimo capitolo, occorre fin da subito cercare di apportare alcuni chiarimenti della terminologia loner­ ganiana. Lonergan usa, riferendosi all'area conoscitiva, una plura­ lità di termini tra cui: knowledge, insight, understanding. Con knowledge Lonergan intende la conoscenza dell'uomo composta di più operazioni e strutturata in più livelli. Con insight si intende l'operazione dell'intellezione, cioè l'atto mentale che afferra con­ nessioni, rapporti, relazioni. Nella dinamica conoscitiva vi è un'intellezione diretta che coglie termini e relazioni rispondendo alla domanda 'cosa è?' e un'intellezione riflessa che coglie le ragioni sufficienti per rispondere alla domanda 'è così?'. Con understanding si intende la comprensione (è possibile dire anche in italiano il 'capire') la quale è l'insieme delle operazioni, come vedremo nel prossimo capitolo, che caratterizzano il secondo e in parte il terzo livello della conoscenza; operazioni non solo logi­ che, ma anche non logiche. L'intellezione, sia nella sua forma cui modificai il mio progetto e decisi di completare ciò che avevo preparato e di pubbli­ carlo», B. LoNERGAN, lnsight Revisited, cit. in CROWE, Bemard J.F. Lonergan... , p. 97. 48 La stesura, la reale composizione, i molteplici livelli e gli innumerevoli temi che lnsight affronta richiederebbero uno studio e uno spazio molto ampio. Qui ci si limita a dare una prima idea dell'opera all'interno del tentativo di tracciare gli interessi e gli orizzonti principali di Lonergan. 49 Nello scrivere l'opera, Lonergan ebbe - oltre che il retroterra degli studi di Platone, Aristotele, Agostino, Tommaso, Newman, Hume, Hegel, Marx - innanzitutto due interlo­ cutori privilegiati: la rivoluzione scientifica con i suoi successi e con le nuove prospettive aperte dalla relatività e la svolta critica della filosofia di Kant. Cfr. CROWE, Bemard J.F. Lonergan... , p. 85.

IL QUAD

RO DI FONDO

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riflessa costituisce il perno della comprensiod1. retta sia in quella . . so. ma non l'umca operazione 0e 'Torniamo ora all'opera Insight . Articolata in 20 lunghi capito­ li, è divisa in due parti. I dieci capitoli della prima parte trattano dell'insight come attività e rispondono alla domanda: 'che cosa accade quando conosciamo?'; gli altri dieci dell'insight come alla domanda 'che cosa è cono­ conoscenza e vogliono rispondere 51 ciò accade?' • Successivamente Lonergan avrebbe ndo c qua to u si m questa duplice domanda in uno schema ternario: fo lato u ri r 1) Che cosa faccio quando conosco?; 2) Perché fare questo è conoscere? 3) Che cosa conosco quando faccio questo?52 • Nella prima parte, Lonergan sottopone ad analisi due distinti, ma complementari, ambiti di attività conoscitiva: la scienza empi­ rica e il senso comune53 . Partendo da questi 'esempi' egli pone in evidenza, all'interno di un'esperienza conoscitiva 'polimorfa' ca­ ratterizzata da schemi di esperienza e ambiti di significato, una struttura operativa comune di base che porta a considerare il conoscere umano come un insieme dinamico di operazioni con­ vergenti riassumibili nelle quattro principali: esperienza, intelle­ zione, giudizio, decisione. Nella seconda parte, Lonergan affronta, collegandoli sistemati­ camente alla propria teoria della conoscenza, i concetti di realtà, oggettività ed essere; ed abbozza, nei capitoli finali, temi riguar­ danti il significato, l'interpretazione, il mito, la storia, la morale, la religione. È in questa parte, nei capitoli XIV-XVI che Lonergan tratta della metafisica utilizzando termini classici, ma rovesciando in parte il quadro tradizionale. La prospettiva dell'interiorità infat­ ti lo portò a distinguere una metafisica implicita da una metafisica esplicita e a considerare quest'ultima, intesa come struttura euri­ stica, come dipendente da una teoria della conoscenza. 50 Per un'accurata distinzione tra queste nozioni cfr. la nota di N. Spaccapelo, in LoNER­ GAN, Comprendere ed essere, p. 253. 51 Cfr. LONERGAN, L'intelligenw, p. xxn. 52 Cfr. SALA, Da Tommaso d'Aquino a Bernard Lonergan, p. 417. 53 Pur in quantità minore, Lonergan dà anche esempi legati all'ambito della filosofia.

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Nell'intenzione dell'autore, Insight si presentava con una va­ lenza insieme teoretica e pedagogica. Le parole che lo stesso Lonergan usò nell'introduzione, valgono più di ogni commento: Lo scopo del presente lavoro può essere inquadrato mediante una serie di disgiunzioni. In primo luogo, il problema non è se esista la conoscen­ za, ma quale sia precisamente la sua natura. In secondo luogo, sebbene il contenuto del conosciuto non possa essere trascurato, tuttavia deve essere preso in considerazione solamente nel modo schematico ed in­ completo necessario a fornire una discriminante o una determinazione degli atti conoscitivi. In terzo luogo, lo scopo non è di presentare un elenco di proprietà astratte della conoscenza umana, ma di aiutare il lettore a compiere un 'appropriazione personale della struttura concre­ ta, dinamica, immanente e ricorrentemente operativa nella sua stessa attività conoscitiva54 .

h) Verso Method in Theology Insight si presentò come un fondamentale quadro sintetico, so­ prattutto in merito alle operazioni della mente e alla teoria della conoscenza. L'orizzonte però degli interessi, come è noto, era più ampio. Riguardava la definizione dei caratteri del metodo e speci­ ficatamente del metodo teologico attraverso un filosofare che fosse all'altezza dei tempi. In questa direzione si mosse Loner­ ganss _ All'attività di insegnamento presso l'Università Gregoriana di Roma che durò fino al 1965, Lonergan affiancò nuovi studi, nuove intellezioni, nuove riflessioni, che portarono a nuova profondità sia i temi trattati organicamente in Insight sia, soprattutto, quelli semplicemente abbozzati. Tematizzata sufficientemente la cono­ scenza, Lonergan volse il suo lavoro di riflessione ai temi del significato, del valore, della storia; del cosiddetto «mondo urna54 LONERGAN, L'intelligenza, p. xvn. I corsivi sono nostri. Seguono nello stesso passo altre disgiunzioni, tra le quali la seguente: «L'ordine di questo montaggio è determinato non da astratte considerazioni di priorità logica o metafisica, ma da motivi concreti di efficacia pedagogica». 55 «Il periodo della gestazione era giunto al termine. Insight ha studiato le operazioni che sono alla base del metodo, ora il lavoro sul metodo stesso poteva cominciare nel modo più serio», CROWE, Bernard J.F. Lonergan... , p. 109.

O DI FONDO IL QUADR

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o»s6_ Altri, oltre Kant e la scienza contemporanea, diventano gli l'insieme delle scienze umane e degli �u storici. Di questa nuova ristrutturazione nel suo orizzonte di :ono testimoni, più che i corsi tenuti in Gregoriana (i quali si svolgevano in latino e ricalcavano57sostanzialmente i tradizionali schemi accademici), alcuni scritti , alcune conferenze e i corsi estivi, tra cui è di grande importanza ricordare quello tenuto sull'Esistenzialismo nel 1957, e quello sull'Educazione nel 1959, in cui rivelò una seria conoscenza dell'opera di Dewey e di Pia­ get's. L • approfondimento del ruolo determinante della storia, della centralità delle nozioni di significato e di valore che presero forma precisa in questi anni contribuirono ad ampliare l'interesse dalle operazioni conoscitive all'insieme delle operazioni consce, ed a trasformare la scoperta del soggetto, iniziata con lo studio di Tommaso, in una vera e propria 'svolta del soggetto'59. Simbolo di questa svolta fu la conferenza del 1968 The Subjed0 dove Loner­ gan mise a tema cinque figure: il soggetto dimenticato, il soggetto troncato, il soggetto immanentista, il soggetto esistenziale, il sog­ getto alienato. In essa appare chiaro che Lonergan aveva ormai integrato le posizioni di Insight in una visione più ampia dove la dimensione esistenziale giocava un ruolo chiave e dove lo stesso linguaggio andava assumendo dei connotati meno tradizionali e più ricchi di termini contemporanei. Nota Crowe: «Mentre in Insight il bene era l'intellegibile e il ragionevole (questo rappre­ senta il periodo piuttosto intellettualista di Lonergan), ora il bene

? o ori privilegiati: 1 terl cut

56

«La fase successiva a Insight, e culminata in Method in Theology, può venire caratte­ rizzata come la fase della riflessione sul mondo umano, cioè sul mondo costituto dal significato e motivato dal valore», SALA, Bernard Lonergan, p. 857. 57 Per l'insieme di questi scritti cfr. CROWE, Bernard J.F. Lonergan..., pp. 109-127. f 58 B. LONERGAN, Topics in Education. The Cincinnati Lectures of 1959 the Philosophy o. Education, edited by R.M. Doran and F.E. Crowe, Collected Works of Bemard Lonergan, voi. IO, University of Toronto Press, 1993. Di questa opera si tratterà più volte nei prossimi capitoli. 59 Per questa locuzione, cfr. CROWE, Bernard J.F. Lonergan..., p. 124. 60 B. LONERGAN, The Subject, in A Second Collection by B.J.F. Lonergan, edited by W.F.J. Ryan and B.J. Tyrrel, The Westminster Press, Philadelphia 1974, pp. 69-86.

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diventa una risposta intenzionale alla percezione affettiva dei va­ lori» 61 • i) Method in Theology Gli interessi e le ricerche di Lonergan trovarono una nuova sintesi nel 1972 attraverso la pubblicazione di Method in Theology62 • L'obiettivo coltivato per lunghi anni trovava una sua configura­ zione. Anch'essa però, come Insight, in alcune parti apparve solo come abbozzata63• Lonergan, come abbiamo visto, aveva sempre lavorato nella prospettiva di fondare un nuovo metodo, capace di fare i conti con il proprio tempo e di andare oltre i problemi posti dall'alternativa deduttivismo-induttivismo. In Method Lonergan prospettò un nuovo metodo empirico generalizzato64 (o metodo trascendentale) fondato sul dinamismo della coscienza del soggetto, capace di fare i conti con i nodi del significato, del valore, della storia, della nozione contemporanea di cultura, della specializzazione del sa­ pere. Tenendo presente questo metodo generalizzato, propose uno specifico metodo teologico suddiviso in otto specializzazioni fun­ zionali. Così come per Insight anche per Method appare impossibile in poche righe dare un'idea adeguata della complessità dei contenuti. Ci si deve limitare ad uno schematico riassuntivo. Anch'esso si divide in due parti. La prima, dal titolo Back­ ground, tratta del metodo trascendentale, del bene umano, del significato, della religione, e della nozione di specializzazione funzionale. La seconda ha come titolo Foreground e tratta delle otto specializzazioni funzionali che dovrebbero caratterizzare il lavoro di un soggetto-teologo che cerca di trasporre nel presente culturale i significati e i valori dell'esperienza della fede. 61 62 63

64

Bernard J.F. Lonergan... , p. 129. Il metodo in teologia. Cfr. CROWE, Bernard J.F. Lonergan... , p. 133. CROWE,

LoNERGAN,

Negli studi lonerganiani ha preso campo oramai la dizione Metodo fondazionale

generale abbreviata di solito nella sigla MFG.

IL QUADR

O DI FONDO

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Lonergan divide le otto 'specializzazioni funzionali' in due ruppi di quattro in connessione con le quattro operazioni della �inarnica conoscitiva (esperienza, intellezione, giudizio, decisio­ e) formando un percorso caratterizzato da: ricerca, interpretazio­ n oria, dialettica, fondazione, dottrina, sistematica, comunicane, st zione. Si trattava dunque di un'opera, ancora una volta, estremamente articolata e densa di contenuti. Ci sembra però di poter dire che in essa appare un filo rosso (di capitale importanza in ordine allo scopo di questa ricerca): la coscienza del soggetto con il suo dinamismo, articolato in operazioni e livelli, e con il suo sviluppo, caratterizzato da una pluralità di ambiti di significato, tendente all'autotrascendenza, radicato nella storia. La centralità della coscienza portava con sé l'attenzione, come in /nsight, alla appropriazione personale del metodo descritto. Nelle poche righe di introduzione all'opera, Lonergan espresse questa finalità del suo lavoro di coinvolgere il soggetto (finalità che possiamo chiamare anche intenzionalità pedagogica) attraver­ so alcuni passi estremamente significativi: «Il metodo non è un insieme di regole proposte perché uno stupido le segua meticolo­ samente. È una struttura in vista di una creatività in collaborazione [... ]. Come ciascuno deve trovare in sé la struttura dinamica indi­ cata nel capitolo primo, così deve anche assicurarsi personalmente della validità delle aggiunte che vengono fatte nei capitoli succes­ sivi»65 . 1) Gli ultimi anni

Quando Lonergan pubblicò Method, erano ormai sette anni che aveva lasciato Roma per trasferirsi nel sua nazione natale, il Canada. Vi rimase fino al 1975 per poi trasferirsi negli Stati Uniti a Boston, dove visse fino al 1983. Successivamente, a causa della salute declinante, tornò in Canada dove morì, a Pickering presso Toronto, il 26 novembre del 1984. Anche questi ultimi anni ame­ ricani furono segnati, almeno fino al 1982, da un'intensa attività intellettuale. Le dinamiche di allargamento, approfondimento, 65

LONERGAN,

Il metodo in teologia, pp. 21-22.

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sguardo sintetico continuarono ad animare la coscienza di Loner­ gan. Terminato, perciò, Method, Lonergan cominciò sia a tenere aggiornate le conclusioni già raggiunte, sia ad affrontare interessi che aveva lasciato in disparte o che lo studio aveva generato come nuovi66 • Nel suo orizzonte presero così spazio gli interessi verso l'economia e quelli che nelle ultime pagine del Method egli aveva chiamato gli «studi integrati» distinti in politica, pianificazione, esecuzione dei fini67 • Specificatamente riuscì a dedicarsi soltanto alla tematica eco­ nomica tenendo dal 1977 al 1982 alcuni corsi semestrali su 'Ma­ croeconomia e dialettica della storia'. Gli interessi coltivati nell'ultimo periodo della sua vita rappresentarono il caratteristico processo dell'allargamento di interessi ed orizzonti che aveva accompagnato Lonergan per tutta la vita. Sempre egli cercò di dare ai propri interessi, che via via maturavano, una organica e progressiva tematizzazione in quadri sintetici, la cui formulazione permetteva di rispondere a diverse domande68 aprendone insieme altre. Così fu dalle prime ricerche fino ad Insight, da Insight al Method, dal Method fino agli ultimi studi, in un movimento di progressiva apertura alla complessità della coscienza e alla di­ mensione esistenziale del soggetto. Non poteva che essere altri­ menti per una coscienza come quella di Lonergan animata dal desiderio fondamentale di comprendere a fondo le strutture del soggetto e della cultura del proprio tempo. 66 Per la comprensione dello sviluppo del pensiero dell'ultimo Lonergan appare fonda­ mentale Questionnaire on Philosophy. Si tratta delle risposte a un questionario inviato a 23 gesuiti, professori di filosofia e teologia, in preparazione a un Symposium de Philoso­ phie svoltosi a Frascati dall'8 al 18 settembre 1977. Lonergan non partecipò al Sympo­ sium. Il suo contributo, in forma abbreviata, fu unito a quello di altri 20 professori e raccolto in un dossier dato ai partecipanti. Il testo integrale apparve, poco prima della sua morte, nella nuova rivista «Method. Journal of Lonergan Studies», 2 ( 1984), pp. 1-35. Per altre notizie, cfr. N. SPACCAPELO, La fondazione di una metodologia interdisciplinare secondo il Questionnaire on Philosophy di Bernard Lonergan, in AA.VV., Gli istituti di scienze religiose nella Chiesa. Per uno statuto epistemologico, EDB, Bologna, pp. 277290, da cui sono tratte anche le informazioni di questa nota. 67 Cfr. LONERGAN, li metodo in teologia, p. 383. 68 Si vedrà nel prossimo capitolo il ruolo centrale rappresentato dalle domande nel sistema di Lonergan.

[l,Q U

DO ADRO DI FON

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Lonerga n, così, sperimentò in tutta la sua vita quell'intendere che andò tematizzando nel corso delle sue opere. Un adicale � te ndere conscio, scrisse in Method, che «va sempre al di là di ciò 1 �e di volta in volta è dato o conosciuto, che sempre mira a �n, appropriazione più piena e più ricca della totalità, del tut�o, . dell'universo ancora sconoscmto o non completamente conoscm­ 69

to» _

Mosso da questo intendere radicale, Lonergan visse realmente in uno stato di formazione permanente, cioè di riorganizzazione e risignificazione continua del proprio mondo. Per lui possono vale­ re davvero le parole di Solone: «Invecchio imparando sempre molte cose». 2. Le linee guida del pensiero di Lonergan

Dopo aver delineato gli interessi di Lonergan, in una prospettiva che partiva dall' 'inizio' della vita di Lonergan fino al suo termine, è utile ora aggiungere un'altra prospettiva che parta dal 'termine'. Questo non per fare a ritroso il percorso, quanto piuttosto per guardare la vita di Lonergan da un punto di vista posto - per usare un'immagine geografica - più in alto. Ciò allo scopo di indivi­ duarne gli interessi fondamentali non più semplicemente nel loro formarsi, ma 'in sé', nei loro aspetti specifici. Si tratta, cioè, di integrare una prospettiva storica con un'altra prospettiva tenden­ zialmente sistematica70 che colga i termini e le relazioni principali del lavoro intellettuale di Lonergan. In quest'ottica i numerosi interessi lonerganiani possono essere raccolti in diversi gruppi che vogliono sinteticamente rappresenta-

69 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 35. 7° Con prospettiva sistematica s'intende la ricerca dei termini e delle relazioni fondamen­ tali di un oggetto. Cfr. B. LoNERGAN, Philosophy of God and Theology. The Relationship between Philosophy of God and the Functional Speciality Systematics, 1973, ed. it. a cura di G.B. SALA, Ragione e fede difronte a Dio, Queriniana, Brescia 1992 2 , pp. 31-33. Qui parlo di prospettiva tendenzialmente sistematica in quanto cerco solo di delineare un primo quadro, esclusivamente introduttivo, che non esaurisce certo tutti i termini e le relazioni del pensiero lonerganiano.

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re le linee guida del suo pensiero. Nell'esposizione di queste linee si cercherà di tracciarne le caratteristiche principali mettendo in luce, insieme, ciò che Lonergan ha inteso superare e ciò verso cui ha inteso tendere, cercando così di mantenere, anche nella pro­ spettiva sistematica, la dinamicità e la dialettica intrinseche al pensare lonerganiano. Tra le linee guida presentate, la prima rac­ chiude in sé un insieme di tematiche molto complesse non riprese in modo specifico nel prosieguo del presente studio. Le altre invece trattano argomenti ripresi in seguito. Ciò giustifica la di­ versa ampiezza della trattazione. 2.1. Oltre l'arretratezza verso l'attualizzazione del sapere: 'un pensare all'altezza dei tempi' «L'era dominata dalla Scolastica è finita. La teologia cattolica è in via di ricostruzione» 71 • Questo passo, presente in Method in Theo­ logy del 1972, esprime in modo chiaro una convinzione di fondo e, correlativamente, un interesse costantemente presente nella ri­ cerca intellettuale di Lonergan. Egli fu sempre tenacemente con­ vinto dell'esigenza di un aggiornamento radicale da parte della teologia cattolica. Nota a proposito Spaccapelo: La prima convinzione [di Lonergan] riguardava la situazione dei rappor­ ti fra la teologia e l'orizzonte culturale: mentre la teologia cristiana viveva e si muoveva entro un orizzonte culturale in gran parte e fonda­ mentalmente tramontato, i nuovi orizzonti culturali sorgevano e si affer­ mavano o privati del contributo vitale delle dottrine cristiane o conflit­ tuali con le forme e le categorie culturali che nel passato avevano veicolato quel contributo vitale o avevano dato espressione a quelle dottrine. In ogni caso, per Lonergan, la sconnessione fra teologia e nuovi orizzonti culturali aveva portato un contributo assai rilevante alla crisi epocale del nostro tempo72 . Quando si parla di teologia qui si intende quella che Lonergan stesso chiama opera di «mediazione tra una matrice culturale e il 71 LoNERGAN,

Il metodo in teologia, p. 299. Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in

72 SPACCAPELO,

pp. 9-10.

MEYNELL,

Bemard Lonergan,

I IL QUADRO D FONDO

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73 significato e il compito della religione in quella matrice» • Dire teologia è perciò dire qualcosa di più ampio che riflessione sulle cosiddette 'verità di fede'; è riferirsi alla coscienza credente nel suo sforzo di non separare la fede dalla propria contemporaneità. Rinnovare la teologia significa così, più globalmente, per Loner­ gan, rinnovare il pensare che costruisce 'il pensiero cattolico' attraverso una nuova consapevolezza del contesto generale della cultura, attraverso un nuovo fecondo rapporto con la scienza, gli studi storici, la filosofia. Questo sforzo, oltre ad essere utile alla teologia, contribuisce allo sviluppo della cultura umana nel suo insieme in quanto indica vie di sviluppo per delle impasse in cui lo spirito del tempo sembra essere caduto74 • Per fare questo occorreva, come scrisse, prendendo a prestito una frase da Ortega y Gasset, nella prima introduzione di In­ sight:«innalzarsi all'altezza dei tempi» 75, attraverso un processo che non buttasse via ciò che vi era di buono nel passato, ma lo integrasse con il nuovo emergente76 .

a) Una nuova nozione di cultura

Il primo passo, per superare l'arretratezza, è prendere consapevo­ lezza del radicale mutamento del contesto culturale. Per Loner­ gan, infatti, il nostro secolo ha visto portare a compimento una trasformazione culturale che ha avuto il suo inizio nei secoli del basso Medioevo, il suo centro nei secoli xv1-xv11 e il suo culmine nei secoli xix-xx. L'elemento essenziale di questa trasformazione è il passaggio dalla nozione di cultura classica alla nozione con7

LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 21. Questa esigenza di rinnovamento rappresenta un elemento di capitale importanza per comprendere l'attività intellettuale di Lonergan sempre oscillante tra la scienza, la filoso­ fia, la storia delle idee e la teologia. È la tensione ad aggiornare un pensiero credente capace di mettere insieme fede e contemporaneità che rende il suo campo di interesse così vasto, ma insieme anche così indirizzato ad un metodo capace di tenere insieme e di rendere ragione delle differenze. 75 Questa introduzione, scritta nel 1953, non fu originariamente pubblicata. Vide la stampa soltanto nel 1985 con il titolo The originai preface of lnsight, «Method. Journal of Lonergan Studies», 3 (1985). Cfr. F.E. CROWE, BernardJ.F. Lonergan... , p. 79. 76 Uno dei detti preferiti da Lonergan fu un motto di Leone xm: «vetera novis augere et perficere». 3

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANO

temporanea di cultura77• Un pensare che faccia riferimento alla nozione classica, senza considerare adeguatamente la contempo­ ranea, è destinato ad essere fuori dal tempo: La nozione contemporanea di cultura è empirica. La cultura è un insieme di significati e di valori che informano un modo comune di vita, per cui ci sono tante culture quanti sono gli insiemi distinti di questi significati e valori. Questo modo di concepire la cultura è però relativamente recente. È un prodotto degli studi umani empirici. Da meno di cento anni ha sostituito una concezione più antica, classicista, la quale è fiorita per più di due millenni78 .

La cultura classica era concepita normativamente e come tale poneva l'accento non sui fatti ma sui valori; rivendicava il proprio carattere universale e in base a ciò distingueva i civili dai barbari. Suo elemento centrale era l'aspirazione, maturata e tematizzata nel pensiero greco e poi sviluppata dal pensiero cristiano, al ne­ cessario, all'universale, al perenne. Da questa prospettiva 'nor­ mativa ed universale' ne conseguiva una precisa visione dell'uo­ mo e, tra l'altro, della sua educazione. «L'educazione classicista consisteva nei modelli da imitare, nei personaggi ideali da emula­ re, nelle verità eterne e nelle leggi universalmente valide. Essa mirava a produrre non il puro specialista ma l'uomo universale, il quale fosse in grado di porre mano a qualsiasi cosa e farla brillan­ temente»79• La cultura contemporanea è invece concepita in modo empiri­ co. Non è pensata innanzitutto come universale, ma come «l'insie­ me dei significati e dei valori che informa un certo stile di vita» 80• Si presenta perciò come pluralista nei suoi significati e nei mezzi di elaborazione del significato stesso. Si presenta come esistenzia­ le, in quanto attenta non tanto all'uomo come dovrebbe essere, Cfr. SPACCAPELO, Bernard Lonergan ed il suo 'ori;;zonte ', in MEYNELL, Bernard Loner­ gan, p. 25, nota 49. 78 LoNERGAN, Il metodo in teologia, pp. 3 I 8-3 I 9. 1• /bi, p. 319. 80 /bi, p. 21. 77

O DI FONDO IL QUADR

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guanto, primariamente, all'uomo così come esso vive in un dato rnornento, in un determinato spazio. Lonergan ritiene indispensabile prendere sul serio questa tra­ sformazione: Mentre il classicista sosterrebbe che non ci si deve mai allontanare da una terminologia recepta, per parte mia ritengo di dover dire che il classicismo non è altro che la visione erronea la quale concepisce la cultura in maniera normativa, per concludere poi che c'è una sola cultura umana. Ora il fatto moderno è che la nuova cultura va concepita empiri­ camente, che ci sono molte culture e che nuove distinzioni sono legittime 81 quando se ne espongano le ragioni e si mantengono le vecchie verità . b) La rivoluzione scientifica

Lonergan ritiene che il nuovo contesto culturale sia legato a dop­ pio filo con due rivoluzioni culturali. Quella 'scientifica', iniziata nel secolo XVI, che ha radicalmente trasformato la nozione di scienza; quella 'storica', iniziata nel secolo XVIII, che ha prodotto l'aumento dell'importanza della dimensione storica e correlativa­ mente degli studi storici. Il pensiero 'cattolico', secondo Loner­ gan, ha troppo spesso incompreso il carattere radicale di queste trasformazioni e la consistenza dei nuovi orizzonti culturali che esse andavano costruendo. Non si può, al contrario, chiudere gli occhi: un pensare all'altezza dei tempi deve comprendere la scien­ za moderna e il nuovo interesse storico. Nel campo scientifico la trasformazione più importante è la nozione stessa di scienza: da conoscenza causale certa a cono­ scenza empirica globale. La scienza moderna non cerca una ne81 !bi, p. 144. In merito a questo passo è opportuno fare due osservazioni. Innanzitutto occorre collocare la citazione nel suo contesto originario. Essa rappresenta le righe finali del capitolo del Method dedicato alla religione. Nell'ultima parte di questo capitolo, Lonergan fa alcune annotazioni, tra cui una nella quale difende il fatto di essersi allonta­ nato da un modo tradizionale di esprimersi. A questa questione si riferiscono le prime righe della citazione riportata. Una seconda osservazione è invece di carattere più generale: per comprendere Lonergan è importante non dimenticare mai il carattere dinamico ed evolutivo del suo lavoro. Ciò significa che queste affermazioni sulla cultura classica non sono presenti con eguale intensità in tutte le opere; sono invece esplicitate solo dopo lnsight.

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cessità, ma una possibilità verificata. In una conferenza tenuta nel 1965, Lonergan esprime questa trasformazione con una chiarezza che giustifica la lunga citazione: La concezione greca è stata formulata da Aristotele negli Analitici Poste­ riori: essa considera la scienza come una conoscenza vera e certa della necessità causale. La scienza moderna invece non è vera; è solo in via verso la verità. La scienza moderna non è certa, dal momento che quanto essa afferma positivamente non pretende di essere se non probabile. La scienza moderna non è conoscenza, bensì ipotesi, teoria, sistema, l'opi­ nione scientifica migliore attualmente disponibile. Il suo oggetto non è una necessità, bensì una possibilità verificata. Ad esempio, i corpi cado­ no secondo un'accelerazione costante; ma potrebbero cadere a una velo­ cità diversa. In maniera simile le altre leggi naturali mirano a enunciare non ciò che non può essere diversamente, ma ciò che di fatto è così. Infine, benché la scienza moderna parli di cause, non si occupa del fine, dell'agente, della materia, della forma. Il suo obiettivo ultimo è di arrivare a una spiegazione completa di tutti i fenomeni; dove per spiega­ zione s'intende la determinazione dei termini e delle relazioni intelligi­ bili che forniscono la spiegazione di tutti i dati. È così che ai cinque elementi che costituiscono l'ideale greco di scienza, e cioè alla verità, alla certezza, alla conoscenza, alla necessità e alla causalità, l'ideale moderno ha sostituito qualcosa di meno arduo, qualcosa di più accessi­ bile, qualcosa di dinamico ed efficace. La scienza moderna funziona82 •

L'ideale aristotelico di scienza è stato dunque «sostituito»83 , ma, nota Lonergan: «troppo spesso gli uomini di chiesa hanno suppo­ sto che tale definizione fosse applicabile alla scienza modema»84. Alla scienza classica è subentrata una scienza che «cerca di spie­ gare i fatti», dinamica ed evolutiva. Essa dapprima, con Galileo, 82 B. LoNERGAN, Dimensions of meaning, conferenza tenuta alla Marquette University, Milwaukee, Wisconsin, il 12 maggio 1965, ed. it. Dimensioni del significato, in LONER­ GAN, Ragione e fede... , p. 113. 83 Scrive Lonergan «Oggi è troppo evidente che Aristotele è stato sostituito. Egli rappre­ sentò in maniera splendida uno stadio anteriore dello sviluppo umano - la nascita del significato sistematico. Ma egli non anticipò la nascita posteriore di un metodo il quale considera una successione continua e cumulativa di sistemi», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 328. 84 /bi, p. 333.

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Newton, Keplero, è stata caratterizzata dall'ideale della 'legge e sistema' ed ora, con l'avvento della Relatività e della Meccanica 85 quantistica, appare segnata dall'ideale degli 'stati e probabilità' • La nuova nozione di scienza ha portato ad una autonomia della scienza dalla prospettiva filosofico-teologica e ad una crescita della sua importanza nel quadro generale del sapere. Nel corso degli ultimi secoli si è così verificato un processo di sviluppo che ha condotto all'emergere nella scienza contemporanea di alcune caratteristiche peculiari: la specializzazione, l'esigenza di una in­ terdisciplinarità, la necessità di una collaborazione86 • Questo nuo­ vo contesto richiede un rinnovato, adeguato, filosofare. c) La 'rivoluzione storica'

Assieme alla rivoluzione scientifica, la nuova cultura è caratterizza­ ta dalla rivoluzione storica. Nell'avere compreso l'importanza della dimensione storica sta il secondo radicale cambiamento che ha gene­ rato e sostiene la cultura contemporanea87• Un altro limite della cul­ tura classica (e in essa della Scolastica) sta, infatti, secondo Loner­ gan, nell'aver elaborato un sistema di pensiero in cui l'uomo e la vita umana sono compresi, prevalentemente, nei caratteri di uni­ versalità e necessità, ponendo in secondo piano la sua storicità88 • 85 Per lo sviluppo dell'ideale di scienza cfr. L0NERGAN, Comprendere ed essere, pp. 24-30. Cfr. anche Il metodo in teologia, pp. 241-242. 86 Poiché il tema dello studio non è lo sviluppo della nozione lonerganiana di scienza secondo Lonergan e le sue caratteristiche, qui naturalmente si può solo accennare a questioni che richiederebbero ben più spazio. Per questo tema cfr. SPACCAPELO, La fondazione di una metodologia interdisciplinare..., in AA.VV., Gli istituti..., pp. 278-280. Inoltre SPACCAPELO, Bernard Lonergan ed il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Loner­ gan. Alla nota 51, p. 26, Spaccapelo ricorda lo studio di R. DANNA, Il concetto di 'scienza' nell'elaborazione della teoria della conoscenza in Bernard Lonergan, Università degli Studi di Torino, tesi per il dottorato in Filosofia, Torino 1992. 87 L'interesse per la dimensione storica è costantemente presente nel pensiero lonergania­ no. Emerso prepotentemente negli anni '30, esso matura lentamente dentro gli scritti degli anni '40 e '50, per assumere un ruolo centrale dal 1960 in poi. 88 Lonergan non intende naturalmente dire che nella cultura classica non si prendesse in considerazione il fatto storico. La sua considerazione sulla mancanza di prospettiva storica si riferisce alle caratteristiche del pensiero sistematico dominante.

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Ciò ha comportato un prevalere del punto di vista logico e metafi­ sico rispetto a quello storico89 . Come la rivoluzione scientifica anche quella storica è segnata da una sua dinamicità e da alcune tappe. Lonergan individua una prima fase nelle idee e nelle opere del 'movimento liberale', proprio del mondo anglo-sassone e francese, che «è stato ispirato dalla dottrina del progresso automatico»90, e nelle idee, nelle ope­ re, e nei movimenti prodotti dallo storicismo tedesco. In questa prima fase prevale la concezione di una conoscenza storica il cui scopo Lonergan riassume spesso con una frase di Ranke: «wie es eigentlich gewesen»: scoprire «come sono andate realmente le cose»91 • Le difficoltà inerenti a questa concezione portano ad una diversa concezione della conoscenza storica in cui prevale 'la dimensione artistica'92 del conoscere. In questa nuova prospettiva negli studi storici assume un ruolo centrale il paradigma ermeneu­ tico. Pur riconoscendo il ruolo centrale delle prospettive aperte da­ gli studi di ermeneutica93, Lonergan ritiene che lo studio della storia non possa essere identificato con l'ermeneutica. Per questo nelle otto specializzazioni funzionali descritte nel Method egli distingue la storia dall'interpretazione precisando inoltre che «la 89 Affrontando il tema del pluralismo nel linguaggio religioso, e l'insufficienza a riguardo di un approccio meramente scolastico, Lonergan nota: «La mira degli scolastici di con­ ciliare tutti gli elementi dell'eredità cristiana aveva un grave difetto. Si accontentava di una conciliazione soddisfacente dal punto di vista logico e metafisico. Non avvertiva quanto nella molteplicità dell'eredità cristiana costituiva non un problema logico o meta­ fisico, bensì fondamentalmente un problema storico», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 298. 90 LoNERGAN, Topics in Education, p. 234. 91 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 201. 92 «Vi sono gli storici artistici (the artistic historians) che cercano di dare una visione del passato e dello stesso presente più come artisti che come scienziati», LoNERGAN, Topics in Education, pp. 235-236. 93 Per quanto riguarda la nozione di ermeneutica in Lonergan cfr. il cap. 7 L'interpreta­ zione, in L0NERGAN, Il metodo in teologia, pp. 171-190; ID., L'intelligenza, pp. 607-638. Per una valutazione generale della posizione lonerganiana nel più vasto movimento ermeneutico, si veda il paragrafo L'ermeneutica come verità e metodo: Lonergan, in G. MURA, Ermeneutica e verità. Storia e problemi della filosofia dell'interpretazione, Città Nuova, Roma 1990, pp. 326-336.

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caratteristica più singolare di gran parte della discussione contem­ poranea sull'ermeneutica è il tentativo di trattare queste questioni come se fossero tutte questioni di ermeneutica. In realtà non lo 94 sono» Il tema dell'indagine storica non è solo questione di interpretazione ma richiama la più vasta questione della teoria della cono­ scenza, nell'insieme dei suoi aspetti. «Quale sia esattamente l'og­ getto dell'indagine storica e quale sia esattamente la natura del­ l'investigazione storica sono questioni non poco oscure [...]. La ragione principale è che la conoscenza storica è un caso di cono­ scenza; ora sono pochi quelli che possiedono una soddisfacente 95 dottrina della conoscenza» • Nel corso dello sviluppo del pensiero lonerganiano si assiste così ad una maturazione dell'attenzione all'esperienza storica insieme ad una sempre più precisa riflessione sul carattere della conoscenza storica. Bisogna comprendere la storia, ma insieme interrogarsi sulla peculiarità di tale comprendere. Comprendere sistematicamente la storicità significa, per Lo­ nergan, avere un'intelligenza del fatto che le vite dei singoli uomini, dei gruppi umani, delle corrispettive culture, sono concre­ tamente segnate dal reale contesto in cui si formano e dal passato che lo precede. Significa considerare gli aspetti della dinamicità, del cambiamento, della pluralità di situazioni non come aspetti trascurabili, ma come aspetti caratteristici del vivere umano. Si­ gnifica comprendere quella dimensione fondamentale del vivere caratterizzata dal fatto che «l'uomo fa l'uomo» 96. Non si può, perciò, tralasciare l'aspetto storico perché la co­ scienza del soggetto è intrisa di storicità. Il soggetto vive un'espe­ rienza storica, e opera una comprensione della propria storia. Questa comprensione avviene singolarmente e collettivamente; si muove dal pre-critico al critico; ed anche nel suo livello critico si 94

LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 173. !bi, p. 191. 96 «Natura è l'uomo al momento della nascita. Storicità è ciò che l'uomo fa dell'uomo», B. LoNERGAN, Natural Right and historical Mindedness, in G.F. Mc LEAN (ed.), Ethical Wisdom east and/or west, «Proceedings of The American Catholic Philosophical Asso­ ciation», 51 (1977), p. 132. 95

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caratterizza come una forma peculiare di conoscenza, diversa da quella scientifica. Occorre, per la sua importanza, dedicare un po' di spazio a questo tipo di comprensione partendo dal singolo soggetto. Un uomo ha innanzitutto una coscienza esperienziale del trascorrere della propria esistenza: egli vive una storia. Nel momento in cui comincia a fare attenzione, a comprendere, ad elaborare giudizi su questo trascorrere si muove verso una comprensione della propria storia. Tale percorso di comprensione può anche realizzarsi attra­ verso peculiari forme letterarie. Il primo passo in questa direzione è il diario. «Giorno per giorno uno annota, non ogni evento che gli è capitato - ha altre cose da fare - ma ciò che gli sembra importante, significativo, eccezionale, nuovo» 97 . Man mano che il tempo passa, il diario assume grandezze maggiori e lo sguardo retrospettivo si allarga. Sono accaduti fatti; dati giudicati di poco conto hanno assunto una grande importanza; viceversa altri ritenuti importanti hanno as­ sunto una valenza minore. Il diario, riletto, sembra richiedere integrazioni, precisazioni. Ma, nota Lonergan, «se si cerca di fare tutto questo si è già passati dal tenere un diario allo scrivere le proprie memorie. Dal diario si allargano le proprie fonti così da aggiungere al diario tutte le lettere e tutto l'altro materiale che si può acquisire. Si fruga nella propria memoria»98• Le memorie richiamano una nuova organiz­ zazione e muovono così il soggetto verso la strutturazione di una autobiografia: Si pongono domande per rispondere alle quali si comincia a ricostruire nell'immaginazione il proprio passato, a dipingere a se stessi ora questo, ora quel Sitz im Leben del passato[...] . La vecchia organizzazione giorno per giorno del diario diventa del tutto insignificante. Molto di ciò che era stato trascurato ora è ripristinato[... ]. Una nuova organizzazione è affio­ rata la quale distingue periodi sulla base di considerevoli differenze nel proprio tenore di vita, nei propri interessi dominanti, nei propri compiti e problemi, e in ciascun periodo distingue contesti, cioè insieme di 97 LoNERGAN, 98

/bi, p. 198.

Il metodo in teologia, p. 198.

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domande e risposte che si riferiscono ad argomenti distinti ma connessi. gli argomenti determinano i capitoli I periodi determinano le sezioni, 99 della propria autobiografia •

L'autobiografia rappresenta la tappa finale di un'intenzionalità conoscitiva da parte del soggetto che ha come tema la propria storia. Intenzionalità che mira, rispetto alla appropriazione della propria esistenza, a passare, come mette in luce Lonergan in una nota: «dal vécu al thématique, dallo existenziell allo existenzial, dallo exercite, al signate, da ciò che è sperimentato frammentaria­ mente a ciò che è conosciuto metodicamente» 100 • Anche a livello collettivo vi è un esperienza storica e una sua progressiva comprensione. Ad un primo livello vi sono le narra­ zioni che caratterizzano peculiarmente la cosiddetta storia «pre­ critica»101 . Questa storia racconta chi fece, che cosa, quando, dove, in che circostanze, per quali motivi, con quali risultati. La sua funzione è pratica: costruire l'identità del gruppo. Perciò non è una semplice narrazione, bensì una narrazione etica, esplicativa, apologetica, profetica102 . Il dinamismo della coscienza muove pe­ rò i soggetti verso una comprensione critica dei fatti storici, attra­ verso un processo, proprio della conoscenza umana, che Lonergan definisce euristico, estatico, selettivo, critico, costruttivo 103. Ciò che dà l'avvio al processo «è la domanda per l'intelligenza storica. Rispetto a una situazione determinata del passato uno vuole capire che cosa stava avvenendo» 104. Da questa domanda, che non è separabile dalla storia stessa 105 , si origina un processo di conoscenza storica. Per spiegarne la peculiarità, Lonergan opera, !bi, pp. 198-199. Ali'autobiografia Lonergan fa seguire, nelle stesse pagine, una riflessione sulla biografia. 100 /bi, p. 198, nota 6. 101 Cfr. ibi, p. 200. 102 Cfr. ibi, pp. 200-20 I. 103 !bi, pp. 203-204. 104 !bi, p. 202. 105 Nota Lonergan: «La domanda per l'intelligenza storica è posta alla luce della cono­ scenza precedente e rispetto ad un dato particolare», ibi, p. 202. 99

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in Method, una lunga e complessa serie di riflessioni, riduttiva­ mente sintetizzabili in tre punti. - La conoscenza storica differisce dalle scienze naturali e dalle scienze umane. «La storia differisce dalle scienze naturali, poiché il suo oggetto è costituito in gran parte dal significato e dal valore; gli oggetti delle scienze naturali invece no. Inoltre, differi­ sce sia dalle scienze umane, perché i suoi risultati sono descrizioni e narrazioni di persone, azioni, cose particolari, mentre i risultati delle scienze naturali e umane mirano ad essere validi universal­ mente» '°6• - L'intelligenza storica porta ad una spiegazione storica. «La spiegazione storica è un ampliamento raffinato dell'intelligenza di senso comune. Il suo scopo è la ricostruzione intelligente del passato non nella sua routine, ma in ognuno dei suoi allontana­ menti dalla routine precedente, nelle conseguenze interdipendenti di ogni allontanamento, nel dispiegamento di un processo che teoricamente potrebbe ripetersi, ma che con tutta probabilità non si ripeterà mai» 107. - La storia è una specializzazione distinta da altre specializza­ zioni del metodo. Suo compito è giudicare e narrare quanto è avvenuto 108, lasciando i giudizi di valore alle specializzazioni della dialettica e della fondazione. Il giudicare ed il narrare degli storici non sono però separabili da una dimensione di credenza. Gli storici «credono nel senso che non possono avere davanti agli occhi le realtà di cui parlano. Credono nel senso che dipendono dal lavoro criticamente valutato, gli uni degli altri, e fanno parte di una collaborazione cumulativa per l'avanzamento della conoscen­ za» 109 • L'interesse verso la dimensione storica si tematizza, oltre che in un approfondimento della storia in quanto conoscenza, nella elaborazione di diversi elementi che costituiscono una vera e propria struttura di base per una filosofia della storia. Lonergan parla di crescita, progresso, declino, alienazione, sviluppo appli106 101 108 109

/bi, p. 234. /bi, p. 245. Il corsivo è nostro. Cfr. ibi, p. 154. /bi, p. 248.

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cando questi concetti non solo al singolo, ma ai gruppi umani 110 • Tali c oncetti rivestono, come si vedrà, un ruolo centrale anche nella visione della formazione, indicando così una stretta con­ nessione teoretica tra filosofia della storia e filosofia della forma­ zione. d) Un nuovo insieme di discipline

Il rinnovato contesto culturale richiede di ripensare e riformulare l'insieme delle discipline del sapere. Lonergan in Method propone esplicitamente una convenzione: Che il termine 'scienza' sia riservato a quella conoscenza che è contenu­ ta in principi e leggi, e che o è verificata universalmente oppure va riveduta. Il termine scholarship invece venga usato per indicare quel sapere che consiste in una intelligenza di senso comune del pensiero, del linguaggio, dell'azione di senso comune di luoghi e/o tempi distanti. Gli uomini di lettere, i linguisti, gli esegeti, gli storici verrebbero perciò generalmente chiamati non scienziati, ma scholars111 .

Nel Questionnaire on Philosophy, un testo successivo a Method, Lonergan distingue ulteriormente tra scienze naturali (natural sciences), studi interdisciplinari (interdisciplinary studies), scien­ ze umane (human sciences) e studi umani (human studies). Le scienze naturali tendono alla conoscenza di principi e leggi, di stati e probabilità. Gli studi interdisciplinari costruiscono dei ponti tra le diverse scienze naturali, sono scienze composte. Le scienze umane, a somiglianza delle scienze naturali, si occupano di leggi universali riguardanti il mondo umano. Gli studi umani si occupa­ no di testi o processi storici particolari112• 110 La dinamicità della vita e della coscienza umana rivelano, secondo Lonergan, aspetti di crescita ed aspetti di declino, una crescente complessificazione e un susseguirsi di nuove sistematizzazioni, dentro un processo che però egli vede orientato al 'progresso' dell'umanità. Non è certo qui possibile affrontare nella sua complessità la filosofia della storia di Lonergan, la sua genesi, le sue fasi, i suoi caratteri peculiari. Per la genesi e le fasi cfr. CROWE, Bernard J.F. Lonergan ... ; per i caratteri peculiari cfr. soprattutto le due opere fondamentali di LoNERGAN, L'intelligenza e /I metodo in teologia. 111 LoNERGAN, /I metodo in teologia, p. 249. 112 Cfr. SPACCAPELO, Bernard Lonergan ed il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Lonergan, pp. 27-28, nota 54.

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Per terminare questo lungo paragrafo torniamo, per un momen­ to, al punto di partenza: saper filosofare all'altezza dei tempi. Per fare ciò occorre comprendere adeguatamente la cultura contempo­ ranea e, ritiene Lonergan, contribuire affinché essa giunga a 'ma­ turazione'. Nel 1965 egli ebbe modo di affermare: La cultura classica ha ceduto il posto alla cultura moderna e, a mio parere, la crisi del nostro tempo è dovuta in non piccola parte al fatto che la cultura moderna non è ancora arrivata alla maturità. La mediazione classica del significato si è dissolta e tale dissolvimento è stato effettuato da tutto un insieme di tecniche nuove e più efficienti; ma la molteplicità e la complessità di queste tecniche ci lasciano sconcertati, disorientati, confusi, in preda all'ansia, timorosi di cadere vittima del mito aggiornato dell'ideologia e della magia ipnotizzante e altamente efficace del con­ trollo del pensiero113 .

La complessità della cultura contemporanea richiede nuove strate­ gie di comprensione. Principalmente richiede l'attenzione ai pro­ cessi conoscitivi e la valorizzazione di una prospettiva metodolo­ gica. 2.2. Dalla centralità della logica alla centralità del metodo La prima linea guida definibile come 'dalla cultura classica all'as­ sunzione della cultura empirica', ne richiama, perciò, un'altra che potremmo definire così: 'dalla centralità della logica114 alla centra­ lità del metodo'. Come descritto ampiamente sopra, secondo Lo­ nergan la nuova cultura segnata dalle rivoluzioni scientifiche e storiche rivela dei caratteri che richiedono l'assunzione di un nuovo punto di vista, diverso da quello dominante in una cultura compresa in senso classico: La questione di fondo - affermava Lonergan in una conferenza tenuta nel 1972 a Washington - riguarda la scelta tra punto di vista statico e punto di vista dinamico. Se il punto di vista è statico allora ogni cosa è 113 LONERGAN, Ragione e fede ... , p. 112. S'intende qui con logica la nozione lonerganiana di logica deduttivista ripresa nelle righe successive.

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detenninata già fin dal principio. Una volta che si sia cominciato non si può aggiungere nulla durante lo svolgimento. Se invece il punto di vista riflessioni e di è dinamico, allora si può aggiungere una quantità di 11 5 e non erano comprese nei presupposti iniziali • scopert che

Il punto di vista statico porta con sé la centralità della logica deduttivista. Vengono stabiliti termini e relazioni; si determina il rnodo in cui a partire dai termini e dalle relazioni di base, si possono derivare ulteriori termini e relazioni. Si espongono i propri postulati, si determinano le regole per una inferenza valida. «In questo modo tutto ciò che è possibile scoprire è ciò che è stato fissato implicitamente» - continua Lonergan - «dal momento che qualsiasi conclusione che si raggiunge deve o già essere implicita nelle premesse, o altrimenti essere il risultato di un ragionamento sbagliato»116• Nel punto di vista dinamico si incomincia da ciò che già si sa o si crede di sapere. Si avanza imparando quello che è stato scoperto da altri e talora anche scoprendo da se stessi qualcosa di nuovo. «Non si pongono limiti a ciò che altri ha scoperto né a ciò che noi stessi possiamo scoprire. La meta non è fissata in anticipo. Si possono fare delle congetture o avanzare delle previsioni in pro­ posito, ma non è impossibile che le congetture o le previsioni risultino sbagliate»117• Nel punto di vista dinamico, l'assunzione delle sole operazioni logiche non si rivela erronea, ma insufficiente, in quanto occorre tenere in adeguato conto anche quelle non logiche. Conoscere non è infatti solo questione di fissare termini e relazioni, ma anche essere attenti, immaginare, sperimentare. «Le operazioni logiche tendono a consolidare ciò che è stato raggiunto. Le operazioni non logiche fanno sì che ogni conquista rimanga aperta ad ulteriori progressi»118• 115 LONERGAN, Ragione e fede... , p. 60. 116 !bi, p. 60. 117 Cfr. ibi, p. 61. 118 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 28. Cfr. questa pagina anche per l'elenco delle operazioni logiche e non logiche.

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Il punto di vista statico e la connessa centralità della deduzione mostrano oggi chiaramente i propri limiti: Se si accetta il teorema enunciato da Kurt Godei si dovrà concludere che le attuazioni dell'ideale deduttivistico o sono insignificanti o sono in­ complete o sono incoerenti. Sono insignificanti quando il loro contenuto è in larga parte tautologico. Sono incomplete quando conducono ad alternative contraddittorie che esse non possono risolvere. Sono incoe­ renti quando dimostrano tanto l'affermazione quanto la negazione della medesima proposizione 119 .

Ciò che oggi è richiesto è, così, il passaggio ad un punto di vista dinamico capace di prendere in considerazione il fatto che il sapere dell'uomo non è solo questione di deduzione e di principi, ma di scoperte e di errori che si accumulano, di contesti storici che si evolvono e si intrecciano. Limitarsi alla logica significa dimenticare il soggetto. Risultato di un filosofare centrato esclusi­ vamente sul lato logico e rigidamente oggettivo è un soggetto dimenticato (the neglected subject) 120 . Ciò che è importante fare è perciò l'essere attenti al soggetto e al 'processo' con cui il conoscere umano accade e si svolge; in altre parole, di considerare il metodo121 : C'è il venire alla luce del metodo. Questo consiste nella trasposizione del significato sistematico da un contesto statico a un contesto dinamico, cumulativo. Originariamente i sistemi erano elaborati per durare. Essi miravano a una conoscenza vera e certa di ciò che era necessariamente così. Ma oggi i sistemi esprimono non ciò che è necessariamente così, ma ciò che è intrinsecamente ipotetico e che quindi ha bisogno di verifica. E ancora, essi esprimono non ciò che ci si attende sia permanenLONERGAN, Ragione e fede... , p. 62. Cfr. LONERGAN, The Subject. In questa conferenza, tenuta il 3 marzo 1968, Lonergan afferma che il soggetto dimenticato ha tre fonti filosofiche principali: l'insistenza sulla oggettività della verità, la nozione aristotelica di scienza, la spiegazione metafisica dell'anima, cfr. pp. 69-73. 121 «Per tutta la sua vita Lonergan ha considerato la questione del metodo come l'essen­ ziale problema contemporaneo e, in quanto tale, lo ha costituito l'oggetto centrale delle sue ricerche, del suo insegnamento e dei suoi scritti», SPACCAPELO, La fondazione di una metodologia interdisciplinare ... , in AA.VV., Gli istituti... , p. 280.

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te, ma ciò che ci si attende sarà rivisto e migliorato man mano che si r s oprono dati ulterio i e si raggiunge un'intelligenza migliore. Qualsiasi �stema, antico o moderno è soggetto alla logica. Ma il processo da un :ato sistema a quello che gli succede è di pertinenza del metodo 122 • Ma cos'è il metodo? Esso può essere inteso come un insieme di

ricette che possono venire osservate pedissequamente e portare, chiunque, 12al3 risultato. Lonergan ritiene questa concezione «pura musione» • E in maniera ancora più decisa ribadisce il medesimo concetto quando afferma: «il metodo non è un insieme di regole 124 proposte perché uno stupido le segua meticolosamente» • In mo­ do diverso - dal punto di vista dinamico, in una cultura concepita empiricamente - il metodo deve essere inteso come «uno schema normativo di operazioni ricorrenti e connesse tra di loro che danno risultati cumulativi e progressivi» 12 5• In questa ottica il metodo «non offre regole che vanno seguite ciecamente, bensì una struttu­ 12 6 ra per la creatività» • In questa seconda ottica è possibile, secondo Lonergan, indivi­ duare un certo numero di operazioni fondamentali che, presenti nella coscienza umana, costituiscono un nuovo «metodo empirico generale» 12 7, fondante qualsiasi metodo particolare. Il metodo è «lo spiegamento (unfolding) concreto e dinamico dell'attenzione, intelligenza e responsabilità umana» 12 8• Esso è empirico in quanto è verificabile nella coscienza dei soggetti; ed è generalizzato in quanto si presenta come la struttura base per qualsiasi ogni altro LoNERGAN, Il metodo in teologia, pp. 322-323. 63. i2• 21. 125 26. 126 22. 127 Cfr. SPACCAPELO, La fondazione di una metodologia interdisciplinare... , in AA.VV., Gli istituti ... , p. 280. 128 LoNERGAN, /1 metodo in teologia, p. 47. La precisazione delle operazioni e del loro dispiegarsi in livelli di coscienza si è sviluppata nel corso del pensiero lonerganiano. La citazione è tratta appositamente da Method che, in merito al metodo, rappresenta una riflessione più completa di quella di lnsight. 122 123

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metodo. «È uno schema fondamentale di operazioni che viene usato in qualsiasi impresa conoscitiva»129 • In sintesi, la fondazione di un metodo capace di offrire un punto di vista dinamico non può risiedere, per Lonergan, nella semplice logica deduttivistica, ma in un insieme strutturato di operazioni di cui il soggetto può e deve progressivamente appro­ priarsi. Così, come la consapevolezza di una nuova cultura chiede l'approfondimento della questione del metodo, questo a sua volta richiede, innanzitutto, una nuova comprensione della conoscenza, capace di oltrepassare le sacche del concettualismo a cui un'impo­ stazione logicistica spesso conduce. 2.3. Oltre il concettualismo verso una comprensione delle opera­ zioni della mente umana Fin dall'articolo The form of matematica/ inference del 1928, Lonergan ritiene indispensabile superare le angustie di una conce­ zione conoscitiva concettualista. Affronta, però, la questione con sistematicità negli articoli sul Verbum, pubblicati tra il 19461949. «Il metodo è pura superstizione se lo scopo del capire viene escluso. Tale esclusione è la tentazione positivistica dello storico. D'altra parte, la tentazione del manualista [siamo in un contesto di studi teologici: ndr] è di cedere all'illusione concettualista; di pensare che per interpretare san Tommaso egli debba solo citare e poi arguire»130 • I concettualisti che Lonergan critica sono coloro che vedono nel concetto il punto di partenza per la costruzione del sapere. Essi iniziano con i concetti, poi compongono i concetti in proposizioni e infine uniscono le diverse proposizioni per costruire un sillogi­ smo131 . Il limite di una tale posizione sta nel problema dell'origine e del fondamento dei concetti132 • «Per concettualista intendo una 129 /bi, p. 26. Di questo metodo chiamato in Insight «generalized empirica! method» e in Method «Trascendental Method», si parlerà, in modo più ampio, nel prossimo capitolo. 130 LONERGAN, Conoscenza ed interiorità, pp. 233-234. 131 Cfr. CROWE, Bernard J.F. Lonergan..., p. 71. 132 Come Lonergan precisa in una nota di Method: «Il nocciolo della questione è se i concetti derivino dal capire o il capire dai concetti», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 354, nota I.

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r stremamente acuta in logica, precisa nell'uso dei termi­ p� sona e non ha mai pensato su al fatto che il significato dei ma che �:�ni varia con gli atti di intelligenza che essi esprimono» 133• Il concettualista riduce la conoscenza ad una questione di d r p oduzione e collegamento tra i concetti, per endo di vista le altri della conoscenza. La concettualizzazione, invece, componenti é non è né l'unica, n la principale operazione della conoscenza. Essa è l'operazione della coscienza che consiste nell'esprimere in uno O più134concetti il contenuto intelligibile colto dall'intellezione (insight) . Il concetto dà forma e contorni al contenuto delle intellezioni. «L'intellezione precede i concetti, anche quelli che sto usando adesso. Io sto dando un'espressione dell'intellezione. lo penso che l'espressione sia accurata, ma l'intellezione non consiste in questa espressione; essa non consiste nei concetti che governano questa espressione. L'intellezione costituisce la,base da cui posso avere questi concetti e questa espressione» 135. Le intellezioni a loro volta, però, non sono il tutto della cono­ scenza. Si inseriscono in un processo più vasto della conoscenza, caratterizzato da una molteplicità di operazioni organizzate in una struttura materialmente e formalmente dinamica, caratterizzata da indagine, intellezione diretta, concezione, riflessione, intellezione riflessiva, giudizio 1 36• In questa struttura l'intellezione assume un ruolo centrale in quanto il 'capire' è la chiave di volta del processo conoscitivo; è chiave di volta che unisce esperienza particolare ed universalizzazione 137• La questione del metodo si collega intrinsecamente con la necessità di rendere ragione della conoscenza nel suo procedere, LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 25. P. ANGERS - C. BoucHARD, L'appropriation de sai, Les Editions Bellarmin, Montreal 1986, ed. it. a cura di N. SPACCAPELO, L'auto-appropriazione, EDB, Bologna 1993, p. 150. 135 LONERGAN, Comprendere ed essere, p. 65. 136 Cfr. ibi, p. 57. In questo caso ho sostituito il termine comprensione con intellezione diretta. Questo è uno dei diversi elenchi di operazioni che Lonergan ha proposto nelle sue opere. Attorno ai tre livelli principali di esperienza, intellezione, giudizio, gli elenchi delle operazioni nel tempo si fanno sempre più accurati. 137 Afferma Crowe: «La chiave di volta è rappresentata dall'atto di intellezione o com­ prensione, che si verifica sempre in relazione al particolare, ma che è virtualmente universale», in CROWE, Bernard J.F. Lonergan... , p. 160. 133

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nella sua pluralità di operazioni e livelli. Interessarsi alla cono­ scenza significa così interessarsi non ad una singola operazio­ ne, ma alla mente umana, scoprendo che lì risiede la sede del metodo: Il pensare a fondo le cose non può omettere proprio lo stesso pensare, ossia lo studiare la mente che pensa. Ma inizialmente la mente umana non è altro che una scatola nera: sappiamo che in entrata c'è la sensazione, sappiamo che in un uscita c'è il linguaggio. Ma cosa avviene esattamente all'interno per trasformare gli elementi in entrata in quelli in uscita? Questo sembra essere il problema cardinale [di Insight: ndr]: perché moltissimo dipende dalla sua soluzione; proble­ ma, perché nel corso dei millenni non si è raggiunto il consenso a questo riguardo 1 38 •

Dire cosa intenda Lonergan con il termine mente (mina) non è cosa semplice. Se infatti un termine acquista significato in un intreccio di relazioni con altri termini, è necessario ogni volta chiarire il contesto per poterne definire il significato. Il significato del termine mente assume così, a seconda delle fasi storiche, delle opere, delle stesse proposizioni, sfumature diverse. Tale polisemia del termine mente non è, d'altronde, prerogativa del solo Loner­ gan. Piuttosto appartiene al dibattito filosofico e scientifico in quanto tale, originando ricchezza interpretativa insieme a confu­ sione e disorientamento. Ritengo sia ragionevole affermare che Lonergan compia nel corso delle sue opere una progressiva chiarificazione del termine in relazione alla progressiva attenzione alle altre dimensioni del soggetto. Con il termine mind, Lonergan intende generalmente due realtà: a) la 'mentalità' (es: mentalità comune, scientifica, ecc.); b) l'insieme delle operazioni conoscitive dell'uomo. Que­ st'ultimo significato è generalmente il più usato 139 •

Citazione riportata in CROWE, Bernard J.F. Lonergan ... , p. 102. Mente, in quanto potere conoscitivo dell'uomo, si distingue dal 'cuore', dalla dimen­ sione affettiva. Ma questa distinzione è inserita progressivamente da Lonergan dentro una descrizione del soggetto che parte dalla coscienza che, in quanto tale, comprende, in forma diversa, tutte due le dimensioni. 138

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A del mito del vedere: la proposta di un realismo critico Z.4- l di là Il concettualismo non considera la complessità delle operazioni onoscitive che costituiscono la mente, rivelando così un difetto �ondamentale nella propria impostazione gnoseologica. Ciò di cui, invece, vi è bisogno, secondo Lonergan, è il prendere in conside­ razione la problematica conoscitiva nel suo insieme, cercando di abbassare il più possibile le diverse forme di riduzionismo. In merito alla conoscenza, la domanda cruciale non è tanto il quesito kantiano: 'cosa posso conoscere?', bensì: 'cosa faccio quando conosco?'. Questa domanda, fonda la teoria della cono­ scenza. A questa domanda, il concettualista risponderebbe: «co­ noscere è produrre concetti», lasciando così assolutamente in se­ condo piano le altre operazioni. Ma vi è un'altra risposta che Lonergan considera errata e fonte di tutte le confusioni attorno alla questione conoscitiva. Questa risposta è: «quando conosce, il soggetto vede». Un'affermazione di questo tipo trova la sua origi­ ne in un vero e proprio 'mito' secondo cui «conoscere è guarda­ re» 140. Da tale mito sono abbagliati sia i realisti ingenui, che gli empiristi, che gli idealisti141 • Il realista ingenuo ritiene che per conoscere la realtà, basti guardarla e l'oggettività consista nel vedere più chiaramente possibile. Conoscere è tutto ciò che è vedere o è analogo a tale atto; anche la conoscenza del significato è una sorta di visione. Secondo questa posizione, nota Lonergan, «Renzo e Lucia sono invitati ad alzare la mano e a guardarla. La mano è realmente là fuori; è l'oggetto. L'occhio - strano! - non è nella mano; è a qualche distanza nella testa; è il soggetto. L'oc­ chio vede realmente la mano; vede ciò che là c'è da vedere; non vede ciò che non c'è da vedere. Questa è l'oggettività» 142 • 140 Cfr. LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 94. 141 «Ci sono nozioni della conoscenza e della realtà che si sono formate nella fanciullezza, che sono in termini di vedere e di ciò che c'è da vedere, che per secoli hanno fornito il fondamento incrollabile del materialismo, empirismo, sensismo, fenomenismo, behavio­ rismo, pragmatismo, e che al tempo, stesso costituiscono le nozioni di conoscenza e di realtà che gli idealisti sanno essere un non senso», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 229. 142 LONERGAN, Ragione e fede... , p. 94.

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Non distante dal realista ingenuo sta l'empirista, il quale re­ stringe la conoscenza oggettiva all'esperienza sensibile. Conosce­ re è vedere, senza nessuna estensione ad altre operazioni che presentano una qualche analogia. Il reale è ciò che è 'già-qui-ora' e l'oggettività è la mera estroversione 143 . L'idealista ritiene che il realismo ingenuo e l'empirismo tra­ scurino la distinzione tra apparenza e realtà. Anch'egli parte dal1'assunto che conoscere è vedere (e qui sta il suo punto debole fondamentale), ma ne trae conseguenze diverse poiché ritiene che il vedere riveli non la realtà ma solo apparenza: Come la vista, così anche l'udito, l'odorato, il gusto, il tatto sono costi­ tutivi non della conoscenza della realtà, ma solo della conoscenza della apparenza. Ciò che è vero del senso esterno, è vero anche del senso interno: mediante la nostra coscienza, noi conosciamo non la nostra realtà, ma soltanto la sua apparenza. Per cui quando indaghiamo, capia­ mo, pensiamo, noi abbiamo soltanto apparenze da indagare, capire, pensare. Quando noi giudichiamo, i nostri giudizi devono essere basati non sulle cose stesse, ma solamente sulla loro apparenza. Non c'è nessun modo in cui la conoscenza della realtà possa insinuarsi nelle nostre operazioni conoscitive. Perciò tutte le nostre affermazioni devono essere modificate mediante la qualifica: 'per quel che riguarda le apparenze'. Dire che gli uomini di solito non aggiungono questa qualifica o che essi non sono disposti ad ammetterla, anche quando la sua necessità è stata dimostrata, è un'altra maniera per dire che essi sono vittime di un'illu­ sione trascendentale 144 •

Per uscire dal mito del conoscere come guardare, dal cosiddetto Picture Thinking, ossia da un modo di pensare figurato, Lonergan propone un realismo critico145 . In questa posizione conoscere non è guardare, quanto piuttosto l'insieme strutturato di sperimenta­ re, capire, giudicare 1 46• Una sola singola operazione non è cono­ scenza. 143 Per un'analisi critica dell'empirismo nelle sue diverse forme storiche, cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, pp. 456-460. 144 LONERGAN, Ragione e fede... , p. 97. 145 Per l'uso di questo aggettivo cfr. LoNERGAN, Ragione e fede ... , pp. 97-98; lo., Il metodo in teologia, p. 255. 146 Per l'analisi di queste operazioni cfr. cap. 4.

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In secondo luogo, la conoscenza non si radica su una intuizioe quanto piuttosto su un intendere umano che è radicale. Chi ;arte dall'intuizione (e qui Lonergan si richiama all'Anschauung 147 kantiano ) considera oggetto solo ciò con cui il soggetto può relazionarsi in modo immediato. Chi parte dall'intendere umano, che si tematizza in domande per l'intelligenza, per il giudizio e per la responsabilità, considera oggetto tutto ciò che «noi intendiamo ponendo domand�, e ciò che viene conosciuto meglio man mano risposte alle domande diventano più complete ed che le nostre accurate» 148. Per Lonergan l'intendere che si esplica in domande è il segno chiaro di qualcosa oltre il soggetto. Se così non fosse, l'intendere stesso non avrebbe ragione di esistere. «Noi possiamo, almeno, domandare se esiste qualcosa al di là dei cosiddetti conte­ nuti di coscienza; e il fatto stesso che la domanda può essere posta rivela che l'intenzione manifestata nella domanda non è limitata da nessun principio di immanenza» 149. Siccome, però, l'intendere è radicale, gli oggetti non sono mai conosciuti del tutto. «Le conquiste più grandi, lungi dall'esaurire la fonte del nostro do­ mandare, del nostro intendere, non fanno che fornire una base ancora più ampia dalla quale scaturiscono ancora più doman­ de» 1so _ L'oggettività, nella prospettiva del realismo critico, si basa dunque sul carattere intenzionale della conoscenza 1 5 1. E siccome conoscl?re non è guardare, oggettività non è vedere fuori; bensì insieme sperimentare, capire, giudicare. «L'oggettività della co-

147 148 149

Cfr. LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 129. !bi, p. 130. /bi, p. 91. Mi sia concesso notare questo: a mio avviso qualsiasi teoria della conoscen­

za si fonda su un atto di fiducia o sfiducia. La teoria lonerganiana, che ha come base di partenza le operazioni stesse del soggetto, si fonda, in realtà, su una fiducia nell'intenzio­ nalità delle operazioni. 150 /bi, p. 131. 151 « L'oggettività intrinseca all'attività conoscitiva umana è la sua intenzionalità. Non c'è bisogno che questa intenzionalità venga dedotta, essendo essa il contenuto dominante della struttura dinamica la quale raccoglie e unisce più attività conoscitive in una cono­ scenza unica di un oggetto unico», LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 88. Il tema dell'inten­ zionalità sarà ripreso anche nel prossimo capitolo.

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noscenza umana è come un cavo a tre fili» 152 : c'è una componente esperienziale legata all'esperienza, una componente normativa le­ gata all'intelligenza, e una componente assoluta legata al giudizio. Legare l'oggettività all'intenzionalità significa legarla al sog­ getto, non in senso soggettivista, ma nel senso di considerare inseparabile l'oggettività della conoscenza dal soggetto concreto che conosce. Solo in un conoscere che si attua concretamente è possibile raggiungere l'oggettività. «Mentre l'oggettività raggiun­ ge ciò che è indipendente dal soggetto concreto esistente, l'ogget­ tività stessa non è raggiunta da ciò che è indipendente dal soggetto concreto esistente» 153• Ciò significa che l'oggettività autentica non è questione di capacità logica o analitica o di spirito di osservazione ma, ripete più volte Lonergan, di una «soggettività autentica» 154• Riprendiamo, per finire questa riflessione, le posizioni criticate da Lonergan. Contro una posizione empirista, il realista critico sostiene che l'essenza dell'oggettività della conoscenza umana non si manifesta nel vedere né in qualsiasi altra operazione cono­ scitiva singola. L'oggettività non è una singola proprietà, ma una combinazione di distinte proprietà che si trovano in operazioni conoscitive distinte, in quanto la conoscenza umana non è una singola operazione, ma una struttura di parecchie operazioni. Inol­ tre sostiene che le operazioni conoscitive stanno in relazione tra loro non per una somiglianza, ma per una complementarietà fun­ zionale155 • Contro l'idealista, il realista critico sostiene che il senso non conosce le apparenze. «È tanto compito del giudizio conoscere che un oggetto è non reale ma apparente quanto lo è conoscere che un oggetto è non apparente ma reale. Il senso non conosce le apparenze, perché il senso da solo non possiede la piena oggettivi­ tà della conoscenza umana. I nostri sensi ci danno non l'apparen­ za, né la realtà, ma i dati» 156. Per andare oltre l'idealismo così da 152

/bi, p. 90. Il metodo in teologia, p. 357. Cfr. ibi, p. 282; p. 310; Ragione e fede..., p. 102. Cfr. LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 98. Ibidem.

153 LoNERGAN, 154 155 156

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raggiungere il realismo critico, occorre scoprire che «conoscere è una attività organicamente integrata: su un flusso di esperienze sensibili, l'indagine genera intelligentemente una successione cu­ mulativa di intelligenze; nell'archivio delle esperienze e nella formulazione delle intelligenze accumulate, la riflessione afferma le approssimazioni al virtualmente incondizionato e il raggiungi­ mento di esso per sfociare nei giudizi di fatto probabili e certi» 1 57• 2.5. Oltre il teoreticismo per un'analisi dell'intenzionalità Ma come si può comprendere la mente? Come si possono studiare i processi conoscitivi dell'uomo? Siamo qui ad una nuova linea guida del pensiero lonerganiano: occorre andare oltre un'imposta­ zione teoreticista e operare nell'ottica di un'analisi dell'intenzio­ nalità. L'impostazione teoreticista è legata profondamente alla cultu­ ra classica, al punto di vista statico ed al concettualismo. In questa prospettiva, lo studio della conoscenza umana è dipendente da una disciplina di base: la metafisica, intesa come dottrina generale della realtà. Le altre discipline devono derivare i loro termini e le loro relazioni di base attraverso l'aggiunta di ulteriori determina­ zioni ai termini e alle relazioni di base della metafisica 158 . L'impo­ stazione 'metafisica' comporta l'analisi dell'uomo e del suo pro­ cesso metafisico secondo una modalità che Lonergan chiama: psicologia delle facoltà. «Così 'anima' non vuol dire 'soggetto' ma 'l'atto primo di un corpo organico' sia di una pianta, che di un animale, che di un uomo. Parimenti, la nozione di 'oggetto' non è formulata in base alla considerazione degli atti intenzionali; al contrario, come le potenze vanno concepite considerando i loro rispettivi atti, così gli atti vanno concepiti considerando i loro rispettivi oggetti, cioè le loro cause efficienti o finali»' 59• Secondo Lonergan, la psicologia delle facoltà fornisce un qua­ dro statico ed eccessivamente astratto della conoscenza; non ne 157 158 159

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Cfr.

L'intelligenza, p. 460. Ragione e fede... , p. 56. Il metodo in teologia, p. 115; Io., Conoscenw ed interiorità, p. 24.

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coglie adeguatamente la dinamica, la processualità; evidenzia del­ le strutture, mettendo poco in rilievo il soggetto che conosce. In questa critica rivolta al teoreticismo possiamo cogliere un'interes­ sante comunanza con la critica che alcuni ambiti filosofici rivol­ gono ai tentativi, di diversi studiosi, di eliminare dallo studio della mente la prima persona per uno studio scientifico ed impersona­ le 160 . Fare, infatti, uno studio della mente umana astraendo dal­ l'esperienza soggettiva non è molto distante, in quanto all'inten­ zione di fondo, dal classico studio filosofico dell'anima, dove «l'unico metodo è applicato allo studio delle piante, animali e uomini. I risultati sono completamente universali. Noi abbiamo l'anima sia che noi siamo svegli o addormentati, santi o peccatori, geni o imbecilli» 161 • Per comprendere la conoscenza, bisogna invece volgere lo sguardo alle operazioni conoscitive colte nel loro svolgersi. Ciò significa spostarsi da una prospettiva teoreticista per percorrere la via dell'analisi del soggetto162• Questa via comporta la sostituzione di una psicologia della facoltà e l'istituzione di un'analisi dell'in­ tenzionalità 163 , in cui il soggetto conscio ed intenzionale intenzio­ na il processo conoscitivo che è in opera nella sua coscienza. In questa analisi il punto di partenza sono i dati della coscienza (consciousness) del soggetto 164 • È a partire dall'analisi della co­ scienza, delle sue operazioni, dei suoi livelli, che può essere compresa la conoscenza. L'analisi del processo conoscitivo a partire dalla coscienza mostra che conoscere è la conquista di un 160 Per il rapporto attuale tra riduzionismo scientista e prospettive filosofiche cfr. M. 01 FRANCESCO, Introduzione allafilosofia della mente, NIS, Roma 1996, pp. 161-200. 161 LONERGAN, The Subject, pp. 72-73. 162 Cfr. G.B. SALA, Coscienza e intenzionalità in Bemard Lonergan, in AA.VV., Studi di filosofia trascendentale, Vita e Pensiero, Milano 1993, pp. 53-54. In questo saggio Sala mette in evidenza come la via dell'analisi del soggetto sia elaborata da Lonergan partendo dall'insegnamento di Agostino e Tommaso d'Aquino. 163 « Fin dal primo capitolo ci siamo liberati da una psicologia delle facoltà con le sue scelte tra intellettualismo e volontarismo, per istituire un'analisi dell'intenzionalità», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 358. 164 Coscienza è qui usata nel senso psico-antropologico di 'presenza del soggetto a sé' e non nel senso strettamente morale (conscience). La nozione sarà comunque messa a tema nel prossimo capitolo.

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'concreto soggetto cosciente' che fa attenzione ai dati, che ricerca, che comprende, che cerca le ragioni sufficienti per affermare ciò che ha compreso. L'analisi dell'intenzionalità oltre che mettere in luce un insie­ me di operazioni, rivela anche l'esistenza nella coscienza del soggetto di una dinamica di interrogazione dove l'impulso fonda­ mentale a conoscere, che Lonergan chiama, in lnsight, «desiderio puro di conoscere», ricopre un ruolo fondamentale. L'analisi dell'intenzionalità, infine, si pone come elemento centrale per la costruzione di un nuovo pensiero sistematico dove il primum non è rappresentato dalla metafisica, bensì da una dottrina della conoscenza 1 65 • Questo pensiero sistematico è chia­ mato da Lonergan, in una conferenza del 1972, trascendentale. Dopo aver analizzato il sistema aristotelico basato sulla metafisi­ ca, e il sistema della scienza moderna basato sulla scienza empiri­ ca, Lonergan ne propone, in quell'occasione, appunto, un terzo, basato sull'analisi dell'intenzionalità: I termini di base di questo terzo modo del pensiero sistematico denotano le operazioni consce e intenzionali che si verificano nella coscienza umana. Le sue relazioni di base denotano il dinamismo conscio che conduce da determinate operazioni ad altre. I suoi termini e le sue relazioni derivate sono i procedimenti propri del senso comune, quelli dei matematici, quelli degli scienziati, delle scienze empiriche, quelli degli interpreti e degli storici, dei filosofi e dei teologi. Questo tipo di pensiero sistematico incomincia dalla teoria conoscitiva: Che cosa fac­ ciamo quando conosciamo? Da qui passa all'epistemologia: Perché fare questo è conoscere? Conclude infine con la metafisica: Che cosa cono­ sciamo quando facciamo questo? 166 .

L'ordine dunque del sistema metafisico è capovolto. In una pro­ spettiva attenta al soggetto che conosce, la metafisica non sta all'inizio, ma al termine dell'indagine. In una successiva confe­ renza, Lonergan stesso afferma: «Dalla dottrina della conoscenza è possibile derivare un'epistemologia, e dalla dottrina della cono165 166

Cfr. SALA, Coscienza ed intenzionalità... , in AA.VV., Studi... , p. 56. LONERGAN, Ragione e fede... , p. 35.

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scenza e dall'epistemologia assieme è possibile derivare una me­ tafisica»' 67• Una metafisica che Lonergan chiama trascendentale e definisce come struttura euristica dell'essere proporzionato. Parlando di analisi d'intenzionalità occorre chiedersi che rap­ porto abbia con la classica nozione di introspezione, in quanto Lonergan appare molto prudente rispetto all'uso di quest'ultimo termine. L'introspezione ha una lunga storia estremamente controversa, collegata alle controversie nello studio della vita interna del sog­ getto 168• Per restare a tempi recenti, Wundt, il padre della psicolo­ gia sperimentale, riteneva l'introspezione il metodo privilegiato di una psicologia che volesse definirsi scienza. Ritenuta una metodo­ logia poco chiara da parte anche di Brentano, fu subito tacciata come «non scientifica» da parte del comportamentismo. Oggi stesso l'introspezione è sottoposta a forti critiche che raggiungono la posizione più radicale nelle tesi eliminativistiche di Lyons e Dennet 169 • Lonergan ritiene che il termine sia 'fuorviante' e che quindi ne vada ponderato attentamente l'utilizzo. Se per introspezione s'in­ tende una 'ispezione interna' si è fuori strada. «L'ispezione inter­ na è nient'altro che un mito, la cui origine va individuata nell'er­ ronea analogia che tutti gli elementi conoscitivi vadano concepiti secondo l'analogia con la visione oculare»' 70. Nessuno può vedere se stesso, così come nessuno può conoscere se stesso come sog­ getto. La nozione di introspezione può essere utilizzata per indicare l'analisi dell'intenzionalità se intesa come un processo di oggetti­ vazione che il soggetto volge a sé, come processo in cui le opera­ zioni della coscienza applicano la propria intenzionalità a loro /bi, p. 57. Per uno studio approfondito di queste controversie cfr. W. LvoNs, The Disappearance of lntrospection, The MIT Press, Cambridge (Mass.) 1986, ed. it. La. scomparsa dell'in­ trospezione, Il Mulino, Bologna 1993. Per un efficace riassunto delle diverse posizioni cfr. D1 FRANCESCO, Introduzione alla filosofia della mente. 169 Cfr. D.C. DENNET, Consciousness Explained, Little Brown and Company, Boston 1991, ed. it. Coscienza, Rizzoli, Milano 1993. 170 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 30. 167 168

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stesse. Ma oggettivare le operazioni, se teniamo presente la teoria della conoscenza di Lonergan, non significa definirle astrattamen­ te, oppure separare un presunto soggetto dalle sue operazioni, quanto invece sperimentarle, capirle, giudicarle, assumerle re­ 111 sponsabilmente in un lungo percorso di auto-appropriazione • Stando così le cose, la base, il punto di partenza dell'analisi dell'intenzionalità, non è un presunto volgere lo sguardo all'inter­ no per cogliersi come soggetto (per «prendersi per la collotta» 172 ), ma l'intensificazione delle proprie attività coscienti. 2.6. Dalla mente, alla coscienza, al soggetto L'analisi dell'intenzionalità mette in luce l'esistenza di un insie­ me di operazioni consce ed intenzionali più ampio delle sole operazioni conoscitive. Essa rivela che la mente è parte di un dinamismo più vasto in cui il soggetto è presente come 'operatore' cosciente ed intenzionale. Questa esperienza di sé in quanto sog­ getto cosciente ed intenzionale è, per Lonergan, la coscienza 173• Alla luce di ciò, Lonergan, matura il passaggio da un'attenzione peculiare all'operatore che conosce (mente) ad uno sguardo più globale all'operatore in quanto tale (coscienza). È questa l'ultima linea guida che vogliamo sottolineare. Il rapporto tra mente e coscienza è andato maturando progres­ sivamente nel corso degli scritti lonerganiani, così che si possono individuare due fasi principali. Fino ad Insight la mente, pur inserita nella più vasta dinamica umana, appare come la dimensio­ ne dominante. Gli aspetti della decisione, della credenza, del significato, benché trattati, appaiono in secondo piano. A partire dagli anni '50 in poi si assiste ad un profondo spÒstamento dell'at­ tenzione all'insieme delle operazioni consce fino alla sistematiz­ zazione avvenuta in Method. Qui, Lonergan inserisce la dimensio­ ne della mente in uno studio più vasto dedicato alla coscienza, alla sua dinamica, al suo sviluppo, ai suoi livelli, ambiti. Significativa171 Per la nozione di auto-appropriazione, cfr. cap. 4 e cap. 6. 172 Cfr. LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 86. 173 Per un approfondimento della nozione di coscienza vedi capitolo successivo.

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mente al «desiderio puro di conoscere» di Insight si affianca una nuova nozione: «l'eros dello spirito umano» 174• Ma Method non si ferma alla coscienza, intesa come l'insieme delle operazioni consce ed intenzionali del soggetto esistenzia­ le 175• Da quel punto fermo, Lonergan muove il suo intendere ad altre dimensioni del soggetto, e nell'opera vi sono segni chiari di passaggi ulteriori. L'analisi della coscienza non è infatti che il primo frutto maturo della cosiddetta svolta del soggetto. Il sogget­ to esistenziale rivela altre dimensioni psicologiche, economiche, storiche, sociali 116, che il punto di vista della coscienza di Method riesce a trattare a volte in modo vasto, a volte superficialmente, ma certamente non con quella sistematicità che Lonergan era solito dare. Purtroppo Lonergan non è riuscito, a causa della morte, ad approfondire e sistematizzare diversi temi già presenti in Method e ripresi, in parte, negli scritti del suo ultimo periodo. La dimensione affettiva, la relazionalità, la socialità, avrebbero richiesto certamente un approfondimento. Una comprensione sempre più adeguata di questi aspetti del soggetto avrebbe, proba­ bilmente, prodotto ulteriori linee guida alla sua ricerca. Un'intensa dinamicità, dunque, ha caratterizzato la vita co­ scienziale di Lonergan e la sua speculazione. Una serie di diversi interessi ha costantemente ridisegnato il suo orizzonte in un movi­ mento che, semplificando molto, possiamo riassumere come un costante allontanamento dall'inviso 'intelletto speculativo' per una comprensione sempre più complessa del soggetto. Questo movimento può essere rappresentato dal grafico che segue.

174

Il metodo in teologia, p. 35. Per la nozione di soggetto esistenziale (The existential subject) cfr. LoNERGAN, The Subject, pp. 79-84. 176 A ffermava nella conferenza sul soggetto del 1968: «Insegnare ed imparare, ricercare, LoNERGAN,

175

cominciare a comprendere, ordinare e pesare l'evidenza, queste cose non sono indipen­ denti dal soggetto, dal tempo e lo spazio, dalle condizioni psicologiche, sociali, storiche. Il frutto della verità deve crescere e maturare sull'albero del soggetto prima di poter essere colto e posto nel suo ambito assoluto», in LoNERGAN, The Subject, pp. 70-71.

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Figura 2

Prospettiva dell'intelletto speculativo Dalla cultura classica a quella empirica

Dalla centralità della logica alla centralità del metodo Oltre il concettualismo, verso una comprensione della mente Al di là del mito del vedere, la proposta di un realismo critico Dalla psicologia delle facoltà ali' analisi dell'intenzionalità Dalla mente, alla coscienza, al soggetto

Prospettiva del soggetto esistenziale

Terminato uno sguardo generale, e inevitabilmente generico su Lonergan 177 , è ormai giunto il momento di focalizzare l'attenzione 177 L'insieme delle linee guida del pensiero di Lonergan ha rilevato la complessità dèlle correnti e degli autori a cui l'autore canadese fa riferimento. Senza pretese di esaustività, si può tracciare una sorta di primo indice che indichi i riferimenti principali con i quali la speculazione lonerganiana si è rapportata.

102

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANO

sulla sua visione della coscienza come primo passo decisivo per la ricerca degli elementi di una sua 'filosofia' della formazione. a) Pensiero di Tommaso d'Aquino

Il pensiero di san Tommaso, l'abbiamo visto precedentemente, rappresenta un fattore fondamentale del pensiero di Lonergan. Egli, attraverso una appropriazione decennale del pensiero di Tommaso d'Aquino, non ha cercato tanto il recupero di una ontologia tomista, quanto piuttosto l'approfondimento della sua psicologia, della sua filosofia della mente. b) Pensiero di Agostino di /ppona

Lonergan è un forte conoscitore delle opere di Agostino per ragioni filosofiche e teologi­ che, ed egli nel corso dell'elaborazione del proprio pensiero mette in correlazione la prospettiva psicologica di Tommaso con la prospettiva psicologica di Agostino. Un esempio della stretta connessione che Lonergan pone tra questi due autori è data dall'in­ troduzione che egli scrisse nel 1967 per gli articoli sul Verbum (cfr. LoNERGAN, Conoscen­ za ed interiorità, pp. 23-30). c) ùifilosofia realista

Nella sua elaborazione di una filosofia realista-critica fondata sull'analisi dei processi del soggetto, Lonergan si rapporta, oltre che con Tommaso e Agostino, con tutta la tradizione della filosofia realista. Dentro questa corrente, un autore moderno ha avuto certamente una influenza molto forte: il teologo inglese J.H. Newman (1801-1890). La sua distinzio­ ne tra apprendimento nozionale e apprendimento reale è ripresa più volte da Lonergan. d) ùifilosofia critica di Kant

Lonergan ha certamente una curvatura 'trascendentale' che lo pone in collegamento con Kant e con il kantismo. Egli condivide con questa curvatura l'attenzione all'individuazio­ ne di processi conoscitivi che fondano la possibilità stessa della conoscenza. Ma al di là di questo, Lonergan si pone spesso in un rapporto molto critico rispetto alla posizione kantiana, soprattutto in merito al ruolo della ragione e ali'apertura ali'essere del 'metodo trascendentale' (per un dettagliato confronto tra il pensiero di Lonergan e quello di Kant, cfr. SALA, Coscienza ed intenzionalità..., § 3. Il trascendentale in Lonergan, nella Scolasti­ ca e in Kant, in AA.VV., Studi... , pp. 73-79). e) ùifilosofia della scienza

Lonergan è costantemente interessato alla nozione di scienza, alla sua struttura epistemo­ logica, al suo sviluppo come forma di sapere. Così la filosofia della scienza, soprattutto quella britannica (ad esempio: Eddington), rappresenta un universo di riferimento costan­ te per il nostro autore. f) Ùl filosofia della storia

Gli attuali studi biografici su Lonergan stanno rivelando una vera e propria passione per la storia e la conoscenza storica. Come dimostrano i due capitoli di Method dedicati a questo tema, Lonergan ha ben presente una vasta schiera di autori e posizioni tra cui spicca l'ottica di autori 'ermeneutici'. g) Filosofia dell'interpretazione

In connessione con l'interesse generale per le operazioni della mente e, in termini specifici, per il loro rapporto con il fatto storico, Lonergan presenta dei rapporti molto stretti con alcuni protagonisti del filone ermeneutico. Tra questi, ha un posto di rilievo

IL QUADRO DI FONDO

103

Dilthey con la sua tematizzazione della Verstehen, con l'importanza, da lui data, alla centralità del significato (cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 226) e alla considerazio­ ne della «vita umana concreta» (ibi, p. 281 ). h) Lafenomenologia e l'esistenzialismo Il rapporto con queste due correnti (più precisamente da parte della fenomenologia il pensiero di Husserl, di M. Scheler, di Jaspers, e da parte dell'esistenzialismo il pensiero di Heiddeger ) si è andato ampliando nel tempo. Mentre fino ad lnsight i riferimenti a questi autori sono piuttosto scarsi, a partire dall'anno successivo alle lezioni sull'Esistenzialismo tenute nel 1957, la portata del contributo di queste correnti aumenta notevolmente. Più che sulla tematizzazione dell'intenzionalità, la fenomenologia e il pensiero esistenzialista influenzano Lonergan nello sviluppo delle nozioni di contesto, orizzonte, preoccupazione (interesse), intersoggettività, vivere ordinario, vivere-nel-mondo. Questi autori, così come )'ermeneutica, hanno avuto un ruolo fondamentale per la svolta verso il significato e il soggetto. i) La filosofia del simbolo e la psicologia del profondo Un interesse per la comprensione simbolica dell'uomo e per un rapporto tra operazioni coscienziali e profondità della psiche è rivelato già in lnsight e proseguirà nel tempo. Lonergan si richiama a Freud, Jung, Adler, Durand, Cassirer, Eliade. l) L'epistemologia genetica di Piaget Infine nella tematizzazione dello sviluppo coscienziale ha avuto un'influenza su Lonergan Io studio del pensiero di Piaget. All'autore svizzero, Lonergan dedicò una lezione intera del suo corso estivo sull'educazione (cfr. LoNERGAN, Topics in Education, pp. 193-207), e alla sua opera si richiama esplicitamente anche in Method. Se a questo elenco sommario delle correnti e degli autori connessi con l'opera di Loner­ gan poniamo in parallelo le attuali vie di ricerca che, in qualche modo, possono trovare nel pensiero di Lonergan un interlocutore, e che saranno richiamate più specificatamente nel cap. 7, otteniamo un quadro generale capace di indicare in modo sintetico, ma sufficien­ temente efficace, la contemporaneità del nostro autore.

CAPITOLO QUARTO

Il dinamismo coscienziale del soggetto

Occorre ripartire da dove si è arrivati, cercando di riassumere, brevemente, quelle che, nel capitolo precedente, sono state defini­ te come linee-guida del pensiero di Lonergan. 1) È necessario un nuovo sapere, ossia una rinnovata elabora­ zione consapevole dei significati, capace di integrare, ad un nuovo livello, il sapere della cultura classica ed il sapere delle rivoluzioni 'scientifica' e 'storica'. 2) A sua volta, un nuovo sapere richie­ de un rinnovato approfondimento della questione del metodo 1 • 3) Ancora, il metodo, per superare i limiti del concettualismo e del logicismo, richiede una chiarificazione della teoria della cono­ scenza. 4) Inoltre, richiede uno studio della 'mente' operato attra­ verso l'analisi dell'intenzionalità. 5) L'analisi dell'intenzionalità richiede di partire dai dati della coscienza e nel suo svolgersi, progressivamente, rivela, insieme alle operazioni della mente, la complessità delle operazioni della coscienza. 6) Infine, l'analisi dell'intenzionalità richiama, come ultima istanza, l'esigenza di considerare le operazioni della coscienza in un rapporto sistemico con gli altri aspetti del soggetto esistenziale. In questo procedere verso il soggetto, il ruolo centrale è acqui­ sito, in modo sempre più chiaro, dalla coscienza, dal flusso della coscienza (flow of consciousness) dell'individuo. La coscienza rappresenta il punto d'arrivo di un ampliamento e approfondimen­ to dello studio della mente ed, insieme, il punto di partenza per un successivo ampliamento al soggetto nella sua globalità. ' «L'impresa di Lonergan fu di costituire un nuovo organon che fosse applicabile alla deduzione e all'induzione, nella filosofia e nella teologia, per la realizzazione di qualsiasi progetto nel campo degli studi umani e delle scienze umane, sia teoretiche che pratiche, presenti o future, specifiche di questa o quella cultura», CROWE, Bernard J.F. Lonergan... , p. 135.

106

IL «SISTEMA» COSCIENZl�LE LONERGANIANo

La coscienza diventa la nozione antropologica fondamentale rispetto alla quale anche le altre nozioni acquistano una valenz� particolare. Se uno volesse trovare in Lonergan categorie e distin­ zioni antropologiche appartenenti alla tradizione filosofica, classi­ ca prima, e cristiana poi, ne troverebbe molte e usate anche in modo frequente. Egli parla spesso di organismo, cuore, mente. L'organismo, che richiama il più classico 'corpo', è l'insieme delle funzioni che caratterizzano la vita biologica e neurologica dell'individuo. Il cuore indica l'insieme delle attività della vita psichica: stati, tendenze, sentimenti in senso proprio. La mente è l'insieme delle operazioni conoscitive. Lonergan, però, utilizza e specifica queste nozioni non in una prospettiva classica di analisi teoretica delle facoltà umane, quanto piuttosto in una prospettiva dove il punto di accesso è dato dalla coscienza del soggetto e dall'analisi dell'intenzionalità. I. La nozione di coscienza «Dopo un lungo periodo di oblio, negli ultimi anni il tema della coscienza è tornato prepotentemente al centro degli interessi degli studiosi»2 • Così scrive Di Francesco nella sua Introduzione alla filosofia della mente. Il ritorno di interesse, che ha ragioni legate ad indagini empiriche e ragioni di riflessione filosofica3, ha risve­ gliato ed accentuato una molteplicità di posizioni in merito alla prospettiva con cui considerare, studiare, una realtà tanto partico­ lare come la coscienza. Si può riassumere (riduttivamente) questo ventaglio di posizioni in tre grandi classi4 . , Vi è una classe eliminativista, per la quale dire coscienza è affermare qualcosa di non sensato in termini scientifici. Al suo interno possono essere collocati un eliminativismo materialistico come quello di Paul e Patricia Churchland, così come un elimina­ tivismo funzionalista propugnato da Dennet. L'eliminativismo, in 2 D1 FRANCESCO, Introduzione allafilosofia della mente, p. 162. 3 Cfr. ibidem. 4 Per la definizione di queste tre classi ho fatto riferimento ad ibi, pp. 161-200.

"'' MISMO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO JLD"' A

107

n le, sostiene la delegittimazione del concetto di coscienza in ge nera 'non ven.f.1cab"l 1 e'. ua to q Una seconda classe può essere definita: dell'identità. Presuposta un'identità tra mente e cervello, la coscienza deve essere �onsiderata come uno stato cerebrale e in quanto tale studiato. A rappresentanza di questa posizione, si può citare Owen Flanagan. Egli «combina le teorie neurobiologiche di Edelman con l'inter­ pretazione materialistica dei qualia proposta da Paul Churchland. Il risultato è una versione aggiornata della teoria dei tipi (almeno relativamente ai qualia) secondo la quale i differenti qualia senso­ riali sono il prodotto di differenti configurazioni della trasmissio­ ne della attività neuronale» 5 • La terza classe è non riduzionista. Vi è innanzitutto un non riduzionismo che parte da considerazioni neurologiche. Il neuro­ biologo Edelman ritiene che la coscienza esuli dai termini scienti­ fici, che sia fuori dall'ambito di ricerca della scienza del cervello. Per Edelman non sarebbe 'scientificamente ragionevole' esigere «una spiegazione scientifica di quel che si prova, individualmen­ te, ad essere coscienti» 6 . Altri non riduzionisti, invece, apparten­ gono all'area filosofica. Si pensi a Nagel, Searle, Strawson i quali «considerano la nozione di coscienza, o meglio la sua componente qualitativa, irriducibile e non analizzabile nei termini delle neuro­ scienze e scienze cognitive attuali e, forse, future>> 7. Lonergan si colloca certamente in una posizione di non ridu­ zionismo filosofico, rivelando, innanzitutto, una comunanza di ricerca non tanto con la coscienza nel senso cartesiano di sostanza pensante, quanto piuttosto nel senso prima aristotelico e poi lockiano di attività. Questa attività è studiata, però, nella prospet­ tiva del soggetto, rivelando una forte comunanza di prospettiva con la valorizzazione del punto di vista personale che l'esistenzia­ lismo e la fenomenologia hanno messo in evidenza contro un

/bi, p. 167. Con il termine qualia, Di Francesco intende «quel che si prova soggettiva­ mente». Cfr. ibi, p. 19. 6 Citazione presente ibi, p. 166 e tratta da G. EDELMAN, La materia della mente, Adelphi, Milano 1993, p. 215. 7 D1 FRANCESCO, Introduzione allafilosofia della mente, p. 172. 5

108

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANQ

riduzionismo scientifico8 • Egli fonda la sua posizione su un'anali­ si dell'intenzionalità che mira a superare sia le posizioni del sostanzialismo sia quelle che sorgono dal mito del 'conoscere come vedere' e che danno origine alle diverse forme di empirismo e idealismo. Una visione sostanzialista si richiama ad uno studio sistemati­ co dove i termini e le relazioni sono presi ancora dalla metafisica, considerata come primum. L'analisi dell'intenzionalità, invece, parte dall'esperienza cosciente del soggetto. Ponendo in luce la distinzione tra uno studio metafisico dell'anima e l'analisi della coscienza, Lonergan ebbe modo di affermare: «Questo studio prescinde dall'anima, dalla sua essenza, dalle sue potenze, dai suoi abiti, perché nessuna di queste cose ci è data nella coscienza. Si occupa delle operazioni e del loro centro e fonte che è il sé» 9 . Una visione legata al conoscere come vedere basa le sue consi­ derazioni sulla ricerca della coscienza come un qualcosa che sta nel soggetto e che il soggetto può porsi davanti per analizzare. Questo è, per Lonergan, un errore fondamentale. Aprendo, in Insight, il paragrafo The Notion of Consciousness, scrive: «Innan­ zitutto la coscienza non va pensata come una sorta di sguardo interiore (inward look). Gli uomini tendono a pensare il conoscere immaginando un uomo che guarda qualche cosa e, inoltre, più avanti sono inclini a pensare la coscienza immaginando se stessi che guardano in se stessi» 10 • Per Lonergan, invece, la coscienza è un'esperienza del sogget­ to in quanto soggetto e, al di là di una sua identità con uno stato fisico o meno, solo chi è sottoposto al mito del vedere può metter­ la in dubbio negando, in questo modo, una propria irriducibile esperienza. È un'attività del soggetto in cui il soggetto è consape­ vole come soggetto stesso. (Precisando ancora di più il termine attività, si può dire che coscienza è l'esperienza del soggetto in quanto operatore 1 ', cioè attore di operazioni consce). È, per defiCfr. ibi, pp. 192-193. The Subject, p. 73. 10 LoNERGAN, L'intelligenza, p. 360. 11 Lonergan non usa esplicitamente questo termine in merito alla coscienza. Egli usa il termine operatore (operator) in termini euristici parlando dello sviluppo umano (cfr. 8

9 LoNERGAN,

ILDINA

MISMO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO

109

irla ancora in un altro modo, il flusso degli atti consci di un noggetto che, in quanto tali, si differenziano da quelli non consci. �Vedere non è soltanto una risposta allo stimolo del colore e della forma; ma una risposta che consiste nel divenire consapevoli del 12 suono» Per spiegare, però, nel modo più adeguato possibile la nozione di coscienza Lonergan si richiama, principalmente, al termine presenza (presence). Questo termine può designare diverse realtà e solo una si riferisce propriamente alla realtà coscienziale. Figura 3 - Tre tipi di presenza 1. Presenza materiale

La statua è presente nel cortile

2. Presenza intenzionale

La statua è vista da un soggetto

3. Presenza cosciente

Il soggetto è presente a sé come soggetto di operazioni

Vi è innanzitutto una presenza definita come «locale» 13 o «mate­ riale» 14. Tale è la presenza di una statua nel cortile o di una sedia nella stanza. «Voi potete dire che le sedie sono presenti nella stanza, ma non potete dire che le sedie sono presenti alla stanza, o che la stanza è presente alle sedie» 1 5• LoNERGAN, L'intelligenza, pp. 510-511). Ritengo però che possa esserne mutuato l'uso allo scopo di specificare la nozione di coscienza nella misura in cui i termini atto e attività, nel nostro contesto culturale, non richiamano necessariamente una presenza a sé del soggetto. 12 LoNERGAN, L'intelligenza, p. 361. Nella stessa pagina, Lonergan precisa che l'atto conscio non è l'atto deliberato in quanto «siamo consci di atti senza discutere se vogliamo discuterli o no». E non è neppure l'atto al quale si pone attenzione, «la coscienza può essere elevata trasferendo l'attenzione dal contenuto ali'atto; ma la coscienza non è costituita da questo trasferimento di attenzione». 13 Cfr. SALA, Coscienza ed intenzionalità... , p. 58. 14 Cfr. LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 85. 15 LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 35.

110

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANo

In secondo luogo, vi è una presenza che Lonergan chiama «intenzionale» 1 6 e nella quale è implicata la conoscenza. Questa presenza è, a sua volta, divisibile in due tipi radicalmente diversi. Il primo tipo è la presenza dell'oggetto al soggetto, dello spettaco­ lo allo spettatore. Questo tipo di presenza possiamo chiamarla presenza intenzionale in senso stretto. Il secondo tipo è la presen­ za del soggetto a se stesso come soggetto. È la presenza cosciente. «Questa non è la presenza di un altro oggetto che divide l'atten­ zione del soggetto, non è la presenza di un altro spettacolo che distragga lo spettatore; è la presenza, per così dire, in altra dimen­ sione, presenza concomitante, correlativa e opposta alla presenza dell'oggetto. Gli oggetti sono presenti per il fatto che ci si presta attenzione, mentre i soggetti sono presenti come soggetti, non per il fatto che ci si fa attenzione, bensì piuttosto per il fatto che fanno attenzione» 17 • La coscienza è così la 'presenza' del soggetto a se stesso come soggetto 18 • Il soggetto che fa attenzione non può mai conoscersi in quanto soggetto, può solo sperimentarsi. Uno non riuscirà mai a scoprirsi soggetto coscienziale «prendendo se stesso per la collot­ ta» 19 ; la coscienza, infatti, non è conoscenza, quanto invece espe­ rienza interna dei propri processi psichici. Esperienza che, come vedremo in seguito, può essere intensificata da una sua oggettiva­ zione. La presenza cosciente manca quando uno è in coma o dorme profondamente senza sognare; comincia quando uno sogna, si sveglia e si guarda intorno. Essa, però, non è data una volta per tutte. La coscienza non è una cosa, un dato statico, un oggetto che può essere toccato, preso, spostato. È piuttosto una realtà qualita­ tiva della vita del soggetto. Quando, perciò, si parla di coscienza non si deve intendere un oggetto quanto piuttosto un processo, complesso e mutevole di presenza del soggetto che si esprime attraverso le operazioni coscienziali del soggetto. 16

17 18

19

Cfr. LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 85. /bi, p. 86. Per questa definizione, cfr. SALA, Coscienza ed intenzionalità ... , p. 58. LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 86.

IL p

INAMISMO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO

z.

Le operazioni della coscienza

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La realtà coscienziale del soggetto si manifesta attraverso un insieme strutturato di operazioni. Non vi è coscienza senza opera­ zioni in quanto «le operazioni sono ciò in virtù di cui il soggetto è conscio»20• Per questo l'analisi della struttura dinamica della co­ sci enza non può che partire dall'individuazione e dallo studio delle operazioni e delle sue caratteristiche. Lonergan parla nel corso dei suoi scritti di una pluralità di operazioni. Quando parla in modo sintetico, egli le raccoglie tutte attorno a quattro tipi principali: esperienza, intelligenza, giudizio, decisione2 1• Quando �nvece si pone con uno sguardo analitico, egli offre al lettore diversi elenchi di operazioni22 • Questi elenchi si differenziano tra di loro in quanto ognuno è legato ad un 'conte­ sto' ed è perciò difficile riportarne uno specifico senza fare torto all'insieme globale delle operazioni. Cercando, però, di offrire un elenco che abbia un mero valore indicativo e insieme riassuntivo dei diversi elenchi, rimandando alle pagine successive per una comprensione, si può presentare la seguente lista: vedere, udire, toccare, odorare, gustare, provare sentimenti, immaginare, parlare, muoversi, indagare, capire, concepire, for­ mulare, riflettere, individuare e disporre in ordine l'evidenza, emettere giudizi, deliberare, decidere, eseguire, (amare e crede­ re)23_

2° Cfr. SALA, Coscienza ed intenzionalità..., p. 65. 21 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 37: «Per cui, se per brevità indichiamo le varie operazioni ai quattro livelli mediante l'evento principale a quel livello, possiamo parlare delle operazioni come esperienza, intelligenza, giudizio e decisione». 22 Il più esteso in Il metodo in teologia è il cosiddetto «Schema fondamentale delle operazioni» (The basic pattern of operation): «Le operazioni nello schema sono: vedere, udire, toccare, odorare, gustare, indagare, immaginare, capire, concepire, formulare, riflettere, disporre in ordine e pesare l'evidenza, giudicare, valutare, decidere, dire, scrivere», p. 29. Un elenco sostanzialmente uguale è presente anche in Ragione e fede... , pp. 80-81. Ma già a p. 31 di /I metodo, Lonergan presenta quattro elenchi separati per i diversi livelli. 23 Le ragioni della parentesi dovrebbero emergere nel corso del capitolo.

112

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANO

3. Le operazioni sono intenzionali e consce Le operazioni, osserva Lonergan, sono transitive. Esse hanno oggetti non solo nel senso grammaticale, ma in un senso psicolo­ gico. «Questo senso psicologico è quello indicato dal verbo inten­ dere, dall'aggettivo intenzionale, dal sostantivo intenzionalità. Di­ re che le operazioni intendono oggetti è riferirsi a fatti di questo tipo: che con il vedere diventa presente ciò che è visto, coll'udire diventa presente ciò che è udito, con l'immaginare diventa presen­ te ciò che è immaginato e così via»24 • In secondo luogo, però, le operazioni sono svolte da un opera­ tore definibile come soggetto. Anche in questo caso, l'operatore non è soggetto solo in senso grammaticale, ma in senso psicologi­ co: esso opera consciamente. Vi è, perciò, una duplice dimensione 'psicologica' delle opera­ zioni: a) mediante la loro intenzionalità le operazioni intendono degli oggetti i quali sono fatti presenti al soggetto, secondo la presenza definita sopra come intenzionale; b) mediante il fatto che richiedono la coscienza fanno sì che il soggetto operante sia presente a se stesso. Una presenza cosciente concomitante, corre­ lativa e opposta a quella dell'oggetto. Le operazioni dunque rivelano insieme soggetto ed oggetto; vi è, per così dire, una doppia faccia delle operazioni del soggetto conscio: una rappresentata dalla coscienza e l'altra dall'intenzio­ nalità. Entrambe sono, nell'esperienza del soggetto, inseparabili e insieme comportano nel soggetto un movimento duplice ed unita­ rio: il movimento intenzionale attraverso cui il soggetto intenzio­ na oggetti diversi e il movimento coscienziale il quale rivela al soggetto tipi diversi di presenza a sé. L'intenzionalità rimanda alla coscienza e questa si manifesta nell'intenzionalità. 4. I diversi livelli d'intenzionalità e coscienza Le operazioni, pur essendo tutte consce ed intenzionali, non sono tutte eguali. A seconda delle operazioni cambia l'oggetto inten24 LoNERGAN,

Il metodo in teologia, p. 29.

MO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO IL pINAMIS

113

zionato dal soggetto e insieme la «qualità»25 della presenza a sé del soggetto. Lonergan distingue diversi livelli di presenza ed inte nzionalità, definibili, più sinteticamente, come 'livelli di co­ scienza del soggetto'. 4.1. La vita non cosciente Vi è, innanzitutto, un livello in cui non si può parlare di coscienza, ma solo di soggetto 'potenzialmente' presente a sé; è il livello del sonno senza sogno o dello stato di coma. «Ad un livello più basso, quando il soggetto è inconsapevole in un sonno senza sogni o in 26 uno stato di coma noi siamo soggetti solo potenzialmente» . In questa situazione vi è vita, ma non vi è 'coscienza'. Infatti, nota Lonergan, «la vita cosciente è soltanto una parte della vita totale dell'animale»27• E questa affermazione può essere attribuita anche all'uomo. Rispetto a questa struttura vitale non conscia, la co­ scienza si presenta come un processo parziale ed «intermitten­ te»28• Un'intermittenza che, nella vita umana, va - forse - diradan­ dosi, ma non scompare per nulla. Questa parte non conscia, che si rivela in modo emblematico nel momento del sonno senza sogni e del coma, è presente ed operante anche quando il soggetto è cosciente. Tale aspetto non conscio della vita dell'uomo è rappresentato innanzitutto dall'in­ sieme dei processi di formazione delle strutture scheletriche e neuronali, i processi digestivi e di circolazione sanguigna. Questi processi non entrano nella coscienza se non - negli animali quando il loro funzionamento è disturbato, e, - negli uomini quando o il funzionamento è disturbato oppure è fatto oggetto di attenzione. Ma vi è nell'uomo anche una vita non conscia di carattere nervoso (e psichico) 29 che Lonergan tratta in alcune pagine di 25

26 27 28 29

Cfr. ibi, p. 30. LoNERGAN, LoNERGAN,

The Subject, p. 80. L'intelligenza, p. 220.

Ibidem.

Il termine psichico è posto tra parentesi in quanto Lonergan non lo utilizza, ma può essere probabilmente dedotto all'interno delle sue riflessioni.

114

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANO

Insight3° . Egli chiama questa dimensione della vita del soggetto sub-conscio o inconscio e, come il non conscio della vita organi­ ca, è in opera anche quando il soggetto non è presente a sé. Il sub-conscio appare caratterizzato da «schemi e processi nervosi» che Lonergan chiama «funzioni di domanda»3 1. Queste funzioni sono sottoposte ad una selezione e ad un controllo, operati in parte dal soggetto conscio e in parte attraverso una censura32 non-con­ scia o, come la definisce Lonergan, «preconscia»33. Questa censura innanzitutto svolge un compito 'costruttivo': «essa seleziona e dispone materiali che emergono nella coscienza in una prospettiva che dà origine ad una intelligenza». Questa attività positiva della censura porta con sé un aspetto negativo: «altri materiali sono lasciati indietro e altre prospettive non sono poste in luce». La censura, però, può subire una «aberrazione» ed allora l'azione, da selettiva, si fa repressiva. In questo caso la sua attività «consiste nell'impedire che emergano sul piano cosciente prospettive che darebbero luogo ad intelligenze indesiderate34 ; essa introduce, per così dire, l'esclusione degli adattamenti nel campo dell'inconscio; detta il modo in cui le funzioni nervose di domanda devono essere soddisfatte». Sia la censura che l'aberra­ zione «operano prima dell'invito cosciente e riguardano diretta­ mente non più il modo in cui dobbiamo comportarci, bensì quel che dobbiamo intendere». ° Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, cap. v1 Il senso comune e il suo soggetto, pp. 209-243. 31 Cfr. ibi, p. 232. 32 Tutte le osservazioni a proposito della censura presenti nel paragrafo sono tratte da ibi, p. 229. Elementi tratti da altre opere sono segnalati dalle note. 33 Cfr. ibi, p. 227 e p. 231. 34 È chiaro che il termine 'intelligenza indesiderata' richiederebbe un ulteriore approfon­ dimento. Con il termine intelligenza si intende, lo si vedrà in seguito, la comprensione della realtà, mentre il termine indesiderata richiama la dinamica desiderante che non è semplicemente cognitiva, anzi, nel suo aspetto fondamentale, appartiene alle dimensioni affettive. Dire così intelligenza indesiderata e correlativamente intelligenza desiderata significa considerare in stretto rapporto l'aspetto cognitivo con quello affettivo emotivo. Certo tale locuzione dà una centralità ali'atto di intelligenza anche nella dinamica psichica e soprattutto collega disturbi psichici a disturbi nell'intelligenza, cosa non accettata da tutti. Lonergan è pienamente consapevole di questo. Cfr. LoNERGAN, L'intelligen­ za, pp. 236-239. In queste pagine si rifà all'opera di Wihelm Stekel. 3

IL

DINAMISMO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO

115

4.z. Il livello frammentario del sogno Il sonno è un'esigenza fondamentale della vita animale e umana. Esso è «l'occasione reclamata dal processo vitale inconscio per e l'affanno sofferto dai compensare senza interferenza il logorio 35 • Dentro la funzione del sonno durante le fatiche del giomo» vi ner Lonergan colloca la funzione del sogno. «Non soltanto i nervi banno la loro base fisica e chimica, ma contengono anche schemi dinamici che possono essere riportati a un facile equilibrio solo attraverso gli uffici delle rappresentazioni psichiche e del loro mutuo gioco. Oltre a ristorare l'organismo, il sonno deve collega­ re l'imbrogliata matassa di cure e lo fa raggiungendo sogni in cui sono soddisfatte esigenze ignorate delle funzioni nervose di do­ manda» 36• Le richieste nervose ignorate dalla coscienza trovano 'sfogo' nel sogno che rappresenta così la valvola di sicurezza psichica. Quando il soggetto sogna siamo in presenza di un nuovo livello in cui la presenza a sé e l'intenzionalità sono attive, ma solo in modo frammentario e incoerente. In questo livello, tutte le opera­ zioni della coscienza risultano instabili, evanescenti, e addirittura la stessa attività pre-conscia della censura appare instabile: «la stessa attività preconscia del censore, che seleziona ed adatta le richieste nervose, è compiuta in una maniera negligente e superfi­ ciale» 37• Ma, nonostante il suo carattere frammentario, il sogno rappresenta l'alba della vita cosciente, «l'inizio del passaggio dall'esistenza impersonale nel mondo, alla costituzione di se stes­ si nel proprio mondo» 38 • 4.3. Il livello empirico Se nel sogno le operazioni sono frammentarie, le cose cambiano profondamente quando il soggetto si sveglia. La presenza e l'in35 /bi, p. 231. 36 Ibidem. 37

38

Ibidem.

LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 89. Parlando del sogno considerato in una «impo­ stazione esistenziale», Lonergan in nota cita opere di L. Biswanger, R. May, V.E. Frankl.

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tenzione assumono «una tinta diversa, che si allarga secondo livelli successivi, connessi tra di loro, ma qualitativamente diver­ si»39 . I livelli principali sono quattro. Innanzitutto vi è il livello «empirico»40 in cui il soggetto sente, percepisce, immagina, prova sentimenti, parla, si muove. Attra­ verso i propri sensi l'uomo entra in contatto con le cose, con 'il mondo'. È il livello del soggetto esperienziale. «Noi diventiamo soggetti esperienziali quando ci svegliamo, quando diventiamo i soggetti di lucida percezione, di schemi immaginativi, di impulsi emotivi e conativi e di azioni del corpo» 41 • La presenza di sé a questo livello è presenza del soggetto che sperimenta. L'ampiezza secondo la quale il soggetto si svela a sé è designata da quelle leggi che reggono la coscienza sensitiva: leggi di associazione spontanea che negli animali presentano quella complessità ma anche rigidità che intendiamo quando par­ liamo di istinti42• L'intenzionalità nel livello empirico si esprime attraverso un fare attenzione ed un immaginare. L'intendere dei nostri sensi è un fare attenzione, in modo, normalmente, selettivo, ma non crea­ tivo. La coscienza è selettiva per cui non tutti i dati sono intesi, ma solo alcuni. Fondata sulla selezione preconscia, la selezione con­ scia opera una sorta di 'cernita' dei dati, attraverso un insieme complesso di criteri43 , biologici, affettivi, intellettivi, «drammati­ ci»44• L'intendere dell'immaginazione può essere invece sia rap­ presentativo che creativo45• 39

/bi, p. 31. Cfr. ibidem. 41 LoNERGAN, The Subject, p. 80. 42 Cfr. SALA, Coscienza ed intenzionalità..., pp. 62-63. 43 Parlando della selettività della coscienza, negli scritti posteriori ad lnsight, Lonergan afferma che essa si fonda su una preoccupazione (concern), o interesse. Essa può essere di diverso tipo, ma la diversificazione si muove sempre tra due poli: 'il mio mondo' e 'l'universo dell'essere'. 44 Il termine «drammatico» è usato nella sua valenza teatrale. Lonergan vuole indicare quell'aspetto della vita dell'uomo rappresentato dal vivere con altri. Ogni uomo vive una 'parte' nel dramma della vita. Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, pp. 223-243. 45 Nota Lonergan che «l'immagine è necessaria per l'intelligenza», ibi, p. 35. 40

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4.4, Il livello intellettuale L'uom o generalmente non si ferma ad uno stato di mera attenzio­ ne ai dati; egli indaga, cerca di capire, capisce, concepisce, formu­ la ciò che concepisce. Queste operazioni costituiscono un nuovo livello della coscienza, definito «intellettuale». «C'è un livello intellettuale sul quale noi indaghiamo, arrivia­ mo a capire, esprimiamo ciò che abbiamo capito, elaboriamo i 46 presupposti e le implicazioni di ciò che esprimiamo» • A questo livello il soggetto è 'intelligente', cioè non tende più soltanto a percepire e a selezionare funzionalmente la realtà, quanto piuttosto desidera cogliere rapporti e connessioni, cerca 'intelligibilità'. Il soggetto intelligente è presente a sé in modo diverso dal soggetto del livello empirico. È presente a sé «come colui che domanda al fine di capire che cosa le cose sono, perché sono quel che sono, e arriva a definire le cose non come lo scolaro che ripete a memoria una definizione, ma come colui che per primo formulò la definizione perché prima aveva capito i dati»47• Se l'intendere del livello empirico è un fare attenzione, l'inten­ dere del livello intellettuale è un meravigliarsi, è domandare: 'che cosa?', 'perché?', 'come?'; è un cogliere, attraverso il sostegno dell'immagine, un'organizzazione intelligibile, è infine concepire un concetto. Nel corso di una conferenza nel 1964, Lonergan ebbe modo di sottolineare: «L'intelligenza umana accoglie attivamente ogni contenuto di esperienza con la perplessità, la meraviglia, l'impulso, l'intenzione, che può essere tematizzata (ma non consi­ ste) in domande quali: Che cos'è? Perché è così? L'indagine, attraverso l'atto di intelligenza, si traduce in pensiero che, quando è esaminato, si formula in definizioni, postulati, supposizioni, definizioni, ipotesi, teorie»48• Definito intellettuale per la centralità dell'atto di intellezione diretto, questo livello si mostra composito e caratterizzato da 46 47

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/I metodo in teologia, p. 31. Coscienza ed intenzionalità... , p. 63. l.cJNERGAN, Ragione e fede... , p. 88.

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almeno tre operazioni principali - l'indagine, l'intellezione, il concepire concetti - a cui occorre accennare brevemente. Innanzitutto l'indagine. Nell'uomo appare come insito al suo esistere l'atto del ricercare. Questo spirito di indagine è una sorta di «abito naturale» 49 innato che, quando le condizioni sono favore­ voli, muove il soggetto dalla percezione dei dati ad una ricerca di «comprensione»50 • «Profondo in tutti noi, emergente quando il rumore degli altri appettiti è placato, c'è un ardore di conoscere, di intendere, di vedere il perché, di scoprire la ragione, di trovare la causa, di spiegare. A seconda dei casi assume nomi diversi. In che cosa precisamente consista è oggetto di discussione. Ma il fatto dell'indagine è al di là di ogni dubbio» 51 • L'indagine che muove verso la comprensione intellettuale si fonda su una meraviglia che è ancora più profonda. L'arte mostrerebbe, secondo Lonergan, questa meraviglia nella sua espressione elementare52 . L'indagine porta all'intellezione (insight). Questa operazione, che può essere rappresentata drammaticamente dall'urlo di Archi­ mede «Eureka!» quando nudo balza fuori dalla vasca delle terme di Siracusa, consiste nell'afferrare (to grasp) mentalmente una connessione all'interno dei dati e fra i dati. L'intellezione in quanto afferramento di una connessione, non riguarda soltanto l'ambito della produzione delle teorie, ma è presente in ogni tipo di esperienza umana. Vi è un 'afferrare' delle connessioni nelle trame della vita quotidiana, nell'arte, nella scienza. Nelle prime pagine di Insight, l'opera dedicata principalmente a questa operazione, Lonergan descrive cinque elementi che un'intellezione dell'intellezione rivela. Primo, l'intellezione si presenta come una liberazione della tensione di ricerca. Secondo, l'intellezione si presenta improvvisa ed inaspettata. Non è mera conclusione, ma scoperta di cui il soggetto si appropria all'interno di un processo in cui non solo l'aspetto conscio ma «persino il 49 Per questa espressione cfr. LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 24. 50 Secondo Lonergan, oltre che attraverso una ricerca di comprensione, il dato è trasceso da una ricerca di godimento estetico. 51 LoNERGAN, L'intelligenza, p. 32. 52 Cfr. ibi, p. 222.

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subcosciente lavora a fornire nei momenti più inaspettati le imma­ e legami mancanti di tipi e visuali che gini suggestive di tracce 53 l'intelligenza» v • Terzo, l'intellezione è in funzione non no ca e o nze esterne, ma di condizioni interne. Se a tutti coloro osta di circ che andavano alle terme di Siracusa bastava bagnarsi per provare la sensazione che l'acqua fosse o calda, o fredda, o tiepida, per nessuno era sufficiente il contatto con l'acqua per cogliere il peso specifico. L'atto di intellezione dipende da disposizioni naturali, da un orientamento abituale alla ricerca e alla domanda, da una esatta presentazione di problemi definiti. Quarto, l'intellezione fa perno fra il concreto e l'astratto. Essa nasce da problemi concreti e rivela il suo valore in applicazioni concrete, ma possiede un significato che va al di là del problema concreto e che trova espressione in formulazioni astratte. Quinto, l'intellezione, una volta compiuta, passa nel contesto mentale abituale. Nella misura in cui il soggetto opera un'intellezione, questa entra a far parte del patrimonio mentale del soggetto. Maggiore è la forza dell'intelle­ zione, maggiore sarà il suo mantenimento. Accanto ad intellezioni dirette, il soggetto compie, nel livello 'intellettuale', delle intellezioni di carattere particolare definite da Lonergan «intellezioni inverse»54. Come quelle dirette anche le inverse presuppongono un dato presentato dal senso o rappresen­ tato dall'immaginazione. Ma, mentre l'intellezione diretta afferra 'il punto', o vede la soluzione o perviene a conoscere la ragione di un dato, la intellezione inversa apprende che, in un certo qual modo, il punto sta nel non esserci 'punto' o che la soluzione sta nel rifiutare una soluzione. L'intellezione inversa è il capire che non c'è niente da capire; è capire che un dato problema non può essere risolto direttamente; è negare intelligentemente la presenza di una intelligibilità, intendendo con questo termine il contenuto di una intellezione diretta. Come esempi 'classici' di questo tipo di intellezioni, Lonergan ricorda generalmente i numeri irraziona­ li, la nozione di moltitudine non numerabile, alcuni aspetti della prima legge di Newton e della teoria della Relatività speciale. 53 54

Ibidem. Cfr. ibi, pp. 48-54 e LoNERGAN, Comprendere ed essere, pp. 82-85.

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Le intellezioni dirette, inoltre, si distinguono dalle intellezioni riflesse che, come vedremo, caratterizzano il terzo livello della coscienza. Insieme costituiscono il più generale atto di compren­ sione (understanding). Le intellezioni che il soggetto compie hanno la proprietà di svilupparsi, di integrarsi tra loro, di fondersi. «Ritornando più volte sullo stesso oggetto, esse diventano più penetranti e consen­ tono apprendimenti più sostanziali»55• La conoscenza del soggetto si sviluppa così in modo cumulativo, attraverso un accumularsi di intellezioni. L'operazione di intellezione sta, infatti, al centro del processo di un apprendimento consapevole. L'apprendere, che non sia soltanto un imitare o ripetere uno schema funzionale, è frutto di un atto di intellezione che coglie, in un dato o in una immagine, delle connessioni. Il carattere dinamico e cumulativo delle intellezioni rende tale anche il processo di apprendimento. «L'apprendere è segnato da un periodo iniziale di oscurità in cui si va a tastoni, senza sicurezza, in cui non si vede dove si va, in cui non si può afferrare su cosa si faccia tanto chiasso, e solo gradual­ mente, mano a mano che si comincia ad intendere, l'oscurità iniziale cede a un successivo periodo di crescente luce, fiducia, interesse, e impegno sempre crescenti»56 . L'intellezione, per Lonergan, non coincide con il concepire concetti. Sono, invece, due operazioni distinte e legate da un rapporto secondo il quale l'intellezione promuove la seconda. È l'atto di intellezione che mette in moto un atto di concepimento di concetti57 che consiste nell'esprimere in un concetto (in questo caso si può parlare di concettualizzazione) o più concetti (si parla allora di formulazione) ciò che è colto dall'intellezione58• La proANGERS - BouCHARD, L'auto-appropriazione, p. 123. /bi, pp. 34-35. 57 Il concepire concetti, a sua volta, non è un atto semplice, ma è composto da più operazioni: «I concetti non vengono a caso, ma emergono pensando, supponendo, consi­ derando, definendo, formulando. E questa attività dai tanti nomi non si presenta a caso, ma congiuntamente con un atto di intelligenza», LoNERGAN, L'intelligenza, p. 37. 58 Per questa distinzione tra concettualizzazione e formazione vedi l'appendice al volume di ANGERS - BoUCHARD, L'auto-appropriazione, pp. 149-142, curato da N. SPACCAPELO, uno dei più autorevoli studiosi di Lonergan.

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duzione dei concetti avviene attraverso un processo selettivo: «La concezione è la selezione dai dati, dalla presentazione empirica, 59 dall'immagine di ciò che è essenziale per avere l'intellezione» • E, insieme, avviene attraverso un processo sintetico: «Il concepire rnette insieme il contenuto dell'intelligenza con quanto nell'im­ magine è essenziale per il verificarsi dell'intelligenza stessa»60 . Il concetto è un prodotto della mente che mette in atto intelle­ zioni ed è inseparabile dall'atto di intelligenza che lo fonda. Il concetto richiama un significato, significa, indica ciò che è stato compreso (si potrebbe forse dire che il concetto è una forma di significato dai contorni sufficientemente definiti). Questo signifi­ cato può essere comunicato verbalmente ad altri con intenzione comunicativa61 o addirittura educativa, ma per essere compreso dall'altro richiede, da parte della persona, un minimo atto di intellezione. Generato dall'intellezione del suo autore, il concetto, e il correlativo significato, esige l'intellezione dell'altro, il quale deve porre lui stesso in atto un'azione di concezione. La dipendenza della concettualizzazione dall'intellezione ren­ de la stessa produzione dei concetti un'operazione dinamica e cumulativa. Come un atto di intellezione sufficientemente chiaro è frutto di un accumularsi progressivo di intellezioni, così la concezione di un concetto sufficientemente chiarò è frutto di un accumularsi di rappresentazioni, concetti non completamente de­ finiti, concetti definiti ma integrati con altri. La dipendenza dei concetti e dei significati dall'intellezione, inoltre, rende questi facilmente sottoponibili a deformazioni. In­ fatti «se l'attività intellettuale viene meno o si allontana, il concet­ to si inaridisce e diventa opaco; esso affonda nella genericità povera e banale»62 • E più il concetto è generale, più indica realtà 59 LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 66. 60 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 33. Occorre però osservare che la selezione e la sinteticità crescono all'interno di una esigenza sistematica che mira alla definizione. La concezione di concetti è però sempre presente anche quando il soggetto vive senza tematizzare l'esigenza sistematica. In questo caso il concetto assume forme molto più elementari di 'rappresentazione' di ciò che si è colto attraverso un atto di intellezione. 61 Nota Lonergan: «Comunicazione e discussione hanno luogo mediante concetti, ma ogni intelligenza sta dietro la scena concettuale», LoNERGAN, L'intelligenza, p. 49. 62 ANGERS - BouCHARD, L'auto-app ropriazione, p. 130.

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complesse e conseguentemente, richiedendo un insieme maggiore di intellezioni, è sottoposto ad ambiguità, malintesi a volte diffi­ cilmente eliminabili. La dipendenza del significato dall'intellezio­ ne rimanda naturalmente alla questione dell'interpretazione63 ed apre riflessioni sia di carattere educativo-didattico che di storia del pensiero. Quando l'insegnamento comunica concetti e significati e non è attento a suscitare nel soggetto corrispondenti atti di intellezione diventa ciò che, in modo spregiativo, viene chiamato, appunto, 'insegnamento nozionistico'. Anche l'involuzione di tante scuole di pensiero, si può pensare anche alla Scolastica, ha proprio nella separazione tra i concetti e l'insieme di intellezioni che li producono una delle sue cause. 4.5. Il livello razionale La dinamica coscienziale del soggetto si muove verso un nuovo livello quando alla domanda «che cos'è?», segue un'ulteriore domanda collegata, ma profondamente differente: 'è veramente così?'64. Questa domanda apre la coscienza ad un nuovo livello, definito razionale, in cui il soggetto riflette, individua e dispone in ordine· l'evidenza, pesa l'evidenza, emette giudizi sulla verità e falsità, sulla certezza o sulla probabilità di un'asserzione65• A questo livello, il soggetto intelligente diventa anche raziona­ le, cioè capace di riflettere criticamente e di emettere giudizi. Non si accontenta di comprendere delle intellegibilità, delle 'forme', delle connessioni, ma si chiede se davvero le cose stiano così, va in cerca delle ragioni, cerca di produrre giudizi ponderati, credibi63 Al tema dell'interpretazione, come è noto, Lonergan dedica il cap. 7 de Il metodo in teologia. 64 Nota Lonergan in Comprendere ed essere, pp. 146-147: «C'è una differenza fonda­ mentale tra la domanda che sorge al secondo livello e quella che sorge al terzo. Se domandiamo 'Qual è il logaritmo della radice quadrata di meno uno?', non ha senso rispondere 'Sì' o 'No'. La domanda 'Che cosa?' è una domanda del secondo livello, ed essa chiede una qualche spiegazione provvisoria o definitiva. Le risposte 'Sì' o 'No' sono al terzo livello e, di conseguenza, rispondere 'Sì' o 'No' alle domande 'Che cosa?' e 'Perché?' non ha senso[ ...]. Ci sono due tipi fondamentali di domande: le domande che chiedono una spiegazione, ossia le domande per l'intelligenza; e, d'altra parte, le doman­ de per la riflessione. Il giudizio è una risposta a una domanda per la riflessione». 65 Cfr. LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 31.

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li. Mentre opera in questo modo il soggetto è presente a sé come colui che riflette criticamente, che cerca ragioni, che comprende delle verità66 e intende il proprio oggetto attraverso la domanda per la riflessione: 'le cose stanno veramente così?'. La coscienza del soggetto dunque 'intende' (e non 'stabilisce' una volta per tutte) il vero, intende ciò che a ragion veduta può dirsi non solo possibile, ma anche reale. Come il livello intellettuale anche quello razionale si presenta caratterizzato da un insieme dinamico di operazioni. Il livello intellettuale, come si è cercato di mettere in evidenza precedente­ mente, ha il suo 'inizio' nella tematizzazione di domande per l'intelligenza e si compie nell'espressione di ciò che si è compreso attraverso la produzione di un concetto, di un insieme di concetti, di supposizioni, considerazioni, ipotesi, definizioni, teorie. Ma tra l'inizio e il compimento vi sta un susseguirsi circolare di opera­ zioni (indagini, intellezioni, concezione di concetti) in cui l'atto di intellezione diretta costituisce una sorta di perno fondamentale. Allo stesso modo il livello razionale ha inizio con la domanda per la riflessione e si 'compie' nell'emissione di un giudizio. Ma, anche questa volta, tra i due momenti vi è un susseguirsi circolare di operazioni: indagine riflessiva, intellezione riflessiva (indivi­ duazione e messa in ordine dell'evidenza, peso dell'evidenza67), emissione del giudizio. Perno di questa dinamica è l'intellezione riflessiva. Vediamo brevemente queste operazioni. Innanzitutto vi è una indagine riflessiva. Qualsiasi risposta ad una domanda per l'intelligenza pone un'ulteriore questione per la riflessione: 'è così?': Questa questione, ciò è così?, è ciò che fa la differenza tra alchimia e chimica, astrologia e astronomia, leggenda e storia, opinione e verità. Non importa quanto brillante, quanto deliziosa, quanto plausibile, quan66 Qui il termine verità non va inteso come un'essenza 'indipendente' dal soggetto, ma nel senso 'processuale' (cioè intrinsecamente legato al processo di conoscenza) di virtual­ mente incondizionato di cui si parla poco più sotto. 67 «Disporre in ordine l'evidenza è accertarsi se tutte le condizioni sono soddisfatte. Pesare l'evidenza è accertarsi se l'adempimento delle condizioni importa certamente o probabilmente che il condizionato esiste o avviene», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 122.

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to completa possa essere una spiegazione; noi chiediamo: ciò è realmen­ te così? A questo punto la coscienza spicca un altro salto. Nel primo livello, la coscienza è meramente empirica; nel secondo, essa diventa intelligente; nel terzo, essa diventa riflessiva, razionale. 'L'uomo è un animale razionale' significa che l'uomo è un animale con questo livello di coscienza che ha la capacità di chiedere: è così?68 .

Il soggetto che ha �odotto concetti, definizioni, supposizioni, considerazioni si chie�e se questi risultati sono corretti69 ; si avvia sulla strada del giudi\zio «allo scopo di affermare che questo probabilmente è così e 1 quello probabilmente non è così»70 • L'indagine riflessiva muove un atto di intendimento riflessivo (reflective insight). Come l'atto di intellezione diretta coglie unità, sistemi, frequenze, l'intellezione riflessa afferra la sufficienza della prova per pronunciare un giudizio futuro che voglia essere, da parte di chi lo pronuncia, non avventato71 • Cogliere la sufficienza della prova, o evidenza, significa co­ gliere, in termini generali72, quello che Lonergan chiama un incon­ dizionato virtuale73 • L'incondizionato è di due tipi: il formalmente incondizionato e l'incondizionato virtuale. Il formalmente incon­ dizionato non ha condizione é!lcuna; e vi è solo uno che non ha condizione alcuna: Dio. L'incondizionato virtuale è un condizio­ nato le cui condizioni sono soddisfatte74• 68

LoNERGAN, Topics in Education, p. 147. 'Corretti' non solo nel procedimento, ma nel contenuto dell'intellezione stessa. 70 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 121. 71 «Se non afferrate la sufficienza dell'evidenza e, nondimeno, dite 'è o non è' voi state solo tirando ad indovinare, non conoscete, state facendo un giudizio avventato», LoNER­ GAN, Comprendere ed essere, p. 147. 7 2 Nota LoNERGAN, L'intelligenza, p. 319: «Purtroppo, quanto più complessi diventano i giudizi tanto più complessa è l'analisi dell'atto fondamentale dell'intendimento riflessivo. La risposta completa non può essere data tutta in una volta per tutte e le risposte parziali sono incomplete. Dobbiamo quindi cominciare da una definizione molto generale...». 73 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 122; L'intelligenza, pp. 320 ss. Per le ragioni della preferenza del termine 'incondizionato virtuale' rispetto ad 'evidenza' cfr. SALA, Coscienza ed intenzionalità..., p. 67. 74 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 122; L'intelligenza, p. 320. 69

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L'incondizionato virtuale implica tre elementi: a) un condi­ zionat o; b) un legarne fra il condizionato e le sue condizioni; c) l'adempimento delle condizioni. Se l'indagine riflessiva pone il condizionato, è proprio dell'intendimento riflessivo afferrare le condizioni del condizionato e il loro soddisfacirnento75• Questo afferrarnento non è un processo meramente logico, ma è invece una nuova intellezione del soggetto 'concreto'. Questa intellezio­ ne, legata al soggetto e alla situazione, fonda e precede tutti i tipi di giudizio: quello dell'inferenza deduttiva così come i giudizi concreti di fatto76 • Ma quando un soggetto coglie il soddisfacimento delle condi­ z ioni? Quando nel suo dinamismo interrogante le domande perti­ nenti attorno alla questione sono esaurite. Ma quando, si chiede ancora Lonergan, si può dire che non ci sono più domande perti­ nenti e l'intellezione prodotta può essere detta 'invulnerabile' e il giudizio prodotto può essere chiamato 'retto giudizio'? La rispo­ sta che egli dà è significativa: «Non è facile determinare con una regola generale quando si raggiunge l'intellezione invulnerabile. Non c'è alcuna formula per produrre uomini di retto giudizio» 77• Ciò sta a significare che non esiste un criterio astratto del giudizio vero, ma che la verità passa attraverso l'azione attenta, intelligen­ te, razionale del soggetto che, in un dato momento storico, rispetto ad una determinata questione, può dire che le domande pertinenti circa la realtà o probabilità di un giudizio sono esaurite. In quanto non si può escludere che domande pertinenti possano sempre sorgere, l'afferrarnento dell'incondizionato è un processo sempre aperto. La verità non si coglie una volta per tutte. Dire, però, che è un processo aperto non sta a significare che sia impos­ sibile, in quanto ogni soggetto sperimenta nella sua vita l'afferra75

Un esempio noto di intendimento riflessivo è quello dell'inferenza deduttiva: Se A allora B; ma A; quindi B. Ma, nota Lonergan, l'inferenza deduttiva non può essere il caso fondamentale di giudizio poiché presuppone come veri altri giudizi. Essa non è la forma generale del giudizio, piuttosto si presenta come uno schema fondamentale utile a mostra­ re che un giudizio richiede di essere preceduto da un atto di intendimento riflessivo. Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, p. 321. 76 Cfr. ibidem. 77 LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 160.

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mento di un incondizionato e il soddisfacimento delle domande pertinenti78 • Soddisfacimento certo sottoponibile a revisione, ma la cui stessa revisione richiederà attenzione, intelligenza, raziona­ lità. Nella propria esperienza quotidiana, l'uomo vive la possibili­ tà di cogliere l'incondizionato e insieme la precarietà di questo afferramento che spinge il soggetto a nuove indagini e così via. Il cogliere dell'incondizionato genera nel soggetto la produzio­ ne di giudizi. Il giudizio, che nel suo «contenuto proprio» 79 consi­ ste nelle risposte sì o no, mette in gioco l'elemento dell'assenso, da parte del soggetto, ad un intendimento riflessivo. E con l'assen­ so il soggetto mette in gioco se stesso. Nelle sue lezioni su Insight Lonergan ebbe modo di sottolinearlo chiaramente: Il giudizio è un atto personale, un impegno personale. Non dovete per forza dire 'sì' o 'no'; potete dire 'non lo so'. Non dovete per forza dire 'è certamente così', potete dire 'probabilmente è così' o 'è possibile che sia così'. Ci sono tutte le alternative per venire incontro alla fragilità, all'ignoranza e alla lentezza umana, ed è la vostra razionalità che deve scegliere quella giusta. Il giudizio è qualcosa che è interamente vostro; è un elemento dell'impegno personale in uno stato estremamente puro. Poiché è così personale, espressione così tipica della propria ragionevo­ lezza libera da ogni costrizione; poiché ci sono tutte le alternative, è interamente sotto la propria responsabilità. Poiché è interamente sotto la propria responsabilità, non ci si può lamentare dei propri cattivi giudizi: se ne è responsabili80.

L'atto del giudizio però, oltre a presentare un carattere così perso­ nale, presenta, nel concreto vivere dei soggetti, un carattere 'con­ testuale' che si manifesta in tre modi. C'è un rapporto con il passato. I giudizi passati governano la direzione dell'attenzione, valutano le intelligenze, guidano le formulazioni e influiscono sull'accettazione o sul rifiuto di nuovi giudizi. Vi è un rapporto con il presente. I giudizi esistenti possono trovarsi in conflitto e 78 Nota LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 87: «Nemmeno i relativisti sostengono di non aver mai fatto nella loro vita l'esperienza di un giudizio razionale». 79 Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, p. 315. 80 LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 149.

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generare una dialettica e uno sforzo di organizzazione logica. Vi è un rapporto con il futuro. Un giudizio non esaurisce mai la 'cono­ scenza' e spinge quindi a nuovi giudizi81 • 4.6. Il livello responsabile Esperienza (nel significato di coscienza empirica), intelligenza, giudizio costituiscono insieme la conoscenza umana, e nessuna di queste tre operazioni presa singolarmente può essere chiamata conoscenza. Essa: «non è solo sperimentare, né solo capire, né solo giudicare; non è una combinazione solamente di esperienza e intelligenza, o solamente di esperienza e di giudizio, o solamente di intelligenza e giudizio; non è infine qualcosa di totalmente distinto dall'esperienza, dall'intelligenza, dal giudizio. È necessa­ rio dunque considerare come conoscenza umana non questa o quella operazione, ma il tutto le cui parti sono operazioni» 82 • La conoscenza umana è una struttura triadica formalmente dinamica. È una struttura in quanto risulta dal comporsi ordinato di più parti, in quanto risulta una totalità organizzata83• È una struttura dinamica poiché le parti di essa sono operazioni. È una struttura formalmente dinamica, poiché la conoscenza umana for­ ma se stessa, si mette insieme da sé in quanto un'operazione richiama la successiva, e così di seguito, e mette insieme le opera­ zioni in un tutto84• L'uomo non è, però, caratterizzato soltanto dalla conoscenza, «ma è uno che agisce» 85; l'azione caratterizza la vita dell'uomo tanto quanto la conoscenza, in un intreccio difficilmente definibile concettualmente. Proprio per questo, l'azione non sta al termine Cfr. LoNERGAN, L'intelligenw, pp. 317-318. Vi è anche un rapporto con gli altri a cui si fa cenno nel seguito del capitolo. 82 LoNERGAN, Ragione e fede... , pp. 81-82. 83 «Ogni parte è ciò che è in virtù delle sue relazioni funzionali con le altre parti; non c'è nessuna parte che non sia determinata dalle esigenze delle altri parti; per cui il tutto possiede una certa inevitabilità nella sua unità, di modo che rimuovere una qualsiasi parte distruggerebbe il tutto, mentre aggiungere un'altra parte sarebbe ridicolo. Un tutto di questo genere è una struttura». /bi, p. 80. 84 Cfr. ibi, p. 82 e SALA, Coscienza ed intenzionalità... , p. 85. 85 LoNERGAN, L'intelligenza, p. 645. 81

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del processo conoscitivo, ma è presente in ogni tipo di esperien­ za86 umana. Agisce il bambino, il ragazzo, l'adulto; agisce l'uomo non istruito come quello ritenuto colto; l'azione accompagna l'uo­ mo in ogni sua manifestazione del vivere. Non tutte le azioni dell'uomo, però, sono uguali. Un'azione è considerata propria di quell'uomo, sua in senso specifico, nella misura in cui la sua soggettività si sia formata sufficientemente tanto da poter parlare di azione non solo consapevole ma 'respon­ sabile'. L'azione 'responsabile' è soltanto quella di un soggetto che in qualche misura si è posto la questione dell'opportunità, della necessità, della bontà di una azione. Quando il soggetto si pone la questione dell'opportunità e della bontà attraverso la formulazione di domande come 'cosa debbo fare'? 'è bene fare questo?' 'ne vale la pena?', la sua coscienza si espande ad un quarto livello, definito da Lonergan livello respon­ sabile87 o dell'auto-coscienza razionale88 . Definirlo responsabile significa richiamare il fatto che a questo livello il soggetto sceglie corsi di azione appellandosi consapevolmente alla propria libertà. Definirlo dell'auto-coscienza razionale significa richiamare il fat­ to che il soggetto può operare comprensioni, giudizi, decisioni su di sé, nella consapevolezza che, attraverso le azioni, egli mette in gioco fondamentalmente se stesso. Nel livello della coscienza responsabile, dunque, il soggetto è presente a sé come colui che delibera corsi di azione, li valuta, li esegue; come colui che attraverso le proprie scelte si occupa di sé89. Egli è presente come colui che vive per uno scopo (o una pluralità di scopi), avendolo scelto. In LoNERGAN, Pattern of experience. Di questa importante nozione si parlerà in modo appropriato più avanti. Per una comprensione contestuale della nozione cfr. la nota di N. SPACCAPELO in LONERGAN, Comprendere ed essere, p. 59. 87 Cfr. L0NERGAN, Il metodo in teologia, p. 31. 88 Cfr. L0NERGAN, L'intelligenza, p. 649; Comprendere ed essere, p. 281; The Subject, p. 80. 89 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 31. Occorre fare una precisazione: il soggetto si occupa di sé attraverso le scelte, ma anche attraverso ciò che segue alle scelte. Scegliere di conoscere meglio le proprie operazioni coscienziali è occuparsi di sé. 86

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Il soggetto, a questo livello coscienziale, si fa esistenziale nel senso di capace di vivere nella libertà, nell'incertezza, nella cura, la propria esistenza; di prendere in mano consapevolmente la propria vita e sceglier continuamente cosa fare di essa. Parlando nel 1968 del soggetto esistenziale Lonergan ebbe modo di dire: «L'agire umano è libero e responsabile. Dentro ciò è contenuta la realtà delle morali, del costruire o distruggere il carattere, di r�ggiungere la personalità o fallire in questo compito. Attraverso i propri atti il soggetto fa di se stesso ciò che egli deve essere, e lo fa liberamente e responsabilmente; invero, egli lo fa precisamente perché i suoi atti sono la libera e responsabile espressione di se stesso. Questo è il soggetto esistenziale» 90 • Il soggetto esistenziale fa se stesso attraverso scelte che sono 'etiche' per tre ragioni. Primo, perché nelle scelte il soggetto intenziona dei valori; secondo, perché attraverso le scelte il sog­ getto sa che egli fa se stesso; terzo, perché il soggetto sa che attraverso le proprie scelte può operare coinvolgendo altri, per uno scopo che comprende anche altri. Ciò che l'uomo intende a questo livello non è più solo la possibile intelligibilità o la possibile verità, ma intende qualcosa di diverso. Attraverso il porsi la questione dell'opportunità, della necessità, della bontà di una scelta, egli intende un tipo di bene definibile come valore. Esso è di più del mero appagamento di «un bene particolare» legato semplicemente in modo funzionale ad un proprio bisogno, e di più della comprensione di un «bene d'ordine» legato alle istituzioni del vivere comune91 • Il valore 90 LoNERGAN, The Subject, p. 79. Subito di seguito Lonergan precisa: «Si tratta di una nozione che è stata ignorata nello schematismo delle più vecchie categorie che distingue­ vano le facoltà, come intelletto e volontà, o differenti usi della stessa facoltà, come nel caso dell'intelletto speculativo ed intelletto pratico, o differenti tipi di attività umana come una ricerca teoretica ed una esecuzione pratica. Nessuna di queste distinzioni si rivolge al soggetto come tale e, mentre l'elemento riflessivo, autocostitutivo della vita morale è sempre stato conosciuto dai tempi antichi, esso non era ancora affiancato con la nozione di soggetto, il fare attenzione a se stesso nel proprio ruolo chiave di fare di sé ciò che si deve essere». Questo passaggio è di rilevante importanza in quanto rivela un cambiamen­ to notevole rispetto ad alcune pagine di L'intelligenza in cui permane la differenza tra intelletto speculativo ed intelletto pratico. 91 Lonergan distingue tre tipi di bene. Il bene particolare. Esso soddisfa 'l'appetito' (nel senso dell'appetitus scolastico) individuale, come, ad esempio, l'appetito del mangiare e

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nella sua nozione (e quindi distinto dai singoli concreti valori determinati in situazioni particolari) è, formalmente, ciò che si comprende quando un soggetto si chiede: 'cosa debbo fare?'92• Ma comprendere e soprattutto scegliere un valore non è un processo meccanico. Non si tratta di applicare a ciò che si è giudicato come vero, e poi come buono, un'astratta facoltà della volontà. Si tratta piuttosto di un'azione legata ad una comprensio­ ne di valori che non è semplicemente deduzione intellettuale, ma piuttosto azione del soggetto, nella sua interezza, che fa sintesi di una comprensione intellettuale, ma insieme di una risposta affetti­ va93 • Anzi, l'apprensione del valore è mossa principalmente dalla vita affettiva. Parlare, anche nel livello della coscienza responsabile, di com­ prensione e poi di scelta sta ad indicare che anche questo livello, come gli altri, si caratterizza per una pluralità di operazioni. Lo­ nergan ne individua tre fondamentali: la deliberazione, la valuta­ zione, la decisione. La deliberazione consiste nel proporsi, confrontare, pesare (di­ scernere) vari e alternativi corsi di azione; nel soppesare i pro e contro di questi corsi e nel chiedere del loro diverso grado di importanza, necessità, bontà; nell'interrogarsi sul proprio grado di libertà. Con l'operazione della deliberazione, la coscienza del soggetto è animata dalle domande concernenti l'opportunità, la necessità, la bontà di un corso di azione. Alla domanda segue una 'risposta', cioè un'operazione di valu­ tazione attraverso la quale il soggetto opera dei «giudizi di valo­ re». Questi giudizi sono simili ai 'giudizi di fatto' quanto alla del bere, l'appetito di unione e comunione, l'appetito della conoscenza e del piacere. Il bene d'ordine. Non è l'oggetto di qualche singolo appetito, ma l'oggettivo ordinamento o l'istituzione che assicura ad un gruppo di persone la regolare ricorrenza di beni particolari. Per esempio: dato che l'uomo desidera fare colazione, la società assicura, con un certo sistema economico, la colazione ogni mattina; dato che desidera l'unione, un certo sistema sociale assicura, con il matrimonio, l'unione lungo la vita; dato che desidera conoscere, le società, con un sistema educativo, assicurano l'impartizione delle conoscen­ ze. In terzo luogo vi è il valore che è un bene compreso e scelto dal soggetto esistenziale. Per un approfondimento cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, pp. 49-76. 92 È chiaro che un bene particolare o un bene d'ordine possono essere intesi, in diverse situazioni, come valori. 93 Cfr. CROWE, Bemard J.F. Lonergan... , p. 129.

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strUttura del giudizio, ma differenti rispetto al contenuto. Nei giudizi di fatto, infatti, la ragione dell'uomo afferma o nega, o dichiara probabile la realtà di una cosa; in quelli di valore, attra­ verso la ragione, l'uomo afferma la bontà (probabile o tendenzial­ mente assoluta) di qualcosa94. La valutazione rimanda alla decisione, cioè, nello scegliere un corso di azione deliberato e valutato. Il passaggio, però, dalla valutazione alla decisione non è questione di automatismi, bensì di coinvolgimento affettivo e di libertà. Nella decisione ognuno sperimenta la libertà come l'intervento attivo che pone fine al processo di deliberazione fissandosi su uno dei corsi possibili di azione e passando alla sua esecuzione95 • Parlare della decisione come operazione della coscienza re­ sponsabile può essere fonte di due forti malintesi. Il primo malin­ teso, che si è gia cercato di chiarire poco sopra, è quello di confondere la decisione e la conseguente azione, con l'azione tout court. Sostenere ciò significherebbe sostenere, contro qualsiasi evidenza empirica, che l'azione sorge solo dopo un processo di intellezione e riflessione. Nella vita concreta, infatti, si agisce a volte per mera risposta ad uno stimolo o in funzione di un bisogno. Con 'decisione', Lonergan, intende invece la 'scelta'di un sogget­ to che intenziona esistenzialmente un certo tipo di bene o 'partico­ lare', o 'd'ordine', o di 'valore' avendolo prima compreso e giudi­ cato in qualche modo96 . Il secondo malinteso riguarda il ritenere che la decisione av­ venga solo dopo che un soggetto sia completamente capace di essere attento, o intelligente, o razionale. Sostenere ciò significhe­ rebbe sostenere che la decisione sorge solo dopo una piena atten­ zione, una chiara comprensione, un ragionamento soddisfacente. Anche questo va contro l'evidenza della esperienza degli uomini i «I giudizi di valore differiscono dai giudizi di fatto quanto al contenuto, non quanto alla struttura. Differiscono quanto al contenuto perché si può approvare ciò che non esiste, e si può disapprovare ciò che esiste», LoNERGAN, Il metodo in teologia, pp. 58-59. 95 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 71. 96 La decisione, per essere tale, deve relazionarsi a una certa comprensione e ad un certo giudizio e quindi ad un certo, anche minino, grado di presenza intelligente e razionale. Quando questo non avviene si parla di soggetti irresponsabili. 94

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANo

quali decidono dentro un dinamismo in cui attenzione, intellezio­ ne, giudizio non sono mai completi e mai senza condizionamenti. Quando, dunque, Lonergan parla di una operazione di decisione, che comporta una coscienza del soggetto definibile come respon­ sabile, intende indicare un'operazione che non è data una volta per tutte, ma è sottoposta a sviluppo e ad una progressiva appropria­ zione da parte del soggetto. Perché un soggetto decida (e non semplicemente agisca) bisogna che abbia espresso un certo giudi­ zio e abbia avuto una certa comprensione, ma non è invece neces­ sario che questa comprensione sia completa e il giudizio sia esau­ stivo. L'appropriazione della decisione, il suo essere propria del soggetto, cresce con il tempo attraverso un fare propri anche l'attenzione, l'intellezione, il giudizio. Se già fin da piccolo il bambino compie operazioni di decisioni, è solo dopo una certa età che può essere ritenuto responsabile davanti alla legge. 4.7. I sentimenti, i simboli, la coscienza 'innamorata' Il livello della coscienza esistenziale ci rimanda al soggetto nella concretezza della sua esistenza, là dove si snoda la storia di ognuno. Così facendo, quest'ultimo livello non solo ci ha richia­ mato il primo, ma pure ci ha messo in luce aspetti che il punto di vista della coscienza fa suoi solo parzialmente. Un primo, nodale, aspetto è la dimensione affettiva del soggetto97 . Nel livello della coscienza empirica, sopra esposto, Lonergan inserisce anche il verbo to feel che la versione italiana traduce con «provare sentimenti» 98 , ponendo così la sfera affettiva della co­ scienza come un dato primario della vita del soggetto conscio, al pari del provare sensazioni (to sense). Questo inserimento non deve però trarre in inganno e far pensare ad un riduzionismo della vita affettiva dell'uomo o di una mera dipendenza dal soggetto 97 Occorre fare una precisazione contestuale. Gli aspetti collegati ma non assimilabili con il punto di vista della coscienza sono trattati in modo abbastanza vasto in Method, da cui sono attinte anche le principali riflessioni riportate qui. La trattazione, però, in quest'opera è inserita in un contesto di metodologia teologica. Di ciò bisogna tenere presente nel momento in cui si deve interpretare termini come amore (loving), innamorarsi (to fall in love), credenze (the beliefs). 98 Cfr. LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 31.

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cosciente. Ciò che Lonergan fa, quando inserisce il «provare sen­ timenti» nella coscienza empirica, è il leggere la dimensione affettiva dal punto di vista dell'attività del soggetto. In questa prospettiva di analisi, la vita affettiva è innanzitutto un 'provare' qualcosa da parte del soggetto. Ma Lonergan comprende che la dimensione affettiva è una realtà solo parzialmente inseribile nel1'ottica del soggetto conscio. Si è cercato di sottolineare più volte che la coscienza è costitui­ d ta all'insieme delle operazioni consce ed intenzionali. Coscienza richiama una presenza, una attività del soggetto che si sperimenta soggetto. Rispetto a questo carattere attivo, la dimensione affetti­ va (considerata ora nella sua specificità) può essere presa in con­ siderazione soltanto in quanto una persona è il soggetto del prova­ re un sentimento. Ma al di là di questo, il cuore (così Lonergan chiama generalmente la dimensione affettiva) indica piuttosto la dimensione della vita del soggetto in cui prevale una passività, una dimensione in cui il soggetto vive una sorta di risonanza e di risposta. Non a caso Lonergan parlando dei sentimenti (Jeelings) non li definisce operazioni, bensì «risposte intenzionali» (inten­ tional responses)99 • Il sentimento è risposta, e rientra propriamente nelle operazioni soltanto in quanto il soggetto prova sentimenti, oppure li comprende, o addirittura li sceglie. Questa differenza di termini mi sembra estremamente significativa allo scopo di indi­ care, nella coscienza, la caratteristica del soggetto come operato­ re, e, nel cuore (che solo in parte rientra nella categoria coscien­ za), la caratteristica umana della risposta, della risonanza, della passività (nel senso etimologico da patior). In quanto dimensione fondamentale, l'affettività attraversa tut­ ti i livelli della coscienza per cui se vi è un provare sentimenti meramente empirico che condiziona e sostiene le attenzioni, le comprensioni, i giudizi, le scelte del soggetto, vi è anche un provare sentimenti assunto responsabilmente, così come vi può essere, lo accenneremo fra poco, uno stato della coscienza dove il sentimento pervade radicalmente e modifica l'intenzione di tutte le altre operazioni. 99

Cfr. ibi, p. 52 e p. 53.

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Quando, nel secondo capitolo di Method, Lonergan parla di sentimenti, egli distingue tra stati non intenzionali, tendenze 100 e risposte intenzionali che possiamo chiamare sentimenti 'in senso stretto'. Gli stati non intenzionali possono essere esemplificati da stati come la fatica, il cattivo umore, l'ansietà. Le tendenze da tendenze o impulsi quali la fame, la sete. Gli stati hanno cause, mentre le tendenze hanno mete. Entrambi sono già una forma di sentimento che però «non presuppone e non ha origine dal perce­ pire, dall'immaginare, dal rappresentarsi la causa o la meta» 101 . Al contrario, «prima ci si sente stanchi e, forse in ritardo, si scopre che ciò di cui si ha bisogno è il riposo. Oppure, prima si sente fame e poi si diagnostica il malessere quale mancanza di nutri­ mento» 102 • Ma vi è una forma di sentimento che è una risposta intenziona­ le a ciò che è «inteso, appreso, rappresentato» 103 • In questo caso i sentimenti ci mettono in rapporto non soltanto con una causa o con un fine, ma con un oggetto. In quanto risposte intenzionali, i sentimenti riguardano due classi principali di oggetti: a) ciò che è gradevole e sgradevole; b) ciò che è intenzionato come valore. La risposta al valore avviene, generalmente, attraverso una scala di preferenze in cui si possono distinguere valori vitali, sociali, cul­ turali, personali, religiosi104• I sentimenti sostengono la vita cosciente. Essi: danno alla coscienza intenzionale la sua massa, il suo momento, la sua energia, la sua forza. Senza questi sentimenti il nostro conoscere e il nostro decidere sarebbero esili come carta. È dai nostri sentimenti, dai nostri desideri e dai nostri timori, dalla nostra speranza e dalla nostra disperazione, dalle nostre gioie e dai nostri dolori, dal nostro entusiasmo e dalla nostra indignazione, dalla nostra stima e dal nostro disprezzo, dalla nostra fiducia e dalla nostra diffidenza, dal nostro amore e dal

°

10

Cfr. ibi, p. 52. Lonergan afferma di rifarsi, rispetto alla distinzione, a D. voN Christian Ethics, New York 1953. LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 52

BRAND, 101 102 103 1

04

Ibidem. Ibidem. Cfr. ibi, p. 53.

H!LDE­

IL DINAMISMO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO

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nostro odio, dalla nostra tenerezza e dalla nostra paura, dal nostro orrore, dal nostro terrore che il nostro orientamento entro un mondo mediato dal significato deriva il suo peso e il suo dinamismo 105 •

Connesso strettamente al sentimento è il simbolo in quanto esso è «un'immagine di un oggetto reale o immaginario la quale suscita 106 0 è suscitata da un sentimento» • Il simbolo accompagna la vita affettiva del soggetto e di conseguenza tutta la vita coscienziale. Trovando forza ed energia dalla dimensione affettiva, la coscienza del soggetto si rapporta sempre con i simboli 1°7, i quali subiscono, nel corso della vita del soggetto, una transvalorizzazione e una trasformazione1 08• Essi obbediscono non alle leggi della logica, ma del sentimento e dell'immagine. Un simbolo non dimostra, ma unisce una molteplicità di immagini attorno ad un significato. Non si piega al principio del terzo escluso, ma «ammette la coinciden­ tia oppositorum di amore e odio, coraggio e paura, e così via» 109 • Nella vita dei singoli e delle culture, il simbolo ha il potere di esprimere ciò che il discorso puramente logico detesta e il discor­ so dialettico e metodico solo in parte gestisce: l'esistenza di ten­ sioni e incompatibilità. Capace di abbracciare ciò che è contrad­ dittorio, il simbolo risponde al «bisogno di comunicazione inter­ na» 11° che il soggetto ha in sé: «è attraverso i simboli che mente e corpo, mente e cuore, cuore e corpo, comunicano tra loro» 111• Torniamo ora, brevemente, al sentimento. I sentimenti sono fondamentalmente spontanei e non soggiaciono al comando delle nostre decisioni, come, ad esempio, i movimenti delle nostre 105 106 107

/bi, pp. 52-53. I corsivi sono nostri. /bi, p. 84. In ibi, p. 106, Lonergan parla (in un contesto in cui cita E. Cassirer) di coscienza

simbolica. Nella prospettiva lonerganiana, ritengo che la coscienza simbolica in quanto coscienza rientri nella categoria più vasta della «coscienza empirica». In quanto però legata al sentimento, la vita simbolica ha una sua forza autonoma e condizionante la vita cosciente. 108 /bi, p. 86. 109 110 111

Ibidem. Ibidem. Ibidem.

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mani. Essi, però, possono essere attenuati, rafforzati, arricchiti, raffinati112 • Ci sono sentimenti che passano e sentimenti che resta­ no; sentimenti repressi che conducono una vita sotterranea e sen­ timenti consci. Tra questi ultimi, vi sono sentimenti superficiali ed altri così profondi e forti da dar forma al nostro orizzonte e dirigere la nostra vita. L'esempio più significativo è l'innamora­ mento. «Un uomo o una donna che si innamora è impegnato nell'amore non soltanto quando si occupa dell'amato, ma sempre. Al di là degli atti particolari di amore, c'è lo stato anteriore di essere innamorati; e tale stato anteriore è, per così dire, la fonte di tutte le proprie azioni»113. Sull'esperienza dell'amore occorre soffermarci un momento, in quanto può rappresentare la chiave di volta per comprendere meglio il rapporto tra la vita affettiva e la vita cosciente. L'amore è definito da Lonergan un sentimento, e quindi una risposta inten­ zionale. In quanto provato, esso appartiene alla coscienza empiri­ ca. In quanto profondo, orienta la coscienza intelligente, quella razionale e quella esistenziale. A sua volta però il soggetto nella sua attenzione, intelligenza, razionalità, scelta di vita, plasma il sentimento di amore. Il sentimento sostiene la vita coscienziale, però è modificato a sua volta dalla coscienza. Ma, in merito all'amore, c'è di più. Per Lonergan, l'amore è - lo vedremo più volte - la realizzazione di quel dinamismo che egli chiàma auto­ trascendenza (self-transcendence). In quanto tale, esso si può pre­ sentare nella vita del soggetto attraverso due modalità: a) come compimento di un movimento di trascendenza che, passando da un livello di coscienza all'altro, si esplica sempre di più fino alla scelta esistenziale dell'amore. b) come un dono improvviso che però, in quanto amore, muove il soggetto all'autotrascendenza promuovendo anche gli altri li­ velli della coscienza. Nell'amore, liberamente accolto e scelto, la coscienza esisten­ ziale si fa coscienza innamorata (consciousness in love)114 dove la 112 Cfr. ibi, . 54. p 113 Cfr. ibi, . 54-55. pp 114 Cfr. ibi, . 296. p

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vita coscienziale e la vita affettiva trovano una sintesi; dove l'energia di fondo della vita conscia e le sue operazioni, l'attività e la risonanza trovano una (temporanea) convergenza. Lonergan, in realtà, usa con cautela la nozione coscienza innamorata e, comunque, non considera mai la coscienza innamorata un livello di coscienza con una sua indipendenza di operazioni. Essa piutto­ sto, quando si verifica, accompagna, riordina, completa tutte le operazioni dei quattro livelli della coscienza, in primo luogo il livello esistenziale. Per Lonergan, che in questo rivela la sua appartenenza alla fede cristiana, l'amore precede, sostiene, com­ pie il soggetto. Così il precetto trascendentale 'sii amante' che anima la vita dell'uomo non oscura gli altri115 ma li realizza e li promuove. 4.8. Le credenze Accanto alla dimensione affettiva, l'analisi della dinamica co­ scienziale richiama il fatto dell'intersoggettività (intersubjectivi­ ty) umana. Vi è una intersoggettività che sostiene la vita coscien­ te: «La persona è il risultato delle relazioni che un uomo ha avuto con altri uomini, e delle capacità che egli ha sviluppato in se stesso di stabilire relazioni con altri» 116 . In quanto sostenuta da un contesto relazionale, l'esperienza immediata di un soggetto «è integrata da un contesto enorme costituito dalla comunicazione dell'esperienza di altri uomini in altri luoghi e in altri tempi»117• Così pure la sua intelligenza, i suoi giudizi e le sue scelte poggiano sempre anche sull'esperienza altrui11 8• L'uomo «non impara a 115 Lonergan in Il metodo in teologia parla diverse volte dei «precetti trascendentali», richiamandone di solito quattro: «sii attento, sii intelligente, sii ragionevole, sii responsa­ bile» (p. 74). Alla luce però dell'insieme delle caratteristiche del 'sistema coscienziale' lonerganiano, della connessione tra precetti trascendentali, dinamismo autotrascendente (cfr. p. 307) e 'conversioni' (cfr. pp. 256-258), ritengo sia plausibile parlare della presenza in Lonergan di un quinto precetto trascendentale formulabile nell'espressione «sii aman­ te» oppure «sii innamorato». Del precetto «sii amante» in Lonergan parla anche C.M. SERSALE, Il metodo fondazionale generale (MFG) di B.J. Lonergan come principio d'integrità del sapere, in G. CASOLI, L'italiano, EDB, Bologna 1995, pp. 121-141. 116 LONERGAN, Ragione e fede ..., p. 75. 117 LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 63. 118 Cfr. ibidem.

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vivere senza l'uso dei suoi sensi, della sua mente, del suo cuore· tuttavia non esclusivamente mediante questi. Impara da altri, no� soltanto ripetendo le operazioni che costoro hanno eseguito, ma per lo più facendo propri i loro risultati con l'accettare quanto essi dicono» 119 . Alla luce di questa relazionalità intrinseca alla vita umana, si comprende che la coscienza, intelligente, razionale e in modo decisivo quella esistenziale, compie le proprie operazioni, inten­ ziona il mondo e il suo insieme di significati 120 , dando molto spazio alle credenze (the beliefs) 121 : «Far propria l'eredità sociale, culturale, religiosa è in larga misura questione di credere» 122 • Il credere è irriducibile, ineliminabile, ma, in quanto parte della vita del soggetto, può essere orientato dalla dinamica cosciente. In questo caso il credere, mentre sostiene le operazioni dei diversi livelli, ne è a sua volta condizionato e trasformato. Se invece il credere non è assunto dalla coscienza del soggetto, esso in qualche modo prevale sui livelli stessi della coscienza. Già prendendo in considerazione l'affettività e il credere, è emersa la stretta relazione tra i livelli della coscienza. A questo tema occorre ora dedicarsi con un po' più d'ordine. 5. La relazione tra i livelli della coscienza 5.1. Uno schema dinamico. La progressività circolare Tra i livelli della coscienza individuati da Lonergan v1 e una stretta connessione. Essi, pur presentandosi distinti, si richiamano a vicenda formando un unico schema dinamico di operazioni. I dati di senso provocano l'indagine, l'indagine conduce a capire, il capire viene espresso nel linguaggio. Senza un livello di coscienza empirica, non vi sarebbe nulla attorno a cui istituire l'indagine e 119

/bi, p. 65. Il corsivo è nostro.

Per la nozione di significato, cfr. prossimo capitolo. Anche i temi della dell'intersoggettività e della credenza si richiamano alla questione del 'significato'. Cfr. capitolo successivo. 122 Lo ER N GAN, Il metodo in teologia, p. 63.

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quindi nulla da capire. Senza il capire e senza i suoi risultati in conflitto, il soggetto non avrebbe nessuna occasione di giudicare consapevolmente. La coscienza intelligente e razionale si innesta nella capacità di agire ed apre il soggetto alla coscienza responsa­ bile 12J Attraverso questo dinamismo, la coscienza del soggetto si espande. A tutti e quattro i livelli un soggetto è consapevole di se stesso, ma, man mano che passa da un livello ad un altro, «è un io più pieno quello di cui siamo consapevoli e la consapevolezza stessa è diversa» 1 24. Il soggetto che sceglie il suo modo di esistere è presente a sé, come soggetto, in modo qualitativamente diverso dal soggetto appena sveglio. Parlare di livelli di coscienza è indicare propriamente, in modo metaforico 125, questo processo di espansione dove l'insieme di operazioni precedenti è insieme mantenuto (retained) e preservato (preserved), ma anche trasceso (trascended) e completato (com­ pleted) dall'insieme successivo 126. Le operazioni della coscienza non sono date una volte per tutte e il loro dinamismo si mostra cumulativo e ciclico. Il soggetto infatti non fa esperienza di una delimitata fase di indagine, chiusa in sé, a cui far seguire una nuova, delimitata, fase della compren­ sione, e così via fino alla scelta; così come non fa esperienza di un unico atto di indagine che si conclude con un'unica scelta. Il quadro in realtà è ben più complesso. È solo attraverso un lento e continuo processo di attenzione, di intellezione, di giudizio, di decisioni che il soggetto si farà più intelligente, più razionale, più capace di prendere in mano la propria esistenza. Per questo si può parlare del dinamismo coscienziale come di una progressività 123 124

Cfr. ibi, p. 32. Ibidem.

125 È Lonergan stesso ad usare l'espressione «The metaphor of levels of consciousness», in LclNERGAN, The Subject, p. 81. 126 Cfr. ibi, p. 80. Si è preferito qui indicare tra parentesi i termini inglesi usati da Lonergan in quanto egli li usa, in questa pagina, appositamente per distinguere la sua nozione di sublation (superamento, sostituzione), da quella hegeliana. In una nota della stessa pagina Lonergan afferma: «Si omette la visione hegeliana per cui il livello più alto riconcilia una contraddizione nel più basso».

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANQ

circolare 127 in cui le operazioni del primo livello richiamano quel­ le del secondo, queste quelle del terzo, e così quelle del quarto; ma quest'ultime rimandano al primo livello empirico, mentre magari altre nuove comprensioni o non comprensioni, giudizi corretti 0 affrettati, decisioni avventate o avvedute sono in atto ad opera di un soggetto che ha relazioni, vive una storia, prova sentimenti. Ed appunto le connessioni tra le operazioni prese in esame e le dimensioni storiche, relazionali, affettive, rendono l'esperienza coscienziale del soggetto estremamente multiforme 128 e la sua analisi una impresa estremamente complessa.

5 .2. Più operazioni, un unico soggetto Questo dinamismo espansivo, progressivo e circolare di operazio­ ni distinte e connesse è spontaneo e operante prima di una sua oggettivazione 129 • «Spontaneamente noi passiamo dall'esperienza allo sforzo di capire; e tale spontaneità non è inconscia o cieca; al contrario è parte costitutiva della nostra intelligenza conscia, così come l'assenza dello sforzo di capire costituisce la stupidità» 1 30• Similmente, vi è una spontaneità conscia nel passare dal capire alla riflessione critica, ed è la negligenza o la mancanza di un'esi­ genza critica che «costituisce la sciocchezza» 1 3 1 • Vi è spontaneità conscia nel passare «dai giudizi di fatto o di possibilità ai giudizi di valore e alla ponderatezza del decidere e dell'impegnarci [...], mentre la sua assenza farebbe di noi degli psicopatici» 1 32 • Connotare la spontaneità attraverso l'aggettivo 'conscia' sta ad indicare che questo dinamismo non è meccanico, ma compiuto da un soggetto, vivente in un contesto preciso di relazioni e di inte­ ressi, caratterizzato da un'unità di coscienza. L'uomo non speri127 Q uesta espressione non è utilizzata da Lonergan. Ritengo però possa essere sufficien­ temente espressiva per indicare quelle che Lonergan chiama cumulazione e ciclicità delle operazioni. 128 Della molteplicità di forme della coscienza si parlerà nel prossimo capitolo. 129 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 40.

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Ibidem. /bi, p. 41. Ibidem.

MO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO IL DINAMIS

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menta le operazioni isolatamente, bensì fa esperienza di un flusso di coscienza in cui il dinamismo di connessione ed espansione è operante prima del suo essere preso in esame. «La coscienza _ nota Lonergan - è molto più chiaramente coscienza dell'unità nei diversi atti che non degli atti in quanto diversi. Infatti è all'interno dell'unità che gli atti vengono scoperti e distinti, ed è all'unità che noi ci riferiamo quando parliamo di un unico campo di coscienza» 133 • Dire unico campo non significa parlare di una coscienza ad una dimensione o ad un'unica forma, quanto piutto­ sto affermare che nella vita concreta non esistono le singole ope­ razioni od i singoli livelli ma un soggetto, che è presente a sé come soggetto che è attento e prova sentimenti, che indaga, che com­ prende, che giudica, che sceglie. Non sono infatti le singole opera­ zioni ad essere consce, bensì il soggetto 134. L'analisi delle operazioni, delle loro caratteristiche e della loro relazione rivela dunque una vita coscienziale dove l'unità del soggetto ruota non su una singola operazione, ma sull'insieme strutturato e dinamico delle operazioni stesse. 6. I due tipi di intenzionalità 6.1. L'intendere categoriale e trascendentale Lo schema strutturato delle operazioni, proprio della realtà co­ scienziale, trova la fonte del suo dinamismo, della sua espansione, della sua circolarità in una intenzionalità a doppio binario: in un intendere categoriale ed un altro trascendentale 135 • L'intendere categoriale è quello che esprime concretamente attraverso delle 'categorie', intese, secondo l'accezione tradizionale, come deter­ minazioni. Sono le categorie che 'determinano' le domande e le risposte del soggetto 1 36. In quanto determinazioni, le categorie presentano una connotazione limitata, cioè indicano un contenuto 133 134 135 136

L'intelligenza, p. 325. Cfr. SALA, Coscienza ed intenzionalità... , p. 65. Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 33 Cfr. ibi, p. 300. LONERGAN,

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANQ

specifico, e conseguentemente un'estensione limitata. L'intendere categoriale si esprime attraverso le distinzioni e classificazioni del senso comune, attraverso le categorie e cause aristoteliche, attra­ verso i concetti raffinati della fisica moderna, della chimica, della biologia 137• In ogni caso si tratta di determinazioni che comportano una domanda e guidano la strutturazione della risposta. Le catego­ rie variano con il variare delle culture, e quelle che un uomo ha ereditato dalla cultura nella quale è cresciuto, o imparato attraver­ so i propri studi e le proprie ricerche, forniscono una sorta di griglia con la quale egli si accosta alla realtà. Con determinate categorie egli interroga la realtà 138 . Diverso dall'intendere categoriale è l'intendere trascendentale in quanto è caratterizzato da 'trascendentali' ( o 'nozioni trascen­ dentali'). Ma in che senso Lonergan parla di trascendentali? È egli stesso che risponde a questa domanda in una nota di Method. Egli usa il termine trascendentale secondo un senso analogo a quello scolastico, cioè come opposto a categoriale o predicamentale; ma anche in senso kantiano in quanto le nozioni trascendentali sono le condizioni di possibilità per conoscere un oggetto 139 . I trascenden­ tali stanno alla base delle stesse categorie. «Mentre le categorie sono necessarie per porre domande determinate e per dare risposte determinate, i trascendentali sono contenuti nelle domande ante­ riori alle risposte» 140. Sono «l'intendere radicale» 14 1 che rende aperto il dinamismo coscienziale muovendolo continuamente verCfr. ibi, p. 33. Nota SALA: «Possiamo dire che le categorie costituiscono l'a priori relativo nell'eser­ cizio dell'intenzionalità», in Coscienza ed intenzionalità ... , p. 69. 139 Cfr. LoNERGAN Il metodo in teologia, nota p. 36. In merito al senso kantiano, SALA, il quale oltre che studioso di Lonergan ha operato diversi studi sull'a priori kantiano (cfr., ad esempio, SALA, Das Apriori in der Erkenntnis. Zu einem Grundproblem der Kanti­ schen Kritik, in Akten des 5. lntemationalen Kant-Kongresses, Bonn 1980, pp. 772-780) precisa: «Evidentemente Lonergan si riferisce qui alla definizione di trascendentale che Kant dà nell'introduzione alla Critica della Ragion Pura: 'Chiamo trascendentale ogni conoscenza la quale si occupa non tanto di oggetti quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti in generale, in quanto questo modo di conoscere deve essere possibile a priori'». Osservazione presente in LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 36. 140 /bi, p. 33. 137

138

141

Ibidem.

IL DINAMISMO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO

143

so nuove conoscenze; sono ciò che rende possibile il sorgere di domande e di risposte. I trascendentali, specifica Lonergan, sono a priori «perché vanno al di là di quello che conosciamo per 142 cercare ciò che ancora non conosciamo» • Sono illimitati «per­ ché le risposte non sono mai complete, per cui non fanno che dare 143 origine a sempre nuove domande» • Sono comprensivi, «perché intendono tutto l'ignoto o la totalità ignota di cui le nostre risposte rivelano solo una parte» 144 • Le nozioni trascendentali fondano l'intendere categoriale per gni o livello di coscienza; esse si manifestano per ogni livello sotto la forma di 'precetto trascendentale': sii attento, sii intelligente, sii ragionevole, sii responsabile, sii innamorato (oppure sii aman­ te) 145 , muovendo così il soggetto ad un'intenzionalità sempre più profonda della realtà. Le nozioni trascendentali vanno distinte dai concetti trascen­ dentali. Quest'ultimi sono concetti trascendentali nel senso di concetti del trascendentale, concetti delle pre-concettuali nozioni del livello empirico, intelligente, razionale e responsabile. Il con­ cetto di intelligibile è l'oggettivazione dell'intendere intelligente; i concetti come vero, reale, sono oggettivazione dell'intendere razionale; il concetto di valore è oggettivazione dell'intendere responsabile. Queste oggettivazioni, come qualsiasi altro concet­ to, possono essere insufficienti, erronee e quindi passibili di preci­ sazioni, correzioni, sviluppi ulteriori. Questo, però, non vale per le nozioni trascendentali in quanto 'nozioni' pre-tematizzate. Esse «costituiscono il dinamismo stesso del nostro intendere conscio che ci fa avanzare dal puro sperimentare al capire, dal puro capire alla verità e alla realtà, dalla conoscenza dei fatti all'azione re­ sponsabile. Questo dinamismo, lungi dall'essere il prodotto del progresso culturale, ne costituisce la condizione di ogni possibili­ tà; ogni ignoranza o errore, ogni negligenza o malizia, che travisi 142 143 144 145

Ibidem. Ibidem. Ibidem. Cfr. supra, nota I 15.

144

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANQ

o blocchi tale dinamismo è la forma più radicale di oscuranti­ smo• 46_ 6.2. Le operazioni prese nel loro intendere trascendentale costi­ tuiscono il metodo trascendentale Lo schema fondamentale delle operazioni, considerato nella pro­ spettiva dell'intendere trascendentale, costituisce, così, per Loner­ gan, uno schema invariante, proprio dell'uomo; la sua «compo­ nente antropologica di base» 147. Ciò che può mutare è l'oggettiva­ zione di tale schema attraverso concetti, proposizioni, parole; ma non può mutare per Lonergan lo schema delle nozioni trascenden­ tali. Può essere diversa la tematizzazione delle domande, la rispo­ sta che diamo alle domande dei diversi livelli, ed anche la defini­ zione delle diverse operazioni, ma ciò non inficia che sia sempre operante nell'uomo la ricerca dell'intelligibile, del vero, del buo­ no, dell'amato. È possibile una revisione dell'oggettivazione della struttura, ma non una revisione radicale della struttura, perché tale revisione si fonderebbe a sua volta su se stessa. Questo schema fondamentale, individuabile 'empiricamente' entro il concreto e individuale dinamismo della coscienza umana, costituisce il metodo definibile come «trascendentale» o come «metodo empirico generalizzato» 148. Esso è un metodo in quanto è «uno schema normativo di operazioni che danno risultati cumula­ tivi e progressivi» 149. È trascendentale in quanto abbraccia tutto ciò che può essere inteso. /bi, p. 34. /bi, p. 47. 148 Lonergan utilizza la dizione metodo trascendentale (trascendental method) in Il meto­ do in teologia, precisando però il significato del termine trascendentale anche rispetto a Kant. Successivamente, per evitare equivoci e fraintendimenti, Lonergan usò con parsi­ monia l'aggettivo trascendentale. Infatti in Questionnaire on Philosophy egli usa le espressioni basic and total method e generalized method. Qui si è preferito utilizzare l'espressione «metodo trascendentale» in quanto si collega, così come fa Lonergan in Il metodo, con l'intendere trascendentale. In merito alla prudenza sull'uso dell'aggettivo trascendentale in Lonergan cfr. SPACCAPELO, Lafondazione di una metodologia interdisci­ plinare..., pp. 280-281. 149 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 37. 146 147

IL p!NA

MISMO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO

145

In quanto schema fondamentale della coscienza, questo meto­ 150 o d appartiene ad ogni uomo ; ma è fatto proprio solo attraverso una applicazione del metodo stesso. Appropriarsi del metodo, perciò, non significa imparare delle regole, quanto piuttosto ap­ propriarsi del proprio dinamismo coscienziale. Significa realizza­ re l'appropriazione di sé o auto-appropriazione (self-appropria­ tion). Rimandando l'approfondimento al capitolo sugli elementi di una 'filosofia' della formazione, è qui comunque importante accennare brevemente al significato della nozione di auto-appro­ priazione. Per Lonergan, l'applicazione del metodo e quindi l'au­ to-appropriazione «è questione di intensificare la propria coscien­ za oggettivandola; e ciò è qualcosa che ognuno, ultimamente, deve fare in se stesso da se stesso» 151 • Ma in cosa consiste l'ogget­ tivazione? «È questione di applicare le operazioni in quanto inten­ zionali alle operazioni in quanto consce»152 , cioè: 1) sperimentare la propria esperienza, intelligenza, giudizio e decisione, 2) capire l'unità e le relazioni della propria esperienza, intelligenza, giudizio e decisione sperimentate, 3) affermare la realtà della propria esperienza, intelligenza, giudizio e decisione sperimentate e capi­ te, 4) decidere di operare in conformità con le norme immanenti nelle relazioni spontanee che la propria esperienza, intelligenza, giudizio, e decisione sperimentate, capite e affermate hanno tra di loro 153.

Il fatto che lo schema di operazioni appartenga ad ogni uomo comporta che solo attraverso un'azione personale il singolo sog­ getto può fare proprio il metodo. Così la presenza di un'unica struttura comune di operazioni invece che spersonalizzare riman150 Lonergan fa a p. 300 di Il metodo in teologia una osservazione importante in merito al carattere transculturale del metodo trascendentale: «Il metodo trascendentale che abbiamo enucleato è, sotto un certo aspetto, transculturale. Evidentemente non è transculturale quanto alla formulazione esplicita. Ma è transculturale quanto alla realtà cui la formula­ zione si riferisce, perché queste realtà non sono il prodotto di nessuna cultura, bensì il principio che produce le culture, le conserva, le sviluppa». 151 /bi, p. 37. 152 Ibidem. 153 Ibidem.

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANO

da in realtà ad un compito individuale di conoscenza di auto-ap­ propriazione. 6.3. Il metodo trascendentale porta ad una teoria della conoscen­ za, ad una epistemologia, ad una metafisica trascendentale Lo schema fondamentale delle operazioni che caratterizzano la coscienza umana fonda per Lonergan il sapere umano. L'oggetti­ vazione delle proprie operazioni è la base da cui partire per com­ piere in modo adeguato lo sforzo del ricercare e del filosofare. Dall'analisi infatti della propria intenzionalità si può cominciare a rispondere alle tre domande fondamentali dello sforzo cognitivo dell'uomo. La prima che cosafaccio quando conosco? porta ad una teoria della conoscenza. La seconda perché fare questo è conoscere? produce una epistemologia. La terza che cosa conosco quandofaccio questo? produce una metafisica trascendentale in­ tendendo con questo termine «un'integrazione di strutture euristi­ che» e «non una speculazione categoriale, la quale riveli che tutto è acqua, o materia, o spirito, o divenire, o che so io» 154 • Afferman­ do la priorità metodologica dell'appropriazione della propria vita coscienziale come fondamento del sapere, Lonergan si pone sulla antica scia del socratico «conosci te stesso», in cui il sapere non può fare a meno di un autentico coinvolgimento del soggetto stesso. 7. La coscienza aperta, interrogante, autotrascendente Si è parlato più sopra di progressività circolare per indicare come lo schema delle operazioni che fonda la vita coscienziale sia formalmente dinamico. Come, in altre parole, non sia dato in maniera lineare una volta per tutte, ma si autostrutturi progressi­ vamente dentro un quadro complesso di interazioni tra le diverse operazioni e i diversi livelli. Questo processo di auto-strutturazio­ ne si compie attraverso lo svolgersi del movimento intenzionale nel suo doppio binario di intendere categoriale e trascendentale. 154

/bi, p. 48.

D IL DINAMISMO COSCIENZIALE EL SOGGETTO

147

Nello svolgersi della propria intenzionalità, il soggetto si sco­ pre sensibile, capace di sentimenti, attento, intelligente, responsa­ bile, capace di amare; ma ancora più radicalmente il soggetto sperimenta, attraverso il movimento intenzionale, una vita co­ scienziale definibile come aperta, interrogante, autotrascendente. 7.1. Aperta Il soggetto intenziona sempre 'qualcosa', definibile, in correlazio­ ne al termine soggetto, come 'oggetto'. Un soggetto, infatti, è presente a sé come colui che prova sensazioni e sentimenti, che è attento a dei dati, che comprende una qualche connessione, che afferra una certa soddisfazione delle condizioni, che decide di compiere un'azione rivelando così come la coscienza sia espe­ rienza di una presenza a sé 'concomitante' all'esperienza di qual­ cos'altro, insieme legato e indipendente dal sé. Dire concomitanza tra soggetto e oggetto significa allora dire che il soggetto si fa presente a sé attraverso l'intenzione di un oggetto 155 ; significa dire che la coscienza sorge, si manifesta come apertura a qualcos'al­ tro, come uscita da sé. A questo riguardo, benché Lonergan non abbia mai avuto relazioni con il pensiero di Michel Serres, si rivela suggestivo quanto afferma l'autore francese in Le Tiers-Instruit: «Nessun apprendimento evita il viaggio. Sotto la direzione di una guida, l'educazione spinge all'esterno. Parti: esci. Esci dal ventre della madre, dalla culla, dall'ombra che scende dalla casa del padre e dai paesaggi giovanili [...]. Il viaggio dei fanciulli, ecco il senso essenziale della parola greca pedagogia. Apprendere dà inizio all'erranza» 156 • All'inizio del viaggio vi sta la partenza. E la par'55 Occorre fare una precisazione. La correlazione soggetto-oggetto è intesa intelligente­ mente soltanto dalla coscienza intelligente; prima è intesa solo sperimentalmente e quindi in un modo dove la correlazione è sperimentata, ma non colta. In altre parole, è solo un atto di comprensione che individua la concomitanza, la correlazione e l'opposizione tra presenza a sé e presenza dell'oggetto. Nel suo aspetto soggettivo, la coscienza è solo l'esperienza (interna) dei propri atti psichici. Cfr. SALA, Coscienza ed intenzionalità... , pp. 59-61. 156 M . SERRES, Le Tiers-Instruit, Ed. François Bourin 1991, ed. it. Il mantello di Arlecchi­ no, Marsilio, Venezia 1992, p. 28. Il corsivo è nostro.

148

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANO

tenza è l'apertura che l'intenzionalità della coscienza rivela. È il fatto che la coscienza intenzioni sempre qualcosa, come in una sorta di pre-categoriale riconoscimento dell'altro. L'apertura del soggetto si manifesta già nella semplice co­ scienza estroversa in cui il rapporto di apertura è dettato (probabil­ mente) da meri processi fisiologici e biologici. Il carattere di estroversione accomuna, secondo Lonergan, la coscienza animale e quella umana. Con estroversione si intende questo: l'esperienza della coscienza, fin nella sua forma elementare, «concerne non gli aspetti immanenti della vita, ma le sue condizioni e occasioni esterne» 157 • Nel processo della vita animale, la coscienza empirica pare sorgere occasionalmente per affrontare problemi di cattivo funzionamento, «ma regolarmente per trattare con rapidità, effica­ cia ed economia le situazioni esterne nelle quali si deve conquista­ re il nutrimento e si devono generare i discendenti» 158• In questa estroversione, funzionale ai bisogni vitali, «I sensi esterni sono gli araldi di occasioni e pericoli biologici. La memoria è la collezione di informazioni supplementari. L'immaginazione è la proiezione di corsi di azione. Il conato e l'emozione sono la pressione accu­ mulata di finalità elementari. Infine la complessa sequenza di movimenti corporei sottilmente coordinati è insieme la conse­ guenza dello sforzo e una causa del continuo mutare delle perce­ zioni sensibili» 159 • Nell'uomo, però, questa estroversione si inseri­ sce in uno schema di vita che è più complesso di quello meramen­ te biologico e si fa quindi apertura esperienziale, intelligente, e così via. Lentamente e in modi differenziati avviene la crescente apertu­ ra a ciò che può essere inteso. Se prima l'oggetto è inteso solo immediatamente, si passa poi nello sviluppo personale ad un oggetto mediato; da un'oggettività semplicemente esperienziale si passa ad una oggettività che Lonergan chiama «a tre fili» 1 60: espe­ rienziale, normativa e assoluta. Perciò, come le operazioni della 157 158 159 160

LoNERGAN,

L'intelligenza, p. 220.

Ibidem. /bi, p. 219.

Cfr.

LoNERGAN,

Ragione e fede... , p. 90.

IL DINAMISMO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO

149

coscienza svelano sempre più al soggetto la propria soggettività, così insieme lo spingono ad intendere sempre più pienamente l'oggetto dell'intenzione. In questa prospettiva, Lonergan ripete più volte che «l'oggettività genuina è frutto della soggettività autentica. La si può raggiungere solo raggiungendo una soggetti­ vità autentica» 16 1• La coscienza, dunque, per Lonergan, è strutturalmente aperta in quanto attraverso le sue operazioni coscienti il soggetto è capa­ ce di sperimentare, conoscere, giudicare, scegliere, amare qualco­ sa che non è la pura presenza del soggetto. Questo 'qualcosa' può essere definito 'realtà' 162• La realtà, secondo Lonergan, non è indipendente dal soggetto come ritengono i realisti ingenui; neppure è, come ritengono gli empiristi, 'ciò che è là fuori'; ma nemmeno è inventata o total­ mente costruita dal soggetto, come sostengono le varie forme di idealismo 163 • La realtà è tutto ciò che è inteso dalle operazioni del soggetto, è tutto ciò che è inteso esperienzialmente, intelligente­ mente, razionalmente, responsabilmente. La realtà non è possedu­ ta o definita una volte per tutte, quanto piuttosto 'intenzionata'; è il dinamismo intenzionale che rende aperto il soggetto cosciente e lo muove verso una più profonda soggettività. 7.2. Interrogante L'intenzionalità rende il dinamismo coscienziale costantemente aperto a nuove conoscenze e nuove azioni. Questo dinamismo di apertura e di espansione parte dalla mera estroversione, per farsi poi attenzione, e quindi ricerca consapevole attraverso una temaLoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 310. Cfr. anche Ragione e fede..., p. 102. Anche il soggetto è 'realtà' in quanto può essere inteso esperienzialmente dal soggetto stesso. 163 Nota Lonergan: «Nemmeno i behavioristi sostengono di non essere consapevoli se vedono o no, se odono, o no, se provano dei gusti o no, se toccano, o no. Nemmeno i positivisti mettono a capo delle loro conferenze e dei loro libri la franca confessione di non aver mai avuto nella loro vita l'esperienza di capire alcunché. Nemmeno i relativisti sostengono di non aver mai avuto nella loro vita l'esperienza di un giudizio razionale. Nemmeno i deterministi dicono di non aver mai avuto nella loro vita l'esperienza di fare una scelta responsabile», LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 87. 161

162

150

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANo

tizzazione di domande che rivelano il ben più profondo 'intendere radicale' e quindi il carattere interrogante del dinamismo coscien­ ziale. Il soggetto umano infatti non solo è aperto alla realtà, egli interroga la realtà. L'importanza delle domande è ribadita con costanza da Loner­ gan. Le domande per l'intelligenza ci fanno avanzare dallo speri­ mentare al capire; le domande per la riflessione ci fanno avanzare dal capire al giudicare; le domande per la decisione ci fanno avanzare dal giudicare allo scegliere. La coscienza dell'uomo è mossa da un dinamismo di domande. Sono le domande che condu­ cono il soggetto ad una piena soggettività e ad una oggettività esperienziale, normativa assoluta. Attraverso le domande e le risposte l'uomo si fa presente a sé, si scopre capace di essere attento, intelligente, razionale, spinto a scegliere sulla propria vita e sulle conseguenze delle azioni. Attraverso le domande e le risposte l'uomo intenziona porzioni di realtà e le conosce attraver­ so un processo sempre aperto in quanto le domande superano sempre le risposte 164. Ma le domande tematizzate si fondano sull'intendere radicale, il domandare radicale. Lo scrittore ebreo Elie Wiesel scrive: «La profondità, il senso, il sale dell'uomo è cercare di porre sempre più profondamente la domanda, sentire sempre più intimamente l'esistenza di una risposta che ignora» 165 . È questo domandare che trasforma la partenza in viaggio; che sostiene ogni nuova tappa del viaggio, ossia ogni nuova formulazione interrogante. Tale domandare «è un'intenzione conscia che va sempre al di là di ciò che di volta in volta è dato o conosciuto, che sempre mira a un'appropriazione più piena e più ricca della totalità, del tutto, dell'universo ancora sconosciuto o non completamente conosciu­ to» 166 _ 164 Nota Lonergan: «È solo perché siamo in grado di porre più domande di quelle cui riusciamo a rispondere che noi sappiamo dei limiti della nostra conoscenza», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 46. 165 E . WIESEL, La ville de la chance, Editions du Seui), Paris 1962, ed. it. La città della fortuna, Giuntina, Firenze 1990. 166 L oNERGAN, Il metodo in teologia, p. 35.

MO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO A IL pJN MIS

151

Questo intendere radicale è chiamato, in Insight, desiderio scere: uro p di cono per desiderio di conoscere si intende l'orientamento dinamico manife­ stato in domande per l'intelligenza e la riflessione. Non è l'espressione verbale delle domande. Né la loro formazione concettuale. Non è una intelligenza o un pensiero. Non è un'apprensione riflessiva o un giudi­ zio. È un impulso primo ed avvolgente che porta il processo conoscitivo dal senso e dall'immaginazione all'intendimento, da questo al giudizio, da questo al contesto completo di giudizi corretti che si chiama cono­ scenza. Il desiderio di conoscere è allora semplicemente lo spirito inda­ gatore e critico dell'uomo. Spingendolo a cercare di intendere, gli impe­ disce di accontentarsi del mero flusso dell'esperienza esterna ed interna. Richiedendo un adeguato intendere, immette l'uomo nel processo di autocorrezione del sapere in cui ulteriori domande forniscono intelligen­ ze complementari. Spingendo l'uomo a riflettere, a cercare l'incondizio­ nato, a concedere un assenso senza restrizioni solo all'incondizionato, gli impedisce di accontentarsi delle dicerie e delle leggende, delle ipotesi non verificate e delle teorie non provate. Infine, ponendo all'intelligenza e alla riflessione ulteriori domande, esclude un'inerzia compiacente; se infatti le domande restano senza risposta, l'uomo non può compiacersi; e se le risposte sono cercate, l'uomo non è inerte. Poiché questo differisce radicalmente da tutti gli altri desideri, è stato chiamato puro. Esso si conoscerà per erronea analogia con gli altri desideri, ma dando libero corso alla coscienza intelligente e razionale. Esso è invero impalpabile, ma nondimeno potente. Spinge l'uomo fuori della solida routine di percezioni e conati, istinti ed abitudini, attività e conquiste. Lo tiene col fascino dei problemi. Lo impegna nella ricerca delle soluzioni. Lo tiene lontano da quel che non è stabilito. Impone l'assenso all'incondizionato. È la calma scaltrezza del buon senso, il disinteresse della scienza, il distacco della filosofia. È l'interesse assor­ bente della ricerca, la gioia della scoperta, la sicurezza del giudizio, la modestia della conoscenza limitata. È la pacata serenità, la calma deter­ minazione, l'imperturbabile incalzare della domanda che segue appro­ priatamente un'altra domanda nella genesi della verità 167.

167

LoNERGAN,

L'intelligenza, pp. 389-390.

152

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIA.Jll

o

7.3. Autotrascendente L'intendere radicale rivela l'autotrascendenza del dinamismo co­ scienziale. La coscienza interrogante rimanda ad una coscienza autotrascendente. Osserva Lonergan: «Il nostro potere illimitato di domandare costituisce la nostra capacità di autotrascenden­ za» 1 68• L'apertura segnata dal domandare si fa autotrascendenza in quanto il soggetto si rende sempre più presente a sé nella misura in cui non si chiude in sé, ma si apre, attraverso l'esperienza all'intenzionare il sensibile, attraverso l'intelligenza all'intenzio­ nare l'intellegibile, e così via, fino ad intenzionare, attraverso la coscienza pienamente esistenziale, l'ampiezza della propria esi­ stenza 169 • L'autotrascendenza è, in altre parole, la capacità del soggetto cosciente di aprirsi all'altro da sé, fino al riconoscimento dell'altro in cui il sé non scompare, ma è pienamente realizzato. Se l'apertura è la partenza e l'interrogazione è il viaggio, l'auto­ trascendenza è la direzione. L'uomo realizza pienamente sé sol­ tanto attraverso un percorso di trascendimento in cui il riconosci­ mento e l'accoglienza dell'altro da sé comportano anche il pieno ritorno in sé. La nozione di autotrascendenza, questo movimento di 'uscita da sé' che permette di entrare sempre più in sé, si radica natural­ mente nella tradizione e nel contesto teologico cristiano in cui Lonergan è cresciuto e ha operato. Soprattutto vengono alla mente alcuni brani delle Confessioni di Agostino, di cui Lonergan era un profondo conoscitore. Innanzitutto l'affermazione della prima pa­ gina delle Confessioni: «Tu ci hai creati per te e il nostro cuore non ha pace fino a che non riposi in Te» 170. E quindi le intense pagine del Libro x: «Ti cerco affinché la mia anima possa vivere. Infatti come il mio corpo vive per la mia anima, così l'anima mia vive di Te» 171 , e ancora:

168

LONERGAN,

169

/bi, p. 124.

Il metodo in teologia, pp. 125-126.

110

SANT' AGOSTINO,

111

/bi, p. 479.

Le confessioni, tr. it. di C.

VITALI,

Rizzoli, Milano I 994, p. 53.

IL o

INAMISMO COSCIENZIALE DEL SOGGETTO

153

rardi ti ho amato, o bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato! Ecco, Tu eri dentro me, io stavo al di fuori: e qui ti cercavo, e deforme quale ero, mi buttavo su queste cose belle che Tu hai creato. Tu eri meco, ed io non ero teca, tenuto lontano da Te proprio da quelle creature che non esisterebbero se non fossero in Te. Mi chiamasti, gridasti, e vincesti d la mia sor ità; folgorasti il tuo splendore e mettesti in fuga la mia cecità; esalasti il tuo profumo, lo aspirai ed anelo a Te; ti degustai, ed ora ho fame e sete; mi toccasti, ed ora brucio di desiderio per la tua pace 1 72 .

E il richiamo ad Agostino con il suo «tardi ti ho amato!» permette di comprendere meglio la concezione lonerganiana per cui «le nozioni trascendentali», cioè le nostre domande per intelligenza, per riflessione e per deliberazione costituiscono la nostra capacità di autotrascendenza, ma «questa capacità diventa realtà quando ci si innamora. Allora il proprio essere diventa l'essere innamorati. Siffatto essere innamorati ha i suoi antecedenti, le sue cause, le sue condizioni, le sue occasioni. Ma una volta che è sbocciato e fino a che dura è esso che tiene il comando. È il primo principio. Da esso hanno origine i propri desideri e i propri timori, le proprie gioie i propri dolori, il proprio discernimento effettivo dei valori, le proprie decisioni e le proprie azioni» 173 • E il livello più alto di innamoramento, e quindi di realizzazione dell'autotrascendenza sta nell"essere innamorati di Dio' 1 74 (being in love with God)» 175 . Così l'autotrascendenza, se ha la figura più alta nell'esperienza di una relazione d'amore con 'il divino', è in opera sempre nel corso della vita coscienziale e si realizza (più o meno temporanea­ mente) all'interno di ogni esperienza di 'innamoramento', inteso come esperienza di trovare in un altro da sé, che però non è 'estraneo' al soggetto, il principio di sé. /bi, p. 491. LoNERGAN, Il metodo in teologia, pp. 124-125. Il corsivo è nostro. 174 La parola 'Dio' è una parola così carica di significati che ci sembra corretto utilizzarla con prudenza e comunque sempre virgolettata. Ogni volta che in questa ricerca sarà utilizzata, lo si farà tenendo ben presente ciò che dice Meister Eckhart in una delle sue prediche: «Quel che asseriamo su di Lui dobbiamo balbettarlo», in MEISTER EcKHART, Prediche, a cura di M. VANNINI, Mondadori, Milano 1995, p. 12. 175 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 125. 172 173

154

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Attraverso l'originaria apertura alla realtà e attraverso il cam­ mino della ricerca interrogante, la coscienza umana, autostruttu­ randosi in uno schema dinamico di operazioni, si muove verso il riconoscimento esistenziale dell'altro da sé che è anche riconosci­ mento esistenziale di se stessi 176• Fondato su questo dinamismo si realizza lo sviluppo storico, concreto, della vita coscienziale del soggetto. E questo dinamismo risulterà ulteriormente arricchito dopo aver parlato dei caratteri dello sviluppo coscienziale.

176 Si intende qui con 'riconoscimento esistenziale' l'intenzione della realtà operata dal soggetto 'esistenziale', cioè esperienziale, attento, intelligente, razionale, respol)sabile, amante. Un riconoscimento storico e mai esaustivo.

CAPITOLO QUINTO

Lo sviluppo della coscienza

La coscienza del soggetto nel suo dinamismo naturale, intrinseco, costitutivo, spontaneo, operativo, strutturato e autotrascendente si struttura attraverso un processo che Lonergan chiama di sviluppo 1 • Scrive in Method: «È soltanto nel processo di sviluppo che il soggetto diventa consapevole di se stesso e della sua distinzione dal mondo» 2 • Non basta allora l'analisi delle operazioni per rende­ re ragione delle caratteristiche della vita coscienziale e della loro importanza in merito alla formazione, occorre prendere in esame anche quello che Lonergan chiama 'lo sviluppo', partendo dalla sua nozione generale fino all'individuazione degli elementi fon­ damentali dello sviluppo propriamente coscienziale. 1. La nozione di sviluppo Tale nozione è di rilevante importanza per il sistema lonergania­ no, ma anche frutto - in quanto fortemente connessa alla teoria della conoscenza, all'epistemologia, alla metafisica che il nostro autore è andato elaborando nel corso del tempo - di un lungo accumularsi di comprensioni. A questo processo cumulativo cer­ cheremo di fare riferimento anche in questo nostro tentativo di delineare le linee generali della nozione di 'sviluppo'.

1 Cfr. SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Loner­ gan, p. 22, nota 43: «La radice ultima dello 'sviluppo' specificatamente umano è il dinamismo naturale, intrinseco, costitutivo, spontaneo, operativo, strutturato, e autotra­ scendente della 'coscienza'». 2 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 51.

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1.1. Cambiamento, sviluppo, progresso L'interpretazione del carattere dinamico della vita coscienziale del soggetto ha sempre prodotto, nelle filosofie e nelle scienze diverse nozioni. Tre, tra queste, appaiono di particolare importan� za: cambiamento, sviluppo, progresso. In termini generali, il cambiamento è «il processo che dà luogo al passaggio da una forma o da uno stato all'altro» 3 • Parlare di cambiamento significa ammettere l'esistenza della trasformazio­ ne e della diversificazione all'interno della vita del soggetto. Lo stato coscienziale del bambino, per esempio, non è identico a quello di un uomo in età adulta; si presenta con caratteri qualitati­ vamente diversi. Così pure, all'interno dell'età adulta stessa, la vita coscienziale non si presenta sempre uguale, ma caratterizzata da un succedersi continuo di mutamenti significativi. Parlare di sviluppo significa ammettere una certa (auto)struttu­ razione e sequenzialità nelle trasformazioni stesse. Vi sono dei cambiamenti nel soggetto che non sono meramente casuali, ma frutto di un'interazione tra il contesto di vita e la struttura stessa del soggetto. I termini e le relazioni di questa struttura non sono dati fin dall'inizio in modo definitivo, ma si autostrutturano nel tempo attraverso un processo. In questo processo è possibile com­ prendere una sequenza di forme organizzate, che alcuni definisco­ no fasi. Lo sviluppo è, così, un cambiamento sistemico, sequen­ ziale ed orientato; è un processo di cambiamento dove un elemen­ to ne richiama un altro, il quale integra (senza eliminarlo) quello che lo precede, e, a sua volta, è aperto a una nuova forma4. 3 D. DEMETRIO, voce Cambiamento, in Dizionario di psicologia dello sviluppo, Einaudi, Torino 1994, p. 114. Per l'importanza della nozione di cambiamento nella formazione cfr. D. DEMETRIO, Educatori di professione, La Nuova Italia, Firenze 1990, pp. 21-62; DEME­ TRIO, L'età adulta, pp. 77-111. 4 In merito alla nozione di sviluppo come cambiamento sequenziale, un contributo recente che riprende le sollecitazioni piagetiane è rappresentato da G. SINK - W. VAN HAAFTEN, Il concetto di sviluppo e il suo contributo all'educazione, «Pedagogia e Vita», 1995, 3, pp. 50-63. Per questi autori, lo sviluppo umano non può essere fatto coincidere con la nozione di sviluppo biologico inteso come un processo fondato su «un modello geneticamente predeterminato e con una fase finale prefissata» (p. 51). Lo sviluppo umano, che ha come componente determinante l'interazione sociale, è finalizzato alla

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parlare di progresso significa interpretare il cambiamento che o s pravviene e che integra lo stato precedente come un migliora­ mento. Si potrebbe dire che se la nozione di sviluppo aggiunge a quella di cambiamento una prospettiva 'strutturalista', quella di progresso aggiunge allo sviluppo una prospettiva 'finalista'. Natu­ ralmente i termini sviluppo e progresso sono strettamente collega­ ti. A volte l'uno richiama l'altro senza una così chiara distinzione. Lonergan assume il dato del cambiamento come un aspetto peculiare della vita coscienziale, ordinandolo però in una com­ prensione dove la prospettiva strutturalista (data dalla struttura dinamica delle operazioni) e finalista (data dall'orientamento tra­ scendente) rappresentano due punti di forza. Ne deriva così una peculiare nozione di sviluppo5 che, in un certo modo, ingloba anche la nozione di progresso. In merito allo sviluppo, Lonergan opera una riflessione genera­ le che si muove su due binari. Un primo binario è rappresentato dalla precisazione degli elementi formali della nozione di svilup­ po in quanto nozione euristica. Questo lavoro è compiuto, princi­ palmente, nelle pagine di Insight. Il secondo è rappresentato dalla applicazione della nozione euristica alla realtà, in primis alla vita dell'uomo, con una descrizione 6 dello sviluppo. Questa descrizio­ ne, anch'essa iniziata nelle pagine di Insight, si arricchisce negli scritti successivi fino a raggiungere un determinato compimento nelle pagine di Method. Questo arricchimento ha, dal nostro punto personalizzazione. «Lo sviluppo umano è anzitutto sviluppo personale, il diventare una persona. Non è principalmente lo sviluppo della specie biologica homo sapiens, ma riguarda la crescita dei bambini in persone autonome e mature capaci di giudicare e agire in modo informato e critico» (p. 53). A questa nozione di sviluppo non è estranea la nozione di progresso. Parlando dello sviluppo concettuale essi scrivono: «[Lo sviluppo] accade quando si trovano nuove prospettive includenti concetti e criteri qualitativamente diversi, fornendo così nuove fondazioni per giudicare e agire. Se si può discutere che una nuova prospettiva sia migliore o più adeguata al settore relativo possiamo parlare di sviluppo fondamentale nel senso di progresso» (p. 56). 5 Osserva ancora, N. Spaccapelo: «Anche la nozione di 'sviluppo', come quella di 'coscienza' è ugualmente capitale nell'Organon lonerganiano (...). L'esplorazione, la comprensione, la conoscenza, la natura e la portata di tale dinamismo sono stati gli interessi dominanti di Lonergan per tutta la vita», SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Lonergan, p. 22, nota 43. 6 Naturalmente non è una mera descrizione, ma 'intelligente', ossia frutto di comprensio­ ni dell'autore; falsificabile quindi da altre comprensioni corrette.

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di vista, il suo punto di forza nell'approfondimento della nozione di significato1 e nella sua collocazione al centro del processo di sviluppo. Nel presente capitolo si richiama brevemente la nozione euri­ stica, per dedicare poi più spazio alla descrizione dello sviluppo umano e, specificatamente, coscienziale. 1.2. La nozione euristica di sviluppo Nel capitolo xv di lnsight, dedicato agli elementi di una metafisi­ ca intesa come «struttura euristica dell'essere proporzionato», Lonergan dedica due paragrafi, il sesto e il settimo, alla nozione di sviluppo e alla correlativa nozione di metodo genetico8 • La nozio­ ne generale ed euristica di sviluppo si fonda sulla comprensione di una serie di principi, che egli chiama «i principi dello sviluppo»9 • Innanzitutto il principio di emergenza. Molteplicità caratteriz­ zanti uno stato (inferiore) suscitano l'emergere di un'integrazione ad uno stato più alto. «Gli organismi sono integrazioni più alte di molteplicità altrimenti coincidentali di processi chimici; la co­ scienza sensibile è un'integrazione più alta di molteplicità altri­ menti coincidentali di mutamenti nei tessuti nervosi, e l'accumu­ larsi delle intelligenze sono integrazioni più alte di molteplicità altrimenti coincidentali di immagini o dati» 10 • 7

L'approfondimento della nozione di significato si accompagna ad un appropriazione da parte di Lonergan delle nozioni di 'mondo' e 'orizzonte'. Per l'assunzione lonerganiana di queste nozioni, cfr. SPACCAPELO, Bemard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, BemardLonergan, pp. 9-57. 8 Ritengo opportuno riportare qui i titoli di tutti i paragrafi e sottoparagrafi di questo capitolo in quanto danno una prima idea della visione lonerganiana di una metafisica euristica. Naturalmente i titoli in sé non rendono ragione del carattere innovativo di questo capitolo, in quanto Lonergan continua ad utilizzare, in alcuni casi, termini appartenenti alla tradizione. Egli in realtà li spoglia di una ambiguità sostanzialistica mettendone in risalto tutta la forza euristica. 1. Potenza, forma, atto; 2. Forme centrali e forme coniugate; 3. Generi e specie esplicativi; 4. Potenza e limitazione; 5. Potenza e finalità; 6. La nozione di sviluppo; 7. Metodo genetico; 7.1. Nozioni generali; 7.2. Lo sviluppo organico; 7.3. Lo sviluppo psichico e intellettuale; 7.4. Lo sviluppo umano; 7.5. Controposizioni; 8. Som­ mario. 9 LoNERGAN, L'intelligenza, p. 496. 10 Ibidem. È bene qui ricordare che l'integrazione, per Lonergan, non è vista, ma compre­ sa da un atto di intelligenza.

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Il secondo è il principio di corrispondenza. «Molteplicità sot­ st to anti significativamente differenti richiedono integrazioni su­ periori differenti [...]. Fatti nervosi nell'occhio e nell'orecchio suscitano differenti esperienze della coscienza. Dati differenti 11 portano a teorie differenti» • Non necessariamente, però, tutte le differenze nelle molteplicità richiedono una integrazione differen­ te, per cui «alla stessa teoria si può giungere partendo da dati differenti»12• Così, il principio di corrispondenza gode di una certa misura di flessibilità per cui «entro certi limiti la stessa integrazio­ ne superiore sistematizzerà molteplicità diverse» 13. Un terzo principio è quello di finalità per il quale vi è nella realtà «un dinamismo diretto in modo ascendente, ma indetermi­ nato verso una sempre più piena realizzazione dell'essere» 14. Ma ogni realizzazione attuale è una limitazione che apre ad un nuovo superamento. Vi è quindi il principio di sviluppo, propriamente detto. «Una iniziale molteplicità coincidentale è sistematizzata e modificata da un'integrazione più alta e questa ne richiama una seconda, la seconda porta a una terza, la terza a una quarta, e così via, finché le possibilità di sviluppo lungo una data linea sono esaurite ed è raggiunta la relativa stabilità della maturità» 15• Occorre qui preci­ sare, per evitare fraintendimenti, che Lonergan parla di un esauri­ mento delle modifiche solo per quanto riguarda una data linea e ancora in riferimento ad una sola linea parla di relativa maturità. È chiaro che quando la linea di sviluppo è un intrecciarsi dinamico di più linee, come è il caso dell'uomo, le cose cambiano. Loner­ gan, lo vedremo, nello sviluppo umano individua un orientamento di fondo accanto ad una pluriformità di livelli e stati. Il quinto è il principio di differenziazione per il quale «il corso dello sviluppo è contrassegnato da una differenziazione esplicati11 !bi, pp. 496-497. 12 /bi, p. 497. Ibidem. Ibidem. '5 Ibidem. l corsivi della citazione sono redazionali. Sono funzionali a quanto detto dopo.

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Inoltre va segnalata la stretta connessione tra la comprensione di questo principio con i tre successivi.

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va sempre crescente [...]. Così le singole cellule iniziali di diffe_ renti organismi ammettono differenze materiali, per esempio, nel numero di cromosomi, ma il loro funzionamento non mostra dif­ ferenze comparabili alle successive differenze di funzionamento. Inoltre, uomini di carattere e temperamento assai differenti hanno cominciato, da bambini, da casi di coscienza sensibile che non solo erano notevolmente simili, ma anche notevolmente indiffe­ renziati» 1 6• Il sesto principio potremmo definirlo della minor flessibilità: «il corso dello sviluppo è capace di minore flessibilità nella misu­ ra in cui può perseguire lo stesso fine ultimo per vie diverse» 17 • Ad esso è strettamente collegato il settimo, quello della mag­ gioreflessibilità: «il corso dello sviluppo è capace di una maggio­ re flessibilità che consiste in un cambiamento o modificazione dell'obiettivo ultimo. In biologia tale è il fatto usuale dell'adatta­ mento; nella psicologia del profondo vi corrisponde la sublima­ zione» 18 • Questi due ultimi principi aprono naturalmente a proble­ matiche molto vaste come quella del rapporto tra determinazione e libertà, fissità di un obiettivo finale e sua modificabilità. Al di là, però, di tali nodi, sta l'interesse euristico della correlazione che Lonergan pone tra il corso dello sviluppo e l'obiettivo finale. Un obiettivo fisso permette una flessibilità minore di quella che per­ mette il poter intervenire sull'obiettivo stesso. In conseguenza di questi sette principi, Lonergan offre la se­ guente definizione di sviluppo: «lo sviluppo è una sequenza con­ catenata, flessibile, di integrazioni dinamiche e sempre più diffe­ renziate, che affrontano la tensione di molteplicità sottostanti suc­ cessivamente trasformate attraverso applicazioni successive del principio di corrispondenza e di emergenza» 1 9•

/bi, p. 498. Ibidem. 18 /bi, p. 499. 19 /bi, p. 503; cfr. anche p. 499. 16 17

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z. Lo sviluppo come processo di differenziazione In termini generali, dunque, lo sviluppo si può descrivere come un processo di differenziazione, di progressiva determinazione e di integrazione. Questi elementi sono correlati tra di loro e se, per ragioni di brevità, parleremo di sviluppo come differenziazione, sarà però chiaro che si penserà ad essa non isolatamente, ma come un procedere che richiama anche gli altri. Tali procedure riguarda­ no la vita nella sua globalità, ma assumono caratteristiche 'specia­ 20 li' in rapporto alle diverse realtà vitali • L'organismo vivente ha uno sviluppo, così l'animale e l'uomo. 2.1. Lo sviluppo umano e i tipi di esperienza Riguardo allo sviluppo dell'uomo, il Lonergan delle pagine di /nsight riconosce due grandi modalità di differenziazione. La prima riguarda la vita dell'uomo considerato come un orga­ nismo vivente individuale. La vita dell'individuo umano si sviluppa secondo tre linee fondamentali: organica, psichica ed intellettuale, caratterizzata, ciascuna, da operazioni che vanno via via differenziandosi ed integrandosi secondo i principi sopra elencati. Vi è perciò nell'uo­ mo un differenziarsi di operazioni e attitudini secondo un triplice sviluppo caratterizzato da processi interconnessi, dove lo sviluppo psichico integra ma non elimina quello organico, e così lo svilup­ po intellettuale rispetto a quello psichico21 • Certo lo sviluppo intel­ lettuale via via che si verifica assume sempre più un ruolo centrale e le operazioni che lo caratterizzano acquisiscono sempre più ° Cfr. ibi, p. 508: «Accanto alle precedenti determinazioni dello sviluppo in generale, ci sono le speciali caratteristiche del semplice sviluppo dell'organismo, del duplice sviluppo dell'animale, del triplice sviluppo dell'uomo». 21 Cfr. ibi, p. 515. La triplice distinzione tra organico, psichico ed intellettuale è un 'topos' classico dell'antropologia 'respirata' da Lonergan. È sufficiente pensare all'ari­ stotelica suddivisione tra anima vegetativa, animale e razionale. Sarebbe molto interes­ sante esaminare i germi di novità presenti nelle pagine di Insight dedicate al triplice sviluppo. Tale esame non è qui svolto in quanto questa descrizione è considerata soltanto un primo passaggio verso la più articolata differenziazione della coscienza tematizzata in 2

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importanza. Per questo, all'approfondimento di queste operazioni intellettuali, come abbiamo visto nel capitolo precedente, Loner­ gan dedica buona parte della sua ricerca. Lo sviluppo organico, psichico ed intellettuale implica una successione di stadi22 dove «quel che prima era impossibile diven­ ta possibile, e quel che prima era imbarazzante e difficile diventa abitudine del soggetto23. La compresenza di tre linee rende complesso il quadro della vita umana in quanto una singola azione umana può implicare «una serie di componenti fisiche, chimiche, organiche, neurali, psichiche, intellettuali» 24. Inoltre la complessità è data dalla flessi­ bilità di questo triplice sviluppo. Non siamo in presenza di un singolo, rigido, schema di ricorrenza, bensì di ambiti flessibili di sfere di schemi25 • «Infatti lo stesso organismo, le stesse abitudini, e disposizioni psichiche, lo stesso sviluppo intellettuale, risulta in operazioni assai differenti sotto differenti condizioni e secondo differenti circostanze» 26. Non esistono così tre sviluppi separati riuniti insieme in un unico soggetto, bensì un unico sviluppo umano in cui la compren­ sione dell'uomo riconosce differenze ed interconnessioni. Non si sviluppa un organismo e separatamente una psiche e poi una mente, bensì «in ogni stadio del suo sviluppo un uomo è un individuo, una unità psichica, una unità esistente differenziata da coniugate fisiche, chimiche, organiche, psichiche ed intellettua­ li» 21. La seconda grande differenziazione dell'uomo riguarda i tipi di esperienza. Come ogni uomo si sviluppa in modo originale diffe­ renziando ed integrando le operazioni generali dell'organismo, della psiche e della mente, così si sviluppa differenziando origi­ nalmente alcuni tipi generali di esperienza che Lonergan chiama Per il rapporto con Piaget, vedi infra, nota 43. Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, pp. 505-506. 24 Cfr. ibidem. 25 Cfr. ibidem. 26 Cfr. ibi, pp. 504-505. 21 /bi, p. 515. 22

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patterns of experience. N. Spaccapelo, che ha studiato a fondo questa espressione lonerganiana, ne chiarisce il significato in que­ sti termini: «Si può dire che i patterns sono i 'tipi' primi o principali, ov�ero i 'modi' orga�izzativi fondamentali che la 'c�­ scienza-espenenza' - nel suo vitale, naturale e spontaneo poh111orfismo - incarna (i tipi) e differenzia (i modi) nel suo poliva­ 28 lente rapporto con la realtà» • Lonergan distingue quattro princi­ pali tipi di esperienza: biologico, estetico, intellettuale e dramma­ tica29 • Innanzitutto nell'uomo vi è un tipo di esperienza biologico non dissimile, negli elementi generali, da quello degli altri animali: I sensi esterni sono gli araldi di occasioni e pericoli biologici. La memo­ ria è la collezione di informazioni supplementari. L'immaginazione è la proiezione di corsi di azione. Il conato e l'emozione sono la pressione accumulata di finalità elementari. Infine, la complessa sequenza di mo­ vimenti corporei sottilmente coordinati è insieme la conseguenza dello sforzo e una causa del continuo mutare delle percezioni sensibili3°.

Nel tipo biologico di esperienza il ruolo centrale è assunto dai bisogni vitali dell'organismo. Ma, nota Lonergan, «esiste nell'uomo un'esuberanza al di sopra e al di là del registro biologico di piaceri e dolori utilitaristi­ ci» 31 • Vi è un «amore dello sperimentare» che può andare al di là dei confini dello scopo biologico, che si presenta come una «libe­ razione» e una «gioia spontanea» che si autogiustificano32 • È que28 N. SPACCAPELO in LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 59, annotazione 1. Nella traduzione italiana di lnsight del 1961,l'espressione patterns of experience è tradotta con schemi di esperienza. Qui noi utilizziamo la traduzione tipi utilizzata da Spaccapelo e giustificata ampiamente nella annotazione a p.59 di Comprendere ed essere. Nelle stesse righe è riportata un'osservazione testuale di un certo interesse: sembra certo che in una prima bozza del capitolo 6 di lnsight (dove per la prima volta si usa l'espressione), la prima espressione di patterns of experience, fosse form of experience. 29 Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, p. 218. Al cap. xiv, p. 429 parla d tipo: biologico, estetico, artistico, drammatico, pratico, intellettuale o mistico. Anche in Il metodo in teologia a p. 304,aggiunge (senza approfondirli) i tipi pratico e religioso. 30 !bi, p. 219. 3' /bi,p.221. 32 Cfr. ibidem.

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sto il tipo estetico dell'esperienza segnato dalla creatività, dal1'esuberanza, dalla liberazione, dalla libertà33 , dal piacere, dalla meraviglia, dallo stupore. L'estetico appartiene all'uomo fin da bambino e, aggiunge Lonergan, «non è, forse, neppure esclusiva­ mente umano, se i gattini giocano e i serpenti si lasciano incanta­ re» 34. Quando l'uomo comincia a cogliere connessioni, ad elaborare classificazioni, a giudicare le proprie produzioni, comincia a far capolino il tipo intellettuale di esperienza. In questo tipo (che non sostituisce gli altri due, ma si fa conpresente), la percezione, l'attenzione, l'immaginazione (persino il subcosciente) sono orientati a cercare l'intellezione desiderata e a rispondere alle domande 'che cosa è ?', 'come?', 'perché?', 'è così?'. «Quando cominciate a meravigliarvi di qualcosa, quando vi sforzate di comprendere, state entrando nel tipo intellettuale di esperienza. Voi state dando al flusso di esperienza un orientamento verso la comprensione»35 • Sia l'esperienza biologica, sia l'estetica, sia l'intellettuale ac­ cadono in un soggetto che non vive isolatamente, ma in un conte­ sto intersoggettivo. È dentro un insieme di relazioni che il sogget­ to si differenzia, apprende, acquisisce abilità, ruoli, compiti. Vi è perciò un quarto tipo fondamentale di esperienza, quello dramma­ tico. La vita di ogni uomo è un dramma nel senso che è vissuta in presenza di altri, tutti in un grande, autentico, 'teatro'. L'arte di vivere è un' 'arte drammatica', «è in presenza di altri e gli altri sono anch'essi attori nel dramma primordiale che il teatro si limita ad imitare» 36 . È la relazione che costituisce la persona. «La persona è il risultato delle relazioni che un uomo ha avuto con gli altri uomini, «L'arte è due volte libera. Come libera l'esperienza dal freno della finalità biologica, così libera l'intelligenza dal subire le costrizioni delle prove matematiche, delle verifiche scientifiche e della praticità del senso comune. La convalida dell'idea artistica è, invero, il fatto artistico», ibi, p. 221. 34 Cfr. ibidem. 35 LoNERGAN, Comprendere ed essere, pp. 58-59. 36 Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, pp. 224-225.

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e delle capacità che egli ha sviluppato in se stesso di stabilire relazioni con gli altri» 37• La differenziazione della vita del soggetto in tipi di esperien­ za mette già in luce l'aspetto polimoifo della vita coscienziale dell'uomo3 8• In essa i diversi tipi di esperienza si succedono, si mescolano, si confondono, dando vita a diverse forme di esistenza. 2.2. Lo sviluppo della coscienza e gli ambiti di significato Il Lonergan di Insight imposta il tema dello sviluppo attorno: 1) ad un progressivo differenziarsi di operazioni secondo un 'triplice sviluppo', 2) ad un differenziarsi di tipi di esperienza. Questi due tipi di differenziazione si ritrovano anche nel Lonergan successi­ vo, ma rielaborate alla luce di una 'nuova'39 nozione che viene tematizzata in modo sempre più approfondito: la differenziazione della coscienza40 • Come la dinamica della coscienza è perno della vita del soggetto, così lo sviluppo della coscienza è al centro dello sviluppo umano. La descrizione dello sviluppo umano prende così una nuova rotta, che è di allargamento ed approfondimento. Di 37 LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 75. In lnsight, a p. 228 e successive, Lonergan, sempre rifacendosi alla metafora teatrale, traccia alcune linee di distinzione tra la nozione con­ temporanea di persona, frutto dell'intersoggettività dell'uomo, e l'ego che è invece la dimensione in cui il soggetto vive da protagonista assoluto nel proprio teatro privato. 38 Cfr. LoNERGAN, L'intelligenw, pp. 429-430. 39 È necessario precisare il valore di 'nuova' con questa osservazione di Spaccapelo: «La nozione è presente ed ampiamente utilizzata in lnsight e in Topics in Education, le differenziazioni della coscienza non sono ancora completamente distinte dai tipi di esperienza di lnsight. Ma, progressivamente, sotto l'influsso dell'avviata assimilazione di Horizont e Sorge, si opera un allargamento e una precisazione della nozione di pattems of experience che porterà Lonergan a una nozione di dif.ferentiations of consciousness la cui più matura esplicitazione sarà la formulazione dell'ottuplice differenziazione delle 'spe­ cializzazioni funzionali' della teologia metodica», SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Lonergan, p. 23, nota 45. 40 Una prima, importante, elaborazione della differenziazione della coscienza si ha in Topics in Education. In queste lezioni, Lonergan tratta dello sviluppo del soggetto parlando esplicitamente di differenziazione ed utilizzando per descriverla termini presi dalla filosofia esistenzialista. Lonergan parla infatti di orizzonte, preoccupazione ( o interesse), profilo. Questa prospettiva si andrà precisando sempre di più fino a Method. Cfr. LONERGAN, Topics in Education, pp. 85-98.

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allargamento in quanto, come vedremo, Lonergan svilupperà del­ le nozioni trattate prima in modo marginale; di approfondimento in quanto ciò permetterà di mettere a fuoco la nozione di sviluppo in modo più adeguato. Lo sviluppo della coscienza è un processo di differenziazione che riguarda sia le operazioni consce ed intenzionali nel loro strutturarsi, sia il dinamismo affettivo con le sue risposte intenzio­ nali, sia la realtà intenzionata41 • Per quanto riguarda il processo di differenziazione delle opera­ zioni, Lonergan riprende un'idea di fondo già presente nella de­ scrizione secondo il 'triplice sviluppo': la coscienza umana si sviluppa attraverso un distinguersi ed un integrarsi di operazioni. Il passaggio nuovo che egli sembra compiere è però quello di integrare la linea intellettuale con l'insieme delle operazioni con­ sce ed intenzionali aprendo così anche la strada al superamento di una latente dicotomia tra psichico ed intellettuale42 • In questa nuova prospettiva lo sviluppo della coscienza è innanzitutto, ma non solo, lo sviluppo spontaneo, strutturato (ma anche storico) delle operazioni consce ed intenzionali. Questa differenziazione procede dal sorgere e dallo specificar­ si delle operazioni della coscienza empirica fino allo specificarsi di quelle proprie della coscienza responsabile ed amante. Ma, come abbiamo gia notato, questa linea di sviluppo non comporta né una mera sostituzione di un livello all'altro, né il raggiungi­ mento di una uguale capacità per tutti i livelli. Una persona può avere un'alta coscienza intellettuale, ma non un'eguale coscienza responsabile. Comporta piuttosto un autostrutturarsi la cui crescita 41 Naturalmente vi è uno stretto legame tra le operazioni che intenzionano e gli oggetti intenzionati. Inoltre, andando oltre le operazioni per assumere il soggetto nella sua globalità e concretezza, il rapporto tra la differenziazione del soggetto e ciò che egli intenziona si fa strettissimo. Per indicare questo rapporto, N. Spaccapelo parla di sviluppo del soggetto e sviluppo del suo orizzonte. Cfr. SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'oriz.zonte ', in MEYNELL, Bernard Lonergan. 42 A p. 86 di Il metodo in teologia Lonergan scrive: «la vitalità organica e psichica devono manifestarsi nella coscienza intenzionale e, viceversa, la coscienza intenzionale deve assicurarsi la collaborazione dell'organismo e della psiche». Di passaggio, occorre notare che la nozione di coscienza intenzionale mantiene comunque l'ambiguità (irrisolta) del suo rapporto con la nozione di mente.

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porta con sé l'aumento delle correlazioni e della circolarità. La comparsa della coscienza responsabile, per esempio, attiva in rnodo nuovo la stessa coscienza empirica. La comprensione del rapporto tra i livelli inoltre si complica ulteriormente se si pensa a quanto detto rispetto alla possibilità di 'irruzione' che la coscienza amante ha nella vita dell'uomo. Nella descrizione dello sviluppo delle operazioni, Lonergan si rifà al pensiero di J. Piaget'3 • È attraverso un processo di adatta­ mento che ha luogo una crescente differenziazione. «In ogni adat­ tamento si distinguono due parti: assimilazione e aggiustamento. L'assimilazione mette in azione quelle operazioni spontanee o apprese precedentemente che sono state usate con successo circa oggetti o situazioni in qualche modo simili. L'aggiustamento, dal canto suo, provando e sbagliando, modifica e completa gradual­ mente le operazioni apprese precedentemente» 44 . Man mano che l'adattamento si estende, operazioni sempre più differenti entrano a far parte del repertorio del soggetto (diventano capacità) e si verifica una moltiplicazione sempre maggiore di combinazioni diverse delle operazioni differenziatesi45 .

43 Nota Spaccapelo: «Lonergan lesse un certo numero di lavori di Piaget nel 1959 per preparare il suo seminario estivo sulla filosofia dell'educazione. Egli trovò l'analisi di Piaget quanto mai illuminante dal suo punto di vista. Come si può vedere dal De methodo theologiae (Roma 1962), la teoria piagetiana delle operazioni, della loro emergenza, funzionamento e strutturazione progressiva ha costituito una tappa importante verso l'elaborazione del 'metodo'. Successivamente Piaget è citato e utilizzato frequentemente da Lonergan fino ad avere un posto di rilievo in Method. Le quattro età della vita del soggetto (senso-motorie, rappresentativo-intellettuali, operativo-razionali, valutativo-mo­ rali, come ho cercato di indicare nel mio Introduzione allo studio di J. Piaget, Il torchio, Cagliari 1979), corrispondono esattamente all'analisi dei quattro livelli operativi della coscienza umana condotta da Lonergan in lnsight e negli scritti successivi: empirico, intellettuale, razionale, morale. Non è di poca importanza che l'analisi della coscienza adulta fatta da Lonergan corrisponda, e non solo nelle linee generali, ali'analisi dello sviluppo formativo della coscienza fatte da Piaget e dalla sua scuola. Di quest'ultimo si può solo rimpiangere che, nonostante una mole imponente di lavori, si sia fermato a studiare la coscienza umana nei suoi stadi infantili e giovanili», SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Lonergan, pp. 29-30, nota 58. 44 LONERGAN, li metodo in teologia, p 49. 45 Cfr. ibi, pp. 49-50.

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La differenziazione delle operazioni comporta anche una diffe­ renziazione negli oggetti intenzionati, nell' 'orizzonte'46 di vita del soggetto. Il dinamismo affettivo e lo strutturarsi delle operazioni sostengono il progressivo allargarsi e differenziarsi dell'orizzonte di vita del soggetto, e quindi la progressiva apertura ad una plura­ lità di forme di realtà. L'allargamento degli orizzonti, però, non dipende solo da un auto-strutturarsi delle operazioni, ma anche da un contesto intersoggettivo, da una trasmissione di significati operata dall'educazione47 , e soprattutto da una modifica nell'inte� resse (o preoccupazione, o esigenza) 48 del soggetto. Un orizzonte è sempre sostenuto da una preoccupazione, la quale è sempre correlata ad una concreta vita coscienziale alle sue operazioni e alla sua massa affettiva. Dentro la modifica di un orizzonte del soggetto vi è sempre un cambiamento anche nella preoccupazio­ ne, e il processo di sviluppo del soggetto si compie per Lonergan nella misura in cui un soggetto passa dalla preoccupazione verso il proprio mondo alla preoccupazione per 'l'universo dell'esse­ re•49_ La differenziazione coscienziale ha il suo vero inizio nel mo­ mento in cui il soggetto passa da un insieme di operazioni imme­ diate, dove gli oggetti sono immediati all'atto, ad un insieme in cui fanno l'ingresso le operazioni mediate, in cui il soggetto opera immediatamente rispetto all'immagine, alla parola, al simbolo, ma mediatamente rispetto a ciò che è significato. E non vi è un L'orizzonte è la 'portata' della preoccupazione (o interesse) del soggetto che determina un dato mondo. Cfr. anche cap. 3, nota 8. 47 Sul ruolo dell'educazione, qui semplicemente accennato, si tornerà in modo specifico nel prossimo capitolo. 48 È necessario fare una precisazione terminologica. Lonergan utilizza, per indicare il significato del termine esistenzialistico di Sorge, diverse parole a seconda delle opere. In Topics in Education egli preferisce utilizzare the concern (la preoccupazione); ma in Method questo termine è usato soltanto per indicare la preoccupazione ultima, e Lonergan preferisce utilizzare, in correlazione ad Horizont, the interest. Inoltre per indicare la diversificazione degli interessi, in correlazione alla strutturazione degli ambiti di signifi­ cato, parla di exigence. Nel presente lavoro ho utilizzato il seguente criterio. Nel capitolo 3 si è utilizzato il termine interesse perché più vicino all'utilizzo comune. Da adesso in poi sarà utilizzato il termine preoccupazione per indicare la Sorge esistenzialista e il termine esigenza per indicare una sua particolare differenziazione. 49 Cfr. LoNERGAN, Comprendere ed essere, pp. 227-231.

46

1.,O SVILUPPO DELLA

COSCIENZA

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unico mondo mediato dal significato. La coscienza, mossa dal sorgere di una pluralità di esigenze, attraverso una pluralità di rnodi di controllo del significato, accede ad una pluralità di ambiti di significato (realms of meaning) 50 a cui corrispondono diversi mondi (worlds) di significato. Una diversa combinazione di ambi­ ti contribuisce a determinare in maniera decisiva il mondo di vita del soggetto. Se, dunque, da una parte la coscienza umana si sviluppa grazie din al amico autostrutturarsi delle operazioni, dall'altra si sviluppa attraverso una progressiva differenziazione dei tipi di esperienza, delle esigenze e, correlativamente, di diversi modi di operare, che 51 intenzionano diversi ambiti di significato • Lo sviluppo non è solo questione di passare da un livello empirico ad un livello responsa­ bile, ma di crescere nella differenziazione e nella integrazione degli ambiti di significato. Crescere non significa soltanto distin­ guere e padroneggiare una serie di operazioni, ma accedere indivi­ dualmente e attraverso la comunicazione degli altri ad una plura­ lità di 'ambiti' e riconoscere all'interno della vita umana (anche della propria) una pluralità di mondi di significato. Lo sviluppo della coscienza è, perciò, per buona parte una questione di 'signi­ ficati'. 50 Nota N. Spaccapelo che il testo di partenza di questa nozione sembra essere Dimen­ sions of Meaning (1965, tradotto in italiano da G.B. Sala con il titolo Dimensioni del significato, in LoNERGAN, Ragione e fede... , pp. 104-122). Di passaggio, però, il termine compare già in The Analogy of Meaning (Montreal 1963). Cfr. SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte•, in MEYNELL, Bernard Lonergan, p. 34, nota 62. 51 Il rapporto e la distinzione tra tipi di esperienza e modi diversi di operare in diversi ambiti di significato non è completamente tematizzato da Lonergan. Si hanno perciò non poche difficoltà a distinguere ed unire le due nozioni di tipo di esperienza e ambito di significato. Avendo come punto di riferimento principale Method valorizzerò d'ora in poi, in primis, la nozione di ambito di significato, ma, come Lonergan stesso fa, terrò ugualmente presente e richiamerò spesso la nozione di tipo di esperienza, considerando, perciò, le due nozioni non sovrapponibili. La differenziazione tra le due nozioni può essere, problematicamente, formulata nel modo che segue. Il tipo di esperienza richiama alcune configurazioni sintetiche della presenza a sé dell'uomo quando ha una certa preoccupazione, biologica, intellettuale, artistica, pratica, religiosa, drammatica, al di là del livello di significato colto dal soggetto. L'ambito di significato richiama invece l'insieme di significati intenzionati da un dato modo di operare; modo legato ad esigenze: ordinarie, teoretiche, critiche, trascendenti, artistiche, letterarie.

170

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANO

Anche al di là della modalità di sviluppo degli ambiti di signi­ ficato che Lonergan descrive (e che presenteremo tra breve) la connessione tra la nozione di significato e lo sviluppo coscienziale rappresenta la vera novità del dopo Insight e il più importante contributo euristico allo studio dello sviluppo umano. Non si può comprendere la vita coscienziale del soggetto e la vita delle cultu­ re, il loro crescere e il loro travaglio, senza prendere in considera­ zione l'aspetto centrale del significare52 e del significato: «la parte principale della vita umana è costituita dal significato, e quindi la parte principale dei movimenti umani ha a che fare con il signifi­ cato» 53 • Per questo egli in Method dedica una capitolo intero alla nozione di significato. 3. La centralità del significato In una relazione tenuta nel 1965, dove anticipa molti contenuti presenti poi in Method, Lonergan esordì in un modo che indicava una nuova consapevolezza nel suo pensiero e soprattutto una presa di distanza radicale da una forma di realismo che riteneva sostanzialmente ingenua. Disse: Il tema di questo saggio è il significato; un tema che, a prima vista, sembrerebbe assai secondario. Ciò che conta è la realtà. Ciò che importa è in primo luogo non il mero significato, bensì la realtà significata. Un'affermazione del genere è indubbiamente esatta, ma fino ad un certo punto. Essa infatti implica, a mio parere, un abbaglio, in quanto che non 52 Si legge in N. Spaccapelo: «Il meaning, la capacità di 'significare' è un pilastro del pensiero e della ricerca di Lonergan fin dai primi studi. Nello studio sul Verbum in san Tommaso il significato umano è connesso con la parola interiore e la parola esteriore(... ). In Insight il significato è studiato nella sua fonte coscienziale intellettuale, cioè l'atto di capire (understanding). Dopo Insight il significato è progressivamente studiato nella sua ampiezza e nella sua funzione essenziale di 'categoria' propria e specifica degli 'studi umani', come l'ermeneutica, l'esegesi, la filosofia e la storia», SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Lonergan, p. 23, nota 47. Spaccapelo individua le seguenti tappe dopo Insighr. Understanding and Being (1958); Time and Meaning (1962); The Analogy of Meaning (1963, inedito); Dimensions of Meaning (1965); World mediated by Meaning(I 972, inedito), Method in Theology(1972). 53 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 158.

LO SVILUPPO DELLA COSCIENZA

171

tiene conto del fatto che la realtà umana, la materia stessa della vita umana per così dire, è non solamente significata, bensì in larga misura costituita dagli atti di significato54 .

Il significato appartiene alla vita umana in quanto umana; esso è, precisa in Method, «incarnato (embodied) o portato (carried) nell'intersoggettività umana, nell'arte, nei simboli, nella lingua, nella vita e nelle opere delle persone»55. Tutti questi elementi sono portatori (carriers) di significato e uniti insieme danno il signifi­ cato incarnato (incarnate meaning). Esso «può essere insieme intersoggettivo, artistico, simbolico, linguistico. È il significato di una persona, del suo modo di vivere, dei suoi atti. Può essere il suo significato solo per un'altra persona, o per un piccolo gruppo, o per un'intera tradizione nazionale o sociale, o culturale, o religio­ sa»s6. 3 .1. Gli elementi del significato Lonergan distingue tre «elementi del significato»: fonti, atti, ter­ mini57 • Le fonti di significato sono tutti gli atti 'consci' e tutti i contenuti 'intesi' sia nello stato di sogno che in qualsiasi altro dei livelli della coscienza desta: empirica, intelligente, razionale, re­ sponsabile. Le fonti possono, però, essere di due tipi: trascenden­ tali e categoriali. Quelle trascendentali sono il dinamismo stesso della coscienza intenzionale, sono 'le nozioni trascendentali' che fondano il nostro sentire, comprendere, giudicare, agire. Le fonti categoriali sono gli atti concreti di esperienza58, di intelligenza, giudizio, decisione, azione. Gli atti di significato sono potenziali, formali, completi, costi­ tutivi (o effettivi), e strumentali.Nell'atto potenziale il significato è elementare. Un significato è elementare quando non è ancora stata raggiunta la distinzione tra l'atto di significare e ciò che è 54 LoNERGAN,

55

56 57 58

LoNERGAN,

Ragione e fede... , p. 104. /1 metodo in teologia, p. 77.

/bi, pp. 92-93. Cfr. ibi, p. 93. In questo caso particolare, per esperienza si intende il li vello della coscienza empirica.

172

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANo

significato. «Tale è il significato del sorriso il quale agisce sempli­ cemente come una causa intersoggettiva determinante, il signifi­ cato dell'opera d'arte prima che sia interpretata dal critico, il significato del simbolo che esegue il suo ufficio di comunicazione interiore senza l'aiuto del terapeuta» 59• L'attoformale di significa­ to è un atto di concepire, pensare, considerare, definire, supporre, formulare. Nell'atto formale si attua la distinzione tra l'atto di significare e ciò che è significato, in quanto «ciò che è significato è ciò che è concepito, pensato, considerato, definito, supposto, formulato»60 . L'atto completo di significato è l'atto di giudicare. È nel giudicare che si determina lo statuto dell'oggetto di pensiero. L'atto costitutivo si verifica con i giudizi di valore, con le decisio­ ni, con le azioni. L'atto strumentale è dato dalla pluralità delle 'espressioni'. Gli atti strumentali «esternano e presentano, perché siano interpretati da altri, gli atti di significato potenziali, formali, completi, costitutivi o effettivi del soggetto» 61 • Il termine di significato è ciò che è significato. Negli atti potenziali, come detto, l'atto e il termine non sono separati. Negli atti formali la distinzione è attuata, ma lo statuto del termine è indifferenziato. Negli atti completi si stabilisce lo statuto del ter­ mine. Nell'atto costitutivo, invece, il soggetto determina il proprio atteggiamento rispetto al termine62• 3.2. Le funzioni del significato Accanto agli elementi, Lonergan distingue diverse 'funzioni' del significato. Una prima funzione è conoscitiva. Il significato allar­ ga il mondo del soggetto, lo pone di fronte non solo a ciò che è presente, «ma anche a ciò che è assente, o passato, o futuro; non soltanto a ciò che è reale, ma anche a ciò che è possibile, ideale, normativo»63• Il significato conduce il soggetto ad un mondo 'di­ verso' dall'immediatezza: il mondo mediato dal significato. «È a Il metodo in teologia, p. 93. /bi, p. 94. Ibidem. Cfr. ibi, pp. 94-95. /bi, p. 96.

59 LoNERGAN, 60 61 62 63

LO

SVILUPPO DELLA COSCIENZA

173

questo mondo, che è più vasto del significato, che noi ci riferiamo quando parliamo del mo!1do reale e nel quale viviamo, giorno per giorno, la nostra vita. E questo mondo più vasto mediato dal significato che noi sappiamo essere insicuro, perché il-significato è insicuro: accanto alla verità c'è, infatti, anche l'errore; accanto ai fatti ci sono le finzioni; accanto all'onestà c'è l'inganno; accan­ to alla scienza c'è il mito» 64 • Una seconda funzione è quella efficiente. Il significato permet­ te di operare, persuadere, comandare, dirigere; permette di trasfor­ mare 'il mondo'. Nota Lonergan: «Gli esploratori dell'America tro­ varono spiagge e terraferma, montagne e pianure, ma hanno co­ perto il continente di città[...]. Tutto questo mondo che è stato ag­ giunto, questo mondo fatto dall'uomo, artificiale, è il prodotto cu­ mulativo, ora pianificato, ora caotico, di atti umani di significato» 65 • Una terza funzione è costitutiva. Il significato costituisce le istituzioni e le culture, e il loro cambiamento è una questione di cambiamento di significato66 . Inoltre il significato dà forma alla vita coscienziale e le modifiche nei significati comportano modi­ fiche nella coscienza del soggetto. «In quanto è costitutivo, entra a costituire parte della realtà di colui che significa: il suo orizzon­ te, le sue capacità assimilative, la sua conoscenza, i suoi valori, il suo carattere» 67• Nella funzione costitutiva del significato, la liber­ tà umana raggiunge il suo culmine68. È nella funzione costitutiva che «viene alla luce il soggetto esistenziale il quale scopre da se stesso che tocca a lui decidere cosa fare di se stesso. È lì che gli individui si scindono in fazioni, che le culture fioriscono e si avviano al declino, che la causalità storica esercita il suo potere» 69 • Ragione e fede ..., p. 106. Il metodo in teologia, pp. 97-98. 66 «Si può cambiare lo stato riscrivendo la sua costituzione, più sottilmente ma non meno efficacemente lo si può cambiare reinterpretando la costituzione o, in altro modo, influen­ do sulla mente e sulla volontà dei cittadini, così da cambiare gli oggetti che ispirano loro stima, impegnano la loro fedeltà, infiammano la loro realtà», LoNERGAN, Ragione e fede ..., p. 107. 67 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 374. 68 Cfr. LONERGAN, Ragione e fede..., p. 108. 69 Ibidem. 64

LoNERGAN,

65 LoNERGAN,

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANi

ft.No

Una quarta funzione è comunicativa. Ciò che uno intende viene comunicato all'altro attraverso una pluralità di 'portatori,' così che il significato di un singolo può diventare significat� comune. L'unione della funzione costitutiva e di quella comunica. tiva dà origine a tre nozioni chiave: comunità (community), esi­ stenza (existence), storia (history). La comunità è l'opera di un significato comune, potenziale ' formale, attuale, attuato: Il significato comune è potenziale quando c'è un campo comune di esperienza; uscire da questo campo comune è perdere il contatto. Il significato comune è formale quando c'è un'intelligenza (understan­ ding) comune; da questa intelligenza comune ci si allontana quando non ci si capisce più (misunderstanding), quando c'è incomprensione, quan­ do c'è incomprensione reciproca. Il significato comune è attuale nella misura in cui ci sono giudizi comuni, aree comuni nelle quali tutti affermano e negano allo stesso modo; da questo giudizio comune ci si allontana quando non si va d'accordo, quando si considera vero ciò che altri ritengono falso, e falso ciò che per altri è vero. Il significato comune è attuato mediante decisioni e scelte70 •

L'esistenza è la configurazione concreta che un individuo dà alla sua vita attraverso la comprensione, il giudizio e la scelta di significati dentro un contesto già carico di significati. «È soltanto in relazione ai significati comuni effettivamente disponibili che l'individuo cresce nell'esperienza, nell'intelligenza, nel giudizio, fino a che arriva a scoprire da sé che tocca a lui decidere che cosa fare di se stesso»7 1• Infine, la storia è «quella corrente di realtà umana, unica e molteplice, costante e mutevole, dinamica e dialettica» 72 caratte­ rizzata da un succedersi e da un accumularsi di significati, diversi da persona a persona, da ambiente ad ambiente73• 70 LoNERGAN,

Il metodo in teologia, p. 99. 71 Ibidem. 72 L'espressione è di N. Spaccapelo. Cfr. SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'oriz­ zonte', in MEYNELL, Bernard Lonergan, p. 25. 73 Per un primo quadro di riferimento sullo sviluppo del pensiero lonerganiano sulla storia, cfr. ibi, p. 25, nota 50.

t,O

5VILUPPO DELLA COSCIENZA

175

4. Lo sviluppo coscienziale del soggetto e gli ambiti di significato Al punto in cui siamo giunti, prima di affrontare nei dettagli lo sviluppo coscienziale descritto da Lonergan, è necessario rimette­ re in evidenza, a mo' di prima sintesi e nuova premessa, gli elementi fino ad ora emersi, che possiamo considerare come fatto­ ri portanti per lo sviluppo della coscienza. a) Il dinamismo delle operazioni della coscienza e il loro pro­ gressivo differenziarsi in 'livelli' che si organizzano in strutture operative sempre più comprensive ed integrate; b) il dinamismo della vita affettiva, che solo in parte è coscien­ ziale, e che rappresenta la 'massa energetica' della vita conscia; c) il differenziarsi della preoccupazione; d) lo strutturarsi dell'esperienza in tipi fondamentali di espe­ rienza; e) il contesto intersoggettivo (sociale, storico, culturale) del soggetto e suoi stessi cambiamenti; f) la crescita del significato, la differenziazione della elabora­ zione e del 'controllo' del significato, e la progressiva costituzione di ambiti. 4.1. Il mondo immediato Prima della comparsa di un mondo mediato dal significato (world mediated by meaning) sta il mondo immediato (world of imme­ diacy) proprio del bambino che non sa ancora parlare (dell'infante in senso etimologico). Lonergan lo descrive così in Method: È il mondo di ciò che è sentito, toccato, afferrato, succhiato, veduto, udito. È il mondo dell'esperienza immediata, del dato in quando dato, dell'immagine e dell'affetto senza nessuna intromissione rilevabile da parte dell'intendimento o del concetto, della riflessione, o del giudizio, della deliberazione, o della scelta. È il mondo del piacere e della soffe­ renza, della fame e della sete, del mangiare e del bere, della collera, della soddisfazione, del sonno74 .

74

LoNERGAN,

Il metodo in teologia, p. 96.

176

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANo

Il mondo immediato è «del tutto indipendente da domande e risposte»75• In esso, perciò, il significato non tanto è assente quan­ to non è ancora oggettivato. È elementare «come il significato di un sorriso prima della fenomenologia del sorriso, o il significato nello schema puramente esperienziale prima della sua espressione in un'opera d'arte» 76• Il significato elementare, infatti, è dato con la vita. È proprio dell'intersoggettività intrinseca alla vita umana, è del tipo estetico di esperienza prima della 'organizzazione' in un opera d'arte, del simbolo quando l'uomo immagina e percepisce77. In quanto il significato è ancora elementare, in questo mondo l'oggetto non ha un nome né è descritto [...]. Tale oggetto è già, fuori, là, ora, reale. È già (already): è dato anteriormente a ogni domanda intorno ad esso. È fuori (out): è infatti l'oggetto di una coscienza estroversa. È là (there) come gli organi di senso, così anche gli oggetti sentiti sono spaziali. È ora (now): il tempo delle sensazioni infatti scorre parallelamente al tempo di ciò che è sentito. È reale (real): è intimamente connesso con la propria vita e con le proprie azioni, e quindi deve essere reale al pari di queste78 .

Il mondo dell'immediatezza non appartiene solo al bambino che non sa ancora parlare, ma in esso «cerchiamo di ritirarci quando desideriamo scordare il mondo mediato dal79 significato, quando ci rilassiamo , giochiamo, riposiamo» 80•

15 !bi, p. 279. 16 /bi, p. 87. 77 È bene qui ricordare che, secondo Lonergan, l'intersoggettività, l'arte, il simbolo sono, assieme alla lingua, i principali portatori di significato. Cfr. ibi, pp. 77-93. 78 !bi, pp. 279-280. Lonergan, correttamente, precisa che una simile descrizione dell'og­ getto del mondo immediato è fatta dal mondo mediato del significato. Inoltre mette in luce come l'assunzione dell'oggetto del mondo immediato per tutto il mondo dell'essere porta al mito del conoscere come vedere e alle sue conseguenze. 79 La traduzione originale italiana dice «del significato», ma si tratta evidentemente di un errore di stampa in quanto l'originale inglese è «the world mediated by meaning». Cfr. Method on Theology, I 972, p. 263. 80 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 279.

LO SVILUPPO

DELLA COSCIENZA

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4.2. La comparsa del linguaggio e il suo sviluppo Una prima differenziazione della coscienza si ha quando il sogget­ to incomincia a parlare. Quando comincia a scomparire «l'infan­ te» s1 : Fino a che uno è infante, cioè, nel senso etimologico del termine, non parla, è impegnato nell'imparare a sviluppare, differenziare, mettere insieme, raggruppare in sintesi sempre più ampie le proprie capacità di operare coi movimenti [... ]. Quando l'udire e il parlare cominciano a svilupparsi, si rivolgono agli oggetti presenti, per cui il significato è dapprima limitato al mondo dell'immediatezza, a un mondo[...] che non sembra essere meglio conosciuto per il fatto di non essere solamente oggetto di esperienza, ma anche significato. In questi casi tutto sembra dar ragione alla tesi secondo la quale la realtà viene prima, mentre il significato è affatto secondario. Man mano però che il dominio e l'uso della lingua si sviluppano si verifica un'inversione dei ruoli82 •

La comparsa del linguaggio (language) comporta la comparsa di nuove capacità di elaborare, controllare, comprendere, comunica­ re il significato. Infatti, «incorporandosi nel linguaggio, cioè un insieme di segni convenzionali, il significato trova la sua più grande liberazione» 83. Il linguaggio è il veicolo nel quale il signi­ ficato diventa più pienamente articolato84 . Attraverso esso, il sog­ getto è aperto a ciò che è passato, a ciò che è lontano, a ciò che potrà accadere, ai ricordi di altri uomini, alle pagine delle lettera­ ture, alle fatiche degli studiosi, alle ricerche degli scienziati, alle meditazioni dei filosofi. Il linguaggio di un individuo, nella sua forma concreta, è plasmato dal linguaggio dell'ambiente. Esso infatti esercita nei confronti degli individui, di un determinato ambiente, il ruolo di guida. «Sceglie gli aspetti delle cose che sono messi in primo 81 «U na prima differenziazione della coscienza si forma quando l'infante comincia a parlare». È un passaggio di una relazione del 1972, successiva alla stesura di Method, pubblicata con il titolo Lafilosofia di Dio, in LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 28. 82 LoNERGAN, Ragione e fede... , pp. 104-105. 83 /bi, p. 89. 84 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 132.

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIAN

Q

piano, le relazioni tra le cose che sono evidenziate, i movimenti e i cambiamenti che esigono attenzione» 85• Laforma concreta del linguaggia86 modella lo sviluppo della coscienza ed insieme strut­ tura il mondo attorno al soggetto. «Gli avverbi e gli aggettivi spaziali mettono in relazione i diversi luoghi col luogo di colui che parla. I tempi dei verbi mettono in relazione i tempi con il suo presente. I modi corrispondo alla sua intenzione; quella di deside­ rare, o di esortare, o di comandare, o di dichiarare»87 • Il linguaggio, plasmato dal linguaggio ambientale, non sorge, come è noto, improvvisamente. Il soggetto vive da subito una comunicazione, fondata sulla intersoggettività umana e sugli altri portatori di significato, ed è questa comunicazione che sostiene lo strutturarsi del linguaggio fino al momento in cui il soggetto ha assunto la capacità di utilizzare una data lingua. Anche il linguag­ gio ha un suo sviluppo che, secondo Lonergan, porta alla forma­ zione di tre tipi di linguaggio: «ordinario , tecnico, letterario»88 . Il linguaggio ordinario (ordinary) è quello della vita quotidia­ na. È la lingua degli ambienti di vita: della casa, della scuola, dell'industria e del commercio, dei mass media, della conversa­ zione casuale. «Siffatta lingua è passeggera; esprime il pensiero del momento, al momento, e per il momento. È ellittica. Sa che basta un leggero cenno e che un'esposizione per intero è superflua e servirebbe solo ad irritare» 89• In questo linguaggio, il significato è elaborato secondo il 'senso comune', cioè secondo «un nucleo di intelligenze abituali tali che l'aggiunta di una o due intelligenze

/bi, p. 90. In Method, nelle pagine dedicate al significato linguistico, Lonergan usa indifferente­ mente language per indicare la capacità e l'attività linguistica dell'uomo. Il traduttore italiano, G.B. Sala, traduce a volte con linguaggio (quando il contesto richiama un significato generale del termine) e a volte con lingua (quando il contesto richiama un determinato linguaggio). Qui ho preferito usare la formula/onna concreta del linguaggio

85

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per indicare lo stretto legame tra il ruolo generale del linguaggio e la sua forma concreta legata ali'ambiente. 87 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 90. 88 Cfr. ibi, p. 9L 89 Cfr. ibidem.

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supplementari permette di capire qualsiasi situazione in una serie aperta di situazioni concrete»90• Il linguaggio tecnico (technica[) è il linguaggio legato a dei compiti e dei gruppi specifici; le sue parole sono «termini tecnici» (the technical words). Esso sorge come differenziazione di quello ordinario già all'interno dell'ambito del senso comune e subisce ulteriori specificazioni «quando l'intelligenza umana passa dallo sviluppo secondo il senso comune allo sviluppo teoretico, quando l'indagine è istituita per amore dell'indagine stessa, quando la logica e il metodo sono formulati, quando si stabilisce una tradi­ zione erudita, quando diversi rami si distinguono, e le specializza­ zioni si moltiplicano»91 • Il linguaggio letterario (literary) costituisce un terzo genere. Esso è radicato nel linguaggio ordinario, ma mentre questo è «passeggero», il linguaggio letterario è «duraturo». La sua funzio­ ne è composita: «si propone di far sì che colui che ascolta o legge non soltanto capisca, ma anche senta»92• Il linguaggio letterario che, nella sua forma strutturata «tende ad ondeggiare in qualche posto a metà tra la logica e il simbolo»93 , ha la sua radice nella caratteristica umana di esprimersi per simboli. Prima di un'inter­ pretazione di un linguaggio letterario vi sta la sua realtà che è, nelle sue origini, simbolica. «Affermare con Vico la priorità della poesia94 è affermare che lo spirito umano si esprime in simboli prima ancora di sapere, se mai arriva a saperlo, quale sia il signi­ ficato letterale di questi simboli; è aprire la via a mettere da parte la definizione classica dell'uomo come animale ragionevole, per definire invece l'uomo come animale simbolico con i fenomeno­ logi della cultura, o come spirito incarnato con i personalisti»95. 9 0

Cfr. ibidem. All'ambito del senso comune sarà dedicata un'attenzione specifica tra poco. 91 /bi, p. 92. 92 Ibidem. 93 Ibidem. 94 Ibidem, Lonergan precisa: «Con Giambattista Vico noi sosteniamo quindi la priorità della poesia». 95 LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 117.

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Come detto, la comparsa del linguaggio segna, in modo esem­ plare, l'ingresso dell'individuo nel mondo mediato dal significato in quanto permette al soggetto una elaborazione ed un controU� del significato e lo apre contemporaneamente ad una pluralità di ambiti, primariamente quello del senso comune. Prima di descri­ vere questi ambiti è però indispensabile precisarne i caratteri di fondo. 4.3. Gli ambiti di significato: caratteri di fondo «Esigenze differenti danno origine a modi differenti di operazione conscia e intenzionale, e modi differenti di tale operazione danno origine ad ambiti diversi di significato» 96 • Secondo Lonergan, dunque, la dinamica coscienziale del sog­ getto rivela nel suo svilupparsi, a contatto con la realtà, una molteplicità di esigenze. Egli, in Method, parla esplicitamente di tre: quella sistematica, quella critica, quella trascendente. Le dif­ ferenti esigenze danno origine non ad operazioni diverse, ma a 'modi differenti di operazioni consce ed intenzionali' in cui si diversifica il modo di elaborare, comprendere, giudicare, comuni­ care il significato97 . Questi modi differenti, al cui centro possiamo collocare un peculiare modo di conoscere, vengono a costituire ambiti diversi di significato98 e i corrispettivi mondi99 • In questa logica, la coscienza si differenzia attraverso uno specificarsi ed integrarsi di ambiti di significato diversi. Lonergan individua quattro ambiti di significato principali: senso comune LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 101. «Gli uomini hanno idee diverse secondo la diversità dei tempi e dei luoghi. Ora il fatto che sottostà a questa diversità è ciò che io chiamo la differenziazione della coscienza. La mente umana è sempre la stessa, ma le tecniche di cui essa si serve si sviluppano con il passare del tempo», ibi, p. 28. 98 N. Spaccapelo, commentando lo stesso brano da noi riportato all'inizio del paragrafo, presenta questa sequenza: «l) soggetto; 2) operazioni consce ed intenzionali; 3) esi­ genze differenti; 4) modi di operazioni differenti; 5) ambiti differenti; 6) mondi differenti; 7) universo dell'essere», SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Lonergan, p. 33, nota 62. 99 Ambito come mondo richiama il 'prodotto' di un modo di operare. Nel contesto di Method, però, ambito è spesso usato in funzione sintetica per indicare insieme modo e prodotto. E in accezione sintetica è usato, a volte, anche nel presente studio. 9

6

97

LO SVILUPPO DELLA COSCIENZA

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(common sense), teoria (theory), interiorità (interiority), trascen­ denza (trascendence) w0• Ma ad esso aggiunge anche: arte (art) e scholarship w 1 • Questi ambiti, lo vedremo, non sono alternativi, possono invece essere compresenti e il dominio di uno sull'altro comporta una diversa caratterizzazione (una diversa forma) della coscienza del soggetto. Definendo la coscienza caratterizzata solo dal senso comune come coscienza indifferenziata, ed invece coscienza differenziata qualsiasi coscienza caratterizzata anche da un altro ambito, Loner­ gan ritiene che «se si considerano solo le combinazioni matemati­ camente possibili, si possono elencare trentun tipi di coscienza differenziata» w2 • Nella descrizione degli ambiti che egli fa, e che prenderemo in esame tra poco, egli precisa che prende le sei differenziazioni, una per ciascuna, nella consapevolezza che la realtà coscienziale è in realtà una combinazione composita di questi ambiti.

4.4. L'ambito del senso comune e la coscienza 'indifferenziata' Il primo ambito di significato a cui la coscienza approda è quello del senso comune. Esso «è l'ambito delle persone e delle cose nelle relazioni che hanno con noi» w3, è l'ambito del particolare, del non sistematico, del concreto w4• L'esigenza che muove questo ambito è l'esigenza legata alla gestione ordinaria e pratica della vita dove «ognuno deve affron­ tare continuamente cose, persone, situazioni concrete e particola­ ri» ws. Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, pp. 101-105; 282; 290; 305. Cfr. ibi, p. 305. Il termine scholarship è rimasto in lingua originale anche nella traduzione italiana. 102 /bi, p. 290. ioJ /bi, p. 101. 104 Per un approfondimento della nozione di senso comune, centrale in Lonergan, cfr. il cap. v1 e il cap. vn di L'intelligenza: Il senso comune e il suo soggetto; Il senso comune 100 101

come oggetto.

105 LoNERGAN,

Comprendere ed essere, p. 117.

182

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIANQ

In quest'ambito è attivo un modo di operare, un modo di elaborare il significato, caratterizzato da un nucleo di intellezioni che permettono ad una persona di affrontare le situazioni che si presentano nella vita di tutti i giorni. Questo modo di elaborazione si costituisce e si arricchisce attraverso un processo autocorrettivo di apprendimento (a self-correcting process of learning) nel quale «gli atti di intelligenza generalmente si accumulano, si fondono, si precisano e si correggono a vicenda, fino a che siamo arrivati al punto in cui siamo in grado di affrontare le situazioni man mano che si presentano» 106• Questo processo che è spontaneo 107, ma è sostenuto dal contesto di vita, tende ad un limite nel quale il soggetto possiede un nucleo abituale di intellezioni; questo nucleo permette di affrontare qualsiasi situazione con l'aggiunta di pochi atti di intellezione più pertinenti alla situazione stessa. Il processo autocorrettivo è «un circuito» 108 in cui le intellezioni rivelano le loro deficienze e stimolano ad intelligenze complementari. In questo primo ambito di significato, tutte le operazioni, nel loro progressivo strutturarsi, sono all'opera. Il soggetto fa atten­ zione, capisce, giudica, sceglie, ma solo in relazione ad un suo mondo ordinario. «Il senso comune pensa e parla, propone e agisce nei riguardi non di ciò che è generale, ma di ciò che è particolare e concreto». Per questa sua natura, il modo di operare del senso comune non cerca definizioni generali, bensì una com­ prensione pratica. Esso «conosce il significato delle parole di cui si serve non perché ne possegga le definizioni valevoli omni et soli ma, come direbbero gli analisti del linguaggio, perché capisce come le parole possono venire usate con proprietà» 109• È l'ambito in cui, come quello degli ateniesi che rimanevano senza parole di fronte alla richiesta 'teoretica' di Socrate 1 1 0, non sono prodotti principi pertinenti per ogni caso possibile, quanto piuttosto gene­ ralizzazioni pratiche, il cui esempio più preciso è rappresentato !06 LoNERGAN, 107 108 109

11

°

Il metodo in teologia, p. 101. Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, p. 210. Ibidem. LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 322. Cfr. LoNERGAN, Ragione e fede... , pp. 108-110.

1.,O SVILUPPO DELLA COSCIENZA

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dai proverbi, «i quali enunciano ciò che può essere utile tener presente, e di solito sono completati da un consiglio contradditto­ 111 rio. 'Prima di saltare, guarda'; 'chi esita è perduto'» • Essendo legato a situazioni particolari, il senso comune varia secondo il luogo, il tempo, le situazioni di vita. Non è comune a tutti gli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi, bensì ai membri di una comunità che riescono a comunicare abitualmente l'un l'altro. È la ristrettezza delle intellezioni vincolate al senso comu­ ne che fa considerare bizzarra, strana, illogica (e affettivamente pericolosa) la 'diversità'112. Legato ad un ambiente particolare, il senso comune è caratte­ rizzato da una vastissima differenziazione interna. Ogni differen­ za geografica, professionale, sociale segna la variazione del senso comune. Ciò significa che « ciò che è comune al senso comune non è il suo contenuto, ma il suo procedimento. In ognuna delle moltissime qualità c'è un caratteristico processo autocorrettivo di apprendimento»113 • In quanto contiene elementi che possono essere successiva­ mente differenziati, l'ambito del senso comune da solo costituisce ancora una coscienza indifferenziata dove la tensione intellettua­ le, morale, amante del soggetto sono all'opera, ma comprese dal soggetto in modo ancora indistinto. Anche il linguaggio, benché si faccia vario e duttile e si differenzi in forme ordinarie, tecniche, letterarie, rimane ancorato maggiormente a ciò che è spaziale, specifico, esterno, umano, più che a ciò che è temporale, generico, interno, trascendente114. L'ambito del senso comune costituisce la base per le successi­ ve differenziazioni. Da esse è rimodellato, integrato, ma mai sosti­ tuito. In ogni soggetto vi è, perciò, sempre un ambito di senso comune. 111 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 245. Tra i molti esempi di proverbi italiani, si può ricordare la coppia: 'tentare non nuoce'; 'chi troppo vuole nulla stringe'. 112 « La gente di una nazione è strana per quella di un altra nazione. Se andate n Europa potreste trovare strana la gente, e lì la gente potrebbe trovare strani voi, perché esistono varie specializzazioni di senso comune», in LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 123. 113 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 321. 114 Cfr. ibi, p. 274. Cfr. anche pp. 128-130 e Ragione e fede... , pp. 28-29.

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIAJll

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4.5. L'ambito della teoria e la coscienza teoretica La vita ordinaria, lo strutturarsi delle operazioni, lo sviluppo del linguaggio generano un'esigenza sistematica (systematic exigen. ce)115 paradigmaticamente rappresentata, nella storia del pensiero dal domandare di Socrate dei dialoghi platonici. Essa cerca nei dati una connessione, un rapporto, cerca, appunto, una sistematicità. L'esigenza sistematica fonda l'ambito della teoria dove «le cose sono concepite e conosciute non secondo le relazioni che hanno con il nostro apparato sensoriale o con i nostri bisogni e i nostri desideri, ma secondo le relazioni costituite dalle azioni uniformi che esercitano tra di loro» 1 16. L'ambito della teoria comporta la comparsa della coscienza teoretica117 caratterizzata da un modo di operare dove il significato è elaborato e controllato attraverso la ricerca di connessioni, ricor­ renze, schemi, definizioni formali. L'ambito della teoria apre la coscienza del soggetto al mondo delle astrazioni, delle formula­ zioni, delle definizioni, delle verifiche rigorose, alla comprensio­ ne dei termini e delle teorie scientifiche, alla comprensione delle riflessioni filosofiche. Il linguaggio si fa più specialistico e si allontana sempre di più dal senso comune, costruendo «un mondo che è completamente diverso dal mondo del senso comune»118 • Il soggetto che opera secondo la coscienza teoretica, elabora e comprende i termini tecnici, ne fissa e ne coglie le loro mutue relazioni, costruisce modelli e li adatta fino al raggiungimento di una visione ben ordinata e sistematica. L'ambito della teoria ha subìto nel corso dei secoli successive differenziazioni e specializzazioni interne, raccontate dalla storia della filosofia e della scienza. Lonergan riconosce in questo pro­ cesso due fasi fondamentali. La prima è data dal pensiero classico in cui la teoria è fondata sulla filosofia. I termini e le relazioni di base appartengono al pensiero filosofico e si presentano come universali e necessari; le altre scienze sono fondate su questo 115 116

117 118

Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 101. !bi, pp. 274-275. Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 292. Cfr. LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 117.

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primo sistema. La seconda fase è data dal pensiero moderno in cui la scienza acquisisce una propria autonomia teorica con la costitu­ zione di termini e relazioni propri. Nella stessa scienza, inoltre, con l'avvento delle geometrie non euclidee, con la teoria dei quanti, si è assistito ad una modifica dei termini e delle relazioni di base, non più considerati necessari, ma probabili. Le diverse forme che l'ambito della teoria assume si basano comunque sulla stessa esigenza sistematica e su un analogo modo di operare che cerca di comprendere, definire, giudicare le corre­ lazioni, le frequenze, gli schemi formali della realtà. Lonergan ripete spesso che, mentre il mondo del senso comune è il mondo delle cose in relazione con noi, quello della teoria è il mondo delle cose in relazione tra di loro. In realtà anche nel senso comune le cose sono comprese nel loro rapporto, ma ciò che cambia è il modo: II senso comune riferisce le cose l'una all'altra, non si limita a riferire ogni singola cosa a se stesso. Tutto l'artigianato, che implicava l'uso degli attrezzi e strumenti, fiorì prima di una qualche introduzione signi­ ficativa della scienza nel vivere pratico. Nell'uso che il senso comune fa degli attrezzi, le cose sono in relazione tra loro, ma queste relazioni, se le esaminiamo, si basano ultimamente sulle relazioni delle cose a noi, e ciò avviene in un modo che non si ha nelle relazioni scientifiche delle cose tra di loro. Noi cominciamo sempre dalle relazioni delle cose a noi, da quelle che alcuni odierni analisti della scienza chiamano 'relazioni epi­ stemiche'. Ma la scienza progredisce e giunge al punto in cui si occupa principalmente di quelle chiamate 'relazioni formali', cioè relazioni che si formano tra le cose stesse, considerate a prescindere da noi; le cose, in questo modo, vengono definite da quelle relazioni che esse hanno tra di loro119 .

Il mondo della teoria è distinto dal mondo del senso comune, ma su di esso appoggia. Infatti «è costruito (constructed) solo attra­ verso un uso multiforme della conoscenza di senso comune e del linguaggio ordinario» 120 , i quali costituiscono una sorta di «impal­ catura» (the scaffolding) per entrare nel mondo della teoria. 119 !bi, p. 119. 120

LONERGAN,

Il metodo in teologia, p. 276.

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No

4.6. L'ambito dell'interiorità e la coscienza critica Accanto ad un'esigenza sistematica, che cerca connessioni uni­ versali e definizioni, sta un'esigenza critica; anzi: «rispondere all'esigenza sistematica non fa che rafforzare l'esigenza criti­ ca» 121 • La coscienza del soggetto è posta di fronte alle tre domande fondamentali: Che cosa faccio quando conosco? Perchéfare que­ sto è conoscere? Che cosa conosco quando faccio questo? Le domande per l'intelligenza, per la ragione, per la decisione, tutte le domande 'per l'esistenza' che già operano e sono tematizzate negli altri ambiti, trovano, allora, una nuova tematizzazione nella prospettiva di una coscienza che interroga se stessa. In forza di questo domandare il soggetto si introduce nell'ambito dell'inte­ riorità dove egli intenziona la propria soggettività, le proprie ope­ razioni, la loro struttura e dinamica. Egli «individua nell'esperien­ za personale i propri atti consci e intenzionali e le relazioni dina­ miche che li connettono l'un l'altro»' 22 . I termini e le relazioni sono di nuovo modificati: non sono più le cose in un rapporto concreto e particolare con il soggetto, o le nozioni scientifiche e filosofiche, ma la vita coscienziale stessa. Anche il senso comune e l'ambito della teoria trattano la co­ scienza intenzionale, ma in un modo diverso. Il modo operativo dell'ambito dell'interiorità è l'intensificazione delle proprie ope­ razioni consce ed intenzionali, è la progressiva esplicitazione del metodo trascendentale, che conduce ad una appropriazione di sé. Mentre il passaggio dal senso comune alla teoria ci fa entrare in entità di cui non abbiamo esperienza diretta, il passaggio all'inte­ riorità ci fa avanzare dalla coscienza di noi stessi alla conoscenza di se stessi. L'ambito dell'interiorità è il passaggio cruciale per poter esercitare un'auto-appropriazione e per poter comprendere la dinamica coscienziale in tutta la sua complessità e in tutto il suo polimorfismo. L'ingresso nell'ambito dell'interiorità rappresenta una nuova differenziazione coscienziale. La coscienza del soggetto si fa cri121 /bi, p. 103. 122 /bi, p. 323.

t,O

5Vil,UPPO DELLA COSCIENZA

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tica' 23, in quanto egli «è consapevole dei suoi diversi tipi di opera­ zione e delle relazioni dinamiche secondo le quali la molteplicità 1 24• è organizzata così da permettere il funzionamento del tutto» La centralità dell'interiorità ha in Lonergan diverse fonti. Essa o è s stenuta certamente dagli stimoli della filosofia moderna, ma si radica negli studi degli scritti di Agostino e Tommaso 125 • Consape­ vole del rischio di usare termini come 'interno' ed 'esterno', Lonergan non oppone un interiore ad un esteriore quanto piuttosto un 'sempre più consapevole' ad un 'non consapevole'. Se è vero che Cartesio inaugura l'età moderna, (anche) con una estremizza­ zione della metafora dell'interiorità che rende totalmente autono­ ma la dimensione della soggettività rispetto alle cose e al mondo «esterno» 126, allora Lonergan si distacca da questa tradizione per una visione in cui la soggettività e il rapporto con il mondo sono strettamente uniti. Il modo di operare dell'interiorità, caratterizza­ to da un progressivo intendere, comprendere (in parte scegliere) le proprie operazioni, rappresenta l'elemento fondamentale di unione. Lonergan ritiene che la filosofia sia strettamente connessa con questo ambito di significato. L'ambito dell'interiorità è infatti diventato, con il sorgere delle scienze autonome, il suo oggetto peculiare di studio: Ora la nascita delle scienze autonome ha ripercussioni sulla filosofia. Poiché le scienze tra di loro si assumono il compito di spiegare i dati sensibili, si potrebbe concludere con i positivisti che la filosofia non ha nulla da dire. E poiché la filosofia non ha nessuna funzione teoretica, si potrebbe concludere, con gli analisti del linguaggio, che la funzione della filosofia è di elaborare un'ermeneutica, allo scopo di chiarire la diversità locale del linguaggio quotidiano. Ma rimane la possibilità- ed è quella per la quale noi optiamo - che la filosofia non sia né una teoria del tipo della scienza, né una forma in qualche modo tecnica del senso 123 Lonergan non parla esplicitamente di coscienza critica in rapporto all'ambito dell'in­ teriorità. Mi sembra però che nel tentativo di individuare ad ogni ambito una formulazione della coscienza, la dizione 'coscienza critica' non tradisca le intenzioni dell'autore. 124 /bi, p. 299. 125 Per la stretta connessione tra la riflessione sull'interiorità di Lonergan e il pensiero di Agostino e Tommaso, cfr. in particolare LoNERGAN, Conoscenza ed interiorità. 126 Per questa tesi cfr. D1 FRANCESCO, Introduzione alla filosofia della mente, pp. 54-55.

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGA" "1ANo

comune, e neppure una specie di sapienza presocratica. La filosofia tro i suoi dati nella coscienza intenzionale. La sua funzione primaria è que�a di promuovere l'auto-appropriazione la quale va alla radice delle difl a renze e delle incomprensioni filosofiche. Essa esercita inoltre del�­ funzioni secondarie: distinguere, mettere in connessione, fond are i di� versi ambiti del significato e, non meno, fondare i metodi delle scienze e così promuovere la loro unificazione 127 •

4.7. L'ambito della trascendenza e la coscienza religiosa Secondo Lonergan, l'uomo è segnato originariamente da una di­ namica di autotrascendenza (self-trascendence), da una capacità di intendere un valore ultimo. Questo intendere illimitato si decli­ na attraverso le nostre nozioni trascendentali, si tematizza, catego­ rialmente, attraverso la formulazione delle domande, e «diventa realtà quando ci si innamora» (that capacity becomes an actuality when onefalls in love) 128• Lo stesso innamoramento ha però diver­ se forme e la sua forma massima nell"essere innamorati di Dio' (being in love with God). Ma anche la forma più alta di innamora­ mento è un dono la cui esperienza, comprensione, tematizzazione non sono mai concluse 129• In ragione di questa dinamica sempre aperta, l'intendere illimi­ tato genera nella coscienza un'esigenza trascendente (trascendent exigence)130 , un anelito, un desiderio, una direzione verso l'illimi­ tato e il divino. In quanto legato intrinsecamente alla dinamica propria della coscienza umana, questo anelito accompagna sem­ pre l'esperienza umana. Solo però quando esso è assunto dal soggetto in quanto tale, cioè come desiderio dell'assoluto, distinto in qualche modo da altri desideri e valori, da altri mondi mediati dal significato, comincia a sorgere la differenziazione secondo l'ambito della trascendenza. Tale ambito, inoltre, acquista un'identità più precisa quando lo stesso modo di operare delle operazioni si specifica rispetto al suo 'oggetto'. La progressiva 127 128 129 13

°

LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 114. Cfr. ibi, p. 124. Cfr. ibi, p. 130: «L'au totrascendenza dell'uomo è sempre precaria». Cfr. ibi, p. 103.

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differenziazione di questo ambito porta alla progressiva costitu­ zione di una coscienza religiosa distinta e collegata con altre figure coscienziali. Dire ambito della trascendenza significa perciò richiamare una diversità di modi di consapevolezza dell'esperienza del divino. 131 possiamo distinguerne almeno due : un modo iniziale e uno rnaturo. Il modo iniziale dell'ambito della trascendenza caratteriz­ za lo stato del soggetto segnato dall'esperienza del mysterium Jascinans et tremendum di cui parla R. Otto e dalla, più o meno tematizzata, domanda su Dio. L'esperienza umana del mysteriumfascinans et tremendum è la prima forma di risposta intenzionale dell'uomo al valore tra­ scendentale. Essa è una risposta che si impone alle operazioni consce con tutto il carico affettivo e il suo esprimersi simbolico. Nella sua forma generale è comune a tutti gli uomini. Anche la domanda su Dio è, per Lonergan, universale: La domanda intorno a Dio, si trova quindi entro l'orizzonte dell'uomo. La soggettività trascendentale dell'uomo è mutilata o soppressa se questi non si protende verso l'intelligibile, l'incondizionato, il bene del valore. La portata non di ciò che egli raggiunge, ma di ciò verso cui tende è illimitata. Entro il suo orizzonte si trova una regione per il divino, un santuario per una santità ultimale. Questo non può essere ignorato. L'ateo lo potrà dichiarare vuoto. L'agnostico potrà insistere nell'asserire che la sua ricerca non è approdata a nessuna conclusione. L'umanista di oggi si rifiuterà di permettere che la domanda sorga. Ma tutte queste negazioni presuppongono la scintilla entro la nostra argilla, il nostro orientamento innato verso il divino 132 .

Nel suo stato iniziale, l'ambito della trascendenza è strettamente connesso con l'ambito di senso comune, e anche il suo modo di operare e di esprimersi risente di questo forte legame. Lo stato maturo dell'ambito della trascendenza è l'esperienza di «una coscienza innamorata, di un amore che non conosce riserve, o condizionamenti, o restrizioni. Per questo amore essa è 131 132

Questa distinzione non è fatta da Lonergan, ma ritengo sia fedele al suo pensiero. Cfr. ibi, p. 123.

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIA.N

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orientata positivamente verso ciò che è trascendente nell'amabili­ tà» 133 • Il modo di operare di questo ambito è rappresentato, nena suaforma ultima, dal silenzio orante del mistico 134 • L'esperienza dell'amore illimitato (anche senza raggiungere la sua forma ulti­ ma) orienta il soggetto verso un intendere assoluto dell'amabile e ridisegna l'orizzonte del soggetto nella sua interezza. Tra lo stato iniziale e lo stato maturo la strutturazione dell'am­ bito della trascendenza può percorrere almeno due strade. Una prima strada è quella della domanda. Sollecitato dall'esperienza di trascendenza insita nel suo intendere la realtà, il soggetto doman­ da del proprio domandare. La domanda sul proprio ricercare l'in­ telligibilità, la razionalità, la moralità, l'altro dell'amore costitui­ sce la «domanda su Dio» 135 • Ma questa prima strada si presenta limitata se non si interseca con una seconda, quella decisiva: l'esperienza del mysterium tremendum et fascinans come amore illimitato, l'esperienza della realizzazione della trascendenza nell'amore di Dio. L'ambito della trascendenza non è rigidamente successivo ali'ambito dell'interiorità o della teoria. Anzi, generalmente nel suo modo iniziale si accompagna presto alla differenziazione se­ condo il senso comune e può diventare maturo senza passare da una chiara differenziazione secondo l'ambito della teoria o della interiorità. La sua differenziazione, però, una volta raggiunta, muove il soggetto alla scoperta degli altri ambiti. È evidente come il contesto teologico di buona parte delle sue opere ed insieme la sua esperienza di credente abbia fortemente

/bi, p. 296. Cfr. ibi, p. 291. Ma parlare di 'mistico' significa richiamare una realtà molto comples­ sa. Lo stesso Lonergan nella medesima pagina precisa: «In quest'ultimi [i mistici] ci sono due modi affatto diversi di apprendere, di essere in relazione, di esistere consciamente, e cioè il modo del senso comune che opera nel mondo mediato dal significato, e il mondo mistico che si ritrae dal mondo mediato del significato per riconsegnarsi nel silenzio e secondo tutto il proprio essere a Dio, in risposta al dono che egli ci fa del suo amore. Benché questo sia, a mio parere, la componente principale, tuttavia il fatto mistico è molteplice». Il quadro inoltre si complica nella misura in cui si considera specificatamente la religione cristiana, dove l'elemento mistico non è disgiunto da un elemento intersogget­ tivo e da un altro attivo. 135 Cfr. LoNERGAN, Ragione e fede... , pp. 68-69. 133

134

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segnato la riflessione di Lonergan in merito alla trascendenza. La sua visione dell'amore come realizzazione dell'autotrascendenza, come si vedrà ancora, è inseparabile dalla tradizione culturale cristiana. Egli però è convinto che l'ambito della trascendenza sia, al di là delle forme storiche delle religioni, un ambito di significa­ to proprio della coscienza umana a cui tutti gli uomini tendono. 4.8. Gli ambiti dell'arte e della scholarship Accanto ai quattro ambiti di significato fondamentale, Lonergan ne pone altri due: parla infatti di differenziazione artistica e di differenziazione della scholarship. Egli, però, accenna semplice­ mente i caratteri di questi due ambiti. L'ambito dell'arte è il campo del bello non solo sperimentato elementarmente, come accade ad ogni uomo nel tipo estetico di esperienza, ma in quanto significato elaborato, compreso, comu­ nicato. La coscienza che si colloca nell'ambito di significato dell'arte è una coscienza artistica. «È specializzata nel campo del bello. Riconosce prontamente e risponde perfettamente agli og­ getti belli. La sua realizzazione superiore è la creatività: inventa forme imponenti, elabora le loro implicazioni, concepisce e pro­ duce la loro attuazione in maniera corrispondente» 136 • L'ambito del significato della scholarship è quello proprio del linguista, dell'uomo di lettere, dell'esegeta, dello storico. La scho­ larship è una specializzazione dell'intelligenza di senso comune in quanto «essa non mira a raggiungere i principi e le leggi universali che sono la meta delle scienze naturali e di quelle scienze umane che generalizzano. Essa mira semplicemente a capire il significato inteso in affermazioni particolari e le intenzio­ ni incarnate in azioni particolari» 137 . La coscienza, secondo la differenziazione della scholarship, congiunge il tipo di senso co­ mune del proprio posto e del proprio tempo con un'intelligenza di senso comune che coglie i significati e le intenzioni nelle parole e nelle azioni che hanno avuto origine in un altro senso comune 138• 136 137 138

LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 291. !bi, p. 292. Cfr. ibidem.

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGA �.-. '"ANo

In quanto legato al senso comune, quest'ambito è influenzato i modo determinante dal senso comune stesso, così come dal gra/ di differenziazione della coscienza raggiunto dal soggetto eh� opera. 4.9. Considerazioni finali sugli ambiti di significato Lo sviluppo coscienziale, descritto nell'ottica degli ambiti di si­ gnificato, presenta, in termini sintetici, due caratteri di fondo. In primo luogo, si caratterizza come un processo in cui il soggetto passa da un mondo immediato a una conoscenza indiffe­ renziata, caratterizzata soltanto dal senso comune, fino ad una 'coscienza differenziata', la cui figura ultima è la compresenza di tutti gli ambiti. Una compresenza integrata dinamicamente dal1'ambito dell'interiorità. La capacità sintetica infatti risiede in un soggetto che si è auto-appropriato, che è capace, nel flusso co­ scienziale che la vita comporta, di 'intendersi' nella sua coscienza empirica, razionale , responsabile, amante. Questo ruolo centrale dell'interiorità è espressa da Lonergan in una pagina di Method: La coscienza differenziata appare quando l'esigenza critica rivolge l'at­ tenzione all'interiorità, quando l'appropriazione di sé è raggiunta, quan­ do il soggetto mette in rapporto i suoi diversi procedimenti con gli ambiti diversi, quando mette in rapporto i diversi ambiti tra di loro, e passa consapevolmente da un ambito all'altro cambiando consapevolmente i procedimenti. Perciò l'unità delt.ru>scienza differenziata non è l'omo­ geneità della coscienza indifferenziata, ma la conoscenza di sé che capisce gli ambiti diversi e sa come passare dall'uno all'altro 139 .

Anche nei soggetti in cui l'esperienza dell'amore illimitato ha orientato definitivamente la vita verso il valore trascendente, non viene meno il compito critico sintetico dell'ambito dell'interiorità. In secondo luogo, lo strutturarsi di diversi ambiti di significato comporta la presenza di diversi modi di elaborazione di significa­ to che sostengono il soggetto in un processo continuo di significa­ zione sempre più completa della realtà. I diversi modi sono inte-

139 /bi, p. 104.

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grati nella misura in cui un soggetto ha fatto proprio, nell'ambito dell'interiorità, il metodo trascendentale. Espressi sinteticamente i due caratteri fondamentali, è necessa­ rio fare alcune precisazioni. Si è parlato di uno sviluppo fondato su una comparsa e una certa strutturazione di ambiti di significato diversi. Ma la compar­ sa degli ambiti come avviene? In modo sequenziale? In modo automatico? Nella sua definizione euristica di sviluppo, riportata all'inizio del capitolo, Lonergan parla dello sviluppo come una sequenza concatenata e flessibile. Nello sviluppo della coscienza la sequen­ zialità è data da questi elementi: a) dal dinamismo coscienziale che parte dalla coscienza empirica per arrivare ad una coscienza esistenziale piena: non può compa­ rire prima il livello razionale e poi quello empirico; così come il livello esistenziale non può essere completo senza il contributo del livello razionale. b) dal punto di partenza della coscienza immediata, che, attraverso lo sviluppo del linguaggio, approda al senso comune e si apre ad altri ambiti: non può comparire prima il livello dell'interiorità e poi quello del senso comune. c) dall'orientamento autotrascendente che spinge l'uomo al di là di sé verso l'orizzonte illimitato dell'essere: qualunque livello e qualunque ambito spingono intrinsecamente l'uomo ad una rinno­ vata strutturazione della coscienza e a una rinnovata elaborazione del significato, per una sempre più piena comprensione della realtà. Si può inoltre aggiungere che Lonergan ritiene fatto comune, all'interno degli ambiti, una sequenzialità tra senso comune - teoria - interiorità. Non la ritiene però una sequenza rigida, dal momento che egli stesso ammette la possibilità di un tipo di coscienza differenziata in cui, accanto all'ambito del senso comu­ ne vi è solo l'ambito dell'interiorità' 40. 14° Cfr. ibi, p. 290.

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGANIAN Q

Al di là di questo tipo di sequenzialità, è la flessibilità a caratteriz­ zare lo strutturarsi degli ambiti. Lonergan infatti descrive piutto­ sto la differenziazione come un progressivo specificarsi di diversi ambiti rispetto a quello del senso comune. Se gli ambiti della teoria e dell'interiorità si radicano nel sens o comune, ma la loro comparsa già indica chiare differenze da quell'ambito, un collegamento più stretto mantengono gli altri ambiti, in quanto la loro comparsa avviene, di solito, totalmente all'interno del senso comune stesso. La scholarship è strettamente collegata al senso comune, in quanto usa lo stesso tipo di com­ prensione, sebbene più «raffinato» 14 1; la differenziazione artistica e quella religiosa in quanto trovano forza nello sviluppo della capacità espressiva che dentro il senso comune ha il suo inizio. Una volta comparsi, però, tutti i tre ambiti possono avere una vita autonoma. La coscienza artistica si specializza sul 'bello'; la co­ scienza della scholarship si specializza nella comprensione di significati originati da un altro senso comune. Infine la differen­ ziazione religiosa troverà nella strutturazione specifica dell'ambi­ to di trascendenza una sua piena esplicitazione 142 • In merito ad una modalità automatica, rigida, dello sviluppo degli ambiti, si può certamente dire che tale visione è del tutto assente in Lonergan. La differenziazione avviene piuttosto per un concorso di due fattori generali: a) un fattore 'genetico', cioè legato strettamente alla dinamica coscienziale e alla sua trascen­ denza; b) un fattore 'sociale' che influenza lo svolgersi della dinamica coscienziale e il sorgere più o meno esplicito degli ambiti. Ma entrambi i fattori sarebbero insufficienti se non ci fosse un lavoro di apprendimento da parte del soggetto:

141

/bi, p. 245.

A sostegno di questo rapporto tra gli ambiti si può citare la sequenza di differenziazio­ ne che Lonergan presenta alle pp. 290-292 di Il metodo in teologia: a) la coscienza indifferenziata secondo il senso comune; b) la coscienza secondo la differenziazione religiosa; c) la coscienza secondo la differenziazione artistica; d) la coscienza secondo la differenziazione teoretica; e) la differenziazione della scholarship; f) la differenziazione dell'interiorità. 142

LO SVILUPPO DELLA COSCIENZA

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Senza dubbio, noi tutti dobbiamo incominciare dalla coscienza indiffe­ renziata [...]. Senza dubbio è soltanto attraverso un processo docile e umile di apprendimento che uno può andare oltre la sua lingua ordinaria e il suo senso comune, e arrivare a capire altre lingue ordinarie e le loro varietà di senso comune [ ...]. È soltanto attraverso la lunga e confusa semioscurità dell'iniziazione filosofica che uno riesce a trovare la sua strada verso l'interiorità e a raggiungere, mediante l'auto-appropriazio­ ne, una base e un fondamento che è distinto dal senso comune e dalla teoria, che riconosce la loro natura disparata, che li spiega entrambi e fonda criticamente tanto l'uno quanto l'altra 143 .

La coscienza differenziata è dunque un 'compito' che investe il soggetto nel corso di tutta la sua esistenza. 5. Lo sviluppo coscienziale e lo sviluppo delle culture Lonergan ritiene che vi sia uno stretto legame tra lo sviluppo della coscienza umana e lo sviluppo delle culture. Così come, nella vita del soggetto, la differenziazione di modi di operare rispetto al significato genera una certa differenziazione coscienziale con i suoi ambiti, mondi ed orizzonti, anche le culture si sviluppano attraverso una modifica nel modo di elaborare e controllare il significato dando luogo a diversi orizzonti culturali 144• Avendo come criterio la differenziazione della coscienza, è possibile, perciò, all'interno di una certo processo storico-cultu­ rale, individuare in essa alcuni stadi di significato (stages of meaning) che, precisa Lonergan, sono costruzioni ideali (ideai /bi, pp. 104-105. Questa citazione sarà ripresa anche nel prossimo capitolo. 144 Osserva Spaccapelo: «Come J. Piaget, studiando la genesi e lo sviluppo delle opera­ zioni mentali del bambino, è arrivato a distinguere e a collegare quattro grandi tappe dello sviluppo genetico, così Lonergan ha esteso dallo sviluppo della coscienza individuale e sociale al più comprensivo sviluppo culturale l'idea di una successione di orizzonti differenziati. Perciò dal punto di vista di una filosofia della storia, è possibile indicare la forma generale dello sviluppo culturale come successione di 'orizzonti' crescentemente specializzati sulla base e a partire dalle 'differenziazioni' della coscienza umana e dal tipo e dal grado di controllo che su di esse un singolo o un gruppo è in grado di esercitare», SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Loner­ gan, p. 41. 143

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constructs) 145 • Prendendo in esame la cultura occidentale 146 , può essere elaborato un quadro generale di sviluppo attorno a tre stadi. Questo sviluppo, nelle linee essenziali, può essere così formulato: «Nel primo stadio, le operazioni consce e intenzionali seguono il modo del senso comune. In un secondo stadio, oltre il modo del senso comune c'è anche il modo della teoria, dove la teoria è controllata dalla logica. In un terzo stadio, i modi del senso comu­ ne e della teoria rimangono, la scienza rivendica la sua autonomia dalla filosofia, e si danno filosofie le quali lasciano la teoria alla scienza e si fondano sull'interiorità» 147• Al di là però di una enunciazione sintetica, gli stessi stadi al loro interno presentano una loro dinamicità a cui bisogna fare cenno.

5.1. Primo stadio: la cultura prefilosofica e prescientifica Vi è, nello sviluppo culturale, un primo stadio dominato dal senso comune. In quanto ricopre il periodo che va fino alla strutturazio­ ne greca della filosofia, potrebbe essere definito prefilosofico e prescientifico 148 • In questo stadio fa la comparsa e inizia il suo sviluppo un determinato linguaggio verbale. Questo linguaggio è, nella sua forma concreta, «l'opera della comunità la quale ha intelligenze comuni dei bisogni e dei compiti e, naturalmente, si trova già in rapporto di comunicazione mediante l'espressione indicativa, mimetica e analogica. Come i suoi membri capiscono vicendevolmente il sorriso, l'aggrottare delle ciglia, il gesto, la mimesi, l'analogia, così possono anche arrivare a fornire di signi­ ficato i suoni vocali. In tal modo le parole arrivano a riferirsi ai dati dell'esperienza, le frasi arrivano a riferirsi agli atti di intelliLoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 105. «Teniamo presente soprattutto la tradizione occidentale», ibidem. 147 Ibidem. Di seguito, Lonergan precisa: «Questa è la divisione teoretica. È temporale nel senso che bisogna essere nel primo stadio per procedere al secondo, e bisogna essere nel secondo per avanzare al terzo. Ma non è cronologica: larghi strati della popolazione possono avere una coscienza indifferenziata quantunque la cultura si trovi al secondo o al terzo stadio; e molti dotti possono restare al secondo stadio mentre la cultura ha raggiunto il terzo». 148 Cfr. ibi, p. 324. 145

146

1,O SVILUPPO DELLA COSCIENZA

197

genza che configurano l'esperienza, mentre il modo49 delle frasi varia così da esprimere asserzioni, comandi, desideri 1 • Il linguaggio di questo stadio è, nella sua prima e più diffusa un linguaggio che Lonergan chiama primitivo (early lan­ ma, r o f guage) 150 • Esso trova poca difficoltà a esprimere tutto ciò che può essere indicato o percepito direttamente oppure rappresentato di­ rettamente, mentre non ha ancora acquisito la capacità di esprime­ re peculiarmente il generico e l'interiore. In questo linguaggio, i pronomi possessivi, in quanto si riferiscono a realtà visibili, si sviluppano prima dei pronomi personali, così come i processi mentali interiori sono rappresentati da scambi personificati. Così, i tempi, benché ve ne possano essere molti, esprimono non una sintesi di relazioni temporali, ma piuttosto differenti generi di azioni151 . In questo stadio, tutte le operazioni dei livelli della coscienza sono ali'opera, così come il significato esercita tutte le sue funzio­ ni; è comunicativo, conoscitivo, costitutivo ed efficiente. Le ope­ razioni però sono applicate principalmente secondo una modalità di senso comune; in secondo luogo, la forza del simbolo non è ancora equilibrata dal possesso di altre tecniche di elaborazione della realtà; in terzo luogo, le funzioni del significato non sono «né definite nettamente, né delimitate accuratamente» 152 • La me­ scolanza tra la funzione conoscitiva e quella costitutiva produce il mito; la mescolanza della funzione efficiente con quella conosci­ tiva dà come risultato la magia153 • Ma l'uomo di questo stadio sa ugualmente risolvere intelligen­ temente molti problemi pratici e sviluppare la propria tecnica; così 149

150

/bi, pp. 106-107. /bi, p. 105. In merito al termine 'primitivo', G.B. Sala, il traduttore, osserva in nota:

«Il significato di 'primitivo' qui va preso in senso antropologico piuttosto ampio. Infatti nell'analisi che qui Lonergan fa, esso designa tutto l'arco dello sviluppo culturale che va, per la cultura occidentale, fino alla scoperta della mente nella Grecia classica. Primitivo abbraccia, quindi, oltre i primitivi in senso stretto, anche la Grecia di Omero, le grandi civiltà del bacino Mediterraneo, nonché quelle dell'Indo e del fiume Giallo. Sommaria­ mente: è la cultura del mito, prima che questo fosse superato dal Logos». 151 Cfr. ibi, p. 107. 152 /bi, p. 108. 153 C fr. ibidem.

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come sa affinare, nel tempo, il proprio linguaggio attraverso l'in­ venzione di termini specialistici, la costituzione di un linguaggio letterario. L'affinamento del linguaggio dà il via ad un processo di oggettivazione del linguaggio stesso con la costituzione di alfabe­ ti, dizionari, grammatiche, a cui seguiranno, con l'evolversi della cultura, la critica letteraria, la logica, l'ermeneutica 154 • Lo sviluppo tecnico e del linguaggio rendono il mito e la magia meno sicuri, ma per operare un passaggio significativo occorre di più. «L'uomo deve scoprire la sua mente. Deve sceverare e in qualche modo distaccare l'un dall'altro il sentimento e l'azione, la conoscenza e la decisione. Deve chiarire che cos'è propriamente conoscere e, alla luce di questo chiarimento, tenere separata la funzione conoscitiva del significato da quella costitutiva e da quella efficiente, come pure dalla funzione che il significato eser­ cita nella comunicazione del sentimento» 155 . 5.2. Secondo stadio: la cultura classica La scoperta della mente non è però un fatto improvviso e per descrivere le linee generali della sua comparsa Lonergan si richia­ ma esplicitamente all'opera di B. Snell, The Discovery of the Mind, pubblicata negli Stati Uniti nel 1960 156. Là scoperta della mente affonda le sue radici nella tradizione letteraria 157 . È al di dentro di questa tradizione che ebbe luogo una lunga riflessione sulla conoscenza che ha diversi, significativi passaggi con Omero 158 , Esiodo, Senofane, Ecateo, Erodoto. È però 154 Cfr. ibi, p. 112. 155 /bi, p. 11 O. I corsivi sono nostri.

156 B. SNELL, The Discovery of the Mimi, New York 1960. 157 «Fu con il montare del feed-back linguistico che la logica, la filosofia e la scienza primitiva vennero alla luce», in LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 117. 158 Al di là della funzione che Omero ha nella teoria di Snell, Lonergan cita più volte le

composizioni omeriche come l'esempio letterario di un linguaggio primitivo, previo alla chiara scoperta della mente. «In Omero si trovano termini per attività specifiche quali quelle di gettare uno sguardo, di scrutare, di fissare, ma non c'è nessun termine generico di vedere[ ...]. In Omero i processi mentali interiori sono rappresentati da scambi personi­ ficati. Dove noi ci aspetteremmo un'esposizione dei pensieri e dei sentimenti dell'eroe, Omero lo fa conversare con un dio o con una dea, col suo cavallo o col fiume, con qualche

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con Eraclito, e poi con Parmenide, che comincia a chiarirsi la distinzione tra senso ed intelletto. Questa distinzione apre la via «per i paradossi di Zenone, per l'eloquenza e lo scetticismo dei sofisti, per la domanda socratica della definizione, per la distinzio­ ne platonica tra eristica e dialettica, e per l' Organon aristoteli­ co» 1s9. La scoperta della mente segna il passaggio dal primo al secon­ do stadio di significato, dove entra in gioco un modo di operare teoretico. Esempio di questa scoperta è il Socrate dei dialoghi platonici. Egli non cerca il significato della virtù che già il senso comune applicava ordinariamente, bensì la definizione di una determinata virtù. Così facendo, introduce la cultura del suo tem­ po in un nuovo ambito di significato dove si cerca di definire e si scopre, contemporaneamente, che è molto difficile farlo. Ma la fatica, che i dialoghi platonici esemplificano, è di rilevante impor­ tanza, perché apre al mondo greco la strada per la ricerca e la costruzione di una tecnica riflessa sull'elaborazione del significa­ to capace di portare il soggetto e il contesto culturale al di là del dominio conoscitivo del mito e della magia, per appropriarsi del mondo della teoria. La scoperta della teoresi e l'esplorazione del mondo della teoria produce la cultura classica che ha i suoi epigoni nel pensie­ ro antico e nel pensiero medioevale; una cultura normativa alle cui fondamenta sta un pensiero sistematico i cui concetti base sono presi dalla metafisica. L'ideale di 'scienza' è costituito da parte di se stesso come con il suo cuore o con la sua passione», ibi, pp. 107-108; cfr. anche Ragione e fede... , p. 29. Il dibattito sul rapporto tra l'uomo dei poemi omerici e la nostra

visione dell'uomo è anche oggi molto vivace all'interno della filosofia della mente. A questo proposito cfr. D1 FRANCESCO, Introduzione alla filosofia della mente, pp. 51-53. Partendo dalla constatazione che «l'esame del vocabolario psicologico del poema omeri­ co sembra fornire un'immagine dell'uomo radicalmente lontana non solo dalla nostra, ma da qualunque cosa il senso comune oggi ci suggerisce» (p. 52), alcuni autori registrano semplicemente l'assenza di un certo tipo di vocabolario, altri invece operano deduzioni più forti per cui «all'uomo omerico sembrerebbero dunque mancare molti caratteri che per noi sono essenziali della soggettività (non patologica) quali l'unità psichica, l'autono­ mia della volizione e la dimensione introspettiva» (p. 52). Secondo Lonergan, l'uomo omerico non è differente dall'uomo di oggi nell'insieme delle operazioni consce ed intenzionali, ma nella sua capacità di oggettivarle. Capacità che deriva dalla progressiva differenziazione della coscienza. 159 LoNERGAN, /I metodo in teologia, p. 111.

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cinque elementi: verità, certezza, conoscenza, necessità, causali­ tà 1 60; e le varie scienze sono concepite, fondamentalmente corne prolungamenti della filosofia e come ulteriori determinazioni dei concetti base fomiti dalla filosofia 1 6 1 . Lonergan riconosce che la 'scoperta della mente' compiuta dal mondo greco ha rappresentato un vero e proprio punto di svolta nella cultura occidentale. A questo proposito, nello scritto Dimen­ sions of Meaning (1965), dopo aver esposto l'importanza dell'ap­ propriazione del mondo della teoria da parte dell'uomo occidenta­ le, egli stesso richiama la tesi di Jaspers: Con quanto ora ho detto non ho fatto che ripetere, a mio modo, la tesi formulata dal filosofo esistenzialista tedesco Karl Jasper nel suo libro Vom Ursprung und Ziel der Geschichte [L'origine e la mèta della storia], 1949. Secondo Jaspers esiste un asse attorno al quale ruota l'intera storia umana. Quest'asse è situato tra gli anni 800 e 200 prima di Cristo. Durante tale periodo in Grecia, in Israele, in Persia, in India, in Cina l'uomo diventò adulto; mise da parte i sogni e le fantasie della fanciullezza e incominciò ad affrontare il mondo come esso forse è 162 .

Egli però richiama Jaspers per problematizzarlo. Secondo Loner­ gan infatti, se la scoperta della mente e della teoria è al centro della cultura classica ed è ormai un patrimonio del nostro mondo culturale, è vero che il pensiero moderno ha cambiato le cose e messo in luce nuove esigenze dando avvio ad un nuovo stadio. 5.3. Terzo stadio: la cultura moderna La cultura classica ha cominciato ad essere sostituita da quella moderna quando le scienze hanno cominciato ad elaborare i propri termini e le loro relazioni di base senza prenderli in prestito dalla metafisica 163• Al centro della cultura moderna sta perciò una no­ zione di scienza che non ha come oggetto una necessità, ma una °

16

161 162 163

Cfr. Cfr.

Ragione e fede... , p. 113. Il metodo in teologia, p. 115. L oNERGAN, Ragione e fede... , p. 112. Cfr. ibi, pp. 34-35. LONERGAN,

LoNERGAN,

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possibilità verificata, non ciò che dovrebbe essere, ma ciò che di fatto è così, non la verità, ma la spiegazione dei fatti164. La via di autonomia intrapresa dalle scienze ha dato vita nella cultura moderna, in una nuova forma, alla opposizione tra il mon­ do della teoria e il senso comune, provocando una nuova serie di filosofie e una ridefinizione dei compiti della filosofia stessa. Posta di fronte ai successi della scienza e alla sua progressiva conquista del campo della spiegazione dei dati, sollecitata dai canoni della scienza empirica, la filosofia si è avviata verso una trasformazione che sta portando l'ambito dell'interiorità e l'anali­ si dell'intenzionalità in primo piano: La rivoluzione copernicana operata da Kant rappresenta una linea di divisione. Hegel dalla sostanza si rivolse al soggetto. Storici e filologi elaborarono i loro metodi autonomi per lo studio della realtà umana. La volontà e la decisione, l'azione e il risultato vennero di volta in volta messi in rilievo da Kierkegaard, Schopenhauer, Nietzsche, Blondel, dai pragmatisti. Brentano ispirò Husserl, e l'analisi dell'intenzionalità scon­ fisse la psicologia delle facoltà. Il secondo stadio del significato sta scomparendo, mentre il terzo è in procinto di prendere il suo posto 165 .

Nel terzo stadio alla distinzione tra senso comune e teoria se ne aggiungono così altre due: tra senso comune e ambito dell'interio­ rità e tra ambito della teoria e ambito dell'interiorità. In questo terzo stadio la filosofia non è « né una teoria del tipo della scienza, né una forma in qualche modo tecnica del senso comune», ma «la filosofia trova i suoi dati nella coscienza intenzionale. La sua funzione primaria è quella di promuovere l'auto-appropriazio­ ne» 166 • La scoperta e l'approfondimento dell'ambito dell'interiori­ tà possono diventare il nuovo asse della cultura moderna, così come la scoperta della mente lo fu per la cultura classica. Ma 164

Cfr. ibi, p. 113 e Il metodo in teologia, p. 114. LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 116. In Dimensions of Meaning, Lonergan mette in luce come lo spostamento verso il soggetto abbia generato nel xx secolo la riscoperta del simbolo e del mito (attraverso una molteplicità di autori, tra cui Freud, Jung, Biswan­ ger, Durant, Eliade, Ricoeur) e questa abbia sollecitato a sua volta la 'fenomenologia dell'intersoggettività'. Cfr. LoNERGAN, Ragione e fede... , pp. 117-119. 166 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 114. 165

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come l'avvento della teoria non ha eliminato il senso comune Illa lo ha arricchito, così l'ambito della teoria non significa cancella­ zione del senso comune e teoria, ma piuttosto acquisizione della consapevolezza di diversi ambiti, del loro ruolo e della loro possi­ bile integrazione. L'assunzione consapevole dell'ambito dell'interiorità da Parte della cultura è, per Lonergan, solo agli inizi. Per questo egli nel già citato Dimensions of Meaning parla di «cultura moderna non ancora arrivata alla maturità» e soggiunge: «La mediazione clas­ sica del significato si è dissolta e tale dissolvimento è stato effet­ tuato da tutto un insieme di tecniche nuove e più efficienti; ma la molteplicità e complessità di queste tecniche ci lasciano sconcer­ tati, disorientati, confusi, in preda all'ansia, timorosi di cadere vittima del mito aggiornato dell'ideologia e della magia ipnotiz­ zante e altamente efficace del controllo del pensiero» 167 • Il problema che si presenta alla cultura contemporanea è dun­ que formativo: si tratta infatti di favorire un'appropriazione dell'ambito dell'interiorità, e ciò passa soltanto attraverso soggetti che compiono l'appropriazione di sé 168 • La descrizione dei tre ambiti non implica naturalmente un tranquillo e lineare processo di sviluppo all'interno della cultura occidentale. Si tratta invece di un processo cumulativo dove fre­ quenti sono le discontinuità e gli arretramenti, dove la comparsa di un nuovo stadio si compie attraverso un processo di trasformazio­ ne - integrazione che prima investe alcune aree di vita, poi aree sempre maggiori e dove, soprattutto, resta alla base la coscienza indifferenziata e il suo senso comune. La coscienza indifferenzia­ ta è infatti ciò che generalmente appartiene all'uomo in assenza di adeguati interventi educativi che permettano al singolo di appro­ priarsi in poco tempo delle conquiste culturali di secoli. Senza un'attività educativa, la differenziazione della coscienza e l'as­ sunzione della propria formazione è cosa per pochi.

Ragione e fede, p . 112. Sul rapporto tra formazione e cultura del nostro tem po si tornerà nel cap. 7.

167 LONERGAN, 168

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6. Lo sviluppo coscienziale e l'autenticità

Mostrato il legame stretto che Lonergan pone tra sviluppo co­ scienziale e sviluppo delle culture, torniamo allo sviluppo co­ scienziale per affrontare un elemento che è cruciale nel pensiero 169 • Ionerganiano: l'autenticità ( authenticity) Al termine del capitolo precedente, si è cercato di mettere in evidenza come, secondo Lonergan, la dinamica coscienziale sia fondata su un movimento di autotrascendenza e di intenzione di un valore ultimo. È questo movimento che rende la coscienza aperta, interrogante, continuamente alla ricerca dell'amore in cui il riconoscimento dell'altro è anche riconoscimento di sé. Di autotrascendenza si è parlato spesso anche in questo capitolo in merito alla differenziazione di un ambito di significato specifico che Lonergan chiama realm of trascendence dove la trascendenza è assunta in quanto tale nel suo orientamento ultimo che è il divino. Di essa si deve riparlare affrontando la questione dell'au­ tenticità. Per Lonergan, le esigenze che muovono la differenziazione e quindi generano lo sviluppo si fondano a loro volta su un'esigenza ancora più fondamentale: l'esigenza dell'autenticità 170 • «Il biso­ gno più profondo e la conquista più stimata dell'uomo è l'autenti-

169 Sul tennine autenticità, Spaccapelo precisa: «L'autenticità è una nozione basilare per l'antropologia, l'etica esistenziale e la metodologia di Lonergan. Si tratta di un'altra acquisizione terminologica dalla filosofia contemporanea (cfr. Comprendere ed esse­ re, p. 39, dove Lonergan si richiama alla classificazione che Heidegger fa degli uomini in 'autentici' e inautentici). Il corrispettivo di lnsight è genuineness (genuinità) (cfr. ed. it. pp. 520-523, 671-673). L'utilizzazione del concetto esistenziale di 'autenticità' entra pienamente nell'orizzonte di Lonergan nel 1964-1965 (cfr. Collection, pp. 209, 227-231), ha un ruolo centrale intorno al 1970 (cfr. Indice analitico, in Il metodo in teologia) e si espande negli ultimi scritti (cfr. A Third Collection, pp. 7ss., 46, 121-123, 151s., 157, 160)», SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Loner­ gan, p. 47, nota 89. 170 Un tennine come autenticità è certamente carico di sollecitazioni, ma nasconde insidie, incomprensioni. Ciò che qui si vuol fare è, però, di mettere in evidenza le caratteristiche di questa nozione per Lonergan tanto quanto basta per far comprendere anche questo elemento della sua visione coscienziale, senza addentrarsi nel labirinto di osservazioni, critiche, integrazioni, che l'autenticità, secondo Lonergan, può generare. Ciò vale anche per la nozione successiva di 'conversione'.

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cità» 111 • È questa spinta (precategoriale) all'autenticità che guict a la coscienza del soggetto nel suo cammino di sviluppo vers l'auto-appropriazione. Nella continua elaborazione del significa� to, nello strutturarsi di diversi ambiti e diversi mondi, nel succe­ dersi di orizzonti, è un desiderio di realizzazione che spinge l'uo­ mo verso la realizzazione. Ma l'autenticità è connessa con l'autotrascendenza: «L'uomo arriva all'autenticità nell'autotrascendenza. Noi abbiamo la possi­ bilità di vivere in un mondo, di avere un orizzonte,,esattamente nella misura in cui non siamo chiusi in noi stessi» 172 • E esplicando la trascendenza che l'uomo può rendersi autentico; è nella realiz­ zazione dell'autotrascendenza che l'uomo si realizza in quanto egli è intrinsecamente orientato al riconoscimento (cognitivo, af­ fettivo, esistenziale) sempre più pieno dell'altro. «Lo spirito del­ l'uomo, la sua mente e il suo cuore, è una capacità attiva, un eros, che tende all'autotrascendenza; conseguentemente, sempre se­ condo questa concezione, il soggetto sta in relazione intrinseca, anzi costitutiva, con l'oggetto, muovendosi verso il quale egli trascende se stesso» 173 • Lo sviluppo dell'uomo tende dunque all'autenticità, ed è au­ tentico nella misura in cui la differenziazione che esso comporta favorisce o meno la dinamica trascendente del soggetto. All'interno di un unico dinamismo autotrascendente è possibi­ le distinguere però tre tipi di autotrascendenza: conoscitiva, mora­ le, affettiva. Di questi tre tipi di autotrascendenza, tratteremo più a lungo nel prossimo capitolo; qui è importante soltanto tracciarne brevissimamente le linee. L'autotrascendenza conoscitiva, attraverso le domande per la conoscenza e la riflessione, muove il soggetto al di là di una immediatezza empirica. L'autotrascendenza morale, attraverso le domande per la decisione, muove il soggetto al di là della mera 171 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 270. Così scrive Lonergan introducendo nel capitolo sulla dialettica, in Method, la trattazione sulla dialettica dei metodi. Il contesto della frase è significativo: tra la diversità di visioni dell'uomo che la dialettica mette in luce vi è, per Lonergan, un punto fermo: il bisogno di autenticità che è presente in tutti. 172 !bi, p. 123. 173 LONERGAN, Ragione e fede... , p. 140.

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conoscenza verso l'assunzione libera e responsabile di valori. L'autotrascendenza affettiva muove le risposte intenzionali ai va­ lori fino alla risposta intenzionale che è l'amore. L'esperienza dell'amore è la realizzazione delle capacità di autotrascendenza che le domande rivelano. Ma come le domande sono illimitate, così anche la ricerca dell'amore tende ad un inna­ moramento illimitato 174• Questa tensione è espressa dal precetto trascendentale: sii innamorato, e si realizza, per Lonergan, nel­ l'esperienza religiosa intesa come l'esperienza dell'essere inna­ morati di Dio: «being in love with God» 175 . Se l'esperienza dell'innamoramento illimitato rappresenta il punto più alto dell'autotrascendenza, ciò significa che l'autentici­ tà è questione di una esperienza di amore illimitato. Ma a questo proposito occorre fare alcune precisazioni. L'innamoramento illimitato è, nell'ottica cristiana, un dono, che in quanto realizzazione dell'autotrascendenza non cancella ma favorisce gli altri tipi di autotrascendenza. In secondo luogo, in quanto esperienza di amore essa non oscura, ma favorisce l'integrazione personale. Ciò significa che non toglie la centralità dell'interiorità, ma anzi ne amplifica l'orizzonte invitando il sog­ getto a comprendersi e scegliersi non solo come attento, intelli­ gente, razionale, responsabile, ma anche come 'amato' e aman­ te 176• Non cancella gli altri ambiti di significato, ma ne favorisce l'integrazione. In terzo luogo, solo con una stretta connessione con gli altri precetti trascendentali e un'integrazione tra gli ambiti di significa-

174 Per i tipi di trascendenza cfr. LONERGAN, Il metodo in teologia, pp. 123-125. Cfr. anche il prossimo capitolo. 175 Cfr. ibi, p. 125. A proposito del termine 'essere innamorati', Spaccapelo, opportuna­ mente precisa: «Le traduzioni che in generale, danno 'innamorarsi di' o 'essere innamo­ rati di' non dicono, anzi, possono oscurarla, la natura della realtà a cui si riferiscono. Sono del parere che sia l'esperienza dell"innamoramento' sia, soprattutto, l'esperienza di 'amore' senza limiti, condizioni e qualificazioni, che è 'l'esperienza religiosa', hanno ancora bisogno di una chiarificazione secondo un'analisi e una terminologia basate sull'interiorità coscienziale», SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, BernardLonergan, p. 51, nota 101. 176 Certo questi ragionamenti presuppongono una pluralità di questioni legate al rapporto tra esperienza religiosa, mistica, coscienza, che qui non possono essere affrontati.

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to, l'essere innamorato illimitatamente è messo all'erta dall e de generazioni. Vi può infatti essere un'esperienza religiosa in aut ­ tica dove «l'io non trascende», ma «è trasceso» 177 • Questo acc:�­ perché il raggiung_imento dell'autotrasce?de�za _ � un c ompit� _ sempre aperto, mai totalmente attuato. C10 s1gmf1ca, di conse ­ guenza, che «l'autenticità umana non è una qualità pura, un serena libertà da tutti gli abbagli, da tutti gli insuccessi nel capirea da tutti gli sbagli, da tutti i peccati. Consiste piuttosto nel tirarsi fuori dall'inautenticità, e questo tirarsi fuori non è mai la conqui­ sta di una volta per tutte» 178 . Emerge qui un ulteriore elemento antropologico che si radic a nel pensiero teologico cristiano: l'uomo tende all'autenticità che si realizza in un'autotrascendenza, ma insieme è segnato anche da una spinta alla chiusura egoistica 17 9 in sé, che lo conduce verso l'inautenticità. La dialettica autenticità-inautenticità, autotrascen­ denza-egoismo segna intrinsecamente la dinamica e lo svilupp o coscienziale; ciò fa sì che anche l'elaborazione dei significati sia nella sua radice di fondo diretta o dall'autotrascendenza 0 dall'egoismo. Ma, in linea con la prospettiva cristiana, Lonergan ritiene che la direzione, pur nei contrasti, sia una: la realizzazione dell'autotrascendenza nell'amore. Vi è, dunque, per Lonergan, un orientamento fondamentale nella dinamica e nello sviluppo coscienziale: l'autenticità che si compie nella realizzazione dell'autotrascendenza. Ma vi sono an­ che due possibilità di fondo: seguire la dinamica autotrascendente, oppure seguire la spinta contraria. Queste due possibilità di fondo, nella vita quotidiana del soggetto, si intersecano, rendendo il cammino verso l'autenticità un processo conflittuale, dove diversi significati entrano in contrasto tra loro all'interno del soggetto. Questi conflitti possono bloccare lo sviluppo, come pure, attra­ verso una loro 'soluzione' fedele all'autotrascendenza, muovere il soggetto ad una nuova integrazione. La soluzione fondata sull'au177 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 131. 178 /bi, pp. 268-269. 179 Opportunamente Lonergan a p. 257 di L'intelligenza precisa: «C'è un'oscurità piutto­ sto notevole nel significato dei termini egoismo e altruismo». Qui il termine egoismo è inteso nel senso generale di non riconoscimento dell'altro.

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rotrascendenza, secondo Lonergan, consiste nel distinguere le po­ sizioni (positions) e le controposizioni (counterpositions). Dentro il dinamismo dell'autotrascendenza si cercherà di favorire lo svi­ luppo delle prime e portare al rovesciamento le seconde. Ma la soluzione dei conflitti in un'ottica di autotrascendenza e l'indivi­ duazione di posizioni e controposizioni è, per Lonergan, una que­ stione di 'conversioni'. 7. Lo sviluppo coscienziale e le 'conversioni' Com'è noto, il termine conversione etimologicamente deriva da con-vertere: rivolgere, mutare. Esso è generalmente utilizzato nel linguaggio religioso e indica un radicale cambiamento nella vita del soggetto. L'appartenenza alla religione cattolica, gli studi teologici, la vita di sacerdote, hanno certamente reso familiare a Lonergan l'uso religioso di questo termine. Egli però nel contesto delle sue opere ne estende l'uso a tutta la vita coscienziale am­ pliandone così il significato. La coscienza si muove tra l'inauten­ ticità e l'autenticità, tra il porsi nell'autotrascendenza e nel resiste­ re; la conversione è un mutamento di rotta, deciso, verso l'auten­ ticità. «La conversione è un cambiamento di direzione, ed esatta­ mente un cambiamento in meglio. Ci si libera da ciò che è inau­ tentico. Si cresce nell'autenticità» 180 • Lonergan ritiene che, nella vita coscienziale del soggetto, la direzione dello sviluppo verso l'autenticità si giochi attorno a tre conversioni: intellettuale, morale, religiosa, che sono «modalità dell'autotrascendenza» 18 1• È nella misura in cui il soggetto ha sperimentato queste tre conversioni che può cercare di risolvere positivamente i conflitti che la differenziazione genera sviluppan­ do le posizioni e rovesciando le controposizioni. Infatti «le posi­ zioni sono affermazioni che vanno d'accordo con la conversione intellettuale, morale e religiosa [...]. Le controposizioni sono af180 Lo NERGAN, 181

/bi, p. 257.

Il metodo in teologia, p. 73.

208

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERG N A IANo

formazioni che non vanno d'accordo con la conversione intellet­ tuale, o morale, o religiosa» 182. La conversione intellettuale 183 è un chiarimento radicale i merito alla conoscenza e, conseguentemente, l'eliminazione de� 'mito del conoscere come guardare'. Questo mito non fa attenzio­ ne alla distinzione tra il mondo dell'immediatezza e il mondo mediato dal significato e considera perciò reale «quello che è fuori là ora e al quale si deve guardare» 184• Ma, l'abbiamo già messo in evidenza più volte, «conoscere non è semplicemente vedere: è sperimentare, capire, giudicare, e credere» 185. Comprendere che il conoscere non è solo guardare comporta anche lo scoprire che i criteri dell'oggettività non sono quelli della visione oculare, del fuori, là, ora, ma «sono l'insieme dei criteri propri rispettivamente dello sperimentare, del capire, del giudica­ re e del credere» 186• Inoltre la conversione intellettuale modifica la nozione di real­ tà. Essa non è ciò che si vede, ma l'essere nella sua nozione di tutto ciò che può essere sperimentato, capito, giudicato. La realtà «è data nell'esperienza, organizzata ed estrapolata dall' intelligen­ za, posta dal giudizio e dalla credenza» 187• La conversione intellettuale è l'espressione più importante dell'autotrascendenza conoscitiva. Attraverso essa, le operazioni conoscitive sono orientate verso la vastità della realtà nella plura­ lità delle sue dimensioni. La conversione morale consiste nel cambiare il criterio delle proprie decisioni: dalla soddisfazione ai valori. 182

/bi, p. 266.

183

Per una descrizione delle conversioni cfr. anche C.M. SERSALE, Il metodofondazionale generale (MFG) di B.J. Lonergan come principio di integrità di sapere, Appendice interna al volume di G. CAsou, L'italiano. Formazione linguistico-letteraria nella scuola secondaria, EDB, Bologna 1994, pp. 121-141. 18 4 LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 254. 185 Ibidem. È la prima volta, in Method, che Lonergan, accanto alla sua classica sequenza sperimentare, capire, giudicare, pone il verbo credere (believing). Mi pare un'aggiunta

estremamente significativa che per ora, almeno nel ristretto ambito di studi lonerganiani di lingua italiana, non ha trovato una sua focalizzazione. 186 187

Ibidem. Ibidem.

t,O

SVILUPPO DELLA COSCIENZA

209

Vi è un momento della vita in cui il soggetto scopre che la scelta che egli fa interessa lui stesso non meno di quanto essa non riguardi gli oggetti scelti o rifiutati, e che tocca a lui stesso decidere da sé ciò che egli deve fare di sé. Allora è il momento per l'esercizio della libertà verticale, e allora la conversione morale consiste nell'optare per ciò che è veramente bene, quindi anche per il valore contro la soddisfazione quando valore e soddisfazione siano in conflitto 188 •

Naturalmente, come conversione intellettuale non significa pos­ sesso della verità, così conversione morale non significa perfezio­ ne morale. Entrambe le conversioni sono orientamenti fondamen­ tali, non traguardi raggiunti. La conversione religiosa consiste «nell'essere presi (gra­ spea)' 89 da ciò che tocca assolutamente. È innamorarsi in maniera ultramondana. È consegnarsi totalmente e per sempre senza con­ dizioni, restrizioni, riserve»' 90• Essa è interpretata differentemente secondo il contesto delle diverse tradizioni religiose. Per il cristia­ nesimo, questo innamorarsi è dato «dall'amore di Dio che innon­ da i nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo elargitoci»' 9'. Quando tutte e tre le conversioni si verificano in una singola coscienza, è possibile concepire le loro relazioni in termini di superamento. La conversione morale va «oltre quel valore che è la verità» per andare «ai valori in generale» 192 , promuovendo così l'autotrascendenza morale che sostiene il soggetto esistenziale nel suo decidere di sé. Similmente la conversione religiosa va oltre la conversione morale in quanto conduce il soggetto in un orizzonte

188 /bi, p. 256. È importante sottolineare come questa affermazione di Lonergan abbia innanzitutto una rilevanza 'formale'. Non dice infatti cos'è veramente bene, ma indica, piuttosto, l'esistenza nell'uomo di una nozione di bene che è oltre il mero bene individuale. 189 Q uesto termine «essere presi» richiama certamente un'immagine comune al linguag­ gio religioso e affettivo. Ma si potrebbe, probabilmente, riflettere a lungo sull'uso dello stesso verbo (to grasp) da una parte in senso attivo per l'atto di comprensione del virtualmente incondizionato e dall'altra in senso passivo per l'esperienza religiosa. 19 0 191 192

Ibidem. /bi, p. 257. Qui Lonergan cita san Paolo, Lettera ai Romani 5,5. Cfr. ibi, p. 258.

210

IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERG

ANIANo

di amore illimitato che si presenta come «una nuova base Per valutare e fare il bene» 193 • Ma il superame�to, che . è non una c�ncell�zione del punto precedente ma una mtegra�10ne, non va mteso m una rigida se. quenza temporale: «Non s1 deve concludere che prima venga 1 conversione intellettuale, poi quella morale, e infine quella rer� giosa». Anzi, nella prospettiva cristiana, dal punto di vista caus�­ le, il primato è nel dono di Dio ed è la conversione religiosa che ha la forza di favorire le altre conversioni. Qui il superamento va inteso nella logica dell'orizzonte: la conversione intellettuale al­ larga l'orizzonte rispetto al mito del vedere, la conversione morale allarga l'orizzonte al di là della sola questione della verità, la conversione religiosa infine pone l'orizzonte del soggetto nella sfera del valore ultimo inteso nell'amabilità. Fedele allo schema generale autenticità - inautenticità, Loner­ gan ritiene che in alternativa alle conversioni stiano i dissolvimen­ ti (breakdowns). Come le conversioni sostengono lo sviluppo verso l'autenticità, così le non conversioni possono portare al dissolvimento «di ciò che è stato costruito così lentamente e con tanta fatica dall'individuo, dalla società, dalla cultura» 194, possono condurre l'uomo verso una inautenticità. Ma come avvengono le 'conversioni'? Esse, certamente, pos­ sono presentarsi come improvvise. Questo accade soprattutto nel­ la conversione religiosa, dove il 'dono' gratuito ricevuto è spesso descritto come improvviso ed inaspettato. Ma di solito le conver­ sioni, nota Lonergan, sono un lento processo di maturazione (a slow process of maturation): «È scoprire da se stessi e in se stessi che cosa vuol dire essere intelligenti, essere, ragionevoli, respon­ sabili, amare» 1 95. La presenza o meno delle conversioni comporta orizzonti di­ versi del soggetto e differenti stati di differenziazione coscienzia­ le. «Tutti e tre i tipi di conversione possono mancare; uno dei tre può essere presente, o due o tutt'e tre. Anche prescindendo dalle 193 1

94

195

Ibidem. /bi, p. 259. /bi, p. 270.

V LUPPO DELLA COSCIENZA 1,0 S I

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differenze nella perfezione della conversione, ci sono quindi otto tipi radicalmente differenti» 196 • Se la differenziazione per ambiti di significato comporta la presenza di una pluralità di significati e di mondi 'abitati' dai soggetti, i diversi tipi di conversione svolgono all'interno di que­ sta differenziazione il ruolo di orientamento per l'elaborazione dei significati, costituendo l'orizzonte visibile più ampio che il sog­ getto ha a disposizione. E le diversità di conversioni fondano diversi orizzonti, diverse filosofie, e «metodi opposti allo scopo di giustificare e difendere i vari orizzonti» 19 7• La crescita nell'ordine delle conversioni, infine, non avviene senza conflitti e soprattutto senza l'incontro con altre persone: «l'incontro è l'unico modo in cui l'autocomprensione e l'orizzon­ te possono es-;�re messi alla prova» 19 8. 7 .1. Il progresso e il declino Prima di avviarci alle considerazioni finali in merito allo sviluppo, occorre accennare qualcosa riguardo all'utilizzo della nozione di progresso da parte di Lonergan. All'inizio del capitolo si è affermato che la peculiare nozione di sviluppo elaborata da Lonergan fa sua, in un certo modo, anche la nozione di progresso. In quanto esiste un movimento verso l'autenticità fondato sulla autotrascendenza e sostenuto dalle con­ versioni, lo sviluppo del soggetto è, per Lonergan, orientato. Là dove il soggetto amplia il proprio orizzonte nella prospettiva del1'autotrascendenza è possibile affermare che c'è un miglioramen­ to e quindi un progresso. Inteso dunque nella prospettiva dell'au­ totrascendenza il termine sviluppo rende superfluo l'uso del ter­ mine progresso 199 • 196 197 198

/bi, p. 264. /bi, p. 270. !bi, p. 263.

Ma, a mio parere, la nozione di sviluppo elaborata da Lonergan, nel suo carattere di differenziazione della coscienza, ha un suo valore di ricerca nel campo della formazione al di là della tematizzazione che Lonergan fa del suo orientamento. Mette infatti in luce delle dinamiche e delle relazioni che si rivelano feconde per la comprensione della vita 199

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGA"IA " No

Egli, però, utilizza il termine 'progresso' (progress) e il Paral­ lelo 'declino' per il contesto sociale. Una società, una cultura possono progredire o declinare. Il progresso si compie attraverso l'osservanza, da parte di un insieme di soggetti, dei precetti trascendentali: sii attento, sii intelligente, sii ragionevole, sii responsabile. «Essere attenti inclu­ de l'attenzione alle faccende umane. Essere intelligenti include il cogliere possibilità finora non notate o realizzate. Essere ragione­ voli include il rifiuto di ciò che probabilmente non funzionerebbe come pure il riconoscimento di ciò che probabilmente funzione� rebbe. Essere responsabili include il fondare le proprie decisioni e scelte su una valutazione imparziale dei costi e dei vantaggi a breve e a lunga scadenza rispetto a se stessi, al proprio gruppo e ad altri gruppi» 200 • A questi quattro precetti, va aggiunto, come si è già avuto modo di osservare, anche il precetto 'sii amante' o 'sii innamora­ to', che spinge i soggetti ad una 'sollecitudine' costante verso l'altro da sé2oi . Il declino si fonda invece sulla dimenticanza, sul 'non curarsi' dei precetti trascendentali. Mentre questi spingono il singolo e un gruppo verso l'autotrascendenza, la loro dimenticanza origina «l'alienazione»202 • E «come l'autotrascendenza favorisce il pro­ gresso, così il rifiuto dell'autotrascendenza muta il progresso in declino cumulativo» 203. coscienziale del soggetto, del suo farsi e modificarsi. Inoltre, ritengo che Lonergan stesso, a seconda dei contesti, intenda un processo di differenziazione organizzata che può essere autentico o inautentico, oppure, in senso forte, una differenziazione 'autentica'. Certo anche là dove si può affermare che egli parli del generale processo di differenziazione, il miglioramento fa capolino in quanto nella sua radice ultima ogni differenziazione è mossa dalla dinamica autotrascendente. 200 LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 74. 201 Cfr supra, cap. 4, nota 115. 202 Lonergan precisa: «Il termine alienazione (alienation) è usato secondo molti significa­ ti diversi. Secondo l'analisi che abbiamo fatto, la forma trascendentale di alienazione consiste nel non curarsi dei precetti trascendentali», ibi, p. 76. 203 Ibidem. Per il progresso e il declino cfr. anche: LoNERGAN, L'intelligenza, pp. 255-281; SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Lonergan, pp. 36-38. Collegata alla nozione di declino è la nozione di deformazione (bias), che sarà ripresa nel prossimo capitolo.

L,O SVILUPPO DELLA COSCIENZA

213

8. La coscienza polimorfa Nel corso del capitolo è emerso con chiarezza che lo sviluppo della coscienza è un processo di differenziazione e di orientamen­ to fondamentale. Ma, in realtà, la coscienza del soggetto in questo processo rivela un chiaro carattere di polimorfismo. Infatti dire differenziazione è dire molteplicità di livelli di coscienza, di tipi di esperienza, di esigenze e di ambiti di significato, così come dire 'orientamento' non significa solo richiamare un dinamismo fon­ damentale comune a tutti, ma anche riferirsi a modalità diverse di realizzazione e soprattutto chiamare in causa il fattore, plurale in sé, della libertà umana204. Quando in Insight Lonergan parla di coscienza polimorfa (po­ lymorphic) 205 si richiama alla pluralità dei tipi di esperienza: «La coscienza umana è, infatti, polimorfica. Lo schema in cui fluisce può essere biologico, estetico, artistico, drammatico, pratico, in­ tellettuale, o mistico. Questi schemi si alterano, si confondono, si mescolano; possono interferire, trovarsi in conflitto, perdersi, ro­ vinare» 206 . In Method il quadro si arricchisce di tutti gli elementi che abbiamo visto in questo e nel capitolo precedente. Si fa chiara la convinzione che la coscienza è polimorfa in quanto essa è un flusso in cui si combinano, si mescolano una pluralità di elementi. Questi elementi possono essere raccolti nei seguenti: 1) le varie operazioni consce della coscienza e la diversa 'mas­ sa affettiva'; 2) i tipi di esperienza biologico, estetico, intellettuale, dramma­ tico, religioso, pratico entro cui le operazioni si verificano; 20

4 Parlando dei principi euristici dello sviluppo, si è visto come Lonergan abbia distinto un principio di minor flessibilità nella misura in cui l'obiettivo rimane fisso, e di maggior flessibilità nella misura in cui si può intervenire sull'obiettivo. Ora l'autenticità umana può essere interpretata come un obiettivo fisso, ma gli obiettivi intermedi con cui raggiun­ gerla sono i più vari, perché legati alla vita delle singole persone, alla loro storia, alla loro libertà. Per cui dentro un unico orientamento vi è una pluralità di modi di raggiungerlo e realizzarlo. 205 Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, p. 129. La traduzione italiana in assonanza al termine inglese traduce polymorphic con polimorfica. 206

Ibidem.

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IL «SISTEMA» COSCIENZIALE LONERGAN IA.No

3) la diversa qualità della presenza a sé: empirica, intelligente razionale, responsabile; 4) i diversi modi di operare: il modo del senso comune, della teoria, dell'interiorità, della trascendenza (dell'arte e della scho­ larship); 5) i diversi ambiti di significato e i diversi mondi significati quale risultato dei diversi modi di procedere; 6) la maggiore o minore differenziazione raggiunta; 7) il tipo di conversione raggiunta207 . Accanto agli elementi del polimorfismo vi sono anche le 'cau­ se' che possiamo individuare: a) nel dinamismo e nello sviluppo della coscienza; b) nel contesto di vita del soggetto. L'intreccio tra il dinamismo-sviluppo con i suoi elementi e il reale contesto di vita dà origine a diverse forme coscienziali. In termini generali potremmo dire che una forma coscienziale è diversa da un'altra nella misura in cui, avendo un insieme di elementi diversi da un'altra, conduce il soggetto in un dato mon­ do, mediato (o meno) dal significato. Allora dire coscienza polimorfa significa parlare di una co­ scienza caratterizzata da una pluralità di modi di presenza a sé, di orizzonti, di ambiti di significato e di mondi esistenziali che si intrecciano, si scontrano, si completano a vicenda. Nella vita quotidiana un soggetto passa normalmente da un'operazione all'altra, da un ambito all'altro, da un livello all'al­ tro, a seconda delle situazioni. Generalmente, però, vi è una forma coscienziale che coordina e integra le altre, così come vi è un tipo di conversione o di non conversione che orienta il dinamismo. Man mano che la coscienza si differenzia, questo ruolo di coordi­ nazione ed integrazione è assunto dalla coscienza propria dell'am­ bito dell'interiorità, la quale sa comprendere se stessa in quanto differenziata e operare una valorizzazione ed una integrazione delle differenze permettendo al soggetto un ampliamento e una ristrutturazione del proprio mondo mediato dal significato. NelQuesto elenco è un adattamento dell'elenco che Lonergan fa alle pp. 304-305. L'unica variazione di rilievo è l'aggiunta dell'elemento 'massa affettiva' che credo però sia fedele con quanto Lonergan afferma rispetto al carattere di forza che il sentimento ha rispetto alle operazioni. 207

1.,0

SVILUPPO DELLA COSCIENZA

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rarnbito dell'interiorità la coscienza rivela esplicitamente il suo ruolo di 'operatore', di elemento attivo della vita del soggetto; nel­ }'ambito dell'interiorità, la differenziazione della coscienza è non solo sperimentata ma anche assunta, cioè sperimentata, compresa, giudicata, vissuta, amata. Non tutte le forme, però, della vita coscienziale e i loro signifi­ cati sono integrabili, non tutte sono conosciute. Vi è così la realtà del conflitto interno, della realtà coscienziale 'nascosta' e repres­ sa. Anche di fronte a queste realtà coscienziali, la strada generale è quella di una intensificazione della vita coscienziale che condu­ ca il soggetto ad una assunzione della differenziazione208 •

208 Questo tema del polimorfismo coscienziale sarà ripreso infra nel cap. 7.

TERZA PARTE

Il pensiero di Lonergan e la formazione della coscienza

CAPITOLO SESTO

Elementi di una 'filosofia' della formazione

La seconda parte del presente studio ha cercato di delineare la complessa ed articolata visione lonerganiana della coscienza uma­ na, nella convinzione che essa rappresenti la nozione fondamenta­ le dell'antropologia dell'autore canadese. Attraverso l'approfon­ dimento della dinamica coscienziale e del suo sviluppo, sono già emersi molteplici elementi attinenti al tema della formazione umana, intendendo con questo termine, in senso molto generale, il dato della costituzione e del rinnovamento, nel soggetto, di un insieme di modi di vivere e pensare che ne configurano una certa identità. Si tratta ora di fare un passo ulteriore. Partendo dall'assunto che per Lonergan la formazione umana ha al centro la formazione della coscienza, si cercherà di dare ordine e sistematicità a questi spunti, presenti nell'antropologia lonerganiana; si cercherà di mettere in luce come essi rappresentino un insieme articolato di elementi, interessanti, in primo luogo, per la riflessione teoretica sulla formazione umana, e, in secondo luogo, per la prassi pedago­ gica. A differenza, però, della nozione della coscienza, egli non offre in merito al tema specifico formazione umana in quanto formazione della coscienza un quadro esplicitamente sistematico. Si può dire piuttosto che in Lonergan esiste un pensiero implicita­ mente sistematico sulla formazione umana che questo studio in­ tende rendere esplicito nei suoi caratteri generali; un pensiero definibile come 'filosofia' della formazione. Certamente, parlare di formazione della coscienza e di 'filosofia' della formazione in

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IL PENSIERO DI LONERGAN E LA FORMAZIONE DELLA cosc1ENz

A

rapporto a Lonergan significa, così, passare ad un lavoro interpre­ tativo ancora più marcato 1 . 1. Alcune premesse Prima di evidenziare gli elementi del pensiero formativo di Loner­ gan occorre fare tre precisazioni in merito: alla presenza della questione formazione nell'opera lonerga­ niana; 1 Questa maggiore densità interpretativa rimanda ad un'attenzione e alla necessità di esplicitare delle scelte. L'attenzione che è presente costantemente è quella di non 'forzare la mano' all'autore, di non fare dire a Lonergan 'cose che egli non voleva dire'. Ma accanto alla necessità di questa attenzione, vi è la consapevolezza che le riflessioni 'pedagogiche' che qui sono elaborate risentono delle scelte di fondo già fatte in preceden­ za e che è bene, ora, ricordare. La prima scelta che è stata fatta è quella di prendere come nozione chiave del pensiero antropologico lonerganiano la nozione di coscienza. La seconda scelta, correlata alla prima, è stata di considerare la produzione intellettuale di Lonergan come una crescente attenzione alla coscienza umana nel suo insieme. Una crescita di attenzione che, secondo uno dei principi stessi elaborati da Lonergan in merito allo sviluppo, non cancella gli stadi precedenti, ma li porta a maturazione in un quadro più vasto. Questa seconda scelta ha avuto come conseguenza pratica quella di considerare l'ultima grande opera di Lonergan, Method in Theology, come il punto di riferimento principale. Queste scelte valgono anche per la ricerca di un quadro di riflessione pedagogica e, soprattutto la seconda, ha delle ricadute di una certa importanza. Lonergan ha prodotto una sola opera di carattere esplicitamente educativo - in realtà non si tratta neppure di un'opera bensì di un seminario quindicinale estivo tenuto a Cincinnati nel 1959 pubblicata postuma dai discepoli di Lonergan con il titolo di Topics in Education. È un opera molto importante che sta a cavallo tra la fase di Jnsight e la piena maturazione di quella che diversi studiosi chiamano 'svolta' del soggetto; essa affronta in maniera approfondita la questione 'educativa'. Sebbene questo scritto sia tenuto costantemente presente, si è scelto, nel presente studio, di non prenderlo come riferimento centrale, in quanto Topics in Education rappresenta, a mio parere, non la riflessione conclusiva sulla formazione, ma un contributo che in Method in Theology viene ulteriormente arricchito. Inoltre, Topics ha come oggetto principale più della formazione (che comunque è tematiz­ zata con grande acutezza attraverso la nozione del bene come soggetto che si sviluppa) 'l'educazione' e la 'filosofia dell'educazione'. Assumerlo quindi come punto di riferi­ mento centrale, avrebbe rischiato di spostare l'asse dell'indagine dal processo della coscienza all'attività di promozione messa in atto dal gruppo umano e, soprattutto, alla possibilità o meno di una filosofia dell'educazione in senso lonerganiano Al di là di ciò, rimane comunque l'importanza di questo testo a cui, come si vedrà, si fa riferimento costante nel corso del capitolo. Anch'esso è letto, però, nel presente studio secondo la prospettiva data da Method.

ELEMENTI DI UNA «FILOSOFIA»

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_ al significato di formazione della coscienza; _ al significato di 'filosofia della formazione'. 1.1- La questione formazione in Lonergan: formazione, forma­ zione dell'uomo, formazione della coscienza Nel momento in cui ci si mette all'opera per cercare di definire i caratteri non più della coscienza umana, ma più peculiarmente i caratteri della 'formazione' che la visione coscienziale rivela, ci si scontra con un dato di carattere linguistico. Lonergan appartiene, infatti, al mondo inglese dove il termine formazione non ha un idioma specifico. Mentre il mondo tedesco, per indicare la forma­ zione tipicamente umana, ha coniato il complesso termine Bil­ dung2, e la cultura francese conformation assieme a quella italiana che ha formazione3 possiedono due termini specifici (pur nella loro pluralità di significati), il mondo anglosassone non ha un singolo termine 'tecnico' corrispondente, bensì un 'insieme se­ mantico' che richiama il significato di formazione nella moltepli­ cità delle sue sfumature. Non si può dunque giustificare la presenza e giudicare la valen­ za della questione 'formazione' in Lonergan basandosi sulla sem­ plice presenza di un dato termine. Si deve piuttosto cercare la presenza di un significato e si ritiene che i due capitoli precedenti abbiano ampiamente richiamato la presenza del tema della forma­ zione. Nel caso del nostro autore però vi è un termine preciso, a partire dal quale è possibile delineare meglio il suo pensiero in merito alla formazione della coscienza. Il termine in gioco è form, traducibile in italiano con il termine forma. Questa parola appartiene al lessico lonerganiano ed è pre­ sente in tutte le sue opere, ma trova una sua specificazione tecnica in Insight e nel suo 'riassunto' Understanding and Being. In Insight, la nozione di forma è precisata all'interno di un contesto filosofico; più precisamente in un contesto che nel 1953 2 Per approfondimento di questo concetto nella cultura t edesca si veda GENNARI, Storia della Bildung. 3 Per la questione 'italiana' sulla formazione, cfr. supra, cap. 2.

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IL PENSIERO DI LONERGAN E LA FORMAZIONE DELLA COSCIEN

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Lonergan chiama metafisica esplicita e nel periodo di Method avrebbe chiamato metafisica trascendentale. Per Lonergan, la metafisica non è una disciplina che afferma inequivocabilmente cosa esista e che cosa non esista, che 'definisce' il mondo una volta per tutte. Piuttosto è la disciplina che, fondandosi su una filosofia della conoscenza e una epistemologia, designa «la strut­ tura euristica dell'essere proporzionato» 4, offre le coordinate euri­ stiche della realtà. Come una x matematica, queste coordinate guidano la conoscenza della realtà. Dal momento che, poi, la conoscenza (in senso stretto) è un insieme organizzato di tr e livelli, esperienza, comprensione e giudizio, le coordinate di fon­ do saranno, correlativamente, tre: potenza, forma, atto5 • Così, «La metafisica esplicita è la concezione, affennazione, attuazione (implementation) della struttura euristica integrale dell'essere proporzionato», LONERGAN, L 'intelligen­ za, p.435. 5 Per capire il contesto filosofico della nozione tecnica di fonna può essere di aiuto il seguente passo di Comprendere ed essere: «Lo scienziato si sta dirigendo verso qualcosa, sta indagando su qualcosa. 'Pensaci attentamente; dagli un simbolo'. Che cosa sta accadendo? Egli sta anticipando un atto di comprendere in cui comprenderà i dati in questione e tutti i dati simili. Lo scienziato anticipa non solo l'atto del comprendere ma anticipa anche l'espressione, in una qualche concezione, dell'atto di comprendere. Laddove il matematico dice 'x' e il fisico menziona 'qualche funzione indetenninata', nel parlare comune si dice 'la natura di...'. Che cos'è la natura della luce? La natura della luce è ciò che comprenderemo, ciò che conosceremo quando comprenderemo la luce. Questo procedimento euristico anticipa il futuro atto di comprendere e la sua concettualizzazione per guidare il procedimento verso il raggiungi­ mento dell'atto di comprendere in questione. Come c'è una struttura euristica per gli atti di comprendere, allo stesso modo c'è una struttura euristica totale; c'è la meta totale della coscienza intelligente e razionale in quanto tale. Abbiamo chiamato questa meta 'essere'. Quando parliamo di conoscere l'essere, intendiamo dire conoscere tutto di tutto. Ma noi non conosciamo tutto di tutto; stiamo semplicemente anticipando la totalità degli atti di comprensione e di giudizio attraverso cui potremmo raggiungere completamente l'ideale, la-meta, postoci dal nostro desiderio di conoscere. In altre parole, come la x designa la meta del cultore di algebra, come 'la funzione indeterminata' designa la meta di un'indagine scientifica, allo stesso modo 'essere' designa la meta della metafisica. La metafisica si occupa della struttura euristica integrale. Non si accontenta di dire che l'essere è ciò che conoscerete quando conoscerete tutto di tutto. Essa può diventare esplicita. Essa può proseguire dicendo che, in ogni caso di conoscenza dell'essere proporzionato, vi è una componente di comprensio­ ne, una componente di afferramento dell'incondizionato e di giudizio; e poiché gli atti sono differenziati l'uno dall'altro da contenuti differenti, l'oggetto conosciuto comporterà un contenuto dall'esperienza, un contenuto dalla comprensione, un contenuto dal giudi­ zio. Conseguentemente, nel conosciuto ci sarà questo triplice contenuto. Il metafisico non 4

ELEMENTI DI UNA «FILOSOFIA»

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come la potenza è la struttura dell'essere collegata all'esperienza e l'atto quella collegata al giudizio, la forma è quella correlata all'atto di comprensione. In un senso specificatamente filosofico, Lonergan definisce la forma nel seguente modo: «La forma denota la componente del1'essere proporzionato che si conoscerà non comprendendo i nomi delle cose, né intendendo le relazioni con noi, bensì intendendole (by understanding them) pienamente nelle loro relazioni recipro­ che» 6 • Forma è, dunque, l'insieme delle relazioni reciproche colte dall'atto di intellezione; è tutto ciò che risulta intelligibile: «la forma è ciò che è intelligibile in se stesso; è la componente del conosciuto che è conosciuta precisamente in quanto si compren­ de» 1. La dove vi è un'intellezione, dunque, è colta una forma. Ma le forme appartengono alla realtà o sono semplicemente costruzioni del conoscente? Questa domanda rimanda alla filoso­ fia della conoscenza e all'epistemologia lonerganiana. Per Loner­ gan l'uomo coglie delle forme perché l'essere ha una intelligibilità intrinseca8 . Le forme in quanto risultato di intellezioni, non sono separabili dal soggetto conoscente (non vi sono forme intelligibili senza atti di intelligenza) ma, in quanto affermate da un giudizio, rimandano ad una realtà che è altra dal soggetto. Il soggetto conoscente non inventa meramente le forme, ma nella misura in cui desidera 'conoscere', cerca sempre l'afferramento di un incon­ dizionato che va al di là della propria costruzione; un afferramento solo pone una x generale, l'essere, che si conoscerà quando si comprenderà correttamente tutto di tutto, ma può anche distinguere l'essere in essere che è perfetto ed essere che è proporzionato. Ogni essere proporzionato comporterà ciò che corrisponde ai tre contenuti - questa è una premessa fondamentale nel nostro movimento verso una metafisica dell'essere proporzionato-e noi possiamo chiamarli: potenza.forma e atto», LoNERGAN, Comprendere ed essere, pp. 244-246. I corsivi sono nostri. 6 LoNERGAN, L'intelligenza, p. 476. 7 LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 258. 8 Certo, parlare di intelligibilità intrinseca alla realtà fa estremamente problema alla filosofia contemporanea tutta spostata sul soggetto conoscente. Eppure Lonergan non intende rinunciare alla centralità del soggetto conoscente. Anzi, a suo parere, è proprio prendendo sul serio la dinamica conoscitiva del soggetto, nel!'insieme delle sue operazio­ ni, e il suo puro desiderio di conoscere, la sua autotrascendenza, che l'intelligibilità della realtà diventa un'affermazione plausibile.

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che non è mai assolutamente incondizionato quanto piuttosto le­ gato, appunto, a contesti e condizioni, ma non per questo meno vero. Lonergan distingue due classi fondamentali di 'forma': forma centrale e forma coniugata9 • La prima riguarda il singolo, la seconda il generale: Quando i dati sono considerati come particolari e una molteplicità di dati è riferita ad una singola unità, avete l'afferramento di una 'forma' di un unico tipo che possiamo chiamare 'forma centrale' o sostanziale 10 . Ab­ biamo intellezione nei dati come particolari. È nel considerare questi dati che ho l'intellezione nell'unità di questo uomo. Di conseguenza, negli esseri c'è una forma centrale ed essa corrisponde a ciò che è colto quando si dice che è uno e lo stesso in un volume spazio-temporale di dati particolari. Ma quando confrontate i dati fra di loro, costruite classi­ ficazioni per similarità e procedete ad elaborare le relazioni delle cose tra di loro, voi arrivate a leggi scientifiche. Queste leggi implicano relazioni determinate delle cose tra loro. Una legge è un'espressione di un'intelli­ gibilità; essa implica qualcosa che corrisponde alla forma. Questo ci dà un secondo tipo di forma: 'forma coniugata' o accidentale11 .

Alla forma si interessano: le teorie di tipo classico, in quanto si riferiscono alle forme in quanto tali; le teorie di tipo statistico che si riferiscono alle forme in quanto stabiliscono le frequenze ideali dalle quali gli atti non divergono sistematicamente; le teorie di tipo genetico, che si riferiscono alle condizioni dell'emergenza della forma dalla potenza 12 • 9 Così come distingue tra atto centrale ed atto coniugato e potenza centrale e potenza coniugata. 10 Nota LONERGAN, L'intelligenza, p. 481: «La differenza tra la nostra forma centrale e la forma sostanziale di Aristotele è meramente nominale. La forma sostanziale aristotelica è, infatti, quel che si conosce cogliendo una unità intelligibile, un unum per se. Ma, poiché il significato della parola sostanza ha subìto la profonda influenza di Locke, e poiché la confusione cartesiana tra 'corpo' e cosa ha portato ad una identificazione di sostanza ed estensione, e quindi, al responso che la sostanza è una sottostante estensione, ho ritenuto consigliabile, almeno temporaneamente, sottrarmi a questa confusione verbale». 11 LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 254. 12 Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, p. 477.

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L'emergenza della forma dalla potenza viene approfondita da Lonergan attraverso un'ampia riflessione che affronta la questio­ ne della gerarchia delle forme 13, la questione della finalità e quella dello sviluppo. Ne risulta un quadro finale in cui il reale nella sua interezza risulta segnato dalla dinamicità. Fin dalle sue forme più semplici, la vita è segnata da un processo di trasformazione che Lonergan ritiene sia orientato allo sviluppo. Questo sviluppo può essere favorito o ritardato, può subire accelerazioni così come arretramenti e deformazioni. È chiaro dunque come, partendo dalla nozione di forma, nel momento in cui egli affronta la questione dell'emergenza della forma dalla potenza, Lonergan, pur non utilizzando questo termi­ ne mette a tema la questione formazione mostrando come la formazione caratterizzi la realtà nel suo insieme, dall'energia del cosmo, alla cellula di un organismo semplice, alla realtà psichica dell'uomo'4. Così facendo, egli tematizza la formazione nel senso 13 Nella consapevolezza di semplificare molto le cose, la gerarchia delle forme può essere riassunta attorno a tre affermazioni di fondo: a) L'intellezione di una forma è richiesta dalla non esaustività della forma già elaborata e compresa. b) Questa nuova forma ri-forma, risistema anche la forma già elaborata dando origine ad un livello superiore. c) La nuova forma (e il correlativo genere superiore) in quanto sistematizzazione di qualcosa che la precede è limitata dal genere inferiore che la precede. In Comprendere ed essere, p. 255, Lonergan riassume con un esempio questa visione di una gerarchia nella conoscenza delle forme: «Nell'unità biologica della cellula ha luogo una serie continua di reazioni chimiche e ognuna di queste reazioni avviene secondo le leggi della chimica. Ma se, attraverso le leggi chimiche e gli schemi di ricorrenza che possono essere scoperti in chimica, non è possibile spiegare la regolarità con cui quei processi chimici hanno luogo nella cellula, dovete appellarvi a punti di vista superiori per spiegare la regolarità e introdurre al livello biologico forme coniugate con le loro leggi e i loro schemi. Se trovate nel vivente delle regolarità che non possono essere spiegate dalla totalità di leggi e schemi di ricorrenza del livello biologico, voi postulate un altro livello superiore. Avete le basi per un altro punto di vista superiore, nel quale vengono introdotte le coniugate del livello sensitivo. Se, in riferimento agli uomini, trovate che tutte le leggi e gli schemi della psicologia sensitiva, appartenenti al livello psichico, non spiegano il continuo parlare intelligibile degli uomini, dovete salire ancora più alto e porre forme intellettuali che spieghino il comportamento umano». 14 A scanso di equivoci, occorre precisare che 'la forma che emerge' è riconosciuta come forma solo da un atto di comprensione. In altre parole, la formazione, dal punto di vista

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più esteso del termine, come generale assunzione, più o men s�abile, di form� da parte dell _ e_ r�a�tà tout �ourt. In 9ues!o process� d1 emergenza d1 forme, egh md1v1dua dei caratten eunstici gene­ rali che potremmo chiamare di tipo 'ontologico', cioè appartenen­ ti alla realtà presa nel suo insieme 15 . A questo dinamismo formativo della realtà partecipa piena­ mente l'uomo. Anche l'uomo vive un processo formativo segnato da progressi, rallentamenti, deformazioni. Per indicare la forma­ zione dell'uomo, Lonergan utilizza una pluralità di sostantivi: l'uomo è caratterizzato da development (sviluppo), da dynamisrn (dinamismo); da differentiation (differenziazione); e da una plura­ lità di verbi che indicano l'assumere forma: toform, to shape, to mould. Parlare di formazione dell'uomo significa parlare di un proces­ so estremamente complesso che riguarda l'organismo umano, la sua psiche, la sua mente. In ciascuno di questi ambiti opera l'emergenza della forma dalla potenza e le regole concernenti la gerarchia di forme, la finalità, lo sviluppo. Ma ciò che unifica la formazione dell'uomo in quanto soggetto individuale è il dinami­ smo e lo sviluppo della coscienza. Questo dato già presente, tra le righe in Insight, appare sempre di più nelle opére successive. Il divenire uomo del singolo individuo passa necessariamente attra­ verso il proprio dinamismo coscienziale. Ed è al processo formativo della coscienza che si deve rivolge­ re l'attenzione, nella consapevolezza di fare una precisa scelta di campo che pone semplicemente sullo sfondo una riflessione mol­ to più vasta sulla formazione della realtà tout court 16 • La scelta di fermare l'attenzione al processo formativo della coscienza è congiunta alla centralità antropologica data da Lonerdel soggetto, è un flusso continuo di eventi coscienziali (che comportano, lo vedremo, risignificazione), e solo un atto di comprensione, successiva, può riconoscervi delle 'forme'; così come solo una tematizzazione ontologica può riconoscervi delle 'forme fondamentali'. 15 Un esempio di questi caratteri generali sono i principi dello sviluppo presentati nel capitolo precedente. 16 L'attenzione della presente ricerca è rivolta al dinamismo della coscienza. Sarebbe certo molto interessante studiare accuratamente come gli elementi di carattere generale elaborati in /nsight permangano e si trasformino nelle opere successive.

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gan alla vita cosciente stessa. Come si è già visto, la coscienza non è una 'cosa' dentro l'uomo, ma è la presenza a sé del soggetto, una presenza che si estende, si differenzia, può crescere di qualità fino ad un'auto-appropriazione. Questo tipo di presenza ha un ruolo insostituibile nella vita dell'individuo, ossia quello di 'operatore' dell'esistenza, di centro unificatore, di guida. Solo in quanto pre­ sente a sé l'uomo può conoscere, credere, amare, rapportarsi uma­ namente alla realtà. Per Lonergan, la forma concreta dell'esisten­ za umana di ogni singola persona è inscindibilmente legata alla forma concreta che ha assunto la propria coscienza. Ma la forma della coscienza non è un dato né statico, né semplice. Non è statico, in quanto la coscienza si struttura, si differenzia, si sviluppa nel tempo e nei diversi contesti; non è semplice, in quanto caratterizzata da operazioni ed ambiti com­ presenti che rendono la coscienza poliforme. Così se la coscienza è al centro della vita del soggetto, è al centro anche del suo divenire soggetto. Lo sviluppo dell'individuo-il suo essere atten­ to, intelligente, razionale, responsabile, il suo vivere l'ambito del senso comune, della teoria, della interiorità, della trascendenza, dell'arte, della letteratura-non è solo questione di trasformazioni organiche o psichiche e neppure semplicemente intellettuali, ma dello strutturarsi e modificarsi della vita cosciente nel suo insie­ me. Scrive Lonergan: «Il sé che uno è, è il sé che uno diventa» 17 . E il diventare del sé non è né l'applicazione di uno schema rigidamente determinato, né è un mero divenire, quanto piuttosto la storia della vita coscienziale del soggetto con le sue strutture trascendentali e le sue realizzazioni concrete. 1.2. Coscienza e formazione: il punto di vista esterno e il punto di vista interno Giustificata la presenza del tema dellaformazione della coscien­ za, si tratta di precisare, nella prospettiva del pensiero di Loner­ gan, l'utilizzo di questo termine. Quando si usa l'espressione 'formazione della coscienza' si ha la tendenza, nell'ambito del nostro senso comune, di collocarsi 17 LoNERGAN,

Comprendere ed essere, p. 283.

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principalmente in un'ottica in cui il termine di specificazione 'della coscienza' è inteso come il destinatario di una azione for­ mativa. Pensare alla formazione della coscienza in questo modo significa pensare di 'promuovere l'assunzione di una forma'. Più specificatamente significa fare attenzione, comprendere, giudica­ re, scegliere 'ciò che serve' per la maturazione, lo sviluppo, la guarigione, il sollievo, il rinnovamento, la crescita conoscitiva della coscienza del soggetto. Possiamo chiamare questo il punto di vista esterno con cui guardare al rapporto tra coscienza e formazione. La formazione, infatti, in questo caso, è intesa principalmente come l'organizza­ zione di un insieme di contenuti o oggetti formativi a cui la coscienza, attraverso una adeguata azione, può o deve essere sottoposta. Da questo punto di vista si sottolinea soprattutto il fatto che la coscienza è plasmabile, il fatto che la coscienza per svilupparsi pienamente ha bisogno di formazione, di precisi e adeguati oggetti. Vi è un insieme di valori, di competenze, di conoscenze a cui è bene, oppure è necessario, oppure è convenien­ te, o semplicemente possibile formare la coscienza del soggetto. Pensare la formazione significherà, soprattutto, pensare la loro organizzazione. Il punto di vista esterno, nella misura in cui è assunto come il solo possibile, presenta diversi nodi problematici che si collocano su piani tra loro diversi. Qui accenniamo a due nodi. Il primo è di carattere 'pratico' e riguarda il rischio che il pensare la formazio­ ne semplicemente come ciò di cui la coscienza ha bisogno, faccia degenerare l'intento formativo in mero addestramento, precetti­ smo, moralismo, imposizione, plagio. Il secondo è di carattere teoretico e riguarda la riduzione e l'impoverimento del termine formazione ad uno dei suoi possibili significati che è il fare formazione, o, ancor più specificatamente, organizzare dei conte­ nuti. Un secondo punto di vista mette in rapporto formazione e coscienza nell'espressione 'formazione della coscienza', inten­ dendo il termine di specificazione come il 'soggetto' della forma­ zione. Possiamo chiamare questo punto di vista interno in quanto comprende il rapporto formazione-coscienza collocando la forma­ zione dentro la coscienza stessa, la formazione come processo

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della coscienza. Tale prospettiva mette in luce il fatto che l'assu­ mere forme, prima di essere questione di contenuti dati dall'ester­ no, appartiene alla dinamica coscienziale in quanto tale. Ancor più profondamente che l'aver bisogno di formazione, la coscienza umana è segnata intrinsecamente dalla formazione. L'assunzione di forme pratiche, artistiche, religiose, intellettuali, semplici o com­ posite, appartiene al dinamismo della coscienza in quanto tale. Anche questo punto di vista preso isolatamente presenta molte­ plici nodi problematici. Il nodo pratico è una sorta di innatismo ingenuo e di pan-spontaneismo che dimentica che alcune forme sono assunte spontaneamente, altre richiedono un contesto preci­ so, una sollecitazione. Il nodo teoretico è il pensare la formazione come un semplice susseguirsi di eventi e processi del soggetto separandola dalla valenza degli oggetti formativi. Si rivela così l'esigenza di correlare i due punti di vista, tenen­ do insieme la componente interna e quella esterna, la coscienza come soggetto e come destinatario, il soggetto e l'oggetto forma­ tivo. Ma anche questo tenere insieme non è univoco; anche nel tentativo di unificare, una delle due prospettive prevale. Si tratta però di un prevalere consapevole, frutto di una scelta, che non elimina l'altra parte, ma cerca di farla propria assumendo i dati e le prospettive che l'altra parte propone. La prospettiva dell'analisi del/'intenzionalità propria di Loner­ gan fa questo. Non cancella le ragioni del logicismo, dell'essen­ zialismo, dell'empirismo, ma cerca di farle proprie da un punto di vista che parte dalla coscienza, e dalle sue operazioni, e da esso comprende la realtà. E, di conseguenza, ci pare di poter ritenere, con ragione sufficiente, che la prospettiva di Lonergan in merito alla formazione sia analoga. È un punto di vista interno che non elimina, ma fa proprio il punto di vista esterno. La formazione è innanzitutto un processo che attraversa costantemente la vita del soggetto. Il soggetto umano, chiunque sia, vive un processo dina­ mico di strutturazione e di cambiamento fondato sulla dinamicità e sulla differenziazione della propria coscienza. Questo processo formativo è impulso a diventare 'se stessi', è spinta di 'umanizza­ zione', sempre aperta.

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Essere un uomo è qualcosa che, se noi lo siamo, lo siamo solo in modo precario. C'è una continua sfida. Il tempo entra nell'essenza di essere un uomo. E così Heidegger ha intitolato il suo celebre lavoro Sein und Zeit Essere e tempo, e Gabriel Marcel ha intitolato un libro Homo Viato,' l'uomo viandante. Questa nozione di uomo sulla quale gli esistenzialisti insistono, questo aspetto dell'essere un uomo, tutto ciò è rilevante per la nostra questione dell'uomo come un soggetto che si sviluppa. Se voi considerate l'uomo come un animale razionale, dove la parola 'raziona­ le' è compresa potenzialmente, allora non vi è sviluppo; questo è eterna­ mente vero di ogni uomo al di là di ciò che egli fa, al di là di quanto intelligente o stupido sia, saggio o stolto, santo o cattivo. Egl i è un animale razionale in quel senso. Ma vi è un altro senso, essere attual­ mente razionale, che porta le implicazioni enfatizzate dal gruppo con­ temporaneo di filosofi conosciuto come esistenzialisti 18.

E partendo dalla coscienza, dalle sue dinamiche e dal suo svilup­ po, nell'ottica di Lonergan non vengono dimenticati gli oggetti formativi e il ruolo dell'azione formativa. Anzi, proprio alla luce di un approfondimento della dinamica coscienziale del soggetto possono trovare chiarificazione e fondamento. 1.3. Il senso di una 'filosofia' della formazione Una terza precisazione riguarda la proposta di chiamare l'insieme articolato di elementi sulla formazione della coscienza: 'filosofia' della formazione. Come è noto, Lonergan chiama filosofia, in senso specifico, uno sforzo intellettuale particolare, quello collegato alla cono­ scenza delle operazioni coscienziali da parte del soggetto stesso. «La filosofia trova i suoi dati nella coscienza intenzionale. La sua funzione primaria è quella di favorire l'auto-appropriazione» 19 • La filosofia è, in altre parole, il modo di operare proprio del1'ambito dell'interiorità. Vi è filosofia, cioè un filosofare, quando il soggetto cerca di conoscere, attraverso l'analisi dell'intenziona­ lità, la propria coscienza intenzionale comprendendo, dal punto di vista coscienziale, operazioni ed ambiti. 18 LoNERGAN, 19 LoNERGAN,

Topics in Education, p. 80. Il metodo in teologia, p. 114.

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In rapporto a questa impostazione, chiamiamo il pensare sulla formazione umana di Lonergan 'filosofia' della formazione, in quanto gli elementi che possono essere messi in luce sorgono da una prospettiva di analisi che, partendo dai dati della coscienza, cerca di comprendere le caratteristiche del suo formarsi. 2. La 'forma' dellaformazione: la significazione costitutiva Fatte le dovute precisazioni, entriamo nel vivo della questione. Quali sono le caratteristiche della formazione che la prospettiva coscienziale rivela? Innanzitutto rivela che il soggetto della formazione umana è la coscienza. L'identità, il modo di pensare e di vivere che caratteriz­ zano un individuo, sono intrinsecamente connessi con la sua vita coscienziale, con lo stato, la qualità, il grado di differenziazione della propria presenza a sé del soggetto. La seconda parte della ricerca può essere letta anche come una estesa descrizione di questo soggetto della formazione umana. Ma oltre questo elemento, la prospettiva coscienziale permette di parlare: di una forma della formazione, di un contesto della formazione, di una esigenza formativa, di dinamismo formativo, di rottura, di scacco, di metodo, di vettori e di promotore della formazione. Ed è a questi elementi che rivolgiamo l'attenzione, convinti che attraverso il loro approfondimento lo stesso elemento del soggetto della formazione verrà, in modo trasversale, delinea­ to ulteriormente. Prendiamo in esame innanzitutto 'la forma della formazione'. Con il termine 'forma' della formazione si intende la specifici­ tà della formazione, l'insieme di riflessioni che permette di ri­ spondere alla domanda: che cos'è la formazione per Lonergan? Finora si è parlato in termini relativamente vaghi non solo della formazione della realtà - come processo di strutturazione della realtà - ma anche della formazione della coscienza umana. Si è fatto riferimento alla formazione del soggetto, intendendo generi­ camente; con questa nozione, il complesso processo di struttura­ zione e differenziazione della coscienza. Attraverso questo pro­ cesso, l'uomo assume una 'forma' (e in essa la possibilità di una

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pluralità di forme) nel senso che acquisisce, conserva, modifica cambia, un'identità, il modo di pensare e di vivere. L'intento che ci ha guidato fino a questo punto del capitolo è stato quello di giustificare la possibilità di un discorso lonergania­ no sulla formazione e precisarne la prospettiva, sottolineandone la congruenza con l'insieme del suo pensiero. Possiamo riassumere quando detto così. In Lonergan vi è una elaborazione sulla 'forma­ zione' intesa innanzitutto come aspetto generale della realtà. Al­ l'interno di un discorso 'metafisico', egli individua i caratteri generali del prendere forma dell'esistente. Insieme, però, egli prende in considerazione la peculiarità della formazione umana, approfondendo la riflessione nel corso della sua produzione filo­ sofica e teologica. Il soggetto si forma nel tempo; è nella storia concreta che un uomo diventa se stesso. Al centro di questo processo formativo sta la coscienza. La forma del soggetto dipen­ de dalla forma che la coscienza assume. Essa può assumere una pluralità di forme, e quest'assunzione non è un mero ricevere forme bensì si fonda su un dinamico strutturarsi della coscienza stessa. Per questo, parlare di formazio­ ne della coscienza significa innanzitutto considerare la coscienza come soggetto della formazione. La filosofia della formazione è questo modo di pensare dall'interno la formazione della coscienza. Si tratta ora di fare uno sforzo di precisione, di definizione, cercando di individuare se, nell'elaborazione lonerganiana, non vi sia una 'valenza' ancora più specifica della formazione che per­ metta di definire ancora più peculiarmente che cosa sia questo prendere forma da parte della coscienza. Si tratta di mettersi in strada per comprendere la 'forma' della formazione della coscienza. In questa strada, la direzione è data da un preciso assunto: che la chiave di volta per rispondere in modo peculiare alla domanda sul che cosa sia la formazione stia nel rapporto stretto che Loner­ gan istituisce tra vita coscienziale e significato. 2.1. Primo passo: un impulso a priori e il flusso di coscienza Certamente, secondo Lonergan, esiste nell'uomo una sorta di 'forma trascendentale', intendendo con questo termine l'insieme degli elementi che costituiscono il soggetto umano al di là della sua specificità concreta. L'apertura, l'interrogazione, la trascen-

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denza sono elementi di questa trascendentalità. Possiamo chiama­ re questa forma anche 'un impulso strutturato a priori' che per­ mette al soggetto di sperimentare, capire, giudicare, scegliere, credere, agire, amare20 • Questo impulso determina e sostiene la strutturazione dei livel­ di li coscienza così come determina e sostiene la differenziazione della coscienza in ambiti diversi. Esso è 'invariabile' nel senso che «non può mutare la struttura dinamica della coscienza uma­ na» 2 1• Ma tale invarianza non significa staticità, fissità, ripetizione in serie. L'impulso a priori si autostruttura e si concretizza nel tempo, nella storia, dentro una concreta vita coscienziale soste­ nendo a seconda delle realtà di vita dei soggetti una diversificata differenziazione della coscienza. Tutti potenzialmente possono essere soggetti empirici, intelligenti, razionali, responsabili, amanti. Tutti potenzialmente possono vivere nel senso comune, pensare come scienziati, come filosofi, religiosi, artisti, letterati. In realtà, vi sono gradi di coscienza e di differenziazione diversi, a seconda dei soggetti concreti e a seconda dei momenti nella vita dello stesso soggetto. Vi può essere maggior capacità di essere intelligenti che amanti, così come si può avere più dimestichezza nell'ambito dell'arte che in quello della filosofia. Un medesimo 'impulso' genera dunque concretamente forme coscienziali diverse. Dopo essersi definito non-classicista, Lonergan aggiunge in Method: Ancora, noi non siamo relativisti, per cui riconosciamo qualcosa di sostanziale e di comune alla natura umana e all'attività umana; ma questo lo poniamo non in proposizioni eternamente valide, bensì nella struttura del tutto aperta dello spirito umano - nei precetti trascendentali sempre immanenti ed operativi, benché inespressi: sii attento, sii intelli­ gente, sii ragionevole, sii responsabile. Infine, gli individui umani diffe­ riscono l'un l'altro non soltanto a causa dell'individuazione mediante la materia, ma anche nella loro mentalità, nel loro carattere, nel loro modo di vivere22 • /bi, p. 123. In questa pagina, Lonergan non parla di credere e amare che ho ritenuto opportuno aggiungere alla luce di quanto esposto nel cap. 4. 21 /bi, p. 141. 22 /bi, p. 320. 20

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L'impulso a-priori è così solo una parte della formazione della coscienza. Immaginandolo come una serie di 'domande trascen­ dentali', la forma che la coscienza assume è data dall'insieme concreto che sorge dalle domande nella loro tematizzazione cate­ goriale23 e dalle 'risposte' che sono a loro volta categoriali, parti­ colari, limitate. La forma trascendentale non è dunque sufficiente per descrivere e comprendere la formazione del soggetto. Essa rappresenta il dinamismo fondante, ma presa in sé non dice cosa sia quel quid che rende formativo il processo. È l'insieme concreto delle domande trascendentali e delle ri­ sposte ad offrirci un indizio.La formazione del soggetto si compie nel concreto realizzarsi delle nozioni trascendentali, nel concreto attuarsi della spinta a sperimentare, capire, giudicare, scegliere, credere, amare; nel concreto attuarsi di una spinta ad aprirsi, interrogarsi, riconoscere, nel concreto organizzarsi di queste spin­ te attraverso una progressiva strutturazione e differenziazione del­ la coscienza. Si compie, in altre parole nel concreto dispiegarsi del flusso della coscienza, nell'intrecciato dispiegarsi del soggetto come empirico, intelligente, razionale, e così via. 2.2. Secondo passo: l'organizzazione del mondo del soggetto Dire solo questo potrebbe tuttavia portare a ritenere che ogni operazione della coscienza è in sé formativa. Il che è vero in un ordine potenziale, ma non in un ordine attuale, dove l'ascoltare una nota canzone alla radio od incontrare' il vicino di casa non è sperimentato come formativo da parte del soggetto. Il mero cam­ biamento nel flusso di coscienza non è in sé attualmente formati­ vo, può esserlo. In questo senso, il flusso di coscienza è come un grande terreno di potenzialità formativa dove (generalmente) un accumularsi di eventi coscienziali porta ad un evento coscienziale che non è mero cambiamento, ma formazione in senso proprio24. 23 È bene richiamare la distinzione tra intendere trascendentale ed intendere categoriale. 24 Questo immaginare la formazione come fondata su un accumularsi di eventi coscien­ ziali è fatta in analogia con quanto Lonergan dice a proposito della scoperta come un'accumulazione di intelligenze.

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Lonergan ci indica una discriminante precisa per distinguere un qualsiasi cambiamento coscienziale che è potenzialmente for­ mativo da un evento formativo in senso proprio. Lo fa nelle pagine di Topics in Education. Egli innanzitutto afferma che il flusso della coscienza è sotto­ posto ad una selezione: «normalmente, la coscienza è una organiz­ zazione diretta di dati selezionati» 25 • Questa selezione di dati è chiaramente influenzata dal contesto di dati disponibili, ma è governata, guidata, dalla preoccupazione (concern) del soggetto: E ciò che governa quella direzione e selezione è la nostra preoccupazio­ ne, ciò che ci importa, ciò che ci piace, ciò che ci interessa, ciò a cui miriamo. Il termine di Heidegger è Sorge, cura; 'concem' è l'ordinaria traduzione inglese. La stessa nozione riappare in parole come 'attention' (attenzione) ed 'interest' (interesse). Uno può camminare lungo la strada con un amico e nel mezzo di tutti i rumori della strada sentire proprio quel sottile gocciolare del suono che sono le sue parole. Il significato rende la sua voce udibile. Questo è un esempio della selettività della coscienza. Vi è ogni sorta di impressioni fatte sul nostro apparato sensi­ tivo, sui nostri organi di senso, ma non tutti entrano nella coscienza. È ciò a cui noi siamo interessati che arriva alla coscienza. La coscienza seleziona; essa galleggia sopra una serie di domande per la attenzione26.

I contorni della forma coscienziale del soggetto sono così fondati su un flusso di coscienza selezionato, che concorre a costituire il mondo del soggetto. Si ha formazione quando, attraverso il flusso coscienziale, i contorni del mondo del soggetto sono modificati. È proprio su questo modificarsi che Lonergan fa una precisazione di estrema importanza. Noi ora dobbiamo considerare lo sviluppo. Notiamo prima di tutto che non ogni cambiamento di orizzonte è uno sviluppo. Se uno cessa di guidare un carro e va a lavorare in fattoria, uno sta facendo cose diverse, e in un certo senso uno sta vivendo in un mondo differente, ma, se c'è, si tratta di un cambiamento molto piccolo. In generale, un cambiamento da • una occupazione all'altra, da un posto all'altro, da un gruppo di amici e Topics in Education, p. 83. /bi, pp. 83-84.

25 LoNERGAN, 26

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conoscenti ad un altro, propriamente sostituisce un orizzonte co nuovo orizzonte di circa la medesima dimensione. Newman nota- e�e�n 0 in The Idea of a University - a proposito del marinaio, che egli h viaggiato per tutto il mondo e ha conosciuto ogni sorta di uomini e po t� , si ma egl.1 non pensa come un uomo educato. v·1 puo essere un allar garne � to di un mero orizzonte materiale, e ciò non comporta uno sviluppo nnJ senso che qui ci interessa. Lo sviluppo dipende ed è misurato non tan; dagli oggetti esterni in riferimento ai quali uno opera, quanto piuttost� dall'organizzazione delle proprie operazioni, la loro portata (reach), le loro implicazioni, l'orientamento della propria vita e della propria preoccupazione (concern). Lo sviluppo conserva tutto ciò che si era avuto prima, e vi aggiunge e vi può aggiungere enormemente. Esso elimina mali precedenti trovando una più alta integrazione nella quale i problemi risolvono se stessi. Esso trova l'integrazione più alta non lavorando alla periferia, ma in radice, sul Sorge, sulla preoccupazione, ed effettuando lo spostamento dalla preoccupazione che è ancora tutta umana alla aspirazione spirituale dell'uomo che ha la sua prima e fonda­ mentale comparsa nel desiderio puro di conoscere che sostiene il tipo intellettuale di esperienza e pone i criteri per la propria moralità27 .

L'assunzione di una nuova forma di coscienza è legata non tanto ad un semplice cambiamento nel flusso di coscienza, ma in quanto si ha una organizzazione ed una riorganizzazione dell'orizzonte del soggetto e correlativamente del suo mondo. Si ha formazione là dove un evento, nel flusso di coscienza, genera una organizza­ zione o una riorganizzazione nel mondo del soggetto, ossia un cambiamento significativo nel modo di intendersi e di intendere la realtà. Se un cambiamento avviene all'interno di un orizzonte, ad esempio uno passa dal pensare una cosa al pensarne un'altra, o da incontrare una persona ad incontrarne un'altra, ma non modifica nemmeno un poco il suo orizzonte, non si ha formazione in senso proprio. Si ha un'esperienza coscienziale che potenzialmente può portare ad una riorganizzazione dell'orizzonte. La formazione è allora una organizzazione e una riorganizza­ zione del proprio mondo. In realtà si può parlare di 'organizzazio­ ne' soltanto nella prima fase della vita del bambino. Nell'infante, 27 /bi, p. 92. Il corsivo è nostro.

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la formazione della coscienza è determinata dall'impulso dei biso­ gni vitali e da un flusso di coscienza molto semplice dove il proprio mondo è costituito da un insieme di significati elementari. popo questa prima costituzione del mondo del soggetto, la forma­ zione consiste in un cambiamento che riorganizza l'insieme dei mondi del soggetto. Tenendo presente questo fatto, si può parlare di formazione come '(ri)organizzazione' del proprio mondo. 2.3. Terzo passo: le componenti della riorganizzazione Ma questa riorganizzazione come avviene? Quali fattori sono determinanti? Dire ciò che determina nella vita di un soggetto una riorganizzazione del proprio mondo in senso globale non è possi­ bile. Si passa infatti in un contesto idiografico che non è mai totalmente definibile dall'intelligenza. Si può però, per prima cosa, dire che questa riorganizzazione è un processo generalmente cumulativo. Piccoli cambiamenti pos­ sono, nel tempo, portare ad una riorganizzazione globale del pro­ prio mondo. In secondo luogo, si deve fare un'ulteriore specificazione in merito ad una riorganizzazione superficiale continua, una parzia­ le, una generale. In quanto il flusso di coscienza offre sempre nuovi elementi, la coscienza vive una sorta di riorganizzazione superficiale continua. Nuove esperienze, nuove intellezioni, nuovi giudizi, le scelte quo­ tidiane ridisegnano il mondo del soggetto. Ma non si può parlare propriamente di formazione fino a quando queste piccole riorga­ nizzazioni non cambiano i confini del mondo del soggetto. I confini del soggetto inoltre possono modificarsi senza che l'insieme generale del mondo del soggetto, il proprio modo di intendersi e di intendere il mondo sia modificato nel suo insieme. È il caso, ,ad esempio, di uno studioso che approfondisce un tema. Il suo mondo avrà allargato i confini, ma non necessariamente il suo insieme subirà una modifica sostanziale. Può portare ad una modifica sostanziale del mondo del soggetto, ma può anche agire in realtà in modo molto superficiale. In questo caso, si può parlare di riorganizzazione parziale. Possiamo poi parlare di riorganizza­ zione generale quando il mondo del soggetto, il suo modo di intendersi e di intendere è riorganizzato nel suo insieme. Questa

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riorganizzazione generale non can�ella le forme passate, così c me non è un'unica forma stabile. E piuttosto la nuova fonna c�­ dà unità ed integrazione nuova al polimorfismo della coscienzae Nella misura in cui si passa dalla riorganizzazione superficiale . quella generale, si passa dal campo dell'informazione al camp� specifico della formazione. In terzo luogo, si possono precisare, al di là della concretizza­ zione propria di ogni storia individuale, dei fattori sopra-indivi­ duali determinanti per la riorganizzazione generale del proprio mondo. Nelle pagine di Topics citate in precedenza, appare chiaro come Lonergan consideri fattore chiave dello sviluppo del sogget­ to il cambiamento della preoccupazione. Essa guida la selezione del flusso, e fonda un nuovo orizzonte e un nuovo mondo. Il tipo intellettuale di esperienza si differenzia dal tipo ordinario di espe­ rienza (ordinary pattern of experience) per un tipo di preoccupa­ zione diversa. Ma il cambiamento della preoccupazione non è un fatto casua­ le e neppure legato semplicemente al contesto; piuttosto esso è correlato ad un determinato strutturarsi di operazioni coscienziali ed intenzionali, alla loro portata ed implicazione. Già in Topics questo è definito con precisione quando nel passo già citato Lo­ nergan afferma: «Lo sviluppo dipende ed è misurato non tanto dagli oggetti esterni in riferimento ai quali uno opera, quanto piuttosto dall'organizzazione delle proprie operazioni, la loro por­ tata, le loro implicazioni, l'orientamento della propria vita e della propria preoccupazione». In Method, il quadro terminologico si chiarisce ulteriormente. La coscienza si riorganizza in base all'autostrutturarsi della co­ scienza nei suoi livelli empirico, intelligente, razionale, esisten­ ziale ed in base alla differenziazione della preoccupazione attra­ verso il sorgere di esigenze diverse. Lonergan individua alcuni tipi fondamentali di esigenza: teorica, critica, trascendente (noi ag­ giungiamo: ordinaria; artistica; letteraria) 28 . Queste esigenze com28 In Method, la terminologia esistenziale si fa più rarefatta. Il termine concem è usato poche volte, maggiormente il termine exigence.

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portano modi di operazioni differenti, ambiti differenti, mondi differenti29 • Così, in modo più analitico, alla luce anche di quanto descritto nei capitoli precedenti, si può specificare che: _ la riorganizzazione di sé si attua attraverso il flusso di coscienza quindi attraverso uno sperimentare, un provare sentimenti, un comprendere, un giudicare, un intenzionare valori, uno sceglie­ re, un credere, un agire. È questo flusso che sostiene il processo formativo e permette l'accumularsi di eventi coscienziali che sfociano poi nella formazione. - 111a si ha un evento formativo esplicito e quindi una riorganizza­ zione generale solo quando in questo flusso avviene un cambia­ mento significativo nel modo di intenzionare la realtà e nella portata della realtà intenzionata. Per quanto riguarda il modo di intenzionare, si ha evento for­ mativo quando avviene un cambiamento: a) nella qualità del proprio livello di coscienza prevalente: quando il soggetto da empirico si scopre anche intelligente e poi ragionevole e poi responsabile; b) nella portata dei valori intenzionati: quando nel soggetto accade un cambiamento nel valore intenzionato e ancora di più nella qualità di questa intenzione, da valore semplicemente speri­ mentato a valore compreso, giudicato, scelto attraverso una deter­ minata massa affettiva; c) nel prevalere di un tipo di esperienza: quando nel soggetto un tipo di esperienza, ad esempio quello intellettuale, prende il sopravvento sugli altri; d) nel prevalere di un ambito di significato; e) nel differenziarsi della preoccupazione in esigenze diverse con conseguente differenziazione di un nuovo ambito30 • 29

Cfr. SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Loner­

gan, p. 33.

Jo Osserva Spaccapelo che«[... ] lo sviluppo del 'soggetto' si comprende e si realizza nello sviluppo genetico delle operazioni della sua coscienza, in quello progressivo delle sue 'differenziazioni', in quello dialettico delle sue 'mediazioni' di significato e di valore, in quello integrato degli 'ambiti' e infine in quello esistenziale dei 'mondi'», ibi, p. 29.

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Dal punto di vista della portata della realtà intenzionata, si h evento formativo quando avviene nel soggetto un cambiamento· a a) nella qualità del proprio livello di coscienza in rapporto �d una particolare realtà intenzionata; quando il soggetto non solo sperimenta un significato, ma lo 'conosce'; e quando dalla cono­ scenza passa alla sua 'scelta' ed alla sua 'attuazione'; b) nell'approfondimento di un ambito di significato attraverso una maggiore conoscenza dei suoi oggetti. Ciascuno di questi cambiamenti comporta una, più o meno grande, riorganizzazione dell'insieme dei significati che costitui­ scono il mondo del soggetto. Ad essi si devono aggiungere 'le conversioni'. Esse sono cambiamenti radicali che quindi compor­ tano una risignificazione radicale. Di esse ci occuperemo in un paragrafo apposito. Infine si può dire qualcosa sul passaggio da una riorganizzazio­ ne del mondo ad un'altra. Una riorganizzazione generale del proprio mondo non cancella l'organizzazione precedente. Piuttosto la supera e la integra. Man mano che il bambino cresce, lo strutturarsi della coscienza fonda­ to, principalmente, sul livello empirico della coscienza e sulla preoccupazione ordinaria legata a bisogni vitali è ricostruito alla luce del sorgere della coscienza intellettuale e poi razionale e poi pienamente esistenziale ed amante, senza che l'apporto fonda­ mentale della coscienza empirica e dei bisogni fondamentali ven­ ga meno. Ciò che prima costituiva il mondo del soggetto contri­ buisce a dare ed, insieme, riceve una nuova forma31 • Generalmente ogni soggetto è caratterizzato da un'organizza­ zione del proprio mondo dove diverse qualità coscienziali, tipi di esperienza, esigenze diverse, vivono insieme, ma una forma parti­ colare di coscienza fa da guida32 • Questo fare da guida non impe­ disce ad altre forme coscienziali di esprimersi, ma impedisce che 31 Questo vale soprattutto per quell'insieme di significati elementari sperimentati nell'in­ tersoggettività, nel simbolo, nell'arte che contribuiscono a determinare il mondo del soggetto senza mai essere totalmente compresi e scelti. 32 Ricordiamo a questo proposito come Lonergan indichi la possibilità, nell'adulto, di trentuno tipi generali di differenziazione della coscienza. Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 290.

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riorganizzino totalmente il mondo. Facciamo l'esempio del gioco. Nel gioco, secondo Lonergan, il soggetto ritorna ad un mondo dell'immediatezza dove scompare la mediazione del significato. Vi è una sorta di ritorno ad un'unione esperienziale con gli ogget­ ti. Ora un adulto che fa l'esperienza del gioco vive realmente per un dato tempo nel mondo dell'immediatezza senza che questo vivere nell'immediatezza ridisegni, al di là di quel dato tempo, l'insieme del mondo del soggetto. Generalmente la forma coscienziale che fa da guida è retta da un'esigenza. Laddove si ha il predominio dell'esigenza ordinaria, si ha l'uomo di senso comune; dove prevale l'esigenza intellettua­ le, il ricercatore, lo studioso, lo scienziato; dove prevale l'esigen­ za critica, l'uomo dell'interiorità; dove prevale l'esigenza trascen­ dente, l'uomo religioso; dove prevale l'esigenza artistica, l'uomo d'arte; dove prevale l'esigenza della scholarship, l'uomo di lette­ re. Propriamente questi domini sono solo delle generalizzazioni. Nella realtà, esiste l'uomo concreto in cui possono essere presenti solo alcune esigenze e dove, comunque, le diverse esigenze con­ vivono insieme. Ma questa convivenza diventa pienamente inte­ grazione, secondo Lonergan, solo quando acquista un ruolo di guida l'esigenza critica e quindi l'ambito d'interiorità. È infatti in questo ambito che il soggetto non solo vive una differenziazione della propria coscienza, che è ricchezza in quanto permette al soggetto di conoscere una pluralità di dimensioni della realtà, ma la vive 'consapevolmente'. È chiaro così come una promozione della formazione nell'ottica lonerganiana dovrebbe tendere a 'fa­ vorire una differenziazione della coscienza ed insieme una capaci­ tà di integrare consapevolmente i diversi ambiti. 2.4. Quarto passo: la (ri)significazione costitutiva Abbiamo parlato fino ad ora della formazione come riorganizza­ zione del mondo del soggetto. Abbiamo distinto una riorganizza­ zione superficiale continua, parziale, generale, dicendo che si ha formazione in senso peculiare quando la riorganizzazione è gene­ rale; abbiamo quindi cercato di precisare le componenti di questa riorganizzazione. La stretta correlazione, però, che Lonergan pone tra la vita coscienziale, l'organizzazione del mondo, e il significa-

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to, ci offre la possibilità di specificare ulteriormente la valenza specifica della formazione della coscienza. Il mondo del soggetto costituisce una particolare organizzazio­ ne della realtà fondata sull'incontro tra l'intenzionalità di un de­ terminato flusso di coscienza e la realtà intenzionata. Ma, attraver­ so il proprio intenzionare la realtà, il soggetto non semplicemente 'tocca' delle cose, ma scopre, elabora, comprende, giudica, sce­ glie, dei significati. «Tutti gli atti consci e tutti i contenuti intesi sia nello stato di sogno, sia a qualsiasi dei quattro livelli dell� coscienza quando è desta» sono fonti di significato33 • Il mondo del soggetto si caratterizza come un insieme di signi­ ficati fondati su un determinato modo di elaborare i significati da parte della coscienza. Le componenti di una riorganizzazione generale del proprio mondo modificano l'insieme dei significati del soggetto attraver­ so la conoscenza di nuovi significati, ma soprattutto attraverso l'assunzione di un nuovo modo di elaborare il significato; nuovo modo che supera ed integra, ma non cancella quello precedente. Una riorganizzazione generale del proprio mondo è così un cambiamento nel modo di elaborare il significato e nella portata della realtà significata che porta il soggetto a significare se stesso e la realtà in modo diverso34, a costituire un proprio nuovo insieme di significati. Il sorgere esplicito, per esempio, della capacità giudicante porta con sé un nuovo livello di significarsi e significaCfr. ibi, p. 93. In Dimension of Meaning Lonergan scrive: «L'attività dell'uomo non si limita alla trasformazione della natura; c'è anche la trasformazione dell'uomo. Questa appare in maniera del tutto palese nel processo di educazione, e quindi nella differenza che c'è tra il bambino che comincia a frequentare l'asilo e il candidato al dottorato che sta scrivendo la sua dissertazione. Ma la differenza cui l'educazione dei singoli uomini dà origine non è che la ricapitolazione di un più lungo processo di educazione dell'umanità, di evoluzione delle istituzioni sociali e di sviluppo delle culture. Le religioni e le varie forme dell'arte, le lingue e le letterature, le scienze, le filosofie, gli scritti di storia, tutte queste cose hanno avuto il loro inizio rudimentale, si sono sviluppate lentamente, hanno raggiunto il loro vertice, forse sono entrate in una fase di declino per sperimentare poi, in un altro contesto, un rinascimento [ ...]. Inoltre - e questo è ciò che intendo mettere in rilievo - tutti questi cambiamenti sono essenzialmente cambiamenti di significato: cambiamenti dell'idea o del concetto, del giudizio o della valutazione, della domanda o dell'ordinazione», LoNER­ GAN, Ragione e fede... , pp. 106-107.

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re; ancora, il differenziarsi di un ambito come quello teorico è l'aprirsi di un nuovo mondo di significati che modifica quello già esistente e quindi risignifica la vita del soggetto nel suo insieme. Lonergan, come è noto, distingue quattro funzioni del signifi­ cato: conoscitiva, efficiente, comunicativa, costitutiva. Attraverso il significato l'uomo conosce la realtà, opera nel mondo, comuni­ ca, costituisce il mondo sociale, se stesso e il proprio orizzonte. Alla luce di questa distinzione è possibile affermare che si ha formazione in senso proprio quando il significare svolge, attraver­ so il comunicare, il conoscere, il fare, una funzione costitutiva del sé. Si ha formazione della coscienza in senso stretto quando nell'uomo si compie, attraverso l'atto del significare, non un mero cambiamento, ma una costituzione o una ricostituzione della pro­ pria identità e del proprio mondo, del proprio modo di significarsi e significare la realtà. In altre parole, si ha formazione quando si ha una significazione o risignificazione 'costitutiva' del proprio mondo. Questa risignificazione costitutiva del proprio mondo, cioè questo modo diverso di significarsi e correlativamente significare la realtà (d'ora in poi useremo preferibilmente, per motivi di brevità, la dizione risignificazione di sé), è 'assunta' dal soggetto in prima persona solo attraverso una crescita graduale. Il primo mondo del bambino è un mondo di significati elementari dove la costituzione di sé è dettata dai bisogni e dagli stimoli esterni. L'ingresso nel 'mondo mediato' dal significato e lo strutturarsi delle operazioni della coscienza permette al bambino di compiere degli atti costitutivi in quanto egli sceglie, agisce. Ma essi cresco­ no di ampiezza, di profondità solo con l'appropriazione stabile delle proprie operazioni, con la capacità di 'scegliere' di sé. Sotto­ linea Lonergan: «È nel campo nel quale il significato esercita una funzione costitutiva che la libertà umana raggiunge il suo culmi­ ne. E lì anche la sua responsabilità diventa la più grande possibile. È nel medesimo campo che viene alla luce il soggetto esistenziale il quale scopre da se stesso che tocca a lui decidere che cosa fare di se stesso» 35 . 35

/bi, p. I 08.

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Ciò appare ancora più chiaro se richiamiamo la distinzione in merito agli atti di significato. Vi è l'atto di significato potenziale legato alla coscienza empirica dove non è colta la distinzione tra significante e significato. Vi è l'atto di significato formale legato alla coscienza intelligente. Vi è l'atto di significato completo nell'atto di giudicare proprio di una coscienza razionale. Vi è l'atto di significato costitutivo o efficiente nel momento in cui si verificano giudizi di valore, decisioni, azioni. Infine vi sono gli atti strumentali attraverso cui il significato è comunicato. La risignificazione di sé può essere sperimentata, capita, giudi­ cata, scelta, comunicata. Se la risignificazione è soltanto 'speri­ mentata', il soggetto vive una formazione che potremmo chiamare passiva dove l'essere formato predomina sul formar-si. Questo formarsi sorge quando fa capolino l'atto di significato costitutivo, cioè quando un soggetto comincia ad intenzionare valori e fare delle scelte. Ma questo formarsi cresce quando questo scegliere è accompagnato da un saper comprendere e giudicare la realtà e le proprie scelte. E si realizza pienamente (ma mai in modo definiti­ vo) quando il soggetto sceglie consapevolmente di sé sapendo che attraverso quella scelta risignifica la propria vita. La formazione del sé 'autonomo', perciò, si ha attraverso un processo in cui l'ampiezza della risignificazione scelta cresce sempre di più, in cui la riorganizzazione del proprio mondo passa sempre più attraverso sé. Il soggetto passa da una costituzione e ricostituzione di sé, che è sì sperimentata, ma compresa, giudicata, scelta solo in minima parte, e dove le scelte, i giudizi, le compren­ sioni e le occasioni sperimentate dipendono da altri, ad una risi­ gnificazione di se stesso e del proprio mondo in cui l'auto-appro­ priazione delle operazioni coscienziali rende il soggetto 'formato­ re di sé'36. A questo proposito, F. Crowe, uno dei discepoli di Lonergan che maggiormente ha studiato le implicanze pedagogi36 «Ma l'essere storico è la storia intorno alla quale si scrive. La si può chiamare, se considerata dal punto di vista interiore, storia esistenziale - la tradizione vivel).te che ci ha formati e con ciò ci ha condotti al punto in cui abbiamo incominciato a formare noi stessi», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 197. In un certo senso si può dire che il soggetto 'formato' è colui che comincia a comprendere, giudicare, scegliere la propria risignificazione ponendosi così in un• ottica di formazione permanente.

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che del suo pensiero, parla di una duplicità di direzione nella formazione della coscienza: Da un lato c'è la direzione ascendente che va dalle presentazioni del1'esperienza, attraverso le idee e i giudizi fino ai valori e all'azione responsabile; potrebbe essere chiamata la via della conquista, dell'ap­ prendimento auto-didatta, del progresso della razza umana. Dall'altro lato, c'è la direzione discendente che va dai valori trasmessi dalla fami­ glia e dalla società, ai giudizi assorbiti da una comunità di amore piutto­ sto che formatisi per acquisizione personale, alla comprensione che arriva in un secondo tempo a supporto di questo insieme già dato di giudizi, fino all'esperienza resa matura e perspicace come risultato; questa potrebbe essere chiamata la via della tradizione, dell'eredità culturale, dell'apprendimento per osmosi, della trasmissione di ciò che le precedenti generazioni hanno conquistato37 .

Ritorniamo alla domanda che ha ispirato questo lungo paragrafo. È presente, nel pensiero di Lonergan, un quid che specifica la formazione della coscienza? Ne è uscita una risposta articolata, ma sufficientemente specifica. Vi è innanzitutto un flusso di co­ scienza, complesso e diversificato, che rappresenta il terreno della formazione coscienziale. La formazione però, in senso specifico, si ha quando nella coscienza del soggetto si compie una organiz­ zazione o una riorganizzazione del proprio orizzonte e del proprio mondo. Questo processo, che può avere una molteplicità di fattori, è un cambiamento dell'insieme dei significati che ricostituisce il proprio sé. È una significazione o risignificazione di sé. Questa risignificazione è inizialmente assunta in base al contesto di vita, ma, con lo strutturarsi e il differenziarsi della coscienza, si muove verso una risignificazione scelta e quindi costitutiva di sé in senso pieno. L'insieme dei significati costitutivi del soggetto sostenuti da un modo peculiare di elaborare il significato rappresenta la pecu­ liare forma coscienziale del soggetto in un dato momento. Essa 37 CROWE, Bernard J.F. Lonergan..., p. 14 I. In realtà, a livello terminologico, Crowe parla di una duplicità di direzione nella struttura del metodo e nella struttura della coscienza. Ma il significato è applicabile anche alla nozione di 'formazione della coscienza' usata in questo studio.

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però non è mai una forma semplice. Piuttosto è la figura sintetica di un polimorfismo coscienziale, la figura che coordina e gestisce una pluralità di modi di significare la realtà e la corrispettiva pluralità di ambiti di significato. Essa è fondata, comè noto, su una esigenza. Ma questa forma non soltanto non è semplice, ma è anche solo relativamente stabile. Possono sorgere sempre nuovi significati a ricostituire il sé, così come possono sorgere nuovi modi di elabo­ rare. La stabilità però cresce con l'appropriazione dei diversi ambiti di significato e con l'avvento di una coscienza critica. Ma è una stabilità ancora relativa in quanto, per Lonergan, il rischio di significare la realtà in base a controposizioni è sempre presente. Questo rischio diminuisce, ma non scompare, solo con l'attualiz­ zazione nel soggetto delle 'conversioni'. La conversione intellet­ tuale, quella morale e quella religiosa danno alla forma del sogget­ to una configurazione solida. Questa non è comunque la fine della formazione, anzi, per Lonergan il suo inizio più vero. Sostenuto dalle 'conversioni' il soggetto vive, infatti, costantemente, una tensione a risignificarsi, in base alla propria vita concreta, in modo sempre più autentico. A vivere sempre di più nell'apertura, nel­ l'interrogazione, nel riconoscimento dell'altro da sé. 3. Il contesto della formazione La formazione è una significazione costitutiva di sé. Ma alla determinazione di questa risignificazione, al sorgere di un livello di coscienza, di un ambito, di un interesse, concorre in maniera decisiva la situazione concreta che possiamo definire il contesto della formazione intendendo con questo termine «lo sfondo dina­ mico» 38 in cui la vita concreta del soggetto si svolge. Tale contesto è un insieme correlato di fattori separabili nettamente soltanto a livello ideale. Prendendo in prestito una terminologia utilizzata da Spaccapelo per indicare i diversi modi in cui si sviluppa un oriz­ zonte del soggetto, sostituendo il termine sociale con il termine 38

Per la nozione di contesto cfr. supra, cap. 3.

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intersoggettivo, possiamo dire che in Lonergan i fattori che deter­ minano il contesto della formazione sono di tipo: individuale, intersoggettivo, culturale, storico, religioso. 3.1. Il fattore individuale Con l'espressione 'fattore individuale' si vogliono significare due fatti diversi. In un primo significato, s'intende dire che alla risigni­ ficazione di sé concorre in maniera determinante lo stato della coscienza del soggetto. La maturazione e l'auto-appropriazione di determinate operazioni sono, in generale, condizioni per nuove significazioni di sé. Una differenziazione della coscienza, ad esempio, secondo l'ambito della teoria non può avvenire, se il soggetto non ha fatto proprio il livello intellettuale e razionale della coscienza. Ciò significa che nessuna comprensione del pro­ cesso formativo di un soggetto, o il tentativo di un sostegno alla riorganizzazione del mondo del soggetto, può prescindere dalla comprensione dello stato di coscienza del soggetto e dalla sua storia coscienziale. Ma questo tenere presente lo stato coscienziale particolare mette in evidenza un secondo significato di 'fattore individuale'. La coscienza del soggetto e la sua formazione sono caratterizzati da una peculiarità che non è mai totalmente definibile. Vi sono strutture comuni, fattori di contesto comune, ma la risignificazio­ ne di sé è sempre una questione assolutamente individuale in cui è possibile individuare degli elementi di lettura, oppure è possibile scrivere una storia, ma in cui una parte oscura e non conosciuta permane sempre. 3.2. Il fattore intersoggettivo Lonergan sottolinea più volte l'intersoggettività come fattore in­ trinseco alla vita umana. In Insight, Lonergan parla dell'uomo come 'animale socievole': [L'uomo] nasce in una famiglia solo per trovarne un'altra propria. La sua arte e la sua scienza si accumulano nei secoli perché egli imita e impara dagli altri. L'esecuzione dei suoi scherni pratici richiede la colla­ borazione degli altri. E ancora, la rete delle relazioni sociali non ha la fissità di una organizzazione degli alveari o dei formicai; né, inoltre, è

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primariamente prodotto di pura intelligenza che impartisce squali" d norme al comportamento umano. Il suo fondamento è la liberazi� e estetica e la creatività artistica, dove l'arte è limitata da esigenze biolo;� che, ispirata dall'esempio e dall'emulazione, confortata dall'ammirazi�­ ne e dal consenso, sostenuta dal rispetto e dall'affetto39 .

La socialità dell'uomo fonda il tipo di esperienza drammatico dove il criterio di vita non è il mero bisogno biologico O la preoccupazione intellettuale, ma un insieme di criteri in cui gioca un ruolo fondamentale la risposta affettiva del soggetto e l'insie­ me di significati condivisi. Il carattere fondativo delle relazioni umane viene ribadito in

Method:

Anteriore al 'noi' che nasce dall'amore mutuo di un 'io' e di un 'tu', c'è il 'noi' originario il quale precede la distinzione dei soggetti e sopravvi­ ve alla sua dimenticanza. Questo 'noi' previo è vitale e funzionale. Come spontaneamente noi solleviamo il braccio per parare un colpo contro la testa, così con la stessa spontaneità ci protendiamo per impedi­ re che un altro cada. In quest'ultimo caso sono implicati percezione, sentimento, movimento del corpo, ma l'aiuto offerto all'altro non è deliberato bensì spontaneo. Lo si avverte non prima che avvenga, ma mentre avviene. E come se 'noi' fossimo membra gli uni degli altri prima ancora di essere distinti gli uni dagli altri40 .

Grazie ad una spinta naturale all'intersoggettività, la vita del sog­ getto va costituendosi attraverso una trama di relazioni che plasma innanzitutto la vita affettiva del soggetto e la sua risposta intenzio­ nale a dei valori; ma non solo. In generale si può dire che il proprio mondo non si costituisce a prescindere dal mondo di altri, a prescindere da una condivisione di esperienze, di risposte affetti­ ve, di credenze e simboli, di comprensioni, ipotesi, di giudizi, di scelte costitutive. In un passo, già citato, Lonergan diceva: «La persona è il risultato delle relazioni che l'uomo ha avuto con altri uomini e delle capacità che egli ha sviluppato in se stesso di stabilire relazioni con gli altri» 41. 39 LoNERGAN, 40 LoNERGAN, 41 LoNERGAN,

L'intelligenza, p. 225. Il metod o in teologia, p. 77. Ragione e fe de ... , p. 75.

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Spaccapelo, a proposito dello 'sviluppo sociale', mette in evi­ denza tre elementi: l'origine sociale, la crescita sociale e la desti­ nazione sociale. Ogni singolo soggetto ha una sua origine sociale «a partire dall'interno e all'interno di una comunità di soggetti: il nucleo familiare, il gruppo sociale, la popolazione nazionale»42• Vive una crescita sociale condizionata «dal grado e dalla qualità dello sviluppo familiare, aggregativo e nazionale»43 . Infine il sog­ getto e il suo sviluppo hanno una destinazione sociale: «cioè essi sono sempre situati entro un 'mondo' sociale»44 • Il fattore intersoggettivo, inteso come la trama di relazioni, è dunque insieme 'condizione' e 'fonte' della formazione del singo­ lo45• Là dove la trama di relazioni cambia, si apre una via per la risignificazione del soggetto. 3.3. Il fattore culturale Il fattore intersoggettivo visto dal punto di vista del significato può essere inteso come quello che, nel nostro linguaggio, viene definito fattore culturale. Se con fattore intersoggettivo intendia­ mo l'insieme delle relazioni che sostengono la vita del soggetto, il fattore culturale ne è una specificazione: è l'insieme dei significa­ ti, del modo di elaborarli, di controllarli che caratterizza un dato gruppo in un dato momento e che condiziona la vita sociale, l'assegnazione dei ruoli, l'apprezzamento e il disprezzo, l'elogio e la punizione, la definizione dell'eroe e dell'inetto. Il mondo di significati in cui il soggetto si trova inserito condi­ ziona il costituirsi di un proprio peculiare mondo di significati46• Nel proprio lavoro di risignificazione vi è sempre un'ampia parte di significati che è data, che è assunta dal soggetto mediante la 'credenza'. Scrive Lonergan in Method: 42

SPACCAPELO, Bernard Lonergan e

il suo 'orizzonte', in MEYNEIL, Bernard Lonergan, p. 24.

Ibidem. Ibidem. 45 Cfr. ibi, p. 36. 46 La cultura svolge per Lonergan, fra l'altro, quel ruolo che J. Bruner ha chiamato 'ruolo selettivo'. Cfr. J. BRUNER, Actual Minds, Possible Words, London 1986, ed. it. La mente a più dimensioni, Laterza, Bari 19963 , p. 135. 43

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Far propria l'eredità sociale, culturale, religiosa è in larga misura qu stione di credere. Certamente molto uno lo trova da sé, lo con os� semplicemente in virtù della propria esperienza interna ed esterna, de� propri atti di intelligenza, dei propri giudizi di fatto e di valore. M� siffatta conoscenza immanentemente generata non è che una piccola porzione di ciò che un uomo civilizzato ritiene di sapere. La sua espe­ rienza immediata è integrata in un contesto enorme costituito dalla comunicazione dell'esperienza di altri uomini in altri luoghi e altri tempi. La sua intelligenza poggia non soltanto sulla propria esperienza ma anche su quella degli altri e lo sviluppo di essa è dovuto assai poc� alla sua originalità personale, molto invece è dovuto al fatto di ripetere in se stesso gli atti di intelligenza fatti prima da altri e soprattutto ai presupposti che egli ha assunto come veri perché accettati dalla genera­ lità e rispetto ai quali in ogni caso egli non ha tempo né voglia e, forse, neanche la capacità di istituire un'indagine per conto proprio. Infine, i giudizi, mediante i quali egli assente a verità di fatto o di valore, solo raramente dipendono in maniera esclusiva dalla sua conoscenza imma­ nentemente generata, dal momento che tale conoscenza non sta da sola in una specie di compartimento isolato, bensì si trova in fusione e in simbiosi con un contesto molto più vasto di credenze47 .

Come il soggetto vive un evento formativo esplicito quando un cambiamento nel flusso di coscienza comporta un cambiamento nei suoi valori intenzionati, nell'organizzazione delle sue opera­ zioni, nella portata dei suoi ambiti che lo conduce ad una risigni­ ficazione costitutiva di sé, così una data cultura si modifica quan­ do cambiano i suoi significati e i modi di elaborarli, quando cambia «la mediazione del significato» 48• Ciò significa che non solo l'insieme di significati di un gruppo condiziona l'insieme dei significati di un singolo, ma anche il modo di elaborare i significa­ ti, l'insieme delle operazioni che in una data cultura prevalgono condiziona l'insieme delle operazioni coscienziali del singolo. Ad esempio, nella cultura occidentale attuale vi è - secondo Lonergan - una grande elaborazione di significato in ordine al capire il significato, ma non in ordine al giudicare il significato, e questo condiziona fortemente la risignificazione del singolo soggetto: 47 48

Il metodo in teologia, p. 63. I corsivi sono nostri. Cfr. LONERGAN, Ragione e fede... , pp. 110; 121. LoNERGAN,

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Ogni anno escono libri nuovi a migliaia, mentre le nostre biblioteche domandano sempre più spazio. Ma al vasto sforzo odierno di capire il significato in tutte le sue manifestazioni non si è accompagnato un lavoro proporzionatamente ampio per giudicare il significato. Il lavoro di capire è il compito che innumerevoli scienziati e studiosi si sono assunti. Giudicare e decidere sono invece lasciati all'individuo; e questi trova la sua situazione disperata. C'è troppo da imparare prima di poter cominciare a giudicare. E tuttavia l'individuo deve giudicare e decidere, se vuole esistere, se vuole essere un uomo49 .

3.4. Il fattore storico Un ulteriore fattore correlato a quelli esposti sopra è il fattore storico. Il soggetto umano vive nella storia e vive una storia. In quanto vive nella storia, la risignificazione dell'uomo è condizio­ nata dal quel susseguirsi di eventi in cui è inserito. In questo senso Spaccapelo nota: «Gli 'orizzonti' culturali e i 'mondi' sociali, entro i quali avviene concretamente lo sviluppo umano, non sono realtà fisse e statiche, bensì risultati cumulativi del progresso dell'uomo, delle sue scoperte e delle sue realizzazioni, ovvero gli effetti distorti della mancanza di progresso umano, di scoperte creative e di realizzazioni efficaci. Così, gli sviluppi cumulativi e correlativi del 'soggetto' umano, del 'mondo' sociale e dell' 'oriz­ zonte' culturale derivano, avvengono e risultano in quella corrente di realtà, unica e molteplice, costante e mutevole, dinamica e dialettica che è la storia»50 . Ma dire fattore storico significa richiamarsi anche al fatto che l'uomo vive una storia, cioè che ha un'esperienza storica del proprio sé ed elabora una conoscenza della propria storia51 • 49 /bi, p. 121. so SPACCAPELO, Bemard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bemard Lonergan, p. 25. Virgolette e corsivi sono dell'autore. 51 «Secondo la mia concezione, la conoscenza umana non è solamente esperienza, ma è un composto di esperienza, intelligenza e giudizio. Perciò se c'è conoscenza storica, dev'esserci esperienza storica, intelligenza storica, giudizio storico. Quello che ora noi ci proponiamo è di dire qualcosa intorno ali'esperienza storica, e poi qualcosa intorno al processo mentale dall'esperienza storica alla storia scritta», LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 196.

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Innanzitutto ha un'�sperienza storica. «Abbiamo già descritto il soggetto nel tempo. E identico, sempre se stesso52• Ma i suoi atti consci e intenzionali vanno cambiando in un modo o in un altro, e fanno sì che il suo 'nunc' scivoli fuori dal passato e si infili nel futuro, mentre il campo degli oggetti che richiamano la sua atten­ zione può mutare molto o poco, rapidamente o lentamente. Non solo il presente psicologico del soggetto non è un istante bensì una porzione di tempo, ma in esso il soggetto può protendersi nel passato mediante i ricordi, i racconti, la storia, e nel futuro me­ diante attese, calcoli, previsioni» 53 • È quindi attraverso uno speri­ mentarsi storicamente che uno costruisce il proprio mondo. In secondo luogo, la propria esperienza storica può essere compresa e giudicata. Questa 'conoscenza' storica di sé, che si può attuare attraverso il diario e l'autobiografia54 , gioca un ruolo determinante nella propria risignificazione costitutiva, in quanto l'insieme dei significati dati alla propria storia passata incide sul presente e sull'organizzazione del futuro. 3.5. Il fattore religioso La dimensione religiosa nella sua forma ultima, lo si è già visto, nel capitolo 5, si caratterizza come l'intenzionalità di un valore ultimo che si realizza in un innamoramento illimitato. In quanto tale essa non solo appartiene all'uomo in quanto essere segnato dalla trascendenza, ma ne rappresenta una sua dimensione costitu­ tiva. L'uomo non solo è essere sociale, storico, culturale, ma religioso, cioè determinato dall'intenzionalità di un valore ultimo e dalla possibilità di un 'innamoramento' illimitato. Questa dimensione religiosa si realizza nel soggetto in modo diverso, attraverso un percorso che va da uno stato iniziale di

52 Questa espressione, apparentemente paradossale, va compresa alla luce di quanto, nelle pagine precedenti di Method, Lonergan ha scritto a proposito dell'esperienza del tempo. «C'è successione nel flusso degli atti consci ed intenzionali; c'è identità nel soggetto degli atti in quanto cosciente; ci può essere identità o successione nell'oggetto inteso dagli atti», ibi, p. 193. Il corsivo è nostro. 53 /bi, pp. 196-197. 54 /bi, pp. 198-199.

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55 religiosità o ambito di trascendenza ad un possibile stato maturo • In quanto tale, il fattore religioso rientra nel fattore 'individuale'. Ma la dimensione religiosa è pure tematizzata culturalmente attra­ verso un insieme di simboli, di riti, di credenze, di istituzioni che 56 sono direttamente collegati allo stadio della cultura . Questo fat­ tore religioso di una cultura, cioè l'insieme dei significati religiosi di un dato gruppo e il loro modo peculiare di elaborarli, condizio­ na la costituzione della propria dimensione religiosa e quindi la costituzione dell'intero mondo del soggetto.

4. L'esigenza formativa: l'autenticarsi La riorganizzazione del proprio mondo è sempre guidata da una 'preoccupazione', da un' 'esigenza', o, ancora meglio, da una plu­ ralità di esigenze. Vi sono innanzitutto le esigenze della struttura coscienziale: l'essere attento, l'essere intelligente, l'essere razionale, l'essere responsabile. Vi sono poi le esigenze che portano alla differenzia­ zione degli ambiti di significato. Le esigenze della vita ordinaria determinano una certa organizzazione del proprio mondo, così come la determinano le eventuali esigenze (sistematica, critica, trascendente, artistica) che si fanno strada nella coscienza. L'or­ ganizzazione globale, il mondo del soggetto, il suo insieme di significati sarà determinato dal rapporto tra queste esigenze. Ma, secondo Lonergan, mano a mano che la 'coscienza esi­ stenziale' si fa strada nella vita del soggetto, acquista spazio un'esigenza che è al centro del vivere umano e a cui, in modi diversi, tutte le altre esigenze si richiamano: l'esigenza di essere pienamente se stessi: Il soggetto che si autoappropria, scopre che oltre all'uomo che egli è, c'è anche l'uomo che egli è impegnato ad essere. Il soggetto è fondamental­ mente una tensione tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere. Nell'espres55 56

Cfr. il capitolo precedente. Cfr. LONERGAN, Il metodo in teologia, pp. 128-130.

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sione di sant'Agostino: Homo prout sempiternis rq_tionibus esse debeat C'è una componente ideale nell'essere un uomo. E questa tensione eh� gli esistenzialisti enfatizzano tanto. Due anni fa57 , Eisenhower inviò la Sesta Flotta nella parte orientale del Mediterraneo, e in una conferenza stampa gli fu chiesto: 'Questa mossa non è piuttosto rischiosa?'. 'Dob­ biamo essere uomini', egli rispose. In senso empirico noi tutti siamo già uomini; ma c'è anche l'uomo che noi dobbiamo essere58 .

In Method, questa esigenza fondamentale è definita: 'autenticità' (authenticity): «il bisogno più profondo e la conquista più stimata dell'uomo è l'autenticità» 59. E in quanto l'autenticità non è una cosa che il soggetto acquisi­ sce dall'esterno, ma un processo vissuto in prima persona e sem­ pre dinamicamente aperto, si può chiamare questa esigenza fonda­ mentale: il diventare autentici, ossia autenticarsi. Questa esigenza di divenire autentico è l'esigenza formativa per eccellenza dal momento che non solo produce una nuova risignificazione quanto piuttosto essa è, in sé, esigenza di signifi­ care continuamente il proprio vivere. È la ricerca della propria autenticità che sostiene il soggetto nell'opera di una risignifica­ zione di sé pienamente assunta. Nella misura in cui uno è 'preoc­ cupato' di sé mette in moto un rinnovamento nell'insieme dei significati della propria vita. L'autenticità è, naturalmente, tematizzata dal soggetto in modo diverso, in base alla propria cultura e alla propria storia. Le gene­ ralizzazioni di queste tematizzazioni costituiscono i diversi ideali di uomo, i quali, prima soltanto sperimentati, poi compresi ed infine scelti, guidano la costituzione e la ricostituzione del mondo del soggetto60 • Ma al di là delle diverse tematizzazioni vi è, per 57 Il brano riportato è del 1958. Qui Lonergan fa riferimento alla crisi del Canale di Suez del 1956. 58 LoNERGAN, Comprendere ed essere, pp. 237-238. 59 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 270. 60 Nota Lonergan: «Il sé che deve essere appropriato è un sé che si sviluppa. Le essenze, se sono date, sono soggette a sviluppo, e così pure il sé. Esso non è una qualche essenza statica; ci sono delle differenze nel sé. E in tal modo sorge la domanda: 'Quale sé da appropriare noi scegliamo?'», LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 227. Il corsivo è nostro.

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Lonergan, un dover essere comune a tutti gli uomini rappresentato dai precetti trascendentali: sii attento, intelligente, razionale, re­ sponsabile, amante. Solo quindi una sperimentazione, una com­ prensione, una scelta personale dei precetti trascendentali può sostenere il soggetto nel suo divenire autentico, muovendolo a cercare sempre in ogni cosa ciò che è essenziale. L'autenticità del soggetto è garanzia di un rapporto autentico con il mondo. Infatti i precetti trascendentali invitano il soggetto ad aprirsi costantemente dal proprio mondo all'universo dell'esse­ re in un rapporto di circolarità dove solo la piena appropriazione delle proprie operazioni coscienziali può portare ad un pieno riconoscimento del mondo ed insieme ad un riconoscimento del carattere limitato del nostro conoscere ed amare, che rende il nostro conoscere, amare, il nostro essere uomini, sempre aperto: «L'uomo che uno deve essere, non è necessariamente ciò che uno è. È qualcosa che segue, non dall'avere un certificato di nascita o di cittadinanza, ma dalla decisione, dall'uso della propria libertà, da un uso della libertà che si verifica nonostante una misura di incertezza[...]. Essere un uomo è qualcosa che, se noi lo siamo, lo siamo solo in modo precario»61 • 5. Il dinamismo dellaformazione: l'autotrascendenza Si è già parlato più volte dell'autotrascendenza umana e del suo stretto legame con il divenire autentico dell'uomo62• Si tratta ora di parlarne, brevemente, come elemento della formazione. Se l'autenticarsi è l'esigenza fondamentale che sostiene la formazione della coscienza, l'autotrascendenza ne rappresenta il dinamismo peculiare. La già citata frase «l'uomo arriva all'auten­ ticità nell'autotrascendenza» 63 indica proprio questo: la formazio­ ne della coscienza è un processo di autenticità che si compie 61 LoNERGAN, 62

Topics in Education, p. 80.

Cfr. supra, cap. 5, par. 5.6.

63 LoNERGAN,

Il metodo in teologia, p. 123.

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attraverso, prima, l'esplicarsi, e poi, l'assunzione personale di u n dinamismo autotrascendente. Questa spinta all'uscita da sé per ritrovarsi più pienamente64 la forza, l'eros della coscienza, che attraversa tutta la vita de� soggetto e che si esprime nell'uomo in una tendenza illimitata a conoscere e a rispondere intenzionalmente ad un valore illimitato. L'autotrascendenza muove la formazione del soggetto attra­ verso una pluralità di modalità, già accennate nel capitolo prece­ dente. Il primo segno elementare dell'autotrascendenza è la sensibili­ tà. È nella sensibilità umana che l'uomo si apre al mondo, che comincia ad intenzionare la realtà e in essa una qualche forma di bene; che il suo orizzonte comincia ad allargarsi. Ciò significa che il primo movimento verso la formazione si ha attraverso una sensibilità alla realtà; una sensibilità che ha già in sé i germi della spinta a conoscere e a rispondere ad un valore illimitato. Ma al di là della sensibilità l'uomo pone delle domande «e il suo domandare è illimitato» 65. Vi sono, innanzitutto, domande per l'intelligenza: 'che cosa? come? perché?', attraverso le quali «dal­ la striscia ristretta di spazio-tempo accessibile all'esperienza im­ mediata passiamo a costruire una visione del mondo e a esplorare che cosa noi potremmo essere e che cosa potremmo fare» 66 • Vi sono, quindi, le domande per la riflessione: 'è proprio così? è vero?', dove l'autotrascendenza assume un nuovo significato. Es­ sa non spinge soltanto il soggetto oltre l'immediatezza verso la comprensione di un significato, ma lo muove a ricercare «quello che è indipendente dal soggetto» 67 • Le domande per l'intelligenza e per la riflessione caratterizzano l'autotrascendenza conoscitiva; un'autotrascendenza che, come già visto, fonda intrinsecamente l'oggettività del conoscere. Le domande dell'autotrascendenza conoscitiva danno alla for­ mazione del soggetto un dinamismo nuovo. Spingono il soggetto 64

Cfr. supra, cap. 4.

65 LoNERGAN, 66 67

Ibidem. Ibidem.

Il metodo in teologia, p. 124.

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a capire e giudicare sempre meglio l'insieme di significati che costituisce il proprio mondo, e spingono a cercarne ancora altri in una ricerca continua della 'verità'. Con le domande per la decisione, tipo 'che cosa è bene fare?', l'autotrascendenza diventa morale. Qui l'uomo non solo risponde affettivamente a dei valori, ma si domanda consapevolmente del bene di una cosa. Egli cerca ciò che vale la pena e ciò che è vero valore, diventando così principio di benevolenza e di beneficenza. Sulla domanda morale si fonda la possibilità di scegliere respon­ sabilmente tra un comportamento e l'altro, di costruire in un modo o in un altro il proprio esistere. L'autotrascendenza morale indiriz­ za l'insieme dei significati del soggetto verso i 'valori' e muove l'uomo ad una scelta consapevole di valori. Vi è poi un terzo tipo di autotrascendenza che abbiamo chia­ mato affettiva e sulla cui stessa identificazione bisogna spendere qualche parola. Nelle pagine 104-105 di Method 68 dove Lonergan parla della autotrascendenza conoscitiva e morale nei termini appena sopra riportati, egli in realtà non parla di autotrascendenza affettiva. Scrive però, prima di parlare dell'esperienza religiosa, alcune righe più volte riprese nel corso della presente ricerca: «Le nozio­ ni trascendentali, cioè le nostre domande per l'intelligenza, per la riflessione e per la deliberazione costituiscono la nostra capacità di autotrascendenza. Questa capacità diventa realtà quando ci si innamora». Tale frase rivela che l'autotrascendenza non è semplicemente una questione di conoscere o decidere, ma la sua realizzazione è questione esperienziale che investe l'affetto e in modo peculiare il sentimento dell'amore. Ma l'amore può differenziarsi. «C'è l'amore dell'intimità, del marito e della moglie, dei genitori e dei figli. C'è l'amore verso i propri simili che ha come frutto l'impegno nel contribuire al benessere umano. C'è l'amore di Dio con tutto il proprio cuore e con tutta la propria anima, con tutta la propria mente e con tutte le 68 Nella ed. it., pp. 124-125 (si è nel capitolo su La religione e nel paragrafo sull'autotra­

scendenza).

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pro�rie fo!�e (Mc 12,30)»69 • Inoltre, l'amore può crescere nena sua mtens1ta. Ciò significa che anche l'affetto partecipa del dinamismo auto. trascendente e vi è quindi anche una sorta di autotrascendenza affettiva, dentro la quale l'uomo tende all' 'amore'. L'ipotesi della esistenza, nel pensiero di Lonergan, di un terzo tipo di trascendenza definibile come affettiva viene confermata esplicitamente dall'autore stesso che ancora in Method, dopo circa duecento pagine, si richiama al contesto visto sopra e scrive: Così nel nostro capitolo su La religione abbiamo rilevato che il soggetto umano è autotrascendente intelligentemente in quanto arriva a conosce­ re, è autotrascendente moralmente in quanto cerca ciò che vale la pena, ciò che è vero valore, e quindi diventa principio di benevolenza e di beneficenza, è autotrascendente affettivamente (self-transcendent affec­ tively) quando si innamora, quando l'isolamento dell'individuo è rotto ed egli spontaneamente opera non solo per se stesso, ma anche per gli altri70 •

Alla luce dell'affermazione della autotrascendenza affettiva, ac­ quista un significato più completo anche ciò che Lonergan dice in merito ali' esperienza religiosa come la realizzazione dell'autotra­ scendenza . L'autotrascendenza, come si è visto, ha il suo caratte­ re specifico in un intendere illimitato. Ciò significa che come la capacità autotrascendente conoscitiva e morale si esprime in un potere illimitato di domandare, anche la loro realizzazione concre­ ta, l'esperienza dell'innamoramento, tenderà ad una attuazione illimitata e tale tendenza può essere tematizzata nel precetto tra­ scendentale: 'sii innamorato'. La forma più alta di realizzazione di questa tensione è l'essere innamorati di Dio (being in love with God). Questo è, per Lonergan, il cuore di ciò che egli chiama esperienza religiosa: Essere innamorati di Dio, in quanto sperimentato, è essere innamorati in maniera che non conosce limite alcuno. Ogni amore è donazione di sé,

69 LoNERGAN, 10

Il metodo in teologia, p. 125. /bi, p. 307. Nell'originale inglese, p. 289.

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rna essere innamorati di Dio, è essere innamorati senza limiti, né restri­ zioni, né condizioni, né riserve. Come il nostro potere illimitato di domandare costituisce la nostra capacità di autotrascendenza, così l'es­ sere innamorati in maniera illimitata costituisce l'attuazione propria di siffatta capacità71 •

L'autotrascendenza affettiva ha dunque la forma pm alta nell'esperienza religiosa e in questo senso, mettendosi nella pro­ spettiva del suo compimento, si può parlare invece che di autotra­ scendenza affettiva, di autotrascendenza religiosa tout court. Come quella conoscitiva e quella morale, anche l'autotrascen­ denza affettiva, nel suo anelito ad un valore illimitato, può essere tematizzata dalla coscienza attraverso una domanda che Lonergan chiama, non casualmente, «domanda religiosa»: «C'è infine la domanda religiosa: noi soffriamo di un amore incondizionato e illimitato; di chi siamo innamorati?» 72 • Questa domanda muove il soggetto alla ricerca non più semplicemente del vero e del bene, ma dell'amabile. L'autotrascendènza affettiva, attraverso la spinta ad una realiz­ zazione della propria vita nell'amore, conduce la risignificazione del soggetto ad andare oltre il rischio di un adeguamento morali­ stico a dei valori per misurarsi con la realtà dell'amore, e a cercarne una realizzazione sempre più piena. Realizzazione che, per il teologo cattolico Lonergan, si ha solo nell'esperienza del1' 'essere innamorati di Dio'. Come Lonergan stesso ricorda, è l'esperienza di questo amore che fa dire a san Paolo a conclusione dell'intensissimo capitolo 8 della Lettera ai Romani: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né 71

/bi, pp. 125-126. LoNERGAN, Ragione e fede... , pp. 68-69. La domanda religiosa è una delle domande su Dio. In quanto l'uomo tende all'autotrascendenza, il divino rappresenta il suo 'termine'. Ma quest'autotrascendenza si manifesta in forme diverse le quali tutte possono intenzio­ nare con il loro domandare il divino. Vi è così una domanda su Dio collegata all'intelli­ genza e alla riflessione; vi è una domanda collegata ai giudizi di valore e alla decisione; infine vi è una domanda su Dio collegata alla realizzazione concreta della trascendenza nell'esperienza storica dell'amore. Quest'ultima è quella che nel contesto di Ragione e fede... Lonergan chiama domanda religiosa. Cfr. anche ibi, pp. 68-71. 72

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alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore» 73. La realizzazione concreta più piena dell'autotrascendenza è dunque per Lonergan l'esperienza di un essere innamorati illimi­ tatamente. La dinamica autostrascendente partita dall'essere aper­ ti al mondo si compie così nel riconoscersi amati gratuitamente e nel risignificarsi in questo amore.Nell'esperienza storica dell'amore di 'Dio', l'autenticarsi dell'uomo come apertura interrogante e amante, imbocca la strada del compimento. La riflessione sul dinamismo autotrascendente mette in luce il ruolo fondamentale delle domande nella formazione del soggetto. L'assunzione delle domande apre il soggetto ad una nuova orga­ nizzazione del proprio mondo sempre più 'autentica'.

6. Le 'rotture formative': le conversioni Lonergan, prendendo a prestito la riflessione del suo confratello Joseph De Finance74 , distingue tra l'esercizio orizzontale e l'eser­ cizio verticale della libertà: La libertà orizzontale è l'esercizio della libertà entro un determinato orizzonte e a partire da una corrispondente presa di posizione esistenzia­ le. La libertà verticale è l'esercizio della libertà che sceglie la propria presa di posizione e l'azione corrispondente. Tale libertà può essere implicita: si verifica rispondendo ai moventi che conducono a un'auten­ ticità sempre più piena, o ignorando tali moventi per lasciarsi trascinare verso un io sempre meno autentico. Ma può anche essere esplicita. In tal caso uno risponde alla nozione trascendentale di valore determinando che cosa varrebbe la pena fare di se stesso, e che cosa varrebbe la pena fare per gli altri uomini. Uno elabora un ideale di realtà umana e di conquista umana e a esso si dedica75 . 7

3 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 125. Il passo di san Paolo qui riportato è leggermente diverso da quello riportato da Lonergan in quanto segue l'attuale traduzione ufficiale della CEI. 74 A p. 62 di Il metodo in teologia, Lonergan rimanda esplicitamente a J. DE FINANCE, Essai sur l'agir humain, Presse de l'Université Grégorienne, Rome 1962, pp. 287 ss. 75 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 62.

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La formazione di sé come risignificazione costitutiva di se e esercizio di libertà verticale. Non si tratta infatti di riorganizzare parti del proprio mondo, ma di ricostituire il proprio mondo nel suo insieme. Ma questo ricostituire il proprio mondo può essere più o meno radicale. Osserva Lonergan: Ora si può dare una sequenza di siffatti esercizi verticali della libertà; in ciascuno di questi casi il nuovo orizzonte, benché notevolmente più profondo, più vasto e più ricco, nondimeno è consono con il precedente e rappresenta uno sviluppo delle sue potenzialità. Ma può anche avveni­ re che il passaggio a un nuovo orizzonte importi un rovesciamento; procede dal precedente ripudiandone dei tratti caratteristici; dà inizio ad una nuova sequenza la quale può rivelare una sempre maggiore profondità, ampiezza e ricchezza. Siffatto rovesciamento e nuovo inizio è ciò che si intende per conversione76.

Nel dinamico e storico processo di risignificazione di sé, 'orienta­ to intrinsecamente' all'autenticità, le conversioni assumono così un ruolo fondamentale. Esse comportano una risignificazione che ha una qualità in qualche modo radicale, decisiva; rompono un insieme per dare inizio ad un altro in cui i caratteri di novità sono molto forti. Si presentano, perciò, come vere e proprie 'rotture formative'. Nella vita del soggetto vi possono essere molti fatti, incontri, che segnano in maniera decisiva il cambiamento nell'organizza­ zione del proprio mondo, che conducono ad una risignificazione radicale. Si possono perciò individuare e classificare molteplici tipi di risignificazione radicale. Per Lonergan, pur nella varietà dell'attuazione, questa risignificazione radicale è, com'è noto, di tre tipi: intellettuale, morale, religiosa. La conversione intellettua­ le risignifica il soggetto orientandolo verso una nuova compren­ sione del mondo; la conversione morale risignifica il soggetto spostando l'asse dei suoi giudizi di valore; la conversione religio­ sa risignifica il soggetto in quanto pone al centro della vita l'inten­ dere il valore ultimo come amabilità. 76 /bi, pp. 253-254. I corsivi sono nostri.

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Le tre conversioni, in quanto non sono traguardi ma orienta­ menti, non fissano la coscienza, ma più radicalmente la ti-orienta­ no dando vita ad una nuova opera di risignificazione. Esse non rendono il soggetto chiuso, sicuro nelle sue verità, ma, anzi, lo aprono ad una comprensione sempre più piena del mondo, alla ricerca di scelte sempre più responsabili, ad una esperienza dell'amabilità sempre più intensa 77• 7. Lo 'scacco' allaformazione: le deformazioni Il cammino di autenticazione del soggetto è reso possibile da una spinta autotrascendente. Tale spinta, suddivisibile in tre forme diverse (conoscitiva, morale, affettiva-religiosa), è sostenuta semIn quest'ottica, per Lonergan, la conversione che contiene, realizza le altre è la conver­ sione religiosa. Nell'essere preso radicalmente dall'amore di 'Dio' il soggetto è promosso anche da una nuova visione del conoscere e del giudicare moralmente. Questo dato, dimenticato spesso da una certa riflessione cristiana e sul cristianesimo, appartiene al­ i'esperienza della fede cristiana fin dalle sue origini. Non si può comprendere la visione lonerganiana senza questo dato che la fondazione ultima del proprio diventare uomini sta nell'esperienza dell'amore di 'Dio'. Il noto capitolo 13 della prima lettera ai Corinzi, che ha certamente segnato la comprensione lonerganiana del mondo, letto nella sua globalità indica proprio questo. Al vertice dell'autenticarsi dell'uomo sta la Carità, cioè l'esperien­ za dell'amore gratuito di 'Dio' che afferra totalmente. Essa è più del conoscere il mondo e del fare il bene. Anzi muove il soggetto (nel nostro caso Paolo di Tarso) alla consapevo­ lezza dei limiti del proprio conoscere il mondo. «Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!» (I Corinzi 13. I corsivi sono nostri). 77

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pre dalla struttura trascendentale della coscienza e dai suoi precet­ ti: sii attento, intelligente, ragionevole, responsabile, amante. Ma accanto alla realizzazione (sempre categoriale e quindi precaria) dei precetti sta, secondo Lonergan, la possibilità della loro disattesa. Così, come l'applicazione dei precetti muove il soggetto all'autenticità, la loro disattesa favorisce nel soggetto uno stato di inautenticità. Vi è quindi nell'uomo una dialettica tra autenticità e inautenti­ cità che si concretizza in una quotidiana dialettica tra attenzione disattenzione; intelligenza - ottusità; ragionevolezza - irragione­ volezza; responsabilità - irresponsabilità; amore - non riconosci­ mento dell'altro. Questa dialettica è ineliminabile e impegna con­ tinuamente il soggetto: L'autotrascendenza dell'uomo è sempre precaria. Da sé l'autotrascen­ denza importa tensione tra l'io in quanto trascende e l'io in quanto trasceso. Per cui l'autenticità umana non è mai un possesso puro, sereno, sicuro. È sempre un ritirarsi dall'inautenticità. Il nostro progresso nel1'intelligenza è al tempo stesso eliminazione di fraintendimenti e incom­ prensioni. Il nostro progresso nella verità è al tempo stesso correzione di sbagli e di errori. Il nostro sviluppo morale avviene attraverso il penti­ mento dei peccati. La religiosità autentica viene scoperta e attuata riscat­ tandoci dalle molte insidie del traviamento religioso78 .

Anche la risignificazione costitutiva di sé è naturalmente segnata da questa dialettica e là dove la disattesa e la violazione79 dei precetti trascendentali sopravanza sulla loro applicazione la for­ mazione del soggetto subisce una sorta di blocco, di 'scacco'. La risignificazione di sé anche in questi casi avviene, ma è come minata da una prospettiva che allontana il soggetto dall'autenti­ cità. Ciò significa che non ogni risignificazione costitutiva è pro­ priamente formativa, ma può essere, per Lonergan, degenerativa, portare, cioè, ad una non apertura, ad una non interrogazione, ad un non riconoscimento.

78 LoNERGAN, 79

Il metodo in teologia, p. 130. !bi, pp. 74-75.

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La non osservanza dei precetti trascendentali, e, consegu ent mente, una non autentica risignificazione costitutiva di sé, p:' avere molte cause; essa però si esplica, si concretizza80 attravers� quelle realtà coscienziali che Lonergan chiama bias81 e che i traduttori italiani delle opere di Lonergan hanno finora tradotto con deformazioni oppure, poche volte, con pregiudizi e deviazioni. La deformazione è l'arresto, la distorsione, l'esclusione, di un atto di intellezione (insight). Questa deformazione può verificarsi in quattro maniere principali. « C'è la deformazione della motiva­ zione inconscia messa in luce dalla psicologia del profondo82. C'è la deformazione dell'egoismo individuale83 , e quella ancora più potente e cieca dell'egoismo di gruppo. Infine c'è la deformazione generale del senso comune84 , il quale è una specializzazione del­ l'intelligenza nel particolare e nel concreto, ma di solito si ritiene omnicompetente»85 • Potremmo forse anche dire: si manifesta interiormente. La trattazione più articolata della realtà delle bias si ha in LoNERGAN, L'intelligenza, pp. 228-243 e 257-284. Il tema è ripreso in Il metodo in teologia, pp. 74-76 e in altre pagine sparse. 82 Vi sono per Lonergan degli arresti nell'autentica intellezione delle cose che sono legate alla nostra psiche più profonda e che influenzano la nostra attuale comprensione e quindi anche la nostra significazione costitutiva. Per Lonergan, la radice del disturbo psichico sta in un rifiuto dell'intellezione di un dato (e nel rifiuto del desiderio dell'intellezione del dato). Così la terapia consiste nel favorire una ri-comprensione del dato stesso. Scrive Lonergan: «Come il rifiuto escludeva non soltanto una singola intelligenza, ma anche una serie espansiva, così la cura consiste nella comparsa almeno delle principali intelligenze che erano bloccate. È la ri-formazione della mentalità del paziente», LONERGAN, L'intelli­ genza, p. 237. Appare chiaro allora come l'attività clinica è formativa per il soggetto in quanto egli è invitato ad una risignificazione del proprio mondo. 83 A proposito dell'egoismo Lonergan nota: «L'egoismo, allora, è uno sviluppo incom­ pleto dell'intelligenza. Esso sorge al di sopra di una mentalità semplicemente ereditata. Ha l'arditezza di fare da sé e di pensare per se stesso. Ma omette di volgersi dalle motivazioni iniziali e preliminari, fomite dai desideri e dai timori, all'abnegazione impli­ cita nel concedersi al gioco completamente libero della ricerca intelligente. La sua ricerca è rafforzata da desideri spontanei e da timori; ma contemporaneamente è esclusa da una considerazione di qualsiasi campo più vasto», LoNERGAN, L'intelligenza, p. 259. 84 A scanso di gravi equivoci, occorre precisare che Lonergan non ritiene il senso comune una deformazione. Il senso di questa frase è che vi è una deformazione che può colpire il senso comune. E siccome il senso comune è l'ambito di significato a cui tutti i membri di una data cultura accedono, una sua deformazione ha conseguenze molto vaste da poter parlare di deformazione generale. 85 LONERGAN, Il metodo in teologia, p. 246. 80

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Tutti e quattro i tipi di deformazione possono influenzare la vita del soggetto, e quindi originare una sorta di blocco, di 'scac­ co' alla sua formazione. Naturalmente, vi sono gradi diversi di scacco alla formazione in base alla tipologia e all'entità della deformazione. Nella vita concreta comunque ogni individuo è caratterizzato da arresti dell'intellezione più o meno grandi che influenzano la sua attenzione, la sua intelligenza, la sua ragione­ volezza, la sua responsabilità, la sua affettività, la sua capacità di far propri diversi ambiti di significato. La propria risignificazione costitutiva è così sempre segnata dalla necessità di essere ripresa in mano per renderla sempre più autentica. La risignificazione orientata all'autenticità è un atto precario e aperto86 • 8. Il metodo formativo: l'auto-appropriazione La formazione del soggetto cresce di qualità e si muove verso l'autenticità nella misura in cui il soggetto stesso si appropria 87 dei dinamismi coscienziali che fondano il proprio processo forma­ tivo. Solo infatti attraverso un'auto-appropriazione della propria vita coscienziale il soggetto può conoscere se stesso e il mondo; e così risignificarsi in modo sempre più completo. Vi è dunque una strada da percorrere per passare da una forma­ zione di sé assunta dall'esterno ad una formazione 'scelta'; vi è un 86 «Bisogna continuare a sviluppare la conoscenza della realtà e della potenzialità umana quali esse sono nella situazione esistente. Bisogna tenere distinti i suoi elementi di progresso e di decadenza. Bisogna esaminare continuamente le proprie risposte intenzio­ nali ai valori e le scale di preferenza implicite in tali risposte. Bisogna prestare ascolto alla critica e alla protesta. Bisogna mantenersi pronti a imparare dagli altri», ibi, p. 256. 87 Come si concilia però l'affermazione che l'autenticità si realizza nell'essere afferrati totalmente da 'Dio' e l'insistenza lonerganiana della necessità di auto-appropriarsi, cioè di sperimentare, comprendere, conoscere, scegliere, le proprie operazioni? Va tenuto presente che per la teologia cristiana anche l'esperienza religiosa più alta non è mai sottrazione di consapevolezza, ma realizzazione di presenza a sé attraverso il riconosci­ mento della presenza dell'Altro. Vi è cioè una integralità della coscienza che l'esperienza religiosa non mortifica, ma rende pienamente viva. Certo la problematica è molto grande. Ma le questioni del conoscere Dio, dell'amare Dio e della risurrezione della carne indicano proprio questo problema di una integralità della presenza a sé del soggetto in rapporto ali' esperienza religiosa.

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metodo da seguire. È il metodo di far proprio il metodo trascen­ dentale che opera nel soggetto. Questo procedimento di appro­ priazione del metodo trascendentale prende il nome di appropria­ zione di sé o auto-appropriazione: «L'auto-appropriazione in se stessa consiste nel cogliere il metodo trascendentale» 88 • L'auto-appropriazione è il metodo formativo per eccellenza in quanto non solo mette in gioco processi di riorganizzazione del mondo del soggetto, ma mette in moto processi di riorganizzazio­ ne dove il soggetto stesso diventa capace di 'gestire' sempre di più la propria riorganizzazione, la propria risignificazione. Questa capacità di gestire, di appropriarsi della propria coscienza, a sua volta, alza il livello stesso dell'esigenza formativa; infatti, nota Lonergan: «il soggetto che si auto-appropria scopre che, oltre all'uomo che egli è, c'è anche l'uomo che egli è impegnato ad essere»89 • Vi è, perciò, una sorta di circolo virtuoso dove l'esigen­ za formativa sollecita l'auto-appropriazione la quale, a sua volta, riaccende l'esigenza formativa. Ma in cosa consiste questa auto-appropriazione, questa capaci­ tà di far proprio il dinamismo coscienziale? Già al capitolo quarto si è data la nozione di auto-appropriazione: occorre ora riprendere in mano la questione.

8.1. La nozione generale di auto-appropriazione ed una precisa­ zione L'auto-appropriazione è una intensificazione della propria vita coscienziale operata attraverso una oggettivazione della vita co­ scienziale stessa90 • Questo termine in senso molto generale richiaLoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 103. LoNERGAN, Comprendere ed essere, p. 287. 90 «Ora è certamente vero che l'auto-appropriazione si verifica intensificando la coscien­ za, e che tale intensificazione rivela non il soggetto come oggetto, ma il soggetto come soggetto. Per parte mia, però, affermo che questo intensificare la coscienza procede fino ali' oggettivazione del soggetto, fino ali' affermazione intelligente e razionale del soggetto e quindi fino al passaggio dal soggetto come soggetto al soggetto come oggetto. Tale passaggio dà una conoscenza oggettiva del soggetto esattamente come qualsiasi passaggio valido dai dati del senso attraverso l'indagine e l'intelligenza, la riflessione e il giudizio, dà una conoscenza oggettiva», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 279.

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rna la capacità che l'uomo possiede di comprendere le proprie operazioni, di avere, come si è soliti dire oggi, una meta-cono­ scenza91 • Questa meta-conoscenza consiste, dal punto di vista lonerga­ iano, nell'applicazione del dinamismo coscienziale al dinami­ n smo stesso. Lonergan in modo preciso definisce questa oggettiva­ zione nel seguente modo: «è questione di applicare le operazioni in quanto intenzionali alle operazioni in quanto consce» 92 . Ma su questa definizione occorre fare una riflessione. In realtà, lo abbiamo visto, la vita coscienziale non è fatta solo di operazioni, ma anche di una dimensione affettiva, caratterizzata da stati non intenzionali, da tendenze, da risposte intenzionali. Così come vi è pure una vita sub-conscia che influenza la vita cosciente. Correlativamente, la formazione si compie non solo nella misura in cui si modificano, nel modo di intenzionare, le operazioni, ma anche nella misura in cui vi è un cambiamento significativo nella vita affettiva, nella 'massa' che sostiene la vita cosciente, e nella trama della vita sub-conscia. Lonergan non parla esplicitamente dell'auto-appropriazione di questi aspetti. E la ragione ci sembra chiara. In quanto il ruolo di guida è delle operazioni coscienziali, è la loro auto-appropriazio­ ne che è decisiva in ordine alla formazione di un soggetto capace di prendere in mano la propria vita. Ciò non esclude l'auto-appro­ priazione anche degli altri aspetti della vita coscienziale, della propria vita affettiva o dei propri meccanismi psichici più profon­ di. Anzi l'auto-appropriazione delle operazioni metterà in luce l'esigenza di prendere in considerazione questi aspetti. Ma questa In questo senso l'importanza di una capacità 'oggettivante' il proprio operare coscien­ ziale è sottolineata dall'attuale pensiero psicologico di tipo non comportamentista. È il caso di Bruner, che in Actual Minds, Possible Words scrive: «Se non riesce a maturare la percezione di ciò che io chiamo intervento riflessivo nelle conoscenze che incontra, il giovane continuerà ad operare al di fuori di esse: saranno queste conoscenze a controllarlo e a guidarlo. Se, invece, riuscirà a maturare questa percezione, sarà lui a controllare e selezionare le conoscenze in relazione ai bisogni. Se svilupperà una percezione dell'io in cui rientri la sua capacità di penetrare le conoscenze in relazione ai propri bisogni e se saprà mettere in comune, 'negoziare' il risultato delle proprie riflessioni, allora diventerà membro della comunità che crea cultura», BRUNER, La mente a più dimensioni, p. 162. 92 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 37. 91

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e!ENZA

'considerazione' sarà un'autoappropriazione nella misura in cu· 1a questi aspetti sono applicate le operazioni coscienziali. Parlare dunque, in Lonergan, di auto-appropriazione in sen proprio significa riferirsi alle operazioni della coscienza che inte�� zionano loro stesse. Ma questo processo di auto-appropriazion che riguarda le operazioni può essere esaminato da due prospetti� ve diverse e correlate. La prima prende in considerazione l'auto­ appropriazione delle operazioni in senso generale93 • La seconda prende in considerazione l'auto-appropriazione delle operazioni tenendo presente che esse hanno modalità diverse di attuazioni rispetto ad esigenze ed ambiti di significato diverso. 8.2. L'auto-appropriazione come auto-appropriazione delle ope­ razioni in generale In senso generale, l'auto-appropriazione «è questione di applicare le operazioni in quanto intenzionali alle operazioni in quanto consce»94• Si tratta dunque di uno sperimentare l'insieme delle operazioni coscienziali, di un comprenderle, di un affermarle, di scegliere di operare in conformità a loro. Il cammino di auto-appropriazione comincia, dunque, con lo sperimentare le operazioni coscienziali, fare attenzione ad esse, acquisire con esse familiarità. Osservano Angers e Bouchard, due autori canadesi che hanno sperimentato un'applicazione didattica dell'auto-appropriazione, che: il cammino di appropriazione comincia col concentrare l'attenzione su atti che noi produciamo e di cui facciamo esperienza. Gli atti esistono, si svolgono, si susseguono dentro di noi. In un primo momento si tratta di acquisire più viva coscienza di questi atti e della nostra maniera di percepire, di capire, di giudicare, e di decidere. L'esperienza di questi atti la facciamo ogni volta che percepiamo, sentiamo, giudichiamo, decidiamo. Ma, di solito, la nostra esperienza rimane vaga, perché nei 93 E come vedremo, questo significa, dal punto di vista degli ambiti, prendere in conside­ razione le operazioni nella peculiarità dell'ambito dell'interiorità. 94 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 37.

sLEMENTI DI UNA «FILOSOFIA»

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rnomenti in cui conosciamo e apprendiamo, la nostra attenzione è fissata sulla realtà esterna che ci interessa e sollecita il nostro sforzo, e noi lasciamo nell'ombra gli atti che effettuiamo. Cerchiamo di allargare il carnpo della nostra attenzione per farvi entrare la nostra attività conosci­ tiva con ciascuna delle sue operazioni. L'attenzione giungerà allora a dirigersi, oltre che alla realtà esterna, agli atti stessi. Giungerà a notifi­ carli come atti consci: quello di vedere al momento in cui si vede, quello di udire al momento in cui si ode, quello di capire al momento in cui si capisce, e così via per ciascuna operazione della conoscenza95 .

Attraverso l'intensificazione dell'esperienza delle proprie opera­ zioni il soggetto sperimenta la propria interiorità. Il secondo passo consiste nel capire l'unità e le relazioni delle operazioni tra di loro. Si tratta, sotto la spinta delle domande per l'intellezione - che cosa? , perché?, come? - di identificare le operazioni, di differenziarle in ragione delle funzioni che esse svolgono, di comprendere le loro relazioni. In merito a questo passo, Angers e Bouchard notano: «Per riuscirvi bisogna compie­ re gli atti della conoscenza, osservarli nel momento in cui li compiamo e tentare di capire le funzioni di quegli atti, le loro differenze e complementarietà»96• Quando uno comincia a porsi domande sulle proprie operazio­ ni e quindi si avvia ad una ricerca di comprensione, la qualità della propria interiorità si alza. L'interiorità comincia a divenire un ambito specifico. Il terzo passo consiste nell'affermare la realtà della propria esperienza, intelligenza, giudizio e decisione, sperimentate e capi­ te. Si tratta in questo caso di cercare di rispondere intelligente­ mente alle domande per il giudizio, che possono concretizzarsi in due domande fondamentali: «Queste operazioni si verificano? E si verificano secondo lo schema descritto?» 97• Quando il soggetto si pone queste domande l'auto-appropria­ zione riprende anche i passi precedenti con una nuova intensità. ANGERS - BoucHARD, L'auto-appropriazione, pp. 46-47. Gli autori in questa pagina riprendono quasi letteralmente LoNERGAN, Il metodo in teologia, pp. 36-37. 96 ANGERS - BoucHARD, L'auto-appropriazione, p. 47. 97 LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 39.

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Comincia un nuovo percorso di appropriazione dove vi è un consapevolezza più grande della propria interiorità98 : essa infat:1 non è solo compresa, ma affermata criticamente. Infine vi è un quarto passo di auto-appropriazione dove le operazioni non sono solo affermate, ma il soggetto decide di operare in conformità al loro dinamismo. Qui la propria interiorità non è solo affermata ma scelta99 . 8.3. L'auto-appropriazione delle operazioni rispetto alle esigenze e ai singoli ambiti di significato 100 Il soggetto non solo sperimenta, comprende, ragiona, decide sulle proprie operazioni, ma attua queste operazioni mosso da 'esigen­ ze' diverse, in una pluralità di ambiti. Possiamo perciò descrivere l'auto-appropriazione del proprio dinamismo coscienziale non so­ lo come un'auto-appropriazione delle operazioni, ma come un'au­ to-appropriazione delle diverse attuazioni delle operazioni nei diversi ambiti di significato. È questa appropriazione delle operaAnche l'esperienza delle proprie operazioni riguarda l'interiorità e così la comprensio­ ne di esse, ma l'esigenza di una loro affermazione muove ad una presenza a sé molto più grande. 99 In sintonia con quanto detto nel corso della ricerca ci sembra di poter aggiungere un ulteriore livello di auto-appropriazione. Lonergan non ne parla, così come non ne parlano Angers e Bouchard; perciò lo poniamo come una suggestione su cui ricercare. Le operazioni della coscienza trovano la loro 'massa' nei sentimenti, soprattutto nelle 'risposte intenzionali'. Tra queste risposte ve n'è una che realizza quell'autotrascendenza che muove le operazioni e che quindi realizza le operazioni stesse: la risposta che Lonergan chiama l'essere innamorati, ma che in italiano potremmo chiamare più specifi­ catamente amore. L'amore realizza le operazioni, e mentre le realizza le promuove. Se questo è vero, è possibile dire che vi è uno stato di auto-appropriazione che consiste nella realizzazione piena delle operazioni attraverso l'esperienza dell'amore. All'interno di un contesto di amore, la propria interiorità non è solo sperimentata, compresa, affermata, scelta, ma anche pienamente realizzata. 100 Con ciò intendiamo l'auto-appropriazione delle operazioni applicate in singoli ambiti di significato. In verità, Lonergan non parla mai esplicitamente di auto-appropriazione delle operazioni degli ambiti, ma sia lnsight che Method si caratterizzano per questa stretta correlazione tra le operazioni e diversi ambiti in cui le operazioni sono applicate. La stessa citazione riportata alla fine di questo sottoparagrafo segnala l'intenso rapporto che Lonergan pone nell'auto-appropriazione tra l'auto-appropriazione delle operazioni e l'auto-appropriazione dei loro diversi modi di operare. 98

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zioni nei diversi ambiti di significato che permette al soggetto di intendersi e di intendere la realtà in tutte le sue potenzialità; di essere attento, intelligente, ragionevole, responsabile in ordine ad esigenze diverse e di conoscere così il mondo nella pluralità dei propri significati 101• L'auto-appropriazione delle operazioni nei diversi ambiti ri­ chiede anch'essa un'esperienza, una comprensione, un giudizio, una scelta delle operazioni. Innanzitutto, una sperimentazione delle operazioni in quegli ambiti. Così l'appropriazione dell'ambito del senso comune ri­ chiede una vita ordinaria. L'appropriazione dell'ambito della teo­ ria richiede l'esperienza di operazioni intellettuali. L'appropria­ zione dell'ambito della scholarship di esperienze storiche, poeti­ che, letterarie. L'appropriazione dell'ambito religioso una espe­ rienza religiosa. In secondo luogo, richiede una comprensione dei loro procedi­ menti interni: di come proceda il senso comune, la scienza, l'arte, l'esperienza religiosa 102, ecc. In terzo luogo, richiede una loro affermazione e una loro appli­ cazione concreta. Ma queste operazioni sono affermate pienamen­ te come operazioni di 'ambiti' solo se il soggetto si appropria dell'ambito dell'interiorità, quando cioè il soggetto comincia a porsi le domande sulle proprie operazioni e comincia a dare delle risposte. L'ambito dell'interiorità non è altro che lo sviluppo delle auto­ appropriazioni delle operazioni in senso generale. Per cui, nella prospettiva degli ambiti di significato, non c'è piena auto-appro­ priazione delle operazioni di un singolo ambito senza la comparsa dell'interiorità e senza il suo sviluppo. È infatti nell'auto-appro­ priazione dell'interiorità che la coscienza si fa pienamente diffe101 L'appropriazione delle operazioni degli ambiti non è mai separabile da una conoscen­ za dei significati che caratterizzano quegli ambiti. Non c'è, ad esempio, appropriazione dell'ambito della teoria senza la conoscenza di contenuti a cui le operazioni sono applica­ te. Non va mai dimenticato, parlando delle operazioni, lo stretto legame che Lonergan pone tra modo di intenzionare e realtà intenzionata. Il desiderio ultimo infatti di ogni operazione è conoscere sempre meglio la realtà. 102 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 276.

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renziata: «La coscienza differenziata appare quando l'esigenza critica rivolge l'attenzione all'interiorità, quando l'appropriazion di sé è raggiunta, quando il soggetto mette in rapporto i suo� diversi procedimenti con gli ambiti diversi, quando mette in rap� porto i diversi ambiti tra di loro e passa consapevolmente da un ambito all'altro cambiando consapevolmente i procedimenti»103 Una coscienza differenziata così è una coscienza che sa applicar� le operazioni ai diversi ambiti di significato, attraverso un coordi­ namento dell'ambito dell'interiorità, che è l'ambito specifico in cui si compie l'auto-appropriazione delle operazioni nel loro ca­ rattere generale. Accanto, però, all'indispensabilità dell'appropriazione delle operazioni in quanto tale, per una piena appropriazione delle loro applicazioni particolari, occorre sottolineare una seconda correla­ zione, di segno inverso. È solo attraverso l'esercizio concreto delle operazioni dentro gli ambiti che si può cominciare a speri­ mentare, capire le proprie operazioni. Non vi è un'auto-appropria­ zione delle operazioni separata da quella della loro applicazione ad ambiti di significato. Non vi è un percorso di appropriazione, di scoperta della propria interiorità, che sia separabile dal vivere concretamente prima in una coscienza indifferenziata e poi in una coscienza di senso comune, e quindi in una coscienza magari letteraria, o artistica, o religiosa, o teorica. «Come il mondo del senso comune e il suo linguaggio forniscono l'impalcatura per entrare nel mondo della teoria, così tanto il mondo del senso comune e della teoria quanto le loro rispettive lingue forniscono l'impalcatura per entrare nel mondo dell'interiorità» 104. A sua volta l'interiorità non cancella, ma anzi stimola la co­ scienza ad appropriarsi delle operazioni dei singoli ambiti e a conoscere sempre più i loro oggetti intenzionati. Nella misura in cui infatti è autentica, l'auto-appropriazione dell'interiorità solle­ cita il soggetto nella realizzazione sempre più piena dell'autotra­ scendenza intellettuale, conoscitiva, morale. 10 3 104

/bi, p. 104. Ibidem.

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La formazione del soggetto è così rappresentabile come un

percorso in cui il soggetto da una risignificazione 'indifferenziata'

e subìta, passa ad una risignificazione sempre più attiva e ricca di differenziazioni interne attraverso un cammino di auto-appropria­ zione 105 :

Senza dubbio noi tutti dobbiamo incominciare dalla coscienza indiffe­ renziata, dai procedimenti conoscitivi del senso comune, da una delle numerose 'lingue ordinarie' nelle quali si esprimono le innumerevoli varietà del senso comune. Senza dubbio è soltanto attraverso un proces­ so umile di apprendimento che uno può andare oltre la sua lingua ordinaria e il suo senso comune e arrivare a capire altre lingue ordinarie e le loro varietà di senso comune. È soltanto attraverso il penoso progres­ so nella conoscenza che uno può uscire dall'ambito del linguaggio ordinario per entrare nell'ambito della teoria e della totalmente diversa apprensione scientifica della realtà. È soltanto attraverso la lunga e confusa semioscurità dell'iniziazione filosofica che uno riesce a trovare la sua strada verso l'interiorità e a raggiungere, mediante l'auto-appro­ priazione, una base e un fondamento che è distinto dal senso comune e dalla teoria, che riconosce la loro natura disparata, che li spiega entrambi e fonda criticamente tanto l'uno quanto l'altra 106.

8.4. Auto-appropriazione, ambiti, aree disciplinari I singoli ambiti, come è noto, si strutturano in base ad esigenze diverse che rendono polimorfa la coscienza del soggetto e poli­ morfa anche la sua fonte di risignificazione. L'auto-appropriazio­ ne delle operazioni applicate ai singoli ambiti è di vitale importan­ za in quanto permette al soggetto di imparare a conoscere e gestire la pluralità delle componenti che concorrono alla costruzione del suo mondo e, di conseguenza, a diventare sempre più protagonista della propria risignificazione. Nella misura in cui il soggetto si appropria delle operazioni dei singoli ambiti, egli, da una parte, vive un'esperienza formativa, dall'altra parte, diventa sempre più soggetto della propria forma­ zione. Egli infatti conosce in modo sempre più approfondito che 105

Sul tema del percorso di formazione si tornerà anche nel prossimo capitolo. Il metodo in teologia, pp. 104-105.

106 LONER GAN,

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esistono in lui più modi di intenzionare la realtà che hanno una radice comune nel metodo trascendentale. Ma l'importanza di riflettere sull'auto-appropriazione dal punto di vista della differenziazione in ambiti non riguarda soltanto il modo di intenzionare la realtà, ma anche la realtà in­ tenzionata. Il modo di operare di ogni ambito intenziona una porzione della realtà che è diversa da un altro ambito. Il senso comune, ad esempio, intenziona dei significati ordinari che sono diversi dai significati sistematizzati dalla teoria. Attraverso una differen­ ziazione della coscienza, il soggetto non solo diversifica il modo di intendere la realtà, ma si rende capace di conoscere il mondo in una pluralità di dimensioni. Attraverso la differenziazione egli conosce sempre di più l'essere nella molteplicità dei suoi aspetti. Ciò significa che l'auto-appropriazione delle operazioni porta con sé non solo una assunzione personale della dinamica coscien­ ziale, ma un allargamento della conoscenza della realtà. La cresci­ ta, perciò, degli ambiti di significato è crescita nella capacità di operare e nella portata di ciò che si intenziona. Da ciò può derivare un importante corollario, non tematizzato espressamente da Lonergan, ma senza dubbio presente nelle sue valenze più forti. Le aree disciplinari fondamentali di un proces­ so di apprendimento dovrebbero essere legate agli ambiti di signi­ ficato fondamentali; dovrebbero permettere al soggetto di cono­ scere i diversi ambiti e ad operare in essi; e favorire, con lo sviluppo dell'ambito dell'interiorità, una loro integrazione reci­ proca. Il compito della matematica, della storia, della lingua, della geografia, dell'arte, delle scienze, della narrativa e della poesia, della religione, della tecnica, dovrebbe essere quello di favorire l'auto-appropriazione dei loro procedimenti e correlativa­ mente una conoscenza dei loro significati. Vi è così un imparare ad imparare che riguarda tutte le discipline. In senso forte, poi, vi è un imparare ad imparare che riguarda la disciplina che si interessa alle operazioni in quanto tali e che per Lonergan è la filosofia.

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9. I due vettori del processo di formazione e i due vettori del metodo Il soggetto, lo abbiamo visto più volte, non si forma una volta per tutte, ma vive un processo di formazione in cui si succedono diversi eventi formativi. Egli da un modo di significarsi passa ad un altro e poi ad un altro ancora e così via in un processo che tende all'autenticità attraverso l'appropriazione del modo di operare della propria coscienza. Ma questo processo di risignificazione e di progressiva auto­ appropriazione si articola in due direzioni, o vettori 107, a cui abbia­ mo già accennato al§ 6.2.4.: un vettore tradizionale o storico-so­ ciale ed un vettore personale. Il vettore tradizionale è l'insieme di esperienze, idee, giudizi, scelte, azioni di un dato gruppo sociale; il vettore personale sono le esperienze, le idee, i giudizi, le scelte, le azioni operate consapevolmente dal soggetto. Entrambi sono necessari. Attraverso il vettore tradizionale il soggetto accede all'insieme di significati che costituiscono il mondo del suo gruppo e, cosa ancora più importante, accede al livello di elaborazione di significati raggiunto dal gruppo. È il vettore tradizionale che permette ad un soggetto di raggiungere in pochi anni quelle 'conquiste' che la propria cultura ha elaborato solo dopo un lungo periodo di anni e di secoli. Attraverso il vettore personale il soggetto diventa sempre più protagonista della propria vita, concorrendo a sua volta ad un rinnovamento del vettore tradizionale. Il rapporto tra questi due vettori, naturalmente, si modifica nel corso del processo di formazione del soggetto. Nella misura in cui la coscienza si differenzia, la portata del vettore tradizionale è bilanciata dalla crescita del vettore personale fino ad uno stato in cui è quest'ultimo che assume un ruolo primario. La presenza di questi due vettori nell'elaborazione lonergania­ na riguarda anche l'auto-appropriazione. Abbiamo visto, infatti, che l'auto-appropriazione consiste in un esercizio delle operazioni coscienziali che si fa sempre più 107

È questo il termine che usa SPACCAPELO nel suo testo Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bernard Lonergan.

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consap�vole _e responsabi!e: Ebbene l'app_ro�riazione si compie nella misura m cm l'eserc1z10 delle operaz1om passa da ciò che è già dato dal vettore tradizionale ad una campo in cui gioca un ruolo fondamentale la propria scelta personale. Questo vale sia per l'appropriazione delle operazioni in generale che per l'appro­ priazione delle operazioni di un dato ambito e la conoscenza dei suoi rispettivi oggetti1 08. Vi è dunque una circolarità 109 di attenzione, comprensione giudizio, una decisione rispetto a ciò che è dato dalla propri� cultura, dalla propria disciplina di studio, a cui segue una circola­ rità delle operazioni, anch'essa aperta, che ha come punto di partenza la propria, consapevole scelta di un valore, di un sistema. Questa scelta muove a nuovi giudizi, nuove intellezioni, nuove azioni e comunicazioni. In Method, Lonergan applica il duplice vettore del metodo alla teologia. Egli ritiene che per imparare a fare teologia occorre imparare ad applicare il metodo trascendentale al mondo dei si­ gnificati teologici. Questa applicazione comporta la strutturazione di otto specializzazioni funzionali, divise in due fasi. La fase che incontra il passato (che chiama in oratione obliqua) e la fase che prende posizione rispetto al futuro (in oratione recta). In ognuna delle due fasi il soggetto è invitato ad esercitare le proprie opera­ zioni coscienziali, valorizzandone una in particolare per ogni spe­ cializzazione. Si ha così, per l'incontro con il passato: la ricerca: «la quale scopre e rende disponibili i dati»; l'interpretazione «la quale ne coglie il significato»; la storia «la quale giudica e narra ciò che è avvenuto»; la dialettica, la quale cerca di dipanare i conflitti riguardanti i valori, i fatti, i significati e le esperienze» 110 • Così «le 108 Così mentre Angers e Bouchard hanno cercato di realizzare un percorso didattico per promuovere l'auto-appropriazione delle operazioni in generale, cioè I'auto-appropriazio­ ne della propria interiorità, vi sono autori che hanno cercato di applicare il metodo trascendentale o fondazionale di Lonergan all'apprendimento di discipline particolari. Ad esempio G. Casoli ha cercato di applicare i quattro livelli della coscienza all'apprendi­ mento dell'italiano. Cfr. CAsou, L'italiano. 109 Cfr. supra al cap. 4 la progressività circolare. 110 LONERGAN, Il metodo in teologia, pp. 153-154. I corsivi sono nostri.

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prime quattro specializzazioni funzionali ricercano quindi i fini propri rispettivamente dell'esperienza, dell'intelligenza, del giu­ dizio e della decisione; e naturalmente ciascuna lo fa usando non l'uno o l'altro, ma tutte e quattro i livelli delle operazioni consce e intenzionali111 • Per la fase che prende posizione verso il futuro si ha: la fonda­ zione, il cui scopo è stabilire, scegliere il proprio orizzonte; la dottrina, la quale, in base alla fondazione, giudica le alternative proposte dalla dialettica; c'è la sistematica, la quale chiarisce il significato delle dottrine; c'è la comunicazione, la quale si occupa della predicazione. Se in Method la proposta è applicata ad un mondo di significati ben preciso, in Insight la finalità è di proporre un percorso di appropriazione fondamentale, generale; riguarda, in altre parole, l'ambito dell'interiorità in senso specifico. Ebbene, in esso, troviamo applicati i ragionamenti che siamo andati facendo sull'auto-appropriazione. Innanzitutto l'afferma­ zione che l'auto-appropriazione si compie nell'oggettivazione delle operazioni e quindi nella comparsa dell'ambito dell'interio­ rità, ma che ad essa concorre la concreta applicazione delle opera­ zioni nei diversi ambiti. In Insight, infatti, l'appropriazione dell'interiorità è proposta attraverso un esercizio delle operazioni che tocca sia il senso comune, che la scienza, che la filosofia, che la religione. Solo dopo questi esercizi Lonergan propone un'applicazione specifica all'ambito della interiorità. In secondo luogo, l'affermazione che l'auto-appropriazione è caratterizzata dal vettore tradizionale e dal vettore personale. Infatti, in Insight, l'appropriazione passa da un esercizio a ciò che è dato, nella scienza, nel senso comune, nella filosofia, ad una presa di posizione personale, ad «un'autoaffermazione del cono­ scente»112 che sostiene la chiarificazione delle questioni filosofi­ che e del loro rapporto con la scienza, il senso comune, la trascendenza. 111 112

Ibidem. Cfr. LoNERGAN, L'intelligenza, p. 359.

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La riflessione sul rapporto tra auto-appropriazione, ambiti, di­ scipline e la presenza di due vettori nel metodo può aprire diverse piste di lavoro rispetto al curriculum scolastico. 10. Il promotore della formazione: l'educazione Al centro del vettore tradizionale o storico-culturale del processo formativo possiamo collocare l'educazione113 intesa come quell'in­ sieme di attività che concorrono a realizzare e a promuovere la risignificazione costitutiva di sé114 • È possibile così distinguere in Lonergan la formazione come processo di risignificazione costi­ tutiva e l'educazione come attività con-istitutiva e promotrice di formazione' 15. L'educazione è, innanzitutto, un dato di fatto in quanto è solo in un contesto di significati e di relazioni che il soggetto comincia a costituire e in seguito a ricostituire il suo mondo: Come è soltanto entro le comunità che gli uomini sono concepiti, nasco­ no e sono educati, così è soltanto in relazione a significati comuni effettivamente disponibili che l'individuo cresce nell'esperienza, nell'intel­ ligenza, nel giudizio, fino a che arriva a scoprire da sé che tocca a lui decidere che cosa fare di se stesso. Questo processo per il maestro è l'educazione, per il sociologo è la socializzazione, per l'antropologo che studia le culture l'acculturazione. Ma per l'individuo che va attuando in 113

Cfr. SPACCAPELO, Bernard Lonergan e il suo 'orizzonte', in MEYNELL, Bemard Loner­ gan, p. 24 e pp. 30-31. 4 11 Nella misura in cui si assume la nozione di educazione come attività di promozione della formazione rientrano in essa anche tutte quelle serie di attività che oggi prendono il nome generico di 'formazione'. Dentro il genere educazione si potrebbe poi distinguere tra attività che promuovono una risignificazione parziale del soggetto ed attività che invece esplicitamente si pongono lo scopo di una risignificazione costitutiva. 115 Questa distinzione, in realtà, emerge da una comprensione dei concetti espressi da Lonergan più che dal riferimento ai termini utilizzati in quanto egli usa la parola educa­ tion in un senso molto ampio. È prendendo in considerazione l'utilizzo di education assieme a diversi verbi che richiamano più direttamente il processo di formazione (come to form, to shape, to mould) che si può delineare una distinzione tra il processo di formazione e l'azione dell'educazione.

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sé questo processo esso è il suo diventare uomo, il suo esistere come uomo nel senso più pieno del termine116 .

In secondo luogo, essa è necessaria in quanto è grazie ad un insieme di attività esterne che la coscienza umana può essere aiutata a divenire sempre più differenziata. «L'educazione aiuta il soggetto a costruire il proprio mondo e ad allargare il proprio orizzonte»111 . Vi è certamente una spinta interna alla costituzione delle ope­ razioni e al loro sviluppo, ma una appropriazione di sé non si realizza senza lo stimolo, il sostegno, la guida di una serie di attività esterne. È attraverso queste attività che certe esperienze, certe intellezioni, affermazioni e decisioni possono essere pro­ mosse. Inoltre solo attraverso la presentazione di oggetti da inten­ zionare, la coscienza intenzionale è provocata. L'educazione per­ mette la presentazione di oggetti appropriati. Queste attività 'educative' possono essere più o meno organiz­ zate. L'auto-appropriazione delle operazioni di senso comune e l'apprendimento dei suoi significati avviene generalmente all'in­ terno di un processo che Lonergan chiama «processo autocorretti­ vo di apprendimento»118• Ma l'auto-appropriazione degli altri am­ biti e la conoscenza dei loro oggetti richiede generalmente la strutturazione di attività organizzate ed insieme la fatica dell'at­ tenzione, dello studio, della comprensione, dell'affermazione di ciò che si è compreso. Il fatto che, per allargare il proprio orizzonte, vi sia bisogno di un'attività educativa che solleciti le operazioni, la strutturazione di ambiti, la modifica degli interessi e così via, trova una certa analogia con quanto Bruner dice di Vygotsky e la sua 'zona di sviluppo prossimale' 119• «La sua intuizione fondamentale» - dice LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 99. Il corsivo è nostro. LoNERGAN, Topics in Education, p. 105. 118 Cfr. supra, cap. 5. 119 La zona di sviluppo prossimale è «la distanza tra il livello evolutivo reale, determinato in termini di autonoma capacità di soluzione dei problemi, e il livello di sviluppo potenziale, determinato in termini di capacità di soluzione dei problemi sotto la guida di un adulto o in collaborazione con coetanei più capaci», L.S. VYGOTSKY, Mind in Society, p. 86. Citato da BRUNER, La mente a più dimensioni, p. 91. 116 117

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IL PENSIERO DI LONERGAN E LA FORMAZIONE DELLA COSCIENZA

Bruner - «lo ricordiamo, era che l'apprendimento concettuale un'impresa collaborativa: un adulto allaccia con il bambino u: dialogo inteso a fornirgli indicazioni e appoggi che gli consentano una nuova salita, facendogli fare quel passo avanti di cui egli, da solo, non è ancora in grado di apprezzare il significato. È il 'prestito di coscienza' che permette al bambino di passare attra­ verso la zona di sviluppo prossimale» 120 • Le caratteristiche della datità e della necessità dell'educazione possono essere sintetizzate affermando che l'educazione è ele­ mento con-istitutivo della formazione concreta del soggetto. Vi è per usare altri termini, una inseparabilità tra formarsi ed esser� formato che una prospettiva teorica può separare solo in un mo­ mento di analisi, ma che non può lasciare per sempre separati. L'educazione non è un mero appoggio esterno, un semplice insie­ me di tecniche, ma è azione (più o meno consapevole) che concor­ re direttamente alla concreta risignificazione del soggetto. Da questo fatto deriva la forte valenza etica che l'educazione porta con sé; valenza che Lonergan indica esplicitamente. L'educazione infatti, e siamo ad una terza caratteristica loner­ ganiana, è fatto concreto che mette in gioco il più 'concreto' dei problemi: il bene121 • Secondo Lonergan, si educa (si concorre attivamente, si promuove una risignificazione, potremmo dire alla luce di quanto detto) per un 'bene' (più o meno definito), e fare filosofia dell'educazione122 significa rapportarsi con la questione 120 BRUNER,

La mente a più dimensioni, p. 162. «Ciò che è bene è sempre concreto. Ma le definizioni sono astratte», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 49. 122 La filosofia dell'educazione è il tema centrale di Topics in Education. Nella sua prima lezione, corrispondente al primo capitolo del libro, Lonergan affronta la questione nei suoi caratteri generali, soffermandosi, tra l'altro, non poco, sull'opera di Dewey. Lonergan disse: «Dewey è conosciuto qui e all'estero per la sua filosofia dell'educazione. Questa è una filosofia dell'educazione che ha esercitato una profonda e vasta influenza. È una filosofia dell'educazione che connette idee sull'educazione con idee fondamentali di carattere filosofico. Dewey concepisce la conoscenza umana come un passaggio da una situazione problematica ad una situazione migliorata. Questa transizione coinvolge, per così dire, due componenti, riflessione e azione. Entrambi i componenti, da soli, sono considerati da Dewey una aberrazione. L'azione senza la riflessione è cieca, meccanica, senza progresso. La riflessione senza l'azione, nella sua filosofia, è insignificante, perciò secondo Dewey il conoscere non è retrospettivo, conformista, assoluto - il conoscere in se 121

ELEMENTI DI UNA «FILOSOFIA»

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del bene 1 23. Nella seconda lezione di Topics, Lonergan afferma: «Desidero parlare del bene. Il mio scopo è di essere in grado di fornire una base per le vostre discussioni sul fine, lo scopo, l'obiettivo dell'educazione. Perché gli uomini sono educati? È per qualche bene. Ma che cosa intendete voi con bene?» 124. Ed il cuore di Topics è proprio questo: riflettere i) sul bene dell'educazione analizzando il bene come oggetto nelle sue strut­ ture invarianti e nei suoi differenziali 1 25 che rendono ogni momen­ to storico differente dall'altro; ii) sul bene come soggetto che si sviluppa attraverso un processo di differenziazione che rende una persona diversa dall'altra; iii) sui 'nuovi saperi' in rapporto allo sviluppo del soggetto, considerato nella sua concretezza storica. I fini dell'educazione possono così essere definiti solo in una concezione insieme strutturale e dinamica, oggettiva e soggettiva, del 'bene'. Direttamente da questa concezione del rapporto stretto tra edu­ cazione, bene come oggetto, bene come soggetto, contesto stori­ co, discendono le ultime tre considerazioni. In quarto luogo, l'educazione se vuole essere veramente pro­ motrice non può che avere come punto di riferimento principale le operazioni della coscienza e la loro appropriazione da parte del stesso è niente - ma prospettico, riformista, ipotetico. È una questione di pianificare azioni e formare nuove ipotesi dopo che l'azione è stata compiuta. È una questione continua di adattamento alle situazioni. Si riferisce al processo in cui le situazioni problematiche sono trasformate in situazioni migliorate, e vi è sempre spazio per un maggior miglioramento, sempre spazio per una maggior riflessione. Questa concezione della conoscenza e della realtà ha come risultato una stretta correlazione tra filosofia ed educazione. La filosofia è riflessione sulla situazione umana ad un ultimo livello. È un pensare fondamentale attorno alla situazione umana. E l'educazione è il grande strumento per trasformare la situazione umana. Essa cambia le menti e le volontà dei popoli ed essa lo fa tanto nell'età in cui tale cambiamento può essere più facilmente prodotto. 'Prendili quando sono giovani!'. Conseguentemente filosofia ed educazione sono interdipendenti. La filosofia è la componente riflessiva e l'educazione è la componente attiva, all'ultimo livello di riflessione ed azione nella vita umana. La filosofia è la guida e l'ispirazione dell'educazione, e l'educazione è la verifica, la giustificazione pragmatica di una filoso­ fia. Voi vedete, perciò, come le due nozioni di filosofia ed educazione sono collegate nel modo più stretto possibile nel pensiero di Dewey», LoNERGAN, Topics in Education, pp. 4-5. 123 Cfr. LoNERGAN, Topics in Education, p. 24. 124 !bi, p. 26. 125 Cfr. ibi, pp. 49-70.

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soggetto. Parlando della positività dell'intenzione di fondo de . i metodi attivi 126, Lonergan nota: Ciò che egli [lo studente] non può assimilare e utilizzare per sviluppar il proprio mondo e allargare il proprio orizzonte è qualcosa che sar: estraneo a lui, qualcosa che voi potete imporre alla sua attenzione ed obbligarlo a superare negli esami, ma qualcosa che egli perderà in seguito come il serpente cambia la sua pelle. Bisogna costruire sui fondamenti, qualunque essi siano, nella mente dell'allievo. Si devono prendere le persone come esse sono e cominciare da lì 1 27• In quinto luogo, l'educazione è prospettica. Partendo dal so_ggetto, essa mira a promuovere in lui una nuova organizzazione del proprio mondo, una risignificazione sempre più autentica 128 • Per fare questo, secondo Lonergan, bisogna appellarsi sempre alle operazioni fondamentali: L'educazione aiuta il soggetto a costruire il suo mondo e allargare il suo orizzonte, ma un tale sviluppo non può essere ottenuto semplicemente sulla base della organizzazione raggiunta dallo studente. In quanto l'in­ segnamento di qualcuno è basato soltanto sugli interessi già raggiunti dei suoi studenti, egli non sta aprendo l'orizzonte, ma soltanto aiutandoli ad organizzare le cose dentro l'orizzonte che è già stato raggiunto. L'allar­ gare l'orizzonte non può appellarsi ad interessi raggiunti o sviluppati, ma deve appellarsi a potenzialità più fondamentali rappresentate per esem­ pio dalla meraviglia di desiderare di comprendere, una meraviglia che è illimitata nel suo scopo e dai suoi corollari nel campo affettivo e nel campo della volontà 1 29. 126 Lonergan parla dei metodi attivi alla fine del cap. 4 di Topics in Education. Egli mette in correlazione l'importanza di aiutare il soggetto a costruire il proprio orizzonte con la positività dei metodi attivi. In un passaggio nota che: «la base reale del metodo attivo è il soggetto che sta costruendo il suo proprio mondo», LoNERGAN, Topics in Education, pp. 104-105. 127 /bi, p. 104. 128 Q ualsiasi attività educativa o formativa che dir si voglia è prospettica. Infatti mira sempre a promuovere almeno un cambiamento. Ed è nella valenza prospettica dell'azione educativa che si colloca il problema della definizione dell'insieme di fini che orientano l'attività. 129 LONERGAN, Topics in Education, p. 105.

ELEMENTI DI UNA «FILOSOFIA»

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In sesto luogo, l'educazione deve essere all'altezza dei tempi, deve cioè promuovere nel soggetto una risignificazione che, fon­ data sulle operazioni fondamentali, sia capace di fare i conti con la cultura del proprio tempo e con ie sue modalità di operazioni. Perciò, insiste Lonergan in Topics in Education, è necessario che l'educazione prenda consapevolezza del 'new leaming' 1 30 (del nuovo sapere), della nuova valenza che hanno assunto la matema­ tica, le scienze, la filosofia, l'arte131 , la storia, e della loro ricaduta in ordine alla risignificazione costitutiva del soggetto132 . Con la descrizione degli elementi della 'filosofia' della formazio­ ne si è cercato di offrire un quadro sufficientemente chiaro di quali siano le caratteristiche della formazione del soggetto nella pro­ spettiva coscienziale lonerganiana. La formazione è, nella sua peculiarità, una risignificazione costitutiva del soggetto. Essa non avviene una volta per tutte, ma, continuamente, dentro lo scorrere della vita cosciente. Attraverso le operazioni e i loro cambiamenti, la massa affettiva e i suoi cambiamenti, le esigenze e i loro cambiamenti, la portata della realtà intesa e i suoi cambiamenti, il soggetto risignifica il proprio mondo. Questa risignificazione, che si radica nella dinamica coscien­ ziale stessa, si svolge in un contesto multifattoriale; è sostenuta dall'esigenza fondamentale dell'autenticarsi; è mossa dalla dina­ mica auto-trascendente; è intralciata dalle deformazioni; è resa stabile dalle conversioni; è attuata attraverso l'auto-appropriazio­ ne; è con-istituita e promossa dall'educazione. In realtà, questi elementi lonerganiani non chiudono la questio­ ne formazione; al contrario provocano una serie ulteriori di rifles­ sioni di ordine teoretico e operativo. Riflessioni in parte presenti in Lonergan, in parte provocate dal tempo presente. Ad alcune di queste ulteriori riflessioni sarà dedicato il prossimo capitolo.

°

Cfr. ibi, p. 107. All'interno dell'arte egli parla della pittura, della scultura, dell'architettura, della musica, della poesia, della narrativa, del teatro. 132 In questa opera egli non affronta l'ambito della trascendenza. 13

131

CAPITOLO SETTIMO

Lonergan e il mondo della pedagogia: spunti per la teoresi e l'azione formativa Dopo aver esaminato, dettàgliatamente, la visione di Lonergan in merito alla coscienza ed aver individuato gli elementi lonergania­ ni di una 'filosofia della formazione', una nuova domanda ci muove ad un altro capitolo. La 'filosofia' della formazione di Lonergan può offrire, all'attuale orizzonte della ricerca pedagogi­ ca, degli spunti, delle sollecitazioni in ordine alla teoresi e al­ i'azione? L'orizzonte pedagogico è estremamente complesso, così come estremamente denso, pieno di sfumature e con zone di chiaro-scu­ ro è il complesso dell'opera di Lonergan. Ciò rende impossibile, nello spazio di un capitolo, offrire una risposta esaustiva. Perciò, saranno analizzati solo degli spunti in ordine ad alcuni elementi, che si ritengono di primo piano nell'attuale movimento di ricerca sulla 'questione formazione'. Dentro ogni singolo spunto si cer­ cherà di considerare, in correlazione alle diverse valenze di ordine 'teoretico', anche possibili valenze in merito all'azione formativa. Tali spunti saranno presentati con l'attenzione di porli in con­ nessione con l'opera di autori o correnti oggi presenti nel mondo pedagogico; una connessione che permetta, brevemente, di attuare un incontro tra il pensiero di Lonergan e vie attuali di ricerca e, in alcuni casi, un confronto che credo si possa chiamare 'virtuoso'. Il confronto vuole essere virtuoso, nel senso che, senza fare un facile sincretismo, e avendo sempre ben presente notevoli differenze antropologiche, gnoseologiche, epistemologiche, si cercherà di cogliere un insieme di stimoli che Lonergan può offrire ad un certo autore (o corrente) e viceversa'. 1 Le questioni, i nodi, gli stimoli che il pensiero di Lonergan offre a diverse vie di ricerca contemporanea non solo sono dedotti da chi scrive, ma sono anche fatti propri, così come

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1. La crisi di crescita della cultura contemporanea, il prima to dell'interiorità, l'auto-appropriazione II primo spunto può essere formulato nel modo seguente: il pen­ siero di Lonergan offre una interpretazione formativa del nostro tempo, nella quale risultano di importanza decisiva l'interiorità del soggetto e il metodo dell'auto-appropriazione. Attraverso la sua opera, egli si presenta di interesse rilevante per le filosofie del soggetto, per le filosofie della mente, per la metacognizione. 1.1. Una lettura dinamica delle culture Come abbiamo già ampiamente descritto nel capitolo 5, Lonergan ritiene che, come la coscienza umana, così le civiltà e le culture2 siano caratterizzate da una dinamica di sviluppo e di crescita, da una dinamica formativa. Come un soggetto si forma quando risignifica il proprio mon­ do, così anche le culture assumono una nuova forma quando modificano i propri significati fondamentali. «La famiglia, lo stato, il diritto, l'economia, non sono entità fisse e immutabili. Si adattano al cambiamento delle circostanze; possono venire ricon­ cepite alla luce di nuove idee; possono subire mutamenti rivolu­ zionari. Inoltre - e questo è ciò che intendo mettere in rilievo tutti questi cambiamenti sono essenzialmente cambiamenti di si­ gnificato: cambiamenti dell'idea o del concetto, del giudizio o della valutazione, della domanda, o dell'ordinazione» 3 • I mutasono assunti, in quanto 'importanti', 'corretti', 'veri', i nodi critici e le carenze della posizione lonerganiana, che possono essere dedotti da questo confronto. In questo modo, questo incontro-confronto permette di tracciare i contorni di una mia personale posizione sul pensiero lonerganiano in rapporto al mondo della pedagogia. Questa posizione, inoltre, sarà ripresa in termini più schematici nella conclusione. 2 Con cultura, evidentemente, si intende ciò che Lonergan chiama nozione empirica di cultura. «La nozione classica di cultura era una nozione normativa: de iure, per lo meno, c'era una sola cultura la quale era universale e perenne; alle sue norme e ai suoi ideali potevano aspirare gli incolti, fossero essi i giovani, o le masse, o i primitivi, o i barbari. Ma oltre la nozione classicista c'è anche la nozione empirica di cultura. È l'insieme dei significati e dei valori che informa un certo stile di vita. Può rimanei:e immutata per secoli. Può trovarsi in un corso di lento sviluppo o di rapida dissoluzione», LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 21. 3 LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 107.

LONERGAN E IL MONDO DELLA PEDAGOGIA

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menti nei significati colti e accettati stanno alla base dei cambia­ menti culturali4 • E così, come nel soggetto la formazione riceve un impulso decisivo nel momento in cui egli si appropria delle diverse opera­ zioni della coscienza e, soprattutto, quando, spinto da una esigen­ za, si appropria di un nuovo modo di applicarle, così le culture vivono dei passaggi decisivi quando sorge e si diffonde un nuovo modo di elaborare il significato. «Se infatti i mutamenti sociali e culturali sono fondamentalmente mutamenti nei significati colti e accettati, il mutamento nel controllo del significato contraddistin­ gue le grandi epoche dell'umanità»5 • Che differenza c'è tra la cultura egizia delle grandi piramidi, la cultura della Grecia di Platone e Aristotele e la cultura della scienza moderna? Per Lonergan vi è, innanzitutto, una differenza nelle tecniche di conoscenza, di elaborazione dei significati. Così come il soggetto, formandosi, scopre che un conto è conoscere e operare dentro il senso comune, altro è conoscere e operare secon­ do l'esigenza sistematica, così anche le culture vanno differen­ ziando, al loro interno, le proprie tecniche di elaborazione del significato. Certo questa differenziazione, come è noto, non è per nulla lineare. Prima è solo qualcuno che si appropria di certe tecniche di elaborazione; esse diventano patrimonio dei più solo attraverso un lungo processo in cui ricopre un ruolo chiave l'educazione. Ma anche nell'attività educativa, quando l'insegnamento comincia a mirare alla trasmissione di nozioni e non è più attento alla com­ prensione dei significati, ci si avvia inesorabilmente all'impoveri­ mento di una data cultura. Così, accanto allo sviluppo delle cultu­ re che si realizzano attraverso un concreto processo di 'bene', c'è la possibilità delle loro deformazioni più o meno vaste 6• 4 Cfr. ibi, p. 108. 5 Ibidem. 6 «Così il bene umano è una storia, un processo cumulativo dove vi è l'avanzamento dell'apprensione e la distorsione e l'aberrazione dovuta al male», LONERGAN, Topics in Education, p. 32. Per Lonergan, il processo delle culture è un processo di sviluppo là dove si realizza il bene. Com'è noto, Lonergan ha una teoria del bene secondo tre livelli che egli, particolarmente in Topics, applica alla dinamica sociale.

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Ma, nonostante il fatto che una cultura viva al suo interno il sorgere, lo svilupparsi, e il declinarsi di significati e nonostante che essa sia sottoposta ai rischi delle varie deformazioni, è possi­ bile, secondo Lonergan, individuare anche nelle culture uno svi­ luppo secondo alcuni stadi ideali. Non interessa qui riprendere le caratteristiche di questi stadi già precedentemente esposte7, quanto piuttosto ribadire una parti� colare interpretazione che, alla luce della teoria degli stadi, Loner­ gan dà della nostra cultura. 1.2. La crisi di crescita La cultura classica ha ceduto il posto alla cultura moderna e, a mio parere, la crisi del nostro tempo è dovuta in non piccola parte al fatto che la cultura moderna non è ancora arrivata alla maturità. La mediazione classica del significato si è dissolta, e tale dissolvimento è stato effettua­ to da tutto un insieme di tecniche nuove e più efficienti; ma la moltepli­ cità e complessità di queste tecniche ci lasciano sconcertati, disorientati, confusi8 .

Lonergan non ha difficoltà a definire il contesto culturale dell'Oc­ cidente contemporaneo con il termine di crisi. Vi è una frattura nei significati condivisi e soprattutto vi è una difficoltà sempre più grande nella possibilità del soggetto di controllare i significati. Così, l'impossibilità di controllare il significato, nello stesso modo con cui si è fatto fino ad ora, determina quella che oggi chiame­ remmo complessità della realtà. In un passaggio di Topics in Education, Lonergan evoca l'interpretazione della complessità: La distruzione della significanza dei gruppi più piccoli rende il sistema sociale qualcosa che l'uomo medio non può comprendere, non può apprendere. Per esempio, nella società feudale, con la sua ovvia gerar­ chia, era sempre possibile sapere chi era responsabile di qualcosa, e così anche chi era responsabile del male. Ma nella rete, altamente intricata, di interdipendenza propria della moderna società commerciale e industria7 Cfr. supra, cap. 5. 8 LoNERGAN, Ragione e fede... , p. 112. I corsivi sono nostri.

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le, l'uomo è confrontato con una grande macchina che egli non com­ prende9 .

La difficoltà nel controllo del significato conduce, inoltre, a situa­ zioni contraddittorie. Da una parte, si assiste alla diminuzione del coinvolgimento delle persone nel controllo della loro stessa vita. Lo stesso sistema economico spersonalizza 'l'uomo medio'. «Gli uomini più vecchi appartenevano a un tempo differente, quando esistevano per gli individui opportunità che non esistevano oggi. I supermarket hanno spinto fuori le drogherie all'angolo della stra­ da, e così via. Voi dovete essere nei grandi affari (in big business) per essere in affari, e nei grandi affari voi non avete niente da dire» 10 . Dall'altra parte, il fatto che ormai la cultura si limiti a 'capire' il significato ma non a 'giudicarlo', lascia l'individuo in situazio­ ne di responsabilità 'disperata'. «Giudicare e decidere sono invece lasciati all'individuo; e questi trova la sua situazione disperata. C'è troppo da imparare prima di poter incominciare a giudicare. E tuttavia l'individuo deve giudicare e decidere, se vuole esistere, se vuole essere uomo» 11 . Crisi dunque, cioè frattura, rottura di un sistema di elaborazio­ ne e controllo di significati. Ma questa è una 'crisi di crescita', perché la cultura moderna non è ancora giunta alla maturità del1'ambito dell'interiorità. Qui Lonergan esce dalle righe di una lettura abbastanza frequente per cui il mondo potrebbe risolvere le difficoltà tornando ad un insieme di significati determinati e ad un determinato controllo di essi. Non si tratta di tornare indietro 12, né di affidare il proprio decidere a qualcuno. Si tratta piuttosto di 9 LoNERGAN,

IO /bi, p. 61.

Topics in Education, p. 44.

Ragione e fede... , p. 121. «Vi è l'arcaismo: la gente predica il ritorno delle antiche virtù, ma le antiche virtù non sono più rilevanti nella situazione attuale; esse erano virtù un tempo, ma non sono ciò di cui si ha bisogno ora», ibidem. Qui Lonergan non intende cancellare il valore delle virtù (altrove Lonergan scrive: «la cultura classica non può essere gettata a mare»), ma sottolineare come un richiamo astorico ad esse sia inefficace. Solo una comprensione insieme trascendentale e storica della coscienza può permettere un discorso etico. 11 LoNERGAN, 12

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A

portare a maturazione la differenziazione secondo l'ambito del1'interiorità. Le difficoltà dell'oggi certo hanno a che fare, come sempre, con il male e con la mancanza di conversioni intellettuali morali e religiose, ma insieme sono dovute al sorgere di un nuov� controllo del significato la cui appropriazione è solo iniziata. Dalla centralità di un pensiero sistematico 'metafisico' ad un pensiero sistematico proprio della scienza moderna, la cultura occidentale si sta avviando alla centralità di un «pensiero sistema­ tico trascendentale» 1 3 caratterizzato dall'analisi dell'intenzionalità e dalla connessa appropriazione del modo di operare secondo l'ambito dell'interiorità. Se certamente andrebbe sottoposta ad un attento sguardo criti­ co l'analisi dello sviluppo delle culture che Lonergan fa 14, ci sembra che l'elemento del sorgere dell'ambito dell'interiorità, come nuovo modo di controllo del significato, presenti una forza euristica di grande interesse. Il nuovo sviluppo delle scienze della cognizione e delle filosofie della mente può essere letto come un segno tangibile di questo interesse verso i processi del soggetto non più solamente studiati secondo un ambito di teoria, ma piutto­ sto dentro un ambito di interiorità. Ma l'ipotesi che Lonergan fa rispetto alla maturità non ancora completa della cultura dell'inte­ riorità, vale anche per questi sistemi di pensiero. Con Lonergan si potrebbe dire che il travaglio attuale delle scienze cognitive e delle filosofie della mente (ma anche di tutta l'antropologia) è di essere tra un pensare 'teorico' non più sufficiente ed un pensiero legato all'interiorità non ancora maturo. 1.3. La centralità dell'interiorità Nell'ambito dell'interiorità, l'attenzione principale è rivolta ai propri processi di elaborazione di significato, alla loro struttura e differenziazione. Non si tratta più di appropriarsi soltanto dell'in­ sieme di intellezioni proprie di un dato posto e del carattere Ragione e fede ... , p. 35. 14 Occorrerebbe riprendere in mano tutte le opere di Lonergan ed evidenziare anche su questo argomento il passaggio da un certo intellettualismo ad un'articolazione più com­ plessa del pensiero. 13 LoNERGAN,

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funzionale delle operazioni della coscienza, e neppure si tratta di appropriarsi della capacità di cogliere, nella realtà, delle strutture e delle regole, ma piuttosto di appropriarsi sempre più dell'insie­ me delle 'operazioni', della propria struttura trascendentale, della propria storicità, della propria differenziazione. «Mentre il pas­ saggio dal senso comune alla teoria ci fa entrare in entità di cui non abbiamo esperienza diretta, il passaggio dal senso comune e dalla teoria all'interiorità ci fa avanzare dalla coscienza di noi stessi alla conoscenza di noi stessi» 15 . La complessità nella elaborazione e nel controllo dei significa­ ti, originatasi dalla maturazione del pensiero classico e moderno e dal sorgere del terzo stadio, richiede dunque un investimento della società nel promuovere l'appropriazione di sé. Questa è la nuova urgenza, per Lonergan, dell'azione formativa: rendere le persone sempre più capaci di fare attenzione, comprendere, giudicare e scegliere le proprie operazioni coscienziali, favorire una differen­ ziazione della coscienza dove il soggetto «mette in rapporto i suoi diversi procedimenti con gli ambiti diversi» e «mette in rapporto i diversi ambiti tra di loro, e passa consapevolmente da un ambito all'altro cambiando consapevolmente i procedimenti» 16• E l'urgenza di promuovere coscienze differenziate è rafforzata, secondo Lonergan, dalla realtà dello sviluppo dei mass-media e dalla loro capacità di una 'istruzione' universale. «Nel terzo stadio il significato non solo si differenzia negli ambiti del senso comu­ ne, della teoria, dell'interiorità, ma acquista anche l'immediatezza universale dei mass-media e il potere di modellamento di un'istru­ zione universale. Mai è stato così difficile arrivare a una coscienza adeguatamente differenziata. Mai è stato così grande il bisogno di parlare in maniera efficace alla coscienza indifferenziata» 17 • 1.4. Formazione ed interiorità: auto-appropriazione Lo sviluppo della cultura, almeno quella occidentale, richiede così una focalizzazione nuova nel comprendere la formazione dell'uo15 16 17

LONERGAN,

/bi, p. 104. /bi, p. 119.

Il metodo in teologia, p. 276.

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mo e la sua promozione. La 'questione formazione', se mbra dire Lonergan, richiede che si metta al centro dell'attenzione il sogget­ to e l'interiorità del soggetto. Solo partendo dalle operazioni della coscienza si potrà rendere ragione della complessità dei processi formativi, e solo promuovendo l' 'appropriazione' della coscienza si può rendere capaci le persone di vivere il proprio tempo. La formazione nella sua tensione all'autenticità tende all'appropria­ zione di sé e compie dei passaggi decisivi quando questa appro­ priazione comincia a realizzarsi. Non si tratta allora semplicemen­ te di trasmettere una cultura, o insegnare dei procedimenti logici, non si tratta solo di definire e comprendere dei processi cognitivi, ma si tratta di 'conoscere se stessi', si tratta di auto-appropriarsi. E l'auto-appropriazione è una intensificazione della coscienza, quindi una intensificazione della presenza a sé. Intensificazione che non è gettare lo sguardo, ma neppure soltanto comprendere i propri processi. Per Lonergan significa applicare le operazioni in quanto intenzionali alle operazioni in quanto consce. Si tratta di sperimentare, comprendere, ma anche giudicare e decidere il pro­ prio sperimentare, comprendere, giudicare, decidere 18 • Non bisogna semplicemente 'capire' i nostri processi, ma in­ tensificare la presenza a sé nella sua unità e pluralità; la formazio­ ne è assunta dal soggetto in maniera crescente (si potrebbe dire si fa auto-formazione) nella misura in cui questo avviene. 1.5. Lonergan, filosofie della mente, metacognizione Appare chiaro come una attenzione ai processi del soggetto, e un particolare modo di attenzione ad esse, metta Lonergan in contat­ to, e in confronto, con diverse prospettive contemporanee. a) Nel rifiuto di una comprensione teorica e funzionale del mondo senza prendere in considerazione il soggetto e i suoi pro­ cessi, Lonergan si pone in sintonia con le prospettive fenomenolo­ giche ed esistenzialiste. Nelle sue nozioni però di conoscenza, di struttura coscienziale, di essere, si radicano anche profonde diffe­ renze. Si può, comunque, costituire un confronto virtuoso (che Lonergan da parte sua aveva già cominciato ad attuare) tra le 18

/bi, p. 37.

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sollecitazioni che le prospettive fenomenologiche ed esistenziali danno alla prospettiva lonerganiana riguardo al 'mondo della vi­ ta', all' 'essere-nel-mondo' e il richiamo che Lonergan fa circa il non confondere il conoscere con il vedere e il considerare seria­ mente la tensione auto-trascendente dell'uomo. b) Nel rifiuto dell'interiorità a introspezione (intesa nel senso di 'vedere' se stesso) o a 'comprensione teoretica' di sé, Lonergan presenta chiari punti di contatto con alcune posizioni di filosofia della mente di stampo 'fenomenologico', intendendo questo ter­ mine, in senso molto largo, come rifiuto di una oggettivazione della mente e attenzione all'esperienza interiore del soggetto e al mondo della vita. A questa prospettiva fenomenologica, riveduta però in connes­ sione con alcuni studi neuro-cerebrali e di ricerca sperimentale sulle operazioni cognitive e, in particolare, con la concezione e la pratica della tradizione buddista si richiama anche la comprensio­ ne enattiva della mente e il metodo dell'aumento di consapevolez­ za e di presenza 19. Questa visione, per la sua descrizione articolata delle operazioni conoscitive, il suo afflato insieme scientifico, esperienziale, etico (e religioso), la sua tensione a proporre una «via di mezzo» tra realismo ingenuo ed idealismo, la sua conside­ razione della inseparabilità tra soggetto ed oggetto, si presenta come un quadro di notevole suggestione e di forte interesse euri­ stico. Tale quadro rappresenta esemplarmente la ricerca di un pensie­ ro sistematico proprio dell'interiorità dentro il nuovo clima cultu­ rale; ne rappresenta fortemente gli aspetti di forza (l'attenzione ai processi, al contesto di vita, alla dimensione biologica, neurologi­ ca, al senso comune, alla pluralità della mente, alla ricerca di una via di uscita dalle aporie di una conoscenza come rappresentazio­ ne), così come ne rappresenta gli aspetti, a mio parere, problema­ tici20 • 19 Cfr. F.J. VARELA - E. THOMPSON - E. RoscH, The embodied Mimi. Cognitive Science ami Human Experience, Massachusetts lnstitute of Technology, 1991, ed. it. La via di me-a.o della conoscenza. Le scienze cognitive alla prova dell'esperienza, Feltrinelli, Milano 1992. 20 A mio parere sono particolarmente problematici: il rischio di una svalutazione incondi­ zionata della ragione; il rischio di uno scivolamento continuo tra ontologico e psicologico

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Rispetto a questa visione, la posizione lonerganiana presenta differenze notevoli. Vi è una radicale diversità nella teoria della conoscenza (che vedremo anche tra poco parlando di Bruner) e di conseguenza nella epistemologia e nella 'metafisica'. Vi è una notevole differenza nella nozione di presenza e nella nozione di sé. Nonostante questo, però, proprio in forza - da parte di Loner­ gan - di un'analisi che parte dall'attenzione del soggetto ai suoi processi, e - da parte della comprensione enattiva - di una ricerca che sia via di mezzo tra soggettivismo e oggettivismo, è auspica­ bile un incontro-confronto che sarebbe estremamente dialettico (anche per la pre-comprensione antropologico-religiosa che le sottende) tra le due visioni, ma certamente utile per entrambi. Come ipotesi di lavoro (perché un'affermazione 'certa' richie­ derebbe ben più studio e competenza), si può ritenere che un incontro permetterebbe alle due posizioni di arricchire reciproca­ mente la propria descrizione delle operazioni della coscienza. Inoltre, nell'ottica di un confronto virtuoso, si può ritenere che la comprensione enattiva della mente rappresenti un invito alla pro­ spettiva lonerganiana per l'approfondimento della dfmensione percettiva e corporea della coscienza e per una più accurata nozio­ ne di sé. Dall'altro lato, l'opera di Lonergan richiama la prospetti­ va dell' enazione ad una costante attenzione alle operazioni co­ scienziali del giudizio e della scelta; alla seria considerazione delle domande trascendentali del soggetto. c) Nell'attenzione primaria ai processi, Lonergan si pone in stretto rapporto con l'attuale curvatura di molti studi formativi focalizzati principalmente sulla metacognizione, sull'apprendere ad apprendere, sulla loro ricaduta nel campo professionale2 1 e scolastico22 . Rispetto a questi studi, Lonergan può offrire un con­ tributo di notevole interesse soprattutto in quattro direzioni: senza chiarirne la diversità di portata; la dimenticanza di diversi problemi di fondamento attraverso l'assunzione fondante che non c'è fondamento. 21 Per un'analisi della questione dell'apprendere ad apprendere e alcune sue applicazioni all'ambito lavorativo cfr. L. AMOVILLI, Imparare ad imparare, «Psicologia e lavoro», 1990, 70, pp. 13-27. 22 Per un'analisi dell'imparare ad imparare nell'apprendimento scolastico cfr. P. PLESSI, Insegnare a studiare, De Agostini, Novara 1996.

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- in una considerazione della conoscenza dentro una più vasta vita coscienziale; - in un arricchimento nella descrizione delle operazioni della conoscenza e della vita coscienziale tout court; - nella proposta di un metodo metacognitivo (l'auto-appropria­ zione) che non riguarda solo il capire, ma le operazioni della coscienza nell'insieme dei suoi livelli: sperimentare, capire, giudicare, scegliere. - nella proposta di un metodo metacognitivo che investe concre­ tamente i diversi modi di operare secondo ambiti di significato diverso. Certo, in quest'appropriazione della vita coscienziale rimango­ no al margine, nell'opera di Lonergan, i processi affettivi. Ne è testimonianza il fatto che i già citati Angers e Bouchard, parlando di due tipi di appropriazione affettiva e cognitiva, pongono come autore di riferimento, per la prima, Rogers e, per la seconda, Lonergan. Comunque, con la sua analitica descrizione dei processi co­ scienziali e della loro differenziazione, Lonergan invita il pensiero pedagogico contemporaneo a non considerare isolatamente l'at­ tenzione ai processi cognitivi. I processi e gli oggetti non sono separabili; perciò una teoria dei processi di apprendimento va correlata con una teoria degli ambiti di significato in cui i processi si attuano. Una conoscenza è inseparabile dalla vita della coscien­ za nel suo insieme, così una teoria dell'apprendimento va inter­ connessa con una teoria della coscienza e della sua formazione. In merito al rapporto tra questo primo spunto e l'azione formativa, si può osservare come la centralità dell'interiorità comporta, in­ nanzitutto, l'attenzione, la comprensione, la tematizzazione, da parte di chi opera nella 'formazione', della dinamica coscienziale e della sua differenziazione. Pensare la formazione e pensare alla formazione richiede un pensiero sulla coscienza (la mente), sulle sue 'strutture' e sulle sue dinamiche di formazione. È questa la sollecitazionefondamentale di tutta l'opera lonerganiana. Ed essa, anche se posta all'interno di questo paragrafo, va considerata valida in connessione a tutti gli altri spunti.

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ciENZA

Inoltre, la centralità del soggetto si esplica con la proposta d 1 metodo dell'auto-appropriazione di cui si è già ampiamente parl=­ to. Esso rappresenta il lato 'operativo' della sollecitazione fonda­ mentale. Rispetto all'applicazione di questo metodo soprattutto in ambi­ to scolastico e in particolar modo nella formazione degli inse­ gnanti, il lavoro di Angers e Bouchard23 rappresenta un primo e importante tentativo di attuazione. Inoltre, sempre nel campo sco­ lastico24, il metodo dell'auto-appropriazione è oggetto di indagine e di applicazione, rispetto all'organizzazione delle aree disciplina­ ri, da parte della C.M. Sersale25 • 2. Formazione, coscienza unitaria e coscienza polimorfa Il secondo spunto può essere così formulato: la posizione lonerga­ niana può contribuire ad arricchire l'analisi del processo formati­ vo come processo segnato intrinsecamente dalla unità e dalla pluralità della coscienza. Dalla prospettiva di questo fattore, Lo­ nergan si presenta come un autore di grande interesse per gli studi sulla pluralità della mente. Per introdurre questo spunto può essere utile richiamare uno scritto di D. Demetrio. Nel volume Per una didattica dell'intelli­ genza26 propone un modello cognitivo in cui l'intelligenza del­ l'uomo (intesa qui come attività della mente) appare contrasse­ gnata da quattro domini prevalenti, ognuno dei quali è caratteriz­ zato da delle peculiari modalità di pensiero. Il modello prevede: Il lavoro consta fino ad oggi di 8 volumi: La mise en oeuvre du projet d'intégration (1984); L'intuition dans l'apprentissage (1985); De l'expérience à l'intuition (1985); L'appropriation de soi (1986) (è per ora l'unico volume tradotto in italiano con il titolo L'auto-appropriazione); Le développement de la personne (1986); Le jugement, les valeurs et l'action (1990); L'animation de la vie de classe (1993); La genèse d'une recerche sur l'art d'apprendre (1995). 24 In Italia, il lavoro lonerganiano di Angers e Bouchard è preso inoltre in considerazione, per ora solo come modello teorico applicabile all'attività di studio, da PLESSI, Insegnare a studiare. 25 Cfr. SERSALE, Il metodo in teologiafondazionale... , in CASOLI, L'italiano. 26 DEMETRIO, Per una didattica dell'intelligenza. 23

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- un dominio autocognitivo, caratterizzato dal pensiero retrospet­ tivo, introspettivo, finzionale; - un dominio eterocognitivo, caratterizzato dal pensiero costrutti­ vo, proiettivo, critico; - un dominio estatico, caratterizzato dal pensiero sospensivo, magico, sognante; - un dominio interpretativo, caratterizzato dal pensiero metafori­ co, mitico, categorizzante 27• Accanto a questi quattro domini, la mente è caratterizzata anche da un potere metacognitivo: «la facoltà di poter descrivere il lavoro della mente rispetto a singoli domini e modalità» 28 . Se però il potere metacognitivo descrive il lavoro della mente, vi è un altro tipo di pensiero, non trattato nelle stesse pagine, ma costan­ temente tematizzato dalle ultime opere di Demetrio, che svolge una funzione organizzatrice esistenziale: il pensiero narrativo 29• Abbiamo preso il modello di Demetrio come esempio di una prospettiva di ricerca che invita a pensare la mente dell'uomo e la formazione stessa del soggetto con i caratteri della pluralità. Un invito analogo, sebbene inserito in un quadro generale molto differente, viene dall'opera di Lonergan. La vita coscienziale e la formazione del soggetto sono segnate da un processo insieme unitario e polimorfo. Ma che caratteri ha questa pluralità? Inoltre, possiamo vedere dei rapporti tra il modello della coscienza di Lonergan e le attuali posizioni di Gardner e Bruner? A queste domande è dedicato il paragrafo. 2.1. Unità e pluralità Per Lonergan, il formarsi dell'uomo si attua in una logica che è insieme di unità e di pluralità. Unità e pluralità sono strettamente unite: l'unità della coscienza porta già in sé la pluralità, e la pluralità richiama una unità. Non c'è o soltanto il sé 'monolitico' oppure soltanto il sé plurimo; vi è innanzitutto (in senso esperien21 Ibidem. !bi, p. 28.

28 29

Il pensiero narrativo sarà ripreso tra poco quando si parlerà di Bruner.

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ziale, non ontologico) la coscienza del soggetto che, insieme sperimenta unità e pluralità. In quanto all'unità, possiamo distinguere tra l'unità trascen­ dentale (definita teoricamente) e quella concreta (vissuta). L'unità trascendentale è data principalmente dalla struttura trascendentale, aperta, interrogante, autotrascendente, della co­ scienza, e dalla dinamica circolare di esperienza, intellezione giudizio, decisione, azione. L'uomo, in qualunque tempo e spazio: è caratterizzato da una struttura bio-fisica, da una spinta conosci­ tiva, da una spinta affettiva e da un flusso di presenza a sé che passa dal livello empirico al livello intelligente, al livello raziona­ le, al livello responsabile, in una tensione ad essere autenticamen­ te se stesso. Questa struttura sta alla base del processo di significa­ zione e risignificazione di sé; sostiene il processo formativo30 • Ma, per Lonergan, l'unità, prima di essere tematizzata, è speri­ mentata nella concretezza dei propri atti. L'unità concreta è data dal flusso della coscienza attraverso il quale il soggetto, sebbene in qualità diverse, è presente a sé come 'presente'. Come abbiamo già avuto modo di ricordare: «La coscienza - nota Lonergan - è molto più chiaramente coscienza dell'unità nei diversi atti che non degli atti in quanto diversi. Infatti è all'interno dell'unità che gli atti vengono scoperti e distinti, ed è all'unità che noi ci riferiamo quando parliamo di un unico campo di coscienza» 31 • E ancora in Insight scrive: «Non soltanto c'è unità da parte del soggetto, in quanto ciò che è sperimentato è anche inteso, e l'inteso è anche affermato; ma è necessaria una precedente unità da parte del soggetto, in quanto l'uno che indaga e intende deve identificarsi con l'uno che fa esperienza, e l'uno che riflette e coglie l'incondi­ zionato deve identificarsi con l'uno che fa esperienza e insieme intende» 32• 3° Credo sia importante, a scanso di equivoci, ribadire che l'autenticazione di sé è per Lonergan, che è teologo cattolico, inseparabile dalla conoscenza della relazione di amore che fonda la vita. Così la forma dell'uomo non è solipsistica, ma connaturalmente fondata su una relazione. Ciò significa che è semplicistico legare alle posizioni realiste una nozione di sé solipsistico come a volte si tende fare. 31 l..oNERGAN, L'intelligenza, p. 325. 32 lbi, pp. 563-564.

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L'unità della coscienza in quanto storica e concreta si presenta però mutevole, dinamica. La coscienza di un soggetto, a seconda delle situazioni, dell'età, della storia, può avere una caratterizza­ zione dominante. Può essere guidata dal pensiero proprio del senso comune, o dal pensiero sistematico, o dal pensiero critico e dal conseguente pensiero sistematico trascendentale, e così via. Così il tema dell'unità della vita coscienziale rivela una intrinseca pluralità della coscienza. E in merito alla pluralità, Lonergan mette in luce diversi tipi di pluralità. Principalmente: una pluralità delle operazioni: vedere, udire, toccare, odorare, gustare, provare sentimenti, immaginare, parlare, muoversi, in­ dagare, capire, concepire, formulare, riflettere, individuare e disporre in ordine l'evidenza, emettere giudizi, deliberare, deci­ dere, eseguire, (amare e credere); una pluralità dei livelli di coscienza: empirica, intelligente, razionale, responsabile, innamorata; una pluralità dei tipi di esperienza in cui le operazioni della coscienza si verificano: biologico, estetico, intellettuale, dram­ matico, pratico, religioso; una pluralità delle esigenze del soggetto: ordinaria, sistematica, critica, religiosa, letteraria, artistica; una pluralità degli ambiti di significato33 : senso comune, teoria, interiorità, trascendenza, arte, scholarship. E in essa una plura­ lità del senso comune in quanto legato ad una situazione parti­ colare; una pluralità di conversiom'34 : intellettuale, morale, religiosa.

33 Nel presente lavoro, come ho già avuto modo di far presente, ho trovato molto problematico tematizzare una distinzione netta tra tipi di esperienza ed ambiti di signifi­ cato. Per questo, nel tracciare le figure fondamentali della coscienza (cfr. infra), ho preferito differenziare la coscienza secondo gli ambiti e non i tipi, così come, in modo prevalente, fa Lonergan stesso in Method. In questa scelta c'è la consapevolezza di operare una limitazione. Ma questa azione è sostenuta da una convinzione, fondata, che una tematizzazione più chiara della differenza tra tipo e ambito non falsificherebbe, bensì arricchirebbe, le figure proposte. 34 Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 344, dove Lonergan parla di tre fonti di pluralismo.

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2.2. Note sulle pluralità Rispetto a queste pluralità, è necessario fare alcune precisazioni3 s_ La pluralità delle operazioni e dei livelli di coscienza si compie, generalmente, secondo Lonergan (che qui risente dell'influsso di Piaget), nei primi quindici anni di vita. La comparsa di una opera­ zione e di un livello, però, non elimina ma integra le precedenti operazioni e il soggetto non sostituisce un livello all'altro, ma, piuttosto, diventa capace di passare da uno all'altro. Non c'è un soggetto che è solo empirico, o solo intelligente, o solo razionale, o solo responsabile, ma nel corso della sua giornata passerà più volte da una presenza a sé empirica ad una responsabile, e così via; il tutto, però, dentro un orizzonte di vita dove il livello responsabile dovrebbe assumere sempre di più il ruolo di guida. Inoltre, la pluralità delle operazioni può essere più o meno eserci­ tata. Accanto al responsabile vi è, così, l'irresponsabile; accanto a colui che esercita il giudizio, vi è lo sciocco; accanto alla com­ prensione, vi è l'ottusità e l'arroganza36 ; accanto all'esperienza, l'inesperienza. La pluralità delle operazioni e dei livelli costituiscono un insie­ me dinamico che possiamo chiamare la prima figura fondamenta­ le della coscienza del soggetto e della sua formazione. Questa 'figura' può essere esemplificata con un grafico (cfr. figura 4) che mette in evidenza il carattere complesso del soggetto e della sua dinamica coscienziale. Ma la prima figura fondamentale non basta. L'uomo concreta­ mente sperimenta, seleziona, comprende, giudica, decide, agisce dentro un'esigenza ordinaria o dentro un'esigenza sistematica, critica, religiosa. O, ancora più quotidianamente, dentro un intrec­ ciarsi continuo di queste esigenze e i rispettivi ambiti. Inoltre, queste esigenze possono essere più o meno presenti al soggetto, così come possono essere più o meno attuate le conversioni. La pluralità delle esigenze e degli ambiti non si realizza allo stesso modo. Vi possono essere persone in cui domina l'esigenza ordina­ ria e in cui le altre esigenze fanno, a volte, semplicemente capoli35

36

Cfr. anche supra, ultimo paragrafo del cap. 5. Cfr. LoNERGAN, Ragione e fede..., pp. 80-81.

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no. Vi possono essere persone in cui, accanto all'esigenza ordina­ ria, che non è mai eliminabile, compaiono, in forme diverse, le altre esigenze e quindi la capacità di comprendere ed elaborare significati nella teoria, nella religione, nell'arte, nella filosofia. Le combinazioni potrebbero essere molte e solo a livello di tipi ideali Lonergan ne conta trentund7 • Figura 4 - La prima figura fondamentale soggetto razionale GIUDICARE

«è veramente i::osì?»

«cosa debbo fare?»

1---- COMPRENDERE soggetto intelligente

DECIDERE soggetto esistenziale

che cosa? perché? come?

ordinario

SPERIMENTARE soggetto esperienziale

37

Cfr. LoNERGAN, Il metodo in teologia, p. 290.

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A

Così gli altri tipi di pluralità (delle esigenze, degli ambiti38, delle conversioni) arricchiscono la prima figura fondamentale della coscienza dando origine ad una seconda figura fondamentale. In questa seconda figura vi è un dinamismo coscienziale che presen­ ta una pluralità di attuazioni in rapporto alle esigenze e ai conse­ guenti ambiti. Rispetto ad ogni ambito possiamo definire un parti­ colare tipo di coscienza: ordinaria; artistica; teoretica; critica· storico-letteraria; religiosa. Questa pluralità di attuazioni comporta perciò, nella vita del soggetto, la differenziazione della propria coscienza, del proprio orizzonte di vita. Il pro..:esso formativo si attua dentro questo dinamismo di differenziazione. La comparsa e poi il primato di uno degli ambiti di significato e dei tipi di coscienza dà origine a diverse forme coscienziali. Limitandoci alla pluralità degli ambiti e delle esigenze, possia­ mo rappresentare questa seconda figura fondamentale con la figu­ ra 5. Tutte queste riflessioni sulla pluralità portano ad una dato significativo: per Lonergan, il soggetto umano è caratterizzato da una molteplicità di modi di essere presenti a sé e di intenzionare il mondo, ossia di elaborare e controllare il significato. Il processo formativo, nella pluralità dei suoi elementi, concorre alla differen­ ziazione di questi modi, così come ne è, a sua volta, determinato. Infatti la forma attuale di un soggetto dipende strettamente dal modo di elaborare i significati. Dentro il dinamismo autotrascen­ dente, tuttavia, la coscienza del soggetto tende ad una coscienza differenziata, plurale ed unitaria. Plurale in quanto caratterizzata da molteplici modi di elaborare il significato, unitaria in quanto conosce la sua pluralità ed è capace di gestirla. Quali suggestioni e riflessioni suscita questa concezione della pluralità della coscienza in rapporto ad alcune posizioni contem­ poranee in materia? Nel tentativo non di chiudere, ma di aprire un confronto, si deve accennare alle ricerche di Gardner, di Bruner39 • 38

Cfr. supra, nota 25.

Un confronto approfondito tra la posizione di Lonergan e queste posizioni richiedereb­ be, in realtà, uno studio molto approfondito che distinguesse il contesto degli autori, il loro

39

Figura 5 - La seconda figura fondamentale Cl ►

z

tr1

P coscienza storico-letteraria

?::

o z

coscienza teoretica coscienza critica

coscienza artistica ambito

scholarship

ambito arte

\

esigenza storico­ letteraria

coscienza ordinaria

ambito senso comune

ambito teoria

I

...,_

o o o tr1

r r ► -e tT1

o

► Cl

o

ambito interiorità

Cl

/ -..

ambito «trascendenza»

coscienza religiosa

o (.;J

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dinamica coscienziale

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A

2.3. Le intelligenze multiple di Gardner Nel contesto americano, ma non solo, risulta molto diffusa la concezione secondo la quale l'intelligenza è intesa in una prospet­ tiva logico-formale e, in definitiva, come ciò che si misura con i test. Per l'autore statunitense H. Gardner questa concezione è riduttiva40 e mette in moto processi educativi selettivi e riduttivisti. Essa non riesce a rendere ragione di tutte le modalità con cui gli uomini affrontano la realtà. Gardner propone, perciò, un'altra concezione dell'intelligenza che, seppure sia possibile tematizzar­ la in una descrizione generale, è in sé realizzabile in modi diversi e si presenta dunque plurale. Questa prospettiva prende il nome di teoria delle intelligenze multiple. «La teoria delle intelligenze multiple, d'altro canto, pluralizza il concetto tradizionale di intel­ ligenza. L'intelligenza comporta la capacità di risolvere problemi o di creare prodotti che di conseguenza vengono a trovarsi in un particolare ambiente- o comunità- culturale»41 . Dunque se in termini generali l'intelligenza è definibile come «l'attitudine o l'insieme di attitudini che permette all'individuo di risolvere dei problemi e di modellare dei 'prodotti' validi in uno o pìù contesti culturali» 42, in realtà essa si manifesta attraverso una pluralità di forme in quanto diversi sono le attitudini, i «talenti» 43, con cui un soggetto può individuare e risolvere i problemi. interesse, i loro referenti, la valenza delle nozioni. Questo non è stato possibile farlo nella presente ricerca. Ciò che quindi seguirà è soltanto l'evocazione di un insieme di elementi iniziali di confronto, una sorta di appunti su cui lavorare. 40 Secondo Gardner, la posizione divulgata dai test di intelligenza si basa su una visione monista dell'intelligenza, generalmente riconducibile ad una concezione logico-formale. «Secondo questa concezione I' 'intelligenza' è una singola facoltà che viene esercitata in ogni situazione che comporti la risoluzione di problemi[ ...]. Secondo tale punto di vista, I' 'intelligenza' è una capacità generale riscontrabile in varia misura in tutti gli individui e che rappresenta la chiave del successo nella risoluzione di problemi. Tale capacità può essere misurata in modo attendibile con test standardizzati, eseguiti a tavolino con carta e matita, i cui risultati predicono a loro volta il. futuro successo scolastico», H. GARDNER, Intelligenze multiple, Anabasi, Milano 1994, p. 21. 41 /bi, p. 23. 42 M.L. KoRNHABER - H. GARDNER, Réflexion critique et formes multiples de l 'intelligence, in Documents OCDE, Apprendre à penser, penser pour apprendre, Paris 1993, p. 193. 43 «Se volete, potete chiamarle tutte 'talenti'; oppure tutte 'intelligenze'», GARDNER, In­ telligenze multiple, p. 49.

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Partendo dall'analisi di «un ampia gamma di fonti empiri­ che»44 , Gardner ha individuato sette forme principali di intelligen­ za, che - come precisa l'autore - non vogliono essere un elenco completo, ma un «tentativo preliminare»45 di organizzare i dati delle fonti. L'individuazione di queste intelligenze è avvenuta secondo diversi criteri46 dei quali, il principale risulta l'esistenza di particolari problemi e prodotti a cui è collegabile una particola­ re intelligenza. Le intelligenze individuate sono: a) L'intelligenza musicale È quella che «grazie ai suoi componenti di base che sono il tono, il ritmo e il timbro, permette all'individuo di comprendere l'organizzazione del suono e trarne un senso» 47• b) L'intelligenza corporeo cinestetica «È l'attitudine a risolvere i problemi o a fabbricare degli ogget­ ti utilizzando tutto il proprio corpo o una parte»48 . c) L'intelligenza logico-matematica È l'attitudine a calcolare, a dedurre, a formalizzare. Rispetto a questa forma di intelligenza, Gardner tiene un atteggiamento pro­ blematico. Da una parte ne ribadisce sempre la parzialità, ma dall'altra ne coglie il carattere di «archetipo dell'intelligenza grez­ za»49

/bi, p. 92. /bi, p. 13. 4 6 Questa individuazione si è fondata su una serie di criteri. Principalmente: - l'esistenza di particolari problemi e prodotti a cui è collegabile una intelligenza; - l'esistenza di una base biologica-neurologica; - la possibilità dell'attitudine ad essere codificata in un sistema simbolico; - la sua utilizzazione in più sistemi culturali; - la possibilità di descriverne un percorso evolutivo; - la sua presenza in popolazioni speciali come gli idiots savants, o i bambini prodigio. Cfr. ibi, pp. 23-24, 48-80. Cfr. KoRNHABER - GARDNER, Réjlexion critique... , in Documents OCDE,Apprendreàpenser... , p. 193. 47 KoRNHABER - GARDNER, Réflexion critique ... , in Documents OCDE, Apprendre à pen­ ser... , p. 194. 48 /bi, p. 195. 49 GARDNER, Intelligenze multiple, p. 29. 44

45

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d) L'intelligenza linguistica Riguarda l'attitudine all'uso del linguaggio nelle sue compo­ nenti semantiche, fonologiche, sintattiche e pragmatiche50 • e) L'intelligenza spaziale Le operazioni fondamentali dell'intelligenza spaziale compor­ tano la percezione esatta delle forme e dell'oggetto, la possibilità di ricrearle senza riferirsi agli stimoli fisici corrispondenti e la capa­ cità di manipolarle, o modificare queste immagini nello spazio51 . f) L'intelligenza interpersonale Questa intelligenza «opera sulla capacità fondamentale di no­ tare le diversità fra le altre persone, e in particolare di notare contrasti nei loro umori, temperamenti, motivazioni, e intenzioni. In forma più avanzata, questa intelligenza mette un adulto capace in condizioni di leggere intenzioni e desideri altrui, sebbene na­ scosti»52 . g) L'intelligenza intrapersonale Riguarda: «la conoscenza degli aspetti interiori della propria persona: l'accesso alla sfera dei propri sentimenti, alla gamma delle proprie emozioni; la capacità di distinguere queste emozioni e classificarle e infine di attingere ad esse come mezzi per com­ prendere e guidare il proprio comportamento»53• Oltre a questo carattere plurale, l'intelligenza umana ha, secondo Gardner un carattere contestuale e distribuito. Contestuale in quanto «l'intelligenza o le intelligenze sono sempre il risultato di una interazione fra inclinazioni biologiche da una parte, e le opportunità di apprendimento esistenti in una cultura dall'altra» 54. Distribuito in quanto «viene riconosciuto che gli esseri umani produttivi lavorano da soli, semplicemente usando la propria men­ te solo raramente ammesso e non concesso che ciò avvenga mai» 55 . ° Cfr. KoRNHABER - GARDNER, Réjlexion critique... , in Documents OCDE, Apprendre à penser... , pp. 192-193. 51 Cfr. ibi, p. 195. 52 GARDNER, Intelligenze multiple, p. 29. 53 /bi, p. 35. 54 /bi, p. 96. 55 /bi, p. 98. 5

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Possiamo vedere, anche in base ad un confronto meramente sommario come è questo, due punti focali di contatto e numerose differenze tra Gardner e Lonergan. Il primo punto focale di contatto sta nella convinzione del carattere complesso della conoscenza umana. Il secondo punto di contatto sta nella convinzione che non vi sia un unico modo di essere intelligenti. Così, come per Gardner vi è un modo musicale, corporeo cinestetico, logico-matematico, linguistico, spaziale, in­ terpersonale e intrapersonale di risolvere i problemi, per Lonergan vi è un modo di essere intelligente diverso in relazione all'ambito ordinario, artistico, letterario, religioso, teorico e filosofico (nel senso dell'interiorità). Secondo Lonergan, esso è diverso non nel­ la sua 'natura' di intelligenza (ma anche per Gardner l'intelligenza è sempre una questione di risolvere problemi), ma in quanto coglie relazioni qualitativamente differenti comportando nel sog­ getto differenti tipi di presenza a sé. Le differenze, però, tra i due autori, sono numerose e si fondo­ no su prospettive filosofiche e di ricerca molto diverse. Ne richia­ miamo alcune. Gardner sembra muoversi in un'ottica di ricerca empirica, do­ ve le stesse nozioni utilizzate appaiono subordinate ad una fruibi­ lità operativa. Così la nozione di intelligenza è una nozione molto generale per indicare una pluralità di operazioni della mente, molto diverse tra loro, ma sintetizzabili nell'essere capaci di risol­ vere problemi e creare determinati prodotti. Lonergan si pone, invece, in una prospettiva di analisi della coscienza in cui la nozione di attività intelligente è definita dentro una articolata distinzione delle operazioni coscienziali56 . La pluralità delle intelligenze si inserisce in Lonergan dentro il carattere polimorfo di tutta la coscienza. Il pensiero lonerganiano permette così un arricchimento (o comunque una precisazione) della visione pluralista. Non solo si può parlare soltanto di 'intel­ ligenze' multiple, ma in senso ancora più forte di modi diversi di 56 Nel pensiero lonerganiano così non si parla di intelligenza come risoluzione dei problemi, ma di intellezione (insight) come atto di comprensione organizzatrice, come apprensione di relazioni. Il soggetto intelligente è colui che coglie relazioni. La soluzione dei problemi non comporta solo intelligenza, ma esperienza, giudizio, scelta.

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intenzionare il mondo, di elaborare, trattare, controllare i signifi­ cati. Vi è poi una seconda differenza. Gardner individua le sette intelligenze differenziandole rispetto all'oggetto dell'intelligenza. Situazioni diverse nei loro oggetti (suoni, spazi, movimenti, con­ cetti, parole, l'altro, me stesso) richiedono intelligenze diverse. Lonergan individua invece i modi di operare, ordinario, teorico, ecc., non tanto in base agli oggetti, ma in base ad 'esigenze' del soggetto che muovono alla comprensione e alla elaborazione di un dato ambito di significato. Gli stessi dati possono essere significa­ ti in modo diverso. Utilizzare il linguaggio nel senso comune e nel modo proprio dell'ambito della scholarship comporta due modi diversi di intendere il significato, anche se si applica una stessa 'intelligenza' linguistica. Le due prospettive sono molto diverse e di non facile compara­ zione. In un certo senso, l'intelligenza spaziale o corporeo cineste­ tica o interpersonale possono rientrare, nella prospettiva di Loner­ gan, nell'ambito del senso comune dove ciò che domina è il rapporto funzionale e immediato con le cose. E così anche il modo linguistico, o musicale. Più complicato il discorso si fa rispetto all'intelligenza logico-matematica e all'intelligenza intrapersona­ le a cui Gardner stesso riconosce uno statuto più complesso. Nell'ottica di un confronto virtuoso, si può però dire che la teoria di Gardner può contribuire ad arricchire ulteriormente la tematizzazione che Lonergan fa del modo di operare nell'ambito del senso comune. A sua volta Lonergan introduce una prospet­ tiva di distinzione (secondo tipi di esperienza, esigenze e ambi­ ti) che permette un allargamento di prospettiva del quadro di Gardner. 2.4. Bruner: il pensiero paradigmatico e il pensiero narrativo J. Bruner ha vissuto in prima persona, quella che lui stesso ha chiamato la «rivoluzione cognitiva» 57 , che si proponeva di riporta­ re la mente dal 'freddo' mondo oggettivista all'interno delle scien57 J. BRUNER, Acts of Meaning, Harvard College, 1990, ed. it. La ricerca del significato, Boringhieri, Torino 1992, p. 19.

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ze umane. Questa spinta innovativa, però, è rimasta preda di un «virtuosismo tecnologico» ed occorre così una nuova spinta indi­ viduata da Bruner in «un approccio più interpretativo alla cogni­ zione, che si occupa dell'attribuzione di significato» 58 . Come testimonianza di questo approccio più interpretativo fat­ to proprio da Bruner, prendiamo in considerazione due delle sue ultime opere pubblicate in italiano: La mente a più dimensioni e La ricerca del significato. In questi scritti, Bruner propone una visione della mente umana riassumibile, sommariamente, nei pun­ ti seguenti: a) Conoscere non è adeguarsi alla realtà, ma 'costruire' la realtà. Nota Bruner: «Personalmente (come il lettore sa ormai molto bene) sono da tempo costruttivista convinto; e come credo che noi costruiamo o costituiamo il mondo, così credo che anche l'io sia una costruzione, un prodotto dell'azione e della simboliz­ zazione»59 . b) L'identità del soggetto è strettamente connessa al suo modo di costruire la realtà. «Per comprendere l'uomo si deve compren­ dere il modo con cui le sue esperienze e le sue azioni vengono plasmate dai suoi stati intenzionali»60 . Il sé è dunque costruito. c) La costruzione della realtà e dell'identità è contestuale, si compie dentro un contesto di 'transizioni'6 1, dentro una cultura. «La forma di tali stati intenzionali si realizza solo attraverso la partecipazione ai sistemi simbolici della cultura» 62• Il sé è così distribuito. «In senso distributivo, quindi, il Sé può essere visto come un prodotto della situazione in cui si trova ad agire» 63 • Dal momento poi che le situazioni sono innumerevoli il sé è molte­ plice. d) La costruzione della realtà e dell'identità (le due cose sono inseparabili) avviene attraverso l'elaborazione e la negoziazione di significati. 58

Ibidem.

59 BRUNER, La mente a più dimensioni, p. 159. 60 BRUNER, La ricerca del significato, p. 46.

La mente a più dimensioni, p. 71. La ricerca del significato, p. 46 /bi, p. 107.

61 BRUNER,

62 BRUNER, 63

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e) L'uomo costruisce la realtà attraverso una pluralità di modi. «Noi conosciamo il mondo in diversi modi e da posizioni diverse· e ciascuno dei modi in cui lo conosciamo produce rappresentazio� ni e strutture diverse, anzi 'realtà' diverse. Una volta raggiunta l'età adulta, acquisiamo sempre più la capacità di vedere lo stesso insieme di eventi da una molteplicità di prospettive e di posizio­ ni» 64 • f) La mente ha una pluralità di modi di costruire a cui corri­ spondono diversi linguaggi. La mente ha, perciò, più forme di pensiero. Principalmente due, irriducibili l'una all'altra65: il pen­ siero paradigmatico e quello narrativo. Il primo «persegue l'ideale di un sistema descrittivo ed esplicativo formale e matematico»66• Il secondo produce invece buoni racconti, drammi avvincenti e qua­ dri storici credibili, sebbene non necessariamente 'veri'67 • g) Il pensiero narrativo è il modo fondamentale di costruire la realtà da parte dell'uomo. Fondamentale sia nel senso che è quello che regola la «psicologia popolare»68; sia nel senso che sostiene qualsiasi costruzione della realtà. «La forma tipica di strutturazio­ ne dell'esperienza è narrativa, e Jean Mandler ha il merito di averne raccolto le prove, dimostrando che ciò che non viene strutturato in forma narrativa non viene ricordato»69• Vi è nell'uo­ mo una predisposizione alla narrazione70• h) Il pensiero narrativo svolge una funzione fondamentale nel­ la costruzione e nella costituzione del sé. Il sé si costruisce narran­ do. Il sé è narratore71 . In quanto tale, tiene insieme una moltepli­ cità di storie. Così il sé non è una entità sostanziale, ma un operatore dinamico. Bruner, per sintetizzare la propria posizione in proposito, cita D. Polkinghome: «Il sé, quindi, non è qualcosa

La mente a più dimensioni, p. 134.

64

BRUNER,

65

Cfr. ibi, p. 15.

66

/bi, p. 17. /bi, p. 18. BRUNER, La ricerca del significato, p. 54. Cfr. ibi, p. 54. Cfr. ibi, p. 84 e p. 94. Cfr. ibi, p. 109.

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di statico o una sostanza, ma la configurazione degli eventi perso­ nali in una unità storica che comprende non solo ciò che siamo stati, ma anche le anticipazioni che saremo» 72 . Il sé narratore porta con sé la valenza euristica e formativa dell'autobiografia. i) Nell'azione formativa assume un ruolo centrale l'attenzione alla metacognizione. Io credo che il linguaggio dell'educazione, se vuole essere uno stimolo alla riflessione e alla creazione di cultura, non può essere il cosiddetto linguaggio dei fatti e dell' 'oggettività'. Esso deve esprimere una posizio­ ne e sollecitare la contrapposizione; e in questo processo deve fare spazio alla riflessione e alla meta-conoscenza. A consentirci di raggiun­ gere un livello intellettuale più elevato è proprio questo: il processo di oggettivazione nel linguaggio e nell'immagine di ciò che si è pensato, e, poi, la riflessione e la riconsiderazione di esso73.

Anche una esposizione estremamente sommaria del pensiero del1' 'ultimo' Bruner offre del materiale per un incontro-confronto con il pensiero lonerganiano. Vi sono diversi fattori d'interesse che sono comuni: 1) La centralità del significato nella costituzione della realtà e dell'identità. La propria visione del mondo e di sé mette in gioco un insieme di significati. La costruzione, la costituzione del pro­ prio mondo è, principalmente, una questione di significati. 2) La centralità del contesto culturale nella significazione del mondo. Per Lonergan non c'è mai una coscienza e quindi una intenzionalità del mondo separata da una storia e da un contesto. 3) La considerazione che la mente, in Bruner, e la coscienza, in Lonergan, ha una pluralità di modi di significare il mondo. Per Bruner due sono i modi fondamentali: 'paradigmatico' (logico­ metafisico) e narrativo; Lonergan, in un quadro generale diverso, ne individua sei: il modo del senso comune, della teoria, dell'inte­ riorità, della trascendenza, dell'arte, della scholarship. 4) La considerazione del carattere polimorfo del soggetto. Per Bruner il soggetto ha i caratteri della molteplicità in quanto molte­ plici sono le situazioni in cui si trova a vivere. Per Lonergan il 72

Citato ibi, p. 113.

73 BRUNER,

La mente a più dimensioni, p. 158.

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soggetto è polimorfo nel senso che è caratterizzato da diverse modalità di presenza a sé e di significazione del mondo. 5) L'importanza della conoscenza e dell'appropriazione delle proprie operazioni della mente. Questi fattori comuni si inseriscono però in un quadro gnoseologi­ co-epistemologico molto differente. Per Bruner la significazione del mondo è sostanzialmente una costruzione del soggetto74. Ma per Bruner costruzione si oppone tanto all'idea che esista un mondo 'indipendente' dalla mente umana a cui l'uomo si adegua, sia all'idea di un relativismo assoluto per cui il mondo sarebbe una pura invenzione. Costruire significa piuttosto selezionare, stipulare, negoziare dei significati all'interno di un contesto culturale: «le varie realtà sono il risulta­ to di lunghi ed elaborati processi di costruzione e negoziazione profondamente radicati nella cultura» 75• Bruner opta così per una sorta di relativismo contestuale76 dove giocano un ruolo di primo piano la prospettiva del soggetto77 e le caratteristiche del contesto78• Lonergan è invece un realista critico. La significazione di sé e del mondo è certamente frutto di una sorta di 'costruzione' da parte del soggetto, ma in quanto essa si fonda sul dinamismo autotrascendente della coscienza la significazione non è mera costruzione79• Il significato non è solo costruito; vi è una indipenIn La mente a più dimensioni, Bruner confessa la sua posizione costruttivista facendo riferimento, nei caratteri generali, ali'opera di Goodman. A questo proposito egli osserva: «[Goodman] è un filosofo della mente convinto che scienza ed arte scaturiscono da certe comuni attività costruttive, vincolate caso per caso a condizioni diverse di definizione della correttezza e guidate da convenzioni altrettanto diverse derivanti dal loro 'radica­ mento'» (p. 125). 15 Ibidem, p. 39. 76 La posizione 'pragmatica' e costruttivista di Bruner presenta alcune analogie con la posizione del realismo interno dell'ultimo Putnam. Cfr. H. PUTNAM, Realism with a Human Face, Harvard College, 1990, ed. it. Realismo dal volto umano, Il Mulino, Bologna 1995. 77 Cfr. BRUNER, La ricerca del significato, p. 39. 78 Cfr. ibi, p. 43. 79 «Infine, il soggetto è autotrascendente. Le sue operazioni rivelano oggetti: operazioni singole rivelano oggetti parziali; una struttura composta di operazioni rivela oggetti

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