Forze centrifughe globali. Una mappatura filosofica del presente 5925357002, 3122549001

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Forze centrifughe globali. Una mappatura filosofica del presente
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Vittorio Hosle

Forze centrifughe globali Una mappatura filosofica del presente

Diotima Questioni di filosofia e politica

La scuola di Pitagora editrice

INDICE

9 13

Avvertenza Presentazione di Horst Kohler Prefazione Prefazione alla seconda edizione Prefazione alla terza edizione

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1.

LE SPERANZE DEL 1991

33

2.

LO SHOCK DEL 2016

53

3.

QUALI SONO LE CAUSE DEL~CESA DEI POPULISTI?

4.

111

LA DISGREGAZIONE DELLA RAZIONALITÀ POLffiCA, OOCESA DELLA CINA E LA NUOVA RUSSIA

5.

19

147

COSA DISTINGUE GLI STATI UNm DALL'UNIONE EUROPEA?

207

6.

7.

LA FINE DELL'EGEMONIA AMERICANA, L'ASCESA DELLA CINA E LA NUOVA RUSSIA

261

SOLUZIONI PER USCIRE DALLA CRISI

299

POSCRITTO 2021

311

APPENDICE. LA GRANDE CESURA: LA GUERRA DI CONQUISTA DI PUTIN

373

Bibliografia Sitografia

387 395

Awertenza

Viene qui proposta la traduzione della terza edizione, accresciuta, di Globale Fliehkrafte. Bine geschichtsphttosophische K.artierung der Gegenwart, pubblicata nel 2021 a breve distanza dalla prima del 2019. Essa comprende quindi anche la "Prefazione alla terza edizione" e il "Poscritto2021". A seguito dell'invasione russa dell'Ucraina si è pensato di completare il volume con un breve testo in appendice: "La grande cesura: la guerra di conquista di Putin" 1• Rispetto al sottotitolo del libro, si tenga presente che il testo qui proposto vuole essere una mappatura del presente dal punto di vista della filosofia della storia. L'aggettivo geschichtsphilosophisch risulta però difficile da rendere in italiano. Si potrebbe parlare infatti di una mappatura del presente "in termini di 1

"Die gro.Be Zasur: Putins Eroberungskri.eg", in Bli.itter /ur

deutsche und internationale Politik 4/2022: pp. 75-81.

AVVERI'ENZA

filosofia della storia", "dal punto di vista della filosofia della storia" oppure "a partire dalla filosofia della storia". Questo però avrebbe appesantito eccessivamente il sottotitolo. Si è perciò deciso di parlare in maniera meno precisa, manon per questo scorretta, di una mappatura filosofica del presente (espressione che peraltro utilizza anche l'Autore a p. 28). Sia il neologismo Kratiker sia l'aggettivo corrispondente kratisch vengono resi come cratico. Mann può significare sia uomo sia maschio. Quando il contesto è di natura psicosessuale, si è preferita la seconda opzione seguendo anche la traduzione italiana del libro di Hanna Rosin, La fine del maschio. Quando il sostantivo Liberale viene usato in riferimento allo specifico contesto statunitense, viene tradotto come liberal, che diversamente dall'italiano liberale si riferisce a un liberalismo di natura progressista. Le traduzioni, quando non diversamente indicato, sono del Traduttore. Nel caso di lingue diverse dal tedesco si è sempre tenuta presente la versione tedesca dell'Autore, qualora ne abbia fornita una. Si precisa sempre, in nota, quando la traduzione è modificata. Inoltre, eventuali aggi.unte del Traduttore inserite nel corpo del testo sono sempre racchiuse tra parentesi quadre. Su suggerimento dell'Editore si è pensato di inserire nelle note a piè di pagina i titoli dei testi (o dei video) online e aggi.ungere una sitografia alla fine del volume dove il lettore potrà trovare i rispettivi URL. Ringrazio l'Autore per l'aiuto fornitomi nella traduzione di alcuni passi problematici e mia sorella Debora per la revisione del testo in italiano. Ho un debito di

AVVERl'ENZA

gratitudine, infine, nei confronti di GabrielAssumpçao che mi ha messo generosamente a disposizione la sua versione del testo in portoghese brasiliano. Gaetano Longo

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Presentazione

Nel settembre del 2017 ero in visita per una conferenza all'università cattolica di Notre Dame in Indiana (USA), dove insegna anche Vittorio Hosle. Non era ancora passato un anno da quando Donald Trump si era insediato; molti erano ancora pervasi dall'orrore per il fatto che la sua elezione era reale. Le numerose conversazioni con studenti e insegnanti ruotavano sempre intorno alla domanda: "ma qui che sta succedendo?". C'era molto interesse per la mia prospettiva europea al riguardo. Allo stesso tempo le domande americane all'Europa non erano di minore importanza: la ferita politica causata dalla crisi dei rifugiati del 2015 continuava a bruciare senza alcuna possibilità di una cura imminente. Rimaneva irrisolto l'enigma rispetto a cosa volesse il lacerato Regno Unito con la Brexit e a cosa essa significasse per il futuro dell'Europa (oggi a tal proposito, nel 2019, non abbiamo capito molto di più).

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PRESENTAZIONE

Si trovava consolazione nello sconcerto comune. E si intuiva che questi non erano eventi indipendenti l'uno dall'altro, ma che qui delle cose assolutamente fondamentali a livello mondiale cominciavano a vacillare. A una cena privata con la famiglia Hosle, in una discussione durata diverse ore, abbiamo provato a mettere insieme i pezzi del puzzle. Era solo una cerchia molto ristretta, ma con Vittorio Hosle sedeva al tavolo qualcuno capace di introdurre una varietà di prospettive in un grande dialogo tra le discipline: collegava senza sforzo la psicologia dell'uomo bianco americano con l'analisi dell'anima russa (egli segue in lingua originale i quotidiani e i media online russi), attingeva alla ricca storia del pensiero europeo, dissezionava le leggi economiche della globalizzazione e collocava tutto ciò nel contesto concreto degli sviluppi politici attuali con un coraggio insolito per un filosofo. Impressionato da questa visione panoramica (e molto soddisfatto del tacchino) ho detto a mia moglie tornando all'hotel: "se solo avessi preso appunti". Sono felice che Hosle stesso la abbia messa per iscritto. Il presente saggio, però, non ci rende la vita semplice. Con le sue tesi Hosle si occupa di quali sviluppi nella politica mondiale egli ritiene possibili, fino al limite di sopportazione di ciò che dopo più di 70 anni di pace europea vogliamo immaginarci. Egli mette chiaramente in guardia dal ritenere irreversibili conquiste moderne come lo Stato di diritto, la democrazia e la pace. Tuttavia, nella sua analisi, non risparmia all'Europa e all'Occidente gli errori che ne hanno aggravato l'atteggiamento autolesionistico.

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PRESENTAZIONE

Le interazioni economiche, politiche, ecologiche e tecnologiche nel mondo hanno assunto nel XXI secolo un tale livello di complessità globale e dipendenza reciproca che le nostre istituzioni politiche, nell' affrontarle, rivelano i loro limiti. Il processo di ricerca e di apprendimento innescato da tutto questo e in cui si inserisce vigorosamente anche questo libro solleva una questione sistematica fondamentale: la nostra democrazia è ancora capace di realizzare degli imponenti cambiamenti globali? Credo che nella ricerca di una risposta due casi vadano assolutamente evitati. Il primo caso è quello del senso di impotenza. Considerando la complessità delle sfide globali e la straordinaria velocità dei mutamenti in atto, esso è solo un passo piccolo e seducente verso l'atteggiamento passivo di vittimizzazione, verso il sentimento di chi è in balìa di forze che non si possono né comprendere né modificare. Non da ultimo il tema dell'assenza di alternative ha generato la narrazione della presunta perdita di controllo, che ha rafforzato molti populisti. Pertanto è necessaria una contro-narrazione forte che riscopra la politica e gli esseri umani come soggetti dell'azione politica. Il cambiamento climatico, per citare un esempio significativo, non si verifica per caso, non si abbatte su di noi come una piaga biblica, ma è causato dagli esseri umani -quindi può essere fermato dagli esseri umani. Ironicamente, questa riscoperta dell'azione può funzionare al meglio seguendo l' opposto delle ricette nazionalistico-autoritarie che sono in voga in molti Paesi:

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PRESENTAZrONE

C'è bisogno che si riconquisti un margine d'azione a livello internazionale con nuove alleanze per il multiculturalismo. È attesa da tempo, ad esempio, una collaborazione strategica dell'Europa con la sua diretta vicina, l'Africa, il cui destino determinerà direttamente anche il nostro destino di europei. C'è bisogno di dare di nuovo più libertà di azione ai membri più piccoli del nostro ordinamento politico e perciò, ad esempio, di far valere coerentemente il principio di sussidiarietà nell'Unione Europea. Così il processo di globalizzazione si può consolidare realizzandosi in nuovi luoghi. E, non da ultimo, c'è bisogno anche di credere che i singoli cittadini e consumatori siano capaci di fare qualcosa - le risposte più importanti in questo nuovo mondo non vengono probabilmente dall'alto, ma dal basso. Il secondo caso da evitare nella ricerca di un orientamento nel caos politico mondiale è quello dell' arbitrarietà morale. L'azione politica non deve avere luogo in un vuoto normativo. L'idea che il potere debba vincolarsi a delle regole, vale a dire regole che si basino sulla libertà e sull'inviolabile dignità umana - è il fondamento della nostra sicurezza e del nostro benessere. Coloro che vogliono farci credere che non c'è più nessuna differenza tra la logica del più forte e la logica di ciò che è moralmente corretto - costoro mettono a rischio questi fondamenti. Purtroppo ci sono voluti anche in Germania alcuni cicli demoscopici di apprendimento per constatare che non ha senso adottare semplicemente il linguaggio e le premesse dei

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PRESENTAZIONE

populisti oppure volerli battere in una competizione al ribasso della decenza. L"'anything goes" in ciò che si può dire e fare in politica caratterizza del resto non solo i nuovi Strongmen di questo pianeta, ma anche alcuni visionari di Internet assetati di denaro e potere. Oggi siamo in ogni caso sempre più esposti alla sfida di sviluppare un ordine politico che distingua l'essere umano come soggetto politicamente attivo non solo dall'animale, ma anche dall'algoritmo. Mi fa piacere che Vittorio Hosle richiami l' attenzione, anche in questo libro, sul ruolo indispensabile della religione in questo processo. È indiscutibile che l'Islam abbia bisogno di una discussione autocritica sul suo rapporto con la società liberale moderna. Ma anche la questione su come la fede cristiana resti rilevante nel XXI secolo riguardo alle pressanti ingiustizie ecologiche e sociali deve essere messa sul tavolo - e viene ripreso ad esempio da Papa Francesco in maniera proatti.va. Il suo coraggio di rinnovare sarebbe auspicabile anche in alcuni partiti cristiano-conservatori in Europa. La strumentalizzazione del Cristianesimo per campagne di odio e di esclusione da parte di ogni sorta di ciarlatani fa parte in ogni caso delle più spudorate perfidie degli ultimi anni. Vittorio Hosle ha scritto un libro che ci scuote, ma non ci scoraggia. Le sue risposte sono chiare, ma non semplici. Perciò si distingue piacevolmente da coloro che, nella confusione che il 2016 ha portato con sé, vendono le emozioni della paura come strategia politica. Hosle commercia in un'altra valuta, quella dell'intelligenza. Così chi legge questo libro diventerà probabilmente non solo più intelligente, ma sarà anche

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PRESENTAZIONE

incoraggiato a contrapporre alle tribolazioni del nostro tempo un agire pieno di speranza. Berlino, maggio 2019 Horst Kohler Ex Presidente della Repubblica Federale Tedesca

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Prefazione

Cosa sta succedendo nella politica mondiale? Supponiamo che qualcuno nel 2013, all'inizio del secondo mandato di Barack Obama, che ha rappresentato in forma massima l'apertura degli Stati Uniti verso il mondo, avesse pronosticato quanto segue: entro un anno la Russia avrebbe iniziato a riannettere un vecchio territorio sovietico. Gravi attentati islamisti, ispirati dall'autoproclamato Stato Islamico, avrebbero presto scosso la Francia, il Belgio e la Gran Bretagna. Partiti populisti di destra, anche a causa della crisi migratoria del 2015, avrebbero conquistato il potere in diversi Paesi dell'Unione Europea e nel 2016 la Gran Bretagna avrebbe deciso di uscire dall'Unione Europea, la Polonia avrebbe abbandonato lo Stato di diritto, e la Turchia, elogiata come raro esempio di una democrazia islamica fondata sullo Stato di diritto, dopo un tentativo di golpe avrebbe imboccato la strada di uno Stato autoritario. Anzi, la potenza guida

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FORZE CENTRIFUGHE GLOBALI

dell'Occidente, gli Stati Uniti, anche grazie al sostegno russo, avrebbe votato come Presidente un uomo che non aveva mai ricoperto un incarico pubblico e che si è ripromesso di limitare largamente la cooperazione globale degli Stati Uniti. Quale reazione ci sarebbe stata? Non ci si sarebbe messi a ridere di questo profeta di sventura, e forse lo si sarebbe addirittura preso per pazzo? Come ora tutti sanno, tutto questo è avvenuto davvero. Si può forse già adesso dire che il 2016 sarà considerato dagli storici del futuro come l'anno spartiacque del XXI secolo - e purtroppo come un annus hom'bitis, un anno terribile. Perché net 2016 sono crollati

vari pilastri dett'ordine instaurato nelt'ultimo dopoguerra, quindi detl'ordine mondiale sorto dopo la fine della Guerra fredda? E ora che cosa succederà? Il mio saggio,

il testo di un filosofo con un interesse particolare per la filosofia politica, si occupa di queste questioni che spera di chiarire ad un vasto pubblico e a cui spera di rispondere senza presupporre conoscenze filosofiche specialistiche. Certamente ci sono già diverse analisi eccellenti della storia contemporanea proposte negli ultimi anni. Cito ad esempio Zerbricht der Westen? Uber die gegenwiirtige Krise in Europa und Amerika ["L'Occidente sta andando in pezzi? Sulla crisi attuale in Europa e America"] del grande storico dell'Occidente Heinrich August Winkler, pubblicato nel 2017 - un libro a cui devo molte informazioni. Ma forse ciò che conferisce al mio saggio una posizione particolare tra i vari scritti degli ultimi due anni su questo tema è che esso, da un lato, osserva con un rifiuto netto simile a quello delle élite dell'Europa occidentale nella politica, nell'econo-

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PREFAZIONE

mia e nei media l'accelerazione dello sviluppo che c'è stato dal 2016 in poi; dall'altro lato, però, esso vuole comprendere dall'interno anche coloro che si oppongono alla globalizzazione e all'universalismo nelle nostre convinzioni morali. Senza riconoscere gli errori che sono stati commessi dalla politica liberale negli ultimi decenni difficilmente ci sarà una modifica di questi errori; e senza tali modifiche le forze che si sono formate contro il liberalismo non si lasceranno controllare. Il liberalismo, che io stesso sostengo, lo intendo qui in un senso ampio, che comprende cioè i maggiori partiti dell'Europa occidentale dai conservatori fino ai socialdemocratici. Liberale è pertanto chi riconosce a tutti gli esseri umani certi diritti fondamentali, si attiene allo Stato di diritto e ai meccanismi della separazione dei poteri all'interno dello Stato e difende una società civile con regole di mercato distinta dallo Stato; chi accoglie con favore la cooperazione internazionale ad esempio attraverso il commercio mondiale, considera la guerra ammissibile solo in caso di difesa e in generale considera la ragione invece delle passioni come lo strumento corretto per risolvere i problemi politici - in breve, chi condivide gliideali dell'illuminismo. Un'elaborazione più precisa delle norme che devono guidare una politica fondata sulla morale l'ho presentata nella mia opera principale, Mora! und Politik ["Morale e politica"] del 1997, di cui questo scritto occasionale sulla nostra epoca costituisce una sorta di appendice alla parte dedicata alla filosofia della storia nei Capitoli 6.2 e 6.3. Dato che esso si riferisce al presente vengono utilizzate soprattutto delle fonti online e dato che il presente, a differenza del passato, è ancora in divenire 21

FORZE CENTRIFUGHE GLOBALI

il rischio di errori è maggiore del solito. Se Zhou Enlai, alla domanda di Henry Kissinger se la Rivoluzione francese avesse avuto successo, rispose giustamente: "è troppo presto per gi.udicare",questo saggi.o, scritto nella primavera ed estate del 2018, completato ad agosto e integrato successivamente solo da alcune osservazioni, è addirittura presuntuoso. Tuttavia una tale impresa è necessaria perché stiamo vivendo una fase di cambiamento storico sempre più rapido che si deve cercare di comprendere, se si vuole essere cittadini responsabili, anche quando le osservazioni non riescono a tenere il passo degli eventi. Diversamente da quanto avviene nell'analisi di un periodo storico i principi della morale sono eterni e ho potuto perciò presupporre come essenzialmente valida la parte normativa del mio libro precedente. Questo vale anche per la sua applicazione al problema ambientale, che però in questo libro non viene tematizzato; poiché è molto più antico e più comprensivo della crisi politica manifestatasi nel 2016. Esso si intreccerà con questa crisi, e forse è più insidioso, poiché la distruzione dell'ambiente, diversamente dall'eventuale scoppio di una guerra, avviene in forma latente. Ma in questo libro devo mettere da parte questo problema. Inoltre ne ho discusso in maniera dettagliata nel mio Philosophie der okologischen I.&ise ["Filosofia della crisi ecologi.ca"] già nel 1991, e dal punto di vista concettuale da allora non molto è cambiato. L'Illuminismo del quale ho parlato presuppone una determinata teoria della ragione e del diritto, e senza la sua crescente disgregazione attraverso delle forze che si considerano liberali la rivolta contro il liberalismo

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PREFAZIONE

non può essere adeguatamente compresa. Il tentativo di risalire dalla crisi attuale alle scelte ideologiche degli ultimi decenni e la sua classificazione in termini di filosofia della storia costituiscono il centro filosofico del mio libro. La cattiva filosofia non è deleteria solo dal punto di vista teoretico; essa ha un impatto, molto più profondo di quanto si creda, anche nella prassi. È però importante tenere sotto controllo i nemici del liberalismo se non vogliamo che si ripeta quell'epoca che negli anni Venti e Trenta ha corroso dall'interno le democrazie occidentali - penso al fascismo europeo. Allora comunque gli Stati Uniti rimasero il baluardo del liberalismo: oggi invece il liberalismo è minacciato anche e soprattutto in quel Paese che una volta lo aveva fatto trionfare. Pertanto l'ex Segretario di Stato americano Madeleine Albright, nel suo Fascism. A Warning ["Fascismo. Un avvertimento"], vede oggi il fascismo come una grave minaccia in tutto il mondo. Dato che io, che sono di origini italo-tedesche, vivo da oramai vent'anni negli Stati Uniti e sono stato testimone dei suoi cambiamenti negli ultimi anni, il mio sguardo su questo Paese, in cui si mischiano vicinanza fisica e distanza interiore, può avere una oggettività particolare. Comunque si svilupperanno i prossimi anni la fine della storia, sognata da alcuni dopo il crollo dell'Unione Sovietica, ha raggiunto rapidamente il suo epilogo. Viviamo di nuovo in tempi interessanti - cosa che i cinesi pare augurino a qualcuno che vogliono maledire. Il maelstrom della storia ci sta attirando a sé, stiamo assistendo all'inizio di una grande crisi storica, e nessuno sa quale ne sarà l'esito. Ma questo esito risulterà meno sconvolgente se si farà chiarezza sulle questioni

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FORZE CENTRIFUGHE GLOBALI

che dobbiamo affrontare nella disputa attuale e sulle forze che sono in lotta tra loro. Questo saggio vuole dare un contributo a tale chiarezza. Esso si articola in sette capitoli. In primo luogo descrivo il progresso storico che si è avuto a partire dal XVIII secolo e che dal 1989 al 2016 è sembrato, ancora una volta, accelerare rapidamente. Il secondo capitolo spiega perché l'anno 2016 contraddica palesemente le tendenze evolutive che finora si credeva di poter cogliere. Nel terzo capitolo vengono analizzate le condizioni sociali, nel quarto quelle mentali su cui si basano gli awenimenti a partire dal 2016. È evidente che questi non siano semplicemente dei passi falsi, ma abbiano radici profonde, che ci terranno col fiato sospeso ancora a lungo. Ma se proprio gli Stati Uniti dicono addio al consenso liberale della modernità, non si può sperare che almeno l'Unione Europea terrà alti gli ideali dell'Occidente? Purtroppo, come mostro nel quinto capitolo, la stessa Unione Europea è in una profonda crisi della sua capacità d'azione, come dimostra soprattutto il problema dei rifugiati, che riguarda il suo comportamento verso gli Stati più poveri. Allo stesso tempo l'Europa è ormai ben lungi dall'essere la più potente entità politica dell'Eurasia; l'inarrestabile ascesa della Cina e il ritorno della Russia come superpotenza militare sono - in sesto luogo - i nuovi fatti geopolitici più importanti. Una breve panoramica finale considera cosa fare alla luce di questa situazione politica mondiale. La presentazione dell'ex Presidente della Repubblica tedesca Horst Kohler, che mi fa particolarmente

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PREFAZIONE

piacere e mi onora, menziona una lunga conversazione che abbiamo avuto a casa nostra nel settembre del 2017 su ciò che è accaduto nel 2016. Essa è stata uno dei semi da cui è nato questo hbro, rispetto al quale mi hanno incoraggiato nella maniera più amichevole anche l'ex Ministro federale Theo W aigel e il Ministro federale Gerd Muller, dato che il mio hbro del 1997 avrebbe bisogno urgentemente di un aggiornamento rispetto alla storia contemporanea. Ringrazio tutti e tre per questa richiesta alla quale ho ottemperato nella speranza che le spiegazioni filosofi.che possano essere utili anche a una politica che miri a ottenere risultati a lungo termine.

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Prefazione alla seconda edizione

Il fatto che così rapidamente dopo la prima segua una seconda edizione mi sorprende e mi fa molto piacere. La crisi descritta nel libro persiste, anzi si aggrava su tutti i fronti. Johnson è ora il Primo Ministro britannico, il suo Paese è quindi più vicino alla Brexit. Il conflitto tra il Parlamento e l'esecutivo e gli appelli al popolo, con i quali l'aspirante dittatore contemporaneo deve legittimarsi, dato che non può più contare su una origine aristocratica e non ancora sulle forze armate, mettono profondamente a rischio la democrazia liberale, negli Stati Uniti come in Gran Bretagna. Le guerre commerciali e le tensioni internazionali nel Vicino e Medio Oriente aumentano, la sicurezza della navigazione nel Golfo Persico diminuisce. Le celebrazioni da parte della Cina per i 70 anni della Repubblica Popolare non possono distogliere l'attenzione dai disordini a Hong Kong. La crescente consapevolezza della nostra irresponsabilità collettiva in materia di

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FORZE CENTRIFUGHE GLOBAU

ambiente rafforzerà dei meccanismi di proiezione grazie ai quali si preferisce dare la colpa agli altri per non doversi vergognare di se stessi. Queste non sono prospettive allettanti. Ciò che fa ben sperare è un personaggio come Greta Thunberg che, nell'ipocrisia generale, dice la verità. E si può sperare che le forze morali cresceranno quando ci sarà una consapevolezza generale della gravità della crisi. Per questo motivo ho scritto questo libro che molti hanno considerato troppo pessimistico. Ma solo chi prende in esame i pericoli ha il diritto di essere ottimista.

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Prefazione alla terza edizione

Il fatto che circa un anno e mezzo dopo la prima pubblicazione sia necessaria una terza edizione di questo libro inevitabilmente fa piacere all'Autore. Però mi spaventa anche un po', poiché fa pensare che le mie riflessioni abbiano convinto anche altri, quindi non siano così inverosimili. In verità, niente mi farebbe più piacere di credere che avessi torto e che gli eventi degli ultimi anni fossero solo un intoppo momentaneo nel cammino trionfale della modernità verso la libertà, l'uguaglianza e il benessere per tutti. Tuttavia, i processi della storia universale si svolgono con una velocità tale che l'analisi del periodo qui preso in esame doveva essere integrata. In una lunga postfazione entro nel merito di tre ordini di problemi che nel 2019 in parte sono emersi di nuovo, in parte necessitano di un chiarimento filosofico più esplicito. In primo luogo, tratto quei fenomeni che portano avanti le linee di tendenza che si stanno delineando

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FORZE CENTRIFUGHE GLOBALI

dal 2016. Mi soffermo in modo particolarmente approfondito su quell'evento che sembra contraddirle - la mancata rielezione di Trump. Tento però di mostrare che - per quanto la mancata rielezione del demagogo più spudorato e più bugiardo del mondo occidentale contemporaneo e il fallimento del suo tentato colpo di Stato vadano accolti con favore - sarebbe del tutto sconsiderato ritenere che i principi per i quali si è impegnato come Presidente e la mentalità che ha espresso sarebbero scomparsi con la sua sconfitta elettorale. Quest'ultima è stata infatti troppo debole ed è dipesa da una importante casualità; e Trump stesso è purtroppo solo il sintomo di forze che si esprimeranno in un altro modo quando questi sarà venuto meno. La casualità della quale stavo parlando è ovviamente il Covid-19. Senza il suo fallimento nella gestione della pandemia Trump, con ogni probabilità, sarebbe rimasto Presidentedegli Stati Uniti fino al gennaio del 2025. Ma per quanto si possa essere grati alla pandemia per il fatto che ha contribuito in modo decisivo alla sua mancata rielezione - chi vuole può parlare con Hegel di astuzia della ragione -, non è affatto detto che essa ispirerà nel lungo periodo le forze della ragione. È troppo presto per rispondere a questa domanda. Una mappatura filosofica del presente nel 2021, però, non può fare a meno di tentare, in secondo luogo, dianalizzare le ipotesi su ciò che questa crisi globale della politica sanitaria significhi dal punto di vista morale, politico e di filosofia della storia. In che misura questa crisi si colloca all'interno dei rapporti precedentemente analizzati, in che misura essa può contribuire a farli saltare? Come ho già detto, non mi interessa dare delle

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PREFAZIONE AllA TERZA EDIZIONE

risposte, che ora non sono ancora possibili, ma discutere i diversi scenari possibili che siano di volta in volta coerenti. Quale scenario si realizzerà effettivamente dipenderà dalle nostre decisioni. A questo libro, che rappresenta una diagnosi del presente, è stato mosso il rimprovero secondo cui non sarebbe immediatamente evidente quale sia la sua natura filosofica. In ogni caso, posso fare riferimento a una tradizione di scritti politici occasionali in importanti filosofi - ricordo Uber die englische Reformbill ["Sul progetto inglese di riforma elettorale"] di Hegel, Der achtzehnte Brumaire des Louis Bonaparte ["Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte"] di Marx e Eichmann in ]erusalem ["Eichmann a Gerusalemme"] di Arendt come modelli illustri. Un filosofo che voglia informare e sensibilizzare un pubblico più vasto deve rinunciare alle finezze della sua disciplina; ma anche se non si vede la cucitura delle sue categorie, esse ci sono e tengono insieme la veste delle sue analisi. Lo sguardo di un filosofo è diverso da quello di uno scienziato sociale anche se egli esamina lo stesso oggetto (e include ovviamente anche il sapere storico e sociologico). Eglinon si accontenta di constatare che ci sono delle correlazioni empiriche, ma è interessato ai principi generali - vuole ricondurre il più possibile il comportamento umano alle intenzioni e queste alla natura umana. Collega cose che sembrano molto distanti - infatti la filosofia cancella l"' anche", come giustamente Hegel ha scritto una volta. Per rendere più chiara la vena filosofica del libro ho deciso, in terzo luogo, di illustrare in maniera più esplicita e nel loro contesto alcuni problemi - sempre soltanto accennati nel libro - di portata filosofica.

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FORZE CENTRIFUGHE GWBALI

Si tratta delle seguenti domande: che cosa motiva gli esseri umani a votare per dei politici la cui pericolosità non è difficile da capire? Perché certi esseri umani che non sono degli intellettuali e non hanno neanche un quoziente intellettivo particolarmente alto riescono ad ottenere posizioni di potere di spicco? Come può lo Stato liberale garantire la libertà ideologica senza compromettere nello stesso tempo i propri fondamenti? E gli esseri umani possono imparare dalla storia? South Bend, gennaio 2021

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1. LE SPERANZE DEL 1991

Progresso e pace attraverso la globalizzazione degli scambi commerciali e l'inarrestabile vittoria delle democrazie

Le epoche storiche non ci rendono la vita comoda lasciandosi delimitare da date che si imparano facilmente. Se si pensa al XX secolo come una unità conclusa, lo si deve considerare molto più breve del periodo che va dal 1901 al 2000. Lo si farà iniziare nel 1914, quindi con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale; si fisserà la sua fine negli anni tra il 1989 e il 1991, quindi tra la dissoluzione del Blocco orientale e la fine dell'Unione Sovietica. Dopo il lungo XIX secolo che va dal 1789 al 1914 - quindi il periodo che va dallo scoppio della Rivoluzione francese alla catastrofe del 1914 passando per gli anni d'oro della borghesia dell'Europa occidentale e l'apice dell'espansione coloniale europea - il XX secolo è certamente

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FORZE CENTRIFUGHE GLOBALI

ricco di avvenimenti, ma notevolmente breve. Due Guerre Mondiali, la formazione di due sistemi totalitari in Europa, infine il loro superamento prima nella Seconda Guerra Mondiale, poi evitando una guerra calda alla fine della Guerra fredda e una sempre maggiore integrazione dell'economia mondiale sembrano essere i suoi avvenimenti principali e le sue tappe più importanti. Il XX secolo, concepito in questo modo, è finito, a differenza dellungoXIX secolo, conii miracolo del superamento pacifico del totalitarismo sovietico, e quindi è ovvio dame una valutazione ottimistica. Già nel 1989 lo statunitense di origini giapponesi Francis Fukuyama scrisse un saggio dal titolo provocatorio The End o/ History? ("La fine della storia?") che nel 1992 è stato sviluppato nel libro The End o/ History and the Last Man ("La fine della storia e l'ultimo uomo"). In maniera molto semplificata la sua tesi fondamentale è che con la fine della sfida sovietica l'economia di mercato si sarebbe imposta come istituzione economica a livello mondiale e la democrazia globalmente come istituzione politica. Poiché le alternative ad esse sarebbero fallite - dopo i sistemi fascisti anche quelli comunisti. Certamente ci sarebbero stati ancora seri problemi di aggiustamento, ma teoricamente il problema economico e quello politico sarebbero risolti. Una crescente integrazione dell'economia mondiale e la competizione pacifica tra Stati governati in maniera sempre più democratica avrebbero determinato un futuro sempre più roseo. Certo Fukuyama deplora il fatto che la semplificazione della vita umana comporta inevitabilmente un livellamento esistenziale, come Nietzsche ha anticipato nel concetto di "ultimo uomo";

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LE SPERANZE DEL 1991

ma questo sarebbe il prezzo inevitabile da pagare per la fine delle grandi battaglie ideologiche, cioè proprio la fine della storia. Fukuyama ha espresso in modo eloquente un sentimento di cui si ricordano sicuramente coloro che nel 1989 erano già adulti -1'incredibile sollievo per il fatto di essere scampati alla minaccia di una guerra nucleare destinata, col passare del tempo, a diventare sempre più probabile. Chi come l'Autore di questo saggio è cresciuto non lontano dalla Cortina di Ferro sapeva che il pericolo della distruzione in una guerra nucleare era alto, sia nel caso in cui tale guerra nucleare fosse voluta sia nel caso in cui fosse il risultato di errori umani o dei computer. La paura allora dominava continuamente la coscienza di coloro che non negavano la realtà, anche se caratterizzava tutte le esperienze quasi sempre solo in sottofondo. Il peso che ci si è tolti dall'anima con la fine pacifica della Guerra fredda è stato enorme, poiché nessuno si aspettava questa fine, ma ciò si deve essenzialmente alla grandiosa responsabilità politica globale di Michail Gorbaciov; ed era ovvio dal punto di vista psicologico dimenticare e considerare definitivamente archiviati i rischi di allora. Quindi il "quarto di secolo aureo" dal 1991 al 2016 (o, se si vuole, dal 1989 al 2014) è stato uno dei più ottimistici e sereni della storia mondiale: la Germania è stata riunificata, gli ex Stati del Patto di Varsavia al di fuori dell'Unione Sovietica e le tre Repubbliche baltiche, ex sovietiche, sono diventate democrazie a economia di mercato e poi membri dell'Unione Europea e della NATO, la globalizzazione ha comportato uno straordinario aumento del livello di benessere.

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FORZE CENTRIFUGHE GLOBALI

Anzi, dato che la crescita economica può andare di pari passo con delle grandi disparità, va espressamente evidenziato che per la prima volta dal 1820, all'inizio del XXI secolo, la disuguaglianza globale dei redditi di cui c'era stato un massiccio aumento a partire dalla Rivoluzione industriale, dal momento che all'inizio solo gli Stati occidentali ne avevano tratto vantaggi economici, ha finalmente iniziato a diminuire1 - però al prezzo dell'aumento delle disparità all'interno di molti Paesi occidentali delle cui conseguenze politiche dovremo tornare a parlare. Dal 6 all'8 settembre 2000 ha avuto luogo a New York la cinquantacinquesima Assemblea Generale delle Nazioni Unite definita il Summit del Millennio. Il 9 settembre 189 Stati membri delle Nazioni Unite hanno deciso di approvare degli obiettivi vincolanti divisi in otto gruppi. Il primo era la lotta contro la povertà estrema e la fame, il secondo l'istruzione scolastica primaria per tutti, il terzo la parità di genere, il quarto la riduzione della mortalità infantile, il quinto il miglioramento dell'assistenza sanitaria delle madri, il sesto la lotta contro malattie gravi come HIV/AIDS e malaria, il settimo la sostenibilità ecologica, l'ottavo la costruzione di un partenariato globale per lo sviluppo. Ovviamente si sarebbe desiderato ancora di più e sicuramente alcuni dati e soprattutto definizioni sono stati manipolati: così se si comincia a contare dal 1990 invece che dal 2000, si includono dei progressi che non 1 Cfr. il saggio di Branko Milanovic per la Banca Mondiale: "Global inequality and the global inequality extraction ratio: the story of the past two centuries" (vedi sitografia).

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sono stati influenzati dalle nostre azioni. Tuttavia è senz'altro impressionante quanto è stato realizzato fino al 2015: dal 1990 al 2015 il tasso di coloro che vivono nei Paesi in via di sviluppo con meno di 1,25 dollari al giorno si è abbassato dal 47% al 14%, il numero dei bambini esclusi dall'istruzione elementare è stato quasi dimezzato, il numero dei decessi di bambini sotto i cinque anni è stato più che dimezzato, nonostante il considerevole aumento demografico. Anche il tasso di mortalità materna è diminuito del 45%. Non era perciò utopistico che il primo dei nuovi diciassette Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, che sono entrati in vigore il 1/01/2016, il superamento della povertà "in tutte le sue forme e ovunque nel mondo", sia stato fissato già per l'anno 2030. Certo con "in tutte le sue forme" ci si può ragionevolmente riferire solo a forme di povertà assoluta, non relativa, dato che la disuguaglianza è molto più difficile da sconfiggere della miseria, anzi spesso deve essere accettata proprio se si vuole superare la povertà assoluta. Ma anche con questa restrizione già solo il raggiungimento di questo obiettivo sarebbe la realizzazione di qualcosa che finora in tutta la storia dell'umanità era apparsa come un'utopia irraggiungibile. Tuttavia occorre sottolineare che dal 2015 il numero assoluto delle persone sottonutrite nel mondo ha ricominciato a crescere, in buona parte a causa del cambiamento climatico2 • Dal momento che quest'ultimo si aggraverà, ciò non è di buon auspicio. Cfr. il rapporto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura del 2018: FAO, ''The State ofFood 2

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Sotto molti aspetti i diciassette Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile sono la naturale prosecuzione di idee che sono state formulate per la prima volta alla fine del XVIII secolo. I grandi teorici del liberalismo economico e politico, ad esempio Montesquieu (1689-1755) in Francia, Adam Smith (1723-1790) in Scozia e Immanuel Kant (1724-1804) in Germania, hanno tutti accolto con favore il commercio mondiale e nient' affatto solo per motivi economici, ma anche perché l'interdipendenza sempre maggiore tra gli Stati avrebbe reso improbabili le guerre, dato che queste ultime, sotto gli occhi di tutti, avrebbero contrastato con i sempre maggiori egoismi nazionali. Il liberalismo, per come ha cominciato a emergere già nel XVII secolo nella storia delle idee e, a grandi linee, anche a livello istituzionale, è fondato su un'etica universalistica che, diversamente dalla scala dei valori premodema, gerarchica, assume in linea di principio che tutti gli uomini sono fondamentalmente uguali. Questa uguaglianza vale soprattutto per i diritti universali di difesa - il fatto che ognuno abbia diritto alla vita e alla proprietà significa che nessuno, nemmeno lo Stato, è autorizzato a minacciare la sua vita o la sua proprietà (a meno che non debba rinunciarci perché ha commesso un reato), non significa affatto che un privato o lo Stato sia obbligato ad aiutarlo a sopravvivere o ad acquistare una proprietà. Alla luce della scarsità di beni dell'epoca, in effetti, il riconoscimento dei diritti positivi non sarebbe stato realistico. Nel nome del concetto liberale di libertà vengono contestate, nell'epoca dell'Illuminismo, Security and Nutrition in the World" (vedi sitografia).

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delle limitazioni dell'attività economica tramandate per secoli, e questo nella speranza assolutamente realistica che la crescita economica finirebbe col tempo per giovare anche ai poveri. Il legame tra scienza moderna, tecnica e capitalismo ha creato già nel XVII secolo in un filosofo e teorico della scienza come il visionario Lord Cancelliere britannico Francis Bacon (1561-1626) la speranza che compiendo ulteriori progressi scientifici l'umanità avrebbe potuto superare molti dei problemi che la tormentano. Nel XVIII secolo comincia a svilupparsi un tipo di filosofia della storia completamente nuovo. I modelli storici precedenti nei filosofi antichi si basavano su una ascesa e declino periodici delle culture, in maniera non molto diversa da quanto avviene nel ciclo delle stagioni. Questo modello però è stato messo radicalmente in discussione dal Cristianesimo e presumibilmente questa è una delle cause per cui la nuova fiducia in un progresso inarrestabile si è imposta in primo luogo nelle culture cristiane. Perché il Cristianesimo ha rotto con il modello ciclico antico? Forse perché non è compatibile con la fede nell'unicità dell'incarnazione - Cristo sarebbe morto una sola volta per gli uomini e questo atto salvifico non potrebbe essere per così dire spazzato via in un ciclo successivo. Tuttavia il modello storico-teologico del Cristianesimo è molto diverso da quello emerso nel XVIII secolo. Il mondo risale a poche migliaia di anni fa; la storia della salvezza comincia col popolo ebraico, raggi.unge il suo culmine provvisorio con l'evento di Cristo e si concluderà con la Seconda Venuta di Cristo. Questa Seconda Venuta, la fine della storia, owiamente non

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può essere effettuata dagli esseri umani. Nel XVIII secolo, in cui si presenta per la prima volta il concetto di "filosofia della storia", la storia della salvezza cristiana viene al contrario sostituita dalla concezione secondo cui l'umanità si svilupperebbe in base a leggi puramente immanenti verso condizioni di sempre maggiore libertà e ricchezza. Questa è in parte un'ipotesi teorica; particolarmente chiara nel famoso saggio di Kant Idee zueiner allgemeinen Geschichte im weltburgerlicher Absicht ["Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico"] del 1784, essa è fondata sulla fiducia nella finalità della natura, una fiducia che ha radici teologiche. Ma in parte - è così anche in Kant - è un postulato morale: abbiamo il dovere di lavorare per un mondo in cui le strutture dello Stato di diritto dominino sia all'interno dei singoli Stati sia tra di loro, stimolate dal commercio mondiale, le condizioni pacifiche prevalgano e una confederazione di Stati impedisca il flagello della guerra. Non è certo un caso che la teoria del progresso in Europa sia stata formulata in un momento in cui la potenza dell'Europa cominciò a estendersi su tutto il mondo, tra l'altro grazie alla Rivoluzione scientifica del XVII secolo e alla incipiente Rivoluzione industriale del XVIII secolo. Sia la Rivoluzione americana che durò dal 1775 al 1783 sia la Rivoluzione francese del 1789 sono state presto interpretate come dei passi decisivi in vista di un futuro migliore e sono scaturite in parte esse stesse dall'atteggiamento di chi si sente obbligato a promuovere il progresso storico. Non si può leggere oggi senza commozione l'Esquisse d'un tableau historique des progrès de l'esprit humain ("Abbozzo di un

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quadro storico dei progressi dello spirito umano") di Nicolas Condorcet, in cui il marchese liberale che si era espresso a favore dell'abolizione della schiavitù e del diritto di voto alle donne vede nella storia umana un crescente progresso scientifico e giuridico, l'emancipazione dall'oppressione religiosa e politica e assume per il futuro l'illimitata perfettibilità dell'uomo, quindi il suo continuo miglioramento. La commozione scaturisce dal fatto che Condorcet scrisse la sua opera nel 1793/94 in un nascondiglio - che commise l'imprudenza di abbandonare, per la qual cosa dovette pagare con la morte. Ma la persecuzione da parte del Terrore di Robespierre che minacciava la sua esistenza non riuscì minimamente a far tremare la sua fiducia nella Rivoluzione francese e nelle magnifiche prospettive per il futuro dell'umanità. L'esperienza della Rivoluzione francese stimolò nel XIX secolo la nascita di una nuova filosofia della storia, quella marxista, che non si accontentava affatto di descrivere gli sviluppi registrati fino a quel momento, ma con la presunta previsione scientifica di un futuro paradisiaco spingeva per una nuova, definitiva rivoluzione innescando enormi cambiamenti storici. Il rifiuto di ogni teologia razionale ha però pregiudicato la fiducia nell'ineluttabilità del progresso che altrimenti non può essere giustificato; questo spiega, assieme alle orribili esperienze storiche legate al totalitarismo comunista, per quale ragione in misura maggiore a partire dagli anni '80 la sinistra ha sostituito il marxismo con il postmoderno come ideologia dominante. Una filosofia della storia orientata al progresso è anche il fondamento del liberalismo classico, la cui

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legittimazione più impegnativa è rappresentata dalle Grundlinien der Philosophie des Rechts ["Lineamenti di filosofia del diritto"] di Georg Wilhelm Friedrich Hegel del 1820. In aggiunta Hegel sviluppa nei paragrafi 346-360 la sua filosofia della storia che viene elaborata nelle Vorlesungen uber die Philosophie der Geschichte ["Lezioni sulla filosofia della storia"] pubblicate solo postume in un grandioso quadro generale della storia umana come progresso nella coscienza della libertà. Certo, il liberalismo e il marxismo discutevano sul modo per raggiungere il benessere generale - ma se lo ponevano entrambi come obiettivo e confidavano nel fatto che la storia si sarebbe mossa nella direzione giusta. Una sintesi affascinante di idee hegeliane e marxiane l'ha proposta Eugen Rosenstock-Huessy nel XX secolo. La sua opera Die europaischen R.evolutionen. Volkscharaktere und Staatenbildung ["Le Rivoluzioni europee. Caratteri dei popoli e costruzione degli Stati"] del 1931 (nel 1951 in un'edizione ampliata intitolata

Die europaischen Revolutionen und der Charakter der Nationen ["Le Rivoluzioni europee e il carattere delle nazioni"] indaga in primo luogo le diverse esperienze rivoluzionarie delle grandi nazioni europee e, a partire da esse, prova a spiegare i tratti fondamentalidei diversi caratteri nazionali. Come però dimostra il diverso titolo della versione inglese, Out ofR.evolution: Autobiography o/Western Man ["Fuori dalla rivoluzione: autobiografia dell'uomo occidentale"], per Rosenstock-Huessy si tratta, in maniera molto hegeliana, di riconoscere nel passaggio da una rivoluzione ali'altra un progresso che avrebbe portato ad una istituzionalizzazione di forme di libertà sempre più ricche. Diversamente da Hegel

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Rosenstock-Huessy si limita al secondo millennio d.C. - comincia con la rivoluzione papale di Gregorio VII nell'XI secolo, tratta poi della Riforma protestante in Germania, le Rivoluzioni inglese e francese e conclude con la Rivoluzione russa del 1917. L'accento posto sugli sconvolgimenti radicali causati dalle rivoluzioni deriva ovviamente da Marx, e nondimeno il pensiero marxista, nella classificazione altamente problematica della Rivoluzione russa, va riconosciuto tra le rivoluzioni che hanno ampliato la nostra libertà. Tuttavia le analisi molto precise, capaci di penetrare molti aspetti delle culture umane nella loro interdipendenza, l'attenzione per le esperienze mentali che in parte sono alla base delle rivoluzioni, in parte sono prodotte da loro, la valutazione molto positiva del ruolo del Cristianesimo nella storia del mondo e l'insistenza su un modello di sviluppo unitario, capace di ricomprendere tutte le discontinuità, sono chiaramente l'eredità di Hegel. Il fatto che Rosenstock-Huessy si limiti al mondo occidentale ha sicuramente a che fare in buona parte con la specializzazione avvenuta nel frattempo nelle scienze storiche. Ma anche indipendentemente dalle nuove conoscenze conquistate nel frattempo l'analisi del mondo orientale da parte di Hegel soffre del fatto che egli non afferma solo (cosa che a mio avviso è in definitiva corretta) che i Greci avrebbero elevato lo sviluppo dello spirito umano ad un nuovo livello; non è quasi affatto interessato allo sviluppo interno di Paesi come la Cina e l'India. Sembra credere che le culture asiatiche non sarebbero mai riuscite a trovare un contatto con lo sviluppo dell'Occidente, un'ipotesi che la globalizzazione ha chiaramente confutato. E

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soprattutto non ha delle categorie che possano spiegare

il ritorno di culture al livello più attivo dal punto di vista della storia mondiale, come quello a cui stiamo assistendo oggi in Cina. La critica al suo eurocentrismo è stata una delle preoccupazioni principali delle teorie cicliche della storia, ad una delle quali, quella di Spengler, dovremo tornare nel Capitolo 4. L'etica universalistica avanza nuove pretese all'uomo per cui non gli è facile liberarsi degli istinti morali che si sono sviluppati nel corso dell'evoluzione biologica. Infatti l'evoluzione biologica favorisce delle norme che divergono fortemente fra loro, a seconda che riguardino i rapporti con il proprio gruppo di appartenenza o di non-appartenenza. Questa natura biologica rimane, nonostante i progressi compiuti, la nostra tara ereditaria, almeno la nostra quota ereditaria, e solo chi non è capace di pensare in termini biologici può essere sorpreso dalla sua periodica riemersione che si manifesta dal XIX secolo come nazionalismo. Alle eccessive pretese morali che l'etica universalistica comporta si oppone una nuova teoria etica che si trova in alcuni teorici- non tutti- del liberalismo: la concezione cioè secondo cui un sistema generale nato da un egoismo illuminato e razionale sia pienamente sufficiente per ottenere le condizioni economiche e politiche auspicabili. Bernard Mandeville (1670-1733) espresse ciò con la formula secondo cui i vizi privati (sui quali si fonderebbe il capitalismo) produrrebbero pubbliche virtù. Una mano invisibile, per usare l'espressione diAdam Smith, trasformerebbe il perseguimento generale dei propri interessi in qualcosa di utile per il bene collettivo. Così caratterizzano il liberalismo rispetto ai sistemi etici

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precedenti sia un ampliamento sia un restringimento dell'orizzonte morale: da un lato c'è il dovere morale di pensare al bene dell'intera umanità, non soltanto a quello della propria famiglia o del proprio popolo. Dall'altro non sono necessarie delle virtù particolarmente onerose, ma solo l'organizzazione intelligente delle condizioni generali dei mercati nel cui ambito ognuno può pensare ai propri interessi dato che così facendo soddisfa anche gli interessi degli altri. Le virtù specificamente borghesi della razionalità economica come la parsimonia, l'amore per l'ordine e l'operosità sostituiscono gradualmente le virtù tradizionali del clero e della nobiltà, la dedizione alla trascendenza e il coraggio. Un modesto senso della giustizia intergenerazionale si dimostra essere il problema fondamentale della nuova etica, poiché qui crolla il principio della reciprocità: perché si dovrebbe pensare alle persone delle future generazioni da cui non si può trarre nessun vantaggio e fare dei sacrifici per loro? Non già il capitalismo commerciale del Basso Medioevo o dell'inizio dell'Età moderna, ma solo il capitalismo industriale che si afferma nel tardo XVIII secolo in Gran Bretagna e si estende nel XIX secolo in gran parte dell'Europa occidentale ha portato a una enorme crescita economica che, da ultimo all'inizio del XXI secolo, ha fatto sembrare realistica la speranza di sconfiggere la povertà assoluta a livello mondiale. "Globalizzazione" significa la crescente internazionalizzazione della circolazione dei capitali e delle merci, il consolidamento della cooperazione tra le imprese e spesso anche la maggiore mobilità delle persone al di là dei confini nazionali. Essa ha subito negli ultimi

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anni una rapida accelerazione grazie alla rivoluzione dei trasporti, della circolazione delle persone e delle tecniche di comunicazione - soprattutto l'invenzione di Internet. È tuttavia essenziale riconoscere che la crescita della internazionalizzazione dell'economia negli ultimi secoli non è stata costante. Certo l'ondata di globalizzazione del XIX e del primo XX secolo ha messo in ombra tutto quello che è successo prima. Tuttavia, in primo luogo, già in precedenza c'erano state delle ondate di globalizzazione (certamente molto meno forti) che si sono gonfiate e poi attenuate. In secondo luogo, ci sono state in diversi Stati a partire dal 1870 delle misure protezionistiche nei confronti della concorrenza (tenendo conto che in particolare la Gran Bretagna, il cui Impero nel 1922 comprendeva un quarto della superficie terrestre e dominava circa un quarto della popolazione mondiale, stava promuovendo il libero scambio). Eppure queste misure protezionistiche hanno rallentato l'integrazione internazionale solo marginalmente. La quota media di esportazione degli Stati dell'Europa centrale e occidentale nel 1913 ammontava già al 18%. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ma soprattutto con la Grande depressione all'inizio del 1930, questo processo ha cominciato a rallentare, anzi è stato invertito: nel 1938 quella quota di esportazione era scesa al 7o/o3. La Seconda Guerra Mondiale provocata dalla Germania nazionalsocialista ha rappresentato il culmine di una politica che ha calpestato, senza alcun ritegno, i valori • Vedi a riguardo l'eccellente studio di Knut Borchardt, Globalisierung in historischer Perspektive, Monaco 2001.

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di un'etica universalistica nel nome di un nazionalismo aggressivo. I pilastri centrali del nuovo ordine emerso dopo la Seconda Guerra Mondiale, concepito in germe già nella Carta Atlantica del 14 agosto 1941, erano tre: in primo luogo una nuova integrazione internazionale dell'economia, anche attraverso un Accordo Generale sulle Tariffe Doganali e sul Commercio che entrò in vigore nel 1948 inizialmente tra 23 Stati. La globalizzazione dei mercati finanziari e l'eliminazione dei controlli sui movimenti di capitale seguirono solo negli anni '70. Dal 1995 quell'accordo, assieme all'Accordo Generale sugli Scambi di Servizi e all'Accordo sugli Aspetti Commerciali dei Diritti di Proprietà Intellettuale, è integrato nell'Organizzazione Mondiale del Commercio. I successi nella riduzione delle tariffe doganali negli ultimi due decenni e mezzo sono stati enormi: le tariffe effettivamente riscosse (al tasso di cambio effettivo e in riferimento a tutti i prodotti.) sono scesi dal 14,1% nell'anno 1990 al 4,6% nel 20154 • In secondo luogo, la diffusione del modello di sviluppo occidentale nei cosiddetti. Paesi in via di sviluppo è stata promossa anche attraverso istituzioni come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Sono state decisive, in terzo luogo, la fondazione nel 1945 delle Nazioni Unite che si sono dimostrate più adeguate della Società delle Nazioni, esistita dal 1920 al 1946, e la costruzione di istituzioni politi.che sopranazionali come le Comunità europee (nel 1993

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BPB, "Handelsgewichtetes Zollniveau" (vedi sitografia).

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l'Unione Europea) in quel continente da cui sia la Prima sia la Seconda Guerra Mondiale ebbero origine. Come potenza guida dell'Occidente gli Stati Uniti si sono sostituiti alla Gran Bretagna e hanno ereditato l'impegno britannico a favore di un'economia globale (motivo per cui si è giustamente parlato di "Anglobalization"). La Seconda Guerra Mondiale non si è conclusa soltanto con la sconfitta della Germania e del Giappone; tutta Europa, anche le potenze vincitrici di Gran Bretagna e Francia, persero il loro status di potenze mondiali, come si è visto soprattutto con la crisi di Suez e come divenne chiaro con la successiva decolonizzazione. Nella crisi di Suez gli Stati Uniti fecero un accordo con l'Unione Sovietica, l'altra superpotenza rimasta alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Essa rappresentava un modello economico-politico opposto a quello occidentale che aveva la stessa pretesa di imporsi a livello globale. Da un lato le enormi tensioni tra le due potenze mondiali più volte, nella forma più evidente nella crisi dei missili di Cuba del 1962, portarono il mondo sull'orlo di una guerra atomica che avrebbe distrutto l'intera umanità. Dall'altro è sicuramente grazie allo sviluppo di armi di distruzione di massa di natura atomica, biologica e chimica e alla paura nei loro confronti che la Guerra fredda non è degenerata in una Terza Guerra Mondiale, ma si sia limitata a delle guerre per procura spesso molto sanguinose come la Guerra di Corea e la Guerra del Vietnam. Una caratteristica distintiva della Guerra fredda era la natura bipolare del conflitto: c'erano soltanto due superpotenze. La situazione precedente, all'inizio dell'Età moderna nella storia d'Europa, era stata molto

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più complicata, dato che c'erano diverse grandi potenze europee (tra le quali si può contare anche l'Impero ottomano) e, in aggiunta, dall'inizio del XX secolo anche gli Stati Uniti e il Giappone come potenze equivalenti. In un tale ordine multipolare le azioni possibili sulla scena diplomatica e militare sono molto maggiori dato che diverse alleanze sono possibili. Nella Guerra fredda, invece, i negoziati di pace potevano e dovevano limitarsi sostanzialmente alle due superpotenze e ciò ha agevolato la fine della Guerra fredda. Anche se all'inizio il regime linguistico ufficiale evitava di parlare di una vittoria dell'Occidente, al più tardi alla fine del 1991 la dissoluzione dell'Unione Sovietica ha dimostrato chi avesse perso la Guerra fredda. L'economia di mercato e la democrazia sembravano non avere alternative. La loro estensione al blocco orientale ha dato un ulteriore slancio alla globalizzazione e la democratizzazione degli Stati dell'Europa centrale e orientale è stata una parte importante della cosiddetta terza ondata di democratizzazione' che era iniziata già nel 1974 in Portogallo e negli anni Ottanta si era estesa all'America latina e ad alcuni Paesi dell'Asia orientale e sudorientale. (La prima ondata di democratizzazione cominciò negli anni Venti del XIX secolo negli Stati Uniti, s SamuelHuntington ha coniato questa espressione (The Third Wave: Democratization in the Late Twentieth Century, N orman, OK 1991, tr. it. di G. Dognini, Laten:a ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo, Bologna 1998). Alludendo ad essa ciò che si delinea attualmente viene definito come la terza ondata di autocratizzazione. Vedi il saggio di Anna Liihrmann-Staffan I. Lindberg, "A third wave of autocratization is here: what is new aboutit?".

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la seconda fu una conseguenza della vittoria degliAlleati nella Seconda Guerra Mondiale e cominciò a rallentare già nel 1962.) Alla luce di questo cambiamento, in effetti, sembrava ovvio che ci sarebbe stato un nuovo ordine mondiale in cui sotto la guida dell'unica superpotenza rimasta, gli Stati Uniti, nel medio periodo tutti gli Stati si sarebbero organizzati secondo l'economia di mercato e in forma democratica, in parte si sarebbero messi in concorrenza economica tra loro in forma pacifica, in parte avrebbero cooperato per risolvere le pressanti sfide globali come i problemi ambientali, anzi avrebbero progressivamente ceduto i propri diritti di sovranità a un'istituzione sovranazionale, alla fine forse perfino a un'istituzione globale. Infatti un'economia funzionante ha bisogno di un quadro statale, quindi un'economia mondiale ha bisogno almeno di qualcosa che svolga la stessa funzione di un governo mondiale. Una potenza egemone benevola in un mondo globalizzato unipolare sosterrebbe i costi per il mantenimento del suo potere con i benefici economici ottenuti e gli altri Stati accetterebbero la leadership americana, dato che non sarebbe difficile rendersi conto che essa gioverebbe alla pace mondiale e alla globalizzazione in corso. In linea con le aspettative dell'ottimistica filosofia della storia progressista, quindi, si raggiungerebbe uno stato quasi paradisiaco in cui la guerra, l'estrema povertà e- grazie al progresso medico-tecnologico - le morti premature a causa di malattie sarebbero in larga parte scongiurate e la vita diventerebbe per tutti sempre più facile e lunga. Nel 1991, così sembrava, si aprirono nuovamente le porte del paradiso - certo un paradiso che non era un regalo di Dio, ma creato dall'operosità e dall'acume

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umani. Tra alcuni decenni andrà "tutto bene" - per citare una nuova espressione tedesca che si è diffusa nel nuovo millennio in maniera sorprendentemente rapida -, almeno se si riuscisse a risolvere con la cooperazione internazionale il problema sempre più minaccioso, poiché a lungo rimosso, della distruzione dell'ambiente, anche a causa del cambiamento climatico. In maniera efficace Steven Pinker, lo psicolinguista dell'Università di Harvard, una specie di Condorcet del nostro tempo, ha espresso questa interpretazione ottimistica del processo di modernizzazione in due libri usciti nel nostro decennio. In The Better Angels o/ Our Nature ["I migliori angeli della nostra natura"] 6 sostiene la tesi della riduzione della violenza interna e internazionale nel corso della storia umana (anche se il materiale statistico per i tempi antichi difficilmente sarà sufficiente per supportare una tesi generale) e fa riferimento in particolare alla lunga pace tra le grandi potenze a partire dal 1945. Il monopolio statale della violenza, il commercio mondiale, una crescente attenzione per i valori tradizionalmente femminili, una mentalità cosmopolitica e una sempre maggiore analisi razionale delle conseguenze delle proprie decisioni sarebbero i fattori principali in questo processo. Nel suo nuovo libro Enlightenment Now7 sot"Steven Pinker, The BetterAngels o/ Our Nature. Why Violence Has Declined, New York 2011, tr. it. di M. Parizzi, Il declino della violenza. Perché quella che stiamo vivendo è probabilmente l'epoca più pacifica della storia, Milano 2013. 7 Steven Pinker,Enlightenment Now: The Case/or Reason, Science, Humanism, and Progress, New York 2018, tr. it. di T. Cannillo, Illuminismo adesso. In difesa della ragione, della scienza, del!'umanesimo e delprogresso, Milano 2018. Un simile quadro positivo dello

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tolinea il progresso dell'umanità, ad esempio per quel che riguarda le aspettative di vita e di salute, ma anche il livello del quoziente intellettivo. Un aumento dell'intelligenza media (sia di quella cristallizzata sia di quella fluida) per il.XX secolo è stato provato; si parla di effetto Flynn. Tuttavia Pinker riconosce di non essere affatto certo che questo progresso, che dipende dalla ragione, dalla scienza e da un'etica umanistica, debba continuare anche infuturo. In effetti recenti studicondotti in diversi Paesi mostrano la fine dell'aumento del quoziente intellettivo, in alcune zone perfino una sua diminuzione negli ultimi decenni8 • Certamente si deve convenire con Kant sul fatto che ci sia il dovere di sforzarsi di progredire. Vi sono però buoni motivi per ritenere che ci si assicuri il progresso soltanto se non si eludono i pericoli che ci minacciano, affrontandoli invece senza paura. Questo è ciò che farò nel capitolo che segue. La mia ipotesi di lavoro è che il totalitarismo della prima metà del secolo non è stato un errore, difficilmente comprensibile, che non si ripeterà più sulla via di un progresso inarrestabile, ma una possibilità profondamente radicata dal punto di vista antropologico che in linea di principio può tornare a essere una realtà per cui oggi le condizioni sono particolarmente favorevoli. sviluppo recente sulla base di statistiche lo offre Hans Rosling (con Anna Rosling Ronnlund e Ola Rosling), Factfalness, Berlino 2018, tr. it. di R. Zuppet, Fact/ulness. Dieci ragioni per cui non capiamo il mondo. E perché le cose vanno meglio di come pensiamo, Milano 2018. 8 Cfr., ad esempio, Thomas W. Teasdale-David R. Owen, "Secular declines in cognitive test scores: A reversal of the Flynn Effect", in b:telligence 36/2 (2008), 121-126.

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2. LO SHOCK DEL 2016: IL REFERENDUM SULIA BREXIT E LELEZIONE DI TRUMP

La corrosione dell'Unione Europea e della comunità tran satlantica e la crescente ingovemabilità degli Stati Uniti

Abbiamo già visto che i progressi mondiali nel periodo 1990-2015 sono stati notevoli e che il 2030 è stato individuato come anno entro cui realizzare nuovi e ambiziosi traguardi globali. Tuttavia a partire dal 2014, in forma accelerata dal 2016 (poiché ora nello stesso Occidente), si sono verificati alcuni eventi che hanno contraddetto radicalmente lo spirito universalistico dal quale sono nati i diciassette Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile. Essi destano negli osservatori riflessivi il sospetto che il quarto di secolo dal 1991 al 2016 non sia la preparazione della fine definitiva della storia, ma piuttosto la tarda estate di quell'epoca che si può definire nel modo migliore come "la modernità definita dall'Occidente". Ciò che ora viene annunciato

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potrebbe essere senz'altro la fine della storia della fine della storia. La proclamazione dello Stato Islamico su parti del territorio d Siria e Iraq, con l'ambizione di rivitahzzare l'istituzione del Califfato che non esiste più dal 1924, ha terrorizzato l'Occidente nel 2014 anche a causa della straordinaria brutalità nel modo di trattare i dissidenti musulmani e le minoranze religiose, le cui donne vengono schiavizzate sessualmente; anzi, gli attentati terroristici ispirati dallo Stato Islamico non si sono limitati affatto a Stati con una popolazione principalmente musulmana, ma hanno riguardato soprattutto la Francia (il 13 novembre 2015 a Parigi con 130 morti come pure il 14 luglio 2016 a Nizza con 84 morti), il Belgio (il 22 marzo 2016 a Bruxelles con 32 morti), e gli Stati Uniti (il 12 giugno 2016 a Orlando con 49 morti). Nel frattempo lo Stato Islamico ha però perso la sua base territoriale e agisce in clandestinità. Perciò si possono ritenere più gravidi di conseguenze nel lungo periodo altri due eventi accaduti in Asia nel 2016. Nel maggio del 2016 Rodrigo Duterte è stato eletto in maniera democratica Presidente delle Filippine - un uomo che già durante la campagna elettorale aveva sottolineato in modo franco i suoi legami con gli squadroni della morte a Davao, nei cui omicidi era stato presumibilmente coinvolto direttamente, e ancora nel giorno del suo insediamento incitava ad uccidere i trafficanti di droga e i tossicodipendenti. A questo invito, nei mesi successivi, si è ottemperato con impegno. La Senatrice ed ex Ministra della Giustizia Leila de Lima, che aveva sollecitato il congresso a indagare su questi omicidi extragiudiziali, è stata fatta

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LO SHOCK DEL 2016

arrestare da Duterte sulla base di accuse - secondo la maggioranza degli osservatori internazionali - false di complicità con i trafficanti di droga. Sicuramente non si può rimproverare a Duterte di non parlare francamente - e questo significa che non si può dire a beneficio dei suoi elettori che non erano stati avvisati. In un discorso del 27 aprile 2016 il settantunenne non solo ha regalato ai suoi ascoltatori informazioni risei:vate sulla capacità di erezione del suo pene che, grazie al Viagra, riesce a soddisfare due amanti, ma ha annunciato nello stesso discorso anche che ogni giorno avrebbe concesso la grazia a migliaia di soldati e poliziotti che avessero commesso delle violazioni dei diritti umani, anzi, alla fine del suo mandato avrebbe concesso anche a se stesso la grazia per diversi omicidi1 • Vedremo ancora che anche un altro Presidente, votato nello stesso anno, ha delle idee simili sulla portata del suo diritto di concedere la grazia - un diritto che anche senza questa specifica interpretazione è difficilmente compatibile con lo Stato di diritto, come capì già Kant che lo definiva il diritto "più scivoloso" del sovranc2. Nel luglio del 2016 in Turchia, che è un Paese membro della NATO, è fallito un tentativo di colpo di Stato da parte delle forze armate, anche a causa della resistenza da parte della popolazione. Il tentato colpo

1 M. Macaraig, "Duterte vows to pardon himself formurder" (vedi sitografia). 2 Immanuel Kant, W erke, Bd. 6: Die Religion innerhalb der Grenzen der blofien Vemunft. Die Metaphysik der Sitten, Berlino 1968, p. 336, tr. it. [qui modifìcata] di G. Vidari, revisione di N. Merker, La metafisica dei costumi, Roma-Bari 1996, p. 171.

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di Stato, con circa 200 morti, è stato più sanguinoso dei precedenti colpi di Stato militari del 1960, 1971 e 1980. Senza alcun dubbio il fallimento di un colpo di Stato militare contro un governo democraticamente eletto va accolto con favore, e non si può evitare di rimproverare alla maggior parte dei Paesi dell'Unione Europea di aver dimostrato un moderato entusiasmo per la vittoria del Presidente Recep T ayyip Erdogan e del suo governo (così come in precedenza non erano stati tutti onesti proponendo alla Turchia l'ingresso nell'Unione Europea che dal 1999 era un Paese candidato ufficiale all'adesione). Ma non si può contestare che la reazione al colpo di Stato, se non ha avviato ha per lo meno accelerato enormemente la trasformazione della Turchia in uno Stato autoritario, che ora rende impossibile a lungo termine l'ammissione della Turchia nell'Unione Europea. La modifica della Costituzione entrata in vigore nel2018 in base al referendum costituzionale dell'aprile del 2017 dà al Presidente molti più poteri di quanto sia compatibile con le regole di uno Stato liberale dove vige la separazione dei poteri. Non va respinta la scelta di una democrazia presidenziale - perché anche gli Stati Uniti lo sono. In primo luogo, però, diversamente dalla Turchia gli Stati Uniti sono uno Stato federale, dispone cioè di un eccellente sistema di separazione verticale dei poteri. In secondo luogo, è pericoloso il fatto che il Presidente turco, in maniera molto diversa da quanto accade negli Stati Uniti dove è necessario il consenso del Senato, nomina i Ministri senza coinvolgere il Parlamento; anzi, può sciogliere anticipatamente il Parlamento. Dei 13 membri del Consiglio dei Giudici e dei Procuratori il

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Presidente ne nomina direttamente quattro, altri due sono il Ministro della Giustizia, che può essere nominato e licenziato a piacimento dal Presidente, e il suo Segretario di Stato. In ogni caso, gli altri sette membri vengono scelti dal Parlamento, ma in quest'ultimo il Presidente - che di regola sarà il leader del partito più grande, dato che le elezioni presidenziali e parlamentari avvengono contemporaneamente - detiene una posizione di grande potere. In breve, anche la separazione orizzontale dei poteri è fortemente ridotta. Il voto di sfiducia e la questione di fiducia nei confronti del Presidente sono stati aboliti. La libertà di stampa era limitata già prima del tentato colpo di Stato, ma in seguito la repressione è continuata massicciamente: in un solo giorno, nel luglio del 2016, sono stati chiusi 60 giornali e riviste nonché 39 emittenti radiofoniche e televisive>. Non si trattava affatto solo dei media vicini al movimento guidato dall'Imam F ethullah Gi.ilen, un'organizzazione religiosa con cui Erdogan, un tempo, era alleato nella lotta comune contro l'ideologiakemalista laica di gran parte delle forze armate, ma a cui rimprovera la preparazione del colpo di Stato fallito. Si è approfittato di questa occasione per procedere anche contro i media dell'opposizione che non hanno niente a che fare con il movimento di Gi.ilen, e per licenziare o sospendere - se non addirittura arrestare - decine di migliaia di giudici e procuratori, professori e militari sgraditi. Fra coloro che sono stati arrestati nel luglio del 2016 c'erano anche due giudici della Corte 3

Cfr. HeinrichAugust Winkler, Zerbrichtder Westen? Uberdie

gegenwarti'ge Krise in Europa und Amen"ka, Monaco 2017, p. 139.

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Costituzionale turca4 • Al momento è impossibile pronunciarsi sulla questione, ma non è assurdo sospettare che parti del governo abbiano permesso consapevolmente il tentato colpo di Stato per avere un motivo per poter procedere contro gli oppositori politici. Le grandi difficoltà economiche causate da un forte debito pubblico e diventate particolarmente evidenti con il crollo della lira turca nell'estate del 2018, così come il crescente allontanamento dagli Stati Uniti che può portare fino all'uscita della Turchia dalla NATO, mostrano che la lenta transizione verso un'autocrazia non sarà vantaggiosa per la Turchia. Un'uscita dalla NATO del Paese con il secondo esercito più forte, che negh ultimi anni si è avvicinato notevolmente alla Russia, di certo indebolirebbe sensibilmente anche la NATO. Ma non solo in un Paese lontano come le Filippine, non solo in un Paese che, come la Turchia, appartiene alla NATO ma non all'Unione Europea, sono state indebolite delle istituzioni fondamentah dello Stato di diritto basato sulla separazione dei poteri. Anche in due Stati membri dell'Unione Europea, l'Ungheria e la Polonia, ci sono stati degli sviluppi che vanno in una direzione analoga. Viktor Orban, dal 2010 di nuovo Primo Ministro ungherese, ha iniziato presto a limitare massicciamente la libertà dei media. Fin dalla fondazione nel 2010 dell'"Autorità Nazionale per i Media e le Telecomunicazioni" - il cui consigho di amministrazione non è stato più occupato dai ◄ Reuters Staff,

''Two members ofTurkey's constitutional court arrested: NTV" (vedi sitografia).

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rappresentanti di tutti i partiti, ma nominato ora solo dal partito al governo Fidesz -, si poteva procedere con multe salate contro i media che informano "in maniera politicamente non equilibrata"; la tutela degli informatori e il segreto redazionale sono stati limitati. Certo, la legge sui media è stata modificata a causa delle preoccupazioni espresse dalla Commissione Europea; anche la Corte Costituzionale ungherese l'ha dichiarata in alcune parti incostituzionale. Ma la conseguenza che Orban ne ha tratto è stato l'indebolimento della Corte Costituzionale - infatti, la libertà della società viene difesa al meglio dal potere giudiziario. Chi vuole limitare la prima deve ridurre il potere del secondo. Già con la nuova Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 2012, alla Corte Costituzionale è stato revocato, in gran parte, il diritto di riesaminare le leggi fiscali e in materia di bilancio; anzi, in base alla nuova Costituzione, i tribunali non hanno più la competenza esclusiva in materia di giurisdizione. Con l'emendamento del 2013 si è permesso alla Corte Costituzionale di esaminare ancora le modifiche e le aggiunte alla Costituzione dal punto di vista procedurale, ma non più dal punto di vista contenutistico. È stato particolarmente scandaloso l'abbassamento dell'età pensionabile dei giudici da 70 a 62 anni - una decisione che ha portato al pensionamento forzato di circa un decimo dei giudici. La Corte Costituzionale ungherese ha dichiarato incostituzionale questa legge nel luglio del 2012; e anche le decisioni della Corte di Giustizia Europea e della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (quest'ultima è associata al Consiglio d'Europa, quindi non è un'istituzione dell'Unione

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Europea) hanno imposto una modifica della legge5. Ma il governo Orban ha continuato in maniera più abile l'opera di compromissione dell'indipendenza del potere giudiziario, della libertà dei media e dei diritti delle organizzazioni non governative. Orban infatti, fin da un discorso in Romania nel luglio del 2014, si dichiara a favore della "democrazia illiberale", anzi, vede in Stati come Singapore, la Cina, l'India, la Russia e la Turchia, dei modelli positivi6• Diversamente da quello ungherese il governo polacco è caratterizzato da una grande paura nei confronti della Russia. Dopo le elezioni nell'ottobre del 2015 il governo polacco è stato formato dal partito Prawo i Sprawiedlowosé ("Diritto e Giustizia") che non aveva ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, ma quella dei seggi parlamentari. (Il terzo partito più forte in queste elezioni è stato Kukiz' 15, un movimento populista di destra radicale contrario all'Unione Europea, fondato dal cantante rock Pawel Kukiz.) Tuttavia, questi due governi dell'Europa centro-orientale differiscono tra di loro in politica estera nella stessa misura in cui concordano in politica interna. Dalla fine del 2015, la Polonia vive un conflitto costituzionale che è derivato dallo stesso desiderio del governo di violare l'autonomia del

5 Gabor Halmai, "The Early RetirementA.ge of the Hungarian Judges", in EU Law Stories: Contextual and Critica! Histories o/ European Jurisprudence, a cura di F. Nicola e B. Davies, Cambridge 2017, 471-488. 6 C. T6th, "Full text ofVictorOrban's speech at Ba.ile Tu§na.d (Tusnadfiirdo) of 26 July 2014" (vedi sitografìa).

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potere giudiziario7• La popolazione si è fatta rassicurare con il semplice strumento della distribuzione dei benefici sociali, ad esempio l'aumento degli assegni familiari. Il conflitto costituzionale non è stato soltanto un segnale d'allarme per lo sviluppo interno della Polonia, ma ha mostrato anche l'impotenza dell'Unione Europea a imporsi in questa questione centrale per la sua autocomprensione come un'unione di Stati di diritto. Già a novembre e dicembre 2015 il Sejm, cioè il Parlamento polacco, da un lato ha emanato delle leggi per un controllo più severo dei media del set.vizio pubblico da parte del governo e, dall'altro, delle leggi sulla Corte Costituzionale. Ciò era stato preceduto dall'elezione di cinque giudici costituzionali da parte del precedente Sejm. Questa elezione è stata senza dubbio problematica, poiché senza l'emendamento del giugno del 2015, estremamente discutibile dal punto di vista costituzionale, l'elezione sarebbe rientrata in realtà nelle competenze del nuovo Parlamento. Il Presidente della Repubblica Andrzej Duda di Prawo i Sprawiedlowosé, perciò, non aveva fatto giurare nessuno dei cinque giudici, ma non si era rivolto alla Corte Costituzionale per risolvere questa questione. Il nuovo Parlamento, già a novembre 2015, grazie a una modifica legislativa era riuscito a fare nuove nomine per tutti e cinque i posti. I nuovi giudici sono stati eletti e hanno

7 Nel testo che segue traggo la maggior parte delle informazioni dall'articolo di Wikipedia: "Polnische Verfassungskrise und Justizreformen (seit 2015)" (vedi sitografia). Lì sono indicate le fonti alle quali, per lo più, non ho accesso direttamente, dato che purtroppo non domino il polacco.

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prestato giuramento - e lo hanno fatto il giorno prima che la Corte Costituzionale decidesse che l'emendamento di giugno sarebbe stato incostituzionale solo per quanto riguarda le disposizioni relative all'elezione di due, non di tutti e cinque i giudici. Alcuni giorni dopo la Corte decise, inoltre, che la legge di novembre sulla rielezione dei giudici era incostituzionale. Tuttavia, il Primo Ministro Beata Szydlo si rifiutò per un certo periodo, in flagrante violazione dell'Articolo 190, paragrafo 2 della Costituzione polacca, di far pubblicare la prima sentenza sulla Gazzetta ufficiale. Il Sejm e il governo, però, non si sono accontentati affatto di questo disprezzo della Corte. In un'altra legge (in seguito lievemente modificata) di dicembre si è stabilito che le decisioni della Corte Costituzionale, in futuro, avrebbero richiesto non solo un alto quorum, ma anche una maggioranza di due terzi invece della solita maggioranza semplice. Il Presidente della Repubblica e il Ministro della Giustizia avrebbero potuto avviare dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici costituzionali e le udienze della Corte avrebbero dovuto svolgersi secondo l'ordine cronologico del ricevimento delle domande - il che dovrebbe impedire che si trattino prima le questioni urgenti. Era prevedibile che i parlamentari e i giudici avrebbero fatto ricorso contro questa legge, necessariamente presso la Corte Costituzionale. Si pone però la domanda, affascinante dal punto di vista giuridico, se la Corte debba procedere sulla base della legge appena promulgata o delle disposizioni precedentemente adottate. La maggior parte dei consulenti legali erano del parere, in effetti vincolante, secondo

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cui, alla luce di una possibile incostituzionalità, la legge non potrebbe ancora essere applicata nella sentenza; perché altrimenti ci sarebbe un possibile rifiuto della legge stessa a causa di una procedura incostituzionale. Anche un profano in materia giuridica può capire facilmente che ogni altra interpretazione della legge sarebbe assurda. Le Corti Costituzionali esistono per limitare l'abuso di potere di una maggioranza in Parlamento. Se una legge varata con maggioranza semplice potesse stabilire che la Corte Costituzionale potrà, in futuro, dichiarare incostituzionale una legge solo se il capo del governo non porrà il veto a questa decisione, e se la revisione di questa legge dovesse avere luogo secondo questa stessa disposizione, la tutela dei diritti fondamentali sarebbe eliminata. Ma l'argomento, nella sua dimensione intellettuale, va oltre le discussioni politiche abituali a tal punto che si è verificato ciò che, a quanto pare, il governo stava pianificando. Se la Corte secondo le vecchie regole dichiarasse incostituzionale la legge, il governo si rifiuterebbe, di nuovo ma questa volta in maniera definitiva, di pubblicare la sentenza e ora con l'argomento secondo cui essa non sarebbe stata raggiunta legittimamente (anche se non si trova una base giuridica per l'interpretazione secondo cui sarebbe compito del governo esaminare la legittimità delle sentenze della Corte Costituzionale). I Pubblici Ministeri che volevano procedere contro questa nuova ma non così evidente violazione della costituzione sono stati esclusi dalle indagini. Contro il Presidente del Tribunale Costituzionale Andrzej Rzeplinski, invece, ha cominciato a indagare la procura. Sotto la nuova direzione incaricata nel frattempo, nel 2017, il Tribunale

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Costituzionale stesso ha rimosso alla fine le sentenze non pubbhcate dalla sua pagina su Internet. L'incertezza sullo status di diversi giudici e della vahdità di numerose sentenze ha portato a un'enorme perdita di legittimità del Tribunale (sicuramente voluta dal governo), tra l'altro al dimezzamento delle sentenze emesse dal 2014 al 2017. Così il Consigho Nazionale della Magistratura nel 2017 ha ritirato tutte le domande presso il Tribunale Costituzionale. Dopo l'assoggettamento del Tribunale Costituzionale nel 2017 il governo ha iniziato a compromettere l'indipendenza dei tribunah ordinari, del Consigho Nazionale della Magistratura e della Corte Suprema, per esempio con l'abbassamento retroattivo dell'età pensionabile già noto nel caso dell'Ungheria e con il notevole aumento dei poteri decisionah del Ministro della Giustizia. La situazione non è cambiata, anche se le ultime due leggi sono state modificate dal Presidente della Repubbhca. Nel 2016 e nel 2017 il Parlamento Europeo ha discusso più volte la situazione in Polonia e ha adottato, nel novembre del 2017, una risoluzione che ha messo in dubbio che la Polonia sia ancora uno Stato di diritto. Anzi, già nel gennaio del 2016 la Commissione Europea, per la prima volta nella sua storia, ha introdotto un meccanismo di protezione dello Stato di diritto, nel giugno del 2016 si è arrivati a un avvertimento ufficiale alla Polonia, dal dicembre del 2017 è in corso una procedura sanzionatoria ai sensi dell'Articolo 7 del Trattato sull'Unione Europea. Una tale procedura può portare perfino alla perdita del diritto di voto dei rappresentanti dei governi dei rispettivi Paesi in sede di Consigho. Questa è una sanzione sicuramente pesante.

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T uttavi.a, ai sensi del paragrafo 2 è necessario constatare all'unanimità che ci sia "una violazione grave e persistente" dei valori fondamentali- citati nell'Articolo 2 - della dignità wnana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti wnani. Ovviamente lo Stato membro contro cui si svolge la procedura non conta per il requisito dell'unanimità8 • Ma, in questo caso, esso non ne ha neanche bisogno. Infatti, il governo ungherese (contro il quale nel settembre del 2018 il Parlamento Europeo raccomandò di avviare una procedura analoga) ha dichiarato fin dall'inizio che avrebbe bloccato l'unanimità prevista. La Polonia non si è vista e non si vede perciò motivata a cooperare con gli organi dell'Unione Europea, della quale ha beneficiato finaziariamente come difficilmente un altro Stato. L'Unione Europea, al contrario, deve riconoscere che quel meccanismo è una spada spuntata per garantire lo Stato di diritto dei propri Stati membri, dato che due pecore nere sono sufficienti per far rimbalzare quella spada. Certamente, nell'Unione Europea ci sono sempre stati dei conflitti, ad esempio in politica economica, soprattutto rispetto alla politica fiscale, tra i Paesi del Nord più desiderosi di mantenere la disciplina di bilancio e quelli del Sud più disposti ad accettare il debito pubblico. Ma tali conflitti ci sono, in una forma forse attenuata, anche all'interno di ogni Paese; essi appartengono alla politica normale. L'accettazione della separazione dei poteri, al contrario, è la caratteristica fondamentale dello Stato Vedi l'Articolo 354 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea. 8

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di diritto; e l'Unione Europea - che non può neanche fare riferimento a una omogeneità nazionale ma unisce popoli diversi con lingue, religioni e tradizioni storiche molto diverse - solo grazie a un determinato patriottismo costituzionale può preservare la propria identità. Quest'ultima viene però minacciata nel suo nucleo laddove i singoli Stati membri calpestano i valori fondamentali dell'Unione Europea- ed essa non può neanche opporsi a ciò in maniera efficace. Si potrebbe sostenere che la trasformazione dell'Ungheria e della Polonia in democrazie illiberali non sarebbe davvero minacciosa e sorprendente, dato che questi Paesi, in primo luogo, non erano tra i più forti dell'Unione Europea (nel 2018 la Polonia aveva la sesta e tra breve avrà la quinta maggiore popolazione tra gli Stati membri dell'Unione Europea) e, in secondo luogo, nella loro tradizione costituzionale sono abituati ai regimi autoritari, in ogni caso all'epoca del Patto di Varsavia, ma anche nel periodo tra le due Guerre Mondiali quando rispettivamente il Reggente d'Ungheria Mikl6s Horthy e il Maresciallo di Polonia J6sef Pilsudski governavano i loro Paesi. Ancor più sconvolgente per l'Unione Europea è stato il voto sulla Brexit del giugno del 2016 in base al quale il Regno Unito - la madrepatria del liberalismo occidentale, assieme alla Francia e alla Germania uno dei tre Stati membri più importanti dal punto di vista economico, militare e diplomatico (anche grazie a un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite) - deve lasciare l'Unione Europea. Così come l'elezione di Donald Trump come Presidente degli Stati

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Uniti a novembre, anche il voto sulla Brexit era stato previsto, almeno nell'ultima fase della campagna elettorale, solo da pochi demoscopi. Lo stesso Nigel Farage, all'epoca capo dell'UK Independence Party ["Partito per l'Indipendenza del Regno Unito"], disse la sera del 23 giugno 2016, proprio quando i seggi elettorali stavano chiudendo, che si aspettava che i sostenitori del Remain purtroppo avrebbero vinto. Ciò segnala da un lato delle notevoli debolezze nei sondaggi di opinione, ma dimostra dall'altro un incredibile distacco della maggioranza delle élite politiche dai loro elettori. Ciò sarebbe preoccupante anche se le scelte degli elettori non si fossero distaccate così notevolmente, dal punto di vista dei contenuti, dai principi sui quali è stato costruito l'ordine postbellico. Per coloro che hanno vissuto la Seconda Guerra Mondiale l'evoluzione delle Comunità Europee nell'Unione Europea è stata senza dubbio uno dei successi della storia europea. L'Europa era ed è costituita da molti Stati in un continente incredibilmente piccolo che, tranne che perun breve periodo sotto Napoleone e Hitler, non è stato più così unito politicamente come sotto i Romani quasi duemila anni fa. Una tale frammentazione rende probabili le guerre. Dopo secoli di numerose guerre e, soprattutto, dopo le devastazioni delle due Guerre Mondiali che hanno messo in ombra tutto ciò che le ha precedute, è stato fondamentale non accontentarsi dello status quo e, allo stesso tempo, rinunciare a tutte le tentazioni di ottenere un'unificazione politica con le guerre di conquista di una potenza egemonica, sia essa la Francia o la Germania. Il lavoro di politica europea dopo il 1945 va ammirato a maggior

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ragione per il fatto che la cooperazione con il nemico degli anni di guerra, e soprattutto con l'aggressore, la Germania, non poteva essere facile. Perdonare il passato confidando in un futuro comune - questa rimane una delle più grandi imprese morali e politiche del XX secolo. Da un lato, si è riusciti in tal modo a fermare i conflitti intra-europei a livello istituzionale e a impedire altre guerre europee. Gli unici conflitti militari avuti finora in Europa dal 1945 si sono verificati tra i Paesi della ex Jugoslavia e della ex Unione Sovietica. Dall' altro lato, non solo i conflittiintra-europei costituiscono una minaccia. La temporanea disparità di potere tra l'Europa e gli altri continenti, dovuta alla modernizzazione adottata precedentemente tra il XVIII secolo e la metà delXX, non può affatto occultare quanto segue: l'Europa è oggi ancora un continente frammentato al confronto degli altri, in cui non esiste un Paese dominante - come gli Stati Uniti in Nordamerica, la Russia e la Cina in Asia e forse il Brasile in Sudamerica - che possa essere in rapporti con le attuali grandi potenze su un piano di parità. Vedremo che la struttura attuale dell'Unione Europea non ha modificato molto questa situazione. Ma rimane comunque corretto che le posizioni di politica estera degli Stati europei nei rapporti con le potenze mondiali sarebbero ancora più deboli senza l'inclusione nell'Unione Europea e che l'uscita della Gran Bretagna pregiudicherà fortemente non solo questo Paese ma anche il resto dell'Unione Europea. Diversamente dalle confederazioni precedenti. l'Unione Europea, però, non è caratterizzata principalmente da una politica estera e di sicurezza comune, ma da una

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politica economica comune. E la realizzazione del più grande mercato interno del pianeta, in cui sussiste la libera circolazione delle merci, delle persone, dei set:vizi e dei capitali, ha senza dubbio creato enormi profitti in termini di benessere sociale così come innumerevoli posti di lavoro. L'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, da un lato, è stata giuridicamente possibile poiché il Trattato di Lisbona del 2007 ha inserito all'Articolo I-58 un nuovo Articolo 49 A nel Trattato di Maastricht del 1992, che ha riconosciuto agli Stati membri il diritto di lasciare l'Unione Europea. Precedentemente un tale diritto non era esplicito. Certo la Groenlandia già nel 1985 aveva lasciato la Comunità Economica Europea, dato che però non si tratta di uno Stato indipendente, la Groenlandia - ai sensi dell'Articolo 198 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea - è comunque un Paese d'oltremare associato all'Unione. La Brexit, quindi, dal punto di vista del diritto comunitario è senz'altro un territorio sconosciuto; e ci si può chiedere se l'Articolo I-58 - che rendeva revocabile l'adesione all'Unione Europea- fosse veramente intelligente. In ogni caso, è chiaro che la maniera in cui la decisione è stata presa in Gran Bretagna - del tutto indipendentemente dalla valutazione del suo contenuto - è stata particolarmente bizzarra. Il Premier di allora, David Cameron, anche lui sostenitore della permanenza del Regno Unito nell'Unione Europea, con il referendum scelse un mezzo di decisione politica che, diversamente dalla Svizzera, non appartiene alla tradizione costituzionale, ma fino alla metà del XX secolo in Gran Bretagna era perfino considerato incostituzionale. Precedentemente questo

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mezzo è stato utilizzato a livello nazionale solo due volte, cioè nel 1975 e nel 2011. Certo il referendum, giuridicamente, non è vincolante, poiché secondo la Costituzione britannica il Parlamento è sovrano. Politicamente, però, sarebbe suicida non attenersi ad esso - infatti, un Parlamento che non ritiene più di essere l'élite designata del Paese non può ignorare la voce diretta del popolo che ha consultato. Proprio per questo in una Costituzione come quella britannica i referendum sono assurdi, ed è un segnale allarmante del declino politico del Parlamento britannico il fatto che non abbia preso da solo questa decisione centrale. Ciò rimarrebbe vero anche se si mettesse in conto, come Cameron, un'uscita in senso proprio (soprattutto perché egli aveva negoziato concessioni importanti da parte dell'Unione Europea per la Gran Bretagna) e dovesse esserci una lotta per il potere tra i partiti nazionali. Infatti, anche se il referendum avesse avuto un esito favorevole a Cameron, la sua delega ad altri di una decisione sarebbe rimasta una prova di incapacità politica. Anche il referendum sull'indipendenza della Scozia del 2014 che, diversamente dal 2016, andò come voleva Cameron dato che gli scozzesi votarono per la permanenza nel Regno Unito, ha creato un precedente. Quest'ultimo può avere anche un effetto tale che la Scozia, che aveva votato chiaramente per la permanenza nell'Unione Europea, ripeterà il referendum in un momento più opportuno anche senza l'autorizzazione di Londra e, nel caso in cui il voto fosse diverso dal 2014, si dichiarerà indipendente. Non c'è alcuna ragione per presumere che l'elettore normale sia meglio informato del parlamentare rispetto

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a una questione così complessa, soprattutto se egli non viene costantemente invitato a prendere tali decisioni come nelle democrazie dirette in cui ci sono regole e limiti chiari per i referendum. In un Parlamento si può discutere e, a seguito del dibattito, una legge può essere modificata; un referendum, al contrario, consiste in una risposta a una domanda del tipo sì/no. Anche le salvaguardie formali che ci sono nel caso di una decisione parlamentare normale (le molteplici letture di una legge e le responsabilità dei vari organi che vigono nel sistema della separazione dei poteri) scompaiono nel caso di un referendum. Dato che molti, fuorviati dai sondaggi, partivano dall'idea che il referendum sarebbe fallito e non sono nemmeno andati a votare, e dato che peraltro il risultato è stato molto risicato (51,9°/4 contro il 48,1%), si poteva benissimo sostenere che sarebbe stato opportuno ripetere il referendum. In effetti, già prima del referendum, era stata presentata una petizione secondo cui una decisione valida avrebbe dovuto raggiungere un'affluenza alle urne del 75% e una maggioranza di almeno il 60% - nessuna delle due è stata raggiunta. Questa petizione, però, ha ottenuto milioni di firmatari solo dopo il referendum9 • In particolare, fin dall'inizio ci sarebbero dovute essere regole chiare sulla necessità di un altro referendum, dopo la negoziazione della Brexit, sull'approvazione della sua concreta attuazione. Senza un tale quadro normativo la delega spontanea di una decisione così importante al popolo è stato un atto irresponsabile. In BBC, "Brexi.t: Peti.ti.on for seond EU referendum rejected" (vedi sitografia). 9

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ogni caso si può vedere una giustizia della storia nel fatto che questo errore sia costato a Cameron almeno la carriera politica e che il caos politico e giuridico dall'autunno del 2018 alla primavera del 2019, il punto più basso della politica europea, ha fatto capire a tutti che i referendum ad hoc senza maggioranze chiare in Parlamento danno luogo solo a confusione e minano in misura significativa il rispetto per la classe politica. Vale la pena notare che nel 2016 si sono tenuti nei Paesi dell'Unione Europea altri due referendum che sarebbe stato meglio se non avessero avuto luogo. In un referendum parimenti non vincolante, ma consultivo (le cui basi giuridiche esistono dal 2015) la popolazione olandese ha respinto ad aprile l'accordo di associazione dell'Unione Europea con l'Ucraina - e precisamente con un afflusso alle urne del 32%. Il quorum era del 3 0%, quindi il referendum sarebbe fallito se ancora meno sostenitori dell'accordo fossero corsi alle urne. Molto più nocivo è stato il referendum italiano del dicembre del 2016. Il Presidente del Consiglio italiano di allora Matteo Renzi aveva avviato un'ambiziosa riforma che avrebbe rafforzato la possibilità di formare un governo in un Paese cronicamente ingovernabile e ridotto l'inefficienza della burocrazia statale. Siccome le due Camere del Parlamento avevano approvato questa modifica della Costituzione, non sarebbe stato necessario indire un referendum; dato che però non c'era nelle due Camere la maggioranza dei due terzi, lo si poteva richiedere. Ma invece di aspettare che lo richiedessero coloro che ne avevamo diritto in base ali'Articolo 138 della Costituzione italiana, Renzi ha intrapreso una fuga in avanti e si è suicidato per paura

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di morire. Avendo fatto dipendere, anche se in maniera piuttosto incostante, la sua permanenza in carica da un sì al referendum, ha offerto agli elettori l'occasione di dare una lezione - indipendentemente dal quesito costituzionale - a un Presidente del Consiglio impopolare. Gli elettori hanno colto l'occasione e Renzi così come Cameron ha perso sia il referendum sia il suo incarico di Presidente del Consiglio. Il Presidente colombiano Juan Manuel Santos, infine, nell'ottobre del 2016 con il referendum giuridicamente non necessario e dall'esito negativo per lui sull'accordo di pace con le F ARC-EP (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Columbia - Ejército del Pueblo ["Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del Popolo"]) ha messo a rischio e destabilizzato quanto aveva finalmente raggiunto in molti anni di negoziati. Se dalle esperienze del 2016 si traesse la lezione secondo cui in politica sarebbe meglio rinunciare ai referendum, il prezzo pagato potrebbe non essere stato troppo alto. Ma in primo luogo, in generale, non si deve sottovalutare la stupidità umana e, in secondo luogo, questa concezione presupporrebbe una fiducia in se stesso del parlamentarismo che non si può ottenere senza una teoria - che si erode sempre più velocemente - della formazione legittima delle élite. Torniamo al referendum sulla Brexit e valutiamone il contenuto. La decisione sicuramente non è stata positiva per l'Unione Europea che ne è risultata immediatamente indebolita. Peraltro, ora è diventato chiaro non solo giuridicamente, ma anche di fatto, che un'uscita è possibile, e sarebbe sorprendente se in una crisi dell'Unione altri Paesi non seguissero l'esempio

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britannico. Ma la decisione è stata positiva per la Gran Bretagna stessa? Il calcolo economico è complicato e una chiarezza completa ci sarà solo a Brexit avvenuta. La maggior parte delle analisi economiche ipotizzavano però, già nel 2016, prevalentemente degli svantaggi, anche sela loroportata esatta dipenderà da diversifattori che non erano ancora noti10• Certamente alcuni settori trarranno dei vantaggi economici dalla Brexit ma, con ogni probabilità, non lo farà la maggioranza della popolazione. E anche se la Gran Bretagna era il terzo maggior contributore netto dell'Unione Europea, era comunque privilegiata nei confronti della Germania e della Francia mediante il rimborso britannico imposto da Margaret Thatcher (con l'argomento oggettivamente non irragionevole che gli ultimi due Paesi avrebbero tratto dalla politica agraria europea molti più vantaggi del Regno Unito). Tra i sostenitori della Brexit il disagio nei confronti dell'immigrazione, soprattutto dall'Europa dell'Est e dagli Stati extraeuropei {in relazione alla crisi migratoria del 2015), il senso di paternalismo burocratico da parte di Bruxelles eia paura di perdere sovranità erano molto più importanti degli argomenti economici. Mentre gli ultimi argomenti si trovavano più dalla parte dei conservatori, la sinistra sosteneva l'uscita affermando che l'Unione Europea rappresentava gli interessi delle élite economiche e bloccava le riforme. Inoltre, c'erano numerosi elettori che esprimevano un voto di protesta, che semplicemente vo1°Cfr. il saggio di R. Kierzenkowski ed altri per la Organisation far wirtschaftliche Zusammenarbeitund Entwicklung: "The Econo-

mie Consequences ofBrexit. A T axing Decision" (vedi sitografìa).

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levano dare espressione alla loro insoddisfazione nei confronti di "quelli là in alto". In effetti, la destra e la sinistra erano tutte e due divise sulla questione della Brexit - un segno interessante del fatto che le vecchie classificazioni politiche non funzionano di fronte ai problemi attuali. L'atteggiamento esitante del leader dei laburisti Jeremy Corbyn nei confronti dell'Unione Europea ha generato riluttanza in molti parlamentari del suo partito: in un voto di fiducia, nel giugno del 2016, 172 Deputati votarono contro di lui, solo 40 a favore. Però alle primarie dove votavano gli iscritti al partito, ad agosto e settembre dello stesso anno, Corbyn è riuscito a imporsi: un'ulteriore, lampante, conferma della divergenza tra la base e le élite parlamentari. L'entrata in un'associazione sovranazionale di Stati implica, inevitabilmente, una perdita di sovranità giuridica - determinate decisioni, ora, non si possono più prendere da soli. Da soli e' è però la possibilità, come si è detto in precedenza, di ottenere una sovranità reale, cioè la capacità di farsi sentire adeguatamente sulla scena internazionale. Presumibilmente, i ricordi nostalgici dell'antico ruolo imperiale e forse la speranza di una cooperazione più stretta con gli Stati Uniti hanno impedito ad alcuni cittadini del Regno Unito di percepire in maniera realistica quanto sarà forte la perdita reale di autorevolezza nel mondo dopo il recupero della sovranità giuridica in seguito alla Brexit. E sicuramente pochi hanno previsto quanto si sarebbero rivelati difficili i negoziati per l'uscita e per quanto tempo il governo britannico sarebbe stato diviso e paralizzato a causa di questo problema. Le difficoltà si moltiplicarono quando nel giugno del 2017 il sue-

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cessore di Cameron Theresa May che, senza alcuna necessità, aveva indetto nuove elezioni per la Camera Bassa, perse la maggioranza assoluta avuta fino ad allora del partito conservatore e dovette formare un governo di coalizione. In particolare il problema di una barriera doganale con la Repubblica d'Irlanda dopo l'uscita della Gran Bretagna dal mercato unico - una barriera che avrebbe messo a rischio il processo di riconciliazione sull'isola, che era stato promosso in maniera decisiva dall'adesione deidue Stati all'Unione Europea - si è dimostrato di difficile risoluzione. Il rifiuto di riflettere bene su queste questioni che erano tutt'altro che sorprendenti ma si potevano prevedere molto facilmente, e invece l'utilizzo di affermazioni palesemente false come lo slogan sul Brexit-Bus secondo cui la Gran Bretagna avrebbe risparmiato con la Brexit 350 milioni di sterline alla settimana che si sarebbero poi potuti usare nella sanità pubblica, hanno reso possibile la decisione a favore dell'uscita. A tal proposito ha svolto un ruolo trainante Boris J ohnson che, all'inizio del 2016, si era rifiutato di esprimersi a favore della Brexit, ma subito dopo ha visto e colto l'occasione di far cadere, nel caso di una vittoria, il suo rivale da molto tempo nello stesso partito, Cameron. Certo, finora non è ancora diventato, come sperato, Primo Ministro ma è stato comunque Ministro degli Esteri per qualche tempo. Johnson è l'esempio paradigmatico di un tipo di politico che si fa portavoce di sentimenti oggettivamente non giustificabili ma diffusi, che si rivolgono spesso vagamente contro le élite politiche, quando egli ha l'impressione che ciò potrebbe portarlo al potere. Ovviamente, questo tipo di politico,

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il demagogo populista, deve illudere costantemente i suoi elettori che per lui importino solo i fatti, ma siccome quasi ogni imbroglione si fa imbrogliare da se stesso, crederà alla fine anche lui a quello che annuncia ad alta voce. J ohnson, ad esempio, sembra pensare di essere un nuovo Churchill. Il sentimento di essere d'accordo con il popolo che lo acclama è una fonte di energia vitale che, nel confronto con i suoi avversari, lo fa apparire facilmente superiore e quindi lo fa anche diventare superiore. A Cameron ho precedentemente rimproverato la mancanza di responsabilità, poiché per debolezza ha delegato ad altri una decisione che in realtà era suo compito prendere (o era compito delle élite del Paese a cui come Primo Ministro sicuramente apparteneva). La mancanza di responsabilità del populista è però di un altro e molto più pericoloso tipo. Questi vuole mantenere per sé tutte le decisioni possibili, non solo quelle per le quali oggettivamente non è affatto qualificato, ma anche quelle che in un sistema con la separazione dei poteri competono ad altri organi dello Stato. A questo proposito, egli si dichiara per lo più favorevole a ciò di cui crede che la maggioranza lo voglia (eventualmente dopo una rielaborazione propagandistica da parte sua), anche se si può mostrare che sicuramente ciò non è nell'interesse a lungo termine del Paese. Donald Trump è andato ben oltre Johnson. Se in Gran Bretagna nel 2016 una sola persona, cioè Thomas Mair, l'assassino di J o Cox, aveva gridato "Britain First" ["prima la Gran Bretagna"] quando il 16 giugno 2016 ha accoltellato la deputata laburista che aveva

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lavorato per anni per organizzazioni umanitarie come Oxfam, ora milioni di sostenitori urlavano assieme al loro candidato "America First" ["prima l'America"], lo slogan ripreso anche nel discorso di insediamento di Trump del 20 gennaio 2017. Quale programma è legato a questo slogan? Semplificando si può dire che gli Stati Uniti devono liquidare il multiculturalismo degli ultimi decenni che avrebbe causato loro più danni che benefici, poiché la politica finora attuata avrebbe sostenuto le industrie straniere a discapito di quelle americane e avrebbe rafforzato gli eserciti dei Paesi stranieri a discapito del proprio esercito. Tra gli accordi respinti da Trump ci sono, in primo luogo, gli accordi di libero scambio come quello tra Canada, Messico e Stati Uniti, in vigore come NAFTA (North American Free Trade Agreement ["Accordo nordamericano per il libero scambio"]) dal 1994, ma che verrà presumibilmente sostituito dall'alquanto simile USMCA (United States-Mexico-CanadaAgreement ["Accordo Stati UnitiMessico-Canada"]) così come i previsti Trans-Pacific Partnership (TPP ["Partenariato Trans-Pacifico"]) e il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP ["Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti"]). Il primo è fallito a causa della fuoriuscita degli Stati Uniti dall'accordo, l'altro è stato sospeso a quanto pare a lungo termine. Comunque, gli undici altri Stati contraenti del TPP si sono accordati su una sostituzione, il Comprehensive and Progressive Agreement /or Trans-Pacific Partnership ["Accordo Comprensivo e Progressivo per il Partenariato Trans-Pacifico"], che è stato firmato 1'8 marzo 2018 a Santiago, ma che deve ancora essere ratificato da alcuni Stati.

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In secondo luogo, rientrano in ciò da cui Trump prende le distanze, in linea generale, i trattati internazionali, per esempio sulla protezione dell'ambiente, come in particolare l'Accordo di Parigi del 2015, firmato da 195 Paesi, all'interno dell'United Nations Framework Convention on Clùnate Change ["Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici"] da cui gli Stati Uniti si ritireranno, secondo la dichiarazione di Trump di giugno 2017. La data più vicina per farlo è novembre 2020. Anche all'interno degli Stati Uniti Trump ha ridimensionato radicalmente la protezione dell'ambiente, ad esempio con la nomina di Scott Pruitt a capo della Environmental Protection Agency ["Agenzia per la protezione dell'ambiente"], un uomo che aveva negato il contributo delle emissioni di CO2 ai cambiamenti climatici e aveva querelato almeno quattordici volte l'istituzione della quale è stato messo a capo. Comunque Pruitt, nel luglio del 2018, ha dovuto dimettersi a causa di numerosi errori rimproverategli anche dai Repubblicani. Nel maggio del 2018 gli Stati Uniti sono usciti dall'Accordo sul Nucleare Iraniano che era stato concluso nel 2016, dopo anni di trattative tra sette Stati. Nel giugno del 2018 gli Stati Uniti hanno abbandonato il (senz'altro controverso) Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Il clamore col quale Trump nel giugno del 2018 ha concluso la riunione del G7, cioè del gruppo delle sette maggiori economie del mondo occidentale (incluso il Giappone), a La Malbaie - l'ha lasciata in anticipo per incontrare il dittatore nordcoreano KimJong-una Singapore, e ha ritirato su Twitter l'appoggio prima concesso alla

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dichiarazione finale del summit -, ha fatto sembrare molto fragile l'unità del mondo occidentale. La NATO, nei quasi sette decenni della sua esistenza, ha mantenuto lo spazio nordatlantico sostanzialmente libero da guerre e si può considerare pertanto come una delle alleanze militari di maggior successo della storia. Tuttavia Trump ha manifestato un altrettanto sostanziale scetticismo nei suoi confronti, ad esempio l'ha definita "obsoleta" durante la campagna elettorale. Sicuramente la sua richiesta di una ripartizione dei costi più equa all'interno della NATO non è infondata - tornerò su questo punto -, ma alla luce di una situazione politica mondiale sempre più pericolosa le sue minacce spesso ripetute secondo cui gli Stati Uniti non sarebbero stati ancora per molto i finanziatori della NATO sono estremamente dannose per il mantenimento dell'effetto deterrente di questa alleanza. Nel luglio del 2018, ad esempio, ha dichiarato in un discorso- che includeva anche la frase "Putin va bene" - in Montana: "sai, Angela, non posso garantirlo ma vi proteggiamo e significa molto di più per voi[. ..] non so quanta protezione otteniamo proteggendovi" 11 • Alcuni giorni dopo Trump ha definito "molto aggressivo''1 2 il piccolo Montenegro, che era entrato nella NATO solo nel 2017 dopo forti resistenze interne e forse perfino un tentato colpo di Stato gestito dalla Russia nell'ottobre del 2016. È vero 11 J. Borger, ''Worried Nato partners wonder if Atlanti.e alliance can survive Trump" (vedi sitografia). 12 Guardian Staff, "'Very aggressive': T rump suggests Montenegro could cause world warthree" (vedi sitografia).

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che l' establishment militare e diplomatico degli Stati Uniti, prevalentemente, si sente ancora obbligato nei confronti della NATO, ma il Comandante in Capo delle Forze Armate è e rimane il Presidente, e dagli applausi della folla in Montana come pure dalla popolarità ancora molto alta del Presidente nell'estate del 2018 si evince che sarebbe ingenuo da parte degli europei aspettarsi che gli americani continueranno sicuramente a dare loro una garanzia di protezione. Trump non si limita affatto a sottolineare la sovranità degli Stati Uniti. Le organizzazioni multinazionali come l'Unione Europea gli sono avverse, anche al di fuori degli Stati Uniti. Il primo politico straniero che ha ricevuto Trump dopo la sua elezione è stato Nigel Farage, l'architetto della Brexit. Nell'aprile del 2018, secondo quanto riferito dalla stampa, Trump offrì al Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron condizioni migliori in un trattato commerciale qualora la Francia avesse lasciato l'Unione Europea. Ovviamente persino Trump sa che questo significherebbe infliggere un colpo mortale all'Unione Europea13. E nella sua visita in Gran Bretagna nel luglio del 2018, su un tabloid britannico, raccomandò alla nazione Boris Johnson - che si era appena dimesso a causa del suo conflitto con il Primo Ministro May come un eccellente Primo Ministro e si lamentò del fatto che May, col suo voto per il mantenimento del libero scambio tra l'Unione Europea e la Gran Bretagna a Brexit avvenuta, non aveva seguito il suo consiglio.

J. Rogin, "Trump istrying to destabilize the European Union" (vedi sitografia). 13

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In particolare, però, !"'America First" di Trump significa, in terzo luogo, limitare l'immigrazione legale negli Stati Uniti e impedire quella illegale con tutti i mezzi possibili, tra cui in particolare il progetto di costruzione di un grande muro con il Messico che presumibilmente deve far apparire il Presidente degli Stati Uniti come il moderno successore degli imperatori cinesi. Tuttavia, egli ha promesso nella campagna elettorale che il Messico avrebbe pagato per questo muro - mentre per quanto ne so nessun Imperatore cinese ha mai avuto la pretesa di far pagare i Mongoli o i Manciù. La brutalità con cui, nelle famiglie immigrate illegalmente, i bambini sono stati temporaneamente separati dai genitori ha mostrato in maniera particolarmente chiara quali forme di deterrenza contro l'immigrazione illegale Trump accetti. Già il 27 gennaio 2017, cioè una settimana dopo il suo insediamento, Trump ha firmato l'Executive Order ["Ordine Esecutivo"] 13769 che, tra le altre cose, impediva per 90 giorni l'ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di Iraq (un alleato degli Stati Uniti), Iran, Yemen, Libia, Somalia, Sudan e Siria. Certo, questo decreto ha fallito nei tribunali. Una versione successiva, modificata, la Presidential Proclamation ["Proclamazione Presidenziale"] 9645, è stata però approvata dalla Corte Suprema nel giugno del 2018. E stata significativa la reazione del nuovo Presidente a una sentenza della Corte contro l'Executive Order 13769. L'opinione di questo "cosiddetto giudice" sarebbe ridicola, questo diceva il suo Tweet del 4 febbraio 2017, e il giorno dopo aggiunse: se succedesse qualcosa di brutto, si dovrebbe dare la colpa a questo giudice e

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al sistema giudiziario. Attacchi di questo tipo contro il Terzo Potere, che vanno distinti nettamente dalla critica del tutto legittima a singole sentenze, sono sicuramente senza precedenti nella storia della costituzione degli Stati Uniti il cui principio centrale è il rispetto della separazione dei poteri. A beneficio di Trump bisogna dire che la sua politica, finora, corrisponde in gran parte alle sue promesse elettorali. Quest'uomo, proprio come Duterte, non ha dovuto nascondersi; non ha indossato nessuna maschera che alla fine abbia fatto cadere. Così non solo dopo le elezioni è scaduto nella critica dei giudici. Quando il giudice federale Gonzalo Curiel ha autorizzato una class action per truffa contro la cosiddetta Trump University, che nel frattempo è stata chiusa, Trump ha affermato in un'intervista conJake Taper, nel giugno del 2016, che Curiel non avrebbe potuto decidere in maniera imparziale perché è messicano (è owiamente statunitense, mai suoi genitori erano emigrati dal Messico). In considerazione del piano di Trump di costruire un muro tra il Messico e gli Stati Uniti, Curiel avrebbe avuto un conflitto di interessi. Anche i Repubblicani con il senso dell'importanza dell'indipendenza della magistratura erano sconvolti per questo attacco al Terzo Potere da parte di un potenziale Presidente e per l'implicita insinuazione secondo cui le persone di origine messicana non potrebbero essere dei giudici obiettivi; ma questo non ha impedito a Trump di vincere le elezioni. Ha compromesso altrettanto poco la sua popolarità il fatto che si sia sottratto alla pubblicazione - non imposta dalla legge ma da molto tempo consueta - delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi

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anni, anche se questo ha dato luogo al sospetto che avesse qualcosa da nascondere rispetto alle sue attività finanziarie - un sospetto a cui fa pensare il fatto che, ad esempio, il Ministero delle Finanze di New York abbia finora imposto non meno di 36 ipoteche sul patrimonio di Trump per le tasse non pagate. Ma la campagna elettorale ha offerto molto di più. Nel luglio del 2015 Trump si è espresso sarcasticamente sul Senatore John McCain che trascorse cinque anni e mezzo in un campo di prigionia del Vietnam del Nord ed è stato torturato più volte, dicendo che lui, Trump, preferiva le persone che non si erano fatte catturare anche se proprio lui era riuscito abilmente ad evitare il servizio militare obbligatorio14• Anzi, il 23 gennaio 2016 Trump dichiarò in Iowa che, a causa della fedeltà dei suoi sostenitori, avrebbe potuto sparare a qualcuno sulla Fifth Avenue e ciononostante non avrebbe perso nessun voto - e in effetti questa dichiarazione ha sugellato altrettanto poco la sua sconfitta di quella analoga di Duterte, ma ha scatenato delle risate tra i suoi ascoltatori15 • Il 27 luglio 2016 Trump disse in un discorso: "Russia, se stai ascoltando, spero che tu riesca a trovare le tremila email che mancano". Questo era un malcelato invito a una potenza straniera ad hackerare le email di Hillary Clinton. Oggi sappiamo che gli attacchi hacker dei russi erano già in corso da mesi

14 B. Jacobs, "Donald Trump attack onJohn McCain war recordis 'new low in US politics'" (vedi sitografia). 15 B. Gittleson-J. Santucci, "Donald Trump Jokes He Could 'Shoot Somebody' Without Losing Support" (vedi sitografìa).

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contro i vertici dei Democratici, ma il 27 luglio furono rivolti per la prima volta proprio contro Clinton16 • Che tipo di persona è Trump? Col suo sottile umorismo, in una discussione in televisione con il candidato repubblicano alla presidenza il 10 novembre 2015, egli ha risposto alla domanda su quale nome in codice vorrebbe avere per i servizi segreti ha dichiarato "humble", cioè "umile". Ma questo non gli ha impedito di rivelarci il suo segreto in uno dei suoi tweet il 6 gennaio 2018: egli sarebbe un genio, perché è diventato Presidente al primo tentativo. Avrebbe potuto aggiungere che non aveva mai ricoperto una carica pubblica civile o militare, anche solo a livello comunale. In un certo senso quest'uomo ha effettivamente ragione e niente è più pericoloso che sottovalutarlo. Trump è davvero un genio del populismo. Ha percepito come solo pochi altri la rabbia che ristagnava nel Paese, ma che i più hanno trascurato con condiscendenza, si è messo a disposizione come megafono di questa rabbia e ha messo da parte le élite repubblicane e democratiche che si consideravano e agivano come le custodi degli interessi legati alla globalizzazione. Trump non ha affatto battuto solo la candidata democratica, no, si è imposto - il che, in fondo, è ancora più incredibile-, grazie alla democrazia di base propria delle primarie e deicaucus1 7, nella campagna elettorale tra i Repubblicani su dei politici

16 M. S. Schmidt, ''Trump Invited the Russians to Hack Clinton. Were They Listening?" (vedi sitografia). i; Con il termine caucus si intende una riunione dei sostenitori di un partito politico per scegliere dei candidati a una carica, tipicamente alla presidenza degli Stati Uniti. [N.dT.]

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che avevano acquisito esperienza come Governatori di Stati importanti o come Senatori, e questo senza godere di un vero radicamento nel partito che avrebbe dovuto essere diffidente nei confronti di qualcuno che è stato democratico, repubblicano, indipendente, democratico e repubblicano e le cui idee contraddicono radicalmente le tradizionali posizioni repubblicane, ad esempio, nella politica fiscale e commerciale. Ma questa diffidenza non ha permesso ai grandi nomi del Partito Repubblicano di unire le loro forze e di accordarsi su un candidato comune come il Governatore dell'Ohio John Kasich un errore per cui il partito pagherà un prezzo molto alto. All'interno del Partito Democratico l'outsider Bernie Sanders, che si descriveva come democratico dal 2015 e si era definito in precedenza come "indipendente", è riuscito curiosamente a fare qualcosa di analogo il critico di sinistra della globalizzazione non ha vinto la candidatura alla presidenza del suo partito ma ha ottenuto il secondo posto e, talvolta, è stato senz'altro pericoloso per Clinton. Nei dibattiti tra i candidati repubblicani Trump non ha presentato praticamente nessun argomento oggettivo, ma invece è riuscito a trovare per i suoi oppositori degli epiteti esornativi che li hanno ridicolizzati pubblicamente: Jeb Bush, per esempio, era chiamato "Low Energy Jeb" [''Jeb a bassa energia"], Ted Cruz "Lyin' Ted" ["Ted il bugiardo"], Marco Rubio "Little Marco" ["Marcolino"]. Dopo la sua ascesa alla presidenza sono stati descritti in maniera analoga anche dei politici stranieri, Kim J ong-un ad esempio come "Little Rocket Man" ["piccolo uomo razzo"]. Il numero di dichiarazioni false pronunciate da Trump, siano esse errori dovuti all'ignoranza o alla mancanza di

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logica, autoinganni deliranti o menzogne intenzionali, è legione - solo nel primo anno di mandato ne sono state contate più di mille18 • La sua massima è evidentemente di tenere la sua base in uno stato di eccitazione permanente mentre attacca costantemente qualcuno, non riconosce mai che i suoi oppositori potrebbero avere in parte ragione, non ammette mai i suoi errori né prende sul serio le critiche. Per rassicurare il lettore vorrei aggiungere: la genialità in un campo è compatibile con la più abissale stupidità in un altro. Nella lotta per la presidenza degli Stati Uniti Trump è riuscito a imporsi in maniera brillante, ma questo ovviamente non significa che riesca anche solo a vedere il bene comune degli Stati Uniti (per tacere di quello del resto del mondo). È ungenio cratico, quindi vincente nelle lotte per il potere. Politicamente è un disastro. Psicologicamente, il tipo che egli rappresenta merita una considerazione più accurata. Infatti senza dubbio Trump è stato eletto non malgrado, ma a causa dei suoi vistosi tratti caratteriali, anche se non tutti li trovano attraenti. Dei classici sette peccati capitali non gliene manca quasi nessuno, essendo in lui particolarmente evidenti la superbia egocentrica, l'invidia (soprattutto per la popolarità di Obama), l'ira, l'avarizia e la lussuria. Lo impreziosisce, però, anche l'accidia - anche come Presidente per lui giocare a golf è molto più importante dello studio degli atti che esige troppo dalla sua capacità di attenzione. D. Dale, "Donald Trump has spenta year lying shamelessly. It hasn'tworked" (vedi sitografia). 18

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Abbastanza spesso il suo inglese è scorretto dal punto di vista sintattico e ortografico. Ciò che affascina di più i suoi fan è che Trump non nasconde affatto i suoi vizi sotto il tappeto, ma se ne vanta apertamente. Trump ha realizzato a destra quello che, dopo il 1968, in alcune persone di sinistra era fiorito come un ideale: è uno spontaneista, stavolta però dell' anti-universalismo. Tra i disturbi mentali, notoriamente, uno lo si può identificare rapidamente perché colui che ce l'ha ne è orgoglioso e si riconosce di buon grado in esso: il narcisismo. In effetti, è indubbio che Trump soffra di un disturbo narcisistico della personalità - come pure molti contemporanei, ma in una forma così grottescamente accresciuta eppure al contempo efficace che ora milioni di persone si possono identificare con lui. La mancanza di empatia, il disinteresse per gli altri, l'incapacità di ascoltare e quindi anche di avere relazioni a lungo termine, l'interpretazione della realtà in bianco e nero, la classificazione degli altri esseri umani in amici e nemici, il rifiuto della critica, un'assurda soprawalutazione dei propri meriti, il divorante bisogno di approvazione dovuto alla propria insicurezza, il crogiolarsi nelle fantasie di potere, il desiderio di dominare gli altri, la prepotenza, a volte anche il ricorso alla menzogna per far valere i propri interessi, dato che le regole valgono sempre solo per gli altri, l'attribuzione del ruolo di vitti.ma a se stesso e l'incapacità di assumersi la responsabilità dei propri errori, sono tratti classici del narcisista che si riconosce facilmente in Trump19• Cfr. la lista di questi tratti nel Diagnostic and Statistica/ Manual o/Mental Disorders DSM-IV e DSM-5. 19

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Oltre alla soddisfazione perilfatto che ora si parli e si scriva continuamente di lui (mentre le notizie critiche riportate dai media vengono denigrate da Trump, in generale, come "fake news"), ci sono altri due motivi per l'entrata di Trump sulla scena politica: la necessità di incontrare dei personaggi famosi - come Capo di Stato degli Stati Uniti Trump può incontrare il Papa, la regina Elisabetta II, Putin, KimJong-un e portarsi a casa le foto di questi incontri - e i propri interessi economici che cerca di promuovere con ogni mezzo grazie alla sua posizione politica. I politici stranieri alloggiano ora nel T rump Hotel a Washington, e la sua consigliera Kellyanne Conway invitava già nel febbraio del 2017 a comprare i prodotti della figlia di Trump, Ivanka. La lettura dei memoranda, la discussione di opzioni politiche alternative con i collaboratori, il lavoro sui dettagli non sono preoccupazioni di Trump; ma è in gran forma quando può parlare alla sua base, da cui riceve in tributo quella ammirazione che aveva cercato invano nei personaggi intellettualmente e moralmente più raffinati e di cui ha bisogno per cancellare quelle insicurezze che altrimenti potrebbe logorarlo. Senza dubbio Trump prova una profonda attrazione per i dittatori. Nel settembre del 2016 ha dichiarato nella campagna elettorale che Putin (che egli loderebbe, se questi lo lodasse) era un leader molto migliore di Obama20 • Per celebrare il centesimo giorno alla carica presidenziale ha telefonato a Rodrigo Duterte, con il quale si è congratulato per il suo "incredibile lavoro" Wagner-J. A. DelReal-A. Gearan, "Trump praises Putin at national security forum" (vedi sitografia). 20 ].

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nella lotta alla droga2 1 • Ha considerato Kim J ong-un, dopo la loro riunione congiunta a Singapore, "molto talentuoso" e "intelligente". E in un discorso privato nel marzo del 2018 Trump ha elogiato il Presidente cinese Xi Jinping che è riuscito nello stesso mese, grazie a una riforma costituzionale, ad abolire il limite dei mandati presidenziali (fino ad allora anche in Cina di due mandati, come negli Stati Uniti) - "forse un giorno ci proveremo anche noi" 22• E, come Duterte, difende l'interpretazione giuridica - che mina l'idea che ci siano dei vincoli con il diritto e con la legge secondo cui il Presidente degli Stati Uniti potrebbe graziare anche se stessc23. Nipote di un migrante tedesco, il cui successo economico risale, tra l'altro, al modello di business hotel più bordello, e figlio di un immobiliarista di successo, di cui ha ereditato le ricchezze, Trump è riuscito abilmente a trasformare "Trump" in un marchio di fabbrica e a presentarsi come un brillante imprenditore, anche se aver fatto bancarotta sei volte con le sue imprese con hotel e casinò non depone proprio a favore di risultati oggettivi in ambito economico. Occasionalmente, Trump si è anche offerto di occuparsi di cose più importanti presentandosi come un 21

L. Nelson, "Donald Trump praisesDuterte for 'unbelievable

job' cracking down on drugs in the Philippines" (vedi sitografia). 22 A. Erickson, "In a jockey speech, Trwnp praised China's Xi for moving to end tenn limits, saying, 'Maybe we'll gi.ve that a shot someday"' (vedi sitografia). 23 C. Kenny, "Trump: 'I have the absolute right to pardon myself" (vedi sitografìa). Cfr. anche T. McCarthy, "Can Trump actually pardon himself? Experts weigh in" (vedi sitografìa).

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tutore dell' ordme pubblico - quando nel 1989 cinque adolescenti. neri furono arrestati. a New York per uno stupro, Trump chiese, negli annunci di quattro giornali della città, che fosse reintrodotta la pena di morte. Questa istigazione contribuì sicuramente alla condanna dei ragazzi - la cui innocenza, però, dopo alcuni anni è stata dimostrata in modo inequivocabile. Chi crede che Trump, dopo la loro scarcerazione, si fosse rammaricato per il suo comportamento passato non ha compreso un tratto caratteriale essenziale di questo genio umile - la sua assoluta incapacità di fare autocritica e mostrare penti.mento. Il programma televisivo "The Apprenti.ce" [''L'apprendista"] è stato fondamentale per raggi.ungere la sua popolarità. L'ascesa di Silvio Berlusconi fino alla carica di Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, che ha ricoperto comunque quattro volte, aveva già mostrato quanto la distribuzione del potere nelle democrazie tardo-moderne dipenda dalla notorietà e dalla popolarità che chi ha ambizioni politi.che ottiene nella maniera più facile con la presenza in televisione. Trump ha condotto questo reality show televisivo dal 2004 al 2015 e ha raggi.unto così quella notorietà necessaria per le sue ambizioni politi.che - già la prima stagione aveva in media più di 20 milioni di telespettatori. Lo scopo del programma (che è stato condotto temporaneamente dal bodybuilder, attore ed ex Governatore della California Amold Schwarzenegger) è scegliere qualcuno cui offrire un contratto di un anno in una delle aziende di Trump. Ciò avveniva escludendo gli altri candidati. ai quali, di volta in volta, Trump diceva personalmente ''You are fired!"

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["seilicenziato!"]24 • Da una parte egli ha ottenuto così l'aura del decisore finale dal quale dipende il destino di così tante persone; dall'altra il disoccupato che ha perso il lavoro potrebbe ricavarne una gratificazione compensatoria per il fatto che non solo lui, ma anche dei candidati glamour vengono licenziati. Allo stesso tempo la selezione multiculturale dei candidati e, regolarmente, anche dei vincitori dava l'impressione che il geniale imprenditore fosse certamente "tough" ["duro"], ma anche bendisposto nei confronti di tutte le persone capaci. "You are fired" non si limitava però solo a un reality show. Fin dal suo insediamento Trump ha confermato le attese della sua base secondo cui sarebbe stato altrettanto capace di imporsi come politico che come imprenditore. Ha licenziato un numero insolitamente elevato di membri del governo e di collaboratori, quando non si sono sottomessi completamente a lui. Il Direttore dell'FBI James Comey e il Segretario di Stato Rex Tillerson sono stati forse i più eminenti tra loro. Anthony Scaramucciharicoperto l'incarico di Direttore delle Comunicazioni solo undici giorni. Certo è assolutamente possibile, anzi, a mio avviso probabile, che l'assunzione dello sconcio e volgare Scaramucci, agli occhi di Trump, dovesse svolgere principalmente il compito di screditare il Capo di Gabinetto di Trump Reince Priebus, l'ex Presidente del &publican National Committee ["Comitato Nazionale Repubblicano"] che, 24 Nella versione italiana di "The Apprentice", condotta dall'imprenditore Flavio Briatore, l'esclamazione ''You're fired!" è stata sostituita dall'espressione "sei fuori!". [N.d.T.]

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in effetti, si è dimesso a causa degli attacchi di Scaramucci; e dopo che quest'ultimo aveva svolto il suo compito, poteva andarsene anche questo utile idiota di Trump. È ovvio, però, che non si potrà elaborare una programmazione a lungo termine, basata sulla fiducia, sotto la costante minaccia di essere licenziati. Ma di questo a Trump non importa proprio niente. Il fan di Trump può godere dell'impressione che Trump tratti la classe politica - che il fan e il suo eroe disprezzano allo stesso modo - così come merita. Anzi, forse emerge un piacere particolare dal fatto che il passaggio dalla televisione da reality show alla realtà politica sia impercettibile e alla fine non si sappia più cosa sia spettacolo e cosa sia reale- l'imprenditore Trump, il presentatore Trump e il Presidente Trump gridano tutti e tre "You are fired" e si fondono in un unico personaggio in cui i suoi ammiratori trovano simboleggiati gli Stati Uniti stessi nella loro lotta contro i nemici del popolo. Ciò che Trump rappresenta simbolicamente è il crollo di una concezione della politica come sforzo razionale e comune per definire il bene comune all'interno di istituzioni costituzionali stabili ed equilibrate. Invece della complessa struttura di una diplomazia che lavora concretamente (nel luglio del 2018, quindi un anno e mezzo dopo l'insediamento di Trump, quaranta dei 188 incarichi da ambasciatore degli Stati Uniti non erano stati ancora ricoperti)25 ora 25 AFSA [American Foreign Service Association], ''Tracker: Current U.S. Ambassadors" (vedi sitografia). Vedi anche il libro di Ronan Farrow, War on Peace. The End o/Diplomacy and the Decline o/American Influence, New York 2018.

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gli impulsi di un uomo irrazionale assetato di potere determinano le decisioni degli Stati Uniti in politica estera. Nell'agosto del 2017 KimJong-un viene ancora minacciato con "fire and fury", fuoco e furia; nel giugno del 2018 Trump e il dittatore nordcoreano sono soulmates, spiriti affini. Se, com'è presumibile, le intenzioni di disarmo della Corea del Nord non sono così serie, come sospetta Trump, ci si può aspettare un potenziamento delle minacce precedenti, se non qualcosa di peggio. Nella politica internazionale poche cose sono più pericolose dell'imprevedibilità - contro qualcuno con chiare intenzioni aggressive, ad esempio, ci si può armare e puntare sull'effetto deterrente. Ma una politica imprevedibile rende impossibile fare una programmazione, allontana gli alleati che non possono più contare sugli alleati, e invita gli oppositori ad avere addirittura reazioni impulsive. Questo è ancora più vero se l'imprevedibilità non vale solo per i rivali, se quindi è una strategia consapevole del giocatore che non vuole mostrare le sue carte. Perché questo può fare effetto. L'imprevedibilità di Trump, però, deriva dall'incoerenza del suo pensiero, dall'incapacità di seguire un piano strategico a lungo termine, pazientemente e con delle mosse tattiche, anche se occasionalmente vorrebbe farci credere che la sua instabilità appartenga alla sua leggendaria arte di concludere affari. Milioni di americani che sono istupiditi da "The Apprentice" possono crederci; i rivali globali Xi e Putin sanno come devono valutare ciò e come possono sfruttare per i propri piani a lungo termine la vanità patologica - e da loro giustamente disprezzata - del Presidente.

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Il fatto che in politica interna i danni finora non siano risultati maggiori lo si deve a tre fattori. In primo luogo, la Costituzione è una delle più geniali del mondo: non si può mai ammirare abbastanza l' acume che i Padri hanno sviluppato nella risoluzione del problema cruciale, come si possa avere un governo forte e stabile e, allo stesso tempo, impedire gli abusi di potere. È un risultato dawero sbalorditivo il fatto che la Costituzione, dopo il Bill o/ Rights ["Carta dei Diritti"] - i diritti fondamentali aggiunti più tardi, cioè nel 1791 - si sia fatta bastare fino ad oggi solo altri diciassette emendamenti costituzionali (anzi, in realtà quasi solo quindici, dato che il ventunesimo emendamento consisteva, essenzialmente, nell'annullamento del diciottesimo), e questo nonostante il fatto che gli Stati Uniti da allora, in più di 225 anni, siano cambiati notevolmente sia alloro interno sia nel loro ruolo nella politica internazionale. Di poche cose gli statunitensi sono così legittimamente orgogliosi come di questa geniale Costituzione. Con tutte le insufficienze di dettaglio e nonostante il fatto che la dichiarazione dei diritti dei cittadini non abbia impedito l'orribile ingiustizia della schiavitù come pure la rapina e la cacciata delle popolazioni indigene fino al XX secolo, è un dato di fatto che, a causa di questa Costituzione, la creazione di una tirannia sia molto difficile. L'impresa degli Stati Uniti nella storia universale di aver resistito nel XX secolo alla follia totalitaria, anzi, di aver messo in ginocchio il totalitarismo della Germania e dell'Unione Sovietica lo si deve, tra l'altro, a questa Costituzione. Il legame tra la separazione orizzontale dei poteri (in potere legislativo, esecutivo e giudiziario) e la separazione

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verticale dei poteri (tra Staro centrale e Stati membri), in primo luogo, offre notevoli contrappesi all'esecutivo della federazione, concepito monocraticamente. Itribunali, a partire dall'insediamento di Trump, hanno bloccato molte delle sue decisioni e gli Stati membri, anzi, alcune grandi città si oppongono efficacemente al regresso della federazione nella politica ambientale e migratoria. Dato che ovviamente una Costituzione è morta se uno spirito corrispondente non anima la società civile, in secondo luogo, deve essere sottolineato che la molteplicità dei media, il dinamismo economico di primo piano come pure l'eccellente panorama scientifico degli Stati Uniti sono fattori ulteriori che contrastano notevolmente la creazione di una tirannia. E, in terzo luogo, occorre menzionare che finora durante la presidenza di Trump non si è verificato quel caso in cui a lui come Presidente e Comandante in capo delle forze armate spetterebbero poteri decisionali eccezionali una grande guerra. Dato che Trump, diversamente dai dittatori del totalitarismo, non è né assetato di sangue né crudele, difficilmente ne causerà una in maniera consapevole. Dato che la concentrazione a lungo termine e la programmazione gli sono sconosciuti (quando riferì al canale Fox Business Network di come, mentre stava mangiando "la torta al cioccolato più bella" con il Presidente cinese, avesse comunicato a quest'ultimo di aver appena ordinato di bombardare la Siria, invece della Siria parlò dell'Iraq, alleato degli Stati Uniti) 26 e dato che preferisce giocare a golf e guardare la telev:i.D. Merica, ''Trump, Xi talked Syria strike over 'beautiful' chocolate calce" (vedi sitografia). 26

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sione (soprattutto se si parla di lui) invece di studiare i piani di battaglia, non ha la personalità adatta per interessarsi alla guerra. Questo però non significa affatto che abbia la saggezza di impedire che ci si ritrovi in una guerra - un gran numero di guerre sono state realizzate così. E per la sua rielezione potrebbe voler scatenare una guerra. Ma anche se Trump nel 2020 non dovesse essere rieletto e la sua presidenza dovesse essere ricordata principalmente come un episodio claunesco, non è facile essere fiduciosi a lungo termine rispetto al futuro degli Stati Uniti. Infatti, nel Paese c'è oggi una polarizzazione politica molto più elevata di, poniamo, vent'anni fa. Che le persone abbiano idee politiche diverse è normale, che i governi di diversi partiti si alternino è addirittura la linfa vitale di una democrazia. Ma le oscillazioni del pendolo in un cambio di Presidente diventano sempre maggiori e la capacità di raggiungere un compromesso politico intelligente tra awersari politici diminuisce a un ritmo preoccupante. La Costituzione americana, owiamente, presuppone questa capacità in maniera particolare, poiché il Presidente non viene eletto dal Congresso e perciò spesso partiti diversi governano da una parte la Casa Bianca e, dall'altra, almeno una delle due camere del Parlamento. Le due Camere e il Presidente devono, però, cooperare nel processo legislativo (un veto del Presidente può essere respinto solo conla maggioranza, molto rara, dei due terzi nelle due Camere). Negli otto anni della presidenza di Ronald Reagan la Camera dei Rappresentanti è stata dominata sempre da una maggioranza democratica, il Senato per due anni; le

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attività del governo quasi non sono state disturbate. Negli ultimi sei anni della sua presidenza in cui non godeva più della maggioranza nelle due Camere, invece, i piani di Obama in politica interna hanno subito un notevole arresto. Non si può prevedere, in queste condizioni, come una politica finanziaria responsabile possa essere realizzata nel lungo periodo. Anche se Trump sarà sostituito da un Presidente o una Presidente democratici, è improbabile che lui o lei avrà la maggioranza del proprio partito nelle due Camere o, in caso contrario, incontrerà dei Repubblicani disposti al compromesso. Ed è ancora più improbabile, anche qualora le violazioni più gravi della legge da parte del Presidente dovessero essere dimostrate, che per la sua destituzione si trovi una maggioranza bipartisan - perché senza quest'ultima non ci sarebbe la necessaria maggioranza dei due terzi al Senato. Si faccia un confronto con gli anni Settanta: Nixon fu costretto a dimettersi con la minaccia dell' impeachment, anche se nel 1972 aveva ottenuto la maggioranza in 49 Stati (tranne il Massachusetts e il Distretto di Columbia). Questo, però, non ha affatto impedito che ci fosse un consenso bipartisan sul fatto che le violazioni della legge da parte di Nixon non fossero più accettabili - così come è accaduto anche nel 2016-17 durante la procedura di ùnpeachment della Presidente sudcoreana Park Geun-hye, una procedura eseguita in maniera esemplare che - come pure le manifestazioni disciplinate prima e le condanne di Park dopo - ha suscitato l'impressione che in questo Paese dell'Asia orientale lo spirito dello Stato di diritto sia più vivo che in molti Stati occidentali. Trump ha certo fatto affidamento,

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finora, sui Repubblicani al Congresso, la maggioranza dei quali ha taciuto sulle mancanze di Trump in cambio di un accordo sulla riduzione delle tasse. Inoltre, è una nota peculiarità della destra aggregarsi dietro i suoi leader, il che comporta grandi vantaggi nella competizione con la sinistra che tende a frammentarsi molto più facilmente. Però, nel frattempo, lo spirito di partito si è imposto in maniera del tutto nuova a scapito del senso dello Stato. Il Paese, c'è da temere, resterà polarizzato e sarà sempre più difficile da governare. Esso si rivelerà difficilmente capace di apportare le modifiche necessarie in considerazione dei rapidi cambiamenti nella politica mondiale e nella tecnica. La divisione del Paese è diventata particolarmente visibile per il fatto che la candidata democratica Clinton ha ottenuto quasi tre milioni di voti più di Trump. Ma questo non ha potuto impedire l'elezione di Trump, dato che il Presidente americano, com'è noto, viene eletto da un Collegio Elettorale. Dato che ogni Stato manda tanti membri nel collegio elettorale quanti rappresentanti ha alla Camera dei Rappresentanti e al Senato; dato però che ogni Stato manda al Senato lo stesso numero di Senatori, cioè due, anzi, dato che anche nella Camera dei Rappresentanti la distribuzione dei seggi è proporzionale in ogni Stato al numero di abitanti in base ali'ultimo censimento che si tiene ogni dieci anni, nel frattempo di solito molte persone migrano dagli Stati centrali con grandi regioni rurali verso la Costa Orientale e la Costa Occidentale, dove ci sono molti più posti di lavoro, per ogni elettore delegato negli Stati meno popolosi ci sono meno della metà degli abitanti degli Stati più popolosi. (48 Stati

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seguono il principio "the winner takes itali" ["il vincitore prende tutto"], quindi fanno votare tutti i loro elettori o elettrici per il candidato del partito che ha ottenuto la maggioranza dei voti. Questa però è una decisione dello Stato interessato al quale nulla viene prescritto al riguardo dalla Costituzione, dato che negli Stati Uniti in generale l'organizzazione delle elezioni federali è di competenza dei singoli Stati.) È troppo facile stigmatizzare questo fatto come ingiusto perché non è democratico. Infatti, la Costituzione americana, nelle elezioni presidenziali, cerca deliberatamente un equilibrio tra il principio democratico e quello federale: gli Stati più popolosi non devono dominare quelli meno popolosi. Per Trump, certo, non ha votato la maggioranza di tutti gli elettori statunitensi, ma egli ha vinto nella netta maggioranza dei singoli Stati. Si può essere con buoni motivi dell' opinione che il Paese sia oggi così unito che questo vantaggio dei cittadini degli Stati più popolosi non sia più attuale. In particolare, una delle conseguenze molto negative del sistema è che la decisione dipende dai pochi swing states ["Stati in bilico"] -che il Texas voti repubblicano e lo Stato di New York democratico è certo, e perciò le campagne elettorali si concentrano negli Stati meno popolosi e meno importanti dal punto di vista economico e scientifico, in cui la popolazione è divisa in maniera abbastanza precisa tra i due partiti principali. La vittoria di Trump è dipesa dal fatto che, per la prima volta dopo tanto tempo, Trumpha conquistato per i Repubblicani il Wisconsin, il Michigan e la Pennsylvania, che tradizionalmente appartenevano al Blue Wall, il "muro blu", cioè il gruppo di Statigeogra-

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ficamente contigui che votano democratico. Siccome la Costituzione degli Stati Uniti è molto difficile da cambiare, è illusorio credere che si arriverà a una riforma nei prossimi decenni - gli Stati m~no popolosi non si faranno togliere il loro privilegio. E sorprendente che ci sia stata una divergenza tra i rapporti di maggioranza a livello federale e nel Collegio Elettorale solo quattro volte (1876, 1888, 2000 e 2016), quindi due volte negli ultimi due decenni. Essa potrebbe benissimo ripetersi nelle prossime elezioni presidenziali nel 2020, poiché la divisione politica ha oggi una forte base geografica: gli Stati nel Nord-est e sulla costa del Pacifico con le grandi metropoli che traggono sempre grandi vantaggi dalla globalizzazione votano democratico, ma gli Stati del Sud e sempre più Stati del Centro votano repubblicano. Anche se la California e lo Stato di New York dovessero mobilitare nelle prossime elezioni dieci milioni di elettori in più per il candidato democratico, ma non cambiasse nulla nei rapporti di maggioranza negliswingstates, ciò non impedirebbe la rielezione di Trump. E anche se Trump non venisse rieletto, egli avrà fatto scuola e avrà cambiato in modo duraturo il tono politico nel Paese. Trump, questo glielo si deve purtroppo concedere, è più di un episodio. La frustrazione che risulta da questa situazione è grande, e può portare a una grave crisi della legittimità sociale della costituzione. Nel marzo del 2017 il diplomatico Keith Mines, in un articolo notevole sulla rivista "F oreign Policy", ha scritto che valutava al 60% il rischio di una guerra civile negli Stati Uniti nei prossimi dieci o quindici anni. Si deve subito aggiungere che in questa questione "guerra civile" viene intesa

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come violenza politica diffusa con tentativi di limitare l'autorità politica vigente in alcuni settori legali o territoriali. Con ciò non si intende una lunga guerra civile come quella che c'è stata negli Stati Uniti dal 1861 al 1865, nemmeno la caduta di un governo, ma una situazione che a causa delle esplosioni di violenza ostacola considerevolmente il funzionamento del potere dello Stato. Sulla base delle sue esperienze nei Paesi dove ci sono state delle guerre civili, Mines considera evidenti cinque indicatori di un tale conflitto negli Stati Uniti. Si tratta di un'estrema polarizzazione dei cittadini (che però negli Stati Uniti oggi non è basata costantemente sul territorio, la qual cosa rende fortunatamente improbabile un conflitto di proporzioni maggiori); di un flusso di informazioni che non è più uniforme, ma si divide in canali differenti che vengono percepiti ogni volta solo da una formazione politica; della crescente accettazione della violenza (assolutamente possibile grazie al numero stimato di circa 300 milioni di armi da fuoco di proprietà privata 27); dell'indebolimento delle istituzioni come la stampa e la magistratura; del crollo della leadership politica, soprattutto nei Repubblicani28. Altri esperti danno una valutazione diversa della probabilità di una guerra civile intesa in questo modo- dal 5% al 95%29 • Per quanto riguarda l'accetP. Alpers-M. Picard-I. Pavesi, "United States-Gun Facts, Figures and the Law. Sydney School of Public Health, The University of Sydney" (vedi sitografia). 28 T. E. Ricks, ''Will we have a civil war? A SF offi.cer tumed diplomat estimates chances at 60 percent" (vedi sitografia). 29 R. Wright, "Is America headed fora new kind of civil war?" (vedi sitografia). 27

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tazione della violenza, basti menzionare che Trump nel caso di una sua sconfitta aveva preparato i suoi sostenitori all'idea che ci sarebbero stati dei brogli elettorali e ha continuato a sostenere questa stessa tesi anche dopo la sua elezione nella seguente forma: la maggioranza della popolazione avente diritto di voto avrebbe votato per lui, ma si sarebbero fatti votare milioni di persone che non sono cittadini degli Stati Uniti30 • Sicuramente ora si può già parlare di una "guerra civile fredda" - entrambe le parti si aspettano che l'altra ricorra alla violenza incostituzionale e sono disponibili a difendersi. Ciò che in ogni caso desta grande preoccupazione è l'ampia sfiducia nei rappresentanti democraticamente eletti della politica. Nei sondaggi sulla fiducia nelle diciassette istituzioni statunitensi il Congresso da qualche tempo ottiene i risultati peggiori. Se nel 2004 godeva di una fiducia grande o piuttosto grande nel 300/4 degli americani, il numero corrispondente nel 2014 era sceso al 7%. Nel 2018, comunque, è aumentato fino all' 11%. La carica presidenziale ottenne nel 2018 il 37% (nel 2004 erano ancora il 52%), le Chiese il 38% (nel 2004 erano il 53%), la Corte Suprema il 37%, le scuole pubbliche il 29%, le banche il 30%, la televisione il 20%, il sistema giudiziario il 22%, le piccole imprese il 67%, la polizia il 54% e l'esercito il 74%31• Delle organizzazioni statali solo quelle a cui è affidata la violenza 30 E. Shugerman, "Trump's voter fraud commission 'the most bizarre thing !'ve ever been a part of', senior officiai says" (vedi sitografia). 31 Gallup, "Confìdence in Institutions" (vedi sitografia).

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fisica avevano quindi una fiducia alta o molto alta, dei tre poteri più importanti dello Stato i vertici del potere esecutivo e del potere giudiziario ne avevano molto più del Congresso. Cosa c'è di così sorprendente in tutto ciò? Che il Congresso, diversamente dal Presidente e dalla Corte Suprema, per non parlare della polizia e dell'esercito, viene votato direttamente dal popolo. Ma proprio questa sembra essere la causa: il popolo diffida di se stesso più di quegli organi in cui la promozione avviene sulla base di competenze oggettive. Certo, la sfiducia esplicita si rivolge più contro gli altri elettori che contro se stessi (così come, secondo la famosa barzelletta, ogni studente di psicologia presume che gli altri studenti studino questa materia perché hanno loro stessi dei problemi psichici, mentre lui perché vorrebbe aiutare le persone con problemi psichici). Ma questo non cambia il fatto che molti elettori, almeno implicitamente, devono credere che la designazione di un organo dello Stato, con elezioni effettuate a suffragio universale e paritario, non selezioni necessariamente delle persone nei cui confronti si possa nutrire una fiducia particolare. Qui non si tratta affatto di rispondere alla domanda se questa sfiducia sia giustificata o no. In questo contesto è sufficiente che questa sfiducia esista. E nel lungo termine una tale sfiducia può solo compromettere la legittimità della democrazia. Un passo relativamente innocuo è l'ampliamento delle competenze della magistratura rispetto a quelle del potere legislativo, poiché il potere giudiziario è limitato per sua natura; è molto più pericoloso se il potere esecutivo, che ha il monopolio dell'uso della forza, comincia a sostituire l'attività legislativa.

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Certo rimane straordinariamente difficile, secondo la famosa legge di Maurice Duverger, superare il sistema dei due partiti negli Stati Uniti a causa del sistema elettorale maggioritario. Infatti, chiunque dia il proprio voto a un partito terzo rischia di sperperarlo, dato che solo il candidato con la maggioranza relativa vince il Collegio Elettorale. Un tale sistema rende ardua l' ascesa di nuovi partiti e ha perciò il vantaggio di facilitare la formazione del governo (anche se i Deputati eletti direttamente, con più probabilità, hanno il coraggio di ribellarsi contro i vertici dei gruppi parlamentari). Eppure il Regno Unito, con lo stesso sistema elettorale degli Stati Uniti, ha attualmente per la seconda volta dal 2010 un "hung parliament" ["Parlamento sospeso"], che in precedenza c'era stato l'ultima volta nel 1974, vale a dire poco prima delle nuove elezioni alcuni mesi dopo e quindi si è tollerato un governo di minoranza. L'insoddisfazione per i due partiti principali deve essere notevole per il fatto che si può arrivare a questa situazione. Nella maggior parte dei Paesi democratici con il sistema proporzionale la frammentazione dei partiti è di certo in una fase molto avanzata e quindi la formazione di un governo è diventata molto più difficile. Il Belgio è stato senza un governo eletto a partire dalle elezioni politiche a giugno 2010 fino a dicembre 2011,l'Olandanel2017 perpiùdi200 giorni, la Germania a partire dalle elezioni per il Bundestag a settembre 2017 fino a marzo 2018. La Spagna ha dal 2016 governi di minoranza che si alternano. Il declino dei partiti socialdemocratici così come l'ascesa di nuovi partiti populisti di destra e sinistra (nonché di partiti populisti come il Movimento 5 Stelle in Italia che non

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rientrano affatto nello schema sempre più superato destra-sinistra) è in pieno svolgimento nell'Unione Europea. Negli Stati Uniti, come abbiamo già detto, il sistema dei due partiti rimane certo stabile in superficie. Tuttavia i contenuti dei due grandi partiti si sono completamente trasformati, così come era già successo precedentemente con la base geografica dei due partiti. Gli Stati del Sud erano tradizionalmente orientati in senso democratico (infatti, il liberatore degli schiavi Abraham Lincoln era repubblicano); ancora negli anni Sessanta e Settanta un razzista come il democratico George Wallace si candidò per la nomination democratica alla presidenza. Però con l'ascesa del Movimento per i diritti civili all'interno del Partito Democratico i Repubblicani sono riusciti a conquistare il Sud per molto tempo. Ma negli anni Ottanta i Repubblicani erano il partito pro-globalizzazione, mentre i Democratici frenavano molto di più a causa dei loro legami con i sindacati. Durante la presidenza di Bill Clinton ci fu però un cambiamento radicale dentro il Partito Democratico, le cui élite, come quelle dei Repubblicani, si dichiaravano ora a favore della globalizzazione, la portavano avanti e dimenticavano in larga misura la classe operaia del proprio Paese. Che Trump abbia potuto accaparrarsi il Partito Repubblicano per le sue posizioni anti-globaliste è stato possibile solo perché il movimento populista di destra Tea Party ha iniziato a influenzare il Partito Repubblicano a partire dal 2009. La tradizionale classe economica superiore, che si identificava con i Repubblicani - in precedenza nell'atteggiamento "più aristocratici" -, è stata sostituita con delle forze marcatamente nazionaliste,

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anti-universaliste e anti-intellettualiste che si spacciavano per la voce del popolo contro le élite corrotte a Washington. Ancora maggiori dei danni in politica interna sono i danni della presidenza di T rump nelle relazioni internazionali. Solo un anno e mezzo dopo il suo insediamento si può già affermare che grazie a questo ciarlatano alla carica più alta dello Stato gli Stati Uniti hanno perso il loro ruolo di esempio e di guida nella politica mondiale e un sostituto accettabile non sivede da nessuna parte. La scena internazionale è diventata in breve tempo imprevedibile; e gliStatinon governati democraticamente si sentono rafforzati nel loro ordinamento se le elezioni democratiche mandano al potere un Capo di Stato così incompetente come Trump. L'egemonia americana a partire dal 1991 difficilmente avrebbe potuto essere mantenuta per decenni; un periodo più lungo, però, sarebbe stato concesso loro se gli Stati Uniti avessero cooperato con fiducia con le Nazioni Unite e si fossero messi in luce come i custodi del diritto internazionale. Con la "strategia di sicurezza nazionale" ("National Security Strategy") del settembre del 2002 - una strategia da megalomani -, che pretendeva di consolidare le disuguaglianze già esistenti a favore degli Stati Uniti, e con la guerra contro l'Iraq - illegale, moralmente ingiustificata e incredibilmente stupida dal punto di vista politico - nel 2003, gli Stati Uniti durante l'amministrazione di George W. Bush hanno perso il loro ruolo di guida morale; e Trump ha sperperato nel lungo periodo il suo lento recupero durante l'amministrazione di Obama, allontanando in larga misura anche gli alleati tradizionali degli Stati

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Uniti. Sarebbe ottimistico in maniera irresponsabile presumere che questi danni non continueranno a crescere negli anni in cui si dovrà ancora sopportare Trump. Se è consentito parlare in termini di teologia della storia, si può azzardare l'ipotesi secondo cui prima il secondo Bush ma poi in particolare Trump sarebbero dei sottili mezzi della Divina Prowidenza per mettere fine ali' egemonia degli Stati Uniti. Nell' elezione di un personaggio dei cartoni animati come Trump si mostra un sorprendente senso dell'umorismo da parte di Dio. L'Occidente transatlantico si trova nella sua crisi peggiore dal 1945. Questa crisi è aggravata dal fatto che, come mostrato, anche gli Stati Uniti sono divisi come non accadeva da molto tempo e che l'Unione Europea è sottoposta a delle forze centrifughe che possono senz'altro portare al suo crollo. Anche se molti europei provano un senso di superiorità culturale nei confronti degli Stati Uniti che è assolutamente comprensibile alla luce dei magnifici risultati nella scienza e nell'arte del passato, ma che non può più basarsi su dei meriti corrispondenti nel presente e perciò esercita principalmente una funzione compensatrice riguardo alle proprie debolezze politiche e militari, va sottolineato con forza che la maggior parte delle patologie psicosociali e politiche degli Stati Uniti si ripercuoteranno in Europa in breve tempo. Ricordare il proprio passato può impedire ai tedeschi di farsi sedurre dai demagoghi meglio che agli statunitensi il cui incrollabile orgoglio nazionale determina certo la maggiore vitalità del Paese, ma purtroppo tende ad accecare, anzi, ad istupidire. Tuttavia, sarebbe sconsiderato

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credere che il tipo di politico che Trump rappresenta non sia possibile in Europa. Marine Le Pen, del Front National ["Fronte nazionale"] di estrema destra (o, a partire da giugno 2018, R.assemblement National ["Raduno nazionale"]), è riuscita a ottenere al secondo turno delle presidenziah francesi a maggio del 2016 il 33,9°/4 dei voti (già suo padre nel 2002 era arrivato al ballottaggio, ma aveva ottenuto solo il 17,7':/% dei voti). È stata certamente chiara la sua sconfitta nei confronti di Macron il quale, da un lato, rappresenta una globahzzazione universalistica e una politica europeista e, dall'altro, affascina con l'eleganza del suo hnguaggio, la sua intelligenza e la sua cultura: Macron ha studiato con l'illustre filosofo Paul Ricoeur e ha scritto la sua tesi di laurea su Hegel. Quanto alla personalità e alle idee politiche Macron è certamente l'opposto di Trump. E tuttavia un'affinità tra i due è sorprendente e senz'altro inquietante. Entrambi sono entrati in politica provenendo da professioni differenti. Macron è stato almeno Ministro dell'Economia per due anni, ma deve la sua rapidissima ascesa verso la più alta carica dello Stato in Francia alla fondazione di un suo partito, En marche ["In marcia"] (la cui sigla E.M. ricorda il suo nome), solo un anno prima delle elezioni presidenziah. Nessuno si aspettava, all'inizio del 2017, che sarebbe riuscito a battere tutti i suoi concorrenti e questo indica un forte desiderio di cambiamento con la conseguenza, tra l'altro, che Benoit Hamon, il candidato del partito socialista - partito che comunque fino al 2017 ha designato il Presidente e il Primo Ministro-, ha ottenuto solo il 6,36% dei voti. Lo ripeto: l'elezione di Macron è stata, dopo le

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due precedenti scelte sbagliate nell'assegnazione della carica presidenziale, un vero colpo di fortuna per la Francia e l'Unione Europea e ha frenato la "rivolta antiglobalista" del 2016. Ma sarebbe ingenuo non voler vedere che la sua elezioneha rivelato l'enorme volatilità del sistema politico, anche in Francia, che può portare a risultati altrettanto imprevedibili, ma che spingono in una direzione completamente diversa.

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3, QUALI SONO LE CAUSE DELL'ASCESA DEI POPULISTI? I lati negativi della globalizzazione. Il declino della classe operaia dei Paesi sviluppati e l'insicurezza dei maschi

Come ha fatto Trump a diventare Presidente? Non c'è dubbio che egli, con tenacia, ci abbia lavorato a lungo e che abbia percepito con istinto infallibile come nel 2016 fosse arrivato il momento giusto per la sua candidatura, dato che negli Stati Uniti, dopo due mandati dello stesso Presidente, c'è una tendenza generale a cambiare il partito di chi è in carica e agli americani conservatori non sarebbe piaciuto vedere in carica una donna dopo un Presidente afroamericano. Il regista di documentari Michael Moore, nell'estate del 2016, è stato tra i pochissimi a prevedere correttamente l'elezione di Trump e nel suo testo breve e geniale

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"5 Reasons Why Trump Will Win"1 - che compensa nella sua capacità di comprensione intere biblioteche

di scienza politica - ha giustificato la sua previsione con le seguenti cinque ragioni. In primo luogo, la Rust Belt ["cintura di ruggine"] del Midwest, che ha sofferto di più a causa della globalizzazione e in cui la classe media si è in gran parte ridotta, ha sviluppato una profonda allergia per le élite di Washington, e il passaggio di Stati come la Pennsylvania, il Michigan e il Wisconsin, tradizionalmente "blu", cioè Stati democratici, nello schieramento "rosso", cioè repubblicano, nelle elezioni presidenziali è stato, come abbiamo già detto, decisivo per la vittoria di Trump. Questi ha promesso agli operai di prendere sul serio la loro preoccupazione per un'ulteriore delocalizzazione dei posti di lavoro all'estero. Certamente è vero che lo strumento che propone - la minaccia di imporre dei dazi - non risulterà efficace nel lungo periodo, ma porterà prima all'aumento dei costi e poi anche alla perdita dei posti di lavoro (per non parlare delle conseguenze politiche come la compromissione del ruolo di guida degli Stati Uniti nell'Occidente e l'ascesa di altre potenze). Ma per una persona in difficoltà una promessa così assurda è più attraente dell'indifferenza. Moore ha una sensibilità particolare per la mentalità delle persone del Midwest, dato che viene da Flint, nel Michigan, un tempo il principale centro di produzione di Generai Motors e oggi una città che dal 1960 È possibile reperire su Internet una traduzione italiana (di M. Sanfilippo) del testo di Moore: "5 motivi per cui Trump vincerà" 1

{vedi sitografia). [N.d.T.]

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al 2010 ha perso quasi la metà della sua popolazione, e in cui circa il 40% degli immobili sono vuoti. Lo stesso vale per la più grande città del Michigan, quella che un tempo era l'orgogliosa Detroit che dovrebbe assolutamente visitare il turista negli Stati Uniti che voglia capire chiaramente come il Paese che ha eletto come Presidenti Jefferson, Lincoln e i due Roosevelt sia potuto decadere eleggendo un Trump. Tuttavia non è solo il lavoratore che si sente attratto dal miliardario Trump. In secondo luogo, è l'elettore maschio, poiché i ruoli di genere tradizionali stanno subendo un mutamento che rende insicuri molti uomini (e anche alcune donne) dal punto di vista esistenziale. Moore presenta il ragionamento (o meglio il flusso di emozioni) di un tale elettore in questo modo: dopo un nero (Obama è figlio di un kenyota e ha trascorso la sua infanzia in Indonesia) dobbiamo ora permettere a una donna di comandarci per otto anni? E poi forse arriveranno alla Casa Bianca un gay e un trans, e alla fine, dopo la concessione dei diritti politici agli animali, un criceto? Moore, in terzo luogo, è stato così onesto da citare come problema ulteriore la personalità di Hillary Clinton. La sua competenza tecnica era incontestabile (vinse nettamente in tutti e tre i dibattiti televisivi con Trump secondo tutti i sondaggi), ma questo era più un problema che un vantaggio. Infatti non a tutti gli uomini piacciono le donne intelligenti. Inoltre Clinton è stata ampiamente percepita, e forse non a torto, come una persona che non difende determinate posizioni politiche per convinzione, ma è pronta a cambiarle per opportunismo {per esempio, il suo atteggiamento nei

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confronti del matrimonio omosessuale). Il suo sostegno alla Guerra in Iraq del 2003, dalla quale Baraci{ Obama aveva messo acutamente in guardia, l'ha resa impopolare presso molti liberal e, soprattutto, giovani elettori. L'odio contro di lei era più forte della paura di Trump. In quarto luogo, Michael Moore ha menzionato la frustrazione di coloro che avevano votato per Bernie Sanders alle primarie del Partito Democratico. Il successo di questo outsider, che curiosamente condivideva con Trump alcune posizioni come il rifiuto del libero scambio, ma che con la sua integrità personale esercitava un'attrattiva - sorprendente considerando la sua età piuttosto avanzata - proprio sui giovani, ha indebolito la candidatura di Clinton. Quest'ultima vinse la nomination democratica di poco e il sospetto si è rafforzato in seguito - grazie ali' amichevole raccolta di informazioni da parte dei russi - secondo cui la dirigenza del Partito Democratico, che è tenuta a rimanere neutrale, aveva favorito ingiustamente Clinton. La Presidente del Democratic National Committee ["Comitato nazionale democratico"], Debbie Wasserman Schulz, si è dovuta perciò dimettere nel luglio del 2016. In quinto luogo, Moore ha ricordato la vittoria dell'ex wrestler, guardia del corpo dei Rolling Stones e conduttore televisivo Jesse Ventura che, come candidato di un piccolo partito terzo, fu eletto Governatore del Minnesota nel 1998, tra l'altro perché è stato uno dei primi a sfruttare Internet in maniera intelligente. Tali elezioni avvengono nel segreto dell'urna, quindi senza dare adito a delle reazioni di disapprovazione da parte degli altri, e perciò in esse la mancanza di re-

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sponsabilità può avere libero sfogo. Quest'ultima vuole dare espressione al desiderio pruriginoso di mostrare il proprio sconfinato disprezzo a una élite politica con la quale non ci si riesce più a identificare - anche a rischio di serie conseguenze negative per se stessi. Moore ha effettivamente citato i fattori decisivi. Vale però la pena di approfondire le sue analisi perché quello che Moore menziona, purtroppo, non è affatto limitato agli Stati Uniti e alla situazione attuale. Si tratta di mutamenti sociali generali che comporteranno in tutto il mondo enormi conseguenze politiche. Infatti, anche se il sottosistema politico può stabilire le condizioni quadro della società, esso stesso però dipende dai parametri del contesto sociale solo nel quale può ottenere temporaneamente il dominio. Per quanto riguarda il primo punto, forse il cambiamento sociale attuale più importante è il declino della classe operaia. Questa classe è relativamente giovane nella storia mondiale - deve la sua origine alla Rivoluzione industriale. Negli Stati Uniti, nel 1810, 1'80,9% della forza lavoro era impiegata nel settore agricolo e solo il 2,8% nell'industria. Nel 1920 i numeri erano, rispettivamente, calati al 25 ,9% e cresciuti al 26, 9%, nel 1960 erano scesi rispettivamente all'8, 1% e al 23 ,2%2 • Alla luce di questo spostamento dal settore primario a quello secondario, cioè industriale, nel corso del XIX secolo nell'Europa occidentale e negli Stati Uniti, era ovvio che nel marxismo la classe operaia venisse esaltata come il vero motore della storia mondiale. Dato che S. Lebergott, "Labor Force and Employment, 1800-1960" (vedi sitografia). 2

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senza la classe operaia l'industrializzazione non poteva essere awiata, il suo sfruttamento veniva considerato particolarmente ingiusto. L'orgoglio del lavoratore per il proprio lavoro manuale, però, non era affatto limitato ai sistemi economici socialisti. Anche il lavoratore statunitense che giustamente comprendeva i vantaggi. di un'economia di mercato aveva una forte autostima, basata tra l'altro sul fatto che egli guadagnava bene. Ma non solo l'ascesa del terziario, cioè il settore dei servizi e soprattutto di quel sottogruppo del settore terziario che talvolta è denominato settore quaternario - cioè il settore dell'informazione, al quale appartengono ad esempio gli ingegneri -, nel corso del XX secolo ha ridotto il settore secondario. Gli sviluppi tecnologi.ci che si raggruppano con il termine di "Industria 4.0" potrebbero eliminare quasi completamente il settore secondario e quindi accordargli una durata di vita di circa due secoli, mentre più di 10000 anni fa iniziò la Rivoluzione neolitica con cui l'agricoltura diventò il settore dominante. Dalla fine degli anni '40 fino al 1973 il guadagno del lavoratore medio negli Stati Uniti è aumentato in linea con l'aumento della produttività, e quest'ultimo è stato considerevole. Tuttavia, dal 1973 al 2016 la produttività è aumentata del 73,7%, la paga oraria però solo del 12,5%. La prima, quindi, è cresciuta sei volte più della seconda3. Questo significa che i lavoratori sono stati sganciati dall'evoluzione generale dei salari; e pertanto è inevitabilmente cresciuta la disuguaglianza EPI [Economie Policy Insti.tute], "The Producti.vity-Pay Gap" (vedi sitografia). 3

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dei redditi negli Stati Uniti. Joseph Stiglitz, vincitore del Premio Nobel per l'economia, nel suo saggio "Inequality and Economie Growth" ["Disuguaglianza e crescita economica"]4 fornisce i seguenti dati: tra il 1980 e il 20131'1 % più ricco degli statunitensi ha visto crescere il suo reddito medio reale del 142%, lo 0,1% più ricco del 235% - il reddito medio delle famiglie, invece, solo del 9%. E precisamente questo aumento è awenuto nei primi anni del periodo indicato; tra il 1989 e il 2013 ha subito una contrazione dello 0,9%. È importante considerare che tra il 1980 e il 2012 il numero di laureati si è quasi raddoppiato al 30% e che tra il 1979 e il 2007 il quintile più basso dei lavoratori dipendenti ha aumentato il proprio orario di lavoro annuale del 22%; ma questo non ha contribuito a limitare l'aumento della disuguaglianza. La concentrazione della ricchezza è ancora più grande di quella dei redditi: già nel 2013, l'l % più ficco possedeva il 35% della ricchezza complessiva. E particolarmente pericoloso il fatto che le possibilità di ascesa sociale di una persona giovane dipendano in grande misura dal reddito e dall'istruzione dei suoi genitori-con ciò, però, la tradizionale ideologia del sogno americano, che risale al XVIII secolo, secondo cui l'ascesa sociale sarebbe possibile per qualunque persona dotata, viene smentita sempre di più5. In effetti, la (non facile da

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J. Stiglitz, "lnequality andEconomic Growth" (vedi sitogra-

fia). I dati che seguono vengono da questo testo. 5 Vedi su questo punto Noam Chomsky,Requiem forthe American Dream. The Pnnciples of Concentrated Wealth and Power, a cura di P. Hutchinson, K.Nyks eJ. P. Scott, NewYork:2017,

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misurare) elasticità intergenerazionale dei redditi che correla il reddito dei genitori con quello successivo dei figli, viene stimata per gli Stati Uniti sullo 0,47% - e che è (talvolta molto) più alta che nella maggior parte dei Paesi europei con l'eccezione dell'Italia e del Regno Unito 6• Tuttavia, il coefficiente di Gini che misura la disuguaglianza dei redditi è cresciuto dal 1985 in quasi tutti i Paesi dell'OCSE7• È allarmante anche il fatto che, probabilmente, il 2018 sarà il terzo anno consecutivo in cui negli Stati Uniti ci sarà una diminuzione dell'aspettativa di vita - una cosa che è successa l'ultima volta esattamente cento anni fa, cioè tra il 1916 e il 1918 8 • Quali sono le cause della crescente disuguaglianza negli Stati Uniti? Sicuramente le decisioni politiche giocano un ruolo importante - la concessione di rendite di monopolio, la spudorata socializzazione delle perdite nella crisi finanziaria del 2008 mentre si privatizzavano i profitti, una politica fiscale che avvantaggia i ricchi. È inoltre essenziale il declino dell'organizzazione dei lavoratori nei sindacati. Nel 1981 vi appartenevano ancora il21,0% degli operai e degli impiegati, nel2016 tr. it. di V. Nicolì, Le dieci leggi del potere. Requiem per il sogno americano, Firenze 2018. 6 Cfr. Miles Corack, "Inequality from Generation to Generation: The United States in Comparison", in R S. Rycroh (a cura di), The Economics o/ Inequality, Poverty, and Discrimination in the 21•1 Century, pp. 107-125, 109 ss. ; OECD [OCSE], "An Overview of Growing Income Inequalities in OECD Countries: Main Findings" (vedi sitografìa). 8 M. Stobbe, "U.S. Life Expectancy Will Likely Decline for Third Straight Year" (vedi sitografìa).

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solo il 10,3%- in uno Stato sociale come la Finlandia, invece, il 64,6o/c?. Infine va menzionato il cattivo stato delle scuole pubbliche. Infatti, dato che quasi la metà (nel2014-15 erano il 45%) dei fondi pubblici proviene da stanziamenti locali, principalmente dalle imposte sugli immobili (il resto proviene da stanziamenti del governo federale che, nel 2014-15 ha pagato 1'8%, o del singolo Stato)10, abitare in un distretto più povero significa poter accedere a una scuola peggiore, e l'istruzione che viene offerta in quest'ultima spiega perché è spesso difficile anche per la generazione successiva superare il circolo vizioso della povertà. Infatti, un aumento del 100/4 della spesa per studente per tutto il periodo scolastico di dodici anni porta a salari più alti del 7,25% e a una riduzione del 3,67% del rischio di povertà in età adulta; e questi effetti sono ancora più marcati nelle famiglie a basso reddito11 • Oltre a questi fattori ce ne sono altri due che giocano un ruolo decisivo - la globalizzazione e l'automazione. Una conseguenza della globalizzazione è che le aziende possono facilmente minacciare i lavoratori occidentali di trasferire le loro fabbriche nei Paesi in via di sviluppo, qualora le rivendicazioni salariali siano troppo alte; e le trasferiscono spesso anche se le rivendicazioni sono modeste, poiché la differenza di salario

OECD [OCSE], "Trade Union Dataset" (vedi sitografia). National Centerfor Education Statistics, "Public School Revenue Surces" (vedi sitografia). 11 C. K.Jackson-C.Johnson-C.Persico, "The Effectsof School Spending on Educational and Economie Outcomes: Evidence from School Finance Reform" (vedi sitografia). 9

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talvolta è maggiore della differenza di produttività. Certamente, ilmotivo dietro queste decisioni aziendali raramente è altruistico. Ma abbiamo già visto nel primo capitolo che le conseguenze di questa globalizzazione per i Paesi più poveri tutto sommato - quindi non per ogni singola classe - sono state positive: la disuguaglianza globale è diminuita. La crescita delle disuguaglianze nei Paesi dell'OCSE è legata a ciò- in Cina la classe media è cresciuta così tanto anche perché l'economia cinese ha subito una forte espansione; e questa espansione ha abbassato il prezzo di mercato del lavoro salariato negli Stati occidentali. Le conseguenze per i lavoratori occidentali sono sicuramente spiacevoli. Ma chi è universalista, cioè parte dal presupposto che in linea di principio ogni essere umano ha gli stessi diritti, tra cui il diritto di ottenere il benessere attraverso il lavoro, deve dare la precedenza al superamento della povertà assoluta nei Paesi in via di sviluppo rispetto alla lotta alla povertà solo relativa nei Paesi ricchi. Certo può essere vero che alcune persone, soggettivamente, soffrono la povertà relativa allo stesso modo in cui altre soffrono quella assoluta; ma in base a criteri oggettivi la povertà assoluta, che impedisce anche di soddisfare i bisogni fondamentali, è un male morale maggiore. Tutto questo, ovviamente, non significa che la ripartizione dei benefici della globalizzazione che si è avuta finora all'interno dei Paesi ricchi sia moralmente giusta. Ho già citato alcune delle viti che bisogna avvitare per ridurre le disuguaglianze - una migliore politica educativa, una maggiore redistribuzione tramite le tasse, un'energica lotta ai monopoli. Ma per quanto l'umanità abbia bisogno di una globalizzazione migliore che,

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all'interno sia dei Paesi ricchi sia poveri, ammortizzi le conseguenze per i perdenti della globalizzazione e ne distribuisca i benefici in maniera più equa, sarebbe sbagliato prendere le distanze dalla globalizzazione nel suo insieme. La destra nazionalista e la sinistra nazionalista hanno entrambe questa tendenza, e il liberalismo classico ha un diritto superiore nei confronti di entrambe - sia economico sia morale. Ed economico anche se non si pensa dal punto di vista dell' economia mondiale ma da quello dell'economia del proprio Paese. Perché ovviamente i posti di lavoro trasferiti ali'estero, se la globalizzazione avesse termine, solo in parte tornerebbero nelle economie più sviluppate con una maggiore intensità di capitali, per non parlare delle conseguenze dei costi, inevitabilmente più alti, dei prodotti e del fatto che i Paesi che finora sono stati partner si difenderebbero contro il protezionismo con misure analoghe12 • Era stata già pericolosa per la classe operaia occidentale l'automazione associata alla Terza rivoluzione industriale, cioè la Rivoluzione digitale. (La Primarivoluzione industriale si basava sulla meccanizzazione grazie all'energia idraulica e all'energia a vapore, la Seconda si basava sulla produzione in serie grazie all'energia elettrica e alle catene di montaggio.) L'idea centrale della Quarta rivoluzione industriale, la cosiddetta Industria 4.0, è l'interconnessione di persone, infrastrutture, logistica e prodotti, allo scopo di ottimizzare Cfr. Le eccellenti analisi in Jeffrey D. Sachs, A New Foreign Poliry. Beyond American Exceptionalism, New York 2018, pp.131 ss. 12

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l'intera filiera dallo sviluppo del prodotto fino al suo riciclo, anche attraverso la fusione di mondo reale e virtuale. La produttività, in questo modo, continuerà ad aumentare, con una progettazione intelligente anche la compatibilità ambientale, e il lavoro fisico duro, ma anche i lavori intellettuah più monotoni e perciò meccanizzabili, verranno progressivamente trasferiti alle macchine. Le professioni che con gli ulteriori progressi dell'automazione dovrebbero diventare superflue sono, ad esempio, quelle di metalmeccanici, tassisti, camionisti, fornitori di servizi di consegna, impiegati, contabili, bancari. Gh scienziati che insegnano ad Oxford Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne prevedono che negli Stati Uniti il 47% dei lavori sia a rischio13 • Cosa ne sarà di questi milioni di disoccupati? Semplificando si possono immaginare tre modi di affrontare il problema. Il primo è il rallentamento di questa evoluzione. Certo un attacco alle macchine, come quello che si è verificato per la prima volta all'inizio del XIX secolo con i luddisti, raramente è utile; e in un mondo globalizzato è senz'altro vahdo l'argomento secondo cui chi si oppone alle razionalizzazioni perde il confronto globale. Eppure mi sembrerebbe irresponsabile lasciare che le cose, semphcemente, seguano il proprio corso naturale - cioè tecnico. Se, com'è probabile, Industria 4.0 causerà delle forme di disoccupazione molto diverse da quelle conosciute finora, è giusto imporre alcuni dei costi sociah a coloro che stanno causando questa evoluzione. Così come le tasse ambientah sono C. B. Frey-M. A. Osborne, "The Future ofEmployment: How Suscepti.ble are Jobs to Computerisation?" (vedi sitografia). 13

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giuste perché impediscono almeno in parte la esternalizzazione delle conseguenze del proprio consumo - il cui trasferimento sulle generazioni successive o su persone lontane che sono colpite dal cambiamento climatico molto di più di coloro che vi contribuiscono maggiormente - e, attraverso la internalizzazione dei costi, forniscono incentivi per operare in maniera sostenibile, allo stesso modo va senz'altro presa in considerazione una tassa sulle macchine. L'obiezione che viene sollevata contro l'idea più generale di una tassa sul valore aggiunto, secondo cui quest'ultima rallenterebbe la formazione del capitale, in questo caso non regge, poiché rallentare le nuove tecniche in modo che la società possa adattarsi al cambiamento tecnico è proprio l'obiettivo che si vuole raggiungere. In questo caso, si possono forse legittimare anche alcune violazioni del principio del libero mercato come i dazi e le sovvenzioni - andrebbero giustificati in maniera analoga ai dazi climatici che servono a impedire che si agevolino coloro che si procurano dei vantaggi attraverso l' esternalizzazione dei costi sulla collettività. In secondo luogo, va menzionata l'idea di un reddito minimo garantito per tutti (innanzitutto nel proprio Paese). Quanto più ricca una società può essere anche senza il lavoro umano, tanto più è ingiusto far dipendere la distribuzione della proprietà (almeno in teoria, dato che nel capitalismo odierno, oltre alle prestazioni, giocano sempre un ruolo anche le eredità e i guadagni accidentali legati alla situazione di mercato) solo dal lavoro. Se diminuisce la domanda di lavoro, le persone devono ricevere un reddito minimo - la crescita economica lo renderà possibile soprattutto se ci sarà

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una decrescita demografica. Ma per quanto inevitabile e giusta sia questa evoluzione, sarebbe altrettanto ingenuo credere che risolverebbe tutti o anche solo i problemi fondamentali della riduzione del lavoro. L'uomo non vive di solo pane, ma quantomeno anche del riconoscimento del suo prossimo (per tacere qui della dimensione religiosa), e questo riconoscimento viene, di regola, concesso alle sue prestazioni lavorative. La speranza degli utopisti del XIX secolo secondo cui un mondo senza lavoro avrebbe consentito a tutti una vita felice e spirituale, era ingenua; è più probabile che un essere con una riduzione degli istinti così forte come l'essere umano senza lavoro e senza una cultura alta - sentita come vincolante - che lo circondi, sia in balìa dei suoi impulsi. A causa del desiderio mimetico dell'essere umano è inoltre illusorio supporre che coloro che vivono a un livello economico più basso (infatti, per trovare ancora persone che eseguano i lavori che non possono essere trasferiti alle macchine sarà inevitabile offrire loro uno stipendio più alto) non siano afflitti dall'invidia nei confronti di coloro che svolgono un'attività che gode di riconoscimento e ricevono quindi uno stipendio maggiore. Il potenziale di odio e rabbia che si nasconde qui sarà una manna per i demagoghi - così come l'enorme disoccupazione in Germania nel 1933 favorì l'ascesa di Hitler - e produrrà ancora dei politici completamente diversi da Trump. È fondamentale che si imponga, rispetto ai concorrenti, un personaggio che ispiri fiducia - non con delle proposte di soluzione razionali, ma sfogando gli istinti che lui (o lei) condivide con i frustrati e alla cui soddisfazione questi ultimi devono rinuncia-

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re. Però, con l'identificazione con il leader si ha una soddisfazione compensativa che comporta una grande disponibilità a sacrificarsi per lui. Non c'è bisogno di una particolare familiarità con la natura umana per spiegare perché i declassati identifichino il loro vero nemico non nell'automazione ma nella globalizzazione, vuoi nella forma di messicani immigrati illegalmente, vuoi in quella di nuovi concittadini di fede musulmana, che sono presumibilmente terroristi, vuoi in quella di cinesi che commerciano in maniera sleale (che secondo Trump "violentano" 14 gli Stati Uniti). Infatti, questi gruppi, diversamente dalle macchine, si possono colpire in maniera tale da far stare male anche loro e ci si può sentire superiori nei loro confronti - diversamente che nei confronti degli intelligenti ingegneri americani (non di rado di origine asiatica) che grazie al nuovo software preparano il prossimo ciclo di automazione. La fuga nel nazionalismo è, in sé, già una reazione ovvia quando la propria autostima è ferita; infatti, come scrive Schopenhauer negliAphorismenzur Lebensweisheit ["Aforismi per una vita saggia"]: "ogni miserabile babbeo, che non abbia al mondo nulla di cui poter essere orgoglioso, si appiglia all'ultima risorsa per esserlo, cioè alla nazione cui appartiene''15 • Ma se la minaccia della propria forza economica e perfino della 14 J. Diamond, ''Trump: 'We can't continue to allowChina to rape our country"' (vedi sitografia). 15 Arthur Schopenhauer, Zurcher Ausgabe. W erke in zehn Banden, Zurigo 1977, vol. 8, p. 394. [La traduzione è tratta da Id., L'arte di insultare, a cura e con un saggio di Franco Volpi, Milano 1999, p. 107. N.d.T.J

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propria identità viene attribuita alla globalizzazione, allora l'impulso nazionalistico è ancora più naturale e difficile da frenare. Professioni come quelle di ingegneri, medici, infermieri, educatori o insegnanti non potranno essere sostituiti dalle macchine che possono svolgere solo lavori fisici o intellettuali di routine, ma non attività creative e sociali. Pertanto la Quarta rivoluzione industriale, in terzo luogo, non renderà superfluo il lavoro, ma lo ridurrà soltanto e ne cambierà la forma richiesta. Ogni innovazione da parte di imprenditori dinamici porta a una distruzione creativa per usare la famosa espressione del grande economista Joseph Schumpeter; e ciò che continuerà ad aumentare, dato che le persone avranno più tempo libero, sarà sicuramente l'industria del tempo libero. Si possono avere dubbi sul fatto che lo spostamento del focus dalla propria occupazione all'intrattenimento invece che al lavoro farà bene alla cultura alta, ma ci si può rallegrare del fatto che il coinvolgimento in ancora più gialli televisivi, talkshow e reality show serali come ai vari Dschungelcamps16 assorbirà alcuni dei disoccupati. Probabilmente, però, non sarà una gran parte perché l'intrattenimento è caratterizzato dalla richiesta di star; e una star, per definizione, non può essere chiunque. Quali saranno 16

"Ich bin ein Star -Holt mich hier raus", noto anche come

Dschungelcamp ["campo nella giungla"], è la versione tedesca del reality show britannico "l'rn a Celebrity... Get Me Out of Here!" in cui un gruppo di persone famose devono trascorrere fino a due settimane nella giungla australiana superando una serie di prove e cercando di restare il più a lungo possibae nel campo per vincere la gara. [N.d.T.]

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le conseguenze politiche di questa civiltà dell'intrattenimento, non è ancora chiaro; ma non è necessario un grande acume per prevedere che verranno reclutati dallo showbusiness ancora più politici di quanti ce ne siano stati regalati finora. Inoltre rimarranno comunque importanti le professioni che rendono possibile l'industria dell'intrattenimento. Gli ingegneri che sviluppano dei software sempre più complessi manterranno in funzione la produzione; e le professioni sociali si occuperanno soprattutto di persone nei primi due decenni e nell'ultimo decennio della loro vita. Infatti, uno dei paradossi della civiltà tecnico-scientifica che proviene dall'aspirazione all'autonomia dell'uomo moderno è che, grazie al progresso medico-farmaceutico, ha prolungato la fase della dipendenza, anzi, talvolta addirittura della vulnerabilità dovuta alla demenza alla fine della vita. Non sarebbe sorprendente se il passaggio dalle professioni che richiedono la forza fisica a quelle che prevedono delle competenze sociali rafforzasse la femminilizzazione del mondo del lavoro. Infatti, anche se i ruoli di genere sono fluidi e nulla impedisce di ipotizzare che la maggior parte degli uomini del XXII secolo presenteranno delle caratteristiche che oggisono piuttosto associate alle donne, un tale cambiamento ha bisogno del suo tempo; e almeno secondo la mia ossetvazione (auto-ossetvazione inclusa), non è inverosimile che le donne mediamente siano più empatiche degli uomini. Questo, se è vero, si potrebbe spiegare in maniera relativamente facile dal punto di vista della biologia evoluzionistica con il fatto che il ruolo particolare delle donne nell'educazione dei bambini piccoli

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ha selezionato quelle con la maggiore sensibilità nella comunicazione non verbale. HannaRosin nel suo libro La fine del maschio e l'ascesa delle donne del 2012 e nell'articolo precedente del 201017 ha sostenuto la tesi secondo cui staremmo vivendo la fine del dominio dei maschi che sussiste fin dalla preistoria. All'inizio del 2010, per la prima volta nella storia degh Stati Uniti, avevano un lavoro più donne che uomini, per ogni due uomini che avevano ottenuto una laurea c'erano tre donne, e in tredici delle quindici categorie professionali di cui gli economisti prevedono un aumento le donne sono dominanti (una delle due categorie in cui non lo sono è quella degh ingegneri informatici). A scuola da molto tempo le ragazze prendono i voti mighori e questo avviene nella maggior parte dei Paesi18 • Christina Hoff Sommers, perciò, già nel 2000 ha chiesto di prendersi cura maggiormente dei ragazzi trascurati a scuola19 • Certamente ci sono ancora delle sensibili differenze di salario tra uomini e donne e sicuramente la maggioranza delle posizioni apicali nell'economia sono ancora in mano agli uomini. Ma la situazione sta per cambiare e la recessione dopo la crisi finanziaria del 2008 ha peggiorato considerevolmente il destino i; Tr. it. di L. Vetta e A. Campanozzi, Roma 2013 (edizione originale in inglese: The End o/Men and the Rise o/Women, New York 2012). L'articolo da cui si è sviluppato il libro e da cui traggo i numeri è "The End of Men" (vedi sitografia). 18 American Psychological Association, "Girls Make Higher Grades then Boys in All School Subjects, Analysis Finds" (vedi sitografia). 19 Christina Hoff Sommers, The War against Boys. How Misguided Feminism Is Harming Our Y oung Men, New York 2000.

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non solo della classe operaia, ma anche e proprio dei maschi. Ho citato sopra (p. 51) la tesi di Pinker secondo cui il crescente rispetto per i valori femminili sarebbe una delle cause della diminuzione della violenza. Se il minore livello di testosterone nelle donne porta a una politica più pacifica, gli uomini intelligenti dovrebbero, ceteris paribus, apprezzare e incoraggiare l'ascesa di sempre più donne in posizioni di leadership politica. Tuttavia, due riserve sono importanti. In primo luogo, la pace non viene raggiunta soltanto da una parte; non basta che solo una parte sottolinei il suo pacifismo. La capacità di difendersi dai sistemi politici che sono dominati dai maschi e forse per questo sono meno pacifici, deve essere mantenuta se un sistema politico deve sopravvivere, se cioè la sua strategia deve essere stabile dal punto di vista evolutivo. E, in secondo luogo, in una democrazia è indispensabile che la maggioranza della popolazione e, quindi, anche un numero non trascurabile di maschi sia d'accordo con la femminilizzazione del politico. Se non è questo il caso, ci si deve aspettare una dinamica psicosessuale funesta per il sistema politico. Ciò ci ha portato naturalmente al secondo punto di Michael Moore, l'insicurezza dei maschi a causa delle donne come motivo per l'elezione di Trump e l'avversione per una Presidente donna. Il fatto che Trump sia un macho e, in quanto tale, sia immancabilmente orgoglioso di esserlo, è palese. La mancanza di scrupoli con cui ha violato i tabù del politicamente corretto nel suo modo di trattare le donne - ad esempio quando nell'agosto del 2015 ha affermato della gioma-

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lista Megyn Kelly che il sangue le usciva dagli occhi, le usciva "da ogni dove", e ha esortato nel settembre del 2015 il suo pubblico a guardare la faccia della sua concorrente repubblicana Carly Fiorina -, era parte di una strategia consapevole che lo ha reso l'eroe di coloro che in quanto lavoratori e maschi corrono il rischio di appartenere ai perdenti della storia20 • Non c'è quindi da stupirsi che non abbia impedito la sua vittoria neanche la sua affermazione, trapelata poco prima delle elezioni, secondo cui dato che era una star poteva fare tutto con le donne, ad esempio afferrarle per i genitali. Comunque solo la maggioranza dei maschi ha votato per Trump, non la maggioranza delle donne - ma sicuramente quella delle donne bianche (tra le quali è particolarmente evidente il numero di donne senza laurea)21 • In effetti, uno degli aspetti più peculiari della campagna elettorale del 2016 è stata la sua estrema sessualizzazione. Di Duterte abbiamo già sentito che nei discorsi politici sapeva sottolineare l'efficienza del suo membro. Putin ha dichiarato nel 2006 il suo apprezzamento e la sua invidia nei confronti del Presidente dello Stato di Israele Moshe Katsav quando questi è

20 Chi è interessato alle strategie compensatorie di maschi insicuri ma almeno alfabetizzati faccia riferimento alla cosiddetta "Androsphere" ("androsfera") o "Manosphere" ("uomosfera") di Internet. 21 S. Jaffe, ''Why Did a Majority of White Women Vote for Trump?"; A. Tyson-S. Maniam, "Behind Trump's victory: Divisions by race, gender, education" (vedi sitografia).

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stato accusato di molteplici stupri22 • (Per questo motivo successivamente è stato condannato a sette anni di carcere.) Lo statunitense spiritualmente affine a Duterte e Putin ha comunicato al suo pubblico nel marzo del 2016, contro le insinuazioni del suo concorrente, il Senatore Marco Rubio, che il suo membro non era piccolo23 • Quando i suoi seguaci gridavano in coro "Lock her up" ("Rinchiudetela [sci!. Hillary Clinton]"), ciò ha mostrato una bizzarra anticipazione dei compiti della magistratura da parte del popolo; e quando è seguito "Trump that bitch" ("batti quella puttana") l'odio era probabilmente accompagnato da fantasie maschili. Queste ultime sono diventate ancora più evidenti quando sono apparsi degli uomini con delle spille politiche24 su cui si poteva leggere "Finally a President with Balls" - "finalmente un Presidente conle palle". Si potevano ammirare nelle fan di Trump, spesso obese e non sempre attraenti, delle spille con la scritta "Hot chicks for Donald Trump" ("belle ragazze per Donald Trurnp"). Particolarmente illuminanti sono stati gli attacchi a Clinton come "If Hillary Can't Satisfy Her Husband, How Can She Satisfy Our Country?" ("se Hillary non riesce a soddisfare suo marito, come può farlo con ilnostroPaese?"). Una t-shirtche io stesso ho visto a South Bend quando Trump è venuto a parlare in 22 Siiddeutsche Zeitung, "Politiker in der Fettnapfchen-Falle - Oktober 2006: Putins Gliickwunsch zur Vergewaltigung" (vedi sitografia). 23 G. Krieg, "Donald T rump defends size of his penis" (vedi sitografia). 24 Una ricca selezione di "Anti Hillary Clinton Buttons" si trova sul sito cafepress.com (vedi sitografia).

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questa città aveva sul retro la scritta "Donald Fucking Trump" ("Donald lo scopatore Trump"). Iniziahnente ho pensato che fosse diretta contro Trump, finché non ho visto la parte anteriore con la scritta "Hillary Sucks But Not Like Monica". Alla luce dell'ambiguità della parola "sucks" in inglese25 lascio ogni speranza di tradurre questo lampo di genio e mi accontento di ricordare che a suo tempo l'amante di Bill Clinton si chiamava Monica Lewinsky. Come si può cadere così in basso da indossare una tale maglietta a un evento politico? Ora, l'uomo della classe operaia che è già scivolato dalla classe media a una classe inferiore, o sta per farlo, è orgoglioso di due cose: il lavoro delle sue mani e la sua sessualità normale grazie alla quale può mettere al mondo dei bambini. Il fatto che entrambi non godano più dell'onore di cui egli ha nutrito finora la sua autostima rappresenta un'insicurezza esistenziale dalla quale lo redime il suo idolo Trump che, si presume, copula in maniera tradizionale. Moore, lo abbiamo visto, ricostruisce la paura degli elettori di Trump e odiatori di Clinton nel senso che dopo un nero e una donna sarebbe diventato Presidente un omosessuale e alla fine un transgender. In effetti, qui c'è una paura che non è del tutto assurda. Perché? Ebbene, da un lato la parità dei diritti degli omosessuali - incluso il diritto al matrimonio e ali' adozione - è stata ragionevole e giusta, anzi, era attesa da molto tempo. Sicuramente lo Stato, in qua25 La frase citata ( "Hillary fa schifo, ma non come Monica") risulta ambigua perché il verbo "sucks" vuol dire sia "fa schifo" sia "succhia". [N.d.T.]

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lità di istituzione che soprawive alle generazioni, ha un interesse vitale per la riproduzione dei cittadini. Dato, però, che moltissimi matrimoni eterosessuali rinunciano consapevolmente ai figli, non c'è alcuna ragione per trattare diversamente le coppie omosessuali (e ci sono buoni motivi per sostituire l'agevolazione finanziaria del matrimonio con un'agevolazione della famiglia). Questo è così evidente che in molte democrazie liberali, tra cui gli Stati Uniti, le Corti Costituzionali hanno imposto i matrimoni omosessuali - anche contro la maggioranza del Parlamento, negli Stati Uniti perfino contro degli emendamenti costituzionali imposti dall'elettorato a livello del singolo Stato. Infatti, il diritto costituzionale federale, in uno Stato federale, infrange il diritto costituzionale del singolo Stato.Dall'altro lato, l'imposizione di questa parità di diritti è completamente sufficiente. La grande attenzione da parte dei media di cui godono, soprattutto negli Stati Uniti, gli attivisti LGBT26 e i diritti speciali di cui beneficiano vengono percepiti da molti come ingiustificati: ci sono problemi molto più seri della questione arrivata fino alla Corte Suprema se le persone transgender abbiano il diritto di usare il bagno del genere al quale sentono, psicologicamente, di appartenere, anche se le loro caratteristiche sessuali biologiche vanno in un'altra direzione, oppure il diritto di far costruire un nuovo bagno appositamente per le persone transgender. L'indignazione morale di molti liberal, quando si lamentano di questo tipo di ingiustizie nei confronti delle minoranze, fa venire il sospetto (che 26 LGBT

sta per "lesbiche, gay, bisessuali e transgender".

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dovrebbe essere esaminata empiricamente) che il bisogno di indignazione morale nelle questioni sessuali sia sorprendentemente costante: quando non ci si può più indignare, ad esempio, per l'adulterio e la promiscuità come nelle società tradizionali, lo si fa almeno per la discriminazione delle persone transgender. Comunque stiano le cose rispetto a questa tesi di psicologia morale, per l'operaio che ha perso il lavoro e si chiede se potrà ancora pagare la sua assicurazione sanitaria e mandare i figli all'università, lunghe discussioni di questo tipo rappresentano una pretesa sfacciata. Non è sorprendente che egli voti per colui che si prende gioco di tutto questo. Il filosofo politico americano Mark Lilla, nel suo libro The Once and Future Liberal: A/ter Identity Politics ["Il liberal passato e futuro: dopo la politica identitaria"]27, ha indicato l'ossessione per la politica identitaria come la vera causa del declino del Partito Democratico degli Stati Uniti. Se un partito non elabora più una politica che sia plausibile per l'intera nazione, ma si frammenta nella difesa di gruppi di interesse sempre più piccoli i cui diritti alla propria identità sono più importanti di qualcosa come il concetto di bene comune, non otterrà la maggioranza. Ovviamente, ogni persona, di qualsiasi minoranza sia, deve poter arrivare a posizioni economiche, culturali e politiche importanti. Ma deve poterlo fare, purché sia qualificata e il suo sesso, il suo orientamento sessuale, la sua razza, la sua religione non devono mai essere un 27 Mark Lilla, The Once and Future Liberal: A/ter Identity Politics, New York 2017, tr. it. di M. Ferraresi, L'identità non è di sinistra, Venezia 2018.

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ostacolo. Ma nemmeno il motivo per un trattamento preferenziale. Le scritte summenzionate mostrano che in molti elettori di Trump c'era senza dubbio un odio primitivo per le donne. Ma la costante sottolineatura da parte di Clinton del fatto che sarebbe stata la prima Presidente donna degli Stati Uniti, ha irritato molti che non considerano l'appartenenza a una minoranza (se le donne si possono descrivere così, dato che sono sottorappresentate nelle posizioni di leadership) come una qualità rilevante. Con ciò cisiamo avvicinati al terzo motivo di Moore, il diffuso odio per Clinton. Senza dubbio due cose sono state fatali a Clinton e, dato che ciò era prevedibile, non si può fare a meno di rimproverare al Partito Democratico, anzi, anche a Obama, di aver scelto la candidata meno adatta possibile. In primo luogo, il possibile ritorno di Bill Clinton alla Casa Bianca come marito della Presidente (First Gentleman) disturbava molti americani, dato che con il XXII emendamento della Costituzione americana, nel 1951, il numero consentito di mandati del Presidente è stato limitato a due. Sicuramente, con l'elezione di Hillary, Bill Clinton non sarebbe diventato direttamente Presidente. Ma per la prima volta un ex Presidente - che peraltro, durante il suo mandato, non si era proprio coperto di gloria, ma era stato uno dei soli due capi di Stato americani contro i quali è stato intentato (inutilmente) un processo di impeachment- si sarebbe trasferito di nuovo in questo edificio simbolico senza essere in carica. In Argentina, ad esempio, è successo qualcosa di simile con Néstor Kirchner, a cui è succeduta nel 2007 sua moglie Cri-

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stina; per gli Stati Uniti ciò sarebbe profondamente inopportuno. Occorre notare che dei tre Presidenti americani che erano figli o nipoti di Presidenti, cioè J ohn Quincy Adams, Benjamin Harrison e George W. Bush, alla loro prima elezione alla carica presidenziale (e solo Bush è stato eletto una seconda volta) nessuno ha raggiunto la maggioranza del voto popolare. La creazione di dinastie non piace agli americani, alla luce delle loro tradizioni democratiche, per buoni motivi. Ecco perché anche Jeb Bush non aveva nessuna chance. Due Bush sono stati sufficienti. In secondo luogo, però, ancor più che la storia familiare il carattere di Hillary Clinton ha giocato un ruolo decisivo. Il suo impegno per la giustizia sociale, alla luce del suo stile di vita e dell'avidità che le viene attribuita, non era considerato credibile: per un discorso in cui si lamentava, tra l'altro, della crescente disuguaglianza sociale indossò una giacca di Armani che nuova costava più di 12000 $28 • (Se l'abbia pagata a prezzo pieno, non è noto.) Era considerata la quintessenza del tipo di persona "ricca e ipocrita". La sua risata artificiosa, il suo desiderio mostrato fin troppo chiaramente di diventare Presidente, la sua condotta pedante (definì una parte dei fan di Trump, in un discorso davanti a un gruppo LGBT nel settembre del 2016, "basket of deplorables", cioè una "cesta di miserabili")29, la sua incapacità di comunicare con le 28 S. Whitten, "Hillary Clinton wore a $12,495 Armani jacket during a speech about inequality" (vedi sitografia). 29 L'analogia con la cesta diventa intelligibile se consideriamo la dichiarazione di Hillary Clinton secondo cui la metà dei soste-

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QUAU SONO LE CAUSE DELL'ASCESA DEI POPULISTI?

folle, che ha ampiamente evitato durante la campagna elettorale, tutti questi fattori non erano affatto adeguati ad aumentare il suo grado di popolarità. Per esempio, dopo aver perso le primarie democratiche contro il suo concorrente dello stesso partito Bernie Sanders in Wisconsin non è più tornata in questo Stato ritenendo, come oggi sappiamo, a torto che esso avrebbe votato in ogni caso per i Democratici. Come candidato per la vicepresidenza ha designato il Senatore Timothy Kaine, un uomo senza carisma. Per molte persone religiose Clinton era ineleggibile, tra l'altro a causa della sua difesa del diritto all' aborto, anche se non era affatto facile scoprire tracce di religiosità in Trurnp. Infatti- va detto a suo onore - non si è mai sforzato di fingere una devozione che non gli è meno estranea che a Clinton. Tuttavia, negli Stati Uniti la potentissima destra religiosa, nel 2016, non si è impegnata tanto a favore di Trurnp quanto, con tutti i mezzi, contro Clinton. Tra le confessioni cristiane solo gli ispanici cattolici, per l'ovvia ragione della paura della xenofobia di Trump, hanno votato a maggioranza per Clinton; tra i cattolici in generale il 52% ha votato per Trump, tra i protestanti in generale erano il 58%, tra gli evangelici bianchi 1'81%30 • Lo scrittore evangelico Eric Metaxas, autore di un libro su Dietrich Bonhoeffer, ha dichiarato che il globalismo

nitori di Trump - razzisti, sessisti, omofobi, xenofobi e islamofobi - si potevano mettere in quello che chiamava, appunto, "basket of deplorables". [N.d.T.] ,o J. Martinez-G. A. Smith, "How the faithful voted: Apreliminary 2016 analysis" (vedi sitografia).

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FORZE CENTRIFUGHE GLOBALI

avrebbe oggi tratti di fascismo, il referendum sulla Brexit sarebbe stato un incredibile atto di coraggio e Trump sarebbe il male minore 31 • Secondo lui, votare per qualcuno non significa necessariamente che si consideri lui o lei positivamente. Nel marzo del 2018, però, ormai il 75% degli evangelici bianchi avevano un'immagine positiva di Trum{>'2 ; non è più solo il male minore. Il figlio del famoso predicatore battista William Graham, Franklin Graham, ha dichiarato allo stesso tempo che la sorprendente elezione di Trump sarebbe stata il segno di un intervento divino33• Presumibilmente, il tratto marcatamente anti-razionalistico della teologia evangelica, il sentimento secondo cui la svolta nel proprio cuore non potrebbe comunque essere compresa dal mondo e trascenderebbe ogni ragione, è corresponsabile di questo orientamento politico. Va sottolineato il fatto che nella campagna elettorale Clinton ha speso quasi il doppio di Trump; tra l'altro le rispettive lobby, i cosiddetti Super Politica! Action Committees ["Super comitati di azione politica"], hanno speso per Clinton più di due volte e mezzo che per Trump3 4 • Non è affatto vero, allora, che Trump abbia potuto "comprare" le elezioni grazie al suo patrimonio :;i J. Brierly, "Eric Metaxas on Bonhoeffer, Brexit, & Backing Trump" (vedi sitografia). 32 T. I. Burton, "Pool: white evangelical support for T rump is at an all-time high" (vedi sitografia). 33 Onenewsnow, "Franklin Graham: God putTrumpin office" (vedi sitografia). 34 B.Allison-M. Rojanasakul-B. Harris-C. Sam, "Trackingthe 2016Presidentia1Money Race" (vedi sitografia). Sulla discutibaità di alcune delle sue fonti di finanziamento vedi D. Weigel,

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QUALl SONO LE CAUSE DEll'ASCESA DEI POPULISTI?

privato - è stato, al contrario, il denaro di Clinton che non è riuscito a superare la profonda awersione contro di lei. Ovviamente, questa non è una difesa delle leggi che permettono di spendere sempre più soldi nelle campagne elettorali. La decisione della Corte Suprema nel 2010- nel caso "Citizens United v. Federal Election Cornmittee" ["Cittadini uniti contro la Commissione elettorale federale"] - secondo cui le limitazioni dei finanziamenti per le pubblicità politiche pagate da donatori privati sarebbero un'ingerenza nella libertà di espressione tutelata dal I emendamento, si basa sul rifiuto di tenere conto della differenza tra informazione e manipolazione da parte di media particolarmente potenti. Ma per quanto lo stillicidio da parte di media come la televisione distorca il processo democratico, è innegabile che la maggior parte degli elettori di Trump abbiano scelto deliberatamente, contro diversi condizionamenti, il loro eroe. Se i maschi bianchi disoccupati credevano dawero che la loro situazione economica sotto la presidenza Trump sarebbe migliorata, possono saperlo solo loro. Ma, in ogni caso, è inammissibile supporre che le persone votino soltanto in base ai loro interessi economici. Questo può essere conforme a una certa forma di pensiero marxista, ma non sempre corrisponde ai fatti. Infatti, le persone hanno anche il senso dell'onore. I cosiddetti ''Values Voters", coloro che votano in base ai valori, che dal 2006 si riuniscono ogni anno a Washington DC, sono sostenitori del conseivatorismo sociale "What's behind the daim that Hillary Clinton got '$84 million of potentially illegal campaign contributions?"' (vedi sitografia).

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FORZE CENTRIFUGHE GLOBALI

contrari all'aborto e al matrimonio omosessuale e favorevoli a un esercito forte, e per questo sono talvolta disposti ad accettare degli svantaggi economici. Nel 2004 George W. Bush si è assicurato la sua rielezione di misura organizzando in undici Stati dei referendum contro ilmatrimonioomosessuale; gli elettorialtamente motivati che andarono alle urne per questo motivo e, in caso contrario, sarebbero forse rimasti a casa, votarono allora anche per i Repubblicani. Tuttavia, oltre ai valori e agli interessi, nel comportamento elettorale giocano un ruolo importante anche la simpatia e la sensazione di essere presi sul serio e riconosciuti. Mentre Clinton era considerata condiscendente, la volgare messa in mostra dei propri miliardi da parte di Trump almeno non era ritenuta ipocrita, ma autentica. Trump può mobilitare le masse e comunicare con loro al loro livello; parla la loro lingua. Si è subito molto abilmente incluso tra i"deplorables" e ha spiegato: ''We're the hot ones right now"35, ("Siamo noi quelli fichi, adesso.") Va osservato, del resto, che Trump non finge quando dichiara, come a Las Vegas nel febbraio del 2016, di amare gli ignoranti36 ; i suoi fan se ne accorgerebbero subito. Egli si sente, a giusto titolo, più riconosciuto da loro che dagli intellettuali della Costa Orientale degli Stati Uniti. "Non si creda", scrive Carl Zuckmayer sull'ascesa del nazionalsocialismo, "che possa avere

35 K. Krueger, "Trwnp Tells His Supporters: 'Deplorables' Are so 'Hot' Right Now!!!" (vedi sitografia). 36 J. Hafner, "Donald Trwnp loves the 'poorlyeducated' - and they love him" (vedi sitografia).

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QUAU SONO LE CAUSE DEll'ASCESA DEI POPULISTI?

successo una propaganda di cui non siano convinti i suoi stessi iniziatori"37 • Trump è un piano di proiezione: adesso nessuno ha bisogno di vergognarsi per la semplicità dei propri gusti, la rozzezza del senso morale, la volgarità del linguaggio e del comportamento; il Capo dello Stato incarna tutto ciò e nessun altro è arrivato a tanto. Per questo motivo ci sono forse delle opportunità di ascesa sociale e anche se questo non accade, fa bene alla propria autostima sapere che il proprio riflesso ingrandito si trova alla Casa Bianca. Il fatto che qualcuno che è simile a se stesso, che non fa discorsi morali in maniera altisonante, ma parla senza inibizioni come al bar, sia diventato il rappresentante degli Stati Uniti serve in larga misura all'autoaffermazione dell'homo trumpicus e compensa i pochi vantaggi economici che forse ci si sarebbe potuti aspettare da una leadership democratica, come pure il mantenimento di un'assicurazione sanitaria più generosa. Ho menzionato precedentemente i tratti narcisistici della personalità di Trump. Entrando sulla scena politica ha realizzato da un lato un ampliamento della sua personalità: ora non gli interessano più le offese che ha vissuto personalmente, ma quelle che hanno subito gli Stati Uniti da parte dei loro nemici. L'avidità che lo ha sempre caratterizzato diverrebbe ora avidità per gli Stati Uniti, ha proclamato in un discorso in Iowa nel gennaio del 2016- il vizio confessato apertamente si trasforma in un bene per il popolo, perché ad esso viene dato uno sfogo collettivo. ~; Carl Zuckmayer, Als wiir's ein Stiick von mir. Horen der Freundschaft, Francoforte 2013, p. 30.

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FORZE CENTRIFUGHE GLOBALI

I fan di Trump vedono come proiettata su uno schermo gigante la loro rabbia che unisce milioni di voti e si incarna in Donald Trump. Ora possono gridare ad alta voce - perché milioni di persone urlano con loro e un grand'uomo li guida - quello che hanno sempre provato: i problemi dell'America non vengono affatto dall'interno, ma la patria è stata trattata ingiustamente. Ora però l'America, nonostante i suoi nemici, diventerà di nuovo grande. È evidente che in questo modo essi non fanno che accelerare enormemente il declino - che percepiscono confusamente - degli Stati Uniti. Già nel 2004 ThomasFrank38 ha spiegato il declino dei Democratici nei loro elettori tradizionali, i lavoratori, sostenendo che, dal punto di vista della politica economica, questi ultimi si sarebbero avvicinati in gran parte ai Repubblicani negli ultimi decenni (infatti entrambi i partiti dipendono dal denaro dei lobbysti che finanziano le loro campagne elettorali), nelle questioni culturali e sociali si sono però allontanati dai Repubblicani molto più dei conseivatori tradizionali. Perciò i lavoratori hanno votato per questi ultimi, anche se ledono i loro interessi in maniera ancora più forte. Questo, si può aggiungere, aumenta la rabbia per la propria situazione, che scatena ancora più disprezzo per le persone di sinistra eleganti, mobili, globalizzate e quindi perlopiù ricche, disprezzo al quale seguono ancora più ira e odio. Non sarà facile che ci sia una svolta contro Trump perché è più facile ingannare la maggior parte delle persone una seconda volta piutto:;s

Thomas Frank, What's the Matter with Kansas? How Con-

servatives Won the Hearto/ Amen'ca, New York 2004.

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sto che spiegare loro che sono stati ingannati: sarebbe troppo nocivo per la propria autostima. Moore presumeva - e con questo siamo arrivati al suo quarto punto - che la maggior parte degli elettori di Sanders avrebbero votato per Clinton, ma dato che non ne erano entusiasti, non si sarebbero impegnati per lei. In questo si sbagliava: in verità il 12% degli elettori di Sanders, nel novembre del 2016, hanno votato per Trump39• Come si può spiegare questo fatto? Bene, abbiamo già visto che Sanders, nonostante il suo impegno convincente per le fasce sociali più deboli e una personalità che attrae dal punto di vista morale, su un punto è d'accordo con Trump: è molto critico nei confronti della globalizzazione e del libero scambio. E, oltre a questo aspetto in comune che riguarda i contenuti, ciò che unisce Sanders a Trump è che entrambi rivendicano il fatto di rinunciare alle grandi donazioni dei lobbisti e di essere perciò indipendenti, T rump grazie ai suoi miliardi, Sanders grazie alle tante piccole donazioni dei suoi ammiratori. Entrambi sono inoltre entrati in politica provenendo da professioni differenti. Tuttavia, Sanders alla fine non ha ottenuto la candidatura alla presidenza per il Partito Democratico, del quale in realtà non aveva fatto parte in precedenza. Dato che però ci è arrivato vicino, si è generata in alcuni dei suoi sostenitori una delusione particolarmente amara: meglio un neofita che le ben note e corrotte élite politiche! Quei sostenitori di Sanders che dopo la "D. Kurtzleben, "Here's How Many Bernie Sanders Supporters Ultimately Voted for Trump" (vedi sitografia).

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sua sconfitta alla nomination democratica non si sono più candidati alle elezioni di novembre oppure hanno votato per un candidato terzo senza speranze, li si può caratterizzare con la categoria hegeliana dell"' anima bella". Il loro atteggiamento è questo: se non possiamo portare alla Casa Bianca l'unico politico puro, per noi chi vince è indifferente; non vogliamo sporcarci le mani votando per qualcuno che disprezziamo tanto dal punto di vista morale come Hillary Clinton. Questo atteggiamento mi sembra immaturo, anzi, immorale. Una politica morale, nella maggior parte dei casi, è purtroppo la scelta del male minore; e chi rifiuta tale scelta diventa corresponsabile dell'ascesa del male maggiore. Un conoscente che alle primarie democratiche aveva votato per Sanders mi ha spiegato che, dopo la nomination di Clinton, a novembre non avrebbe votato per lei, ma probabilmente per Trump. Alla mia domanda sul perché mi diede una risposta che fu accompagnata da un sorriso che non dimenticherò mai dato che mi ha trasmesso un'esperienza dell'infinito (se Emest Renan ha ragione quando dice che l'unica cosa che può dare l'idea dell'infinito è la stupidità umana): "because he isso funny" ("perché è così divertente"). Con questo abbiamo toccato il quinto e ultimo motivo di Moore. Trump ha ricevuto già molto presto un'enorme attenzione per il fatto che ognuna delle sue dichiarazioni provocatorie è stata ripresa e, abbastanza spesso con un brivido di disapprovazione, trasmessa e commentata da tutti i media - una pubblicità gratuita dalla quale ha tratto enorme beneficio (come ha fatto nel 2018 Bolsonaro con i bollettini medici sul suo stato di

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QUAU SONO LE CAUSE DEIL'ASCESA DEI POPULISTI?

salute dopo l'attentato che ha subito). Trump è incorso non solo per sbadataggine in quasi tutte le gaffe del politicamente corretto; ci ha sguazzato dentro o le ha provocate con grande clamore. Quello che diceva piaceva nel contenuto alle persone che sostengono idee razziste e sessiste; però anche chi non lo faceva apertamente, ma aveva l'impressione che l'ideologia del politicamente corretto avesse diffuso un flagello spirituale che ostacola la libertà di espressione, ha sempre riso delle provocazioni di Trump. Le sue volgarità nei confronti dei suoi concorrenti repubblicani erano un'occasione per divertirsi; si era ansiosi di assistere al dibattito successivo come se fosse uno show satirico, che però erareale, e non ci si poteva rassegnare all'idea che tutto ciò potesse finire. Ogni interrogazione preoccupata, anche della propria coscienza, viene cancellata grazie alla convinzione che la politica debba solo obbedire all'imperativo del divertimento generale che di solito viene offerto dall'industria dell'intrattenimento. In effetti già nel 2010 la campagna elettorale dei Repubblicani per la candidatura alla presidenza aveva assunto i tratti di un /reakshow; ma allora era chiaro almeno agli osservatori più intelligenti che alcuni dei candidati più incompetenti, come ad esempio Herman Cain, che in quanto nero era molto gradito ai Repubblicani, non avesse nessuna seria possibilità. Si è lasciato agire uno come lui per un po' di tempo per mostrare al mondo intero che il razzismo è estraneo anche al proprio partito, ma si sapeva che presto sarebbe andato a sbattere (nel caso di Cain con l'accusa di molestie sessuali). Il romanzo di Timur VermesEr ist wiederda ["È tornato"], del 2012,

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su cui è basato il film che David Wnendt ha girato magnificamente nel 2015, prima dell'ascesa di Trump, ha raccontato, in maniera terribilmente credibile, la storia del ritorno del vero Hitler che viene considerato dai media come un suo geniale imitatore e sbatte in faccia al pubblico annoiato tutto il politicamente corretto acquisendo in tal modo enorme popolarità. Se alla fine con l'elezione di Trump la classe politica, in genere disprezzata, di entrambi i partiti - al di là di tutte le loro differenze considerate sempre più irrilevanti - ha ricevuto un pugno nello stomaco, la gioia maligna dell'elettore è stata ancora più grande. Per questo divertimento valeva assolutamente la pena assumersi un rischio. Anzi, anche nel caso in cui non si sapesse con certezza che in cambio si sarebbe dovuto pagare un prezzo molto alto, molti avrebbero comunque votato per l'uomo che, almeno temporaneamente, stava vendicando la loro umiliazione. Perché l'uomo, lo ripeto, non vive di solo pane.

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4. LA DISGREGAZIONE DELLA RAZIONALITÀ POLITICA La modema democrazia mediatica quale tipo di politico seleziona? McLuhan reloaded: come i nuovimedia definiscono i contenuti. Il vuoto ideologico, il culto del proprio io e il desiderio di risposte semplici

Trump di per sé non è importante. Ciò che però da solo giustifica lo studio di questo fenomeno è che esso è sintomatico e che è meglio che le democrazie occidentali si preparino all'ascesa di altri politici che troveranno il loro terreno fertile nel disorientamento e nell'odio e, allo stesso tempo, saranno molto più inclini alla violenza di Trump. Ciò che incombe come un grave pericolo è l'autodistruzione della democrazia liberale come l'abbiamo conosciuta finora. Infatti, quest'ultima vive di complesse premesse spirituali che si stanno erodendo sempre più velocemente; ed è un'illusione credere che essa sopravviverà a lungo a questa erosione. Può magari sopravvivere un sistema politico che come la Russia conosce elezioni periodiche

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del Capo dello Stato. Una tale democrazia controllata, però, ha in comune con la vera democrazia soltanto il nome. Quali sono i presupposti di una democrazia funzionante? Innanzitutto va ossetvato che la democrazia, per come l'Occidente l'ha sviluppata a partire dal XVIII secolo, è una democrazia liberale. Ciò è accaduto nel rifiuto consapevole del modello dell'antica Atene, che rappresentava una democrazia diretta non liberale con scarsa separazione dei poteri che, certo anche a causa della forte dimensione religiosa della vita politica, era di tutt'altra natura rispetto alle democrazie illiberali di oggi. L'idea di fondo del liberalismo e quella della democrazia si basano su principi diversi. Perciò può esserci un liberalismo non democratico (ad esempio, nella forma della monarchia costituzionale del XIX secolo con una Camera Alta composta di nobili); e può esserci una democrazia illiberale. Fortunatamente, però, i due principi, benché diversi, sono logicamente compatibili; e su questo si basa il modello vincente della democrazia liberale. Ma questo modello, dato che si fonda sulla sintesi di principi indipendenti, è intellettualmente complesso; ed è fondamentale per la sua sopravvivenza che un numero sufficiente di cittadini comprenda la sua natura. L'idea di fondo del liberalismo è che ogni cittadino abbia determinati diritti, come quelli alla vita, alla libertà, alla proprietà. (Nelle versioni successive anche ogni essere umano in quanto tale ha dei diritti fondamentali che però sono meno ampi dei diritti dei cittadini.) La fondazione di questo principio è differente; nella Dichiarazione di Indipendenza americana

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del 1776 è considerato evidente che Dio abbia creato gli esseri umani con tali diritti. Dal punto di vista storico è sicuro che l'idea dei diritti umani, oltre a quelle illuministiche, abbia anche delle radici teologiche1; e qui deve rimanere una questione aperta se questa idea possa essere svincolata da queste radici teologiche ed essere fondata diversamente (il che è auspicabile, dato che anche per una persona religiosa si può porre la questione del perché Dio abbia conferito tali diritti). Il potere dello Stato esiste per difendere questi diritti e la questione fondamentale è, pertanto, come debba essere fatta una Costituzione che eviti il più possibile che questi diritti vengano violati da quella istituzione che è più capace di farlo - e quest'ultima, dopo che si è stabilito il monopolio statale della violenza, è il governo. A partire da Montesquieu l'esigenza della separazione dei poteri e soprattutto dell'indipendenza del potere giudiziario è l'idea fondamentale del liberalismo (in Gran Bretagna già nel 1701 con l½ct o/Settlement ["Atto di disposizione"] venne garantita l'inamovibilità di fatto dei giudici). La Costituzione degli Stati Uniti, che nei primi tre articoli tratta dei tre poteri dello Stato, corrisponde all'idea di fondo del liberalismo. Per difendere i cittadini non solo dal potere esecutivo, che è vincolato al diritto e alla legge, ma anche dal potere legislativo, la Corte Suprema degli Stati Uniti a partire dal 1803 dichiara nulle le leggi 1 Cfr. Hans Joas, Die Sakralitat der Person. Bine neue Genealogie der Menschenrechte, Berlino 2011, tr. it. di A. M. Maccarini, La sacralità della persona. Una nuova genealogia dei diritti umani,

Milano 2015.

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quando esse violano la Costituzione. La maggior parte delle democrazie liberali attuali hanno a tal fine una propria Corte Costituzionale, i cui membri sono dei giuristi qualificati.Anche la Banca Centrale dev'essere indipendente per poter resistere alle voglie da parte del governo di misure popolari nel breve termine ma dannose nel lungo periodo; e non può sorprendere che Trump nell'agosto del 2018 abbia messo in dubbio questa indipendenza criticando il Federai Reserve System ["Sistema di riserva federale"]2. Alcune democrazie liberali hanno inoltre mantenuto un Capo dello Stato ereditario, poiché ritengono non a torto che in una monarchia parlamentare la Corona arricchisca di un'altra voce il concerto della separazione dei poteri. Inoltre, il liberalismo classico partiva dal presupposto che le leggi vengono varate dall' élite di una nazione che invia questa élite in un Parlamento che discuta razionalmente di quanto esse contribuiscano al bene comune. Il principio democratico è integrato in questo sistema liberale, mentre l'idea di dei diritti fondamentali uguali viene estesa anche ai diritti politici; ciò porta al postulato del suffragio universale ed equo. Dato che però i fondamenti della democrazia liberale sono i diritti civili di tutti, il suffragio universale non può essere usato per compromettere questa struttura di base; perciò, ad esempio in Germania (Legge Fondamentale della Repubblica Federale Tedesca, Articolo 21), i partiti anticostituzionali possono essere vietati. Dato che inoltre, secondo questo modello, è auspicabile che gli incarichi politici vengano ricoperti dalle per2

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È la Banca Centrale degli Stati. Uniti.. [N.d.T.J

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sone più qualificate, si può pensare di subordinare il diritto passivo di voto per certe cariche a determinate qualifiche oggettive. Nell'antica Roma, ad esempio, a partire dal 180 a.C. c'era il cursus honorum, si poteva cioè accedere alle cariche superiori solo se si erano svolte le cariche inferiori. Ancora oggi l'incarico di un giudice, anche in un tribunale "politico" come una Corte Costituzionale, presuppone di solito una laurea in giurisprudenza. In passato le democrazie liberali come gli Stati Uniti hanno subordinato a determinati requisiti di istruzione persino il diritto attivo di voto e nei sistemi elettorali a voto plurimo, come nel Regno di Sassonia fino al 1918, la concessione del diritto di voto plurimo. L'idea fondamentale della democrazia è molto più facile - decide la maggioranza. Se questa è l'unica idea che viene ancora compresa per legittimare il potere politico, il programma del liberalismo avrà vita difficile. Infatti, perché un piccolo gruppo di magistrati in una Corte Costituzionale dovrebbe poter abrogare delle leggi che sono state stabilite dalla maggioranza del Parlamento o, eventualmente, del popolo. Perché un tribunale amministrativo dovrebbe bloccare le misure di un governo che ha il sostegno di una maggioranza? Perché un politico molto popolare non dovrebbe candidarsi alla più alta carica dello Stato anche se è in prigione, condannato per corruzione con sentenza definitiva? Nell'agosto 2018 il Partido dos Trabalhadores ["Partito dei lavoratori"] brasiliano ha scelto, ciononostante, il detenuto Luiz Inacio Lula da Silva come candidato alla presidenza. In ogni caso, Lula ha ritirato la sua candidatura a settembre, un'ora prima della sca-

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denza del termine; con questa decisione tardiva egli ha però ridotto notevolmente le possibilità di vittoria del nuovo candidato del Partido dos Trabalhadores che gli era subentrato, Fernando Haddad. Quindi egli è corresponsabile dell'elezione di Jair Bolsonaro a Presidente del Brasile nell'ottobre del 2018, un tipo che corrisponde ai gusti di Trump e Duterte che, tral' altro, si è espresso a favore della tortura sotto la dittatura militare e ha detto a una oppositrice politica che non era nemmeno degna di essere stuprata. Già, perché i media dovrebbero poter criticare le opinioni della maggioranza se la maggioranza si sente ferita in questo modo? La risposta è ovviamente che i diritti della minoranza possono essere difesi contro i soprusi della maggioranza solo così o almeno è preferibile che siano difesi così. Ciò presuppone però che questi diritti abbiano un rango costituzionale e non siano degli atti di grazia da parte della maggioranza, che quindi non può affatto limitarli o può farlo solo con una maggioranza qualificata difficile da raggiungere, di regola necessaria per una modifica della Costituzione. Chi aspiri a ottenere un'autocrazia - nei sistemi politici in cui dominano degli ideali democratici non pensati a fondo e la presa del potere da parte dell'esercito non è facile - può farlo nel modo migliore rifiutando i meccanismi della separazione dei poteri come antidemocratica e appellandosi alla maggioranza che lo sostiene. Rimproverare i giudici è il primo passo per distruggere la democrazia liberale, spesso mediante dei politici corrotti, su cui incombe la minaccia di una persecuzione, e che coltivano espressamente il loro disprezzo - spesso nel nome della realtà e della vitalità

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politiche - per il modo di vivere del giudice basato su norme obiettive. Che i giudici fossero antropologicamente diversi era una delle poche frasi giuste di Silvio Berlusconi3. Anche se non era questo il suo intento, egli fece un grande complimento al Terzo Potere. Dato che l' awersario della democrazia liberale prevede, qualora si trovi in una posizione di minoranza, che i suoi diritti verrebbero calpestati nello stesso modo in cui lui ha calpestato quelli dei suoi oppositori, farà di tutto per evitare di perdere il potere; e qualora le Corti Costituzionali, i Tribunali Amministrativi e i media dell'opposizione venissero neutralizzati, non gli sarebbe difficile farlo, nel peggiore dei casi con dei brogli elettorali. Ma spesso questi ultimi non sono affatto necessari, poiché sono sufficienti i seguenti mezzi ben collaudati per l'ascesa di una tirannia: la manipolazione degli elettori, la creazione della paura di un nemico interno o esterno, benefici sociali a breve termine, plebisciti indetti in maniera demagogica (in casi estremi, la creazione di una nuova assemblea costituente che sostituisca il Parlamento, com'è accaduto nel 2017 in Venezuela in maniera incostituzionale) e l'avere a disposizione un'ideologia secondo cui il proprio gruppo è il popolo autentico e solo in esso si può trovare un'identità significativa. Una polizia segreta di Stato può essere istituita dopo, in una seconda fase. Non c'è dubbio, pertanto, che le democrazie illiberali siano molto più pericolose degli Stati liberali non democratici. Il numero di violazioni dei diritti umani ; Corriere.it, "Berlusconi: «igiudici matti». Replica di Ciampi" (vedi sitografia).

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negli Stati liberali non democratici come le monarchie costituzionali del XIX secolo è stato incomparabilmente minore che negli Stati totalitari del XX secolo, alcuni dei quali sono stati creati in maniera senz'altro democratica. La nomina di Hitler a Cancelliere del Reich il 30 gennaio 1933, dopo la vittoria elettorale del NSD.AP, era conforme a tutte le consuetudini del parlamentarismo; e anche la Legge dei pieni poteri' con la quale ilReichstag trasferl i suoi diritti fondamentali al governo, consetvò l'apparenza della legalità. (Proprio per questo la Legge Fondamentale della Repubblica Federale Tedesca del 1949, all'Articolo 79, comma 3, ha rafforzato i diritti fondamentali con una garanzia di eternità.) Solo chi è completamente dimentico della storia può sottovalutare i pericoli di una democrazia illiberale. Chi invece ha una buona memoria, nel caso della riorganizzazione della Corte Costituzionale polacca sopra descritta, si ricorda inevitabilmente di quando la Corte Costituzionale austriaca sia stata esautorata nel maggio del 1933 da parte del governo austrofascista di Engelbert Dollfuss (nel 1934 essa è stata completamente abolita). Il senso di déjà-vu risulta dal semplice fatto che c'è un copione comune per le transizioni verso le democrazie illiberali. Tuttavia, lo sviluppo di un'opinione pubblica internazionale ha fatto sì che, oggi, si preferisca evitare le transizioni improvvise; i colpi di Stato militari non sono più attua4 Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei (in italiano: Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori). [N.d.T.] 5 O "Decreto dei pieni poteri" (in tedesco: Ermiichtigungsgesetz). [N.d.T.]

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li, anzi possono essere usati, come in Turchia, per far passare la strisciante concentrazione del potere nell' esecutivo e l'indebolimento dell'opposizione rispettivamente come lotta contro un colpo di Stato imminente o come vendetta per un tentato colpo di Stato. Tuttavia, nel frattempo sono emersi nuovi pericoli per la democrazia liberale. Quest'ultima presuppone, oltre alla separazione dei poteri, anche la convinzione per cui mediante un discorso razionale di cittadini qualificati un popolo possa decidere quale politica sia la più proficua per il bene comune. Che quest'ultimo sia una rappresentazione ideale alla quale ci si può avvicinare solo lentamente era ovviamente noto ai padri del liberalismo. Ciò che però è awenuto nel frattempo è non soltanto che ci si sia allontanati dall'ideale ma che lo si sia del tutto abbandonato. Il chiarimento del concetto di bene comune, in effetti, non è facile; ma la concezione per cui si tratterebbe solo di una parola vuota ha inevitabilmente portato a una bizzarra ridefinizione della politica di sinistra e di destra. I politici di sinistra promettono ai loro elettori benefici sociali che raramente rappresentano degli investimenti nel futuro, anche se non è chiaro come ciò debba essere finanziato - per lo più viene accettato un elevato debito pubblico, ripagare il quale sarà preoccupazione di altri e la cui conseguenza è che una parte sempre maggiore del bilancio dello Stato servirà per pagare gli interessi di cui beneficiano i detentori del capitale, mentre rimarrà sempre meno per le questioni sociali. I politici di destra, invece, rappresentano gli interessi dei lobbisti, tra cui la riduzione delle tasse senza alcun

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senso di vergogna come il vero nocciolo dell'esistenza del Deputato. Perciò, soprattutto negli Stati Uniti si fanno finanziare la rielezione oppure, dopo la mancata rielezione, un'esistenza spensierata come consulenti di quelle aziende di cui si sono difesi gli interessi. Nel 1947 il 3% dei membri del Congresso, alla scadenza del loro mandato, sono diventati lobbisti; nel 2013 i numeri erano il 42% per gli ex membri della Camera dei Rappresentanti, il 50% per quelli del Senato. Il numero ufficiale dei lobbisti a Washington è aumentato da 5000 negli anni Cinquanta a 12000 nel 2013, mentre i lobbisti non ufficiali che si nascondono dietro il nome di "consulenti" non sono stati ancora inclusi nel conto. La rendita per ogni dollaro che viene investito nel lobbismo è del 22000%. Non solo in periodi di bassi tassi d'interesse questa è una percentuale piuttosto alta: nient'altro può competere con essa. Per finanziamenti da parte delle lobby di 3,5 miliardi all'anno le casse pubbliche vengono alleggerite di 3,5 bilioni6• Luigi Zingales7 ha citato tre fattori in base ai quali l'influenza esercitata dai lobbisti è cresciuta sempre più negli ultimi decenni. In primo luogo, c'è stata una concentrazione di potere economico che rende molto più difficile che interessi contrapposti riescano ad esprimersi. In secondo luogo, la materia da regolamentare è diventata così complessa che solo pochi parlamentari la capiscono veramente; essi seguono perciò i suggeri6 A. Mayyasi, "The Rate of Return on Lobbying" (vedi sitografia). 7 Luigi Zingales, "Towards a Political Theory of the Finn", in]ournal o/Economie Perspectives 31 (2017), pp. 113-130, 124-5.

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menti interessati. dei loro finanziatori. E, in terzo luogo, l'atteggiamento critico nei confronti. dell'economia, che una volta ispirava ad esempio il socialismo, è in gran parte tramontato. In questo contesto, vorrei inoltre menzionare il declino del concetto di bene comune. Infatti, perché qualcuno che viene finanziato dalle imprese e può avere voce in capitolo sull'approvazione di leggi che, ad esempio, aumentano il suo patrimonio privato grazie alla riduzione delle tasse e alla deregolamentazione, dovrebbe rinunciare al proprio egoismo per il bene comune se quest'ultimo è in ogni caso solo una bolla ideologica? I movimenti. sul proprio conto sembrano incomparabilmente più reali. Va anche citata la sostanziale scomparsa della visione classica secondo cui i mercati funzionano solo se le condizioni quadro dei mercati vengono stabilite da forze che non dipendono esse stesse dagli interessi di mercato. Perché altrimenti il più ricco potrebbe comprarsi la sentenza del giudice, i tassi di interesse della Banca Centrale e le decisioni di investi.mento dello Stato; svanirebbero tutti i vantaggi di cui i mercati godono grazie alla concorrenza in essi realizzata, e imploderebbe la fiducia senza la quale i costi delle transazioni aumentano in maniera imprevedibile e il capitalismo non può più esistere nel lungo periodo. Se l'unica idea politica che ha possibilità di successo è quella di abbassare le tasse, invece di quella più intelligente e più complessa di rendere la spesa pubblica più efficiente, allora una riforma fiscale che aumenti ancora gli sgravi soprattutto ai più ricchi, ma faccia arrivare qualche briciola anche ai più poveri, può essere consigliata a questi ultimi come una riforma "fantastica", senza che essi

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comprendano che saranno colpiti in manieraincomparabilmente maggiore dalle ulteriori restrizioni - presto diventate inevitabili- della spesa sociale. Infatti, oggi non è più vero per gli Stati Uniti che la riduzione delle tasse attraverso la promozione della crescita economica porti ad avere delle entrate pubbliche uguali8 • Se al più povero si ripete costantemente, contro tutti i fatti, che il sogno americano dell'ascesa sociale viene offerto anche a lui, allora prevedendo in maniera un po' awentata che vivrà come un miliardario egli sarà disposto ad approvare la riduzione delle tasse ai miliardari. Tuttavia, il declino dell'idea di bene comune non è tutto. Nel XX secolo si è diffuso un crescente scetticismo metaetico riguardo alla questione di come le norme morali possano essere fondate o anche solo riconosciute. Il liberalismo classico partiva dal riconoscimento dei diritti fondamentali dell'uomo, il che presuppone qualcosa come una teoria della dignità umana. Certo il pericolo di abuso di potere può diventare plausibile anche sulla base di un'etica puramente egoistica; infatti, la maggior parte delle persone non vogliono essere in balìa dei tiranni. Ma alcune possono essere meno spaventate poiché si aspettano dei vantaggi dalla loro collaborazione con il tiranno; ed altre possono correre volentieri dei grandi rischi se in questo modo hanno la possibilità di catapultarsi in una posizione di potere straordinaria. Niente, mi sembra, è una garanzia migliore dello Stato di diritto che il rispetto incondizionato - che quindi non dipende dal proprio N. Smith, "Trump's CutHasn't DoneAnythingfor Workers" (vedi sitografìa). 8

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interesse - per la dignità degli altri esseri umani, cioè un imperativo categorico. Però, la disgregazione della fiducia nella validità oggettiva della legge morale e dell'idea di diritto fondata su questa legge non è ancora tutto. Infatti, ciò che abbiamo visto soprattutto nell'ultimo decennio è la dissoluzione perfino della fiducia nei fatti e nelle verità verificabili empiricamente. Ciò che non piace a qualcuno viene condannato come "falce news"; e se vengono presentate delle prove per i fatti, ci si ostina a dire che ci sarebbero "alternative facts" ["fatti alternativi"]. Questa espressione, com'è noto, è stata usata dalla Consigliera di Trump Kellyanne Conway quando difese, nel gennaio del 2017, la dichiarazione - facilmente confutabile con le foto - dell'allora portavoce di Trump, Sean Spicer, secondo cui a nessun insediamento erano mai venute così tante persone come a quello di Trump. L'awocato di quest'ultimo, Rudy Giuliani, è stato ancora più chiaro con l'affermazione "Truth isn't truth" ("la verità non è verità")9. A ragione si è ricordata la distopia di George Orwell 1984: il totalitarismo diventa perfetto quando riesce a cancellare la fede in una morale oggettiva e in una verità oggettiva. L'accertamento della verità e la giurisdizione crollano, la comune ricerca della soluzione migliore nel discorso democratico è assurda a priori dato che non ci sono valori comuni e nemmeno fatti su cui ci si possa mettere d'accordo, il bugiardo non ha più bisogno di sentirsi con la coscienza sporca e si può continuare a distruggere l'ambiente con la APNews, "Giulianionhazards ofTrumpinterview: 'Truth isn't truth"' (vedi sitografia). 9

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coscienza serena, poiché non occorre prendere sul serio le prognosi degli scienziati. L'unica questione è come riuscire a manipolare le opinioni degli altri in maniera tale che si sottomettano alla propria volontà di potenza. (Almeno da Propaganda di Edward Bemays, del 1928, c'è una scienza apposita per questa manipolazione.) Si afferma un'immagine delmondo naturalistica secondo cui la storia non è nient'altro che una lotta per il potere in cui vincono gli esseri viventi più scaltri e più capaci di imporsi, che riescono a impiegare delle illusioni come la verità e la giustizia per aumentare il proprio potere. Il potere esecutivo, in cui è concentrata la forza fisica, si pone sconsideratamente al di sopra del potere giudiziario prima e del potere legislativo poi; e i tipi "with balls" ["con le palle"] si sostituiscono ali'autorità dello Stato. Si capisce, alla luce di questi sviluppi, perché le culture antiche come quella indiana attribuissero alla verità ("Rita,,) un rango addirittura divino. Solo il riconoscimento di un criterio oggettivo al di là dei propri istinti addomestica l'animale più pericoloso e lo trasforma in qualcosa di potenzialmente benefico. Nella discussione di questi sviluppi è stato sottolineato troppo poco che la disgregazione dei concetti fondamentali decisivi della ragione teoretica e pratica non è affatto solo un passatempo intellettuale, ma ha delle conseguenze profonde per il sistema politico. Dato che però solo pochi lo capiscono, il processo di degradazione avviene quasi senza nessun tentativo di resistenza. Negli ultimi decenni esso è partito prima dalla sinistra. Da quando Nietzsche e i suoi epigoni postmoderni francesi come Foucault hanno sostituito Marx come faro intellettuale, la sinistra ha propagato

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un costruttivismo sociale e ha deriso come illusoria l'idea di un accesso teorico-oggettivo alla realtà, non deformato da interessi di potere. Certo, queste idee provengono originariamente dall'ideologia anti-universalistica, cioè - in un certo senso di questa parola imprecisa - da "destra"; ma la sinistra le ha fatte circolare in tutto il mondo fino a quando sono tornate dal loro legittimo proprietario che ora le impiega per i propri scopi. Infatti, la destra raccoglie i frutti della decostruzione postmoderna, dato che dal punto di vista istituzionale sa organizzarsi molto più abilmente della sinistra. Anche la sinistra tradizionale, ancora nostalgica del marxismo, è del tutto confusa, dato che deve riconoscere- sempreché non disponga anch'essa di fatti alternativi - che la forza più potente nella rivolta contro le idee universalistiche, oggi, è proprio la classe operaia minacciata nella sua esistenza. Senza dubbio il declino di una religione razionale è un importante fattore in questo processo. La rabbia della destra religiosa verso la sinistra non è giustificata solo per il fatto che ciò che si considera più importante nella propria vita non viene criticato dalla sinistra ma non è affatto preso sul serio, anzi, nei media dominanti è oggetto di commenti sprezzanti e una discussione obiettiva al riguardo è addirittura un tabù. Alcune persone religiose sentono, a ragione, che il senso di superiorità di coloro che pensano laicamente non è giustificato così bene come loro stessi credono, poiché le due visioni del mondo per loro dominanti- un naturalismo ispirato da Darwin, che non riconosce niente oltre la natura, e un costruttivismo sociale che, in ultima analisi, rende la verità una funzione delle culture - dal punto di vista

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filosofico non reggono. Nessuno dei due, ad esempio, rende giustizia alla natura dei doveri morali10• Anche l'ingenuo ottimismo secolare, secondo cui con il definitivo superamento delle religioni la bontà naturale degli esseri umani emergerebbe senza impedimenti, non è stato esattamente confermato dai sistemi totalitari atei del XX secolo. L'impegno della sinistra secolare nelle questioni di giustizia nei confronti delle persone transgender va, inoltre, di pari passo con una sorprendente insensibilità per la questione della tutela della vita umana non ancora nata, e questo ha alquanto danneggiato la loro credibilità morale. Infatti, i migliori argomenti non sono affatto dalla parte di coloro che vogliono far dipendere una questione così cruciale come il diritto alla vita da un giorno di riferimento scelto arbitrariamente nello sviluppo dell'embrione. Il clima politico negli Stati Uniti è stato durevolmente compromesso dalla famigerata sentenza "Roe contro Wade" della Corte Suprema del 1973, che dichiarava incostituzionale la punizione dell'aborto da parte di uno Stato fino a quando il feto non fosse capace di sopravvivere al di fuori dell'utero materno, purché l' aborto non mettesse in pericolo la salute della madre. La sentenza della Corte Costituzionale Federale Tedesca del 1975, al contrario, respingeva come incostituzionale la norma sull'aborto entro i primi tre mesi di gravi-

Dimostrarlo non è compito di questo libro. Degli argomenti più dettagliati si trovano nel volume collettaneo curato da Fernando Suarez Miiller e da me, Idealismus heute, Darmstadt 2015. 10

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danza 11, ma riconosceva che il legislatore può esprimere la disapprovazione giuridica dell'interruzione di gravidanza anche in modo diverso dalla minaccia di sanzioni, che può essere meno efficace di aiuti positivi; contro la volontà della madre, infatti, difficilmente l'embrione può salvarsi. Questa è stata una sentenza incomparabilmente più saggia del giudizio americano secondo cui la vita dell'embrione, nei primi sei mesi, non è un bene da tutelare giuridicamente, giudizio che ha indignato non soltanto le persone religiose. La inconciliabilità dei partiti negli Stati Uniti ha raggiunto una tale intensità anche perché i contrasti ideologici che scoppiarono nella "battaglia culturale" ("culture wars")12 degli anni Sessanta in cui si trattava, tra l'altro, di questioni di religione e sessualità si sono sovrapposte alle questioni politiche. Chi però consideri la controparte, rispettivamente, come atea e promiscua o come bigotta e inibita, raramente ha la capacità di trovare un compromesso razionale sulle questioni di politica economica o finanziaria, anche se i temi corrispondenti, in realtà, hanno poco a che fare l'uno con l'altro. La capacità di dialogo è ampiamente venuta La cosiddetta Fristenlosung è la norma legislativa in base alla quale l'aborto volontario entro i primi tre mesi di gravidanza non è punibae. [N.d.T.J 12 L'A traduce l'espressione inglese con il termine tedesco Kulturkampf mettendolo tra virgolette. Il primo termine (da cui peraltro l'inglese culture war deriva) si riferisce di solito alla lotta tra lo Stato e la Chiesa in Germania negli anni 1871-87, ma in questo caso viene usato in senso lato per riferirsi al conflitto ideologico tra conservatori e progressisti originatosi negli Stati Uniti negli anni Sessanta. [N.d.T.J 11

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meno, anche perché il declassamento intellettuale da parte della sinistra ha spinto ancora di più la destra religiosa in una forma "etnoreligiosa" di religiosità. Che cosa vuol dire? Mentre le forme più sottili di religione incoraggiano il raggiungimento di risultati morali più elevati, la variante etnoreligiosa negli Stati Uniti coltiva un orgoglio nazionalistico per il proprio modo di essere americano con tutti i suoi vizi; e questo aumenta, con buoni motivi, il disprezzo da parte della sinistra. La scarsa coerenza delle visioni del mondo religiose, ad esempio, è diventata chiara in maniera illuminante quando si è appreso che Paul Ryan - lo Speaker della Camera dei Rappresentanti dal 2015 al 2018 e candidato dei Repubblicani alla vicepresidenza nel 2012 -, un cattolico dichiarato, ha definito Ayn Rand come la più importante influenza intellettuale su di lui (nel 2012 ne ha però preso le distanze) - una libertaria atea il cui odio per lo Stato sociale è diametralmente opposto alla dottrina sociale cattolica. Per molti cristiani statunitensi, inoltre, la complessità della scelta politica viene ridotta ali' esame della posizione dei partiti rispetto al problema dell'aborto - il che è tanto più assurdo in quanto il diritto di abortire è materia degli Stati membri, quindi la revoca della sentenza "Roe contro Wade" grazie alla nomina di nuovi giudici alla Corte Suprema porterebbe quasi solo al turismo abortivo da uno Stato ali' altro. Nell'Europa occidentale questo grado di contaminazione del discorso politico non è stato ancora raggiunto, anche perché l'energia religiosa che fin dalla nascita degli Stati Uniti ha caratterizzato il Paese è in gran parte venuta meno. Solo nella questione dei

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rifugiati si constata un declino della capacità di dialogo a causa della presunzione reciproca che ricorda il dibattito americano sull'aborto. Ciò che abbassa notevolmente il livello del dibattito sulle due sponde dell'Atlantico è, però, il fatto che i media che fomentano il conflitto infiammino gli avversari, dato che gli insulti reciproci aumentano gli ascolti. Ciò vale in particolare per coloro che, in politica, vogliono principalmente divertirsi e considerano i dibattiti quasi come il surrogato di un incontro di boxe, cioè per il gruppo di quelli che si possono chiamare i guardoni della politica. Essi non hanno una propria capacità di generare per quanto riguarda le idee politiche, ma godono quando gli avversari si picchiano l'un l'altro. Il fatto che diffidino della casta dei politici non è senza motivo; infatti, si è sparsa la voce che il lobbismo e anche la corruzione aperta (tra i due c'è una grande zona grigia) siano largamente diffusi. Un esempio: il Governatore democratico dell'Illinois, Milorad Blagojevich, si è spinto al punto di voler vendere nel 2008 il seggio di Barack Obama al Senato - libero dopo la sua elezione a Presidente - al miglior offerente; per questo motivo, nel 2011, è stato condannato a 14 anni di reclusione13 • Nel 2013, il suo immediato predecessore, il repubblicano George Ryan, è stato rilasciato

13 Egli potrebbe essere rilasciato prima, poiché Trump sta valutando la grazia di Blagojevich - se per un senso dello Stato bipartisan o per simpatia per il crimine per cui è stato condannato, deve rimanere una questione aperta. Cfr. A. Anapol, "Illinois GOP delegation asks Trump not to commute Blagojevich's sentence" (vedi sitografia).

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dopo aver scontato sei anni sempre per corruzione. Tutto ciò non aumenta la fiducia nella politica; e ciò vale anche per il modo in cui, ad esempio, il membro della Camera dei Rappresentanti della Georgia, Jason Spencer, o l'ex Senatore Trent Lott hanno potuto essere imbrogliati dal comico Sacha Baron Cohen ed essere indotti a comportarsi nella maniera più indecorosa e a fare le affermazioni più assurde sulla possibilità di armare dei talentuosi bambini dell'asilo (i cosiddetti "kinderguardians" ["guardiani bambini"]) con delle armi da fuoco 14. Forse ancora più inquietante delle teorie che questi politici sostengono è il fatto che siano potuti cadere nella trappola di Cohen, grottescamente mascherato da colonnello del Mossad, che effettivamente un intelligente bambino dell'asilo avrebbe potuto smascherare come un "fake". Lott era stato pur sempre capogruppo dei Repubblicani in Senato. E tuttavia posso solo ripetere che per nessun incarico politico spetta al popolo una maggiore responsabilità che per i suoi parlamentari. Il loro basso livello su cui, allo stesso tempo, si ha da ridire indica che il popolo, alla fin fine, preferisce queste persone a quelle intellettualmente e moralmente più qualificate. In termini di psicologia sociale, ciò risulta dal fatto che le democrazie, tranne che nei periodi di crisi, non sopportano facilmente delle personalità che sono chiaramente superiori alla media. Certo, nel passaggio dall' aristocrazia per nascita alla democrazia gioca un ruolo imR. Reed, "Watch SachaBaron Cohen Get Georgia State Rep to Shout Racial Slur, Drop Pants" (vedi sitografia); chortle. co.uk, "Guns for ki.ds" (vedi sitografia). 14

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portante l'argomento secondo cui non la nascita, ma le prestazioni dovrebbero contare; e perciò una democrazia meritocratica sarebbe il vero governo dei migliori - che è il significato di "aristocrazia". Però, la capacità di riconoscere la superiorità e rispettare la grandezza non è naturale per l'essere umano, soprattutto se non è religioso. Anzi, grazie all'attacco postmoderno alla verità sempre meno persone comprendono che occorrono delle competenze e un training metodologico per rispondere, ad esempio, alle questioni politico-economiche, giuridiche e geopolitiche. In questo modo, la porta per la soprawalutazione di se stessi da parte degli ignoranti e degli stupidi è spalancata. Di ciò risentono alo stesso modo l'alta cultura e la politica. Le antiche società aristocratiche divise in ceti riconoscevano la virtù dell'ammirazione sincera per le imprese superiori ahneno come un ideale, e con il declino della capacità di cercare e rispettare la grandezza si sta diffondendo una posizione per cui si preferiscono come politici, inizialmente, le persone con le caratteristiche dell'uomo medio, che però hanno una particolare capacità lavorativa, quindi sono medie in maniera superiore alla media. Alla fine dei ciarlatani volubili si rivelano ancora più attraenti e si forma una "cachistocrazia", un governo dei peggiori, per usare l'espressione con cui l'ex Direttore della CIA, John Brennan, ha designato la cricca al potere intorno a T rump1.5. Plutarco racconta nel Capitolo 7 della sua ''Vita di Aristide" che questi, 15 A. Treene, ''War of words: Trump vs. former intelligence offi.cials" (vedi sitografia). (L'espressione originale è "kakistocracy". [N.d.T.J)

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celebrato come politico particolarmente giusto, fu esiliato da Atene; e nella votazione un analfabeta che non lo conosceva si sarebbe rivolto a lui con la richiesta di scrivere per lui il nome di Aristide. Quest'ultimo lo fece senza esitazione chiedendo però all'uomo per quale motivo volesse esiliare proprio questo politico. Che cosa gli aveva fatto? "Non mi ha fatto nulla", fu la risposta, "ma sono stufo di sentirlo chiamare 'il giusto' dappertutto". Tutto ciò può essere umano, ma la conseguenza necessaria di una tale posizione è che poi si viene governati da politici che non sono giusti ma fanno dello Stato la loro preda. E difficilmente si può contestare che tali popoli (non tutti gli individui in essi) hanno i governi che si meritano. Negli Stati Uniti i primi Presidenti da Washington al secondo Adams avevano un'aura intellettuale e morale che mancava completamente al fondatore del Partito Democratico e settimo Presidente degli Stati Uniti, Andrew J ackson. Questo primo populista americano, a cui vanno ascritti una politica improntata al genocidio degli indiani, lo smantellamento della Banca Nazionale (con conseguenze disastrose per l'economia) e lo spoils system., cioè l'occupazione di tutti i posti nella pubblica amministrazione da parte dei propri compagni di partito, è stato almeno un importante generale. A una populista come Sarah Palin, la candidata alla vicepresidenza dei Repubblicani nel 2008 e da allora un'icona del movimento Tea Party, al contrario, si può attribuire solo la rappresentatività - rappresenta in maniera ideaitipica l'ignoranza, la stupidità e la volgarità di milioni di americani medi. Che un politico senz'altro intelligente come John McCain l'abbia scelta come "run-

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ning mate" mostra la pressione che esercita sul sistema politico una concezione non più meritocratica della democrazia: gli elettori vogliono delle persone che non mortificano nessuno per il fatto di essere migliori di loro. Fortunatamente, i Repubblicani hanno fallito nel 2008. Però chi può essere sorpreso per il fatto che dopo l'elezione di Trump chiunque abbia un nome nel Paese pensi di essere idoneo per diventare Presidente? Così, nel frattempo, il rapper afroamericano Kayne West ha annunciato che, nel 2024, si candiderà alla presidenza degli Stati Uniti (nel 2020 non vuole ostacolare il suo amico Trump). È degna di nota la sua motivazione che presuppone un'originale variante della tesi platonica del regno dei filosofi: "Rappers are philosophers of our now" ("i rapper sono i filosofi del nostro presente")16 • Non è da escludere, nella situazione attuale degli Stati Uniti, che si formerà una sorprendente coalizione di persone di destra e di amici del multiculturalismo per sostenere questa candidatura. Simili importazioni dal settore dell'intrattenimento alla politica non sono affatto limitate agli Stati Uniti. In Pakistan, nel 2018, il partito dell'ex giocatore di cricket Imran Khan ha vinto le elezioni politiche, cosicché è diventato Premier del Paese. In Canada, nel 2017, l'uomo d'affari Kevin O'Leary è quasi diventato Presidente del Partito Conservatore - era diventato una star, tra l'altro, grazie al programma televisivo "Shark Tank" ("vasca degli squali") che è affine a "The Apprentice" di Trump. Nelle elezioni presidenziali in Ucraina, nel C. Hooton, "Kayne West reaffirmsvow to run forpresident in 2024" (vedi sitografia). 16

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2019, è statoeletto l'attore VolodymyrZelensky- aveva interpretato il ruolo di un Presidente dell'Ucraina fittizio in una trasmissione molto popolare; e dato che il mondo dei media per molte persone è più importante di quello reale, ciò lo ha reso ai loro occhi qualificato per ottenere un incarico reale. A Taiwan il leader di una band, Freddy Lim, nel 2016, dopo la fondazione di un nuovo partito nazionalista è diventato un parlamentare con grandi ambizioni. Di Kukiz in Polonia abbiamo già parlato. In Italia un comico, Beppe Grillo (che è stato condannato con sentenza passata in giudicato per omicidio colposo di tre persone e diverse volte per diffamazione), nel 2009, ha cofondato il partito Movimento 5 Stelle che, dal 2018, forma a Roma una coalizione di governo assieme alla - un tempo separatista - Lega (precedentemente Lega Nord). Il Ministro dell'Interno è Matteo Salvini che, come alcuni politici della sua generazione, ad esempio il giovane Cancelliere federale austriaco Sebastian Kurz, ha abbandonato gli studi. Ci si può senz'altro chiedere se abbia senso che ministri e capi di governo siano esentati dalle qualifiche richieste che, ad esempio, la Germania impone ai funzionari di grado superiore. Dietro il sistema attuale c'è l'idea secondo cui le competenze professionali per un politico sarebbero meno importanti delle abilità sociali. Queste ultime sono certamente imprescindibili per formare delle coalizioni ed imporsi nelle lotte di potere - ma sono sufficienti per risolvere con competenza le questioni concrete? E per quanto la capacità di negoziazione sia irrinunciabile per un politico, essa è un bene solo se avviene nell'ambito di un comportamento guidato da principi. Se anche i principi vengono

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svenduti, l'aspettativa di vita dello Stato di diritto cala drasticamente. Senza dubbio nella moderna democrazia mediatica la capacità di adattarsi ai nuovi media è diventata un criterio di selezione centrale per i politici. Anche a causa del fatto che le opportunità di realizzare idee politiche sono molto limitate, il numero di personalità importanti che vogliano sottoporsi allo stress e alle inevitabili umiliazioni di una carriera politica è scarso, e continuerà a diminuire, dato che l'interesse di queste persone diminuisce proporzionalmente ali' aumento delle persone desiderose di riconoscimento nel sistema politico, con le quali si deve in parte competere e in parte cooperare. Un politico oggi deve poter affrontare innumerevoli talk show, che raramente affascinano per la qualità degli argomenti condivisi, ma in cui sono richiesti dei luoghi comuni insignificanti che in una democrazia del consenso non possono fare del male a nessuno e tuttavia devono sembrare in qualche modo autentici; lui/lei dovrebbe risultare simpatico/a, quindi non saccente (il che è più facile se sa davvero poco); lui/lei dovrebbe avere un aspetto fisico adeguato, e dovrebbe saper gestire abilmente i giornalisti - dato che questi ultimi lo/la invitano ai talk show e alle intetviste e scrivono degli articoli su di lui/lei. Ciò che però oggi stiamo vedendo è il rapido declino del giornalismo tradizionale. Sicuramente i media come mediatori tra i politici e il popolo sono ancora indispensabili - ma il panorama mediatico sta cambiando molto rapidamente grazie allo sviluppo dei nuovi socia! media. In parte è crollata la fiducia nel tipo di politico viscido

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che è stato selezionato finora, in parte la fiducia nei giornalisti che hanno contribuito a questa selezione, in parte sono diminuite le capacità intellettuali che sono ancora necessarie per seguire un serrato dibattito di un'ora o addirittura per leggere un articolo di giornale abbastanza lungo a un qualche livello. Obama ha vinto le elezioni del 2008, tra l'altro, perché diversamente dal suo rivale molto più vecchio McCain ha saputo usare Facebook in maniera particolarmente abile: ha assunto come consulente strategico il ventiquattrenne Christopher Hughes, uno dei cofondatori di F acebook. Obama aveva 2 milioni di sostenitori su Facebook, McCain solo 600.000, su YouTube la presenza di Obama era quattro volte più forte di quella di McCain, e dominava perfettamente il podcasting, cioè l'offerta di file multimediali a cui è possibile abbonarsi, su Internet17 • Tuttavia, dal 2016 prima durante la campagna elettorale, poi a partire dalla sua elezione un politico essenzialmente più vecchio ha mostrato che anche lui domina in maniera magistrale un nuovo social network: Donald Trump, il "Tweeter in Chief" ["il twittatore in capo"]. Questa espressione indica che, in tempo di pace, ancora più importante della posizione del "Commander in Chief'' ("Comandante in Capo"), cioè del Comandante Supremo delle Forze Armate, è quella posizione che permette a qualcuno, a qualsiasi ora del giorno e della notte, di inviare messaggi sull'interpretazione della realtà che milioni di persone aspettano ansiosamente S. Dutts-M.Fraser, "Barack Obama and the Facebook Electi.on" (vedi sitografla). 17

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e che vengono trasmessi anche dai media tradizionali, non importa se in maniera critica, per cui questi ultimi rafforzano la sovranità dell'interpretazione del twittatore in capo. In Italia l'ascesa del Movimento 5 Stelle si deve fondamentalmente all'impegno del cofondatore ed esperto di strategie mediatiche Gianroberto Casaleggio. Ciò che differenzia i socia! media dai mass media tradizionali come quotidiani, radio e televisione è, in primo luogo, la loro molto maggiore accessibilità. In linea di principio, chiunque può scrivere su un blog o twittare, mentre sono necessari molti capitali econoscenze specialistiche per produrre un quotidiano o una trasmissione televisiva. Chi pubblica sui giornali o in televisione ha bisogno di un'autorizzazione da parte dei loro proprietari; proprio questi "gatekeeper" ("portieri") 18 scompaiono quasi completamente nei socia! media. Anzi, l'autore può rimanere anonimo e perciò può dire tutto quello che pensa - anche se, di regola, l'autocontrollo porta sì a una minore sincerità, ma a una maggiore verità. Se però non si crede più nella verità, la sincerità diventa il suo surrogato. Anche il destinatario può regolare il flusso di informazioni, per esempio può richiedere nuovi contenuti- in questo caso si parla di pull media. Le informazioni in formato multimediale possono essere pubblicate immediatamente e aggiornate continuamente. Tutto ciò spiega 18 Un "gatekeeper" è un "guardiano", in genere un esperto di comunicazioni di massa, con il compito di filtrare le informazioni che possono passare attraverso i "cancelli" (in inglese "gates") in un determinato mezzo di informazione. [N.d.T.]

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la grande attrattività deisocia! media, a cui, all'inizio, si era disposti ad attribuire anche un influsso benefico sullo sviluppo della democrazia - le persone con preoccupazioni politiche simili possono velocemente collegarsi sulla rete e, in tal modo, attivarsi. Il problema è però che le tecniche, innanzitutto, sono neutre. Anche i nemici della democrazia possono impadronirsi di questi media, in parte per divulgare idee esplicitamente dirette contro la democrazia e lo Stato di diritto, in parte per diffondere informazioni sbagliate come, ad esempio, varie teorie del complotto che, nel lungo periodo, rispettivamente minano la fiducia nello Stato di diritto e spingono le decisioni politiche in una determinata direzione. Interi eserciti di troll lavorano, nel frattempo, per Stati che non sono organizzati democraticamente o, almeno, non sono più delle democrazie liberali19 • Le Filippine sotto la presidenza di Duterte sono un buon esempio di impiego di questi media in politica interna 20• Quanto al loro utilizzo in politica estera, notoriamente, la Russia è maestra. Chiunque legga il "Minority Staff Report" ["Rapporto del personale di minoranza"] per il "Committee on Foreign Relations" ["Commissione per le relazioni estere"] del Senato degli Stati Uniti del 10 gennaio 2018, "Putin's Asymmetric Assault on Democracy in Russia and Eu-

19 Vedi ilworkingpaper n. 2017.12 dell'Università di Oxford: S. Bradshaw e P. N. Howard, "Troops, Trolls and Troublemakers: A Globallnventory of Organized Social Media Manipulation" (vedi sitografia). 20 M. Palatino, Beware Duterte's Troll Arm.y in the Philippines" (vedi sitografia).

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rope: Implications for U.S. National Security" ("L'attacco asimmetrico di Putin alla democrazia in Russia e in Europa: implicazioni per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti") 21 troverà, tra molte altre informazioni, prove del fatto che la Russia ha influenzato non solo gli Stati dell'Europa orientale e centro-orientale, ma anche il referendum sulla Brexit in Inghilterra, le elezioni presidenziali francesi nel 2017, le aspirazioni separatistiche della Catalogna (che sono culminate nel referendum sull'indipendenza - dichiarato illegale dal Tribunale Costituzionale spagnolo - dell'ottobre del 2017) e il referendum costituzionale italiano del dicembre del 2016. Se tali manipolazioni diventassero evidenti, in linea di principio ci si potrebbe difendere da loro: nel febbraio del 2017 Macron respinse esplicitamente l'insinuazione proveniente dai media russi di essere omosessuale e la maggioranza dei francesi si sono resi conto del perché la Russia era interessata a questa calunnia22• Anche delle dichiarazioni più assurde però rimarrà sempre qualcosa; la mera ripetizione di un'opinione contribuisce alla sua accettazione. Anzi, anche un numero ridotto dibot mette in moto la spirale del silenzio: dato che il coraggio civile è raro, non si osa più esprimere la propria opinione diversa - anzi, alcuni credono addirittura che non possono avere ra-

21 B. Corker et al., Putin's Asymmetric Assault on Democracy in R.ussz"a and Europe: Implications /or U.S. National Secun'ty (vedi

sitografia). Vedi anche il libro importante diTimothySnyder, The

Roadto Un/reedom,New Yoik2018, tr.it. diA. Zucchetti,Lapaura e la ragione. Il collasso della democrazia in Russia, Europa e America. 22

G. Hamann, "Macron Is Gay, Not!" (vedi sitografia).

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gione se le persone che si ritiene siano la maggioranza la pensano diversamente da loro. Tuttavia, a mio avviso, molto più pericoloso della diffusione di contenuti.falsi è il cambiamento del modo di pensare che avviene mediante isocial media. Già nel V secolo a.C. il teorico della musica Damone aveva pronunciato la frase, citata con approvazione da Platone, secondo la quale i modi della musica non cambierebbero da nessuna parte senza influire sulle più importanti leggi dello Stato. Questo non vale affatto solo per la musica: almeno a partire da Berlusconi sappiamo che la televisione spazzatura favorisce la politica spazzatura. Il crollo dell'alta cultura ha delle conseguenze politiche, come aveva previsto Neil Postman già nel 198523• Più di mezzo secolo fa è stato pubblicato il libro più influente dello studioso della comunicazione canadese Marshall McLuhan, Understanding Media. The 'Extension o/ Man, la cui frase più famosa è: "The medium is the message" ("Il mezzo è il messaggio")24• Intesa come enunciato identi.tari.o, questa proposizione è assurda; perché così sarebbe impossibile trasportare messaggi differenti con lo stesso mezzo. Quello che però intende McLuhan, nonostante la sua espressione poco felice, è quanto segue ed è di grande importanza propri.o oggi, in un'era di rapido cambiamento 2:; Neil Postman,Amusing Ourselves to Death. Public Discourse in the Age o/ Show Business, New York 1985, tr. it. di L. Diena, Divertirsi da morire. Il discorso pubblico nell'era dello spettacolo,

Roma 2021. 24 Marshall McLuhan, UnderstandingMedia. The &tension o/ Man, New York 1964, p. 9, tr. it. di E. Capriolo, Gli strumenti del comunicare, Milano 1967, p. 29.

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dei media: un mezzo non è neutrale nei confronti del messaggio che trasmette, ma lo influenza. Un ottimo esempio è il twittare. All'inizio limitato a 140 caratteri, dal novembre del 2017 a 280, twittare obbliga sia chi invia un tweet sia chi ne è il destinatario a un'estrema riduzione della complessità. Tanto le argomentazioni, ma anche le descrizioni corrette ma che richiedono tempo, sono incompatibili con il mezzo; e dato che la realtà di molte persone viene percepita primariamente attraverso il filtro del loro mezzo di comunicazione preferito, colui che percepisce e valuta attraverso questo mezzo gli eventi politici non vede più determinati fenomeni. Evidentemente questo non significa che allora questi fenomeni non esistono più - la rimozione, ad esempio, dei problemi ambientali non li risolve, ma li aggrava soltanto, finché non diventano irrisolvibili e il contrattacco della natura, che rispetto agli esseri umani ha il coltello dalla parte del manico, sarà particolarmente brutale. Già Facebook incoraggiava la promozione di se stessi, anzi, un soggettivismo senza limiti, dato che premendoil tastolike si alleviavano tutti gli sforzi di trovare degli argomenti per giustificare i propri gusti. Che dietro questo incoraggiamento delle inclinazioni soggettive si nascondano degli evidenti interessi economici è ormai noto: dopo lo studio di 70, 150 o 300 like di una persona si può sapere di lei più di quanto ne sappiano gli amici, i membri della famiglia o il partnet.25• Ciò rende possibili delle forme del tutto nuove di pubblicità e manipolazione mirate K. Collins-G. J. X. Dance, "How Researchers Leamed to Use Facebook 'Likes' to Sway YourThinking" (vedi sitografia). 25

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anche e soprattutto in ambito politico. Questo cosiddetto microtargeting era il vero obiettivo della società di analisi dei dati Cambridge Analytica che ha sostenuto fortemente la campagna elettorale di Trump e, tra l'altro, è stata finanziata dalla famiglia di miliardari Mercer che è anche comproprietaria del sito web di notizie, populista di destra, Breitbart News Network. Cambridge Analytica ha dovuto dichiarare bancarotta nel maggio del 2018 dopo la scoperta delle sue pratiche scandalose nella raccolta delle informazioni, ma l'idea imprenditoriale viene portata avanti da una nuova società con una dirigenza che in gran parte coincide con la precedente. Comunque Facebook permette ancora di comunicare idee complesse. Ciò viene meno, come abbiamo già detto, con Twitter dato che la possibilità di esprimersi è ridotta drasticamente rispetto a F acebook. Tuttavia, qui si comunica ancora con le parole. Il futuro consisterà in una comunicazione non verbale fatta di emoticons, immagini, foto e filmati che influiscono sui sentimenti in maniera ancora più forte delle parole. Siccome Internet ha aumentato immensamente la quantità di informazioni alle quali si è esposti, ed è asservito alla moderna tendenza verso l'infinito, è fondamentale per tutti sviluppare dei criteri di selezione delle informazioni. Dei criteri ragionevoli sono sicuramente la verità e la rilevanza. Tuttavia, nel momento in cui laricerca di queste categorie è considerata inutile la conferma di ciò che si vuole credere - almeno la compatibilità con le proprie idee - diventa il criterio decisivo. Il desiderio diventa padre del pensiero. Si ignora apposta ciò che contraddice le proprie convinzioni e si interpreta ogni ripetizione di quello che si

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crede - anche se proviene per vie traverse dalla stessa fonte - come un'ulteriore conferma. Non c'è più un posto comune per un'Assemblea Nazionale (né fisicamente come nella democrazia diretta di Atene, né metaforicamente come negli universalmente conosciuti media tradizionali dell'età borghese), un posto in cui i cittadini possano riunirsi e scambiarsi idee malgrado le loro divergenze. Ci sono solo dei mondi paralleli in cui grazie alle bolle di filtraggio e alle camere dell' ecc26 i controargomenti indesiderati vengono respinti e per questo le proprie idee riecheggiano su Internet. La hmitazione intellettuale di colui che non è più in grado di studiare a fondo un libro piuttosto lungo e ponderare un argomento alquanto complesso si accompagna alla sensazione - tipica di un megalomane - secondo cui l'universo del sapere sarebbe a disposizione di ognuno qualora questi navighi su Internet e, in hnea di principio, sia collegato con ogni altra persona sul pianeta. Questa sensazione è tutt'al più comparabile a quella di una persona rinchiusa in una camera piccola, provvista dappertutto di specchi e che, dato che vede solo se stessa in quante ri12roduzioni voglia, comincia a pensare di essere Dio. E ovvio, però, che un dialogo proficuo tra abitanti di diverse camere con gli specchi non è più possibile, lo sono solo sospetti e insulti reciproci, che 26 Unafilter bubble è l'ambientevirtuale (del tuttoautoreferenziale) che gli utenti si creano su Internet dove i vari siti propongano loro solo dei contenuti corrispondenti alle precedenti ricerche. Conecho chamber si intende la situazione in cui delle informazioni (spesso non attendibili o addirittura false) vengono amplificate come nel fenomeno acustico dell'eco in maniera assolutamente acritica. [N.d.T.J

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sono oggettivamente di basso livello ma in una chat online, in linea di principio, possono essere diffusi in tutto il mondo su tutto il pianeta in tempo reale. Il chiacchiericcio politico c'è sempre stato, ma è nuovo il fatto che ogni opinione personale, per quanto stupida e dannosa, possa farsi sentire in pochi secondi su tutto il globo; e non fa bene alla natura umana il fatto che a ciò che in essa è più rozzo non siano più posti limiti di comunicazione. Ogni parte di un conflitto politico è ormai inconfutabile da parte dell'altra, poiché i fatti a cui gli altri si riferiscono sono considerati delle fake news. Anche le teorie del complotto più assurde come quella di estrema destra di QAnon (ad esempio, che Obama, Hillary Clinton e l'investitore George Soros gestiscono un giro di pedofilia e stanno preparando un golpe) possono dare la sensazione secondo cui si comprenderebbe finalmente il mondo, anzi, si sarebbe superiori ai propri simili che ignorano o rifiutano la propria chiave originale per accedere alla realtà. Senza dubbio il superamento di alcune delle grandi ideologie del XX secolo è stata una benedizione per l'umanità. Mal' essere umano è una creatura così complicata e misteriosa che la benedizione, di nascosto, si trasforma rapidamente in una maledizione. Questo peculiare essere vivente, senza il vincolo di rigide norme morali, molto rapidamente può diventare ben più pericoloso del predatore più vorace. Le grandi ideologie si appellavano ancora a degli ideali che erano spesso falsi ma rivendicavano una dimensione normativa grazie alla quale si poteva comunicare nella comune ricerca di una società giusta. Esse garantivano una certa coerenza teorica. Rendevano prevedibile il comportamento dei

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singoli. La fiducia nel progresso della storia forniva orientamento e motivava alla trascendenza dei propri interessi. Sicuramente, a tutto questo era legata molta ipocrisia; ma La Rochefoucauld ha ragione quando sottolinea, nel suo famoso aforisma, il riconoscimento della virtù che avviene grazie all'ipocrisia. Essa è un male minore come puro cinismo, poiché permette l'appello a una norma - sia essa la responsabilità per le generazioni future, sia essa l'orgoglio per le tradizioni plurisecolari, sia essa la bellezza della natura, la ricchezza spirituale delle culture umane oppure la dignità insita in ogni essere umano. Tutto questo è scomparso assieme alle grandi ideologie. Come minimo comun denominatore ideologico è rimasta l'idea che ognuno possa fare quello che vuole se non viola la legge - e questo significa per i ricchi e potenti che, grazie ai lobbisti, devono cambiare le leggi in maniera tale da poter fare ancora di più quello che vogliono. L'epoca che segue l'era delle ideologie non è un'epoca in cui, senza le catene di antichi pregiudizi, si scoprano verità nuove e liberatorie. La politica in questo bel mondo nuovo27 non consiste più nella disputa produttiva su ciò che il bene comune rappresenta veramente, ma si disgrega in oggetti narcisistici - che reagiscono affettivamente - della manipolazione e in strateghi psicologicamente scaltri - della manipolazione attiva. Si tratta solo del fatto che i propri "meme" vengono 27

L'A si riferisce qui al romanzo distopico diAldous Huxley

Brave New World, tradotto solitamente in tedesco come Schone Neue Welt [letteralmente: "bel mondo nuovo"] e in italiano come Il mondo nuovo. [N.d.T.]

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selezionati positivamente nella darwiniana lotta per la sopravvivenza. Anche la scienza, in questa prospettiva, si sgancia dalla ricerca della verità e si riduce alla formazione di reti e al marketing dei propri prodotti. Tutti professano il proprio egoismo, ma alcuni sono più abili ad imporre i propri obiettivi. La manipolazione dei propri simili procede tanto più facilmente quando l'ideologia libertaria attribuisce la stessa importanza a ogni decisione - non importa se essa si basa sulla ragione o su un capriccio o è essa stessa il risultato di una pesante manipolazione. Da un lato, il culto del proprio io ha delle possibilità del tutto nuove - ognuno, mentre posta le novità della sua vita, può avere l'impressione che il mondo intero si stia interessando a lui. Dato però che miliardi di altre persone fanno lo stesso, dall'altro lato, la competizione per ricevere attenzione è piuttosto grande e chi si interessa a noi non sono tanto amici reali quanto soprattutto Cambridge Analytica e altre società, e non principalmente per amore cristiano verso il prossimo. A tal proposito Christoph Turcke, presumibilmente l'erede più lungimirante del potenziale critico della vecchia Scuola di Francoforte, scrive nel suo studio del bel mondo nuovo dei media: "le piattaforme come Google e F acebook non sottomettono i loro utenti. Li risucchiano. Ma così facendo li rendono più dipendenti di quanto farebbe qualsiasi violenza politico-militare"28 • Quanto più tempo si passa a rispecchiarsi sui socia! media, tanto meno ne rimane per le persone reali e per 28

39s.

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Christoph Tiircke,Digitale Gefolgscha/t, Monaco 2019, pp.

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la comprensione teorica della realtà; e il sentimento di solitudine e alienazione cresce nonostante l'interconnessione globale. Il contatto quasi istantaneo con persone del tutto sconosciute in un continente completamente diverso genera da un lato fantasie di onnipotenza e ostacola dall'altro la moderazione e la lenta costruzione di quel capitale intellettuale di cui si ha bisogno per navigare in una modernità estremamente complessa. Si annega nell'oceano dell'iperinformazione, ma anche come cadavere morto per annegamento intellettuale si crede di essere dappertutto; e dato che con un clic si può ricevere tutto -dalla decapitazione di persone innocenti da parte dell'ISIS fino a ogni forma di sesso - in immagini concrete e brevi video, grazie agli esibizionisti digitali che - come a Christchurch nel marzo del 2018 -trasmettono in diretta perfino un massacro commesso da loro, nasce il guardone digitale. Questo tipo di persona, oggi, crede davvero di rappresentare una forma di intellettualità mai realizzata prima. Solo poche persone possono essere felici in una tale situazione. L'ascesa dei regimi fascisti in Europa è stata favorita non solo dalle crisi economiche e dalla minaccia comunista, ma anche dal vuoto ideologico che il crollo di quattro Imperi e, in alcuni Paesi europei, dell'idea della legittimità della monarchia ha provocato. Da un lato, l'essere umano gode in primo luogo della liberazione dai vincoli. Dall'altro, ha bisogno di un orientamento normativo, in parte per sapere cosa debba fare della sua vita che, grazie alla riduzione degli istinti, non consiste semplicemente nel vegetare come fanno gli animali; in parte per avere una base per la cooperazione con gli altri; in parte anche per

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ottenere riconoscimento e amore. Nella lacuna che il vuoto normativo apre avanzano spesso efficacemente le ideologie autoritarie e totalitarie, dal bolscevismo allo Stato I~lamico passando per il fascismo italiano e tedesco. E comune a tutti loro un'offerta di senso mediante l'esperienza di una comunità chiusa che lotta contro altri gruppi considerati come nemici. Una tale ideologia può liberare delle energie vitali, poiché la disponibilità a lottare per il proprio gruppo appartiene alla dotazione biologica di base dell'essere umano, soprattutto del maschio, e le esperienze comunitarie che fanno uscire il singolo dal proprio isolamento possono compensare tutti gli sforzi e i pericoli, perfino la propria morte. Non è questo che è sbagliato in queste ideologie, cioè che richiedono il trascendimento del proprio io. Ciò che è sbagliato e profondamente immorale in esse è che prendono commiato dal principio dell'etica universalistica e che per questo la lealtà verso il proprio gruppo vale per loro come imperativo incondizionato - poiché nessuna norma viene riconosciuta al di là della morale del gruppo. I partiti anti-universalisti hanno addirittura bisogno di un avversario per mantenere il proprio movimento in uno stato di motivazione permanente e spesso lo trovano in gruppi anti-universalisti analoghi ma diversamente definiti. L'ex capo stratega di Trump, Stephen Bannon, che prima operava per Breitbart N ews Network, attualmente sembra che stia lavorando a un fronte globale contro la globalizzazione: nazionalisti di tutto il mondo, unitevi! Va però segnalata un'importante differenza tra il fascismo di allora e i fenomeni politici odierni. Il fascismo, nelle

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sue diverse varianti, disponeva di un'ideologia stabile e di un'organizzazione politica solida. Ciò che stiamo vivendo oggi è caratterizzato dalla postmodernità: si tratta più di una manipolazione opportunistica di istinti anti-universalistici che di un'ideologia politica elaborata. Bannon, alla fine, è stato sostituito dalle forze più globaliste attorno a Trump -a cui appartiene sua figlia Ivanka - che però non sono attratte da principi morali, ma dalle possibilità di profitto del capitalismo globale. Gli affari si fanno a livello globale, le elezioni si vincono a livello nazionale. E le campagne elettorali si basano non tanto su rigide strutture di partito quanto sul trasferimento manipolatorio dell'industria dell'intrattenimento nella politica. Ciò rende la postmodernità fascistoide molto meno prevedibile del fascismo classico, poiché mancano sia una ideologia sia una chiara cornice di partito. In uno dei migliori articoli sulla campagna elettorale del 2016, "Democracies endwhen theyare too democratic" ("Le democrazie finiscono quando sono troppo democratiche") 29, il giornalista americano di origine britannica Andrew Sullivan, per spiegare l'ascesa di Trump, ricorre alla teoria della trasformazione della democrazia in tirannia che Platone sviluppa alla fine dell'ottavo libro della Repubblica, l'opera fondamentale della filosofia politica occidentale3°. Sicuramente molto 29 A. Sullivan, "Democracies end when they are too democratic. And right now, America is a breeding ground for tyranny" (vedi sitografia). 30 577a ss. dell'impaginazione canonica di Stephanus.

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di ciò che Platone dice è comprensibile e valido solo nel contesto della sua epoca; perché quest'ultima non conosceva la democrazia liberale con la separazione dei poteri. Ma alcune delle sue intuizioni sono assolutamente attuali, anche se la modernità per lo più si rifiuta di prenderle sul serio poiché, come abbiamo visto nel primo capitolo, una filosofia del progresso è caratteristica della modernità. Ma anche se nel complesso è senz'altro vero che l'universalismo morale è un risultato tardo della storia mondiale (ecco perché la democrazia di Atene non era universalistica, dato che presupponeva la schiavitù per il suo funzionamento), l'onestà intellettuale impone di riconoscere che dentro la storia del progresso del diritto, a partire dalla Rivoluzione americana e da quella francese, ci sono stati anche periodi di ricaduta: l'epoca del totalitarismo è l'esempio più terribile di ciò. L'autodistruzione di numerose democrazie liberali e monarchie costituzionali negli anni Venti e Trenta del XX secolo deve servire da monito; e anche se ovviamente negli ultimi cento anni ci sono state e ci sono delle concause specifiche che nell'antichità non erano ancora considerate valide, è plausibile che i processi di mutamento antichi e moderni presentino anche alcuni punti in comune. Infatti, la natura umana conosce delle costanti che lo storicismo radicale spesso non riesce più a considerare. E la fiducia nel progresso diventa addirittura sciocca se si dimentica che il progresso nella riflessione etica non si riflette affatto automaticamente nel comportamento umano. Oggi, c'è presumibilmente una barriera contro una teoria della schiavitù che convinca tutti, ma questo non significa affatto che ci sia una tale barriera contro

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l' assetvimento, anzi, contro i genocidi dei propri simili. Questa tendenza ha radici profonde dal punto di vista antropologico e il suo addomesticamento è un compito cheva sempre rinnovato. Quest'ultimo viene trascurato se si commette l'errore di credere che questi pericoli siano oggi "passati". L'analisi di Platone si basa sulla teoria dell'affinità strutturale tra l'anima e lo Stato. Anche se l'articolazione concreta di questa teoria presuppone uno Stato per ceti e perciò non è generalizzabile, si può però ritenere come un merito di Platone l'esame delle premesse socio-psicologiche di una forma di Stato. Secondo lui ci sono un tipo di uomo democratico e uno tirannico, ed è l'affinità tra le strutture delle loro due personalità che spiega il mutamento della democrazia in tirannia. Per il tipo di uomo democratico, secondo Platone, è decisivo il rifiuto di ogni autorità, un rifiuto che viene interiorizzato e accettato anche da coloro che occupavano tradizionalmente posizioni di leadership, come genitori, insegnanti, cittadini. Ma proprio questo desiderio illimitato di libertà riconosce sempre più la libertà degli altri come limitazione del proprio arbitrio; e perciò è solo conseguente il fatto che ognuno cerchi di ampliare il più possibile il proprio arbitrio a spese degli altri; e ciò riesce alla perfezione quando consegue egli stesso la tirannide. Per farlo ha bisogno di seguaci che lega a sé con dei benefici sociali, e precisamente sia guardie del corpo che lo proteggano fisicamente, sia intellettuali che legittimino la nuova forma di dominio. Gli oppositori vengono costretti alla fuga come nemici del popolo, oppure sono votati alla morte. Gli spiriti indipendenti vengono sistematicamente rintracciati e

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resi innocui. Per ostacolare le idee di resistenza il tiranno scatena regolarmente delle guerre - in tal modo egli si rende indispensabile, i sudditi sono impegnati a sopravvivere e i suoi oppositori possono essere consegnati alla spada dei nemici. Ciò che ritengo sia ancora plausibile nella teoria - semplificata in termini idealtipici - di Platone è la tesi secondo cui colui per il quale la libertà consiste esclusivamente nel soddisfare i propri capricci ricorrerà ad ogni opportunità che gli si offra per concentrare il potere sudi sé. Per istituireuna monocraziaha bisogno ali'inizio del sostegno di molti che può ottenere solo se, in primo luogo, promette loro delle cose che essi stessi non sanno ottenere e, in secondo luogo, fa passare gli oppositori delle sue modifiche della Costituzione come nemici del popolo e li persegue. La capacità di resistere dei sistemi politici contro una tale volontà, che si forma quasi per natura, è molto diversa; e posso solo ripetere il mio elogio della Costituzione statunitense che, assieme allo spirito del popolo americano allora ancora intatto, ha contribuito a far sì che le tentazioni totalitarie del XX secolo non siano riuscite ad estendersi sugli Stati Uniti. Lo spirito del popolo americano è però cambiato negli ultimi decenni e la compromissione di autorità generalmente riconosciute può portare anche negli Stati Uniti a un'ingovernabilità che, se causa un fallimento in politica estera, fa nascere un desiderio generale di concentrazione del potere, che è disposto a tollerare pesanti violazioni della Costituzione. Il secondo autore che getta un po' di luce sulla situazione attuale è il filosofo della storia italiano Giambattista Vico. Nei suoi Principi di scienza nuova

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d'intorno alla comune natura delle nazioni, la cui ultima edizione curata dalui fu pubblicata nel 1744, troviamo un affascinante modello del progresso e declino di una cultura. Da un lato, Vico è profondamente radicato nell'illuminismo e, nella lenta evoluzione dall'originaria barbarie a una coscienza morale universalistica e a istituzioni giuridiche egualitarie, vede l'essenza di ogni singolo ciclo culturale. Questo lo distingue nettamente da Platone che sostiene un'etica pre-universalistica. Sia Platone sia Vico vedono un'evoluzione dall' aristocrazia alla democrazia. Ma nella &pubblica di Platone questo è un movimento di declino che, secondo lui, determina la storia nel suo insieme - ali' aristocrazia ideale seguono dapprima timocrazia e oligarchia, in cui rispettivamente l'onore e la ricchezza fondano le disuguaglianze politiche fondamentali, poi la democrazia egualitaria che alla fine, come abbiamo già visto, si trasforma in tirannide. In Vico, invece, c'è un' evoluzione dalla monarchia originaria dei padri di famiglia a un sistema aristocratico che riconosce una differenza fondamentale tra gli eroi aristocratici, i soli che hanno i diritti politici, e il resto del popolo. Con la dissoluzione di questa differenza a causa del progresso nel senso di giustizia si sviluppano da un lato le democrazie, dall' altro le monarchie che difendono l'uguaglianza giuridica di tutti i sudditi (con l'eccezione del monarca). Però, per quanto Vico sostenga che, nel complesso, ci sia un progresso (dentro i singoli cicli in cui suddivide la storia), egli, ispirato tra l'altro dal declino e dalla caduta dell'Impero Romano, ipotizza d'altro canto che-dopo aver raggiunto i momenti culturali più alti nei sistemi politici fondati sull'uguaglianza giuridica - inizi una

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decadenza che alla fine può portare al crollo di una cultura. Nella "Conchiusione dell'opera" Vico utilizza l'affascinante espressione "barbarie della riflessione" per caratterizzare uno stato in cui ognuno pensa solo a sé e la riflessione viene utilizzata primariamente per dispensarsi dalla validità delle norme morali, e quindi la fiducia reciproca non è più possibile. In un tale stato Vico vede solo tre possibilità rimanenti: l'istituzione di una monocrazia, la sottomissione da parte di popoli meno "civilizzati" e la ricaduta nella prima barbarie, com'è avvenuto nell'Alto Medioevo. Vale la pena di citare la descrizione che Vico fa del passaggio in questa ricaduta: e, 'n cotal guisa, dentro lunghi secoli di barbarie vadano ad arruginire le malnate sottigliezze degl'ingegni maliziosi, che gli avevano resi fiere più immani con la barbarie della riflessione che non era stata la prima barbarie del senso. Perché quella scuopriva una fierezza generosa, dalla quale altri poteva difendersi o campare o guardarsi; ma questa, con una fierezza vile, dentro le lusinghe e gli abbracci, insidia alla vita e alle fortune de' suoi confidenti ed amici. Perciò popoli di sì fatta riflessiva malizia, con tal ultimo rimedio, eh' adoprava la provvedenza, così storditi e stupidi, non sentano più agi, delicatezze, piaceri e fasto, ma solamente le necessarie utilità della vita [...] e così ritorni tra essi la pietà, la fede, la verità, che sono i naturali fondamenti della giustizia [...]31 •

Giambattista Vico, Principi di scienza nuova d'intorno alla comune natura delle nazioni, in!d., Opere, a cura di F. Nicolini, Bari 31

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Nel XX secolo si trova, nel capolavoro di Oswald Spengler, Der Untergang des Abendlandes ["Il tramonto dell'Occidente"], una teoria essenziahnente affine a quelle di Platone e Vico sulla genesi delle forme di governo monocratiche. Certo la teoria spengleriana dei cicli storici contiene molte affermazioni errate, è fondata molto male dal punto di vista metodologico (è radicata in una filosofia della vita di stampo biologistico), non rende giustizia al progresso che awiene da una cultura all'altra - ad esempio, da quella antica a quella occidentale-, anzi, sotto l'influsso di Nietzsche nega l'universalismo nell'etica. La distinzione di solo nove grandi culture è fuorviante in base all'attuale stato della ricerca, l'attribuzione a ogni grande cultura di una durata di vita di circa mille anni è assurda. La grande crisi dell'Impero Romano nel secondo terzo del III secolo avrebbe potuto portare alla sua dissoluzione, ma la grande quantità di riforme amministrative e politiche e l'apertura spirituale al Cristianesimo da parte dell'Impero hanno ritardato la fine dell'Impero Romano d'Occidente di più di duecento anni, quella dell'Impero Romano d'Oriente di più di un millennio. E tuttavia alcuni paralleli che Spengler scopre nello sviluppo delle grandi culture sono assolutamente sorprendenti; e la sua analisi dei tratti generali delle epoche di decadenza delle culture è convincente se la si sgancia dalla tesi della necessità inevitabile di questa decadenza. Dobbiamo all'importante storico antico che insegna a Bruxelles, David Engels, una compa1911-1941, IV, 2,p. 163. Secondo la numerazione dell'edizione canonica di Nicolini si tratta del paragrafo 1196.

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razione molto dettagliata, ispirata a Spengler, della fase tarda della Repubblica Romana con la situazione presente dell'Unione Europea32 • Anzi, anche un intellettuale di sinistra come Theodor W. Adorno, in generale molto critico nei confronti di Spengler, scrive giustamente che l'andamento stesso della storia del mondo ha dato ragione alle sue prognosi immediate in una misura che dovrebbe sbalordire sol che di quelle prognosi ancor ci si rammentasse. L'obliato Spengler si vendica minacciando di aver ragione. Il suo essere dimenticato nel bel mezzo della persistente conferma conferisce alla minaccia della cieca fatalità, che promana dalla sua concezione, un momento obiettivo. [. ..] Spengler non ha trovato un avversario che si sia mostrato alla sua altezza: l'oblio funziona da scappatoia33 •

In particolare, la teoria spengleriana dell'ascesa del cosiddetto "cesarismo", nelle ultime due sezioni del quarto capitolo del secondo volume del 1922 (sulle quali si concentra anche Adorno) può senz'altro rivendicare - purtroppo! - di aver anticipato ciò che si stava preparando in Europa più di quanto abbiano 32 David Engels, Auf dem Weg ins Imperium. Die Krise der Europaischen Union und der Untergang der romischen Republik,

Berlino 2014. 33 Theodor W Adorno, Spengler nach dem Untergang, in Id., Gesammelte Schri/ten, vol.10.1: Kultur und Gesellschaft I: Prismen. Ohne Leitbild, Francoforte 1977, 47-71, 48, tr. it. di C. Mainoldi, "Spengler dopo il tramonto", in Id., Prismi·. Saggi"sulla cn"tica della cultura (tr. it. di C. Mainoldi, M. Bertolini Peruzzi, E. Zolla, E. Filippini, G. Manzoni, A. Burger Cori), Torino 2018, pp. 37-60, 38.

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fatto gli araldi del progresso suoi contemporanei. E vale dawero la pena di rileggere queste sezioni anche oggi- purché ciò non porti alla rinuncia del postulato kantiano di lavorare per il progresso, ma serva ad affrontare i pericoli che minacciano continuamente le civiltà. Infatti, la fiducia nel progresso diventa addirittura controproducente, se dimentica che fenomeni come la cultura alta e lo Stato di diritto non sono scontati ma richiedono un lavoro e uno sforzo consapevole continuo. L'essere umano, sulla base della sua natura biologica, soprattutto della riduzione dei suoi istinti, rimane un animale molto pericoloso e in pericolo, e ogni civiltà è una vernice messa lì che viene via molto più velocemente di quanto pensi il cittadino istruito comodamente seduto in poltrona. Nella misura in cui il benessere generale fa cadere facilmente ciò nel dimenticatoio, esso porta in sé il germe del declino culturale e quindi del proprio indebolimento. Spengler distingue tre forme fondamentali di politica che si susseguono l'una ali' altra: politica come equilibrio degli interessi dei ceti, politica di partito e politica privata. La politica di partito si sviluppa, secondo lui, per la prima volta in Occidente solo a partire dalla Rivoluzione francese, mentre in un Paese come il Regno Unito, a differenza della Francia, le vecchie élite dei ceti all'inizio restano al potere costituendosi in due partiti, che riconoscevano entrambi i principi fondamentali delliberalismo e si differenziavano l'uno dall'altro mediante un più o meno invece che mediante un aut aut. Ma al più tardi a partire dalla Prima Guerra Mondiale il dominio dei partiti sarebbe finito; la teoria viene sostituita dalle volontà di potenza dei

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singoli che radunino intorno a sé un seguito. Gli ideali astratti che sono alla base dei programmi di partito, i cui slogan godevano della consacrazione sacramentale, "alla fine non vengono confutati, ma diventano noiosi; Rousseau lo è diventato già da tempo e Marx lo diventerà tra breve"34 • Certo, per amore dei sostenitori, i leader di un partito mantengono ancora per un po' il programma in cui loro stessi non credono più, ma lo fanno cadere quando sia soltanto d'ostacolo alla lotta per conquistare il potere dello Stato. All'inizio gode di grande considerazione lo spirito che ha sviluppato le idee programmatiche come, ad esempio, quella del suffragio universale; presto, però, si rivela che l' elettorato è manipolabile e che denaro e media decidono chi abbia il vero potere in una democrazia. Già quasi 100 anni fa, quando le possibilità di influire da parte di Internet non potevano nemmeno essere prefigurate come una possibilità, Spengler ha visto creato, mediante la stampa, "un campo di forze di tensioni spirituali e finanziarie che abbraccia tutto il mondo e nel quale ognuno è inquadrato senza che se ne renda conto, tanto che egli si trova a dover pensare, volere ed agire come una qualche personalità dominante, da qualche parte in lontananza, ritiene utile" (1335-6). Il giornale ha completamente soppiantato il libro - abbiamo già

34 Oswald Spengler, Der Untergang des Abendlandes. Umri'sse ei'ner Morphologi'eder Weltgeschi'chte, vol. II: "Welthistorische Perspektiven", Monaco 1922, p. 568, tr.it. [qui e inseguitomodifi.cata] diJulius Evola (rivista da R. Calabrese Conte eM. Cottone), Il tramonto dell'Occidente, voi II: "Prospettive della storiamondiale",

Milano 2008, pp. 1326-7.

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visto che, nel frattempo, abbiamo fatto ulteriori progressi e che oggi anche il giornale non è più un medium dominante. L'artiglieria della stampa determina ciòche viene riconosciuto come verità: "i suoi argomenti saranno inconfutabili finché vi sarà il denaro necessario per ripeterli ininterrottamente" (1338). Con la perdita della realtà, però, crolla la cultura, e la sottomissione dell'economia con mezzi violenti da parte di politici cesaristi che procedono senza rispettare alcuna forma giuridica, costituisce l'ultima fase (1396-8). "Attraverso il denaro la democrazia distrugge se stessa, una volta che il denaro ha distrutto lo spirito" (1342). Sicuramente Spengler sottovaluta la dipendenza dei media dal pubblico - se quest'ultimo è annoiato o disgustato dai primi, esso cambia proprio il medium. Anche la "censura del silenzio" di cui parla, mediante cui determinate verità vengono passate sotto silenzio, nell'epoca della scomparsa dei "gatekeepers" è più difficile da mantenere rispetto a prima. E Spengler, che considera irreversibile il declino, non comprende che gli esseri umani possono sforzarsi e cambiare: la catastrofe della Seconda Guerra Mondiale ha talmente scosso gli individui e le nazioni che, per molti decenni, importanti nuovi ideali politici hanno ispirato la politica - cito solo l'Unione Europea. È però vero che il bombardamento continuo del pubblico con delle banalità del tipo se il Presidente di un Paese abbia avuto una tresca con una pornostar oppure no, distrugge la curva dell'attenzione necessaria per riflettere a fondo su problemi davvero pericolosi e complessi come lo smantellamento dello Stato di diritto e la catastrofe ambientale incombente e paralizza la volontà di cam-

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biare. Ed è vero anche che la sostituzione dello spirito con i media, che non credono più nella giustizia e nella verità, e con il denaro non durerà. La forza bruta ha un potere maggiore, almeno nel breve periodo, e non si farà dominare se è stata spazzata via la fiducia nelle norme morali e nella dignità dello Stato di diritto. Non è compito di questo scritto critico dell'attualità presentare una filosofia della storia elaborata. Voglio però suggerire come deve essere concepito a mio avviso l'unico compromesso plausibile tra i teorici del progresso e i teorici dei cicli alla luce dei fenomeni di decadenza attuali. Qui domina una dialettica peculiare tra creazione di una teoria e storia reale, poiché quest'ultima non procede indipendentemente dal modo in cui gli esseri umani inquadrano le proprie azioni nel corso della storia. Questo è il cosiddetto effetto Edipo delle scienze sociali, noto soprattutto dalle scienze economiche - infatti, gli attori economici anticipano le azioni dei loro concorrenti, ma anche della politica economica statale, tra l'altro sulla base delle teorie economiche correnti. Proprio il successo di queste ultime può far sì che i principi su cui esse si basano vengano compresi in generale e che gli attori si comportino ora diversamente da come la teoria aveva supposto - e ciò proprio in base ali' appropriazione della teoria. Questo è stato, ad esempio, uno dei motivi del declino del keynesismo: dato che i sindacati avevano compreso che il debito pubblico anticiclico - che crea posti di lavoro - veniva ridotto successivamente dall'inflazione, pretendevano stipendi più alti che però annullavano l'effetto positivo sull'occupazione.

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Nel caso della filosofia del progresso non c'è nessun dubbio sul fatto che inizialmente essa abbia ispirato il progresso reale: chi si sente come lo strumento di un principio universale che domina il mondo è più motivato di colui che dubita del proprio successo.Tuttavia, la filosofia della storia classica del XVIII e XIX secolo è riuscita a integrare nel suo modello di progresso anche le epoche precedenti della storia umana, anche se esse non erano ancora ispirate dall'idea di progressa35• Nei termini di Hegel si potrebbe dire: il progresso in sé nella storia universale diventa nel XVIII e XIX secolo progresso per sé, e ciò ha favorito quei cambiamenti positivi che sono stati tematizzati nel primo capitolo. In effetti tutte le teorie cichche da Vico a Spengler risentono del fatto di avere difficoltà a concepire un progresso che trascenda i singoh cich. (Nel caso di Spengler c'è il problema aggiuntivo di come la comprensione delle altre culture sia possibile.) Però, non solo un tale progresso evidentemente esiste, come si evince nella forma più chiara nel settore scientifico e tecnologico; anzi, anche nella coscienza morale si può constatare un'evoluzione verso un'etica universahstica che ha trovato espressione, dal punto di vista istituzionale, nel regime dei diritti umani universah. Inoltre, nel mondo globahzzato sembra che il tipo di progresso che è iniziato nell'Occidente si stia diffondendo su tutto il pianeta.

Lo schizzo di una filosofi.a del progresso che porta avanti l'approccio di Hegel si trova nel Capitolo 6.2. del mio libro Moral und Politik, Monaco 1997, pp. 671-743. 35

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Tuttavia, proprio in questa diffusione si nasconde un pericolo. Perché? Bene, nella influente filosofia della storia di Hegel il progresso di ciò che chiama "Weltgeist" ["spirito del mondo"] è collegato alla sostituzione dello spirito di un popolo con un altro, ad esempio di quello greco con quello romano. In questa sostituzione non giocano un ruolo solo dei fattori esogeni come le sconfitte contro un nemico. È decisivo l'esaurimento interno, talvolta anche l'esplicita disgregazione interna di una cultura da parte di se stessa. Pertanto, anche la teoria di Hegel conosce dei momenti di declino culturale che gioca un ruolo decisivo in tutte le teorie dei cicli. Ma che cosa si deve sperare, se il movimento di declino si impone in una cultura mondiale unitaria e non ci sono più nuove culture, oltre ad essa, che possano avere un effetto rigenerante? Tuttavia si può dire che finora non c'è stata ancora effettivamente una tale cultura mondiale, poiché la globalizzazione ha certo creato un mercato mondiale, ma non una cultura unitaria. Nello spazio aperto dal declino dell'Occidente, oggi, potrebbero entrare altre culture, tra cui quelle asiatiche, che già prima avevano occupato un posto importante nella storia mondiale, ma ora con la loro modernizzazione e la loro vitalità, maggiore rispetto a quella dell'Occidente, potrebbero ottenere una posizione di primo piano. Il disagio, anzi, la disperazione per il presente non deve portare, ad esempio sulla scia del tardo Martin Heidegger, ad abbandonare l'idea di progresso e persino a parlare di un declino continuo, di un crescente distacco dall'essere autentico. Ciò può diventare solo una previsione destinata ad avverarsi. Però non si può

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negare il dovere morale di lavorare per il progresso e non si può contestare che, in linea di massima, un progresso intellettuale, morale e giuridico caratterizzi la storia dell'umanità a partire dai Greci. (Il regresso scientifico nell'Alto Medioevo è stato compensato con importanti innovazioni morali.) Tuttavia, la fiducia nel progresso diventa assurda se trascura due cose. In primo luogo, il progresso tecnico, come abbiamo già detto, è neutro - lo si può usare per fini buoni e per fini cattivi. In verità, anche la tesi della neutralità della tecnica è una minimizzazione nella misura in cui la tecnica, mediante il capitalismo, è diventata un processo che si autoalimenta, a cui non ci si può affatto sottrarre: il capitale accumulato richiede investimenti in nuove tecnologie. E - in questo Heidegger ha ragione - la forma mentis tecnica ha trasformato in maniera subdola tutte le nostre forme di pensiero. Ma anche se la tecnica fosse soltanto neutra, ci sarebbe una sfera in cui questa neutralità è particolarmente preoccupante - intendo la tecnica delle armi, la cui necessità emerge dalla natura aggressiva dell'uomo. Numerose armi servono sia alla difesa sia ali' attacco, ed è il privilegio di una civiltà altamente tecnologica quello di poter distruggere l'intera umanità - qualcosa che non era dato alle culture precedenti. Pertanto, il progresso tecnico ha in effetti il potenziale per annientare la civiltà umana nel suo intero. Certo, la facilitazione della vita umana attraverso il progresso tecnico-scientifico, non necessariamente ma in base alla natura umana con ogni probabilità, porta a una corrosione di quelle virtù di cui una comunità ha bisogno. Infatti, la madre di molte virtù premodeme è

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stata il bisogno. Là dove quest'ultimo viene superato, quelle virtù non vengono più perseguite automaticamente. La povertà imponeva l'autocontrollo e la capacità di fare rinunce, la quasi sempre ininterrotta minaccia della guerra teneva vivo il coraggio e il sentimento per cui, in detenninate situazioni, vada sacrificata la propria vita. La minore quantità di conoscenza permetteva lo sviluppo della saggezza, che può collocare le conoscenze singole in un contesto più ampio solo nel quale hanno il loro senso. Ma per quanto la modernità sembri funzionare per un certo periodo anche senza queste virtù, altrettanto poco si può ritenere che le culture siano degli zombie. Devono essere animate, e devono esserlo da persone che credono ai loro valori e si impegnano per loro. Soprattutto nella crisi storica a cui ci stiamo avvicinando, la sparizione di queste virtù renderà estremamente difficile la ricerca di vie d'uscita. In secondo luogo, nel vortice dell'isteria per le innovazioni, la fiducia nel progresso può manifestare la tendenza a ritenere che gli ultimi prodotti della cultura umana siano i migliori. Questi ultimi, però, sono oggi spesso prodotti di un periodo di decadenza culturale e dato che hanno ampiamente abbandonato le idee tanto del progresso quanto del dovere morale, colui che per rispetto del progresso si attiene ad esse viene a trovarsi in una posizione autocontraddittoria. Niente è più assurdo delle panoramiche sulla storia delle idee "Da Platone a Derrida" che presuppongono un progresso implicito, poiché in questo modo alla fine ci si priva solo della possibilità di presentare una intelligente anzi, anche solo coerente -interpretazione complessiva del passato. Anche la fiducia nel fatto che il progresso

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morale avanzi per così dire da sé, è irresponsabile, dato che anche la salvaguardia continua di istituzioni razionali richiede un'appropriazione personale che va ripetuta costantemente. Chi consideri superflua questa appropriazione, non fa che accelerare il processo di decadenza. Quali sono i fattori che stanno accelerando l'evidente declino attuale dell'Occidente? È fondamentale, come abbiamo già detto, la perdita di coesione sociale che risulta dallo svanire dei valori comuni, anzi, perfino della fiducia in una verità oggettiva. Le fasi scettiche dominano periodicamente la storia della filosofia e vanno spesso di pari passo con una paralisi della fiducia in se stessa da parte della cultura corrispondente. La sofistica greca è il primo esempio, niente affatto l'ultimo. Semplificando molto già Goethe lo ha colto concettualmente: "tutte le epoche sul punto di decadere e dissolversi sono soggettive, di contro però tutte le epoche di progresso hanno una direzione oggettiva".36 • La crisi del concetto di ragione che risale ai Greci - crisi che inizia con Schopenhauer e Nietzsche e abbraccia quasi tutte le correnti principali

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Johann Peter Eckermann, Gesprache mit Goethe in den

lek.ten Jahren seines Lebens 1823-1832, 2 vol., Lipsia s.d., I, p. 177 (del.29 gennaio 1826), tr.it. [quimodifìcata] diA. Vigliani, Conversazioni con Goethe neglt' ultimi anni della sua vita, Torino 2008, pp. 132-33. Hopresentato una teoriadei cicli specifica per la storia della filosofia in W ahrheitund Geschichte. Studien zur Struktur der

Philosophiegeschichte unter paradzgmatischer Analyse der Entwicklung vonParmenides bisPlaton, Stuttgart-Bad Cannstatt 1984, tr.it. [parziale] di A.Tassi, Verità e storia. Studisulla struttura della storia della filosofia sulla base di un'analisi paradigmatica dell'evoluzione da Parmenide a Platone, Milano 1998.

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della cultura occidentale nella postmodernità fortemente influenzata da Heidegger - è la variante particolare che ha accolto la crisi soggettivistica nel presente.Anche se Nietzsche sicuramente non era un democratico, il soggettivismo contemporaneo ha radici democratiche, analogamente a quanto già Platone affermava per la democrazia attica. Infatti, l'idea giusta secondo cui tutti i cittadini hanno dei diritti fondamentali può facilmente indurre a pensare che tutte le opinioni siano pure sullo stesso piano e ugualmente vicine alla verità. Se il vizio principale dell'aristocrazia era la superbia della nobiltà, il problema principale della democrazia è l'invidia per i meriti importanti, collegata al rifiuto di riconoscere le differenze di grado intellettuali e morali. Da una parte, questo porta inevitabilmente al caos e al crollo di un'idea oggettiva e vincolante del bene comune, anzi, a quella grande irritazione che Thomas Mann colloca nella penultima sezione dell'ultimo capitolo della Montagna incantata, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Dall'altra parte, la noia irritata per la quale tutto è ugualmente valido [gleich gultig] e quindi indifferente [gleichgultig], è assolutamente ricettiva di quell'opinione che è completamente diversa da ciò che essa stessa insegna, soprattutto perché idolatra differenza e alterità. Invece di difendersi dai nemici dello Stato di diritto la noia è attratta, come la falena dalla luce, da coloro che mettono in discussione lo Stato di diritto, ad esempio perché esso sarebbe solo un risultato del dominio dei maschi bianchi, sarebbe quindi di origini fallocratica. Il bisogno di intrattenimento è così grande che, in una svolta dialettica, il totalmenteAltro affascina sulla scena politica - anche se il suo risultato ultimo sarà soltanto

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una situazione che subordinerà fortemente l'imperativo dell'intrattenimento al brutale imperativo della sopravvivenza. Chi vuole comprendere concettualmente il momento presente della cultura occidentale deve richiamare l'attenzione sulla contraddizione che sussiste tra la maggior parte delle sue istituzioni e lo spirito che vi è oggi collegato. Queste istituzioni, in gran parte, sono dovute al razionalismo dell'Illuminismo; questo razionalismo, però, ha vissuto ed è cresciuto nella - spesso ingenua, ma proprio per questo acritica - fiducia nella capacità della ragione di scoprire la verità nel discorso comune e di motivare una collettività - idealmente l'umanità intera - ad agire in modo giusto. Proprio queste istituzioni esistono ancora secondo quel principio di inerzia che vale per le strutture sociali, in cui il culto sopravvive sempre alla dogmatica. Ma lo spirito che le animava si è ritirato da loro e quindi non è difficile rovesciarle. Già nella prima grande crisi del liberahsmo moderno, negh anni Venti e Trenta del XX secolo, gli sfidanti fascisti hanno vinto poiché credevano nella loro missione in modo del tutto diverso dagh indebohti hberali i cui ideali politici avevano perso credibilità a causa della catastrofe della Prima Guerra Mondiale (anche se la loro rimozione preparò solo la Seconda Guerra Mondiale). Il premio Nobel per la Letteratura irlandese William Butler Yeats, negh ultimi versi della prima strofa della sua famosa poesia del 1919, "The Second Coming" ("La Seconda Venuta"), ha colto concettualmente la situazione di allora e, anticipandola, anche quella attuale: "The best lack all conviction, while the worst / are full of passionate intensity" (''I mi-

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gliori mancano di ogni convinzione, mentre i peggiori/ sono pieni di appassionata intensità"). Carl Zuckmayer ha descritto in maniera davvero notevole le diverse fisionomie delle persone di sinistra e di destra alla fine della Repubblica di Weimar: tra i radicali di sinistra questa espressione era più un tratto costantemente ironico agli angoli della bocca [. ..]. Gli estremisti di destra, invece, con le labbra ben strette, il mento risolutamente sollevato e le rughe verticali sulla fronte, mostravano che la loro volontà di annientare i nemici era implacabile, anche se avessero dovuto crearsi questi nemici con la violenza37• La forza di attrazione esercitata da personaggi come Duterte, Trump e Bolsonaro ha a che fare in maniera determinante con il fatto che la loro brutalità emana o meglio simula una vitalità che evidentemente manca all'intellettuale raffinato che confessa espressamente di credere in parte a 1003 cose ma a niente completamente. Sono stati in parte l'assenza di vitalità che è tipica delle culture tarde, in parte il venir meno della credibilità personale - che si può ottenere solo con dei sacrifici - a minare la tradizione dell'illuminismo e quindi la sua creatura più nobile, lo Stato di diritto occidentale. Nella crisi dell'illuminismo, però, il Controilluminismo - "Dark Enlightenment" ["illuminismo oscuro"], come si dice negli Stati Uniti - ha la reale opportunità di un nuovo ritorno (dico "nuovo" poiché il Controilluminismo è iniziato nel XIX secolo e ha raggiunto nel fascismo il suo culmine recente, ma evidenCarl Zuckmayer, Alr wiir's ein Stuck von mir. Horen der Freundschaft, Francoforte 2013, p. 529. 3;

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temente non ultimo). Secondo il Controilluminismo l'universalismo etico è un'illusione che forse, dal punto di vista storico, era necessaria ma è sentita dai vincitori della storia come qualcosa di cui bisogna liberarsi: la storia naturale come quella umana mostrano che i più forti si impongono a spese dei più deboli; così è sempre stato, così sarà sempre e così deve essere. Questa ideologia può basarsi in parte su una certa interpretazione del darwinismo, in parte su una legittimazione del capitalismo che non si concentra sulla sua utilità per lo sviluppo umano, ma celebra in esso lo scatenamento dell'avidità di chi è capace di imporsi, in parte su un costruttivismo sociale che ridicolizza tutti gli ideali come riflessi di rapporti di forza. L'universalismo etico è, geneticamente, un risultato delle religioni universali, e anche se l'illuminismo pensava di preparare un'etica ancora più nobile superando il particolarismo di tutte le religioni storiche, la rivolta controilluministica contro l'universalismo purtroppo è il risultato molto più probabile della crisi delle grandi religioni - soprattutto dopo che la filosofia postmoderna, in nome della differenza, ha disgregato ogni fiducia nell'esistenza di norme generali. Infatti, l'universalismo, come abbiamo già detto, non è naturale per l'uomo e se gli esseri umani possono leggere solo il testo fondamentalehomo natura ("L'uomo non è nient'altro che una parte di una natura intesa darwinisticamente"), l'universalismo viene rimosso dalla coscienza umana che ha avuto bisogno di un lungo sviluppo culturale per elevarsi ai suoi ideali più alti. Diversamente dal darwinismo sociale, ad esempio, il dovere di solidarietà internazionale non è ovvio, ma richiede una complessa fondazione etica

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e metafisica. Certo l'esperienza insegna che un'ideologia del positivismo del potere non può tenere unita nessuna comunità, e dal trattamento che gli Ateniesi riseivarono ai Melii, che Tucidide ha descritto così magistralmente nel suo La Guerra del Peloponneso38 , fino a quello che i nazionalsocialisti riseivarono ai loro Stati confinanti, sappiamo che un tale comportamento non ci assicura alleati leali, ma un rapido declino. Chi però sia entrato una volta in contatto con il nichilismo del Controilluminismo difficilmente se ne libererà con degli argomenti - delle esperienze storiche, spesso orribili, sono necessarie a tal fine, come ad esempio quelle della Seconda Guerra Mondiale alla quale è seguito un grandioso slancio universalistico che ha fatto nascere le Nazioni Unite, le istituzioni di Bretton Woods come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, e le Comunità Europee. Solo loro hanno reso possibili quella pace e quel benessere che, paradossalmente, portano facilmente a una situazione in cui ci si indebolisce spiritualmente e si dimenticano quelle condizioni delle quali solo loro sono il risultato. La pace dipende dal contesto politico internazionale. A quello dell'Occidente vogliamo ora rivolgerci.

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V, 85-116.

5. COSA DISTINGUE GLI STATI UNITI DALL'uNIONE EUROPEA?

La stagnazione del processo di unificazione europeo e il fallimento dell'Unione Europea alla luce della crisi dell' euro e dei rifugiati

Appartengono certamente all'Occidente, oltre agli Stati Uniti e agli Stati membri dell'Unione Europea, anche altri Paesi dell'Europa occidentale come la Norvegia e la Svizzera, assieme al Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda. Se si definisce il concetto non culturalmente ma in base ali' adozione della democrazia liberale, si possono annoverare tra i Paesi occidentali anche il Giappone, la Corea del Sud e qualche altro Stato asiatico e latinoamericano. Tuttavia, è in ogni caso molto importante distinguere la Costituzione scritta dalla realtà costituzionale. Così l'India, anche se la sua Costituzione è una variante del sistema Westminster britannico, difficilmente si può definire come una democrazia liberale, a causa

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delle enormi disuguaglianze sociali e dell'induismo, non universalista nella sua essenza. In ogni caso, le entità politiche più importanti dell'Occidente sono gli Stati Uniti e l'Unione Europea. (Dopo l'uscita del Regno Unito soprattutto i quindici principali Stati membri del Commonwealth o/ Nations ["Commonwealth delle Nazioni"], che sono collegati in unione personale con la Corona britannica, appariranno come un terzo gruppo importante dell'Occidente.) Come si differenziano le due entità? E, alla luce dei problemi degli Stati Uniti che abbiamo descritto dettagliatamente, è concepibile che l'Unione Europea assurga a un ruolo di leadership all'interno dell'Occidente? In questo capitolo non mi interesso degli sviluppi problematici all'interno dei singoli Stati dell'Unione Europea; dell'Ungheria e della Polonia abbiamo già parlato diffusamente, dell'Italia brevemente. Mi interessano ora le difficoltà di decidere e di agire dell'Unione Europea nel suo insieme. Innanzitutto, l'idea di una crescente importanza dell'Unione Europea all'interno della famiglia degli Stati occidentali è senz'altro affascinante. La grande varietà culturale, l'enorme ricchezza di tradizioni intellettuali, alcune delle quali hanno più di 2500 anni, il livello di istruzione mediamente più alto della popolazione dell'Europa occidentale, la più forte formazione dello Stato sociale, la più sviluppata coscienza ambientale, la maggiore riluttanza a usare la violenza nelle relazioni internazionali e l'espansione - esclusivamente pacifica - dei confini dell'Unione Europea mediante l'invito ad altri Stati a farne parte, da un lato, sono dei vantaggi

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COSA DISTINGUE GLI STATI UNTI1 DALL'UNIONE EUROPEA?

rispetto agli Stati Uniti 1• Da un punto di vista estetico, è evidente a chiunque sia privo di pregiudizi che l'Europa - in quanto paesaggio culturale plurilinguistico, ma anche nella finezza delle maniere nei rapporti interpersonali - è superiore agli Stati Uniti. Secoli di formazione di un gusto aristocratico sono ormai giunti alla fine, ma la sua forza residuale riecheggia ancora in Europa a livello subliminale, mentre non ha mai caratterizzato gli Stati Uniti: qui non c'era una borghesia che doveva competere con un'aristocrazia ispirata da tradizioni lunghe secoli di perfezionamento di se stessi. L'ignoranza di queste tradizioni, da una parte, rende più difficile agli americani relazionarsi con le culture premoderne e, dall'altra parte, essa si basa sulla convinzione ingenua della propria grandezza, che è tanto più facile quanto meno si conosce l'antichità. In ogni caso, si deve riconoscere che uno dei motivi della minore produzione artistica degli Stati Uniti consiste nella casualità storica per cui lo sviluppo accelerato degli Stati Uniti è iniziato in un momento in cui alcune arti, soprattutto la musica classica, avevano già raggiunto il loro compimento. Nell'arte cinematografica, invece, le prestazioni degli Stati Uniti sono assolutamente impressionanti.

1 La seguente comparazione tra gli Stati Uniti e l'Unione Europea è la versione fortemente ridotta delle mie riflessioni in "The European Union and the USA: Two contemporaryversions ofWestern »empires«?", in Symposium. Canadian Journal ofContinental Philosopby 14/1 (2010), 22-51 (vedi sitografia).

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Dall'altro lato, tuttavia, i vantaggi degli Stati Uniti non sono meno evidenti. Così non si può negare, in primo luogo, che la mancanza di un passato eminente e perciò certe volte soffocante negli Stati Uniti favorisca l'orientamento verso il futuro del Paese. Alcuni Paesi europei, forse in modo particolare l'Italia grazie al suo patrimonio artistico unico, si occupano invece - così come fanno alcune persone - in maniera malsana più del loro passato che del loro futuro. La più profonda religiosità degli Stati Uniti, in secondo luogo, come abbiamo visto, è perfettamente compatibile con l' ottusità, il bigottismo e la distorsione del discorso per fini politici, ma è anche una fonte di vitalità che all'Europa manca sempre di più. L' eccezionalismo americano la convinzione di indicare al mondo la via da seguire mediante l'attuazione politica di un nuovo ideale di giustizia, ad esempio per quel che riguarda i diritti umani - ha delle radici religiose che spiegano allo stesso modo il suo entusiasmo e il suo autoinganno (anzi, talvolta la sua hybris). Se falhrà il progetto americano, ad esempio grazie ali'autodistruzione della democrazia e all'incapacità-causata dall'individualismo estremo - di affrontare il problema ambientale, sarà difficile riempire il vuoto spirituale del Paese, poiché l' energia religiosa è stata investita in gran parte nel proprio progetto politico. Delle risorse spirituali più ampie sono a malapena visibili. Può benissimo essere che alla rapida ascesa degli Stati Uniti segua un altrettanto rapida discesa nell'insignificanza culturale2. Ma anche Morris Berman è tra i critici più sottili dell'immagine che l'America ha di se stessa, della sua spesso infantile fede nel pro2

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chi, in terzo luogo, sia contrario alla disinvoltura e alla presunzione statunitensi non dovrebbe dimenticare una cosa: se falliranno gli Stati Uniti, fallirà anche il progetto globale di una società mondiale - che convive pacificamente - unita da ragione e diritto, al di là di tutte le differenze culturali. Lo sviluppo più debole dello Stato sociale ha almeno cinque cause, alcune delle quali sono anche alla base del dinamismo economico del Paese'. In primo luogo, gli immigrati scappavano da Paesi che avevano sentito come repressivi; perciò non contavano sullo Stato, ma cercavano di risolvere iloro problemi da soli. In secondo luogo, abbandonavano dei sistemi sociali paternalistici, spesso di natura feudale che, pur con tutte le asimmetrie del caso, riconoscevano un'assistenza per i più deboli; questo spirito non è stato esportato in America. In terzo luogo, all'inizio l'immigrazione negli Stati Uniti era molto rischiosa; selezionava perciò le persone particolarmente intrepide. In quarto luogo, alle persone che si erano incontrate negli Stati Uniti provenendo da culture e continenti diversissimi mancava una solidarietà naturale reciproca che è più sviluppata nel caso in cui ci sia un'omogeneità maggiogresso e del suo ottimismo. Vedi il suo libro: Why America Faited, Hoboken, NJ 2012. Patrick Deneen, Why Liberalism Failed, New Haven 2018, va in una direzione analoga, ma sottovaluta allo stesso modo l'irrinunciabilità dei principi dello Stato di diritto liberale, che va integrato e non abolito, e i motivi morali dietro la globalizzazione. 3 Un classico sui motivi per cui negli Stati Uniti quasi non ci sono state idee socialiste rimane Louis Hartz, The Liberal Tradi-

tion in America, New York 1955.

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re. E, in quinto luogo, negli Stati Uniti del XIX secolo la questione sociale si poteva risolvere con l'invito "go west" ["vai a ovest"], cioè a proseguire verso Occidente. L'Europa densamente popolata non poteva più ricorrere a qualcosa di analogo; e perciò lo Stato è dovuto intervenire per superare le peggiori forme di povertà. Solo nel XX secolo, soprattutto con il New Dea! di F ranklin Delano Roosevelt, si è sviluppato anche negli Stati Uniti un ampio Stato sociale a livello federale. Le Costituzioni degli Stati membri attribuivano spesso a questi ultimi i compiti sociali, ma è stata necessaria una modifica nella giurisprudenza della Corte Suprema, nel 1937, per poter leggere anche la Costituzione federale in modo tale che essa non escludesse i compiti sociali della federazione (di sicuro essa non gliene impone nessuno). Però lo scetticismo comunque maggiore della popolazione, anche e proprio dei più poveri, nei confronti di uno Stato sociale paternalistico, è forse uno dei motivi dell'enorme capacità innovativa dell' economia americana che è molto meno limitata di quella europea dalle mentalità corporative. Anche la consapevole promozione dell'immigrazione di persone di talento e capaci di integrarsi è senza dubbio una delle fonti di energia del Paese. La natura degli Stati Uniti come Paese di immigrati spiega sia molte sue virtù sia molti suoi vizi. Il Paese, fin dall'inizio, ha rifiutato ogni religione di Stato, che ali'epoca era la regola in Europa; gli ebrei hanno goduto negli Stati Uniti, fin dall'inizio, degli stessi diritti dei cristiani. Ciò non è affatto in contrasto con la religiosità degli Stati Uniti. Dato che gli immigrati provenivano da tradizioni religiose diverse, è stato necessario trovare un

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accordo su una cornice legale religiosamente neutrale che garantisse solo il diritto universale alla libertà di culto. Un universalismo astratto che prescinde dal contesto etnico e religioso e una concezione meritocratica della società, secondo cui le posizioni al suo interno devono essere occupate in base al merito, formano la rappresentazione ideologica che gli Stati Uniti hanno di se stessi. Dico "ideologica" perché, ovviamente, la realtà è sempre stata diversa - della schiavitù abbiamo già parlato. Questo però non cambia il fatto che la presenza di questo ideale abbia avuto un effetto benefico e possa senz'altro rivendicare di essere un modello anche per un mondo globalizzato - perché neanche quest'ultimo può fare ricorso alle norme di una religione o cultura concrete, ma ha bisogno di regole generali. Una conseguenza di questa dimensione ideale è, però, che i cittadini degli Stati Uniti sono meno legati di quelli degli Stati nazionali classici; perché l'omogeneità culturale è molto minore. In un tale sistema i criteri più importanti nei rapporti dei cittadini tra loro sono il rispetto per la legge, che deve sostituire la mancanza di costumi condivisi, e il riconoscimento delle prestazioni lavorative formali che, siccome mancano altri criteri, vengono misurate in termini di denaro. In una comunità culturalmente densa ci si può mettere d'accordo velocemente sul fatto che una composizione o un romanzo siano notevoli, anche se il loro autore non ha guadagnato molto denaro. Dove manca una cultura materiale condivisa, al contrario, solo dei criteri quantificabili possono rappresentare un parametro intersoggettivo, come ad esempio quelli che si trovano nel libro del Guinness dei primati. Questo spiega in

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parte la passione per lo sport degli americani, perché le prestazioni sportive sono quantificabili molto più facilmente di quelle intellettuali. La grandezza di ordine quantitatfvo con cui si può ottenere di più è, però, il denaro. E questa sostituzione dei valori tradizionali con la ricchezza che caratterizza necessariamente le comunità dell'universalismo astratto (anche il mercato mondiale) e che genera ciò che si percepisce come volgare in esse e che, in effetti, è incompatibile con dei contributi culturali raffinati. Infatti, chi è veramente creativo non pensa al successo commerciale, ma a ciò che ha un valore intrinseco - confidando nel fatto che quest'ultimo, eventualmente, verrà riconosciuto in quanto tale solo dopo la sua morte. Questa mentalità, però, non vale per colui che orienta le sue idee dove, a suo parere, il mercato si aspetta. Ciò che è fastidioso della volgarità americana è, in particolare, che con essa si manifesta l'orgoglio per il proprio ruolo nella storia mondiale -la mancanza di formazione storica, il disinteresse per le altre culture, i successi politici e militari nel XX secolo e il pragmatismo come filosofia di riferimento del Paese fanno credere veramente alla maggior parte degli americani che la loro cultura sia la più importante della storia dell'umanità. E in effetti si deve ali' enorme ricchezza il fatto che gli Stati Uniti, un Paese in realtà anti-intellettuale, siano riusciti a creare il panorama universitario di maggior successo, come dimostra anche solo il numero dei premi Nobel che insegnano nelle università americane. Una parte non trascurabile di loro viene da Paesi stranieri, ma proprio la capacità di attrarre queste persone ha dato fama agli Stati Uniti. È tuttavia vero che anche le mi-

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gliori università degli Stati Uniti sono soltanto delle isole di cultura circondate da un mare di ignoranza e di cultura pop. In Europa, invece, la conoscenza è più diffusa, anche se oggi le prestazioni culturali di eccellenza sono diventate rare. Un'altra differenza essenziale tra gli Stati Uniti e l'Unione Europea consiste in un diverso atteggiamento nei confronti della guerra. Anche questo si può spiegare facilmente dal punto di vista storico. Certo, gli Stati Uniti hanno commesso numerosi crimini nella loro politica estera e hanno portato a diverse guerre poco sagge e alcune guerre ingiuste, ma confrontati con gli Stati europei - se non si considera l'espansione verso ovest come una colonizzazione - sono stati una potenza coloniale solo per un periodo piuttosto breve (dalla loro prospettiva, nel 1898, hanno liberato le colonie spagnole e ne hanno assunto il controllo solo per un periodo di transizione, le Hawaii sono diventate nel giro di pochi decenni uno Stato membro), e non sono in alcun modo responsabili dello scoppio di una guerra così stupida come la Prima Guerra Mondiale e così criminale come la Seconda. Durante quest'ultima come durante la Guerra fredda hanno abbattuto o respinto le due grandi minacce totalitarie, hanno democratizzato la Germania e il Giappone e difeso la libertà della Cer rea del Sud. Tutto ciò rappresenta le imprese di cui il Paese è giustamente orgoglioso. Inoltre, grazie alla loro posizione geopolitica - che è una fortuna, non un merito - gli Stati Uniti hanno sofferto molto meno degli Stati europei a causa delle guerre: la patria non è mai stata colpita. Non si può capire bene lo shock dell'll settembre 2001 se non si considera che era la prima

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volta, dalla guerra con la Gran Bretagna del 1812-1815, che il territorio statunitense veniva attaccato. Dopo la Guerra del Vietnam, che è stata quantomeno irresponsabile (anche se ali' epoca è stata fatta passare per una guerra di soccorso del tipo della Guerra di Corea), gli Stati Uniti hanno sostituito il servizio militare obbligatorio generale con un esercito professionale che può essere impiegato molto più facilmente senza proteste pubbliche, anche se ha come conseguenza negativa il fatto che in particolare i più poveri - che cercando un lavoro vanno a finire nell'esercito - siano esposti al pericolo della guerra. L'argomento per cui le democrazie sarebbero più pacifiche dei sistemi autocratici - poiché la popolazione sarebbe più spaventata dalle guerre irresponsabili rispetto a un re che non rischia la sua vita - non è però valido se non c'è più il servizio militare obbligatorio e non sono i figli dei parlamentari a rischiare la vita. Questo argomento così come l'altro fatto per cui il pathos della coraggiosa autodifesa contro il Male in uno spazio senza Stato caratterizza gran parte della storia americana del XIXsecolo e, grazie al cinema western, dell'immaginazione americana del XX secolo spiegano perché gli Stati Uniti siano più inclini alle guerre - sia legittime sia ingiuste - della maggior parte degli Stati europei odierni. Le guerre ingiuste degli Stati Uniti fanno desiderare facilmente ed erroneamente che gli Stati Uniti si ritirino finalmente dal loro ruolo di potenza mondiale. Però la politica isolazionistica degli Stati Uniti negli anni Venti del XX secolo ha creato un vuoto di potere in cui si è potuta preparare la Seconda Guerra Mondiale. In linea generale, i vuoti di potere non sono

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destinati a durare. Se l'Unione Europea non sarà in grado di colmare questo vuoto, lo faranno la Cina e la Russia. Si può a buon diritto dubitare del fatto che il mondo sarà allora più sicuro. Questo è un argomento a favore della presenza globale degli Stati Uniti, non contro di essa. In nessun caso si può rimproverare agli Stati Unitt: in base al proprio umore, che essi siano sia troppo presenti militarmente sia troppo poco. Una tale critica è incoerente e ha contribuito a far sì che, sotto

Trump, le idee isolazionistiche svolgessero di nuovo un ruolo importante - considerando che il Presidente è così volubile, tuttavia, esse non lo hanno fatto in maniera costante. I costi della presenza globale degli Stati Uniti sono altissimi e, alla luce del loro enorme debito pubblico e privato e del loro disavanzo commerciale, ridurre questa presenza è qualcosa di ovvio proprio per coloro che pensano principalmente agli Stati Uniti e non al mondo intero. Ciò vale a maggior ragione se il contributo degli Alleati ai costi per la difesa viene percepito come non adeguato. Anche i membri liberal del Partito Democratico si chiedono come mai si dovrebbe rinunciare alla creazione di uno Stato sociale più generoso come quello europeo per proteggere proprio gli Stati europei, la maggior parte dei quali spende una percentuale molto più bassa del proprio prodotto interno lordo per la difesa (il Belgio ha pagato nel 2017 lo 0,9%, la Germania l'l,2% e gli Stati Uniti il 3,1%4 ). Certo, talvolta ci si dimentica che SIPRI [Stockholm Intemational Peace Research Institute], "Military expenditure by country as percentage of gross domestic product, 1988-2002" (vedi sitografia). 4

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anche gli Stati Uniti hanno approfittato del fatto che, con due sole eccezioni, gli Stati dell'Unione Europea ad esempio hanno rinunciato alle armi atomiche. Il Trattato di Non Proliferazione Nucleare, però, verrà ancora riconosciuto come legittimo solo se, in primo luogo, le potenze nucleari rispetteranno i loro impegni, in base ali' art. 6, di condurre negoziati seri per il disarmo generale e completo e se, in secondo luogo, le potenze nucleari offriranno agli Stati senza armi atomiche una protezione credibile da un attacco da parte di un'altra potenza nucleare. Se dovesse essere revocata la garanzia di sicurezza agli Stati membri della NATO, non è realistico attendersi che rinunceranno a lungo ad un armamento atomico. Il fatto, però, che fosse ovvio per l'Unione Europea fare affidamento sulla protezione degli Stati Uniti non cambia il fatto che sia stato un grave errore da parte degli europei aspettare fino alla presidenza di Trump prima di essere disposti a riflettere più seriamente sul dovere di difendersi in proprio. Ormai se ne sono resi conto e si può solo sperare che non sia troppo tardi. Sicuramente l'Unione Europea si differenzia da altre confederazioni di Stati del passato per il fatto che essa è stata fondata primariamente per finalità di politica economica e non per scopi di difesa (mentre l'unione economica doveva prevenire una nuova guerra tra gli Stati europei). L'Unione Europea era una risposta ali' autodistruzione dell'Europa nelle due Guerre Mondiali e dato che nel mondo bipolare dopo il 1945 solo una superpotenza poteva proteggere dall'altra, la protezione militare dell'Europa è stata essenzialmente affidata alla NATO e alla sua poten-

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za guida, gli Stati Uniti. Il progetto della Comunità Europea di Difesa del 1952 fallì definitivamente nel 1954; e anche l'accordo di mutua assistenza intraeuropea - istituito da otto Stati come suo sostituto nel 1954 -, l'Unione Europea Occidentale, non ha mai avuto importanza ed è stato sciolto nel 2011. Dal Trattato di Maastricht del 1993 c'è una politica estera e di sicurezza comune, dal Trattato di Nizza del 2001 come sua parte c'è una politica di sicurezza e difesa europea (dal 2007: comune), dal Trattato di Lisbona del 2007 c'è perfino un Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. Ma tutto ciò non cambia il fatto che l'Unione Europea non abbia soldati propri e che la politica estera e di sicurezza comune sia il secondo pilastro dell'Unione, quindi non funziona a livello sopranazionale ma a livello intergovernativo, cioè grazie alla cooperazione dei singoli governi-solo se c'è l'unanimità e senza il coinvolgimento del Parlamento. Questo non facilita affatto delle decisioni rapide. I singoli governi degli Stati dell'Unione hanno capacità e tradizioni militari molto diverse - le ex grandi potenze, la Gran Bretagna e la Francia, sono le uniche a disporre di armi atomiche, il Paese economicamente più forte, la Germania, a causa della sua storia è particolarmente restio ad armarsi. Le preferenze in politica estera dei singoli Stati dell'Unione Europea si differenziano nettamente tra loro. Non tutti sono membri della NATO (la neutralità dell'Austria, ad esempio, è addirittura stabilita dalla sua Costituzione) e, viceversa, non tutti i membri della NATO europei, ad esempio la Norvegia, fanno parte dell'Unione. Tutto ciò spiega

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perché quest'ultima, almeno finora, non sia stata in grado di avere una politica estera e di difesa comune mc1s1va. Anzi, anche nella politica commerciale estera è emersa la scarsa uniformità dell'Unione Europea nell'ottobre del 2016 in maniera particolarmente evidente. Anche se gli accordi commerciali sono di competenza dell'Unione Europea, questo vale solo per gli accordi puri, non per quelli misti che riguardano anche temi per i quali gli Stati membri restano competenti. Nonostante i pareri legali contrari la Commissione Europea ha deciso, a giugno 2016, che l'Accordo Economico e Commerciale Globale tra l'Unione Europea e il Canada (CETAf - rispetto a cui c'erano stati dei negoziati tra il 2009 e il 2014-fosse misto, richiedesse cioè l'approvazione da parte di tutti gli Stati membri. Solo nell'ottobre del 2016, nel mese in cui era prevista la ratifica del trattato, il governo belga comunicò però che, nonostante il proprio consenso, non poteva approvarlo perché in base alla Costituzione del Belgio era richiesto anche il consenso dei governi di tutte le sue regioni e comunità. (Lo Stato federale belga è particolarmente complicato, dato che la sua composizione è doppiamente tripartita, mentre i due gruppi delle regioni e delle comunità si distinguono sia per la delimitazione territoriale sia per le rispettive competenze.) la regione della Vallonia era contraria all'Accordo, la comunità di lingua tedesca aveva delle riserve. Ci si era messi d'accordo all'ultimo momento; la cerimonia 5

L'acronimo CETA sta per Comprehensive Economie and Trade

Agreement. [N.d.T.J

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della firma ha dovuto perciò essere rinviata di alcuni giorni. Non si tratta di qui della questione se i dubbi sul CETAfossero obiettivamente giustificati- le obiezioni contro la creazione di una magistratura parallela con gli arbitrati sugli investimenti vanno prese assolutamente sul serio; questi ultimi hanno molto più senso nei Paesi in via di sviluppo che in un'istituzione come l'Unione Europea. Ma il fatto che sia stato possibile bloccare un trattato tra l'Unione Europea, di cui nel 2016 facevano parte più di 500 milioni di persone, a causa di una regione come la comunità di lingua tedesca del Belgio con circa 7 6000 abitanti - cioè l' 1,5 per mille della popolazione dell'Unione Europea - è un'occasione per chiedersi se l'Unione Europea possa davvero funzionare. La Comunità si è rivelata nel suo settore più peculiare, la politica commerciale, incapace di agire - e questo nei confronti di un partner come il Canada, il Paese dell'Occidente transatlantico che era fiero di essere caratterizzato in senso europeo in misura molto maggiore del suo potente vicino a sud, gli Stati Uniti6 •

La differenza principale tra gli Stati Uniti e l'Unione Europea è già implicita in tutto ciò che è stato detto: gli Stati Uniti sono uno Stato e questo controbilancia ampiamente tutti i pregi estetici dell'Unione Europea. Che cos'è l'Unione Europea? È un'istituzione sopranazionale che è stata definita per la prima volta nel 1992 come una "unione di Stati". Questa espressione appare 6

Winkler, op. cit., p. 221.

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già nella fondamentale sentenza su Maastricht della Corte Costituzionale Federale Tedesca del 12 ottobre 1993. Con essa si intende un a stretta associazione di Stati a lungo termine che però restano sovrani, diversamente da quanto accade in uno Stato federale. Questa associazione esercita l'autorità sovrana su base contrattuale, ma i suoi principi fondamentali sono a esclusiva disposizione degli Stati membri e in essa i cittadini degli Stati membri rappresentano l'ultima istanza di legittimazione. Malgrado l'espressione originale - che sembra annunciare qualcosa di completamente nuovosuonasse molto promettente, la sua definizione in realtà ripete che l'unione di Stati non è qualcosa di terzo tra una confederazione e uno Stato federale, ma soltanto un caso specifico - che va sottolineato particolarmente - di confederazione. Infatti, la differenza tra Stato federale e confederazione è molto precisa: in uno Stato federale la competenza sulle competenze, cioè il potere - da cui dipende tutto - di cambiare la Costituzione, fa capo sia agli organi centrali sia agli Stati membri; e perciò, in condizioni normali (si può ignorare in questa sede la rara eccezione in cui la Costituzione federale lo conceda esplicitamente), nessuno Stato membro può dichiararsi indipendente senza il consenso del governo federale. Abbiamo già visto che la situazione nell'Unione Europea è diversa, di fatto e di diritto. In ogni caso, si può riconoscere che l'Unione Europea è una confederazione particolarmente affiatata. Non soltanto essa dispone - come molte altre confederazioni, anche se non tutte - di un'organizzazione ombrello, ma dal Trattato di Lisbona i suoi cittadini sono anche soggetti

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al diritto internazionale. Questo però non farà di essa uno Stato federale. La storia insegna che le confederazioni di Stati non sono stabili - perché ogni membro si riseiva il diritto di uscirne. Esse crollano - oppure vengono trasformate in Stati federali. La storia insegna anche che questa trasformazione solo di rado avviene in maniera pacifica. La vecchia Repubblica delle Sette Province Unite dei Paesi Bassi - una federazione - è diventata uno Stato unitario con l'invasione francese del 1795; la Svizzera è diventata uno Stato federale solo nel 1848 dopo la guerra del Sonderbund - avvenuta senz' alcuno spargimento di sangue -violando il Patto federale in vigore, in Germania c'è voluta la Guerra austro-prussiana del 1866 che ha portato all'annessione di più Stati da parte della Prussia. L'esempio più famoso di transizione pacifica sono gli Stati Uniti che nel 1787, grazie a una nuova Costituzione, da una confederazione di Stati si è trasformato in uno Stato federale. Fa parte del repertorio dell' autoelogio americano che solo gli Stati Uniti siano stati in grado di fare questo passo grandioso. Purtroppo, questo non è del tutto falso. Infatti, le transizioni pacifiche sono in effettimolto rare. Perché? Beh, perché i popoli cedono malvolentieri la sovranità e i politici cedono malvolentieri il potere. Questo motivo psicologico è almeno tanto importante quanto le oggettive difficoltà che si incontrano durante il processo di trasformazione - difficoltà che possono essere superate nel caso in cui ci sia sufficiente omogeneità culturale, se solo lo si voglia, come dimostra l'esempio delle transizioni violente. Ma non lo si vuole. Il caso eccezionale degli Stati Uniti risulta dai seguenti tre fattori: il pe-

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riodo dell'indipendenza è stato molto breve, la lingua e il sistema giuridico erano quasi identici, la minaccia di Gran Bretagna, Francia e Spagna era quantomeno avvertita, e si credeva che solo con una Costituzione federale si sarebbero potute superare le difficoltà nella cooperazione economica. In particolare, però, fin dalla Guerra d'Indipendenza c'era la consapevolezza di una missione americana che si manifestava, tra l'altro, nella discussione - altamente qualificata dal punto di vista intellettuale - sulla nuova Costituzione. Sicuramente, all'inizio, i padri del processo di unificazione europea avevano una consapevolezza simile, ispirata moralmente, del compito di porre fine alla serie interminabile di guerre intra-europee. Certo non c'è mai stato un grande piano strategico, ma si è proceduto in modo risoluto da un successo ali' altro nell'unificazione delle politiche europee. La struttura attuale dell'Unione Europea è un compromesso tra la sovranazionalità, per come caratterizza la Commissione Europea e il Parlamento Europeo, e l'intergovernatività, per come viene messa in pratica nel Consiglio dell'Unione Europea (cheviene chiamato informalmente "Consiglio dei Ministri"), ad esempio nella politica estera e di sicurezza comuni, dove quindi, come abbiamo già detto, tutti i singoli governi devono essere d'accordo. In linea di principio, sarebbe possibile sviluppare ancora, con cautela, questa struttura fino a che diventi uno Stato federale, rinunciando al principio dell'unanimità su tutte le questioni. Come obiettivo finale di una tale evoluzione, il Parlamento Europeo e il Consiglio dei Ministri come seconda Camera - cioè come una Camera dello Stato corrispondente al Consi-

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glio federale tedesco - sarebbero i due organi legislativi dell'Unione Europea; la Commissione diventerebbe un governo che verrebbe eletto dal Parlamento. In questo rispetto, nel 2014, c'è stato un qualche progresso. Certo, il Consiglio Europeo giuridicamente non è obbligato a proporre al Parlamento il candidato di punta del partito maggiore come Presidente della Commissione. Però il Consiglio, secondo l'Articolo 17 comma 7 del Trattato sull'Unione Europea, ha il dovere di "tenere conto" dei risultati delle elezioni al Parlamento Europeo-qualunque cosa ciò voglia dire. Non si dimentichi: il diritto europeo non è coerente, ma è il risultato di continui compromessi tra molti Stati; perciò ha più disposizioni vaghe di un sistema giuridico meramente nazionale e di quanto faccia bene a un ordinamento politico. Nel 2014 il Consiglio Europeo ha trovato un accordo, effettivamente, sul vincitore delle elezioni parlamentari - il che in futuro potrebbe non risuccedere (ed infatti così è awenuto nel 2019). In ogni caso, si è molto lontani da una completa parlamentarizzazione del governo dell'Unione Europea, poiché è il Consiglio che deve proporre un candidato al Parlamento che può solo votarlo o rifiutarlo. Fino a vent'anni fa si poteva ancora ritenere che l'Unione Europea si stesse avvicinando lentamente ma inesorabilmente a un futuro Stato federale. Soprattutto l'introduzione della moneta comune, l'euro, ormai in 19 Stati, avrebbe forse dovuto accelerarequesta evoluzione. Purtroppo, però, la concezione degli Stati Uniti d'Europa oggi non è più vitale. Perché? In primo luogo, manca una discussione a livello europeo sugli sviluppi ulteriori dell'Unione Europea - non c'è nulla che sia

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anche solo lontanamente paragonabile alle discussioni americane sulla Costituzione degli anni Ottanta del XVIII secolo. Il "Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa" è fallito nel 2005 tra l'altro per il fatto che la Costituzione prevista, in maniera completamente diversa da quella statunitense, era un insieme di articoli che rifletteva innumerevoh compromessi e non è stata concepita in maniera coerente. Tuttavia, il fallimento di quel trattato non era necessario - esso è derivato dalle decisioni dei governi francese e olandese di indire dei referendum. Come nel caso della Brexit, non c'era nessuna necessità giuridica di farlo; anche qui la delega al popolo è stata una fuga dalle responsabilità. Certo nel Trattato di Lisbona che è entrato in vigore nel 2009 la maggior parte del Trattato Costituzionale è stata attuata in ritardo, ma è svanito completamente l'impulso che inizialmente era collegato all'idea della Convenzione Europea sul Futuro dell'Europa convocata nel 2001. Nessuno sa oggi come sarà l'Unione Europea tra vent'anni e solo a pochi interessa. Il "Libro bianco sul futuro dell'Europa" della Commissione Europea, del 2017, certo cita cinque scenari per l'Unione Europea nel 2025: avanti così; solo il mercato unico; chi vuole di più fa di più; fare meno in modo più efficiente; fare molto di più insieme7• Però non sceglie nessuno degli scenari e non dice chiaramente che il primo porterebbe necessariamente al declino dei risultati raggiunti e che il quinto, almeno per ora, non è un'alternativa reahstiEuropaische Kommission, Weissbuch z.ur Zukunft Europas. Die EU der 27 im Jahr 2025 - Uberlegungen und Szenarien (vedi sitografia). 7

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ca. La politica dell'Unione Europea viene definita da amministratori dello status quo; mancano dei concetti innovativi, anche se solo l'innovazione preserverà i risultati raggiunti finora. Senza l'innovazione essi si disgregheranno. Anche se la maggior parte dei cittadini traessero vantaggio dall'Unione Europea, in secondo luogo, sempre meno di loro sarebbero consapevoli dei motivi che hanno portato a questo progetto. Coloro che hanno vissuto gli orrori della Seconda Guerra Mondiale sanno che più di settant'anni di pace in Europa non sono scontati. Però proprio coloro che hanno goduto di questa pace per tutta la loro vita non riescono più a immaginarsi lo scoppio di una guerra e non capiscono quali istituzioni li proteggono. È giusto dire che soltanto una piccola minoranza degli europei capisce davvero il funzionamento dell'Unione Europea. Manca a tutt'oggi un'opinione pubblica europea davvero funzionante - ovviamente, anche perché non c'è nessuna lingua comune, però la Svizzera, ad esempio, mostra che i Paesi multilingue possono funzionare senza problemi-, nei programmi scolastici europei non c'è quasi nessuna lezione sugli obiettivi, gli sviluppi e le istituzioni principali dell'Unione Europea, manca un gruppo di intellettuali appassionati che, così come quelli italiani e tedeschi del XIX secolo, difendano l'ideale politico dell'unificazione, e mancano dei politici che non amministrino lo status quo semplicemente come burocrati, ma che elaborino delle concezioni per il futuro. Alle coppie di Valéry Giscard d'Estaing e Helmut Schmidt e di François Mitterand e Helmut Kohl - che, nonostante le diverse affiliazioni di partito,

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avevano una comune dedizione all'idea di Europa non ne è seguita finora nessuna paragonabile, anche se ogni progresso dell'Unione Europea dipende dalla stretta collaborazione tra Germania e Francia. In terzo luogo, l'allargamento dell'Unione Europea agli Stati dell'Europa centrale, nordorientale e sudorientale, dal 2004 al 2013, non si è dimostrata utile al consolidamento dell'Unione. Certo, da una parte, è stato giusto non respingere gh Stati che aspiravano a ad aderire al mondo delle democrazie e del mercato, dopo il crollo della Jugoslavia, dell'Unione Sovietica e del Patto di Varsavia. Dall'altra parte, in questo modo l'eterogeneità degh Stati membri dell'Unione Europea è aumentata notevolmente. Ciò riguardava, all'inizio, non tanto il diritto costituzionale (anche se questo sta ormai accadendo, come è emerso chiaramente nell' analisi dei recenti sviluppi di Ungheria e Polonia) quanto gh usi e costumi che, soli, danno vita a una Costituzione. La diffusa corruzione, ad esempio, in Romania è come minimo un problema tanto di mentalità quanto di diritto. Si è però obiettato e si obietta, non a torto, che l'integrazione nell'Unione Europea sia il mezzo più proficuo per elevare questi Stati a una cultura giuridica superiore; e non si può contestare, ad esempio, che la pacificazione dei Balcani dopo la guerra in Jugoslavia sia stata anche una conseguenza della prospettiva di una possibile adesione all'Unione Europea, in caso di buona condotta. Considerati gli argomento pro e contro l'allargamento dell'Unione Europea ci sarebbe soltanto una soluzione ragionevole - un'Europa a diverse velocità. Quest'ultima non viene esclusa dal diritto comunitario, purché l'adesione non venga ne-

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gata a nessuno. In effetti, la moneta comune è stata adottata solo dall'Eurozona. Gli Accordi di Schengen sull'eliminazione progressiva dei controlli alle frontiere interne dei Paesi che vi partecipano - originariamente stabiliti in base al diritto internazionale e successivamente vincolati al diritto comunitario - non sono validi in Gran Bretagna e in Irlanda, ma lo sono invece in Stati europei che non fanno parte dell'Unione. Chi desidera un consolidamento di quest'ultima non può fare altro che sostenere la scelta di una maggiore cooperazione di chi ne abbia voglia. Dato lo stato attuale dell'Unione Europea, non si può sperare in progressi nella cooperazione- troppi Stati devono decidere insieme. Se la cooperazione dovesse rivelarsi una storia di successo, altri Stati vorranno e potranno unirsi ad essa; ma non possono avere il diritto di ostacolare i progressi degli altri. Come già detto, la forza trainante di questo processo deve partire da Germania e Francia; e la presidenza di Macron rappresenta un'opportunità che potrebbe, presto, sparire di nuovo e non dovrebbe andare sprecata. Il quarto motivo per la riduzione dell'entusiasmo europeo è forse ancora più forte del fallimento dei piani costituzionali, della mancanza di un'opinione pubblica europea così come di politici europei convinti e convincenti e del fatto che l'Unione Europea abbia raggiunto una dimensione tale che non ne rende semplice uno sviluppo ulteriore. Si tratta del fatto che, nell'ultimo decennio, l'Unione Europea è stata percepita come sempre più incapace di risolvere le questioni sostanziali urgenti. Ciò corrisponde sicuramente solo in parte ai fatti - siccome i media si concentrano

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preferibilmente sulle brutte notizie, le persone sono molto meno consapevoli degli enormi successi dell'Unione Europea nella conservazione dell'ordine intraeuropeo che dei suoi fallimenti. I due problemi che tengono occupata l'Unione Europea dal 2010 sono, in primo luogo, la crisi dell'euro e, in secondo luogo, la crisi dei rifugiati, quindi un problema intra-europeo e uno che rientra nella politica estera dell'Unione, non riguarda cioè né il rapporto con l'Occidente transatlantico né quello con le nuove potenze mondiali in ascesa, ma quello con i Paesi in via di sviluppo. Ciò che è comune ai due problemi è che l'organizzazione sovranazionale dell'Unione Europea ha accettato dei compiti, dalla maggior parte degli Stati membri, che rientrano tra i compiti classici degli Stati nazionali vale a dire la conservazione della moneta e la difesa dei confini esterni-, per i quali essa, però, sembra essere attrezzata meno bene di quanto lo fossero, di regola, gli Stati nazionali. Solo un economista ha le competenze per un'analisi più precisa della prima crisi; perciò dovrò essere breve. Evidentemente, in essa concorrono una crisi del debito pubblico, una crisi bancaria e una crisi economica che si rafforzano a vicenda. Si è dimostrato economicamente insostenibile l'elevato debito pubblico - soprattutto nei Paesi dell'Europa meridionale (e oggi nei Paesi emergenti) - per il quale hanno una grande responsabilità anche le banche che hanno concesso prestiti a tassi d'interesse molto bassi, anche se all'inizio le loro perdite erano state sostenute dagli Stati dell'Unione Europea, in base al principio "too big to fail" ["troppo grande per fallire"]. Infatti, questo debito non è servito

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per fare degli investimenti per cui ci si può e ci si deve indebitare, ma principalmente per fornire assistenza alla propria clientela. Questo è stato, in particolare, il caso della Grecia la cui amministrazione elefantiaca è tra le più inefficienti d'Europa (ad esempio rispetto alla riscossione delle tasse) e la cui economia non era competitiva, perché gli stipendi erano cresciuti molto più della produttività. Sarebbe stato meglio, perciò, che il Paese non fosse entrato nell'euro. È stato particolarmente irritante il fatto che in Grecia il deficit di bilancio statale dal 2000 al 2008 fosse in media ogni anno il doppio del 3% che era stato fissato, nel 1997, nel Patto di Stabilità e Crescita prima dell'introduzione dell'euro. In questo come in molti altri casi, però, non è stata applicata nessuna delle sanzioni in effetti previste ma non obbligatorie, non solo ma sicuramente anche perché la Grecia aveva pesantemente ingannato l'Unione Europea con dei trucchi contabili per cui è stata sostenuta da banche americane come Goldman Sachs. A causa dell'assenza di sanzioni la credibilità di quel patto è stata danneggiata in maniera irreparabile; si diffuse l'opinione secondo cui i principi fondamentali dell'Unione Europea sarebbero più delle raccomandazioni benevole che un diritto armato di sanzioni serie. In ogni caso, il Patto di Bilancio Europeo8 del 2012 ha cercato di limitare il nuovo indebitamento degli Stati membri anche con un maggiore automatismo nell'applicazione delle sanzioni; dato che però questo trattato è stato rifiutato da Gran Bretagna e Repubblica Nei media e nel dibattito pubblico italiani esso è noto perlopiù con l'anglicismo Fiscal Compact. [N.d.T.] 8

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Ceca, esso è valido solo per il diritto europeo, non per il diritto comunitario. L'introduzione dell'euro, che ha reso possibili i bassi tassi di interesse, ha ostacolato l'adeguamento delle singole economie nazionali, dato che una politica monetaria indipendente non è più possibile. Non è possibile né una politica monetaria espansiva, cioè aumentare a piacimento la quantità di denaro in caso di recessione, né svalutare la moneta per aumentare la competitività dei propri prodotti. Però anche uscire dall'euro, nel caso di uno Stato fortemente indebitato, difficilmente può essere una soluzione, perché i debiti devono essere ripagati in euro e la spesa per gli interessi aumenterebbe in maniera insopportabile. Una procedura di insolvenza per gli Stati, notoriamente, ancora non esiste. Certo, la crisi greca è stata tenuta in una certa misura sotto controllo grazie alla "Troika" - costituita dalla Banca Centrale Europea, il Fondo Monetario Internazionale e la Commissione Europea - in un processo difficile che ha vincolato molte energie politiche che non erano più disponibili per altri compiti, più orientati al futuro; ma questo si deve al fatto che l'economia greca non è tra le maggiori dell'Unione Europea. Il Parlamento greco è stato ampiamente privato della sua capacità decisionale; di fatto non c'era nessun'altra possibilità che accettare le riforme imposte ai greci. Dato che queste riforme erano obiettivamente necessarie, questo processo era positivo nel merito, ma ha rafforzato la sensazione secondo cui l'Unione Europea comprometterebbe le democrazie nazionali (anche i Paesi creditori, dato che l'Eurogruppo ha preso importanti

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decisioni senza coinvolgere i Parlamenti), senza però essere essa stessa uno Stato federale legittimato democraticamente. È stato particolarmente istruttivo il destino del referendum greco del luglio del 2015 che il governo di T sipras ha indetto per decidere se accettare o respingere le proposte della Troika -il primo referendum dopo quello che nel 1974 aveva abolito la monarchia. Certo, il Consiglio di Stato greco, la suprema corte amministrativa e costituzionale, non concordava sul fatto che il referendum fosse incostituzionale, anche se le misure fiscali espressamente, secondo l'Articolo 44 comma 2 della Costituzione, non possono essere oggetto di referendum; perché, così si argomentava, si tratta di una questione di sovranità. Il fatto, però, che tra l'annuncio del referendum e il giorno del voto ci fossero meno di due settimane contraddiceva le direttive del Consiglio d'Europa. Il referendum era di carattere demagogico (il "no", ad esempio, era collocato prima del "sì") e ha offerto un chiaro no alle proposte della Troika. Però solo quattro giorni dopo il referendum il governo della più antica democrazia del mondo ha dovuto presentare all'Eurogruppo una proposta che seguiva nella misura più ampia possibile le proposte delle Troika. Raramente l'istituto del referendum è stato portato così ad absurdum e il volere del popolo sovrano, per di più su una questione di sovranità, è stato ignorato in maniera così evidente. Ciò che accadrebbe nel caso di una crisi analoga dell'economia - incomparabilmente maggiore - dell'Italia, non lo si può immaginare, soprattutto se le possibilità della Banca Centrale Europea rispetto alla politica monetaria, nel frattempo,

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sono in gran parte esaurite - difficilmente i tassi di interesse potranno diminuire ancora. Il loro basso livello ha comunque espropriato molti risparmiatori e ha fatto salire i costi degli immobili. L'euro - così è risultato chiaro a molti cittadini dell'Unione Europea - è stato certo un grande successo politico che ha stimolato gli scambi economici all'interno dell'Europa e dal quale ha tratto grandi benefici proprio la Germania come nazione esportatrice. Probabilmente ali' epoca l'euro fu concepito come il motore sulla via verso l'unione politica. Dato però che questo finora non è awenuto, l'euro ha creato un gran numero di nuovi problemi. In particolare, nel medio termine esso mette l'Europa di fronte a una scelta: o la politica monetaria comune viene integrata con una politica .fiscale ed economica comune, oppure l'unione monetaria - e quindi presumibilmente anche l'Unione Europea - sarà vittima della prossima crisi finanziaria. Lo stato attuale non è sostenibile nel medio termine. Le mezze misure hanno delle conseguenze negative - non solo in politica - quasi sempre. Ancora più minacciosa della crisi dell'euro, per l'Unione Europea, è la crisi dei rifugiati che, così come per le conseguenze della crisi dell'euro, non si può risolvere sulla base di iniziative nazionali9. Però questa intuizio~ Rispetto a quanto segue vedi il mio saggio "Principles of morals, natural law, and politics in dealing with refugees" in Towards a Participatory Society: New Roads to Socialand Cultura! Integration, a cura di P. Donati, Vatican City 2018, 260-286, che tratta soprattutto le questioni morali e i complessi problemi giu-

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ne piuttosto ovvia, purtroppo, non genera la capacità di collaborare - la storia è piena di esempi di alleanze che, nonostante le minacce gravissime dall'esterno, non hanno trovato la motivazione per cooperare più intensamente. La crisi dei rifugiati che ha colpito l'Europa con la massima violenza nella seconda metà del 2015, cioè poco prima dell'anno fatidico, il 2016, è pericolosa per l'Unione Europea non solo pohticamente, soprattutto perché il problema continuerà ad aumentare nel medio periodo; anche teoreticamente, per il filosofo morale esso è il problema morale più complesso del nostro tempo. Su questa questione, infatti, si scontrano il principio universalistico che concede a tutti gli esseri umani determinati diritti fondamentali, e l'intuizione fondamentale della filosofia pohtica che i diritti siano più che meri desideri solo se c'è un sistema politico che li faccia valere, e che questo sistema stesso abbia determinate condizioni di funzionamento. II problema teoretico è così complesso che quando lo si affronta nella realtà sociale si arriva molto facilmente alla polarizzazione tra universahsti e nazionahsti. Si può osservare questa scissione nella maggior parte delle democrazie occidentah, ma essa è particolarmente evidente in Germania dove è più diffuso che altrove un astratto universahsmo come compensazione dei crimini nazisti. Questo fa onore ai tedeschi, ma non rende più semphce trovare una soluzione nel proprio Paese e, a maggior ragione, all'interno dell'Unione Europea.

ridici in maniera molto più dettagliata di quanto sia possibile in questo saggi.o.

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Può sorprendere che io parli di "universalismo astratto" anche se io stesso sostengo un'etica universalistica. Ma per quanto la contestazione del dovere fondamentale di prendere sul serio il bene di tutti gli esseri umani - anche i più poveri del mondo- sia molto peggio dell'universalismo astratto, altrettanto poco si può considerare quest'ultimo come la migliore forma di morale. La parola "buonismo" è inadeguata; infatti, non c'è niente di più importante dell'essere buoni e se ciò viene sminuito da quel termine, allora è meglio cancellarlo dal proprio vocabolario. Ciò però non cambia il fatto che questo concetto colga un problema che esiste senz'altro e che forse viene definito nella maniera migliore con l'espressione ((moralismo". C'è una forma di eccitazione morale che non è utile alla soluzione dei problemi morali, anche se - da un punto di vista soggettivo, sinceramente - ambisce proprio a questo. In quale misura? Bene, il moralista agisce per lo più sulla base di emozioni talvolta positive come la compassione, talvolta negative come l'indignazione. Ovviamente contro tali sentimenti morali non c'è niente di fondamentale da dire. Anche chi non ponga in essi il fondamento ultimo della morale deve riconoscere che essi motivano il comportamento umano in maniera molto più forte di intuizioni puramente intellettuali. Ma proprio perché si tratta di emozioni e passioni, coloro che sono determinati solo da esse reagiscono spesso senza categorizzare in maniera eticamente chiara o senza considerare le conseguenze della propria azione. Il controllo delle passioni è però sempre necessario, anche se si tratta di passioni dalla coloritura morale.

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Per quanto riguarda il problema delle categorie, non è chiara ad ogni moralista quella che è una intuizione elementare dell'etica, cioè che dal punto di vista morale ci sono delle differenze enormi tra atti ed omissioni. Il dovere di non uccidere nessuna persona è valido universalmente (tranne che in situazioni di legittima difesa e di emergenza, tra cui il tirannicidio); il dovere di aiutare gli altri non può però essere valido universalmente, perché non si possono aiutare tutti e il dover dare presuppone il poter fare. Due esempi possono illustrare più da vicino quello che intendo quando dico che non si tiene conto delle conseguenze. Voler rovesciare un dittatore sanguinoso può sembrare, a prima vista, un atto nobile. Se però questo non riesce subito, ma segue un'orribile guerra civile che dura anni, come in Siria, oppure il dittatore viene rovesciato ma dilaga l'anarchia nel Paese, come in Libia, oppure singole zone del Paese si rendono autonome sotto regimi ancora più terribili, come in Iraq sotto lo Stato Islamico, allora colui che ha iniziato questi processi ha agito in maniera imprudente, e la purezza delle sue intenzioni non lo può assolvere dalla colpa per queste terribili conseguenze, se queste ultime erano prevedibili. Le conseguenze delle proprie azioni derivano, tra l'altro, anche dal fatto che un'azione, inevitabilmente, viene interpretata come un modello per le altre, perché gli esseri umani pensano in termini generali. Nel singolo caso, ad esempio, può sembrare moralmente giusto dire in un processo qualcosa che non corrisponde al vero, se ciò scagiona l'imputato della cui innocenza si è convinti con buone ragioni. Una breve riflessione però mostra che, proprio su base universalistica, ognuno

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può prendersi questo diritto se lo fa un singolo, e che prima o poi ciò porterà necessariamente al crollo di un sistema giudiziario giusto e della fiducia in esso. Quindi non si può mentire davanti alla corte nemmeno se questo aumenta la probabilità che un innocente venga assolto. Proprio le decisioni pohtiche che avvengono nella sfera pubbhca devono procedere in conformità al diritto, cioè secondo principi universah, e devono tenere conto delle loro conseguenze prevedibili. I sentimenti morah, inoltre, non sono duraturi. È perciò estremamente importante che esistano delle istituzioni che facciano per così dire in maniera meccanica - cioè senza ricorrere sempre ai sentimenti - quello che è moralmente giusto. Il diritto è un tale meccanismo che è durevole perché stabilizza le aspettative reciproche rispetto a ciò che è giusto. N egh annah della storia si registrano soltanto quei pohtici che riescono a plasmare delle istituzioni durature come un emendamento della Costituzione o della Legge Fondamentale, un'organizzazione internazionale o un cambiamento di mentahtà a lungo termine, anche se nel loro lavoro godono in vita, forse, di minore attenzione di coloro che sono capaci di suscitare emozioni mediatiche. Ovviamente, c'è anche un diritto ingiusto; ma allora il compito, in generale, è proprio quello di trasformarlo in un diritto giusto, non di lasciarsi alle spalle la sfera del diritto in quanto tale. Un cittadino responsabile deve inoltre essere consapevole dei presupposti che reggono l'ordine sociale al cui interno c'è molto di ammirevole dal punto di vista morale. Un tale presupposto è che in generale - non in ogni singolo caso - impegnarsi per l'ordine sociale sia anche nel proprio interesse.

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Infatti, dato che l'altruismo puro non è troppo diffuso, le istituzioni statali che presuppongono un altruismo eccessivo raramente sono stabili. Ho usato la restrizione "statali" perché, ovviamente, sono estremamente utili quelle istituzioni private i cui membri si impongono tutti degli alti requisiti morali. Però il moralista, che agisce nel trasporto di un sentimento altruistico, è spesso incapace di una valutazione realistica del prossimo. Tende a suggerire delle redistribuzioni senza pensare che molti si difenderanno, eventualmente, con la riduzione dei posti di lavoro, e ignora spesso la necessità della difesa nazionale, perché si rifiuta di fare i conti con le intenzioni aggressive degli altri Stati. È particolarmente spiacevole se egli diffama moralmente coloro che, tenendo conto delle conseguenze di un'azione, privilegiano delle scelte che si basano assolutamente su valori simili ai suoi ma - considerando le conseguenze più in generale - contraddicono il suo sentimento morale spontaneo. Sorge un'enorme contraddizione performativa, se viene rifiutata ogni condanna morale - ad esempio di determinate usanze di culture diverse dalla nostra, come l'infibulazione femminile -, ma per farlo si scarica la propria aggressività morale contro le usanze "eurocentriche" che distinguono in maniera più chiara tra giusto e sbagliato. Il problema morale dello status dei rifugiati, cioè di persone che non godono più della protezione del sistema giuridico del proprio Paese, anzi, talvolta ne sono perseguitati e che perciò si rivolgono ad altri Stati, è antichissimo. Svariate tragedie greche trattano di questo, due addirittura con lo stesso titolo: "Le supplici" rispettivamente di Eschilo ed Euripide. Ma

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anche gli "Eraclidi" di Euripide e l"'Edipo a Colono" di Sofocle affrontano questo problema del quale si è awertito presto che aveva un potenziale tragico, poiché si basa sul conflitto tra il grido d'aiuto di persone innocenti e i diritti dei propri concittadini. Tuttavia, il problema si è aggravato nella modernità poiché la sua etica è esplicitamente universalistica. Da una parte, lo straordinario successo della modernità, come abbiamo mostrato nel primo capitolo, si basa sull'attuazione di un'etica egualitaria rispetto alle norme gerarchiche delle società corporative tradizionali. È nella natura di questa etica il fatto che aspiri ad attuarsi a livello mondiale; e non è un vero universalista colui che si accontenta delle disparità internazionali che sono aumentate, a partire dal XIX secolo, proprio a causa dei successi del progetto della modernità. Dall'altra parte, l'etica della modernità è più individualistica di quella premodema. Forme di assistenza verticale, inizialmente, sono state sostituite in larga misura da un appello a prendersi cura di se stessi. Talvolta questo appello si basava su una assolutizzazione egoistica del proprio utile, talvolta era però un risultato della convinzione secondo cui, di norma, l'autonomia è meglio della dipendenza, in parte in sé, in parte perché solo essa porta al superamento della povertà in maniera durevole. Tuttavia, dopo che un certo livello di benessere è stato raggiunto, si è sviluppato nella maggior parte dei Paesi occidentali uno Stato sociale, anche se in gradi molto diversi, che tramite una redistribuzione al suo interno impedisce la povertà assoluta. Ciò riduce la disuguaglianza interna, ma aumenta la disparità di trattamento verso l'esterno, poiché i benefici sociali

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vengono concessi solo ai cittadini del proprio Paese. Difficilmente potrebbe essere altrimenti, poiché nessuno Stato potrebbe permettersi di concedere a tutte le persone gli stessi benefici. L'antipatia nei confronti dei migranti - spesso particolarmente marcata proprio nelle classi più povere - è spiacevole, ma difficilmente può sorprendere; infatti esse sospettano, spesso non a torto, che sosterranno loro una parte sproporzionata dei costi dell'accoglienza dei rifugiati - sia con una limitazione dei benefici sociali alle persone del posto, sia con la maggiore concorrenza nel mercato degli alloggi e del lavoro. A maggior ragione, nessuno Stato potrebbe permettersi di aprire completamente le proprie frontiere e accogliere tutti coloro che intendono trasferirvisi. Certo, nessuno Stato giusto può impedire a un cittadino di emigrare, ma ciò non implica affatto che debba lasciare entrare chiunque - anche qui regna l' asimmetria tra agire e omettere. Alcuni Stati più piccoli non avrebbero nemmeno lo spazio necessario e nessuno avrebbe i mezzi necessari (ne avrebbero tanti meno quanto più generoso è lo Stato sociale). Anzi, ciò che è ancora più importante: anche i risultati raggiuntifinora potrebbero venire meno poiché non ci sarebbero più i presupposti in termini di mentalità che sostengono lo Stato di diritto e lo Stato sociale. Infatti, molti che arrivano fuggono da culture che non sono Stati di diritto e non hanno un'economia nazionale funzionante, perché mancano ancora le condizioni culturali necessarie per questo. Le peculiarità culturali non sono eterne ma soggette al cambiamento, sono però più tenaci di quanto si pensi, perché nell'essere umano è innato

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un istinto di imitazione che, in parte inconsciamente, in parte consciamente, influenza il proprio carattere nell'infanzia e nell'adolescenza. Anzi, anche chi non apprezza la propria cultura, per sopravvivere in essa ed avere successo, vi si adatta. Perciò l'integrazione da una cultura all'altra, se non avviene presto, non è facile nel caso in cui ci siano differenze molto grandi. Oltre al declino della forza economica, che tra l'altro dipende dal capitale culturale di un Paese, e alla corrosione dello Stato di diritto attraverso la formazione di società parallele che diventano zone franche in cui la polizia del Paese ospitante non può più intervenire, nel peggiore dei casi si può temere addirittura una guerra civile se persone di culture molto diverse ven~ono messe insieme come capita, senza integrazione. E però necessario considerare che il grado di affinità genetica, linguistica o religiosa ha poco a che fare con l'integrabilità. Le persone dell'Asia orientale possono essere integrate spesso più facilmente di quelle che vengono da regioni molto più vicine. Come si può risolvere il dilemma tra l'imperativo universalistico di aiutare più persone possibile e l'impossibilità, almeno per il momento, di abolire i confini nazionali? La strategia può essere solo tripartita. Nel primo capitolo sono stati citati il libero scambio e il sostegno nell'adozione di un modello di sviluppo riuscito ed è stato sottolineato che i risultati conseguiti finora sono assolutamente visibili. Senza dubbio, però, bisogna fare ancora moltissimo da entrambi i punti di vista. L'Africa deve avere finalmente un'opportunità di esportare i suoi prodotti tessili e agricoli nei Paesi ricchi industrializzati, e si devono

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fare molti più investimenti nelle tecnologie ambientali e nelle istituzioni scolastiche dei Paesi più poveri per compiere ulteriori progressi per raggiungere gli Obiettivi del Millennio. A tal fine le condizionalità politiche ed economiche sono del tutto legittime: si aiutano preferibilmente quegli Stati che avviano delle riforme economiche e politiche, ad esempio migliorano la loro governanee; perché a queste condizioni il proprio aiuto raggiunge molte più persone. A causa del grande numero di giovani (che causeranno una crescita ulteriore della popolazione), i Paesi africani devono investire, in media, circa il 10% del reddito nazionale pro capite annuale per il finanziamento di un anno di scuola per ogni bambino10 • Perciò, molti bambini non possono frequentare la scuola secondaria, il che li condanna di solito a una vita di povertà; e con la Quarta rivoluzione industriale il loro destino non diventerà più facile. Ogni dollaro investito in un anno in più di istruzione per bambini che vengono da famiglie a basso reddito genera circa dieci dollari nel reddito successivo e nel guadagno in termini di salute11 • Concentrarsi negli aiuti allo sviluppo e in questo ambito sull'istruzione, però, significa anche che i mezzi destinati ad altri scopi devono essere ridimensionati. Dato che l'assistenza di una persona povera in un Paese d'accoglienza ricco costa molto più

10 VediJ. D. Sachs, "The West'sBroken PromisesonEducation Aid" (vedi sitografia). 11 ICFGEO [Intemational Commission on Financing Global Education Opportunity], "The Learning Generation. Investing in education far a changing world" (vedi sitografia).

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che nel Paese di origine, proprio se si vogliono aiutare il maggior numero possibile di persone, è assolutamente legittimo non permettere l'ingresso a questa persona, se lascia la sua patria solo per motivi economici. Il mio argomento presuppone che i mezzi sono limitati, il che è banalmente vero (anche l'altruismo è una risorsa scarsa); poi però è necessario cercare la soluzione più efficace. Questa non può consistere nell'accoglienza di quante più persone possibile, ma nell'aiutare sul posto molte più persone. Non è perciò una decisione morale sostenibile quella della Svezia e dell'Olanda di ridurre gli aiuti allo sviluppo nel 2015 per avere a disposizione più risorse per la crisi dei rifugiati (mentre è opportuno sottohneare che entrambi questi Paesi erano due dei soli cinque che hanno investito lo O, 7% del loro prodotto intemo lordo negli aiuti allo sviluppo - un numero che dal 1970 è un obiettivo non vincolante). Tuttavia, si deve riconoscere che il massiccio esodo degli ultimi anni ha fatto crescere la consapevolezza della necessità di nuove forme di cooperazione tra l'Unione Europea e l'Africa, in parti.colare dell'apertura di mercati agricoli europei. In tutta onestà si deve supporre che, a breve termine, il miglioramento della situazione economica farà crescere il numero dei migranti economici, dato che più persone potranno permettersi di pagare gli scafisti. A medio termine, però, ciò avrà le conseguenze desiderate - come pure la riduzione della mortalità infantile per prima cosa aumenta il numero di bambini, poi però porta a una maggiore programmazione e quindi a una diminuzione del numero di bambini.

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Oltre agli aiuti sul posto, in secondo luogo, è necessaria una intelligente politica migratoria basata sul proprio interesse. Questo vale a maggior ragione perché la popolazione dell'Unione Europea è in una fase di riduzione su cui lo Stato può influire solo in modo assai limitato. La decisione di mettere al mondo dei figli ha delle conseguenze così radicali per il proprio stile di vita e il proprio reddito che gli aiuti finanziari dello Stato funzionano solo per le classi più povere e, di solito, influenzano il momento della nascita di figli comunque già desiderati piuttosto che il loro numero. I sistemi di previdenza sociale, però, vengono messi sempre più a dura prova dalla riduzione della popolazione e dall'aumento dell'aspettativa di vita. Perciò è estremamente importante che i Paesi dell'Unione Europea assumano soprattutto i giovani provenienti dai Paesi in via di sviluppo, di cui viene impiegata la manodopera e che sono facilmente integrabili nella società. Ali' argomento secondo cui questa fuga di cervelli danneggerebbe i Paesi in via di sviluppo si può replicare che i trasferimenti di denaro che i migranti inviano ai loro cari rimasti in patria sono spesso considerevoli e che l'opportunità di un lavoro meglio pagato ali' estero fornisce degli incentivi per investire nell'istruzione nel Paese di origine. In particolare, però, le popolazioni locali si fanno convincere più velocemente da questa forma di immigrazione, dato che essa è reciprocamente vantaggiosa. Si può certo obiettare che, dal punto di vista della morale soggettiva, essa è meno elegante di un aiuto puramente altruistico, ma se porta a risultati positivi per entrambe le parti, si deve convivere con questa 245

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critica. Il successo dei Paesi meta dell'immigrazione come gli Stati Uniti, il Canada e l'Australia, mostra che una politica migratoria intelligente e cioè inevitabilmente selettiva può essere straordinariamente utile al Paese che accoglie. Selezione significa però anche che non si facciano entrare nel Paese coloro che non scappano da una persecuzione né soddisfano i criteri di ammissione per migranti che non sono rifugiati. Comunicare i criteri di ammissione e la loro effettiva applicazione è decisivo, perché solo così le persone possono essere scoraggiate dal fare un viaggio che spesso può costare loro la vita e che in ogni caso richiede dei mezzi economici che dovrebbero essere investiti molto di più nello sviluppo del proprio Paese. Generare vaghe speranze di essere accolti è più irresponsabile di un chiaro "no" che scoraggia da un tentativo di immigrare solo se è credibile. Ciò che è difficile nel singolo caso, a lungo termine, è più morale. In terzo luogo, è un compito centrale quello di aiutare ogni persona che, ad esempio, non fugga dalla fame ma perché è in pericolo di vita. Fortunatamente, ciò non è affatto solo un imperativo morale ma ha trovato la sua realizzazione - per quanto solo molto parziale - nel diritto positivo internazionale. Più importanti della "Dichiarazione Universale dei Diritti Umani" del 1948, che è stata adottata solo dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e che perciò impegna gli Stati come trattato non vincolante a livello internazionale - sono due pattiinternazionali "sui diritti civili e politici" e "sui diritti economici, sociali e culturali" del 1966 e la "Convenzione relativa

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allo statuto dei rifugiati" del 1952. A ciò si aggiunge il Protocollo del 1967 che ha superato le limitazioni temporali e geografiche della Convenzione di Ginevra sui Rifugiati del 1952. È importante che lo status di rifugiato in senso giuridico venga concesso solo alle persone che, a ragione, non possono non temere di essere perseguitati a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o convinzione politica. Questo, ovviamente, non riguarda chiunque sia vittima di una violenza che ne minacci la vita. Pertanto, la Direttiva 2011/95/EU del Parlamento Europeo e del Consiglio-la cosiddetta Direttiva Qualificata o Direttiva Riconoscimento accorda protezione sussidiaria a coloro che temono "la minaccia grave e individuale alla vita e alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale" (Art. 15, lettera c).I diritti che spettano ai rifugiati sono differenziati in base alla Convenzione sui Rifugiati, a seconda che si tratti di un ingresso illegale, di un ingresso legale o di un diritto di soggiorno già concesso. In tutti questi casi non si tratta soltanto di diritti di difesa, ma anche di diritti positivi: il diritto alla vita implica la concessione di un minimo di sussistenza. È importante però che la Convenzione non obblighi nessuno Stato ad accogliere i rifugiati - i loro diritti emergono solo in caso di attraversamento delle frontiere. Non si tratta, quindi, di un diritto di asilo ma di un diritto in caso di asilo. Al contrario, il vecchio Art. 16, comma 2, della Legge Fondamentale della Repubblica Federale di Germania garantiva un diritto di asilo individuale per i perseguitati politici.

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Dopo la modifica costituzionale del 1993 non possono però più invocare il diritto di asilo gli stranieri che migrino dai Paesi dell'Unione Europea o da un altro Paese terzo sicuro: anche nei cosiddetti Paesi di origine sicuri - che vengono stabiliti per legge - si presume che non ci sia nessuna persecuzione politica (Art. 16a, commi 2 e 3). La conseguenza è che, in base all'Art. 16a della Legge Fondamentale, vengono riconosciuti molti meno richiedenti asilo che in base alla Convenzione sui Rifugiati12 • I difetti dell'attuale regime di protezione dei rifugiati sono evidenti13, La Convenzione protegge solo gli itineranti, cioè quanti riescono ad arrivare in un Paese sicuro e costoro sono raramente quelli che rischiano di più. Anzi, essa non obbliga nemmeno i Paesi di origine a non espellere nessun cittadino. In particolare, però, la Convenzione non prevede nessun meccanismo di compensazione tra gli Stati che devono farsi carico dei rifugiati e non tiene conto della loro capacità di accoglierli ed integrarli. Questo è particolarmente ingiusto perché gli Stati che portano la maggior parte di questo fardello sono prevalentemente quelli più poveri, dato che molto probabilmente sono i loro vicini a creare rifugiati. I dieci Stati che alla fine del2017 hanno accolto il maggior numero di rifugiati sono stati, in quest'ordi-

12 Cfr. i dati del Bundesamtfor Migration und Fluchtlinge ["Ufficio Federale per l'Immigrazione e iRifugiati"]: "Aktuelle Zahlen zu Asyl" (vedi sitografia). 13 Si veda, su quanto segue, l'intelligente relazione di Adrienne Millbank del 2000/2001 per il Parlamento australiano: "The Problem with the 1951 Refugee Convention" (vedi sitografia).

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ne, la Turchia, il Pakistan, l'Uganda, il Libano, l'Iran, la Germania, il Bangladesh, il Sudan, l'Etiopia e la Giordania. Solo due di loro sono Paesi dell'OCSE. 1'85% dei rifugiati vivono in Paesi in via di sviluppo, un terzo perfino nei Paesi meno sviluppatl4 • Allo stesso tempo alcune regole che favoriscono lo status quo sono assolutamente comprensibili: il fatto che i richiedenti asilo debbano fare richiesta di asilo nel Paese di primo approdo ha lo scopo di impedire che si dirigano tutti dove vengono trattati meglio. Anche il cosiddetto asylum shopping [" acquisto dell'asilo"] - cioè presentare richiesta di asilo in diversi Paesi - è problematico; perché impegna moltissime risorse che sarebbe meglio andassero direttamente all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Si pensi: nel 1990, in base alle informazioni fornite da Adrienne Millbanks, i Paesi europei dell'OCSE e il Canada insieme solo per l'esame delle richieste di asilo hanno speso dieci volte di più di quanto fosse a disposizione dell'UNHCR il cui budget, allora, era di circa un miliardo di dollari. Si può disapprovare l'uso dell' espressione asylum shopping per buoni moti.vi, perché è spesso una questione di sopravvivenza, a differenza di quasi tutte le altre forme di shopping. Però in questo modo non scompare il problema oggettivo per cui qui non c'è nessuno stanziamento ragionevole. Senza dubbio l'aumento del budget dell'UNHCR deve quantomeno essere gestito in maniera altrettanto energica dell' accoglienza dei rifugiati per motivi umanitari. Chi non può UNHCR, "31 people are newly displaced every minute of the day" (vedi sitografia). 14

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o non vuole accogliere i rifugiati deve almeno contribuire al loro alloggiamento dignitoso e all'istruzione dei bambini nei campi per rifugiati. Nel lungo periodo può essere giusto solo un sistema che distribuisca i rifugiati in base a criteri come la grandezza del Paese, il numero di abitanti, la potenza economica e la vicinanza culturale, che però, nel caso di quest'ultimo criterio, preveda dei pagamenti compensativi da parte degli altri Stati. Si potrebbe forse pensare anche che venga assegnato all'UNHCR un territorio in cui i rifugiati siano ospitati per un periodo di transizione. Ovviamente, tali regolamenti possono essere realizzati solo con dei trattati internazionali. Un incentivo per aderire a tali trattati potrebbe essere una specie di assicurazione reciproca: soltanto lo Stato che è disposto ad accogliere dei rifugiati dovrebbe potersi aspettare che, in caso di necessità, i suoi cittadini godano della protezione dei rifugiati. L'equità impone anche che gli Stati che hanno una particolare responsabilità per il fatto di creare dei rifugiati abbiano un dovere altrettanto forte di assumersi questa responsabilità. Da un lato, penso a interventi militari ingiusti come quello degli Stati Uniti in Iraq, dall'altro al contributo dei Paesi industrializzati alla distruzione dei mezzi di sussistenza nei Paesi in via di sviluppo con il cambiamento climatico, che già ora rende, e in futuro renderà, molte persone dei rifugiati ambientali. Torniamo all'Unione Europea. Purtroppo, al suo interno, ci sono gli stessi difetti che sono stati evidenziati nel caso del regime globale di protezione dei rifugiati. Il cosiddetto sistema di Dublino - dal 2013 è in vigore il Regolamento EU n. 604/2013, una

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modifica di due regolamenti precedenti (per questa ragione è stato chiamato "Regolamento di Dublino III") - attribuisce la responsabilità dell'esame delle richieste d'asilo in sostanza allo stesso Stato membro dell'Unione Europea in cuiil richiedente è entrato prima (Articoli 13-15). Ciò addossa il peso maggiore agli Stati dell'Europa meridionale, la Grecia, l'Italia, Malta e la Spagna, prima della chiusura della rotta balcanica anche l'Ungheria, perché è lì che i rifugiati arrivano. Questo non può essere giusto se l'intera Unione Europea è giustamente orgogliosa del fatto di fare di più, ad esempio con la protezione sussidiaria, per l'assistenza delle persone che vengono perseguitate rischiando la morte. Anzi, con gli Accordi di Schengen e l'abolizione delle frontiere interne, logicamente la protezione delle frontiere esterne sarebbe dovuta diventare un compito comune (essa, nonostante l'agenzia comunitaria Frontex, è ancora di competenza del rispettivo Stato per quanto riguarda le frontiere terrestri e marittime). Questo vale, però, anche per la gestione di coloro che attraversano le frontiere legalmente o illegalmente. La Germania che è situata in una posizione più vantaggiosa dal punto di vista geografico, però, ancora nel 2013 ha escluso qualsiasi revisione delle norme di competenza del sistema di Dublind5• Anche in questo caso si è avuta una di quelle mezze misure che, nella storia, costano care. Nel 2015, certamente, la Germania sorprese il mondo con una generosità quasi senza precedenti negli C. Pramstaller, "Flickwerk Fliichtlingspolitik" (vedi sitografia). 15

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Stati occidentali nei confronti dei rifugiati. Nella notte dal 4 al 5 settembre la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il Cancelliere austriaco W erner F ayrnann decisero di far passare senza controlli né registrazioni i rifugiati provenienti dall'Ungheria. Merkel si era messa d'accordo con un alleato della sua coalizione, il socialdemocratico Sigmar Gabriel, ma non con l'altro, il Presidente della CSU Horst Seehofer, che non era riuscita a contattare all'ultimo momento. Quali erano i motivi alla base di questa decisione? È proprio della natura umana che ci sia, di solito, una situazione complessa e intricata. Probabilmente, il motivo principale era di natura cristiano-umanitaria, come ben si addice alla figlia di un pastore la cui intelligenza, disciplina e incorruttibilità superano di gran lunga la media dei politici occidentali: Merkel è senz'altro una anti-Trump. Presumibilmente, voleva dare una chance anche ai tedeschi di mostrare con un grande atto simbolico quanto si fossero allontanati dallo spirito anti-universalistico della loro epoca peggiore. Ciò, in effetti, ha funzionato: la cultura dell'accoglienza di cui i tedeschi, all'inizio, hanno dato prova ha influito in maniera molto positiva sulla loro reputazione nel mondo. Oltre a ciò, può aver giocato un ruolo, infine, il fatto che Merkel volesse smentire l'immagine che, secondo i dispacci -pubblicati nel novembre del 2010 da Wikileaks - dell'ambasciatore statunitense a Berlino, Philip Murphy, l'aveva raffigurata come "awersa al rischio e raramente creativa"16 - nelle democrazie moderne, di B. Rohan, "U.S. sees top German diplomat arrogant: WikiLeaks" (vedi sitografìa). 16

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solito, un prerequisito per la carriera politica. Si entra però nella storia solo se ci si impegna per qualcosa di impopolare e ci si rifiuta di scegliere la strada che incontrerà minori resistenze. Si pensi al sostegno della Decisione del doppio binario della NATO da parte di Hehnut Schmidt e ali' attuazione dell'Agenda 2010 da parte di Gerhard Schroder: entrambe erano decisioni giuste e, in entrambe le occasioni, sono costate la carica di cancelliere ai loro autori. In ciò sta il tragico della politica, ma anche la possibilità di essere ricordati. Tuttavia, con un'analisi spassionata è difficile contestare che la decisione di Merkel fosse certamente nobile, ma per molti versi essa non è stata sufficientemente ponderata. Sono consapevole del fatto che la critica da parte di un teorico, che valuta le cose a posteriori e non deve prendere delle decisioni sotto pressione, sia facile. Ma il problema è che l'Unione Europea si era messa da sola sotto pressione perché ha lasciato che le cose accadessero e ha solo reagito invece di adottare delle contromisure. Da mesi si stava preparando la partenza dei siriani dai campi profughi - spaventosamente sottofinanziati - presenti negli Stati confinanti con quel Paese scosso dalla guerra civile. Invece di dare una mano all'UNHCR, il cui budget annuale ancora nel 2017 era solo di 7,7 miliardi di dollari, si è atteso e alla fine si è arrivati a una politica che per un milione di rifugiati in Germania - questo è all'incirca il numero alla fine del 2017 - costa ogni anno al governo federale, ai Lander e ai comuni circa

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30 miliardi di euro17• Si riteneva che questa situazione non sarebbe stata accettata dalla popolazione per molto tempo e avrebbe dato un impulso enorme ai partiti populisti di destra in tutta Europa - essa può aver condizionato anche il voto sulla Brexit. Una legislazione completa- che avesse collegato l'immigrazione in base alle esigenze della Germania e dell'Unione Europea con una generosa accoglienza dei rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra - sarebbe stata maggiormente in grado di generare un consenso sociale duraturo, poiché i migranti non sarebbero stati percepiti primariamente come un fardello. In secondo luogo, effettivamente non c'è stata una discussione politico-morale sulle diverse alternative valide. Certamente ci sono stati innumerevolitalk show, ma le categorie giuridiche e morali fondamentali sono state a malapena spiegate. Talvolta, ci si è comportati come se la Germania fosse stata obbligata per legge ad accogliere i rifugiati nel settembre del 2015, il che semplicemente non è vero. La Cancelliera avrebbe dovuto rivolgersi alla nazione in un grande discorso per spiegare chiaramente le ragioni morali ele conseguenze della sua decisione e in particolare i suoi piani per il futuro. Ma presumibilmente né le sue abilità retoriche né la capacità di attenzione del pubblico tedesco sono state sufficienti per la prosecuzione della grande tradizione dei discorsi politici che da Pericle a Churchill ha 17 Questa è la stima dell'intelligente e onesto Ministro federale per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, Gerd Miiller (W. Bok, "Die Fliichtlingskosten sind ein deutsches Tabuthema" [vedi sitografia]).

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così tanto arricchito la politica occidentale. L'infelice discussione sul limite massimo di rifugiati da accogliere, che è degenerato sempre più in scene di un matrimonio fallito tra la CDU e la CSU, era obiettivamente del tutto superflua poiché è vero che il diritto di asilo tedesco, in effetti, non conosce nessun limite massimo, ma in ogni caso solo poche persone possono fondare la loro permanenza su questo diritto, la Convenzione sui Rifugiati per contro non obbliga nessuno Stato a far entrare i rifugiati nel proprio Paese. Il rifiuto di un limite massimo, invece, ha dato a molti la sensazione che presto chiunque sarebbe potuto arrivare. Il dibattito ha portato quindi a una polarizzazione tra persone che concepiscono la politica esclusivamente come rappresentanza degli interessi della propria nazione nella completa indifferenza per il resto del mondo, e moralisti che non erano disposti nemmeno a discutere quella combinazione di tre strategie sopra proposta, poiché il riferimento a dei criteri di efficienza avrebbe offuscato la purezza della morale. Ha destato preoccupazione, in terzo luogo, il fatto che una decisione così essenziale e con così tanti costi non sia stata presa dal Bundestag (e forse era ancora più preoccupante il fatto che il Bundestag stesso non abbia protestato). Comunque ci si pronunci sulla questione costituzionale (la sentenza della Corte Costituzionale Federale nell'autunno del 2018 riguardava solo il diritto di ricorso di Alternative fur Deutschland), anche dal punto di vista politico è stato poco saggio non far decidere al Parlamento. In questo modo l' accoglienza dei rifugiati avrebbe ottenuto una maggiore legittimazione e con lo stato d'animo di allora nel Paese

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si sarebbe raggiunta senza dubbio la maggioranza. È degno di nota che nelle due tragedie di Eschilo e di Euripide intitolate "Le supplici" il sovrano si rifiuti espressamente di dare una garanzia di protezione prima di chiedere il consenso al popolo18 • In quarto luogo, infine, non poteva sorprendere il fatto che gli altri Stati dell'Unione Europea non abbiano seguito la Germania (anzi, anche l'Austria ha cambiato rapidamente la sua politica). Infatti, gli altri Stati non erano stati consultati; non si potevano perciò sentire obbligati ad una generosità che la Germania e l'Austria avevano deciso da sole. Dal punto di vista della tattica negoziale l'operato di Merkel difficilmente può essere considerato intelligente. Se avesse resistito ancora un po' alla pressione dei migranti in Ungheria (che non stavano bene ma la cui vita non era in pericolo), avrebbe forse potuto ottenere che gli altri Stati dell'Unione Europea partecipassero alla redistribuzione dei rifugiati, sempreché la Germania ne avesse ricevuto la quota maggiore. Tuttavia, ad accoglienza awenuta, la posizione negoziale tedesca era debole. Certo i Ministri dell'Unione Europea, nel settembre del 2015, hanno deliberato a maggioranza qualificata di redistribuire circa 120000 rifugiati all'interno dell'Unione Europea. Ma anche se questa decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, due anni dopo, è stata confermata contro il ricorso dell'Ungheria e della Slovacchia, alla fine ne sono stati redistribuiti

Eschilo, Le supplici, V 397 ss.; Euripide, Le supplici, V 349 ss., 403 ss. 18

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solo 3300019 , poiché gli Stati membri non erano d'accordo. Anche contro il disprezzo esplicito dell'Ungheria per la sentenza della Corte le possibilità giuridiche sono molto limitate - in linea di principio ci sarebbe l'esecuzione forzata, che però finora non è stata mai applicata, ma in nessun caso l'opzione di ridurre le sovvenzioni europee all'Ungheria20 • L'impotenza delle istituzioni europee è diventata di nuovo chiara. Le difficoltà dell'Unione Europea di mettersi d' accordo su questa questione cruciale hanno sicuramente a che fare con le diverse possibilità finanziarie ma anche con le diverse tradizioni: i Paesi dell'Europa centrale e orientale hanno poca esperienza con i migranti, soprattutto di un'altra religione, e spesso recuperano un nazionalismo che ali' epoca del Patto di Varsavia era stato represso con la forza. Inversamente, c'è un moralismo dell'Europa occidentale che ha disimparato a dire di no. Dato che i mezzi sono limitati, si possono accogliere più persone bisognose di protezione se si espellono e rimpatriano coloro che non lo sono, specialmente se nel frattempo sono diventati dei criminali. Gli scafisti devono essere puniti severamente. L'Unione Europea deve inoltre proteggere i suoi confini. Nella protezione delle frontiere marittime, però, la cooperazione con gli Stati dall'altra parte del mare è inevitabile, anche se alcuni Paesi come la Libia non hanno più un vero e proprio governo e anche se l'Accordo UETurchia del marzo del 2016 ha creato una dipendenza T agesschau.de, [video non più accessibile] (vedi sitografia). K.Puche, ''Wenn Ungarnnicht spurt, kanndie EU zwangsvollstrecken" {vedi sitografia). 19

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da uno Stato che ormai è più un'autocrazia che una democrazia. Il dovere morale e giuridico di salvare le persone in pericolo di naufragio, ovviamente, non può essere messo in discussione dai difficili problemi di politica migratoria. Il problema dell'immigrazione, nei prossimi decenni, occuperà notevolmente molti Paesi, perché è comprensibile che le persone si mettano in cammino non solo per salvare la loro vita ma anche per lasciarsi alle spalle la povertà. Ed è un dovere morale diminuire le disuguaglianze nel mondo e, allo stesso tempo, inevitabile che gli Stati controllino i loro confini. Quello che mi sembra particolarmente importante è che l'Unione Europea è preparata peggio degli Stati normali per questo compito, e questo a causa della mancanza di un governo europeo delle frontiere esterne dopo l'abolizione delle frontiere interne e a causa delle posizioni molto diverse degli Stati membri sulla politica migratoria. Questo non significa affatto contestare il risultato davvero storico che l'Unione Europea rappresenta. La cosa più probabile è che sia paragonabile al Sacro Romano Impero, questa sublime istituzione del Medioevo che senza dubbio ha ridotto per secoli la violenza all'interno della Germania. Ma nel contesto della grande crisi storica della Rivoluzione francese, delle guerre rivoluzionarie e napoleoniche l'Impero crollò come un castello di carte e nel 1806 fu dissolto, dopo essersi dimostrato completamente incapace di perseguire una politica unitaria contro la Francia. Ci si chiede con apprensione che cosa farebbe l'Unione Europea se venisse attaccato uno dei suoi sei Stati membri che non sono però membri della NATO, cioè in parti-

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colare la Finlandia o la Svezia (in questo caso vogliamo ignorare il caso essenziahnente più drammatico di un crollo della NAT0) 21• L'Articolo 42, paragrafo 7, del Trattato sull'Unione Europea contiene una clausola di assistenza reciproca che è stata introdotta per la prima volta dal Trattato di Lisbona. Ma non solo l'Unione Europea non ha un esercito proprio, anche qualora si sommassero i singoli eserciti nazionali, soprattutto dopo l'uscita della Gran Bretagna, l'Unione Europea non sarebbe molto potente militarmente. Ciò vale non tanto per le spese militari che nei casi della Francia e della Germania sono certamente alte, bensì per la compatibilità dei sistemi di armamento dei singoli Stati, la logistica, la coerenza della politica estera e la volontà di combattere. Infatti, molti europei non possono affatto concepire che la lunga pace di cui godono da oltre settant'anni non è una legge di natura ma il risultato di sforzi che vanno sempre rinnovati. Certo l'abolizione o la sospensione del servizio militare obbligatorio in numerosi Paesi europei, nei primi anni del XXI secolo, alla luce della debolezza della Russia può essere stata ancora abbastanza comprensibile, ma che sia entrata in vigore in Germania nel 2011 - dopo che erano state avviate le riforme importanti e molto efficaci dell'esercito russo sotto il Ministro della Difesa

21 Ovviamente la Russia ha lanciato minacce per il caso in cui la Svezia o la Finlandia dovessero entrare nella NATO: J. Benitez, "Russia's Escalation of Hostile Actions Against Sweden and Finland" (vedi sitografìa). Tali minacce sono state ripetute nel 2022 dopo la decisione dei governi dei due Paesi di accedere alla NATO.

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Anatoly Serdyukov che ha ricoperto questa carica dal 2007 al 2012 - non è stato, in verità, un capolavoro politico. Infatti, la mancanza di immaginazione per quanto riguarda l'aggressività degli altri Stati purtroppo non riduce ma aumenta il rischio di una guerra, poiché paralizza la volontà di dissuadere da una tale guerra. L'Unione Europea perderebbe definitivamente ogni rispetto sulla scena internazionale se reagisse all'attacco a uno Stato membro che non è entrato nella NATO in maniera altrettanto sventata e disunita di come ha fatto con la crisi migratoria.

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6. LA FINE DEU.:EGEMONIA AMERICANA, rASCESA DELLA CINA E LA NUOVA RUSSIA

Il ritorno del rischio di una guerra nucleare

La crisi delle democrazie occidentali e dei loro fondamenti spirituali, delle relazioni transatlantiche e dell'Unione Europea, è particolarmente preoccupante perché !"'Occidente" ha il suo posto all'interno di un campo di forze complesso e in rapida evoluzione. Al più tardi con Trump si è infranto il sogno che gli Stati Uniti - in quanto potenza egemone mite di un mondo unipolare - potessero garantire l'ordine necessario per una globalizzazione riuscita, che favorisca tutti. Secondo alcune stime, nel 2050, solo tre delle dieci maggiori economie saranno occidentali in senso stretto - gli Stati Uniti al terzo posto, la Germania al nono, la Gran Bretagna al decimo, con la Cina e l'India rispettivamente al primo e secondo posto e l'Indonesia, il

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Brasile, la Russia e il Messico e il Giappone dal quarto all'ottavo postd. Inoltre potrebbe benissimo darsi che, tra pochi decenni, anche l'India e il Brasile assumeranno lo status di grandi potenze non solo regionali, ma addirittura globali. Ma non sarà così a breve termine. Le enormi disuguaglianze sociali in India, aumentate dal millenario sistema delle caste, e i contrasti religiosi rendono un ingresso nella modernità essenzialmente più difficile che nel caso della Cina, anche se a partire dal 1992 una politica economica ragionevole ha stimolato una crescita economica impressionante. E la corruzione che riguarda quasi tutti i partiti politici non incoraggia l'ottimismo, a breve termine, per quanto riguarda il Brasile che attualmente rischia di perdere alcuni dei notevoli progressi degli ultimi due decenni. Per il prossimo futuro, quindi, restano solo la Cina e la Russia come potenze globali oltre agli Stati Uniti. Dico "oltre agli Stati Uniti" e non "oltre agli Stati Uniti e all'Unione Europea" perché quest'ultima, come abbiamo visto, come organizzazione sovranazionale non ha nessuna possibilità di diventare una grande potenza. Questo sarebbe possibile solo se riuscisse una sua trasformazione in uno Stato federale. Questa trasformazione dovrebbe avvenire contando esclusivamente sulle proprie forze, perché su un punto, pur con tutte le divergenze d'interesse, gli Stati Uniti, la Cina e la Russia sono d'accordo: nessuno di loro vuole condividere il ruolo di potenza globale con una quarta potenza. L'Unione Europea deve voler essa stessa 1

PwC, "The World in 2050. Thelong view: howwill the global

economie order change by 2050?" (vedi sitografia).

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assurgere al rango di potenza mondiale e non sembra che lo voglia. Al momento c'è un triangolo di potenze globali e le loro relazioni sono complicate. Per capire ciò che è successo negli ultimi anni si deve partire da quanto segue. Chiunque si sia occupato di relazioni internazionali sa che appare un momento pericoloso sulla scena internazionale quando l'equilibrio di potere si sposta. O la potenza emergente o la potenza egemone fino a quel momento possono giungere alla conclusione che una guerra sia inevitabile, o per raggiungere la posizione che le spetta o per preservare la sua egemonia. Riferendosi alla descrizione da parte di Tucidide della Guerra del Peloponneso tra Atene e Sparta e, in particolare, al passo I, 23, alcuni parlano di trappola di Tucidide. Il politologo di Harvard, Graham Allison, ad esempio, ha pubblicato recentemente un libro dal titolo Destined/or War: Can America and China Escape Thukydides's Trap? ["Destinate alla guerra: l'America e la Cina possono sfuggire alla trappola di Tucidide?"] 2 • In esso egli analizza sedici casi, a partire dal XVI secolo, in cui una potenza emergente ha sfidato l'egemonia di un'altra; solo in quattro casi si è potuta evitare la guerra. Tali analisi, però, sono utili sono limitatamente per una valutazione del futuro, poiché nel frattempo il mondo è cambiato. Quindi i fattori che prima non c'erano sono, in primo luogo,

2 Graham Allison, Destined /or War: Can Amen"ca and China Escape Thukydides's Trap?, Boston-New York 2017. Una versione ridotta del libro è già apparsa nel 2015 su The Atlantic: Id., ''The Thukydides Trap: Are the U.S. and China Headed for War?"

(vedi sitografia).

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l'interdipendenza globale dell'economia mondiale, in secondo luogo, l'evoluzione che si è avuta nel frattempo nella morale e nel diritto internazionale (a partire dal Patto Briand-Kellogg del 1928 e dal divieto dell'uso della forza nella Carta delle Nazioni Unite) e, in terzo luogo, la paura delle conseguenze - che superano ogni umana immaginazione - di una guerra atomica. E infine non si dovrebbe escludere che gli esseri umani imparino dalla storia ad evitare gli errori, anche se essi fanno parte della natura umana. In effetti, durante la sua visita di Stato nel settembre del2015, il Presidente Xi si è riferito espressamente alla trappola di Tucidide e ha esortato gli Stati Uniti a evitarla3 • Si può certamente considerare come una delle massime più importanti della politica estera di Obama il fatto che si sia adoperato coerentemente per ottenere delle relazioni stabili e il più possibile cooperative con la Cina4• Egli è stato il primo Presidente degli Stati Uniti che, nel primo anno del suo mandato, ha visitato la Cina e questo nonostante il fatto che la crisi finanziaria lo avesse costretto a occuparsi di questioni di politica interna e che prima non avesse mai messo piede in Cina. Ha però dichiarato subito che la relazione bilaterale più importante del XXI secolo era quella tra gli Stati Uniti e la Cina, e più volte ha apprezzato pubblicamente l'ascesa di quest'ultima. Certo l'economista americano Fred Bergsten, già nel 2005, ha parlato di Z. Yue, "Xi talks ofnavigatingrough spots" (vedi sitografia). Cfr. l'articolo di Cheng Li a cui devo molte informazioni: "Assessing U .S.-China relations underthe Obama administration" (vedi sitografia). 3

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un "G2" ("Gruppo dei due Stati", cioè gli Stati Uniti e la Cina), ma l'espressione è diventata più nota solo nel 2009, quando alla cerimonia per il trentesimo anniversario dell'istituzione di relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e la Cina l'ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale del Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, Zbigniew Brzezinski, utilizzò questo concetto in maniera positiva - come fece pure l'allora Presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick. Xi è diventato nel 2012 Segretario Generale del Partito Comunista Cinese, nel 2013 Presidente della Repubblica Popolare Cinese - fino al termine del suo mandato Obama lo ha incontrato non meno di undici volte. La disponibilità degli Stati Uniti a negoziare alla pari con la Cina è emersa da una sobria valutazione della potenza cinese. Il Paese è non soltanto il più popoloso del mondo e il suo territorio è il quarto più grande del mondo, ma nel 2016 la Cina è diventata il Paese con il prodotto interno lordo più alto a parità di potere d'acquisto. Quest'ultimo è aumentato più di otto volte dal 1980 al2016 e i tassi di crescita annuali sono ancora sopra il 6%5• (Pro capite, però, il prodotto interno lordo a parità di potere d'acquisto nel 2017, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, era meno impressionante - circa un terzo di quello tedesco 6 .) Dal

5 B. Umersbach, "China: Wachstum des realen Bruttoinlandsprodukts (BIP) von 2008 bis 2019 (gegeniiber dem Vo.rjahr)" (vedi sitografia). 6 Wikipedia, "List of countries by GDP (PPP) per capita" (vedi sitografia).

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2013 la Cina è la nazione commerciale più grande7• In

particolare, la Cina è il maggiore creditore degli Stati Uniti e ha le maggiori riseive monetarie. La Cina ha anche il maggiore consumo di energia e le maggiori emissioni di anidride carbonica8 • Nel 2017, però, anche gli investimenti in energie rinnovabili sono stati più del doppio rispetto a quelli degli Stati Uniti e dell'Unione Europea9. Le spese militari sono le seconde maggiori al mondo dopo quelle degli Stati Uniti. Nel 2017, per la prima volta, sono stati pubblicati più studi scientifici e tecnologici dai cinesi che dagli statunitensi. Tra le pubblicazioni più citate, però, la Cina segue gli Stati Uniti e l'Unione Europea, sebbene direttamente. Anche le spese in ricerca e sviluppo negli Stati Uniti, nel 2015, erano più alte di un quarto rispetto alla Cina, ma quest'ultima sta recuperando10• La politica estera della Cina è complicata, dato che il Paese ha dei vicini con cui ci sono tradizionalmente delle tensioni, come il Giappone, la Corea del Sud, le Filippine e il Vietnam, i primi tre dei quali sono alleati degli Stati Uniti. Soprattutto il rifiuto da parte della Cina di riconoscere la sentenza della Corte Permanente di Arbitrato, del luglio del 2016, a favore delle Filippine ha aggravato la situazione nel Mar Cinese Frankfurter Allgemeine Zeitung, "China istjetzt die gro.Bte Handelsnation der Welt" (vedi sitografia). 8 Enerdata, "Global Energy Statistica! Yearbook-2019 Edition" (vedi sitografia). 9 Deutsche Welle, "Erneubare Energien: China iibernimmt Europas Vorreiterrolle" (vedi sitografia). 10 J. Tollefson, "China dedared world's largest producer of scientiS.c artides" (vedi sitografia). 7

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Meridionale. Anche le relazioni della Cina con l'India, che la Cina ha sconfitto nel 1962 in una guerra di confine, restano tese, diversamente da quella con il Pakistan, fino alla disputa territoriale per il Doklam del 2017. Tuttavia, il progetto "OneBelt, One Road" ["una cintura, una via"] (recentemente "Belt and Road") chiamato popolarmente "Nuova Via della Seta" - è un tentativo impressionante di estendere l'influenza economica e inevitabilmente anche politica della Cina in tutta l'Eurasia e l'Africa, attraverso l'ampliamento e la costruzione di rotte commerciali di terra e di mare. (A causa di difficoltà finanziamento però, nel 2018, il progetto si è arenato.) Non solo in Asia centrale e in Africa la Cina ha finanziato molto in termini di sviluppo e senza dubbio ha contribuito alla crescita economica di alcuni Stati africani negli ultimi dieci anni, anche se la Cina importa soprattutto risorse naturali dall'Africa fornendole invece prodotti finiti come i tessuti, che spesso danneggiano l'industria nazionale. Anche nell'Europa sudorientale gli investimenti cinesi sono notevoli. Il lato negativo di ciò non è solo che, ad esempio, il porto ateniese del Pireo ormai è a maggioranza in mano cinese, ma che oltre a molti Stati africani, nel frattempo, anche la Mongolia, il Laos, il Kirghizistan, il Tagikistan, il Pakistan, le Maldive, Gibuti - dove la Cina mantiene una base militare - e il Montenegro sono fortemente indebitati con la Cina e pertanto ne sono dipendenti11• Per questo motivo, con 11

J. Hurley-S. Morris-G. Portelance, "Examining the Debt

Implications of the Belt and Road lnitiative from a Policy Perspective" (vedi sitografia). Sul Montenegro vedi N. Barkin-A.

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il nuovo orientamento della politica estera americana nello spazio pacifico - molto più popoloso - invece che atlantico, già Obama si proponeva anche un contenimento della Cina - era questa una delle idee dietro la cosiddetta politica del "pivot" ["perno"] 12 • Tuttavia, questo contenimento era legato a una collaborazione multilaterale, ad esempio, nell'ambito del Partenariato Trans-Pacifico, al quale la Cina era stata invitata inizialmente nel 2012, forse però nella speranza che, semmai, entrasse solo in seguito, dopo la redazione di un accordo di libero scambio secondo l'impostazione degli Stati UnitiB. con l'uscita degli Stati Uniti dal partenariato, però, immediatamente dopo l'elezione di Trump, questo progetto di una presenza economica maggiore degli Stati Uniti in Asia è naufragato. Si può pensare che la Cina sfrutterà tutto ciò come un' opportunità di espansione ulteriore. Tutti questi successi incontestabili non devono nascondere i difetti della Cina. La situazione dei diritti umani notoriamente non è buona, in particolar modo 1- • . "Crunese 'highway to nowhere' h aunts Montenegro " Vasov1c,

(vedi sitografia). 12 Essa è stata ben illustrata da uno dei suoi architetti, Kurt Campbell, The Pivot: The Future o/American Statecra/t in Asia, New York 2016. Una critica della politica del pivot si trova, ad esempio, in un articolo di John Ford: "The Pivot to Asia Was Obama's Biggest Mistake" (vedi sitografia). 13 S. Hsu, "China and the Trans-Pacifìc Partnership. Might China be interested in joining the TPP at some point?" (vedi sitografia). Sugli errori nel modo di trattare la Cina vedi M. Ye, "China Liked TPP- Unti! U .S. Officials Opened Their Mouths" (vedi sitografia).

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nelle regioni non abitate da cinesi di etnia Han come lo Xinjiang e il Tibet. Nel 20161' aspettativa di vita alla nascita in Cina era ancora al 102° posto (su 224 Stati e territoriJ4 • La crescita economica si basa in gran parte sull'energia che viene dal carbone; l'efficienza energetica è stata a lungo bassa; e la qualità dell'aria e dell'acqua è spesso pessima. Si calcola che ogni anno più di un milione di persone muoiano prematuramente a causa delle condizioni ambientali; e lo stesso Ministero per la Tutela dell'Ambiente cinese ha stimato, nel 2010, che i costi della distruzione dell'ambiente siano il 3 ,5% del prodotto interno lordo, anche se sicuramente sono molto più elevati. I problemi ambientali sono una delle cause principali delle proteste della popolazione15• L'invecchiamento della società a causa della politica forzata del figlio unico comporterà ancora delle pesanti conseguenze sociali, anche perché ha generato un' abitudine demografica che, anche dopo l'abolizione di quella politica nel 2015, almeno finora sembra difficile da modificare. Merita anche di essere notato quanti cinesi abbandonino la loro patria e quanto piaccia proprio alle élite cinesi far studiare i propri figli all' estero16• Tuttavia, la rapida ascesa della Cina è una delle grandi imprese politiche degli ultimi quattro decenni. Dopo le umiliazioni nazionali dalla metà del XIX alla metà del XX secolo da parte degli europei e dei

14 CIA, "The World Factbook. Country Comparison: Life Expectancy at Birth" (vedi sitografia). 15 E. Albert, "China's Environmental Crisis" (vedi sitogra6.a). 16 B.Xiang, "Emigration Trends and Policies in China: Movement of the Wealthy and Hughly Skilled" (vedi sitografia).

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giapponesi e dopo i disordini sotto il dominio di Mao Tse-tung, soprattutto durante il Grande Balzo in Avanti (con la più grande carestia dell'umanità tra il 1959 e il 1961) e la Rivoluzione Culturale, il Paese si è sviluppato economicamente e scientificamente in maniera continua e rapida. Un aspetto di ciò è forse ancora più impressionante delle mere date. Chi comunica con i cinesi ha l'impressione di una cultura con un'autostima vitale che oggi, perlopiù, manca agli europei, e con la consapevolezza della propria tradizione che non può che mancare agli statunitensi. La loro storia, infatti, ha meno di 250 anni, quella della Cina invece almeno tremila anni e l'idea (non sempre la realtà) di un Impero cinese unitario ne ha più di duemila. Chi voglia ricavare qualcosa dalla tesi della filosofia della storia di Hegel secondo cui ci sarebbe stato un movimento continuo verso Occidente della nazione che faceva di volta in volta da guida spirituale - dalla Cina all'Occidente -, può far notare che dopo l'egemonia degli Stati Uniti sarebbe ragionevole un ritorno al Paese di partenza, la Cina - perché la terra è rotonda. Sicuramente la Cina non è una democrazia ma un'oligarchia con tratti sempre più monocratici (come quelli che si sono formati, in maniera del tutto analoga, in Russia sotto il governo di Putin). A partire da Mao Tse-tung non c'è stata una tale concentrazione di potere come quella che c'è ora sotto Xi che ha potuto eliminare molti oppositori procedendo contro di loro con l'accusa di corruzione, senza dubbio un male per l'economia del Paese, un male che mette a rischio la legittimità del governo del Partito Comunista ma che è stato usatoper la lotta di potere interna al partito. Il partito continua a

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celebrare gli ideali comunisti, ma in verità manda avanti una "economia socialista di mercato" i cui notevoli successi la distinguono, ad esempio, dal socialismo del Venezuela. Questi successi non porteranno affatto a una democratizzazione automaticamente. Infatti, per quanto la democrazia corrisponda a criteri procedurali di giustizia piuttosto che le forme di governo non democratiche, altrettanto poco i criteri di legittimità di un sistema politico possono essere ridotti alla partecipazione politica. Un sistema politico deve risolvere dei compiti materiali; e chi sotto il velo dell'ignoranza - cioè senza sapere in quale strato sociale nascerebbe - dovesse scegliere se preferirebbe venire al mondo in India o in Cina, sceglierebbe probabilmente la Cina dove l'aspettativa di vita e il prodotto interno pro capite sono notevolmente più alti e molte meno persone vivono in povertà assoluta. Anzi, anche nel confronto con le democrazie occidentali alcuni cinesi riconoscono diversi vantaggi del loro sistema attuale (mentre rimuovono spesso il fatto che dei disastri - come quelli che il Paese ha dovuto sopportare sotto Mao Tse-tung- sono una conseguenza naturale della dittatura monopartitica). Al confronto con l'Unione Europea, le decisioni cinesi sono rapide e i piani strategici sono continui, a lungo termine e non meramente reattivi; e al confronto con gli Stati Uniti l'ascesa di persone del tutto incompetenti alle alte cariche è più difficile. Ahneno quest'ultimo è stato un argomento che ha giocato un ruolo nell'ambito della campagna elettorale negli Stati Uniti del 20107• Anche dei cinesi K. Strittmatter, "Die US-Wahl hilft der kommunistischen Propaganda" {vedi sitografia). 1;

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filooccidentali hanno dichiarato, dopo le elezioni, di essere fieri del fatto che il loro Paese fosse governato da un Presidente palesemente competente. Quando, nel 2015, ho tenuto all'Università Fudan a Shangai cinque conferenze su morale e politica cercando tra l'altro di raccomandare la democrazia, un brillante collega cinese - che aveva conseguito un dottorato in un'università americana di élite e aveva insegnato molti anni negli Stati Uniti, ma che poi era ritornato come un patriota cinese nella sua patria - mi chiese, ironicamente, se avrei raccomandato la democrazia anche qualora Sarah Palin fosse diventata Vicepresidente degli Stati Uniti. Allora ho potuto rispondere che non era stata eletta. Ma cosa potrei replicare oggi? In ogni caso, una cosa è chiara: non c'è un automatismo che da uno sviluppo economico riuscito porti alla democrazia. Al Giappone la democrazia è stata imposta dagli Stati Uniti dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, in Corea del Sud è stato importante il contributo delle potenti Chiese cristiane nel processo di democratizzazione. È un'illusione credere che in Cina comparirà una democrazia più o meno spontaneamente assieme ad altri trionfi economici, soprattutto se le debolezze dell'Occidente diventeranno sempre più visibili. Nella competizione dei sistemi politici l'Occidente vincerà solo se, oltre che per la superiorità procedurale, si mostrerà anche materialmente quantomeno quasi alla pari. Altrimenti sarà difficile che la democrazia si riveli evolutivamente stabile. In ogni caso, non c'è alternativa a una collaborazione continua, pur con tutte le divergenze d'interesse, tra Stati Uniti e Cina-senza questa collaborazione i problemi globali non si possono

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risolvere. Nel novembre del 2014, ad esempio, Obama e Xi hanno dichiarato congiuntamente la loro intenzione di ridurre le emissioni di C02 dei loro Paesi già ora o al più tardi a partire dal 2030 - il fatto che siano apparsi insieme ha avuto un grande effetto simbolicd8 • Tuttavia, l'idea del G2 ha un inconveniente. C'è già stata un'epoca con due superpotenze soltanto - allora erano però gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. Lo Stato successore di quest'ultima, la Russia, comprensibilmente non era affascinato da questa diarchia. Abbiamo già parlato delle forze politiche interne che hanno portato Trump al potere. Non si è però capita la sua elezione, se non si comprendono le idee in politica estera che lo guidano, e l'enorme interesse che la Russia aveva per il suo ingresso alla Casa Bianca. Alle poche convinzioni che Trump riesce a tener ferme appartiene fin dal principio l'idea di sostituire la diarchia di Stati Uniti e Cina con quella di Stati Uniti e Russia. È difficile dire ciò che lo motivava precisamente, dato che la Russia è economicamente e scientificamente di gran lunga inferiore alla Cina. Tuttavia, a farlo è stata forse proprio la sensazione che la Russia non potesse diventare una minaccia per la posizione economica degli Stati Uniti. Inoltre, possono aver giocato un ruolo dei pregiudizi razzisti: i russi sono culturalmente e religiosamente più vicini agli statunitensi. Infine, può aver contribuito il desiderio di distruggere anche in politica estera l'eredità di Obama. 18 J. Podesta-J. Holdren, "The U.S.and ChinaJust Announced Important New Actions to Reduce Carbon Pollution" (vedi sitografia).

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Quali che fossero le sue ragioni, è ormai chiaro che Trump fin dall'inizio ha pianificato una revisione della cooperazione in politica estera, che questo fosse perfettamente noto ai russi che avevano contatti con lui e con il suo ambiente da anni, e che hanno fatto la loro parte affinché potesse entrare lui alla Casa Bianca invece dell'odiata Clinton. Se Trump è ricattabile dai russi a causa di video imbarazzanti, come ha dichiarato l'ex agente segreto britannico Christopher Steele 19, o a causa di crediti russi che lo hanno salvato dalla bancarotta, o a causa di tutt'e due le cose, non lo sappiamo ancora; la storia lo mostrerà. In ogni caso, rimane sorprendente il comportamento di Trump durante l'incontro con Putin nel luglio del 2018 a Helsinki, in cui come un bambino ha afferrato la palla lanciatagli da Putin e ha dichiarato di credere più a Putin che ai propri servizi segreti, relativamente alla tesi di una intromissione russa nella campagna elettorale americana. L'ex Capo della CIA, Brennan, ha definito il comportamento di Trump "a dir poco da traditore" 20 • Quantomeno esso è stato fortemente sospetto. Da giugno ad agosto 2016, con Paul Manafort ha guidato la campagna elettorale di Trump un consulente politico internazionale tra i cui clienti c'erano, tra gli altri, l'ex dittatore filippino L. Harding, "How Trump walked into Putin's web" (vedi sitografia). 20 J. O. Brennan, "Donald Trump's press conference performance in Helsinki rises to & exceeds the threshold of 'high crimes & misdemeanors.' It was nothing short of treasonous. Not only were T rump' s comments imbecilic, he is wholly in the pocket of Putin. Republicanpatriots: Whereareyou???". Tweetdel 16lug).io 2018 (vedi sitografia). 19

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Ferdinand Marcos, il cleptocrate Mobutu Sese Seko dello Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), il responsabile di omicidi di massa nella guerra civile in Angola Jonas Savimbi e, negli ultimi anni, il filorusso Viktor Janukovyc, di cui Manafort ha efficacemente appoggiato la campagna elettorale - nel 2010 è diventato Presidente dell'Ucraina e ha derubato le casse dello Stato di molti miliardi. La sua caduta nel 2014, ad opera del suo stesso popolo {egli è riuscito a scappare in Russia), è stata immediatamente preceduta dall'annessione della Crimea da parte della Russia e dalla guerra nell'Ucraina orientale. Manafort, nell'ottobre del 2017, è stato accusato, tra l'altro, di cospirazione contro gli Stati Uniti, riciclaggio di denaro, frode fiscale, falsa testimonianza; nel 2018 si sono aggiunte ulteriori accuse, tra l'altro, per subornazione di testimoni. Nell'agosto del 2018 è stato dichiarato colpevole di diversi reati. Manafort - che è fortemente indebitato con gli oligarchi russi a causa del suo stile di vita lussuoso - si è incontrato nel giugno del 2016, assieme al figlio e al genero di Trump, con l' awocatessa e rappresentante degli interessi del governo russo, Natalia Veselnitskaya, che offriva del materiale compromettente contro Hillary Chnton. Manafort non è stato l'unico del team di Trump a intrattenere relazioni clandestine con la Russia. Dopo soli 24 giorni il primo Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Trump, il Generale Michael Flynn, ha dovuto dimettersi perché aveva mentito su una conversazione telefonica con l'ambasciatore russo in cui aveva fissato degli appuntamenti illeciti. Nel frattempo si sta verificando se Flynn abbia lavorato anche per il

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governo turco che era disposto a pagargli, presumibilmente, fino a 15 milioni di dollari per il suo aiuto nell'estradizione del predicatore Fethullah Gulen21 peraltro un uomo che possiede la green card, cioè il diritto di risiedere negli Stati Uniti a tempo indeterminato. Flynn non è stato condannato con una sentenza definitiva, ma si ha l'impressione che il desiderio di un po' di soldi extra oggi non impedisca più nemmeno ai funzionari più importanti degli Stati Uniti di operare contemporaneamente per Stati che finora non erano considerati equivalenti agli Stati Uniti. Vìene in mente l'esclamazione del re della Numidia, Giugurta - che grazie alla corruzione dei politici romani poté far danni per molto tempo-, su Roma: "o città venale che perirà presto, se avrà trovato un compratore!" 22 • Forse l'osservazione più infelice di Obama durante il suo mandato è stata la considerazione sprezzante, dopo l'annessione della Crimea, secondo cui la Russia non rappresenterebbe una minaccia per gli Stati Uniti trattandosi solo di una "potenza regionale"23 • Questa considerazione era sconsiderata non soltanto come dichiarazione pubblica perché colpiva l'orgoglio nazionale di un Paese che, un quarto di secolo prima, era ancora una delle due superpotenze; essa era anche oggettivamente sbagliata, come è stato poi dimostrato

21 C. E. Lee-J. Ainsley, "Mueller Probing Possible Deal Between Turks, Flynn During Presidential Transition" (vedi sitografia). 22 Sallustio, La guerra giugurti'na, XXXV, 10. 2 ; S. Wilson, "Obama dismisses Russia as 'regional power' acting out ofweakness" (vedi sitografia).

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dal fatto che due anni dopo la Russia ha contribuito a portare un geniale ciarlatano alla presidenza degli Stati Uniti. Bisogna ammetterlo: niente male per una potenza regionale! In effetti, è incontestabile che la Russia aspiri con tutte le sue forze a ritornare allo status di superpotenza - ora necessariamente come terza potenza accanto agli Stati Uniti e alla Cina -, che sotto Putin essa vanti dei grandi risultati rispetto a questa aspirazione e che sia un errore pericoloso sottovalutare la Russia. Certo è molto diffusa l'opinione secondo cui la Cina è la sfida di gran lunga più pericolosa dell'Occidente, perché la sua popolazione è molto più grande e la sua economia molto più forte. Ma anche se questo può essere giusto a lungo termine, ci sono a mio avviso forti motivi per considerare molto più seria, nel breve e medio termine, la minaccia che viene dalla Russia. Perché? Un motivo è paradossalmente proprio quello per cui la Russia non è soltanto economicamente più debole della Cina, ma in un confronto a livello mondiale continuerà a perdere potere. Questo vale in particolare per lo sviluppo demografico: senza una massiccia promozione dell'immigrazione che mal si concilia con l'attuale nazionalismo russo, la popolazione si ridurrà entro il 2050. E anche nel caso di un elevato tasso di immigrazione si abbasserebbe la qualità della forzalavoro, dato che i migranti molto probabilmente sarebbero meno formati24 • Questo però significa che il tempo non è dalla parte della Russia. Se la Russia vuole S.Aleksashenko, "The Russian economy in 2050: Heading for labor-based stagnati.on" (vedi sitografia). 24

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cambiare qualcosa nell'attuale distribuzione del potere, non può aspettare ancora a lungo. Il tempo, invece, è dalla parte della Cina. È quasi inevitabile che la sua posizione di potere relativa sulla scena internazionale crescerà ancora. Anzi, l'enorme razionalità economica della Cina farà rifuggire il Paese da una guerra - ha molto più da perdere della Russia. E infine la Cina non persegue una ideologia revanscista. Non ci sono territori che dovrebbero essere recuperati (tranne Taiwan); e il periodo delle umiliazioni da parte di Paesi esteri è passato da così tanto tempo che non c'è più nessuna sete di vendetta. In Russia la situazione è diversa, come dimostra il recupero, rafforzato nel 2014, dell'ex territorio sovietico. (Già prima, parti della Repubblica di Moldavia e della Georgia erano state portate sotto il controllo russo.) Certo la Russia, finora, si è annessa solo la Crimea, ma il riconoscimento dei passaporti delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, l'introduzione in esse del rublo e il rilascio di passaporti russi ai loro cittadini, indicano che anche questi territori verranno riassegnati alla Russia alla prima occasione propizia (anche se la Russia nel Memorandum di Budapest del 1994 si era impegnata al rispetto della sovranità dell'Ucraina). Se ci sarà un'espansione ulteriore in Ucraina, non lo sappiamo; essa sarebbe probabilmente facilitata, se le forniture di gas della Russia all'Europa non passassero più attraverso l'Ucraina, ma attraverso il Mar Balticd5 con il previsto gasdotto Nord Stream 2, rispetto M. Benz, "«Die Umgehung der Ukraine ist ein geopolitischer Schachzug Putins»" (vedi sitografì.a). 25

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a cui ci sono vari svantaggi per questo motivo oltre che per motivi economici. Nel mio libricino Russland 1917-201'126 ho richiamato le costanti che collegano la Russia postsovietica con quella sovietica e quest'ultima con quella zarista e ho descritto la natura del sistema politico attuale. Rientra tra le costanti russe un profondo scetticismo rispetto ai valori borghesi come la redditività e la separazione dei poteri, il disprezzo della viltà e invece la grande considerazione del sacrificio di sé, tanto nella sua forma nobile quanto in quella violenta. (Si può perciò solo sperare che, nel frattempo, la corruzione delle élite russe li abbia rafforzati nel desiderio di godere indisturbati di ciò che si è ottenuto illecitamente fino a llll'età avanzata.) Una tale cultura può, se necessario, fare affidamento su llll' enorme capacità di sopportare il dolore da parte del proprio popolo, che in caso di guerra è assai più importante della forza economica. L'umiliazione che consiste nel fatto di non avere molto successo dal punto di vista economico (perché la Russia esporta primariamente risorse naturali e si è imposta sul mercato mondiale, per il resto, principalmente con le esportazioni di armi), può essere superata se si accede a un livello del confronto che non è in primo luogo di natura economica. La Russia, inoltre, fin dal 1998 ha aumentato le sue spese militari. Nel 2017, però, esse sono diminuite per la prima volta, e precisamente almeno del 20%, ma ciò era dovuto al declino dell'economia, in parte al calo del prezzo del petrolio, in parte alle sanzioni occidentali senz'altro efficaci a partire dal 2014. Con 26 Vittorio

Hosle, Russland 1917-2017, Basilea 2017.

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questo la Russia è scesa dal terzo al quarto posto (dopo gli Stati Uniti, la Cina e l'Arabia Saudita), per quanto riguarda l'importo assoluto delle spese militari. Non si dimentichi che con la stessa somma in dollari ci si possono permettere in Russia molti più servizi militari che in Occidente. Misurate in percentuali del prodotto interno lordo le spese russe col 4,3%, comunque, sono sempre più del doppio che in Cina e superiori di più di un terzo che negli Stati Uniti27• Le spese sono servite, tra l'altro, per un'amplissima modernizzazione dell'arsenale nucleare. E quando si comparano le forze armate russe ed europee, non si dimentichi che i Paesi europei della NATO utilizzano sistemi di armamento che spesso si differenziano notevolmente tra di loro e il trasporto oltre i confini nazionali, anche in caso di guerra, richiederebbe comunque molto tempo - a prescindere dallo stato attuale delle forze annate, non particolarmente pronte a combattere, sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista psicologico. È fondamentale, però, la diffusa sensazione dei russi di essere stati imbrogliati alla fine della Guerra fredda. Questo sentimento, purtroppo, non è ingiustificato e nei colloqui assolutamente indispensabili con la Russia deve essere riconosciuto anche questo. L'enorme generosità di Gorbaciov nei confronti dell'Occidente non è stata ricambiata adeguatamente, e anche se il caos ideologico ed economico della Russia dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica - di cui non è responsabile N. Tian-A. Fleurant-A. Kuimova-P. D. Wezeman-S. T. Wezeman, "Trends in World Military Expenditure, 2017" (vedi sitografia). 2i

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l'Occidente, ma Boris Eltsin - non ha facilitato degli aiuti efficaci, all'Occidente può rimproverare di aver in gran parte abbandonato la Russia, diversamente da quanto ha fatto con gli Stati dell'Europa centrale28 • L'enorme umiliazione nazionale, che consisteva nell' essere precipitati dallo status di superpotenza al livello di un Paese in via di sviluppo - almeno per quanto riguarda l'economia - trattato con condiscendenza dagli altri Stati, mostra sorprendenti analogie con l'umiliazione della Germania dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Alla visione della Russia in politica estera si è prestata scarsa attenzione e mentre talvolta c'erano buoni motivi per fare ciò (alla luce della loro storia e di quella russa, era comprensibile il desiderio degli Stati dell'Europa centrale e orientale di entrare nella NATO), la caduta di Muammar Gheddafi, ad esempio, è stata tanto una violazione degli accordi con i russi quanto un fatto oggettivamente irresponsabile. Questo vale anche per l'intervento segreto degli Stati Uniti in Siria. Pur avendo la massima comprensione per le esigenze di sicurezza dell'Europa centro-orientale, l'Occidente non avrebbe dovuto altresì dimenticare che anche la Russia ha alle spalle una traumatica storia di sofferenza dovuta agli attacchi da parte di altri Paesi- l'ultima volta da parte della Germania nel 1941. L'attuale comandante monocratico della Russia, Putin, ha assistito personalmente al fallimento della potenza sovietica il 5 dicembre 1989 a Dresda. Certo, con la minaccia di usare le armi è riuscito a impedire 28

Cfr. la testimonianza oculare diJeffrey Sachs, op. cit., pp.

69 ss.

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il saccheggio della villa del KGB, dopo che era stata presa d'assalto quella della Stasi; quando però chiamò un'unità corazzata dell'Armata Rossa e chiese aiuto, gli fu risposto che non si poteva fare niente senza ordini da Mosca, e Mosca taceva 29• Dal punto di vista psicologico, ciò ha sicuramente creato la volontà di non far più tacere Mosca, in futuro. È la fondamentale corrispondenza di questa sua volontà individuale con quella collettiva dei russi che spiega la sua indiscutibile popolarità. Inoltre, vi hanno contribuito il superamento, da parte di Putin, del caos economico dell'epoca di Eltsin e il ripristino della stabilità. Nel febbraio del 2018 il Ministro degli Esteri olandese Halbe Zijlstra si è dovuto dimettere perché aveva affermato falsamente di aver sentito lui stesso Putin dichiarare, in un incontro nel 2006, di aspirare a una Russia più grande con l'inclusione dell'Ucraina, la Bielorussia e gli Stati baltici. È però importante il fatto che Zijlstra sottolinei con fermezza la correttezza di quanto ha affermato sulla dichiarazione di Putin - solo che non era presente lui, ma una fonte che egli non poteva rivelare3°. Certo, le dimissioni per aver detto una falsità erano inevitabili. Ma la falsità parziale non dovrebbe farci trascurare la verità parziale. Non solo nel suo discorso del 25 aprile 2005 Putinha dichiarato che la dissoluzione dell'Unione Sovietica era stata una

29 C. Bowlby, ''Vladimir Putin's formative German years" (vedi sitografia). 30 A. Deutsch, "Dutch foreignminister quits after lying about Putin meeting" (vedi sitografia).

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enorme catastrofe geopolitica31 ; nel marzo del 2018, durante la campagna elettorale, a una domanda su quale evento della storia russa avrebbe preferito evitare Putin non ha risposto "il regime di terrore d! Stalin", ma "la dissoluzione dell'Unione Sovietica". E importante il fatto che egli, in questo, non sia solo: il 5 8% dei russi è rammaricato per questa dissoluzione32 • Mentre nel periodo della perestroika la linea ufficiale era elogiare Lenin e condannare Stalin, in un discorso del gennaio del 2006 Putin ha attaccato Lenin duramente, perché con l'idea dell'autonomia delle Repubbliche Sovietiche era stato corresponsabile della dissoluzione dell'Unione Sovietica33 • Stalin, invece, gode di nuovo di un prestigio crescente3 4• Ora è sicuramente legittimo lamentarsi del crollo dell'Unione Sovietica - io stesso non ero affatto contento quando, alla fine del 1991, l'Unione Sovietica cessò di esistere, non per simpatia nei confronti del comunismo, ma perché era prevedibile che questo evento avrebbe avuto come conseguenza un'epoca dapprima di disordini e poi di nostalgia aggressiva. Era anche chiaro che a un tale evento si poteva rimediare soltanto in maniera violenta. Infatti, abbiamo già visto che le fusioni volontarie tra Stati sono molto rare - il che, tra l'altro, è un forte V. Putin,"Annual Address to the Federai Assembly of the Russian Federati.on" (vedi sitografia). 32 A. Taylor, "Putin says he wishes the Soviet Union had not collapsed. Many Russians agree" (vedi sitografia). 31

33 Interfax, IIyrHH pacCICa.3aT.I yqeHl>IM O IlO.lq)E,IBHOH pOJIH

(vedi sitografia). A. N azaryan, "Why Russia Still Loves Josef Stalin, One of the 20 th Century's Most Brutal Despots" (vedi sitografia).

JleHHHa B poCCHHCKOH HCTOpHH 34

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argomento contro il sostegno a cuor leggero alle secessioni. Già nell'Unione Sovietica, inoltre, la Russia era così predominante rispetto alle altre 14 Repubbliche Sovietiche che un ritorno a una dipendenza analoga difficilmente può risultare attraente. Tuttavia, ci si può lamentare di qualcosa che si ritiene irreversibile poiché contro questo ripristino ci sono delle ragioni morali schiaccianti, oppure si può procedere, dopo la lamentela, a un tentativo di restaurazione, anche se quest'ultimo ha delle conseguenze terribili. Purtroppo, nella maggior parte dei nostalgici russi dell'Unione Sovietica non si trova affatto la riflessione aggiuntiva secondo cui ancora peggiore dell'errore della sua dissoluzione sarebbe quello del suo ripristino violento. Da molto tempo gli estremisti richiedono il recupero del territorio sovietico - basterebbe citare Vladimir Zirinovskij, il Vicepresidente delParlamento russo e Presidente del Partito Liberal-Democratico della Russia, un partito di finta opposizione fondato nel 1991 dal KGB, o il "filosofo" Aleksandr Dugin, i cui Fondamenti di geopolitica vengono utilizzati come manuale per aspiranti ufficiali di Stato Maggiore35 • L'ideologia prevalente oggi in Russia non è, come ad esempio in Cina, pre-liberale. Dato che il "liberalismo" degli anni Novanta del XX secolo viene ricordato, essenzialmente, come l'epoca del capitalismo di rapina e 35 Vedi il colloquio molto istruttivo tra Christian Neef e Dugin in Der Spiegel, nr. 29, 2014, pp. 120-125. Dugin si richiama alle teorie del relativismo culturale del panslavista Nikolaj Danilevskij e di Oswald Spengler per respingere la pretesa di universalità del liberalismo.

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dell'impoverimento di gran parte della popolazione, la Russia è oggi esplicitamente anti-liberale, anti-occidentale e, diversamente dal marxismo, anti-universalistica. L' anti-liberalismo ha portato oggi a una concentrazione di attività capitalistiche di rapina tra i detentori di cariche pubbliche e i loro vassalli. È anti-occidentale soprattutto la Chiesa ortodossa, che non ha mai cercato di giustificare teologicamente l'idea dello Stato di diritto ricorrendo piuttosto alle idee slavofile del XIX secolo. Questo implica un'immagine dell'Occidente decadente che sarebbe rappresentato dal vincitore del cinquantanovesimo Eurovisi'on Song Contest, la drag queen Conchita Wurst, alias Thomas Neuwirth36 • Qual è la posizione di Putinrispetto a queste idee? Putin è, dal punto di vista strategico, il più grande talento tra gli attuali politici ed è troppo intelligente per sostenere egli stesso quelle idee pubblicamente. Sa quello che deve dire per avere successo sulla scena internazionale e far preoccupare coloro che vogliono essere preoccupati. È però difficile liberarsi dell'impressione che da molto tempo quelle idee determinino, in sottofondo, le sue azioni e che egli aspetti solo il momento propizio in cui potrà attaccare. Diversamente da quanto accade nei governi dell'Occidente che di solito cambiano velocemente, Putin è al potere dal 2000 e lo resterà almeno fino al 2024 (per quattro anni è stato sostituito - come prevedeva la Costituzione - da Dmitrij Medvedev, ma anche dalla posizione formalmente subordinata J.Edgar, "Putin attacks Eurovisiondrag artist Conchita for putting her lifestyle 'up for show"' (vedi sitografia). 36

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di Primo Ministro Putin determinava la politica da seguire). Sarebbe quanto meno irresponsabile da parte dell'Occidente non prevedere seriamente la possibilità che Putin continuerà a perseguire una politica espansionistica e non armarsi contro tutto ciò con un deterrente credibile. Sbaglia infatti chi pensa che la condiscendenza porti alla tolleranza negli aggressori. Essa genera solo disprezzo e, diversamente dall'odio puro, riduce la soglia di aggressività poiché il nemico è considerato debole. Per l'ipotesi di un piano a lungo termine parlano i fattori seguenti. Poche cose sono più importanti per la politica estera di Putin che distruggere la comunità transatlantica e indebolire ulteriormente l'Unione Europea, poiché in un tale contesto egli potrà raggiungere i suoi obiettivi con costi molto più bassi. Con quanta ostinazione egli stia lavorando a questa distruzione lo dimostrano, in primo luogo, il suo appoggio all'ascesa di Trump alla carica di Presidente; in secondo luogo, gli eserciti di troll che lavorano per conto suo e che appoggiano le forze centrifughe all'interno dell'Unione Europea (vedi sopra a p. 174); in terzo luogo, i contatti stretti con i partiti populisti di destra e spesso anti-europei dell'Europa come il Partito della Libertà Austriaco, la Lega (Nord) italiana, il Front o Rassembletnent National francese e Alternative /ur Deutschland. E stato molto utile agli interessi russi anche il fatto che Putin, con Gerhard Schroder, abbia piazzato un ex Cancelliere federale tedesco come Capo del Consiglio di Sicurezza di Nord Stream AG- che appartiene per il 51% alla russa Gazprom - e come membro del Consiglio di Sorveglianza della compagnia petrolifera russa Ro-

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sneft, soprattutto perché Schroder si mette volentieri a disposizione come strumento della propaganda russa. È anche molto probabile che la Russia violi i trattati in vigore per la limitazione degli armamenti. Sicuramente è stato un grosso errore morale e politico degli Stati Uniti che nel 2002 si siano ritirati dal Trattato ABM [Anti-Ballistic Missile Treaty: "Trattato anti-missili balistici"] del 1972 sulla limitazione dei sistemi di difesa anti-missile; con ciò hanno annunciato un nuovo giro di riarmo e hanno distrutto, così come hanno fatto con la guerra in Iraq, la fiducia da parte della Russia. Hanno però rispettato le condizioni di recesso del Trattato; illoro comportamento è stato stupido e immorale, ma non illegale. Il Distretto di Kaliningrad è oggi di nuovo, come già tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, un'exclave, ora non più della Germania quando era parte della Prussia orientale -, ma della Russia, e purtroppo spesso le exclave creano tensioni con gli Stati che si trovano tra di loro e il territorio principale del Paese - allora era la Polonia, oggi sono gli Stati baltici. Il riarmo dei missili tattici Iskander-M in questo distretto russo è forse una violazione ulteriore di uno dei più importanti accordi sul disarmo della fine della Guerra fredda, il Trattato di Washington sulle Forze Nucleari a Medio Raggio del 198737• Nell'ottobre del 2018 Trump ha perciò dichiarato di voler risolvere il Trattato, cosa che poi ha fatto il 1° febbraio 2019, mentre la risoluzione sarebbe diventata effettiva dopo sei mesi. La decisione non era assurda; si pensi alla

J. Borger, "Kaliningrad photos appear to show Russia upgrading nuclear weapons bunker" (vedi sitografìa). 37

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Decisione del doppio binario della NATO del 1979. Tuttavia, si trattava allora di una doppia decisione: all'installazione di missili Peshing-2 e 109-Tomahawk da parte della NATO come risposta ai missili sovietici SS-20 sarebbero dovuti seguire negoziati bilaterali sul disarmo. Questi portarono, dopo molte difficoltà, al risultato, il suddetto Trattato di Washington, che è in discussione proprio ora - certo senza che si vedano in giro politici della levatura di Ronald Reagan e Michail Gorbaciov che potevano elaborarne un surrogato (per non parlare del fatto che un tale trattato oggi non dovrebbe più essere bilaterale ma multilaterale). L'ultimo grande accordo sul disarmo del "quarto di secolo aureo", il New Strategie Arms R.eduction Treaty ["Nuovo Trattato sulla Riduzione delle Armi Strategiche"] del 2011 scadrà nel 2021 e non sembra che Trump sia interessato al suo rinnovo. Senza dubbio è stata una violazione della Convenzione sulle Armi Chimiche del 1997 l'uso di armi chimiche in Siria, con ogni probabilità da parte del governo siriano e quindi-alla luce della suadipendenza dall'aiuto russo senza il quale non avrebbe mantenuto il potere38 - difficilmente senza l'approvazione di Mosca. L'uso di queste armi è avvenuto almeno cinquanta volte39. È stato particolarmente provocatorio l'attacco chimico a Dura nell'aprile del 2018. Infatti Macron aveva precedentemente dichiarato che un nuovo utilizzo di 38 Cfr. Martin Malek, "Kampf dem Terror? Russlands Militarinterventionin Syrien",in Osteuropa 65, 11-12 (2015), pp. 3-21. 39 R. Gladstone, "U.S. Says Syria Has Used ChemicalWeapons at Least 50 Times During War" (vedi sitografìa).

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armi chimiche sarebbe stato la linea rossa il cui superamento avrebbe provocato un attacco militare francese. Quest'ultimo è avvenuto con il coinvolgimento degli statunitensi e dei britannici il 14 aprile, ma dato che i russi erano stati informati in anticipo, non ci sono stati morti. L'utilizzo di armi chimiche aveva principalmente un significato simbolico - in linea generale, nell'epoca dei mezzi di comunicazione di massa, si osserva un aumento della politica simbolica. Il comportamento dei siriani ha mostrato però che si sono preoccupati della linea rossa della Francia ancora meno che di quella di Obama che, nel 2012, aveva lanciato una minaccia simile, alla quale però non si è attenuto, il che ha compromesso la credibilità americana in Medio Oriente40 • Presumibilmente, il rinnovato uso di gas tossici in Siria è avvenuto consapevolmente solo un mese dopo l'aggressione con il Novichok, nel marzo del 2018, dell'ex agente segreto russo Sergej Skripal a Salisbury, che rappresentava la prima aggressione con un agente nervino sul territorio di un membro della NATO e

40 A questo proposito l'illustre politologo israeliano Shlomo Avineri dice giustamente in un'intervista: "l'Europa non ha nessuna politica estera e di sicurezza comune. E Obama ha commesso due errori terribili: inizialmente ha tirato una linea rossa per il caso in cui Assad avesse usato delle armi chimiche. E quando la linea è stata oltrepassata non ha agito. A Riad e al Cairo si è avuta l'impressione che non si potesse fare affidamento sull'America. L'Egitto riceve ora fornimentidi armi dalla Russia. Pur comprendendo la politica di ritiro di Obama dopo le catastrofi di Bush, non c'è nessun vuoto: se gli americani si ritirano, arriva qualcun altro: la Russia." G- Streihammer, "Nahost: 'DieseStaaten brechen zusammen"' [vedi sitografia])

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che con un'altissima probabilità sarebbe avvenuta per conto della Russia. Perché altrimenti i russi avrebbero cooperato in maniera molto diversa alle indagini. Avrebbero almeno fatto in modo che non ci fossero altri attacchi con i gas tossici a così breve distanza di tempo. Grazie a questo ripetuto attacco il messaggio alla popolazione europea si può leggere così: abbiamo a disposizione delle armi chimiche e non esitiamo a usarle, checché ne dica il diritto internazionale. È ben noto che il Vicino e il Medio Oriente siano una polveriera che può esplodere in ogni momento. Oltre ai conflitti tra Israele e i suoi vicini islamici come pure i conflitti intra-islamici, soprattutto tra sunniti e sciiti (ad esempio in Yemen) con l'Arabia Saudita e l'Iran come rispettive potenza guida, dal punto di vista della politica mondiale, il contrasto tra i soldati russi e statunitensi in Siria è il più pericoloso. La situazione, inoltre, diventa ancora più difficile per la presenza della Turchia che persegue i propri interessi, che non coincidono né con quelli della Russia né con quelli degli Stati Uniti. Nel febbraio del 2018 a Deir el-Zor si è arrivati al conflitto più letale tra gli statunitensi e i russi dalla fine della Guerra fredda. Che tutto questo non sia sfociato in una guerra è dipeso, tra l'altro, dal fatto che i numerosi russi che sono stati uccisi o feriti non appartenevano alle forze armate regolari, ma al Gruppo Wagner, una compagnia militare privata che prende il nome dal compositore tedesco, in cui lavorano molti ex soldati e che collabora strettamente con il GRU41 , GRU è l'acronimo per "Glavnoe Razvedyvatel'noe Upravlenie", cioè "Direttorato Principale per l'Informazione". [N.d.T.] 41

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il servizio segreto militare russo. Forse, nell'attacco fallito del Gruppo Wagner agh statunitensi c'è stato anche un conflitto di competenze tra il Cremlino e il Ministero della Difesa42 . In ogni caso, l'operazione è stata molto rischiosa. In Russia si è sostanzialmente taciuto su ciò; il giornalista Maxim Borodin, che ha riferito i retroscena della vicenda, "è caduto" dal balcone del quinto piano- con ogni probabilità è stato un altro dei numerosi omicidi politici dei giornalisti russi43. Desta preoccupazione, oltre alle esercitazioni della protezione civile che dovrebbero preparare la popolazione russa a una guerra in cui si usano armi di distruzione di massa44, l'assidua presenza di sottomarini russi nei dintorni dei cavi sottomarini transatlantici che, evidentemente, dovrebbero essere sabotati nel caso di un conflitto per ostacolare la comunicazione tra gh Stati Uniti e l'Unione Europea45. Occorre inoltre menzionare l'esercitazione militare Zapad 2017, avvenuta a settembre ai confini occidentali della Russia, in cui hanno collaborato truppe russe e bielorusse. (I due Stati fanno parte, assieme ad Armenia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan ali' Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva.) A quanto pare, vi hanno A. Taylor, ''What we know about the shadowy Russian mercenary firm behind an attack on U.S. troops in Syria" (vedi sitografia). 43M. Borodin, "OSZE will Aufklaru.ng iiber Tod eines russischen Reporters" (vedi sitogra:S.a). 44 A. Lockie-H. Bauemebel, "Russland bereitet sich auf den Atomkrieg vor" (vedi sitogra:S.a). 45 C. Woody, "Russian SubmarinesAreLurkingNear Undersea Communication Cahles" (vedi sitogra:S.a). 42

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partecipato solo 12700 soldati, perché da 13000 in poi devono essere ammessi degli osservatori internazionali in base al Documento di Vienna del 2011 sulle misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. La preoccupazione secondo cui stessero avvenendo contemporaneamente delle esercitazioni militari - chiamate in un altro modo - da parte dei russi, con molti più soldati, è stata espressa da molti, tra cui la Ministra della Difesa tedesca, Ursula von der Leyen, che si aspettava fino a 100000 soldati46 • Nella Penisola di Kola, ad esempio, ci sono state contemporaneamente delle esercitazioni. Certo, è possibile che i russi, con le loro molteplici minacce di guerra, vogliano principalmente fare paura, ma è presumibile che durante una crisi utilizzerebbero questa paura per fare in modo che si ceda alle loro pretese senza opporre resistenza. Se dopo le esercitazioni le truppe russe siano rimaste in Bielorussia è una questione controversa; lo ha affermato l'Ucraina, la Russia e la Bielorussia però hanno smentita47 • In ogni caso, nel frattempo, la Bielorussia è diventata economicamente così dipendente dalla Russia che la si può quasi definire un suo protettorato. Tra l'altro, partecipa dal 2015 ogni anno con la Serbia e la Russia, alle esercitazioni

A6 S. Stober, "Showdown in 'Weischnoria'" (vedi sitografia); C. Hebel, "Das gro.BeKnallen" (vedi sitografia). A7 Siidkurier, "Manover: Russland dementiert Verbleib von Truppenin Wei.Brussland" (vedi sitografia).

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"Fratellanza slava':its. Tuttavia, il dittatore bielorusso Alexandr Lukasenko si oppone costantemente alle singole direttive russe. Zapad 2017 aveva forse anche l'obiettivo di esercitare le catene di comando dirette dallo Stato Maggiore russo fino ai soldati bielorussi eludendo lo Stato Maggiore bielorusso49, Dato che nel Distretto di Kaliningrad i soldati dislocati sono troppo pochi, la Russia dovrà marciare attraverso la Bielorussia, qualora decidesse di riappropriarsi degli Stati baltici che, a partire dal XVIII secolo, appartenevano alla Russia e perciò sono considerati da molti russi come "rilevanti per la loro identità". Notoriamente, questi tre Sati sono collegati a un altro Stato membro della NATO, cioè la Polonia, solo mediante il Varco di Suwalki, lungo 65 km in linea d'aria. Questo percorso collega il Distretto di Kaliningrad con la Bielorussia. Questo distretto è considerato il più fragile della NATO; pertanto dal 2016, nell'ambito della NATO Enhanced Forward Presence ["Presenza avanzata rafforzata della NATO"], sono dislocati lì quattro battaglioni che però devono essere sostituiti costantemente, dato che un dislocamento permanente non sarebbe compatibile con l'Atto Fondatore NATORussia del 1997. Questi battaglioni non sarebbero in grado di resistere per molto tempo a un attacco russo che, pertanto, dev'essere scoraggiato in maniera credibile anche con altri mezzi. È fondamentale aumentare la rapidità di un'eventuale reazione, magari con inWarsaw Institute, "Slavic Brotherhood against NATO" (vedi sitografia). 4 ~ I. Fedyk, "Zapad 2017: A Test for the West" (vedi sitografia). 48

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frastrutture migliori e con minori formalità legate all'attraversamento dei confini tra gli Stati membri della NATO. Infatti, l'accettazione di un'aggressione sarebbe il colpo di grazia per la NATO che, in questo modo, perderebbe ogni credibilità. In particolare, è di estrema importanza che gli Stati Uniti si sentano obbligati moralmente (giuridicamente, in realtà, non lo sono) dall'Articolo 5 del Trattato del NordAtlantico a fornire un aiuto sostanziale. Perché altrimenti non saranno posti limiti alla fantasia russa di organizzare un atto provocatorio che giustifichi - agli occhi di un'opinione pubblica spaventata in tutto il mondo e anche all'interno dell'Europa - un'invasione russa dei Paesi baltici50 • Considerati questi pericoli, non è più che legittimo il desiderio di Trump di raggiungere una migliore intesa con la Russia? In linea di principio sicuramente. Solo che non si ha l'impressione che Trump sappia esattamente di quali conflitti si tratta, quali concessioni sono moralmente accettabili e quali no e perché, ad esempio, gli Stati Uniti devono ottemperare alla responsabilità di proteggere gli Alleati che fidandosi di loro hanno rinunciato alle proprie armi atomiche. Il suo rivolgersi alla Russia, inoltre, ha suscitato molta sfiducia nel Congresso anche e proprio tra i Repubblicani, e fortunatamente il Presidente degli Stati Uniti non è autonomo nella gestione della politica estera. Il rischio maggiore di questa politica, perciò, è sia che Vedi, rispetto alla situazione di pericolo intorno al Varco di Suwalki, l'eccellente relazione del Center /or European Polecy Amzlysis: CEPA, "Securingthe Suwalki Corridor" (vedi sitografìa). 50

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allontana la Cina, con cui Obama cercava di trovare un equilibrio, sia che genera in Russia prima delle aspettative - che falliranno al Senato degli Stati Uniti e nell'esercito - e poi delusione e disprezzo. Se, di conseguenza, la Cina e la Russia dovessero fare fronte comune, non sarebbe una buona notizia per il progetto dell'Occidente. Certo, la Russia e la Cina, finora, sono unite solo nell'Organizzazione per la Cooperazione di Shangai, di cui fanno parte anche altri sei Stati e che non rappresenta un'alleanza difensiva. Però la cooperazione militare bilaterale è stata recentemente intensificata: si pensi alle esercitazioni militari congiunte russo-cinesi che si sono svolte a maggio 2015 nel Mar Mediterraneo, a settembre 2016 nel Mar Cinese Meridionale e a luglio 2017 nel Mar Baltica51 • Durante una visita a Mosca ad aprile 2018 il Ministro degli Esteri cinese W ang Yi ha dichiarato che le relazioni tra i due Stati (che tra il 1960 e il 1985 erano pessime) erano al miglior livello di tutta la loro storia52 • Alla luce della crescente debolezza dell'Occidente questa non è solo una buona notizia. Lo hanno mostrato, a partire dal 1981, soprattutto le grandi manovre della Russia che si sono svolte a settembre 2018, stavolta a est del Paese (e perciò chiamata "Vostok"), e a cui hanno partecipato truppe cinesi e mongole. Se dovesse esserci una grande guerra, inizialmente si cercherà di evitare di ricorrere alle armi nucleari. 51 Spiegel, "Chinesische Kriegsschiffe auf dem Weg indie Ostsee" (vedi sitografia). 52 B. Westcott, "China says relations with Russia at 'best level in history'" (vedi sitografia).

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Ma per quanto tempo durerà questa riluttanza non si può dire, tanto più che la nuova strategia nucleare degli Stati Uniti, che punta su armi atomiche con minore forza esplosiva, abbassa la soglia di inibizione sul loro utilizzo>>. Considerando il rischio aggiuntivo, per nulla minore, di una guerra nucleare scatenata da un errore informatico, il probabile ulteriore aumento delle potenze atomiche54 e la molto maggiore complessità di un ordine multipolare rispetto al precedente ordine bipolare, è aumentata fortemente la probabilità di un conflitto nucleare. Inoltre, i lunghi anni di pace nel mondo dal 1989 al 2016 hanno corroso la consapevolezza dei pericoli e la capacità di essere vigili nella gestione delle armi nucleari che ha caratterizzato il periodo dal 1945 al 1989- e più lungo è il periodo, maggiore è la probabilità di una guerra atomica accidentale. Un esperto incorruttibile tanto dal punto di vista intellettuale quanto da quello morale - come l'ex Ministro della Difesa degli Stati Uniti, William Peny, ritiene che il rischio di una guerra atomica sia oggi più elevato che durante la Guerrafredda e si impegna perciò per un mondo senza armi atomiche 53 Haldelsblatt, "Was die US-Nuklearstrategi.e fu.r Deutschland bedeutet" (vedi sitografìa). 54 Sono consapevole delfatto che l'illustre politologo Kenneth W altz veda nella proliferazione delle potenze nucleari una riduzione del rischio di una guerra poiché allora non varrebbe più la pena di attaccare. Ma anche se ha ragione sostenendo che l'effetto deterrente aumenterebbe, aumenterebbe in maniera significativa il rischio di una guerra atomica accidentale, causata da politici irresponsabili o addirittura pazzi. Vedi il confronto con Sagan: ScottD. Sagan-KennethN. Waltz, TheSpread o/Nuclear Weapons. An EnduringDebate, New York 2012 3 •

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grazie al disarmo generale>5 • È ovvio che il legame delle catastrofi ambientali di portata sempre più vasta con una guerra nucleare per accaparrarsi le ultime risorse naturali potrebbe annunciare tra pochi decenni la fine dell'umanità o, più probabilmente, un regresso di civiltà, comparati con il quale il crollo dell'Impero Romano e la transizione all'Alto Medioevo sarebbero eventi innocui. L'umanità potrebbe essere rigettata in un livello di civiltà preindustriale e impiegare dei secoli per recuperare una morale radicata più in profondità dal punto di vista esistenziale di quella di cui dispone la tarda modernità. Rinuncio a descrivere nel dettaglio questo processo. Va però menzionato il fatto che, nel caso di una vittoria della Russia e della Cina su un Occidente sempre più indebolito, sarebbe probabile una battaglia finale tra le due potenze mondiali asiatiche per il dominio mondiale. E grazie alla popolazione molto più grande e alla superiorità della sua economia è molto più plausibile che la vittoria spetterebbe alla Cina. La sua cultura millenaria potrebbe essere più efficace del brillante pensiero geostrategico di Putin. Questa prospettiva potrebbe forse scoraggiare la Russia rispetto a una collaborazione troppo stretta con la Cina. Ovviamente, è possibile anche che le due potenze si distruggano a vicenda e che l'evoluzione dell'umanità awenga principalmente nell'emisfero australe, soprattutto in Africa e in America Latina, con l'Australia e la Nuova Zelanda come ultimi resti di ciò che una volta era la cultura occidentale.

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William Perry, My Journey at the Nuclear Bri'nk, Stanford

2015.

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Questo saggio è iniziato con una descrizione della filosofia della storia ottimistica dell'illuminismo che sembra rendere giustizia a così tanti aspetti dello sviluppo storico degli ultimi 250 anni (Capitolo 1). Tuttavia, il periodo della minaccia totalitaria, che inizia con la fine della Prima Guerra Mondiale e viene superato in parte nel 1945, in parte nel 1989, rappresenta un intermezzo preoccupante. Sarebbe bello se lo si potesse liquidare come una sbandata eccezionale sulla strada verso un progresso sempre maggiore. Ma ciò che dal 2016 si sta delineando in maniera sempre più nitida (Capitolo 2) indica che questa minimizzazione sarebbe awentata. Lo Stato di diritto moderno purtroppo non è irreversibile; il suo crollo può ripetersi. Chi studia le cause che hanno reso possibile la vittoria elettorale di Trump (Capitolo 3) riconosce subito che il declino della classe operaia e la rapida ascesa delle donne comportano un sentimento di umiliazione per i maschi bianchi

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e ignoranti che rappresenta un eccellente strumento di lavoro per i demagoghi. del prossimo futuro: su questa tastiera possono suonare ancora delle sonate impressionanti fatte di odio e risentimento. Trump non sarà né l'ultimo né il peggiore dei nuovi demagoghi. Forse ancora più minacciosa dei pericoli relativi alla politica interna dello Stato di diritto liberale è, in secondo luogo, la corrosione ideologica della possibilità di credere in norme oggettive come la verità e la giustizia (Capitolo 4). Dico "ancora più minacciosa" perché senza una tale credenza l'uomo non è nient'altro che un animale particolarmente intelligente. Inoltre, quella credenza non si può recuperare semplicemente con delle misure politico-amministrative. Essa appartiene allo strato profondo di ogni cultura che è inaccessibile alla politica diretta - anche una politica culturale complessa, che presumibilmente in epoche aristocratiche era più facile, potrebbe al massimo creare delle condizioni generali all'interno delle quali dovrebbero realizzarsi spontaneamente dei chiarimenti intellettuali essenziali. Oltre ai pericoli relativi alla politica interna e ai pericoli ideologici ne esistono, in terzo luogo, di relativi alla politica estera. Tra questi la crescente divisione dell'Occidente transatlantico, anzi, la sempre più chiara incapacità dell'Unione Europea di affrontare insieme delle sfide pressanti (Capitolo 5). Le mezze misure nell'assegnazione di competenze solo parziali in politica finanziaria ed estera all'Unione Europea da parte dei singoli Stati hanno conseguenze negative, e soprattutto la questione della corretta gestione di milioni di esseri umani che dall'Africa e dal Vicino Oriente aspirano ad arrivare in Europa ha senz'altro la forza di spezzare l'Unione

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Europea, poiché le concezioni anti-universalistiche e quelle universalistiche in astratto lottano tra loro, senza trovare un terreno comune per un dibattito razionale. Inoltre, l'ascesa delle grandi potenze non occidentali è inarrestabile (Capitolo 6). Ho già citato (vedi p. 261) che probabilmente entro il 2050 il prodotto interno lordo indiano avrà superato quello degli Stati Uniti e quelli di Indonesia, Brasile, Russia e Messico avranno superato quello tedesco. Questo è anche giusto: se si desidera che il reddito pro capite tra gli stati diventi simile, l'economia dei Paesi più popolosi deve essere più forte di quella dei Paesi meno popolosi. Di contro nessuno può desiderare una grande guerra. Una tale guerra, però, sulla base della rapida ascesa della Cina e soprattutto del desiderio di rivincita della Russia - per non parlare della crisi della politica estera professionale nella Casa Bianca - purtroppo è diventata quantomeno altrettanto probabile che durante la Guerra fredda, questa volta però senza la stessa paura della guerra che a suo tempo era riuscita ad impedirla. Questi pericoli non li ho illustrati per fatalismo, ma perché solamente la loro analisi realistica può offrire delle opportunità che ci permettano di affrontarli. Che cosa si deve fare? In primo luogo, occorre sottolineare che una democrazia liberale può funzionare correttamente solo se la maggioranza sa come funziona. E diverso in una monarchia o in una oligarchia proprio perché l'autorità dello Stato non proviene da tutti. Tuttavia, per una democrazia è una necessità vitale che ci sia una educazione politica del popolo sui criteri di valutazione delle democrazie e sui pericoli interni che la minacciano. In particolare spiegare la priorità

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del principio della divisione dei poteri su quello del dominio della maggioranza mi sembra di eccezionale importanza per impedire l'instaurazione di una democrazia demagogica che conduca molto rapidamente a una dittatura. I principi della separazione dei poteri, dell'indipendenza del potere giudiziario, del controllo giudiziario delle decisioni amministrative e dell'attività legislativa non sono atti di grazia da parte della maggioranza, perché devono difendere l'individuo dalla maggioranza. Ma la maggioranza deve conoscere questi principi e sostenerli, se essi devono sopravvivere ai demagoghi. È altrettanto chiaro che il riconoscimento del carattere assoluto dei diritti fondamentali li difende meglio dell'atteggiamento egoistico secondo cui li si sosterrebbe fintantoché se ne può beneficiare. Le condizioni generali, infatti, possono trasformarsi rapidamente in modo che, almeno a breve termine, ci si accattivi le simpatie del demagogo. Per quanto sia anche vero che non tutte le religioni favoriscono la democrazia liberale oppure sono orientate nei suoi confronti anche solo in senso positivo, resta assurda, anzi, in definiti.va autodistruttrice la concezione per cui la scomparsa della religione sarebbe una parte inevitabile del progresso umano e il meglio che potrebbe capitare alla democrazia liberale. La democrazia liberale presuppone che ci sia un principio morale che guidi i cittadini nella ricerca di una politi.ca giusta e che, perciò, non possa essere una funzione delle opinioni della maggioranza del momento. Interpretare la natura di questo principio morale non è facile, ma il suo carattere ontologico ideale viene colto da determinate forme di religione più adeguatamente che da

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ideologie naturalistiche o costrutti.visti.che che spiegano tutto rispettivamente come il risultato dell'evoluzione naturale o dei costrutti umani. Finché la religione accetta il principio liberale fondamentale della libertà di religione, essa è di norma un sostegno più che una minaccia per lo Stato liberale. Essa fornisce all'individuo una motivazione forte per trascendere l'egoismo innato come pure un'immunizzazione contro la sottile pressione dell'adeguamento alle opinioni della maggioranza solo perché sono opinioni della maggioranza. Come religione universale rende possibili delle esperienze comunitarie a livello mondiale senza le quali l'azione collettiva, ispirata da ideali, difficilmente può avere luogo. In definitiva, la formazione di una forma più razionale di religione universale che, allo stesso tempo, sia accessibile a tutti in linea di principio è il vero desiderio di un mondo globalizzato. Quest'ultimo esige un fondamento spirituale comune - l'interesse personale razionale da solo non è sufficiente a tal fine. L'ideologia naturalistica, che continua a diffondersi nonostante la sua insostenibilità filosofica e che considera l'uomo come il prodotto materiale e casuale di una natura cieca che evolve senza meta, ovviamente non è in grado di motivare verso gli ideali e gli impegni morali senza i quali non si possono vincere le sfide della tarda modernità. La democrazia liberale, in secondo luogo, viene messa a rischio non solo dall'assolutismo democratico che vuole sottomettere tutto al dominio della maggioranza ora dominante. Non meno distruttivo è un egualitarismo che non si accontenta di insegnare l'uguaglianza giuridica di tutti gli esseri umani, ma

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adotta anche un'uguaglianza reale. Che quest'ultima non sia giusta lo sa chiunque sia onesto - i talenti e il senso di responsabilità degli esseri umani sono distribuiti in modo disuguale (anche il talento di migliorare la propria posizione dichiarando il falso). Chi lo nega contestainevitabilmente la necessità di cercare seriamente, in una democrazia, le forze più qualificate. In questo modo viene distrutta ogni forma di meritocrazia. Infatti, là dove un sistema di valutazione differenziata viene abbandonato, inevitabilmente l' assunzione di personale avviene in base alla simpatia e all'interesse personale. Proprio un'etica vincolata all'universalismo ha bisogno del senso per le differenze tra gli esseri umani, ma anche tra le culture; poiché, paradossalmente, non tutti gli esseri umani e le culture sono dotati nello stesso modo per l'universalismo. Quest'ultimo non è una posizione naturale, ma ha molti presupposti; piuttosto è naturale approfittarsi degli altri e privarli dei loro diritti. C'è una caricatura dell'universalismo che certamente si confonde con esso, ma che in verità prima o poi lo distrugge: incapace di differenziare, anzi, di rifiutare là dove questo è necessario, dichiara tutto equivalente; né nell'ascesa alle cariche politiche né nell'accoglienza dei migranti potrebbero esserci degli impedimenti; e la stessa idea di una difesa nazionale sarebbe disdicevole dato che attribuirebbe ingiustamente delle intenzioni aggressive agli altri. Questo universalismo puerile ha sicuramente contribuito a provocare la rivolta anti-universalistica degli ultimi anni, e l'universalismo razionale ha un interesse vitale a che non lo si confonda con il suo fratellastro infantile.

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La democrazia liberale deve armarsi contro le minacce interne ed esterne. Presumibilmente ci si dovranno aspettare, innanzitutto, delle conseguenze veramente disastrose dall'elezione di leader incompetenti prima che l'avanzamento di carriera sia vincolato a determinate qualifiche di tipo intellettuale e morale. Di contro, tutte le dipendenze finanziarie dei Deputati devono essere comunicate al pubblico, il flusso di donazioni che dall'economia arrivano alla politica deve essere limitato e le regole per escludere dal processo decisionale nel caso di chiari conflitti di interesse devono essere rafforzate. Devono esserci subito anche delle limitazioni legali delle diffamazioni su Internet e dei brogli elettorali da parte di troll, soprattutto dall'estero, perché la libertà d'opinione non può essere usata per minare quel sistema politico che, solo, può preservarla, cioè la democrazia liberale. Ciò che in ogni caso è chiaro, in terzo luogo, è che il suffragio universale deve andare di pari passo con la prevenzione della crescita ulteriore del terreno di coltura per i demagoghi. Se con la diminuzione della spesa pubblica le differenze di istruzione si intensificheranno ancora nella società, la scissione del sistema politico tra manipolati e manipolatori diventerà quasi irreversibile. Abbiamo visto che la globalizzazione e l'automazione hanno contribuito entrambe al declino della classe operaia. A mio avviso, non si può fare nulla contro la globalizzazione, perché si è rivelata benefica a livello mondiale avendo attenuato le disuguaglianze tra i Paesi, se non al loro interno. Attraverso la creazione di dipendenze reciproche essa rafforza, inoltre, la pace mondiale. Tuttavia, i perdenti della globalizzazione devono ottenere delle

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compensazioni, ad esempio nella fonna di una generosa riqualificazione professionale, e l'ampliamento del commercio mondiale deve andare di pari passo col rafforzamento delle istituzioni sopranazionali. Al contrario, non c'è motivo morale comparabile per puntare su un'automazione sempre maggiore. Sicuramente, il Paese che lo fa avrà dei vantaggi competitivi ma si tratterà di concorrenza sleale, perché i costi sociali della disoccupazione vengono scaricati dalle imprese al settore pubblico; e di contro un altro Stato che non pennetta l' esternalizzazione dei costi si difenderà imponendo dei dazi. Senza una strategia chiara su quale approccio si debba avere per evitare la disoccupazione che risulterà dall'automazione, difficilmente si potrà promuovere Industria 4.0. È ancora troppo presto per valutare i danni che l' elezione di Trump rappresenta, a lungo termine, per gli Stati Uniti tanto in politica interna quanto in politica estera. Se dovesse essere rieletto nel 2020, cosa che purtroppo non è esclusa, il ruolo degli Stati Uniti come nazione leader dell'Occidente fino al 2024 potrebbe essere compromesso così fortemente che perfino un nuovo Presidente con ancora più talento del brillante Obama difficilmente potrà ristabilirlo - troppa sfiducia nei confronti dell'homo americanus e della fonna di governo della democrazia, nel frattempo, si sarà diffusa sul Pianeta. In un tale vuoto, in quarto luogo, è straordinariamente importante che l'Unione Europea da un lato riduca la sua dipendenza dagli Stati Uniti e dall'altro aumenti la sua capacità d'azione. Riduzione della dipendenza significa inevitabilmentela creazione di una propria capacità di difesa. Rispetto alle condi-

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zioni di sicurezza attuali, soprattutto considerando la minaccia della Russia e l'imprevedibilità di Trump, non ci sono alternative. Perfino il successore di Trump si aspetterà che gli europei si proteggano in misura molto maggiore di quanto facciano adesso, perché gli Stati Uniti, nel XXI secolo, si porranno inevitabilmente come una nazione che guarda al Pacifico più che all'Atlantico. Il Paese è famoso per il suo senso degli affari e le possibilità di crescita nell'Asia orientale e sudorientale sono decisamente migliori che in Europa. Oltre ali' aumento del budget per la difesa è importante un rafforzamento della volontà di combattere. Va da sé che tutto ciò deve accadere con lo scopo di evitare la guerra. Ma una guerra con un Paese che non è trattenuto primariamente da scrupoli morali può essere evitata con un deterrente credibile. Oltre alla deterrenza per punizione ("deterrence by punishment"), cioè la minaccia di ritorsioni contro lo Stato aggressore, c'è la deterrenza per diniego ("deterrence by denial") che lascia all'aggressore meno speranza di raggiungere i suoi scopi. La seconda forma è moralmente molto meno problematica, anzi, la prima è moralmente giustificabile solo quando si dirige non contro la popolazione civile, ma contro ciò che è particolarmente importante per il governo dello Stato aggressore. Dal punto di vista diplomatico, inoltre, è decisivo lavorare per far sì che la Russia non appaia come un alleato naturale per la Cina. Rispetto alla minaccia nucleare da parte di un potenziale aggressore, un deterrente credibile ha bisogno esso stesso di una componente nucleare. Fortunatamente, anche dopo l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, rimane la Francia come potenza nucleare.

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Perciò, in quinto luogo, il rafforzamento del processo di unificazione europea deve partire dalla Francia e dalla Germania in qualità di Paese economicamente più forte - avendo uno Stato federale come obiettivo a lungo termine, ma dichiarato chiaramente. Se la memoria storica è sufficiente in tal senso, il regno di Carlo Magno invece di quello di Ottone il Grande può rappresentare una fonte di ispirazione - nel periodo tra i due sovrani awenne la scissione tra la Germania e la Francia. Dato che è del tutto escluso che i 27 Stati dell'Unione Europea si mettano d'accordo contemporaneamente su tale rafforzamento, la Francia e la Germania devono precedere gli altri Stati trovando un accordo soprattutto nella politica di bilancio, nella politica sui migranti e nella politica di difesa, ovviamente senza escludere quegli Stati europei che vorranno partecipatvi successivamente. Ma la preoccupazione di questi ultimi di essere lasciati indietro, all'inizio, nel processo decisionale non può portare a una paralisi del processo di unificazione in cerchie più piccole; poiché la paura che l'Unione Europea, se si limita a un "continua così", possa disgregarsi è molto più significativa di quella preoccupazione. Tutt'al più gli Stati europei di media grandezza, soprattutto laPolonia, si opporranno ad un'alleanza franco-tedesca. Ma proprio la Polonia, a causa della flagrante violazione dei valorifondamentali dell'Unione Europea, ha perso ogni diritto morale di impedire un tale passo. Al contrario, una cerchia più ristretta all'interno dell'Unione Europea può essere, per coloro che all'inizio non sono stati coinvolti, un segnale tale per cui essi devono adattarsi agli standard europei e non hanno il diritto di sowertirli impune-

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mente qualora due Stati facciano lo stesso. Inoltre, un tale passo è compatibile con l'Unione Europea ed è l'unico modo realistico per dare alla forma europea dell'Occidente una voce percepibile sul palco della politica mondiale. Con Macron c'è una reale opportunità di fare un salto di qualità riguardo alla natura dell'Unione Europea, e non è probabile che una tale opportunità possa ripresentarsi nel prossimo futuro. Questa finestra temporale si chiuderà presto, anzi, si è forse già chiusa dopo le massicce proteste interne contro Macron da parte dei "gilet gialli", dopodiché può calare il buio per un lungo periodo - per l'Occidente, ma quindi per il mondo intero. Infatti, nella misura in cui è dovere di ogni universalista desiderare che i benefici della modernità vengano concessi a tutti gli esseri umani, egli deve sostenere senz'altro la tesi secondo cui ciò che dà la sua legittimazione ultima al progetto della modernità sarebbe l'idea dei diritti umani. E questa ha radici così profonde nella cultura occidentale che con la fine dell'Occidente il mondo intero sarebbe privo di qualcosa di decisivo e forse di insostituibile. I fondamenti spirituali e morali comuni di cui ha bisogno un mondo globalizzato dovranno alimentarsi con le risorse intellettuali di tutte le culture del mondo. Ma siccome la cultura occidentale è quella che, per la prima volta, ha elaborato il progetto di una valorizzazione globale dei tesori spirituali delle altre culture, essa può forse essere particolarmente utile nella ricerca di un fondamento morale comune. Ad ogni modo, la sua posizione alla fine di questo XXI secolo sarà: il progetto della modernità beneficerà l'umanità solo se si riuscirà a

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ottenere un consenso mondiale sui valori che sia in grado di unire le differenti culture. Altrimenti l'attuale combinazione di autodistruzione delle democrazie occidentali, ascesa della Cina e crescente desiderio di rivincita della Russia risulterà altamente esplosiva, fino ad arrivare a una guerra nucleare, per non parlare della inesorabile distruzione progressiva dell'ambiente che aumenterà ulteriormente il potenziale di conflitto sul pianeta. Rispetto alla interconnessione globale delle singole culture, inoltre, può darsi il caso che l'epoca del declino culturale dell'Occidente possa non essere più compensata da altre culture in ascesa. L'ideale del progresso storico si dimostrerebbe allora come la bolla onirica di un'epoca relativamente breve della storia dell'umanità. Contro tali ovvie preoccupazioni è d'aiuto solo l'insistenza sulla tesi normativa del progresso - si deve lavorare per il progresso dell'umanità, anche se non si sa, ma si può solo sperare, che esso si affermerà, per vie parzialmente imprevedibili, nonostante tutte le crisi e i processi di decadenza. C'è un aumento della probabilità che il razionale si affermi, se si analizza impietosamente ciò che lo mette a rischio. Il pessimismo nel pensiero è un dovere solo perché in questo modo aumentano le possibilità di rimanere ottimisti responsabili nell'azione. Il quarto di secolo aureo è finito - solo chi lo riconosce ha la possibilità di lavorare in anticipo per i quarti di secolo aurei di un futuro lontano.

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Die Volker wurden seiner Herr, jedoch DaB keiner uns zu friih da triumphiert Der SchoB ist fruchtbar noch, aus dem das kroch. Bertolt Brecht, Der au/haltsame Au/stieg des Arturo Ui, Epilogcr

1. La mancata rielezione di T rump rappresenta una svolta negli sviluppi in corso a partire dal 2016?

Il 7 novembre 2020 quando, dopo i quattro snervanti giorni dello spoglio delle schede, finalmente è diventato chiaro che Joseph Biden e Kamala Harris avevano raggiunto la maggioranza necessaria nel Collegio Elettorale, il sospiro di sollievo si poteva Ringrazio mia sorella Adriana Borra per l'approfondita lettura e la cri.ti.ca del testo che lo ha migliorato notevolmente. Esso è stato scritto a novembre dopo le elezioni negli Stati Uniti ed è stato aggiornato a gennaio. 2 Bertolt Brecht, La resistibile ascesa diArturo Ui: "I popoli riuscirono a domarlo,/ ma nessuno trionfi troppo presto - / è ancora fertile il grembo dal quale ciò strisciò". 1

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sentire in tutto il mondo. Il fatto che si sia evitato un altro mandato di Donald Trump concede al mondo un attimo di respiro di cui esso aveva un disperato bisogno, in modo che possa finalmente rivolgersi ai problemi che hanno continuato ad accumularsi con una possibilità realistica di risolverli in maniera razionale. Perché una cosa è chiara: se Trump fosse stato riconfermato in carica, avrebbe continuato, anzi rafforzato, il programma del suo mandato senza alcun ritegno. Ci sarebbe stato un ulteriore avvicinamento alla Russia, forse perfino un'uscita degli Stati Uniti dalla NATO con conseguenze imprevedibili per la stabilità dell'Europa; la guerra commerciale con la Cina e con l'Unione Europea e, in generale, le tendenze isolazionistiche nella politica estera sarebbero continuate in maniera aggressiva (nel maggio del 2020 aveva annunciato per il 2021 l'uscita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità); non ci si sarebbe potuti aspettare da lui il benché minimo contributo alla riduzione del riscaldamento del pianeta, anche se gli incendi - causati anche da quest'ultimo - nell'estate del 2020 in California, Oregon e nello Stato di Washington hanno bruciato 33000 km 2 di terra. Gli Stati Uniti, come sto per mostrare, si trovavano nel grave pericolo di diventare una Repubblica delle banane autocratica. L'Occidente liberale avrebbe quindi perso la sua potenza guida e, tra le superpotenze, non si sarebbe più trovata una democrazia liberale funzionante. Kimberly Guilfoyle, la fidanzata del figlio del Presidente, Donald Trump Jr., terminò il suo discorso al Congresso del Partito Repubblicano, nell'agosto del 2020, con il lieto annuncio che, dall'altra parte,

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è stato senz'altro percepito come una minaccia: "The best is yet to come" ("Il meglio deve ancora venire"). Ma si è trattato di un sospiro, non di un grido di giubilo. Infatti, l'esiguità del risultato ha mostrato che sarebbe irresponsabile credere che la minaccia al liberalismo classico, di cui si tratta in questo libro, sia stata finalmente superata. Trump non è più Presidente; il trumpismo resta però un importante fattore della politica negli Stati Uniti. Certo Biden, come già Clinton nel 2006, ha ottenuto la maggioranza dei voti (la differenza rispetto ai voti perTrump, questa volta, era addirittura superiore ai sei milioni). Ma questo significa, in primo luogo, che quasi il 47% degli elettori ha comunque votato per Trump (questi erano non solo, grazie alla più alta affluenza alle urne dal 1900, più persone in termini assoluti di quante avevano votato per Trump nel 2016, ma perfino la percentuale dei voti per Trump era più alta che nel 2016). E, in secondo luogo, nelle elezioni presidenziali statunitensi, com'è noto, è la maggioranza nel Collegio Elettorale che conta. Qui Biden, alla fine, ha ottenuto 306 dei 538 voti, ma dato che in 48 dei 50 Stati vale il principio secondo cui il partito che ottiene la maggioranza riceve tutti i voti, questa vittoria va considerata ciononostante come molto risicata. Infatti, ceteris paribus, se nei tre swing states Arizona, Georgia e Pennsylvania rispettivamente 5500, 6000 e 41000 elettori, invece che per Biden, avessero votato per Trump, quest'ultimo sarebbe stato confermato Presidente. Purtroppo non c'è dubbio sul fatto che Trump senza il suo grottesco fallimento nella gestione della pandemia sarebbe stato rieletto, ed è probabile che

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dei candidati democratici solo Biden potesse batterlo. Fortunatamente, però, i Democratici sono riusciti a ottenere alcuni seggi in Senato e a provocare una situazione di stallo che tuttavia rappresenta una maggioranza perché in caso di parità di voti in Senato, secondo la Costituzione, il Vicepresidente o la Vicepresidente ha il voto decisivo. Tuttavia, con l'ostruzionismo ("filibuster")3 anche una minoranza di41 Senatori può bloccare una legge importante (al di fuori della procedura di riconciliazione), ma nella nomina dei giudici della Corte suprema questa regola è stata elusa con l'applicazione della cosiddetta "opzione nucleare" dal 2013. Nella Camera dei Rappresentanti i Democratici potevano difendere la loro maggioranza, ma hanno registrato delle perdite; è la maggioranza più risicata che il partito di maggioranza abbia mai avuto da due decenni. Di conseguenza, Biden nei prossimi due anni potrà far approvare alcune leggi, ma indica che il sostegno quasi senza eccezioni dei Deputati repubblicani al loro Presidente li ha danneggiati poco tra i loro elettori tradizionali. (Nelle elezioni dei singoli Stati i Repubblicani hanno perfino ampliato un po' la loro maggioranza.) Forse Trump rimarrà comunque un personaggio importante per i Repubblicani, anche se per motivi d'età, tra alcuni anni, dovrà passare il testimone.

3 Il f-ilt"bustering è una forma di ostruzionismo parlamentare tipica del Senato degli Stati Uniti. Consiste in interminabili discorsi da parte dei Senatori dell'opposizione e si basa sul principio per cui, per mettere al voto una legge, bisogna prima chiudere il dibattito con una maggioranza - molto difficile da ottenere - di 60voti su 100. [N.d.T.]

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Il Paese, in ogni caso, resterà profondamente spaccato. Anche se la politica estera sotto la presidenza di Biden diventerà più prevedibile, le tensioni in politica interna non saranno eliminate. L'esito delle elezioni è stato così inquietante anche perché non solo a Trump, semplicemente, mancano tutti i requisiti caratteriali richiesti per un'alta carica dello Stato e le sue idee politiche contraddicono l'interesse generale del mondo, ma anche degli Stati Uniti. Già prima delle elezioni Trump aveva mostrato, in maniera sempre più sfacciata, di non attenersi più alla Costituzione degli Stati Uniti - un'accusa che non si poteva muovere, ad esempio, a George W. Bush, anche qualora si fossero rifiutate nei dettagli le sue decisioni politiche. Questo però non ha portato affatto a dei movimenti conseguenti dei Repubblicani per distanziarsi da lui; perché si sono resi conto - anche qualora la Costituzione dovesse stare loro a cuore - del fatto che il Presidente, grazie alla sua grande popolarità, poteva interrompere la sua carriera, e quest'ultima per loro era più importante della Costituzione. Nella prima, imprudente, procedura di ùnpeachment del 2019-2020, destinata a fallire fin dall'inizio, solo uno dei Senatori repubblicani, Mitt Romney, votò per la condanna di Trump, e solo rispetto al primo capo d'accusa, l'abuso di potere. Quest'ultimo era dato per scontato da molti osservatori, perché Trump aveva fatto pressione per telefono sul Presidente ucraino Volodymyr Zelensky per svolgere delle indagini anche su Joseph Biden e per affermare falsamente che non la Russia, ma l'Ucraina fosse intervenuta nella campagna elettorale americana

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nel 2016. Ma tutto questo è stato innocuo, comparato con quello che è successo dopo. La Costituzione americana è considerata liberaldemocratica per tre idee fondamentali - in primo luogo la separazione orizzontale tra i tre poteri, in secondo luogo la separazione verticale dei poteri tra lo Stato centrale (la federazione) e gli Stati membri e, in terzo luogo, il rispetto del voto democratico. Trump ha provato a compromettere tutte e tre, perché solo questa è la via per un'autocrazia duratura. Il 15 aprile 2020 ha dichiarato di avere il diritto di aggiornare unilaterahnente il Congresso, qualora il Senato alla fine non confermasse le persone da lui nominate per gli incarichi del governo federale, la qual cosa era rallentata dai Democratici al Senato (durante l'aggiornamento del Congresso le nomine del Presidente non richiedono nessuna conferma, dato che egli ha il diritto di fare dei - temporanei - recess appointments ["nomine durante l'aggiornamento delle Camere"]). Ha menzionato che forse questa misura non è stata mai attuata - nessuno lo sapeva; ma avrebbe proceduto lui alla sua attuazione4. L'affermazione secondo cui nessuno sapeva se ci fosse mai stato un aggiornamento unilaterale del Congresso era solo una delle innumerevoli bugie di Trump; ogni manuale relativo alla materia conferma che nessun Presidente, nemmeno nella Guerra Civile Americana e nelle due Guerre Mondiali, si era preso questo diritto. Ora, tutte le cose buone devono avere un inizio; ed 4 S. Kapur-K Hunt-1. A. Caldwell, "Trump threatens unprecedentedmove of adjourning Congress to fili vacancies" (vedi sitografia).

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è legittima la domanda se il Presidente in base alla Costituzione abbia un tale diritto, anche se nessuno se ne è mai avvalso. Uno sguardo alla Costituzione degli Stati Uniti (Articolo 2, comma 3) conferma che un tale diritto esiste solo se le due Camere del Congresso non sono d'accordo sul periodo dell'aggiornamento; e una tale situazione non c'è mai stata. Il Senato, controllato dai Repubblicani, si è guardato bene dal causare questa situazione, perché l'enorme libertà che il Presidente ha rispetto al periodo dell'aggiornamento è estremamente pericolosa ed è, presumibilmente, un motivo per il quale nessun Presidente siè mai appellato a questo diritto. Questa minaccia al potere legislativo ha suscitato ancora più interesse quando Trump, solo due giorni prima, aveva fatto ricorso all'autorità totale sugli Stati membri, e precisamente in relazione alla questione se egli durante la pandemia da Covid-19 potesse imporre loro di riaprire l'economia che essi avevano limitato per l'ottimo motivo di proteggere le vite: "se qualcuno è il Presidente degli Stati Uniti, l'autorità è totale. I Governatori lo sanno"5• I Governatori che diversamente da Trump avevano letto la Costituzione sapevano, però, che in base al decimo emendamento tutti i diritti non conferiti espressamente allo Stato centrale restano agli Stati membri, e non sono riusciti a trovare nel testo della Costituzione un trasferimento dei diritti rivendicati da T rump. Ci sono state proteste su questa questione non solo da parte dei Governatori democratici. Dato che Trump ha dovuto riconoscere

J. Colvin-Z. Miller-G. Mulvihill, ''Trump daims 'total' authority, aver govs, to reopen economy" (vedi sitografia). 5

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che in maniera legale non poteva imporre la sua volontà, il 17 aprile ha scritto dei tweet incendiari in cui esortava alla "liberazione" di alcuni Stati democratici come il Michigan, il Minnesota e la Virginia. L'ultimo tweet era il seguente: "LIBERATE VIRGINIA, and save your great 2nd amendment. It is under siege."6 ("LIBERATE LA VIRGINIA e salvate il vostro grande secondo emendamento. È sotto assedio.") Questo testo evidentemente sedizioso che invitava ad assaltare i governi da lui non amati dei singoli Stati pretendeva spudoratamente di esortare a difendere la Costituzione, ma dato che il secondo emendamento garantisce il diritto di portare armi, esso era un invito malcelato a effettuare la "liberazione" degli Stati membri con quei mezzi che dichiarava fossero minacciati. L'appello di Trump non è rimasto senza effetti. Il 14 maggio, davanti al Parlamento dello Stato del Michigan a Lansing si sono riuniti dei cittadini, talvolta armati fino ai denti, alcuni dei quali sono penetrati addirittura nella Galleria del Senato. Protestavano contro le norme rigorose che la Governatrice Gretchen Whitmer - in quanto donna intelligente ed energica molto impopolare - aveva introdotto sulla base di pareri scientifici autorevoli per limitare l'ulteriore diffusione del Covid-19. Certo, non c'è stata nessuna violenza, ma la minaccia era evidente. Si portavano bandiere degli Stati Confederati d'America, che erano schiavisti (di cui il Michigan non fece mai parte, ma che vengono trasfigurati come il baluardo dei "bei vecchi tempi" C. Mauger-B. Leblanc, "Trump tweets 'liberate' Michigan, two other states with Dem governors" (vedi sitografia). 6

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del dominio dei bianchi), si sventolavano dei cappi e si mostravano manifesti che paragonavano Whitmer a Hitler7. Un altro manifesto popolare nelle proteste in tutto il Paese contro le restrizioni della vita economica era il seguente: "Give me liberty, or give me death"8 ("Datemi la libertà o datemi la morte"). Una frase di Patrick Henry, celebre negli Stati Uniti, pronunciata nel 1775 all'inizio della Guerra d'Indipendenza, è diventata lo slogan degli utili idioti di quell'uomo che voleva eliminare la Costituzione del Paese. Non ci si è limitati a delle vaghe minacce- a ottobre, in Michigan sono stati arrestati 13 uomini che facevano parte della milizia Wolverine Watchmen ("guardiani di Wolverine") - il cui nome evoca rappresentazioni totemiche -, e discutevano piani concreti per sequestrare la Governatrice o dopo un assalto al Parlamento a Lansing o dopo un attacco alla residenza privata di Whitmer e di portarla in un "tribunale"9 • L'attacco più pericoloso ai diritti degli Stati membri da parte di Trump è awenuto il 1° giugno. Durante le proteste in tutto il Paese - per lo più pacifiche, ma ogni tanto violente e talvolta anche accompagnate da saccheggi - dopo la crudele uccisione dell' afroamericano George Floyd da parte dei poliziotti che hanno mostrato ancora una volta la brutalità e il razzismo , A. Censky, "Heavily Armed Protesters Gather Again at Michigan Capitol toDecryStay-At-Home Order" (vedi sitografu.). 8 J. K. Elliott, "'Give me liberty or... COVID-19': The irony of coronavirus protests in the U.S." (vedi sitografia). 9 N. Chute, ''Whatwe knowabout theplotto kidnapGretchen Whitmer and how the FBI foiled the militia's plan" (vedi sitografia).

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sistemico della polizia, Trump ha seguito la strategia di spacciarsi per il custode della legge e dell'ordine. Tra le altre cose, ha fatto disperdere i manifestanti pacifici nei pressi della Casa Bianca con la forza ricorrendo ai gas lacrimogeni, mentre teneva un discorso nel Giardino delle Rose della Casa Bianca, in cui si definiva "your president of law and order" ("il vostro Presidente di legge e ordine") ed esortava i Governatori degli Stati membri a ricorrere alla Guardia Nazionale per" dominare" le strade. In caso contrario, avrebbe impiegato lui l'esercito e avrebbe risolto il problema per loro. Poi, accompagnato fra gli altri dal Ministro della Giustizia William Barr, dal Ministro della Difesa Mark Esper e dal Capo di Stato Maggiore Mark Milley, ha camminato fino alla Chiesa episcopale di San Giovanni a Washington, la cui parrocchia era stata danneggiata durante le proteste. Lì davanti si è fatto fotografare tenendo in mano una Bibbia. La sua portavoce, Kayleen McEnany, non si è vergognata di paragonare questo atto con la visita di Winston Churchill ai quartieri colpiti dalle bombe tedesche nel 1941. E per sopraffare anche i cattolici con la sua devozione, il giorno dopo, Trump ha visitato anche il Santuario Nazionale di San Giovanni Paolo II. L'intenzione dichiarata di Trump di impiegare l'esercito negli Stati membri anche contro la loro volontà - intenzione che aveva come fondamento giuridico l'Insurrection Act ["legge sull'insurrezione"] del 1807 -, non si è però realizzata. Oltre alla protesta dei media fedeli alla Costituzione, è stata fondamentale l'integrità dell'esercito. Il 3 giugno Esper ha dichiarato che l'intervento dell'esercito nel Paese sarebbe lecito solo nelle situazioni più urgenti e terribili, che

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al momento non c'erano; egli ha contestato, perciò, l'applicabilità dell'Insurrection Act. Milley si è scusato, alcuni giorni più tardi, per la sua presenza nella foto con Trump, dato che l'esercito avrebbe il dovere di essere politicamente neutrale (prese addirittura in considerazione le sue dimissioni)10 • Non meno ostile è stata la reazione di tutti i leader religiosi che non avevano apprezzato la spudorata strumentalizzazione della religione. Il Vescovo cattolico afroamericano, Wilton Gregory, è stato particolarmente chiaro nella sua disapprovazione1 1 • (Forse anche per questo è stato nominato cardinale da Papa Francesco nel novembre del 2020?) In ogni caso i media, l'esercito e le Chiese hanno giocato un ruolo importante per impedire la violazione della Costituzione pianificata da Trump. Ciò che è bizzarro nel desiderio di libertà di coloro che protestano contro le restrizioni legate al Covid-19 è che vengono indotti, certo con misure di sanità pubblica razionalmente legittimate, a dichiarazioni spesso assurde, anzi, talvolta addirittura a piani criminali per la tutela della libertà, ma allo stesso tempo queste persone sostengono incondizionatamente un Presidente che, in discorsi pubblici ad agosto e settembre 2020, ha dichiarato che dopo la sua rielezione avrebbe "negoziato" un terzo mandato che gli sarebbe 1° C. Kube-C. E. Lee, "Joint Chiefs Chairman Milley discussed resigning aver role in T rump' s church photo op" (vedi sitografia). 11 D. Jackson-M. Collins-N. Wu, "Washington archbishop denounces Trump visit to Catholic shrine as 'baffling' and 'reprehensible"' (vedi sitografia).

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spettato per il fatto di essere stato trattato così ingiustamente12: così parla il narcisista e l'affarista al quale manca qualsiasi consapevolezza giuridica e che non vuole sapere che la Costituzione non è una merce, ma piuttosto la cornice di ogni trattativa. È stata proprio la paura della tirannide che ha portato al XXII emendamento della Costituzione che limita a due i mandati del Presidente. Chiunque abbia un minimo di intelligenza sa che l'estensione dei mandati non può esserci senza un emendamento costituzionale e - dato che questi emendamenti sono, in generale, molto difficili negli Stati Uniti e un consenso su tale questione è del tutto improbabile - quindi senza una violazione della Costituzione. Ma Trump non ha avuto bisogno di sforzarsi di nascondere i suoi veri desideri - milioni di persone lo hanno sostenuto nel suo cammino verso l'autocrazia, proprio mentre soggettivamente credevano in tutta onestà di lottare per la libertà, sotto la sua guida, contro la tirannia in politica sanitaria di alcuni Governatori. Si pensi alle parole "Sic semper tyrannis" ("Sempre così per i tiranni") che John Wilkes Booth sembra avere esclamato quando ha assassinato Abraham Lincoln, poiché quest'ultimo lo aveva privato del suo diritto di tenere degli esseri umani in schiavitù e trattarli come animali. Il rispetto di Trump per il voto del popolo è emerso nella notte delle elezioni tra il 3 e il 4 novembre, quando si stavano ancora contando i voti ma, dato che in molti Stati il conteggio dei voti arrivati per posta - mag12

A. Solender, "Trump Says He Will 'Negotiate' Third Temi

Because He's 'Entitled' To It" (vedi sitografìa).

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giormente utilizzata dai Democratici - era cominciato solo più tardi, come previsto la tendenza ha iniziato lentamente a cambiare. Egli ha dichiarato esphcitamente, tra gh applausi di molti grandi nomi del Partito Repubbhcano, di essere il vincitore e ha affermato che si stesse verificando un'enorme frode elettorale13• Nonostante le dure critiche, anche da parte di alcuni Repubblicani, il 5 novembre in un discorso dalla Casa Bianca ha aggiunto quanto segue. Se si fossero contati solo i voti legali, avrebbe vinto lui facilmente, ma se si fossero contati i voti illegali, si sarebbe potuto cercare di "derubarci" della vittoria elettorale. Ha criticato, non a torto, i sondaggisti che si sarebbero sbagliati come nel 2016 e ha dichiarato che i pohziotti, i contadini e i semphci cittadini fossero i suoi elettori; grazie alla sua pohtica i Repubbhcani sarebbero diventati il partito dei lavoratori, mentre "big media, big money, big tech" ("i grandi media, i grandi guadagni e la grande tecnologia") avrebbero esercitato delle massicce ingerenze nelle elezioni a favore dei Democratici. Egli avrebbe a ragione previsto che ci sarebbero stati gravi brogli elettorali, e in effetti si troverebbero ora, miracolosamente, dei voti che ridurrebbero il suo vantaggio, mentre gli osseivatori repubbhcani non sarebbero ammessi. Egli, però, avrebbe combattuto la corruzione e si sarebbe fatto garante dell'integrità del processo elettorale14 • In una cosa T rump aveva ragione - certo 13 Reuters, "President Trump's election night speech" (vedi sitografia). JA News 19WLTX, "PresidentTrump full speechonElection results: November 5, 2020" (vedi sitografia).

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non in maniera corretta, ma aveva senz'altro previsto che ci sarebbe stata una frode elettorale, e precisamente dal 2016. Infatti, la concezione del mondo di Trurnp e dei suoi fan è relativamente semplice: deve vincere lui e, se non lo fa, ci dev'essere qualcosa che non va. Non si può nemmeno escludere che Trump lo creda veramente, perché gli imbroglioni sociopatici alla fine cadono spesso vittime del loro stesso inganno. Perciò ha affermato, già nel 2016, che avrebbe ottenuto anche la maggioranza dei voti degli elettori, non solo di quelli dei grandi elettori. Roger Stone, il suo fidato tuttofare che nel 2020 è stato condannato a quaranta mesi di prigione, ma è stato graziato molto presto da Trump (a dicembre e gennaio sono seguiti numerosi altri atti di grazia dei suoi seguaci criminali), già nel 2016 aveva fondato il gruppo "Stop the Steal" ("Fermate il furto") che, nel 2020, è miracolosamente risorto. Anche se tutti i supervisori elettorali ufficiali, compresi quelli repubblicani e internazionali, hanno dichiarato che non ci fosse traccia di una frode elettorale, Trump si è rifiutato di riconoscere la sua scon:6.tta15 e ha ricoperto di ricorsi prima i tribunali dei vari Stati. Il Ministro della Giustizia del Texas, sostenuto dai Ministri della Giustizia di diciassette altri Stati repubblicani e dallo Ancora il 20 novembre Trump ha dichiarato che Pfizer avrebbe ritardato di proposito l'annuncio del vaccino per il Covid-19 fino alle elezioni per danneggiarlo (il che, in linea di principio, è possibile), ma i Democratici avrebbero trovato le schede elettorali (illegali) necessarie forse anche in un altro modo: The Guardian, "Trump accuses Pfizer of delaying vaccine announcement until after election-video" (vedi sitogra:6.a). Egli avrebbe però vinto le elezioni in ogni caso. 1,

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stesso Trump, ha fatto immediatamente ricorso presso la Corte Suprema chiedendo che quest'ultima annullasse milioni di voti in Georgia, Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. Ogni sforzo, però, è stato inutile, perché i tribunali - compresa la Corte Suprema - si sono rivelati un baluardo della legge e del diritto, anche se Trump aveva nominato tre dei nove giudici alla Corte Suprema. (L'ultima di queste nomine fu confermata dal Senato solo otto giorni prima delle elezioni di novembre, il che era corretto dal punto di vista costituzionale, ma politicamente poco elegante ed era in contraddizione con l'atteggi.amento precedente dei Repubblicani che, nell'ultimo anno di mandato di Obama, si erano rifiutati anche solo di discutere il candidato da lui nominato nel marzo del 2016, Merrick Garland, poiché non volevano anticipare la volontà popolare nelle elezioni di novembre. In questo modo è diventata chiara a tutti la politicizzazione della magistratura e, quindi, la sua autorità in quanto istituzione imparziale è stata compromessa.) Come ultima misura alcuni Repubblicani hanno addirittura pensato di far nominare i Grandi Elettori, dopo le elezioni popolari, dalle assemblee legislative nei rispettivi Stati membri governati dai Repubblicani 16 • Ciò non viola la Costituzione federale che concede la massima libertà agli Stati su come nominare i Grandi Elettori e questo è stato il modo di procedere di molti Stati membri per quasi tutto il XIX secolo; ma le leggi di questi Stati, attualmente, non lo permettono. Che T. Gabriel-S. Saul, "Could State Legislatures Pick Electors to Vote forTrump? Not Likely" (vedi sitografia). 16

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questa proposta sia stata avanzata, anzi, che Trump abbia convocato a Washington importanti Repubblicani del Michigan per una riunione straordinaria, dopo che aveva perso questo Stato17, per quanto senza successo, è la prova di un disprezzo profondissimo per il processo democratico. Ancora più preoccupante è che l'incorruttibile Segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger, abbia raccontato che il Senatore Lindsey Graham (che lo nega) ha fatto pressione su di lui per non fargli contare i voti legali18• Trump stesso ha aumentato la pressione su Raffensperger in una telefonata diventata pubblica all'inizio di gennaio, in cui lo minacciava senza mezzi termini di fargli causa19, Anche se il fatto che l'elezione del Presidente sia nelle mani degli Stati membri - negli Stati Uniti non c'è un Presidente di seggio a livello federale20 - porta ad alcune idiosincrasie e divergenze tra questi Stati, questo regolamento nel 2020 si è rivelato una benedizione; infatti, la manipolazione di un'autorità federale da parte del capo dell'esecutivo sarebbe stata più facile. Anche qui si deve ammirare l'acume dei Founding Fa17 E. White-D.Eggert-Z. Miller, "TrumpsummonsMichigan GOP leaders for extraordinary meeting" (vedi sitografìa). 18 L. Gambino, "Georgia's secretary of state says Lindsey Graham suggested he throw out legal ballots" (vedi sitografìa). 1~ M. Quinn.T. Perry, "Trump heard on phone call urging Georgia officials to 'find' enough votes to overturn presidential results" (vedi sitogra6.a). 20 In Germania il cosiddetto Bundeswahlleiter supervisiona le elezioni a livello federale; in genere, questa funzione viene svolta dal Presidente dello Stati'stisches Bundesamt ("ufficio federale di statistica"). [N.d.T.]

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thers ["Padri fondatori"] che essi hanno investito nella

prevenzione di un'autocrazia. È stato importante anche il ruolo dell'esercito: l' 11 novembre il Capo di Stato Maggiore Mark Milley ha dichiarato, in un discorso pubblico per il Veteran Day ["Giorno dei Veterani"], che le forze armate degli Stati Uniti avevano prestato giuramento non a un individuo ma alla Costituzione21 - una chiara allusione al fatto che le forze armate non avrebbero tollerato una violazione della Costituzione da parte di un individuo. Se altrove l'esercito è stato ripetutamente coinvolto nella caduta della democrazia, negli Stati Uniti esso l'ha difesa contro il Presidente civile. Sicuramente, oltre al patriottismo costituzionale, ha giocato un ruolo anche il fatto che Trump, diversamente da quanto fanno dei golpisti più talentuosi, aveva alienato i generali anche a causa delle sue lusinghe ai dittatori stranieri, la protezione dai quali è tra i compiti centrali delle forze armate degli Stati Uniti. Per degli osservatori intelligenti, però, era allarmante il fatto che a inizio gennaio tutti i dieci ex Ministri della Difesa degli Stati Uniti ancora in vita, peraltro di entrambi i partiti, ritenessero necessario sottolineare in una dichiarazione pubblica il vincolo delle forze armate con la Costituzione invece che con un singolo e mettere in guardia dal coinvolgimento in atti anticostituzionali22 •

21 Associated Press, "Gen. Milley: 'We take an oath to the Consti.turi.on"' (vedi sitografia). 22 A. Carte-D. Cheney-W. Cohen-M. Esper-R Gates-C. Hagel-J. Mattis-L. Panetta-W.Perry-D. Rumsfeld, "All 10 livingfor-

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L'avvertimento era giustificato, poiché il 6 gennaio, il giorno in cui il Congresso, presieduto dal Vicepresidente Michael Pence, doveva confermare il voto del Collegio Elettorale (generalmente una semplice formalità), Trump a Washington davanti ai suoifan riuniti ha tenuto in maniera abile - perché indiretta - un discorso sedizioso in cui li invitava ad andare a Capito! Htll e a dare una dimostrazione di forza, dopodiché centinaia di suoi sostenitori hanno assaltato il Parlamento. Uno degli invasori sventolava una bandiera degli Stati Confederati d'America, un altro aveva una felpa con la scritta "Camp Auschwitz". Dato che Trump non poteva fare ricorso alle forze armate, doveva aiutarlo la folla. I locali del Parlamento hanno dovuto essere evacuati, i Senatori e i membri della Camera dei Rappresentanti sono stati portati al sicuro. Alcuni degli insorti si erano portati addirittura un cappio con cui minacciavano di impiccare Pence che consideravano un traditore. Una persona è stata uccisa a Capito! Hill (nel complesso ci sono stati cinque morti). Trump, invece di proteggere il Parlamento, inizialmente si è rifiutato di impiegare la Guardia Nazionaleche precedentemente voleva imporre così generosamente ai singoli Stati; alla fine, su pressione di Pence ha accettatc23• Ha chiesto agli invasori di ritirarsi, li ha rassicurati però allo stesso tempo del suo amore. Solo la notte del 7 gennaio alle 3:45 Pence

mer defense secretaries: Involving the military in electi.on disputes would cross into dangerous territory" (vedi sitografia). 23 K. Collins-Z. Cohen-B. Starr-J. Hansler, "Pence tookleads as Trump initially resisted sending National Guard to Capitol" (vedi sitografia).

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è riuscito, dopo che il Parlamento era riuscito di nuovo a riunirsi, a confermare la vittoria di Biden. Anche se questo attacco al potere legislativo (che rappresentava allo stesso tempo un rifiuto dell'autorità del potere giudiziario), senza dubbio, era stato istigato da Trump, nella notte sette Senatori e 138 membri della Camera dei Rappresentanti votarono contro la conferma del voto in Pennsylvania, continuando a sostenere - dopo un tentato colpo di Stato da parte dell'esecutivo - la diceria della frode elettorale. In ogni caso, alla fine alcuni Repubblicani gli hanno voltato le spalle; hanno capito che l'uomo di cui avevano originariamente creduto che si facesse usare come raccoglitore di voti per i propri interessi di politica economica, voleva distruggere la struttura della Costituzione. Era la prima volta nella storia americana che il Parlamento veniva preso con la forza (se si prescinde dalla presa di Washington da parte dei britannici nel 1814). Anche se la rivolta, alla fine, non ha avuto successo, le immagini della momentanea cacciata dell'organo costituzionale fondamentale da parte di una folla incitata dal Capo dello Stato, ha distrutto per sempre il mito dell'invulnerabilità della democrazia degli Stati Uniti. In linea con il suo rifiuto di riconoscere la vittoria elettorale di Biden, Trump ha inoltre impedito la preparazione del passaggio di consegne fino al 23 novembre, il che ha compromesso la capacità del nuovo Presidente, dopo il suo insediamento, di esercitare rapidamente le sue funzioni in politica interna ed estera. Anzi, con il licenziamento del Ministro della Difesa Mark Esper (che da luglio considerava infedele poiché questi aveva osato mettere la Costituzione al di sopra

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del Presidente) e di alti funzionari nel settore della sicurezza nazionale e con la loro sostituzione con dei leccapiedi immediatamente dopo il voto, Trump ha messo a rischio la sicurezza del Paese. (Anche il Ministro della Giustizia, William Barr, è stato licenziato a dicembre quando dichiarò che le elezioni si erano svolte correttamente.) E ha messo a rischio gli Alleati quando subito dopo ha deciso un altro ritiro di truppe da Afghanistan, Iraq e Somalia, senza coordinarsi con questi Paesi e con i partner della NATO - non solo il Segretario Generale della NATO,Jens Stoltenberg, anche i Senatori repubblicani erano allarmati per questa decisione24 • Comunque, il veto di Trump sul National Defense Authorization Act ["Legge sull'autorizzazione della difesa nazionale"] è stato respinto con la maggioranza dei due terzi richiesta dalla Costituzione nelle due Camere del Congresso - per la prima volta durante il mandato di Trump25 • Anzi, Trump ha accarezzato l'idea di bombardare il più importante impianto nucleare dell'Iran, il che avrebbe reso impossibile la normalizzazione dei rapporti tra gli Stati Uniti e l'Iran sotto il nuovo governo, ma si è fatto convincere a cambiare idea26 • Il comportamento di Trump, ispirato in parte da prepotenza, in parte dal desiderio maligno di fare terra bruciata, rappresentava una rottura con la BBC, "US troops in Afghanistan: Allies and Republicans alarmed at withdrawal plan" (vedi sitografìa). 25 C. Foran-T. Barrett-A. Zaslav, "Senate votes to override Trump's veto on defense bili" (vedi sitografia). 26 E. Sdunitt-M. Haberman-D. E. Sanger-H. Cooper-L.Jakes, ''Trump Sought Options for Attacking Iran to Stop Its Growing Nudear Program" (vedi sitografia). 24

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tradizione democratica classica degli Stati Uniti che, non solo dopo una campagna elettorale ripristina parzialmente il consenso politico, ma offre anche a chi ha perso le elezioni l'opportunità di ottenere rispetto per il fatto che egli conferma le regole del gioco della comunità mentre si congratula con il proprio avversario come un gentiluomo, lo introduce alle sue funzioni ufficiali e non avvia nessun processo politico nuovo dalle conseguenze imprevedibili. (Vorrei ricordare il nobile concession speecl:?7di John McCain nel 2008 e il trattamento corretto di Trump, dopo che era stato eletto, da parte di Obama.) Per la prima volta dal 1869 un Presidente eletto, durante il suo insediamento del suo successore, non era presente. Ora si potrebbe dire che ciò abbia mostrato ancora una volta i ben noti difetti caratteriali e i vizi di Trump. Ma purtroppo Trump non ha danneggiato in questo modo soltanto la sua fama; egli ha compromesso la legittimità del nuovo Presidente, come aveva fatto già sotto la presidenza di Obama, contestando che fosse nato negli Stati Uniti (il che, con alcune eccezioni, dal punto di vista costituzionale è una precondizione per diventare Presidente). Milioni di persone credono, ora, alla nuova leggenda della pugnalata alle spalle di Trump; a metà novembre solo il 29% dei Repubblicani considerava Biden il vincitore legittimo28 • Molti nel 68% dei Repubblicani che considera le elezioni 27 Un concession speech è il discorso con cui il candidato perdente ammette pubblicamente la sconfitta. [N.d.T.] 28 C. Castronuovo, "Half of Republicans in new poli say election was 'rigged,' stolen from Trump" (vedi sitografia).

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truccate faranno di tutto nei prossimi anni per vendicarsi di questa presunta frode elettorale. L'enorme richiesta di media come N ewsmax o One America N ews che superano di molto nell'offerta di teorie del complotto la Fox N ews - che alla fine del mandato di Trump si è allontanata da lui - mostra dove porterà tutto questd9 • È certo vero che la maggior parte degli americani in cinque delle sei elezioni presidenziali a partire dal 2000 ha votato democratico e che questa tendenza continuerà. Il Presidente, però, viene eletto dal collegio elettorale e il tentativo di convincere - senza una modifica della Costituzione (che difficilmente ci sarà)-conilNational Popular Vate Interstate Compact ["Accordo interstatale sul voto nazionale popolare"] un numero sufficiente di Stati ad assegnare i loro Grandi Elettori in base a come ha votato la maggioranza della popolazione richiede, in primo luogo, il consenso di alcuni Stati repubblicani, che attualmente non è previsto, e in secondo luogo forse fallirà per motivi di ordine costituzionale. Infatti, il piano sembra violare i diritti della Camera dei Rappresentanti nel caso della cosiddetta "contingent election" ["elezione contingente"] del Presidente. E anche chi preferirebbe che il Collegio Elettorale venisse abolito per motivi democratici, dovrebbe essere prudente a legittimare delle violazioni della Costituzione che, alla prima occasione, potrebbero andare in una direzione molto diversa da quella desiderata. Più che altro bisogna sperare che uno Stato grande come il Texas, grazie all'immigrazione da CNN, "Stelter: Fox News has never seen competitionlike this in its history" (vedi sitografia). 29

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altri Stati, si trasformi lentamente nello schieramento democratico. In ogni caso, Trump ha ispirato solo una rivolta e non ha rischiato una vera guerra civile per rimanere al potere. Certo suo figlio, Donald Trump Jr., già in un tweet del 5 novembre aveva chiesto "to go to total war over this election" ('' andare alla guerra totale su queste elezioni")3° - che si sia ispirato consapevolmente al discorso di Goebbels al Palazzo dello Sport, mi permetto dimetterlo in dubbio non per motivi morali, ma perché non considero molto elevata la cultura storica di Trump Jr. Questo invito è seguito non molto tempo dopo alla pubblicazione di nuovi sondaggi che hanno confermato, nei due campi politici, che era fortemente cresciuta la convinzione secondo cui l'uso della violenza negli scontri politici andrebbe consentita - dall'8% nel 2017 al 33% dei Democratici e il 36% dei Repubblicani nel 20203 1• Trump stesso in uno dei due dibattiti televisivi con Biden aveva invitato i Proud Boys - di estrema destra e inclini alla violenza - "a fare un passo indietro e a tenersi pronti" ("step back and stand by")32. Ma per quanto a Trump piaccia così tanto vedere che gli altri rischino la vita per lui, era troppo vigliacco - a differenza di Cesare - per andare lui a varcare il Rubicone; dopo la conferma dell'elezione di Biden da

,o T. J. Gillman, "Trump, on cusp of defeat to Biden, says 'they're trying to steal an election' after son calls for 'total war"' (vedi sitografia). 31 W. Roper, "Feelings of Politica! Violence Rise" (vedi sitografia). 32 S. Frenkel-A. Karni, "Proud Boys celebrate Trump's 'stand by' remark about them at the debate" (vedi sitografia). 333

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parte del Congresso, ha preso nettamente le distanze dalla folla che aveva creduto a ragione di seguire la sua linea quando assaltava Capito! Hill. Presumibilmente, le morti illegali in realtà non gli piacciono'". Ed era troppo pigro, la sua mente troppo distratta e non abbastanza concentrata per escogitare un piano elaborato per un colpo di Stato o per organizzare una resistenza paramilitare contro la presunta frode elettorale. (In ogni caso, poco prima di Natale alla Casa Bianca si discuteva ancora se imporre lo stato di emergenza34 .) Come spesso accade, una combinazione di vizi e virtù secondarie è più pericolosa di un cocktail di soli vizi che spesso è spaventoso e comico allo stesso tempo, poiché ha la tendenza ad autodistruggersi: durante il saccheggio di Capito! Hill, Trump se ne è stato - con una gioia maligna - a guardare gli eventi in televisione, invece di organizzare i passi successivi. Le istituzioni dello Stato, quindi, sono riuscite a dimostrarsi più forti del Presidente, e il buon senso politico ha trionfato. L'esempio che Trump ha dato agli Stati Uniti, anzi, al mondo intero è certamente sconvolgente. Non è im:;, Le esecuzioni legali, invece, lo appagano. A livello federale tra il 1988, quando la pena di morte è stata reintrodotta negli Stati Uniti, e il 2019 sono state giustiziate tre persone, nel 2020 sono state 10, più che in tutti gli Stati membri assieme - per la prima volta nella storia degli Stati Uniti (M. Carlisle, "In a Year Marked by Death, the TrumpAdministration Cements a Legacy of Unprecedented Executi.ons" [vedi sitografia]). A gennaio, ancora sotto Trump, sono seguite altre tre esecuzioni. 54 D. Mangan, "Conspiracy theories and talk of martial law grip the White House as Trump seeks to undo Biden's win" (vedi sitografia).

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probabile che anche lui troverà negli Stati Uniti degli imitatori più dotati e più risoluti di lui. Infatti, chiunque provi a rovesciare la Costituzione avrà bisogno di chiarire a sé e ai suoi seguaci che cercherebbe solo di espiare !"'ingiustizia" del 2020. E agli autocrati dei Paesi stranieri Trump ha mostrato chiaramente che anche nel cuore della democrazia si nutrono aspirazioni autocratiche, anche se non hanno altrettanto successo come in Cina o in Russia. La motivazione per il processo di democratizzazione diminuisce, se si vede quanto è fragile la democrazia anche nella sua madrepatria. Diversamente da Hillary Clinton, Biden non scatenava avversioni profonde; sulla sua scia, finalmente, anche la prima donna ha potuto asswnere la carica di Vicepresidente. Kamala Harris, inoltre, in quanto figlia di un giamaicano e di un'indiana è il simbolo delle possibilità di promozione sociale per gli immigrati. A causa dell'età avanzata, Biden soffre di problemi di concentrazione, però fortunatamente essi non hanno avuto troppo peso durante la campagna elettorale perché, a causa della pandemia, solo poche apparizioni pubbliche non erano online. Durante i quattro giorni di incertezza ha mantenuto la calma in maniera esemplare; il suo discorso, il 7 novembre, in cui a ragione rivendicava la vittoria è stato un modello di desiderio di integrazione. Il fatto che quest'uomo intelligente, competente e gentile abbia vinto di così poco contro Trump, dopo che questi, diversamente dal 2016, aveva mostrato a tutti con estrema chiarezza che tipo di persona fosse, è una testimonianza deprimente della seducibilità di qualsiasi popolo da parte di un pifferaio magico, anche quel popolo che nel secondo quarto

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del XX secolo era stato un baluardo della razionalità politica. Trump non è un Hitler, ma il fatto che dopo quattro anni abbia ottenuto ancora il 47,1% dei voti, mentre il Partito Nazionalsocialista alle ultime elezioni libere nel marzo del 1933 prese solo il 43,9%, fa pensare che gli Stati Uniti non possano continuare a svolgere lo stesso ruolo di leader politico mondiale che hanno avuto dal 1945. Infatti, non ci si può fidare di un Paese che ha votato quasi per la seconda volta un uomo che dei contadini di buon senso e con una morale non promuoverebbero nemmeno alla carica di sindaco, perché è chiaro fin dall'inizio che egli riesce a pensare solo in maniera egocentrica e non accetterebbe una mancata rielezione; e non si può fare affidamento sulla stabilità di una democrazia il cui Parlamento è stato preso d'assalto - anche se solo temporaneamente - e nella cui Camera dei Rappresentanti solo dieci Repubblicani, il 13 gennaio, approvavano la seconda procedura di impeachment contro Trump - a causa dell'istigazione ad assaltare Capito! Htll - che pure li aveva messi fisicamente in pericolo. Anche il fatto che nessun Paese durante una pandemia che ha tormentato tutto il mondo abbia avuto più morti di Covid-19 degli Stati Uniti, anche se questi ultimi sono scientificamente e tecnologicamente ali' avanguardia, ha seriamente compromesso il rispetto per gli Stati Uniti. Prima di entrare nel merito del significato della pandemia per la filosofia della storia, voglio citare in maniera telegrafica alcuni sviluppi del 2019 che non hanno attenuato le forze centrifughe globali, ma talvolta le hanno perfino aumentate. La Brexit si è compiuta il 31 gennaio 2020; poco prima della fine dell'anno,

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in ogni caso, si è riusciti a trovare un nuovo accordo in modo che il commercio tra l'Unione Europea e la Gran Bretagna a partire dall'inizio del 2021 continui a svolgersi senza dazi e senza restrizioni quantitative. Johnson ha dovuto prima modificare una legge sul mercato interno (Internal Market Bill) che, nella versione originale, avrebbe violato espressamente l'accordo sulla Brexit con l'Unione Europea per quanto riguarda l'Irlanda del Nord e avrebbe escluso una revisione della legislazione secondaria da parte di tribunali nazionali e stranieri; il rifiuto da parte della Camera Alta (le cui decisioni sono solo sospensive) ha costretto la Camera Bassa a rinunciare alle clausole - particolarmente controverse - 42 e 45 della Parte 5 del disegno di legge35• Comunque la si pensi sulla Camera Alta britannica, essa ha dimostrato un senso molto maggiore per la separazione dei poteri interna - e più rispetto per il diritto internazionale - di quello della Camera Bassa legittimata democraticamente. L'incompetenza di Boris Johnson nel far fronte alla pandemia è appena inferiore a quella di Trump. Però anche il Belgio, l'Italia, la Spagna, la Francia e molti Stati europei più piccoli hanno un alto numero di morti di Covid-19 da piangere, se li si commisura alla popolazione; dei grandi Stati europei soltanto la Germania se l'è cavata relativamente bene, sicuramente anche a causa dell'obiettività e della competenza in campo scientifico di Angela Merkel. Nel complesso, l'Unione Europea non ha fatto una bella figura nella gestione della pandemia. SPIEGEL, "Britisches Oberhaus stimmt gegen Binnenmarktgesetz" (vedi sitografia). 35

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Un'altra crisi dell'Unione si è verificata nell'autunno del 2020 quando, dopo lunghi negoziati tra il Parlamento Europeo e il Consiglio dell'Unione Europea, si è arrivati a un compromesso che dovrebbe permettere di ridurre i fondi europei agli Stati membri, se violano i valori fondamentali dell'Unione Europea, il cosiddetto regime di condizionalità. In questo modo si dovrebbe compensare l'inefficienza del meccanismo delle sanzioni, descritto alle pp. 64-65, inefficienza basata sul fatto che ogni volta la Polonia e l'Ungheria si proteggono reciprocamente dalla sua applicazione. Il nuovo meccanismo - che comunque era risultato molto più mite di quanto il Parlamento e la Commissione avevano proposto - i due Stati non hanno potuto evitarlo; perché per farlo entrare in vigore era sufficiente la maggioranza qualificata. Dato che però esso doveva essere approvato assieme al quadro finanziario pluriennale dell'Unione Europea per il periodo 2021-2017, per cui è necessaria l'unanimità, la Polonia e l'Ungheria hanno dichiarato inizialmente di non poter approvare il bilancio36 • Questo avrebbe portato all'impossibilità di erogare il pacchetto finanziario approvato a luglio che doveva sostenere soprattutto la Francia, l'Italia e la Spagna, che avevano risentito particolarmente della pandemia. Il fatto che il risultato di trattative snervanti - in cui la Germania si era dimostrata particolarmente generosa nei confronti dei Paesi in difficoltà-all'improvviso sia stato messo in discussione, perché la Polonia e l'Ungheria non erano pronte a modificare le loro ZEITONLINE, "UngamundPolenblockierenEU-Haushaltspacket" (vedi sitografia). 36

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politiche, non ha aumentato la fiducia nell'operatività dell'Unione Europea. Almeno durante il vertice dell'Unione Europea, a dicembre, si è riusciti a superare la situazione di stallo accordandosi su un protocollo aggiuntivo giuridicamente non vincolante che prevede una revisione del nuovo regolamento da parte della Corte di Giustizia Europea, il che implica presumibilmente un periodo di dilazione di circa due anni, di modo che l'Ungheria possa continuare la sua politica senza paura delle sanzioni fino alle prossime elezioni parlamentari37• In Italia finora non hanno funzionato i calcoli di Matteo Salvini di riuscire a imporre nuove elezioni nel 2019 rompendo la coalizione precedente; è stata formata una nuova coalizione, senza il partito della Lega, con il Movimento Cinque Stelle, il Partito Democratico, Italia Viva e Liberi e Uguali. Questa coalizione è però fragile; probabilmente solo la pandemia l'ha salvata fino al gennaio del 2021 quando Matteo Renzi ha ritirato le sue Ministre e ha lasciato che ad espletare l'ordinaria amministrazione fosse un governo di minoranza. Si deve essere ottimisti per poter credere che le elezioni politiche ci saranno solo alla scadenza naturale della legislatura nel 2023. Salvini e Giorgia Meloni, del partito di estrema destra Fratelli d'Italia, hanno buone possibilità di vittoria in caso di nuove elezioni, anche se il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte - che non ha un partito - durante la pandemia si era conquistato le simpatie degli elettori con i suoi

P. Vorreiter, "Schonfrist fiir Ungaro undPolen" (vedi sitografia.). 37

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modi prudenti. e il panorama dei vari partiti in Italia è, ancora una volta, in evoluzione. Che cosa è successo al di fuori dell'Europa? Il Presidente del Brasile Jair Bolsonaro, il "Trump dei Tropici", è probabilmente devoto alle sue fantasie di violenza in maniera ancora più squilibrata e sfrenata di Trump. Ha manifestato le sue tendenze verso l'autocrazia nella maniera più chiara quando il 31 maggio a Brasilia ha accompagnato a cavallo i manifestanti. che richiedevano la chiusura della Corte Suprema (alcuni anche quella del Parlamento). Quest'ultima aveva autorizzato un'indagine sul Presidente dopo che aveva licenziato il Capo della Polizia Federale che stava indagando su di lui e sui suoi figli - un licenziamento che ha provocato le dimissioni del Ministro della Giustizia Sergio Mord 8 • Bolsonaro ha negato più a lungo di Trump la pericolosità del Covid-19 ed è perciò altrettanto corresponsabile del gran numero di vitti.me nel suo Paese. Ancora più preoccupante è la sua negazione del cambiamento climatico e la deforestazione sempre più rapida e il disboscamento dovuto agli incendi dolosi in Amazzonia. Nel 2020 gli incendi boschivi - generalmente appiccati. da esseri umani- sono stati i più violenti. dal 201239 • Va giudicato positivamente il fatto che l'accordo di libero scambio previsto tra l'Unione Europea e i Paesi sudamericani del Brasile, dell'Argentina, del Paraguay e dell'Uruguay sia stato sospeso almeno temporanea38 A. Boadle-R Brito, "Bolsonaro joins rally against Brazil's top court; judge warns democracy at risk" (vedi sitografia). 3!1 STUITGARTERZEITUNG, "ImAmazonas-Gebietwiiten die heftigsten Feuer seit langem" (vedi sitografia).

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mente a causa del veto austriaco. Esso, infatti, contrasta con lo European Green Deal ["Patto verde europeo"]'t0 • E per quanto degli argomenti economici e a sostegno della pace depongano a favore del commercio internazionale, altrettanto si deve fare in modo che esso non aumenti la distruzione dell'ambiente. Senza una politica ambientale, possibilmente globale, che lo affianchi, il commercio mondiale da solo difficilmente può essere una benedizione. I dazi ambientali sono altrettanto legittimi delle tasse ambientali41 • La Cina ha sicuramente sfruttato il ritiro degli Stati Uniti dal previsto Trans-Pacific Partnership ["Partenariato Trans-Pacifico"] sotto la presidenza di Trump per espandere i suoi interessi politico-commerciali in Asia e nel Pacifico. Il 15 novembre 2020, 15 Stati - i dieci Paesi ASEAN42 assieme a Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda - hanno sottoscritto l'accordo commerciale Regional Comprehensive Economie Partnership ["Partenariato Economico Globale Regionale"] che se tra due anni sarà ratificato ed entrerà in vigore, riguarderà quasi il 30% del commercio mondiale. Certo l'Unione Europea, al momento, rapS.Hufe (UFZ), "DasEU-Mercosur Freihandelsabkommen stehtin direktem Widerspruchzum European GreenDeal" (vedi sitografia). 41 Cfr. Vittorio Hosle, Moralund Politi/e, Monaco 1997, pp. 872 ss., 1103. 42 L'acronimo sta per Association o/South-East Asian Nations ["Associazione delle Nazioni del Sud-EstAsiatico"] di cui fanno parte i seguenti dieci Paesi: Filippine, Indonesia, Malaysia, Singapore, Thailandia, Brunei, Vietnam, Birmania, Laos e Cambogia. 40

[N.d.T.J

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presenta ancora una percentuale un po' più alta, ma questa situazione cambierà presto in base ai differenti tassi di crescita - un segno ulteriore dello spostamento del centro di gravità del mondo verso l'Asia. A livello interno, la Cina nel frattempo ha tenuto ampiamente sotto controllo le proteste di massa a Hong Kong nel 2019-20 - le più gravi dalla Rivoluzione degli Ombrelli del 2014. Il governo di Hong Kong, dopo numerose proteste nell'ottobre del 2019, ha ritirato il disegno di legge - proposto a febbraio - sui criminali latitanti e l'assistenza legale nei procedimenti giudiziari, che prevedeva l'estradizione dei prigionieri nella Repubblica Popolare Cinese. Il 30 giugno dell'anno successivo, però, il Comitato Permanente del Congresso Nazionale del Popolo a Pechino ha approvato una legge per la tutela della sicurezza nazionale a Hong Kong che ha la precedenza sulle sue leggi e pennette alla Cina, tra l' altro, di usare le proprie forze di sicurezza a Hong Kong e di portare i sospettati di reato nella Repubblica Popolare. A novembre quattro Deputati pro-democratici sono stati esclusi dal Parlamento, dopodiché l'intero gruppo pro-democratico si è dimesso43 • Quindi, praticamente, in Parlamento non e' è più un'opposizione; il principio "un Paese - due sistemi" che - in base alla dichiarazione congiunta sino-britannica sulla questione di Hong Kong del 1997 - doveva valere almeno fino al 2047, dopo meno della metà del periodo stabilito, non è più in vigore. 43 H. Regan-B.Westcott-J. Sham, "HongKongpro-democracy lawmakers resign en masse after Beijing moves to quash dissent" (vedi sitografìa).

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In India il Primo Ministro N arendra Modi persegue una politica del fondamentalismo indù, che discrimina e cerca di spingere ai margini la popolazione mussulmana44 • Il governo russo con il tentato omicidio di Aleksej Navalny, il 20 agosto 2020, ha mostrato ancora una volta come intende trattare gli oppositori di successo - segue fedelmente un modello che è iniziato al più tardi nel 1998 con Lev Rokhlin ed è stato provato nel 2015 su Boris Nemcov. È stato usato nuovamente, come già nel 2018 a Salisbury, l'agente nervino Novicok di cui la Convenzione sulle Armi Chimiche del 1997 vieta produzione, detenzione e utilizzo. Tuttavia, alcuni politici hanno espresso dei dubbi su una responsabilità del governo russo, ad esempio Gerhard Schroder45 o Gregor Gysi che con l'acume di uno Sherlock Hohnes ha chiesto di valutare se l'attentato non sia stato compiuto da un oppositore del progetto delNord-Stream-2, dato che ora alcuni chiederebbero la sua sospensione46• Comunque anche il medico che ha curato N avalny a Omsk nell'ospedale siberiano in cui è stato ricoverato inizialmente, Aleksandr Murachovskij, non è riuscito a trovare tracce di avvelenamento, e nel frattempo è stato promosso addirittura a Ministro

Cfr. l'analisi di Niraja Gopal Jayal, 'Tudia's Joumey from Civic to Cultura! Nationalism: A New Politica! lmaginary?", in Nation, State, Nation-State, a cura di V. Hosle, M. Sanchez Sorondo, S. Zamagni, Vatican City 2020, pp. 269-289. 45 SPIEGEL, "Schroder zweifelt an Sichtweise der Bundesregierung im Fall Nawalny" (vedi sitografia). 46 WELT, "Gregor Gysi verdachtigt Nord-Stream-2-Gegner - und nicht Putin" (vedi sitografìa). 44

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della Salute della regione47 - chi oserebbe contestare una tale autorità? Anzi, il Deputato della Duma, che è stato anche decorato, Andrej Lugovoj, membro del Comitato per la Sicurezza e la Lotta alla Corruzione del Parlamento russo, ha sostenuto l'interessante tesi secondo cui, siccome il veleno dentro Navalny - che era volato a Berlino dove, alla fine, si era riusciti a salvarlo - a Omsk non era stato ancora trovato, c'era solo una possibilità: gli sarebbe stato somministrato in Germania48. E ci sono tutte le ragioni per credere a Lugovoj, perché di veleni se ne intende -è stato lui che incontrò Aleksandr Litvinenko il 1° novembre 2006, cioè il giorno in cui comparvero i primi sintomi del suo avvelenamento da polonio per cui poi è morto. Siccome la Costituzione russa non lo permette, non si poteva estradarlo in Gran Bretagna, come quest'ultima richiedeva; inoltre, gode ormai dell'immunità parlamentare e porta con orgoglio un'onorificenza conferitagli da Putin. Anzi, addirittura i Capi di Stato stranieri sono convinti del fatto che l'avvelenamento di N avalny sia stato simulato dall'Occidente, e precisamente per ostacolare l'aiuto russo alla Bielorussia - così si è espresso il Presidente di quest'ultima, Aleksandr Lukasenko, in un incontro a Minsk con il Primo Ministro russo, Michail Misustin, facendo riferimento a rapporti della massima riservatezza dei suoi servizi segreti49. E sull' a-

47 SALZBURGERNACHRICHI'EN, "Umstrittener Artzt in Omsk im Fall Nawalnywurde befordert" (vedi sitografia). 48 TASS, Tweetdel 2 settembre 2020 (vedi sitografia). 4 ~ STERN, "Lukashenko behauptet: Nawalny-Vergiftungist vorgetauscht" (vedi sitografia).

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iuto russo Lukashenko conta veramente; perché anche se non sempre apprezza l'abbraccio fraterno della Russia nei confronti della Bielorussia, sa esattamente che può rimanere al potere solo con l'aiuto russo dopo le elezioni truccate dell'agosto del 2020. Purtroppo c'è motivo di temere che la brutale repressione delle proteste continue e coraggiose contro la frode elettorale funzionerà come nel caso della Cina con Hong Kong, perché la Russia non permetterà che un Paese che ha il russo come una delle sue due lingue ufficiali percorra la strada della democrazia occidentale. Ciò incoraggerebbe l'opposizione nel proprio Paese - per non parlare del fatto che il Paese "appartiene storicamente alla Russia". Nonostante i comuni tratti personali autocratici di Wladimir Putin e Recep Erdogan, i loro interessi in Siria, in Libia e nel Caucaso nel conflitto tra Azerbaigian e Armenia che si è risolto in una guerra da settembre a novembre 2020, sono molto diversi. Sicuramente anche alla luce della forte interdipendenza economica, però, le due parti finora non hanno permesso un'escalation degli scontri. Durante la guerra la Russia, tradizionalmente una potenza protettrice dell'Armenia, si è trattenuta per non spingere l'ex Repubblica Sovietica dell'Azerbaigian ancora di più tra le braccia della Turchia. Però il Caucaso e il Medio Oriente restano delle polveriere in cui possono accendersi conflitti geopolitici maggiori. Ci sono stati sviluppi promettenti nel 2020? Certamente - della risicata vittoria elettorale di Biden abbiamo già parlato. Ma anche il fatto che la sua vittoria non sia stata affatto così chiara come sperato, 345

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può avere degli effetti positivi. Infatti, dove c'è il pericolo crescono - talvolta - anche gli sforzi per salvarsi. L'Unione Europea deve comprendere che non può più contare sugli Stati Uniti come prima e che essa stessa è responsabile della sua sicurezza. Anche sotto la presidenza di Biden i membri europei della NATO dovranno investire rapidamente il 2% del PIL nella propria difesa, perché gli Stati Uniti vogliono soprattutto assumersi la responsabilità del Pacifico, mentre la difesa dalla Russia sarà principalmente compito dei partner europei. Se il nuovo governo democratico vuole avere successo nel lungo periodo, deve impiegare più risorse nelle infrastrutture e nel sistema educativo degli Stati Uniti. E inoltre semplicemente non è giusto che gli Stati Uniti paghino una percentuale così alta della difesa europea. Al confronto, svoltosi nel novembre del 2020, tra Macron e la Ministra della Difesa tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer sulla questione della necessità di uno scudo protettivo americano per l'Unione Europea, bisogna rispondere che nel breve periodo non si può assolutamente rinunciare agli Stati Uniti, nel medio periodo sono però necessarie delle forze armate proprie dell'Unione Europea come pure una politica estera e di difesa uniformi. Queste ultime, comunque, dovrebbero essere possibilmente concordate con gli Stati Uniti. Infatti, le democrazie liberali sono più una specie minacciata dall'interno e dall'esterno che l'inevitabile punto di arrivo dello sviluppo storico (almeno del XXI secolo); devono quindi assolutamente cooperare. Ovviamente, si pone la questione del comando supremo delle forze armate dell'Unione Europea. Il Presidente della Repubblica francese non potrà esserlo

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sempre, anche se ora la Francia è l'unico Paese dell'Unione Europea con delle armi nucleari. È necessaria una discussione della Costituzione europea per la quale occorrono serietà, ideali, realismo e fantasia. Per preparare la popolazione agli inevitabili tagli sociali i politici devono sottoporsi allo spiacevole compito di respingere come superata l'opinione diffusa secondo cui nel 1989-1991 la storia mondiale sarebbe arrivata alla fine poiché il mondo intero avrebbe scelto lo Stato di diritto democratico e il quarto di secolo aureo sarebbe durato per sempre. Uno sguardo ai continui attacchi informatici contro i gangli vitali degli Stati e delle società moderni - solo contro l'esercito britannico sono sessanta al gioma5° - dovrebbe essere sufficiente per mettere in chiaro che il mondo è diventato di nuovo più pericoloso. Solo nel dicembre del 2020 è diventato evidente che era awenuto da mesi l'attacco informatico più completo contro le autorità governative degli Stati Uniti - molto probabilmente da parte della Russia, anche se Trump a causa delle sue scelte in politica estera dichiarò, contro il suo Ministero degli Esteri e i suoi servizi segreti, che l'attacco provenisse dalla Cina51 • Purtroppo, che belare forte sia il modo migliore per allontanare i lupi non è una plausibile dottrina zoologico-antropologica. Lo spionaggio, gli attacchi di Denial o/Service ["negazione del servizio"] per ostacolare i servizi nemici, l'introdu-

50 K. Sengupta, "British military facing modem-day 'blitz' with 60 cyber attacks a day" (vedi sitografìa). 51 T. Beer, "Trump Stili Won't Criticize Russia: Claims Massive Cyber Hack 'May Be China' But Offers No Evidence" (vedi sitografìa).

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zione illegale di un hardware che pennetta il controllo da remoto, il defacement ["deturpamento"], cioè il modificare i contenuti dei siti web a fini propagandistici, servono sicuramente anche per permettere di estorcere del denaro alle organizzazioni criminali che, però, nei Paesi autocratici non possono operare senza l'esplicita tolleranza dello Stato. Rappresentano però anche delle esercitazioni per i casi di emergenza. L'intelligenza artificiale, l'analisi dei dati e la robotica trasformeranno la natura della guerra; l'incredibile velocità nell'utilizzo dello spettro elettromagnetico farà sembrare molto lente anche le guerre aeree.I missili di precisione, gli attacchi informatici e la manipolazione deisocial media possono dare l'illusione di rapide vittorie; se chi è stato attaccato non si arrende, si arriverà però a usare le armi tradizionalr2. In una tale situazione un Paese della grandezza e della forza economica della Germania deve crearsi delle capacità difensive contro la guerra cibernetica ed essere anche in grado di reagire in misura corrispondente se viene attaccato. Contemporaneamente, si deve lavorare con urgenza a una limitazione della guerra cibernetica dal punto di vista del diritto internazionale. Si è iniziato solo da poco a riflettere a fondo sui fondamenti etici relativi a questo progetta53 • 52

Cfr. l'intervista al Generale in pensione Richard Barrons:

K. Von Hammerstein, "»So konnen Sie jedes europaische Land in nur 14 Tagen indie Knie zwingen«" (vedi sitografia) e il suo brillante discorso: WIREDUK, "Sir Richard Barrons: Warfareis Changing. lt's Time Govemments Caught Up" {vedi sitografia). ;, Cfr.Jens David Ohlin-Kevin Govern-Claire Finkelstein {a cura di), Cyberwar. Law and Ethics /or Virtual Conflict, Oxford 2015.

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NelDemocracy Index del 2019 dell'Economist Intelligence Unit la Germania era la più popolosa delle democrazie complete - le sette democrazie con la popolazione maggiore sono tutte classificate come democrazie imperfette. Questo fa sperare che la Germania, grazie alla sua cultura giuridica e alla sua politica multilaterale orientata al diritto internazionale, possa diventare un modello per quegli Stati che continuano ad attenersi alla democrazia liberale. Ma non si renderà giustizia alle nuove aspettative se l'autorità morale e la competenza economica non saranno protette anche con una preparazione militare che ovviamente va costruita insieme nell'Unione Europea. Il potere è rispettabile solo quando è fondato sulla legge. Anche un diritto, però, che non si sforza di diventare un potere effettivo difficilmente può essere preso sul serio. Per il XXI secolo non meno importante degli sviluppi politici sarà la questione se possiamo fermare la distruzione dell'ambiente. Le fosche previsioni che i climatologi hanno elaborato negli ultimi due decenni del XX secolo, inevitabilmente, a causa della complessità dei calcoli erano imprecise per quanto riguarda la data in cui le temute conseguenze avrebbero dovuto verificarsi. Ma gli ultimi anni hanno reso evidenti i segnali di allarme. Gli incendi boschivi in Australia da giugno 2019 a marzo 2020 hanno distrutto 186000 km2 di terreno; in Siberia nell'estate del 2019 ne sono stati distrutti dagli incendi 3 0000 km2. Nel luglio del 2020 a causa di altri incendi in Siberia, soprattutto con la distruzione dei terreni torbosi, è stata rilasciata ancora

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più anidride carbonica del 2019 54 • Si può sperare che le forze morali cresceranno quando ci sarà una sempre maggiore consapevolezza generale della gravità della crisi. Il fenomeno Greta Thunberg che da adolescente dice la verità nell'ipocrisia generale, cioè che la sua generazione viene privata del futuro, appartiene certamente ai segni più positivi del presente. La sua serietà morale, illuminata dal sapere e dall'intelligenza e allo stesso tempo ingenua, si dimostrerà, a lungo termine, più affascinante delle minimizzazioni di adulti infantili che vogliono andare avanti come hanno fatto finora. Il suo discorso struggente il 23 settembre 2019 allo UN Climate Action Summit ["Vertice sull'attività per il clima delle Nazioni Unite"] a New York è stato un importante evento storicc55 • Chi alla mia età abbia vissuto la sua commovente combinazione di rabbia, tristezza e disperato desiderio di credere al bene nelle persone, difficilmente può fare a meno di ripensare a come egli, alla fine degli anni Sessanta, ammirasse nei teatri tedeschi un'altra ragazza svedese - anche se era un personaggio fittizio. Greta Thunberg è non solo più reale di Pippilotta Langstrumpf (Pippi Calzelunghe), ma ha anche uno sguardo realistico sulla realtà; sa, per esempio, che andare a scuola è importante per i bambini. Allo stesso tempo già 54 NASAEarth Observatory, "Another Intense Summer of Fires in Siberia" (vedi sitografia). " Lo si può vedere e sentire su YouTube: PBS NewsHour, ''WATCH: Greta Thunberg' s full speech to world leaders at UN Cli.mate ActionSummit" (vedi sitografia).

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col suo linguaggio corporeo, e con una treccia sola invece delle due di Pippi, esprime la convinzione che la morale sia qualcosa di più della propagazione provocatoria di banalità antiautoritarie, ma sia espressione della concentrazione - assolutamente non convenzionale - di una persona sulla legge morale. Lei mi ha convinto del fatto che anche nella tarda modernità c'è ancora progresso.

2. Il significato del Covz'd-19 per la classificazione del

presente dal punto di vista della filosofia della storia La crisi del Covid-19, da un lato, appartiene essenzialmente allo scenario di crisi di questo libro - sicuramente più di qualunque altro evento essa ha fatto esperire la vita agli esseri umani come un momento di crisi. Dall'altro, diversamente dalle elezioni, essa è un evento naturale. Certo, come zoonosi rispecchia il nostro comportamento irresponsabile nei confronti del mondo animale e le reazioni ad essa sono fortemente politiche. Però, rimane qualcosa di naturale per cui, probabilmente, non c'è una responsabilità individuale. Le pandemie ci sono sempre state e forse ci saranno ancora; ma l'umanità non aveva mai assistito a una pandemia così violenta e con così tanti morti dopo l' influenza di Hong Kong del 1968-1970 con 1-2 milioni di morti, forse perfino dopo la Spagnola del 1918-1920 con morti tra i 20 e i 50 milioni. Il numero dei morti, alla fine del 2020, non è stato ancora stabilito, dato che la malattia imperversa ancora; ma di sicuro sarà molto minore di quello dei morti durante la Spagnola (non

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solo in nwneri relativi, ma anche in nwneri assoluti). Il nwnero inferiore di vittime si spiega con i progressi diagnostici e terapeutici della medicina, compreso lo sviluppo relativamente rapido di un vaccino, la collaborazione internazionale (l'Organizzazione Mondiale della Sanità è stata fondata solo nel 1948) eil fatto che la pandemia, questa volta, non ha colpito una popolazione impegnata in una guerra ed esausta. Tuttavia, questo nwnero, attualmente (metà gennaio 2021) di due milioni di morti per o almeno con il Covid-19, rimane spaventosamente elevato, anche se il Covid-19 uccide particolarmente le persone anziane (diversamente dalla Spagnola che colpiva soprattutto i giovani). Tuttavia, è di natura politica la questione di come le istituzioni statali debbano affrontare la pandemia nella maniera migliore. Occorre distinguere tre aspetti: che cosa sarebbe giusto che i governi facessero? In quali forme possono fallire? Come può la popolazione contribuire in maniera intelligente? Una politica corretta deriva da un sillogismo misto tra le cui premesse rientrano in parte proposizioni valutative in parte proposizioni descrittive. Le prime deswnono dall'etica e, idealmente, da un ordinamento giuridico fondato su principi etici giusti le idee normative, le seconde deswnono dalla scienza una descrizione corretta della realtà. Per quanto riguarda le proposizioni valutative, è sicuramente vero che possano verificarsi dei conflitti tra singoli valori. La libertà di riunione è un importante valore democratico, sancito anche nella Legge Fondamentale della Repubblica Federale Tedesca (Art. 8). Ma il diritto alla vita ha la precedenza sugli altri diritti. Questo risulta dal fatto evidente

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che tutti gli altri diritti presuppongono il diritto alla vita. Chi imponga un diritto subordinato a discapito del diritto alla vita degli altri, viola allo stesso modo la morale e un ordinamento giuridico giusto. Lo Stato, perciò, limita i diritti subordinati, per esempio la libertà di movimento, se è necessario per proteggere la vita umana. Esso ha il diritto, anzi, addirittura il dovere di farlo. Fin dal XIV secolo, quando la Morte Nera funestò l'Europa, gli Stati hanno fatto ricorso alla quarantena per proteggere i loro cittadini dalle malattie contagiose, spesso con buoni risultati: l'Australia, nel 1918, in questo modo rimase protetta dalla Spagnola, la Nuova Zelanda nella pandemia attuale se l'è cavata bene - owiamente, esse sono state favorite in entrambi i casi dall'isolamento geografico. Meno radicali ma altrettanto importanti delle misure di quarantena sono i test aggressivi, il tracciamento delle persone che sono state in contatto con un positivo, e le informazioni pubbliche suifocolai da evitare56• Dalla popolazione ci si aspetta l'osservanza delle ben note norme sanitarie; alle sanzioni, in caso di violazioni di queste norme, non si può rinunciare. I lockdown sono di solito necessari quando tutte queste misure non sono state applicate energicamente fin dall'inizio. Sono da ammettere due difficili problemi di valutazione. In primo luogo, non nei Paesi ricchi ma in quelli poveri, un lockdown può mettere a repentaglio la vita 56 Su queste misure seguite in Corea del Sud vedi D. LeeK. Heo-Y. Seo-H.Ahn-K.Jung-S. Lee-H. Choi, "Flatteningthe Curve on COVID-19: South Korea's Measures in Tackling Initial Outbreak of Coronavirus" (vedi sitografia).

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di coloro che non hanno un reddito al di là del loro lavoro - che viene ora loro impedito di svolgere. Qui lo Stato deve compensare la rinuncia forzata al lavoro fornendo alle persone i beni essenziali. Infatti, se il lockdown stesso mette a repentaglio la vita, non può essere giustificato con il diritto alla vita. Anche la limitazione della frequenza scolastica va gestita in maniera molto più restrittiva di quella delle attività ricreative; altrimenti, assieme all'eccessivo indebitamento, si ha anche una violazione della giustizia intergenerazionale. Gli anni di scuola persi, infatti, significano di solito un reddito inferiore per tutto il resto della propria vita. In secondo luogo, è vero che, soprattutto all'inizio della pandemia, molte cose ancora non erano note; e anche ora non si capiscono alcune cose, ad esempio, l'entità delle conseguenze della malattia. Certo, già a febbraio, sulla base dell'esperienza cinese era molto improbabile, ma non da escludere completamente, che la letalità del Covid-19, col senno di poi, doveva rivelarsi non molto più alta di quella delle peggiori ondate di influenza degli ultimi vent'anni. Però non solo delle persone irresponsabili potevano continuare ad affermare questo alla fine dell'anno; già a febbraio l'ipotesi sostenuta dalla maggior parte degli esperti - secondo cui era molto probabile che la letalità fosse molto più elevata - era del tutto sufficiente per legittimare delle misure energiche. Anzi, anche nel caso di probabilità indeterminate nelle decisioni che non riguardano se stessi, il cosiddetto principio del maxùnin impone che si scelga quella alternativa in cui il male previsto è quello minore. E gli svantaggi economici sono meno gravi della morte di molte persone. Ciò vale ovviamente

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anche se queste persone sono anziane. È certo vero che - se ciò fosse lasciato alla propria discrezionalità - si preferirebbe una pandemia come il Covid-19 alla Spagnola, anche perché priverebbe meno persone di una lunga aspettativa di vita. Questo però non significa che il dovere di protezione da parte dello Stato venga meno nel caso delle persone anziane, se è soprattutto questo gruppo ad essere minacciato. Può certo essere vero che i giovani - dal momento che non si considerano in pericolo - generalmente considerino bassi i rischi; ma anche se si può forse essere dell'opinione che sia lecito mettere in pericolo se stessi, non è lecito mettere in pericolo gli altri. L'analisi dei rischi non può dipendere dall'umore dei singoli, ma dalla competenza della maggioranza degli esperti. Abbiamo un debito di gratitudine nei loro confronti; insultarli non è espressione di democrazia, ma di irresponsabilità. I risultati molto diversi dei singoli Stati nella lotta alla diffusione del virus ci insegna molte cose - ma alcune non ce le insegna. Non ci insegna, come a volte si afferma, che gli Stati non democratici come la Cina (le cui statistiche peraltro non sono sempre attendibili) sono quelli più efficaci. Infatti il Giappone, la Corea del Sud, Taiwan e Singapore hanno ugualmente un basso numerodi vittime sicuramente anche perché, diversamente da quanto accaduto in Cina all'inizio della crisi, la popolazione è stata informata e la trasparenza è stata assicurata. È però vero che gli Stati dell'Europa occidentale e gli Stati Uniti hanno commesso alcuni errori che moltiPaesi asiatici hanno evitato, anche perché avevano più esperienze con le pandemie. L'Asia orientale sarà perciò il vincitore di questa crisi, l'Occidente

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al contrario sarà umiliato e uscirà dalla crisi con una notevole perdita di legittimità. Per mancanza di uno Stato sociale forte come pure grazie a un'ideologia estremamente individualistica e alla spudorata incompetenza del Presidente, gli Stati Uniti non hanno messo subito a disposizione dei test completi e a buon mercato; e l'insistenza esagerata sulla protezione dei dati, in Europa, ha impedito che si rintracciassero attivamente, come a Singapore, coloro che avevano avuto contatti con gli infetti. Nella Corea del Sud il portale Coronaita ha comunicato all'opinione pubblica, tecnologicamente molto sviluppata, in quali luoghi avevano soggiornato un numero particolarmente alto di infetti. Proprio per questo, finora, è stato possibile evitare un lockdown. Più importanti della forma di governo sono quindi la competenza e la preparazione dei consulenti medici, la rapidità delle decisioni del governo e la coerenza nella loro applicazione come pure la disciplinatezza delle popolazioni, ad esempio, nel portare la mascherina e nel lavarsi le mani regolarmente. Per quanto riguarda, in secondo luogo, il comportamento reale degli Stati, sicuramente si arriverà in breve tempo a un aumento dei poteri dell'esecutivo che non è sempre legittimo. Il governo, in questa situazione, può e deve prendere delle decisioni rapide; in alcuni luoghi, a causa della pandemia, anche una riunione del Parlamento può diventare troppo rischiosa. La chiusura della Knesset da parte di Yuli Edelstein il 18 marzo, però, è parsa servire più alla salvaguardia a breve termine della precaria posizione di Benjamin N etanyahu come Primo Ministro di Israele che per motivi di sanità pubblica, anche se questi ultimi erano

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stati addotti. Era particolarmente inquietante la situazione in Ungheria dove il 30 marzo 2020 il Parlamento ha prorogato senza limiti temporali lo stato di emergenza e autorizzato l'esecutivo a governare con i decreti e a violare i principi basilari dello Stato di diritto. A causa della pressione esercitata dall'Unione Europea, il 16 giugno, lo stato di emergenza è stato almeno revocato. Ma per quanto l'abuso di potere dell'esecutivo sia un pericolo reale e i diritti del Parlamento - così come in uno Stato federale quelli degli Stati membri - non possano essere violati in nessuna circostanza; per quanto siano i tribunali (e non la strada) a dover esaminare l'adeguatezza, la necessità e la proporzionalità delle violazioni dei diritti fondamentali, altrettanto poco l'inerzia del governo può essere un'opzione legittima. Infatti, un governo può fallire anche con le omissioni, se non è disposto a usare l'autorità statale conferitagli per proteggere i cittadini. Anzi, da una parte, con la banalizzazione iniziale del virus, Trump è riuscito perfino a rendersi responsabile della grave colpa di molte morti, dall'altra parte con la rivendicazione dell' autorità "totale" nei confronti degli Stati membri - di cui abbiamo già parlato in precedenza - ha messo a rischio la Costituzione. Egli ha realizzato l'impresa di fallire allo stesso tempo con gli eccessi di potere e con le omissioni, mentre quella rivendicazione in nome dell'arbitrio degli individui era diretta contro le restrizioni nei singoli Stati, e con la formula "Chinese virus" ["virus cinese"] egli ha risvegliato il risentimento populista e xenofobo, anzi ha dato la sensazione che non si trattasse, in realtà, di un problema degli Stati Uniti.

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La popolazione, in terzo luogo, può collaborare al meglio informandosi, riconoscendo gli argomenti etici e scientifici, rispettando delle leggi giuste e riconoscendo anche aldilà delle leggiil dovere di tenere conto di coloro che sono vulnerabili. Essa agisce nella maniera più irresponsabile quando alimenta la paura e la rabbia con le più assurde teorie del complotto - sia sull'origine del virus, sia sulla sua presunta innocuità - e quando esclude la ragione. Non si può prevedere, in generale, per quanto tempo i cittadini accetteranno le restrizioni di abitudini consolidate. Le nazioni intelligenti valuteranno i loro governi in base a quanto bene o male abbiano gestito la pandemia, e in funzione di ciò li confermeranno o non li rieleggeranno. Però le masse irrazionali che non vogliono riconoscere che non c'era alcuna alternativa morale alle molte restrizioni (non a tutte) saranno una preda facile per i demagoghi, che saranno in ogni caso favoriti dall'inevitabile recessione e dalla disoccupazione connessa a quest'ultima e all'automazione ora più diffusa. Le elezioni del Presidente degli Stati Uniti hanno dimostrato entrambe le possibilità. Da un lato, la sconfitta di Trump è dovuta sicuramente anche all'irritazione dei Repubblicani moderati per la sua incompetenza durante la crisi. Dall'altro, nel 2020, proprio nelle zone che sono state colpite con particolare durezza dal Covid-19, il numero degli elettori di Trump è aumentato57• Suppongo che si possa spiegare ciò dicendo che le persone in queste zone si siano comportate in maniera particolarmente 5 ; S.McMinn-R. Stein, "Many PlacesHard Hit ByCOVID-19 Leaned More Toward Trumpln 2020 Than2016" (vedi sitografia).

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negligente e imprudente e che, invece di cambiare il proprio comportamento, preferissero avere un Presidente che confermasse loro che avevano ragione. Quali saranno, in generale, le conseguenze di questa crisi? Essa rappresenterà una svolta storica come la Morte Nera del XIV secolo alla fine del Medioevo? Ci sono diverse possibilità. La chiusura delle frontiere, che è necessaria soprattutto quando un Paese sta per riprendersi da una epidemia, può accelerare il declino della cooperazione multilaterale e mettere a rischio l'Unione Europea. Ma si può anche sperare che la consapevolezza del fatto che il virus è un nemico comune dell'umanità favorisca la cooperazione tra gli Stati, che vengano elaborate delle strategie comuni e si aiutino, con spirito di solidarietà, i Paesi più poveri che sono stati colpiti da questa pandemia in modo molto diverso da quelli ricchi. Forse si investirà di nuovo di più nei sistemi sanitari e si adotteranno migliori misure preventive contro tali pandemie (la cui eventualità era stata prevista correttamente). Forse la recessione va di pari passo con la consapevolezza, fondamentale in termini di politica ambientale, che si può essere felici anche con meno, e può portare a delle economie più sostenibili. La protezione finanziaria delle persone costrette alla disoccupazione può servire per l' elaborazione di un reddito di base incondizionato, che sarà inevitabile se i lavori verranno svolti sempre più dalle macchine; e questa evoluzione sarà immancabilmente forzata se le persone non potranno andare a lavorare. Invece i lavori in ambito sociale, infermieristico e medico saranno considerati più importanti e verranno retribuiti in maniera più adeguata. Mantenere i contatti

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attraverso Internet non potrà mai sostituire gliincontri reali; potrebbe però far sì che si rinunci a molti viaggi insensati e che molte riunioni, anche dopo la fine della pandemia, awengano online. Anche sul piano individuale può esserci un' evoluzione benefica. La prima esperienza che abbiamo fatto con questa crisi è un senso collettivo di impotenza che gli abitanti del mondo occidentale non conoscevano più da decenni. La mania per i viaggi che ci aveva presi tutti e che generava un'illusione di ubiquità si è trasformata in molti luoghi nel divieto di lasciare le proprie quattro mura (tranne che in casi urgenti). Le attività economiche, che a volte erano addirittura diventate fini a se stesse, si sono bloccate. Le persone sono state risospinte nei loro nuclei familiari (quando avevano la fortuna di averne uno funzionante), al cui interno c'erano ora l'e-leaming per bambini e studenti e il lavoro da remoto. La morte che rimuoviamo così volentieri ha riacquistato una presenza inquietante attraverso il numero delle vittime, comunicato costantemente- presenza che forse era ancora più inquietante per il fatto che, spesso, sono stati vietati i normali riti dell'addio alle persone agonizzanti e ai morti. Presumibilmente, ciò che rendeva maggiormente insicuri era il fatto che non si sapesse per quanto tempo sarebbe durata questa interruzione della normalità. Tutto questo, però, era anche un'opportunità per maturare. Siamo stati rigettati nella fortezza del nostro io, come non accadeva da molto tempo; in essa deve trovarsi a casa chiunque voglia superare con dignità le sfide dei prossimi decenni. Si è capito che molti dei nostri bisogni - di socialità, di turismo, di crescita economica senza limiti - non

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sono indispensabili e che lo svago permanente non può eliminare l'irrevocabile realtà della morte. Si è notato che il successo o l'insuccesso della propria esistenza ha luogo in buona parte nel proprio nucleo familiare; lì ci sono infatti le persone su cui si deve poter fare affidamento quando serve. L'aiuto reciproco è diventato più importante. La crisi ha aiutato a liberarsi dell'inessenziale e a concentrarsi su ciò che conta. Si sono comprate meno cose superflue e si è guadagnato tempo. Lo si è potuto usare mentre si ordinava la propria casa, si sono riammesse delle esigenze spirituali che si erano esaurite da molto tempo, si sono letti libri e si sono guardati film, del cui valore di classici si era sentito spesso parlare, anche se la ruota del criceto del lavoro e la frenesia delle feste, finora, non ce ne avevano lasciato il tempo. E forse i governi stanno capendo che ora non c'è più nessun motivo per rimandare ulteriormente l'introduzione di restrizioni molto minori - soprattutto di tasse ambientali altamente efficaci - che sono necessarie non per difendere le persone anziane, ma per non privare del futuro la generazione di Greta Thunberg (per non parlare di quelle successive). Ciò che si verificherà - le conseguenze buone o cattive della pandemia - dipende da troppe variabili perché qualcuno possa osare di prevederle. Moralmente, però, è chiaro per che cosa debbano impegnarsi dei cittadini responsabili. E si può e si deve sperare che le possibili conseguenze positive, retrospettivamente, possano dare un senso anche a questo periodo difficile. Il più grande romanzo italiano del XIX secolo, I promessi sposi di Alessandro Manzoni, verso la fine

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descrive la diffusione della peste del 1630 a Milano. Le analogie con la situazione attuale - il rifiuto di riconoscere le situazioni di pericolo, di adottare le misure necessarie e di dare loro seguito, infine la ricerca di presunti cospiratori - mostrano in maniera addirittura angosciante con quanta forza agiscano certe costanti antropologiche e quanto sia lento il progresso morale dell'umanità. Il cattolicesimo di Manzoni, però, gli permette di scoprire nel caos della sofferenza umana degli atti di vera carità, di responsabilità e di perdono che non lo fanno disperare per gli esseri umani e per la storia, ma che rinviano a un principio divino. Infatti, senza la fallibilità e la malvagità umane non ci sarebbe quell'eroismo che abbiamo potuto ammirare negli ultimi mesi. Basti ricordare il medico Li Wenliang che è morto a 34 anni dopo aver messo in guardia dalla pandemia e per questo era stato ammonito dalla polizia cinese. Forse il senso di tali pandemie è di creare delle persone come lui e di motivare la maggioranza non eroica a compiere quei cambiamenti che, cumulativamente, rappresentano qualcosa come il progresso storico.

3. Quattro questioni filosofiche

Come annunciato nella Prefazione [alla terza edizione], voglio ancora sollevare brevemente alcune questioni di natura più generale, cioè filosofi.ca, che si sono imposte ad alcuni lettori di questo libro. Se si adotta il modello, che risale a Thomas Hobbes, della maggior parte degli economisti moderni, secondo il quale le

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persone cercano di massimizzare o almeno satisfice58 il proprio interesse, ci si chiede come mai esse votino dei politici la cui incompetenza e pericolosità non sono difficili da capire. Duterte, come precedentemente indicato a p. 55, annunciò prima della sua elezione che, in qualità di Presidente, avrebbe ucciso molte persone e poi si sarebbe concesso la grazia. Difficilmente può essere razionale affidare il monopolio del potere esecutivo a un uomo del genere, quando si sa che è contento di uccidere e nessuno gliene chiederà mai conto, se quindi nessuna inibizione interna o esterna lo distoglierà dal crimine. E tuttavia Duterte è stato votato. Perché? Si può provare a spiegare ciò dicendo che l'elettore ritiene che le cose andranno male non a lui ma ad altre persone che comunque non gli piacciono, come i trafficanti di droga. Ho appena citato il fatto che Trump ha avuto più successo proprio nelle zone che erano state colpite con particolare durezza dal Covid-19 e ho cercato di spiegare ciò dicendo che gli abitanti amano un Presidente che sembra legittimare la loro negligenza, anche se essi stessi devono pagare un prezzo molto alto per questo. Forse, si potrebbe argomentare, non percepiscono nemmeno chela loro zona è stata particolarmente colpita; infatti, gli elettori di Trump anche nel 2020 si trovavano in misura molto elevata tra le persone senza

58 L'A ricorreal verbo tedescosat4;fi:derenche traduce l'inglese sat4;fice. Questo neologismo combina i due verbi satisfy ["soddi,a::.ce [''bastare", "essere suffi.ciente . "] per m . dicare una sfare "] e su11 scelta che non mira a un grado di soddisfazione massimo, ma solo sufficiente. [N.d.T.J

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laurea (mentre il numero degli elettori di Trump è cresciuto tra i neri, gli ispanici e gli asiaticif'. Non escludo che gli errori cognitivi giochino un ruolo e che quindi si possono spiegare alcuni aspetti del comportamento elettorale se si parte dal presupposto che le persone si orientano in base al proprio interesse che però non sempre hanno compreso adeguatamente. E tuttavia mi sembra che la teoria della motivazione di gran parte della moderna scienza economica non renda giustizia ai fatti. Da un lato, la maggior parte delle persone subordinano almeno alcuni dei loro interessi ai valori - rinunciano alla realizzazione dei loro interessi se quest'ultima non è compatibile con la loro autostima che è ispirata da valori. Questa è una buona notizia. Dall'altro lato, le persone si allontanano dai loro interessi razionali spesso anche "verso il basso" - agiscono in una maniera che li danneggia, anche se essa è moralmente ancora peggio della situazione in cui massimizzassero solo il loro utile. Si tratta per loro, per usare lafamosa coppia concettuale di Erich Fromm, di essere, non di avere. Vogliono appartenere a un gruppo sociale che li riconosca nel loro modo di essere e votano per qualcuno che è come loro, anche se devono, o almeno dovrebbero, assolutamente rendersi 59 W. H. Frey, "Exit polis show both familiar and newvoting blocs sealed Biden's win" (vedi sitografia). Questo potrebbe anche spiegare perché proprio le contee più povere votino per Trump, anche se hanno tratto solo scarsi vantaggi economici dalla sua politica. Le contee che hanno votato per Biden hanno prodotto, nel 2020, il 70% della ricchezza americana: M. Muro-E. Byerly-Duke-Y. You-R Maxim, "''Biden-voting counties equal 70% of America' s economy. What does this mean for the nation's political-economic divide?" (vedi sitografia).

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conto che qualcuno diverso da loro rappresenterebbe meglio i loro interessi60 • Ali' operaio del Midwest - che segue la religione tradizionale, è poco istruito, apprezza la caccia ed è eterosessuale- non importa se il laureato laico, poliglotta, vegetariano e omosessuale, di un'università californiana d'élite adotterebbe una politica economica migliore per lui di quella di qualcuno che rappresenta gli interessi dei ricchi ma almeno finge di avere l'odore dell'uomo del Midwest; l'operaio, di regola, preferirà comunque quest'ultimo, perché almeno non deve temerne la condiscendenza. Quanto più la sinistra sottolinea la sua diversità, tanto più scatenerà questa reaZl.one. Anzi, alcune persone votano, in maniera analoga, persino per dei personaggi palesemente incompetenti o addirittura tirannici, anche se la loro intelligenza sarebbe senz'altro sufficiente per capire che la loro regione è stata particolarmente colpita dalla pandemia o che qualcuno, che ha sempre evaso il fisco e per paura di un procedimento penale non può abbandonare un incarico politico, mette in grave pericolo la democrazia. Ma non vogliono mettere sotto sforzo la loro intelligenza poiché provano un piacere particolare nell'identificazione con il politico che votano. Finalmente c'è qualcuno che è come loro e che può vivere tutto ciò che essi stessi sognano. Votando per lui possono avere

60 Per la critica alla visione ingenua secondo cui l'elettore democratico medio prenderebbe decisioni informate e razionali per far valere i propri interessi, vedi Christopher H. Achen-Larry

M. Bartels,Democracy/or R.ealists. Why ElectionsDo NotProduce R.esponsive Government, Princeton 2016.

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la sensazione di partecipare anche loro a un abuso di potere, e l'alto rischio che corrono con il loro voto è più che compensato dal piacere di questa identificazione. E il bisogno di godere della forma di vita tirannica, ahneno a livello identificativo, aumenta se non si crede più a un ordine morale oggettivo, adeguarsi al quale è il senso ultimo dell'esistenza umana. Ciò porta alla seconda questione: perché qualcuno come Trump che sicuramente non è un intellettuale e che spesso fa passare il suo quoziente intellettivo come molto alto, che però, probabilmente per buoni motivi, non ha reso noto, è riuscito a raggiungere una posizione di potere così elevata? La risposta è che Trump ha uno straordinario istinto di potere. Questa è una forma di talento che non viene rilevata dai normali test d'intelligenza. Ho esaminato dettagliatamente la sua natura nel Capitolo 2.1.1 e nel Capitolo 5 del mio libro Mora! und Politik. Il talento cratico è una forma di intelligenza sociale - essa consiste nella capacità di ampliare il proprio potere. Ciò comporta un punto di vista sulla realtà che percepisce ogni essere umano chiedendosi se è utile o dannoso per la propria ambizione di potere. Il cratico riconosce immediatamente chi si farà manipolare da lui, chi può convincere con sanzioni positive e chi deve intimidire, anzi, trattare come un nemico e togliere di mezzo il più presto possibile. Capisce immediatamente chi può diventare pericoloso per lui. (Infatti, a ragione, T rump ha temuto tra i candidati democratici alla presidenza soprattutto Biden61 .) Neanche i politici morali R. Stutzman, ''Why Trump fears Biden most" (vedi sitografia). 61

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possono fare carriera senza un talento cratico; loro però lo controllano imponendosi dei limiti etici e sono assolutamente in grado di percepire le proprietà intrinseche negli altri esseri umani e anche di rispettarli se sanno che costoro opporranno resistenza alla loro ambizione di potere. Il cratico puro, al contrario, percepisce il prossimo solo secondo proprietà relazionali: è utile o dannoso per me? Ed è privo di ogni inibizione del desiderio di attaccare là dove si aspetta di avere successo. Solo con la paura di sanzioni negative egli può essere tenuto a bada; e uno dei motivi per cui aspira alla politica è che vuole essere lui che fa subire agli altri delle sanzioni negative senza esserne minacciato lui stesso. Il cratico coglie subito come deve adattarsi a coloro che devono aiutarlo nella sua ascesa, anche se dopo la vittoria se ne libera velocemente, qualora non ne abbia più bisogno; infatti, la "gratitudine" non rientra nel suo vocabolario. In una democrazia costoro sono le masse di elettori e il cratico coglie molto più velocemente dei politici intellettuali quello che esse vogliono sentire e come egli può soddisfare il loro bisogno di identità, talvolta con una personalità dispotica. Egli conosce la miccia politica a cui si può dare fuoco. Nella misura in cui gli elettori non sono interessati alle questioni politiche di sostanza, anche lui disprezza queste questioni; infatti non gli interessa la soluzione di problemi oggettivi, ma il raggiungimento del potere personale. È questo istinto di potere moralmente disinibito, addirittura animalesco, che ha fatto sì che personaggi come Hitler superassero delle persone incomparabilmente più intelligenti e alla fine conquistassero quasi tutta l'Europa. Il cratico è un tipo antropologico sempre ricorrente

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(la cui presenza può essere facilmente spiegata con la selezione naturale). Ma si sviluppa in maniera particolarmente sfrenata se la fiducia nella verità e nella giustizia è venuta meno, anzi, queste ultime sono considerate esse stesse come funzioni del potere. Perché allora inevitabilmente decade ogni autocontrollo in base alle norme morali; e il compito è piuttosto quello di realizzare degli atti linguistici che siano utili alla propria ambizione di potere. Non si può nemmeno più dire che il cratico segua la massima di mentire quando ciò gli sia utile; infatti, chi ha rinunciato alla categoria di verità non può più neanche parlare di "mentire". Tuttavia, l'elaborazione di un'ideologia è indispensabile per tenere uniti i propri seguaci; e sicuramente una delle debolezze cratiche di Trump è che lui, diversamente dai fascisti con la loro teoria dello Stato, non ha nessuna ideologia. Il suo programma, alla fin fine, si riduce a lui stesso. Ciò rende i movimenti di ritirata più facili. Non è difficile comprendere che un simile atteggiamento compromette lo Stato di diritto e anche la democrazia. Cosa si può - questa è la terza questione - fare contro questo atteggiamento? L'illustre giurista tedesco Emst-Wolfgang Bockenfordeha concettualizzato così il carattere problematico dello Stato moderno in un famoso detto: "lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che esso stesso non può garantire"62 • Da un lato, lo Stato moderno dopo le terribili esperienze delle guerre di religione ha giustamente abbandonato Emst-Wolfgang Bockenforde, Staat, Gesellscha/t, Freiheit, Francoforte 1976, p. 60. 62

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l'idea secondo cui l'omogeneità religiosa sarebbe il presupposto di una comunità di diritto. Tuttavia, storicamente non è difficile comprendere perché gli Stati premoderni ritenevano indispensabile quella omogeneità. Le forze centrifughe dell'Impero tardoantico furono in certo qual modo domate dalla vittoria del Cristianesimo; e la memoria storica di ciò che si doveva al Cristianesimo, dal punto di vista morale e politico, rese più difficile per l'Europa per un millennio buono entrare in relazione con uno Stato laico. Quest'ultimo, quando finalmente ha avuto inizio nel XVII e XVIII secolo, basandosi su una trasformazione razionale dell'etica cristiana e della dottrina giusnaturalistica, nel XIX secolo ha avviato l'epoca di una enorme apertura mentale. Dall'altro lato, questa apertura diventa distruttrice quando corrode i presupposti della democrazia secondo cui ci sarebbero una realtà descrivibile oggettivamente e delle norme morali vincolanti. Come può allora lo Stato liberale garantire la libertà ideologica senza compromettere allo stesso tempo i propri fondamenti? Lo Stato liberale non può e non deve limitare la discussione ideologica. Però non soltanto può, ma deve, per motivi morali così come per la sua sopravvivenza, chiarire in primo luogo nel suo sistema scolastico gli argomenti che hanno portato all'adozione dei principi delle Costituzioni liberali. Questi argomenti sono in parte di natura teoretica, in parte di natura storica; perché si può, come vedremo, imparare dalla storia. In secondo luogo, deve salvaguardare l'autorità epistemica della scienza la cui disgregazione minaccia lo Stato moderno nei suoi fondamenti. Essa si alimenta spesso dell'arroganza intellettuale di persone che

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non riescono a pensare in maniera scientifica e della diffusione incontrollata di idee scettiche che vengono accolte così volentieri perché sembrano promuovere una forma di egualitarismo: se non c'è nessuna verità oggettiva, l'opinione di chi è ignorante rispetto al Covid-19 va presa altrettanto seriamente di quella del professore di virologia. In terzo luogo, lo Stato deve promuovere le produzioni culturali, ad esempio nell' arte, nella religione e nella filosofi.a, che sostengono il proprio sistema di valori. I principi del passato avevano spesso una spiccata sensibilità per questo compito, che però può funzionare solo se essa stessa non è già vittima della convinzione relativistica che non c'è nessuna gerarchia intellettuale. E, in quarto luogo, una democrazia in grado di difendersi deve punire le violazioni della legge e impedire l'organizzazione politica di coloro il cui obiettivo è la distruzione della Costituzione, qualunque sia il loro fondamento ideologico, sia esso religioso o laico. Infatti, la neutralità ideologica non significa che possa proliferare ciò che mette a rischio quella Costituzione che, sola, può garantire questa neutralità a lungo termine. Ho appena affermato che le persone possono imparare dalla storia. È dawero così? Notoriamente, Hegel lo ha contestato: "ciò che però l'esperienza e la storia insegnano è questo, che i popoli e i governi non hanno mai imparato niente dalla storia e non hanno mai agito secondo gli insegnamenti che avrebbero dovuto trarre da essa'153 • La frase non è autocontraddittoria G. W. F. Hegel, Wer.ke inzwam:igBanden, vol. 12: Vorlesungen uber die Philosophie der Geschichte, Francoforte 1970, p. 17, tr. 63

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come è stato detto talvolta, poiché Hegel si riferisce a due livelli diversi: il teorico della storia riconosce dallo studio della storia che i personaggi storici non imparano niente dalla storia. L'argomento che Hegel offre per la sua tesi è però debole. Esso si basa su una teoria storicistica della differenza radicale di ogni epoca. Ma anche se ovviamente ci sono delle differenze tra le singole epoche, queste non sono così grandi da escluderne la comparabilità. L'incontrollata ambizione umana peri! potere, ad esempio, è una costante storica e le istituzioni che gli esseri umani hanno concepito per contenerla sono spesso simili e quasi sempre comparabili in maniera ragionevole. In particolare, mi sembra evidente che molte delle istituzioni internazionali citate nel primo capitolo e che sono state fondate a partire dal 1945 miravano a evitare il ripetersi di catastrofi come quelle delle due Guerre Mondiali. Questo vale anche per le istituzioni nazionali come ad esempio la Costituzione tedesca, redigendo la quale si sono tratti molti insegnamenti dal fallimento della Repubblica di Weimar. E i notevoli successi dell'ordine postbellico fino al quarto di secolo aureo mostrano che i processi di apprendimento non sono stati inutili: si è riusciti a fare molto. Si può ovviamente imparare dagli errori, non solo dai propri, ma anche da quelli del passato. Questo è uno dei modi in cui il progresso si realizza. Tuttavia, ciò che rimane corretto è, in primo luogo, che questo proficuo insegnamento non è affatto in grado di reagire correttamente a tutte le nuove sfide. it. [qui modifìcata] di G. Bonacina e L. Sichirollo, Lezioni sulla fi1osofia della storia, Bari-Roma 2003, p. 7.

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La natura umana, a causa della sua ostinata stortura così come della sua inventiva, è troppo complessa per poterla prevedere completamente; è sempre buona per le sorprese. Questa è una maledizione ma, allo stesso tempo, anche una benedizione. In secondo luogo, però, le istituzioni create in base a processi di apprendimento dolorosi sono messe a rischio anche perché gli esseri umanidisimparano ciò che ha portato a queste istituzioni. In ciò si trova poca benedizione ma si tratta in verità di processi di entropia culturale. Certo le istituzioni hannouna vita propriarispetto alle intenzioni umane; ma non possono sganciarsi completamente da loro, dato che solo le intenzioni le animano. Questo libro ha voluto e vuole rallentare il processo in cui si disimpara il significato della cooperazione internazionale nell'ambito del diritto internazionale, la funzione pacificatrice di un commercio mondiale intelligente, la natura benefica dello Stato di diritto fondato sulla separazione dei poteri - e, allo stesso tempo, ha voluto e vuole richiamare l'attenzione sui nuovi pericoli che soprattutto lo sviluppo dei moderni mezzi di comunicazione rappresenta. Un recupero di queste concezioni sotto la presidenza di Biden può dominare le forze centrifughe globali almeno per un po' di tempo. Se però le mie analisi sono corrette, non c'è motivo per un cessato allarme: la miccia politica che l'automazione e la fine del dominio dei maschi continuano a produrre, è ancora tra noi; ed è solo una questione di tempo prima che altri cratici cerchino di appiccare il fuoco. Rimanere vigili è ancora necessario.

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APPENDICE LA GRANDE CESURA: LA GUERRA DI CONQUISTA DI PUTIN

L'invasione russa dell'Ucraina iniziata il 24 febbraio 2022 è stata immediatamente interpretata come una delle grandi cesure nella storia d'Europa, ad esempio nel dibattito al Bundestag del 27 febbraio. E del tutto a ragione: dopo la Seconda Guerra Mondiale non c'è più stata in Europa una tale guerra tra Stati indipendenti. Certo il Presidente russo Vladimir Putin ha paragonato la secessione temporanea delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk con la secessione delle repubbliche autonome jugoslave e del Kosovo dalla Serbia; ma la guerra in Jugoslavia iniziata nel 1991 rimase sempre una mera guerra civile. Relativamente presto è però diventato chiaro che per il governo centrale a Belgrado non si trattava tanto di mantenere l'unità statale quanto di salvare i territori abitati dai serbi dagli Stati che si dichiaravano indipendenti. Entrambe le guerre, la guerra di dissoluzione della Jugoslavia e la guerra della Russia contro l'Ucraina,

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hanno però in effetti a che fare con la disgregazione di Stati multietnici non democratici a causa di aspirazioni in parte nazionalistiche, in parte democratiche. In un caso, cioè quello della Jugoslavia, si trattava però di impedire questa disgregazione, nell'altro, la guerra della Russia contro l'Ucraina, per Putin si tratta di annullare la disgregazione dell'Unione Sovietica che, notoriamente, interpreta come la più grande catastrofe del XX secolo. Con questo abbiamo già citato una delle due differenze fondamentali. Infatti, va valutato in maniera molto diversa dal punto di vista del diritto internazionale se la disgregazione di uno Stato viene impedita o annullata. La dichiarazione di indipendenza della Slovenia e della Croazia il 25 giugno 1991 ha violato il diritto costituzionale e internazionale che, in linea di principio, non consentono una secessione, lo fanno tutt'al più in condizioni particolarmente restrittive. Alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, invece, partecipò esplicitamente la Russia. Sicuramente ci sono state, talvolta già prima del tentato colpo di Stato dell'agosto 1991 e anche dopo, delle dichiarazioni di indipendenza da parte delle singole Repubbliche Sovietiche; ma il colpo di grazia all'Unione lo diede solo l'Accordo di Belaveza tra Russia, Ucraina e Bielorussiadell'8 dicembre 1991 che, nel suo preambolo, dichiarava terminata l'esistenza dell'Unione Sovietica. Nella Dichiarazione diAlma-Ata, oltre a questi tre Stati, anche altre otto ex Repubbliche Sovietiche (la Georgia e i tre Stati baltici ne erano già usciti) confermarono la fine dell'Unione Sovietica il 21 dicembre 1991. Un motivo importante del governo russo era che, con questa fine, la Russia

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diventava sovrana e il Presidente russo, Boris Eltsin, aveva più potere. Tuttavia, la Russia come Stato continuatore dell'Unione Sovietica era vincolata alla Carta di Parigi per una nuova Europa del 21 novembre 1990, che sembrò aver concluso la Guerra fredda - e in cui tutti i Paesi firmatari si dichiaravano a favore dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto e si impegnavano solennemente ad "astenersi dalla minaccia o dall'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato". Dato che l'Ucraina grazie alle armi atomiche immagazzinate sul suo territorio con la fine dell'Unione Sovietica aveva il terzo arsenale nucleare più grande del mondo, le potenze nucleari di Russia, Stati Uniti e Gran Bretagna - nel Memorandwn di Budapest sulle Garanzie di Sicurezza del 5 dicembre 1994 - come contropartita per la rinuncia alle armi nucleari di questo Paese (così come di quelle della Bielorussia e del Kazakistan) si impegnarono in particolare al rispetto della sua sovranità e integrità territoriale. Infatti, nell'interesse del desiderio da parte della comunità mondiale di limitare il numero di potenze nucleari questi Stati si erano lasciati sfuggire un'importante garanzia di sicurezza. Tutto questo mostra che oggi, più di trent'anni dopo il crollo dell'Unione Sovietica, non solo l'indipendenza dell'Ucraina è un indubbio fatto giuridico, ma - al di là del divieto dell'uso della forza della Carta delle Nazioni Unite - la Russia ha anche l'obbligo particolare di rispettare quell'indipendenza. Nel suo discorso - che falsifica la storia - del 21 febbraio, immediatamente prima del "riconoscimen-

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to" delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, Putinha però semplicemente negato all'Ucraina il diritto di esistere come Stato, poiché essa sarebbe stata "sempre" una parte della Russia. La sua presunta indipendenza solo di fatto è stata ricondotta a un momento precedente al 1991, ma che oggi in Russia è considerato assolutamente illegittimo - la Rivoluzione d'Ottobre dei bolscevichi in seguito alla quale l'Ucraina sarebbe stata creata artificialmente da Lenin. Anche gli altri argomenti diPutin erano spudorati. Che gli Accordi di Minsk del 2014 e 2015 non siano stati attuati neanche dall'Ucraina è vero; però in ciò ha giocato un ruolo importante la paura che la Russia sfruttasse un nuovo ordine costituzionale e questa paura era tutt'altro che infondata. Sicuramente la corruzione è molto diffusa in Ucraina, ma purtroppo Putin si è dimenticato di aggiungere che la Russia, nell'indice di percezione della corruzione di Transparency International, si classifica ancora più in basso. Certo, ci sono in Ucraina dei nazionalisti estremisti che ammirano il leader radicale dei partigiani, Bandera. Però il partito di estrema destra Svoboda, alle elezioni parlamentari del 2014, ha ottenuto meno del 5%, e nel 2019 i voti di tutti i partiti neonazisti sono diminuiti da più di un milione a circa 300000 - in un popolo di 44 milioni. La Russia, invece, come sappiamo in realtà non da ora, è nelle mani di un dittatore fascista - che pensa in maniera "eurasiatica" - e ossessionato dal nazionalismo, che ha paura del primo successo di una democrazia in un Paese slavo orientale che, inoltre, ha eletto un Presidente ebreo. In Bielorussia, al contrario, nel 2020 con l'aiuto di Putin siè riusciti con dei brogli elettorali

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a mantenere al potere Lukashenko, in carica dal 1994. Il prezzo che quest'ultimo ha dovuto pagare è stata la perdita di una politica estera e di sicurezza propria. Il suo Paese funziona attualmente come bene accetta area di dispiegamento delle truppe russe.

Perché la guerra arriva proprio ora? Il fatto che la Russia stia conducendo una guerra di aggressione contraria al diritto internazionale e assolutamente illegittima dal punto di vista morale, diversamente dal caso della Jugoslavia, è dunque evidente. Gli ultimi esempi, tratti dalla storia europea, di questo tipo di guerra sono gli attacchi del Terzo Reich alla Polonia nel 1939 e all'Unione Sovietica nel 1941. All'epoca, però, il divieto dell'uso della forza, nonostante il Patto Briand-Kellogg, non era ancora fondato sul diritto internazionale nella stessa maniera in cui lo è oggi. Che dal 1945 questo divieto sia stato violato ripetutamente, anche e proprio dalle potenze europee e dagli Stati Uniti, purtroppo è incontestabile; però per questi ultimi si trattava di rovesciare governi sgraditi, non di appropriarsi di un territorio, per cui l'attuale violazione del diritto internazionale non solo è particolarmente riprovevole dal punto di vista morale, ma anche molto pericoloso politicamente. La seconda differenza, infatti, riguarda il fatto che il conflitto attuale è legato alla questione dell' appartenenza a un'alleanza, questione che non si poneva nel 1991 in Jugoslavia, dato che il Paese non apparteneva a nessun' alleanza. Questo rende il conflitto attuale molto

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più pericoloso di allora, quando non c'era da temere che il conflitto si espandesse oltre i confini della Jugoslavia. Inoltre, la Jugoslavia non era una potenza nucleare. La Russia e l'Ucraina, invece, sono i due Paesi più grandi d'Europa; il livello di violenza nei conflitti tra tali Stati aumenta in maniera corrispondente. La Russia ha motivato il suo attacco anche con l'argomento secondo cui si sentirebbe "accerchiata" dalla NATO (i cui Stati membri, in verità, toccano meno di un decimo del confine russo) e ha preteso nel dicembre del 2021 una rinuncia di principio da parte dell'Ucraina ad aderire alla NATO. Ci sono senz'altro degli Stati fondamentalmente neutrali - talvolta per decisione propria come la Svezia e la Svizzera, talvolta a causa di sconfitte in guerra come nel caso diAustria e Finlandia. Ma l'imposizione della neutralità da parte di uno Stato terzo contraddice non solo il principio - proprio del diritto internazionale - dell'autodeterminazione, ma anche la Carta di Parigi. La richiesta russa del 24 febbraio secondo cui la NATO sarebbe dovuta tornare alla situazione del 1997, avrebbe cioè dovuto escludere quattordici dei suoi attuali trenta membri, quindi quasi la metà, e quindi non rispettare l'obbligo di assistenza assunto nei loro confronti, mostra che per Putin non si è mai trattato di negoziati seri né solo dell'Ucraina. Il conflitto, pertanto, aveva fin dall'inizio il potenziale di una grande guerra europea, anzi, dato che gli Stati Uniti e il Canada sono membri importanti della NATO, addirittura di una guerra mondiale. Ma perché l'attacco è avvenuto proprio ora - e che cosa sarebbe opportuno fare al riguardo?

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Un uomo assetato di potere senza limiti

Su questa rivista, già nel 2015, ho cercato di spiegare perché la Russia attuale è molto più pericolosa dell'Unione Sovietica degli anni Settanta1 • Ho citato cinque motivi per questa situazione: in primo luogo, la sostituzione dell'ideologia non del tutto universalistica del marxismo con un nazionahsmo aggressivo che interpreta la Russia come il sovrano naturale dell'Eurasia; in secondo luogo, la sostituzione di una politica che vuole mantenere lo status quo con il desiderio di ripristinare l'Impero zarista perduto; in terzo luogo, la grande intelligenza di un autocrate dal potere assoluto; in quarto luogo, l'ardente desiderio di riconoscimento dei russi che distingue questo conflitto dalle guerre per motivi dinastici classiche, guidate da interessi razionah; e infine, in quinto luogo, la percezione della debolezza dell'Occidente "decadente". Tutto ciò negli ultimi anni non è scomparso; anzi, specialmente il quinto fattore si è accentuato enormemente. Donald Trump, portato al potere con il sostegno di Putin alla campagna elettorale, ha danneggiato in larga misura l'unità dell'Occidente; gli Stati Uniti stessi restano divisi anche oggi e sono concentrati intensamente su se stessi; l'Unione Europea, indebolita significativamente dalla Brexit, non si è sforzata di avere una politica estera e sicurezza comune che vada oltre gesti simbolici come 1 Cfr. Vittorio Hosle, "Macht und Expansion. Warum das heutige Russland gefahrlicher ist als die Sowjetunion der 70er Jahren", inBlatterfor deutscheund internationale Politik 6 (2015), pp. 101-110.

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la creazione di un Alto Rappresentante senza poteri; la maggior parte dei Paesi della NATO, in particolare quello economicamente più potente, la Germania, per molto tempo si sono ostinatamente rifiutati di avvicinarsi rapidamente all'obiettivo fissato nel 2014 - dopo l'annessione russa della Crimea - di aumentare le spese per la difesa al 2% del prodotto interno lordo. (L'invasione russa in Georgia nel 2008 non ha provocato quasi nessuna reazione.) Soprattutto il ritiro precipitoso degli Stati occidentali dall'Afghanistan e la figuraccia dei loro servizi segreti nel 2021 hanno convinto Putin che fosse finalmente arrivato il momento di realizzare il suo piano a cui ha lavorato da più di un decennio con grande forza di volontà2 • Putin è quello che in Mora! und Politik ho chiamato "cratico" - cioè un uomo di potere che percepisce la realtà primariamente in base alla misura in cui essa può essere sottomessa alla sua volontà3 • Tali esseri umani hanno uno straordinario fiuto per le mancanze degli altri. Senza dubbio Putin ha percepito come una debolezza centrale il desiderio di pace ad ogni costo, ampiamente diffuso in Europa, e l'antropologia talIo stesso mi aspettavo che Putin avrebbe attaccato già durante il mandato di Trump che, presumibilmente, gli avrebbe 2

dato carta bianca. Però, da un lato, potrebbe aver ipotizzato che Trump venisse rieletto nel 2020, il che sarebbe peraltro accaduto senza la pandemia di Coronavirus. Dall'altro lato, potrebbero non essere stati del tutto condusi i suoi preparativi di guerra, come il riempimento delle casse di guerra in vista delle prevedibili sanzioni economiche dell'Occidente, la repressione di Internet e la cooperazione sempre più intensa con la Cina. 3 Vittorio Hosle, Mord und Politik, Monaco 1997.

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volta addirittura infantile che non attribuisce il male a nessuno e li ha sfruttati senza scrupoli per le sue menzogne. Bismarck ha concettualizzato brillantemente l'analogo modo di pensare - dominante in Prussia sotto il suo predecessore Otto Theodor von Manteuffel - che voleva fondare tutto sui discorsi morali, ma che si rifiutava di riconoscere che, in caso di emergenza, questi dovevano essere difesi con minacce credibili: L'errore fondamentale della politica pmssiana di allora era quello di credere che i risultati che si potevano ottenere solo con la lotta o con la disponibilità a lottare si sarebbero potuti raggiungere con delle ipocrisie pubblicistiche, parlamentari e diplomatiche [...]. [...] Le si è chiamate successivamente conquiste 'morali': c'era la speranza che altri avrebbero fatto per noi ciò che noi stessi non osavamo fare 4.

Cosa fare allora? La strategia dell'Europa delle conquiste morali attraverso inviti costanti a riprendere le trattative, in ogni caso, è fallita. Attualmente sta avvenendo una conquista di tutt'altro genere in cui dei lanciafiamme sono ali'opera non più solo in senso metaforico. Alla fine anche il governo tedesco ha compreso la serietà della situazione. Non si può che dare ragione all'ex Ministro delle Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer che, il 24 febbraio, dichiarò di essere così "arrabbiata 4

Otto von Bismarck, Gedanken und Erinnerungen, Stoccarda

e Berlino 1919, I.3.3.

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con noi, perché abbiamo fallito storicamente". Alla luce di tutti gli indizi che si stanno accumulando sulla possibilità di una grande guerra, nei quattro governi di Angela Merkel - dal punto di vista della politica di sicurezza - è stata perseguita una politica dello struzzo (come negli anni Trenta del XX secolo in Francia e Gran Bretagna), anzi perfino la dipendenza energetica dalla Russia è stata ulteriormente rafforzata. Presumibilmente, oltre alla riluttanza nel respingere le spese sociali, importanti per la propria rielezione, a favore delle spese per la difesa, ha svolto un ruolo il rifiuto di raffigurarsi l'orrore di una nuova Grande Guerra, anzi la difficoltà di immaginarsi che qualcuno potesse correre un rischio così grande. Stalin, analogamente, non credeva ali' avvertimento britannico rispetto all'attacco tedesco nel 1941; e già Atenagora, stando a Tucidide, spiegò ai Siracusani, mentre gli Ateniesi stavano arrivando nella loro città, che questi ultimi non potevano avere cattive intenzioni perché questo sarebbe stato troppo rischioso per lorc5. In effetti: sia gli Ateniesi sia i tedeschi sono stati pesantemente sconfitti. Ma dopo quanto dolore per i loro avversari! Però l'analisi degli errori del passato va lasciata agli storici. Per quanto riguarda il presente si è finalmente raggiunto un consenso bipartisan in Germania (con l'eccezione di due partiti ai due estremi dello spettro politico) sul fatto che non ci si possa più fidare di Putin. L'Unione Europea ha agito insolitamente in modo compatto; la cooperazione con gli Stati Uniti, 5

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Tucidide, La Guerra del Peloponneso, VI, 36 ss.

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all'interno e all'esterno della NATO, e con altre democrazie come il Giappone funziona; la condanna della Russia nella sessione "Uniting for Peace" dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite da parte di 141 Stati (con 35 astensioni e 5 voti contrari) il 2 marzo è stato un notevole successo diplomatico. Sono state adottate rapidamente delle pesanti sanzioni economiche contro la Russia e hanno fatto crollare velocemente la moneta e la Borsa del Paese. La dipendenza energetica di più Stati occidentali dalla Russia deve essere ridotta, si è deciso di rafforzare l'esercito tedesco che, secondo l'Ispettore dell'Esercito Alfonso Mais è "al verde", si sta già rafforzando il fianco orientale della NATO, e sono state consegnate delle armi all'Ucraina, anche se esse forse possono soltanto rimandare la sua sconfitta. Perché la NATO ha, a ragione, rifiutato un impegno diretto al di fuori del territorio dell'alleanza - altrimenti ci sarebbe il pericolo di una Terza Guerra Mondiale, oltretutto sarà abbastanza difficile per la NATO difendere il proprio territorio, se esso venisse attaccato.

Le vite umane contano poco

E questo è senz'altro possibile. Certo si può solo sperare con tutto il cuore che le sanzioni economiche, ad esempio nel caso delle élite economiche, facciano sì che queste ultime esercitino pressioni sulloro governo. Però non c'è da sperarci. In primo luogo, non c'è nessuna possibilità giuridica reale di far cambiare idea a Putin e lui sembra pronto a tutto. Le vite umane per lui contano poco, anche quelle

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dei giovani soldati russi, perché dovrebbe considerare più importante l'economia? In secondo luogo, il ferro rompe l'oro - già Machiavelli insegna che i soldati potrebbero prendersi il denaro necessario, ma il denaro non può prendersi così facilmente i soldati necessari6• La democrazia ha una possibilità contro l'autocrazia solo se i suoi cittadini sono pronti a difendere la loro libertà, se necessario, anche con la forza - se essa cioè non è dominata da cittadini post-eroici. Perché questi ultimi non hanno nessuna possibilità contro coloro che sono disposti a morire e a uccidere7. Solo se la NATO ha a disposizione abbastanza soldati pronti a combattere per respingere un attacco, è al sicuro dalla possibilità che Putin vada oltre l'Ucraina. Successivamente Putin potrebbe - dopo possibili interventi in Moldavia, Georgia e nei Balcani occidentali, dove è già in procinto di distruggere la BosniaErzegovina, uno dei pochi successi in politica estera dell'Unione Europea- attaccare un Paese dell'Unione Europea che non è membro della NATO. In ogni caso, ha già minacciato la Svezia e la Finlandia nel caso in cui presentassero domanda di adesione alla NATO; e il possesso dell'isola di Gotland è strategicamente importante per un possibile attacco ai Paesi Baltici con le forze navali oltre che aeree e terrestri. Se la Russia chiuderà il Varco di Suwalki - lungo solo 70 km - tra la Bielorussia, dove nel frattempo si muove 6 Cfr. Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima decadi Tito Livio, II, 10, 18 e 26. ; In ogni caso, nell'Europa orientale e negli Stati Uniti si trova-

no più persone democratiche eroiche che nell'Europa occidentale.

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liberamente, el'exclave diKaliningrad, sarà molto difficile difendere i Paesi Baltici. Infatti, in questo modo sarebbe tagliato l'unico collegamento della NATO tra la Polonia e i Paesi Baltici. Che attualmente ci sia a San Pietroburgo una mostra su Pietro il Grande che fino al 1918 poteva annettere i Paesi Baltici alla Russia, probabilmente non è un caso. Il potere di Putin si basa in gran parte sulla sua percezione della paura degli altri. Ecco perché minaccia anche di ricorrere alle bombe atomiche. Se l'Occidente, invece, annuncia che si arrenderebbe in ogni caso di fronte alla minaccia o all'uso di armi nucleari, ha già perso. In una tale crisi non sarà facile mantenere il sangue freddo, poiché solo pochi sono interiormente preparati a questo. Inoltre, è un grande handicap dell'Occidente il fatto che esso diversamente dal 1939 e diversamente dalla Russia di oggi che in Siria si è esercitata per una guerra europea - difficilmente abbia a disposizione politici e soldati che hanno vissuto una guerra.

Arrendersi non è una soluzione

Non ci si dovrebbe allora semplicemente arrendere se si viene minacciati da qualcuno a cui non importa più niente nemmeno della propria morte, dato che la deterrenza non funziona più? Di contro occorre considerare quanto segue: se Putin volesse davvero essere ammirato come il nuovo Vladimir il Grande, potrebbe certo sacrificarsi con un attacco nucleare, ma avrebbe poi bisogno di ammiratori. E in secondo luogo non è lui ad azionare le armi atomiche, ma il suo esercito.

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Che quest'ultimo, di fronte alla catastrofe imminente, possa fare un colpo di Stato è una speranza legittima, anche se la Rosgvardia8 protegge Putin. In terzo luogo, infine, la concezione secondo cui ci si dovrebbe sottomettere a chi minaccia la distruzione nucleare, dopo il trionfo di quest'ultimo, farebbe entrare in azione dei suoi imitatori che metterebbero il mondo in pericolo così come fa lui. Inoltre, il risultato finale di questa logica è che prevarrà sempre il più brutale. La situazione attuale è senza dubbio abbastanza grave. Però peggiorerà ancora nel caso in cui nel 2025 dovesse tornare alla Casa Bianca Donald Trump le cui simpatie per Putin sono agli atti. Tanto più importante mi sembra il fatto che l'Occidente giunga a un'intesa profonda con la Cina - rinunciando inevitabilmente a molte delle proprie posizioni. Ma come Churchill ha dovuto collaborare con Stalin per sconfiggere Hitler, così l'Occidente deve comprendere che la Cina, anche se è un'autocrazia, pensa razionalmente in maniera diversa dalla Russia di Putin. Le relazioni russo-cinesi sono migliorate solo recentemente; ed è stato un altro atto di scarsa arte di governo da parte dell'Occidente lasciare che si arrivasse a questo punto. Ma la Cina non può desiderare che Putin giochi il tutto per tutto con il mondo. Accordarsi solo all'interno dell'Occidente su come comunicare con la Cina e poi affrontare questo compito in modo determinato per arginare Putin è, presumibilmente, in quest'epoca - la più pericolosa dal 1945 - il vero imperativo del momento per il progetto della democrazia occidentale. 8

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