I quattro pilastri della saggezza [Prima edizione]

In questi discorsi, scoperti verso la metà del secolo scorso da un gruppo di ricercatori europei nell'isola di Ceyl

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I quattro pilastri della saggezza [Prima edizione]

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In copertina: Thanka dipinto in antico stile tibetano dedicato a Buddha Shikyamuni Prima edizione: ottobre 1992 Tascabili Economici Newton Divisione della Newton Compton editori s.r.l. © 1992 Newton Compton editori s.r.l. Roma, Casella postale 6214 Stampato su carta Flavia della Com lmpex S.p.A. Copertina stampata su cartoncino Pe,rigord Mat della Papyro S.p.A.

Buddha

I quattro pilastri della saggezza A

cura

di K. E. Neumann e G. De Lorenzo

Tascabili Economici Newton

I Discorsi di Gotamo Buddho nella traduzione di K. E. Neumann dal testo pali*

Gotamo, l'indiano redentore del mondo, chiamato anche il Buddha, lo Svegliato, nacque nel sesto secolo avanti Cristo. Egli crebbe nella principesca corte paterna, a Kapilavatthu, ed abbandonò, non ancora trentenne, casa e famiglia, perché la sua nobile mente non poteva trovare alcuna soddisfazione nella ricchez­ za, perché egli cercava una sicurezza maggiore di quella datagli dalle sue guardie, perché il suo cuore gli diceva che ci dev'essere nel mondo qualche cosa di meglio di tutto il suo piacere e il suo dolore. Così il principe si distaccò di là come un mendico, per conquistare la liberazione da tutti i vincoli, per com­ prendere chiaramente tutta l'esistenza. Alla pari degli altri asceti del suo tempo egli si sottopose quindi per anni a terribili mortificazioni e penitenze, finché riconobbe che queste lo portavano a perdizione, non a salvazione, e le rigettò per sempre. Con pura e profon­ da meditazione egli aveva scorto l'origine del dolore e la via per la sua dissoluzione, e da questo sapere era sorto in lui il risveglio. Egli era ora divenuto uno Svegliato, un Buddha, un essere senza manìa; il fuoco della brama, dell'avversione e dell'ignoranza era estin * Questo scritto è tratto dalla Prefazione di E.R. al volumetto contenente una piccola scelta delle traduzioni di K.E. Neumann dai testi buddhisti, pubblicato nella Biblioteca Univedale dell'editore Reclam di Lipsia nel 1921, sei anni dopo la sua morte, avveauta il 18 ottobre 1915 nel giorno del suo cinquantesimo compleanno. L'improvvisa morte lasciò interrotta l'opera di traduzione in italiano dei discorsi di Buddha, che aveva portato avanti insieme a G. De Lorenzo e che fu poi proseguita da quest'ultimo.

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to: egli aveva trovato la vera salute. Per pietà verso gli altri esseri ciechi, dal cuore palpitante, dal cervello sognante, egli ora ideò, quasi come un medico, un piano di guarigione: la sua incomparabilmente stupen­ da dottrina. Così egli allora passò di luogo in luogo, esponendo a tutti gli uomini i suoi principii di pietà, di tolleranza, di propria responsabilità e di superamento del dolore. Re ed artigiani, sacerdoti e borghesi, savii e stolti, buoni e cattivi erano suoi uditori; ed a tutti, secondo la loro diversa capacità, egli spiegava, senza fanatismo, la dottrina senza tempo, di cui il principio, il mezzo e la fine fa bene. I suoi discepoli poi hanno portato la dottrina stessa nelle terre più lontane e, senza che per essa fosse mai versata una goccia di sangue, ne hanno imbevuto quasi tutti i popoli dell'A­ sia. In Europa, dopo i primi ed esatti, ma poi sperduti accenni datine da Marco Polo, solo centoventi anni fa ne vennero le prime relazioni frammentarie, tratte per la maggior parte dalla formazione posteriore delle leggende e.dell'ornamentazione. Malgrado quel poco e deformato, Schopenhauer riconobbe nella torbida fon­ te e trasse nella più splendida luce la pura figura di Buddho. Similmente fece alcuni decenni più tardi Riccardo Wagner, che ebbe a scrivere: «La lingua più rispondente alla più alta cognizione l'ha certamente parlata quel Buddha indiano». Dopo l'entusiasmo di Schopenhauer e di Wagner l'interesse pel buddhismo in occidente è cresciuto sempre più; si scrissero libri su esso in tutte le lingue: pochi buoni, moltissimi cattivi; monti di errori e di false concenzioni si andarono accumulando. Intanto però era avvenuta una scoperta della più grande importanza. Verso la metà del secolo scorso ricercatori europei impararono a conoscere nell'isola di Seilon una poderosa serie di scritti, contenenti, serbati con fedele tradizione, gli autentici discorsi e colloqui di Gotamo Buddho. Ora ci si trovò

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innanzi ad un nuovo mondo: da centinaia delle più sorprendenti esposizioni, che si completavano e confer­ mavano vicendevolmente nel modo più perfetto, splen­ deva la pura, non falsata dottrina. Il numero enorme dei discorsi tramandatici s'era formato durante i quaranticinque anni d'insegnamento di Gotamo, dal dì del suo risveglio, quand'egli aveva trentacinque anni, fino a quello della morte, nel 483 avanti Cristo, quando Buddho aveva raggiunto gli ottanta anni. I suoi discepoli ne avevano, come era ed è costume nell'India fin dai tempi vedici, fedelmente serbato a memoria, sillaba per sillaba, i discorsi e gli ammae­ stramenti e, dopo l'estinzione di Lui nei diversi conci/ii ne fissarono durabilmente e ne ordinarono le varie raccolte. Queste, scritte sempre di nuovo dai monaci su foglie di palma, vennero conservate per più di due millenni nei chiostri o conventi di Seilon, finché vennero trovate dagli scienziati europei e cominciate subito dopo a pubblicare a Londra nel testo originale, in lingua pali, che sta al sanscrito così come l'italiano sta al latino. La prima edizione completa del canone pali, in quaranta volumi, fu fatta pubblicare a Ban­ gkok nel 1894 da Cultilar]karn, re del Siam, da dotti indigeni. Appena fu schiuso così il (esto originario, ecco che sorse volume per volume la prima traduzione: un 'opera mirabile ed incomparabile, per bellezza e per fedeltà. Il 18 ottobre del1865 era nato,' -4 Vienna, Karl Eugen Neumann, il primo grande tràduitore dei discor­ si di Gotamo Buddho, il Lutero degli evangeli buddhi­ sti, un dotto su tutti i dotti, uno dei più potenti artisti, e certo uno dei veri benefattori dell'umanità. Guidato negli anni giovanili al buddhismo dalle opere e dalle indicazioni di Schopenhauer, egli imparò la lingua sanscrita e la pali, fu potentemente preso dagli scritti sacri del buddhismo, e si pose come scopo della sua vita lo schiudere a noi gli inaccessibili testi pali. Senz'a/tro

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sprone che il suo santo cuore ardente egli, tra le più avverse circostanze, ha assolto il suo compito in modo da poter dire, che l'arte di parlare di Buddha, arte senza paragone, più alta di ogni parola imperiale, più pura di ogni espressione poetica, è risorta di nuovo in lui: sì profondamente egli penetrò nel senso e nel suono delle parole, sì profondamente egli venne compenetra­ to dalle parole. Ora quando Karl Eugen Neumann, il creatore di quest'opera incomparabile, di cui già dieci volumi erano compiuti, esausto si spense nel suo cinquantesimo compleanno, il 18 ottobre 1915, pochi conoscevano la sua opera, quasi nessuno seppe del suo trapasso. Sebbene le sue opere fossero pubblicate da ben noti editori, come dal 1907 presso l'editore R. Piper in Monaco, pure ancora ne/1917 persone colte potevano chiedere, chi fosse mai Karl Eugen Neu­ mann; una circostanza, che nel medio evo sarebbe stata spiegata come una specie di fascinazione, ossia il non vedere cose, che pur stanno sotto gli occhi. Questa fascinazione aveva motivi molto reali; anche i contem­ poranei di Schopenhauer furono così lungamente fasci­ nati; e, se egli non avesse oltrepassato i cinquant'anni, sarebbe certo stato seppellito, come si sa, quale un perfetto ignoto anzi che un famoso filosofo. Oggi però il nome di Karl Eugen Neumann viene già pronunziato con venerazione e gratitudine; e la sua opera penetra nel mondo e prende il posto, finora tenuto dal distorto, da/falso, dallo scolastico, in senso $tretto, e soprattutto dal non artistico. Il canone pali, Tipi t akam, o triplice cofano, si divide in tre parti o cofani: Vinayapit akam, o cofano della disciplina; Suttapit akam, o cofano dei discorsi; e Abhidhammapit akam, o cofano della scola­ stica. La parte più antica e più preziosa è data dal cofano dei discorsi. Questo a sua volta contiene cinque grandi raccolte, ordinate dagli antichi compilatori, all'uso orientale, secondo caratteristiche esteriori: con i

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trentaquattro discorsi più lunghi si formò la cosiddetta Raccolta lunga, Dighanikayo; dai centocinquantadue discorsi di media lunghezza ebbe origine la Raccolta media, Majj himanikayo; di brevi sentenze, di strofe e di versi si compose la Raccolta breve, Khuddakanika­ yo; il resto fu distribuito nella Raccolta infilata, o An guttaran i k ayo, e nella Raccolta congiunta, San:tyuttakanikayo. I tre volumi della raccolta lunga, i tre della raccolta media, e le parti più importanti della raccolta breve, ossia il Dhammapada, il Suttanipato, i Theragatha ed i Therigatha, sono stati completamente tradotti da Karl Eugen Neumann; così pure numerosi pezzi delle altre due raccolte. La raccolta più ricca è la media, nei cui centocinquantadue discorsi la dottrina viene illuminata dai lati più diversi ed ornata dei più stupendi paragoni; mentre la via per la cognizione e pel risveglio è così chiaramente descritta, come se sopra un'esatta carta topografica lungo una strada fosse segnato ogni albero, ogni ponte, ogni casa. In tutti questi discorsi, per quanto varii essi siano, Gotamo mostra sempre di nuovo una cosa sola: come si metta fine al dolore degli ignoranti e non lo si faccia più sviluppare. E, per quanto sia diverso il contenuto dei discorsi, un carattere è comune ad essi tutti: sono egualmente opere d'arte della più alta specie, nell'e­ spressione, nella costruzione, nella melodica, nel singo­ larissimo ritmo. Queso ritmo, questa melodia, insieme con molto altro, è ciò che fa della traduzione di Karl Eugen Neumann un 'opera mirabile. Chi sia ignaro del pali sente qui risuonare una melodia, mai pel passato né pel futuro accordata, mentre il conoscitore del pali resta stupefatto innanzi a tale perfezione, che si stende fino ai minimi particolari. Perché Karl Eugen Neu­ mann ha tradotto non solo parola per parola, ma anche sillaba per sillaba, anzi tono per tono, quel che è nelle parole e tra le parole, lo spirito, che sopra vi

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ondeggia, la forza vivente, che dentro le anima. Così egli poté raggiungere una completa consonanza delle due lingue e plasmare in forma definitiva la prima traduzione dei discorsi di Gotamo Buddha. E. R.

Buddha Shiìkyamuni

Il valore della dottrina di Buddha

Si sente fare sempre la domanda, se quell'antica concezione del mondo dia la possibilità di un'applica­ zione utile pel presente. A ciò sia dato anzitutto risposta con un vigoroso sì, giacché è da tempo noto, che serii e galiardi seguaci già da una serie di anni si volgono all'oriente e là, nell'odierna patria attuale della disciplina e dell'osservanza ancora conservata, a Seilon o nell'India posteriore, entrano nell'ordine, divengono regolari monaci ed asceti: e più d'uno così, come io ho personalmente sperimentato, è morto là lietamente, dopo essere divenuto «anche uno dei san­ ti». Sulla reale efficacia della parola del Maestro nel presente presso di noi non può esservi dunque oggi alcuna questione, se anche naturalmente il suo valore, secondo il punto da cui si guarda, apparirà come vacuo e nullo o come alto e sublime, come dannoso e folle o come incomparabile. Tali concetti di valore sono però, a quanto mi pare, poco appropriati ad una disamina e discussione generale. Su tali questioni non s'è mai raggiunto e non si raggiungerà mai, in nessun tempo e luogo, un unico giudizio, ancor meno che sopra una musica od una pittura. La pietra di paragone in tali criterii di valore è sempre diversa secondo il diverso grado di durezza e deve perciò, per quanto corrisponde ad uomini discreti od alla loro esperienza, essere lasciata alla scelta di ogni singolo. La circostanza però, della quale noi qui ci dobbiamo occupare e che si lastia quasi sempre da parte o si considera solo

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fuggevolmente, sta fuori di tali prove di esperienza personale. Noi dobbiamo qui fare solo il tentativo, se ci può riuscire, di imparare a comprendere quella conce­ zione del mondo come una intuizione od arte pura­ mente indiana. Questa sarebbe la ricompensa della fatica nell'esame e nel travaglio, richiedenti tanto tempo e tanta cura, dei nostri antichi testi. Quegli, a cui essi non ricompensano un sì costoso dispendio, può anche, se proprio vuole avere ed esprimere un'opinione sulla nostra dottrina, appigliarsi ad opere più maneg­ gievoli, di cui da un pezzo non c'è mancanza: sia l'eccellente Catechismo buddhistico di Subhadra Bhi­ kshu, od il magnifico, e raccomandabile più di ogni altro, Buddha di Oldenberg, che da tanti anni è il fondamento di ogni vera ricerca esatta e si rinnova sempre in successive edizioni. Ma i testi originarii stessi sono poco atti a farsi trasformare subito in un utile praticamente applicabile. Per questo essi sono troppo duri. Due millenni ci separano da essi e dalla loro forma e maniera d'espressione. E, ciò che rende l'intelligenza ançhe più difficile, ci sta di mezzo uno strato guasi impenetrabile di civiltà straniera. Come potrebbero percepir.}i di nuovo presso di noi quei suoni e quelle voci lontane, svanite, così come realmente risuonarono sulla propria terra? Siccome, così come stanno le cose, quasi manca un mezzo risonante, la possibilità di un 'eco è esclusa quasi come la propaga­ zione del suono dal sole alla terra, che pure si potrebbe raggiungere in poco più di quattordici anni. Pertanto non si può parlare utilizzazione pratica di questi nostri pezzi sperduti dal mondo. Si deve contentarsi, se tra i sordi pilastri si trova un Memnone, e se con infaticabi­ le lavoro ed esercizio si superano forse gli ostacoli e si scoprono ed acquistano i mezzi per incanalare quelle voci del passato sul nostro presente; in modo che l'uditore possa sentirne l'arte profonda ed i delicati

IL VALORE DELLA DOTIRINA DI BUDDHA

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prodotti del messaggio. Ma non perciò bisogna aspet­ tarsi a guisa di apostoli una generale conversione del mondo. Lo stesso Gotamo ha parlato sempre e solo ai singoli, non s'è mai rivolto al popolo od allafolla. Dopo che la parola vivente dell'asceta e pensatore Sakyo era ammutolita e spenta da più di venti secoli, dopo che sul breve e magnifico mezzodì è scesa la lunga pallida notte dèll'oblio, oggi la parola irrigidita, se anche comincia di nuovo a risuonare, non può certo risveglia­ re interamente a nuova vita quella svanita civiltà con le sue superiori cognizioni spirituali e, come entusiasti immaginano, attrarci in ringiovanita forma moderna: i contemporanei delle automobili e degli aeroplani, anche con la più grande fretta e con la migliore volontà, non potrebbero avere perciò udito né trovare ozio bastevole; astraendo del resto dal fatto, che le fantasticherie e le donchisciotterie di una conversione universale sono da piccoli borghesi, infantili, bambo­ leggianti e niente affatto conformi alla dottrina. Il discepolo di Gotamo lasciava il mondo esser mondo, intatto da ciò che si dice. Or similmente si può anche oggi ed in avvenire fare il tentativo, di imparare a comprendere quello spirito mediante le sue classiche testimonianze. Queste però si mostreranno accessibili a colui, che ha per esse disposizioni e le sa sviluppare: non altrimenti come uno cura il suo Shakespeare, un altro il suo Bach, un terzo disegna carte del pianeta Marte, ed un altro cuoce sostanze da iniezioni. In parole nette: quella concezione del modo è divenuta una scienza, per noi. Che certo ne possa insieme cascare ogni sorta di cose adoperabili per il caro povero popolo, è una favorevole manifestazione concomitante, la semplice ombra della cosa, ed invero un'ombra gigantesca, anzi propriamente un'ombra della terra, in riguardo dei milioni di sempre rinnovati concorrenti, concomitanti e seguaci nelle dieci regioni dell'uni-

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verso. Con la cosa stessa però, con la nostra «Cosa in sé» per dir così, anche nel caso migliore avrà da fare solo qualche raro uno od un altro, sia egli diretto verso la scienza, l'arte o la santità. Ciò basta. Io penso: che vi sia una tale possibilità per chi voglia seriamente sforzarsi, ciò basta a mostrare quel che anche noi abbiamo ereditato dai tesori. Chi però volesse fare numericamente il conto del possibile utile, potrebbe facilmente, seguendo l'esempio di Giovanni l'eremita, nello Speculum pastorum, calcolare quale risultato si otterrebbe con l'ipotesi, non certo esagerata, che un uomo per venti anni ogni anno guidasse con l'esempio e la dottrina solo un altro uomo alla retta opinione, ed ognuno di questi annualmente solo un altro, e questo di nuovo ne portasse un altro sulla retta via: da cui si dedurrebbe, col lapis alla mano, che il numero dei promossi in questa guisa, partendo da un solo promo­ vente e nella minima misura, dopo venti anni supereb­ be già il milione. Ma noi qui non ci esercitiamo in statistica né in allotria. K. E. NEUMANN

Nota I testi raccolti in questo volume fanno parte della prima classica traduzione italiana dei Discorsi di Gotamo Buddha, pubblicata in tre volumi dall'editore Laterza tra ill916 e ill927, traduzione che si rifaceva alla versione tedesca di K.E. Neumann condotta sul testo pali. Q ue lla italiana, iniziata da K.E. Neumann e G. De Lorenzo, fu portata a termine da quest'ultimo per il secondo e terzo volume dopo la morte di Neumann.

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QUATTRO PILASTRI DEL SAPERE

ho sentito. Una volta soggiornava il Su� lime n�lla terra di un1, presso una citt � d et Kurum detta Kammasadamman 1• Là or st volse il Sublime ai monaci: «Voi monaci !» - «Illu­ stre!» replicarono attenti quei monaci al Sublime. Il Sublime parlò cosi : «La diritta via, o monaci, che mena alla purificazio­ ne degli esseri, al superamento del dolore e della miseria, atla distruzione della sofferenza e della pena, all'acquisto del giusto, al realizzamento dell'estinzio­ ne, è data dai quattro pilastri del sapere. Quali quattro? Ecco: un monaco, o monaci, vigila presso il corpo sul corpo, instancabile, con chiara mente, sapiente, dopo aver superato le brame e le cure del mondo; vigila presso le sensazioni sulle sensazioni, instancabile, con chiara mente, sapiente, dopo aver superato le brame e le cure del mondo; vigila presso l'animo sull'animo, instancabile, con chiara mente, sapiente, dopo aver superato le brame e le cure del mondo; vigila presso i fenomeni sui fenomeni, instan­ cabile, con chiara mente, sapiente, dopo aver supera­ to le brame e le cure del mondo. «Ma come, voi monaci , vigila un monaco presso il

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UESTO



1 Kammiisadamman è l a gi u st a lezione: cfr. Jatakam, vol. v, p. 511. Anche nel 3 6 DivytJ.vadatham serbata come Kalmiisadamyam. Forse sotto l'humus dell'attuale Kamasin nel Duruksetram del la pianura della Jamna1 1 a una giornata di distanza aa occidente· di All ahabad. Già da TOI.EMEO i luçgo è riportato sempli�emente cçme KapJ.Lapa, non esattamente, ma più chtaramente che da altn: Geogr., hb. m, cap. 1 § 91, n. 7.

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corpo sul corpo? Un monaco, o monaci, si reca nell'interno della foresta o sotto un grande albero od in un vuoto eremo, s'asside con le gambe incrociate, il corpo diritto sollevato, e s'esercita nel sapere. Con­ sciente egli inspira, consciente egli espira. Se inspira profondamente, egli sa "Inspiro profondamente" ; se espira profondamente, egli sa "Espiro profondamen­ te"; se inspira brevemente, egli sa "Inspiro brevemen­ te"; se espira brevemente, egli sa "Espiro brevemen­ te" . "Voglio inspirare sentendo tutto il corpo", "Vo­ glio espirare sentendo tutto il corpo": così egli si esercita. "Voglio inspirare calmando questa combina­ zione corporea", "Voglio espirare calmando questa combinazione corporea": così egli si esercita. «Così come quasi, o monaci, un abile tornitore o garzone di tornitore fortemente tirando sa "Io tiro fortemente", lentamente tirando sa "Io tiro lentamen­ te" : or così anche appunto, o monaci , sa un monaco profondamente inspirando "Io inspiro profondamen­ te", profondamente espirando "Io espiro profonda­ mente", brevemente inspirando "Io inspiro breve­ mente", brevemente espirando "Io espiro brevemen­ te": egli si esercita: "Voglio inspirare sentendo tutto il corpo", "Voglio espirare sentendo tutto il corpo" ; egli si esercita: "Voglio inspirare calmando questa combi­ nazione corporea" , "Voglio espirare calmando questa combinazione corporea". «Così egli vigila presso il corpo interno sul corpo, così egli vigila presso il corpo esterno sul corpo, di dentro e di fuori egli vigila presso il corpo sul corpo. Egli osserva come il corpo si forma, osserva come il corpo trapassa, osserva come il corpo si forma e trapassa. "Ecco il corpo" : tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla riflessione; ed egli vive indipendente e nulla

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brama al mondo. Così, o monaci, vigila un monaco presso il corpo sul corpo. «E inoltre ancora, o monaci: il monaco sa quand'e­ gli cammina "Io cammino", sa quand ' e gli sta "Io sto" , s a qu and' egli siede " I o siedo", s a quan d 'egli giace "Io giaccio", sa quando si trova in questa o quella po si zione , che è questa o quella po si zione . «Così egli vi gil a presso il corpo interno sul corpo, così egli vigila presso il corpo esterno sul corpo, di dentro e di fuori egli vi gila presso il corpo sul corpo. Egli osserva come il corpo si forma, osserva come il corpo trapassa, osserva come il corpo si forma e trapassa. "Ecco il corpo": tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla riflessione; ed egli viv e i nd ip en d ente m e nte e nulla brama al mondo. Così, o monaci, vigila un monaco presso il corpo sul corpo. «E inoltre ancora, o monaci: il monaco è ch i aro consciente nel venire e nell'andare, chiaro consciente nel guardare e nel distogliere lo sguardo, chiaro consciente nell'inclinarsi e sollevarsi, chiaro conscien­ te nel portare l'abito e la scodella dell'elemosina, chi aro consciente nel mangiare e nel bere, masticare e gustare, chiaro consciente nel vuotarsi di feci e d' u rin a, chiaro consciente nel camminare e stare e sedere, nell'addormentarsi e svegliarsi, nel parlare e

tacere. «Così egli vigila presso il corpo interno sul corpo, così egli vigila presso il corpo esterno sul corpo, di dentro e di fuori egli vigila presso il corpo sul corpo. Egli osserva come il corpo si forma, osserva come il corpo trapassa, osserva come il corpo si forma e trapassa. "Ecco il corpo" : tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla riflessione; ed egli vive indipendente e nulla

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brama al mondo. Così, o monaci, vigila un monaco presso il corpo sul corpo. «E inoltre ancora, o monaci: il monaco esamina questo corpo dal capo alle piante, il corpo coperto di pelle, ripieno di varie impurità: "Questo corpo porta un ciuffo di capelli, è peloso, ha unghie e denti, pelle e carne, tendini ed ossa e midolla, reni, cuore e fegato, diaframma, milza, polmoni, stomaco, intestini, muco­ se e feci, ha bile, secrezioni, marcia, sangue, sudore, linfa, lacrime, siero, saliva, muco, liquido articolare, urina". «Così come quasi, o monaci, se vi fosse un sacco, legato ai due capi, ripieno di diversi cereali, di riso, di fave, di sesamo, ed un uomo perspicace lo slegasse e ne esaminasse il contenuto: "Questo è riso, queste son fave, questo è sesamo": or così anche appunto, o monaci, un monaco esamina questo corpo dal capo alle piante, il corpo coperto di pelle, ripieno di varie impurità. «Così egli vigila presso il corpo interno sul corpo, così egli vigila presso il corpo esterno sul corpo, di dentro e di fuori egli vigila presso il corpo sul corpo. Egli osserva come il corpo si forma, osserva come il corpo trapassa, osserva come il corpo si forma e trapassa. "Ecco il corpo": tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla riflessione; ed egli vive indipendente e nulla brama al mondo. Così, o monaci, vigila un monaco presso il corpo sul corpo. «E inoltre ancora, o monaci: il monaco considera questo corpo, sia che vada o che stia, come specifica­ zione: "Questo corpo ha la specie di terra, ha la specie di acqua, la specie di fuoco, la specie di aria". «Così come quasi, o monaci, un abile macellaio o garzone di macellaio macella una vacca, la porta sul mercato, la disseca pezzo per pezzo, ne espone le varie

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parti, le conosce, le riguarda e le esamina bene e quindi si siede 2: or così anche appunto, o monaci, un monaco considera questo corpo, sia che vada o che stia, come specificazione. «Così e gli vigila presso il corpo interno sul corpo, così egli vigila presso il corpo esterno sul corpo, di dentro e di fuori egli vigila presso il corpo sul corpo. Egli osserva come il corpo si forma, osserva come il corpo trapassa, osserva come il corpo si forma e trapassa. "Ecco il corpo": tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla riflessione; ed egli vive indipendente e nulla brama al mondo. Così, o monaci, vigila un monaco presso il corpo sul corpo. «E inoltre ancora, o monaci: come se il monaco avesse visto un corpo giacente al cimitero, un giorno dopo la morte, o due o tre giorni dopo la morte, gonfio, illividito, passato in putrefazione, egli trae su se stesso la conclusione: "Anche il mio corpo è fatto così, diventerà ciò, non può sfuggire a ciò". E inoltre ancora, o monaci: come se il monaco avesse vist& un corpo giacente al cimitero, straziato da cornacchie o corvi od avvoltoi, sbranato da cani e sciacalli, o roso da molte specie di vermi, egli trae su se stesso la conclusione: "Anche il mio corpo è fatto così, diven2 Si noti, per questo paragone che in India, da più di duemila anni l'uccisione di una vacca è un orri b ile delitto. Il nostro testo invece tan­ to in questo quanto nel più diffuso paragone del macellaio contenuto nel 1 46" discorso di questa stessa Raccolta Media, descrive la vacca macellata come un'usanza normale e comune. Da ciò risulta che la redazione del nostro testo deve essere anteriore di alcuni secoli ad Asoko e ri salire a tempi in cui il macello di animali vaccini per la pubblica vendita d i carne era un indus tria come in occidente. Solo dal tempo degl i editti di Asoko, cioè dal 250 prima dell'era volgare, anzi anche più tardi, tale specie d1 nutrimento fu severamente proibito, tanto da diventare poi addirittura abominevole pel pop olo Perciò dai tempi di Asoko la tradizione del testo di tale paragone non s'accordava più con la visione della realtà e pott:va essere consiClerata dagl i uditori solo come un resto barbarico dell'antichi­ tà. Ciò non pertanto anch'esso venne serbato e tramandato intatto: una prova straorClinaria della venerazione per le parole d el Maestro e della loro fedele preservazione e tradizione. ,

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terà ciò, non può sfuggire a ciò" . E inoltre ancora, o monaci: come se il monaco avesse visto un corpo giacente al cimitero, uno scheletro, con brani di carne, macchiato di sangue, mantenuto dai tendini ; uno scheletro, scarnato, macchiato di sangue, mantenuto dai tendini; le ossa, senza i tendini, sparse di qua e di là, qua un osso della mano, là un osso del piede, qua una tibia, là un femore, qua il bacino, là vertebre, qua il cranio; come se avesse visto ciò, egli trae su se stesso la conclusione: "Anche il mio corpo è fatto così, diventerà ciò, non può· sfuggire a ciò" . E inoltre ancora, o monaci: come se il monaco avesse visto un corpo giacente al cimitero, le ossa, imbiancate come conchiglie; le ossa, ammollite, ammucchiate, dopo scorso un anno; le ossa, imputridite, cadute in polve­ re; come se avesse visto ciò, egli trae su se stesso la conclusione: "Anche il mio corpo è fatto così, diven­ terà ciò, non può sfuggire a ciò". «Così egli vigila presso il corpo interno sul corpo, così egli vigila presso il corpo esterno sul corpo, di dentro e di fuori vigila presso il corpo sul corpo. Egli osserva come il corpo si forma, osserva come il corpo trapassa, osserva come il corpo si forma e trapassa. "Ecco il corpo" : tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla rifles­ sione; ed egli vive indipendentemente e nulla brama al mondo. Così , o monaci, vigila un monaco presso il corpo sul corpo. «Ma come, voi monaci, vigila un monaco presso le sensazioni sulla sensazione? Un monaco, o monaci, sa, quando prova una sensazione piacevole, "lo provo una sensazione piacevole"; sa, quando pFova una sensazione dolorosa, "Io provo una sensazione dolo­ rosa", sa, quando prova una sensazione né piacevole né dolorosa, "Io provo una sensazione né piacevole né

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dolorosa". Egli sa, quando prova una sensazione piacevole mondana, "lo provo una sensazione piace­ vole mondana" e sa, quando prova una sensazione piacevole sopramondana, "Io provo una sensazione piacevole sopramondana" ; sa, quando prova una sensazione dolorosa mondana, "lo provo una sensa­ zione dolorosa mondana" e sa, quando prova una sensazione dolorosa sopramondana, "Io provo una sensazione dolorosa sopramondana"; sa, quando pro­ va una sensazione mondana senza piacere e dolore, "Io provo una sensazione mondana senza piacere e dolore" e sa, quando prova una sensazione sopramon­ dana senza piacere e dolore, "Io provo una sensazione sopramondana senza piacere e dolore". «Così egli vigila presso la sensazione interna sulla sensazione, così egli vigila presso la sensazione ester­ na sulla sensazione, di dentro e di fuori egli vigila presso le sensazioni sulla sensazione. Egli osserva come la sensazione si forma, osserva come la sensa­ zione trapassa, osserva come la sensazione si forma e trapassa. "Ecco la sensazione" : tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla riflessione; ed egli vive indipendente e nulla brama al mondo. Così , o monaci, vigila un monaco presso le sensazioni sulla sensazione. «Ma come, voi monaci, vigila un monaco presso l'animo sull'animo? Un monaco, o monaci, conosce l'animo bramoso come bramoso e l'animo non bra­ moso come non bramoso, l'animo astioso come astioso e l'animo non astioso come non astioso, l'animo errante come errante e l'animo senz'errore come senz'errore, l'animo raccolto come raccolto e l'animo distratto come distratto, l'animo tendente all'alto come tendente all'alto e l'animo di basso sentire come di basso sentire, l'animo nobile come nobile e l'animo volgare come volgare, l'animo tran-

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quillo come tranquillo e l'animo inquieto come in­ quieto, egli conosce l'animo redento come redento e l'animo vincolato come vincolato . «Così egli vigila presso l'animo interno sull'animo, così egli vigila presso l'animo esterno sull'animo, di dentro e di fuori egli vigila presso l'animo sull'animo. Egli osserva come l'animo si forma, osserva come l'animo trapassa, osserva come l'animo si forma e trapassa. "Ecco l'animo": tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla riflessione; ed egli vive indipendente e nulla brama al mondo. Così , o monaci, vigila un monaco presso l'animo sull'animo. «Ma come, voi monaci, vigila un monaco presso i fenomeni sui fenomeni? Un monaco, o monaci, vigila presso i fenomeni sul manifestarsi dei cinque ostacoli. Ma come, voi monaci, vigila un monaco presso i fenomeni sul manifestarsi dei cinque ostacoli? Un monaco, o monaci, osserva, quando brama è in lui, "In me v'è brama"; osserva, quando in lui non v'è brama, "In me non v'è brama". Egli osserva quando la brama comincia a svilupparsi, osserva quando la brama, divenuta palese, vien rinnegata, e osserva quando la rinnegata brama in avvenire più non appare. Egli osserva, quando avversione è in lui, "In me v'è avversione"; osserva, quando in lui non v'è avversione, "In me non v'è avversione". Egli osserva quando l'avversione comincia a svilupparsi, osserva quando l'avversione, divenuta palese, vien rinnegata, e osserva quando la rinnegata avversione in avvenire più non appare. Egli osserva, quando accidia è in lui, "In me v'è accidia"; osserva, quando in lui non v'è accidia, "In me non v'è accidia" . Egli osserva quando l'accidia comincia a svilupparsi , osserva quando l'ac­ cidia, divenuta palese, vien rinnegata, e osserva quando la rinnegata accidia in avvenire più non

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appare . Egli osserva, quando superbia è in lui, "In me v'è superbia"; osserva, quando in lui non v'è superbia, "In me non v'è superbia". Egli osserva quando la superbia comincia a svilupparsi, osserva quando la superbia, divenuta palese, vien rinnegata, e osserva quand o la rinnegata superbia in avvenire più non appare. Egli osserva, quando dubbio è in lui, "In me v'è dubbio" ; osserva, quando in lui non è dubbio, "In me non v'è dubbio". Egli osserva quando il dubbio comincia a svilupparsi , osserva quando il dubbio, divenuto palese, vien rinnegato, e osserva quando il rinnegato dubbio in avvenire più non appare. «Così egli vigila presso i fenomeni interni sui fenomeni, così egli vigila presso i fenomeni esterni sui fenomeni, di dentro e di fuori egli vigila presso i fenomeni sui fenomeni. Egli osserva come i fenomeni si formano, osserva come i fenomeni trapassano, osserva come i fenomeni si formano e trapassano. "Ecco i fenomeni": tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla rifles­ sione; ed egli vive indipendente e nulla brama al mondo. Così, o monaci, vigila un monaco presso i fenomeni sui fenomeni, sui cinque ostacoli . «E inoltre ancora, o monaci: il monaco vigila presso i fenomeni sul manifestarsi dei cinque tronchi dell'attaccamento. Ma come, voi monaci, vigila un monaco presso i fenomeni sul manifestarsi dei cinque tronchi dell'attaccamento? Un monaco, o monaci, dice a se stesso: "Così è la forma, così essa ha origine, così essa si d issolve; così è la sensazione, così essa ha origine, così essa si dissolve; cosi è la percezione, così essa ha origine, così essa si dissolve; così sono le distinzioni, così esse hanno origine, così esse si dissolvono; così è la conscienza, così essa ha origine, così essa si dissolve". «Così egli vigila presso i fenomeni interni sui

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fenomeni, così egli vigila presso i fenomeni esterni sui fenomeni, di dentro e di fuori egli vigila presso i fenomeni sui fenomeni. Egli osserva come i fenomeni si formano, osserva come i fenomeni trapassano, osserva come i fenomeni si formano e trapassano. "Ecco i fenomeni": tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla rifles­ sione; ed egli vive indipendente e nulla brama al mondo. Così, o monaci, vigila un monaco presso i fenomeni sui fenomeni, sui cinque tronchi dell'attac­ camento. «E inoltre ancora, o monaci: il monaco vigila presso i fenomeni sul manifestarsi dei sei regni interni-esterni. Ma come, voi monaci, vigila un mona­ co presso i fenomeni sul manifestarsi dei sei regni interni-esterni? Un monaco, o monaci, conosce l'oc­ chio e conosce le forme, e la combinazione, che da ambedue risulta, anche questa ei conosce. Egli cono­ sce quando la combinazione appunto avviene, cono­ sce quando l'avvenuta combinazione cessa, e conosce quando la cessata combinazione in avvenire più non appare. Egli conosce l'orecchio e conosce i suoni, e la combinazione, che da ambedue risulta, anche questa ei conosce. Egli conosce quando la combinazione appunto avviene, conosce quando l'avvenuta combi­ nazione cessa, e conosce quando la cessata combina­ zione in avvenire più non appare. Egli conosce il naso e conosce gli odori, e la combinazione, che da ambedue risulta, anche questa ei conosce. Egli cono­ sce quando la combinazione appunto avviene, cono­ sce quando l'avvenuta combinazione cessa, e conosce quando la cessata combinazione in avvenire più non appare. Egli conosce la lingua e conosce i sapori, e la combinazione, che da ambedue risulta, anche questa ei conosce. Egli conosce quando la combinazione appunto avviene, conosce quando l'avvenuta combi-

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nazione cessa, e conosce quando la cessata combina­ zione in avvenire più non appare. Egli conosce il corpo e conosce i contatti, e la combinazione, che da ambedue risulta, anche questa ei conosce. Egli cono­ sce quando la combinazione appunto avviene, cono­ sce quando l'avvenuta combinazione cessa, e conosce quando la cessata combinazione in avvenire più non appare. Egli conosce il pensiero e conosce le cose, e la combinazione, che da ambedue risulta, anche questa ei conosce. Egli conosce quando la combinazione appunto avviene, conosce quando l'avvenuta combi­ nazione cessa, e conosce quando la cessata combina­ zione in avvenire più non appare. «Così egli vigila presso i fenomeni interni sui fenomeni, così egli vigila presso i fenomeni esterni sui fenomeni, di dentro e di fuori egli vigila presso i fenomeni sui fenomeni. Egli osserva come i fenomeni si formano, osserva come i fenomeni trapassano, osserva come i fenomeni si formano e trapassano. "Ecco i fenomeni" : tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla rifles­ sione; ed egli vive indipendente e nulla brama al mondo . Così, o monaci, vigila un monaco presso i fenomeni sui fenomeni, sui sei regni interni-esterni. «E inoltre ancora, o monaci: il monaco vigila presso i fenomeni sul manifestarsi dei sette risvegli. Ma come, voi monaci, vigila un monaco presso i fenomeni sul manifestarsi dei sette risvegli? Un monaco, o monaci, s'accorge, quando il sapere in lui è desto, "In me il sapere è desto" e s'accorge, quando il sapere in lui non è desto, "In me il sapere non è desto" ; egli s'accorge, quando il sapere appunto si desta e s'accorge, quando il sapere, divenuto desto, completamente si scioglie. Egli s'accorge, quando il raccoglimento in lui è desto, "In me il raccoglimento è desto" e s'accorge, quando il raccoglimento in lui non

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è desto, "In me il raccoglimento non è desto"; egli s'accorge, quando il raccoglimento appunto si desta e s'accorge, quando il raccoglimento, divenuto desto, completamente si scioglie. Egli s'accorge, quando la forza in lui è desta, "In me la forza è desta" e s'accorge, quando la forza in lui non è desta, "In me la forza non è desta" ; egli s'accorge, quando la forza appunto si desta e s'accorge, quando la forza, divenu­ ta desta, completamente si scioglie. Egli s'accorge, quando la serenità in lui è desta, "In me la serenità è desta" e s'accorge, quando la serenità in lui non è desta, " In me la serenità non è desta"; egli s'accorge, quando la serenità appunto si desta e s'accorge, quando la serenità, divenuta desta, completamente si scioglie. Egli s'accorge, quando la calma in lui è desta, "In me la calma è desta" e s'accorge, quando la calma in lui non è desta, "In me la calma non è desta"; egli s'accorge, quando la calma appunto si desta e s'accor­ ge, quando la calma, divenuta desta, completamente si scioglie. Egli s'accorge, quando l'approfondimento in lui è desto, "In me l'approfondimento è desto" e s'accorge, quando l'approfondimento in lui non è desto, "l'approfondimento in me non è desto" ; egli s'accorge, quando l'approfondimento appunto si de­ sta e s'accorge, quando l'approfondimento, divenuto desto, completamente si scioglie. Egli s'accorge, quan­ do l'equanimità in lui è desta, "In me l'equanimità è desta" e s'accorge, quando l'equanimità in lui non è desta, "In me l'equanimità non è desta"; egli s'accor­ ge, quando l'equanimità appunto si desta e s'accorge, quando l'equanimità, divenuta desta, completamente si scioglie. «Così egli vigila presso i fenomeni interni sui fenomeni, così egli vigila P.resso i fenomeni esterni sui fenomeni, di dentro e di fuori egli vigila presso i fenomeni sui fenomeni. Egli osserva come i fenomeni

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si foonano , osserva come i fenomeni trapassano, osserva come i fenomeni si formano e trapassano. "Ecco i fenomeni": tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla rifles­ sione; ed egli vive indipendente e nulla brama al mondo. Così, o monaci, vigila un monaco presso i fenomeni sui fenomeni, sul manifestarsi dei sette ri svegli. «E inoltre ancora, o monaci: un monaco vigila presso i fenomeni sul manifestarsi delle quattro sante verità. Ma come, voi monaci, vigila un monaco presso i fenomeni sul manifestarsi delle quattro sante verità? Un monaco, o monaci, comprende conforme alla verità "Questo è il dolore", comprende conforme alla verità, "Questa è l'origine del dolore", comprende conforme alla verità "Questo è l'annientamento del dolore", comprende conforme alla verità "Questa è la via, che mena all'annientamento del dolore". «Così egli vigila presso i fenomeni interni sui fenomeni, così egli vigila presso i fenomeni esterni sui fenomeni, di dentro e di fuori egli vigila presso i fenomeni sui fenomeni. Egli osserva come i fenomeni si formano, osserva come i fenomeni trapassano, osserva come i fenomeni si formano e trapassano. "Ecco i fenomeni": tale sapere diviene suo sostegno, appunto perché esso serve alla cognizione, alla rifles­ sione; ed egli vive indipendente e nulla brama al mondo. Così , o monaci, vigila un monaco presso i fenomeni sui fenomeni, sul manifestarsi delle quattro sante verità. «Chi, o monaci, per sette anni sa così sostenere questi quattro pilastri del sapere, può aspettarsi una delle due possibili conseguenze: sicurezza durante la vita o non ritorno dopo la morte. Stiano i sette anni: chi, o monaci, per sei anni, cinque anni, quattro anni,

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tre anni, due anni, per un anno sa così sostenere questi quattro pilastri del sapere, - stia l'anno: chi, o monaci, per sette mesi sa così sostenere questi quattro pilastri del sapere, può aspettarsi una delle due possibili conseguenze: sicurezza durante la vita o non ritorno dopo la morte. Stiano i sette mesi: chi, o monaci, per sei mesi, cinque mesi, quattro mesi, tre mesi, due mesi, un mese, per un mezzo mese sa così sostenere questi quattro pilastri del sapere, - stia il mezzo mese: chi, o monaci, per sette giorni sa così sostenere questi quattro pilastri del sapere, può aspet­ tarsi una delle due possibili conseguenze: sicurezza durante la vita o non ritorno dopo la morte. «"La diritta via, o monaci, che mena alla purifica­ zione degli esseri, al superamento del dolore e della miseria, alla distruzione della sofferenza e della pena, all'acquisto del giusto, al realizzamento dell'estinzio­ ne, è data dai quattro pilastri del sapere" : se questo fu detto, perciò fu detto.» Così parlò il Sublime. Contenti si allegrarono quei monaci sulla parola del Sublime.

LA RETTA COGNIZIONE

VESTO ho sentito. Una volta soggiornava il Sublime presso Savatthi, nella Selva del Vinci­ tore, nel parco di Anathapil}.Q.iko. Là or si volse l'onorevole Sariputto ai monaci: «Voi monaci!» «Fratello !» replicarono allora attenti quei monaci all'onerevole Sariputto. L'onorevole Sariputto parlò cosi: «"La retta cognizione, la retta cognizione", così si dice, o fratelli. Ma fin quanto, o fratelli, un santo uditore ha la retta cognizione, la sua cognizione è giusta, il suo amore alla dottrina provato, egli appar­ tiene a questa nobile dottrina?». «Fin di lontano, o fratello, noi verremmo dall'ono­ revole Sariputto, per avere su ciò chiarimento; sareb­ be quindi bene, se l'onorevole Sariputto volesse spiegare appunto quest'oggetto: i monaci serberanno le parole dell'onorevole Sariputto.»