Fenomenologia della vita religiosa 8845918327, 9788845918322

Senza rinunciare al proprio punto di vista squisitamente filosofico, e professandosi "in linea di principio ateo&qu

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Fenomenologia della vita religiosa
 8845918327, 9788845918322

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M artin Heidegger

FENOMENOLOGIA DELLA VITA RELIGIOSA

Mai come in questo libro, che raduna i ce­ lebri corsi dai quali prese avvio - subito do­ po la fine della prima guerra mondiale una fulminante carriera di docente, Hei­ degger ha trattato con ampiezza e profon­ dità, passione e coinvolgimento, il fenome­ no della religione. E c’è un motivo. Aquesti corsi, infatti, egli si dedicò nel pieno di una crisi religiosa che lo portò ad abban­ donare il «sistema del cattolicesimo» e che conferisce ai suoi lavori di questo periodo quella tensione che accompagna le grandi svolte. Si tratta AdiVIntroduzione allafenomenologia della religione (1920/21), del corso su Agostino e il neoplatonùmo ( 1921) e di quello su Ifondamentifilosofia della mistica medioeva­ le (annunciato per il 1919/20 ma non svol­ to), cui si aggiunge la recensione al volume di Rudolf Otto, Il sacro. Senza rinunciare al proprio punto di vista squisitamente filosofico, e professandosi «ateo in linea di principio)*, Heidegger inter­ preta l’esperienza religiosa come matrice esemplare per capire la dinamica origina­ ria della vita umana nella sua «fatticità», quindi nella sua «gettatezza», finitudine e storicità. In particolare egli si accosta ai documenti del primo cristianesimo, e so­ prattutto alle lettere dell’apostolo Paolo e alle Confessioni di Agostino, j>er assimilarne con avidità le intuizioni filosofiche e delineare sulla loro scorta i tratti genuini della vita umana nella sua fatale tendenza alla perdizione e allo scacco - ma anche nella sua ricerca di un arduo eppur raggiungibi­ le riscatto. Prosegue con questo volume l’edizione adelphiana delle opere di Martin Heidegger (18891976) diretta da Franco Volpi che comprende: Segnavia (1987), La poesia di Hdlderiin (1988), Il principio di ragione (1991), Seminari (1992), Nietz­ sche (1994), Lettera sulV«umanismo>‘ (1995), L ’essenza della verità (1997), n concetto di tempo (1998), Parmenide (1999), I concetti fondamentali della filosofia antica (2000), Che cos’è metafisicaì (2001), Conferenze di Brema e Friburgo (2002), H nichilismo europeo (2003) e il dialogo con Ernst Jùnger Oltre la linea (1989).

' J 1 r o i . O ORKVtN.M.l',;

Phanom rnologie des rdigiósen Lebcns 1. KinlrìluitK in dù: Phànttnu’noliigii’ ihir Helii'ion (A f u r a ili M atihias |u iijj e T h o in a s Rej'c-hlv) 2. A iif^^lin u s unti iln Neupl/itoniMiiv.',

3. ì) if ph-iloiofihLsiheìì GìiindUigim dermU ldaU eiiichen MysUk (A cLir;i d i C '.lau d iu s S i n i b e )

® 1 9 y f i VI I T O K I O K l . O S l K R M A N N IRA.NKI U R I A M M A IV © 2()0;$ AI>KU*H1 K D IZ I O N I S . l ‘. \ . MII^XNO

INDICE

Avvertenza del Curatore dell'edizione italiana

15

INTRODUZIONE ALLA FENOMENOLOGIA DELLA RELIGIONE PA R TE PRIM A

INTRODUZIONE METODICA FILOSOFIA. ESPERIENZA EFFETTIVA DELLA VITA E FENOMENOLOGIA DELLA RELIGIONE 1. LA FO R M A Z IO N E riL O S O riC A DEI C O N C E T T I E L’ESPE-

35

K IENZA EFFETTIVA DELLA VITA

L II carattere peculiare dei concettifilosofici 2. Sul titolo del corso 3. L’esperienza effettiva della vita come punto di par­ tenza 4. Il prendere conoscenza ' II. t e n d e n z e A TTU A LI DELLA FILOSOFIA D E L IA R ELIG IO N E

5. La filosofia della religione di Troeltsch a) Psicologia b) Gnoseologia c) Filosofia della storia d) Metafisica 6. Osservazioni critiche

35 37 41 47 52 52 53 54 57 57 60

7. Lo storico come fenom eno essenziale a) II «pensiero storico» b) Il concetto di storico c) Lo storico nell’esperienza effettiva della vita 8. La lotta della vita contro lo storico a) La via platonica b) Radicale consegnar-si c) Compromesso fra le due posizioni 9. Tendenze all’assicurazione a) 11 riferimento della tendenza all’assicurazione b) Il senso dello storico stesso c) È sufficiente l’assicurazione? 10. La cura dell’esserci effettivo

65 65 67 68 71 72 73 74 78 79 80 83 85 87

IV. FO R M A LIZZA ZIO N E E IN D IC A Z IO N E FO RM A LE

90

11. Il senso generale di «storico» 12. Generalizzazione e formalizzazione 13. L’«indicazione formale»

90 92 98

III. IL FEN OM EN O D ELLO ST O R IC O

pa r te sec o n d a

ESPLICAZIONE FENOMENOLOGICA DI FENOMENI RELIGIOSI CONCRETI SULLA SCORTA DELLE LETTERE DELL’APOSTOLO PAOLO I. IN-IERFRETAZIONE FENOMENOLOGICA DELLA LETTERA AI gai ATI

14. Introduzione 15. Osservazioni singole riguardo al testo 16. L'atteggiamento fondamentale di Paolo

105 105 107 110

II. CO M PITO E OG G ETTO DELLA FILOSOFIA DELLA RELIGIONE 113 17.11 com prendere fenomenologico 113 18. Fenomenologia della religione e storia della religione 115 19. Determinazioni fondamentali della religiosità proto­ cristiana 117 20. Il fenomeno della predicazione 119

21. Anticipazioni deU’analisi 22. Lo schema deH'esplicazionefenomenologica

120 122

I t i . ESPL IC A Z IO N E FEN O M EN O L O G IC A DELLA PRIMA. LETTE­

23. 24. 25. 26.

RA A I TE SSA L O N IC Z SI

12 6

Difficoltà di metodo La «situazione» L’« essere-divenuti » dei Tessalonicesi L’attesa della panisia

126 ISO 133 138

IV. LA SECONDA LETTER A AI T E SSA L O N IC E SI

147

27. L'attesa della parusia nella Seconda Lettera ai Tessalo­ nicesi 28. L’annuncio deU'Anticristo 29. Dogma e contesto dell’attuazione

147 151 154

V.

c a r a t t e r iz z a z io n e

DELL'ESPEKJENZA p r o t o c r i s t i a n a

DELLA v i t a

30. 31. 32. 33.

Esperienza effettiva della vita e predicazione Il senso del riferimento della religiosità protocristiana La fatticità cristiana come attuazione Il contesto dell’attuazione in quanto «sapere»

158 158 160 163 165

A PPE N D IC E

ANNOTAZIONI E ABBOZZI PER IL CORSO Lettera ai Calati [cfr. par. 16] Esperienza religiosa ed esplicazione [cfr. par. 17] . Considerazioni m etodiche sn Paolo, I [cfr. parr. 18 e 19] Considerazioni m etodiche su Paolo, II [cfr. parr. 20 e 21] Considerazioni metodiche su Paolo, III [cfr. par. 22] 1 ^ anticipazioni erm eneutiche [cfr. par.22] Fenomenologia della predicazione paolina. I {7 Tj) [cfr. parr. 23-26] Fenomenologia della predicazione paohna, II (1 Ts) [efr. parr. 2.^-26]

l7 l 172 174 176 180 182 182 185

F en o m en o lo g ia della p red icazio n e p aolina, III {1 Ts) [cfr. parr. 23-26] F e n o m e n o lo g ia della p red icazio n e p ao lin a. IV [cfr. parr. 23-26] F e n o m e n o lo g ia d e lla p re d ic a z io n e p a o lin a , V [cfr. parr. 23-26] C o m p re n d e re n e l senso d e lla s to ria d e ll’a ttu a z io n e [cfr. par. 24] Escatologia, I ( i Ts) [cfr. par. 26] E scatologia, II ( i Ts) [cfr. par. 26] Escatologia, III (2 Ts) [cfr. p arr. 2*7 e 28] Escatologia, IV (2 T s ) [cfr. parr. 28 e 29] yuCT

186 188 189 193 195 198 200 203 203

A G O ST IN O E IL N EO PLA TO N ISM O

P A R T E I N T R O D U T T IV A

INTERPRETAZIONI D I A G O STIN O 1. L’in te rp re ta z io n e di A gostino d a ta d a E rnst T roeltsch 2. L’in te rp re ta z io n e di A gostino d a ta d a A d o lf von H arn ack 3. L ’in te rp re ta z io n e d i A gostino d a ta da W ilhelm Dil­ they 4. Il p ro b le m a deH’obiettività sto rica 5. D iscussione delle tre in te rp re ta z io n i di A gostino se­ c o n d o il loro senso d e ll’accesso 6. D iscussione delle in te rp re ta z io n i di A gostino secon­ do la loro base m otivazionale p e r l ’im postazione e l’attu azio n e deH’accesso a) I c e n tri m otivazionali delle tre in te rp re ta z io n i b) D elim itazione risp etto a co n siderazioni storico­ obiettive c) D elim itazione risp etto a co n siderazioni storico­ tip o lo g ich e

210 213 214 215 217

219 219 220 224

p a r t e p r in c ip a l e

IN TERPRETA ZIO N E FEN O M EN O LO G ICA DEL LIBRO X DELLE «C O N FESSIO N I » 1. P relim in ari aU’in te rp re ta z io n e 229 a) La retTOCtatio ag o stin ian a delle Confen.iioni 229 b) La disposizione d ei capitoli 231 8. L ’in tro d u z io n e al d ecim o libro. Dal p rim o al settim o cap ito lo 232 a) Il m otivo d el confiteri d in an zi a Dio e agli u o m in i 232 b) Il sap ere di se stessi 233 c) L’o g g ettu alità d i Dio 234 d) L ’essenza deU’an im a 236 9. La memoria. DaU’ottavo al diciannovesim o capitolo 237 a) Lo stu p o re rig u a rd o alla memoria 237 b) O ggetti sensibili 239 c) O ggetti n o n sensibili 240 d) Il discere e gli atti teo retici 241 e) Le affezioni e i lo ro m o d i d i darsi 242 f ) Ipse mihi occurro 244 g) L’a p o ria rig u a rd o all’oWtwio 245 h) C he cosa significa cercare? 247 10. D ella beata vita. Dal ventesim o al ventitreesim o capitolo 250 a) Il « co m e» d e ll’avere la vita beata 250 b) Il gaudium de ventate 257 c) La veritas nella d irezio n e d el d e ca d im e n to 258 11. Il come d el d o m a n d a re e d e ll’u d ire. Dal v en tiq u attre ­ sim o al ventisettesim o capitolo 261 12.11 curare (essere p re o c c u p a to ) co m e c a ra tte re fondam e n ta le d e lia v ita effettiva. V entottesim o e ventinove­ sim o cap ito lo 264 a) La d isp ersio n e della vita 264 b) La co n flittu alità della vita 266 13. La p rim a fo rm a della ientaiio'. concupiscentia carnis. Dal tre n te sim o al tre n ta q u a ttre s im o capitolo 271 a) Le tre d irezio n i della possibilità di defluxio 271 b) Il p ro b le m a d e ll’» io so n o » 273 c) Voluptas 275 d ) Ilkcebra odorum 278 e) Voluptas aurium 280 f) Voluptas oculorum 280 g) Operatores el seclatores pulckritudinum exteriorum 282

14. La seconda forma della tentatio: concupiscentia oculoTum. Trentacinquesimo capitolo a) Videre in carne e videre per carnem b) Il curioso gxiardar-si intorno nel m ondo 15. La terza forma della tentaticr. amhitio saeculi. Dal tren­ taseiesimo al trentottesimo capitolo a) Confronto tra le prime due formedella tentazione b) Timeri velie e amari velie c) Amorlaudis d) La direzione genuina del piacere 16. L'autocompiacimento di fronte a se stessi. Trentano­ vesimo capitolo 17. Molestia - la fatticità della vita a) Il «come» deH’essere deliavita b) Afo/j’iijo - la minaccia dell'avere se stessi

285 285 287 291 291 293 297 299 303 308 308 310

A PPE N D IC E I

APPUNTI E ABBOZZI PER IL CORSO Le Confessioni di Agostino —confiteri, ivterprelari [cfr.par. 7 b] Per la distruzione delle Confessioni. libro X [cfr. par.7 b] Contesto di attuazione della domanda [cfr. par. 8b] Tentatio [cfir. par. 12 a] [Oneri miki sum] [cfr. par. 12 a] [cfr. par. 13 a] Tentatio [cfr. par. 13 a, b] Il fenomeno della tentatio [cfr. par. 13 c] Luce [cfr. par. 13 f] Deus lux [cfr. par. 13 g] Tentntio: in carne-per camem [cfr. par. 14 a] [Confronto fra le tre forme della tentatio] [cfr. par.15 a] Assiologizzazione [cfr. par. 15 b-d] [Agnosce ordinem] [cfr. par. 15 cj [cfr. par. 15 c] [Quattro gruppi di problemi] Peccato Assiologizzazione [cfr. par. 17] [Mokstia] [cfr. par. 17]

317 318 318 318 320 322 324 326 327 328 329 330 331 332 333 335 337 337 339

[Exploratió\ [.Angoscia] [Le avversità, la tentazione in senso etico, la tribolazione in senso religioso] Per la distruzione diPlotino

339 S41 342 342

A PPE N D IC lt II

INTEGRAZIONI TR.^TTE DALL\ TRASCRIZIONE DI OSKAR BECKER 1. 2. 3. 4. 5.

Continentia [cfr. par. 12 a] UH e fin i (cfr. par. 12 b ] Tentano [cfr. par. 12 b] Il confitene il concetto di peccato [cfr. par. 13 b] La posizione di Agostino nei confronti dell’arte (De mu­ sica) [cfr. par. 13 e] 6. Videre (lucem) Deum [cfr. par. 13 g] 7. Digressione sul timor cnstiis [cfr. par. 16] 8. L’essere del sé [conclusione del corso]

345 346 349 360 362 364 372 377

I FOND,\MENTI FILOSOFICI DELLA MISTICA MEDIOEVALE I fondamenti filosofici della mistica medioevale 383 Mistica nel Medioevo 387 Mistica (direttive) 389 Costruzione (postulati) 390 Fede e sapere 391 Irrazionalismo - 392 Datità storica e individuazione dell’essenza 393 [Fenomeni religiosi] 394 L’ajtfnori religioso 394 Irrazionalità in Meister Eckhart 397 II secondo discorso Sull'essenza della Tfligione di Schleiermacher 401 Fenomenologia deiresperienza vissuta religiosa c della religione 405

L’assoluto La primissima, originaria posizione di Hegel sulla reli­ gione - e le sue conscgnenze Problemi Fede Devozione - fede. Cfr. salmi della fiducia Su Der christUche Glaubc di Schleiermacher - e sulla feno­ menologia della religione in generale Il sacro. (Appunti per la recensione di R. Otto, Il sacro, 191V) Sui Sermones in Canticvm canticorvm {Sma. Ili) di Bernardo

406 410 4J l 412 412 413 416 418

Nota dei Curatori del ivrso del setnnlrc invernaUt 1920/21 423 Nota del Curatore del corso del semestre estivo 1921 e dflleprivie stesure e degli abbozzi redatti nel 1918-1919 429

AVVERTENZA D E L C U R A T O R E D E L L ’E D IZ IO N E ITALIANA

1. Il romanzo della vUa filosofica P e r il su o c o n te n u to - u n a se rra ta an alisi filosofica d e lF e s p e rie n z a re lig io sa - il p re s e n te v o lu m e co stitu i­ sce u n u nicum n e ll’o p e r a d i H e id e g g e r. In n e s s u n ’a ltra o c c a sio n e eg li si è d e d ic a to a ll’e sa m e fe n o m e n o lo g ic o d e lla v ita re lig io sa c o n a ltr e tta n ta e s te n s io n e e p ro fo n ­ d ità, a ltr e tta n ta p a ssio n e e c o in v o lg im e n to , c o m e n e i testi q u i raccolti. Si tr a tta d e i c e le b ii corsi frib u rg h e s i sul cristian e si­ m o d e lle o rig in i e su ll’e sp e rie n z a p ro to c ris tia n a d e lla vita, c o n i q u a li H e id e g g e r in iziò la su a fu lm in a n te car­ rie ra d i d o c e n te n e g li a n n i successivi alla p rim a g u e rra m o n d ia le . L a c irc o sta n z a c h e egli a llo ra avesse a p p e n a attra v e rsa to u n a crisi relig io sa e avesse a b b a n d o n a to il « sistem a d e l c a tto lic e sim o » c o n fe ris c e a q u e s te le zio n i u n a p a lp ita n te c a ric a d i v erità. S e c o n d o l ’o rd in e , n o n c ro n o lo g ic o , in cu i so n o stati riu n iti n e l voi. LX d e lla Gesa7ntausgabe (K lo ste rm a n n , F ra n k fu rt a. M ., 1 995), d i cu i il p re s e n te v o lu m e è la tra d u z io n e , si tra tta d e i s e g u e n ti corsi: VIntroduzioiu al­ la fenomenologia della religio?ì^ d e l se m e stre in v e rn a le 1 9 2 0 /2 1 ; il c o rso d e l se m e stre estivo 1921 su Agostino e il neoplatonismo, e q u e llo su I fondatnenti filosofici della

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Avvertenza del Curatore deli'edizione italiana

mistica medioevale, annunciato per il semestre invernale 1919/20 ma non svolto. A quest’ultim o corso sono ac­ corpati alcuni manoscritti - datati dal Curatore tede­ sco tra il 1918 e il 1919 - che pur nel loro carattere «m inore» forniscono tracce indispensabili per rico­ struire V itinerarium rmntis in Deum et in nihilum del gio­ vane Heidegger. Si tratta di appunti su vari studi e autori di filosofia della religione, in particolare su W indelband, Hegel, Schleiermacher, Adolf Reinach. Troeltsch, Rudolf Otto, B ernardo di Chiaravalle e Te­ resa d ’Àvila. La vicenda di come nacquero questi testi, quindi di come H eidegger si confrontasse con l’esperienza reli­ giosa e vi trovasse indicazioni paradigm atiche per svi­ luppare una com prensione filosofica genuina della vi­ ta um ana, è talm ente appassionante che m eriterebbe di essere raccontata in romanzo. Per entrare nello spi­ rito e nella logica con cui Heidegger elaborò allora il suo program m a filosofico, sarebbe indispensabile illu­ m inare lo sfondo storico-biografico e il contesto spe­ culativo in cui questi scritti furono composti. Mi limito qui a pochi accenni.

2. Teologa, filosofia della religione e mistica nel giovane Heidegger Per prim a cosa rim ando alle ricostruzioni ormai ca­ noniche della biografia intellettuale di Heidegger - in particolare a quelle di Otto Póggeler, Hugo O tt e Theodore Kisiel che forniscono le informazioni ne1. O. Póggeler, D n Dmkweg Martin Heideggers, Neske, Pfullingen, 1963, quarta ediz. riveduta e ampliata, 1994 (trad. it. della terza ediz. di G. Varnier, Il cammino di pensiero di Martin Heidegger, Guida, Napoli, 1991); H. Ott, Martin Heidegger. Unterwegs zu seiner Biographie. Campus. Frankfurt a. M.-New York, 1988 (trad. i t Heideg­ ger. Sentieri biografia, a cura di F. Cassinarì, Sugarco, Milano, 1990);

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cessane p er capire come e perché, fin dagli anni della sua prim a formazione, H eidegger intrecciasse l’inte­ resse p er la filosofia con quello altrettanto intenso, e inizialmente dom inante, per la teologia e la mistica. Numerosi sono i sondaggi che andrebbero fatti in questa direzione. Ci sarebbe da esaminare, anzitutto, l’influenza del teologo Cari Braig, uno degli ultimi esponenti della Scuola cattolica di Tubinga, di cui il giovane Heidegger studiò a fondo il com pendio di ontologia Vom Sein. Abrifi der Ontologie (Herder, Freiburg i. Br., 1896). An­ che dopo essersi trasferito dalla Facoltà di Teologia a quella di Filosofia (1911), Heidegger continuò a fre­ quentarne le lezioni di dogmatica, ed ebbe con lui col­ loqui privati sull’im portanza del pensiero dialettico di Hegel e di Schelling per la teologia. Braig - come Hei­ degger stesso ricorda - gli avrebbe trasmesso la consa­ pevolezza della tensione fra ontologia e teologia inter­ na alla struttura della metafìsica, e quindi avrebbe ri­ svegliato in lui u n ’attenzione critica per il conflitto tra la Scolastica, basata sul prim ato dell’essere, e il moder­ nismo, orientato sulla teoria del conoscere.^ C ’è poi ncU’estate 1917 lo studio della filosofia del­ la religione di Schleiermacher, con particolare riferi­ m ento al secondo dei Discorsi sulla religione. Il 1° agosto 1917 H eidegger espose la sua interpretazione in uua cerchia di amici, come ricorda H einrich O chsner che Th^ Kisiel, Thf Geneiis oj Hàdegger’s ”Being and Tim^e -, University of California Press, Berkeley, 1993. Quest’ultima monografia contie­ ne fra l’altro un catalogo ragionato della letteratura teologica let­ ta da H eidegger in quegli anni nonché un'analisi di tutti i corsi da lui tenuti. 1. Cfr. M. Heidegger, Mein Wegin die Phànomcnologie, in Zur Sache de.%Denkens, Niemeyer, Tùbingen, 1972, pp. 81-90. Su questo pun­ to mi perm etto di rinviare a qnanto ho scritto in Le fonti del pro­ blema dellessere n.el ginvane Heidegger: Franz Brentano e Cari Braig, in Heidegger e i medievali, a cnra di C. Esposito c P. Porro, Brepols, Turnhout, 2001, pp. 39-52.

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fu testim one ocu lare del!’evento.’ Se si con sid era che q u ei Discorsi sulla religione so n o rivolti, com e recita il sottotitolo, A lk persone colte che la dispreizano, d u n q u e agli atei e agli agnostici così nu m ero si tra filosofi e in ­ tellettuali, è facile im m aginare q u an ti motivi di rifles­ sione essi fornissero al giovane H eidegger, che, in crisi religiosa, inclinava a u n «ateism o di principio»,'^ C ’è an co ra la le ttu ra del celebre e fo rtu n ato libro di R u d o lf O tto II sacro, apparso nel 1917. H eid eg g e r e O chsner, e n tra m b i allora alla scuola fen o m en o lo g ica di H usserl, rece p iro n o l ’im p o rtan za delle ricerch e di O tto, e le stu d ia ro n o a fo n d o in vista d e ll’elaborazione di u n a fenom enologia della coscienza religiosa. « O chs­ ner, e così p u re il suo am ico più anziano H eidegger,» scrive H usserl a O tto in u n a lettera del 5 m arzo 1919 « è stato in origine allievo filosofico di Rickert. E n tram ­ bi, n o n senza fo rd resistenze in terio ri, un p o ’ alla volta si sono ap erti ai m iei stim oli e si so n o avvicinati a me an ch e dal p u n to di vista p ersonale. In questo stesso p e ­ riodo h a n n o rad icalm en te cam biato le lo ro convinzio­ ni religiose di fondo. Sono d u e p erso n alità dal caratte­ re realm en te religioso: in H eid eg g er prevale l’intere-sse teoretìco-filosofico, in O ch sn er q u ello religioso [...] H eidegg er e O ch sn er (n o n rico rd o chi dei d u e p e r prim o) l’estate scorsa h a n n o attirato la m ia atten zio n e sul suo libro sul sacro, che h a avuto u n a fo rte in flu en ­ za su di m e, com e quasi nessun altro lib ro da an n i ave­ va avuto H eid eg g er si p ro p o n ev a p eraltro di recen1. Cfr. Dos M a f des Veiborgemn. Heinrich Ochsntr zum (kdàchtnu, a cura di C. O chw adt e E. Tecklenborg, Charis, Hannover. 1981. p. 92 (lettere del 2 e del 5 agosto 1917). 2. M. H eidegger, PhànoTnenologiiche Interpretationen zu Anstoteles, in Gesamtausgabe, cit., voi. LXI, 198&, p. 197 (trad. il. di M. De Caro­ lis. Interpretazioni fenomenolopcke di Aristotele, a cura di E. Mazzarel­ la, Guida, Napoli, 1990, p. 224). 3. La lettera, conservata nella biblioteca universitaria di M arburgo {RudoIf-Ottc^-NachlaS), è stata pubblicata da H.-W. Schùtte, R^li-

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sire il libro di O tto, com e ricaviam o dagli ap p u n ti qui pubblicati p e r la p rim a volta. C 'è infine l’in ten sa freq u en tazio n e, filosofica e spiri­ tuale, della m istica m edioevale e p rep ro te stan te, spe­ cialm ente M eister E ckhart, la Theologi^ deutsch, Susone e Taulero, che H eid eg g er fu spinto a leg g ere da Engelb e rt Krebs, apprezzato studioso d e ira rg o m e n to e suo padre spirituale. ..\1 term in e della tesi di lib era do cen za su La dottrina delle categorie e del significato in D uns Scoto (1915) H eid eg g er an n u n c ia an ch e u n o studio - mai p o rtato a term in e - sul significato filosofico della mi­ stica eck h artian a in relazione alla « m etafisica della ve­ rità».^ E in esergo alla p ro lu sio n e p e r il co n ferim en to della venia legendi. Il concetto di tempo nella scienza della storia (1915), p o n e u n a citazione tratta dal serm o n e tedesco di M eister E ckhart Consideravit domuin (Q uint, n. 30): «T em po è ciò ch e muta e si moltiplica, l’ete rn ità p e rm a n e sem plice S em pre p e r q u an to c o n ce rn e la mistica, sono co n ­ servati - e qui trad o tti - gli a p p u n ti di u n a in te rp re ta ­ zione dei Sermones in Canticum canticorum di B ern ard o di Chiaravalle. Nel settem b re del 1917 H eid eg g er li p o rtò con sé al fro n te com e le ttu ra insiem e ad altri m i­ stici, tra cui il Libro delle dimore o Castello interiore di Te­ resa d ’Àvila. « P er il N atale del 1920» rico rd a in o ltre Lòwith nella sua au to b io g rafia « H eid eg g er m i regalò il De imitatione Christi di Tom m aso di K em pen. A ncora nel 1925 gli sem brava che ci fosse vita spirituale solo nella teologia, in Barth e in G ogarten».* E in u n a le tte ­ ra del 19 agosto 1921, sem p re a Lowith, H eid eg g er digio?i und ChrisUvlum in der Thrologi Rudolf Otios, de Gruyter, Berlin, 1969, pp. 139-42, poi in Das Mafi des Verborgeiiert, cit., pp. 157-60. 1. M. Heidegger. Frutte Schrijìen, in Gesamtaungabe, cit., voi. 1, 1978. p. 402, n ota 2. 2. Ibid., p. 415. 3. K, Lòwith. Mein Leben in Deuisc.hland vor und nach 1933, Metzler, Stuttgart. 1986, p. 29.

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chiara di sentirsi, più ch e filosofo, u n «teo/ogo cristia­ n o » .’ C he cosa voleva dire H eid eg g e r scrivendo l'e ­ spressione in qu el m odo?

3. « Teologo cristiano » e « aUo di principio » In quel corsivo che spezza la p aro la - « teo/ogo» - egli includeva la com plessità del suo sofferto ra p p o rto con il cristianesim o, tu tta la difficoltà, vissuta in p rim a p er­ sona, di conciliare la form a dogm atico-istituzionale im­ pressa a ll’esperienza religiosa dal cattolicesim o con la Ubera ricerca filosofica a cui egli si sentiva votato. P er questo simpatizzava co n il « cristiauesim o liberale» che valorizzava l’in terio rità e sottolineava l ’im p o rtan za del­ l’au to n o m ia del pensiero. P u r essendo legato a d oppio filo con quel m o n d o cattolico in cui si e ra fo rm ato e operava,^ H eid eg g er n o n faceva m istero della sua insof­ ferenza verso il dogm atism o filosofico della C hiesa cat­ tolica, che p ro p rio allora, con u n d o cu m en to Motu pro­ prio dì Pio X, aveva rib ad ito la fed eltà al tom ism o q u a­ le sua d o ttrin a filosofica ufficiale. «Ci m ancava anche questo Motuproprio» chiosa il 19 luglio 1914 H eid eg g er a p a d re Krebs; la Chiesa, co m m en ta con sarcasm o, avrebbe forse p o tu to inventare « u n a p ro ced u ra m iglio­ re p e r asportare il cervello a tutti coloro che si faran n o venire in m en te u n p en siero au to n o m o , sostituendo­ glielo co n u n ’insalata italiana».^ Siamo orm ai a un p u n to critico, an ch e se p e r ragioni di o p p o rtu n ità la ro ttu ra sì co n su m erà solo qualche an1. La lettera è pubblicata in Zur philosophiscken Aktualitat Heideggrrs, a cura di D. Papenfu.ss e O, Pòggelev, K losterm ann, Frankfurt a, M.. 1990, voi. II, p. 2V-32. qui p. 29. 2. Come docum enta nei dettagli la ricostruzione biografica di Ott, Martin Heidegger, cit., passim. 3. La lettera è pubblicata per intero da Ott, Martin Heide^er, cit.. p. 83.

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no più tardi. E in u n a lettera del 9 gen n aio 1919, di dram m atica franchezza, che H eidegger com unica a pa­ d re Krebs - il quale n el frattem po, il 20 m arzo 1917, ave­ va celebrato il m atrim o n io d el giovane filosofo con la pro testan te Elfride Petri - la decisione di ab b an d o n are la fede cattolica e il sistem a d o ttrin ale della Chiesa per seguire U beram ente la p ro p ria vocazione filosofica. Vale la p en a citare p e r esteso i passaggi salienti di questo scritto p e r ren d ersi co n to della consapevolezza che spinge il giovane H eid eg g er a seguire la p ro p ria in ­ clinazione: « Egregio signor professore, i due anni tra­ scorsi, nei quali m i sono p reo ccu p ato di chiarire nei princìpi la mia posizione filosofica tralasciando ogni com pito scientifico particolare, m i h an n o co n d o tto a risultati p e r i quali, se stessi in un vincolo extrafilo­ sofico, no n p otrei avere garantita la lib ertà di convin­ zione e di in segnam ento. Intuizioni gnoseologiche, che coinvolgono la teoria del conoscere storico, h an n o reso p e r m e p roblem adco e inaccettabile il sistema del cattolicesim o, n o n p erò il cristianesim o e la m etafisica (quest’ultim a, tuttavia, in u n senso nuovo). C redo di avere p ercep ito tro p p o fo rtem en te - forse p iù d ei suoi funzionari ufficiali - q u a n d valori il M edioevo cattolico porti con sé, e n o i siam o an co ra m olto lo n tan i d a u n a sua vera valorizzazione. Le m ie ricerch e di fen o m e n o ­ logia della religione, che te rra n n o in g ran d e cousiderazione il M edioevo, anziché contestare, in te n d o n o tesdm oniare che cam b ian d o la m ia posizione di fo n d o non mi sono lasciato in d u rre a p o sp o rre l’eccellente giudi­ zio oggetdvo e l’alta considerazione del m o n d o della vi­ ta cattolico a u n ’arid a e risentita polem ica da aqpostata [...] È difficile vivere da filosofo; l’in tim a franchezza di fro n te a se stessi e a coloro ai quali si deve insegnare esi­ ge sacrifici, rin u n ce e lo tte che all’artigiano della scien­ za rim an g o n o sem pre estranee. C redo di avere l’in d m a vocazione alla filosofia e, attu an d o la nella ricerca e n el­ l'in seg n am en to , cred o di fare ciò che le m ie forze mi p e rm e tto n o p e r la destinazione e te rn a d e ll’u o m o inte­

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riore, e soltanto per essa, e così credo di giustificare da so­ lo dinanzi a Dio la m ia esistenza e il m io operato. C or­ dialm ente grato, il suo M artin H eid eg g e r» .‘ Q uesto distacco n o n significa evidentem ente né ab­ b an d o n o n é indifferenza, bensì volontà di recepire e radicalizzare sul piano filosofico i co n ten u ti d ell'esp erien ­ za cristiana. M an ten en d o u n p u n to di vista squisitam en­ te razionale e professandosi «ateo di principio», quindi evitando di com piere il sacrificium iniellectits ch e la fede richiede, H eidegger no n rinuncia a valorizzare l’espe­ rienza religiosa e a vedervi il paradigm a da cui trarre in­ dicazioni preziose p e r capire la vita u m an a nei suoi ca­ ratteri originari e nella sua peculiare dinam ica.

4. L ’esperienza protocristiana della vita come paradigma per una ermeneutica dell’esistenza È così che H eidegger giunge alle appassionate in ter­ pretazioni filosofiche dei lesti del p rim o cristianesim o che incontriam o nei corsi qui tradotti. Soprattutto dalle lettere d ell’apostolo Paolo e dalle Confessioni di Agosdno, lette e studiate con rapace avidità, egli trae intuizio­ ni filosofiche fondam entali p e r delin eare u n a c o m p re n ­ sione genu in a della \ita um ana, cioè tale d a n o n trad ir­ ne il «m ovim ento» p roprio, la kinesis tou biou, e da co­ glierla nella sua fatale tendenza a « rovinare » e a per­ dersi (nelle tentazioni del m o n d o ), m a anche nella sua volontà di conquistare se stessa e salvarsi, ossia nella ri­ cerca della sua difficile e p p u r raggiungibile riuscita. U na simile com prensione filosofica - questa .singolare I La lettera è conser\>ata nel lascito di E. Krebs presso il Semina­ rio di Dogm atica dell’Università di Friburgo È stata pubblicata da B. Casper, Martin tleidegger und die Thi’ologische FakuUàt Freiburg (1909-1923), in «Freiburgcr Diózesan-Archiv», 32, 1980, pp. 53441, ed è riprodotta (con u n a correzione) in O tt, Martin Heidegger, cit., pp. 106-107.

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m odificazione della vita che ren d e possibile u n a scienza della vita - n o n m ette a distanza la vita p er osservarla in u n a considerazione teoretica neu trale com e cosa tra co­ se, oggetto tra oggetti. Essa n o n è un Ent-leben, un «so­ spendere la vita», m a piuttosto u n p ro ced ere di pari pas­ so con essa illum inandone la direzione e orien tan d o la verso il suo Eigentliches, « ciò che le è proprio », la sua au ­ tenticità». T rasponendo sul piano filosofico il pathos che anim a l'esperienza protocristiana d ell‘esistenza, in cui ne va sem pre e co m u n q u e della salvezza o della p er­ dizione, e n o n di u n a sem plice descrizione conoscitiva, H eidegger in ten d e e pradca la filosofia n o n com e u n a attività teored ca fra le altre, com e u n sistema di teorie e do ttrin e indifferente alla vita, m a com e u n a co m p ren ­ sione della vita che im plica u n a form a di vita e d à form a alla vita. La filosofia n o n è solo sapere, m a è anche scel­ ta di vita: è salvezza e redenzione. P er questo la passione filosofica del giovane H eideg­ ger appare in co m m en su rab ilm en te diversa dalle filo­ sofie accadem iche d ell’epoca. Jaspers - che mirava an ­ che lui a n n a chiarificazione filosofica radicale d ell’esi­ stenza - lo rico n o b b e subito, ad prim o in contro. E ra l’8 aprile 1920, a casa di H usserl a Friburgo, dove si festeg­ giava il sessantunesim o co m p lean n o dei p ad re della fe­ nom enologia. Nel capitolo della sua Autobiografia filo­ sofica in cui parla di H eidegger,’Jaspers descrive l’atm o ­ sfera piccolo-borghese e grigia di quella festa, rico rd a n ­ do u n ’eccezione: Soltanto H eidegger mi sem brò di­ verso. A ndai a trovarlo, sedetti vicino a lui nella sua stanzetta, lo vidi m e n tre studiava L utero, vidi l ’intensità del suo lavoro, provai sim patìa p er il suo m odo di p ar­ lare conciso e p e n e tra n te [...] Ma che cosa ci a\>vicina1. K. Jaspers, Philosophische Autobiographie, Pipcr, M ùnchen-Zùrich. 1977, pp, 92-111, cap. X (crad. it. di E. Pocar, Autobiografia filosofica, M orano, Napoli, 1969). Poiché il cap. .K fii scritto con la disposi­ zione che fosse pubblicato solo do p o la m orte di H eidegger (1976), l’edizione italiana non lo com prende.

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va? E ra chiara la co m u n e opposizione alla filosofia ac­ cadem ica tradizionale. M eno chiara, ep p u re tale da sm uovere qualcosa in pro fo n d ità, era la confusa certez­ za che nel q u ad ro d ella filosofila accadem ica, in cui tu t­ ti e d ue entravam o con la volontà di inseg n are e o p era­ re, fosse necessaria u n a svolta. E n tram b i sentivam o co­ m e u n dovere il rin n o v am en to n o n già della filosofia, bensì di quel tipo di filosofia che si incontrava allora nelle università. Ci accom unava in o ltre l’em ozione p e r K ierkegaard. G razie a H eid eg g er la tradizione di p e n ­ siero cristiana, specialm ente cattolica, che p u re co n o ­ scevo, mi divenne visibile nelF in co n su eta freschezza di u n u o m o che vi era im m erso con tu tta la sua anim a e ch e al tem p o stesso la superava. Fu lui a regalarm i m ol­ te singole espressioni, m olti racco n ti e suggerim enti. R icordo com e parlava di A gostino, Tom m aso, L utero. Vedeva le p o ten ze che era n o all’o p e ra in loro. Mi dava preziose indicazioni bibliografiche, m i segnalava i pas­ si. C ’era tra n o i in q u ei giorni d el n o stro stare insiem e, e p ro b ab ilm en te ci fii an ch e m o lto do p o , u n ’atm osfera di solidarietà».' Nei testi q u i trad o tti to cch iam o con m an o il sugge­ stivo lavoro evocato d a Jaspers. N el co n fro n to co n l’e­ sperienza p ro to cristian a della vita e n ella cap arb ia ri­ cerca del vocabolario ad eg u ato a esp rim erla, assistia­ m o a com e il giovane H eid eg g er segua co n strao rd in a­ rio istinto filosofico il p ro p rio originale cam m ino e af­ fro n ti di p etto il com p ito che si prefìgge: àas Leben verstehen!, « c o m p re n d e re la vita! ». Ma com e è possibile elevare la com prensione della vi­ ta su u n p iano rigorosam ente filosofico, e al tem p o stes­ so m antenerla così vicina al suo inesausto fluire in m odo da n on defo rm arn e i tratti genuini e il m ovim ento origi­ nario? Com e attuare tale com prensione senza perdersi nel relativismo delle filosofie della vita à la Simmel, m a senza n em m en o irrigidirsi n ell’estrem o opposto, com e i 1. K. Jaspers, Philosophische Autobiographie, cit., pp. 92-96.

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neokantiani e Io stesso H usserl facevano, cioè in u n a detem iinazione teoreticistica della vita stessa?

5, La lotta con il vocabolario Oggi, in base ai tesd pubblicati n ella Gesamtausgabe, possiamo ripercorrere tappa p e r tappa ram bizioso cam­ m ino che H eid eg g er in trap rese, evidenziando i term ini di volta in volta escogitati p e r definirlo: «scienza origi­ naria» (Urwissenschajt) o «scienza p relim in are» {Vbrwìssenschaft) nel semestre del dopoguerra del 1919; «erm e­ neutica della fatticità» {Hermeneutik der Faktizitàt) nel sem estre estivo 1923; «analitica esistenziale» (existenziale Analytik) fino a Essere e tempo (1927); «metafìsica d ell’esserci» {Metaphysik des Daseins) nel libro su K ant del 1929. Q uesto feb b rile rinnovarsi della term in o lo g ia segna­ la, già nelle d en o m in azio n i del p ro g ram m a, l’esigenza di affrancarsi dal teoreticism o che affetta le c o m p re n ­ sioni della vita u m a n a tradizionali, m a an ch e quelle più vicine di Jasp ers e del m aestro H usserl. V iene qui alla luce lo sforzo radicale di elab o rare u n a c o m p re n ­ sione d e ll’esistenza ch e n o n cada n e ll’e rro re di oggettivarne e reificarn e la «m otilità» (Bewegtheit), trasfor­ m a n d o la in u n ’en tità lì p resen te d a osservare e descri­ vere, m a che, al co n tra rio , la colga nel suo p u ro attu ar­ si (Vollzug). Il p ro b lem a, com e le ard u e pag in e qui tra­ d o tte testim ouian o , è il seguente: in che m o d o è possi­ bile cogliere la vita nel suo farsi, evitando ch e n ella d e­ scrizione p u ra del suo m ovim ento rie n trin o d eterm i­ nazioni oggettive di c o n te n u to (Gehalt)? P er risolverlo H eid eg g e r in tro d u ce qui l ’im p o rtan te concetto di «indicazione fo rm ale» {formale Anzeige)', inizialm ente in fu n zio n e so p rattu tto proibitiva e poi, u e ll’elaborazio n e dei sem estri successivi, co n la co n n o ­ tazione m e to d ica che si ritrova in Essere e tempo (1927).

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L ’indicazione form ale è la fu n zio n e che - facendo astrazione dalla considerazione oggettiva del c o n te n u ­ to - com p ete alle determ in azio n i esistenziali in q u an to esse in te n d o n o cogliere la vita nel suo p u ro attuarsi, co n tro la sua ten d en za q u o tid ian a alla Ruinanz, cioè a perdersi nel m o n d o degli oggetti, e q u in d i a ricavare da esso le categorie p e r co m p re n d e re se stessa. Ma l’«indicazione form ale» n o n è che u n esem pio, se si vuole il p iù im p o rtan te. Molti altri a n d re b b e ro al­ m en o no m inati. D iciam o che, specialm ente nella p ar­ te m etod o lo g ica del p rim o dei corsi q u i trad o tti, H ei­ degger è im p eg n ato a tu tto cam po in u n a laboriosa e com plessa lo tta con il vocabolario filosofico. A ncora in debito con la fen o m en o lo g ia husserliana e legato ai suoi concetti, li p iega vistosam ente alla p ro p ria finalità orm ai definita; quella di liberarsi delle categorie n atu ­ ralistiche e reificanti della trad izio n e teoreticisdca p e r elab o rare nuove d eterm in a zio n i - ch e ch iam erà «esi­ stenziali» - ad eg u ate ad assolvere il co m p ito di u n a co m p ren sio n e g en u in a d e ll’esistenza. U no dei p u n ti cruciali in cui la m odificazione hei­ d eggerian a della term in o lo g ia h u sserliana è p artico ­ la rm en te elo q u en te è la definizione d el com pito della fen o m en o lo g ia che si trova in questi corsi. NeH’esam e di ogni fen o m en o - il cui darsi risulta d all’in c o n tro del soggetto in ten zio n a n te co n l ’oggetto in ten zio n ato (in riferim en to all’orizzonte in cui q u est’u ltim o si d à e qu in d i all’orizzonte degli orizzonti, cioè al m o n d o ) H usserl distingue tre possibili d irezio n i d ell’analisi fe­ nom enologica: 1) quella del c o n ten u to in ten zio n ato , seguita dalla Inhaltsphànomenoiogie e considerata u n a Generalisierung', 2) quella d ell’atto in ten zio n an te, seguita dalla Aktphànomenologie e con sid erata u n a Formalisierung; 3) quella della correlazione di atto e co n ten u to , se­ guita dalla Korrelationsphànomenologie. Il giovane H eid eg g er rip re n d e questa triplice artico ­ lazione m a la d eclin a in m o d o d a radicalizzarne il sen-

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SO. In ogni fen o m en o , tan to p iù in quello della v i t a re­ ligiosa, i traici o rig in ari ch e lo co n trad d istin g u o n o em ergono n ella lo ro to talità e g en u in ità solo se l’analisi fenom enolo g ica considera: 1) «che cosa» n el fen o m e n o è esperito, ovvero il suo c o n te n u to ( Gehalt) ; 2) «com e» tale c o n te n u to è esperito, cioè il m odo in cui ci si riferisce a esso, il suo riferim en to {Bezug)\ 3) «com e» tale riferim en to è messo in atto, la sua « attuazione » ( Volhu£). E ch iara la co rrisp o n d en za tra i prim i due m o m en ti d ell’articolazione h eid eg g erian a e i prim i d u e di q u el­ la husserliana. L ’originalità di H eid eg g er sta tu tta nel terzo m o m en to , n e ll’attuazione, n el Vollzug: p e r lui è decisivo il «com e» (Wie), il m odo, l’atteg g iam en to se­ co n d o cui la vita attu a i m olteplici riferim en ti in te n ­ zionali ai rispetdvi co n ten u ti, cioè la fo rm a di vita di cui quei riferim en ti e q u ei c o n te n u d sono articolazio­ ni ed espressioni. Il com pito d e ll’ind icazio n e form ale è di n o n oscura­ re con co n te n u ti oggetdvi la purezza d e ll’attuazione, com e accade nella «rovinanza» q u o tid ian a e nella og­ gettivazione fìlosofìco-scientifica, bensì di fare em erg e­ re, al contrario , l’attu azio n e quale m o m en to d eterm i­ n a n te il senso com plessivo del fen o m en o . Q u in d i il m odo in cui la vita u m a n a «ha» se stessa, com e io «ho» m e stesso, n o n ap p are ta n to dai c o n ten u ti ogget­ tivi che m etto in atto nel vivere, i quali, anzi, m i occul­ tano a m e stesso, bensì da come li attu o , dal modo in cui attraverso quei c o n ten u ti e q u elle in ten zio n i articolo la m ia vita e la attu o . I co n te n u ti della vita ricevono il loro senso dalla attuazione d.eWa.\\X3., q u in d i è la vita in qu an to praxis, m ovim ento in cui sono in gioco la riu ­ scita o il fallim ento, la salvezza o la perdizione, che va te n u ta in considerazione. Ecco p erch é il term ine «intenzionalità», con cui H us­ serl co nnota il carattere costitutivo del soggetto, a H ei­ degger n o n basta più: è u n a determ inazione ancora

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troppo teoreticistica, cui egli sostituisce, già qui, quella di «cura», cioè Bekummeì'vng, e più tardi Sorge, per indi­ care un'apertura al m ondo {Ptàstrìiktion) più originaria, che abbracci tutti i possibili com portam enti pratico-vita­ li, siano essi di tipo poietico, pratico o teoretico.

6. Filosofia pratica e pratica di vita Forte della terminologia fenomenologica così trasfor­ mata, Heidegger si accosta all’esperienza religiosa e in particolare a quella protocristiana dell'esistenza, ricavan­ done il paradigma per abbozzare una comprensione della vita che non sia, ancora una volta, né teoria astratta lontana dalla fattìcità del vivere, né semplice lasciarsi an­ dare al suo irrequieto fluire. La comprensione heidegge­ riana della vita ha uno statuto equidistante sia dall’uno che dall’altro estremo. È una «filosofia pratica» che si di­ stingue dalla vita per quel che basta a capirla nel suo mo­ vimento proprio, per poi ricadere subito su di essa e gui­ darla, sulla scorta di tale comprensione, alla sua riuscita, alia sua salvezza, riprendendola dalla perdizione e aiu­ tandola a ritrovare se stessa. H eidegger cerca in Paolo, in Agostino, nel giovane L utero e in Kierkegaard com pagni di cammino, e com pulsa i loro testi per trovarvi la conferm a delle proprie intuizioni filosofiche. Si affanna in serrati cor­ po a corpo, in letture tanto p enetranti quanto violen­ te, in assimilazioni e appropriazioni voraci, ma alla fine si accorgerà dell'irriducibile solitudine dell’inter­ prete. E, allora, alla volontà di assimilazione subentre­ ranno in lui la presa di distanza e la critica. Questa ambivalenza appare qui soprattutto nell’aw incente lettura delle Confessioni, che si divarica tra l’iniziale appropriazione dell’Agostino fenom enologo della vi­ ta e la conclusiva critica dell’Agostino teologo dogm a­ tico e assiologizzatore.

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Sarà l’interpretazione di Aristotele - no n a caso trat­ tato nel 1921 in un seminario sul De anima parallelo al corso su Agostino e il neoplatonismo, e poi subentrato co­ me interesse predom inante fin verso la m età degli an­ ni Venti - a fornire al giovane H eidegger il quadro concettuale p er cogliere in term ini filosofici rigorosi la dinam ica esistenziale esperita nel prim o cristianesimo, e precisam ente secondo un approccio sgom bro dal teoreticismo della filosofia m oderna e attento al carat­ tere «pratico» della vita.' È per questo che neH’ermeneutica dell’esistenza di quegli anni, nella sua im po­ stazione e perfino nella term inologia adottata, H ei­ degger riprende altrettante intuizioni della filosofia pratica di Aristotele, da lui considerato l’autentico fenom enologo della vita. E in una im portante nota di Es­ sere e tempo (par. 42) dirà di essere arrivato a concepire la «cura», ossia la determ inazione fondam entale dell’esserci, nel corso di « u n ’interpretazione dell’antro­ pologia agostiniana - cioè greco-cristiana - in riferi­ m ento ai fondam enti essenziali raggiunti nell’ontolo­ gia di Aristotele ». Si capisce allora perché all’inizio dell’estate 1923, in una retrospettiva sul camm ino fino allora percorso, Heidegger constatasse: «Nel mio cercare mi è stato 1. Come ho cercato di mo.strare in vari studi cui mi perm etto di ri­ m andare; Heidegger e Aristotele, Daphne, Padova, 1984; Dasein romme praxis. L'as.nmilation et la radicaìisation heideggerienne de la philosophie pratique d'Arixtote, in Heidegger et Vidée de la phénoménologie, Phaenomenologica, 108, Kluwer, Dordrecht-Boston-London, 1988, pp. 1-41; in versione it, ridotta in Filosofia ’9l, a cura di G. Vattimo, Laterza, Roma-Bari. 1992, pp. 215-52; «Beingand Time»: A 'Translation' of thè « Nicomachean Ethics»?, in Reading Heidegger from thè Start. Essays in His Earber Thmight, a cura di Th. Kisiel e J. van Buren, State of New York University Press, New York, 1994. pp. 195-211; I-a quesiion du logos dans l’articulation dr la factiàti ckez le jeune Heidegger, lecteur d'Aristote, in Heidegger 1919-1929. De l ’herméneulique de la facticité à la métaphysique du Jjasdn, a cura di J.F. Courtine, Vrin, Paris, 1996, pp. 33-65.

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co m p ag n o il giovane L u tero e m odello Axistotele, che da quello e ra odiato. S punti mi so n o venuti da K ierke­ gaard, e gli occhi m e li h a aperti H u sserl» .' E si capisce la confessione autobiografica fatta dal vecchio H eideg­ ger n el 1959: «Senza la provenienza teologica m ai sa­ rei giunto sul cam m ino del pensiero».'^ Solo la le ttu ra dei corsi qui trad o tti dà la m isura della p ro fo n d a verità esistenziale affidata a queste parole.

1. M, Heidegger, Ontologie. Hermeneutik drr Fahiizilàt. in Cesamlausgabe, cit., voi. LXIII, 1988, p. .5 (trad. it. di G. Auletta, Oniotogia. Er­ meneutica della failiciià, a cura di E. Mazzarella, Guida, Napoli, 1992, p. 13). 2. M. Heidegger, Unterwegs xur Sprache, in Gtsamtausgabe. cit., voi. XII, 1985, p. 91 {trad. it. In cammino verso il linguaggio, a cura di A. Caracciolo, Mursia, Milano, 1973, p. 90).

IN T R O D U Z IO N E ALLA F E N O M E N O L O G IA DELLA R E L IG IO N E CORSO DEL PRIM O PERIODO D I FRIBURGO ( s e m e s t r e INVERNALE 1920/21)

PARTE PRIMA

IN T R O D U Z IO N E M ETO D IC A FILOSOFIA, ESPERIENZA EFFETTIVA DELLA VITA E FEN O M EN O LO G IA DELLA RELIG IO N E

I LA F O R M A Z IO N E F IL O SO F IC A D EI C O N C E T T I E L'ESPER IEN ZA EFFETTIVA D ELLA VITA

I . Il cara ttere peculiare dei concetti filosofici Il carattere p ecu liare dei concetti filosofici re n d e necessario ch iarire provvisoriam ente il significato d el­ le p aro le c o n te n u te n el p ro g ram m a del corso. N elle singole scienze i concetti sono d eterm in a ti d airin serim ento in un contesto reale, e sono q u in d i definiti in m odo tan to più preciso q u an to p iù n o to è q u el contesto. I concetti filosofici sono invece oscillanti, vaghi, m ultiform i, sfuggend, com e si vede an ch e dal m u tare dei p u n ti di vista filosofici. Tale incertezza d ei concetti filosofici, tuttavia, n o n è do\Tita esclusivam ente al m u ­ tare dei p u n ti di vista, giacché il fatto di rim an ere sem ­ p re incerti è caratterisd co p iu tto sto del senso di questi concetti com e tali. La possibilità di acced ere ai co n cet­ ti filosofici è del tu tto diversa dalla possibilità di acce­ dere ai co n cetti scientifici. La filosofia n o n d isp o n e di un contesto reale o b iettivam ente con fig u rato e n tro cui i suoi con cetti possano essere inseriti p e r o tten ere la loro d eterm in azio n e. Tra scienza e filosofia c ’è una differenza di prin cip io . Q uesta è u n a tesi provvisoria la cui dim ostrazione em erg erà nel corso delle nostre considerazioni. (Il fatto che sia u n a tesi, u n p rin cip io .

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è d a attribuirsi esclusivam ente alla necessità della for­ m ulazione lin g u istica). Tuttavia, p e r c o m p re n d e re l’o p p o rtu n ità di u u ’intesa prelim in are sui con cetti usati n el titolo possiam o a d o ttare u n a via più com oda. Parliam o d i «concetti'» filosofici e scientifici, di « in tro d u zio n i » alle scienze e alla feno m en o lo g ia. M algrado la d ifferenza di p rin ci­ pio tra scienza e filosofia, em erg e q n in d i u n a certa af­ finità. C om e mai? Si p o tre b b e p en sare ch e il co m p o r­ ta m en to della filosofia sia a ltre tta n to razionale e co n o ­ scitivo di q u ello scieutifico. N e deriva l’idea del « p rin ­ cipio in g en erale» , del « co n cetto in g en erale» , e così via. Q uesta co n cezio n e n o n è p e rò esen te dal p reg iu ­ dizio di u n a filosofia intesa com e scienza. L’idea delle conoscenze e dei co n cetti scieutifici n o n pn ò essere trasferita nella filosofia in base a im 'esten sio n e del co n cetto di p rin cip io scientifico a quello di p rin cip io in g en erale, com e se i contesti razionali n ella scienza e nella filosofia fossero gli stessi. E p p u re c ’è u n a conce­ zione «livellata» dei « co n cetti» e dei « p rin cìp i» filo­ sofici e scientifici. Essi si in c o n tra n o n ella «vita effetti­ va», e n tro la sfera d ella rap p resetitazio n e e della co­ m unicazione linguistica, in q u a n to «significati» che sono «com presi». A p rim a vista n o n c ’è alcu n segnale che li distingua l’u n o d all’altro. Bisogna d u n q u e ap­ p ro fo n d ire qu esta concezione «livellata», p o ich é d o b ­ biam o capire che la co m p ren sio n e dei concetti filo­ sofici è diversa d a q u ella dei concetti scientifici. T utte queste considerazioni n o n sono forse u n m ero insistere su questioni p relim in ari? S em bra ch e ci si li­ miti ad aggirarsi nella sfera in troduttiva, trasfo rm an d o in virtù la necessità della p ro p ria incapacità di o p erare in positivo. Ma si p u ò rim p ro v erare alla filosofia di ri­ girarsi co stan tem en te in questioni p relim in ari solo se il criterio p e r giudicarla è m u tu ato d all’id ea delle scienze, d a cui si esige la soluzione di p ro b lem i con­ creti e la costruzione di u n a visione del m ondo. È m ia in ten zio n e accrescere e m a n te n e re desta la necessità

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della filosofia di rigirarsi sem p re in q u estio n i prelim i­ nari al p u n to d a farla diventare realm en te u n a virtù. Su ciò che vi è d i au ten tico n ella filosofia stessa n o n ho nulla da dirvi. N on p ro p o rrò n essu n a rg o m e n to che susciti interesse o tocchi il cuore. Il n o stro co m p ito è m olto più lim itato.

2. Sul titolo del corso Il titolo del corso dice: « In tro d u zio n e alla fen o m e­ nologia d ella relig io n e» . Gli si p o ssono attrib u ire tre diverse sfu m atu re di senso, a seco n d a di qu ale sia il so­ stantivo su cui si p o n e l’accento. D obbiam o in ten d erci in via provvisoria sui tre concetti di « in tro d u zio n e» , «fenom enolog ia» - ch e p e r noi h a lo stesso significato di «filosofia» - e « relig io n e» . Nel farlo in c o n triam o subito u n p ro b lem a essenziale tipico, il p ro b lem a d el­ lo storico {das Historische), d a cui deriva an ch e la lim i­ tatezza delle n o stre aspirazioni. Iniziam o con la chiarificazione dei significati dei ter­ m ini, face n d o p e rò su bito riferim en to ai contesti og­ gettivi d a essi indicati, in m o d o ch e tali contesti diven­ tino problem atici. 1. C he cosa significa « in tro d u zio n e» ? S olitam ente u n ’« iu tro d u zio n e> a u n a scienza m ira a u n triplice risultato: a) la delim itazione della m ateria; è) la te o ria d ella trattazio n e m eto d ica della n tateria (a e Asi possono riassum ere così: d efinizione del co n ­ cetto, dello scopo e del co m p ilo della scienza); c) l’analisi storica dei tentativi p rece d en ti di p o rre e di risolvere i com piti scientifici. Si p u ò in tro d u rre così an ch e alla filosofia? U n ’in tro ­ duzione alle scienze offre sia la m ateria e la trattazione m etodica della m ateria (scopo e co m p ito ), sia u n a sin­ tesi storica dei vari tentativi di soluzione. Se le scienze

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e la filosofia so n o differenti, c 'è d a chiedersi se il filo­ sofo che voglia re n d e re giustizia a ciò che è au ten tica­ m en te filosofico possa lim itarsi ad assum ere questo schem a di in tro d u zio n e. Il filosofo si riconosce dalla sua in tro d u zio n e alla filosofia. U na in tro d u zio n e se­ co n d o lo schem a c o rre n te o ccu lta i contesti filosofici. Le in tro d u zio n i alla biologia, alla chim ica, alla storia della le tte ra tu ra sono m olto diverse q u a n to al co n te­ n u to , m a p o ssiedono u n a g ran d e som iglianza form ale, giacché seguono tu tte lo stesso schem a. N ell’idea della scienza - intesa n o n in senso logico-astratto, bensì in senso co n cre to com e «attuazione della scienza» {Wissenschafts-VoUzug), ricerca sul cam po, com unicazione, n o n sistem a p u ra m e n te razionale - il senso dello sche­ m a in tro d u ttiv o h a m otivazioni com prensibili. E p p u re le scienze scaturiscono sto ricam en te dalla filosofia - e an ch e secondo il lo ro senso. Il te rm in e « scaturire » {entspringen) h a qui u n significato p artico lare. Di n o rm a con esso si in te n d e il fatto che d a u n a scienza g en erale si sono separate, ovvero si souo rese a u to n o m e d e te r­ m inate discipliue singole. Q ui invece lo scaturire è co n cep ito com e il d efin ire con m eto d o a u to n o m o u n a specifica m a teria p re c e d e n te m e n te trattata dalla filo­ sofia. C on ciò si p resu p p o n e p eraltro che an ch e la filo­ sofia sia u n a scienza. L 'id ea che le scienze scaturiscano dalla filosofia, intesa com e u n «occuparsi conoscitivo del m o n d o » che co n tien e già in sé le scienze in fo rm a em brio n ale, è u n p regiudizio che l ’attuale m o d o di co n cep ire la filosofia h a p ro iettato a ritroso sulla sto­ ria. Soltanto una particolare modificazione formativa di un momento intemo aUa filosofia, il quale tuttavia co n tin u a a p e rm a n e re in essa nella sua fo rm a o riginaria, restan d o q u in d i im m u tato , trasforma le sci^ize - nel loro scaturire dalla filosofia e in virtù, della specifica natura di tale scaturi­ re - in scienze. D u n q u e le scienze n o n stan n o nella filo­ sofia. Q uesto ci p o rta alla do m an d a; 2. C he cosa si­ gnifica filosofia} Allo scienziato le questioni in tro d u ttiv e n o n interes-

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sano m ai q u a n to gli au ten tici p ro b lem i scientifici con­ creti. N ell’in tro d u zio n e, in p artico lare q u a n d o ci si im ­ batte in questio n i filosofiche, em erg e u n a certa, fo n ­ d ata insicurezza. Noi p e rò n o n ci lasciam o fuorviare da sìmili giudizi. Forse il senso della « in tro d u zio n e» al­ la filosofia è talm en te im p o rtan te che a essa si deve p restare atten zio n e a ogni passo con cui e n triam o n el­ la filosofia. N o n è soltanto tecnica. La d o m a n d a sull ’essenza della filosofia ap p are sterile e «accadem ica». Ma an ch e q u esto è solo la co n seguenza del m o d o co r­ ren te di co n cep ire la filosofia com e u n a scienza. A un filologo, ad esem pio, n o n interessa F«essenza» della filologia. Il filosofo invece, p rim a di m ettersi effettiva­ m en te al lavoro, si occu p a seriam en te d e ll’essenza del­ la filosofia. Il fatto di dovere sempre di nuovo fare chia­ rezza sulla p ro p ria essenza costituisce u n difetto p er la filosofia solo se si assum e com e n o rm a l’id ea della scienza. La storia della filosofia p u ò essere com presa in term ini realm en te filosofici solo se tra la filosofìa e la scienza sussiste u n a differenza di principio. In q u e ­ sto caso, infatti, i gran d i sistem i filosofici possono esse­ re considerati, sulla scorta di tale p ro b lem a, seco n d o i seguenti p u n ti di vista; 1. In ch e cosa consiste il m otivo o riginario d ella filo­ sofia di cui stiam o trattan d o ? 2. Q uali so n o i mezzi concettuali, conoscitivi della realizzazione di tale motivo? 3. Q uesti mezzi sono scaturiti o rig in ariam en te dal m otivo della filosofia di cui stiam o trattan d o , cioè n o n sono m utuati da altri ideali, in p artico lare scientifici? 4. E m erg o n o - com e in tu tte le filosofie p rece d en ti - specifiche brecce attraverso cui la filosofia sfocia nel canale scientifico? 5. Il m otivo della filosofia di cui stiam o tra tta n d o è in se stesso orig in ario o è tratto da altri motivi vitali e da altri ideali? F o rm u lerem o le n o stre riflessioni in m erito alla sto­ ria della filosofia seg u en d o questa ten d en za. O sservata

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da u n ’altra prospettiva la sto ria della filosofia si rid u ce a essere u n bel discorso o u n ’attività m e ra m en te com ­ pilativa. C om e siam o g iu n ti a ll’a u to c o m p re n sio n e {Selbstverstàndnis) della filosofia? U n sim ile risultato p u ò essere o tte n u to solo m ed ian te il filosofare stesso, n o n tram i­ te dim ostrazioni e definizioni scientifiche, cioè n o n in virtù d e irin s e rim e n to in u n co n testo reale g en erale, o b ie ttiv am en te co n fig u ra to . Lo d ice il c o n c e tto stes­ so di « au to in ten d im en to » {Selbstverstàndigung). Ciò che la filosofia, com e tale, è n o n p u ò mai essere reso evi­ d e n te in term in i scientifici, p erch é p u ò essere chiarito solo m ed ian te il filosofare stesso. La filosofia n o n si p u ò defin ire nel m o d o co rren te, n é la si p u ò caratte­ rizzare tram ite l’in serim en to in u n contesto reale, co­ m e q u a n d o si dice: la chim ica è u n a scienza e la p ittu ­ ra è u n 'a rte . Si è a u c h e te n tato di in c lu d e re la filosofia in un sistem a co n cettu ale, so sten en d o che essa si occu­ p a di un oggetto d eterm in a to in u n m o d o d e term in a­ to. Ma an ch e in questo caso è già p resen te la concezio­ n e scieutifica della filosofia. I p rin cìp i del p en sare e d el co n o scere rim an g o n o co stan tem en te n o n chiariti in quel che sono. Tuttavia, an ch e della p ittu ra, b en ch é n o n sia u n a scienza, si p u ò p u r sem p re p arlare in q u e ­ sto m odo, d ic en d o ad esem pio che è u n ’arte! In effet­ ti, anch e nel caso della filosofia ciò è giustificato in un senso del tutto formale, seb b en e resti d a ch iarire di che g en ere di «form ale» si tratti. Il p ro b lem a d e ll’au to co m p ren sio n e della filosofia è stato sem p re preso tro p p o alla leggera. Se lo si conce­ pisce in term in i radicali, ci si accorge che la filosofia scaturisce {entspringt) dall’esperienza effettiva della vi­ ta {faktische Lebenserfahrung), p e r poi farvi rito rn o rim ­ balzando {zuruckspringen) al suo in tern o . II co n cetto di esperienza effettiva della vita è fo n d am en tale. C on la definizione della filosofia in q u a n to co m p o rtam e n to razionale e conoscitivo n o n si è d etto p ro p rio nulla, poiché in tal m o d o ci si so tto m ette all’ideale della

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scienza, con il co n seg u en te occu ltam en to della diffi­ coltà principale.

3. L ’esperienza effettiva della vita come punto dipartenza C he cosa significa « esp erien za effettiva d ella vita»? «E sperienza» (Erfahrung) designa: 1) l’attività dell'esperire; 2) ciò che, tram ite essa, è esperito. U tilizziam o in ten zio n alm en te q u esta p aro la n el suo d o p p io signi­ ficato, p o ic h é p ro p rio l’elem en to essenziale d e ll’espe­ rienza effettiva d ella vita m o stra ch e il sé ch e esp e ri­ sce e ciò che è esp erito n o n sono sep arati l’u n o d all’al­ tro com e cose. «E sperire» n o n significa « p re n d e re co­ noscenza», bensì il « confrontarsi» (sich-auseinandersetzen) con le fo rm e di ciò che è esperito, l’afferm arsi {sich-iehaupten) di tali form e. H a un senso sia attivo che passivo. «Effettivo» (faktisck) n o n significa n é «reale se­ condo natu ra» n é «causalm ente d eterm inato» e nem ­ m eno «reale-concreto». II co n cetto di «effettivo» non va in te rp re ta to in base a presu p p o sti gnoseologici defi­ nitivi. Esso diventa com p ren sib ile solo a p artire dal concetto di «storico». Al tem p o stesso, p erò , l ’«esperienza effettiva della vita» è u n a zona pericolosa p e r la filosofia au to n o m a, p o ich é già in tale zona si fan n o va­ lere le am bizioni della scienza. D obbiam o liberarci della concezione seco n d o cui la filosofia e la scienza sareb b ero costrutti di senso obiettìvi, proposizioni isolate e nessi di proposizioni. Se le scienze sono assunte in g en erale in term in i filosofici e problem atici, allora le si indaga, dal punto di vista della teoria della scienza, c o n sid era n d o n e isolatamente il c o n te­ sto proposizionale e di verità. Ma le scienze co n crete d eb b o n o essere colte a n c h e n ella lo ro attuazione; alla base va posto il processo d ella scienza in q u an to p ro ­ cesso storico. N ella filosofia attu ale q u esto aspetto è non soltanto trascurato, bensì in ten zio n alm en te rifiu­

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tato: n o n deve svolgervi alcun ruolo. Noi sosteniam o la tesi che la scienza è p e r p rin cip io d ifferen te dalla filo­ sofia. Su ciò è necessario riflettere. Tutti i g ran d i filosofi h a n n o voluto elevare la filo­ sofia al rango di scienza, am m etten d o così u n a carenza della rispettiva filosofìa (cioè il fatto che essa n o n sia ancora u n a scienza). Ci si o rie n ta qu in d i verso u n a filosofia scientifica rigorosa. Ma il rigore è un concetto ultrascientificoì lì co n cetto e il senso del rigore sono origi­ n ariam en te filosofici, non scientifici. Soltanto la filo­ sofia è o rig in ariam en te rigorosa: essa possiede u n rigo­ re rispetto al quale ogni rig o re della scienza è m era­ m en te derivato. Lo sforzo costante della filosofia di d eterm in a re il p ro p rio co n cetto fa p arte della sua au ten tica m otiva­ zione. U n a filosofia scientifica, invece, n o n p u ò m ai ri­ b attere il rim p ro v ero di p ersistere e te rn a m e n te in co n ­ siderazioni «gnoseologiche» p relim in ari. La filosofia va lib erata dalla «secolarizzazione» in scienza e an ch e in teoria scientifica delle visioni del m ondo. Il ra p p o r­ to di d iscendenza della scienza dalla filosofia va stabili­ to in term in i positivi. Oggi si assum e p e r lo più u n p u n to di vista di com prom esso, seco n d o cui la filosofia sarebbe in p artico lare u n a scienza, p e rò te n d ereb b e in generale a fo rn ire u n a \isio n e del m o n d o . In tal m o ­ do, tuttavia, i concetti di «scienza» e di «visione del m o n d o » rim an g o n o vaghi e n o n chiariti. C om e si può g iung ere aU’au to co m p ren sio n e d ella filosofia? Eviden­ tem en te la n o stra tesi sb arra fin da p rin cip io la via del­ la d ed u zio n e scientifica. N é ap p are utile ind icare r« o g g etto » {Cegenstand) della filosofia, poiché forse es­ sa n o n ha a ch e fare con nessun o b ie tto {Objekt). Forse n o n si deve affatto d o m a n d are d el suo oggetto. M e­ d ian te in tuizioni m istiche tro n c h e re m m o i! p ro b lem a sul nascere. Il p u n to di p arten za della via ch e p o rta alla filosofia è l'esperienza effettiva della vita. S em bra p e rò che la filo­ sofia rico n d u ca poi di nuovo fuori daU’esp erien za ef­

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fettiva della vita. In realtà, q u ella via co n d u ce p e r così dire solo dinanzi alla filosofia, n o n fino a essa. La filo­ sofia stessa p u ò essere rag g iu n ta soltan to m ed ian te u n ’inversione di p erco rso {Umwendung) lu n g o la via, n o n p erò u n a sem plice inversione che si lim iti a in d i­ rizzare la conoscenza verso altri oggetti, bensì, in senso più radicale, u n a vera e p ro p ria conversione {Umwandlung). Il n eokan tism o (N atorp) si lim ita a capovolgere il processo della «obiettivazione » (della conoscenza d e ll’oggetto) p e r g iu n g ere così alla « soggettivizzazione» (che costitu ireb b e il processo filosofico-psicologico). In questo m odo l ’og g etto è solo trasferito d a ll’o ­ b ietto nel soggetto, m e n tre il co n o scere in q u a n to co­ noscere rim an e il m ed esim o fen o m en o n o n chiarito. L’esperienza effettiva della vita è qualcosa di affatto peculiare; in essa si re n d e possibile la via verso la filo­ sofia e si com pie an ch e l’inversione che p o rta alla filo­ sofia. Q uesta difficoltà va co m p resa m e d ian te u n a ca­ ratterizzazione provvisoria del fe n o m e n o d e ll’espe­ rienza effettiva della vita. L’esp erien za d ella vita è p iù che u n a sem plice esp erien za conoscitiva: essa significa l’in tera posizione attiva e passiva d e ll’u o m o nei co n ­ fronti del m o n d o . Se co n sid eriam o l ’esp erien za effetti­ va della vita o rien tan d o ci solo sul c o n te n u to esperito, allora definiam o ciò che è esperito - il vissuto [dasErlette) - com e « m o n d o » {Welt), n o n com e « o b ietto » . Il « m o n d o » è qualcosa in cui si p u ò vii>ere (in un o b ietto n o n si p u ò vivere). In term in i form ali il m o n d o p u ò es­ sere articolato com e mondo-ambiente {Umwelt), milieu, co­ m e ciò ch e in c o n triam o e a cui in erisco n o n o n solo co­ se m ateriali, m a an ch e o ggettualità ideali, le scienze, l'arte, eccetera. In questo m o n d o -am b ien te sta an ch e il mondo degli altri (Mitzuelt), vale a d ire altri esseri um a­ ni caratterizzati in u n b en d eterm in a to m o d o effettivo; in q u an to stu d en te, d o cen te, fam iliare, su p erio re, ec­ cetera - d u n q u e non com e esem plari della specie n a­ turale deir/?omo sapiens, e così via. Infine, an ch e V io­ stesso (Ich-Selbst), il mondo del sé {Selbstwelt), rie n tra n o

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nell’esperienza effettiva della vita. Nella misura in cui è possibile che io mi consacri com pletamente all’arte e alla scienza al punto di vivere totalm ente in esse, arte e scienza sono da definirsi mondi genuini della vita {genui­ ne Lebenswelten). A nch’essi però sono esperiti nella mo­ dalità del mondo-ambiente. Tuttavia non si possono separare nettam ente i fenom eni l’uno dall’altro consi­ derandoli come costrutti staccati, né si può dom anda­ re del loro rapporto reciproco suddividendoli in classi e tipi, eccetera. Si tratterebbe già di una deformazio­ ne, di uno scivolare nella gnoseologia. Una corrispon­ dente classificazione gnoseologica per strati e gradi di questi tre mondi sarebbe già una violenza. Sul rappor­ to fra i mondi della vita qui non diciamo nulla. L’im­ portante è che essi diventino accessibili all’esperienza effettiva della vita. Di tali m ondi è possibile caratteriz­ zare soltanto la modalità, il come {das Wie) dell’esperienza che li riguarda, si può cioè dom andare del «senso del riferimento» (Bezugsinn) deU’esperienza effettiva della vita. È problematico se il come, il riferi­ mento (Bezug), determ ini ciò che è esperito, il contenuto, e come quest’ultimo si caratterizzi. Porremo inoltre in evidenza il prendere conoscenza {die Kenntnisnahme), os­ sia Vesperire conoscente, dato che la filosofia dev’essere com unque un com portam ento conoscitivo. Prima pe­ rò il senso del prendere conoscenza va compreso in base al motivo dell’esperire stesso. Il carattere peculiare dell’esperienza effettiva della vita consiste nel fatto che il «come mi pongo nei con­ fronti delle cose», ossia la modalità deU’esperire, non è a sua volta esperito. Prima di decretare che la filosofìa è conoscenza, va posto fenom enologicam ente in evi­ denza nell’esperienza effettiva della vita ciò che, se­ condo il senso del conoscere, inerisce a quest’ultimo. L’esperienza effettiva della vita si situa com pletamente nel contenuto, m entre il come è tutt’al più implicito in esso. È nel contenuto che ha luogo ogni mutam ento della vita. Nel corso di una giornata effettivamente vis-

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suta ho a che fare con cose del tutto eterogenee, però nello svolgersi effettivo della vita non sono affatto co­ sciente del differente come del mio reagire a tale etero­ geneità, giacché essa mi si fa incontro, tutt’al più, nel contenuto stesso che esperisco; l'esperienza effettiva della vita mostra una indifferenza {Indifferenz) riguardo alla modalità dell’esperire. Non pensa che qualcosa potrebbe diventarle inaccessibile. Questo esperire ef­ fettivo contesta per così dire tutte le faccende della vi­ ta. Le differenze e i m utam enti di accento si situano completamente nel contenuto stesso. Questa indiffe­ renza fonda V autosufficienui {Selèstgenùgsamkeit) dell’e­ sperienza effettiva della vita, che si diffonde ovuuque, decidendo, in tale autosufficienza, anche delle cose più alte. Se prestiamo attenzione alla peculiare indiffe­ renza deH'esperire effettivo nei confronti di qualsiasi vita effettiva, ci si fa chiaro un senso determ inato e do­ minante del m ondo-ambiente, del m ondo degli altri e del m ondo del sé: tutto ciò che è esperito nell’espe­ rienza effettiva della vita reca il carattere della significa­ tività {Bedeutsamkeit)-, ogni contenuto reca in essa que­ sto carattere. Con ciò, tuttavia, non è ancora deciso nulla di gnoseologico, né nel senso di un realismo né nel senso di un idealismo. In questo modo della si­ gnificatività, che determ ina il contenuto deH’esperire stesso, esperisco tutte le mie situazioni effettive della vita. Ciò diventa chiaro quando dom ando in che mo­ do esperisco me stesso nell’esperienza effettiva della vi­ ta; nessuna teoria! In genere si è soliti analizzare soltanto concetti dello psichico teoreticam ente configurati, m entre il non viene problematizzato. Concetti come «auima», «con­ nessione di atti», «coscienza trascendentale», proble­ mi come quello del «nesso fra auima e corpo» - tutto ciò non ha alcun interesse per noi. Nella vita effettiva io non esperisco me stesso né come connessione coe­ rente d eir esperienza vissuta (Erlebniszusamtnenhang), né come conglomerato di atti e di processi, e neanche

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come un qualche obietto-io (Ichobjekt) in un senso cir­ coscritto, bensì mi esperisco in ciò che faccio, subisco e mi accade, nei miei stad di depressione e di gioia, e co­ sì via. Io stesso non esperisco nemmeno il mio io separatamente, bensì, nel farlo, sono sem pre legato al mondoambiente. L’esperire-se-stessi non è né «riflessione» {Reflexion) teoretica, né «percezione interna», eccete­ ra, bensì ■ ‘'esperienza relativa al m ondo del sé» (selbstweltlirhe Erfahrung), poiché l’esperire stesso ha un ca­ rattere «m ondano», possiede u n ’accentuata significadvità, nel senso che, di fatto, il proprio m ondo de! sé esperito non è assolutamente più staccato dal mondoambiente. L’esperienza del sé è l’unico possibile pun­ to di partenza per una psicologia filosofica, sempre che, in genere, se ne possa postulare una. Voler torna­ re aH’efféttivo partendo da teorie psicologiche precon­ cette è u n ’impresa sbagliata, giacché nessuna di queste teorie è filosoficamente motivata. « Io però », si potreb­ be obiettare, « esperisco me stesso p u r sempre anche di fatto, senza particolare riflessione, così come mi sento; so che in questo m om ento io mi sono com portato ma­ le, eccetera». Tuttavia anche questo come non è una modalità configurata del com portam ento nei confrond di qualcosa, bensì è una significatività relativa a! m ondo-ambiente {umweltlicfi), legata di fatto al m on­ do-ambiente. L’effettivo di cui si prende conoscenza non ha carattere di obietto, ma solo di significatività, carattere che, ovviamente, può svilupparsi fino a di­ ventare un contesto obietuvo compiuto. Non speriamo certo che tutto ciò sìa compreso im­ m ediatam ente, giacché queste cose diventano accessi­ bili solo in un costante processo del filosofare che non smette di crescere e di rinnovarsi. Qui si tratta soltanto di com piere il primo passo verso la com prensione del­ la filosofia come tale.

4. Il prendere conoscenia Consideriamo ora il conoscere effettivo, il prendere conoscenza {Kenntnisnahme)\ In esso il conosciuto non ha il carattere di obietto, ma è esperito come significa­ tività. Emerge ora un porre in relazione, un coordina­ re, da cui prende forma un contesto obiettivo contrassegnato da una logica determ inata, una logica reale, una struttura peculiare degli stati di cose particolari. Di fatto, in una determ inata situazione ascolto confe­ renze scientifiche, poi parlo di cose quotidiane, nel medesimo lasso di tempo. La situazione è essenzial­ mente la stessa, solo il contenuto è mutato, ma in tal caso non sono cosciente di alcun particolare cambio di atteggiamento. Anche gli obietti scientifici sono sem­ pre conosciuti anzitutto nel carattere dell'esperienza effettiva della vita. È tuttavia possibile spingere airestremo la tendenza a stabilire relazioni e mirare alla connessione strutturale ultim a dell’oggettualità in ge­ nerale (l’idea husserliana di una logica oggettiva a priori). Staccandosi daH’esperire effettivo, il filosofare si caratterizza per il fatto di occuparsi di obietti supe­ riori e supremi, ossia delle «cose prime e ultime». Inoltre, in filosofia tutto è riferito all’uom o e a ciò che per lui è im portante {tendenza alla visione del m on­ do). Anche nel cogliere il soggetto Io stile rim ane lo stesso, e anche in tal caso il soggetto è considerato co­ me obietto. In questo modo, ovviamente, in virtù della sua relazione scientifica con l’obietto, la filosofia do­ vrebbe essere definita anche come scienza nel senso del conoscere compiuto. Le nostre considerazioni non h anno fatto che au­ m entare ulteriorm ente la difficoltà dell’autocom prensione della filosofia. Come può essere motivata una modalità di coglimento differente dal prendere cono­ scenza? Con la sua indifferenza e la sua autosufficien­ za, l’esperienza effettiva della vita torna sem pre a na­ scondere perfino una tendenza filosofica che sta quasi

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Introduzione alla fenomenoio^a della religioTie

p e r em erg ere. N ella sua cu ra (Bekùmmerung) autosufficiente, l’esperienza effettiva della vita de-cade {fàUi ab) co stan tem en te nella significatività. Essa aspira di co n tin u o aU’articoiazione in scienza e, in definitiva, a u n a « cultura scientifica». Tuttavia l'esp erien za effetti­ va della vita co n tien e an ch e motivi di u n a co n d o tta p u ­ ram e n te filosofica che possono essere messi in risalto solo m ed ian te u n a peculiare inversione del co m p o r­ ta m en to filosofico. La differenza tra la filosofia e la scienza n o n sussiste solo rig u ard o a ll’o b ie tto e al m eto ­ do, m a è p e r p rin cip io di n a tu ra p iù radicale. U n a u ­ to in te n d im e n to della filosofia è d ’obbligo an ch e se n o n si assum e alcun ra p p o rto di derivazione della scienza dalla filosofia. F in o ra i filosofi si sono sforzati di liquidare p ro p rio l’esp erien za effettiva della vita co­ m e cosa scontata e seco n d aria - n o n o stan te il filoso­ fare scatu risca p ro p rio d a essa - p e r p o i farvi rito r­ no rim b alzan d o al suo in te rn o co n u n rovesciam ento {Umkehr) in verità essenziale. Se questa tesi è co rretta, tra filosofia e scienza ven­ gono m en o tu tti i com prom essi e le eq u ip arazio n i con l’aiuto dei quali la filosofia h a vivacchiato p e r secoli. P u n to di p arten za e p u n to di arrivo della filosofia è l’e­ sperienza effettiva della vita. Se tale esp erien za è il p u n to di p arten za della filosofìa, e se noi, di fatto, ve­ diam o u n a differenza di p rin cip io fra il conoscere filo­ sofico e il conoscere scientifico, allora l’esp erien za ef­ fettiva della vita dev’essere n o n soltan to il p u n to di p arten za del filosofare, bensì p ro p rio ciò ch e ostacola essenzialm ente il filosofare stesso. Posso su p p o rre che, fatte salve rare eccezioni, la m aggior p arte di voi fra in te n d a di co n tin u o la totalità delle definizioni e dei co n cetti d a m e forniti - e n o n p u ò essere diversam ente. In im p rim o m o m en to ciò n o n n u o ce affatto, anzi, a n d a n d o avanti p e rm e tte che siauo indicati, sia p u re in m o d o equivoco, d eterm in ati contesti fen o m en ici che nelle considerazioni successi­

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ve saran n o trattati in m a n iera d a re n d e rn e co m p ren si­ bile il ch iaro senso. L’esp erie n za effettiva d ella vita è la « au to su fficien ­ te cu ra della significatività co n fo rm e all’atteg g iam en ­ to, d eca d en te e in d ifferen te q u an to al riferim en to » {die einstellungsmàJSige, abfallende, bezugsmàfiig-indifferente, seìhstgenùgsame Bedeutsamkeitsbekùmmerung). Prestia­ m o atten zio n e an zitu tto al senso d el riferim en to . Em erge qui ch e lo svolgersi d i q u esto esperire h a u n ca­ ra tte re del tu tto in d ifferen te e che le differenze di ciò che esperisco h a n n o luogo nel c o n te n u to . C he a un co ncerto m i sen ta disposto diversam ente che d u ra n te u n a b anale conversazione è u n a differenza che esp eri­ sco solo in base ai c o n ten u d . La m olteplicità delle esperienze m i giunge alla coscienza solo nel c o n te n u to esperito. Il m o d o di essere lì p resen te (dabeisein) del­ l’io e del suo essere coinvolto {mitgenommenwerden) dal m o n d o è d u n q u e in d ifferen te - così in d ifferen te da contrastare tutto , cioè d a sbrigare senza esitazioni tu tù i com piti. Q uesta concezione ten d e p e rò al d ecad i­ m en to (Abfall) nella significadvità. La significatività sem b ra essere id en tica al valore {Wert), p erò il valore è già il p ro d o tto di u n a teorizza­ zione e, com e ogni teorizzazione, deve scom parire dal­ la filosofia. Il p u ro p re n d e re conoscenza n o n p re n d e conoscenza di obietti com piuti, m a solo di contesti di significatività. Q uesti tuttavia te n d o n o a u n ’autonom izzazione, che p u ò senz’altro essere p resen ta ta in u n a «logica degli o b ietti» , dei con testi obiettivi e delle relazioni obiettive. U n ru o lo decisivo è svolto d all’esperienza conoscitiva nella sua m odalità ateiliatica. Nella te n d en za d e ca d en te d e ll’esp erien za \ita le acq u i­ sta una fo rm a sem p re più defin ita u n con testo o b ietti­ vo che si stabilizza sem p re più. Si giunge cosi a u n a ìogica del mondo-ambiente, nella m isura in cui la significati­ vità agisce nel con testo obiettivo. O gni scienza, spin­ gendosi più in là, aspira a costituire u n o rd in e degli obietti sem pre p iù rigoroso, cioè u n a bgica reale {Sach-

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logik), un co ntesto reale, u n a logica situata nelle cose stesse (ad esem pio u n a logica p e r la storia d e ll’arte dif­ feren te da quella p e r la biologia, e c c e te ra ). La filosofia scientifica n o n è ch e u n a configurazione an co ra p iù ri­ gorosa di u n am bito oggetdvo. Sc>no costituiti così am ­ biti oggettivi che «vanno al di là deH’esp erien za sensi­ bile», eccetera (il m o n d o delie idee di P lato n e). E p p u ­ re l’atteggiam ento n ei co n fron ti degli oggetti rim an e lo stesso che nelle singole scienze: il senso del riferitnento rim an e il m edesim o. S en n o n ch é fa la sua com parsa u n ’altra dim en sio n e di oggetti, nella m isura in cui essi sono in g rad o di chiarire in m o d o p iù p ro fo n d o un contesto. La filosofia re c e n te p o n e al c e n tro la coscienza (K ant). Il «soggetto» - in p artico lare nella trattazione fichtìana del p ro b lem a reale - è u n a nuova fo rm a dell’oggettualità rispetto agli altri «obietti». Tuttavia an ­ che qui, nel fatto che Fichte p re n d a le mosse dalla filo­ sofia p ratica di K ant e utilizzi le anticipazioni kantiane, è co n te n u ta u n a ten d en za ch e in fo n d o h a carattere di atteg g iam en to (einstellungshaft). D u n q u e (in base alla sua storia) la filosofia è sem p re u n a configurazione il p iù possibile rigorosa di con testi obiettivi - n o n o stan te l ’Idealism o tedesco abbia colto la p ecu liare difficoltà della conoscenza soggettiva. A questo p u n to n o n capiam o davvero p iù com e pos­ sa sussistere u n a differenza radicale tra la filosofia e la scienza. L a ten d en za d eca d en te d ell’esperienza effetti­ va della vita, che la spinge a p e n e tra re di co n tìn u o nei contesti significati\i del m o n d o effettivam ente esperi­ to - p e r così dire la sua pesantezza {Schwere) - , provoca una ten d en za alla d eterm in azio n e e alla regolazione obiettiva, avente carattere di atteg g iam en to , della vita effettivam ente vissuta. Il senso deH’esperienza effettiva della \ita è d u n q u e c o n tra rio al senso della n o stra tesi. D obbiam o g uardarci in to rn o n e ll’esperienza effettiva della N'ita allo scopo di individuare u n m otivo p e r la sua inversione. Trovare questo m otivo è possibile, m a

In traduzione metodica

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m olto difficile. Scegliam o d u n q u e u n a via p iù com o­ da. Noi abbiam o conoscenza della filosofia passala e presente. C erto, il sussistere di fatto della storia della filosofia n o n è in sé a n co ra u n motivo p e r filosofare, m a si p u ò c o m u n q u e p artire da essa com e d a un p atri­ m onio culturale, ricavandone i motivi p e r filosofare. Al fine di c o m p re n d e re nel m o d o p iù vivo possibile, seguendo rig o ro sam en te il senso dcH’esp erien za effet­ tiva della vita, g u ard iam o ci a tto rn o nelle ten d en ze filo­ sofiche del p resen te , n o n p e r co m p re n d erle filosofan­ do, m a solo nel senso del p re n d e re conoscenza, d el co­ noscere di fatto. Per brevità co n sid eriam o alcu n e co n ­ crete te n d en ze della filosofia della relig io n e n ei lo ro rap p resen tan ti p iù tipici.

II T E N D E N Z E A TTU A LI D ELLA FIL O SO F IA D ELLA R E L IG IO N E

5. L a filosofia della religione di Troeltsch

!

L’interesse p e r la filosofia della relig io n e è oggi in crescita. P erfin o g e n tild o n n e scrivono di filosofia della religione, e i filosofi ch e vogliono essere presi sul serio le salutano com e il p iù im p o rtan te fe n o m e n o d a d e­ cenni! Si vedano ad esem pio i d u e saggi pubblicati sui «V ortràge d e r K ant-G esellschaft», fascicolo 24: 1) Radb ru ch , Zur R^ligionsphilosophie des Rechts e 2) Tillich, Ùber die Idee einer Theologie der Kultur.' E ntram bi sono influenzati d a Troeltsch. N elle considerazioni ch e se­ gu o n o vogliam o d elin eare la posizione di T roeltsch neH ’am bito d ella filosofia della religione, d ato ch e egli è il ra p p re se n ta n te più significativo dei suoi sviluppi attuali. A ltre ricerch e so n o svolte in m o d o n o n au to ­ n o m o neH’am bito d ella teologia. Troeltsch possiede u n a vasta conoscenza sia dei m ateriali co n creti atti­ n en ti alla filosofia della religione sia d e ll’evoluzione storica della p ro b lem atica ch e la riguarda. Egli provie­ n e dalla teologia. E sporre le sue idee è reso difficile dal 1. Entram bi in Religiojisphilosophie der KtiUur. Zuiei Enlwùrfe vort Gus­ tav Radbruch und Paul Tillich, in «Philosophische Vortràge der Kant-Gesellscbaft », 24, Berlin, 1919,

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fatto che h a cam biato spesso il suo p u n to di vista filo­ sofico di p rin cip io , b en ch é - cosa d eg n a di n o ta - la sua posizione in tem a di filosofia della relig io n e sia rim asta c o s u n te . In q u a n to teologo della scuola di Ritschl, la sua prospettiva filosofica è stata d eterm in a ta in p rim o luogo da Kant, S ch leierm ach er e Lotze, m en ­ tre la sua filosofia della storia d ip e n d e d a Dilthey. Ne­ gli an n i N ovanta T roeltsch si è volto alla «filosofia dei valori» di W in d elb an d e Rickert. N egli ultim i anni, infine, è passato alla posizione di Sim m el e B ergson. Sulla scorta di questi ultim i h a p o i in te rp re ta to H egel, orientandosi in fin e su di lui p e r sviluppare la p ro p ria filosofia della storia. Q uali sono, p e r Troeltsch, gli sco­ pi della filosofia della religione? A nzitutto l’elab o ra­ zione di u n a definizione scientificam ente valida di re­ ligione.

a) Psicologia I fen o m e n i religiosi d e b b o n o essere in p rim o lu o g o descritti («positivism o»); d ire tta m e n te , in m o d o libe­ ro d a teo rie, c o g lien d o i fen o m e n i in se stessi (si veda l’analoga esigenza di Max W eber p e r la so cio lo g ia).' I fen o m e n i religiosi van n o co n sid erali d a p p rim a in m odo in g e n u o , n o n an c o ra sgrezzato (le p re g h ie re , i culti, le litu rg ie, so p ra ttu tto n el c o m p o rta m e n to di gran d i p e rso n alità religiose, p re d ic a to ri, rifo rm a to ­ ri), poi n e v an n o d efin ite le c o n d izio n i tra s c e n d e n ta ­ li originarie. T roeltsch d istin g u e fe n o m e n i religiosi centrali e periferici. Il fe n o m e n o cen trale è la fed e nel c o n seg u im en to della p resen za di Dio, insiem e al quale in linea di p rin c ip io è d ato il co m a n d a m e n to 1, Cfr. M. Heidegger, Grundprobleme dtr Phànommologie. Friihe Freiburgfr VorUsung Wintenemester 1919/20, in Ctsamtausg^e, voi. LVIII, a cura di H.-H. Gandcr, KJostermann, Frankfurt a. M., 1993, pp. 189-96.

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Introduzione alla fenomenolo^a della religione

m orale. F o rm e p e rife rich e so n o la sociologia e l’etica eco n o m ica d ella relig io n e, ossia la sua espressione ef­ fettiva n el m o n d o storico (co m e l'h a stu d iata ad esem pio Max W eber). P er rag g iu n g e re q u esto scopo la filosofia della relig io n e deve servirsi del m e to d o n o n solo della psicologia in d ividuale e d e ll’etnopsicologia. m a a n c h e della psicopatologia, della p reisto ria e d e ll’etn o lo g ia, n o n c h é di q u ello am erican o d e ll’in ­ chiesta e della statistica. S eco n d o T roeltsch, fin o ra a c o n d u rre m eglio la d escrizio n e dei fen o m e n i relig io ­ si è stato W illiam Jam es in La varietà dell'esperienza reli­ giosa' (Q ui T roeltsch subisce l’influsso d ella psicolo­ gia descrittiva di Jam es e di D ilthey). T roeltsch h a d u n q u e assim ilato tu tte le te n d e n z e psicologiche fo n ­ dam en tali.

b) G noseologia Alla descrizione psicologica segue, com e secondo com pito, la gnoseologia della religione e del momento di validità contenuto nei processi psichici (Troeltsch, Psychologie und Erkenninistheorie, relazione te n u ta al congresso am erican o p e r la filosofia della religione del 1904).- Si tratta di in d ag are la legalità razionale della form azione

1. W. Jam es, The Varieties of Religious Experitnee. A Sludy in Human Nature, Longm ans, G reen and Co., New York, 1902; trad. ted. di G. W obberm in, Die religióseErfnhrung in ihrer Mannigfaltig^it. Materialieti und Studien zu ei7ttr Psychologie und Pathologir des religiòsen Lebens, H inrichs. Leipzig, 1907 [irad, iL Le varieforme dell'esperienza re­ ligiosa: uno studio sulla natura umana, a cura di P. Paoletii, Morcel­ liana, Brescia, 1998]. 2. Ctr. E. Troeltsch, Psychologie und Erkunntnislheuric in dei- Religionswissenschajì. Etne Untersuchung iiber die Bedeutung der Kantisrhen RcligionsUhrf fiir die heulige Religionstuissensrhafl, Mohr, T ùbingen. 1905, p. 18 [trad. it. Psicologia e gnoseologia nella scienza delle religioni, in Scritti di filosofia della religione, a cura di S, Sorrentino, Filema, N ap o li,2 0 0 2 ,p p . 135-79],

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di idee religiose, nel cui caso agiscono sem pre d e te r­ m inate leggi a priorì che stan n o alla base dei fen o m en i religiosi. La gnoseologia g en erale h a già stabilito i lin ea­ m enti universali della pro b lem atica d e ll’a priori (qui Troeltsch si fo n d a sulla gnoseologia di W in d elb an d e R ickert). C ’è u n a/(W orisintetico del religioso p ro p rio com e c’è u n a priori logico, etico e d estetico. M ettere in risalto q u esto a priori religioso significa fissare la «verità» religiosa in g en ere, l’elem en to razionale p re­ sente nel religioso. T roeltsch (in p articolare n e ll'o p e ­ ra tarda) n o n in te n d e il term in e « razionale » n el senso di « teo re ti co-razionalistico», p o ich é nel suo caso « ra­ zionale» significa solo « g en era lm en te valido» o ^ n e ­ cessario secon d o ragione». D ap p rim a Troeltsch lo ha definito a priori razionale, poi p e rò h a a b b an d o n a to questa concezio n e. O ra egli, senza p recisarn e il co n te­ nu to , sostiene che n o n si tratta di un a priori razionale, bensì irrazionale, e che l ’im p o rtan te è m ettere in co n ­ nessione l’a pnori logico, etico ed estetico con V a priori religioso, p er vedere com e q u ei tre a przon o tten g an o il loro con so lid am en to sulla base d ell’a/«non religioso. Il lavoro della gnoseologia della religione è critico, giac­ ché il suo in te n to è sep arare ciò che è effettivo-psicolo­ gico da ciò che è valido a priori L’esperienza effettiva della vita nmi h a (in questo contesto) la fu n zio n e di un am bito, o di u n a regione, in cui co m p aio n o obietti. Essa n o n h a n u lla a c h e fare con u n m onism o deH’esperienza o con u n a teoria m o­ nistica: qui nulla viene «spiegato». A ssum endo e chia­ re n d o contesti significativi dati, la fen o m en o lo g ia at­ tuale n o n si in terro g a in m o d o su fficien tem en te rigo­ roso sul d iritto di validità delle d atila effettive. E p p u re l ’esperienza effettiva della vita è ciò che è già dato, sul­ la cui base, ovviam ente, n o n sì possono fo rn ire «spie­ gazioni». La fen o m en o lo g ia n o n è u n a scienza preli­ m inare alla filosofia, bensì è essa stessa filosofia. Gli stu d i a ttu a li in te m a d i filosofia d e lla re lig io ­ n e si co m p io n o p rin cip alm en te nella teologia m e d e ­

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sima, so p ra ttu tto in q u ella p ro te sta n te , m e n tre la teo ­ logia catto lica a ffro n ta i p ro b le m i so tto l ’asp etto della co ncezio n e specificam ente cattolica del cristianesi­ m o. La teologia p ro te sta n te d ip e n d e essenzialm ente dalle prin cip ali c o rre n ti filosofiche del m o m en to , cui essa di volta in volta si lega. E u n p reg iu d izio d ei filo­ sofi d ella relig io n e p en sare di p o te r liq u id are il p ro ­ blem a della teo lo g ia co n u n rap id o gesto. A ccanto a tali studi va c o n sid era to q u ello della psicologia della relig io n e, rig u ard o al cui c o n trib u to si dovrà d ecid ere in seguito. N ella m isura in cui il p ro b le m a posto dalla filosofia della religione è affro n tato all’in te rn o della fi­ losofia, si p u ò s u p p o rre ch e l’avvicinam ento a Fichte e a H egel, oggi in costan te crescita, p o rte rà senza d u b b io a un rin n o v am en to della specu lazio n e in te­ m a di filosofia d ella re lig io n e .’ C on il co n so lid arsi di q uesti p rin c ìp i il p ro b lem a posto dalla filosofia della relig io n e è sp in to in u n a d e te rm in a ta d irezio n e, cui in seguito o p p o rre m o u n rifiu to critico, Ma in ogni caso qu esta te n d e n z a speculativa ha un significato p artico la re p e r lo sviluppo degli studi di filosofia del­ la relig io n e ch e si realizzerà in d u b b ia m e n te . Il fatto ch e oggi siano i le tte ra ti a essersi im possessati della filosofia della relig io n e vi d o v reb b e essere n o to , m a n o n deve darvi u lterio ri p reo ccu p azio n i.

1. [Aggiunta tratta dalla trascrizione di H elcne Weifi: cfr. F. Ùberweg, Grundrifi der Geschichte d^rr Philosophie, undicesim a ediz., Mittler, Berlin. 1916, IV, par. 43. Ricollegandosi a Kant, la teologia m oderna ha riconosciuto l’indim ostrabilità dei dogmi cristiani e ha costruito la dogm atica basandola sulla certezza personale del­ l'esperienza vissuta religiosa, rinunciando a una dim ostrazione scientifica. Nasce così (com e accade nella dottrina della fede di Schleierm acher) solo un'auto-osservazione psicologica della fede cristiana, dove, nel senso di Lotze. l’altezza di valore del cristiane­ simo è posta com e garanzia della verità, m entre nel senso del pragm atism o se ne sottolinea il «valore \'italc p ratico » ].

c) Filosofia della storia Solo sep aran d o lo psicologico d a ciò ch e è a priori cì sì p uò in terro g are sulla necessità storica in te rn a al reli­ gioso. La storia della religione co n sid era la realizzazio­ ne d e ll’fl fmori religioso nel corso effettivo della storia dello spirito, b e n c h é n o n co n tem p li i n u d i fatti, bensì le leggi secondo cui la religione sto ricam en te si svilup>pa. 11 prim o a p erseg u ire questo scopo è stato H egel, m a il suo m e to d o costruttivo è inaccettabile. È vero che in questo caso n o n si p u ò fare a m e n o della m e­ tafisica, p e rò p u ò essere am m essa solo u n a m etafisica «induttiva». La filosofia della storia della religione d e ­ ve inoltre sia c o m p re n d e re il p resen te sia d eterm in a re in anticipo lo sviluppo fu tu ro della religione. Essa deve decidere se si g iu n g e rà a u n a religione razionale u n i­ versale, n ata in m o d o sincretistico dalle attuali religio­ ni univer,sali (d u n q u e a un cattolicesimo evangelico, se­ condo la definizione di S òd erb lo m ) - o p p u re se in fu­ turo d o m in erà u n a delle religioni positive (cristianesnio, bu d d h ism o , islam) da sola.

d) M etafisica E u n a m etafisica delle idee di Dio basata su ll’insieme delle n o stre esp erien ze del m o n d o . A nche la g n o ­ seologia critica (K ant, eccetera) p u ò g iu n g ere a u n a metafisica siffatta, p oiché dal co n testo teleologico del­ la coscienza (trascen d en tale) si p erv ien e a u n senso ul­ tim o, che esige l’esistenza di Dio. In effetti, Troeltsch ha p o rtato la filosofia della reli­ gione fuori dalla teologia, in c en tran d o la sul p ro b lem a del legam e fra la storia della religione e la sistem atica della religione (si veda A lb rech t Ritschl, 1822-1889). In seguito, ricollegandosi alla «coscienza in gen erale» di Rickert, ha te n tato u n ’elaborazione e u n a critica ra­ zionale dei m ateriali relativi alla storia della religione.

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Introduzione alla fenomenolo^a della religione

Il fallim ento di q u esto tentativo lo ha sp in to alla ro ttu ­ ra con la teologia. Egli in te n d e sostenere la filosofia della religione rece n te m ed ian te u n a « fen o m en o lo g ia prov'visoria», cioè u n a teo ria tipologica provvisoria del­ le religioni storiche, d efin en d o «psicologia della reli­ gione» questa descrizione. II fen o m e n o cen trale è la fede nella possibilità di vivere la presenza di Dio, lad­ dove la m itologia, l’etica, la sociologia della religione restan o al m argine. La psicopatologia e l’etn o lo g ia in ­ dividuano il fen o m e n o orig in ario di tu tte le religioni nella m isdca, l’esperienza vissuta d e ll’u n ità in Dio. O vunque la religione si realizzi in term ini psichici so­ no necessari fo n d am en ti a priori, che p o i contrassegna­ no com e religiosi a p p u n to i singoU processi psichici. La gnoseologia della religione deve form ulare, in ter­ m ini analoghi a ira p n o n 'te o re tic o , u n a/>n'on religioso, che significhi u n a fissazione del c o n te n u to di verità, ossia del « m o m en to razionale» della religione in virtiì del quale soltan to diventa possibile qualcosa com e la «religione» (cfr. R ickert). Ratio significa successiva­ m e n te in Troeltsch una co n fo rm ità alla n o rm a, n o n solo in cam po logico, m a an ch e in cam po etico, e così via. La riunifìcazione d ell’o priori così individuato ed evidenziato con le m o dalità psichiche di m anifestazio­ ne della relig io n e spetta alla m etafisica religiosa. All’a priori religioso co rrisp o n d e, in T roeltsch, u n su p erio re m o n d o dello spirito, la cui esp erien za costituisce il fe­ n o m e n o religioso fond am en tale. In T roeltsch la m e­ tafisica religiosa è qualcosa di differen te in linea di p rin cip io dalla m etafisica filosofica, p ro p rio com e Va priori religioso è differen te d all’a /?norj teoretico. D opo di che p u ò avere luogo u n ’esposizione storica basata su u n prin cip io teleologico di sviluppo tratto dalla filo­ sofia della storia. A ciò d arà il suo c o n trib u to la m e­ tafisica, n o n p e rò u n a m etafisica dialettico-costruttiva, com e q u ella di H egel, bensì u n a m etafisica induttiva della religione. La filosofia della religione deve in o ltre trasform are l ’u lterio re sviluppo della religione e risol­

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vere o discutere, ad esem pio, la q u estio n e della reli­ gione p u ra m e n te razionale, o del sincretism o, o p p u re la questione di u n a religione prescelta fra le grandi form e di religio n e (si veda S óderblom ), eccetera. La m etafisica della religione deve inserire la realtà di Dio nel co n testo del m o n d o . P erfin o aH 'in tern o di u n a filosofia gnoseologica il fo n d am e n to teologico e il sen­ so della fatticiià (Faktizitdt) d ella coscienza co n d u rran n o a u n a fede in Dio. NeH’am btto della filosofia della religione abbiam o quindi discipline; 1) la psicologia, 2} la gnoseo­ logia, 3) la filosofia della storia - queste tre riu n ite co­ stituiscono la scienza della religione - e 4) la metafisica, che è l’autentica filosofia della religione. M entre la scienza della religione è u n a disciplina filosofica com e la logica, l’etica e l’estetica, la m etafisica è fo n d ata su di esse com e am bito ultim o. Lo stesso Troeltsch, accanto a ricerche più specifiche (si veda SoùaUehren des Christentums, eccetera),' si è occupato so p rattu tto di filosofia della storia, m u tan d o il p ro p rio o rien tam e n to riguardo alla sua fondazio n e di principio. In passato egli conce­ piva la storia in senso teleologico, com e s\ilu p p o ascen­ dente. R ecen tem en te h a invece rivendicato a ogni epo­ ca della storia d ella religione il suo senso p ro p rio , sic­ ché nessuna epoca va p iù considerata u n m ero p u n to di passaggio. Dalla vivacità della vita em erg o n o motivi sem pre nuovi, n o n più razionalm ente concepibili, p e r l'ep o ca successiva. Le religioni scaturiscono d a m o­ m enti razionali e d a forze sp o n tan ee della vita, h a n n o il loro senso che si autonom izza trasform andosi nel m otore di u no sviluppo. N on si p u ò stabilire u n nesso logico-dialettico, e u n o schem a logico di sviluppo costìtirisce u n a violenza (si vedano Simmel e Bergson). Troeltsch si p o n e il p ro b lem a di u n a «dialettica stori1. Cfr, E. Troeltsch, Die Soziallchren der christUchen Kirchen und Grufipen, Mohr. T ùbingen, 1912 [crad. it. Le dottrine sociali delle chiese ( deigrtippi cristiani. 2 voli.. La Nuova Italia, Firenze, 1941-1966].

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ca» (si veda il suo saggio nella «Historische Zeitschrift»).* Egli ab b an d o n a così la filosofia della storia di R ickert to rn a n d o a Dilthey (si veda DerAufbau der geschichtlichen Welt in den Geistesunssenschafien) I suoi concetti fo n d a­ m entali sono « totalità individuale » e « co n tin u ità del di­ venire», n o n più «sviluppo» (cfr, la «connessione effi* ciente » di D ilthey). Troeltsch n o n h a an co ra a p p ro fo n ­ dito la m odificazione, ch e n e consegue, della sua concettualità a priori sicché n o n è ch iaro se adesso egli si atten g a ancora, nel senso di R ickert (cfr. Sim m el), al concetto di a priori religioso (si veda la sua critica al li­ bro di O tto, Dos Heilige, apparsa nelle « Kant-Studien v del 1917).^

6. Osservazioni critiche N on in ten d iam o criticare la prospettiva di Troeltsch, bensì co m p re n d ere in term ini ancora più precisi la sua posizione di fondo. Si tratta di definire in m o d o scien­ tìficam ente valido l’essenza della religione. Troeltsch h a un q u ad ru p lice co n cetto essenziale di religione; 1. L’essenza psicologica d ellz religione; le specie della sua d eterm in atezza form ale. 2. L’essenza gnoseolo^ca della religione; Va priori d el­ la rag io n e religiosa. 1. Cfr. E. Troeltsch. Ùber den Begriff einer historischen Dialektik: l./ll. WintUlband, Rickert und Hegel. III. Der Merxismus. in «Historische Z d tsc h rift., 119e 120 (1919) e 120 (1919). 2. Cfr. W. Dilthey, Der Aujbau der geschichtlichen Welt in den Geisteswissenschaften, parte prim a, in «A bhandiungen d er KóniglichPreussischeri Akademie d er Wissenschaften », Philologische-historische Klasse, 1910 [irad. it. La costruzione del mondo storico nelle scienze delio spirito, in Critiea della ragione storica, a cura di P. Rossi, E inaudi,T orino, 1954, pp. 145'289). 3. Cfr. E. Troeltsch, Zur ReUgionsphilosophie (aus Anlafi des Buches vonR. Otto ùbrr-D osH eilige«, I 9 I 7 ) , i n «Kant-Studicn», 23, 1918.

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3. L ’essenza storica della religione, concepita com e ti­ pologia generale; la realizzazione dei p u n ti 1 e 2 nella storia. 4. L'essenza metafisica della religione: il religioso in q u an to p rin cip io di ogni a priori (posizione d ella reli­ g ione nel co n testo com plessivo d ella rag io n e). Solo tu tti e q u a ttro i con cetti fo rn isco n o u n p a n o ra ­ m a co m p leto della filosofia d ella religione. D obbiam o co m p re n d e re ora in ch e m odo tale filosofia si riferisca alla religione, se cioè essa nasca dal senso della religio­ n e o se invece la relig io n e n o n sia subito co n cep ita in term ini oggettuali e in tro d o tta a forza in discipline filo­ sofiche, ossia inserita, in c o n te sa reali già sussistenti in sé p rim a della religione. Ci sono an c h e u n a psicologia, una gnoseologia, u n a filosofia d ella storia e im a m e­ tafisica della scienza e d ell’arte. D u n q u e queste disci­ pline della filosofia d ella religione n o n n asco n o dalla religione stessa in q u a n to religione. Il religioso è co n ­ siderato e classificalo fin d a p rin cip io co m e obietto. La stessa filosofia d ella relig io n e è scienza d ella religione. Così l’in te ra p ro b lem atica è rinviata alla concezione della filosofia com e tale. Il co n cetto di relig io n e diven­ ta secondario. Si p o treb b e p en sare altresì a u n a socio­ logia o a u n ’ested ca d ella religione. U na indicazio n e train an te della filosofia della reli­ gione di Troeltsch è ra p p re se n ta ta dalla sua concezmie della Riforma. N ella R iform a egli n o n vede n u lla di nuovo; sostiene piu tto sto ch e si sia sviluppata in seno alla stru ttu ra m edioevale del senso. Il nuovo em erg e­ reb b e solo n el diciottesim o secolo e neH’Id ealk m o te­ desco. Così an ch e Troeltsch h a accolto nella sua filo­ sofia d ella religione m olti e le m e n d m edioevali e catto­ lici. A ragione gli si co n testa di n o n aver com preso af­ fatto L u tero - com e Dilthey. In fo n d o , ciò ch e in teres­ sa a Troeltsch è la metafisica della religiom, la prova dell'e­ sistenza di Dio. Tuttavia tale prova n o n è o rig in ariam en ­ te cristiana, bensì d ip e n d e dal ra p p o rto fra il cristiane­

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simo e la filosofia greca. Q u esta co n cezione m etafisica d e term in a an ch e la filosofia della sto ria di Troeltsch. N on in ten d iam o svolgere u n a critica di tipo co n te­ nutistico, bensì vedere in quale ra p p o rto stiano la reli­ gione e la filosofia, in che m o d o la relig io n e diventi oggetto della filosofia. La relig io n e è collocata da Troeltsch fra le q u attro d iscipline della filosofia della religione, d u n q u e in u n co n testo reale già p ro n to . N ella m isura in cui la co n sid erazio n e filosofica del m o n d o si m uove in am biti differenti, la relig io n e è col­ locata in questi am biti e osservata nel suo m o d o di esprim ersi al lo ro in te rn o . N ascono così i q u attro co n ­ cetti essenziali della relig io n e. I q u attro am biti sono se­ parati n o n solo dal p u n to di vista del m eto d o , m a an ­ che seco n d o il lo ro carattere reale. In base alla sua stru ttu ra e al suo carattere essenziale, la realtà psichica è qualcosa di d ifferen te daH’am b ito a priori della lega­ lità razionale, così com e tale am b ito è qualcosa dì dif­ feren te dalla realtà della storia - in p articolare della storia universale - , la q u ale è a sua volta qualcosa di differen te dalla realtà m etafisica ultim a, in cui è p e n ­ sato Dio. N o n im p o rta quali siano le connessioni fra i vari am biti. D u n q u e la filosofia della religione n o n si d e term in a qui in base alla relig io n e stessa, bensì se­ co n d o u n o specifico co n cetto di filosofia e. precisam en te, secondo un co ncetto scientifico. P o treb b e sem ­ b rare che la m etafisica di T roeltsch ci offra qualcosa di nuovo; la relig io n e n o n sarebbe p iù con sid erata com e obietto, giacché si a\Tebbe a ch e fare p iu ttosto con i! fen o m en o originario, !a n e ll’esistenza di Dio, che n o n sarebbe affatto rag g iu n ta p e r \'ia conoscitiva. Troeltsch p erò afferm a che, n ella m isura in cui la ra­ gione è u n ’u n ità, l'« o b ie tto - della fede va considerato com e o b ietto reale in rap p o rto ad altri obietti reali. In u n a considerazione ultim a e universale d e ll’obietto , l ’insiem e d e ll’esperire u m an o va elab o rato in concetti, sicché an ch e Dio è da considerarsi com e o b ietto reale. Si capisce q u i in o ltre com e T roeltsch abbia p o tu to

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m a n ten ere invariata la sua posizione in tem a di filosofia della religione, p u r m u ta n d o le sue concezioni filosofiche di principio. P er lui la religione è fin d all’i­ nizio obietto e, com e tale, p u ò essere sistem ata in dif­ ferenti conteso reali (in m o d o c o rrisp o n d en te ai diffe­ renti «sistem i» filosofici). E p ro p rio la possibilità in Troeltsch del costan te m u tam en to ch e costituisce il se­ gno più m arcato del fatto che egli postula la relig io n e com e obietto. P er T roeltsch il rap p o rto fra la religione e la scienza n o n è forzato. Trovandosi storicam ente in serita in un contesto culturale, la religione deve confrontarsi con la scienza, il che avviene in m o d o difensivo e negativo n el­ l'apologetica. Ma la scienza della religione, d eterm i­ n an d o n e an ticip atam en te il fu tu ro sviluppo, p u ò fo rn i­ re anche u n c o n trib u to positivo al perfezio n am en to della religione stessa. È vero d ie la scienza n o n fa la re­ ligione, p erò rap p resen ta u n fattore p roficuo del suo ulteriore sviluppo. Lo m ostra, secondo Troeltsch, la sto­ ria del cristianesim o, che avrebbe raggiunto la sua posi­ zione storica d o m in an te grazie al legam e co n la filo­ sofia antica. N on c ’è d ubbio, p eraltro , che attu alm en te le possibilità creative della filosofia della religione sia­ no esaurite. Si tratta solo di evidenziare la giusta possi­ bilità, Che cosa abbiam o ricavato p e r i nostri scopi d all’a­ nalisi di Troeltsch? A nzitutto u n ’idea c o n cre ta della filosofia della religione. Poi q u attro definizioni che si possono a ttrib u ire alla reUgione: q u ella psicologica, quella razionale-a priori^ q u ella storica e q u ella m eta­ fisica. Infine, è risultato che la filosofia si ra p p o rta alla religione in term in i di conoscenza obiettiva. A bbiam o d u nque arg o m e n tato co n tro la n o stra tesi della diffe­ renza radicale tra filosofia e scienza. Infatti, d ato che la filosofia deve trasfo rm are la relig io n e n e ll’o b ietto del­ la sua conoscenza, n o n è ch iaro in ch e m o d o la filo­ sofia d eb b a occuparsi della religione se, tra la filosofia e la scienza (cioè la conoscenza obiettiva), deve sussi­

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stere u n a d ifferenza fo n d am e n tale del senso del rife­ rim en to . N on è forse vero che sia n ella « fen o m en o lo ­ gia della religione » sia, ad esempio, nella fenom enologia della fruizione estetica, i « fen o m en i» d iv entano ogget­ ti della considerazione? Prim a p erò di so tto p o rre la re ­ ligione a u n a co n sid erazio n e filosofica d eterm in a ta, si re n d e an zitu tto necessario esam inarla nella sua realtà concreta.

Ili IL FEN OM EN O DELLO STO RICO

7. Lo storico come fenomeno essenziale T enterem o ora di m e ttere in luce u n fenomeno essen­ ziale cììq d o m in a i contesti di senso delle tre paro le del titolo (« In tro d u zio n e alla fen o m en o lo g ia della religio­ n e» ). Q uesto fen o m e n o essenziale è lo «storico» {das Historische). M irando d u n q u e a stabilire, in ciò ch e il si­ gnificato del titolo in ten d e, lo storico com e fen o m e n o essenziale, p o trem o c o m p re n d e re p e r esperienza di­ retta in ch e senso i fen o m en i di cui ci stiam o o ccu p an ­ do possano essere caratterizzati com e storici. In che senso « in tro d u zio n e» , «filosofia» e « religione» sono fenom eni storici} S em bra ovvio ch e I’« in tro d u zio n e» a una scienza sia storica. La scienza è u n insiem e di princìpi validi al di fuori del tem po. Il processo dell’in tro d u rre , invece, si svolge nel te m p o e d ip e n d e dal­ lo stato c o n tin g en te , storico-effettivo, della scienza, ec­ cetera. Lo stesso vale p e r la «filosofìa» e la «religio­ ne», poiché a n c h ’esse so tto stan n o allo sviluppo stori­ co. Ma lo storico n o n è forse in d ifferen te p ro p rio alla filosofia, che cerca ciò che vale in etern o ? In o ltre, la caratterizzazione di «storico» n o n si ad atta forse a qualsiasi fen o m en o ? Se p e rò afferm iam o che la p ro ­ blem atica filosofica trae fo n d am e n talm en te la sua m o ­

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tivazione dallo storico, ciò è possibile solo in q u a n to il con cetto di storico è equivoco. E m erge c o m u n q u e la necessità di cogliere in linea di p rin cip io il p ro b lem a dello storico, senza acco n ten tarsi delle osservazioni del co m u n e b u o n senso. A bbiam o caratterizzato la filosofia e la religione com e sottoposte allo storico: «La iìlosofìa e la religione sono fenom eni storici» (esattam ente com e: «Il Feldberg e il K andel sono m ontagne», o p p u re: «L’università, il duo­ m o. la stazione sono edifici »). C om e sia possibile u n a siffatta caratterizzazione della filosofia è un problem a. In ogni caso, essa consiste n eire sp e rien za efifettiva della vita. C oncetti generali sono trattati com e obietti, cosic­ ché nel caso della caratterizzazione o p erata m ed ian te concetti generali ci si m uove in circolo senza uscire dal­ l ’am bito obiettivo. La questione, ora. è se vi sia la possi­ bilità di scoprire u n altro senso di «storico» che n o n possa assolutam ente essere attribuito agli obietti. Forse l’attuale concetto di storico è solo u n a derivazione di quel concetto originario, A questo scopo esam iniam o in m o d o ancora u n p o ’ più preciso in che senso vada inte­ sa la caratterizzazione « storico » d a noi ap p en a com piu­ ta. «Storico» significa qui; divenire, nascere, trascorrere nel tem po. È u n a caratterizzazione che si addice a u n a realtà. Finché si resta en tro la considerazione conosciti­ va dei contesti obiettivi, ogni caratterizzazione o ogni im piego del senso di «storico» sono sem pre d eterm i­ nati da questa anticipazione ( Vorgriff) concernente Vobietto. V obietto è storico; esso ha la proprietà di trascorrere nel tem po, di trasformarsi. N on partiam o dalla co n su eta filosofia della storia, che h a ex professo il com pito di trattare lo storico. N oi in­ ten d iam o lo storico così com e lo in co n triam o nella vi­ ta. n o n nella scienza della storia. «Storico» n o n si­ gnifica soltanto il trascorrere nel tem po, ossia n o n è so­ lo u n a caratterizzazione in e re n te a un contesto obietti­ vo. Tuttavia, sulla scorta di questa concezione, n e ll’e­ sperienza effettiva della vita e nello sviluppo diretto

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della filosofia com e atteggiam ento, lo storico assum e il carattere di p ro p rietà di u n obietto che si trasform a nel tem po. In u n senso assai p iù am pio rispetto al fatto sto­ rico sussistente solo nel cervello di u n logico, che risul­ ta soltanto d a u n o svuotam ento epistem ologico del fe­ nom eno vivente, lo storico è vitalità im m ediata.

a) 11 «pensiero storico» La «coscienza storica* sarebbe ciò che distingue la nostra ci\iltà attuale dalle altre. Il pensiero storico d e ­ term ina in effetti la nostra civiltà e la re n d e inquieta; in prim o luogo eccitandola, incitandola e stim olandola; in secondo luogo ostacolandola. Esso significa: 1) un com ­ pim ento; la vita si regge nella m olteplicità dello storico; 2) un peso. Lo storico è d u n q u e una potenza co n tro cui la vita cerca di affermarsi. B isognerebbe considerare lo sviluppo della coscienza storica nella storia vivente del­ lo spirito. Vi rinvio a Dilthey, che p eraltro , a m io avvi­ so, n o n h a colto il uocciolo del problem a. Ciò che Troeltsch afferm a in proposito (anche ciò che dice sulla Riforma) è essenzialm ente influenzato da Dilthey, ed è definito in m odo piii preciso solo nei contenuti. 1. La m ondanizzazione e l’autosuffìcieuza della vita effettiva, il fatto che si voglia assicurare la p ro p ria vita con mezzi in tram o n d an i, p o rta n o a u n a tolleranza ver­ so le concezioni estran ee m ed ian te le quali si vuole ot­ tenere nuova assicurazione. Ne deriva l’attuale sm ania di c o m p re n d ere fo rm e spirituali, di tipizzare focm e di vita, epoche e civiltà, sm ania che arriva fino alla con­ vinzione che con ciò si sarebbe rag g iu n ta la d im en sio ­ ne ultim a. Ci si adagia su ciò e ci si rallegra della m ol­ teplicità della vita e delle sue form e. In questa panarchia del co m p re n d e re , la coscienza storica del p resen ­ te perviene alla sua espressione p iù acuta. È in tal sen­ so che lo storico riem pie la vita (attu ale). Tuttavia, ciò che si afferm a com e logica storica e m eto d o lo g ia della

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storia non ha alcun contatto con la storicità vivente {lebendige Geschichtlichkeit) che si è p er così dire radicata nella nostra esistenza. 2. La tendenza opposta, quella che ostacola, consiste nel fatto che lo storico distoglie lo sguardo dal presen­ te, distrugge la spontaneità del creare e, in tal modo, lo paralizza. Ne deriva l’assalto contro lo storico da parte deH'attivismo genuino. b) Il concetto di storico Lo storico è il fenom eno che deve aprirci l’accesso {Ziigang) aH’autocom prensione della filosofia. La que­ stione fenom enologica del m etodo non riguarda il si­ stema metodico, bensì l ’accesso che conduce attraver­ so l’esperienza effettiva della vita. Per com prendere le nostre osservazioni è im portante considerare il conte­ sto metodico, il quale è m etodico nel senso dell’acces­ so che porta ai problemi stessi e che, come vedremo, svolge un ruolo decisivo nel filosofare. Lo scopo è ot­ tenere dall’esperienza effettiva della vita motivi per l’autocom prensione del filosofare. Solo in base a tale autocom prensione si concretizza per noi l'intero com­ pito di una fenomenologia della religione, che è do­ minata dal problem a dello storico. Se si ascolta in mo­ do diretto, effettivo, la parola problem atica «lo stori­ co», ci si trova - volendo filosofare su di essa - imme­ diatam ente rinviati alla filosofia della storia, credendo, con questo rinvio a una disciplina saldam ente circoscritta, di avere risolto già metà del compito. Non è tuttavia in base alla filosofia della storia che possiamo cogliere il fenom eno dello storico, poiché siamo contrari a ogni suddivisione della filosofia in di­ scipline. Con ciò lo storico ha, per così dire, perso la sua patria (rst heimatlos geworden), il suo luogo sistema­ tico. Dobbiamo quindi desum ere lo storico dalla vita effettiva. Non si dice mai: «Qualcosa ^storico», qual-

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cosa, un obietto, ha la proprietà di essere storico. Così 10 storico ricade in un contesto obiettivo. In tal modo anche la filosofìa e la religione sono ovviamente feno­ meni storici. Ma con questa caratterizzazione non si è detto nulla di significativo, poiché in questo senso an­ che l'arte e la scienza sono storiche. Anzi, proprio nel caso della filosofia tale caratterizzazione sembra essere secondaria, dato che l’im portante è ciò che la filosofia è in base al suo senso, a prescindere dal m odo in cui si è realizzala storicam ente. Solo se ci si interroga sulla validità dei princìpi scientifici lo storico svolge un cer­ to ruolo (per quanto negativo). Si sostiene che la vali­ dità di questi princìpi è indipendente dallo storico, è «sovratemporale», e che la considerazione dello stori­ co serve solo a m ettere in Ince tale fatto. Questo tutta­ via sarebbe più un ruolo secondario per lo storico, giacché in tal caso il senso della filosofia e del valere è già presupposto. Noi però affermiamo l ’im portanza dello storico per 11 senso del filosofare in generale, prima di tutte le que­ stioni riguardanti la validità. Ciò perché il concetto di storico è equivoco, e non ne abbiamo ancora colto il senso autentico. Il senso dello storico va chiarito in ter­ mini fenomenologici. Che cosa si intende quando si dice che un certo processo, u n ’impresa, eccetera, sono «storici»? Si intende che ogni accadere spazio-tempo­ rale ha la proprietà di stare in un contesto tem porale e diveniente. Si attribuisce dunque a un obietto la pro­ prietà di essere storico. Obietto {Objeht) e oggetto {Gegenstand) non sono la stes­ sa cosa. Tutti gli obietti sono oggetti, ma non tutti*gli oggetti sono obietti. C’è il pericolo di scambiare deter­ minatezze obiettive per determinatezze oggettive, così come, viceversa, si è indotd a prendere certe determ i­ natezze oggettive p er determinatezze obiettive, appli­ cando punti di vista formali a specifiche considerazioni oggettive. La cancellazione, da Platone in poi, di queste differenze è fatale. Ora, un fenomeno-non è né obietto né

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oggetto. In verità, in termini formali un fenomeno è an­ che un oggetto, cioè qualcosa in generale, però così non si è detto niente di essenziale sul fenomeno, dato che in tal modo esso è stato collocato in una sfera che non è la sua. E questo che rende così straordinaria­ mente difficile la fenomenologia. Obietti, oggetti e fe­ nomeni non possono essere messi l’uno accanto all’al­ tro come su ima scacchiera, poiché anche questa sistemadzzazione degli oggetti è ìnadeguata ai fenomeni come tali, e dal punto di vista della fenomenologia una dottrina delle categorie o un sistema filosofico perdo­ no senso. E importante per noi anzitutto solo la differenza di obietto c oggetto. Peculiare di un obietto è dunque l’essere determinato temporalmente; con ciò esso è storico. Non sembra individuabile un concetto di storico più ge­ nerale di questo. La realtà storica andrà modificandosi ogni volta a seconda del carattere dell’obietto, però in linea di principio lo storico sarà lo stesso. Anche l’appli­ cazione dello storico alla realtà umana sarà ima deter­ minazione di questo storico-obiettivo {das Objekts-Historisdif). L’uomo stesso nella sua realtà è, in quanto obietto, nel tempo, sta nel divenire. Essere storico è appunto una delle sue proprietà. Questa concezione dello stori­ co si sviluppa ancora totalmente nella sfera del comune buon senso. Ma la filosofia non è altro che una lotta contro il comune buon senso! Non si può liquidare il problema dello storico in questo modo, per quanto diffìcile possa essere, oggi, giungere a uria concezione differente. Se ci basiamo sulla filosofia della storia attuale e lascia­ mo che sia essa a sottoporci i problemi, non oltrepasse­ remo mai il « concetto-obietdvo » (Objekts-Begriff) di sto­ rico or ora descritto. E per questo che vogliamo prende­ re le mosse dalla vita effettiva. L’odierna filosofia della storia assume allora importanza solo come una conce­ zione eflfettiva del problema storico. Noi però non ci po­ niamo sul suo terreno, non la seguiamo, bensì cerchia­

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mo soltanto di comprendere quali siano i motivi auieniici di tale concezione della filosofia della storia. Per ac­ quisire una comprensione profonda sarebbe necessario immedesimarsi nell’intera mentalità contemporanea. Qui possiamo evidenziare solo alcuni indirizzi di fondo. c) Lo storico neU’esperienza effettiva della vita Lo storico svolge un ruolo nell’attuale esperienza ef­ fettiva della vita secondo due indirizzi principali: 1) in positivo la molteplicità delle forme storiche dà alla vita un compimento e lascia che si posi nella molteplicità del­ le conformazioni storiche; 2) in negativo lo storico è per noi un peso, un ostacolo. Da entrambi i punti di vista lo storico è inquietante. O^ntro di esso la vita cerca di affermarsi e di assicurar­ si. La questione è se ciò contro cui la vita effettiva si af­ ferma sia ancora realm ente lo storico. A tale proposito sono importanti le ricerche di Dilthey: Einleitung in die Geisteswissenschaften,^ Die Aufklàrung und die geschichtliche Welt (in «Deutsche Rundschau»),* Analyse undAuffassung des Menschen im 15. und 16. Jahrhundert (in Gesammelte Werke, II).* 1. Cfr. W. Dilthey, Einleitung in die Geisteswissenschaften. V^rsuch einer GnindltgungfUr das Studium àer Geselhchafì und drr Gesckichte, voi. I, Duncker & Humblot, Leipzig. 1883 [trad. it. Introduzione alle scienu dello spirito. Ricerca di una fondazione per lo studio della iocietà e del­ la storia, a cura di G.A. De Toni, La Nuora Italia. Firenze, 1974]. 2. [11 titolo corretto è il seguente;] Das achlzehnleJahrhundert und diegeschichtlichs Wflt, in «Deutsche Rundschau», 108, 1901. S. [Il titolo corretto è il seguente:] Auffassung und .\nabtie des Men­ schen im 15. und 16. Jahrhundert, in Weltansckaviung und Analyse des Menschen seit Renaissance und Re/armation, ia Gesammeltt Schriften, voi. II. Teubner, Lcipzig-Berlin, 1914 [trad. il. di G. Sanna, L'ana­ lisi dell’uomo e Ut intuizione della natura. Dal Rinasamento al secolo XVIII, 2 voli.. La Nuova Italia, Venezia, 1927; rist ai\ast., La Nuova Italia, Firenze, 197-1].

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L’espressione della coscienza storica è in u n p rim o m o m en to equivoca. C ’è u n a scienza della storia p er­ ché lo storico svolge u n ru o lo nella n o stra vita attuale, e n o n viceversa. «Pensiero storico» p u ò significare u n a q u an tità di cose: nel caso di u n o b ietto storico n o n h o affatto bisogno di p en sare in term in i storici, e d ’al­ tro n d e posso p en sare in term in i storici senza avere di­ nanzi a m e u n o b ietto storico. II p ro b lem a dello stori­ co acquista il suo significato dal fatto che, m ed ian te il distacco da u n d eterm in a to (attuale) p u n to di vista ideologico, lo storico ap re gli occhi p e r altre form e di vita e altre ep o ch e culturali. O ra, o in questo co m p re n ­ dere onnicom prensivo, in questo accrescim ento d el­ l’accessibilità e d ell’a p e rtu ra com e tali, si scorge il m as­ simo che il n o stro tem p o attuale, d o ta to di u n a e n o r­ m e sensibilità, h a da offrirci - oppure si so tto p o n g o n o i differenti tipi com parsi nella storia p e r così d ire alla scelta e alla decisione fra gli uni e gli altri, scelta ch e deve fondarsi sul lo ro confronto. In m odo an co ra più in ten so , tuttavia, lo storico è p ercep ito oggi com e u n peso. Esso ostacola la nostra sp o n tan eità creativa. La coscienza storica accom pagna costantem en te, com e u n ’om bra, ogni tentativo di n u o ­ va creazione. Subito si risveglia la coscienza della cadu­ cità e ci priva d e ll’entusiasm o p e r l’Assoluto. O ra, p o i­ ché tu tto aspira a p erv e n ite a u n a nuova cu ltu ra spiri­ tuale, la coscienza storica intesa in questo senso o p p ri­ m e n te va estirpata, sicché l ’afferm ar-si {sich-behaupten) co n tro lo storico è, in senso p ro p rio , u n a lotta p iù o m en o ap erta co n tro la storia.

8. La lotta della vita contro lo storico In questo tentativo di afferm arsi c o n tro lo storico possiam o distinguere tre \4e. Si tratta forse di u n a di­ stinzione u n p o ’ forzata, an ch e ten u to co n to che oggi

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la vita spirituale n o n ha più la chiara consapevolezza di confrontarsi co stan tem en te co n la storia. a) La via platonica-, lo storico è qualcosa rispetto a cui si deve p erv en ire a u n distacco (M kekr). L ’afferm ar-si è un distacco dallo storico in q u an to tale. b) La via del radicale consegnar si {sich-ausìieferTÌ) allo storico (S pengler). c) La via del com prom esso fra gli estrem i a e b. (Dilthey, Einleitung in die Geisteswissenschajterv, Sim m el. Probleme der Gfschichtsphilosophie,^ e l’in te ra filosofìa del­ la storia di W indelb an d e Rickert). T entiam o di co m p re n d ere, in m o d o schem atico, queste vie p e r liberarsi d all’effetto in q u ie ta n te dello storico, al fine di cogliere il senso sia dello storico stes­ so sia delle te n d en ze a liberarsene.

a) La via platonica La via platonica è la p iù accessibile e - visto che è la filosofia greca a d e te rm in a re in m odo essenziale la vita spirituale o d ie rn a - è quella d ata in p rim o luogo e più diffusa. La realtà storica n o n è l ’unica, n o n è la realtà fondam entale, giacché p u ò essere com presa solo fa­ cendo riferim en to al regno delle idee, co m u n q u e le si in ­ tenda nello specifico: com e sostanze, valori, n o rm e o princìpi razionali. C ’è da n o tare che in P latone, e an ­ cora oggi, il m otivo della scoperta del reg n o sovxatemporale si situa neU’am bito della conoscenza teoretica, della logica, dove, n ella lo tta c o n tro lo scetticism o (P rotagora), ai processi conoscitivi che si svolgono nel tem po si c o n tra p p o n e il c o n te n u to di conoscenza, giungendo così a u n co n cetto di verità inteso com e 1. Cfr. G. Simmel. Die Probteme dfr Gcschichliphihsophie. Eine. eriunvlnistheorctisc.he Sludif, D uncker & Hximblot, Leipzig, 1892 [trad. it. ! prohkmì della filosofa della storia, a cura di V. d'A nna, Marietti, Ca­ sale M onferrato, 1982],

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lìdità in sé di p rin cìp i teorici. O ra, nella m isura in cui questo pensiero teoretico svolge un ru o lo fo n d an te in G recia - quindi nella m isura in cui tu tto è solo in q u an to è conosciuto - , a causa di questa posizione do­ m in an te del teo red co sia l’agire m orale sia il p ro d u rre artistico e pratico sono u g u alm en te riferiti a u n a realtà ideale di n o rm e e valori. Il p rim ato dei logico (teo reti­ co) è riconoscibile dalla posizione di P latone nei co n ­ fro n ti di Socrate, cioè d all’in terp reta zio n e della sen­ tenza «la virtù è sapere». S econdo Platone, soltan to m ed ian te il sapere è possibile u n a vita virtuosa. R im ane p e rò la difficoltà del ra p p o rto tra le idee e il m o n d o sensibile, u n p ro b lem a di cui finora questa filosofia n o n si è m ai p re o cc u p ata a dovere. N el plato ­ nism o m o d e rn o c ’è u n am pio sp ettro di possibilità: gli u n i dicon o ch e la realtà è solo l ’occasione p e r la vi­ sione d elle id ee, l ’àvdfivriai.;; gli altri co n cep isco n o lo storico com e qualcosa ch e p re n d e fo rm a a irin te r n o della realtà stessa. Le teo rie sul ra p p o rto fra i d u e m o n d i sono varie e n o n ci devono in teressare u lte­ rio rm e n te . In og n i caso, lo storico è d iventato qu alco ­ sa di secondario.

b) Radicale consegnar-si R ispetto a questa p rim a via, la seco n d a ra p p resen ta u n a co m p iu ta radicalizzazione in senso opposto, m a in linea di p rin cip io si sviluppa nello stesso m odo, sicché oggi, n ella lo tta fra assolutism o e scetticism o, en tram b i i p artiti si m uovono nella m edesim a d irezione, com ­ b a tte n d o p e r qualcosa su cui n o n h a n n o fatto chiarez­ za. La seco n d a e la terza via sono fo n d ate in m o d o es­ senzialm ente gnoseologico. Q uesta fondazione gnoseo­ logica va chiarita. A nche il platonismo ha o tte n u to u n a sim ile fondazione gnoseologica, p e rò la sua au ten tica p ecu liarità consiste nella fo n d azio n e ontologka {seinsIheoretisch) di u n a legalità soprareale {ùberwirklich). La

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com piuta fondazio n e gnoseologica della seconda e della terza via ci è stata fornita da Sim m el in Probleme der Geschichtsphilnsophie. Eine erkenntnistheoretische Studie (prima ediz. 1892, seconda ediz. 1905, terza ediz. 1907). La sua posizione n o n è originale, giacché la prim a for­ m ulazione radicale del p ro b len ia è stata data da Dil­ they nella Einleitung. La filosofia della sto ria di W indelband e R ickert è solo u n ’analisi vuota e fo rm ale dei punti di vista già messi in luce d a Dilthey. S u p eran d o questa logica della storia, oggi si fa fin alm en te rito rn o a Dilthey e, a distanza di c in q u a n t’an n i, si com incia un p o ’ alla volta a co m p ren d erlo . Se si vuole co g liere in term in i filosofici il p ro b lem a dello storico n o n co n v ien e p a rtire dalla filosofia d e l­ la storia, d ato che essa ra p p re s e n ta solo u n a co n fig u ­ razione d e te rm in a ta di u n a coscienza sto rica in m e n ­ to alla quale è d u b b io se sia scatu rita a n c h ’essa da una m otivazione sto rica o rig in aria. E significativo che il co m p ito di d ifen d e rsi dallo storico spetti alla filosofia. C aratterizzazio n e delle tre vie: la m o d a lità della relazione, il senso del rife rim e n to d ella te n d e n ­ za all’assicurazione e il senso d ella co n cezio n e della storia stessa. Simmel do m an d a: c o m ’è ch e dalla «m ateria» della realtà im m ed iata em erg e q u el co stru tto teo retico che chiam iam o •. L’«atteg­ giam ento» è un riferim en to agli obietti tale che in es­ so il c o m p o rtam e n to è co m p letam en te riassorbito nel contesto reale. Io m i reg o lo soltanto sulla cosa, mi stacco da me o rien tan d o m i sulla cosa. Con questo «atteggia­ m ento» è al tem p o stesso «'sospeso» {eingestellt nel sen­ so di «sm etterla con q u alco sa>-, ad esem pio com e q u an d o si dice der K am pf tvird eingesteilt, « la lotta è so­ spesa >) il riferim en to vivente all’oggetto d ella co n o ­ scenza. A bbiam o d u n q u e un d o p p io senso d ella p aro ­ la Einstellung: anzitu tto l’atteg g iam en to che ci colloca in un am bito reale, in seco n d o luogo la «sospensione » d ell’in tero riferim en to u m an o al co ntesto reale. In questo senso definiam o einstellungsmàfiig, «conform e airatteggiam ento> ', il riferim en to alla storia nelle tre «vie». Q ui la storia è cosa, obietto risp etto al quale sono eingesteilt, «atteggiato» co n fo rm e m en te alla co n o scen ­ za. A nche Spengler, n el corso delle sue considerazioni, m ostra che ciò che ci in q u ieta è id entico a ciò che è in­ quietato; en tra m b i sono espressione d ell’an im a di u n a civiltà. Il suo riferim en to è conoscitivo q u an to all'at­ teggiam ento. L’analisi m o rfologica di tipi n o n è che la fondazione e il co n so lid am en to del contesto reale in base a sé m edesim a. Essa liq u id a u n contesto reale in senso logico: la tipizzazione «liquida» la storia. Q u an ­ do si dice che il co m p o rtam e n to ch e costruisce sistemi è u n c o m p re n d e re , con ciò si in te n d e al tem p o stesso un comprendere come atteggiamento, ch e p erò n o n ha n u l­ la a che fare con il comprendere fenomenologico.

b) Il senso dello storico stesso Che cos’è d u n q u e ciò che è inquietato? Da che cosa è motivata l’inquietudine? P er o ra possiam o esam inare ciò solo in q u an to ci è d ato nel senso delle tre vie e qui­ vi è form ulato in concetti. L’elem en to peculiare delle tre vie consiste in questo: ciò ch e l'assicurazione cerca

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n o n viene considerato u n problem a. Ciò ch e l’assicura­ zione cerca e ciò che è inq u ietato sono u n a ovvietà. Do­ ve è preso in considerazione, il fen o m e n o deH’inqiiietu d in e è già visto en tro lo schem a platonico. 1. R ispetto a quello o riginario il platonismo attuale è m odificato dall’assim ilazione della filosofia kantiana. A nche il neokantism o (le scuole di C ohen e di Wind elb an d ) te n ta dì re in te rp re ta re P lato n e su questa b a­ se. Il platonism o diventa « trascen d en tale >' ed è ap p li­ cato co n fo rm em en te alla coscienza, m e n tre fra il tem ­ p o rale (io storico) e il so v ratem p o rale (il m o n d o d el­ le idee) su b en tra, com e terzo reg n o , con fu nzioni di m ediazione, il reg n o del senso (scuola di M arburgo, Rickert). In che term ini la soggettività costituisce la m ediazione? Gli atti di coscienza, le facoltà e le attività della coscienza accadono, si svolgono, h a n n o un d e­ corso «psichico>', m a, oltre a ciò, h a n n o an ch e un sen­ so in virtù del quale sono riferiti a oggetti, e tale rela­ zione è d eterm in a ta d a n o rm e. Le difficoltà del plato­ nism o n o n fan n o che rip resen tarsi in fo rm a più sofisti­ cata. 2. Spengler. Il fatto decisivo è questo: ciò che è au ­ tentica realtà, l’insiem e di atti {Aktzusamìnenhang) d el­ l’esistenza storica, la realtà storico-um ana, la vita e l’e­ sistenza attive esigono u n assicurazione, e da ciò nasce la cura. Q uesta realtà storica attiva e creativa S p en g ler e altri la chiam an o «civiltà». 3. N el caso della terza \na em erg e c h iaram en te ciò che si in te n d e p e r «bisognoso di assicurazione» {sicherungsbedùr/tig), senza p e rò che tale in q u ietu d in e di­ venti di p e r sé problem a: l’esistenza è u n a cosa ovvia, cui n o n è più necessario p restare atten zio n e; l’unica cosa c h e im p o rta è invece assicurarla. La terza via è d efin ita «filosofia della vita». Sim m el concepisce la vi­ ta in senso più biologico, Dilthey in senso più sp iritu a­ le, S pengler collega in m odo peculiare la p rim a e la terza via. La «vita» è la realtà fo n d am e n tale e si assicu­

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ra m ed ian te il suo «volgersi aU’idea».* Le idee so n o le «dom inanti della vita» (Sim m el). La vita ten d e qu in d i ad assicurare se stessa o cantro la storia {prima via), o con la storia {seconda via), o p p u re in base alla storia {terza via). Il co n cetto d i vita è eq u i­ voco e, d a questo p u n to di vista form ale affatto g en e­ rale, avrebbe senso u n a critica deU’o d ie rn a filosofia della vita. Solo se si riesce a co n cep ire in term ini origi­ nariam ente positivi questo co n cetto u n a critica è giu­ stificata, m a n o n in un senso diverso, altrim en ti essa di­ sconosce i motivi au tentici della filosofia della vita, ri­ cacciandola n el rigido platonism o. C he p e r la via pla­ tonica la realtà storico-um ana n o n sia co m p resa in ba­ se a se stessa, bensì solo in relazione a contesti di valo­ re a priori, ap p are evidente in Rickert. Egli sostiene che l’individuo u m a n o nella sua unicità è soltanto ciò che ha fatto p e r i valori della civiltà. Così il co n cetto di in ­ dividuo è co n cep ito in term in i p u ra m e n te platonici.

c) È sufficiente l’assicurazione? È sufficiente l'assicurazione p e r ciò che p ro d u ce l’inquietudine? Ciò che è in q u ietato , la realtà della vi­ ta, Tesserci {Dasein) u m an o nella sua cu ra p e r la p ro ­ pria assicurazione, n o n è colto in se stesso, bensì con­ siderato com e obietto e inserito com e tale n ella realtà storica obiettiva. La cu ra n o n trova risposta, m a è subito obicttivata. Su questo p u n to S p en g ler è il p iù ch iaro di tutti e p o rta all’estrem o le ten d en ze della filosofia at­ tuale. Egli vuole assicurare la scienza della storia. Con la sua convinzione di essere stato il p rim o a fare della

1. Cfr. G, Simmel, Lebensanschauung. Vier metaphysische Kapitel, Duncker 8c H uiublot, M ùnchen-Lcipzig, 1918. p. 28 [txad. it. di F. Sternheim, Intuizioni’ della vita. Quattro rapitoli metafisici. Introdu­ zione di A. Banfi, Bom piani, M ilano. 1938; nuova cdiz. a cura di G. Antinolfi, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1997].

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storia una scienza, egli h a p recisam ente distrutto la sto­ ria, ha matemalizzato la storia universale: i tipi stan n o l’u n o accanto all’altro com e palazzi. E la considerazio­ n e form ale, estetica, d e ira n im a e d e ll’espressione è applicata alla storia daH’esterno. Si h a n n o d u n q u e una ten d en za estetica e u n a ten d en za m atem atica. La vita p reo ccu p ata (bekiimmert) è collocata in u n contesto storico, m e n tre alla ten d en za au ten tica della cura n o n si p resta attenzione. C om e p u ò accadere che, n o n o stan te ciò. le tre vie della vita siano riconosciute com e assicurazione? Q u e­ sto avviene p erch é la cu ra è già toccata m ed ian te l'a n ­ ticipazione ( Vorgriff) della considerazione. La cu ra è anc h ’essa re in te rp re ta ta com e atteggiam ento. Ciò d ip e n ­ de dalla ten d en za della vita effettiva a d ecad ere q u an ­ to all’atteggiam ento. È così che, n e ll’« anticipazione d ell’atteggiam en to » (Eiìistellnngsvorgriff), la cu ra stes­ sa diventa obietto. Sta qui il vero e p ro p rio punto di rottura d e ll’in tero p ro b lem a dello storico. In questo m o d o il senso della storia, che è p red elin eato nella cu ra stessa, n o n p u ò diventare com prensibile. Si dà qui la possibilità di sop­ p o rta re il carattere di atteg g iam en to della co n sid era­ zione dello storico e, q u indi, di scoprire il vero effetto in q u ietan te. Bisogna evitare di d esu m ere il fen o m e n o dello storico dalla scienza d ella storia, L’avere p o stu la­ to la logica della storia com e disciplina fo n d am en tale della filosofia della sto ria p o n e fin d a p rin cip io il p ro ­ b lem a in im contesto sbagliato. Il senso, conforme all’at­ teggiamento, della storia ch e co m p are qui è derivalo. In g e n e re accade che, p ro p rio all’opposto, si facciano deri\'are e rro n e a m e n te d a esso tu tti gli altri fen o m en i storici. D obbiam o d u n q u e cercare di cogliere m viodo manifesto il fen o m e n o della cu ra n e ll’esserci effettivo.

10. L a cura dell'esserci effettivo Com e agisce la cu ra {Bekùmmerung) n ella vita effet­ tiva? Nelle tre vie la relazione tra l ’esserci effettivo e la cura è intesa com e relazione d ’ordine {Ordnungsbeziehung). L’esserci p reo ccu p ato {das bekùmmerteDasein) è inserito in u n contesto obiettivo. M a in ch e ra p p o rto sta Tesserci p reo cc u p ato in q u an to tale co n lo storico che com pare nelle tre vie? L’esserci p reo ccu p ato è sol­ tanto u n « fram m en to di o b ietto» {Objekts-Ausscknitt) facente p arte di un in tero , g ran d e o b ietto (la totalità dell’accadere storico obiettivo). L’esserci in q u ietato si difende a) co n tro il cam biam ento; co n tro Tesserci che ha carattere di accad im en to (geschehnishafi). D etto nei term ini della filosofia trascendentale: la coscienza è più che un decorso di atti. Gli atti h a n n o u n senso, b) L’esserci p ro p rio , p resen te, n o n aspira soltanto a un senso in g en erale, m a an ch e a u n senso concreto, diverso da quello delle civiltà del passato, d u n q u e a u n nuovo senso che elevi quello della vita p rece d en te. Esso vuole essere u n a nuova creazione, che p u ò essere del tu tto originaria, o u n a « g ran d e sintesi», o p p u re u n a «fuga dalla b arb arie» , o co m u n q u e si vogliano definire tali tendenze. La n o stra in d ag in e n o n co n sid era il lato del co n te­ nuto e la sua legittim azione. Al co n trario , p a rte n d o da questa espressione delTesserci p reo ccu p ato , ten tiam o di rito rn are alTesserci stesso. S em bra p erò che, così fa­ cendo, siam o tornati al p u n to di parten za. C erchiam o di co m p ren d ere Tesserci p reo ccu p ato in base alla n o ­ stra p ro p ria esperienza della vita. In che ra p p o rto sta il proprio esserci vivente - in q u a n to in q u ietalo dalla sto­ ria - con la storia stessa? In che rap p o rto sta da sé con la storia la vita effettiva? Q ui le teo rie rim an g o n o com ­ pletam ente al m argine, p erfin o l'id e a che la realtà sto­ rica sia la realtà delT accadere che scorre n el tem po. Noi tentiam o solo di d eterm in a re il senso della storia in base all’esperienza effettiva. Le difficoltà del proble-

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ma sono quelle con cui la filosofìa deve lottare sempre di nuovo a ogni passo e di fronte a ogni questione. Ciò nonostante, il filo conduttore delle nostre considera­ zioni rim arrà il vecchio concetto di storico. Per com prendere come ciò sia possibile dobbiamo anzitutto esp>orre un caposaldo del m etodo fenom enologico. Il confronto con la storia è oggi talm ente pecu­ liare che si può dire: com battono con arm i che essi stessi non com prendono e che appartengono proprio a ciò che com battono. Le tendenze all’assicurazione contro la storia hanno il medesimo carattere della sto­ ria concepita come tale, sicché il problem a si muove costantem ente in un circolo, e una teoria della storia si sostituisce all’altra. Con ciò non intendo dire natural­ m ente che un giorno potrem m o contare su una filo­ sofia della storia valida p er l’eternità - questo è un ideale com pletam ente non filosofico - , giacché qui si tratta di un confronto con la storia che nasce piuttosto dal senso dell’esserci effettivo. Nelle tre vie considerate. Tesserci inquietato è inte­ so come un obietto aU’interno della storia stessa. Scom­ pare così ciò che in senso proprio (originario) è in­ quietato, e la soluzione deH’inquietudine diventa assai semplice. Noi dom andiam o però; che cos’è che, in sen­ so propìio, si vuole assicurare dalla storia? In tutte e tre le vie la vita, la realtà storico-umana, em erge come ciò che deve avere un senso. Nella filosofia attuale questa sfera non diventa un problem a o, per lo m eno, è con­ cepita solo entro lo schema concettuale della relativa filosofia. Né ci si chiede se, per caso, non sia impossi­ bile cogliere il senso dell’esserci effettivo con i mezzi filosofici attuali. Non si chiede nem m eno come Tesser­ ci effettivo possa essere esplicato {expliziert) in termini originari, cioè filosofici, ^ m b r a quindi che si renda necessario colmare qui una lacuna che si apre nell’at­ tuale sistema filosofico delle categorie. Apparirà tutta­ via chiaro che tramite l’esplicazione {Explikalion) delTesserci effettivo sarà fatto saltare tutto il tradizionale

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sistema delle categorie; a tal punto saranno radical­ mente nuove le categorie deU’esserci effettivo. L’esserci effettivo, inteso come un accadere avente un decorso obiettivo, non può semplicem ente essere cieco, bensì deve recare in sé un senso, esìgendo quin­ di per sé una determ inata legalità. Tuttavia non si pre­ tende solo u n a legalità in generale, giacché il presen­ te vuole edificarsi ulteriorm ente nel futuro, in una nuo­ va creazione del proprio esserci e di una propria nuova civiltà. Questa tendenza attribuisce all’esserci effettivo un particolare risalto, e ogni sforzo si concentra su di esso. Lasciamo da parte la concezione della storia di cui abbiamo discusso e dom andiam o: in che rapporto sta lo storico con l’esistenza effettiva della vita stessa? Che senso ha lo storico nell’esistenza effettiva della vita? Una difficoltà è questa: che cosa si intende qui pro­ priamente con «storico»? Già nella domanda uso un senso determ inato di «storico». H o già presente un determinato senso in base al quale decido in che senso lo storico com paia n eiresperienza effettiva della vita. È possibile che già con la formulazione della dom anda sia introdotto un senso determ inato (che forse dà di­ sturbo) di «storico»? Ma se voglio cogliere lo storico nell’esistenza effettiva della vita non posso concepire la domanda in modo diverso. Questa è una difficoltà che emerge nell'intera fenom enologia, portando facil­ mente a frettolose generalizzazioni.

IV FORMALIZZAZIONE E INDICAZIONE FORMALE

11, 77 senso generale di < » a « co­ lore», oppure da «colore» a «qualità sensibile» è lo stesso del passaggio da «qualità sensibile» a «entità» e da «entità» a «oggetto»? Evidentem ente «o! C ’è qui una frattura: il passaggio da «rosso» a «colore» e da «colore» a «qualità sensibile» è generalizzazione, quello da «qualità sensibile» a «essenza» è formalizzazione. Si può dom andare se la determ inazione «qualità sensibi­ le» definisca «colore» nello stesso senso in cui la de­ terminazione Jormak «oggetto» definisce un qualsiasi oggetto. Evidentemente no. Ciò nonostante la distin­ zione tra generalizzazione e formalizzazione n o n è an­ cora del tutto chiara. Nella sua attuazione la generalizzazione è vincolata a un determ inato ambito reale (Sachgebiet). La scala delle

1. Cfr. E. Husserl, Ideen zu ei'ner reinen Phànommologie und phànomenologischm Philosophie. AUgemeine Einjùhrxtng in die reim; Phàrìomenologie, in .Jahrbuch fùr Pbilosophie u n d phànom cnologiscbc Forschung», voi. I / l , Niemcycr, Halle. 1913 [trad. ÌL Idee per una feno­ menologia pura e una filosofia Jenomenologica. Introduzioni- alla frnomrnologia pura, a cura di E. Filippini. Einaudi, Torino. 1965].

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«generalità» (specie e generi) è d eterm in a ta in modo conforme alla realtà {sachhalti^. La co rrisp o n d en za con il contesto reale è essenziale. Diverso è il caso della for­ malizzazione'. ad esem pio «la p ietra è u n oggetto». Q ui l’atteggiam ento n o n è vincolato alla co n fo rm ità alla realtà (cioè alla reg io n e delle cose m ateriali e sim ili), bensì è Ubero d all’essere co n fo rm e alia realtà. Ed è li­ bero an ch e da ogni o rd in am en to gerarchico: n o n ho bisogno di avere attraversato alcuna universalità infe­ riore per, ad esem pio, salire g rad u alm en te alla « su p re­ m a universalità» «oggetto in g en erale ». La predicazio­ ne form ale n o n è vincolata a ll’essere co n fo rm e alla realtà, ep p u re dev’essere co m u n q u e m otivata in qual­ che m odo. C om ’è motivata? Essa nasce dal senso del ri­ ferimento delVatteg^amento {Sinn des Einstellungsbezugs) in q u an to tale. La « d eterm in atezza del ch e cosa» {die Wasbestimmtheit) io n o n la vedo traen d o la fu o ri d all’oggetto, bensì gliela vedo (la sua d eterm in atezza) p e r co­ sì dire «addosso». Devo distogliere lo sg u ard o dal « co n ten u to del che cosa» {Wasgehalt) e b ad are soltan­ to al fatto ch e l’oggetto è dato ed è colto in m o d o conform e all’atteggiam ento. La form alizzazione nasce d u n q u e dal senso del riferim en to del p u ro riferim en to dell’atteggiam ento stesso, e non, p er esempio, dal «“con­ tenuto del ch e cosa” in g enerale». Solo in base a ciò possono essere intese le d eterm i­ natezze del riferim ento degli atteggiam enti {dieBezugsbestimmtheiten der Einstellungen). O ra, p e r co m p ren d ere l’origine del teoretico, il p u ro riferim ento d ell’atteggia­ m en to dev’essere considerato a sua volta com e attu a­ zione. Tuttavia il filosofare - com e ved rem o in seguito - va colto nella sua originaria attuazione d ell’atteggia­ m ento (EinstellungsvoWzng), poiché allora si chiarisce anche il ra p p o rto fra l’esplicazione fenom enologica e il co m p o rtam en to cogitativo {denhmàfiig). L’o rigine del form ale sta d u n q u e nel senso del riferim ento. La « m ol­ teplicità del senso del riferim ento» {Bezugssinns-Mannigfalti^eit), che si esprim e nelle categorie formali-on-

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tologiche, circoscrive l’atteggiam ento teoretico in a u ­ tentico nel suo senso

    * è totalità di senso {Sinnganzheit) secondo queste tre direzioni. La « fen o m en o lo g ia » è esplicazio­ ne di questa totalità di senso: essa fornisce il «?uÌY0 ^» dei fenom eni, cioè il nel senso del «verbum int(rnumy> {non n el senso d ella logicizzazione). Ora, questo com pito della fen o m en o lo g ia risulta in qualche m odo preg iu d icato dalla d eterm in atezza formale-ontologica? Si p o tre b b e dire che u n a d e te rm in a ­ tezza form ale-ontologica n o n asserisce p ro p rio nulla circa il «che cosa» di ciò che essa d e te rm in a - d u n q u e non p reg iu d ich ereb b e nulla. T u tta\ia, essendo a p p u n ­ to com pletam ente in d ifferen te q u a n to al co n ten u to , la determ inazione form ale risulta fatale sia p e r il lato del riferim ento che p e r quello d e ll’attu azio n e del fe­ nom eno, dato che prescrive - o p e r lo m en o co n tri­ buisce a prescrivere - u n senso teo retico del riferim en ­ to. Essa nasconde ciò ch e è co n fo rm e attuazione - il che è, se possibile, an co ra più fatale - e si rivolge u n i­ lateralm ente al contenuto. U n o sguardo alla storia della filosofia m ostra che la d eterm in atezza form ale d e ll’oggettuale do m in a co m p leta m en te la filosofia. C om e si può prevenire tale pregiudizio (p reco n cetto )? E q u e­ sto ap p u n to il com p ito deW indicazione formale che, co­ me m om ento m etodico, inerisce all’esplicazione feno­ menologica stessa. P erch é si chiam a «form ale»? Il for­ male è qualcosa di co n fo rm e al riferim en to . L'indica-

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    zione deve indicare in anticipo il riferim ento del feno­ m eno - invero in un senso negativo, quasi per avverti­ mento! U n fenom eno dev’essere dato in m aniera tale che il senso del suo riferim ento sia tenuto in sospeso. Ci si deve guardare dall'assume re che il senso del suo riferim ento sia originariam ente quello teoretico. Il ri­ ferim ento e l’attuazione del fenom eno no» sono deter­ minati in anticipo, ma sono tenuti in sospeso. Questa posizione contrasta nel m odo più drastico con la scien­ za. Non c’è alcun inserim ento in un ambito reale, ben­ sì, al contrario, l’indicazione formale è u n a difesa, u n ’as5tcuraz:onf preventiva, sicché il carattere di attua­ zione {Vollzugscharakter) rim ane ancora libero. La ne­ cessità di questa misura precauzionale em erge dalla tendenza decadente deH’esperienza effettiva della vita, la quale minaccia continuam ente di scivolare nell’o­ biettivo, eppure è partendo da essa che dobbiamo m ettere in evidenza i fenom eni. La formalizzazione e la generalizzazione sono dun­ que motivate in m odo conforme all’atteggiam ento o teoreticam ente. Nella loro attuazione si m ette ordine: direttam ente nella generalizzazione, indirettam ente anche nella formalizzazione. N ell'«indicazione forma­ le». al contrario, nou si tratta di un ordinam ento. Nel suo caso ci si tiene a distanza da ogni inserim ento in un ordine, anzi, si lascia tutto in sospeso. L’indicazio­ ne formale ha senso solo in relazione all’esplicazione fenomenologica. La dom anda è se si possa m antenere in linea di principio il com pito postulato della filosofia in quanto determ inazione generale dell’oggettuale, e se la posizione di questo com pito scaturisca dal motivo originario del filosofare. Per decidere ciò dobbiamo lasciarci trascinare in ima nuova situazione, cioè fare chiarezza circa la modalità della considerazione feno­ menologica. È questo appunto il com pito dell’indica­ zione formale, che ha il significato di impostare l ’esplica­ zione fenomenologica. Applichiamo ora i risultati ottenuti al problem a del­

    Introduzione metodica

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    lo storico. Se lo storico è inteso come il formalmenteindicato {das Formal-Angezeigte), con ciò non si sostiene che la determ inazione pili universale di «storico» in quanto «diveniente nel tem po» delinei un senso ulti­ mo. Questa determ inazione form alm ente indicante del senso di «storico > non va considerata né come una determinazione che definisca il m ondo storico obietti­ vo nel suo carattere storico strutturale, né come una determinazione che prefiguri il senso più generale del­ lo storico stesso. Il term ine «tem porale» è assunto provvisoriamente ancora in un senso del tutto indeter­ minato: non si sa affatto di che tem po si stia parlando. Fintanto che il senso di «tem porale» rim ane indeter­ minato, -si potrebbe concepirlo come qualcosa di non pregiudizievole. Si potrebbe dire: dato che ogni oggettualità si costituisce nella coscienza, essa è tem porale, e con ciò si sarebbe ottenuto lo schema fondam entale del temporale. Tuttavia questa determ inazione «universale-formale » del tempo non è una fondazione, ben­ sì una falsificazione del problem a del tem po, poiché con essa si prefigura un quadro p er il fenom eno del tempo sulla base del teoretico. Invece il problem a del tempo va concepito nel m odo in cui noi, nell’espe­ rienza effettiva, esperiam o originariam ente la tem po­ ralità {Zeitlichkeit), quindi a prescindere com pletam en­ te da ogni coscienza p u ra e da ogni tempo puro. La via è dunque quella opposta. Dobbiamo chiedere piutto­ sto; che cos’è originariam ente, neH’esperienza effetti­ va, la temporalità? Che cosa significano, neU’esperienza effettiva, passato, presente, futuro? La nostra via prende le mosse dalla vita effettiva, da cui ricava il sen­ so del tempo. Con ciò il problem a dello storico risulta caratterizzato. La filosofia, così come io la concepisco, è in difficol­ tà. Chi frequenta altri corsi è assicurato fin da princi­ pio: in un corso di storia dell’arte può vedere quadri, in altri im para per lo m eno qualcosa ai fini dell’esame. In filosofia le cose stanno diversamente, e io non ci

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    Introduzione alla fenomenologia della retinone

    posso fare nulla, dato ch e n o n sono stato io ad averla inventata. D esidero tuttavia salvarmi d a tale calam ità In te rro m p o q u in d i queste considerazioni così astratte e dalla prossim a o ra vi p arlerò di storia. Senza soffer m arm i u lterio rm e n te sull’im postazione e sul m etodo p re n d e rò le mosse da u n fen o m e n o co n cre to d eterm i nato, anche se, p e r q u an to mi riguarda, p resu m o ch e possiate frain ten d ere d a ll’inìzio alla fine tu tte le m ie considerazioni.

    PARTE SECONDA

    E SPLIC A ZIO N E F E N O M E N O L O G IC A DI FE N O M E N I R E L IG IO S I C O N C R E T I SULLA SCORTA D ELLE L E TTER E D E L L ’A P O S T O L O PA O LO

    I IN TER PR ET A Z IO N E F E N O M E N O L O G IC A DELLA LETTER A AI CALATI

    14. Introduzione Nelle considerazioni ch e seguono n o n in ten d iam o sviluppare u n ’in terp reta zio n e dogm atica o teologicoesegetica, e n e m m e n o u n ’analisi storica o u n a m ed ita­ zione religiosa, bensì lim itarci a fo rn ire u n a p ro p e d e u ­ tica al co m p re n d e re ( Verstehen) fen o m en o lo g ico . Il ca­ rattere peculiare del co m p re n d e re nel senso della fe­ nom enologia della relig io n e consiste nelU acquisire la precom prensione {Vorvmtàndnis) p e r u n a via di acces­ so originaria. A tale scopo va elab o rato il m eto d o della storia della religione, e precisam en te in m o d o d a p o ­ terlo verificare criticam ente. Il m e to d o teologico n o n rientra nel q u a d ro delle nostre considerazioni, giac­ ché solo con il c o m p re n d e re fen o m en o lo g ico si ap re una nuova via p e r la teologia. L’indicazione form ale ri­ nuncia alla com p ren sio n e ( Verstàndnis) ultim a, che può essere data solo nella g en u in a esperienza vissuta reli­ giosa. Essasi prefigge u n icam en te di ap rire l’accesso al Nuovo Testam ento. In terp re terem o an zitu tto la L ettera d e ira p o sto lo Paolo ai Calati. Essa ebbe g ran d e im p o rtan za p e r il giovane L utero e, insiem e alla L ettera ai R om ani, è di­ ventata u n fo n d am e n to dogm atico. Dal p u n to di vista

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    religioso L utero e Paolo si c o n tra p p o n g o n o nel m o d o p iù radicale. Esiste u n co m m en to di L u tero alla L ette­ ra ai Calati,^ p e rò n o i d o bbiam o affrancarci dalla p ro ­ spettiva di L utero. Ciò n o n d im e n o vi sono nessi g en u i­ ni fra il pro testan tesim o e Paolo. La L ettera ai Calati co n tien e u n reso co n to storico in cui Paolo stesso n a rra la storia della sua conversione. E il d o cu m en to originario della sua evoluzione religiosa e costituisce an ch e dal p u n to di vista storico la testim o­ nianza della sua appassionata irruenza. L’u n ico altro testo da te n e re p resen te co n g iu n tam e n te so n o gli Atti degli Apostoli. A nzitutto è necessario cercare di com ­ p re n d e re la L ettera ai C alati da u n p u n to di vista ge­ nerale, allo scopo di p en etrare, sulla sua scorta, an ch e nei fen o m e n i fo n d am en tali della vita del p rim o cristia­ nesim o. Il testo greco originale è l’unico ch e p u ò essere as­ sunto com e base, sicché u n a reale co m p ren sio n e p re­ su p p o n e che si e n tri nello spirito del greco neo testa­ m entario. La m igliore edizione greca è il Novum Testamentum Graecum cu rato da Nestle.^ Se si utilizza, com e sussidio, u n a trad u zio n e, n o n si p re n d a quella di L u te­ ro, che è tro p p o d ip e n d e n te dal suo p erso n ale p u n to di vista teologico. Si consiglia la trad u z io n e di Weizsàcker (M ohr, T ù b in g en ), o p p u re q u ella d i Nestle.* N ella L ettera ai C alati Paolo è in lo tta co n gli Ebrei e con gli E brei cristiani. A bbiam o q u in d i a ch e fare co n la situazione fen o m en o lo g ica della lo tta religiosa 1. In epistolam Pauli ad Galatas rnmmentarius (1519), in Des Martin Luihers Werke. Kritische Gesamtausgabe, Bòhiau, Weimar, voi. II, 1884, pp. 436-618. 2. Novum Testamenium Graece cum apparatu critico ex editionibus et libris manu scnptis colleclo curavit Eberhard Neaik. Editio quinta recognita. Pi m legierte WÙTttembergische Bibelanitalt, Stuttgart, 1904. 3. Das Neue Testamenti a cura di K. Weizsàcker, decim a ediz., Mohr, Freiburg-Tùbingen, 1918. Novum Testamentum Graece et Germanice. Das Neue Testament grieckiich und deutsch, a cura di E. Nestle, Privi­ legierte W ùrttem bergische Bibelanstalt. Stuttgart, 1898,

    Le lettere dell’apostolo Paolo

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    e della lotta com e tale. Paolo p u ò essere visto nella sua lotta con la sua passione religiosa nella sua esistenza come apostolo, caratterizzata dalla co n tesa fra la « leg­ ge» e la «fede». Q uesta antitesi n o n è definitiva, m a provvisoria. Fede e legge sono en tra m b e m o d alità p a r­ ticolari della via della salvezza. La m eta è la « salvezza » (f( atoxripia), in definitiva la «vita» (t] Ccoti). In base a ciò si p uò c o m p re n d ere l ’atteg g iam en to fo n d am e n ta­ le della coscienza cristiana, secondo il senso « del co n ­ tenuto», «del riferim en to » e « d ell’attu azio n e» che le sono propri. Ciò che va evitato è la p ro iezio n e in te r­ pretativa di posizioni m o d e rn e . Tutti i concetti vanno com presi in base al contesto della coscienza cristiana. Da questo p u n to di vista l’in d ag in e storica dei teologi ha i suoi m eriti, p e r q u an to p ro b lem atici possano esse­ re p er la teologia stessa. La L ettera ai C alati p u ò essere suddivisa in tre parti principali: 1) dim ostrazione d e ll’in d ip en d en za della missione apostolica di Paolo e della sua vocazione da parte di Cristo; 2) co n fro n to fra la legge e la fed e (dap­ prim a in term in i teoretici, p o i applicazione alla vita); 3) vita cristiana nel suo com plesso, i suoi motivi e le sue tendenze di co n ten u to .

    15. Osservazioni singole riguardo al testo 1, 5: alcòv, «m o n d o » . Il tem p o p resen te h a già rag­ giunto la p ro p ria fine e dalla m o rte di Cristo ha avuto inizio u n nuovo alcóv. Al m o n d o p resen te è co n tra p p o ­ sto il m o n d o deH’etern ità. © li Só^a h a u n senso spe­ cifico. 1, 8-9\ la lotta p e r il «giusto V angelo». N o n ci si prefigge la salvezza dei C alati, giacché il cristianesim o originario va fo n d ato p iu tto sto su se stesso, senza ri­ guardo a form e di religione p rece d en ti, com e quella

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    IntToduiione alla fenomenologia della religione

    giudaicofarisaica. Va costituita la posizione religiosa p ro p ria di Paolo. 1, 10: im portante! F rattu ra co m p leta con il p rece­ d e n te passato, ossia con ogni concezione non-cristiana della vita. 1, 12: Paolo vuole d ire in o ltre di essere g iu n to al cri­ stianesim o grazie a u n ’esperienza o riginaria, n o n at­ traverso u n a tradizione storica. A ciò si ricollega u n a controversa teoria, discussa n ella teologia p ro testan te, secondo cui Paolo n o n avxebbe avuto u n a coscienza storica di Gesù di N azareth, m a avrebbe fo n d ato u n a sua nuova religione cristiana, u n nuovo p ro to cristian e­ sim o destinato a d o m in are il futuro; la relig io n e paolina, n on la religione di Gesù. N o n c ’è b isogno q u in d i di to rn are a u n G esù storico. La vita di G esù è del tutto indifferente. Q uesto, n a tu ra lm e n te, n o n è desum ibile dalla le ttu ra di un singolo passo. 1, 13: passo im p o rtan te p e r la caratterizzazione di Paolo. òvaaTpO(|)n: co n d o tta di vita, atteggiam ento di vi­ ta a cui sono rivolto. 1, 14: «fanatico». La passionalità di Paolo resta tale an ch e d o p o la sua conversione. ì , 16: Tol»; è0veoiv: n o n si sa se ciò gli si fece chiaro già con la vocazione o solo im poco alla volta. 1, 17: A rabia = G io rd an ia o rien tale; forse vita asceti­ ca, forse già evangelizzazione. 1, 18: vcTTopiioni (laTopelv); conoscere, quindi «sto­ ria». 2, 2: accentuazione del Tpéxeiv, « co rrere» . P aolo h a fretta, poiché la fine del tem p o è già iniziata. 2, 16: oiKaiovTai, «giudicare giusto», deriva dalla re­ ligione ebraica. La vita del singolo è im processo che si dispiega dinanzi a Dio. C o n tro ciò Gesù si rivolge in term ini etici («convinzione m o rale» ) nel discorso del­ la m ontagna. La Sisaiocfóvr] (vóno^ XpiOToìi) acquista in seguito un nuovo significato cristiano. Qui l’argo­ m entazione di Paolo è rabbinico-giudaico-teologica. Da questa im m agine va sep arata la sua p ecu liare posizio­

    Le lettere dell’apostolo Paolo

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    ne originaria. L’arg o m en tazio n e tratta dalVAntico Te­ stam ento è tip icam en te rabbinica. 2, 17: q uesta co nclusione ab absurdo si trova spesso in Paolo. 2, 19: m olto im p o rtan te! F orm a c o n c e n tra ta d ell’in­ tera dogm atica paolina. ÒTiéBavEv vó)iq) 6 ià vójiov p u ­ ram ente etico. Dato che Cristo si identificò con la leg­ ge, la legge è m o rta co n Lui (così p u re Paolo). 2, 20: decisivo p e r la «m istica» paolina. R eitzenstein richiam a l ’atten zio n e sul nesso della term in o lo g ia con l’Ellenismo.^ Tuttavia n o n si deve in te rp re ta re in m o­ do settorialm ente filologico (scritti erm etici). 3, 2: ÓKOfjc Tuioxeo)^: d all’ascolto cred en te. Cfr. Rm, lO .J is g g . 4, 3: vnò xà a to ix e la toù Koap-ox): sottom essi agli ele­ m enti del m o n d o . N ella S toa otoiX£ìov significa «ele­ m ento», com e già in E m pedocle. Filone G iudeo (co n ­ tem poraneam ente a Paolo) definisce i pagani rà aio iXeXa irincòvxeq. Cfr. 4. 9 e iO: le stelle sono considerate elem enti del m o n d o , le festività sono stabilite secondo le stelle. 4, 8: (tiferei un oùaiv 0eol(;. Gli oxoixeìa sono esseri divini. Cfr. versetto 1: la fase sotto i tu to ri è p arag o n ata alla fase sotto i sacerd o ti astronom i. 4, 9; YvYvtóCTKEiv n el senso di am o re (com e n el p ri­ mo versetto). L’am o re di Dio p e r gli u om ini è il fatto fondam entale, n o n u n a conoscenza teoretica. 4, 1-t: «N on vi siete scandalizzati p e r la m ia m alat­ tia » (m alattia co n cep ita in p iù occasioni com e co n cu ­ piscenza) , 4, 24: à^A-T|Yopoijpeva: l’in te rp re ta z io n e alleg o ri­ ca della S crittura era p raticata a quel tem p o d a Filone. Ayctp («A gar») in arabo significa « m o n tag n a» , ovvero; così è chiam ata quella m o n tag n a in arabo. 1. Cfr. R Reitzenstein, Die hellenislischen Mystmenreligionen nach ihren Grundgedanken und Wirkunjpm, 19T0, seconda ediz. riveduta, Teubner, Leipzig-Berlin, 1920. pp. 48-49.

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    Introduzione alla fenomenologia della religioìie

    4, 26: T) av(o lepo'uoaÀiìix; lo stadio finale della re­ denzione è descritto n e ll’Apocalisse di Baruc. 5, 5: il nesso fra Ttiaiic e èÀ-nii; (cfr. la L ettera ai Co­ rinzi) è im portan te. La b eatitu d in e n o n si com pie qui, m a è spostata neU’aicóv su p erio re. Cfr. la «corsa inces­ sante verso la m eta». 5. 11: TÒ 0K:fiv5d:?vOV loO ataupoO: questo è l'a u te n ti­ co caposaldo del cristianesim o, di fro n te al quale ci so­ n o soltanto fede o m iscredenza.

    16. L ’atteggiamento fondamentale di Paolo Paolo è in lotta. E sp in to ad afferm are l’esperienza cristiana della vita co n tro il m o n d o circostante utiliz­ zando a tale scopo i mezzi insufficienti della d o ttrin a rabbinica di cui dispone. D a questa d o ttrin a la sua esplicazione delF esperienza cristiana della vita riceve la sua stru ttu ra peculiare, il che n o n toglie ch e si tratti di u n ’esplicazione originale n ata dal senso della vita religiosa stessa. Essa p u ò essere sviluppata u lterio r­ m e n te n e ll’esperienza religiosa fo n d am en tale. I nessi teoretici rim an g o n o al m argine, e p p u re si giunge a un contesto esplicativo che si p resen ta con tratti simili a u n ’esplicazione teoretica. Si tratta di un rito rn o all’e­ sperienza o rig in aria e della co m p ren sio n e del p ro b le­ m a d ell’esplicazione rehgiosa. La Dogtìiengeschichte di H arn ack ’ com incia soltanto dal terzo secolo. A suo p arere solo la filosofia greca avrebbe dogm atizzato la religione cristiana. Tuttavia il vero p ro b lem a del «dogm a» nel senso d e ll’esplicazio­ n e religiosa sta n el cristianesim o delle origini. È ciò con cui abbiam o a che fare qui. La q u estio n e d e ll’espressione {«esplicazione») sem b ra seco n d aria, eppu1. Cfr. A. von H arnack, Lehrbuch der Dogmengrschichle, 3 voli., Mohr, Tùbingen, 1886-1890.

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    re con tale p ro b lem a a p p a re n te m e n te esteriore ci tro ­ viamo nel cu o re del fen o m e n o religioso stesso. N o n è un problem a tecnico, sep arato d e ll’esperienza religio­ sa, bensì, al co n trario , l ’esplicazione accom pagna sem ­ pre l’esperienza religiosa e la m uove. Qui la «legge» va intesa p rev alen tem en te com e leg­ ge rituale e cerim oniale. A nche com e legge m orale, che è solo secondaria. P er questo c ’è u n a lo tta della com unità ebraico-cristiana p e r la legge, co n cep ita co­ me ciò che fa d ell’E b reo u n Ebreo, èpyov vójioi): l’at­ teggiam ento di fro n te alla legge. Il co n fro n to tra la fe­ de e la legge è l ’elem en to decisivo; il com« della fede e del com pim ento della legge - com e mi rap p o rto alla fede e alla legge. La L ettera ai Filippesi (3, 13) m ostra l’atteggiam ento fo n d am en tale di Paolo. Specialm ente il terzo capitolo c o n d en e u n a argo­ m entazione dialettica c o n d o tta con sicurezza. E p p u re non si tratta di una fondazione logica, giacché essa n a­ sce piuttosto dalla coscienza della fede di questa stessa esplicazione. P er tale articolazione della coscienza del­ la fede l’espressione X,oyiCea0ai acquista il senso carat­ teristico di re n d e re com prensibile com e tale l ’atteggia­ m ento di fede p e r il singolo stesso, co n sen ten d o g li di appropriarsi di questo «senso com prensibile in term ini specificam ente religiosi». Paolo getta subito sul piatto della bilancia il suo arg o m en to teologico capitale: Abram o stesso è giustificato solo dalla fede. M a allora, che ne è mai della legge? 3, 2: èpycov vó^iod - sta in netta antitesi con O K o fi; t t ì o t e o ; (cfr. Rm, 10, Ì5 ; 14). L’adem pim ento della legge è im possibile, ch iu n q u e fal­ lisce in questo, solo la fede giustifica. Chi soggiace alla legge è m aledetto. 3, 7P offre u n a q u an tità di elem enti tesi a dim ostrare l’inferiorità della legge. Nel considerare il m o n d o religioso di Paolo ci si d e­ ve liberare d a ll’idea di selezionare certi concetti (co­ me 7rlaner la sog­ gettività. Da ultim o il p ro b lem a del « p o rre in risalto» {Abhebun^ : com e sono poste in risalto le datità del m ondo-

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    am biente, del m o n d o degli altri e del m o n d o del sé, che neH’esperire effettivo sono m escolate? Se n e può co nsiderare soltanto u n a alla volta. Q u esto p o rre in ri­ salto n o n è astrazione, dato che gli altri fatto ri sono co­ m u n q u e sem pre dati sim u ltan eam en te. La te n d en za n o n m ira a rarefare la fatticità storica, ossia ad acquisi­ re p rin cìp i generali di fen o m en o lo g ia della religione in base a u n esem pio. N on si persegue l’ideale di u n a costruzione teoretica, bensì l’o rig in arietà d ell’assolutam ente-storico {das Absolut-Historische) nella sua asso­ luta irripetibilità. Tutte le d o m a n d e della filosofia so­ n o in fondo d o m an d e riguardo al «com e», ossia, in sen­ so stretto, d o m an d e rig u ard o al m etodo. N ell’esplicazione della situazione relativa alla storia d ell’attuazione, la svolta {Wendung) in cui la situazione storica obiettiva si trasform a in situazione storica rela­ tiva alla storia d e ll’attuazione inco n tra, n e l corso del­ l ’esposizione, u n a difficoltà, e ce u n ’esplicazione imma­ nente dotata di una concettualità p iù originaria di quella cui siam o abituati, e dalla quale soltanto sem p re deriva e ha la sua origine quella p e r n o i abituale. L’au ten tica d o m a n d a p relim in are sul senso della co n cettualità fi­ losofica n o n è p iù stata posta d o p o Socrate. La co n cet­ tualità cui siam o abituati te n d e a ciò che è conform e aira tte g g iam e n to , alla co n sid erazio n e realistica. Se, da q u esta prospetdva, si g u ard a solo al p ro b lem a d e ll’e­ sposizione, si p u ò vedere com e ogni esplicato che è an­ n u n ciato nel discorso n o n sia co m preso fin tan to che n o n si è colto n ello stesso tem p o an ch e il co n testo del­ l’attuazione. Il co n cetto reale n o n p u ò essere assoluta­ m e n te p arag o n ato al co n cetto fenom enologico. U na considerazio n e o riginaria dei motivi relativi al p ro b le­ m a d e ll’im m edesim azione m ostra che n o n si tratta af­ fatto di questioni gnoseologiche. Il p ro b lem a deH’«im ­ m edesim azione » n o n p u ò essere risolto senza il fen o ­ m en o della tradizione (ossia d ell’esperienza storica ef­ fettiva della v ita). U na difficoltà è costituita dal fatto che noi, con le

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    nostre rappresentazioni, n o n possiam o in nessun caso im m edesim arci in Paolo. Essa tuttavia n o n coglie nel segno, poiché ciò che im p o rta n o n è affatto il caratte­ re reale del m o n d o -am b ien te di Paolo, bensì solo la sua specifica situazione. Il p ro b lem a deWesposizione, deìVimmedesimazione e deìVesplicazione «di singoli ele­ m enti resisi a u to n o m i» è posto in m o d o distorto. L ’e­ splicazione si distingue da og n i astrazione reale del­ l’atteggiam ento teoretico. In tal caso, infatti, Tastrarre è concepito com e a ttin en te e capace di co d eterm in are una regione reale. L’essenziale è che ciò che è stato astratto, a p rescin d e re d a ciò da cui è stato astratto, in seguito si m an ten g a stabile, di m o d o che il «ciò da cui» {das Wovon) rim an e in d ifferen te p e r il senso di ciò che è stato astratto. N o n ci in teressa qui il passag­ gio dal sostrato ( Unterlage) a ciò ch e è stato astratto. Esplicazione significa: se in essa si esplica in u n a d e te r­ m inata d irezione di senso, al suo in te rn o em erg o n o al tem po stesso an ch e le altre direzioni di senso, dove ciò che im p o rta è d e te rm in a re il «com e» di tale em erg e­ re. Si sostiene che n o n è possibile esplicare in u n solo colpo u n a direzio n e insiem e alle altre - ad esem pio il senso del c o n te n u to , il senso del riferim en to e il senso dell’attuazione - , m a questa obiezione rivela un com ­ portam ento co n fo rm e all’atteggiam ento. Le singole direzioni di senso n o n sono cose. Solo nel contesto concreto di u n a situazione si p u ò v edere com e questa difficoltà svanisca com pletam en te. La svolta dal contesto storico obiettivo alla situazione relativa alla storia d e ll’attu azio n e nasce a n c h ’essa d a connessioni ch e possono essere m ostrate n e ll’esperienza effettiva della vita. C on questa inversione si va poi a finire fu o ri della storia? Dove inizia il fen o m en o logico? Tale obiezione è giustificata, p e rò si basa sulla convinzione che ciò che è filosofico avrebbe u n a di­ m ensione p articolare. Ecco l’equivoco. La filosofìa è ritorno allo storico-originario {das Ursprùnglich-Histori-

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    sche). D u n q u e questa difficoltà n o n grava sulla n o stra riflessione.

    24. L a «situazione» L’inversione da ciò che è sto ricam en te obiettivo a ciò che è relativo alla storia d e ira ttu a z io n e è co ntenuta n e ll’esperien za effettiva stessa della vita. E la svolta verso la situazione. La paro la «situazione» è intesa qui com e term in e fen o m en o lo g ico , n o n è cioè im piegata p e r contesti obiettivi (n em m en o nel senso storico di « condizion e » [Lagé\ : p e r esem pio, situazione - ovvero condizione - disastrosa). D u n q u e la p aro la « situazio­ n e » è p e r n o i qualcosa di in e re n te al c o m p re n d ere co n fo rm e aH’attu azio n e e n o n designa n u lla di confor­ m e a u n ord in e. U n a m olteplicità di situazioni, o u n a m olteplicità all’in te rn o di u n a situazione, n o n posso­ n o essere co n cep ite com e contesto dì un o rd in e. N em ­ m e n o u n a sequenza di situazioni è u n a seq u en za con­ form e a u n o rd in e (cfr. la « d u rée co n crète» d i Berg­ s o n ),' La qu estio n e della delim itazione di u n a situazio­ n e è in d ip e n d e n te dalla d eterm in azio n e di u n ritaglio storico obiettivo, quale u n p erio d o storico o u n ’epoca storica. M a an ch e il p e rio d o storico obiettivo è qualco­ sa d i diverso da u u o spazio di tem p o definito in term i­ ni fisico-m atem atici. C ’è bisogno di u n ’in d ag in e parti­ colare p e r stabilire q u an d o u n a delim itazione storica obiettiva e u n a «delim itazione della situazione» {Situations-Abgrenzung) co incidono. P er la q u estio n e del­ l’u n ità o d ella m olteplicità della situazione è im por­ tante che la possiam o acquisire solo n tW indicazionefor•h

    1. Cfr. H. Bergson, Essai sur les données immédiates de la conscience, undicesim a ediz., Alcan, Paris, 1912, pp. 75-79 [trad. it. Saggio sui dati immediati della coscienm, in Opere 1889-} 896, a cura di P.A. Ro­ vani, M ondadori, M ilano, 1986, pp. 1-140],

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    male. L’u n ità n o n è logico-formale, bensì solo form al­ m ente indicata. L ’indicazione form ale consiste n el «né-né» {das «Weder-Noch»): essa n o n è né qualcosa di conform e all’o rd in am en to né esplicazione di u n a d e­ term inazione fenom enologica. N on possiam o p ro iettare u n a situazione né in u n determ inato am bito deH’essere {Seinsbereich) né nella «coscienza». N o n possiam o p arlare della «situazione di u n p u n to A tra i p u n ti B e C», U linguaggio si ribel­ la a ciò. E n o n possiam o farlo p erch é u n p u n to n o n è nulla di «egoico» {«ichlich»), L’«egoità» (Ichlichkeit) è com presa d a noi in m odo del tu tto in d e term in ato . A ciascuna situazione ap p artien e qualcosa di egoico. Ciò non significa che l’egoico di u n a situazione sia ciò che dà unità alla sua m olteplicità. A u u a situazione inerisce necessariam ente an ch e qualcosa di non-egoico {nichtichlich). N ulla è detto circa la relazione fra egoico e non-egoico. Q ui n o n sì in te n d e in tro d u rre alcu n a rela­ zione soggetto-oggetto, e n e p p u re stabilire - sulla scor­ ta di Fichte - che « l’io p o n e il n o n io».* Su ciò n o n di­ ciamo nulla. In ap p are n za la relazione fich tian a è af­ fatto universale, ep p u re p reg iu d ica già contesti del tu t­ to determ inati. Essa dice: «L’io p o n e la fo rm a della non-egoità {Nichtichlichkeit) », il che significa che a esse­ re posto n o n è il m o n d o effettivo. Fichte si lim ita a co­ gliere in m odo p iù n etto la situazione kantiana. L’e­ goico pu ò essere in ra p p o rto sia con l’egoico sia con il non-egoico, e q u est’u ltim o p u ò essere in ra p p o rto con se stesso. L’unica differenza che stabiliam o tra egoico e nonegoico è la seguente: «L’egoico è e h a ì\ non-egoico, il non-egoico «soltanto e n o n Aa». Q uesto, daccapo, co­ me indicazione del tu tto form ale. L’^ n o n deve essere l.J.G . Fichte, Grundlage deigesammien Wissensckaftslehre, 1794, nuo­ va ediz. curata e in tro d o tta da F. M cdicus, M ciner, Leipzig, 1911, p. 46 [trad. it. in Scritti sulla dottrina della scienza, a cura di M. Sac­ chetto, UTET, Torino, 1999].

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    Introduzione alla Jenomenologia della religione

    inteso n em m en o nel m odo ap p a re n te m en te più u n i­ versale, la predicazione, e ancora m eno com e esisten­ za, accadere reale, eccetera. Il problem a è l ’origine dei concetti ontologici {Seinsbegriffe). È l ’è predicativo del­ l’esplicazione teoretica a scaturire daU’«io sono» ori­ ginario, n o n viceversa. N ella m isura in cui l’egoico ha qualcosa, il p u n to di p arten za p e r la situazione p uò es­ sere p reso di qui, p oiché ciò che è avuto {was gehabt wird) sem bra darsi com e obiettivo. Esso offre u n p o ­ stulato p e r lo svolgim ento deU’esplicazione. Nel linguaggio co rren te il term ine «situazione» re­ ca in sé un significato che evoca la staticità. Si tratta di u n senso secondario che va accantonato. Tuttavia, an­ che una concezione «dinam ica» in cui si in ten d e il nesso fenom enico com e u n «fluire» e si parla di «flus­ so dei fenom eni» m isconosce la situazione. In questa prospettiva « situazione » significa «arresto ». Ma il con­ testo della situazione si p o n e al di là deH’alteniativa «statico-dinam ico». A nche l’im m agine d el fluire e del­ lo scorrere è conform e all’ord in e, e in tal caso l’om o­ geneità, se non espressam ente posta, è p er lo m eno sot­ tintesa. 11 tem p o della vita effettiva va acquisito p a rte n ­ do dal contesto d e ll’attuazione della vita effettiva stes­ sa, e solo su questa base si può d eterm in are il carattere statico, o p p u re dinam ico, della situazione com e tale. In term ini p u ram en te form ali concepiam o la situa­ zione come u n ità di una m olteplicità. Ciò che ne costi­ tuisce l’u n ità rim ane in d eterm in ato , ep p u re la situa­ zione n o n è u n am bito o m ogeneo di relazioni; la strut­ tura della situazione n o n si svolge in u n a o più dim en ­ sioni, m a in m odo del tutto diverso. Già il postulato di una considerazione fenom enologica, in q u a n to con­ form e all’ordine, n onché il tentativo di u n a descrizio­ n e conform e alla realtà, falliscono al cospetto del fe­ n o m en o stesso. Bisogna to rn are sem pre di nuovo al p u n to di p artenza e p re n d e re le mosse dalla «relazio­ ne d e ll’avere» {Habensbeziehnng) d e ll’egoico, poiché ciò che è avuto sem bra darsi in ogni caso com e qual-

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    cosa di caratterizzabile in term ini obiettivi: la relazione fra la gente cui Paolo si rivolge e Paolo stesso è così co­ me «g^itTha.

    25. L'«essere-divenuti)^ dei Tessalonicesi C ercherem o d u n q u e di capire in quanto che cosa {als was) Paolo ha la com unità di Tessalouica e come egli ce l’ha. A tale pro p o sito ci collegherem o a un d eterm in a­ to m om ento del resoconto storico obiettivo: Ai, 17, 4 ossia alla relazione di Paolo con i « taluni » che « aderi­ rono a lui» (koi xivE(; aùtctìv éneio&rioav Kal rtpooexX.T)pob9iiaav x(|i naTjXco). Q uesta relazione storica obiettiva si m an tien e con la svolta verso la «situazio­ ne»? In che m o d o si esprim e nella stesura delle lette­ re? N ella n atu ra della com unità (dei tivég) è co n te n u ­ to anche lo stesso Paolo. 1 Tessalonicesi sono tali da es­ sergli toccati in sorte. In loro egli coesperisce necessa­ riam ente an ch e se stesso. Postuliam o form alm en te la n atu ra della relazione di Paolo con coloro che si -«sono u n iti a lui». Egli esperisce i Tessalonicesi in d u e m odi: 1) esperisce il loro essere-divenuti {das Gfwordensein) {YevT\0fivai); 2) esperisce ch e essi h a n n o un sapere del loro esseredivenuti (olS aie, e c c e te ra ). Ciò significa che il loro es­ sere-divenuti è anch e un essere-divenuto di Paolo. Il loro essere-divenuti rig u ard a anch e Paolo. La dim o­ strazione concreta in base alla lettera è assai facile. Nel testo d ella P rim a L ettera ai Tessalonicesi risulta evidente l’uso freq u en te di: 1) yevéoOai, eccetera; 2) oìSoTE, |ivr|iioveùoate, eccetera. La ricerca m inuziosa della ripetizione della m edesim a p aro la sem bra u n ’o­ perazione esteriore, m a all’in te rn o della comprensione relativa alla storia dell'attuazione va co n cep ita com e tendenza rico rren te, ossia com e motivo. Si tratta di

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    qualcosa di diverso d alla rip etizio n e di u n evento n a ­ turale. A d 1. 1 Ts, 1, 5; 6\ 7sgg. Il contesto d e ire v e n to è ac­ cen tu ato qui in m odo p artico lare. Vi co m p are rip e tu ­ ta m en te rèyevTiBTì. N ello scrivere Paolo li vede com e coloro nella cui vita egli è p en etrato . Il lo ro essere-di­ venuti è collegato con il suo ingresso n ella loro vita (e'{ao5o(; 2, i) . 2, 5 éYevf|0Ti)iev; qui è caratterizzato il «com e» del suo presen tarsi (cfr. 2, 7; 8; 10; 14). Q ue­ sti passi acc en tu an o il fatto che p e r P aolo i Tessalonicesì ci sono p erch é egli stesso, e d essi n el lo ro esseredivenuti, sono recip ro cam en te collegad. A d i . o'iSaTE; 2, 2; 5 in ra p p o rto a YevéoOai. 2, 9^vt|)iovet)e'ce. 2, 11 oi5axe. 3, |iveiav. 4, 2 oiS ate. 4, 9 CIÒ xpf io.v èxETe Ypd(})eiv 'ù^ùv. 5, 1 oi) xp eia v èxExe r)(.iTv ypàea0ai. Q uesto sap ere è del tu tto diverso da ogni altro sapere e ricordare. Esso risulta soltanto dal contesto della situazione deU’esperienza cristian a del­ la \4ta. Il sap ere rig u ard o al p ro p rio essere-divenuti p o n e all’esplicazione nn co m p ito del tu tto p artico la re. Su q u esta base si d e te rm in e rà il senso d i u n a fatticità che è acc o m p ag n ata da u n sapere specifico. N oi sepa­ riam o l’u n o d a ll’altra il sap ere e la fatticità, m a q u e ­ sta è co esp erita in m o d o o rig in ario . P ro p rio rig u a rd o a q u esto p ro b le m a è possibile m o strare il fallim en to della «psicologia scientifica deH ’esp erie n za vissuta». O ra, Tessere-divenuti n o n è u n avvenim ento qnalsiasi nella vita, bensì è c o stan tem e n te co esp erito , in m o d o ch e il lo ro essere attu a le è il lo ro essere-divenuti. Il lo ro essere-divenuti è il lo ro essere attu ale . Possiam o cogliere m eglio q u esto fatto solo m e d ia n te u n a d e te r­ m inazione pili p recisa d e ll’essere-divenuti. E possi­ bile esplicare q u esto senso in base alla le tte ra com e tale? 1 T s ,l , 6: il yevéaOai è u n 5 éx eo 9 at xòv Xóyov, un «accogliere la p red ic azio n e » - év 9A.iyet TtoXX^ iietà Xapò;; - «in g ra n d e afflizione». Il 5 éx ec 9 ai h a porta-

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    to con sé l’afflizione, la q u ale p u re p e rm a n e , b e n c h é al tem p o stesso sia viva u n a «gioia» (lie tà che proviene dallo S pirito S anto (nve-ujiaTOi; ayiot)) e d è un do n o , d u n q u e n o n è m o tivata d alla p ro p ria esp e­ rienza. T utto ciò a p p a rtie n e alla caratterizzazio n e d el yevéoGai. 2, 13\ Xóyov Beo-O è al te m p o stesso genitivo soggettivo e genitivo oggettivo. L ’essere-divenuti è in ­ teso n el senso che acco g lien d o ciò ch e va accolto si entra in u n a in te ra z io n e co n D io. 4, 1: 7iapeÀd(ìeT£, avete accolto il come d ella c o n d o tta di vita cristiana, eccetera. C iò ch e è accolto rig u a rd a il « co m e» del com portar-si {das Wie des Sich-Verhaltens) n ella vita ef­ fettiva. A bbiam o d u n q u e d eterm in a to yevéoSai m ed ian te 8éxeo9ai, e poi m ed ian te TcapaXa^potveiv. Ciò ch e vie­ ne accolto è il «com e» del com portarsi. II passo p rin ­ cipale che chiarisce il co n testo è 1, 9-10. Si tratta di ìxn inversione assoluta, p iù precisam en te di u n volge rsivm o {ììinwendung) Dio e di u n volgersi-t/ia (Wegwendung) dagli dèi. L’assoluto volgersi-verso a ll’in te rn o del senso d ell’attuazio n e della vita effettiva si esplica in due direzioni: 6 ouÀei)eiv e àva^iéveiv, u n m u tare di­ nanzi a Dio e u n o sperare {erharren). Il sapere circa il p ro p rio essere-divenuti è l ’inizio e l’origine della teologia. Il senso di u n a costruzione concettuale teologica em erg e n e ll’esplicazione d i q u e ­ sto sapere e della sua espressione co ncettuale. Il 5éxeo 6 ai, secondo il sno «com e», è caratterizzato èv 9X,iyei («in afflizione»). L’accogliere consiste nel m ettersi dentro la necessità {Nat) della vita. C on ciò è connessa una gioia che giunge dallo S pirito S anto ed è incom ­ prensibile alla vita. TiapaXaj-iPdveiv n o n significa u n ap­ partenere, bensì u n accogliere rag g iu n g en d o u n ’in te­ razione vivente con Dio. L’essere p resen te di Dio si ri­ ferisce fo n d am e n talm en te al cam b iam en to di vita (icepiJtatelv). L’accogliere è in se stesso u n cam b iam en to dinanzi a Dio. Forniam o ora u n o schema formale del fen o m en o .

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    Senza una pre*comprensione dell’intero contesto non si può estrapolare nessun riferim ento singolo. Lo sche­ ma formale dell’esplicazione ha un senso solo nell’e­ sposizione formale, m entre non com pare neU'attuazione del com prendere fenom enologico. Nello sche­ ma formale manca l’autentico.

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    Ad 1, 9-10: il volgersi verso Dio è prim ario. Solo in base a esso e con esso si dà il volgere le spalle agli e'iSwXa, che è secondario. éjiicTpé(t)eiv Ttpòg tòv 6eòv àjiò m v eiScòXctìv (nel greco classico ei8a)X.ov significa , nei Settanta significa «idolo». Paolo lo trae di qui). AH’esplicazione spetta il com pito di determ inare il senso dell’oggettualità di Dio. Q uando Dio è conce­ pito prim ariam ente come oggetto di speculazione si ha un decadim ento dal com prendere autentico. Lo si capisce soltanto quando si attua l’esplicazione dei nes­ si concettuali. Questo però n o n lo si è mai tentato, poi­ ché la filosofia greca è penetrata nel crisdanesimo. Sol­ tanto Lutero ha fatto un tentativo in questa direzione, e ciò spiega il suo odio per Aristotele. 2, 20: 7 dp èoxe li 6ó^a tcai f) x^pó, «siete la mia gioia e la mia 5ó^a». oure ^rjroxjvieq àv0pón:o)v òó^av ovjte à(t)’ ìjjkòv (2, 6) sem bra essere in as­ soluta contraddizione con 2, 20. Paolo vuole conqui­ stare la sua personale assicurazione m ediante il suo successo presso i Tessalonicesi. Si intende qui il con­ trasto con i predicatori erranti greci, cui Luciano rim­ provera So^ox-QJiia (sete di gloria). 3, 8\ la vita di Paolo dipende dalla saldezza della fede dei Tessalonicesi. Egli dunque si rim ette com pletam ente al loro destino. I concetti di è^Ttiq, 5ó^a, hanno un senso partico­ lare, altrim enti sorgono contraddizioni. Per cogliere il senso del concetto siamo costretti a prendere in consi­ derazione il contesto fondam entale della vita di Paolo. L’intera struttura concettuale è diversa da ciò che si può pensare in un prim o m om ento. La forza stessa dei fenomeni ci costringe a ritornare a qualcosa di origi­ nario. AoviXeùfc'iv e àva^iéveiv determ inano, in quanto di­ rezioni fondam entali, ogni altro riferim ento. L’attesa della Jtapouaia del S ignore è decisiva. I Tessalonice­ si costituiscono p e r lui una speranza non in un sen­ so umano, bensì nel senso dell’esperire la jtapovjaia. Questo esperire è u n ’angustia {ftWvfri.;) assoluta, che ap­

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    Introduzione alla fenom enolopa della Telinone

    partiene alla vita dei cristiani come tali. L’accogliere (6éxeCT0ai) è un porsi-dentro (sich-hinein-stellen) la ne­ cessità. Questa angustia è un elem ento caratteristico fondam entale, una cura assoluta (absolute BekùmmeTung) neU’orizzonte della JtapoiKJia, vale a dire del Se­ condo Avvento alla fine dei tempi. Con ciò siamo en­ trati nel m ondo del sé di Paolo.

    26. L ’attesa della parusia Paolo vive in u n ’angustia particolare che gli è pro­ pria in quanto apostolo, ossia nell’attesa del Secondo Avvento del Signore. Questa angustia articola la spe­ cifica situazione di Paolo. Ogni attimo della sua vita si determ ina in base a essa, sicché egli, nonostante la gioia che lo anim a in quanto apostolo, è costantem en­ te sottoposto a una sofferenza. Questa com pare due volte ne! testo; p,T|KéTi aTéyovTeq, «non potevamo più resistere» (3, 1\ 3, 5). 3, 10: l’essere-divennti dei Tessalonicesi è al tem po stesso un nuovo divenire, ró ùatepiT^axa significa: c’è bisogno del com pletam ento. 2, 17'. p er Paolo i Tessalonicesi hanno nn significato assoluto. Per capire il suo com portam ento nello scrive­ re la lettera bisogna p rendere le mosse dalla sua angu­ stia. Gettiam o uno sguardo nlteriore sul m ondo del sé di Paolo considerando il passo 2 Cor, 12, 2-10. Per Pao­ lo il fatto decisivo non è l’avere ricevuto il dono del­ la grazia: qui egli taglia corto e non ci dice nulla in proposito. Il «come» dell’estasi è ignoto e irrilevante. 2 Cor, 12, 5: separazione dell’esistenza di estasiato da quella di apostolo. Paolo vuole essere visto solo nella sua debolezza e nella sua angustia. C’è in verità anche una ragione più originaria del p>erché l ’angustia sia propria del cristiano. atcóXox}/ ttì aapKi - si è molto di­ scusso di che cosa si tratti. Va inteso in term ini più ge­ nerali di quanto faccia Agostino, che lo concepisce co­

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    me concupiscentia. odp^, la «carne», è la sfera origina­ ria di tutte le passioni no n motivate da Dio. 2, 18: èvéxoyev ó oaiavàq, « Satana ce lo ha im­ pedito». Non ci si deve attenere airim m agine secondo cui Paolo parla di «Satana». Il concetto di Satana e la sua posizione nella vita del cristiano non possono esse­ re esplicati in base a quest’unico passo. NeU’A ndco Te­ stamento «Satana» ha semplicem ente il significato di ^^antagonista», «nem ico nella guerra», e più in partico­ lare di «colui che lotta contro ciò che Dio vuole». La questione prim aria non è speculare e interrogarsi se il diavolo ci sia e che cosa sia, bensì com prendere come esso sia presente e agisca nella vita di Paolo. Satana ostacola di continuo l ’opera di Paolo aum entando la sua angustia, ossia l ’assoluta cura apostolica per la sua vocazione nel tem po della fine. Cfr. 3, 5 ó neipa^tov, il «tentatore». In 3, 11 Paolo supplica Dio nella preghie­ ra (preghiera in senso decisivo) affinché gli apra la via che porta ai Tessalonicesi. Già in 2, i 7 egli si definisce «abbandonato» poiché da ultimo allontanato da lo­ ro. Alla preghiera corrisponde la chiusa della lettera 5, 27: «Vi scongiuro di leggere a tutù questa lettera». Questi m om enti: il non p o ter sopportare, il diavolo, la preghiera, l’im plorazione finale - tutto ciò rende possibile alla b u ona volontà u n a com prensione del­ l’angustia di Paolo. Da altre lettere, cfr. in proposito 2 CoT, 12. J ; 7. Per chiarire l’idea della TiapoDOia vanno confrontati i passi 1 Ts, 4, 13-18 e 5, 1-12. Ora, una volta caratteriz­ zata la situazione, passiamo a considerare lo scrivere lettere come form a della predicazione. L’interpreta­ zione che segue dovrebbe elim inare m olte difficoltà precedenu. Si tratta delle questioni seguenti; 1. Come stanno le cose riguardo ai defunti, che non \ivono pili laJiapouaia (4, 13-18)} 2. Q uando si attua la Jtapovaia (5. l-i2)? Affrontiamo dapprim a la seconda questione. Soltan­ to in base al «come» della risposta possiamo capire in

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    che m odo Paolo in te n d a la d o m an d a. Egli n o n vi ri­ sp o n d e in senso m o n d an o ; si tien e b e n lungi d all’affro n tarla in term in i gnoseologici, p e rò al te m p o stesso n o n dice n em m en o che sia u n a q u estio n e inconoscibi­ le. F ornisce la sua risposta m e tte n d o a co n fro n to d u e m odi di vita: ò tav Jiéycoaiv... versetto 3, e 5è... ver­ setto 4. Decisivo è il m o d o in cui m i ra p p o rto a ciò nel­ la vita autentica. N e risulta il senso del « q u an d o ?» , il te m p o e l ’attim o. Le difficoltà del c o m p re n d e re feno­ m enologico n o n so n o solo tecniche. Il senso d ell’in d i­ viduale, in q u an to senso di ciò ch e è in fin itam en te com phcato, qui n o n c ’en tra. Il c o m p re n d ere è difficile nella sua stessa attu azio n e, e la difficoltà cresce costan­ tem en te m an m an o che ci si avvicina al fe n o m e n o co n ­ creto. È la difficoltà d ell’im m edesim arsi, che n o n può essere sostituito n é d a u n o «sprofondarsi con la fanta­ sia» {sich-kinein-^hantasieren) né d a u n « co m p re n d ere em patico» {anverstehen), p o ic h é ciò ch e si esige è un attu are autentico. 2 CoT, 12, 2-10 cì h a fo rn ito u n o sg u ard o prelim in are sul m o n d o del sé di Paolo. L’elem en to strao rd in ario della sua vita n o n svolge p e r lui alcun ruolo. Soltanto q u a n d o è d eb o le, q u a n d o so p p o rta le necessità della sua esistenza, egli p u ò e n tra re in u n o stretto rap p o rto con D io. L’esigenza fo n d am en tale d e ll’avere-Dio {das Gott-Haben) è l’o p p o sto di ogni cattiva mistica. Decisivo diventa n o n lo sp ro fo n d am en to m istico, lo sforzo p ar­ ticolare, bensì so p p o rtare la debolezza d ella vita. Per P aolo la vita n o n è u n m ero flusso di esp erien ze vissu­ te, poiché essa «solo nella m isura in cui egli ce l'ha. La sua vita è sospesa fra Dio e la sua vocazione. Il m odo d ell’«avere» la vita stessa, che fa p a rte d e ll’attuazione d ella vita, au m en ta an co ra la necessità (9X.Ì14/15 ). O gni au ten tic o contesto d e ll’attuazione la au m en ta. Dal p u n to di vista m etodico, q u an to abbiam o o tte n u to fi­ n o ra va inteso nel senso che solo p a rte n d o di qui si c o m p re n d e ch e cosa Paolo abbia d a d ire ai Tessalonicesi. Ciò che egli dice loro, e il com e lo dice, sono

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    determ inati dalla sua situazione personale. C on u n o schema: Il «che cosa»

    ^che ---------------Paolo di ciò che è annunciato o ra ---------------si d eterm in a in base al fatto . com unica qualcosa ' ai Tessalonicesi

    Il « come »

    È questa la situazione an g u stian te in cui egli scrive la lettera; cfr. 1 Ts, 3, 10: -unepeKTtepiaaoi) è u n ’espressio­ ne m olto fo rte p e r «fervente»; tò "òaTepTiixaTa tt\.àpTi, « o n d e q u el g io rn o vi so rp re n d a co­ m e u n lad ro » . Ti|iépa ha u n d o p p io senso: 1 ) rispetto alla te n e b ra significa la «luce» del sap ere di se stessi u iol (j)C0 TÓi; èaTe 5, 5) ; 2) T\)jépa significa « giorno del Signore», ossia « g io rn o della T tapow ia». Q uesta è d u n q u e la m o dalità della risposta di Paolo. Essa («cer­ chiam o di vegliare ») ci fa vedere ch e la d o m a n d a sul « q u an d o » si rico n d u ce al m io c o m p o rtam e n to . Il m o­

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    do in cui la uapo"oaia sta n ella m ia vita rinvia all’attu a­ zione della vita stessa. Il senso del « q u a n d o » , del tem ­ po in cui vive il cristiano, h a u n carattere del tu tto p a r­ ticolare. In p reced en za, in term in i form ali, abbiam o specificato ch e « la religiosità cristiana vive la te m p o ra­ lità». Si tratta di u n tem p o senza u n p ro p rio o rd in e e senza p u n ti fissi, eccetera. È im possibile cogliere q u e ­ sta tem poralità in base a u n qualsiasi co n cetto ob ietti­ vo di tem po. Il « q u a n d o » ( das Wann) n o n è in nessun m odo concepibile in term in i obiettivi. Il senso di questa tem p o ralità è fo n d am e n tale an ch e per l’esperienza effettiva della vita, così com e lo è p e r problem i com e, ad esem pio, q u ello d e ll’e te rn ità di Dio. Già n e l M edioevo questi p ro b lem i n o n e ra n o p iù concepiti in m o d o o rig in ario a causa della p en etrazio ­ ne nel cristianesim o d ella filosofia platonico-aristoteli­ ca, e la n o stra speculazione attu ale ch e p arla di Dio n on fa che au m e n ta re il caos. Il culm ine dello svia­ m ento è raggiunto oggi co n la p ro iezio n e del co n cetto di validità in Dio. C onsideriam o o ra il cen tro della vita cristiana: il problem a escatologico. Già alla fine del p rim o secolo l’elem ento escatologico p re se n te n el cristianesim o fu occultato, e in ep o ca successiva tutti i concetti o rigina­ riam ente cristiani fu ro n o disconosciuti. A nche nella filosofia o d ie rn a i costrutti co ncettuali cristiani sono ancora celati d ietro l ’atteg g iam en to greco. Bisogne­ rebbe p re n d e re in co n sid erazio n e i Vangeli - i gran d i discorsi escatologici di G esù rip o rta ti n e i Vangeli di Matteo e di M arco - , che fo rn isco n o l ’im postazione fondam entale del p ro b lem a. L’indirizzo escatologico fondam entale è già tardo-ebraico, e la coscienza cri­ stiana n e costituisce u n a trasform azione peculiare. L’origine del senso dei co n cetti in q u estio n e è caratte­ ristica (cfr. l’Apocalisse di E sd ra).' Q u i si deve prestare 1. [Il cosiddetto q uarto libro di Esdra, scritto verso la. fine del pri­ mo secolo d.C., contiene u n ’apocalisse ebraica].

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    Introduiione alla fenomenologia della religione

    attenzione alla suddivisione delle direzioni di senso {contenuto, riferim ento, attuazione). Il «com e» del coglim ento della realtà, il «com e» della co m p ren sio n e degli eventi n o n sono d a attuarsi in term in i obiettivi e conform i all’atteg g iam en to in base al «sano b u o n sen­ so». P e r la co m p ren sio n e dei fen o m en i è necessaria piuttosto la co m p ren sio n e d ell’in te ra situazione. Qui, nel caso della d o m a n d a sul « q u an d o » della Tiapouaia, l’elem en to decisivo è «com e» P aolo risp o n d a, poiché soltanto in base a ciò si p u ò giudicare quello ch e dice. Per la vita cristiana n o n c ’è alcu n a sicurezza; e la co­ stante insicurezza è an ch e il tratto caratteristico di tu t­ te le «cose aventi un significato fo n d am en tale» (Grundbedeutendheiten) della vita effettiva. L 'in sicu ro n o n è ca­ suale, bensì necessario, e qu esta necessità n o n è n é lo­ gica n é naturale. Q ui, p e r vederci chiaro, si deve riflet­ tere sulla p ro p ria vita e sulla sua attuazione. C oloro «che dicono: p ace e sicurezza» (5, 3) si co n sacran o to­ talm en te a ciò ch e la vita arreca loro, occu p an d o si di ogni com pito della vita, quale ch e sia. S ono catturati da ciò che la vita offre, m e n tre, q u an to al sap ere di se stessi, sono n elle ten eb re. I cred e n ti, invece, sono figli della luce e del giorno. La risposta di Paolo alla d o m a n d a sul « q u an d o » del­ la Ttapoucna consiste d u n q u e n ell’esortazione a vegliare e a essere sobri. C’è qui u n a frecciata co n tro l’entusia­ smo, la sm ania di alm anaccare di coloro che, fiutando questioni com e quella del « q u an d o » della Kapoijaia, ci speculano sopra. Si p reo ccu p an o soltanto del «quan­ do», del «che cosa», della d eterm inazione obiettiva, ma non h an n o nessun vero interesse personale al riguardo. R im angono im pantanati nel m o n d an o .

    IV LA SEC O N D A LETTER A A I TESSA LO N IC ESI

    27. L'attesa dellaparusia nella Secoììda Lettera ai Tessalonicesi Nella sua esegesi delle d u e L ettere ai Tessalonicesi il teologo S chm ìdt (di Basilea) cerca di costruire u n ’a n ­ titesi tra la prim a e la seco n d a lettera.^ In base alla se­ conda lettera la TOpoxxria sarebbe p re c e d u ta d all’av­ vento deU’A nticristo co n g u e rra e d isordine, m en tre in base alla p rim a lettera sareb b e p re c e d u ta da pace e sicurezza, sicché arriverebbe inattesa. In base alla se­ conda lettera l ’A nticristo g iu n g ereb b e com e un avver­ timento e u n segno provvisorio. Ma tutto questo m et­ tere in gioco diverse visioni rappresentative in co n ­ trasto l'u n a con l’altra n o n è n ello spirito di Paolo. Egli non pensa affatto a risp o n d ere alla d o m a n d a sul «quando» della parusia. Il « q u an d o » è d e term in a to dal «com e» del com portarsi, che a sua volta è d eterm i­ nato dalFattuazione d ell’esp erien za effettiva della vita in ciascuno dei suoi m o m en ti. L’analisi d ella seconda lettera deve co n ferm are i nostri p re c e d e n ti risultati. Non entriam o nel m erito della qu estio n e d e ll’autenticità (cfr. H o llraan n , in '.fiai;;). I cri­ stiani d eb b o n o essere (c^fjTOi, chiam ati, in contrasto con i reietti (2, 13-14: nepvrcoir\oiQ 6 óqr\q: il darsi daffa­ re p e r la Só^a del S ignore - la cu ra). A coloro ch e lo h an n o com preso Paolo co n tra p p o n e quelli che, nel­ l’attesa della im m in en te m poi^aia, sm etto n o di lavora­ re e se ne vanno in giro senza fare n u lla (3, 11: |xr|5èv 1. [I dati corretti e com pleti sono: H.J. H oltzm ann, Ziim ziveiten Tkessalonickerbrief, in «Zcitschrift fùr neutestam entliche Wissen­ schaft», 2,1901, pp . 97-108, e G. H ollm ann, Die Unechtheit des zweiten Thessaloniche^rief, in «Zcitschrift fùr neutestam entliche Wis­ senschaft», 5,1904, pp. 28-38].

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    èpyaCojiévo'oq àXKà Tiepiepya^oiiévouq). C ostoro alm a­ naccano in to rn o alla q u estio n e ( 2 , 2 ) se la v en u ta del Signore sia prossim a, trasfo rm an d o in m ero ozio l'in ­ curanza n ei co n fro n d delle casualità della vita. Sono m o n d an am en te p reo ccu p ati n el m olteplice affaccen­ darsi del disco rrere e d e ll’oziare e sono di p eso agli al­ tri (cfr. 1 Ts, 4, 11). Insom m a, h a n n o inteso in altro m odo la p rim a lettera. Il passo 2 Ts, 2, 3-12 n o n va concepito com e u n ’«A po­ calisse» isolata. Cfr. 2, 5! N on si tratta di u n insegna­ m ento teorico. Q ui Paolo ci co m u n ica la com parsa d e­ gli uom ini d e ll’iniquità, p arla del figlio della perd izio ­ ne, deir antagonista e simili. Q u est’ultim o g iu n g erà prim a della n:apo\)0 ia (2, 3'. Jip(3xov). Dal p u n to di vista del c o n ten u to è giusto, m a n o n è questo ciò che im ­ porta p rio ritariam en te. Il passo è stato in te rp re ta to co­ sì: Paolo ci h a ripen sato , h a m itigato la sua d o ttrin a, non insegna più l’im m in en za della parusia, è diventa­ to più p ru d e n te e vuole tranquillizzare la gente. C on­ tro questa le ttu ra p a rla p e rò l’in te ro te n o re , l'in te ra m odalità espressiva della seco n d a lettera, ch e n o n co n ­ tiene alcuna atten u azio n e, bensì u n 'accre sc iu ta tensio­ ne, anche nelle singole espressioni. Tutta la le tte ra è ancora più an g n stian te della prim a, e n o n com unica un ripensam ento, bensì u n 'accre sc iu ta tensione. I Tessalonicesi vanno richiam ati a se stessi. Lo stile sovrac­ carico d e ll’espressione di Paolo p u ò essere com preso solo da questo p u n to di vista: ovunque, nella lettera, sono accentuati p ro p rio i contesti d ell'attu azio n e della vita effettiva. I passi seguenti sono caratterisdci in tal senso: 2 Ts, 1, 3 (e 2, 13): eùzotpioTeìv ò(t)elXo|iev. 1, 3\ m epa'u^ctvei f) nloni;. La 7il 0 n c n o n è u n ten ere per vero, altrim en ti lo i)Ji£pau^àvei n o n avrebbe alcun senso; il jtiaxeiieiv è u n co n testo d ell’attu azio n e su­ scettibile di intensificazione. Q uesta intensificazione è la garanzia della coscienza genuina.

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    Introduzione alla fenom enologia della religione

    4 év ùjiìv éyKa'uxàcrSai è un accrescim ento del icauXàa0av, del gloriarsi. 1, 11 Kàoo.v eùSoK’io'.v (il decidersi) àya.Qa)avvr{;. rtiCTTn; àA.ti6elai;: la verità sta nel con­ testo di riferim en to d ella fede). Q uesto dim ostra che la stessa rtiatic costituisce un co n testo d e ll’attuazione, che può subire u n a intensificazione. 2, 14 eli; TtepiTiolrioiv darsi da fare p e r la 8ó^a. 3, l 'iva ó X.óyO'; to ù K'upio’u TpéxTi: affinché la p redi­ cazione abbia corso. P e r c o m p re n d e re lo «stile sovraccarico d e ll’espres­ sione» (plero fo rìa) d o b b iam o figurarci Paolo neU’ang ustian te necessità della sua vocazione. Agli ànoXXtJjiévoii; m an ca l’attuazione g en u in a, che n o n p u ò in nes­ sun caso essere espressa in term in i positivi, d a to che il co n testo d ell’attuazione n o n p u ò essere esplicitato né in positivo com e m ero d ecorso d e ll’accadere né in ne­ gativo m ed ian te u n a q u alch e negazione. Il contesto d e ll’attu azio n e si d e te rm in a a n c h ’esso solo n e ll’attua­ zione e con l ’attuazione. Il g en ere di risposta data da Paolo si attu a nel m ed esim o senso della prim a lettera. Egli p o n e n u o v am en te a c o n fro n to d u e m odi della vi­ ta effettiva, b en ch é n o n lo si noti se si co n sid era solo l’aspetto co n tenutistico. N ella co siddetta «Apocalisse» (2 Ts. 2, 2-13) è c o n te n u to p ro p rio (2, 10) l ’elem ento

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    decisivo; ko I èv TiàoTi àrtOiXTi àSiKlai; toìt; ÒTioA.A.'unévoiq, àv6 cùv niv àydjtTiv ttìi; àX.T|9eia(; oviic èSé^avTO eli; tò

    o(o0fivai aÙTOiji;. La posizione decisiva è caratterizzata daH’oiJK: é6é^avTO. UoÙK (« n o n » ) n o n è n é un non privativum né un non negativum, m a h a piutto sto il senso del « n o n » «conforme all'attuazione» {das « vollzugsmàJSigeNickt»}. Il «non» «conform e all’attuazione» n o n è u n rifiuto dell’attuazione, n o n è un «porsi al di fuori» {sichheraus-stellen) d all’attuazione. Il « n o n » co n cern e la po­ sizione del contesto d ell’attuazione nei confronti del riferim ento d a esso stesso m otivato. II senso del « n o n » può essere ch iarito solo in base al contesto storico. Il 8éj(ea0ai senza oùk n o n h a alcu n a relazione. D ovreb­ be avere u n ’accentuazione positiva, e p p u re anche un «tuttavia attu are» (m« «dock Volhiehen») sarebbe fuorviante, poiché in tal caso ciò che ha carattere di attua­ zione sarebbe d efinito com e u n accadere. Invece, ciò che h a carattere di attuazione p u ò essere esperito solo nell’attuazione stessa, n o n p u ò essere oggettivato p e r sé. Da analoghi motivi deH’«al di là del sì e del no> {Jenseits v o n ja und Nein) n acq u e l’id ea della teologia negativa. Per sfuggire all’A nticristo in q u a n to A nticri­ sto bisogna anzitu tto essere p en etrati nel contesto del­ l’attuazione della sitnarione religiosa, p oiché l’A nticri­ sto appare com e Dio. II p ro b lem a della teologia n egati­ va com pare in fo rm a sbiadita nella m istica m edioevale.

    28, L ’annuncio dell’Anticristo Il senso d ell’an n u n c io d e ll’A nticristo è il seguente: bisogna riconoscere l’A nticristo com e tale. E b e n vero che egli si spaccia p e r u n dio (cfr. 2 Cor, 4, 4: ò Qeòc; t o ù alffivo^, Satana secondo Ire n e o ). D u n q u e a tal fine è necessaria la fatdcità del sapere. In base alla capacità di riconoscere l’A nticristo si d ecide chi è veram en te

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    cristiano. L’evento, che deve giungere prim a della jrapouala, è quindi, secondo il suo senso del riferim ento, qualcosa che riguarda gli uomini (àno/^Xi3pevov )cXfÌTOi £Ì(^ 5ó^av). Alla comparsa improvvisa dell'Anti­ cristo ciascuno deve decidersi, e anche il noncurante {der Unbekùmmerle) si decide per il fatto stesso di essere tale. Chi rim ane indeciso si è già posto fuori dal conte­ sto dell’attuazione della necessità dell’attesa, unendosi agli àjioA,X\)|j.evoi {cfr. 2 Cor, 4, 3). Nell’esegesi il fenom eno escatologico è considerato in term ini storici obiettivi. Si sostiene che gli uom ini di allora avrebbero creduto che fosse in atto la fine del m ondo (chiliasmo). Intorno al 120 d.C. questo feno­ m eno si esaurisce, benché in seguito il chiliasmo risor­ ga ripetutam ente nel chiliasmo medioevale e nell’avventismo m oderno. Si dice che queste rappresentazio­ ni chiliastiche sarebbero storicam ente condizionate, quindi prive di un valore di eternità. Si cerca di veri­ ficare la filiazione delle rappresentazioni escatologi­ che, e così si è condotti al tardo ebraismo, poi al giu­ daismo aulico, infine alle immagini della fiine del m on­ do di m atrice antico-babilonese e antico-iranica. In tal m odo si crede di avere «spiegato» Paolo, separatam en­ te da ogni vincolo ecclesiastico, ossia di avere stabilito quale fosse l’aspetto di Paolo come tale. Avremo m odo di vedere che proprio questa « obiet­ tività >* è som m am ente artificiosa, dato che u n a simile prospettiva non si chiede affatto se coloro che hanno rappresentazioni escatologiche di tale genere le abbia­ no anche in quanto rappresentazioni. Nella misura in cui no n si esita a parlare di «rappresentazioni», si di­ sconosce il fatto che l’escatologico non è mai prima­ riam ente rappresentazione. E certam ente vero che il contenuto della rappresentazione non può essere escluso, però lo si deve avere nel suo senso {del riferi­ m ento) peculiare. Il com prendere, conform e all’attua­ zione, partendo dalla situazione, elimina queste diffi­ coltà. Chiarire come sia accaduto che la storia dei dog­

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    mi (la storia della religione) abbia assunto la posizione «conforme alla rappresentazione» (vorstellungsmà^ig) or ora criticata costituisce p er la storia dello spirito un serio problem a, che riguarda m olto da vicino il con­ cetto stesso di filosofia. Il problem a capitale, peraltro, non concerne il m odo in cui la storia dei dogmi è per­ venuta a questa im postazione rappresentativa, bensì il perché essa non si sia m ai orientata diversamente. Origene colse questo problem a nelle sue Comm.entationes al Vangelo di Giovanni e a singoli scritti deH’Antico Testamento. Anche Agostino vide bene il proble­ ma della storicità contenuto n e n ’esperienza cristiana della vita.* L’impostazione che, anziché pren d ere le mosse dal contesto dell’attuazione di volta in volta da­ to (ad esempio quello della creazione arristica o dell’e­ sperienza vissuta religiosa), induce a plasmare un con­ cetto generale dello storico p er trasferirlo poi entro i singoli m odi di porre il problem a, è sbagliata. Analo­ gamente, i m etodi filosofici guastano il senso della sto­ ria della religione. Ciò che Paolo dice ha una peculia­ re funzione espressiva da cui non si può estirpare il «contenuto rappresentativo» p er confrontarlo, ad esempio, con contenuti rappresentativi antico-babilo­ nesi. Ciò che im p o ru è il contesto originario dell’at­ tuazione in cui si colloca l’escatologico in Paolo, indi­ pendentem ente dalle connessioni sussistenti fra le rap­ presentazioni escatologiche persiane ed ebraiche. Lo «sperare» {erharren) non è un «attendere» {erwarten) conforme all'attuazione, bensì un SouXeueiv 0e(T). Lo «sperare» sta nel contesto dell’attuazione del­ l’intera vita cristiana (si veda lo schema a p. 136). Così la Seconda Lettera ai Tessalonicesi risulta facilmente comprensibile, nonostante alcune difficoltà. Rispetto alla prima lettera la situazione è m utata in questo sen­ so: la frase « il giorno del Signore giunge come un la1. [Cfr. i! corso su «Agostino c il neoplatonismo», in questo volu­ me alle pp. 205-379],

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    dro di notte » è intesa da alcuni nel m odo giusto (quie­ ta [?] speranza), da altri in modo sbagliato. Gii uni ab­ bandonano il lavoro, se ne stanno in ozio e chiacchie­ rano, poiché lo attendono ogni giorno, m entre gli altri - quelli che lo hanno com preso - devono essere dispe­ rati, poiché la necessità si intensifica, e ciascuno sta so­ lo dinanzi a Dio. A costoro Paolo risponde ora che la necessità è un èvSeiyiia della vocazione, m entre re­ spinge seccamente gli altri. L'evento della parusia se­ condo il senso del suo accadere è d unque riferito agli uomini, che (cfr. 2, 10) possono essere distinti in chia­ mati e reietti. I reietti (à?roA.A.U)ievoi) sono stati acceca­ ti dal Signore di questo m ondo, cioè da Satana. Essi non sono in grado di SoKijid^eiv ( i Ts, 5, 21), ossia di esaminare.

    29. Dogma e contesto dell’attuazione È evidente quanto poco Paolo offra in termini teoreticodogmatici, anche nella Lettera ai Romani. La situazione non si presta alla dimostrazione teoretica. In quanto contenuto dottrinale separato, inteso nel suo risalto conoscitivo-obiettivo, il dogm a non potè mai svolgere una funzione di guida per la religiosità cristiana; al contra­ rio, la sua genesi è comprensibile solo in base airattuazione dell’esperienza cristiana della vita. Anche il co­ siddetto contenuto dottrinario dogmatico della Lettera ai Romani è comprensibile solo in base all'attuazione in cui Paolo si trova e in cui scrive ai Romani. Il suo pro­ cedim ento dimostrativo non è mai un nesso fondadvo puram ente teoretico, bensì sempre un nesso originario del divenire, tale che anche in una dimostrazione risu^ ta alla fin fine soltanto « mostrato ». Qui l’elem ento do­ m inante è cosdtuito dal confronto fra com portam end fondam entali della vita pratica: 0(0^ó)aev0 i e ànoXÀùnevoi, che non significa «reietd», bensì l’«essere nello

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    stato del venire reietti », eccetera. II participium praesentis al posto del participium perfecti pone l’accento sull’at­ tuazione ancora perdurante. Si tratta di un assumere che è un estrem o decider-si {sich-entscheiden). L’oùk 5éxea0ai ha un significato positivo in quanto esclude che si debba conoscere. Nel 6éxecr6ai si fonda­ no dunque lo ei5évai e il 5oKi|idi^eiv. Sotto la pressio­ ne della sua vocazione di predicatore, Paolo vede nella vita questi due tipi um ani. Il 6éxecr0ai àydTiriv (l’am ore in quanto attuazione) àA.r|0eiai; intende un contesto dell’attuazione che rende idonei a 8oKi|jai^eiv il divi­ no. Solo in base a tale 6oKt|aói^eiv il sapiente intuisce il grande pericolo che minaccia l’uom o religioso: colui che non ha assunto l’attuazione non è p er nulla in gra­ do di vedere l’Anticristo che fa la sua comparsa sotto le sembianze del divino (àvTiicei|aevo^ ÈJtl Ttóvia Xeyólievov 0eóv), sicché ne diventa schiavo senza nem m e­ no accorgersene. Questo pericolo si rivela solo all’uo­ mo di fede, e proprio contro il credente è diretta l’ap­ parizione dell'Anticristo, che costituisce una «prova» per il sapiente. Gli à7ioA.A.ù|ievot credono (2, 11) allo Veì)6oi;, si lasciano ingannare precisam ente nel loro estremo affaccendarsi riguardo alla « sensazione » (Sensation) della parusia, decadono dalla cura originaria per il divino. Per questo saranno assolutamente annien­ tati - Paolo non conosce alcuna m era post-esistenza {Postexistetiz) dei dannati nella lontananza da Dio - e perderanno la L’apparire dell’Anticristo nei pan­ ni del divino facilita la tendenza decadente della vita. Per non diventarne schiavi bisogna dunque tenersi co­ stantemente preparati. L’apparire dell’Anticristo non è un avvenimento pu­ ramente passeggero, bensì qualcosa in cui si decide il destino di ciascuno, anche di colui che già crede. In quanto àvTiKeijievoi; - ovvero « colui che si pone con­ tro il divino» - egli è nem ico dell’uom o di fede, ben­ ché compaia egli stesso nella form a del diviuo. Il di­ ventare manifesto (àjioKaXtJ(()0fivai) è tale soltanto per

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    InlToduzione alla fenomenologia della religione

    colui che ha la possibilità di distinguere. Ne deriva il monito (2 Ts, 2, 3) a non lasciarsi ingannare. 2, 11: i reietti credono alla menzogna, non sono indifferenti, sono estrem am ente affaccendati, però si ingannano e diventano schiavi dell’Anticristo. Essi quindi non ac­ cantonano come insignificante l’elem ento cristiano, bensì mostrano una peculiare intensificazione che com­ pleta la loro cecità e rende perfetto il decadim ento in seno all’anti-divino, di modo che un ritorno indietro è impossibile. In Paolo l’essere dannati significa un asso­ luto essere annientati, un assoluto nulla: non vi sono come nella dogmatica di epoche successive - stadi in­ fernali. M ediante il com portam ento apologetico della difesa dal paganesimo e dalla sua scienza fu attuata in forma obiettiva una nuova impostazione regressiva e intensificata dell’esperienza cristiana della vita. II TtpcùTOv èA.0^ {2, S) non significa una proroga, ben­ sì, nel senso della fatdcità cristiana, proprio l’inten­ sificazione della necessità estrema. Perciò Paolo (2, 15) riassume la sua esposizione escatologica: apa oùv, à5£Xol, atTiKETe koI Kpatelie tài; JtapaSóoEic; (tradizio­ ne?) ai; èSiSóx&nte 5ià Xóyot) eu e 5i' èTtiaToA-fi; niicòv. Per il cristiano può essere decisivo solo xò vvv del contesto dell’attuazione in cui egli effettivamente si tro­ va, non già l’attesa di un evento messo in risalto in quan­ to stante nella temporalità come futuro. Nel tardo ebraismo l’attesa del Messia mira primariamente a un sifiFatto evento futuro, l’apparizione del Messia, alla qua­ le altri uomini saranno presenti. Il quarto libro di Esdra mostra già la conoscenza della prevalenza cristiana del­ l’attuazione rispetto al contesto atteso dell’evento. Sol­ tanto in base a quel contesto dell’attuazione con Dio si sviluppa qualcosa come la temporalità. 2 Ts, 2, 6-7: Kal vCiv lò icaxéxov (ciò che trattiene l’Anticristo) o'iSatE. tÒ yòp |j\)oTiipvov iior) évepyEÌxai tfjg àvo^ia.;. Teodoreto,’ Agostino e altri vedono nel Kaxéxov il 1. [Vescovo di Cirro nel Nord della Siria (393^66 d.C. ca)].

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    rude ordinam ento d eirim p ero rom ano che reprim e la persecuzione dei cristiani da parte degli Ebrei. Que­ sto passo potrebbe valere come obiezione contro la nostra argomentazione. Qui Paolo sarebbe interessato al dato obiettivo. Tuttavia: il mistero del peccato {^uOTT^piov xfjc; àvo)iiai;) è già all’opera - ed è questo il fat­ to decisivo. Il peccato è un mistero tanto quanto la fe­ de, jjóvov ó KOTé^ctìv apxi écoc èk fiéaou yévrjTai. I ver­ setti 6-7 racchiudono il problem a dell’atteggiamento cristiano nei confronti del m ondo degli altri e del m on­ do-ambiente non cristiani, quindi il problem a della storia della salvezza. Su questa base diventa com prensi­ bile 1 Ts, 4, 13-. o\ ÀciTioì Gl |iTÌ èxovTEi; èXniba {vno^JOVl^v èÀJtiSo.;). Vale a dire: tutti coloro che stanno al di fuori del contesto cristiano del divenire sono impo­ tenti di fronte alla questione dei defunti. Nello stesso modo in cui ha risuscitato Cristo, Dio chiamerà a sé, con Cristo, anche i m ord: « Questo noi crediam o» (Jtioteuon^v). Però non abbiamo bisogno di occuparci di simili curiose questioni, poiché la fede ci dà certezza. Me, 9, 1: alcuni di voi uon m oriranno prima che la paoiX^ia Tovi 0eoù giunga év 8\)vd(iev. i\nche Paolo attendeva la parusia prim a ancora del­ la sua morte. La gran pom pa in cui l’Anticristo appare facilita la fede ai credenti, se sono già decisi. La decisio­ ne stessa è ìTiolto difficile. L’attesa dev’essere già tale che, m ediante la fede, l'inganno dell’Anticristo sia ri­ conosciuto come inganno. In questo caso, dunque, il «prima» {das «Zuvor») è intensificazione della supre­ ma necessità. Perciò (2, 15) Paolo dice soltanto: state saldi e conservate le tradizioni di cui avete esperienza. Le questioni di contenuto non possono essere com­ prese separatam ente. In senso proprio anche la con­ trapposizione fra la dogmatica e la morale è sbagliata, n dtolo stesso «escatologia» è im proprio, poiché è preso dalla dogmatica cristiana e indica la dottrina del­ le cose ultime. Ma non è in questo senso teoredco-disciplinare che noi qui lo intendiam o.

    CARATTERIZZAZION E D E L L ’ESPER IEN ZA p r o t o c r i s t l «lNa d e l l a v i t a

    30. Esperienza effettiva della vita e pedicazione SuH’oggetto della predicazione; d o b b iam o distin­ g u e re tra l’an n u n cio dei Sinottici e quello di Paolo. Nei V angeli sinottici G esù a n n u n c ia il Regno di Dio, f) paaiXeio. xo-0 Beox) {Le, 16, 16). N ell’an n u n cio paolino l'oggetto effettivo della predicazione è già Gesù stesso in quanto Messia. Cfr. 1 Cor, 15, 1-11. Q ui si trovano i passi d o ttrin a li essenziali di Paolo, i quali tuttavia so n o e ri­ m an g o n o radicati nel come, n ella vita: n o n si tratta di u n a d o ttrin a specificam ente teoretica. Cfr. Rm, 1, i e Rm, 10, 9: la resu rrezio n e e il rico n o scim en to del Fi­ glio d i Dio in q u an to Signore sono le condizioni fon­ d am en tali della salvezza. Il co n cetto di V angelo come l’ab biam o n o i o g ^ esiste solo da G iustino e Ire n e o in poi, ed è co m p letam en te diverso d a quello paolino (carattere di attu azio n e). La p rim a frase del Vangelo di M arco h a an co ra il senso o rig in ario («Inizio del V angelo di G esù C risto», «àpxiì totj eijaYYfAlou 'lriooi5 Xpiotoi)», dove p eraltro «Gesù Cristo» è da intendersi com e genitivo oggettivo). L ’esperienza effettiva della vita dei cristiani è deter­ m in ata sto ricam en te in q u a n to inizia sem p re con la predicazione. II ra p p o rto del cristiano con il m ondo-

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    am biente è trattato in 1 Cor, 1, 26-27; 7, 20. Le signi­ ficatività {Bedeutsamkeiten) della vita rim an g o n o , m a nasce u n nuovo com portam en to . Proseguiam o n e ll'a p profondim ento del p ro b lem a della p red icazio n e la­ sciando d a p arte l ’aspetto contenutistico. D obbiam o ora dim ostrare ch e la religiosità cristiana vive la tem ­ poralità. Bisogna c o m p re n d e re se p e r il cristiano i rife­ rim enti relativi al m o n d o degli altri e al m ondo-am ­ biente abbiano u n senso, e se sì, in che m odo. L’effet­ tiva esperienza cristiana della vita è d e te rm in a ta stori­ cam ente dal fatto di nascere con la p red icazio n e, la quale coglie l’u o m o in un d ato m o m en to e p o i vive co­ stantem ente e sim u ltan eam en te n e ll’attu azio n e della vita. A sua volta questa esp erien za della vita d e term in a i riferim enti che co m paio n o al suo in tern o . Con tu tta la sua origin arietà, la fatticità pro to cristia­ na non diventa in nessun caso n é strao rd in a ria n é p ar­ ticolare. P er q u an to assoluta possa essere la trasform a­ zione dell’attuazione, rig u ard o alla fatticità m o n d a n a tutto rim ane com e prim a. L’accentuazione della vita cristiana è co nform e a ll’attuazione: 1 Ts, 3, 5; 5, 9. Tut­ ti i contesti p rim ari d e ll’attuazione co nvergono verso Dio e si attu an o dinanzi a Dio. Al tem po stesso l’àv ajiéveiv è u n o sperare in Dio. N o n si tratta delle si­ gnificatività di u n c o n te n u to fu tu ro , bensì di Dio. Il senso della tem poralità si d e te rm in a in base al ra p p o r­ to fondam entale con Dio, sia p u re in m an iera tale che soltanto chi vive la tem p o ralità in m odo co n fo rm e al­ l’attuazione co m p re n d e l’etern ità. Solo in base a q u e­ sti contesti d e ll’attuazion e si p u ò d e te rm in a re il senso dell’essere di Dio. A ttraversarli è la co n d izio n e p reli­ minare. Ci si deve ch ied ere in o ltre in ch e m o d o d a siffetti contesti dcH’attuazione em erg a la co n ce ttu a lità dogmatica. L ’essenziale è che la p red icazio n e rim an g a sempre co m p resen te in m o d o vitale, e n o n solo com e grato ricordo. In questo essere-divenuto, co m e deve com portarsi il cristiano nei co n fro n ti del m o n d o -am b ien te e del

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    Introdtuione alla fenomenologia della religione

    m ondo degli altri ( i Cor, 7, 20; 1, 2 6 sgg. a 0(])0Ì, 6w atei, eùyeveii;)? - tò òvxa: si ha di m ira la realtà della vi­ ta m ondana. La realtà della vita consiste nella tenden­ za ad appropriarsi di tali significatività. Esse però, al­ l’interno della fatticità della vita cristiana, non diventa­ no in nessun caso dom inanti. Al contrario, èv xf\ )cA,floei ixevétco! Si tratta soltanto di acquisire un nuovo com portam ento fondam entale in rapporto a ciò. Que­ sto va messo ora in luce secondo la struttura conforme all’attuazione. Le significatività della vita reale effetti­ vamente esistenti sono vissute eòi; ^f), « come se non » {als ob nicht).

    31. // senso del rifeninento della religiosità protocristiana Va determ inato il senso del riferim ento della religio­ sità protocristiana riguardo al m ondo-am biente, al m ondo degli altri e al m ondo del sé. Da quest’ultimo va inoltre distinto il sé vero e proprio. Esattamente i ri­ ferim enti relativi al m ondo del sé sono i più difficili da cogliere, dato che la cura relativa al m ondo del sé por­ ta con sé la parvenza. Paolo sa bene che queste direzio­ ni de! riferim ento richiedono una caratterizzazione peculiare, che egli fornisce servendosi di concetti ap­ parentem ente correnti: jtveii|ja, vi/ttXH' Proprio questi concetti offrono un tipico esempio di come una direzione errata della com prensione sia incapace di cogliere il senso autentico. Li si intende infatti come proprietà e determ inazioni cosali, ma solo la giusta esplicazione dei contesti di senso consente un con­ fronto nel quadro della filosofia della religione. Prima di ciò ogni raccolta di materiale non ha la benché mi­ nim a utilità per la com prensione. L’esplicazione va m antenuta a un prim o livello. Ci sono limiti soggettivi del com prendere: icaivTÌ Ktlai^, Gal, 6, 15 (Kyriali;, vocazione). Evidente è ì Cor, 7, 20.

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    Ciascuno deve rim anere nella vocazione in cui si trova. Il 7evéCT0ai è un fiéveiv. Per quanto radicale sia la tra­ sformazione, qualcosa rimane. Come va inteso tale ri­ manere? È anch’esso coinvolto nel divenire, di modo che il senso del rim anere secondo il «che cosa» e il «come» si determ ina solo in base all’essere-divenuto? Emerge così un contesto di senso peculiare: questi rife­ rimenti al mondo-ambiente non ricevono il loro senso dalla significatività del contenuto cui mirano, bensì, ai contrario, è in base all’attuazione originaria che si de­ terminano il riferimento e il senso della significatività vissuta. In term ini schematici; qualcosa rimane invaria­ to, eppure viene radicalmente trasformato. Abbiamo qui un campo di ingegnosi paradossi, ma non giova a nulla! Le formulazioni sottili non esplicano niente. Ciò che viene trasformalo non è il senso del riferi­ mento, e ancora m eno ciò che attiene al contenuto. Il cristiano non esce quindi fuori dal mondo. Se uno rice­ ve la vocazione di schiavo, non deve assolutamente ce­ dere alla tentazione di credere che, con l’aum ento del­ la sua libertà, potrebbe ottenere qualcosa per il suo es­ sere. Lo schiavo deve rim anere schiavo. È indifferente quale sia la sua im portanza in relazione al mondo-am­ biente. Lo schiavo, in quanto cristiano, è libero da ogni vincolo. Il Ubero, invece, in quanto cristiano, diventa schiavo dinanzi a Dio (il yevéaGai è un òouXfueiv di­ nanzi a Dio). Le direzioni di senso che mirano al m on­ do-ambiente, aU’attività svolta e a ciò che si è (m ondo del sé) non determ inano in alcun modo la fatticità del cristiano, eppure ci sono, vengono m antenute e solo così sono attribuite in senso proprio. In virtù dell’essere^iivenuti, le significatività relative al mondo-ambien­ te si trasformano in beni temporali. Il senso della fatticità secondo questa direzione si determ ina come tem­ poralità. Finora il senso del riferimento concernente il mondo-ambiente e il m ondo degli altri è stato determ i­ nato in termini puram ente negativi. Dato che questi ri­ ferimenti non hanno com unque la possibilità di moti-

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    vare il senso arcontico della religiosità protocristiana, sorge la d o m an d a positiva circa il rap p o rto del cristia­ n o con il m ondo-am biente e il m o n d o degli altri. C onsideriam o o ra il senso del riferim en to in cui il cristiano si trova risp etto al m on d o -am b ien te. Si tratta di rap p o rti diffìcili, dato che p ro p rio le relazioni con il m o n d o del sé sono colpite nel m odo più m arcato dal­ l ’esse re-divenuto cristiano. Lo stesso P aolo tocca tali rap p o rti solo brevem ente, m a con p recisione (C o re F il). Egli sa b en e che questa d irezione del riferim ento richiede u n a caratterizzazione specifica (7tve\)p.a-spirito, oap^-cam e). Di solito tali concetti sono intesi com e co rrisp o n d en ti alla situazione. I rapp o rd con il m o n d o -am b ien te e il m o n d o degli altri contribuisco n o a costituire la fatlicità; p erò sono beni tem porali in q u an to sono vissuti nella tem poralità. 1 Cor, 7, 29-32: sappiam o che il YevéoSai è 6 o\)A£ueiv e àvaiaéveiv. Qui: Kaipòq ouveaTa/.iiévo(;. Resta an­ cora soltanto poco tem p o , il cristiano vive costantem en te n eir« a n co ra-so lta n to » {das Nur-Noch) ch e ac­ cresce la sua angustia. La te m p o rah tà co n ce n trata {lusammengedràngle Zeitlichkeit) è costitutiva della religio­ sità cristiana; u n «ancora-soltanto»; n o n c ’è tem p o per rim an d are. I cristiani d eb b o n o essere tali che coloro i quali h a n n o u n a d o n n a ce l’h an n o in modo tale da non averla, eccetera. lò tc ù kóohou: la figura del m o n d o passa; la p aro la oxf)(iCK n o n è intesa tan to in ter­ m ini obiettivi, q u an to piuttosto nel suo corrispondere a u n com portar-si. Rm, 12, 2 m ostra co m e va com preso lo oxiÌ|Act: Kal M-fi oDCJXTìixati^ecFGe t à aldivi toiìtco. Ciò consente di cogliere il carattere di attuazione dello oxilM-ct. I rap p o rti stabiliti da P aolo vanno intesi in ter­ m ini non etici. Perciò N ietzsche sbaglia q u a n d o gli rim­ provera il ressentiment, che n o n rie n tra afìfatto in questa sfera. In tale contesto n o n si p u ò asso lu tam en te parla­ re di ressentiment. Se si sposa questa prospettiva si di­ m ostra di n o n avere capito nulla. Si è ten tati di trad u rre lo «ex; nf)» con «com e se» {ah

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    ob), ma n o n è corretto. «C om e se« esprim e u n conte­ sto obiettivo e spinge a riten ere che il cristiano dovreb­ be escludere i riferim enti al m ondo-am biente. In ter­ mini positivi lo Ws significa u n nuovo senso che soprag­ giunge. II p.11 riguarda il contesto d ell’attuazione della vita cristiana. Tutti questi riferim enti subiscono di volta involta, n e ll’attuazione, un ritardo, sicché nascono dal­ l’origine del contesto cristiano della \ita. La vita cristia­ na non p ro ced e in m odo lineare, m a è infranta: tutti i riferimenti reladvi al xnondo-am biente d eb b o n o passa­ re attraverso il contesto d ell’attuazione d ell’essere-divenuto, in m odo che esso sia com p resen te, e tu tia\ia tan ­ to i riferim enti com e tali, q u an to ciò a cui essi m irano, non siano in nessun caso toccati. Chi h a orecchie p e r intendere, intenda. Il fatto che la vita cristiana sia «se­ parata» {abgesondert) ha un to n o negativo. C om preso in m odo autentico, il contesto d e ll’esperienza \issuta può essere colto soltanto in base all’origine del co n te­ sto protocristiano della vita. In verità, nella vita cristia­ na c’è anche un contesto vitale n o n in fran to {ungebrochen) a u no stadio della spiritualità, il che n o n ha nulla a che fare con l ’arm onia di u n a vita. C on l’essere-infranto (Gebrochenheit) la necessità e l’afflizione dei cri­ stiani risultano anco ra intensificate, anzi, si sono stabili­ te nell’intim o. Il passo ad d o tto sem b rereb b e di facile interpretazione: invece, sottoposto al co m p re n d ere autendco, diventa sem pre più difficile. Dal lato del m o n ­ do-ambiente la vita cristiana dovrebbe assum ere u n ca­ rattere di ovvietà (1 Cor, 4, 11-13).

    32. La fatdeità cristiana come attuazione L’esperienza cristiana della vita n o n è m odificata dall’essere-divenuto com e tale. Il senso del riferim ento deU’esperienza cristiana della vita è diverso dal senso del riferim ento relativo al m ondo-am biente. Se questo

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    Introduzione alla fenomenologia deUa Telinone

    fosse au to n o m o n e ll’esperienza cristiana della vita, cer­ ti passi di Paolo sarebbero incom prensibili. L’inversio­ ne verso l’esperienza cristiana della vita rig u ard a YattuazioTie. P er evidenziare il senso del riferim en to d ell’e­ sperienza effettiva della vita si deve prestare attenzione al fatto che essa è «resa più diffìcile», attuandosi év GH\j/emv. I fenom eni d ell’attuazione vanno saldati con il senso della fatticità. Paolo m ette a tem a l’attuazione. Sta scritto: cóq fif), n o n ox). Il indica la ten d en za a ciò che è confo rm e all’attuazione, ufi h a la relazione rifles­ siva {Rùckbeziekung) con l’attuazione stessa. C on l’articolazione dei fen o m e n i em erg e l ’o p p o rtu ­ nità d i p rescin d ere d a qualsiasi schem a psicologico. Bi­ sogna lasciare che i fen o m en i stessi ci si d ian o nella loro originarietà. C on il « ren d erli d a titi» (zur Gegebenheit bringen) n o n si è o tte n u to a n co ra nulla. Solo m e d ian te la d istru zio n e fen o m en o lo g ica si o ttien e un risultato. Cfr. 1 Cor, 11, h P aolo dice: « F ate\i m iei suc­ cessori! ». Egli rifiuta tu tte le significatività e tutti i mez­ zi m ondani, e p p u re com batte sino alla fine. C on la ri­ n u n cia alla m o d alità m o n d a n a del difendersi, la neces­ sità della sua vita risulta intensificata. Riuscire a en tra­ re in u n contesto d ell’attuazione siffatto è u n ’im presa quasi disperata. II cristiano sa c h e q u esta fatdcità non p u ò essere conquistata con le p ro p rie forze, m a p ro ­ viene da Dio - fen o m e n o d ell’effetto d ella grazia. U na esplicazione di qu este connessioni è m olto im p o rtan ­ te. Il fen o m e n o è decisivo p e r A gostino e L utero: cfr. 2 Cor, 4, 7-8: tovi 6 eoù Kal ufi eq fmcòv, poi le antitesi; 6 Xipó|ievoi, àÀ.X oÙK, eccetera. «A bbiam o il tesoro (della fatticità cristiana) in vasi di argilla». Ciò di cui solo noi cristiani disponiam o n o n è sufficiente p e r il com pito di giungere alla fatticità cristiana. Senza la fatticità cristiana sareb b ero le significatività della vita a d ecid ere e a m odificare il co n testo d el rife­ rim en to . Q ui p erò la direzio n e di senso della vita effet­ tiva va nel verso opposto. L ’attuazione su p era la forza d ell’uom o. Egli n o n è pensabile in base alle proprie

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    forze. La vita effettiva n o n p u ò fo rn ire da sé i motivi per raggiungere an ch e solo il Yevéotìm. M ediante l’e­ sagerazione di u n a significatività la vita te n ta di «co n ­ quistarsi u n sostegno». Il co n cetto di «sostegno» {Hall) h a u n senso e n tro u n a stru ttu ra del tu tto d e te r­ m inata deH’esperienza effettiva della vita, m a n o n si può applicarlo all’esperienza cristiana della vita. Il cri­ stiano n o n trova in Dio il sno «sostegno» (cfr. Jas­ pers).’ E u n a bestem m ia! D io n o n è m ai u n «soste­ gno». Al co n trario , n n «avere sostegno» si attn a sem ­ pre in riferim en to a u n a significatività, u n atteggia­ m ento, u n a concezione del m o n d o d eterm in ati, poi­ ché nel « dare sostegno» e n e ll’* o tten ere sostegno» Dio è il co rrelato di u n a significatività. V isione del m ondo cristiana: p ro p ria m e n te un controsenso! N on nasce da u n co n testo di g e n e re storico, com e ciò che è cristiano. Q uindi, colui ch e n o n h a «accolto» (Sé^eo6 ai) n o n è in g rad o di so sten ere la fatticità o di ap ­ propriarsi del «sapere». Cfr. 1 Cor, 3, 21-22-, Fil, 2, 1213. Dal senso del m ondo -am b ien te n e ll’esperienza cri­ stiana della vita risulta che il m o n d o n o n c ’è solo p er caso. N on è un à5idi(t)Opov. M ediante la revoca dei co n ­ testi del riferim en to n e ll’au ten tica attuazione, la si­ gnificatività del m o n d o - an ch e quella del p ro p rio - è «avuta» (gehabt) ed esperita in m o d o p eculiare.

    33. Il contesto dell'attuazione in quanto «sapere» 11 xpòoOai KÓCT)j,ot)(;, il jiii cruYZP^I^aTl^eiv’ esigono un determ inato m odo del decidersi: 8 oKi|iài^eiv, ei 6 évai. Finché si presta fede alla psicologia e alla gnoseologia

    1. Cfr. K. Jaspers, Psychologie der WeUanschauungeriy Springer, Berlin, 1919, cap. lu, c; «D cr H alt im U nendlichen» [trad. it. di V. Loriga, Psicologia (UlU visioni dei mondo. Astrolabio, Roma, 19.50, cap. Ili, c: «Il punto d ’appoggio n eirin fin ito » ].

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    Introduzione alia fenomenologia della religione

    odierne e si lascia che siano esse a presentarci i fen o m e­ ni della coscienza, si giunge a u n a falsa concezione del «sapere». Caratterizzandolo com e u n «sapere pratico» n o n ci si avvicina alla sua struttura di senso. N on bisogna p resupporre com e n o to il «sapere in g en era le> p er poi trasformarlo. Alla, dom anda: «A quale contesto fondam entale rinvia il “sapere”? », va risposto così; «A quello del 8ov)?^wiv e deiràvajiévEiv». Il sapere n o n h a un suo corso lì accanto né sta liberam ente sospeso, bensì è sem­ p re lì presente. Secondo il loro sp>ecifico senso, gli stessi contesti dell’attuazione sono u n «sapere». Cfr. I Cor, 2, 10: fì^ilv 6è àn£KàXv\^e\ ó Oeòc 5ià xo\i TivE-uiiaioc- tò yàp jiveijua JtavTC èpauv^, koI tà Pa 0 T| lot» 0 eoìj, eccetera. S econdo la sua essenza p eculiare, il «sapere» esige lo jrveij^a tx eiv . N ell’esegesi m o d e rn a si so n o com piu­ ti studi sui significati della p aro la 7tvevi(ia nella lettera­ tura c o n te m p o ra n e a a P aolo e in quella an tica di età an terio re, risalen d o fino a P latone. A nalogie al riguar­ d o so n o state scorte in partico lare in certi passi di «Er­ m ete Trism egisto» (nel cosid d etto Corpus Hermeticum) - passi che co in cid o n o con Paolo p e r lingua, stile ed epoca. Si sostiene che nel passo citato ( i Cor, 2, iOsgg.) egli si caratterizzereb b e com e « p n eu m atico » . L’uom o d iv en tereb b e esso stesso Dio. ctvi'p jcveu|aaTiKÓ^ sareb ­ be il divino, àvfip vi/vxtKÓq sarebbe l’u m a n o in esso. Q uesto passo servirebbe com e arg o m e n to a favore di un nesso fra gli scritti paolini e le religioni ellenistiche dei M isteri.’ Si tratta p erò di un erro re. In effetti, dal p u n to di vista della storia obiettiva n o n vi sarebbe nul­ la da eccepire, m a in base all’in terp reta zio n e nel senso della storia d ell’attu azio n e p e r «Ttveij^a» risu ltan o si­ gnificati del tu tto diversi, àvaKpiveiv, èpauvà, tà pd 8 r| Toì) Geoù ( i Cor, 2, 10). In Paolo lo i:ve\)).ia è il fo n d am en to deU’an u azio n e da cui scaturisce il sapere in q u an to tale. Nei suoi scritti, 1. Cfr, R. Reilzen-itein, Die hellenislischtn Mysierienreliponen nack ihren Grund^edanken unii WìTÌiungr.n, cit.

    Le lettere dall’apostolo Paolo

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    JCveO^a è connesso con òvaicpiveiv e èpauvàv { i Cor, 2, 15-, cfr. anche: 2 Cor, 4, 16, l’u om o «esteriore» e ruomo «interiore»; Rm. 8 , 4 sgg, Ttve-ùfia-aóp^). è un », in senso n o n tecnico, bensì filosofico. Il «contesto» dei fen o m e n i è specifico. «At­ teggiam ento religioso » - registro] Il «contesto stru ttu rale» della religione è la « p rim a cosa», e va individuato. N on è p erò u n co m p ito « d e­ scrittivo», bensì u n com pito d e ll’es-plicazione (Ex-plikation) (vale a dire estrapolazione [Heraiisnakme] d e ll’at­ tuazione p relim in are e fo n d am en tale [Vor- un d GrundvoUzug], estrapolazione c o m p re n d e n te . L’«extra» [das *Heraus»\ è pensato in m o d o co n fo rm e all’atteggiam ento e all’am bito, è sem plice, o rig in ariam en te au­ tentica attuazione d ell’anticipazione [Vorgriffsvollzug]. Con ciò n o n è creato l ’o rd in e, m a tutti i passi e i movi­ menti esplicativi relativi all’attu azio n e e alla situazione sono acquisiti all’in te rn o della conduzione fondamentale [G rundfiihrun^ d ell’esplicazione {terminus)). O ra si può, e p ro p riam en te si deve, essere direttamente, assolutam ente interessati 'esplicazione e alTesplicazione, p erò essa n o n h a bisogno di essere co­ m unicata, so p rattu tto q u a n d o m an ca la vocazione; nondim eno, essa può an ch e agire in m an iera tale che le strutture delVesplicaziones\2ino intese in m o d o distrutti­ vo e storico: allora risulta un [?], che n o n è u n a p re p a ­ razione e u n a facilitazione, bensì u n p rim o u rg ere ver­ so la difficoltà - e poi esso stesso, com e tale, m otivato in base alla vita effettiva.

    Considerazioni metodiche su Paolo, I [cfr. parr. 18 e 19] U na breve indicazione m etodica. C o m p ren d ere feno­ m enologicam ente Paolo e la sua predicazione apostoli­ ca, e in base a essa cogliere contesti di senso decisivi del­ la vita cristiana. A nche questo è già un m odo di parlare rozzo perch é isolato. Assumerla n o n significa tuttavia ar­ ticolarla in concetti filosofici, ren d erla accessibile, esclu­ den d o così ciò che «a noi oggi» risulta estraneo. In tal m odo finirem m o p er allontanarci da ciò che dev'essere oggetto, trattando ap p u n to l ’«oggetto» com e u n caso isolato, u n a singola m anifestazione della coscienza reli­ giosa in generale, senza contare che è di p e r sé del tutto problem atico da dove derivi tale coscienza in q u an to cri­ terio. La vita storica come tale non si lascia sm em brare in u n a inautentica m olteplicità di cose, che poi si passino in rassegna, A ciò si ribella in m odo giustam ente appro­ priato il senso del nostro particolare oggetto. Si deve dire ad d irittu ra che u n a co n sid erazio n e di storia della religione, la quale inserisse l ’ogg etto in un q u ad ro generale di sto ria della religione, andasse alla ricerca di contesti genetici e di motivi di sviluppo e aspirasse a u n ’in terp reta zio n e com plessiva basata su q u e ll’epoca, si avvicinerebbe an co ra di p iù all’oggetto, dato ch e sarebbe p e r lo m e n o storica, sia p u re nel sen­ so della storia d e ll’atteg g iam en to e delia storia obietti­ va (e in questo caso la storia della religione è affetta da difficoltà dì p rin c ip io ). Il riferim ento «storicam ente» caratterizzato della con­ siderazione è p iù evidente. Solo un indizio di ciò che è autentico, giacché in fo n d o an ch e la considerazione m enzionata - com e ogni considerazione m otivata pri­ m ariam en te in term in i di atteg g iam en to - è co n traria a ogni co m p re n d ere fenom enologico. \J introd^uione esplicare: il senso del riferim ento fenom enologico d e ll’accesso, l ’im postazione, le possi­ bilità di im postazione, l’inizio co n cre tam e n te richiesto

    Appendice

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    e p e r nulla lasciato al trastullo filosofico - il nesso in ­ terno di tu tto ciò con il co m p re n d e re fen o m en o lo g ico (conform e all’a ttu a z io n e ). Per il presente tentativo l’indicazione p u ò essere d ata solo entro certi limiti: anzitutto n o n bisogna co m p ren ­ dere distanziandosi {wegverstehen) d all’oggetto, ossia in­ terpretarlo in base a un q u ad ro già p ro n to e proiettarlo al suo interno, e tan to m en o aU’in te m o della massa del materiale com parativo raccolto, relativo alla storia con­ tem poranea. Che cos’è mai l ’oggetto, secondo la sua determ inazione fondam entale? N on bisogna do m an d a­ re cosi, in m odo teoreticam ente costruttivo, bensì limi­ tarsi a cercare di im postare la determ inazione p e r l’ana­ lisi. La vita effettiva n o n rien tra in u n a regione, n é è es­ sa stessa u n a regione, e n em m en o si p o n e in antitesi a ogni elem ento regionale. Ciò che importa è invece lo sforzo di dimostrare l ’oggetto in se stesso in un determinato modo, evi­ denziandolo nella comprensione fenomenolo^ca esplicita. Q uesto co m p re n d e re si colloca al di fu o ri della di­ stinzione fra il coglim en to co n cettu ale razionale e l ’ir­ razionale lasciar stare un d iritto indissolubile. P ro b a­ bilm ente si cred e in tal m o d o di avere lasciato in tatto l’oggetto, m a è vero il co n trario , p o ich é il m en zio n ato diritto irrazionale riceve in feudo il senso della sua ir­ razionalità da u n co n cetto di razionalità a n c h ’esso n o n chiarito e p e r di più fo n d am e n talm en te sbagliato. Il carattere p ecu liare del c o m p re n d ere fen o m e n o lo ­ gico consiste nel p o te r c o m p re n d e re V incomprensibile stesso, p ro p rio in q u an to lo lascia radicalm en te stare nella sua incom prensibilità. A sua volta, ciò è com ­ prensibile solo se si è com preso che la filosofia n o n h a nulla a che fare con la co n sid erazio n e scientifica di «soggetto e oggetto». (A ncora u n a q u estio n e d e ll’in ­ troduzione). L’accesso è d eterm in a to essenzialm ente dal fatto che il fenomeno ÓA rag g iu n g ere (la religiosità cristiana la vita cristiana - la religione cristiana) è colto nella sua direzione di senso fondamentale neU’impostazione delle-

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    JniToduzione alla fenomenologia della religìori^

    spUcazione. Questi contesti di senso in un prim o mo­ m ento - così come sono compresi neH’impostazione possono essere ancora molto lontani daH’autentico com prendere filosofico; è già tanto se sono fìssati sen­ za alcun r i t a r d o e per l’attuazione dell’esplicazione non sono dati di prim a mano, bensì assicurati in modo sempre più radicale. (Dove peraltro l’evidenza dell’assicurazione non è determ inata nel senso della validità generale e della necessità razionale scientìfiche, bensì m ediante l’originarietà della cura e la conform ità a es­ sa, com ’è richiesta in termini assoluti). (Cfr. le consi­ derazioni m etodiche su Paolo, II). Ciò vuol dire che bisogna evidenziare i riferimenti di seuso dell’appropriazione (anzitutto il risalto spe­ cifico dell’esperienza, l’ingresso in riferim enti predo­ m inanti, che si danno già anche in term ini di contenu­ to), renderli manifesti ed esplicarli in m odo radical­ mente originario, nell’assoluto distacco da ciò di cui ci si deve appropriare in quanto tale e dall’attuazione dell’appropriazione [?], e ciò nonostante assumendo anch’essa [?]. U na siffatta incipiente determ inazione fondam enta­ le è: la religiosità cristiana si dà nelVesperienza effettiva del­ la vita, anzi è propnamenle essa stessa tale esperienza. Noi cerchiamo di com prendere questo fatto in base alla pre­ dicazione apostolica di Paolo. (1. Modo; il «come» della predicazione - inserire la missione apostolica nella vita del mondo degli altri. 2- Accentuazione dei contesti di senso: Vescatologico - «assolutamente teologico»).

    Considerazioni metodiche su Paolo, II [cfr. parr. 20 e 21] Vita effettiva: in quale direzione fenom enologica fondam ent^e? Accentuazione delle direzioni di senso; «il sussistente » ( das Bestehende) - senso effettivo?

    Appendice

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    La predicazione, eijaYyéA,iov, in ?nodo conforme al con­ tenuto, al riferimento e aWattuazione. Quando si predica - al singolo, secondo quale tenden­ za relativa al mondo degli altri (vita effettiva)? Come si predica - apostolicamente, m irando all’appropriazione. Che cosa si predica - non dottrina, sapienza mondana. Chi predica e in che vesteì Il che cosa significa: come? In vista di che cosa? Lo storico. (Gesù Cristo, croce, resurrezione). Il predicare nella sua peculiare accentuazione del sen­ so e (richiedente) tendenza deHattuaziorìe e missione [}]. Il deir appropriazione richieda; rivolgimento del­ la vita effettiva prodotto dalla predicazione, nella mi­ sura in cui essa è fatta propria. Che cosa, nell’esperienza effettiva della vita, è mos­ so, risvegliato, inquietato, nell’esperienza fonda­ mentale relativa al mondo del sé, anche in colui che vi si oppone? Quale nuova, articolazione fondam entale della vita è suscitata, dove e come? Essa è fatta in modo tale che esige di per sé, da parte di chiunque si imbatta in essa, il «confronto reciproco» {Aus-einander-setzung)\ In base a ciò va com preso anche il senso delle m o­ dalità dell’annuncio: scritti neotestam entari - forma di letteratuTa\ - senso delle autoesplicazioni - teologia neotestamentaria\ La nostra analisi sottosta a una limitazione: del Nuovo Testamento consideriamo solo le Lettere paoUne. 1 proble­ mi che riguardano l’intero punto di partenza - se la que­ stione Gesù-Paolo (in verità il documento cronologica­ mente piii antico e nel contempo piii diretto) sia posta correttamente, eccetera - non li tocchiamo nemmeno. D’altra parte bisogna prestare u n ’attenzione assai maggiore alla situazione storica delle lettere, a come cioè la direzione della predicazione vi sia motivata in modo conforme all’attuazioue. Non bisogna intender­ le semplicemente allo stesso titolo di scritti dottrinali,

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    m a ta n to m e n o bisogna accen tu are tro p p o lo storico (in q u a n to situazione obiettiva), d im en tican d o , con la predicazione, l’au ten tico contesto m otivazionale, ov­ vero trattan d o lo solo di sfuggita. Esso è l ’elemento decisi­ vo. P erciò va affro n tata an zitu tto u n a posizione così esposta (exponiert) com e quella nella L ettera ai Calati, an ch e se va d etto subito che questa situazione n o n è tar le che in essa l’au ten tico venga p ie n a m e n te in luce anzi, vale p ro p rio il co n trario. La pred icazio n e ru o ta in to rn o al p ro b lem a d e iró 6 ócT)p{ó9rioiv, «da - a» {von - zu), vale a dire in loro stessi qual­ cosa si dev’essere rovesciato, convertito; £7reia0r)crctv, n uo v am en te convinti. Così si p resen ta an ch e p e r Pao­ lo il m o n d o degli altri a Tessalonica. In verità si tratta solo di un momento', n o n sono an co ra (escatologicamente) d eterm in a ti n é il m o n d o degli altri né il riferim en to fo n d am en tale di Paolo a esso. Che cos’è l'attuazione apostolica della missione nella sua direzione fondamentale, nel suo motivo e nella sua tendenza ? (S tru ttu ra d ell’esplicazione, in seguito). In che term i­ ni si po n e, in questa co m u n ità di Tessalonica, a) il «ri­ ferim en to al m o n d o degli altri» {Mitweltbezug) di Pao­ lo nei suoi confronti? M ondo degli altri; 1. C om e sono i Tessalonicesi stessi, «in q u an to che cosa» (oisw as) so­ no determinati, com e sono esperiti, qual è il lo ro «es­

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    serci» p e r Paolo. 2. C o m ’è attu ato il riferim en to in Paolo. Ciò significa n el co n tem p o : « d a lui co n d o tti a », ossia «da lui è stim olata la conversione», b) Mondo del sé. c) M ondo-am biente. In questa situazione relativa al m o n d o degli altri, e sotto [?] di essa, a essa in e re n te , p e r essa stessa c ’è u n determ inato, decisivo prima {vorher [?]), u n divenire {T[erminus]) nel caso di tu tti i fen o m en i di un siffatto senso religioso fond am en tale? Ada.) M ondo degli altri (Tessalonicesi); coloro a cui egli scrive. E questo il carattere au to n o m o , d eterm i­ nante in senso fon d am en tale? N o, bensì soltanto a causa di... Ne sono p artico larm en te o norati? Sì e no. No, poiché sono a 6 u/.A.ein:tcoer loro in q u a n to l ’urgenza d ella loro cre­ scita si im p o n e co stan tem en te, cioè finché u rg e iw sen­ so escatologico. A rticolazione d el m o n d o degli altri, in virtù della vo­ cazione, della fede. Senso fo n d am en tale escatologico, fenom enale, di ciò ch e è esperito in relazione al m o n ­ do degli altri. Pn/raa pagani, nessun m em b ro in u n co n ­ testo di significatività o a d d irittu ra in tensione praticam ente « te rre n a» verso qualcosa! P er co lo ro che rice­ vono il Vangelo d ire tta m e n te da lui e, n ell’accoglierlo, si dim ostrano chiam ati - p er co lo ro q u in d i che si sono fatti in co n tro a lui nella sua più p ro p ria esperienza ef­ fettiva della vita - « p e r costoro egli è v enuto». (Pro­ prio il fo rn ire m otivazioni a questi u o m in i è lo scopo dello scrivere loro lettere. Possibile m otivo fo n d am e n ­ tale, occasione, istituzione - cfr. il rito rn o di T im o teo ). èyevf|9ri t ò eù a 7 yéA.iov eì;; ù u à q . C om e esso giunse fece la sua irru zio n e - in m odo così decisivo ch e an ch e in questo caso, viceversa [? L lo stesso P aolo n o n viene dalla «m em oria», d u n q u e li sceglie «stanti in u n a sto­ ria» (il cui in tero senso è dato così c o n tem p o ran ea­ m ente in loro in m o d o co n fo rm e all’attuazione; esca­ tologicam ente).

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    Contrastare: in ciò eccezionale incontro con altri, en^ trancio nella vita effettiva. Può essere l’occasione p er la nascita di nuove attuazioni, mai però com e in questo caso, in cui l’esistenza si fonda su questo incontro.

    Fenomenologia della predicazione paolina, IV [cfr. parr. 23-26] eii; ■ùtiàq TÒ ei)ayyéX.iov èyevii0r|, dunque ic^riGév-re;;, e così, in quanto coloro che sono angustiati dalle tri­ bolazioni, sappiano costantem ente, 3, 2; data con la posizione storica fondam entale: Tiapouoia! Da ciò si capisce che egli scrive loro. Solo in questo: sem pre più Ttepiaoetieiv l’elem ento decisivo è la cura cre­ scente. Loro in quanto «ogni singolo», 2, 11\ 5, 11, 14, 15; ovunque come TiapaKaÀEÌv Vita effettiva giunta da una genesi e diventata storica (attuata) in un senso del tutto particolare. Un carattere fondamentale s\&zX.X.o da non perm ettere in nessun caso un riferim ento solo rappresentativo o in genere un ri­ ferimento primariam ente libero da cura {bekummerungsfrei). Ciò f>erò significa: il giungere e l’incontrare non sono nulla di secondario. In che senso non lo sono? Feuom eno della predicazione - centro motivazionale deWattuazione. La loro «genesi» è simultanea alla sua e sta in essa; egli appartiene dunque a loro, partecipan­ do al loro destino in un senso del tutto determ inato. Ne deriva ora l’anelito di poterli «vedere» Kai: 3, 10 K atapiloai; poiché egli è vincolato in quanto apostolo, dato che gli sono affidati, e lo sono in questo tempo. e’ioooo.; (Aristotele) di Paolo I Ts, 1. 9; 2, 1-12. 3, 17 sgg. Esiliato da loro; in verità, lontananza fisica, ma non del cuore. La sua é^jri; - l’ultimo con Kal {2, 19) della sua esistenza, £M^poo6ev toii 0eo\j, 3, 9. Sulla motivazione dello scrivere lettere. Anche nella

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    lotta contro la vita, cioè ha un significato decisivo nella sua vita, non è un capriccio casuale, un divertim ento [?], un piacere, una gentilezza, né com porta una par­ tecipazione personale. Necesstirietà della sua esistenza apostolica 2, 18. 3, 5: Tteipd^tov: Kevóv. ptìkéti atéytov. Assillo del tempo! 3, 8: i^wnev, se vi trovate in questa necessità e in questo torm ento? (Non terreni!). 3, li: possa Dio aprire la strada. 5, 27: vi scongiuro di leggere la lettera a tutti i fratelli. Come esperisce Paolo il mondo-ambiente'^ Si parla di ciò? Caratteristico il «non»! Escatologia-, qui erronea­ mente «localizzata». Come gli è dato il m ondo del suo sé?

    Fenomenologia della predicazione paolina, V [cfr. parr. 23-26] Direzioni dell’esplicazione: il m ondo degli altri come accogliente. Il mondo degli altri come «accogliente v, in cui il V angelo/a colpo {einschlà^). Come deve accoglie­ re, recepire, «re-agire» {re-agieren)} M ondo degli altri: ogni singolo. A questo scopo, come può essere acquisita la struttura in base all’attuazione della predicazione? Come può essere acquisita la struttura in base all’oppo­ sizione e al suo «come»? (Cfr. allegato predicazione).’ Predica della croce- il suo come. % 1 8mostra che dev’esserci una situazione fondamentale (il m ondo degli al­ tri) fatta in modo da decidersi in relazione alla croce. Paolo in lotta contro la divisione in fazioni, ossia il trincerarsi dietro le opinioni dei singoli, il millantare. («Ringrazio», 1 Cor, 1, 14, di non avere più battezzato, sicché non me ne posso vantare). Non è il battesimo, infatd, l’elemento decisivo, bensì la predicazione, e preci­ samente il suo come: non nella form a del discorso sa1. (Il manoscritto dcU’allegato è andato perduto].

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    pienziale - affinché la croce non sia svuotata dal molto chiacchierare -, ma solamente tramite il suo parlare semplice e opportuno. Questo è l’unico modo, e qui non c’è assolutamente alcuna possibilità di chiacchierare, purché si sia colto il «come». La croce e, in termini corrispondenti, la predica della croce, J Cor, 1, 77-Ì& Questa predica è concepita esattamente in modo ta­ le che in relazione a essa si decidano l’assolutezza e la non affettazione; essa rappresenta un aut-aut e non la­ scia spazio a superficialità e opinioni - discorsi magni­ loquenti che occultano l’autentico. Lo scandalo non dev’essere neutralizzato e attenuato da un atteggiamento ricettivo che, mediante il discorrere e la sa­ pienza, distoglie lo sguardo da esso, quindi non si mantiene radicalmente aperto. La situazione della cura esistenziale te­ nuta radicalmente pronta in sé. Accogliere la situazione disponente della predica della croce. Situazione dell’a­ postolo relativa al mondo del sé. (Escatologia - e come Paolo vi stia). Dato l’orientamento decadente della vita e della collocazione entro tendenze relative al mondo degli altri (sapienza dei Greci), per predicare con la richiesta sem­ plicità è necessario un radicale attenersi a se stessi, guar­ dando la croce sempre solo in questa prospettiva. Ciò av­ viene in modo tale che, così fkcendo, ci si pone in di­ sparte nel mondo degli altri, e in verità bisognerebbe nascondere il proprio agire, vergognandosi di sé. Ma cfr. Paolo, Rm, 1 ,16: où yàp èrtaioxwonai lò e\xxT{éX\.o\’. Questo significa che al fondo sta una fede assoluta, e ciò che precede è adatto a seguire il modo in cui la fede (cnra assoluta) determina la situazione da accentuare in quan­ to senso arcontico. Nessima coesistenza di conseguenze, bensì un contesto motivazionale della vita effettiva. Il «come» dei Tessalonicesi. Essere-divenuti, loro concreto contesto di vita. Per Paolo EÀTtic ~ oó^a; egli li esperisce f05i, anch’essi animati dalla spe­

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    ranza, «vivendo nell’attesa» {entgegen lebend). Secondo la sua natura, qualcuno essenzialmente altro. Da que­ sta angustia deriva la cura assoluta. (Inizio - 3, IO, pre­ ghiera!). Che cos’è, da tale prospettiva, questo scrivere lettere in una simile situazione - determinazione del che cojadello scritto in base a! «come» dell’esistenza e, soprattutto, da tale punto di vista, il «come» di questo «che cosa»] 4, 13: où 6éXo)iEV Tj|ià^ óyvoeiv, voi dovete sapere. Collegare con ro'iSaxe e la sua pienezza fondamentale; collocare nel loro mondo effettivo, ovvero nel­ la sua autoesplicazione. Paolo li incontra nella loro au­ tentica fatticità, cui appartiene senz’altro il «sapere». 5, 11: lo stesso 0éA,onev nasce dalla sua più propria esperienza del mondo del sé (assillo). I Tessalonicesi sono «gente che sta per sapere » ( Wissende in Werden) , e precisamente in modo tale che egli (in quanto apo­ stolo) deve volere che anche loro sappiano. L’esperienza effettiva della vita ha la sua autoesplica­ zione, per essa genuina, co-determinata dalle espe­ rienze fondamentali. Nella misura in cui Paolo si rap­ porta ai Tessalonicesi anch’egli animato da una cura assoluta, vedendoli nel loro autentico «come», nel «rap­ porto» con loro egli si muoverà evidentemente nelt’autoesplicazione; non solo, ma per lui, nell’assillo, non c’è nessun'altra possibilità. Ciò che viene detto fra di loro, in quanto autoesplicazione dell’esperienza ef­ fettiva della vita - nella sua stessa fatticità - insegna qualcosa in merito a quest’ultima non nella forbitezza e nel distacco della teoria, ma perché reca con sé le torsioni e le fratture della vita effettiva nella sua affli­ zione, e per nient’altro. («Salto originario » [ Ur-sprung] della teologia). E che cosa sono i Tessalonicesi: uio'i TÓi; - niaépa!;; postulato per l’esplicazione del sapere autentico della fatticità. (Contesti «dogmatici»!; t ò rtveùjia pn orpévvuxe, 5, 19-, cfr. DeiBner!).' 1. K. DciCncr, A ujersiehungsìw ffnung undF neum agedanki’ beiP aulus,

    Deichert, Naumburg a, d. Saale, 1912 (dissertazione in teologivi,

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    Introduzione alla fenomenologia della religione

    Sono da intendersi così anche le altre lettere. Perciò si è considerata prelim inarm ente la Lettera ai Calati nel suo complesso, per non indugiare nei paragoni, e affinché nel corso dell’analisi apparisse evidente come essa n o n avesse affatto fornito i mezzi p er la com pren­ sione, e come nell’esplicazione, p er quanto ampia, fos­ se m ancato l’elem ento decisivo. Il «contenuto della lettera in senso stretto» - ciò su cui egli scrive - e il «come» di questo scrivere - in quanto è com preso rettam ente fin da principio e non è distorto d airesterno [?] - sono adatti a esplicare in senso proprio anche il contesto della vita relativo al m ondo degli altri nella sua articolazione e, dunque, la vita effettiva sia dei Tessalonicesi sia, soprattutto, di Paolo. Il « come » della predicazioiu esplicato in m odo che da sé, sotto la coazione dei fenom eni, vale a dire della mobilità conform e all’attuazione, si... Nello stesso tempo, l’elem ento escatologico a n ch ’esso pre-compreso in modo più originario. Escatologia e /atticità in quanto esperite nella vita effettiva. 1 fatti re­ lativi alla storia della salvezza. Il «denigrare» [?] esprime l’assillo, così come il fat­ to che egli veda i Tessalonicesi in cammino; l’essere-divenuti, l’essere un nuovo divenire; i Tessalonicesi dive­ nuti un (assoluto) druenire (l’\jaTepii|ia ha, lo ornpl^ai deve). Paolo esperisce in se stesso l’assoluta necessità, muovendosi in base a [?] essa (2 Cor), e soltanto così com­ prende in modo autentico. Ciò significa al tem po stesso che egli non resiste, ovvero: deve parlare loro - e in ciò ritrova veram ente se stesso. 3, 7sgg.: la necessità, in cui egli gioisce e che lo ren d e sempre più instancabile. Q uanto più in alto essi stanno, tanto maggiore è il pe­ ricolo. [...].‘ Università di Grcifswald, 1912) [si veda inoltre K. DeiSner, Paulus und die Mysiih seiner Zeit, Deichert, Lcip^^g, I9I8]. 1. [A ggiunta illeggibile].

    Comprendere nel senso della storia dell’attuazione [cfr. par. 24] Il contesto storico obiettivo deH’accadere va. com­ preso nel senso della storia dell'attuazione. L'imposta­ zione di questa svolta deve essere tale: che il contesto dell'accadere sia esperito in qualche pu n to in modo conforme alla situazione. «Situazione» non significa un concetto storico obiettivo, ma è un term ine {alla lettera!) fenom enologico, benché sia spesso utilizzato in senso storico-obiettivo. Confini del contesto dell’evento - confini della situazione: non coincidono (= prob lem a). La dom anda successi­ va: come dal contesto della situazione sia originaria­ mente esperito ciò che ha carattere di evento {dasEreignishafìé). Domanda sul « come » della predicazione: il dom andare che apre-rom pendo {das auf-brechendeFragen)ì Un do­ mandare che è sem pre presente in qualche m odo — un dom andare che p rende sem pre esplicitamente cono­ scenza! Molteplicità della situazione. (Indicazioni di principio sulle «strutture» della situazione). (Sg.) e (sg.). L’«io» che vive la situazione e le appartiene (sg.). Il m ondo del sé (l’io) vive «allontanandosi da» {von weg) e «di­ rigendosi verso» {auf kin) - non più form ale, però im porunte. «Io» postulato come «costituente unità» {einheitbildend) e form alm ente-indicante {formal-anzeigend). Con ciò non è detto che esso colga già la situa­ zione in senso proprio. Indicazione form ale dello schema della m olteplicità e deH’unità della situazione. «Io» in relazione con l’egoico e il non egoico (m ondo del sé, m oudo degli altri, m ondo-am biente). Indica­ zione formale della molteplicità della situazione, un contesto di relazione (Beziekungszusammenhang); nien­ te di stabilito anche circa l’unità e la molteplicità. L’«io» «è» e, come tale, «ha»; già una determ ina­ zione pili precisa del contesto di relazione, n o n form a­

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    le, bensì indicazione formale. L’«è» della predicazio­ ne teoretica e l’«è» deiripseità (Selòstheit) [?] (esisten­ za) [?] radicale in modo conform e all’attuazione sono incom parabilm ente separati, ed è per questo che qui li si utilizza in senso formalmente-indicante. E un erro­ re fondam entale ritenere che, m ediante la concrezio­ ne [?], la specificazione e il com pim ento materiale deir«è» predicativo si possa acquisire quello esisten­ zialmente conform e all’attuazione. Al conirario: l ’«è» teoreticam ente predicativo è solo un derivato {Abfall) dell’atteggiam ento puro\ Esporre ciò che è avuto. Dato che questa «moltepli­ cità e unità del riferim ento» della situazione non è quella che dipende dall’ordinamento, e che quindi nes­ suna determinazione può essere data in modo tale che elementi di molteplicità possano essere considerati isolatamente per sé e giacciano come qualcosa di mol­ teplice in una regione, con il postulato dell’esplicazio­ ne è già... Proprio da quella prospettiva, dunque, va com presa la struttura della situazione, p er cui non c’è alcun a priori regionale, bensì una originarietà storica e una decisione storica prò o contro-non in senso teoretico, ma in senso conforme all’attuazione, poiché si attua di volta in volta soltanto così, Com ’è, ad esempio, l’escatologico? Non è inclusivo, non è com une, bensì è dominante-attraverso {durch kerrschend) in m odo conform e all’attuazione. Dom inante che cosa - e come - e sul fondam ento di che cosa? At­ traverso che cosa - attraverso e verso dove {wcts durch wokin durch)} Poiché anche il com prendere conform e all’attuazio­ ne è minacciato dal decadim ento - qualora si irrigidi­ sca in atteggiamento o si mescoli con elem enti di at­ teggiamento - , talvolta l’elem ento autentico della si­ tuazione è difficile da cogliere. Soprattutto ciò che è dato; esso ha ancora qualcosa delì’essere-avuto (das Gekabtsein) in modo conform e all’atteggiam ento e può essere direttam ente così.

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    Il che cosa per i Tessalonicesi in apparenza nuovamen­ te caratterizzato in termini di atteggiamento, nella si­ tuazione, neWattere, eppure non ancora in modo autentico. Ciò che essi «sono» (m ondo-ambiente) e «hanno» (mondo-ambiente) in quanto «egoico». Non bisogna separare ciò che essi sono - cioè, per Paolo, nella situa­ zione che noi gli [...]’ - e ciò che essi, in quanto essenti siffatti, hanno, giacché l’una cosa determ ina l’altra, an2i è la stessa cosa, ossia determ inazione esistenziale fon­ damentale indicata!

    Escatologia, I {1 Ts) [cfr. par. 26] Ts, 4, 13-5, 11 prende in esame: 1) il destino (vita ef­ fettiva, essere) dei defunti in relazione ([...]'') alla napODoia; 2) il «quando» della Ttapowia. Dunque: detto in relazione a qualcosa che sta in un rapporto essen­ ziale con loro, con la loro vita effettiva, la loro vita at­ tuale in quanto cristiani, anzitutto nel loro m ondo de­ gli altri, da cui alcuni sono stati strappati via? Ma per­ ché per gli altri, e non per se stessi? Petvhé loro stessi pos­ sono m orire - e che cosa accade poi? Tutto dipende dal senso della Tcapouoia. Che cosa significa quest’ultima: che i Tessalonicesi entrano in lutto e non hanno alcuna speranza, ossia, di fatto, decadono? E qualcosa in relazione a cui si decide la loro vita ef­ fettiva: la loro speranza, l’avere-speranza e il «come» di questo avere. Dunque gli autentici «come» del loro essere (cfr. Io schema).'^ Paolo interviene nel loro «sapere», che riguarda la rtapouaia, ciò in cui essi sperano, il loro sperare-uwa. de1. [Parola illeggibile]. 2. [Parola illeggibile]. 3. Si veda sopra, p. 136.

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    term in azio n e essenziale del «com ev d ella loro vita ef­ fettiva. Sì, egli in terv ien e in m odo così o rig in ario e g en u in o [?] nel loro sap ere da arricch irlo p ro p rio rig u ard o ai comé’ (ossia al senso della lo ro attu azio n e). N ella m isu­ ra in cui il «com e» è decisivo - il ch e em erg erà in m o­ do m olto più ch iaro nel corso d ell’esplicazione. Ciò ch e in p reced en za è stato indicato in term ini form ali lo trasp o n iam o qui, senza seguire l'o rd in e del c o n te ­ n u to d ella lettera, ch e d ’altro n d e già di p e r sé, così co­ m e si presen ta in term in i storici obiettivi, è un ordine esteriore, b e n c h é n o n lo sia isolatam ente e d esclusivam ente. Ttapouoia - «evento», «com e», «chi»? 11 riferim en ­ to nei loro co n fro n ti - u n eveuto a venire. C o m ’è pre­ sente, quale obiettività h a nel conoscerei Q uesto stesso una/