Gli occchiali. Scienza, arte, illusione

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Gli occchiali. Scienza, arte, illusione

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cchiali a perno, a ponte, con stanghette, mo­ nocoli, lenti d'ingrandimento, binocoli, telescopi, po­ lemoscopi, ma anche occhiali "degli avari" o "dei gelo­ si", di cui nel testo troviamo molte curiose illustrazio­ ni, sono qui i protagonisti di un racconto affascinan­ te, ricco di colpi di scena e fantasmi, di erotismo, di iro­ nia e malinconia. Attraverso la storia degli occhiali, dal­ l'incerta origine, e la loro rappresentazione artistica e letteraria, che coniugano scienza e illusioni, l'autore b·at­ ta le vicende di una "protesi" nata per migliorare la vi­ sta ma che finisce spesso per accecare. Una riflessione sull'esperienza visiva che, con un ribaltamento di prospettiva, ·ci aiuta a vedere "i giochi che si celano dietro gli occhiali" e ci ri-

Arnaud Maillet Storico dell'arte e della visione, è autore anche di Le miroir noir.

vela qualcosa del nostro com-

Enquete sur le c6té obscur

plessivo rapporto con il mondo.

du reflet (Parigi,

In ©

copertina: fotografia di RMN l Stéphane Maréchalle

www.raffaellocortina.it



2005).

14,00

ISBN 978-88-6030-362-2

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Gli occhiali

ARNAUD MAILLET

Gli occhiali Scienza, arte, illusioni



&[ffaello Cortina Editore

www.raffaellocortina.it

Titolo originale

Pro1hèses lu11aliques � Editions Amsterdam 2007 Published by arrangement with Age nce littéraire Pierre Astier & Associés Traduzione di Rosella Prezzo ISBN

978·88·6030·362·2

© 2010 Raffaello Cortina Editore Milano, via Rossini 4 Prima edizione: 2010

Stampato da Galli Thierry stampa, Milano per conto di Raffaello Cortina Editore

Ristampe

l 2 o 4 2010 2011 2012 201) 2014

Indice

Prologo Il

La logica degli occhiali 15

Oscurità attorno alla storia degli occhiali 37

Accecamento concettuale 61

Dalla pulsione voyeuristica all'accecamento 79

Dall'accecamento alla morte: fantasmi di artisti 97

Epilogo 119

Ringraziamenti 121

Elenco delle illustrazioni 123

A Mariti E anche a tutti quelli che hanno rischiato di ammazzarsi scendendo una scala con lenti prDgressive sul naso...

l.

Tennine medico riferilo all'occhio affeno da esof1almo, prolrusione dei bulbi oculori dalla covili orbi1ale. [Ndn

IO

Prologo

Contrariamente all'impressione che una prima e frettolosa lettura po­ trebbe dare, questo piccolo libro non è una raccolta di articoli. n let­ tore potrà forse,a volte, avere la sensazione di qualche ripetizione, me ne scuso in anticipo, ma è un effetto voluto. n presente saggio è in­ fatti composto da variazioni su uno stesso tema. n libro articola un'i­ dea centrale in cinque capitoli, ciascuno dei quali chiarisce un pun­ to di vista differente: scientifico (primo capitolo), storico (il secondo), filosofico (il terzo) ed estetico (gli ultimi due capitoli). L'idea centrale, carica di molti fantasmi, evidenzia un tratto es­ senziale della civiltà occidentale, o forse dell'umanità intera; pur vo­ lendo ricercare la via più facile, più economica, i nostri modi di pen­ sare e di agire possono in realtà rivelarsi, alla lunga, i più costosi. At­ traverso il semplice esempio degli occhiali da vista abbiamo cercato di "mirare" proprio questo costo esorbitante. Esorbitante perché, se all'origine si presume che gli occhiali compensino le debolezze del­ l'organo oculare, in realtà troppo spesso l'occhio così attrezzato è esorbitato' a causa degli occhiali stessi. L'esempio degli occhiali ci porta quindi a confrontarci con ciò che i greci (e, in particolare, Esio­ do) chiamavano hybris: la dismisura che spinge l'uomo a volere di più della parte assegnatagli dal destino e lo avvicina così pericolosa­ mente alla follia. La follia e la dismisura di credere che i progressi tecnici siano la panacea universale; al contrario, i rimedi si rivelano spesso peggiori del male. Se gli occhiali segnalano il male da cui il paziente è afflitto, sono anche sintomi dei nostri modi di pensare. Ma la cosa più sorpren­ dente è che i vari fantasmi che, nel corso dei secoli, la storia, la leneIl

9cn vorbant; �a t man mirgefan ,0ann jcij on nut) vif 8t1c§er �an 9ie jc� nit fy6t vnb. nyt verflan

Fisural Ritrano dell'aurore circondato dalle sue opere mentre le spolvera, ma senza averle lcue o comprese, realizzato circa cinquecento anni prima della sua nascita, da Albrccht Diirer, Lt nave deifolli, incisione su legno, 1494.

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PROLOGO

ratura e l'arte hanno prodotto attorno agli occhiali coniugano,in un certo qual modo, il fatto scientifico con l'aggravarsi, nel tempo, del disordine di qualsivoglia sistema. A volte si possono persino coglie­ re alcune omologie (intese come i rapporti strutturali profondi e ge­ neratori di pensiero) tra questo tipo di fantasmi e il deterioramento del sistema. Gli occhiali ci fanno dunque vedere e decifrare quei fan­ tasmi che ci dicono qualcosa di attinente all'ideologia (nel senso che Althusser ha conferito a questo termine), dal momento che, attra­ verso gli occhiali, percepiamo il modo in cui gli uomini vivono il lo­ ro rapporto col mondo ...

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• P. Valory, 'Su:ndhal", in S1endhal, Roma11ti • raccoll/i, a cura di M. Di Maio, 1r. i1. di M. Cueehi, Mondadori, Milano 2002, vol. n, pp. 1292-129J. l. A. Gidc, P. Valéry, Co"espo11dance, 1890·1942, a eura di R. MaUe1, Gallimard, P aris 19''· p. 274, n. 204.

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La logica degli occhiali

Veder clriaro significa veder nero. PAUL VAL�RY *

Nello scrivere queste parole, Pau! Valéry non fa l'apologia di un modo di vedere. Egli rimprovera anche a Stendhal un simile atteggiamento: Ecco come si sbaglia per il desiderio di vederci chiaro. L'esempio del giudizio di Stendhal sui preti ci porta immediatamente a un rilievo di carattere generale. La maggior pane di coloro i quali credono di esse­ re dei conoscitori del cuore umano non riesce a separare la chiaroveg· genza di cui si vanta da un atteggiamento sfavorevole verso gli uomini. Ha la bocca amara o ironica. È vero che nieme dà l'aria psicologa quan· to l'attitudine abituale a svalutare gli altri. Veder chiaro significa veder nero, secondo una convenzione talvolta molto comoda.

Tuttavia Valéry non è certo noto per il suo travolgente ottimismo. Già André Gicle,in una lettera inviatagli il29 agosto 1896, indicava nel non vedere la vita in rosa il loro comune atteggiamento: Che la tua etica non ti porti alla felicità, né tu né io ce ne stupiremo. Non sempre si sceglie il proprio telescopio per vedere la luna in rosa; almeno, non è quello che tu hai voluto; e mi congratulo con te per aver accettato di pagare con parecchia felicità la possibilità di cercare la verità: mi vergogno un po' a confessarti che spesso ho preso luccio­ le per lanterne, ma il mondo mi appariva tanto più illuminato! Gli idoli rendono più facile la felicità; bisogna a tutti i costi che l'icono· clasta sappia [ .. . ).1 15

Figura 2 Abraham Bosse, Visus. La vista, 1638 circa, acquaforte, 26 x 3} ,l cm.

2.lbiJem, p. 398, n.) 12. ). L'espressi one fronccse qu i usara, •uoir (... ] par le peli/ bortl Je la lorgnetu", equivale al nostro dcno •fare di una mosca un elef ante", ossia ingrondire un Jenagli o secon­ dario. [NdT] 4. J.G.A. Chevalier, Le ComeTI!aUurJe la Vrte, lroiJième édition augmenrée; ruivi drt Ma­ nuelJe l'Ingénieur-Opticien ( . .. ].ed. in proprio, P aris 1815, p. 1777;). W. Goethe, La /eoria Jei m/ori, rr. it. a cura di C. Troncon, il Saggiatore, Milono 2008, pp. 189 sgg. 5. A. Furetiè rc, Essois d'un dictionnaire univ�rsel, COII/rmml génhalt:menltous lrs mals Fra11çois lant uieux que moJemes, et/es /ermes Je IOI/tes /es Sciences et Jes A rts [ . . . ], s.I., 1684, s.p voce ·Luneue". 6. R Rechi, La/el/re Je Humbo/Jr. Du jardin paysagera11Jaguerréotype, Christian Bour­ gois, coll. Détroits, P aris 1989, pp.10-1 1; E. Viollet-k-Duc, LeuresJ'/talie, IBJ6-18J7, aJressies à sa/am i/ le, I..éo nce Lage t, Pari s 1971, p. 165. .•

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LA LOGICA DEGLI OCCHIALI

Ricordiamo che, nel luglio 1903, Valéry cercherà di costruire un cannocchiale con mezzi di fortuna, ossia con alcune lenti scadenti . . . 2 Non si potrebbe quindi dargli torto: svalutare è sempre facile. Tut· cavia, vedere nero non si riassume unicamente in questa facilità, ma deriva anche dal nostro confronto con la crudeltà del reale. C'è da so­ spettare che vedere nero non sia altro che la conseguenza di un ap­ proccio complessivo. Tentare di assumere un simile "punto di vista" tenendo conto di un orizzonte più ampio è dunque l'ottica che ci sia­ mo proposti nell'esaminare gli occhiali e i loro effetti sulla visione e sullo sguardo. Tradizionalmente gli occhiali sono il simbolo della vi· sta (figura 2) e, come vedremo in seguito, anche del "veder chiaro". Si tratta tuttavia di un approccio parziale, che equivale a osservare gli occhiali e la vista attraverso una lente d'ingrandimento.) l:ottica che abbiamo cercato di costruire, la più neutra e trasparente possibile, anche se mai raggiungibile pienamente, dovrebbe quindi permetter­ ci di contribuire a vedere con maggior chiarezza i giochi che si cela· no dietro gli occhiali. A prima vista, gli occhiali arricchiscono la visione. Così le lenti co­ lorate di Goethe o gli occhiali variamente tinti di Chevalier permet· tono di vedere la vita a colori, procurando un "piacere" all'occhio e alla mente.' Allo stesso modo, gli occhiali poliedrici o s/accettati- co­ munemente chiamati "occhiali degli avari", in quanto ciascuna lente era costituita da "un vetro tagliato, che moltiplica l'oggetto tante voi· te quante sono le sue sfaccettature" (figura 3)- davano agli avari l'im­ pressione di arricchirsi!' Gli occhiali offrono dunque, a colui che li utilizza, la possibilità di veder di più o diversamente, ossia di perce­ pire ciò che non gli appariva a occhio nudo. Alla fine del Medio Evo, per esempio, l'effetto degli occhiali è descritto come ingrandente i caratteri a stampa. Simile a quello della lente d'ingrandimento, che permette di scoprire dettagli ai quali prima non si era prestato atten­ zione: è così che Humboldt o il padre di Eugène Viollet-le-Duc sco­ prono, non senza sorpresa, l'estrema precisione dei primi dagherro­ tipi.6 Ma è proprio qui che gli occhiali scivolano in una logica di sup­ plenza: quelli colorati regalano una visione a chi li utilizza e che pri­ ma non aveva; quelli sfaccettati procurano ciò che manca all'avaro; e 17

FiguraJ Occhiali s/acce/lali, 1650 circa, cristallo di rocca e metallo dorato, } ,8 x 8 cm.

7. Ab�].-A. Noll�t. uçons de physiquetxpérimemale (1743·1748), fondo H.L. Guérin & L.F. Delatour, Durand, Poris 1764-1769, v, p. 503. 8. Ch. de Sainc- Vve5, Nouveau traité des mal11dieJ des yeux, /es remèdes qui y convù!llmmt. et/es Opbatiom de Chin11gie qu� lez11J guén'sous exigent. Avecde Nouuelles D&ouverleJ sur la Siruc/ur. de /'(Eeil, qui prouvent I'Organe immidiot dc la Viie, Pierre·Augustin

Le M�rd�r. Paris 1722, pp. HO·H}.

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LA LOGICA DEGLI OCCHIALI

le lenti d'ingrandimento permettono di vedere ciò che sfugge all'oc· chio nudo. Da questo momento diventa difficile distinguere tra un ar· ricchimento e una compensazione o una correzione. La cosa si rive­ la ancor più difficile quando l'arricchimento,al quale ci si era abituati, viene a mancare. Gli occhiali finiscono sempre,a un ceno punto,per avere una funzione di supplenza: fWlgono da compensazione. Sul piano medico, gli occhiali da vista correggono una disfunzio· ne dell'occhio: sono ortesi, in quanto ristabiliscono una funzione di cui esso è carente. Tuttavia,parlando spesso di "lenti correttive", fac· ciamo un cattivo uso del linguaggio. Gli occhiali non correggono, compensano. L'unico senso in cui è possibile parlare di correzione è nell'ambito dell'ottica geometrica. Quando, infatti, Wla persona pre· sbite, miope, ipermetrope o astigmatica si toglie gli occhiali,torna di nuovo a non vederci un bel niente! Il difetto non è stato corretto, bensì compensato per il tempo in cui gli occhiali sono stati portati. Solo la chirurgia può correggere; le lenti si limitano a compensare. Gli occhiali possono anche rimediare a una mancanza,generata in particolare dalla chirurgia. A metà del XVII secolo, per correggere la cataratta,l'oculistaJacques Davie! preferisce l'estrazione del cristal­ lino alla sua riduzione (operazione più antica che consiste nel lussa· re attraverso un ago il cristallino nel corpo vitreo). Descrivendo i due tipi di operazioni, l'abate Nollet, brillante divulgatore, riferisce che "quando l'opacità è definitiva, l'unico rimedio possibile è asportare una. parte dell'occhio, supplendovi con l'uso di un occhiaie atto a compensare tale mancanza" .l Gli occhiali sono dunque delle prote· si, in quanto rimpiazzano artificialmente, del tutto o in parte, una funzione più o meno assente dell'organo oculare. Bisogna tuttavia riconoscere che tra supplire (aggiustare, rimpiaz· zare) ciò che manca all'occhio e supplire (riparare, owiare) alle sue mancanze, ai suoi difetti, ossia tra onesi e protesi,la differenza è mi· nima perché, in entrambi i casi, gli occhiali compensano. Una distin· zione che tende addirittura a svanire quando gli occhiali abbandona· no il campo strettamente medico, come ci mostrano numerosi esem· pi. Per questo li consideriamo,qui, sotto il termine generico di prole· si, da non confondersi con quell'altra protesi rappresentata dall'occhio artificiale (l'occhio di vetro, un tempo chiamato "occhio posticcio").8 Inoltre, come in quest'ultimo caso, gli occhiali,almeno quelli scuri, so· 19

9. Cir. in A. Huxley, L:arte di vedere, rr. ir. di G. Gnoli,Adelphi, Milano 1989, p. 18. IO.J. Derrida,LA ven/ilti1 pi1111ra,rr. ir. di G. eD. Pozzi, Newron Compron, Roma 1981, p. 78.

Il. R Bacon,OpurMajur ad Clementem Q11ar111111 Po111i[icem romam1111 [. . ), S.jebb, G. Bowyer,London 1733,p. 352. 12. Etimologicamente, imbecillur significo "debole", perché privaro di sosregno, senza ba· cillum (diminutivo di baa1lmn, "ba.srone"). 13. H. von Hclmholu, Optique phyriologique CHa11tlbucb der phy