Vitrum. Il vetro fra arte e scienza nel mondo romano 880903662X

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ISBN 88-09-03662-X

© 2004 Istituto e Museo di Storia della Scienza © 2004 Ministero per i Beni e le Allivilà Culturali Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino Prima edizione: Marzo 2004 Il logo FJREI\'ZE MVSEI è un marchio registrato crealo da Sergio Bianco Realizzazione editoriale di Giunti Editore S.p.A., Firenze-Milano

È vietata la duplicazione con quaLsiasi mezzo. Anno

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2007 2006 2005 2004

Stampato presso Giunti Industrie Grafiche S.p.A.- Prato

Vitrum

Il vetro fra arte e scienza nel mondo romano

A cura di Marco Beretta

Giovanni Di Pasquale

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]00'-

O GIUNTI

FIRENZE

MYSEI

Sommario

Presentazione

9

Paolo Galluzzi 11

Antonio Paolucci Presentazione

13

Prcscnlazionc

15

Valeria Sampaolo

Saggi

17

Introduzione

19

Marco Berella Giovanni Di Pasquale

Rossella Arielli Annamaria Ciarallo Simona Quartieri Giuseppe Sabotino Giovanna Vezzalini Vetro c magia

173

Annamaria Ciarnllo nel XVIII e

37

Cristallo

61 71

Ernesto De Carolis La fortuna del vetro

in età flavia

81

aDo luce di alewti contesti pompeioni

e sperimenozione tecnica

Catalogo

87

185

Sala inlroduniva

187

l fondamenti tecnici deDa rivoluzione 197

Solo l Una rivoluzione tecnologica

Sala Il

Fabrizio Paolucci Il vetro e la conservazione degU alimenti

Una rivoluzione

223 di costume

Sala III

Annamaria Ciarallo Il vetro in medicina. l cosi di Oplontis e Pompei

179

XIX secolo: ripresa formale

Silvia Ciappi

Erkinger Schwarzenberg Il vetro neOn vito quotidiana

169

il coso delle pedine da gioco

La riscoperta del vetro archeologico

l vetrai dell'antica Roma E. Marinnne Siern

95

277

Una rivoluzione arehitelloniea

Sola IV

301

Una rivoluzione scienli&ea

Annamaria Ciarallo Le finestre invetriate nell'antichità romana

109

Francesco Dell'Acqua 121

Vetro c visione

Marco Berello Specchi, globi e lenti ustorie

135

Giovanni Di Pasquale il vetro

145

Giorgio Strano Giovanni Di Pasquale

Marco Verità Indagini areheometriehe su vetri pompeiani:

Pietro Giovanni Guzzo

Vetro e meccruùco

163

allraverso le analisi chimiche dei reperti

Presentazione

Claudio Tolomeo e

Natura e tecnologia dei vetri pompeiani

153

Appendice

338

l modelli

339

U progello di allestimento

347

Studio Gris

Bibhografia generale

350

Indice dei nomi

358

Paolo Galluzzi Direllore dell'Istituto e Museo

Presentazione

di Storia della Scienza

Dopo la fortunata esperienza di rivisilazione critica di aspet­

Un approccio organico e trasversale, dunque, che viene spe­

ti fondamentali della riflessione scientifica e delle applica­

culannente rappresentato nel catalogo, al quale hanno con­

zioni tecnologiche nel mondo romano compiuta con la mostra

tribuito specialisti di aree di competenza diverse.

Homo Faber. Natura, scienza e tecnica nell'antica Pompei nel

Un'iniziativa di questa ambizione e complessità non sarebbe

1999, un nuovo ambizioso progetto di ricerca- questa volla

stata possibile senza l'impegno appassionato del gruppo di

sul vetro nel mondo romano - ha consentilo di rinnovare la

studiosi che vi hanno profuso le loro energie e competenze:

già collaudata collaborazione tra l'Istituto e Museo di Storia

Marco Beretta e Giovanni Di Pasquale, che mi proposero per

Vitrom,

della Scienza e le Soprintendenze Archeologiche di Pompei

primi l'idea di

e di Napoli, alle quali si è aggiunto in questa occasione il

e arricchita di !ematiche suggestive da Maria Rosaria Bor­

idea subito raccolta con entusiasmo

Polo Museale Fiorentino che l'amico Antonio Paolucci ha

riello, Annamaria Ciarnllo, Ernesto De Carolis e Fabrizio

coinvollo con entusiasmo nell'iniziativa.

Paolucci.

Mi preme sottolineare queste autorevoli convergenze istitu­

Vorrei esprimere il mio più vivo apprezzamento per l'Ente

zionali che hanno consentilo di formare un'équipe dotala del­

Cassa di Risparmio di Firenze, che ha generosamente soste­

le competenze multidisciplinari indispensabili per affronta­

nuto questa impresa, per Firenze Musei, che ha garantito il

re un tema come quello dell'innovazione tecnico-scientifica

supporto finanziario e organizzativo necessario per la sua

che in età romana trasformò il vetro in un materiale di age­

realizzazione, per la Direzione del Museo degli Argenti, che

vole lavorazione, favorendone l'affermazione nell'uso quoti­

ha messo a disposizione l'inimitabile e particolarmente appro­

diano, nonché l'impiego in raffinate produzioni artistiche e

priala cornice per questo evento, e, infine, per le prestigiose

per la realizzazione di sofisticate apparecchiature scientifi­

istituzioni italiane e straniere che hanno garantito prestiti di

che e sperimentali nelle quali venivano esaltati i pregi ecce­

straordinaria qualità e importanza.

Homo Faber, Stefano

zionali della trasparenza e della natura inerte del vetro.

Come già avvenne per

La mostra Vitrttm è infatti il frutto di una lunga e approfon­

gnato un allestimento attraente ed evocativo, mentre Opera

Gris ha dise­

dita attività di ricerca, che ha coinvolto storici delle scien­

Laboratori Fiorentini ha ricostruito con la consueta profes­

ze e delle tecniche, archeologi e studiosi della cullura clas­

sionalità le apparecchiature della vetreria romana e realiz­

integra infatti in una visione organica i reperti di

zato i modelli della perduta strumentazione scientifica e spe­

quell'inesauribile giacimento di preziose testimonianze del­

rimentale antica per la quale il vetro rappresentava un com­

la civiltà classica che è l'area vesuviana, le citazioni di fon­

ponente essenziale.

sica.

Vitrum

Li antiche che parlano della natura del vetro, dei diversi meto­

L'auspicio è che l'esplorazione, avviata per Homo

di di lavorazione e dei suoi molleplici impieghi, accurate

sviluppata con

ricostruzioni delle interpretazioni che gli autori antichi avan­

antico dei fattori tecnico-scientifici con le manifestazioni

Vitrum,

Faber e

della forte interazione nel mondo

zarono sulla natura di questo straordinario materiale sulla

delle attività artistiche e cullurali, da un lato, e con l'orga­

base delle più accreditate teorie della materia, indagini sul­

nizzazione della società, dall'altro, possa determinare in futu­

l'utilizzazione del vetro a fini artisticì e decorativi e financo

ro ulteriori occasioni di collaborazione istituzionale dalle

considerazioni sulle implicazioni sociologiche suggerite dal­

quali scaturiscano nuove iniziative di presentazione al pub­

la diffusione di suppellettili di vetro nel costume domestico

blico più vasto dei risultati di ricerche originali sul contributo

a seguito della diminuzione del costo di questo materiale per

offerto dalle scienze e dalle tecniche allo sviluppo della civil­

l'imporsi della produzione su vasta scala, ecc.

tà classica.

Antonio Paolucci

Presentazione

Soprintendente Speciale per il Polo Museale Fiorentino

Per gli storici dell'arte gli affreschi staccati dalla Casa dei

da un'altra minio, da un'altra le varie specie di piombo, da un'al­

Cervi di Ercolano, conservati nel Museo Archeologico di

tra coloranti, da un'altra medicamenti».

Napoli, sono icone irrinunciabili. La rappresentazione del

n fuoco, misterioso demiurgo di ogni prodigio, è all'origine del

vero visibile nella civiltà figurativa italiana, affonda qui le

vetro e il vetro potrebbe surclassare l'oro se non fosse per la

sue radici: nel musino fremente del coniglio che rosicchia il

sua fragilità. Cosl Trimalcione e l'imperatore 1iberio nel Saty­

grappolo d'uva, nella foglia avvizzita che cambia colore a

ricon di Petronio (L, LI).

seconda di come la sfiori la luce. Non a caso abbiamo fallo ini­

È affascinante la vicenda del vetro fra mito e scienza, fra tec­

ziare da quegli exempla la grande mostra sulla natura morta

nologia e arte. La storia della scienza ne è coinvolta non meno

italiana da Caravaggio al Settecento che Mina Gregori ha

della storia dell'arte. Per questo io e il mio amico Paolo Gal­

curato in Palazzo Strozzi l'anno scorso.

luzzi (certi della partecipazione all'impresa di studiosi ami­

Fra quegli affreschi resta per me indimenticabile la olia di

ci quali Pietro Guzzo, Soprintendente di Pompei e Valeria

vetro bianco piena a metà d'acqua.

È un recipiente di forma

Sampaolo, Soprintendente di Napoli) abbiamo deciso di dedi­

singolarmente moderna, di linee essenziali. Potrebbe esse­

care al vetro (il vetro visto nella plurima prospettiva della

re uscito oggi da una vetreria italiana o svedese. Ne troviamo

storia scientifica e tecnica, delle testimonianze letterarie e

di simili in un qualsiasi negozio di articoli da regalo. Quel­

archeologiche, della eccellenza artigiana e della qualità arti­

lo che colpisce è la trasparenza. Una trasparenza resa dal

stica) una mostra. Una mostra che non potrà non stupire per

pittore con straordinaria maeslrla (la luce riflessa dalle pare­

la quantità e la rarità delle opere esposte provenienti dai più

ti specchianti, il piccolo lago d'acqua in competizione, si

celebri musei d'Italia e d'Europa.

direbbe, con il colore del vetro) ma che egli ci restituisce

Accoglie la nostra esposizione il Museo degli Argenti di Pit­

con una specie di commossa meraviglia. Quasi volesse dir­

ti e sede più adatta era difficile immaginare perché il Museo

ci che il vetro è un miracolo; un miracolo che affascina, che

degli Argenti è lo scrigno dei tesori di tre dinastie. I vetri

obbliga a una silenziosa contemplazione. I.:ignoto artista vis­

che affascinarono le élites dell'Impero non potrebbero trovare

suto nel primo secolo della nostra era e classificalo dagli

compagni più adeguati dei vasi bizantini e sassanidi colle­

archeologi sotlo l'epigrafe stilistica del "quarto stile", sem­

zionati dal magnifico Lorenzo né uno scenario più efficace

(Naturalis

degli affreschi di Giovanni da San Giovanni che dicono esse­

Historia XXXVI, 68) di fronte al fuoco che «prende le sab­

re Firenze figlia di Roma e la dinastia medicea legittima ere­

bie e da queste produce da una vetro, da un'altra argento,

de della sapienza e delle arti antiche.

bra riflettere nella sua pittura lo stupore di Plinio

11

Pietro Giovanni Guzzo

Presentazione

Soprintendente Archeologo di Pompei

Anche in questa occasione l'aspetto che ci sembra da sottoli­

re paragonata alla ormai sepolta tecnica della calligrafia per

neare è l'ampiezza delle attenzioni scientifiche che si rivol­

la quale non era tanto importante e significativo che cosa si

Le particolari, e uni­

scrivesse, quanto la forma., appunto "bella", delle singole

che, condizioni di sepoltura, e quindi di conservazione, che

lettere che componevano le parole vergate sulla carta. Il para­

gono alle aree archeologiche vesuviane.

l'eruzione del Vesuvio ha comportalo per quelle antiche città

gone può apparire irriverente per coloro che non scrivono se

hanno reso i ritrovamenti che vi si susseguono ormai da più

non virtualmente: ma quali mai domande utili alle ricerche

che 250 anni utili a differenti attività di ricerca. Non solo gli

storiche potrà porre a un reperto archeologico un ricercato­

archeologi si cimentano nel tentare di ricostruire forma e mate­

re affallo digiuno di letture umanistiche?

rialilà degli antichi organismi urbani, né gli storici nell'inter­

Se al contmrio, le ricerche vengono condotte con chiara distin­

pretame le vicende: scienziati di tutt'altra formazione vi ritro­

zione tra strumento e scopo, i risultati saranno d'interesse.

vano alimento per indagini naturalistiche, geologiche, chimi­

Ma, in casi del genere, occorrerd. anche che i partecipanti al­

che e fisiche. Nihillzumani a me alienum puto: e, quindi, come

la comune impresa non coprano le rispettive responsabilità

ampio ed internazio­

gli uni con gli altri. Se a un archeologo non si potrà rimprove­

nale possibile, da parte di studiosi di archeologia, anche al

rare una scorretta procedura d'analisi chimica, gli si potrà a

fine di contribuire alla conservazione di queste uniche testi­

ragione imputare una inaffidabile esecuzione dello scavo o

già si è incoraggiato un concorso, il più

monianze del mondo anLico, altrettanto si compie nei confronti

una traballante determinazione cronologica del reperto ana­

di studiosi di discipline non umanistiche.

lizzato. Dalle quali imprecisioni conseguiranno altrettanto

Dei risultati raggiunti da queste indagini, per quanto si è sta­

inaffidabili conclusioni sul piano storico. Il cui merito non

lo in grado di comprendere, risultano maggiormente coordi­

potrà mai essere sostituito dalla più sofiSticata indagine, ad

nali alle vicende umanisliche tradizionali quelli che appor­

esempio, chimico-fisica. Cosl come sarà bene che, ad esem­

tano contributi specifici, utilizzabili per la generale inter­

pio, i chimici appartenenti alle diverse discipline che si sono

pretazione storica del mondo antico. Dallo stadio di appro­

consorziali fra loro per menare

fondimento al quale si arresta, necessariamente per caren­

lascino affascinare da incur.>ioni nei campi finitimi, non paghi

a

buon fine la ricerca non si

za di strumenti, l'indagine umanistica inizia il proprio per­

di presidiare saldamente il proprio.

corso )"'altra ricerca". Non si vogliono stabilire improbabi­

Se non si considera estranea a sé alcuna manifestazione del­

li collegamenti di continuità Ira l'antichità e l'oggi; né pre­

l'impegno umano, una tale disponibilità andrà manifestata nel

tendere che, sia pure sollo forme variate, esistesse in antico

proporre domande per identificare la cui risposta non è suffi­

già tullo quanto esiste ancora oggi. Ma un'angolazione dif­

ciente un'unica tecnica euristica: non certo quell'invito a non

ferente di ricerca, oppure una slrumentazione dedicata, per­

rinchiudersi in sé stessi va inteso come spinta a pretendere di

melle l'acquisizione di dati utili all'interpretazione come un

tutto sapere, di tutto padroneggiare, di tutto sentenziare.

archeologo non sarebbe mai in grado di raggiungere.

Forse, il vetro è proprio il campo più adatto a sperimentare

Una forma applicativa, di gran moda, di una tale concezione

un tal modo di procedere: la sua trasparenza svela inganni,

ci sembra sia da identificare nella disciplina nota come "ar­

la sua fragilità costringe a una condotta rigorosa. Pena la

cheometria". La fomm più superficiale di essa potrebbe esse-

frantumazione.

13

Valeria Sampoolo Soprintendente Reggente

Presentazione

per i Beni Archeologici delle Province di Napoli e Caserta

Il giudizio negativo che Diderol esprimeva nei confronti

simile che gli antichi le portassero anche dentro simili vasi

delle Recherche:; sur les

ruines d Herculanum , pubblicate da

con dell'acqua di neve•. Una analogia di usanze, una con­

A. D. Fougeroux, come «un pessimo libro. Un mero cata­

tinuità di costumi legate anche alla funzionalità della mate­

'

logo degli oggeui ritrovati.Il sig. Fougeroux si interessa al

ria i cui prodotti pur cosi abbondantemente restituiti dalle

fatto che gli antichi avessero cucchiai e forchette», andreb­

città vesuviane, sono tuttavia ancora poco studiati, soprat­

be forse esteso anche a chi fu dietro la scelta degli oggeui

tutto per ciò che riguarda le acquisizioni più antiche. Tra

da riprodurre nelle incisioni di uno dei volunù delle Antichità

di esse però ben noti sono ovviamente i pezzi singolari, quel­

mai dato alle stampe, i disegni originali del

li che si son fatti notare, sin dal momento della scoperta,

di Ercolano

quale sono raccolti in un fascicolo custodito presso la Biblio­

per la particolarità del colore, della forma o della tecnica

teca della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Pro­

di esecuzione.

vince di Napoli e Caserta. In nitidi disegni a matita sono

Ed è con questi pezzi particolari, alcuni dei quali "unici",

riprodotti utensili in ferro e oggelli di vetro: bottiglie quadrate,

che la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e

fiasche, bicchieri. l:auenzione era stata puntata verso una

Caserta partecipa all'organizzazione della mostra. Dagli wkoi

classe di materiale, che grazie alle circostanze dell'im­

murmorizzati, alla fiaschetta globulare con ancora i resti del

provviso seppellimento delle città vesuviane, in molti casi

contenuto, alle coppe costolate, alle lucerne, al "vaso blu"

tornava alla luce integro; testimoniava il livello cui erano

capolavoro della tecnica del vetro cammeo; per non parlare

giunte nel I sec. d.C. le tecniche di fusione e di purifica­

dei cristalli: dalle lenti semisferiche con funzione ingran­

zione della materia prima; con l'abbondanza di esemplari

dente, all'anforelta per profumi, alla cicala, al cucchiaino.

rivelava di essere divenuto di uso comune, si da suscitare il

Molto ci si aspetta dalla rinnovata attenzione su questa ampia

ben noto commento di Trimalcione sulla sua praticità. Nel

classe di materiale, e per l'approfondimento delle conoscenze

I secolo d.C. non si era ancora raggiunto il virtuosismo tec­

che può pervenire

nico che avrebbe caratterizzato le produzioni più tarde, ma

ta anni è

la purezza delle linee e l'eleganza delle fom1e avrebbe reso

e per le prospeuive aperte dai risultati dei nuovi scavi. L'in­

a

a

quanto già da più di duecentocinquan­

disposizione degli studiosi nel Museo di Napoli

quegli oggetti estremamente moderni, adatti a una "natura

tensificarsi delle ricerche in quella zona ricca di sabbia bian­

morta" di Monmdi o di De Chirico cosi come adatti erano sta­

ca e fine tipica della costa campana tra Litemum e Cuma,

ti alla loro epoca per quadri e vigneUe. Numerosi sono infat­

ben nota a Plinio (Nat.

ti gli esempi di aiTreschi in cui compaiono recipienti di vetro

ti intorno al lg;}7 al rinvenimento di crogioli con resti di cae­

riprodoui evidentemente anche per mostrare la perizia del

rulewn, mentre quasi contemporaneamente, nell'antica P!IU!o­ li, veniva individuata una fornace per il vetro proprio nella zona

pittore nel renderne la trasparenza. Brocche colme di acqua,

Hist. XXXVI, 194), ha portato infat­

piccoli crateri ripieni di vino doralo, fruttiere traboccanti

riconosciuta come

melograni, cologne e uva o pieni di ciliegie

affianca, tra la fine del

za da far notare agli Accademici Ercolanesi nel commento

Clivus Vitriarius sive Thurarius. A esse si 2003 e gli inizi di questo 2004, la scoperta dei fondali del porto di Neapolis che sta restituen­

a una piccola incisione di capotavola «L'esser qui poste in

do molti oggetti di vetro, bouiglie, balsnrnari, bicchieri, alcu­

rese con

tanta vivez­

un vaso di vetro dimostra appunto il costume di mangiarsi

ni dei quali decorati a rilievo e dunque oggetti di arte, altri

sicco­

integri, ancora sigillati a custodire il loro contenuto, e dun­

EK ljl\li(pw À.aJ.I�aVOIIEVa, prese dall'acqua fredda; e

me oggi usano portarle in tavola poste in neve, cosi è veri-

que mezzo utile per la scienza a rivelarne la funzione.

15

SAGGI

Marco Berella Giovanni Di Pasquale

Introduzione· ·Mi sarebbe proprio piaciuto mostrare a Posidonio un artigiano del vetro che con il suo soffio dà al vetro moltissime forme, che sarebbero a stento foggiate da una mano,

sia pur estremamente precisa•. Seneca, Epistulae XlV, 90, 31.

Le ragioni della mostra

tecnica, il vetro si troverà a competere con materiali di più antica tradizione come i metalli e la ceramica, che prece­

Le vicende che hanno scandito i diversi usi del vetro si intrec­

dentemente avevano dominato il mercato del vasellame a

ciano con le abitudini degli uomini, con i progressi della

uso domestico. In questa storia gli artigiani romani occu­

scienza, con i perfezionamenti dell'arte. Gli studi, le pub­

pano un posto particolare non solo per aver dato impulso

blicazioni e le numerose mostre che negli ultimi anni sono

determinante alla diffusione di questo nuovo materiale, ma

state dedicale al vetro antico hanno principalmente messo

anche per aver sviluppato definitivamente i diversi modi

in risalto il valore artistico dei reperti e le diverse tecniche di lavorazione impiegate.

Vitrum. Il vetrofra arte e scienza

nel mondo romano propone

un approccio nuovo, col quale

di impiego del vetro.

È

infatti nel mondo romano che si

registra un sostanziale cambiamento nel modo di concepi­ re questa sostanza.

si vuole mettere in evidenza come il vetro non abbia solo influenzato la vita quotidiana delle città antiche, ma sia sta­

Una rivoluzione tecnologica

to proficuamente impiegato anche come materiale ideale per

l:origine del vetro non è precisamente nota. Oggi sappiamo

approfondire le forme di sapere naturalistico, scientifico e

che l'attribuzione di questa straordinaria invenzione ai Feni­

tecnologico. Il lì! o conduttore per ricostruire il racconto che

ci da parte di Plinio [Nat.

presentiamo con l'occasione di questa mostra scaturisce dal­

te errata e che l'introduzione del vetro dovette avvenire in

Hist.

XXXVI, 65) è probabilmen­

l'analisi combinala dei reperti archeologici e delle fonti let­

Mesopotamia: i popoli che abitavano tra il Tigri e l'Eufrate

terarie greche e latine. Per quanto l'antichità classica non

cominciarono a produrre oggetti in vetro tra il3000 e il 2000

abbia tramandato testi specificamente dedicati al vetro e ai

a.C. e successivamente questa tecnica si diffuse in Egitto

diversi modi di impiegare questo materiale, sono proprio le

dove, per altro, si affermò anche la lavorazione del cristallo

fonti letterarie

di rocca, materiale destinato ad affiancare il vetro per tuna l'an­

a

mettere in evidenza l'esistenza di perso­

naggi che, sin dall'epoca classica, hanno allentamenle ana­

tichità [cfr. saggio di E. Schwarzenherg in questo volume).

lizzato e messo a frullo le caratteristiche del vetro in rela­

La natura del vetro, come è noto, è ancor oggi problematica

zione a una serie di problematiche comuni.

e la complessità della struttura chimica di questo materiale

Per cercare di comprendere appieno la rivoluzione prodot­

e la sua instabilità molecolare continuano a suscitare la curio­

ta dall'avvento di questo nuovo materiale nella vita quoti­

sità dei chimici. In una certa misura il vetro non è nemme­

diana dei centri vesuviani come di tante altre località nei

no un composto sufficientemente omogeneo perché sia pos­

primi decenni del I secolo d.C., occorre fare uno sforzo di

sibile, scientificamente parlando, collocare combinazioni

immaginazione e provare a calarsi in un'epoca in cui il ve­

chimiche cosl differenti, quali quelle che si trovano in diver­

tro non esiste. l:acquisizione e la diffusione dei procedi­

se paste vitree, sotto il medesimo nome. Soltanto molto gene­

menti della tecnica della soffiatura, dalla metà del I seco­

ricamente si accetta sotto la definizione di vetro un compo­

lo a.C. in poi, costituiscono il momento fondativo, a parli­

sto di silice (in percentuali che vanno dal 50% al75%), fon­

dal quale il vetro comune può essere prodollo in tempi bre­

denti come la soda o la polassa, stabilizzanti come l'ossido

vi, in gran quantità e a costi relativamente bassi divenen­

di calcio e i coloranti (ricavati per lo più da ossidi metalli­

do un materiale alla portata di molti. Vengono cosl supera­

ci). La fusione di questo composto avviene a temperature che

le le tecniche di produzione più antiche e laboriose, come

superano i

la colatura a stampo, la modellatura su un nucleo oppure

possibile ottenere dei lavorati e delle paste sufficientemen­

l'intaglio a freddo di una forma. Prodotto con questa nuova

te omogenee a temperature inferiori (circa

re

1100 •c ma, grazie all'efficacia dei fondenti, è 700 •q. SAGGI

19

La mas$a omogenea così ollenula. una volla raffreddata crea

di oggelli in vetro più semplice. veloce e meno costosa [Stra­

il vetro. sostanza destinala a rivoluzionare le abitudini delle

hone, Geographia X VI, 2. 25]. Del t-eslo, l'impallo rivoluzionario

cerca in alcune discipline scientifiche e tecniche. Dal momen­

do della sua comparsa il poeta Lucrezio introduceva per la

popolazioni delranlichilà e a modificare il modo di fare ri­

di quesla lecnica lo si evince dal fallo che nello stesso perio­

to che nell'anlichilà non esislcvano lecniche e fornaci capa­

ptima volla nella lingua Ialina il lemtine vitrwn, un neologi­

dienti del vetro, la maggior parte dei prodolli consisteva in

che gli autori latini avevano lraslilleralo per designare questo

ci di raggiungere un calore sullicienle a far fondere gli ingre­

manufalli di piccole dimensioni in pasta vi l rea opaca, mol­

lo simile alla ceramica.

smo destinalo a sostituire in brevissimo lempo i lennini greci

maleriale (Lucrezio, De rerum natura IV, v. 597 e sgg.J.

Ollre all'inlroduzione della canna, gli artigiani mediorienla­

melà del primo secolo a.C. l'introduzione in officine medio­

li seppero costruire fornaci capaci di raggiungere temperature

zionario sia nei melodi di lavorazione sia nella diven;ilìcazio­

dienli del vetro di raggiungere lo slalo di fusione e di pro­

A

rienlali della canna da soffio apportò un cambiamenlo rivolu­

più elevale di quelle tradizionali, consentendo agli ingre­

ne dei prodolli. L:uso di canne per l'alimentazione del fuoco

durre cosl manufalli non solo più malleabili, ma anche per­

l'antico Egillo e, come vedremo nel seguito. il lrasferimenlo

renza, dipendeva anche dalla purezza degli ingredienti e dal­

deUe fornaci per la lavorazione dei metalli era nolo anche nel­

del sapere tecnologico acquisilo neUa melallurgia all'arte velra­ ria rappresentò un leitmotiv delle prime fasi di questa straor­

fellamenle lrasparenli. La qualità più apprezzala, la traspa­

la sapiente aggiunta di soslanze decoloranti, quali l'ossido

di manganese. Una volla compreso che gli ossidi metallici

dinaria innovazione. Essa deve essere Iella, per un corrello

potevano generare nel vetro diverse colorazioni, i vetrai comin­

vera e propria rivoluzione tecnologica che rese la produzione

ponenti fondamenlali. l Romani apprendono le nozioni di

inquadr"dmenlo deUa questione di cui ci occupiamo, come una

ciarono a dominare questi matetiali aggiungendoli ai u·e com­

1. Affresco con scena di metallurgia dalla Coso dei Vetlii o Pompei (SAPJ.

20

\ itn1111

2. Porticolare dello fornoce doll'offresco dello Coso dei Veltii o Pompei.

base da artigiani vetrai medio orientali che si stabiliscono

gonfie per lo sforzo. Il pittore ha poi raffigurato alla destra

in Italia: ne scaturisce una produzione senza uguali, desti­

della fornace un panchetto che in seguito diverrà uno degli

nala a restare insuperata per molti secoli.

accessori principali, sui quali anche i vetrai erano soliti

Purtroppo non sono molte le notizie direttamente riferibili

appoggiare i materiali lavorati.

alle fornaci, che dovevano essere realizzate in modo da trat­

ln ogni caso, il vetro era considerato dagli antichi un metallo

tenere il calore e diffonderlo uniformemente sugli ingredienti.

in virtù di tutta una serie di analogie relative proprio alle tec­

Non precisamente delineabili nella loro fisionomia com­

niche di lavorazione (cfr. infra). Proprio da questo punto di

plessiva, dovevano sprigionare un'elevata temperatura, per

vista, subito dopo il lungo brano che Plinio dedica all'origine e

ottenere la quale era necessario impiegare grandi quantità

agli sviluppi della tecnica vetraria vi è un passo che merita di

di legna. I resti delle slrullure di base dei forni mostrano che

essere riportato e commentato [Nal.

Hist.

XXX V I, 68]:

erano a pianta circolare, ovale, rettangolare, quadrata. I.:i­ conografia antica è piuttosto avara di rappresentazioni e quel­

del vetro. !.:amorino raCfigurato sulla sinistra è infaLLi inten­

«siamo colti da stupore, al pensiero che non c'è quasi nes­ sun risultato che possa essere raggiunto senza l'ausilio del fuoco. li fuoco prende le sabbie: e da queste produce da una vetro, da un'altra argento, da un'altra minio, da un'altra le varie specie di piombo, da un'altra colonmti, da un'altra medi­ camenti. Col fuoco le pietre si sciolgono in rame, col fuoco si produce e si lavora il ferro, col fuoco si raffina l'oro, nel fuoco bruciano i sassi che fanno stare assieme le pietre del­ le case. Alcuni materiali è opportuno farli bruciare più vol­

to a soffiare in una canna lunga e sollile e la medesima ope­

te, e lo stesso materiale fornisce un prodotto alla prima com­

razione è compiuta dall'erote sulla destra, le cui gote sono

bustione, un altro alla seconda, un altro alla terza, e quando

le di cui disponiamo non hanno la ricchezza e precisione di dellagli che sarebbe necessaria [KLEIN - LOYD

1984, p. 11].

A questo proposito, ulteriori approfondimenti sono necessa­ ri per giungere a definire con precisione l'attività lavorativa raffigurata nel celebre affresco pompeiano dalla Casa dei Vettii (figg.

1-2), in cui si vedono i cosiddetti "Amorini fab­

bri"; alcuni indizi richiamano l'analogia con la lavorazione

SAGGI

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è ridouo

a

carbone. proprio allora comincia, ormai spento,

ad avere piil forza, e quando lo si crede peri lo, diventa dì maggiore efficacia. Il fuoco è un elemento della natura smi­ surato, senza legge, un elemento per cui si sia in dubbio se sia maggiore il suo e!Tello dislrullivo o quello coslmllivo•.

È vero che la sollolinealura dell'importanza del fuoco nelle alli vi là tecniche dell'uomo è un elemento già presente nel pensiero greco, basti pensare alle teorie dei filosofi preso­ crati ci oppure al milo di Prometeo e all'elaborazione che gli antichi fecero della vicenda dello sfortunato eroe, ma in que­ sto passo Plinio compie un'apertura di notevole importanza volta a rimarcare sia l'utilità di quella parte della tecnica che si identifica con la lmsformazione della materia, sia il rigore scientifico dei procedimenti sui quali si fonda l'arte vetraria, considerala di livello superiore rispello a un semplice arti­ gianato. Tra le numerose citazioni presenti nella lelleralura lese a una rivalulazione dell'arte velraria, una in particolare si presta a considerazioni di carallere storico-scientifico. Si lralla del celebre episodio del vetro infrangibile, un ritrovato che un art.ifex a\nbbe presentato all'imperatore Tiberio. Ecco l'episodio nel racconto di Petronio

[Satyricon LI]:

•C'era una volla un fabbro che riuscì a fabbricare Wla boccella di vetro infrangibile. Ammesso alla presenza di Cesare per fargliene omaggio, pregò Cesare di rendergli la boccella e la scagliò sul pavimento.

E il nostro Cesare ne fu sbigollilo al

massimo. Ma quello sollevò da terra la sua boccetta per dimo­ strare che era appena ammaccala, come un comune vaso di bronzo. Quindi estrasse un martellino e ritoccò con lullo co·

anche allraverso la di!Tusione di episodi di questo genere.

modo la boccella. Dopo tullo questo, egli credeva di avere in

l progressi degli studi hanno ormai dimostralo come la sola

pugno il potere, specie quando Cesare gli domandò: "C'è

ricostruzione lelleraria non basta a offrire uno spaccato del

qualcun altro che conosca questo modo di lavorare il vetro?"

reale svolgimento dei falli, per comprendere i quali occorre

Allenti! lnfalli, quando egli rispose di no. Cesare ordinò che

che il dialogo Ira le fonti sia totale e parilario. Per commen-

ben vedere, se questa inven­

tare l'episodio sopra descriuo in modo con·euo, occorre dun-

zione fosse stata diiTusa, oggi l'oro varrebbe meno dei sassi•.

que domandarsi se effellivamenle il nostro vetraio sia slalo in

A questo episodio hanno più volte fallo riferimento gli storici

phiala vitrea che, bulla la in l erra, rimaneva in talla (nonfran·

gli si tagliasse il collo, perché,

a

grado di fabbricare un oggello di vetro infrangibile, ovvero una della scienza per sostenere l'avversione delle classi di potere

gebatur).

nella società romana imperiale verso il progresso, prendendo

dio non danno notizia del procedimento seguito dal nostro

addiriuura spunto per immaginare l'esistenza di una politica

vetraio, per giungere a questo risultato l'artifex avrebbe pro-

Anche se le fonti leuerarie che citano questo episo-

volutamente avversa nei confronti dell'innovazione tecnologi­

babilmente dovuto adoperare una lega di vetro e alluminio,

ca, pretesto, inoltre, per porsi interrogativi sull'esistenza o

cioè vetro alluminoso. Sarebbe opportuno mellere in relazione

meno di un concello di progresso pamgonabile al nostro [EOEL­

questo brano con i numerosi vetri che, rinvenuti a Pompei ed

SfEIN 1967). Ciò che, im•ece, si ritiene debba essere solloli­

Ercolano, appaiono piegati e "accartocciati" in conseguenza

nealo in questo brano, è il notevole livello raggiunto dall'in­

dei danni causali dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., ma

dustria vetraria romana, alcuni esponenti della quale, evi­

non sono rotti (cfr. cal. 1.39, 1.40, 1.41): sono in corso ricerche

dentemente, potevano anche chiedere udienza ed essere rice­

che mirano a identificare la composizione chimica di questi

vuti dall'imperatore in persona il quale, nello specifico caso

oggelli, che sembrano invitare a considerare come il menzio-

di Tiberio, ha goduto di una propaganda sloriogralica avver­

nato passo di Petronio non sia del lullo privo di fondamento

sa che mirava a fornirne un'immagine particolarmente negativa

[cfr. saggio di E. M. Stern).

3. Pompei, Coso dei Costi Amonn.

l passi citali di Plinio e Petronio circa l'importanza auribuila all'innovazione tecnica intro­ doua nell'arte velraria nel primo secolo d.C. impongono un'ulteriore riflessione sulla pre­ cisa collocazione di questa auività all'interno delle discipline tecniche. Da lungo tempo, infat­ ti, la tecnica veniva prevalentemente identificala, e avrebbe continualo a esserlo, con la co­ struzione ragionata, con l'assemblaggio di parli che avevano nella misura e nel rispeuo delle proporzioni Ira esse esistenti quel fondamento razionale che in età ellenistica aveva portato alla nascita di una vera e propria disciplina, la meccanica, che era stata codifica­ la all'interno di lrallali tecnici sempre più precisi e dellagliati. È quindi da sollolineare il fallo che Plinio e Petronio, ma anche Flavio Giuseppe [Guerra giudaica Il, lO], Tacito [Historiae V, 7] e lutti gli autori che registrano le straordinarie proprietà della sabbia del lì u­ rne Belus, del Volturno e di altri lidi, compiono da questo punto di vista un'operazione notevole, con la quale si invita a considerare con la massima auenzione l'avvento di una nuova tecnica, l'arte velraria, i cui destini sembrano essere slrellamenle legati alla nasci­ la dell'alchimia, una disciplina che nei secoli successivi avrebbe applicalo le procedure sperimentali impiegale per la produzione del vetro anche ad altri ambiti (cfr. infra). Nonostante l'abbondan7.a di citazioni relative al vetro nella leueralura e la notevole produzio­ ne materiale, non sono molte le infonnazioni in nostro possesso sui vetrai dell'antichità. Per quanto è dalo sapere, la lavorazione del vetro era eseguila almeno da due categorie di tecnici, il vitrarius e il diatretarius. Si lraua di una divisione del lavoro in base alla quale i primi fab­ bricavano il vetro vero e proprio, i secondi lo decoravano. L:affermazione e il riconoscimento professionale della calegmia dei diatretarii dipende dal fallo che i procedimenti necessari per 4. Scena di vesnziane con grande bracca di vetta tt05parente sana il tavolino. SAN( inv. 9022. la produzione del vetro si accompagnavano alla conoscenza di tecniche artistiche che poi sfo­ ciavano nei vati tipi di decorazione che i repetti archeologici hanno confennalo. È possibile che lanlo il vitrarius quanto il diatretarius incappassero nella sprezzante valutazione manifestata S. Memento mari, masoica in pasta viltea con scheletta che regge due vasi ttasparenn, SANC. dalle aristocrazie nei confronti di coloro i quali svolgevano allivilà manuali, registrata in una Cfr. cat. 1.4·5. parte della lelleratura superstite. È probabile che anche per queste categorie professionali valesse il celebre passo del De officiis in cui Cicerone [De officiis l, 42] giudica sordidi molli mestieri pratici, non degni dell'uomo libero; in realtà, queste parole di Cicerone non sono che uno degli nspelli della società del tempo e la situazione reale dei falli era presumibilmenle diversa da come una certa lelteralum sembra suggerire. !.;opinione di cui Cicerone è Lesiimo­ ne rispecchin parte della società romana del finire dell'età repubblicana per la quale questo tipo di occupazioni costituiva un modo volgare di guadagnarsi da vivere, che non coincideva con gli ideali aristocratici di occupazione che ingentiliva lo spirito e il corpo. Dobbiamo aggiungere che sin dall'età repubblicana era in allo una polemica, porlala avan­ ti dai celi più lradizionalisli, contro le eccessive manifestazioni di lusso da parte dei cilla­ dini romani che volentieri spendevano ingenti somme di denaro per gioielli e prodolli arti­ gianali pat1icolanuenle ricercati. Come testimoniano Seneca e Plinio, oggello di questa pole­ mica furono anche certi vetri, sempre più costosi ed elaborali. È da dire, inoltre, che la figura professionale del vetraio, come lanle altre categorie di lavo­ ratori del mondo romano, si trova a coesistere con una documentazione dalla duplice valen­ za: da una parte l'alleggiamenlo critico alleslalo in numerose fonti lellerarie cui si è accen­ nalo, dall'altra i dali archeologici che evidenziano quanto massiccia fosse la presenza di artigiani impiegali in questo specifico sellore. Occorre quindi mediare Ira documentazioni che possono apparire conlraslanli: del resto. se noi ricostruissimo questa storia sulle sole fonti lellerarie, produrremmo una visione di parte che non tiene conio, per esempio, della straor­ dinaria ricchezza di informazioni che si possono derivare dalle fonti epigrafiche che regi­ strano l'esistenza di numerose allivilà professionali legate ai mestieri tecnici, molte delle quali ci appaiono per la prima volta perché non registrate nella lelleralura. Si pensi, per esempio, alla cillù di Pozzuoli: è solo grazie al ritrovamento di un'epigrafe che veniamo a conoscenza dell'esistenza, in quellu cillù, di un di un clivus vitrarius, un vero e proprio quar­ tiere per la lavorazione del vetro.

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La documentazione epigrafica deve mtcora essere indagata in modo accurato e occorrono ulteriori riflessioni per capire qua­ li categorie di lavoratori, oltre a quelle menzionate. erano impli­ cate nella produzione di oggelli in vetro. Per esempio. è pos­ sibile che fossero direllamenle coinvolti nella lavorazione del vetro i produnori di lastre per finestre, ed è probabile, inoltre, che i lanlernarii non producessero soltanto lucerne in bronzo e terracolla, ma anche quelle in vetro ben documentale dai ritrovamenti avvenuti nell'area vesuviana [cfr. cat. 3.9; 3.10). È un'iscrizione a dirci che a Cherchel, vicino Algeri, lavo­ rava il vetraio Antas (CIL, VIII, 9430), mentre a Petronell, in Austria, in un'epigrafe datala al lll secolo d.C., un uomo si dichiara esente dai doveri militari in virtù della sua allività lavorativa di speclariarius [STERNtNI 1995, p. 137). Questa notizia assume una importanza ancora maggiore, in quanto l'allività lavorativa citata era streuamente legata alla realiz­ zazione di lastre di pietra speculare o di vetro con le quali venivano chiuse le finestre delle abitazioni.

«Quanto a mc, pcrdonutcmi per quello che sto per dire, ma pre­ ferisco il

vetro, che almeno no n manda odore. E, se non fos­

se cosl frngile, lo preferirei all'oro. Peccato che questo difet­ to gli faccia avere poco valore•.

La diffusione del vetro sulle tavole e nelle dispense delle abitazioni ancora sul finire del Il secolo d.C. è testimoniata da Polluce che, scrivendo all'epoca dell'imperatore Com­ modo (180-192 d. C.), alla voce lryalos'' (vetro) elenca una serie di contenitori, forse tulla la gamma esistente [Pollux, Onamaslicon VI, 14): ·Bolliglie, damigiane, brocche, crateri, otri, fiascheue per il vino de,·ono essere faue· in vetro oppure in argilla•.

Occorre però souolineare che, purtroppo, n tull'oggi non è stata prestata particolare allenzione nei confronti delle trac­ ce residue delle sostanze originariamente contenute all'in­ temo dei recipienti in vetro rinvenuti dagli archeologi. l bai­ Una rivolu=ione di costume somari il cui contenuto è stato analizzato costituiscono un'ec­ Con le favorevoli condizioni politiche verificalesi durante il cezione di cui si rende conto in un saggio di questo catalogo lungo periodo di pace suggellato dal regno di Olia\� ano Augu­ [cfr. A. Ciarallo, Il vetro in mcdici11a). Cosl, mentre ci aspet­ sto, a Roma e in tulle le principali città dell'impero si regi­ tiamo che in futuro ''enga riservata una maggiore auenzione stra l'apertura di officine vetrarie. Tra il primo e secondo seco­ nei confronti di queste indagini, dobbiamo prendere allo del lo d.C. questa capillare diffusione si trasformò in una vera e fallo che, in mancanza di dati di questo tipo, è difficile ricon­ propria industria. A questo proposito l'archeologo Stuart Fle­ durre i numerosi contenitori rinvenuti ai diversi impieghi cui ming (1999, p. 60) ha stimato che la produzione annua di le fonti leuerarie rimandano in modo cosl chiaro. vetri nel li secolo d.C. superasse il milione di pezzi per una Parallelamente alla straordinaria diffusione (lei vasellame da mensa e da dispensa, alcuni vetrai dovellero specializ­ popolazione complessiva di 54 milioni di abitanti. U cospicuo numero di ritrovamenti archeologici e i numero­ zarsi nella lavorazione di oggeui in vetro di straordinario si riferimenti nelle fonti leuerarie testimoniano la varietà di valore artistico che evidenziano, tra l'altro, come in epoca usi cui il vetro fu destinalo. Nelle popolose ciuà dell'impero imperiale fosse pienamente avvenuto l'incontro tra m1e e il vetro diviene il materiale predilello per la cosmesi, per la scienza. l vetri cammeo, i vetri decorati a gocce o dipinti, gioielleria, per la mensa (fig. 3); il vasellame domestico in quelli soffiati a stampo, incisi e intagliati testimoniano il terracolla e in metallo viene progressivamente affiancalo e notevole livello di perfezione artistica raggiunto neUa lavorazione sostituito da quello in vetro, cui si riconoscono particolari e di questo materiale. apprezzale caralleristiche per la consen•azione di frulla, cibi Questi pochi dati di carallere generale non possono essere e bevande, e, in campo medico, di sostanze farmaceutiche. Pli­ sufficienti a farci percepire la reale portata di questo feno­ nio [Noi. Hist.. XIV, 17) consiglia di conservare i grappoli meno. Appare tullavia evidente che l'affermazione del vetro d'u\•a nel vetro; pare che, nei mesi invernali, Nerone usas­ non costituiva solo un fallo di moda e un cambiamento di se fare bollire l'acqua e poi farla raffreddare ponendola in gusto: come, da tempo, il metallo si era affennalo per qualità un contenitore di vetro nella neve [Nat. llist. XXXI, 40), che ovunque gli venivano riconosciute quali la resistenza e mentre Properzio suggeriva che con l'arrivo dell'estate si l'inalterabilità nel tempo, cosl il vetro era divenuto il mate­ bevesse in recipienti di vetro [Elegiae IV, 8, v. 57). Da un riale predilello per la conservazione di cibi, bevande, medi­ passo di Marziale (Epigr. l, 41] apprendiamo, inoltre, del­ cinali e sostanze farmaceutiche. In effeui, i Romani avevano l'esistenza di un commercio di vetri rotti che venivano raccolti, avuto modo di osservare come il vetro fosse soslan1.a chimicamente testimonianza della consapevolezza che il vetro riciclato era neutrale, e, cosa non secondaria, quanto la trasparenza con­ lavorato con maggiore facilità rispello alla pasta vitrea, oltre­ sentisse di valutare lo stato delle sostanze in esso contenute. tu Ho in minor tempo. Cosl, Trimalcione, \•edendosi sen•ire Resta da dire, 11er concludere questa sintetica panoramica del vino in pregiati vasi di bronzo provenienti da Corilllo, sulla rivoluzione di costume prodolla dalla diffusione del vetro nella vita quotidiana delle ciUà romane, che questo cambiaesclama (Petronio, Sat)Ticon L]:

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Vilrum

mento di gusto trova conferma anche nell'arte: in sintonia con quanto osservato attraverso i reper­

ti archeologici e neUa letteraturu, il vetro diviene un tema predilello anche neUa pittura deco­ rativa delle case dei Romani, specialmente per quanto concerne il genere delle nature mor­ te cui ci avviciniamo, ancora una volta, grazie alle città vesuviane. Le nature morte sono un tema di derivazione ellenistica, diffusosi successivamente anche nel mondo romano. In alcu­ ne di queste composizioni si trovano in primo piano recipienti e vasi di vetro che contengo­ no prevalentemente frutta, ortaggi, acqua e vino. Appare evidente che cib che è apprezzato non è solo la bellezza della frutta e degli animali, ma anche la trasparenza del vaso. A questo pro­ posito, ancora Seneca affemtava che •i frutti, per chi li guarda attraverso un vetro, sono mol­ lo più grandi• [Nat. Quaest. l, 3, 9]. Trasparenza che, nel l i secolo cl. C., sarà notata e sottolineata eia Pausania che. recatosi nel santuario di Asclepio a Epidauro, descrive un quadro di Pausia che raffigura Metis: Vicino al tempio c'è un edificio circolare in marmo. chiamato tholos, che è bello da vedere. AU'in­ raffigura Eros che ha deposto arco e frecce e che reca, al posto di queste, una lira. Vi è anche un altro quadro di Pausia. che raffigura Metis che beve da un recipiente in vetro. Anche attraverso l'affresco puoi vedere la coppa di vetro e i l volto della donna allraverso eli esso• [Il, 27, 3]. •

tcrno vi è una pittura di Pausia, che

Unct rivoluzione ctrchitetlonica

6. Grande finestra con infissi in teloio !igneo dolio (oso dell'Atrio o Mosoico o Ercolano.

7. Finestra circolare con frammenti di vetro trasparente dalle Terme Femminili di Ercolano.

Uno spazio della mostra è specificamente dedicalo all'impatto deUa diffusione del vetro nel­ l'architellura. Se è vero, come dice Vitruvio (De architectura Il. l] e come anticipato anche dalle sue fonti di lingua greca, che i progressi in campo architettonico hanno costituito una tappa determinante nel cammino dell'uomo verso la civiltà, dobbiamo dire che anche in questo caso l'età alto imperiale si � rivelata feconda di iniziative innovative. Tradizional­ mente, l'esistenza di lastre da finestra nel mondo romano è un argomento che ha goduto di poco credito, consideralo un fenomeno marginale e non recepito dalla �or parte della popo­ lazione. La diffusione di una tecnologia capace di coprire con il vetro grandi spazi aperti viene tradizionalmente falla risalire all'alto Medioevo. Eppure. già i primi visitatori che nel corso del Sellecenlo e nell'Ottocento si recavano in visita a Ercolano e Pompei avevano modo di osservare, con meraviglia, la quantità di tracce di vetri ancora collocati nei telai delle finestre delle abitazioni e degli edifici pubblici [cfr. il saggio di f. Dell'Acqua]. Que­ sta situazione, che in parte è ancora oggi possibile osservare recandosi a Ercolano (figg. 67), doveva essere ben più impressionante per i visitatori di duecentocinquanta anni or sono. Lucio Amteo Seneca, il quale intorno al 60 d.C. considerava un'invenzione recente l'appli­ cazione di lastre di vetro alle finestre [Epistulae XC), si soffermava a descrivere con ammi­ razione sale da pranzo riparate da velis ac specularibus (Nat. Quaest. IV b. 13-7]. Non diver­ samente il poeta Stazio [Silv. l, 5, v. 42 e sgg.] sollolineava come le camere di una residen­ za brillassero grazie al vetro. l dali che presentiamo in questa mostra avvalorano in modo sorprendente le testimonianze antiche, tanto più che le città vesuviane erano cenlri di ben poca importanza e lranquillan1ente classificabili come periferia rispello al centro. Oltre al vetro si adoperava la pietra speculare, un minerale (la mica) che veniva tagliato in lastre soli ili e trasparenti che servivano per sigillare finestre di piccole dimensioni o delle serre adibite alla protezione, durante l'inverno, delle piante e dei fiori. A conferma della diffusione di queste tecniche in tempi recenti M. Slernini (1995, p. 29] ha messo in evidenza l'esistenza di un artigianato vetrario specializzato nella lavorazione di finestre a Roma, dove numerose epigrafi registrano il lavoro degli speclariarii. È difficile mellere in evidenza con il dovuto risalto quale grande passo in avanti debba ave­ re costituito l'introduzione delle lastre da finestra in vetro nelle abitazioni private e non pos­ siamo che limilarci a immaginare quanto tempo le persone abbiano trascorso al riparo dal­ le intemperie a osservare il paesaggio. fenomeno nuovo e di straordinaria importanza nella

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2S

nostra cultura occidentale, cosa che non poteva certo veri­ fil·arsi con i precedenti sistemi di protezione, quali gli scu­ ri in legno e i lendaggi. Si trana, come meglio sara evidenziato nelle pagine successive, di una riconquista della luce che è slrellamente legata alle possibilità di u tilizzo del vetro. Diret­ tamente conseguente è il problema dell'illuminazione degli spazi interni, che dalla diffusione di questi sistemi trasse beneficio. La passione per le diverse possibilità di impiego di questo nuovo materiale delle luogo a una vera e propria moda che si concretizzò, tra l'altro, con la composizione d i grandi mosaici parietali realizzati con tessere in pasta vitrea inseriti a parete come veri e propri quadri. L'apparizione simultanea delle finestre invetriale e dei mosaici parietali, la cui superficie levigata favoriva la rinessione della luce, sollolinea l'allenzione che gli architelli Romani mostrarono immediatamente nel valorizzare il nuovo materiale nell'illu­ minazione degli spazi architellonici. Anche i giardini vennero toccati da questa moda, che portò a coslruire eleganti ninfei architellonici ricoperti con tessere di pasta vilrea. In epoca successiva Lucio Vero, che resse le sor­ ti di Roma assieme al fratello Marco Aurelio tra il 161 e il 169 d.C., fece costruire una sfarzosa villa a olio miglia da Roma lungo l'antica Via Clodia. I frammenti recuperati dagli archeo­ logi hanno messo in evidenza l'esistenza di un pavimento di notevole lusso, realizzato con tessere in pasta vitrea a imita­ zione di marmi colorati e pregiali, ornamento delle sale in cui Lucio Vero brindava in calici e coppe di cristallo di Alessan­ dria. Lo stesso Lucio Vero, per impressionare i commensali avrebbe organizzato un banchello destinalo a restare nella memoria [Historia Augwta, Veros, V, 3] durante il quale avreb­ be regalato «i calici usati per ciascuna bevanda, da quelli di murra a quelli di cristallo di Alessandria, tanti per quante vol­ le si era bevuto». Tra gli oggetti più preziosi posseduti da que­ sto imperatore vi era una coppa di cristallo, di capacità supe­ riore al bere di un uomo, che aveva denominalo Volucer in omaggio al suo cavallo preferito [Historia Augusta, Verus, X, 9]. Oggelli davvero preziosi se si pensa che Marco Aurelio, dopo le guerre viuoriose contro Quadi, Sarmati, Marcomanni e Vandali, non volendo imporre nuove tasse per ricomporre l'esausto tesoro imperiale, avrebbe messo all'asta nel foro di Traiano, tra le altre cose, coppe d'oro, di cristallo e di murra.

Una rivoluzione scientijJCa Come accennalo, la rivoluzione prodolla dall'introduzione del vetro ha interessato anche alcune discipline, strettamente collegate ad aspelli della riflessione naturalistica, scientifi­ ca e tecnologica. Ciò emerge chiaramente, ancora una vol­ ta, auraverso i documenti scrilli e i reperti archeologici che sollolineano come sia andala affermandosi progressivamen­ te l'idea di servirsi del vetro trasparente per fabbricare stru­ menti e apparati utilizzati per studi e ricerche specifiche.

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Dall'età classica in poi le proprietà del vetro e del e�istallo di rocca sono state messe a frullo per fabbricare oggetti uslori, strumenti rifrangenti e riflellenli. Vetri opportunamente lavo­ rati, talvolta anche nella più conosciuta forn1a piano con­ vessa [cfr. cat. 4.13], vennero int.rodoui per osservare le cose minute. Questi stessi ausili della vista giocarono un ruolo di notevole importanza anche per le osservazioni di medici e biologi. La relazione tra le approfondite speculazioni filoso­ fiche dei Greci sui meccanismi che regolano la visione e i prodolli dell'arte vetraria, trovano un riscontro nel fallo che gli anatomisti adoperarono la terminologia del vetro per defi­ nire le parti dell'occhio umano [cfr. saggio di M. Berella]. D'altro canto, le numerose lenti piano convesse e piano con­ cave rinvenute in lutto il bacino del Mediterraneo e ancora oggi conservale in molti musei archeologici dimostrano che, sin dalla più remota antichità, si erano comprese le potenziali­ tà di questi piccoli pezzi di vetro opportunamente lavorati. Per produrre immagini ingrandite degli oggelli si adopera­ vano anche piccole sfere di vetro o di cristallo di rocca riem­ pite con acqua. Accanto a questi dispositivi venne introdot­ to l'uso di prismi che, intercellando i raggi della luce sola­ re, proiellavano i colori dell'arcobaleno su una superficie liscia [cfr. cal. 3.21; 3.22]. Anche in questo caso era l'art.e a fornire un modello di spiegazione plausibile a un fenomeno che da secoli aveva appassionalo i filosofi della natura. l:;allenla ispezione delle fonti leuerarie ha anche permesso di evidenziare come, diversamente da quanto sostenuto nella storiografia recente, strumenti e apparati sperimentali con parti in vetro vennero già adoperali nell'antichità, dall'età ellenistica in poi. Gli studiosi interessati alla pneumatica fecero ricorso a com­ ponenti di vetro trasparente per rendere manifesti gli effetti meravigliosi prodoui dall'interconnessione degli elementi. Le ricerche condolle per giungere all'ideazione di un dispositivo come il barullion, l'antesignano dell'areometro, contribuisco­ no a confermare come arte velraria e speculazione teorica si combinassero felicemente per favorire la verifica sperimenta­ le delle teorie [cfr. in questo volume il saggio di G. Di Pas­ quale �tro e meccanica]. Le numerose misure di capacità in sca­ la rinvenute nelle cillà vesuviane come in molti altri centri dell'impero sollolineano, inoltre, che il vetro trasparente ven­ ne adoperalo per quantificare volumi e capacità in maniera più precisa di quanto non avvenisse con altri materiali. Si delinea cosl, in forme che è necessario approfondire ulte­ riormente, una relazione tra la costruzione di strumenti e modelli scientifici in vetro e il processo di accumulazione di conoscenze attendibili. Il vetro trasparente diviene quindi causa essenziale di molte scoperte, il materiale attraverso il quale è possibile osservare ciò che accade durante l'esperi­ mento diversamente da quanto avveniva adoperando metal­ li e ceramica.

Osservare molti dei reperti vesuviani presentati in questo catalogo entro questa prospettiva consente di recuperare le linee guida di una storia che si è rivelata densa di spunti di ricer­ ca di notevole interesse e di mellere in luce il grandioso ap­ porto dell'ingegno di uomini perlopiù senza nome, la cui de­ strezza manuale ispirò molti naturalisti dell'antichità ad approfondire la fecondità del legame Ira ani e scienze.

Il vetro e lo Campania

8. Pierr�Henri de Volenciennes, La morte di Plinio il Vecchia, 1813,

olio su telo. Toloso, Musée des Beoux·Ar�.

•La parte della Siria che si Chiama Fenicia e che confina con la Giudea comprende, al di qua delle pendi ci del mon­ te Cannelo, una palude che si chiama Candebia. Da essa si pensa che nasca il fiume Belo, che dopo un corso di cinque miglia sfocia in mare di fianco alla colonia di Tolemaide. Il suo corso è lento, l'acqua malsana da bere, anche se sacra a lini cultuali; limaccioso, con il lello profondo, non ne mostra la sabbia se non quando il mare si ritira da esso: solo infat­ ti dopo essere stata rirneslala dalle onde ed alleggerila dei detriti, la sabbia comincia a brillare. ( ... ] La larghezza della spiaggia non è superiore ai 500 passi, eppure questo picco­ lo spazio è slnlo per secoli l'unico luogo deputalo alla pro­ duzione del vetro. Secondo la leggenda vi approdò una nove di mercanti di nitro (in realtà natron), che si sparsero per la spiaggia a preparare la cena; poiché non c'erano a portata di mano delle pietre per tenere sollevati i pentoloni, essi usarono come sostegni pezzi di nilro presi dalla nave e que­ sti, accesi e mescolati con la sabbia della spiaggia, diedero

origine a rigagnoli lucenti di un liquido ignoto; questa sareb­ he stata l ori gine ciel vetro. (66) Presto, come c'era d aspet­ tarsi, l'inquieta intell igenza dell'uomo non fu piìl paga di mescolare il nitro con la sabbia, e si incominciò ad aggiun­ gere il magnete. perché si crede che attiri anche il liquido del vetro alla pari del ferro. Analogamente si prese a fonde­ re insieme anche pietre lucenti di varia specie e poi con­ chiglie e sabbia fo•sile. C'è chi dice che in India il vetro si faccia con frammenti di cristallo [ . . . ) La fonditura poi si fa con legna leggera e secca. aggiungendo henna e nitro [ossi­ do di rame] [...) n vetro si fa liquefare come il rame in uno serie di fornaci contigue. e si formano lingotti nereggianti di colo­ re lucente ( . .. ] Dopo esser stato ridotto in lingotti si fonde di nuovo nelle officine e si tinge: alcuni pezzi sono pl asmati a fiato. altri sogomati al tornio, altri cesellati come l'argento: un tempo per queste officine era fllllalOS Sidone, se è vero che là sarebbero stati inventati gli specchi. Questo fu l'antico modo di fare il vetro. Ora, i nvece, anche nel Volturno. un liume dell'Italia, su una striscia di costa di sei miglia fra Curno e Literno, si trova una sabbia bianca la cui parte più tenero viene pestata nel mortaio o nella mola: poi si mescola con tre parti [ ....J di nitro e. liquefatta, viene passata in ah re for­ naci. Ll si forma una massa nota come arnrnonitro, che vie­ ne fusa di nuovo e dà luogo a del vetro puro e a una massa di vetro bianco• [Plinio. Nat. Hist. XXXVI, 65-66]. '

'

In questo celebre passo Plinio, oltre a ricostruire la storia dell'origine del vetro, ragguagliava il lettore sui progressi che si erano realizzati nell'arco di tempo che separava l'età alto imperiale dal remoto episodio dello sbarco dei mercan­ ti fenici alla foce del Belo. Progressi tecnici formidabili che andavano dall'introduzione della soffiatura all'uso di colo­ ranti, dall'impiego di vari tipi di fornaci al perfezionamento di tecniche di lavorazione mutuate della metallurgia e da a ltre ani antichissime come la ceramica (fig.

9). l progressi

decisivi, come si evince dalla lettura del passo, non erano stati realizzati in tempi troppo lontani e, come Plinio stesso si affrettava a sottolineare, alcune acquisizioni emno proprio da collocare intorno alla metà del primo secolo d.C. Dopo aver ricordato Sidone come uno dei principali centri di pro­ duzione di vetro e di specchi, Plinio suggerisce che le tec­ niche di produzione più innovative si fossero recentemente dif­ fuse in Italia e, più precisamente, nel litorale campano che da Cuma giunge a Literno passando per la foce del fiume Volturno dal quale i vetrai attigevano la materia prima (lig.

lO).

Purtroppo Plinio non si dilunga nel precisare quali fossero queste tecniche ma sottolinea che il vetro che si olleneva em puro e candidum, con ciò forse intendendo la produzione non tanto di vetro bianco quanto di un vetro perfettamente tra­

sparente [FORRE. che è lrosparente [De Anima 418b], em opi­

ferito il cristallo di rocca alla pietra focaia [Prudenzio, Kalhe­

nione diffusa che i corpi diafani contribuissero auivamenle

merinon V, 7-10].

alla propagazione della luce. Il fuoco può esistere al di là del­ Cristo stesso.

l'aria e dell'acqua, ma non la luce. Aristotele stesso credeva

Per Gregorio Magno esso era il simbolo della Sua presenza,

Più che al sole, la Chiesa associ!> il cristallo

che il vuoto non fosse in grado di trasmellere luce più di quan­

a

tanto che lo si legava alla croce al posto del Suo Corpo. La lu­

to facesse col suono: esso dunque non esiste, e anche se esi­

ce che esso racchiude non è simile a quella del sole, ma di

stesse non ci sarebbe modo per noi di scoprirlo. Al contrario

natura spirituale. l colli Padri della Chiesa, ai quali dobbia­

degli Ebrei, per i quali il suono è più importante della vista ­

mo la conoscenza dei presocratici, riprendono da questi ulti­

credevano infaui che la voce performaliva di Dio avesse viag­

mi l'idea che il fuoco dell'ailher fosse più intenso di quello

giato nel vuoto, confidando tanto nel loro udito da obbedire

del sole; potrebbero essere stati incoraggiati in questo anche

ciecamente alla Sua voce - i Greci credevano soltanto a quel­

dalla teoria auribuita a Empedocle e Filolao, secondo cui il

lo che potevano vedere coi loro occhi. l loro dèi si manife­

sole non brilla di luce propria, ma , come la luna, riflelle solo

stano visivamente, appaiono nei sogni, nelle visioni. Si rive­

quella di una più polente sorgente nascosta.

lano a clù li vuoi vedere, e in greco conoscere vuoi dire appun­

l primi cristiani non adoravano il sole, ma piulloslo Colui che

to vedere, benché lo si faccia con gli occhi della mente.

esso rappresenta, e anche i pagani loro contemporanei talvol­

Platone considernva la geometria tridimensionale come una cosa

ta lo subordinavano a una luce più potente quale l'etere; gli

divina, ed è probabile che di fronte alla perfezione del pri­

ostensori, infatti, imitano il sole e i suoi raggi dorati. Già mol­

sma esagonale del cristallo di rocca, cui la trasparenza con­

lo prima del regno di Costantino, i Persiani si erano serviti del

ferisce una qualità astraila e immateriale, abbia ipolizzalo

cristallo per rendere più splendida l'immagine del sole che

per la pietra un'origine ultraterrena. Forse è stata proprio l'os­

campeggiava sulla tenda del loro sovrano: Super tabemacu­

seiVazione di un cristallo simile che indusse il lilosofo o qual­

lum, unde ad omnibus conspici possel, imago solis crystallo inclwa.fulgebat («Sulla tenda, dove tutti potevano vederla,

immaginare che gli atomi dell'aria abbiano forma di ollaedro.

cuna delle sue fonti, come Teeleto o il pitagorico Filolao, a

splendeva un'inunagine del sole racclùusa nel cristallo») [Quin­

Il piccolo ikosahedron (25 mm) di cristallo di rocca esposto

Curzio Rufo, DI, 3� Per quanto riguanla invece l'oro, cosl copi�r

nello Staatliche Museen di Berlino [PLANTZOS 1997, n. 56]

to

samenle utilizzato dall'imperatore negli interni delle sue basi­

potrebbe avere una qualche rilevanza in merito, consideralo

liche, esso doveva fungere da tangibile memento della pre­

che Pitagora lo allribuiva all'acqua [Aetius, Placita II, 6, 5].

senza invisibile di Dio. l mosaicisti bizantini rivestivano i loro

Platone credeva inoltre che sia l'acqua che i metalli (lm i qua­

tasselli d'oro con uno strato di vetro cristallino per meglio illu­

li Plinio inserisce il cristallo di rocca) fossero formati da ico­

minare le volle delle chiese, le cui cupole erano una rappre­

saedri [CORNFORD 1937, p. 253]. Di norma i cristalli nascono

sentazione in miniatura del paradiso [JAMES 2000].

attaccati per la base, cosicché chi ne entrava in possesso non

Gli antichi utilizzavano sfere di cristallo - l'uso delle lenti

era in grado di stabilire se si fossero sviluppati sulla roccia

come specchi ustori si diffonde solo più tardi - per racco­

viva, in caverne o crepe, oppure fossero piovuti drilli dal cie­

gliere e concentrare i raggi del sole (lsidoro, Etymologiae

lo. Un esemplare di quarzo con la forma di piramide a base

XVI, 3] e appiccare il fuoco a micce [Aristofane, Nuvole,

esagonale somiglia a un ollaedro più di qualunque altro alo­

766-68], foglie secche e funghi polverizzati [Marbod de Ren­

ma degli elementi descrilli nel Tii1U!o.

nes, Liber de gemmis, XLI]. Ma presto si scoprl che aveva­

Tullavia le forme stereometriche degli atomi sono incompa­

no maggiore efficacia vasi di vetro sferici colmi d'acqua [Pli­

tibili con il sistema aristotelico, in cui quallro qualità van­

nio, Nat. Hist. XXXVI, 199], un metodo cui si ricorreva fin-

no a combinarsi formando quallro elementi. Se l'acqua, liqui-

66

\'itnun

da e scorrevole, fosse davvero falla di atomi poliedrici, la fri­ zione Ira le migliaia di angoli che essi possiedono produrreb­ be un grande calore; l'acqua comincerebbe a bollire e da e­ lemento freddo si lrasfonnerebbe in aria calda. Gli incisori di gemme sarebbero stati d'accordo: mentre si adoperavano e­ nergicamente per intagliare il cristallo e tentavano di smus­ sarne le dure estremità, si affidavano alla virtù refrigerante dell'acqua, incanalandola per farla giungere fino alla cole, che si sarebbe altrimenti arroventala. Ancora più duro e luminoso del cristallo di rocca, grazie al­ l'alto indice di rifrazione, è il diamante indiano, come quel­ lo che possedevano i rajah, il primo nella lista dei vari tipi di adama.s elencati da Plinio. Chiaro, prismatico, solo più piccolo, era considerato dallo storico la gemma più prezio­ sa [Nat. Hist. XXXVII, 55]. Ma i cristalli non erano solo pietre preziose che rimandavano alla purezza e alla Lrascendenza: più quest'ultima li caralleriz­ zava, e dunque più luce contenevano o venivano ritenuti in grado di generare, più manifesta era la loro origine celeste. Tra tulle, lo zaffiro è la pietra che più apertamente partecipa del divino, poiché le sue tinte ricordano l'azzurro del cielo persino più di quanto non accada per l'incolore cristallo. Quanto al carbunculu.s, il rubino, esso splende addirillura nel buio. Anche altre gemme, come lo smeraldo, la sardonica, il diaspro, ricordano a Platone un altro regno, la regione sopra­ celeste, non consumata dal tempo, né contaminala dalla ter­ ra [Fedro llOb-e]. I colori dei gioielli sono più splendenti di quelli dei fiori cresciuti nel giardino più meraviglioso tra tut­ ti quelli che mai potranno trovarsi sulla nostra sporca e gri­ gia terra. Si dice che un tempo, prima che fossero coslrelle a incarnarsi nei corpi alla nascita, le nostre anime abitassero Il. D'altronde per i Padri della Chiesa le gemme erano un pegno del paradiso, e nei giardini bizantini e islamicì, in cui sì lenta di dare un'idea delle gioie che ci allendono, erano addìtillura ritenute più importanti dei fiori. E se il paradiso non fosse altro che una gemma? Gli abitan­ ti di U r, e con loro Abramo, credevano che il cielo avesse una volta solida, con il trono dì Dio poggiato sulla cima e un sostegno che non lì lasciava venir giù: d'altronde fu solo nel XVU secolo che gli astronomi compresero che ciò che permelle­ va ai pianeti di mantenersi in orbita era la fon:a di gravità congiunta a quella centrifuga. Nel I l millennio a.C. si cre­ deva che il cielo fosse fallo dì lapislazzuli afgani, dì cui i Sumeri e gli Egizi importarono alcuni frammenti raccolti sul­ le alte velle dell'Himalaya. La pietra "regale" di Plinio ricor­ da proprio il cielo nollumo che splende della luce delle stel­ le. Gli Anziani della tradizione ebraica devono aver scalato il monte Horeb di nolle per evitare il caldo feroce e lo splen­ dore abbacinante del sole di mezzogiorno, che solo Mosè fu in grado di affrontare. n nome ebraico per i lapislazzuli è sappiriyi. Secoli dopo, Ezechiele usa la stessa parola per

descrivere il cielo (Ezechiele l, 26), pur alludendo a quello diurno. Trallando della diafanità aristotelica, Maìmonide chiama il cristallo dì rocca sappiriyi [ScHOI..EM 1983, p. 165], ma sì riferisce a una gemma trasparente, non alla pietra tras­ lucida di color blu scuro che oggi definiamo zaffiro. Non saremmo sorpresi di scoprire che anche Berla il Venerabile sia stato ispirato da un cielo azzurro intenso [Patrologia Lati­ na, vol. CXVI coli. 8201], e, d'altronde, era appunto questo colore che l'abate Suger voleva per le finestre di Saint-Denis, lo stesso delle tesserae - i tasselli romani - che venivano ancora usate, o meglio, riutilizzate, per i mosaici dell'absi­ de delle chiese cristiane. Il cielo, che Dante paragona a un "orumtal zaffiro" una simìlitudine appropriala, visto che l'età medievale aveva grande familiarità con le pallide gem­ me che gli arabi importavano dallo Sri l..an ka - è ancor oggi chiamato "cristallino" dai fiorentini. Mentre le perfelle geometrie del cristallo ispiravano a Platone il pensiero degli dei, i Romani lo acquistavano, certi che una merce cosl difficile da reperire avrebbe mantenuto intatto il suo valore. Esso infalli doveva essere calato giù lungo la scar­ pata delle scogliere da scalatori che si erano premuniti assi­ curandosi con delle corde [Plinio, Nat. Hist. XXXVII, 27]. La descrizione pliniana delle pendenze innevale e dei ghiacciai circondò di un alone romantico il cristallo di rocca, che anco­ ra nel XVI secolo le Alpi svizzere consegnavano alle presti­ giose botteghe milanesi dei Miseroni e dei Saracchi. Sulle cime dei monti, dove l'aria e la neve sono purissime, il ghiaccio è pressoché identico al cristallo di rocca. A quel­ le altitudini non è difficile convincersi che il cristallo sia veramente ghiaccio, compresso e indurito in quello stadio solido da tempo cosl immemorabile che anche una protratta esposizione al sole o persino al fuoco non sarebbe in grado di scioglierlo [Nat. Hist. XXXVII, 25-26]. Solo l'acqua perlet­ tamente pura può diventare cristallo [Seneca, Nat. Quaest. III, 25, 12]. Per dirla con Stazio: Raraque longaevis nivibu.s crystalla gelari («E per le nevi perenni si gelano rari cri­ stalli») [Silv. l, 2, 126]. Ma, Alpi a parte, Plinio elenca diversi luoghi, come la città di Alabanda, Cipro, il Sinai, in cui si troverebbe il cristallo di rocca, che di fallo, come nota Salino [De mirabilibu.s mun­ di XV], non conoscono né nevi né ghiaccio duraturi. Questa osservazione geUò un'ombra di dubbio sulla teoria circa la natura e l'origine del cristallo di rocca, come anche su quel­ la del suo congelamento irreversibile, di un inattaccabile per­ magelo, sostenuta dalla sua fonte. Anche il poeta Claudiano deve essersi sentito un po' in difficoltà riguardo alle presun­ te origini ultraterrene del cristallo, quando ne esaminò un campione che conteneva dell'acqua fossile, la cui presenza. tra l'allro, è cosa piuuosto diffusa. Il freddo da cui era stato gene­ ralo il cristallo doveva essere reversibile, se il calore era riusci­ to a scioglierlo in parte [Anthologia Palatina IX, 754). -

SAGGI

67

Ci volle mollo tempo prima che la teoria del freddo primor­ diale fosse abbandonala. l:autorilà esercitala da Plinio sul Medioevo era troppo ingombrante perché ci si sentisse pron­ ti a sfidare le sue idee sulla natura del cristallo, ed esse ven­ nero date per buone addirillura fino al XVII secolo. Il cri­ stallo era stato associalo cosl a lungo al paradiso e alle virtil cristiane, che i fisici non vollero cogliere il suo legame con l'opacilà e la gravezza. Erano riluuanli a considerarlo parte della terra, come le altre pietre comuni. Nella Iarda antichità si confondeva l'elemento !erra con l hy­ le - non piil quella di Aristotele ma quella corporea. Il pen­ siero cristiano era carallerizzalo da un dualismo tale che la materia veniva concepila come qualcosa che esercita una resistenza, anche se passiva, contro le energie creative del­ lo spirito; si guardava alla terra con sospello, come se olTris­ se un qualche appiglio al demonio. Tuttavia la chiesa non sconfinò nell'eresia manichea: la materia non poteva essere del tullo calliva; dopo lullo, era stata creala da Dio. Inoltre, mentre il demiurgos platonico era alle prese con una materia preesislenle, gli interpreti ortodossi della Genesi concepiva­ no la Creazione come un allo ex nihilo. E il cristallo è Il, pronto a rammentare all'uomo che Dio in principio creò la luce. Il cristallo di rocca è la pietra piil perfeua, perché resti­ tuisce tutta la luce che riceve, mentre le altre gemme colorale ne llllltengono almeno una minima parte. Magari la luce resa dal cristallo non è esallamenle come quella del giorno, ma certo è un riflesso di quella che Dio volle creare addirillura prima del sole e della luna; la luce di questi corpi luminosi è ben piil debole di quella gelosamente custodita nella sfe­ ra del cristallino. l cosmologi cristiani erano egualmente pronti a credere che il cristallo fosse stato acqua ghiacciala in un'età remota, pri­ ma che la terra peccatrice contaminasse i fiumi che altra­ versavano il giardino dell'Eden, prima ancora che gli ele­ menti si mescolassero. Il cristallo di rocca i nduce la mente al pensiero del sacramento che solleva l'uomo dal fardello del peccato originale, e fu infaui sceho per delle rappresenta­ zioni a intaglio del ballesimo di Cristo. Le acque che com­ pongono il cristallo sono le stesse collocale sopra il firma­ mento, quelle che nel primo giorno della creazione Dio sepa­ ro dalle maligne posle sollo di esso; sono quelle del mare di cristallo, sovrastato dal trono di Dio, dell'Apocalisse [Apo­ cali.sse VI, 6]; sono le acque del Giordano, che per virtil del­ la grazia divina e delle benedizioni dei vescovi ancora oggi riempiono le fonti battesimali di lullo il mondo. Certo non ci si auende una loro descrizione obieuiva da parte dei pii poe­ ti che ne cantarono le acque cristalline, trasparenti in quan­ to simbolo dei puri proponimenli del neofila. Il cristiano che contempla i misteri divini li guarda auraver­ so lenii di cristallo: la loro luce annuncia all'umanità l'ab­ bagliante presenza del trascendente. Per questo l'ostia vie'

68

Vitrnm

ne esposta in ostensori di cristallo, e dello stesso materia­ le sono pure i reliquiari in cui erano riposte la sacre spo­ glie dei martiri. I palres latini conobbero le teorie scienti(iche dei Greci essen­ zialmente allraverso frammenti e riassunti, e fecero di lullo per conciliare la cosmologia del loro tempo con i precelli biblici. Ignorando le finezze della cosmologia stoica, Ambro­ gio descrive il cupofinnamentum della Genesi come una spe­ cie di cielo oscurato da un temporale, del lullo simile a quel­ lo che poteva vedere a Milano: aveva un colore ferreo, e rom­ bi di tuono provavano che le nubi stavano per aprirsi e pre­ cipitare grandine [Hexaemeron II, 4]. Non solo credeva che il lirmamenlo fosse l'indispensabile sostegno delle stelle fis­ se, ma che fungesse anche da argine alle acque al di sopra di esso, una specie di divisorio tra l'aria e l'etere. Ma cosa lral­ tiene le acque superiori dallo scorrere giil lungo la volta del cielo? Ambrogio, probabilmente dopo aver trascorso un po' di tempo a osservare l'incavo di una cupola sulla quale è riprodollo un cielo slellalo, trova la risposta. La volla è rac­ chiusa da una quadrato sormontato da un Iella piallo: una delle funzioni dei telti a terrazza è quella di raccogliere l'ac­ qua piovana che con una copertura convessa andrebbe altri­ menti perduta. l:uomo vede il mondo dal di dentro, ma solo Dio lo conosce dal di fuori [Hexaemeron II, 3) l cosmologi medievali interpretavano alla lellera la storia della creazione riportata nella Genesi [1, 6-7]: Dio creb il lir­ mamenlo dopo aver diviso le acque. Dimenticavano che l'ac­ qua evapora, risale e si condensa negli strati più freddi del­ l'atmosfera per poi ricadere solto forma di pioggia. Beda il Venerabile considera la divisione delle acque come la funzione principale del firmamento [De natura rerum XI], mentre Eze­ chiele lo definisce •simile al cristallo splendente» (l, 22], suggerendo dunque che fosse ghiacciato. Doveva essere piul­ loslo rassicurante per quelli che temevano che il cielo potes­ se cader loro sulla lesta e inondare daccapo il mondo, l'idea che Dio avesse preparato un sostegno robusto e in grado di reg­ gere un peso simile, perché fallo di un materiale speciale: un ghiaccio immune al fuoco dell'empireo, cioè il cristallo di rocca, appunto. Ma la teoria secondo cui il cielo consiste d'acqua e si mantiene sospeso grazie al fallo che questa è ghiacciata, a quanto pare non convinse tuili i chierici e gli studiosi che vissero in un'epoca di fede, e nemmeno quelli della scuola di Chartres. Bernardo Silveslre tullavia se ne fa promotore, ricorrendo al pianeta Saturno, che sarebbe fred­ do appunto perché ruota vicino al firmamento di ghiaccio. Anche Agostino credeva in un cielo solido, sebbene caral­ lerizzalo dalla trasparenza: un cielo opaco avrebbe impedi­ lo agli uomini di veder le stelle; al contrario possiamo esser­ varie allraverso un muro di ghiaccio puro [sant'Agostino, De Genesi ad litteram). Il filosofo melleva a lacere i filosofi natu­ ralisti che la pensavano diversamente, negantes ullo modo

atum esse c�lum, ita desuper quasi quodam pavimento solid ndo che m ne�­ •Dice ( ere sustin ut possit aquarum pondera

come un pavi­ sun modo il cielo in alto poteva cosl essere re il peso del­ mento solido affinché fosse in grado di sostene lullo è pos­ Dio per 3]: II, liueram ad Genesi [De le acque•) sibile. Nella Bibbia dei Seuanla compare il termine krystal­ lon., che può significare sia ghiaccio che cristallo. Benché

non conoscesse bene il greco, è improbabile che sant'Ago­ stino abbia confuso senza volerlo i due significati nei suoi commenti [En.arratio in Psalmum CXLVII, 2]. Nel salmo CXLVIII tulla la natura, ghiaccio e neve compresi, è chia­ mala a cantare le lodi al Signore, mentre nel salmo CXLVII

come la limpidezza sta alla durezza del cristallo o del dia­ mante: l'arcangelo Michele ricevelle come spada un raggio di luce, ma la sua corazza, che non pub essere perforata dall'ac­ ciaio umano né da ogni possibile anna forgiata dai demoni nelle fucine degli inferi, è di cristallo. Le armature dei campioni delle fede cristiana in lotta per la difesa dell'impero bizantino, cantale dai poeti, erano falle dello stesso materiale. Credendo fermamente nell'origine divina della luce, Ilde­ gan:la di Bingen [Ph)3ica XX] tentava di conciliare l'osservazione della natura con l'autorevole voce di Plinio e quella di altre fonti antiche. Empedocle sosteneva che il nero fosse pro­ dotto dall'acqua; nell'hyle germanica, nella materia scura

si esorta Gerusalemme a celebrare Colui che li ha offerti in

delle sue foreste e delle sue brughiere non doveva accade­

dono. In questi due passi, come in uno simile lrallo dal libro di Daniele, il kri.stallon della Bibbia dei Sellanta è lradollo nel­

re di rado di imbattersi in pozze d'acqua stagnanti, la cui superficie, lullavia, veniva trasformata dalla luce in lastre

la versione della Vulgata come glacies. Agostino invece lo

di ghiaccio trasparente.

interpreta nel senso di ghiaccio nel CXLVIll e di cristallo di rocca nel CXLVII, ma anche se avesse utilizzato una ver­

che molti anni prima la luce avesse trasformato la densa mas­ sa delle nevi montane in cristallo; per la maggior parte si era

sione diversa dalle nostre, certo doveva essere consapevole

sciolta, ma il nucleo centrale era sopravvisssuto, e aveva con­

È cosl che

Ildegarda i mmaginava

dell'etimologia della parola, poiché conosceva bene la teo­

servalo la virtù e la purezza della luce che l'aveva concepi­

ria di Plinio sulla formazione del cristallo; potrebbe quindi aver allribuito deliberatamente alla parola un significato diverso

lo illuminandolo la prima volta.

nei due canti alligui . Sembra comunque non aver compreso bene come mai il salmisla, che ringrazia Dio per le sue bene­ dizioni, chieda ai Giudei di esprimere la loro gratitudine a nche per i rigori dell'inverno. Altrove Davide descrive la primavera [Giobbe XXXVIII, 30-1) come il momento in cui il ghiaccio e la neve si sciolgono dando linfa ai corsi d'ac­ qua che irrigano i campi, e lo stesso sant'Agostino nel suo commento canta la neve simile a lana, la grandine simile a pani, la nebbia come fumo, leggendo in ciascuno di essi i segni dell'avvento del Messia. La neve, bianca come la lana ver­ gine, gli ricordo la tunica di Cristo; la grandine gli ricorda la manna; la nebbia la cenere penilenziale e il ghiaccio l'a­ nima dei peccatori. l raggi del sole e la calda aria primave­ rile bastano a sciogliere il comune ghiaccio, ma non le ani­ me più fredde dei peccatori incalliti: sono diventale più dure della pietra e solo la compassione di Cristo è in grado di ammorbidirle. Fu la grazia di Dio a sciogliere la granitica fiducia che Saul nutriva verso la legge ebraica. Dunque il cristallo, che ricordava ad Agostino l'ostinazione della sina­ goga, si ero forn1alo dopo aver lrascorso molli inverni su cime inospitali; non era di origine celeste. E lullavia il cristallo quale, dopo di rocca divenne il simbolo del vero cristiano, il tino nella fede. aver resistito alla tentazione, permane adaman cui certo l'autore non Secondo Rabano Mauro il cristallo, di . ' c he l'am' · .,.ne celeste, simbolegg•ava l'obbl •go •gnorava l'orivi . . o e11o spml d forza alla sta za purez La . verità ma ha verso la

È alla luce che il cristallo

di rocca deve il suo potere curativo: esso guarisce la miopia ravvivando la lucentezza e la trasparenza di quello che anco­ ro

oggi dagli oculisti viene detto �umor cristallino" [Galeno,

De usum partium VIII, 5]. Perché la vista recuperi nitidezza, lldegarda raccomanda di applicare al globo oculare una pie­

Ira - che in origine era stata acqua - precedentemente espo­ sta ai raggi solari. A quell'epoca, anche se gli occhiali già cominciavano a con­ fortare la vista degli studiosi più attempati, il cristallo resta­ va un incitamento a che la mente vedesse con chiarezza. Non

ne fece forse dono Dio come oggetto di contemplazione e pro­ messa di vita eterna? l:impresa di Boccio Bandinelli. «Ex glacie cristallus evasi», inneggia alla virtù cristiana della fede. U nipote di Paolo Gio­ vio, Giulio, interpretava la frase come una testimonianza del­ la modestia dello scultore, che non desiderava essere ricor­ dato per altri meriti se non quelli cristiani [Dialogo delle imprese]. l:anima è immortale, mentre il corpo si dissolverà, proprio come il ghiaccio. I.:impresa già dichiara quella fede e pietà che si manifesterà nella tomba dei Bandinelli in San­ tissima Annunziala.

l miei senti li ringraziumenti vanno, tra gli ahri,

n

Fabio Bnrry,

Marco Beretta, Eve Borsook, Herbert Hoffmnnn, George Huxley e Helena Leilhe-Jnsper, Paola Giuliani.

(Traduzione di Paola Giuliani per NTL, Firenze)

69

Ernesto De Carolis

Il vetro nella vita quotidiana

La scoperta della tecnica del vetro soffiato nella seconda me­ Là del I secolo a.C. aprl orizzonti fino ad allora sconosciuti nella lavorazione di questa materia, in quanto permise la produzione e l'immissione sul mercato di considerevoli quan­ Litativi di contenitori dalle molteplici forme a seconda del­ l'uso a cui erano destinali. Questi motivi sono alla base dell'incontestabile successo, quasi una rivoluzione di costume, ollenulo dal vasellame vitreo nelle diverse fasce sociali del mondo romano inserendosi pre­ potentemente nella suppellettile di uso quotidiano. La leggerezza, la trasparenza e l'eleganza delle forme erano talmente apprezzale da permeltere al vetro di sostituirsi, in particolare nel servizio da mensa, a materiali ben più pre­ ziosi come ricordano Plinio il Vecchio e Petronio: «I.:uso di contenitori vitrei ha in verità soppiantato metalli quali l'oro e l'argento» [Nat. Hi.st. XXXVI, 199]; «Cosl nacquero i bron­ zi corinzi di un'unica lega da molti metalli, e non da questo o quello soltanto. Ma perdonatemi se io vi dirò che io preferisco i vetri, almeno non hanno odore. E se non si rompessero li preferirei all'oro; ora però valgono poco» [Satyricon L]. Come per altre classi di reperti il vasellame vitreo scoperto nell'area vesuviana costituisce un campione di rilevante inte­ resse per ricostruire la sua diffusione e le tipologie preferi­ te dagli acquirenti, all'inizio dell'epoca imperiale, da utiliz­ zare per i più svariati usi. Infalli, pur riconoscendo che Pompei e gli altri centri vesu­ viani rivestono chiaramente un ruolo marginale nella vita politica ed economica del mondo romano per il loro caralle­ re provinciale, è innegabile che la catastrofica eruzione ini­ ziata il 24 agosto del 79 d.C., sigillandoli solto una spessa coltre di materiali erullivi, ha permesso di bloccare nel tem­ po l'immagine di questa area, permellendoci di entrare in possesso di insostituibili dati per tentare di ricostruire i più diversi aspelli della società dell'epoca. Grazie a questa particolare modalità di seppellimento, che ha lasciato sostanzialmente integri gli edifici con i loro con­ tenuti, è possibile avere un quadro dei singoli contesti abitativi e commerciali dai quali estrapolare i dati quantitativi e qua-

litativi della diffusione del vetro utilizzando i Diari di sca­ vo, redatti fin dagli inizi delle campagne di ricerca intra­ prese nell'area vesuviana. Pur avendo a disposizione questi importanti strumenti di ricerca, dobbiamo in ogni caso osservare che la ricostruzio­ ne dei singoli contesti si può effettuare solo parzialmente per l'inserirsi in questa valutazione di una serie di elementi di "disturbo", a cominciare dallo stato di semi-abbandono di molti edifici per i gravi danni arrecati dalla continua insta­ bilità sismica, culminata nei terremoti del 62 e 64 d.C., fino al verificarsi degli eventi eruttivi del 79 d.C. che causarono un allontanamento, seppur scaglionato nel tempo, di setto­ ri, forse consistenti, della popolazione residente con presu­ mibilmente almeno parte delle suppellettili. Non dobbiamo sottovalutare, poi, i concitati ultimi istanti di vita dell'intera area quando, sotto l'incalzare delle fasi erutti­ ve, tra il pomeriggio del 24 e l'alba del 25 agtJSto, la popolazione ancora presente tentò una disperata fuga raccogliendo dalle proprie abitazioni quanto riteneva di più prezioso o era in gra­ do di portare via spostandolo così dal contesto originario. Dobbiamo aggiungere, inoltre, il fenomeno degli scavi effet­ tuati dagli scampati al disastro per rintracciare i propri beni e nei secoli successivi da quanti erano alla ricerca di mate­ riali da riutilizzare; infine il recupero. in particolare nelle prime campagne di scavo, dei soli reperti ritenuti preziosi o più interessanti per le colleziorù reali mentre altri, come il vasellame fiuile, andarono dispersi. Per questo insieme di motivi la ricostruzione dei contesti è da ritenersi parziale ma, in particolare dove diminuiscono i fauori di disturbo. il quadro che si evince dai rinverùmenti vesuviani ci fornisce indicazioni preziose da tenere in ogni caso in considerazione proprio per la loro unicità renden­ dole, di fatto, insostituibili. In generale possiamo osservare che i reperti in vetro rinve­ nuti nell'area vesuviana sono costituiti per lo più da innu­ merevoli contenitori di varie forme e dimensioni, spesso caratterizzati da grande leggerezza ed eleganza, leggermen­ te colorati in verde e blu e utilizzati comunemente nella vita

SAGGI

71

quotidiana mentre risultano abbastanza rari gli oggelli di particolare raffinatezza e alto costo, quasi sicuramente di importazione, come l'eccezionale anfora rinvenuta nel 1834

in

una

tomba lungo via dei Sepolcri a Pompei realizzata con la tecnica del vetro cammeo, i quattro vasi scoperti nel 1954 nella Villa San Marco a Stabia in ossidiana con decorazioni a intar­ sio in corallo, malachite, lapislazzuli e oro, oltre ad alcuni contenitori in vetro policromo secondo le tecniche a "millefiori",

È molto probabile invece che

n

"nastro d'oro" e "marmorizzato".

almeno parte dei vetri di uso quotidiano rinvenuti in a rea

vesuviana siano stati prodotli a Pozzuoli, dove un'iscrizione ci allesta la presenza di una

•regio clivi vilrari�. Del resto è noto che Plinio il Vecchio [Nat.. Hist. XXXVI, 194] cita la

sabbia bianca presente tra Cuma e Literno, carallerizzata da estrema finezza, per ollenere dell'ottimo vetro e la presenza proprio a Pozzuoli dell'officina di nella produzione del

caerulcum,

Vestoriu.s specializzata

importalo originalmente da Alessandria, con il quale si

preparava il colore azzurro utilizzato per gli affreschi delle decorazioni pilloriche parieta­ li delle abitazioni [Nat.

Hist.

XXXVI,

57).

La presenza di officine per la produzione del vetro non solo a Pozzuoli ma, probabilmente, anche in altri centri localizzabili nell'area vesuviana potrebbe trovare un convincente riscontro in alcuni dati archeologici.

A Pompei i nfatti sono stati rinvenuti nel l960 diversi blocchi di vetro fuso di varie dimen­ sioni in un area non identificabile dell'/ruula

Occidentalis

(VII, 16, civici 17-22) il cui sito

originario di provenienza andrebbe tuttavia ricercato in altri sellori dell'abitato pompeia­ na se ipotizziarno un loro recupero in strati superficiali con materiali di risulta di prece­ denti scavi come sembrerebbe del resto molto probabile insistendo in quel settore dell'/n­ sula solo delle abitazioni di rango elevato. Inoltre numerosi frammenti di vetro, chiaramente destinati alla fusione, furono scoperti negli scavi effelluati alla fine dell'Oilocento dal Pasqui nella Villa della Pisanella a Bosco­

reale in un canestro di vimini nell'ambiente f e nel l997, nel corso delle campagne di sca­ vo e restauro FIO 1989, i n tre anfore, mancanti della parte superiore, provenienti dalla

Casa l, 14, 14 di Pompei attualmente in corso di studio. Questa attività di recupero di mate­

riali non più utilizzabili è anche auestata da numerose fonti fra cui possiamo citare un bra­ no di Marziale e unò di Cassio Dione che ricordano rispettivamente «l'ambulante trasteve­

ri no, che scambia giallognoli fiammiferi di zolfo con vetri rolli»

[Epigr. l,

41,

3-5] e, ironica­

mente, la concessione del dirillo di ciuadinanza da parte dell'imperatore Claudio in cam­ bio di qualche vetro rotto [LX, 17, 6]. Attività che pennetteva anche accellabili margini di

guadagno, essendo auestato un commercio su larga scala dei rollami di vetro tra le varie provi nce dell'Impero come da Alessandria alla già ricordata Pozzuoli [Cicerone,

Rabirio Postumo

Pro C.

XIV, 40].

Infine dobbiamo ricordare il rinvenimento a Pompei il 3 ollobre 1823 di consistenti quan­ Ìitativi di vasellame vitreo, fra cui 215 balsamari, avvolti in paglia in cassette !ignee all'in­ temo di u na bottega nel tratto di via che dal Tempio della Fortuna conduce al Foro

(Regio

VD, /ruula 4, 2-7), e a Ercolano 1'8 agosto 1961 in un'altra bottega posta lungo il porticato del lato Nord-Est del Decumano Massimo di almeno 46 contenitori , ridotti in frammenti per gli eventi · eruttivi e solo in parte restaurabili, imballati con stoffa in casseue di legno, fra cui una bottiglia a sezione quadrata con sul fondo il bollo di

Publiw Gessius Ampliatw.

Quest'ulli mo rinvenimento ercolanese insieme alla notizia di un altro contenitore con lo stesso bollo di provenienza pompeiana [C/L X 3062, 5] ha fatto avanzare l'ipotesi di una

sede di questa officina, attiva in epoca flavia, proprio a Pompei oppure, sulla base di alcu­ ne epigrafi puleolape relative alla geru Gessia, nella cillà di Pozzuoli. Tuttavia, senza entra­

re nel merito della esalla localizzazione di questa officina, di cui allo stato auuale delle

rièerche non abbiamo alcuna certezza, l'insieme dei dati sopra esposti potrebbe permetter­ ci ,di· avanzare· l'ipotesi che non solo a Pozzuoli ma anche in altri centri urbani; forse dislo­

cati proprio nell'area vesuviana, svolgevano la loro i ntensa attività commerciale alcune offi-

72

Yiiruu1

1. Reperti vihei integri e frammentali rinvenuti in msse lignee all'interno di uno botlego ne1 1 9 6 1 . Ercolono, decumono mossimo. 2. Gruppo di reperti in vetro rinvenuti all'interno di uno msso o ormodio ligneo.

Pompei, Coso del Fabbro

(1, 1 O, 7).

ci ne per la produzione di vasellame vitreo di uso comune

va nove assi, quindi poco piìl di due sesterzi; infine una "trul­

che, insieme a quote di contenitori importali da altre aree in

la" argentea (attingitoio o patera con manico orizzontale) 90

particolare del Nord Italia, coprivano il fabbisogno locale.

denari, pari a 360 sesterzi.

L.a diffusione del vetro nella vita quotidiana, oltre a rilevare

Sappiamo inoltre che per il mantenimento di una famiglia

un generale mutamento di gusto, potrebbe anche essere lega­

modesta di tre persone per 9 giorni era necessaria una spe­

ta all'incidenza del costo di questi contenitori in particolare

sa quotidiana non superiore ai 28 assi (6-7 sesten:i), per

per il bilancio familiare delle fasce medio-basse della società.

acquistare una tunica 15 sesterzi mentre il costo di un piat­

Escludendo, infalli, il vasellame di pregio, la cui estrema rari­

to di minestra o di una misura di vino comune era sempre

là in area vesuviana dimostrerebbe che il loro acquisto era

di un asse.

riservato ai ceti piìl benestanti della popolazione, la restan­

A questi significativi dati pompeiani dobbiamo aggiungere

te quantità di contenitori, carallerizzati in genere da un ve­

un affresco ercolanese, relativo ad una insegna di bottega.

tro traslucido leggermente colorato di verde o blu, si ritrova dif­

con la scrilla ·AD CUCUMAS· con la raffigurazione di quat­

fusa in contesti relativi alle piìl diverse fasce sociali.

tro brocche monoansate di colore diverso con al di sotto il relativo prezzo, rispettivamente 4, 3, 4 e lf2 e 2 assi, di un

Il rinvenimento a Pompei di diversi graffiti parietali e del­ le famose tavoleue cerale nell'abitazione del banchiere Lu­

tipo ben nolo in area vesuviana in particolare in bronzo ma

cio Cecilia Giocondo

anche, seppur con alcune differenze, prodotto in argilla, vetro

(V, l, 26) ci

forniscono utili dati, di

cui citeremo i piìl indicativi, sul valore di oggelli e di alcu­

e invelriata. V affresco, che rientra nella pittura definita

ne derrate alimentari usate quotidianamente.

"popolare", è stato interpretato come un prezzario relativo a

Premellendo che per gli acquisti giornalieri si usava prefe­

varie qualità di vino vendute sciolte e misurate con il tipo di

zio, che costituisce l'unità su cui si basa la contabilità roma­

ferenziato a seconda del materiale in cui erano prodotti.

na in epoca imperiale), sappiamo che il prezzo di alcuni con­

Recenti ricerche sulla diffusione della ricchezza in nrea vesu­

(caliculum,

viana, documentata dai contesti rinvenuti vicino alle vitti­

ribilmente la valuta bronzea (4· assi equivalgono a un sester­

teni tori in argi lla poteva variare fra i due assi

piccolo calice) e un asse (pultarius e patella, rispellivamen­ le coppa o piallo e piallino); un secchio forse di bronzo costa-

vaso raffigurato, oppure come il costo dei contenitori, forse dif­

me dell'eruzione, hanno evidenziato una maggioranza di indi­ vidui con averi di valore medio o medio-basso, mentre ben pochi avevano con sé beni di livello alto. In particolare è sta" ta osservata una frequente presenza di gruzzoli monetali di val(.)­ re oscillante fra i 2 e i 20 sesterzi,

somma

che risulta coeren­

te con la già ricordata nota quotidiana per la spesa e, effet­ tuando una proporzione, con le transazioni menzionate nel­ le tavolette cerate del banchiere Lucio Cecilio Giocondo, la maggior parte comprese tra alcune centinaia fino a qualche· migliaio eli sesterzi (con WJa wùca eccezione di 38.078 sester­ zi), e con la maggior parte dei capitali liquidi conservati dai pompeiani nelle loro abitazioni. Dobbiamo ricordare infine un brano di Strabone, vissuto tra il 64 a.C. e 24 d.C., dove abbiamo l'interessante notazione che era possibile acquistare una coppa di vetro con una moneta di bronzo [Geographia XVI, 2, 25] corrispondente forse al valore di un asse.

Vestrema frammentarietà e !abilità dei dati sopm esposti non permette chiaramente di .arrivare a conclusioni definitive per risolvere il problema che ci siamo posti ma una loro valuta­ zione complessiva ci consente di avanzare alcune ipotesi, tenendo anche conto delle eventuali oscillazioni di prezzo, nella stessa classe di materiali, legate alla forma, decora­ zione e dimensione dell'oggetto. Pertanto il costo del vasellame vitreo, sulla base in partico­ 3. Ercolono. Insegno di boMego con reripienn,

uno dei quoli probobilmente in vetro.

lare del pliSSo di Stmbone e dei graffiti pmietali pompeiani, sem­ brerebbe simile a quello in argilla, per i contenitori in bron­ zo era necessaria una cifra superiore ma sempre accessibile

-

73

mentre la suppellettilE" in argento era chiaramente tiservata ai ceti benestanti. Di çonscguenza. escludendo chiaramente il Yasellame argenteo. l'acquisto di contenitori in vetro. argil­ la e bronzo non inciderebbe in ma n ie m rilevante nel bilan­ cio ramiliare dei celi medio-bassi della soc i et à vesuviana. Se poi aggiungiamo a q u est i dati i risuhati della ricerca sopra citata sulla composizione sociale delle vili ime dell'eruzione per classi di ricchezza. dove gli i ndi v id ui c·on valori medio-bassi risultano i più nt ppresenlal i (55% del totale rispetto all'8% con beni ahi e a l 37% con nessuno o searsi valori). potremo ' ipotizzare di conseguenza che non solo la nm·ità c l olli m a qualità del prodotto ma anche il costo com petit ivo ha proba ­ bilmente ravorito la diffusione del vetro. Per tentare di '·aiutare più in particolare la present.a del vetro nella suppellel l il e domestica, pur con tuili i limiti che abbia­ mo precedenlemenlc el· idenzialo, possiamo rar rirerimenlo, allo stato attuale delle ricerche, ad

aleuni contesti ricoslmi­

hi l i dell'area vesuviana. Una prima interessante inronnazione si può ricavare

dall'e­

lenco complessivo dei reperti ri nvenuti da Giuseppe Fiorel­ li nelle campagne di sca\'O effettuale

Ira

il 1861 e il 1872 a

Pompei con l'ohietlil•o di rendere compl et am ent e visibili l u t ­

ti

gli edifici delle lnsulae in parte riportate alla l uce

Regiones I, VII, VIII e

nelle di terreno e nel corso delle precedenti ricerche.

IX, eliminando i

cumuli

materiali erullÌl•i lasciati Il totale dei reperti inseriti nella classe definila delle "Sup­ pel l ett i l i ed Utensili", rinvenuti integri o restaurabili, arri­ va a 19.884 oggetti con l'esclusione degli «innumerevoli frammenti, de' quali non

occorre

tener ooniD• che el'Ìdenlemenle

già al momento dello scavo non vennero recuperali. All'in-

temo di questa classe i contenitori sono slali suddivisi in vasell ame da cuci na, da mensa e destinato a contenere liqui­ di. La pri ma sezione è costitu ila da 346 reperti i n bronzo e 484 in a rgi l la ; la seconda da 550 in \' elro, 261 in bronzo, 543 in argi l la e I l in argento; la terza da 182 in bro n zo e 1 77 in argi l la oltre a 702 anfore. La genericità del dalo non pennelle una sua compl eta utiliz­ zazione, tullavia possiamo notare n ell a suppelleuile definita da mensa una lieve predominanza del vetro rispello a�l altri male­ riai i, mentre risulta completamente assente nelle altre sezio­ ni. Altre informazioni numeriche di carallere generale l e abbiamo sui reperti conservali nel Museo Archeologico Nazil>­ nale di Napoli dove all'inizio del Novecento sono stati indi­ ,.;duali circa 3.000 vasi i n vetro pro veni en t i dall'area vesu­ viana, mentre in anni piil recenti, considerando anche i reper­ ti dei depositi a rcheologic i di Pompei ed Ercolano, sono sta­ Li sc hedati complessil·amenle 1675 contenitori in terra sigi l ­ lata_ È stata rilevata infine la presenza nel deposito archeologico di Ercolano, dove sono conservali la gran parte dei reperti provenienti dagli scavi di Amedeo Ma i uri etreuuati nell'area della cillà a partire dal l9'27, di 260 vasi in vetro, 106 in cera-

74

\'ilrmu

4. Vasellame in bronzo do cucino. Pompei. Coso dei Veltii (IV, 1 5, 1). 5. Vasellame in terrocono do cucino. Pompei, provenienza sconosciuto.

mica fine da mensa e 579 in cemmica comune.

mentre man­

ca il dato complessivo sui bronzi.

numeriche eli carallere generale, contributo alla nostra ricerca. per ollenere informazioni più pertinenti abbiamo fat­ to riferi mento, in attesa di studi complessivi sul l'argomen­ to, a un campione indicativo di contes t i pompe iani con una limitata presenza di Callori el i disturbo, scelti fra le abitazio­ Al di là eli queste indicazioni

che

possono portare solo un modesto

,

ni della Regio l. scavata in gran parte nella prima metà del Novecento, suddivise secondo il livello di pregio corris po n ­ dente al celo dei proprietari. Espressione dei celi più elevati che ricoprivano cariche pub­

potere eco nom ico sono l e Questa tipo­ logia abitativa, che possiamo collocare al vertice della p i m­ mide sociale pompeiana, è c h ia ra me n te mi noritaria rispetto alla più ampia fascia costituita dalle case dei ceti medi. A l l 'interno di questa fascia sono state attribuite a un celo medio-alto le dimore con atrio e un peristi ! io i ncompleto (for­ malo da uno, due o tre lati fomiti di colonne) delimitanti un'a­ rea verde di non grandi dimensioni, mentre a un ceto medio­ basso quelle con il sol o atrio, un limitato numero di ambien­ ti e un modesto spazio verde o cort ile. A u n l i vello ancora inferiore vengono riferite abitazioni di quadrnturn molto ridotta, spesso mancanti dell'atrio o di dimen­ sioni modeste, nelle quali talvolta è presente un hortus. Infine alla base di questa piramide si possono collocare quan­ ti non si potevano permettere di avere una casa anche se bli che

o

dete nevano le leve del

abitazioni con atrio dotale di uno o più peristili.

6. Suppelliittile in ceramico, ve�o e bronzo rinvenuto all'interno dello spozio di ristoro. Pompei, coupono di Asellino (IX, I l , 2).

modesta e si dovevano accontentare di vivere negli stessi

ambienti dove svolgevano la propria attività lavorativo.

Sulla base dei registri i n ventariali

del deposito archeologi­ di Pompei abbiamo realizzato delle tabelle evidenziando la presenza dei contenitori in vetro, bronzo, ceramica li.ne (terra sigillata e pareti sotti li ) vasellame li.ttile e argento, co

,

mentre abbiamo tralasciato le altre classi di materiali, qua­ li

le lucerne e

i grandi contenitori (anfore e

lamenle pertinent i alla nostra indagine.

do li) non slrel­ ,

Tabella A : distribuzione percentuale

Casa del Menandro (1, IO, 4.)

40 16,5%

52

ll

21

Casa di Paquio Proculo (l, 7, l)

14 32,5%

9

9

ll

Casa l, 8, 2

lO 62,5%

3

118

3

Percentuale media vett"o: 37,1%

SAGGI

7S

Tabella 8 : distribuzione percentuale .Nhitazioni con perislilio incompleto Casa dei Quadrelli lèatrali

(1, 6, 1 1 )

Casa del Sacerdos Amandus

(1, 7. 7)

fme

Vetro

Bronzo

18 37,5%

22

3

4-

6

3

Cernnùcn

Vnsi fitlili

5

28,5 Casa dei C u bi col i Floreali (1.

Casa

7 21 .2%

16

2

8

12 41,3%

3

lO



39 59%

22

4

5 1 7,2%

19

4-

16 33,3%

l7

ll

2

41 41%

38

13

8

iY.etro

Bronzo

Cerrunicn fme

Vasi fitlili

15 1 5,9%

16

18

45

14 60,8%

6

]], 5

28 73,6%

5

2

l, 8, 14

18 16,8%

38

10

32

43 60,5%

16

11

l

I, 16, 2

Casa della Statue ll a l ndiana

Casa

9, 5)

(1, 8. 5)

l, 12, 7

Casa dei Quallro Stili

Casa del Fabbro (1,

(1, 8, 1 7)

10, 7)

Percentuale media

''Cll'O:

2

34,8%

Tabella C : distribuzione percentuale

Casa

l, 9, 8

Casa di

Casa l,

Casa

M.

Fabius Amando

Casa di Sutoria

(1, 7, 2.3)

Pri mi gc ni a (1, 13, 2)

Percentuale media vetro: 45,5%

76

\'ilnnu

A"gcnto

3

3

9

Tabella D : distribuzione percentuale Vetrlo di vetro blu scuro, opaco; decorazione in po>lo �!reo bianco Alt. cm 31,7; diom. orlo cm 6 Provenienze: Pompei, forse do uno sepoltura nello C010 delle Colonne o Mosaico SANC inv. 13521 l secolo d.C. La piccola anfora, con le anse costolote, termino ol fondo con pun· tale o bottone. li corpo è completamente decorato con scene ed ele­ menti di tema dionisiaca; le scene figurate occupano lo spazio sot­ to le anse; sugli altri due lati si sviluppa una decorazione a elementi vegetali e animali. Entrambe le roffigurazioni sotto le anse, deli­ mitate in oho da un festone carico di fiori e fruHo, mostrano erofi impe­ gnati in attività agresti. Su un loto, un erote è semidisteso su un let­ to, mentre un altro suono lo cetra e altri due, su alfi piedistalli, sono

dal quale originano due grossi tralci corichi di foglie e grappoli, con due esili tralci che al centro formano volute. Nello porte inferiore, sotto lo linea di esergo, si sviluppa un fregio con scena pastorale con copre e pecore poscolonfi in un paesaggio alberato. Quest'onforetto, dello quale le circostanze del rinvenimento sono poco chiare, è il più noto esemplare, assieme al Vaso Portland, di un piccolo gruppo di manufatti realizzati con la tecnica del vetro· cammeo e accomunati dal tema dion�iaco della decorazione, tra i qua­ li è significativo ricordare i due pannelli, ugualmente rinvenuti a Pompei, dallo Cosa di Fabio Rufo (/nsu/a Occirlentalis). Sullo base di evidenti affinità stilistiche, si ritiene che l'onforetto di Pompei sia stato prodotto dallo stesso officina del Vaso Portlond e del­ lo coppo del Getty Museum.

intenti alla vendemmio. Dei quattro erofi sul loto oppo>lo, due, sedu­ ti su un'alta base, suonano il flauto e lo siringa, altri due sono impe­ gnati in altre attività. l'ornamento degli altri due lati - uguale nel­

Bibliografia: Zl�mo 1 981-1 983, pp. 1 59-164; GIASs or FHE wws 1988, p. 75 e sgg.

la composizione - mostra un moscherone ornato di foglie di vite

MRB

+ 1 . 59. Testa di Omero Mormo gceco

Alt. cm 24 Provenienzo: sconosciuto Firenze, Galleria degli Uffizi, inv. n. 409 Arte romano (l secolo d.(.)

In un busto ponneggioto frutto di integrazione moderno, è inserito uno testo di personaggio barbato e in porte calvo. Nel piccolo ritrat­ to, dol naso restaurato, fu riconosciuto Omero, come suggeriva l'i· suizione dipinto nello Solo delle Iscrizioni, agli Uffizi, dove lo seui­ turo era murata. l'opera, in effetti, richiamo I'Omero del tipo cosid­ detto "Apollo nio di Tiana", un ritratto di ricostruzione elaborato, forse, in età ellenistica e noto in numerose copie sia in marmo che in bronzo. li ricorrere di un ritratto vicino a quello del tipo "Apollo­ nia di Tiana" accompagnato dal nome di Omero su monete coniate in età romana ad Amostris, in Paflogonio, sembra confermare l'i· potesi di uno simile identificazione. Omero è il primo autore o descri­ vere l'uso di decorazioni in posto vitreo. Bibliografia: MA!IIUIW 1 96 1, pp. 34-35, n. 22; RrcHrli 1 965 p. 53, n. g.

CDR

220

\ Ìl l"lllll

+ 1 . 60. Stntnella di filosofo Teuocono morrone-rossostro; eseguito con stampi diversi; foro sliototoio opprossimotivomente triongolore Alt. cm 58,4; lorgh. cm 28; prof. cm 36 Provenienza: Pompei, dol giordino dello Coso l, 2,1 6

SANC inv. l 09622 l secolo d.C. lo figuro di uomo anziano barbato e dallo folto capigliatura mos­ so è seduto su un seggio quadrangolare, tenendo un rotulo nello destro; indosso tunica e montello che, passando sul braccio sinistro, copre le gambe. l piedi, calzati con sandali allo greco, poggiano su uno sgabello. !:espressività del volto, con i grondi occhi aperti e lo boe­ co dischiuso, accentuato dal movimento delle ciocche dello lungo barbo e soprattutto dello capigliatura, hanno fotto identificare il personaggio come il filosofo Anlistene. Fine del li-l secolo a.C. l filo­ sofi greci erano interessati o studiare lo natura del vetro e lo suo affinità con i metalli. Bibliogrofio: lEVr l 926, p. 1 96, n. 847; ANDREA! 1 990, pp. 80-83. MRB

+ 1 . 6 1 . Busto del cosiddetto Platone

+ 1 . 62. Busto

Mormo greco Ali. cm 35

Mormo greco e onice Alt. cm 73

Provenienza: sconosciuto

Provenienza: sconosciuto

cou

testa di Aristotele

Firenze, Gollerio degli Uffizi, inv. n. 4 1 O Arte romano Il secolo d.(.), do prototipo ellenistico

Firenze, Gollerio degli Uffizi, inv. 9 Arte romono (Il secolo d.C.), do un modello tordo doSlico (nne IV secolo o. L)

lo testo, unico porte antico, è stola inserito in epoco moderno su un busto reconle l'iscrizione «nAA TQN» ( Plotone l. Non sussisto­

È probabile che l'archetipo in bronzo del ritratto del filosofo Aristo­ tele, dal quale dipende questa testo insieme o uno nutrito serie di

no, ormai, dubbi sullo non onlichità dell'epigrafe, frutto di un'er­

oltre repliche di etò romano, sia sfato realizzato do lisippo intorno

rato identificozione. Inoltre, le fattezze del filosofo oteniese sono, ormai, state riconosciute con certezza in un'altro serie rilrottistico

ol 330 a.C., periodo nel quale il celebre scultore lavorò per lo corte

(dr. ScHEFOLD 1 997, pp. 1 33-1 37), cosi do far escludere definitivo­ mente lo possibilità che l'uomo raffigurato nello testo fiorentino sia effettivamente Plotone. Gononostonle, lo fronte corrugato, lo sguar­ do ispirato levato verso l'alto e lo marcato colvizie concorrono o definire un tipo iconografico frequentemente utilizzato nello rilral­ tistico tordo classico ed ellenistico per raffigurare un intellettuale. le affinità rilevate fra questo tipo ritrattistico e quelli del Sofocle del tipo loterono e Farnese sembrano fissare agli ultimi decenni allo del IV secolo a.C. il periodo nel quale fu realizzato l'archetipo dal quale dipende questo copio di età romano.

possibile grozie o un disegno cinquecentesco raffigurante un busto

Bibliogrofio: MA!ISUEUI 1 961, pp. 21-22, n. 2; RICHHR 1 965, p. 1 65, O.

Bibliogrofio: Sruurrrau 1908, p. 22, C; Guwm l 949, p. 1 37, n. 3.; MArrsun­ u 1 961, p. 21, fig. 2; RICH!ER 1 965, p. 1 73, n. 9.

COR

mocedone. !:identificazione dell'uomo raffigurato con Aristotele fu di questo serie, rinvenuto sul Quirinole e reconte, sullo base, il nome del filosofo. lo copio fiorentino, inserito su di un busto corazzato e poludoto di etò moderno, presento estese porti di restauro (lo fron­ te, il naso, porte del collo l. Oò che resto consente, comunque, di riconoscere nell'opero un modesto lavoro di etò antonino piuttosto lontano dal vigore e dallo forzo introspettivo che caratterizzano le repliche migliori del prototipo tordo classico. Plotone e Aristotele sono i primi filosofi dello natura o classificare "scientificamente" il vetro e le sue possibili utilizzazioni.

COR

CATAlOGO l

221

Durante il lungo e tranquillo periodo di pace che segue l'avvento al potere di Ottaviano Augusto (27 a.C.- 14 d.C.), a Roma e in tutte le città dell'impero si registra l'apertura di officine vetrarie. La produzione del vetro diviene una vera e propria indu­ stria i cui effetti si manifestano in vari settori della vita quotidiana. Sei abitazioni della Regio l di Pompei, diver.se per eleganza e importanza sociale degli ahi tanti, costituiscono un esempio attraverso il quale si vuole meuere in evidenza il differente impallo del vetro nella suppellettile domestica. Nei centri vesu­ viani e nelle popolose città dell'impero il vasellame domestico in terrocolla e in metallo viene progressivamente affianca­ lo e sostituito da quello in vetro, cui si riconoscono particolari e apprezzale caratteristiche per la conservazione di frutta, cibi, bevande, cosmetici e, in campo medico, di sostanze farmaceutiche. Da ciò deriva che anche nelle città sepolte dall'eru­ zione del Vesuvio del 79 d.C. si era avuto modo di osservare come il vetro fosse sostanza chimicamente neuttale, e, cosa non secondaria, quanto la trasparenza consentisse di valutare lo stato delle sostanze in esso contenute.

I.:abitazione più elegante presa in esame, la Casa del Menandro Stili (1,

(1,

10, 4) (cal. 2.83-108; 2.1 10-1 12). la Casa dei Quattro

8, 17} (cal. 2.68-81 ; 2.1 34-140) riferibile a un celo medio alto, la Casa di Lesbianus (1, 13, 9) (cat. 2. 1-37; 2. 1 13-

124) e l'Hospitiurn l, l4, 9 (cal. 2.47-56; 2.141-161}, entrambi riferibili a un celo medio basso, il piccolo modesto edificio l, 9, 8 (Officina Texloria) (cal. 2.58-67; 2.127-133) e la Casa e Bottega l, I l , 3 (cal. 2.3845; 2.125-126) testimoniano elo­ quentemente il diverso impallo del vetro da mensa, da dispensa e da arredo a Pompei nel l secolo d.C.

CATALOGO Il

225

+ 2 . 1 . Olia Veho soffiato incolore con sfumature verdi Alt. cm 1 7; diam. cm 16,2 Provenienza: Pompei, Casa di lesbianus (1, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 4 20 l secolo d.C. Olio apodo dotato di breve orlo estroflesso inquodrobile nel tipo lsings 67 o. Questo genere di grossi contenitori vitrei do dispenso comparve, probabilmente, già in epoca neroniono, anche se il momen­ to di massima fortuna del tipo si colloco nei decenni finali del l seco­ lo d.C. Numerosi i centri di produzione, alcuni dei quali do locoliuo­ re nell'ltolio seHentrionole.

Bibliografia: lsrtrGs 1 957, pp. 86-B7.

+ 2.2. Coppa FP

Veho soffiato di colore verde Alt. cm 7,3; diom. cm 1 3,1 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (l, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 4 1 7 l secolo d.C. Lo coppeHo, o corpo carenato, piede o disco e labbro leggermente piegato oli' esterno, è riconducibile ol tipo lsi n gs 2.

Bibliografia (per il tipo): llrtiGS 1957, p. 1 7; GOErHERT-POIAICHECK 1 977, p. 34, formo 1 7; ROm 1991, p. 4 1 , formo AR 6.2. FP

226

\"i l nuu

+ 2.4. Coppa Vetro soffiolo incolore con riflessi verdi Alt. cm 5,2; diom. cm I l ,5 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus O, 13, 91 SAP inv. 1 1 425 Secondo melò del l secolo d.C. CoppeHa dal corpo o profilo concavo, piede ad anello e orlo orro­ londoto estroflesso. Il piccolo acetobulum è riconducibile al tipo lsings 42.

Bibliografia (per il lipo): IIUIGI 1 957, pp. 58-59; SorozZA HoRrCHT 1 986, p. 35, formo 9; Rum 1 991, p. 48, formo AR 80. FP + 2 . 3 . Coppa

+ 2.5. Cop1>a hiansata

Vetro soffiato incolore Ali. cm 9,B; diom. cm 8,6 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus O, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 4 1 5 l secolo d.C. Coppa biansato a calla svasalo, labbro arrotondato leggermente estroflesso e piede ad anello. Nonostante non sia possibile indicare

Vetro soffiolo di colore blu scuro Ali. cm 6,1; diom. cm 7,6 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 1 3, 91 SAP inv. 1 1 431 l secolo d.C.

direHi raffronti per l'esemplare pompeiana, è però do rilevare che cappe biansale di forma piuHosto vicina sono aHestale in Italia set­ tentrionale, da contesti della prima metà del l secolo d.C. (81AGGIO SI· MOHA 1 99 1 , pp. 92-93, n. 1 76.2.049), mentre presentano un corpo

più schiacciato i contenitori a doppia ansa oHestali, nello stesso tor­

Coppa o corpo emisferico segnato, in prossimità dell'orlo e del fon·

no di tempo, in Spagna (PRro: 1 987, pp. 34-35, fig. 2). Il vetro pam·

do, da due linee incise alla mola. Contenitori polari analoghi o quel­ lo in esame (tipo lsings 1 2 ) sono estremamente diffusi in tutto il

peiano sembra, quindi, riconducibile ad atelier accidentali e, in par­ ticolare, nord-italici, anche se nell'ambito di questa produzione sem·

territorio dell'impero a partire dall'età augustea, anche se è ravvi·

bra costituire un unicum lor;e ispirato a prototipi argentei, come

sobile una maggiore frequenza nello prima metà del l secolo d.C.

sembra suggerire la forma delle anse (cfr. PrRZTO BrROU SmANEtu

Sono aHestate cappe di tipo lsings 1 2 anche realizzate o stampo o con tecniche vetrerie pregiote (vetri a nastro, vetri mormorizzali

1 991, p. 261, n. 43, fig. 270), oppure ceramici (si veda, a propo­ sito delle coppe nord-italiche, BIAGGIO SrMOHA 1 99 1 , p. 93).

ecc.). Fra i numerosi centri di produzione alcuni sana da individuo· re certamente in Occidente e in Italia in particolare.

Bibliografia: inedito. FP

Bibliografia (per il �po): ISIHGS 1 957, pp. 27·30; GOUH!RT·POIASCHEU 1 977, pp. 4 1 -42, �po 30; Rum 1 991, pp. 43-44, �po AR 34. FP

CATALOGO Il

TD

+ 2.6. Bolliglia monoansaln Veho incolore con riflessi ozzurri soffioto o stompo Alt. cm 21; diom. cm 9,9 Provenienza: Pompei, Coso di Lesbionus (1, 13, 9) SAP inv. 1 1 409 l secolo d.C.

La seconda metà del l secolo d.C. e i primi decenni del secolo suc­ cessivo coincisero con il momento di massima diffusione delle boMi· glie a corpo cilindrico soffiate entra stampo. Questi contenitori, distinti nella variante a corpo schiacciato (lsings 51 a), come nel nostro caso, e a corpo slonciato (lsings 51 b). sono particolarmente frequenti in Italia e, in genere, nel bacino occidentale del Medi­ terraneo, area nella quale sono da localizzare i molteplici centri di produzione. Bibliografia (per il fipo): Mlsi.IBO, 1 999 p. 90, n. 47.

FP

+ 2. 7. Bolligli a monoansala Veho incolore con rifles� verdi soffiato o stompo Alt. cm 13,2; diom. cm 8,2 Provenienza: Pompei, Coso di Lesbionus !1, 1 3, 9) SAP inv. l l 4 1 0 l secolo d.C.

Bibliografia (per il fipo): 1/.J.sSASO, 1 999 p. 90, n. 47.

FP

221

Vilrmu

+ 2. 1 0. Brocca monoansala Vetro soffiato incolore Ali. cm 1 6; diom. un 1 2 Pmvenienzo: Pompei, Coso di lesbionus (1, 13, 9) SAP inv. l l 4 1 4 l secolo d.C. Brocco dal corpo ovoidole smio«iato, dotato di piede od anello e stret­ to collo cilindrico terminante con un labbro estroflesso oppiollito. il tipo lsings 52 o, al quale è riferibile l'esemplare pompeiana, conobbe ampio fortuna, in Italia, in Gallio e in Renonio per tutto l'orco del l secolo d.C. Numerose le ollestozioni o Pompei e o Erco­ lano, indizio (SCATOZZA HiiRIOO 1 986, p. 50), fo�e, di uno produ­ zione locale.

Bibliogmfio (per il npo): IIIIIGI 1 957, pp. 69-70; Smoru HORKHr l 986, p. 50, lmmo 30. FP

2.9. Br·occa ruonoansatu

+ 2.8. Modiolus Vetro soffiolo incolore Ah. cm 1 3; diom. cm 1 3 Provenienze: Pompei, Coso d i lesbionus (1, 1 3, 9 ) SAP inv. 1 1 4 l 6 l secolo d.C.

Vetro soffiato incolme Ah. cm 1 7 ,5; diom. cm I l Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 13, 9) SAP inv. l 1 4 1 3 Secondo metà del l secolo d.C.

Alto lozzo dotalo di piccolo anso o occhiello impostalo subito sotto l'or­

Brocchella apodo o corpo ovoido1e e bocca lriloboto. �anso, impo­

lo estroflesso. Questo genere di contenitori è precocemente olle­ sloto nell'areo campano sin dallo secondo metà del l secolo a.C.

stalo sullo spalla e sull'orlo, termina con un breve apice ricurvo. Il

(SCATOZZA HiiRICHT 1 986, p. 42), ma lo suo fortuna si protrasse sino

al tipo lsings 56 b, un tipo di brocco nolo o Pompei e nell'Italia sel­

al l i secolo d.C. Non chiaro è lo destinazione di queste alte tozze,

tenlrionole, dol quale, però, differisce per la mancanza di un becco

forse destinale o contenere liquidi o cibo (cfr. MAssABù 1 999, pp. 5860). Lo variante ollestolo nello Coso di Lesbionus, o labbro legger­ mente estroflesso e non riboNulo, è porticolormenle diffuso o Pom­

allungalo. Questo corollerislico accomuno, invece, oltre brocchene,

pei ed Ercolano, cosi do lasciar pensare o uno produzione locale (SCATOZZA HORKHT 1 986, p. 42).

Bibliografia (per il npo): IIIIIGI 1957, pp. 52-53; /iARvOOIIO: 1981, pp. 367-374; 5CAr01ZA HORICHr l 986, p. 42.

contenitore, per lo formo del corpo e il profilo dell'anso, è assimilabile

identiche all'esemplare pompeiana (cfr. Hms 1 975, p. 77, n. 277, tov. 1 9; KUIIINA 1 997, p. 305, n. 258), dotale allo secondo metà del l secolo d.C. o agli inizi del successivo e do interpretare come un'e­ voluzione dell'originario tipologio con orlo o becco.

Bibliogrofio (per il lipo): ISriiGS 1 957, pp. 74-75. FP

FP

CATAlOGO I I

229

+ 2 . 1 2 . Anfora

Vetro incolore soffioto o stampo Alt. cm 1 4,5; diom. cm 8,5 P10venienzo: Pompei, Coso di lesbionus (1, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 4 1 2 l secolo d.C. Anfora apoda o corpo ovoidole mosso da fitte scanalature verticali e segnalo, subito sotto l'attacco delle anse, da una strozzatura. Il collo svosalo termino con un orio arrotondato leggermente estro· flesso, sul quale si innestano le due anse o bastoncello. Contenitori di forma analoghi, decorali, però, sul corpo con scene di corso nel circo e di giochi glodioforii sono stati rinvenuti nell'Italia centrale e ricondotti a uno probabile bottega campano (TABORElll 1 984, pp. 561 -576, figg. 1 -2, tov. l). ripotesi sembro confermato dalla prove­ nienza, sempre do Pompei, di oltre due anforelle identiche a quel­ lo in esame e, con ogni verosimiglianzo, uscite dolio stesso stampo (Museo Nazionale di Napoli, inv. nn. 1 2032, 1 1 9497 e 1 2056). Bibliog10fio: SCATOZlA HDRICHI 1 991 , p. 85, fig. 18 o. FP

+ 2. 1 1 . Anfora

Vetro soffioto semitrosporente di colore morrone chiozzoto in bionco Alt. cm 1 8,7; diom. cm 8,6 Provenienze: Pompei, Coso di lesbionus (1, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 407 l secolo d.C. Anfora da alto collo, orlo ribattuto internamente e corpo ovoidale su piede troncoconico. ll pregiato contenitore, in vetro violoceo moc· chiettala in bianco così da creare un raffinato effetto marmorizza· lo, è, indicativamente, riconducibile alla forma lsings 1 5, diffusa nell'intero arco del l secolo d.C. Contenitori analoghi anche nell'uso di un vetro marmorizzafo sono attestali nell'Italia settentrionale (MACCABRUNt 1 983, p. 46, n. 1 8 ) e in Oriente ( HAYES 1 975, p. 55, n. 1 28), tanfo da rendere incerta l'esatta localizzazione dei centri di produzione (cfr. Gi.AsER OER AtmKE 1 974, p. 142, n. 392; VoN 5ALOERN 1 980, p. 44, n. 34 ).

+ 2 . 1 3 . Piallello

Pioltello riferibile al tipo lsings 45.

FP

Vetro soffiato incolore con riflessi ozzurn Alt. cm 4,8; diom. cm 24,8 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 433 Secondo metò del l secolo d.C.

Bibliografia (per il Hpo): lsrNGS 1 957, pp. 60·61 ; GoflliERT·PoiASCHECK 1 977, pp. 24·25, formo 9.

FP

2 . 1 4.. Piatto

+ 2 . 1 5 . PiatteUo

Vetro soffiato di colore verde Alt. cm 2,\; diom. cm 1 8,1 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 422 Secondo metà del l secolo d.C.

Vetro soffiato di colore verde Alt. cm 3,3; diom. cm 1 5,5 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 469 Secondo metà del l secolo d.C.

Piatto apodo dal corpo o profilo concavo e labbro estroflesso con orlo o cordoncino. Contenitori do mensa del lipo di quello in esame,

Pioltello dotalo di piede od anello e bosso voS b J'i'ò'Ccale

Argilla rosata, vernice rossostra Alt. cm 5,4; diom. orlo cm 5,5 Provenienza: Pompei, Cosa del Menondro (1, SAP inv. 4 7 88 l secolo d.C.

lO,

Oinochoe, di tipo Tassinori E 5220, con orlo trilobato e collo cilindrico. Il corpo, sferoidale compresso, è decoralo da cerchi concentrici inci­ si. il fondo è ad anello. �ansa, impostalo all'altezza dell'orlo e sul· la spalla, è o nostro fortemente arcuato con leggero apicaluro. �an­ so termina sull'orlo con due piccoli elementi con oli'estremità supe­ riore uno cerniera olia quale si univa un piccolo coperchiello. Que­ sto tipo di vaso è raffigurato, insieme ad altri Ire di colori diversi,

4)

Boccale monoansolo in ceramica a pareti soHili (ATlANTE; forma 1/CXI) con orlo arrotondato ed estroflesso. Il corpo è globulare decoralo do un volto umano schemotizzolo le cui fattezze sono rese do argil­ la applicala. ransa verticale è a bastoncello ricurvo. il fondo è piat­ to. Questo tipo di boccole, frequente in areo vesuviano, viene gene­ ralmente consideralo un prodotto delle officine compone del l seco­ lo d.C.

Bibliografia: MfiWIDER 2003, p. 1 46, C 2. Per l'interpretazione dell 'affresco vedosi do ulnmo: GUADAGIIO 1993, p. 88, noto 1 1 2.

Bibliografia: MENAI/DER 2003, p. 1 64, D 8. EDC

2.56

\'ilruut

nell'affresco di una insegna di bottega (n. 1 4) sul dewmonus moxi­ mus di Ercolano con lo scritto «od wwmoS>> e relativo costo in ossi, interpretato o come il prezzo del vino venduto sciolto, o del conte­ nitore stesso. Questo tipo di contenitore, variamente inserito sia nel servizio da mensa che da cucino, avevo probabilmente diverse funzioni nell'ambito dello suppellettile domestico.

EDC

+ 2 . 9SO 1999, p. 1 25, n. 92 (con bibliografia aggiornato sul tipo).

Bo�amori del tipo in esame costituiscono uno dei tipi di contenitori per unguenti più ampiamente aHestoti nel mondo romano a porti· re dallo secondo metà del l secolo d.C. (tipo De Tommaso 32). In particolare, balsomari dal corpo tendente al globulare, come nel caso in esame, sono aHestati a Ercolano.

FP

FP

Bibliografia (per il tipo): SCAroUA Hò�cm 1986, p. 64, n. 213, tov. XXXVI; O! lOMIMIO 1 990, pp. 58-59. FP

CATALOGO I l

163

+ 2 . 1 1 7. Balsnmal'Ìo Vetto soffiato incolore con nflessi ozzurn Alt. cm 6.7; diom. cm 2,7 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 4 32 c t secolo d.C.

Balsamario a corpo globulare e alto collo mancante dell'orlo. No­ nostante il suo stato di conservazione parziale, il contenitore è ricon­ ducibile al tipo De Tommaso 1 2. Bibliogrofio (per il tipo): D< TO!.VMSO 1 990, p. 46. FP

+ 2 . 1 1 8 . B nlsnmnrio Vetto soffiato incolore con riflessi azzurri Alt. cm 3,9; diom. cm l ,8 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 432 f l secolo d.C.

Balsamario a corpo globulare e alto collo, mancante in porte del­ l'orlo, riconducibile al tipo De Tommoso 1 2. Bibliogrofio (per il tipo): DE Toi.V.IASO 1 990, p. 46. FP

+ 2 . 1 1 9 . B alsamario Vetto soffiato incolore con nflessi ozzurn Alt. cm 7; diom. cm 2,8 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus O, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 432 o

+ 2. 1 20. Bnlsamm·io

+ 2 . 1 22. Balsamario

Vetto soffiato incolore con nflessi ozzurri Alt. cm 7,5; diom. cm 3,3 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 432 d l secolo d.C.

Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 13, 9) SAP inv. 1 1 432 b l secolo d.C.

Balsamorio a corpo globulare e olto collo, solo in porte conservato, riconducibile al tipo De Tommoso 1 2.

Bolsomorio in vetro a corpo ovoidole ad alto collo desinenle con un corto orlo estroflesso riconducibile al tipo De Tommoso 1 2.

Bibliografia (per il tipo): Or loi.V.IASD 1990, p. 46.

Bibliografia (per il tipo): Or Tor.v.IASo 1990, p. 46.

Vetro soffiato incolore con riflessi ozzurri

Ali. cm 2,2; diom. cm l ,6

FP

l secolo d.C. li piccolo balsamario, dal corpo ovoidale e dall'alto collo desinente in un breve collo estroflesso, è riconducibile a una variante del tipo De Tommaso 1 2, particolarmente frequente in Campania sino oli'e­ tà flavia. Bibliografia (per il tipo): DE TOI.V.IASO 1990, p. 46. FP

+ 2 . 1 2 1 . Balsamario Vetto soffiato incolore con riflessi ozzurn Alt. cm 6; diom. cm 2,7 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 1 3, 9) SAP inv. 1 1 432 e l secolo d.C.

Balsamario o corpo ovoidale , deformalo per l'esposizione od alte tem­ perature, e alto collo mancante del labbro. li contenitore è rileribi­ le al tipo De Tommoso 1 2. Bibliogrofio (per il tipo): 0< TolmAID 1 990, p. 46. FP

111

FP

+ 2. 1 23 . Balsamario

+ 2 . 1 25 . Balsamario

+ 2. 1 26. Bnlsamario

Ve�o soHioto incolore con riflessi verdi Alt. cm 1 2,4; diom. cm 1,5 Provenienza: Pompei, Coso di lesbionus (1, 13, 9) SAP inv. 1 1 383 o Secondo metò del l secolo d.C.

Vetro soHioto incolore Alt. cm 1 6,5; diom. cm 8,4 Provenienza: Pompei, Coso e Bonego l, 1 1 , 3 SAP inv. 1 02 1 7 l secolo d.C.

Ve�o soffiato incolore Alt. cm 1 7, 1 ; diom. cm 8,5 Provenienza: Pompei, Coso e Bonego l, 1 1, 3 5AP inv. 10246 l secolo d.C.

Bolsomario dall'alto collo, breve orlo estroflesso e un corpo arro· fondato non distinto di tipo De Tommaso 73.

Balsamario a corpo piriforme e alto collo desinente a orlo estro· flesso inseribile nel tipo De Tommoso 32.

Bokomario a corpo piriforme e olto collo desinente 10n un orlo leg· gerrnente estroflesso riconducibile ol fipo De Tommaso 32.

Bibliografia (per il tipo): D! To1.v.1ASo 1 990, p. 85.

Bibliografia (per il tipo): D! TOI.v.\ASO 1 990, pp. 58·59.

Bibliografia (per il tipo): O! !OIIJMSO 1990, pp. 58·59.

FP

FP

FP

+ 2 . 1 2o del ili secolo a.C. Non sono mancate, però, onche le ipotesi di uno dotazione più lordo per l'opero, ritenuto do G. lip­ pold (RM, 33, 1918, p. 14 e sgg.), lnuHo di uno rieloborozione monie­ rislico lordo ellenistico. Alcuni particolari, come lo ciocco di capelli che dolio tempio raggiunge il sopracciglio sinistro, collegano slreMo­ menle lo teslo fiorentino od alcune oltre repliche del tipo, Ira le qua­ li si segnalano uno leslo al Museo Archeillogico di Siena e uno conservalo ol Museo Nozionole Romano (dr. GiULIANO 1 987, pp. 43-44).

Lustro di vetro di formo quodroto pertinente o uno finestra. Bibliogrofio: Ho1.10 fABEK 1 999, p. 209, n. 275.

EDC

Bibliogrofio: IAURII!lr 1 941, tov. XLVI,3; BIEBER 1 955, p. 597; MAlrsuEw 1 961,

P- 27, n. 9; RIOilER 1 9 65, p. 60, n.23.

CDR � 3 . 2 . Lastra da fmestt·a Veho verde, opoco cm 39,5 x 25 ; spessore cm 0,4 Provenienza: Pompei (?) SAN( inv. s. n. l secolo d.C.

lo lustro dovevo essere destinalo olio chiusura di finestre o lucer­ noi, come oHeslono i molti altri esemplari restituiti o Pompei sia do scovi recenti, sia dogli scovi oHocenteschi delle Terme del Foro. Lastre di questo tipo potevano essere inserite - e fermale con borchie in un più gronde e articolato telaio di bronzo che consentivo anche lo chiusura di voni di notevoli dimensioni (FtOREW 1 860, vol. 1, p. 1 14 e sgg.), finanche come gli intercolumni di un peristilio (MAIURJ 1 958, vol. 1 , pp. 291 -292). Bibliogrolio: inedito.

MRB

280

\"itnuu

• 3.'1·. T1·e laslrine di piell·a speculare Soslonzo vilre�tjjessoso (mico?) cm 21,4 x 1 1,5; 21,4 x 1 0,8; 22,3 x 1 0,8; spessore cm 0,2 Provenienzo: Pompei (?) SANC inv. 1 1 79 1, 1 1 792, 1 1 793 l secolo d.C.

Le lastre di mica e sostanze simili venivano usate nell'antica Roma, seconda quanto indicato do diversi autori, per sigillare le finestre delle abitazioni e le serre. Una considerevole quantità di loslrine simili (in materiale definila «talco" all'epoca dello scavo) fu rinve­ nuto o Pompei nella cosiddella Casa delle Suonalrici (Caso di M. Lucrezio, IX, 3, 5.24). Bibliogrofio: inedito.

MRB

CATAlOGO l\ l

281

+ 3 . 5 . Vclro cln fmcslrn

Vetro verde chioro Alt. cm 51 ; lorgh. cm 45,5 Provenienza: Pompei SAP inv. 1 8032 l secolo d.C.

Lastra di vetro di forma quadrata pertinente a una finestra. Bibliogrofio: HOMO fABER 1 999, p. 209, n. 275.

EDC

+ 3 . 6. Vclro dn fmcslra

+ 3. 7 . Mf,·csco con Na.rciso

Vetro verde chiaro Alt. cm 5 1 ; lorgh . cm 45,5 Provenienza: Pompei SAP inv. 1 8031 l secolo d.C.

Intonaco dipinto cm 69,5 x 65 Provenienza: Pompei, lnsulo Occidentolis SAP inv. 17739 l secolo d.C.

Lastra di vetro di forma quadrata. l:uso di laslre di vetro, insieme al

Affresco raffigurante Narciso che, seduto su uno roccia, ammiro lo

lapis specularis (cfr. col. 3.4), era abbaslonzo diffuso in area vesu·

proprio faccia riflesso nell'aequo sono lo sguardo ommiccanle di un

viano per chiudere finestre con infissi in legno sia in edifici privati che

amorino. li mito di Narciso è raffigurato frequentemente nello pii·

pubblici. Oltre ai reperti ancora conservati, abbiamo numerose tesli· monianze nelle relazioni di scavo, in particolare del SeHecenlo e

tura pompeiana. Un confronto pertinente è in un'analogo pilluro

deii'OHocento, che riportano il rinvenimento a Pompei ed Ercolano

ra di Narciso è raffigurato secondo lo stesso modello iconografico.

all'interno di un cubicolo dello cosa di M. L. Frontone in cui la figu·

di numerosi vetri do finestra. Bibliogrofio: POMPE/ f i SUOI ABITANf/ 2001, p. 1 1 8; PIUA FIIAG!.Ifi/TA 1 997, p. 22, n. 74.

Bibliografia: HOMo FABER 1 999, p. 209, n. 275.

EDC

282

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AC

CATAlOGO I l i

283

+ 3 . 8 . Specchio

3.9. Luccruu

Argento

Vello soffiato incolore Alt. cm 5,3; diom. cm 9,9

Diom. cm 1 3,4; lungh. cm 22,4 Provenienza: Pompei, lnsula Occidenta/is SAP inv. 1 3 5 1 9 l secolo d.C.

Provenienza: Pompei

SANC inv. 133310 l secolo d.C.

Specchio di formo circolare; il loto riflettente, leggermente como­ va, presento l'orlo ricurvo con motivo decorativo o stella; quello

lucerna o corpo schiacciato e piede od anello, dotalo di onsetto o occhiello e beccuccio, in porte perduto. lucerne di formo onologo

posteriore è liscio. Il manico è cilindrico con sconolotura centrole.

sono olleslole, oltreché o Pompei, anche in oreo renono (Treviri e

Bibliogrolio: inedito.

Colonia) dove continueranno o essere prodotte ancoro per tutto il Il secolo d.C. COR

Bibliogrofio (per il tipo): Fwmsoo11 1 96 1 , pp. 36-37; GmtHERt·POIAICHECK 1 977, pp. 258·259, formo 163.

FP

214

\'itnuu

+ 3 . 10. Lucerna Veho soffiato verdino, trasparente, con lievi hocce di pellicola do ossidozione

Ah. max. cm 6; lungh. cm 1 2,5; diom. cm 8,3

Provenienza: Pompei o areo vestJviono SANC inv. 1 221 3 l secolo d.C.

Corpo lenticolore, rigonfio, non distinto nel disco e lievemente ima· voto ol centro, dove è il forellino per l'immissione dell'olio; il beccuccio tronco è rivolto in alto; anso nostriforme od anello, poco soproele­ voto; piccolo piede od anello. le lucerne in vetro di formo analogo sono molto rare (un altro esemplare pompeiana in HoMo FABER, p. 208, con altri riferimenti). 8ibJiogrofio: lE (OUUIOII/ 1 986, l, p. 224, n. 4 1 . MRB

CAW.OGO 111

2t5

+ 3 . 1 1 . Lucct·na mitùaturist.ica

Posto di vetro verde chiaro, o stompo; onello e cotenello in bronzo. Ricomposto do due porti Alt. cm l; lungh. cm 5,2 Provenienza: dolio collezione Borgio SANC inv. 1 3496 l secolo d.C. Elemento ornamentale in formo di lucernello bilicne, mn becchi op­ posti o semivolute terminanti con apici stilizzati e piccolissimo piede od anello. Al centro è inserito un piccolo perno con anellino cui è collegalo uno cotenello con anello di sospensione. Bibliogroho: inedito. MRB

+ 3 . 1 2 . Lnuternn

Bronzo Alt. cm 44; diom. bose cm 14,5 Provenienza: Pompei, Coso l, 1 4, 12 SAP inv. 43468 l secolo d.C. lanterna con corpo cilindrico e base o formo di pioltello su Ire picco­

3. 1 3 . Lanlcnta

li piedi. Il pioltello presento all'interno due cilindri Ira loro uniti di cui il più gronde contenevo il combustibile e il minore lo stoppino. lo lanterna è dotalo di un coperchio mobile unito mediante catenelle o un manico per lo sospensione o il trasporto. le pareti erano chiuse do pergamena o vesciche di animali.

Copio Alt. cm 22; diom. cm 1 4 Romo. Museo dello Civiltà Romano, MCR inv n . 2257 1 930 circo Si frollo dello riproduzione di uno lonlerno del l secolo d.C., do Pom­

Bibliogroho: HoMo fABlR 1 999, p. 260, n. 332.

pei. Presento un corpo cilindrico e uno bose poggiante su Ire corti EDC

sostegni, il cui interno è strutturato o guisa di lucerna. lo porte supe­ riore è costituilo do uno copertura mobile fornilo di anello di sospen­ sione e sei piccoli fori per il possoggio dell'orio. Si penso che le pare­ li dovessero essere costituile do pergamena o vescica animale, secon­ do alcuni forse anche do vetro. Due catenelle, agganciale al corpo cilindrico e allo mperturo, ne ossicurovono, unite o un doppio mani· co, sia lo sospensione che il trasporto.

Bibliogroho: CATALOGO 1 982, p. 462, n. l 06, noto 1 8; HoMo fABlR 1 999, p. 260, n. 332. AMl

216

Vitrwn

CATALOGO

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287

+ 3 . 14-. Specchio ,.

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Ossidiono Alt. cm 92; lorgh. cm 62 Provenienze: Pompei, Coso del Frutteto (1, 9, 5) SAP inv. 86689 l sewlo d.C.

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lo specchio in ossidiono, di formo reHongolore, proviene dolio pare­ te del peristilio lro il tridinio (n. 1 1 ) e un cubicolo (n. 1 2). Sull'intono­ co o sinistro dello specchio è groHito «cineduS> ( C/L IV, 1 0006) e più in bosso •P. Petroni Sotumini> ((IL IV, 1 0007). lo porte poste­ riore dello specchio presento uno modonoturo forse relativo o un



precedente e diverso uso del reperto. Specchi in ossidiono sono pre­ senti in oltre abitazioni, come lo Coso degli Amorini Dorati e lo Coso dell'Efebo, sempre collocoti su pareti in spazi aperti.

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Bibliogrofio: Pmutc c Mowa /1 1 990, p. 44, nn. 63·65.

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� 3 . 1 5 . Ninfco ( pm·ticolal'c della hmclla) Mosaico poliuomo di posto vitreo e conchiglie Alt. cm 240; lorgh. cm 200; prof. cm 1 77 Provenienza: Pompei, Coso del Brocciole d'Oro (VI, SAP inv. 40689 A·G l secolo d.C.

17 /ns. Dcc., 42)

Il ninfea, o formo di nicchio absidato, costituivo lo parete di fondo di un tridinio estivo, al livello del giardino, dell'abitazione ponoro­ micomente offoccioto sul golfo di Napoli. lo nicchio presento al cen­ tro un'apertura con gradinato sullo quale scorrevo l'aequo per poi rac­ cogliersi nello vasco antistante. lo parete dello nicchio è coratteriz­ zoto do uno raffinato composizione raffigurante uno scena di giar­ dino con in primo piano due lontane mn uccelli e uno bosso stac­ cionata, mentre il catino presenta uno valva di conchiglia mn moti­ vi geometrici e tralci lloreoli.

Bibliografia: RrscoPRIRE POMPE/ 1 993, pp. 3 1 8-323, n. 240. EDC

3 . 16. Lancia Vetro di colore verde Lungh. cm 53 e cm 37 Provenienza: Ercolano SAP inv. 77878 l secolo d.C. lancia con fusto tubolore terminante con uno punto. Il reperto si potrebbe identificare come un attributo di divinità inserito nello mano di uno statua, probabilmente rinvenuto negli scovi effettuati lungo il decumano massimo di Ercolano tra il 1 960 e il 1 96 1 . EDC

CATALOGO 1 1 1

289

+ 3 . 1 7 . Coppa Argilla Alt. cm 5,2; diom. cm l O Provenienza: Pompei, Coso l, 9, 9 SAP inv. 9649 l secolo d.C

Coppo contenente alcuni agglomerati di vario dimensione di colore azzurro identilicobili con il roeroleum vestoriDnum ricordoto in un cele­ bre posso di Plinio il Vecchio e prodono o Pouuoli. A Pompei sono stole rinvenute numerose coppene contenenti vari colori utilizzati per gli affreschi all'interno di abitazioni dove erano in corso lavori di restauro o di ristruHurazione ol momento dell'eruzione. Gli ingre­ dienti del caeruleum erano i medesimi di quelli del vetro. Bibliografia: AuGUSll 1 967, pp. 62-72.

EDC

+ 3 . 1 8 . Sfcrclle di caemleum c franunculi di crogioli con depositi di caenJewn Argilla e coeru/eum (hommenli di crogiolo) Frammenti cm l O x 8 e cm 6 x 5 òrco Provenienza: Uternum, areo urbano SANC inv. 298509 (sferene); 293 1 1 O (frornmenli) l secolo d.C

Nelle sferene di colore blu intenso si può riconoscere il caeruleum, un pigmento nolo anche come "blu egizio" o "frino di Alessandria". Si trono di uno sostanza cristallino composto do tetrosilicoto di rome e calcio, ricavato dolio conuro in forno olio temperatura di circo 850 •c, di un imposto lo cui preparazione è denogliotomente descriHo do V'druvio (De orchiteduro VII, 1 1 ). Esso si oHiene fr�urondo sabbio con fior di nitro (carbonato di sodioJ tonto sonilmente do renderlo simile a forino, poi mescolondolo con limoturo di rome di Cipro e bagnando l'imposto per agglomerarlo con le mani ricovondone infi· ne delle sfereHe; queste, uno volto essiccate, vengono riposte in orci finili collocati poi in uno fornace per lo successivo conuro. Il blu egi· zio, utilizzato in Oriente sin dol ili millennio nello piHuro porietole

mento della materia prima, uno sostanza vetroso da utilizzare per

nello smoltoturo vetroso di piccoli oggeni, è stato trovato o Pompei

tuH'oltro tipo di prodoni. ln questi contenitori il blu egizio ho subito

re rivestimenti o mosaico di nicchie di fontane, ninfei e colonne soprot­

oltre che sono formo di sfereHe anche in formo di polvere sciolto o

uno seconda fusione corrispondente, per così dire, allo suo vefrìfica· lione e il residuo d'impasto aderente alle pareti lascio supporre che

tuHo nel periodo compreso tra il i secolo a.C. e il i secolo d.C.

temo incrostazioni denotano invece un procedimento di lavorazione

il composto sia stato estroHo ancoro caldo sono forma di rnasso visco·

Bibliografia: AUGUSTI 1 967; GAIIGIULO 1 998.

che miro o creare, evidentemente aHroverso un ulteriore riscaldo-

so do

e

compaHafo. l frammenti di crogioli di argilla refraHaria recanti all'in·

290

Vilrmu

impiegare nello fabbricazione di tessere per mosoici. il blu egì·

zio, infaMi, è ampiamente diffuso nel mondo rornono per realizzo·

PG

O 3 . 1 9 . Esagono Posto vitteo Alt. cm 5,25; lorgh. cm 6; lungh. loto cm 3.5 Provenienza: Pompei, Bottega l, 1 1 , 3 (ex 11, 1, 3) SAP inv. 10238 l secolo d.C.

Esagono decorato centralmente da una rosetta a sei petali cuori­ formi delimitata da un motivo a stella con sei punte. Tra le punte sono delle palmette con doppia valuto sottostante; le punte della stella terminano con foglie trilobate. Il reperto, rinvenuto insieme ad altri esagoni decorati allo stesso modo, probabilmente faceva parte della decorazione di una cassetta ligneo. Bibliogrono: inedito.

EOC

CATAL060 I l i

291

+ 3.20. Lnstrinn con fregio figuralo

Veko blu intenso, o stampo Alt. cm 7,8; lungh. cm 2 1 Provenienza: Pompei (?) SANC inv. 13638 l secolo d.C. Lo lustrino, che costituivo porte di un fregio, è ornato con motivi di stile egittiuanle: due teste nimbote, con chiome o rigidi boccoli ritor­ ti, sono collegate con volute do cui nasce un doppio fiore di loto.

Bibliografia: Il CoLLEZIOHI 1 986, l, p. 226, n. 53. MRB

292

\ i r o· u u o

3 . 2 1 .

Prisma di c•·istallo

(ristollo di rocco, puro Lungh. cm 4; lorgh. cm 2,3 Provenienza: Pompei, dolio coso ol n. 78 dello Via S!obiono SANC inv. 1 1 5452 l secolo d.C.

Cristallo prismotico o sei facce, levigate, perfeHamente trasparente. Bibliografia: inedito. MRB

WALOGO I l i

2t3

+ 3 . 2 2 . Poliedro

Cristollo di rocco Diom. cm 2,5 Provenienza: Pompei, necropoli di Porto Nocero SAP inv. 59839 l secolo d.C.

Probabilmente era un ninnolo per bambini, a cui si regalava per lo stupore che suscitavo il rilrangersi della luce nei colori dell' arcoba­ leno, quando un raggio lo oHroversava. Bibliografia: POAIPfl f l SUOI ABITANTI, p. 7 4.

AC

lrtuJJ

• 3 . 2 3 . Affo·csco con Zeus e al'cohnleno Intonaco dipinto cm 83 x cm 168,5 Provenienza: Ercolano, dolio Basilico SANC inv. 9553 l secolo d.C. In un paesaggio montuoso il gronde busto di Zeus oppore maesto­ samente sullo sfondo di un cielo nuvoloso in porte rischiarato dal­ l'apparire dell'arcobaleno, reso con due strisce di colore - bruno e giallastro - che nello porte inferiore vanno dissolvendosi. Dietro lo spalla destro del dio, un piccolo erote protende il broccio destro ver­ so di lui, mentre sullo sinistro, dietro le montagne, appare l'aquila, suo attributo.

taffresco, pur rientrando tra quelli di temo mitologico, oppure sin­ golarmente originale per lo rappresentazione dell'arcobaleno: que­ sto fenomeno ottico di riflessione e rifrazione dello luce, infatti, pur essendo noto sin doi JV secolo a.C. (RENtiE el al. 2002, p. 1 25), non risulto essere riprodotto su altri manufatti di età greco-romano. Bibliografia: POMPEJI 1 973, p. 1 58, n. 2 1 2; PmRS 1 993, pp. 281, 289 e fig. 1 56. MRB

CAW.060 l l l

295

3 .24·. Sfera

Cristallo Oiom. cm 2,3 Provenienze: Pompei, necropoli di Porto Nocero, lombo dei Borbidii 1 5 ES SAP inv. 59816 l secolo d.C. (ante 79) Siero in cristallo rinvenuto insieme od altri reperti nello stesso mole· riole, in osso, ceramico, umbro, vetro, argento, oltre o due monete e Ire conchiglie, in uno tomba a cappuccina. l resti umani combusti sono aHribuibili a un individuo anziano lor·

se di sesso femminile.

Bibliogrofio: POMPEI OUIE lA YrrA 1 998, p. 66, H 8. EDC

296

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i1nu:1

3 . 2 5 . Globcllo

+ 3.26. Globcuo

Cristallo di rocco Oiom. cm 1,5 Provenienza: areo vesuviano (?) SANC inv. 1 1 2538 l secolo d.C.

Posto vitreo trasparente Diom. cm 1,3 Provenienzo: areo vesuviano (?) SANC, inv. 1 1 2539 l secolo d.C.

Perfettamente sferico, ne è ipotizzabile la possibile funzione quale ornamento di un elemento di arredo, così come per il globetto dì cui al numero successivo.

È perfettamente sferico, eccetto che in un punto dove presenta una lieve ammaccatura cavo.

Bibliografia: inedito. Bibliogrofio: inedito.

MRB MRB

CAW.OGO 111

7'17

3 . 2 7 . Coppia di bastoncùù

o) Vetto blu cobalto, con filomenft bianchi e gialli all'esterno; b) vetto incolore, ttosporente, appeno ambrato, con filomenft bianchi. o) lungh. an 17 ,2; diom. 0,6 ; b) lungh. cm 1 1 , 9; diom. cm 0,4 Provenienza: sconosciuto SANC, inv. s. n. l secolo d.C. Glindrici e con superficie o spirale, terminano entrambi o uno estre­ mità con un discheHo piano. Reoliuoti talvolta anche in avorio, in me­ tollo o in materiale meno pregiato, come l'osso, servivano o misce­ lore le sostanze cosmetiche. Seneco (Nat. Quaesl.) onesta anche un uso più particolare che, slrulfondo le qualità rillelfenli di questi oggetti, provocava un curioso gioco di luci.

Bibliografia: inedift. MRB

291

\'itnun

• 3.28. Erma con iscrizione c testa di pc•·sonaggio bar·balo Marmo lunense Alt. cm 61 P10venienzo: sconosduto Firenze, Galleria degli Uffizi, inv. n. 372 Ermo (On isuizione: metò del l molo d.C; testo: Hl molo d.C.

�imizione inciso sull'ermo fiorentino

(