Gli angeli di Raffaello 8868573504, 9788868573508

«Ero andato a vedere quel quadro per spassarmela; ed ecco che mi trovo davanti alla pittura più libera, più salda, più m

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Gli angeli di Raffaello
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Nativitas

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CON GLI AUGURI DELL’AUTORE

MARCO CARMINATI

Gli angeli di Raffaello CON TAVOLE A COLORI

INTERLINEA

© Novara 2020, Interlinea srl edizioni via Mattei 21, 28100 Novara, tel. 0321 1992282 www.interlinea.com [email protected] Stampato da Italgrafica, Novara ISBN 978-88-6857-350-8 REFERENZE FOTOGRAFICHE: Autoritratto, Firenze, Galleria degli Uffizi, p. 6 (per concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali/Raffaello Bencini/ Archivi Alinari, Firenze); Adorazione dei magi, predella della Pala Oddi, Roma, Pinacoteca Vaticana, pp. 8-9 (UIG/Archivi Alinari); Madonna Sistina, Dresda, Gemäldegalerie, pp. 12, 14-15 (Artothek/Archivi Alinari); Testa di angelo, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo, p. 22 (Fine Art Images/Archivi Alinari, Firenze); Studio di angelo in volo, Vienna, Museo Albertina, pp. 26-27 (Peter Ertl, Olga Pohankova); Disputa del Sacramento, Roma Musei Vaticani, Stanza della Segnatura, pp. 30-31, 32 (DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari); Resurrezione di Cristo, San Paolo del Brasile, Museu de Arte de Sao Paulo, p. 33 (DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari); The Crucified Christ with the Virgin Mary, Saints and Angels (The Mond Crucifixion), London, National Gallery, p. 34 (Fine Art Images/Archivi Alinari, Firenze); Madonna del Baldacchino, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, pp. 35, 36 (per concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali/Archivi Alinari, Firenze); Liberazione di Pietro dal carcere, Roma, Musei Vaticani, Stanza di Eliodoro, p. 39 (Archivi Alinari, Firenze); San Michele sconfigge Satana, Parigi, Museo del Louvre, p. 40 (Martine Beck-Coppola/RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari); Madonna di Foligno, Roma, Pinacoteca Vaticana, pp. 42, 44 (Fine Art Images/Archivi Alinari, Firenze); Trionfo di Galatea, Roma, Villa Farnesina, p. 48 (World History Archive/Archivi Alinari); Visione di Ezechiele, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina e Appartamenti Reali, p. 49 (per concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali/Raffaello Bencini/Archivi Alinari, Firenze); Angeli e sibille, Roma, Santa Maria del Pace, Cappella Chigi, p. 50 (DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari); Studio di angelo e braccio destro alzato, Vienna, Museo Albertina, p. 51 (Peter Ertl, Olga Pohankova); Le virtù cardinali e teologali, Roma, Musei Vaticani, Stanza della Segnatura. pp. 5455 (Archivi Alinari, Firenze); Pala Baglioni, Roma, Pinacoteca Vaticana, pp. 56, 57 (Archivi Alinari, Firenze); Incoronazione della Vergine e dono della Cintola a San Tommaso (Pala Oddi), Roma, Pinacoteca Vaticana, p. 59 (Artmedia/HIP/ TopFoto/Archivi Alinari); Estasi di Santa Cecilia, Bologna, Pinacoteca Nazionale di Bologna, p. 60 (per concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali/Archivi Alinari, Firenze); Angelo, Oxford, Ashmolean Museum, p. 61. Si ringraziano enti ed editori che hanno permesso le riproduzioni ma si resta a disposizione degli aventi diritto per eventuali omissioni

In copertina: particolare dalla Madonna Sistina (Dresda, Gemäldegalerie) (Artothek/Archivi Alinari)

Sommario

Gli angeli più famosi del mondo

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Angeli vestiti, angeli nudi, angeli tra le nuvole

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Angeli al lavoro

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Gli angeli più famosi del mondo

È singolare constatare che il grande Raffaello Sanzio, in tutta la sua breve ma intensissima carriera di pittore, non abbia quasi mai trovato occasioni per dipingere scene di Natività. A tutt’oggi si conosce una sola tavola (trasportata su tela) con questo soggetto: si tratta del pannello centrale della predella della Pala Oddi, conservata nella Pinacoteca Vaticana a Roma. Il dipinto – dalle dimensioni contenute – rivela a una osservazione ravvicinata un’ulteriore singolarità: nella scena, che fissa l’episodio dell’Adorazione dei Magi, non compaiono angeli. Per una collana che ha come titolo “Nativitas”, questa è un’assenza non irrilevante. Tuttavia, un solido nesso che lega nascita, Raffaello e angeli per fortuna esiste, anche se va considerato da un diverso punto d’osservazione. Il Sanzio, infatti, cominciò prestissimo ad avere a che fare con gli angeli, esattamente nel giorno della sua nativitas, tradizionalmente fissato nel 6 aprile 1483. Sappiamo che appena aprì gli occhi alla vita, suo padre 7

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Adorazione dei magi, predella della Pala Oddi, Roma, Pinacoteca Vaticana. A p. 6, Autoritratto, Firenze, Galleria degli Uffizi.

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Giovanni Santi gli impose il nome del potente arcangelo Raffaele, il guaritore mandato dal Dio (virtù delle coincidenze: anche il “collega” e “nemico” Michelangelo Buonarroti era stato battezzato con il nome del potente Michele arcangelo, deputato a sconfiggere il demonio). A ben vedere, Raffaello non si è mai neppure cimentato nella rappresentazione di quel “Raphael” di cui portava il nome, eppure angeli ed arcangeli sono una presenza diffusa e costante in tutta la produzione artistica del maestro di Urbino. Come vedremo, ne dipinse di tutti i tipi e in tutte le fogge: vestiti e nudi, solidi come atleti e impalpabili nuvole, estaticamente posti accanto all’Altissimo o umilmente “al lavoro” reggendo fiaccole, targhe e cartigli. E poi mentre cantano e suonano, indossano armature e vibrano lance, colgono diligentemente frutti dagli alberi e raccolgono amorevolmente nei calici il preziosissimo sangue di Cristo. Alcuni hanno incarichi davvero decisivi da compiere, come quello di annunciare la venuta del Messia o di assisterlo nell’agonia della croce; altri non hanno apparentemente nulla da fare, e pare addirittura si annoino, svagatamente appoggiati a una balaustra di legno. Ecco, proprio i due “sfaccendati” putti alati, «morbidetti e teneri» (come li avrebbe definiti lo 10

scrittore d’arte Ludovico Dolce), che Raffaello dipinse ai piedi della Madonna Sistina di Dresda, hanno conquistato nell’ultimo secolo un singolare primato: quello di essere diventati gli angeli più famosi di tutta la storia dell’arte. La Madonna Sistina di Raffaello, oggi a Dresda, venne commissionata al pittore da papa Giulio II attorno al 1512-1513 e venne destinata alla chiesa dei Benedettini di Piacenza, dedicata a San Sisto (da qui il nome di “Sistina”). Raffaello immaginò nel dipinto una grandiosa apparizione mariana: aperte due tende verdi, Maria si manifesta al suo popolo in piedi su un globo tra le nubi con il Divino Bambino in braccio, affiancata da san Sisto papa a sinistra e da santa Barbara a destra, e con due angioletti trasognati in primo piano sotto i suoi piedi. La pala è in realtà gremita di angeli, che si fondono con la materia indefinita nelle nuvole (ne vedremo la ragione). Ma nessuno francamente li osserva mai, mentre tutti hanno bene impressa nella mente la coppia dei due solidi “amorini” appoggiati in primo piano alla balaustra, con le braccia conserte, le mani che reggono il mento e gli sguardi rivolti al cielo. Davanti alla Madonna Sistina, per molto tempo, teologi, letterati e poeti hanno gareggiato nell’evo11

Madonna Sistina, Dresda, Gemäldegalerie (alle pagine seguenti, un particolare).

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care il fascino profondo della sola Maria con Gesù in braccio. Le parole dei commentatori – ma anche le riproduzioni e le derivazioni artistiche ottocentesche – hanno sempre preso in considerazione la composizione nel suo insieme oppure, non infrequentemente, si sono concentrate solamente sul volto e sul busto della Vergine con il Bambino. Solo verso la fine del XIX secolo i due angioletti un po’ annoiati appoggiati al davanzale cominciarono a volare fuori dalla pala, e a iniziare quell’autonoma esistenza che li porterà a diventare un’icona pop dal successo planetario. Prima di avventurarci su questa strada, è bene ricordare che questi angeli “spettatori” servivano a dare alla miracolosa apparizione mariana una dimensione di fisica verità, anche grazie alla loro postura e alle loro espressioni, davvero molto umane. Non solo. Questi putti avevano origini assai antiche: appartenevano alla tradizione classica degli erotes (o amorini), piccoli genii alati collettivamente associati all’amore divino e alla sessualità che si trovavano rappresentati nei sarcofagi pagani a significare la vittoria della vita sulla morte. Dopo il tracollo della romanità, gli erotes restarono per molti secoli inattivi ma, a partire dal Quattrocento, il Cristianesimo se ne impossessò e li trasformò in angeli a tutti gli affetti. 13

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Quelli della Madonna Sistina ebbero, come accennato, un’enorme fortuna. Oltre alle prime immaginette e alle foto “artistiche” di bambini annoiati messi in posa da zelanti fotografi, il boom mediatico dei due angeli della pala di Dresda avvenne quando il mondo della pubblicità si impossessò di essi. Attorno al 1890, si cominciò con la prima mossa promozionale messa in campo dalla ditta di suini insaccati N.K. Fairbank & co. di Chicago e Saint Louis. Come coperchio delle confezioni regalo di lardo questa azienda mise l’illustrazione dei “Fairbank’s Cherubs”, due grassi maiali nell’inequivocabile atteggiamento degli angeli di Raffaello. Il pragmatismo commerciale americano ne aveva individuato l’elemento di forte comunicazione, specie se sganciato dal contesto sacro dell’insieme. I due “cherubici” maiali della Fairbank furono il punto di svolta, la rottura di una tradizione accademica e colta di lettura del quadro. Nei primi decenni del Novecento artisti d’avanguardia (come Kurt Schwitters) e brillanti caricaturisti iniziarono a dissacrare la composizione di Raffaello sostituendo volti o inserendo oggetti; ma, soprattutto, i due angioletti (isolati o in coppia) si affermano come autonomi. La decontestualizzazione degli angeli rispetto alla pala ha portato anche a una nuova identità per 16

le deliziose figurette alate, che appaiono prive di una specifica connotazione cristiana. L’isolamento e l’uso fantasioso degli angeli nei più diversi oggetti è un fenomeno che si afferma progressivamente ma in modo inarrestabile e che ha assunto dimensioni planetarie negli ultimi cinquant’anni. Per buona parte del Novecento, i due angioletti sono comparsi nella cartotecnica da regalo: frontespizi di diari, cartoncini augurali, cartoline natalizie e pasquali, scatolette portagioie, eccetera. Molto fortunata e longeva è la presenza sulle medagliette della Prima Comunione, destinata a confermarsi anche nella seconda metà del Novecento. Rare sono per il momento le vignette dei giornali satirici o gli esempi di pubblicità. Ma 17

nel dopoguerra, questo dettaglio della pala tornerà clamorosamente alla ribalta, essendo il capolavoro raffaellesco rocambolescamente sopravvissuto al disastro della guerra. Le derivazioni di Salvador Dalí (1958) e più tardi il grande acrilico di Andy Warhol, con l’esplicita indicazione del prezzo “popolare” delle riproduzioni, sono le immagini più note della ritrovata celebrità mondiale della composizione di Raffaello. Nel corso degli anni sessanta tornò a prevalere la destinazione “commerciale” degli angioletti: un dilagare di cuscini, t-shirt, riproduzioni, magneti et similia, in cui i genietti “estratti” dalla scena sacra sono diventati una delle più universali immagini dell’amore. Eloquente è il francobollo da 55 cents emesso nel 1995 dall’United States Postal Service: l’angioletto appoggiato su entrambi i gomiti vi compare, su fondo giallo, accompagnato da un’unica, breve parola: LOVE. Poco importa se pochissime persone sanno oggi indicare correttamente l’origine di questi amorini (che difatti compaiono anche, in modo del tutto incongruo, su cartoline che dovrebbero illustrare le bellezze di Firenze, Ferrara o Roma): gli angeli della Madonna Sistina sono un’immagine immediata, con una potente efficacia di comunicazione, applicabile in pratica a qualsiasi categoria merceologica, nelle combinazioni, nei for18

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mati, nei materiali più disparati. I due angeli funzionano bene abbinati, e si prestano a parodie da parte di celebri coppie di personaggi dei fumetti o dei cartoni animati; ma vanno benissimo anche presi uno per uno, a scelta. Difficile dire se abbia più successo quello che si sostiene il mento con la mano o quello con le braccia conserte: tutti e due hanno un’espressione simile, di attesa un po’ annoiata, con gli occhioni rivolti verso l’alto. La mostra che si è svolta dal maggio all’agosto 2012 a Dresda (Die Sixtinische Madonna. Raffaels Kultbild wird 500) ha raccolto una rassegna divertente (ma anche imbarazzante) di oggetti ispirati agli angioletti. Nel solco di una certa tradizione possono apparire le copertine di dischi per l’infanzia, le decorazioni per alberi di Natale e in fondo anche le insegne di negozi o hotel “angelici”. Alla vasta gamma del merchandising museale appartengono i calendari, i puzzle di ogni dimensione e difficoltà, gli oggetti di cartonage, le bocce con la “neve”, le magliette sognanti, gli ombrelli, gli orologi, i ciondoli, le cravatte, gli orsacchiotti di peluche, le borsette e le trousse di ogni dimensione e forma, perfino le confezioni di dolci e caramelle oppure le etichette del vino. Possiamo anche accettare le ciabattine di stoffa o le calze “fantasia”. 19

Al di fuori del bookshop del museo, un lieve sconcerto provocano i libretti per gli assegni, le pubblicità di compagnie di assicurazioni in cui l’angioletto sembra rimpiangere investimenti non fatti e quella di una macchina della Lavazza in cui un barbuto e avvenente modello, fornito di ali e nell’inequivocabile posa di uno degli angeli, sospira davanti a una tazzina di caffè. Il senso del grottesco viene superato quando scopriamo i due angiolini sulle buste del tabacco, sulle scatole di tiramisù, sui flaconi di lacca spray. Ultimo e francamente insopportabile gradino della celebrità: l’immagine stampigliata sui rotoli di carta igienica. E dire che tutto era cominciato dalle scatole di lardo della premiata ditta Fairbank.

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Angeli vestiti, angeli nudi, angeli tra le nuvole

Se i due putti della Madonna Sistina hanno effettivamente monopolizzato l’attenzione universale, è bene ricordare che tutta la produzione pittorica di Raffaello – dalle pale d’altare di esordio alle opere lasciate in eredità alla bottega romana dopo la prematura scomparsa – sono letteralmente costellate di meravigliose presenze angeliche. La prima grande pala d’altare realizzata tra il 1500 e il 1501 dal diciasettenne Raffaello era già gremita di angeli. Raffigurava l’Incoronazione di San Nicola da Tolentino ed era destinata alla chiesa di Sant’Agostino a Città di Castello. Purtroppo a fine Settecento la pala venne travolta da uno spaventoso terremoto e ridotta in frantumi. È singolare apprendere che i pochi frammenti sopravvissuti al disastro contengano figure di angeli. Oggi questi frammenti angelici si trovano divisi tra i musei di Brescia e Napoli e ci rivelano la piena dipendenza del giovane Raffaello dai modelli di stile dettati da Pietro Perugino, suo maestro e ispiratore nella fase iniziale della carriera. 21

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È bene notare un dettaglio: uno di questi angeli appare completamente vestito. Non è un dettaglio da poco, soprattutto se messo in relazione con gli angioletti della Madonna Sistina, che invece sono stati dipinti da Raffaello rigorosamente nudi. L’osservazione offre il destro a una domanda di base: come rappresentava gli angeli Raffaello Sanzio? La risposta si presenta articolata. Innanzitutto va premesso che il nostro pittore si attenne rigorosamente alle indicazioni fornite dalle riflessioni teologiche del suo tempo in materia di angeli. Non avrebbe potuto fare altrimenti. La parola angelo deriva dal greco ànghelos e significa inviato, messaggero. La Bibbia li presenta come esseri che formano schiere celesti attorno al trono di Dio o come messaggeri della volontà divina. Nel Nuovo Testamento gli angeli appaiono in un momento particolare della vita di Gesù e agli inizi della vita della Chiesa; e così anche nell’Apocalisse, libro che è particolarmente gremito di apparizioni angeliche. A partire dal IV secolo, con l’opera De coelesti hierarchia dello pseudo Dionigi Areopagita, si mette ordine nelle schiere degli angeli, dividendole in nove ordini o cori, spartiti in triadi. 23

Più vicina a Dio è la triade dei Serafini, Cherubini e Troni. Essi circondano il trono dell’Altissimo, sono in diretta comunicazione con Lui e gli tributano devozione eterna cantandone incessantemente le lodi nella forma del Trisagion (Tre Volte Santo). Loro compito è anche di trasmettere alla triade sottostante le rivelazioni e le illuminazioni di Dio. La triade mediana è costituita dai cori delle Dominazioni, delle Potestà e delle Virtù. Esse sono responsabili di quanto accade nel cosmo, e non sono a contatto diretto né con Dio né con il genere umano ma trasmettono anch’esse alla triade sottostante la sapienza ricevuta dall’alto. La triade inferiore è composta dai cori dei Principati, degli Arcangeli e degli Angeli. Questi tre cori sono a contatto diretto con gli esseri umani. I Principati governano per conto di Dio le vicende politiche dei regni terreni e vegliano su nazioni e città. Gli Arcangeli sono i principali mediatori tra Dio e l’essere umano e sono responsabili del benessere di coloro che gli sono stati affidati. Gli Angeli, infine, sono i più vicini a ciascun individuo. Questo complesso ordinamento angelico – pur con alcune variazioni – resterà in funzione per tutto il Medioevo, assieme all’idea che i corpi dell’incommensurabile numero degli angeli avessero la stessa 24

consistenza delle nuvole. Tommaso d’Aquino provò a spiegare questo concetto nella Summa Theologiae: «Sebbene l’aria, permanendo nel suo stato di rarefazione, non trattenga né figura né colore, quando tuttavia si condensa può acquistare colore e forma, come accadde alle nuvole. E in questo modo gli Angeli traggono corpo dall’aria, condensandola per virtù divina, quel tanto che basta ad assumere la forma di un corpo». Questa architettura angelica cominciò ad essere messa in discussione a partire dal XV secolo, quando gli umanisti misero in dubbio le tesi medievali delle schiere angeliche e ciò ebbe conseguenze rilevanti anche sulla raffigurazione degli angeli, soprattutto a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento (ovvero l’età di Raffaello). Nell’iconografia cristiana gli angeli avevano fatto la loro prima apparizione non in forma di nuvole ma con corpi solidi e definiti, rigorosamente vestiti e senza alcuna presenza di ali. Le vesti degli angeli avranno per molto tempo l’aspetto di abiti sacerdotali (stole, dalmatiche, piviali, eccetera) e questo per equiparare gli angeli ai ministri di Dio, sacerdoti dello spirito. Mentre le ali giungeranno solo nel V secolo dopo Cristo, mutuate dalle Vittorie alate della tra25

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dizione classica. Il sopraggiungere delle ali fu un fatto importante perché sottolineò la consistenza aerea degli angeli, assimilati al vento quale metafora dello Spirito. Non è un caso che le vesti talari degli angeli (e spesso anche i loro capelli) siano di sovente riprodotte nei dipinti e nelle sculture mosse dalla forza del vento. Quando le certezze dell’angelologia medievale si allentarono con il sopravvento dell’Umanesimo e il conseguente recupero della cultura classica, fu possibile inserire nella gamma dell’iconografia cristiana anche una diversa tipologia di angelo, quella tratta dai nudi e alati erotes (o amorini) di schietta derivazione pagana, che abbiamo già incontrato nella Madonna Sistina di Dresda e che avranno una particolare fortuna nella pittura rinascimentale italiana. Raffaello poteva disporre di tutte queste differenti tipologie di angeli, e le riprodusse nelle loro diverse varietà. Emblematica, da questo punto di vista, è l’osservazione della Disputa del Sacramento, il grande affresco realizzato dal Sanzio nella Stanza della Segnatura in Vaticano. Guardiamo partendo dall’alto: Dio Padre benedicente si staglia su un cielo dorato gremito di angeli nudi. L’angelico “ciel d’oro” è racchiuso in un primo semicerchio di nubi, tutto abitato da angeli. A destra e a sinistra si li28

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brano nell’aria sei angeli sontuosamente abbigliati con vesti agitate dal vento. Più sotto c’è la Deesis (la triade con Gesù, Maria e san Giovanni), racchiusa in un anello di Serafini e Cherubini (testoline con alucce blu e rosse) e poggiante su un podio di nuvole, anche in questo caso composto da impalpabili angeli. Analogamente, la corte dei santi e dei padri dell’Antico Testamento siede su un gradone di nuvole poste a semicerchio, tutto gremito di angeli nubiformi. E, infine, a quattro robusti angeli nudi e in carne di schietta derivazione classica spetta il compito di librarsi nell’aria, ognuno ostentando aperti quattro pensanti volumi nei quali si leggono gli incipit dei Vangeli canonici. A proposito degli angeli abbigliati in vesti svolazzanti che vediamo alla sommità della Disputa del Sacramento – come pure in altre importanti opere raffaellesche quali la Resurrezione di San Paolo del Brasile, la Crocifissione Mond di Londra, la Pala Oddi in Vaticano, la Madonna con il Baldacchino di Palazzo Pitti, la Liberazione di Pietro dal carcere nella Sala di Eliodoro in Vaticano eccetera – va assolutamente rilevato un dettaglio molto importante: nessuno di questi angeli veste in realtà i paramenti liturgici della tradizione cattolica. Come mai? La questione è stata chiarita nel saggio di Marco 29

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A p. 22, Testa di angelo, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo. Alle pp. 26-27, Studio di angelo in volo, Vienna, Museo Albertina. Alle pp. 30-31, Disputa del Sacramento, Roma Musei Vaticani, Stanza della Segnatura (qui sopra un particolare).

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Resurrezione di Cristo, San Paolo del Brasile, Museu de Arte de Sao Paulo.

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Madonna del Baldacchino, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina (nella pagina seguente un particolare). Nella pagina a fianco, Crocifissione Mond, Londra, National Gallery.

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Bussagli dal titolo Storia degli Angeli. Racconto di immagini e di idee (2003) nel quale si spiega come attorno alla metà del XV secolo si assistette a una sorta di piccola rivoluzione nell’abbigliamento angelico e comparve nei dipinti la cosiddetta “veste a sbuffo” di cui Raffaello fece larghissimo uso. Non si trattava di un’invenzione scaturita dalla fantasia dell’artista ma di un indumento reale, già in uso dal XIII secolo, che si chiamava guarnello (Giovanni Boccaccio ne parla esplicitamente nel Decamerone). Il guarnello era una veste semplice, tessuta con cotone o canapa, molto economica e indossabile sia dagli uomini sia dalle donne. Il motivo per cui divenne l’abito prediletto dagli angeli è spiegato in estrema sintesi da Rosita Levi Pisetzky, grande studiosa della moda: «Per la loro modestia, la loro freschezza, la loro semplicità, i candidi o rosei guarnelli meritarono di salire al cielo e andare a vestire gli angeli». Ma vi è un secondo aspetto da considerare. L’affermazione dell’angelo vestito con il guarnello è legata, in età rinascimentale, anche all’evidente affinità con l’abbigliamento della Vittoria classica, caratterizzata anch’essa dagli sbuffi di stoffa che le adornano in fianchi. Raffaello attinse a piene mani a questa tipologia di indumento anche nella mirabile scena notturna della Liberazione di Pietro nella 37

Stanza di Eliodoro, dove l’angelo liberatore, circonfuso di luce, appare per ben due volte rivestito del medesimo guarnello a sbuffo dal colore giallo-rosso fiammeggiante. In questo contesto, l’angelo di Dio abbigliato come una Vittoria alata reca in sé anche un latente messaggio: è il simbolo della vittoria della Chiesa sul paganesimo. Ma gli angeli potevano, alla necessità, diventare degli autentici combattenti. Di angeli armati si parla nelle Sacre Scritture. I Cherubini messi a guardia del giardino dell’Eden dopo la cacciata dei progenitori sono armati di una «spada dalla fiamma sfolgorante» e così anche – nella seconda teoria dei cori angelici – le Dominazioni e i Principati possono apparire raffigurati con spade, elmi e scettri. Comunque il capo dell’esercito del cielo era uno solo: l’arcangelo Michele. Già citato nella Bibbia (nel Libro di Daniele) come primo dei principi e custodi di Israele, Michele è l’angelo che conduce nell’Apocalisse gli altri angeli alla battaglia contro il drago (ovvero il demonio). E lo sconfigge. Raffaello affrontò almeno due volte il soggetto di Michele Arcangelo in dipinti conservati entrambi al Louvre: un primo quadro venne realizzato al principio della carriera, nell’ambito della corte urbinate di Guidobaldo da Montefeltro, il secondo fu commissionato da papa 38

Liberazione di Pietro dal carcere, Roma, Musei Vaticani, Stanza di Eliodoro. Nella pagina seguente, San Michele sconfigge Satana, Parigi, Louvre. A p. 42, Madonna di Foligno, Roma, Pinacoteca Vaticana (a p. 44 un particolare).

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Leone X de’ Medici come regalo da inviare al re Francesco I di Francia. Nei due casi, Raffaello raffigura l’Arcangelo come un militare alato, abbigliato con l’armatura e accompagnato da spade, lance e scudi che gli sono indispensabili per trafiggere a terra il demonio. C’è da osservare un aspetto: benché si tratti di evidenti soldati, i due giovani e imberbi arcangeli di Raffaello non ostentano una marcata appartenenza al sesso maschile. Aver vestito gli angeli (quindi nascoste le nudità) e aver dato loro tratti giovanili di una indefinita sessualità permise di lasciare aperta la questione del sesso degli angeli, almeno fino a metà Quattrocento. Poi, quando la discussione teologica su questo argomento passò decisamente in secondo piano, si poté attingere a piene mani alla tradizione classica dei cupidi nudi e maschi. Uno degli amorini di Raffaello più celebri si trova dipinto in primo piano nella Madonna di Foligno, la grande pala d’altare che il Sanzio realizzò originariamente per la chiesa romana dell’Aracoeli, che poi passò a Foligno e fece infine ritorno a Roma in età napoleonica approdando alle collezioni pontificie dove ancora oggi si trova. Nel dipinto la Madonna con Gesù Bambino in braccio – inserita in un disco solare e seduta su un 41

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ammasso di nuvole che si trasformano verso l’alto in una corona di figure angeliche – appare a cinque personaggi raffigurati in basso. A sinistra ci sono san Giovanni Battista e san Francesco d’Assisi, dalla parte opposta san Gerolamo e un nobile vegliardo in ginocchio, evidentemente il committente del quadro. Al centro della composizione compare un angelo nudo in carne e ossa che, alzando gli occhi alla divina apparizione, regge tra le mani una targa priva di iscrizione (tecnicamente una tabula ansata). Qual è il significato complessivo del dipinto? E qual è il ruolo precipuo di quest’angelo? Tre sono le ipotesi di lettura maggiormente accreditate. La prima vuole che la pala rievochi il racconto della Legenda Aurea, laddove dice che la Sibilla Tiburtina – convocata da Augusto lo stesso giorno della nascita di Gesù per sapere se fosse legittima l’idea di farsi venerare come un dio – ebbe all’istante una grandiosa visione: sopra il Campidoglio di Roma vide apparire nel cielo un sole d’oro dentro il quale stava seduta una donna con un bambino in grembo. Mostrando la visione ad Augusto, la Sibilla ammonì l’imperatore: «Questo bambino è più grande di te, perciò adoralo». E una voce dal cielo proclamò: «Hoc est ara coeli! (Questo è l’altare del cielo!)». 43

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A seguito di ciò, Augusto rinunciò a farsi adorare come dio ed eresse un “altare del cielo” sul Campidoglio a ricordo della visione, nel punto in cui sarebbe sorta la grande chiesa mariana detta appunto “dell’Aracoeli”. Il quadro del Sanzio rievocherebbe dunque l’episodio dell’apparizione della Vergine alla Sibilla Tiburtina e qui si spiega la destinazione del quadro per l’altare maggiore della chiesa dell’Aracoeli di Roma. Una seconda ipotesi di lettura vorrebbe invece assegnare alla pala un significato funebre. Il committente inginocchiato a destra era Sigismondo de’ Conti, un raffinato umanista di Foligno che divenne, al culmine della carriera, segretario di papa Giulio II e storico di corte. Il personaggio si spense nel febbraio del 1512 e venne sepolto nel coro della chiesa di Santa Maria dell’Aracoeli. Prima di morire aveva commissionato a Raffaello questa pala per l’altar maggiore, posto a pochi passi dalla sua tomba. Raffaello portò a termine il quadro dopo la morte del committente e il profilo scheletrico di Sigismondo deriverebbe dalla sua maschera funebre. Non solo: il putto angelico con la targa muta in primo piano alluderebbe alla destinazione funebre della pala, collocata in prossimità della sua tomba, 45

richiamando il dettaglio dei sarcofagi paleocristiani dotati di tabula ansata priva di iscrizione, un elemento iconografico che rimandava simbolicamente all’anima umana e alla vita dopo la morte. La terza ipotesi di lettura è legata a un fatto traumatico: Sigismondo de’ Conti scampò per miracolo alla distruzione della sua casa colpita da un meteorite (la scena è dipinta nel fondo della pala). Dunque, il committente avrebbe fatto dipingere quest’opera come ex voto alla Vergine Maria per ringraziarla dello scampato pericolo. E in questa chiave, il putto angelico immobile al centro della pala avrebbe dovuto reggere la targa con le parole dell’ex voto, che però il de’ Conti non fece in tempo a dettare, essendo sopraggiunta la morte.

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Angeli al lavoro

Il putto alato, immobile e solido, posto in grande evidenza nella Madonna di Foligno, non deve trarci in inganno. Raffaello seppe dipingere anche molte figure angeliche in dinamico movimento o alacremente al lavoro. Sulle lunette e sulle pareti della Villa Farnesina a Roma, putti pagani volteggiano con gran battito di ali pronti a scagliare le insidiose frecce dell’amore: questi amorini della mitologia appaiano identici agli angioletti cristiani: le differenze iconografiche in Raffaello sono ormai azzerate. Nudi o vestiti che siano, Raffaello dipinge gli angeli del Vecchio Testamento direttamente in azione sulla volta della Stanza di Eliodoro, con i quattro episodi del Roveto Ardente, della Scala di Giacobbe, dell’Apparizione di Dio a Noè e del Sacrificio di Isacco. Gli angeli sorreggono fisicamente Dio Padre in volo nella Visione di Ezechiele (Firenze, Galleria Palatina) e predicono la venuta di Cristo alle Sibille nella lunetta di Santa Maria della Pace a Roma, reggendo le targhe e i cartigli su cui le veggenti posso47

Trionfo di Galatea, Roma, Villa Farnesina.

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Visione di Ezechiele, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina e Appartamenti Reali.

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Angeli e sibille, Roma, Santa Maria del Pace, Cappella Chigi.

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Studio di angelo e braccio destro alzato, Vienna, Museo Albertina.

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no leggere le profezie legate alla venuta del Messia. Qui torna in campo quello che affermava la Scolastica: che erano stati gli angeli a ispirare le Sibille. Ma gli angeli sono soprattutto al servizio di Cristo: scendono sulla terra, come l’arcangelo Gabriele, ad annunziare a Maria la nascita del Figlio (si veda la predella della Pala Oddi). E sono sempre gli angeli che assistono Cristo nel supplizio della croce, librandosi in volo per raccogliere nei calici il prezioso sangue che stilla dal suo costato, come nella grande Crocifissione Mond di Londra. Gli angeli di Raffaello appaiono instancabili anche al servizio delle Virtù. Nella spettacolare lunetta della Stanza della Segnatura, la Fede è un angelo-putto che indica il cielo, la Speranza un angelo-putto che reca una fiaccola e la Carità un angelo-putto che coglie copiose ghiande dalla quercia araldica di papa Giulio II della Rovere. E i putti angelici che recano gli attributi iconografici delle Virtù si intrecciano con le personificazioni della Temperanza (una donna con le redini), della Prudenza (una donna bifronte che guarda uno specchio) e della Fortezza (una donna che abbraccia la medesima quercia araldica). Raffaello mette gli angeli al servizio delle Virtù anche nella predella della Pala Baglioni (Roma, Pi52

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nacoteca Vaticana) ma con composizioni differenti. La Fede (con il calice in mano) è affiancata da due angioletti che reggono due tabulae, una con il monogramma di Cristo in greco (CPX, ma corretto sarebbe XPC) e l’altra con il monogramma in latino (IHS). La Speranza (con le mani giunte in preghiera) è affiancata da due angeli anch’essi in atteggiamento orante. E infine la Carità (che stringe a sé e allatta i suoi figli) è affiancata da due angeli che recano rispettivamente una fiamma viva (simbolo dell’Amor Dei) e un piatto di copiose elemosine (simbolo dell’Amor proximi). Nell’iconografia, gli angeli assistono anche i santi di Dio (Raffaello lo ben ha narrato nella Liberazione di Pietro). E poi suonano e cantano. La musica e il canto degli angeli è uno dei temi prediletti dell’iconografia angelica, perché con essi si allude alla divina armonia che informa tutto il creato. E rimanda anche a uno dei compiti specifici degli angeli, che è quello di lodare Dio con la potenza della musica. Il Salmo 150 rappresentò un’autentica fonte di ispirazione per i teologi e i pittori: «Lodate il Signore… con squilli di tromba, lodatelo con arpa e cetra, lodatelo con timpani e danze, lodatelo sulle corde e sui flauti, lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali squillanti…» 53

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Le Virtù cardinali e teologali, Roma, Musei Vaticani, Stanza della Segnatura.

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Pala Baglioni, Roma, Pinacoteca Vaticana (nella pagina a fianco, particolare della predella).

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Queste parole dovettero far leva anche su Raffaello. La Vergine incoronata della Pala Oddi (Roma, Pinacoteca Vaticana) è circondata da quattro angeli musicanti che, quasi parafrasando il Salmo, lodano Dio e la Madre con cembali e danze a sinistra, e con melodiosi strumenti a corda a destra. Hodie in terra canunt angeli. Il canto degli angeli è una delle manifestazioni del Natale. E al canto degli angeli Raffaello Sanzio dedicò il più “musicale” dei suoi capolavori: l’Estasi di santa Cecilia della Pinacoteca Nazionale di Bologna. La pala venne commissionata al Maestro da Elena Duglioli Dall’Olio per la chiesa bolognese di San Giovanni al Monte. Il dipinto mostra la santa protettrice della musica a figura intera mentre, abbandonati gli strumenti musicali, volge uno sguardo appassionato al cielo squarciato, dove è apparso un coro angelico che sta cantando una melodia celestiale. Di mano le sta sfuggendo l’organo portativo, dal quale si stanno sfilando le canne, mentre ai suoi piedi giace una spettacolare natura morta di strumenti musicali rotti: una viola da gamba senza corde, un triangolo, due flauti, sonagli, due tamburelli con la pelle lacera. Tale dettaglio è stato interpretato come un rimando alla caducità della musica terrena, simbolo delle passioni umane (flauti, tam58

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Incoronazione della Vergine e dono della Cintola a San Tommaso (Pala Oddi), Roma, Pinacoteca Vaticana.

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Angelo, Oxford, Ashmolean Museum. Nella pagina a fianco, Estasi di santa Cecilia, Bologna, Pinacoteca Nazionale.

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burelli e cembali erano spesso connessi al culto di Bacco) rispetto alla musica celeste. Infatti, secondo Willibald Gurlitt, il dipinto di Raffaello pare fortemente ispirarsi alle teorie musicali classiche e medievali: gli angeli in alto rappresentano la musica coelestis, ovvero gli inni di lode che gli angeli tributano all’Altissimo nelle sfere celesti, alle quali l’uomo può accostarsi solo attraverso l’esperienza dell’estasi. I santi rappresentano la musica humana, armonia tra corpo e anima, mentre gli strumenti musicali evocano la musica instrumentalis, ossia la musica terrena. Quest’ultima naturalmente cessa e va in pezzi quando comincia a risuonare la musica celeste intonata dagli angeli, e il contrasto è enfatizzato dal fatto che la musica celeste è di natura vocale, conformemente alle antiche tradizioni della musica sacra, mentre la musica terrena è strumentale. La musica strumentale in ambito religioso era stata severamente condannata dai Padri della Chiesa. Nell’intenso cielo blu della pala bolognese Raffaello dipinge così, nello squarcio di una sfavillante luce solare, una teoria dei sei angeli in coro intenti a leggere lo spartito e cantare le lodi all’Altissimo. E così la musica exstasium causat: il canto degli angeli porta all’uomo l’esperienza dell’estasi.

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Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d’essere vinta, ora che egli è morto, teme di morire

Nativitas

OPERE SULL’ARTE

14 Il Natale di Francesco d’Assisi, ill. da Giotto, pp. 32 31 Presepi italiani artistici e popolari, a cura di L. Zeppegno, pp. 64 32 Giotto, La Natività della cappella degli Scrovegni, con una poesia di M. Luzi e il testo dei Vangeli, pp. 40 33 Il Natale di Chiara d’Assisi, a cura di R. Dimichino, pp. 64 34 Gianfranco Ravasi, Natale all’Ambrosiana, con riproduzioni d’arte, pp. 48 35 Gentile da Fabriano, Adorazione dei magi, pp. 32 36 Emanuele Luzzati, La stella dei re magi, pp. 56 39 Pieter Bruegel, Mario Luzi, L’adorazione dei magi e dei pastori, pp. 32 42 Albrecht Dürer, La Natività, pp. 32 43 Guido Clericetti, Sorridi ancora a Natale. Le più belle vignette, nuova edizione accresciuta, pp. 96 58 Le più belle incisioni della Natività dal XV al XX secolo, a cura di G. Basilico, pres. di P. Bellini, pp. 120 60 Walter Fochesato, Auguri di buon Natale. Arte e tradizione delle cartoline augurali, con immagini a colori, pp. 160 65 Chiara Gatti, Insolite natività. Un itinerario d’arte in Lombardia, pp. 64 66 Sania Gukova, Icone russe di Natale, con tavole d’arte a colori, pp. 96 68. Natività agli Uffizi. Nativity at the Uffizi Gallery, a cura di F. Montanaro, con un testo di M. Luzi, con traduzione inglese, pp. 76 74 Antoni Gaudí, Sagrada Familia. Natività - Natividad, a cura di M.A. Crippa, con un testo di Lope de Vega, testo italiano-spagnolo, pp. 88 85 Le più belle Natività al Louvre, a cura di P. Ajello, pp. 80 88 Caravaggio, Natività, con un testo di A. Camilleri e una nota di R. Guttuso, a cura di F.M. Ferro, pp. 64 89 Marc Chagall, Sogno di una notte di Natale, a cura di C. Gatti, pp. 80 91 Walter Fochesato, Le pubblicità di Natale che hanno fatto epoca, con oltre 200 immagini a colori, pp. 200 93. Leonardo Da Vinci, Natività. La sorpresa del divino nel mondo, a cura di A. Rovetta, pp. 64

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