Eustathii Thessalonicensis exegesis in canonem iambicum pentecostalem: Recensuerunt indicibusque instruxerunt Paolo Cesaretti – Silvia Ronchey [Critical ed.] 3110195216, 9783110195217

This volume offers the first critical edition of the vast Commentary on the Pentecostal iambic canon (traditionally ascr

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Eustathii Thessalonicensis exegesis in canonem iambicum pentecostalem: Recensuerunt indicibusque instruxerunt Paolo Cesaretti – Silvia Ronchey [Critical ed.]
 3110195216, 9783110195217

Table of contents :
Avvertenza
SOMMARIO
PROLEGOMENA
Introduzione storico-letteraria, di Paolo Cesaretti
Ringraziamenti
I. Vita e opere di Eustazio
I.1 Vita di Eustazio
I.2 Opere di Eustazio
I.2.a Considerazioni generali
I.2.b Lifelong works: i commenti a Omero (A1 Browning)
I.2.c Altre opere
I.2.d Ricapitolazione
II. L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale
II.1 Innografia e tradizione esegetica a Bisanzio
II.1.a Cenni di innografia bizantina
II.1.b Cenni sulla fortuna dei canoni nella tradizione erudita
II.1.c Tradizione esegetica d’autore
II.1.d Commenti perduti e anonimi
II.1.e L’Esegesi di Eustazio e la sua datazione
II.2 Il canone giambico pentecostale nell’Esegesi di Eustazio
II.2.a Eustazio editore del testo
II.2.b La paternità dell’inno
II.3 Struttura e destinazione dell’Esegesi di Eustazio
II.3.a Struttura dell’Esegesi
II.3.b Compiutezza dell’esegesi eustaziana e suo criterio di stesura
II.3.c Committenza e destinazione dell’Esegesi
II.4 Le fonti evocate nell’Esegesi in relazione al canone giambico pentecostale
II.4.a Le Sacre Scritture
II.4.b I classici antichi
II.4.c Tradizione patristica e liturgica
II.4.d Poeti di età bizantina
II.4.e Altre fonti del commento
II.5 Il giudizio critico di Eustazio sul canone giambico pentecostale
II.5.a Gregorio Pardo e l’inno pentecostale
II.5.b Eustazio e l’inno pentecostale
II.5.c Innovazioni critiche eustaziane
Introduzione storico-filologica, di Silvia Ronchey
Ringraziamenti
I. La tradizione manoscritta
I.1 Vaticanus graecus 1409 (= V)
I.1.a Contenuto
I.1.b Paratesto
I.1.c Mani e aliae manus
I.1.d Legatura e restauri
I.1.e Origine del codice
I.1.f Possesso e storia del codice
I.1.g Bibliografia
I.2 Alexandrinus Patriarchalis 62 (107) (= A)
I.2.a Contenuto
I.2.b Paratesto
I.2.c Mani e aliae manus
I.2.d Legatura e restauri
I.2.e Possesso e storia del codice
I.2.f Bibliografia
I.3 Basileensis A.VII.1 (gr. 34) (= Bas.)
I.3.a Gli interventi di Baioforo
I.3.b La guardia anteriore e i frammenti eustaziani
I.3.c Lo theotokion del foglio 1r
I.3.d L’appendice profetico-oracolare
I.3.e Il nucleo antico e il copista Coniata
I.3.f Eustazio e Prodromos Petra
I.3.g Lo scriptorium e il moyseÖon di Prodromos Petra
I.3.h A Prodromos Petra l’ultimo tomo di una mittelalterliche Eustathiosedition?
I.3.i Storia ulteriore del codice
I.3.l Bibliografia
I.4 Vallicellianus F 44 (gr. 94) (= Vall.)
I.4.a Il palinsesto e il suo contenuto
I.4.b Il copista
I.4.c Legatura e restauri
I.4.d Il bifolio eucologico
I.4.e Possesso e storia del codice
I.4.f Bibliografia
I.5 Vindobonensis Theologicus graecus 208 Nessel (298 Lambecius) (= W)
I.5.a Contenuto
I.5.b Paratesto
I.5.c Mani e aliae manus
I.5.d Legatura e restauri
I.5.e Fato di Prodromos Petra dopo la conquista ottomana
I.5.f Possesso e storia del codice
I.5.g Bibliografia
I.6 Scorialensis L.II.11 (= S), deperditus
I.6.a Notizie del codice
I.6.b Contenuto del codice Scor. L.II.11
I.6.c Materiale e datazione del codice Scor. L.II.11
I.6.d La titolatura
I.6.e S e b
I.6.f Diego Hurtado de Mendoza e il suo fondo
I.6.h Bibliografia
II. Critica del testo
II.1 Mutue relazioni fra i codici
II.1.a Dipendenza di W da V ed eliminazione di W
II.1.b Indipendenza di A da V e di V da A
II.1.c Errori particolari di V
II.1.d Errori particolari di A
II.1.e Errori particolari dei frammenti Basileense e Vallicelliano e loro probabile indipendenza dai testimoni poziori V e A
II.2 Gli ascendenti perduti a e b
II.2.a Probabile dipendenza dei testimoni superstiti da un esemplare comune b
II.2.b Possibile identificazione di b con S
II.2.c Errores coniunctivi VA ascrivibili a b
II.2.d Identificazione dell’archetipo a con un esemplare d’autore
II.2.e Errores coniunctivi VA attribuibili ad a o b
II.2.f Errores coniunctivi VA verosimilmente risalenti ad a
II.2.g Stemma codicum
III. Edizioni
III.1 Edizioni precritiche
III.1.a L’editio princeps di Mai
III.1.b La reimpressione del Migne
III.2 Excerpta
III.2.a L’anteprima di Allacci
III.2.b I progetti di Gottlieb Tafel e Jean-Baptiste Pitra
IV. Ratio
IV.1 Il testo
IV.1.a Titolazione
IV.1.b Testo del canone
IV.1.c Criteri grafici
IV.2 Gli apparati
IV.2.a Apparato delle varianti (V)
IV.2.b Apparato dei marginalia (M)
IV.2.c Apparatus fontium
IV.3 Gli indici
BIBLIOGRAFIA GENERALE
I. Abbreviazioni di vocabolari, repertori, collane, riviste
II. Fonti
Eustazio di Tessalonica e le sue opere
Esegesi del canone giambico pentecostale
Altre opere di Eustazio
Principali testimonianze bizantine relative a Eustazio
Principali edizioni dei canoni liturgici e dei relativi commenti
Principali fonti utilizzate nei Prolegomena
III. Reference Works
IV. Cataloghi di manoscritti e fondi – Repertori paleografici
V. Studi monografici
Ευσταθίου Θεσσαλονίκης Έξήγησις
εις τον ιαμβικόν κανόνα τής Πεντηκοστής
Tabula notarum in apparatibus V, M, F adhibitarum
Prooemium
Acrostichis
Oda 1
Oda 3
Oda 4
Oda 5
Oda 6
Oda 7
Oda 8
Oda 9
INDICES
Index nominum propriorum
Vocabolarium technicum
Vocabula quae ad res philosophicas, logicas etc. attinent
Index Graecitatis
Verba rara
Vocabula quae ad dialectos vel ad linguam communem attinent
Vocabula ex aliis linguis hausta
De Eustathio testimonio ad hymni textum constituendum
Vocabula et nexus quorum explicationes praebentur
Vocabula et nexus de quorum etymologia disceptatur
Index locorum laudatorum
RIPRODUZIONI FOTOGRAFICHE
Crediti iconografici

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EUSTATHII THESSALONICENSIS EXEGESIS IN CANONEM IAMBICUM PENTECOSTALEM

SUPPLEMENTA BYZANTINA TEXTE UND UNTERSUCHUNGEN

HERAUSGEGEBEN VON ATHANASIOS KAMBYLIS

BAND 10

DE GRUYTER

EUSTATHII THESSALONICENSIS EXEGESIS IN CANONEM IAMBICUM PENTECOSTALEM RECENSUERUNT INDICIBUSQUE INSTRUXERUNT PAOLO CESARETTI – SILVIA RONCHEY

DE GRUYTER

Volume pubblicato con i seguenti contributi: fondi ex 60 % MIURST (Paolo Cesaretti), fondi del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bergamo, fondi di ricerca del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Roma Tre (Silvia Ronchey).

ISBN: 978-3-11-019521-7 e-ISBN (PDF) 978-3-11-022730-7 e-ISBN (EPUB) 978-3-11-039063-6 ISSN 1862-2496 Library of Congress Cataloging-in-Publication Data A CIP catalog record for this book has been applied for at the Library of Congress. Bibliografische Information Der Deutschen Nationalbibliothek Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über http://dnb.dnb.de abrufbar. © 2014 Walter de Gruyter GmbH, Berlin/München/Boston Satz: Dörlemann Satz GmbH & Co. KG, Lemförde Druck und buchbinderische Verarbeitung: Hubert & Co. GmbH & Co. KG, Göttingen Ü Gedruckt auf säurefreiem Papier, Printed in Germany www.degruyter.com

V

AVVERTENZA Questa edizione è frutto di un lavoro comune, ripartito come segue: – il testo critico e gli apparati dal proemio al commento alla terza ode dell’Exegesis (pp. 7–111) si devono a Silvia Ronchey; – il testo critico e gli apparati del commento alle odi dalla quarta alla nona (pp. 112–264) si devono a Paolo Cesaretti; – l’Introduzione storico-letteraria (pp. 3*–186*) è di Paolo Cesaretti; – l’Introduzione storico-filologica (pp. 187*–313*) è di Silvia Ronchey; – la Bibliografia generale (pp. 315*–385*) raccoglie i testi utilizzati da entrambi gli editori, all’interno di un impianto normativo ideato da Paolo Cesaretti; – la concezione e l’elaborazione degli Indices (pp. 265*–486*) è di Paolo Cesaretti. La responsabilità delle scelte ecdotiche e la titolarità degli apparati delle singole porzioni di testo sono pertanto individuali, pur nell’ambito di una costante collaborazione e di un aggiornamento reciproco ininterrotto per più di trent’anni, con particolare riferimento alla coerenza dei criteri editoriali, ai canoni dell’analisi testuale e linguistica, ai princìpi costitutivi, soprattutto, dell’apparatus fontium. Nella concezione e nell’elaborazione dei capp. III e IV dell’Introduzione storico-filologica, S.R. si è avvalsa di un contributo ideativo e materiale di P.C. tanto ampio da farli considerare in sostanza lavoro congiunto. Da parte sua, nelle sezioni dell’Introduzione storico-letteraria pertinenti al proemio e al commento alle odi prima e terza, P.C. ha ripreso e sviluppato ricerche e concetti di S.R. e attinto alle varie versioni dell’apparato F da lei messe via via a sua disposizione. Ringraziamo il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Bergamo e il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre per il loro contributo finanziario. Per il loro lavoro ringraziamo Michiel KleinSwormink, Jens Lindenhain, Sabine Vogt, Andreas Vollmer, John Whitley della casa editrice de Gruyter. Altri debiti di riconoscenza individuale si leggono nei Ringraziamenti alle pp. 4*-5* e 188* del libro.

VI

Avvertenza

Uno speciale e sentito ringraziamento va ad Athanasios Kambylis, che ha dispensato alla ricerca e all’edizione attenzioni e suggerimenti bene al di là del suo ruolo di direttore scientifico dei Supplementa Byzantina. Paolo Cesaretti Università di Bergamo

Silvia Ronchey Università di Roma Tre Ottobre 2014

Sommario

VII

SOMMARIO Avvertenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

V

PROLEGOMENA Introduzione storico-letteraria, di Paolo Cesaretti . . . . . . . . . . . Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I. Vita e opere di Eustazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.1 Vita di Eustazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.2 Opere di Eustazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.2.a Considerazioni generali . . . . . . . . . . . . . . . I.2.b Lifelong works: i commenti a Omero (A1 Browning) . I.2.c Altre opere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.2.d Ricapitolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II. L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II.1 Innografia e tradizione esegetica a Bisanzio . . . . . . . . II.1.a Cenni di innografia bizantina . . . . . . . . . . . . II.1.b Cenni sulla fortuna dei canoni nella tradizione erudita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II.1.c Tradizione esegetica d’autore . . . . . . . . . . . . II.1.d Commenti perduti e anonimi . . . . . . . . . . . . . II.1.e L’Esegesi di Eustazio e la sua datazione . . . . . . . . II.2 Il canone giambico pentecostale nell’Esegesi di Eustazio . . II.2.a Eustazio editore del testo . . . . . . . . . . . . . . II.2.b La paternità dell’inno . . . . . . . . . . . . . . . . . II.3 Struttura e destinazione dell’Esegesi di Eustazio . . . . . . II.3.a Struttura dell’Esegesi . . . . . . . . . . . . . . . . . II.3.b Compiutezza dell’esegesi eustaziana e suo criterio di stesura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II.3.c Committenza e destinazione dell’Esegesi . . . . . . . II.4 Le fonti evocate nell’Esegesi in relazione al canone giambico pentecostale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II.4.a Le Sacre Scritture . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

3* 4* 7* 7* 18* 18* 22* 24* 29* 31* 31* 31* 48* 53* 67* 69* 72* 73* 83* 103* 104* 113* 117* 127* 128*

VIII

Sommario

II.4.b I classici antichi . . . . . . . . . . . . . . . II.4.c Tradizione patristica e liturgica . . . . . . . II.4.d Poeti di età bizantina . . . . . . . . . . . . II.4.e Altre fonti del commento . . . . . . . . . II.5 Il giudizio critico di Eustazio sul canone giambico pentecostale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II.5.a Gregorio Pardo e l’inno pentecostale . . . II.5.b Eustazio e l’inno pentecostale . . . . . . . II.5.c Innovazioni critiche eustaziane . . . . . . .

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130* 138* 143* 163*

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172* 172* 176* 184*

Introduzione storico-filologica, di Silvia Ronchey . . . . . . . . Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I. La tradizione manoscritta . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.1 Vaticanus graecus 1409 (= V) . . . . . . . . . . . . . I.1.a Contenuto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.1.b Paratesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.1.c Mani e aliae manus . . . . . . . . . . . . . . . . I.1.d Legatura e restauri . . . . . . . . . . . . . . . I.1.e Origine del codice . . . . . . . . . . . . . . . I.1.f Possesso e storia del codice . . . . . . . . . . I.1.g Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.2 Alexandrinus Patriarchalis 62 (107) (= A) . . . . . . . I.2.a Contenuto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.2.b Paratesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.2.c Mani e aliae manus . . . . . . . . . . . . . . . . I.2.d Legatura e restauri . . . . . . . . . . . . . . . I.2.e Possesso e storia del codice . . . . . . . . . . I.2.f Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.3 Basileensis A.VII.1 (gr. 34) (= Bas.) . . . . . . . . . . I.3.a Gli interventi di Baioforo . . . . . . . . . . . . I.3.b La guardia anteriore e i frammenti eustaziani . I.3.c Lo theotokion del foglio 1r . . . . . . . . . . . . I.3.d L’appendice profetico-oracolare . . . . . . . . I.3.e Il nucleo antico e il copista Coniata . . . . . . I.3.f Eustazio e Prodromos Petra . . . . . . . . . . I.3.g Lo scriptorium e il moyseÖon di Prodromos Petra I.3.h A Prodromos Petra l’ultimo tomo di una mittelalterliche Eustathiosedition? . . . . . . . . . . I.3.i Storia ulteriore del codice . . . . . . . . . . . I.3.l Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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187* 188* 189* 189* 189* 191* 192* 194* 195* 197* 200* 201* 201* 204* 204* 206* 207* 209* 209* 210* 212* 215* 216* 219* 220* 222*

. . . 228* . . . 229* . . . 231*

Sommario

II.

I.4 Vallicellianus F 44 (gr. 94) (= Vall.) . . . . . . . . . . . . . I.4.a Il palinsesto e il suo contenuto . . . . . . . . . . . . I.4.b Il copista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.4.c Legatura e restauri . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.4.d Il bifolio eucologico . . . . . . . . . . . . . . . . . I.4.e Possesso e storia del codice . . . . . . . . . . . . . I.4.f Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.5 Vindobonensis Theologicus graecus 208 Nessel (298 Lambecius) (= W) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.5.a Contenuto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.5.b Paratesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.5.c Mani e aliae manus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.5.d Legatura e restauri . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.5.e Fato di Prodromos Petra dopo la conquista ottomana I.5.f Possesso e storia del codice . . . . . . . . . . . . . I.5.g Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.6 Scorialensis L.II.11 (= S ), deperditus . . . . . . . . . . . . . I.6.a Notizie del codice . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.6.b Contenuto del codice Scor. L.II.11 . . . . . . . . . I.6.c Materiale e datazione del codice Scor. L.II.11 . . . . I.6.d La titolatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.6.e S e b . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.6.f Diego Hurtado de Mendoza e il suo fondo . . . . . I.6.h Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Critica del testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II.1 Mutue relazioni fra i codici . . . . . . . . . . . . . . . . . II.1.a Dipendenza di W da V ed eliminazione di W . . . . II.1.b Indipendenza di A da V e di V da A . . . . . . . . . II.1.c Errori particolari di V . . . . . . . . . . . . . . . . II.1.d Errori particolari di A . . . . . . . . . . . . . . . . II.1.e Errori particolari dei frammenti Basileense e Vallicelliano e loro probabile indipendenza dai testimoni poziori V e A . . . . . . . . . . . . . . . II.2 Gli ascendenti perduti a e b . . . . . . . . . . . . . . . . . II.2.a Probabile dipendenza dei testimoni superstiti da un esemplare comune b . . . . . . . . . . . . . . . II.2.b Possibile identificazione di b con S . . . . . . . . . II.2.c Errores coniunctivi VA ascrivibili a b . . . . . . . . . . II.2.d Identificazione dell’archetipo a con un esemplare d’autore . . . . . . . . . . . . . . . . . .

IX 231* 231* 233* 233* 234* 236* 239* 239* 239* 239* 240* 241* 242* 248* 252* 253* 253* 261* 263* 265* 267* 269* 272* 273* 273* 274* 274* 275* 276*

278* 279* 279* 280* 283* 284*

X

Sommario

II.2.e Errores coniunctivi VA attribuibili ad a o b . . . . . . II.2.f Errores coniunctivi VA verosimilmente risalenti ad a II.2.g Stemma codicum . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III. Edizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III.1 Edizioni precritiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III.1.a L’editio princeps di Mai . . . . . . . . . . . . . . . III.1.b La reimpressione del Migne . . . . . . . . . . . . III.2 Excerpta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III.2.a L’anteprima di Allacci . . . . . . . . . . . . . . . III.2.b I progetti di Gottlieb Tafel e Jean-Baptiste Pitra . IV. Ratio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV.1 Il testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV.1.a Titolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV.1.b Testo del canone . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV.1.c Criteri grafici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV.2 Gli apparati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV.2.a Apparato delle varianti (V) . . . . . . . . . . . . IV.2.b Apparato dei marginalia (M) . . . . . . . . . . . . IV.2.c Apparatus fontium . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV.3 Gli indici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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287* 287* 289* 290* 290* 290* 296* 297* 297* 298* 299* 299* 299* 300* 301* 303* 303* 304* 304* 311*

Abbreviazioni di vocabolari, repertori, collane, riviste . . . . . . Fonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Eustazio di Tessalonica e le sue opere . . . . . . . . . . . . Esegesi del canone giambico pentecostale . . . . . . . . . . Altre opere di Eustazio . . . . . . . . . . . . . . . . Principali testimonianze bizantine relative a Eustazio . . . . Principali edizioni dei canoni liturgici e dei relativi commenti Principali fonti utilizzate nei Prolegomena . . . . . . . . . . III. Reference Works . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV. Cataloghi di manoscritti e fondi – Repertori paleografici . . . . V. Studi monografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

317* 324* 324* 324* 324* 327* 328* 330* 336* 339* 344*

BIBLIOGRAFIA GENERALE I. II.

XI

Sommario

Estauoy Uessalonkh« ’Ejghsi« e« tn ambikn kanna t« Penthkost«

Tabula notarum in apparatibus V, M, F adhibitarum Prooemium . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Acrostichis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Oda 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Oda 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Oda 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Oda 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Oda 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Oda 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Oda 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Oda 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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3 7 22 26 81 112 143 160 175 197 230

Index nominum propriorum . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vocabolarium technicum . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vocabula quae ad res philosophicas, logicas etc. attinent . . . . Index Graecitatis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Verba rara . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vocabula quae ad dialectos vel ad linguam communem attinent Vocabula ex aliis linguis hausta . . . . . . . . . . . . . . . . . De Eustathio testimonio ad hymni textum constituendum . . . Vocabula et nexus quorum explicationes praebentur . . . . . . Vocabula et nexus de quorum etymologia disceptatur . . . . . Index locorum laudatorum . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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267 270 365 368 407 415 417 418 422 432 436

Crediti iconografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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INDICES

RIPRODUZIONI FOTOGRAFICHE

XII

Sommario

PROLEGOMENA

INTRODUZIONE STORICO-LETTERARIA DI PAOLO CESARETTI

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Ringraziamenti

RINGRAZIAMENTI Ai miei genitori Gino e Iris, alla loro patientia Giunge con questa edizione a compimento un lavoro di ricerca pluridecennale, che con Silvia Ronchey avviammo intorno al 1978–79. Ce lo suggerì, come tesi di laurea, Franco Montanari, che allora insegnava Filologia Bizantina presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa. L’intento era quello di sostituire all’obsoleta editio princeps dell’Esegesi, pubblicata da Angelo Mai, una pubblicazione critica moderna. Molte energie offriva l’esempio di M. H. L. van der Valk: i suoi volumi del commento eustaziano all’Iliade uscivano con buon ritmo in quegli anni, testimoniando dell’indispensabile fusione del lavoro ecdotico con quello ermeneutico. Intanto si affacciavano concetti – per es. „intertestualità“, „memoria letteraria“, „paratesto“ – poi risultati fruttuosi sia per l’interpretazione generale dell’opera di Eustazio sia in particolare di questa Esegesi e della sua fortuna. Molte persone e alcune istituzioni hanno contribuito nel corso del tempo all’esito complessivo del lavoro, chi leggendo e discutendo parti dell’opera manoscritta, chi promuovendo seminari o lezioni che avessero l’Esegesi come oggetto, chi mettendo a disposizione strutture, materiali e agevolazioni per la ricerca, chi sostenendo la pubblicazione in termini economici. Tra le istituzioni che debbo e desidero ringraziare segnalo anzitutto l’Università degli Studi di Bergamo, con il suo Dipartimento di Lettere e Filosofia, con la sua Biblioteca e con il suo Servizio di Prestito Interbibliotecario. Il Magnifico Rettore prof. Stefano Paleari e il Direttore del Dipartimento prof. Andrea Bottani mi hanno dimostrato attenzione rara, di cui sono grato. Poi la Biblioteca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con particolare ringraziamento per il personale della Sala di Consultazione „G. Billanovich“; la Biblioteca Civica „Angelo Mai“ di Bergamo; la Biblioteca del Pontificio Istituto Orientale di Roma. È inoltre dovuto da decenni un ringraziamento alla Società Dante Alighieri di Alessandria d’Egitto, che agevolò i contatti per la prima autopsia in situ del cod. Alex. Patr. 62 (107). Per letture integrali o parziali della mia Introduzione nonché per approfon-

Ringraziamenti

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dimenti e sostegni bibliografici, paleografici o interpretativi desidero ringraziare Augusta Acconcia Longo, Charalambos Bakirtzis, Maddalena Bonelli, Berenice Cavarra, Lisa Ciccone, Slobodan C´urˇci´c, Lavinia Dal Basso, Olivier Delouis, Stephanos Efthymiadis, Vera von Falkenhausen, Chiara Faraggiana di Sarzana, Laura Franco, Basema Hamarneh, André Jacob, Elisabetta Matelli, Carlo Maria Mazzucchi, Karin Metzler, Fausto Montana, Franco Montanari, Monica Negri, Alexandra Nikiforova, Symeon Paschalidis, Gaetano Passarelli, Enrica Salvatori, Sonja Schönauer, Dimitrios Skrekas (con uno speciale augurio per le sue ricerche), Agamemnon Tselikas, Lorenzo Zamboni. Nel complesso lavoro redazionale mi hanno coadiuvato Claudio Consonni, Silvia Consonni, Danilo Mongelli, Raffaella Viccei. Errori e manchevolezze siano ascritte solo a me, ma se ho dimenticato il generoso sostegno di qualche collaboratore o collega si deve al solo irreparabile tempus. Quanto poi al tempo che le cure eustaziane hanno preteso, sottraendomi anche a chi più avevo caro, è cosa che non si lascia descrivere qui. P.C.

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Ringraziamenti

Vita e opere di Eustazio

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I. Vita e opere di Eustazio I.1 Vita di Eustazio La principale fonte informativa per la vita di Eustazio è costituita dal suo stesso corpus 1, che offre elementi in merito alla sua formazione2 e alla sua carriera ecclesiastica in Costantinopoli, la maggiore metropoli cristiana del Medioevo, che fu con ogni probabilità la sua città natale3. La data di nascita di Eustazio è stata a lungo controversa fra gli studiosi, ma è ormai invalso porla negli anni anteriori al 11154, sulla base di suoi brani relativi a personaggi della dinastia imperiale dei Comneni: da un lato, il ripetuto ossequio per Alessio I Comneno (1081–1118)5; dall’altro una frase presente in una orazione degli anni settanta del XII secolo6, dove si legge che Eustazio, quando era „ancora fanciullo, non ricoperto da una neppure tenera barba“ (öti paÖd me nta ka od e« oylon rti y lasio menon) pronunciò un’orazione ufficiale per l’accesso di Manuele p t « basilik « ta th« perivp «, ovvero a „questa sommità imperiale“. La connotazione retorica del passo mirava certo a sottolineare che in quella circostanza Eustazio era un oratore giovane7 1

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Gli studiosi l’hanno più volte sottolineato, vd. per es. Kyriakidis 1961, p. xxxiv; Kazhdan 1984a, p. 115; Magdalino 1996, p. 226, al. Vd. Wirth 1980, pp. 7–9. Vd. Kyriakidis 1961, pp. xxxvii–xxxviii, al.; prudenza in merito è stata espressa da Kazhdan 1984a, p. 117, ma vd. Sideras 1994, p. 181 con n. 3, dove – sulla base di Mich. Chon. Mon. Eust. Thess., p. 286, 14–17 Lambros (=PG 140, 340C) – si scrive che „Eustathios in Konstantinopel aufwuchs“. Il medesimo studioso ritiene inoltre che Mich. Con., ivi, p. 295, 1–4 adombri una provenienza della famiglia di Eustazio da Myra in Licia. Vd. anche infra, n. 38 e contesto. Wirth 1980, p. 3. Alwjio« … n ndottv t « cyx « wrv kemenon ka renn dwltoi« ggegrammwnon mnmosin (con citazione da Aesch. Prom. 789 ggr oy s mnmosin dwltoi« renn), in Or. 14 (pp. 236, 61 – 237, 70). Il testo è da datarsi al 1178 o poco dopo (vd. Wirth 2000, p. 39*). – In questa Esegesi del canone giambico per la festa di Pentecoste Alessio Comneno è presentato come „pio sovrano“, basile« eseb« (Prooem. 189–190). Or., 13, p. 203, 42–44. L’editore Peter Wirth riporta varie opinioni favorevoli a una datazione al 6 dicembre 1174, senza peraltro confutare Kazhdan 1984a, p. 116 e soprattutto p. 124, che scorge il testo posteriore al 6 dicembre 1174 e anteriore al 1180 (Wirth 2000, p. 38*). – Schönauer 2004, p. 151, prende posizione per il 6 gennaio 1178; vd. anche Ead. 2006, p. 12* con n. 27. Vd. Kyriakidis 1961, p. xxxiv e pp. xxxviii–xxxix; Kazhdan 1984a, pp. 115–116, con ampi riferimenti alla bibliografia precedente.

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Prolegomena

(il medesimo avviene anche in altri brani eustaziani del medesimo decennio8), ma esiste almeno una occasione solenne di riferimento anche per sostenere un’interpretazione letterale9. Nell’Esegesi 10 che qui si presenta Eustazio lamenta la propria estrema vecchiaia; oltre a espressioni generiche11 si trova un riferimento (72, 15) alle „facoltà vitali di un ottantenne“ che potrebbe applicarsi all’Autore, con implicita allusione ai „settanta, ottanta anni“ del biblico Salmo 89, 10. Poiché l’opera, come si vedrà in séguito, è databile a partire dalla Pentecoste 1187, e ancor più probabilmente va ricondotta all’ultimo decennio del XII secolo, gli anni anteriori al 1115 restano un’opzione valida e praticabile per la nascita di Eustazio. Diversamente da altri autori bizantini (per es. da Michele Psello12) Eustazio non fornisce cenni in merito alla sua famiglia di origine, laddove ha destato varie interpretazioni l’inscriptio di una sua orazione a Manuele Comneno presente nel codice Scor. Y.II.10, testimone di sue opere oratorie13. In tale inscriptio si legge il nesso kÜr Estauoy toÜ toÜ Kata lron14, sicché alcuni hanno ritenuto che sia stato monaco nel monastero costantinopolitano „di San Floros“15, altri che abbia avuto il patronimico di una illustre famiglia bizantina, „Kataphloron“16; la maggioranza degli studiosi reputa che sia stato parente o allievo di Nicola Kataphloron (per qualcuno kata Phloron), che fu docente presso la „Scuola Patriarcale“ di Costantinopoli17 tra 1156 e 1160 con ruoli di elevata responsabilità, e che prima della morte (intorno al 1160) poté giovare alla futura carriera di Eustazio18.

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Vd. Wirth 1980, p. 2. Può essere cioè considerata la nomina di Manuele a sebastokrator (1122), sebbene sia più agevole pensare all’intronizzazione imperiale di Manuele (1143): così fa anche Wirth nell’adnot. ad loc. (vd. supra, n. 6). Vd. Kyriakidis 1961, p. xxxix con le nn. 1–4. Anche Barzos 1984, I, p. 423; Sideras 1994, p. 181, n. 2. Indicheremo così, d’ora in avanti, il titolo completo Esegesi del canone giambico per la festa di Pentecoste. L’abbreviazione Exeg. verrà riservata ai soli rimandi puntuali. Per es. Prooem. 261 gwrvn nurvpo« « bau . Vd. in merito i passi raccolti, tradotti e commentati da Kaldellis 2006. Descrizioni recenti, con ampi rinvii alla bibliografia precedente, da parte di Wirth 2000, pp. 11*–12*; Schönauer 2006, pp. 29*–33*. Or. 16 (p. 261, 3). L’orazione è variamente datata nell’arco degli anni 1173–1174; Wirth 2000, pp. 41*–42*, non prende una posizione precisa in merito. Così per es. Browning 1962, p. 191, poi corretto in Id. 1995, p. 84. Vd. Kyriakidis 1961, pp. xxxv–xxxvii. Nella sua nota a Or. 16, p. 261, 3, l’editore Peter Wirth interpreta Kata lron come nomen gentile Eustathii. Vd. anche Wirth 1963. Vd. Browning 1962, p. 175; Id. 1963, p. 18, al. – Vd. infra, p. 10* con nn. 30 e 31, al. Vd. Wirth 1960a; Laurent 1962; Browning 1962, pp. 175–176; Id. 1963, pp. 18–19; Laurent 1967, coll. 33–34; Kazhdan 1984a, pp. 117–119 (con sottolineatura del rapporto di discepolato più che di parentela), al.

Vita e opere di Eustazio

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Un passo dell’epistolario di Eustazio sottolinea il suo rapporto con il monastero costantinopolitano di Santa Eufemia19. Peraltro ciò non prova che egli sia mai stato monaco20. Eustazio entrò nell’apparato amministrativo del patriarcato di Costantinopoli al tempo di Luca Chrysoberges (patriarca 1159–1169/70)21, per ricoprire incarichi di sempre maggiore impegno; da semplice scrivano divenne addetto alle registrazioni del tribunale patriarcale; poté inoltre assumere responsabilità legate ai sacri cimeli22. Con un topos retorico che comprende anche un elegante gioco paronomastico, la presente Esegesi (Prooem. 146–147), afferma che il patriarca Luca riversò su Eustazio una „pioggia d’oro“: egli fu con ogni probabilità il suo benefattore, e la carriera nel Patriarcato gli assicurò ricche prebende23, forse legate anche al suo impiego nel sakellion patriarcale24. Negli anni di Luca patriarca divenne diacono di Santa Sofia25. Non ebbe mai ruoli ufficiali, invece, presso il Palazzo imperiale (fu per errore che a lungo gli eruditi scorsero in lui „l’addetto alle suppliche“,  p tn desevn)26. Oltre che con Luca, Eustazio ebbe stretti rapporti anche con un’altra personalità rilevante: Michele  toÜ Agxiloy. Nel Patriarcato questi fu responsabile prima della cancelleria, poi della corte giudiziaria, quindi (tra il 1165 e il 1167) venne nominato „console dei filosofi“ dall’imperatore Manuele I nel progetto di una reviviscenza dell’insegnamento superiore di filosofia. All’ini19

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Op. 337, 82–85 (= Ep. 30, 161–164, p. 90). – Per il monastero di Santa Eufemia presso l’Ippodromo vd. Janin 1953, pp. 126–130 (cenno su Eustazio a p. 128). Elaborazione sul monastero di Santa Eufemia anche in riferimento all’educazione di Eustazio in Kyriakidis 1961, pp. xl–xlv. Laurent 1962, p. 219; Id. 1967, col. 34, è assai deciso al proposito: „Eustathe ne fut jamais, contrairement à l’opinion commune, moine“. – Più di recente Metzler 2006b, p. 6, ritiene poco verisimile che Eustazio sia stato monaco. A proposito di Luca vd. la definizione tn kl sin postolik« in Or. 6 (p. 82, 67). L’opera è datata dall’editore all’ampio periodo 1174–1178 (Wirth 2000, pp. 23*–25*). Per Kazhdan 1984a, p. 122, è del 28 marzo 1170. Schönauer 2006, p. 14*, la riconduce invece al 1171–1173. Kazhdan 1984a, pp. 119–121, ricostruisce la carriera di Eustazio nel Patriarcato basandosi soprattutto sul testo che ora leggiamo come Or. 18 (pp. 294–310) e che l’editore Peter Wirth data anteriormente all’inizio dell’episcopato eustaziano (Wirth 2000, p. 44*). Exeg. Prooem. 146–147 (e apparato F ad loc.), con allusione a Pind. Olymp. 7, 34 brwxe … xryswai« ni dessi. Vd. Ronchey 1987, p. 54 con le nn. 4–6. In Laurent 1963a, pp. 336–337, viene pubblicato e commentato il sigillo arcivescovile tessalonicese di Eustazio che comprende la specificazione k sakelloy, rilevante dignità patriarcale. Vd. GMIG (Du Cange), coll. 1321–1322 s.v.  sakeloy nonché Darrouzès 1970a, pp. 62–64, 318–322. Il Darrouzès valorizza Eustazio come fonte relativa agli 

kia, ma non lo considera sotto questo particolare aspetto biografico. L’opinione di Koukoules 1950, I, p. 6, in merito all’ingresso di Eustazio nel diaconato all’epoca del patriarca Nicola IV Muzalone, seguita anche da Laurent 1967, col. 34, al., è contestata da Kazhdan 1984a, p. 119 con n. 15. La questione è riassunta in Browning 1962, p. 192 con n. 1; Darrouzès 1970b, p. 45 con n. 12; Kazhdan 1984a, p. 120, al.

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Prolegomena

zio del 1170 la sua carriera fu coronata dall’ascesa al soglio patriarcale, dove successe a Luca Chrysoberges con il nome di Michele III27. Michele poté verisimilmente influire sulla designazione di Eustazio da parte dell’imperatore Manuele per la cattedra di mastvr tn htrvn, il „grado“ o „trono“ „sofistico“ che ne premiava l’attività di lettore e commentatore dei classici28. Prima di questo prestigioso incarico egli aveva difatti svolto a lungo il ruolo di grammatik« dedito a spiegazioni di carattere grammaticale e retorico dei testi antichi29. Attività di grammatik« e designazione a mastvr tn htrvn implicano necessariamente il rapporto di Eustazio con la Scuola Patriarcale di Costantinopoli30, che recenti ricerche invitano a considerare come una ‚rete‘ di docenti e di discipline più che come una „Università dell’Ortodossia“ in senso stretto31. La datazione precisa della nomina di Eustazio a mastvr tn htrvn è stata dibattuta, tra il 1166 e il 117432; indubbio è invece l’alto profilo istituzionale del ruolo, tanto più che al mastvr spettava comporre orazioni di accurata elaborazione letteraria per momenti importanti della vita cerimoniale della corte, nelle sue numerose implicazioni religiose, politiche, militari, diplomatiche33. Quella vita cerimoniale fu fittissima di eventi durante l’impero di Manuele I (nato nel 1118, asceso al trono venticinquenne nel 1143, regnò sino al 1180) sicché la produzione letteraria dell’Autore si trovò a rapportarsi con le vicende di Bisanzio nel rinnovato e competitivo contesto della politica internazionale del suo 27

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Vd. la voce a lui dedicata („Michael III, patriarch of Constantinople“) da A. Kazhdan in ODB II, pp. 1364–1365; in primis Browning 1961; vari cenni in Magdalino 1993, passim. – Sul rapporto di Eustazio con Michele vd. Or. 6, alle pp. 78–99 di Wirth 2000, con pp. 23*–25*. „Grado“ sofistico: Op. 348, 78 (= Ep. 45, 63–64, p. 123). Vd. Kolovou 2006, pp. 68*–70*. – „Trono“ sofistico in Mich. Con. Mon. Eust. Thess., p. 290, 23 Lambros (= PG 140, 344D). Vd. al proposito Euth. Mal. Mon. Eust. Thess., pp. 82, 34 – 83, 5 Bonis (= PG 136, 764B); Mich. Con. Mon. Eust. Thess., pp. 288, 5 – 290, 5 Lambros (= PG 140, 341D – 344A). Vd. Kazhdan 1984a, p. 121; Magdalino 1993, p. 328. Vd. in merito Ronchey 1991, pp. 154–155 nonché Ead. infra, pp. 223*–225* con nn. Magdalino 1993, specie pp. 325–330, con rimandi a Browning 1962 e a Id. 1963. Loukaki 1998, p. 437, sottolinea invece „la position officielle de l’Église“. – Per i contenuti dell’insegnamento ancora utile Fuchs 1926, pp. 35–50, che però non considera l’impiego scolastico degli inni dei mel8do, per il quale vd. almeno infra, p. 57* con n. 313, pp. 57*–63*, 118*–119* (Gregorio Pardo), pp. 66*–67* (Teodoro Prodromo), pp. 120*–123*, 126*–127* (Eustazio). – Sul dibattito intellettuale presso la Scuola vd. Criscuolo 1975. Utile, per il livello di insegnamento secondario (e inferiore), Efthymiadis 2005. Browning 1962, pp. 181–182, addita il periodo 1166–1168; Laurent 1967, col. 34, il 1168 (così anche Wirth 2000, pp. 5* – 6*); Kazhdan 1984a, pp. 121–122, segnala il 1166–1170; Magdalino 1993, p. 328 parla di „early 1170s“. Agli anni tra il 1172 e il 1174 aveva guardato Kyriakidis 1961, pp. xlvi–xlviii. Loukaki 2007 riesamina a novo la la promozione di Eustazio a „maestro dei retori“ sulla base di un’attenta lettura delle orazioni pubblicate dal Wirth, per dedurne una datazione poco anteriore al 1171–1172 (ivi, p. 213). Magdalino 1993, p. 248; Loukaki 1998, p. 435, in merito ai „douze didascales“ della Scuola Patriarcale di Costantinopoli „chargés de promouvoir la politique officielle“.

Vita e opere di Eustazio

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tempo. Come scrisse una autorità storiografica, „Es begann die Epoche einer allgemein europäischen Politik, deren Fäden im Mittelmeerbecken zusammenliefen. Als Mittelmeermacht konnte Byzanz nicht abseits stehen bleiben“34, anche se lo sviluppo degli eventi avrebbe portato l’impero di Bisanzio alla catastrofe della Quarta Crociata nel 1204. Il „grado“ o „trono“ sofistico che premiava la maturità di Eustazio non sarebbe però stato l’apice della sua carriera. Lo attendeva l’avanzamento al soglio metropolitico, in un significativo intreccio di ruoli e di impegni sia letterario-istituzionali sia ecclesiastici. Una lunga tradizione erudita aveva posto la sua investitura metropolitana intorno al 1174–1175, ma negli ultimi decenni ha trovato consenso l’ipotesi che quell’avanzamento sia invece posteriore, da collegarsi con la reintegrazione nell’ordine dei diaconi di Santa Sofia di un Giovanni Plakenos, precedentemente condannato per eresia35. Questo episodio del settembre 1177 avrebbe causato una retrocessione di Eustazio nell’ordine gerarchico; una sua intensa orazione rivolta al patriarca, già suo protettore, viene letta come reazione a questo inatteso sviluppo degli eventi36. La risposta delle istituzioni può esser letta alla luce della ben nota okonoma bizantina37. Eustazio sarebbe stato dapprima destinato al soglio vescovile di Myra in Licia (attuale Demre turca), lungo la striscia costiera allora presidiata da Bisanzio nell’Anatolia Meridionale38. Ma ciò avrebbe comportato un allontanamento da Costantinopoli, dalla sua rete culturale, dalle sue biblioteche, proiettandolo in quel destino di esilio intellettuale che fu costantemente lamentato da parte dei dotti bizantini, ecclesiastici39 o meno40 che fossero. Però Eustazio godeva di protezioni influenti41. Grazie a un prstagma

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Ostrogorsky 1963, p. 314. Grumel – Darrouzés 1989, n° 1134 (p. 560). – In Wirth 1967a; Id., 1967b, la prima trattazione del collegamento di Eustazio con l’affaire Plakenos. Or. 18 (pp. 294–310); editio princeps in Wirth 1966. Vd. inoltre Id. 1967b. – Per l’interpretazione (più che per la datazione) vd. Kazhdan 1984a, pp. 122–123; Schönauer 2004, specie pp. 143–147. – In Loukaki 2007, specie pp. 214–215, si avanzano dubbi su tale ricostruzione. Vd. anche infra, n. 136. Nel senso tratteggiato da Ahrweiler 1975, pp. 129–141. Al proposito si legge un singolare riferimento ‚concreto‘ in Mich. Con. Mon. Eust. Thess., p. 294, 15–25 Lambros (= PG 140, 348 CD). In base a Sideras 1994, p. 181, n. 3 si sarebbe trattato dunque di un „ritorno alle origini“ della famiglia di Eustazio! Vd. n. 3 supra. Vd. per es. le osservazioni di Mullett 1997; Spadaro 2005 (pp. 245–250), entrambe su Teofilatto di Achrida. In riferimento alla Scuola Patriarcale di Costantinopoli vd. Browning 1962, p. 168. È questo, per es., il caso di Gregorio Antioco, sul quale vd. infra, nn. 69–70 e contesto. Su questo tema insiste Browning 1995, facendo riferimento sia alla posizione sociale dei Kataphloron (p. 84), sia alla rete dei contatti intellettuali di Eustazio con figure eminenti, probabilmente allievi di Nicola Kataphloron (pp. 87–88), per il quale vd. supra, p. 8*.

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Prolegomena

imperiale42 poi ratificato a livello sinodale43, egli poté commutare la remota Myra con il soglio metropolitano di Tessalonica, città che proprio da eventi accaduti durante il vescovado eustaziano deriva la sua denominazione di prth met tn prthn, „prima (città) dopo la prima“ (ovvero Costantinopoli44). Questi sviluppi possono essere datati tra 1177 e 1178, con qualche prudenza, in attesa di ulteriori analisi storiche e biografiche45. Permasero comunque, intensissimi, i rapporti con la capitale. Furono frequenti i viaggi di Eustazio da Tessalonica a Costantinopoli che l’aveva acclamato come studioso e oratore46. È certa la sua presenza a importanti eventi politici e cerimoniali del 1179–1180 (dall’arrivo di Agnès, figlia di Luigi VII re di Francia, alle cerimonie nuziali e ai banchetti dei figli porfirogeniti dell’imperatore Alessio II e Maria, con Agnès e Ranieri di Monferrato rispettivamente), celebrati da Eustazio in rilevanti orazioni47. Nell’estate 1180 la questione teologica relativa al „dio di Maometto“ contrappose Eustazio in Costantinopoli all’imperatore Manuele; se ne legge un vivace resoconto in Niceta Coniata48. Nel settembre 1180 morì Manuele I Comneno; poco dopo Eustazio lo commemorò in una grande orazione funebre dinanzi alla corte49. Gli anni convulsi dal 1180 al 1185, che segnarono la fine della dinastia comnena – attraverso la reggenza della vedova di Manuele Maria/Xene, il breve e tragico regno del giovane Alessio II, la „tirannia“ di Andronico I – videro il progressivo allontanamento dal centro del potere di Eustazio, che si dedicò sempre più alla sua sede metropolitica radicandosi nella cattedrale tessalonicese di Santa Sofia, più volte evocata nei suoi scritti50. A fronte della potenza delle istituzioni monastiche e alla vivacità dei traffici commerciali proiettati verso l’entroterra nacquero peraltro sue progressive contrapposizioni con le élites locali51, mentre egli attendeva ad altre opere. Si è ritenuto 42 43

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Vd. Dölger – Wirth 1995, p. 266 (n° 1518), con datazione compresa tra 1174 e 1178. Vd. Grumel – Darrouzès 1989, n° 1128, p. 555 (con datazione „1174, vers décembre“). Nella precedente edizione a cura del solo Grumel (Fasc. 3, Les regestes de 1043 à 1026, Paris 1947, p. 158), si faceva erroneo riferimento a Smirne, complicando anche a livello geografico una situazione già intricata dal punto di vista cronologico. Su questa espressione ormai vulgata vd. infra, n. 63. Ampia sintesi interpretativa della questione, con riferimenti alla bibliografia precedente, in Schönauer 2004. Magdalino 1996, p. 227 con n. 8, poneva invece il trasferimento nel 1176. Schönauer 2004 ha avanzato in merito la definizione di Eustazio „fahrender Scholiast“. Le „nozze della prole imperiale“ in Or. 10 (pp. 170–181); l’arrivo di Agnès-Anna in Or. 15 (pp. 250–260), considerata con diversi intenti in Stone 2003 e in Cesaretti 2006, pp. 71–80. Sul rapporto tra la panegiristica eustaziana e la datità storica vd. Stone 2001. Nic. Chon. Hist., pp. 216, 25 – 218, 51 van Dieten. In Op. 196, 38 – 214, 52. Vd. infra, n. 146 e contesto. Theoharidou 1998, p. 3 con n. 28, p. 5 con n. 54; Bakirtzis 2003, p. 52. Per l’esperienza vescovile di Eustazio a Tessalonica segnalo almeno Angold 1995, pp. 175–196; Magdalino 1996.

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che prendesse corpo intorno a lui una cerchia di lettori e uditori52. Si preparavano intanto i rivolgimenti dell’estate 1185, con l’attacco portato da Guglielmo II, re normanno di Sicilia, contro l’impero bizantino. Nell’agosto Tessalonica viene espugnata, senza apprezzabile difesa da parte dei militari; e nonostante l’età avanzata e le precarie condizioni di salute, a porsi quale difensore della popolazione troviamo proprio il dotto arcivescovo Eustazio, dapprima testimone diretto dei fatti, poi loro narratore nella successiva e preziosa opera dedicata all’Espugnazione della città, che sin dalla sua apparizione si impose come un ‚classico contemporaneo‘ (lo testimonia il reimpiego da parte di Niceta Coniata)53 e che gode ancor oggi di speciale apprezzamento, comprovato dalle numerose traduzioni nelle lingue moderne54. L’autorità bizantina in Tessalonica fu ristabilita nel novembre 1185, anche grazie a Isacco II, dal settembre del medesimo anno imperatore della nuova dinastia degli Angeli. Nonostante i meriti acquisiti da Eustazio nel corso dell’invasione normanna, quel ristabilimento non comportò necessariamente un migliorato rapporto del metropolita con le élites locali55. Per quanto attiene invece alla relazione con il nuovo imperatore e con la sua cerchia, l’evoluzione sembra comunque positiva, poiché intorno alla Pasqua del 1191, a Filippopoli (attuale Plovdiv bulgara), Eustazio celebrò con una orazione due vittoriosi attacchi dell’imperatore contro i Cumani56; si è postulato che verso la fine del medesimo anno egli possa aver fatto parte della delegazione bizantina presente ad Acri al séguito di Riccardo Cuor di Leone re d’Inghilterra57. Queste prestigiose occasioni cerimoniali e diplomatiche si sposano però a insoddisfazioni pastorali, anzi potrebbero essere collegate con un suo

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Kazhdan 1984a, pp. 133–140. Per i „circoli di lettura“ bizantini vd. per es. Wilson 1975; Canfora 1988; Id. 1998, al., tra cui Bianconi 2005, pp. 26–27 su Tessalonica „realtà culturale ancora arretrata“ prima dell’arrivo di Eustazio che vi introduce, sul modello costantinopolitano, le mezone« krosei«. Vd. infra, nn. 62, 150 e contesti. – Cenni sulla ricezione dell’opera in Cupane 1997; van Dieten 1999. – Il riuso letterario a distanza di una generazione sembra contraddire la pur autorevole opinione di Mango 1980, p. 241, in merito a una sorta di timelessness della letteratura bizantina („each generation of writers did not build upon the experience and ideas of the previous generation, but rather stood in a constant relation to their distant models“). Per certi rapporti tra Exp. Thess. e i suoi „distant models“ vd. i contributi di Kassel 2001 e di Theodoridis 2001. Vd. per es. Hunger 1955b; Kyriakidis 1961; Melville-Jones 1988; Odorico 2005; Messis – Odorico 2009. Vd. Magdalino 1996, pp. 231–232. Vd. infra, p. 28* e nn. 152–153. Così Angold 1995, p. 190, sulla base di Alber. Trium Fontium Chron., p. 867, 17 SchefferBoichorst; anche Magdalino 1996, p. 228. – La prima formulazione dell’ipotesi in Laurent 1963b, pp. 289–290.

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Prolegomena

abbandono della sede tessalonicese, dagli studiosi variamente interpretata – „fuga“, „esilio“ o „espulsione“ – e datata58. L’opera di Eustazio non sembra far menzione dell’imperatore Alessio III Angelo (1195–1203), ed è incerto come ciò debba interpretarsi: anche a tralasciare l’età avanzata dell’Autore, la sua relativa esposizione in favore di Isacco II – che proprio Alessio III aveva fatto abbacinare e poi aveva rimosso dal trono – poteva indurre a prudenza o a silenzio. La morte di Eustazio è datata a dopo il 119559, al più tardi entro il 1198–119960. Il segno lasciato da Eustazio, sia come letterato sia come uomo di Chiesa, sui suoi contemporanei e sulla generazione immediatamente successiva è notevole; sarebbe stato ancor più notevole, se la tradizione culturale bizantina non avesse conosciuto la drammatica frattura causata dalla Quarta Crociata61. Come che sia, per rappresentarci la sua vita e la sua opera disponiamo anche di brani di altri autori: spiccano, per eccellenza letteraria, quelli di Niceta Coniata62. Il fratello di Niceta, l’arcivescovo di Atene Michele Coniata, era stato discepolo diretto di Eustazio; restano sue calde lettere indirizzate al maestro63 oltre che 58

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Angold 1995, p. 190, postula che il cosiddetto „esilio“ sia durato dal febbraio 1191 alla Quaresima del 1193. – Contra, l’interpretazione di Peter Wirth: per lui la „fuga“ sarebbe durata solo qualche mese, a inizio 1191 (Wirth 1960b; vd. anche Id. 2000, p. 6*). Sulle orme di Wirth anche Grumel 1962; Laurent 1963b, p. 290. – Altri studiosi prolungano la durata dell’assenza di Eustazio, vd. per es. Kyriakidis 1961, pp. lv–lvii; Browning 1962, p. 193 („until 1194“). Non prende posizione Kazhdan 1984a, pp. 134–137. Magdalino 1996, p. 228, parla di „selfimposed exile 1191–1192/93“. Metzler 2006b, p. 12, ritiene che il metropolita abbia fatto ritorno nella sua sede al più tardi entro il 1. 9. 1193. Ricapitolazione dell’intera questione, che non si lascia dirimere con sicurezza, in Schönauer 2005. All’inizio di quell’anno potrebbe essere datata una sua perduta orazione quaresimale, vd. Schönauer 2006, pp. 5*, 18*, 37*–38*, 78*, nonché infra, Ronchey, pp. 262*–263*. Così Wirth 1961, mentre Id. 2000, p. 6*, si arresta ora alla più tradizionale datazione del 1195–1196 (vd. per es. Laurent 1967, coll. 33, 35). Vd. infra, n. 109 e contesto. Vd. supra, nn. 48 e 53; soprattutto Nic. Chon. Hist. pp. 306, 58 – 308, 17 van Dieten, con eccellente esempio di Wiedergebrauch letterario bizantino. Mich. Chon. Ep. 2, 4, 6, 7, 16, 36 (rispettivamente alle pp. 4–5, 7–8, 9–10, 11, 20–21, 50–51 di Kolovou 2001). – Per parte sua Eustazio menziona Michele in Op. 342, 13–14 (= Ep. 36, 34, p. 104), laddove è incerto se si riferisca a lui in Op. 325, 21–22 (= Ep. 19, 24–25, p. 60). Vd. al proposito Kolovou 2006, pp. 121*–126*, 152*–154*. Su Michele, oltre a Kolovou 2001, ancora è utile Stadtmüller 1934. – Soprattutto in Mich. Chon. Ep. 4 cogliamo l’espressione dell’affetto dell’allievo per il maestro, „padre spirituale“ (§ 4, ll. 16–27, pp. 7–8 in Kolovou 2001), „libro divino“ (§ 7, ll. 40–44, p. 8 ivi). – Merita ricordare che nella lettera 36, una sorta di lamento per la più volte evocata espugnazione di Tessalonica da parte dei Normanni nel 1185 (ivi, pp. 50–51; vd. anche le pp. 70*–71*), rivolgendosi a Eustazio (unico rappresentante della resistenza bizantina) scrive Michele in merito alle sorti della città: oa pli« Ylv, prth met tn prthn (Ep. 36, 7, p. 50 ivi). L’espressione è poi divenuta proverbiale, decontestualizzandosi dalle sue coordinate storiche di riferimento.

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una monodia funebre consacrata alla sua memoria64. Ai medesimi generi letterari – epistolografia e monodia funebre – appartengono i testi dedicati a Eustazio dal suo corrispondente, amico e forse condiscepolo Eutimio Malakis, metropolita di Neai Patrai in Ftiotide (attuale Ypati)65. Quelli degli ecclesiastici di Atene e di Ypati sono testi ricchi di topoi e di relativa evidenza documentaria, in base a canoni espressivi che lo stesso Eustazio ben conosceva e praticava66, epperò vi sono squarci che lasciano trapelare ideali di amicizia e anche devozione che travalicano le convenzioni retoriche67; sono presenti anche cenni relativi all’esistenza di un „pubblico“ che seguiva, interessato, in Tessalonica, Costantinopoli e altrove, la produzione letteraria eustaziana68. Un altro discepolo corrispondente di Eustazio fu Gregorio Antioco69, cui Eustazio indirizzò la sua epistola 19, un alto esito letterario nel suo genere70. Utile per la biografia di Eustazio più che per valore letterario è invece una posteriore nota di un altro ecclesiastico, Demetrio Chomatenos71. Notevole, ancorché spesso trascurata72, è la fortuna di Eustazio nelle arti dello spazio e della visione. Ritrovamenti archeologici a cavallo del 1980 nella

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Mich. Con. Mon. Eust. Thess., pp. 283–306 Lambros (= PG 140, 337–362), sulla quale vd. Sideras 1994, p. 219. Al § 30 (p. 295, 15–26 = col. 349B) la monodia introduce una equiparazione di Eustazio a Mosè sul Monte Sinai, immagine ben presente nella nostra Esegesi (vd. infra, p. 46*), ma stento a interpretarla come riferimento allusivo di Michele al nostro testo, dove Mosè è semmai presentato come discente. Vd. comunque in merito le considerazioni avanzate infra, Ronchey, pp. 224*–225*. Euth. Mal. Ep. 30 e 35 (rispettivamente pp. 68–69 e 75–76 Bonis); Id. Mon. Eust. Thess., pp. 78–83 Bonis (= PG 136, 756–764), sulla quale vd. Sideras 1994, pp. 199–200. – Due lettere del corpus epistolare di Eustazio sono indirizzate a Eutimio, in Op. 348, 1 – 350, 29 (= Ep. 45 e 46, pp. 122–128; analisi e commento in Kolovou 2006, pp. 167*–172*). Il sigillo di Eutimio Malakis è pubblicato in Laurent 1963a, pp. 583–584 (n° 763), con interessanti osservazioni relative alla legenda. Sul personaggio, oltre a Bonis 1937, mantiene validità anche Stadtmüller 1934, pp. 184–190 (= 306–312). Utile cenno anche in Sideras 1994, pp. 196–197. In riferimento all’oratoria funebre eustaziana vd. il contributo di Agapitos 1998. Vd. Kolovou 2006, pp. 15*–22*. Utile al confronto Tinnefeld 1973. Per una contestualizzazione più ampia Kazhdan – Constable 1982, pp. 28–29. Euth. Mal. Mon. Eust. Thess., p. 80, 14–29 Bonis (= PG 136, 760BC). Così Kazhdan 1984b, con osservazioni sparse in merito all’influsso di Eustazio su Gregorio, per il quale vd. anche Darrouzès 1962b. Sul personaggio vd. anche Stone 2005. Op. 324, 84 – 328, 56 (= Ep. 19, pp. 60–71; analisi e commento in Kolovou 2006, pp. 121*–126*). Due lettere di Gregorio Antioco a Eustazio in Darrouzès 1962a; Darrouzès 1963a. Le altre due lettere di Gregorio menzionate in Loukaki 1996, pp. 145–146, sono ora disponibili nelle edizioni di Sideras 2003; Id. 2005, con utili considerazioni cronologiche e stilistiche. Dem. Chom. 4 Resp., coll. 631–632 Pitra. Si riferisce al trasferimento di Eustazio per cui vd. supra, n. 43 e contesto. Qualche cenno in merito è invero presente in Laurent 1967, col. 35. Anche Browning 1995, p. 83.

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Prolegomena

cattedrale e sede metropolitica di Santa Sofia in Tessalonica hanno portato alla luce i resti di una tomba-ciborio con decorazioni pittoriche di arcangeli e martiri in stile tardo comneno, ora serbata presso il locale Museo della civiltà bizantina. È opinione degli studiosi che si tratti del monumento funebre di un metropolita di Tessalonica di fine XII secolo, per il quale è stato in più occasioni avanzato il nome di Eustazio73. Anche se la „canonizzazione ufficiale“ di Eustazio è recente74, qualche forma di venerazione gli fu riconosciuta poco dopo la sua morte75, e la scritta che accompagna la più riprodotta „icona“ di Eustazio76 recita ’O ’A(GIOS ) ESTAUIOS UESSALONH2KHS (sic), è cioè riferita a un „santo“. Tale „icona“ non è una tavola portatile, bensì un affresco che rappresenta il busto del metropolita, ubicato nell’abside della cappella nordoccidentale della prestigiosa chiesa dell’Evanghelismos presso il monastero di Graˇcanica (presso Priˇstina), commissionata da Stefano Uros II Milutin, re di Serbia (1282–1321) nel segno di una speciale continuità con la tradizione bizantina77. Al di sopra

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Molto assertiva in proposito EAM X, col. 281, s.v. „Salonicco“ (G. Gunaris): „Affreschi da un monumento sepolcrale, probabilmente quello del metropolita Eustazio, che fu eretto dopo il 1224 nella Santa Sofia (lato nord della galleria meridionale, nei pressi del nartece“). Vd. anche, con diverse sfumature, Kissas 1982, p. 33 e p. 38; Stavridou-Zafraka 1989, p. 58 con n. 89; Mavropoulou-Tsiume 1992, p. 100 (le pp. 88–100 sono tutte dedicate alla chiesa cattedrale di Santa Sofia); Bakirtzis 2003, p. 52 con n. 132. – Siano ringraziati l’amico prof. Stephanos Efthymiadis (Atene-Cipro) e il prof. Charalambos Bakirtzis (Salonicco) per il loro aiuto nel reperimento di queste e di altre segnalazioni bibliografiche preziose. Essa risale al 1988, e si deve all’impegno profuso da un successore di Eustazio, il metropolita Panteleimon II di Tessalonica (1974–2003). Giorno della festa di „sant’Eustazio“ è da allora il 20 settembre; a lui consacrata anche una icona nonché una acconcia akolouthia. Dal 7 al 9 novembre 1988 fu dedicato a sant’Eustazio un convegno i cui atti (Kontakis 1989), che contengono alcuni contributi scientificamente rilevanti, sono stati resi disponibili dalla cortesia del prof. Symeon Paschalidis (Salonicco): lo ringraziamo. Così Koukoules 1950, I, p. 13; Kyriakidis 1961, p. lx; Browning 1962, p. 193, Kissas 1982, p. 33 e p. 38, al. Cenni sul „dossier“ agiografico relativo a Eustazio in vari saggi di Kontakis 1989, dove per la santità di Eustazio viene considerata anche la titolazione di alcune sue opere, ma non quella dell’Esegesi, benché una chiara indicazione in merito (4givttoy) si legga non solo nella tradizione manoscritta (vd. infra, p. 69* nonché infra, Ronchey, pp. 265*–266*, 281*–282*; nell’edizione, l’apparato M ad loc.) ma anche nelle edizioni a stampa del Mai e poi della PG. Ricapitolazione dell’intero dossier in Bakaros 1989. – In merito alla santità di Eustazio osserva Browning 1995, p. 83, che egli fu „probably the only classical scholar to attain that exalted status“. Vd. il controfrontespizio di Koukoules 1950, I, nonché la riproduzione fotografica – corredata da didascalia con l’espressione „icona“ – a fronte della p. lx di Kyriakidis 1961. Per Eustazio nella chiesa di Graˇcanica rimando, oltre che all’album iconografico di Todi´c 1988 (visualizzazione a p. 94, testi alle pp. 109, 134, 227, 381) e a Kissas 1989, pp. 176–178, allo studio di C´urˇci´c 1979. – Ringraziamo l’autore, prof. Slobodan C´urˇci´c (Princeton-Salonicco), che è stato prodigo di informazioni non solo bibliografiche in merito alla fortuna iconografica di Eustazio in ambito balcanico.

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dell’immagine di Eustazio, vi è una rappresentazione monumentale di Giovanni il Precursore; di fianco il busto affrescato di san Giacomo „fratello di Dio“. Il posizionamento a fianco di questi due personaggi della storia sacra, insieme alla dignità della sede, sono indizi dell’alto onore con cui veniva considerato Eustazio. Quello di Graˇcanica (1321), lungi dall’essere un episodio isolato, è il culmine di una importante committenza artistico-architettonica promossa da Milutin e sensibile a Eustazio78, che testimonia di una speciale fortuna del nostro Autore nei Balcani del Commonwealth bizantino79. Di pochi anni anteriore (risale al 1312), e probabilmente all’origine di questa reviviscenza visiva di Eustazio, è l’affresco che lo raffigura (con la scritta O ’AGIOS ESTAUIOS UESSALONI2KHS) nel katholikon del monastero athonita di Vatopedi, del 131280, dove egli compare insieme ad altri arcivescovi di Tessalonica81. Da questa ricostruzione della vita di Eustazio emergono in sintesi una serie di polarità: – lo stretto rapporto dell’Autore con l’ambiente ecclesiastico da un lato, con il potere civile e con la corte imperiale dall’altro;

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Prima che nel 1321 a Graˇcanica, Eustazio compare nella chiesa regale presso il monastero di Studenica (1314). Nel santuario della chiesa, l’immagine del nostro Autore è inserita in un ambizioso programma iconografico che comprende anche i patriarchi iconoduli Germano I, Tarasio e Metodio I, oltre a un „apostolo degli Slavi“ come Clemente d’Ocrida. Vd. in merito Babi´c 1987, pp. 131 e 251 (testi), p. 236 (restituzione visiva), nonché Kissas 1989, pp. 173–174. – Sulla sua immagine del 1316 al San Niceta di C´uˇcer (presso Skopje) vd. Kissas 1989, pp. 174–175, che ne sottolinea la realizzazione da parte dei pittori tessalonicesi Michele Astrapas ed Eutichio. – Sulla rappresentazione di Eustazio in Staro Nagoriˇcino (del 1317–1318) vd. Todi´c 1993, p. 73; Kissas 1989, pp. 175–176. Questa elevata considerazione di Eustazio si deve a un’espressa volontà di Milutin e della sua cerchia? O piuttosto l’immagine di Eustazio faceva parte di un „repertorio“ precostituito, elaborato da maestranze artistiche tutte di provenienza tessalonicese? Per tale seconda ipotesi propende Xyngopoulos 1955, pp. 56–57. Più articolato Kissas 1989, pp. 181–182, che sottolinea la lunga durata dell’influsso del monachesimo athonita sull’arcivescovado serbo nel Due- e nel Trecento. Inoltre avevano preso il nome di Eustazio due arcivescovi serbi del XIII secolo: i loro successori coevi alle intraprese artistico-architettoniche di Milutin, ovvero Savas III (1309–1317) e Nicodemo (1317–1324), potevano non essere estranei a un intento di omaggio. In Xyngopoulos 1964, p. 254, cenni sulle ridipinture di Vatopedi attraverso i secoli. Sull’affresco di Vatopedi vd. Kissas 1989, specie pp. 170–173. EAM II, col. 695, s.v. „Athos“ („Mosaici e affreschi“, di P. L. Vocotopulos) ricorda che gli iconografi di Vatopedi erano „importati“ da Salonicco.

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Prolegomena

– l’importanza per lui rivestita dalla città e dalla cultura di Costantinopoli (a qualificarlo „tessalonicese“ è il solo ruolo ecclesiastico rivestito negli ultimi 15–20 anni di vita); – la cesura rappresentata dalla assunzione della carica di metropolita in Tessalonica.

I.2 Opere di Eustazio I.2.a Considerazioni generali Eustazio è fra gli autori bizantini che vantano una più consolidata tradizione di studio e commento, anche perché la sua opera è legata alla fortuna della tradizione classica greca, con particolare riferimento a Omero. Eppure, ancora nel 1996 si lamentava che tanta parte della sua opera non fosse pubblicata con criteri scientifici82 e che neppure il corpus Eustathianum fosse ben definito.83. A questa ultima esigenza ha risposto in massima parte, nel 2006, il catalogo delle opere eustaziane (ora di 75 voci) prodotto da Sonja Schönauer nei suoi Prolegomena alle Orazioni per la Quaresima, che integra e sostituisce i precedenti corpora eustaziani presentati da Robert Browning (1914–1997) nel 1962 e da Vitalien Laurent (1896–1973) nel 196784; poiché soprattutto il primo, nel corso dell’ultimo cinquantennio, ha assunto valore di riferimento normativo, partiamo da esso per una nuova rassegna dell’oeuvre di Eustazio, sottolineando comunque il carattere necessariamente precario di questi repertori, che possono sempre essere messi in discussione da nuove acquisizioni85.

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Magdalino 1996, p. 226. Le edizioni di Wirth 2000, di Kolovou, di Metzler e di Schönauer nel 2006 – anno fortunato per la filologia eustaziana – hanno colmato parte di queste lacune. Vd. ancora Magdalino 1996, p. 226. Schönauer 2006, pp. 9* – 24*, dove si considerano anche le „opere perdute“, in base al contenuto del cod. Scor. L.II.11 (per la cui sorte vd. Darrouzès 1963b; descrizione in de Andrés 1968, p. 258), rilevante per la nostra Esegesi e per cui vd. specialmente infra, Ronchey, pp. 253*–272*. – In Browning 1962, catalogazione delle opere di Eustazio alle pp. 186–190. In Laurent 1967, catalogazione e descrizione del corpus alle coll. 36–41, con suddivisione in otto categorie di testi (filologici, oratorî, pastorali, agiografici, innografico-liturgici, storici, epistolari, „diversi“) cui si aggiunge una nona categoria di opere perdute. Alla col. 40 la nostra Esegesi, pur correttamente datata post 1185 (vd. infra, pp. 69*–70*) è attribuita alle opere „diverse“. Lo provano per es. ricerche come quelle recenti di Paschalidis 2008, che porterebbero all’accrescimento del corpus eustaziano con un nuovo lemma di carattere agiografico, il sinora anonimo Encomio di san Fozio tessalo (BHG 1545). – Per considerazioni del rapporto tra Eustazio e l’agiografia vd. anche Paschalidis 2005; Id. 2011 (pp. 156–158, p. 162); Stone 2007; Tomea 2012.

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Fedele al modello classificatorio a lungo invalso nella bizantinistica86, Browning aveva suddiviso per generi letterari l’opera di Eustazio, ripartendo in tre categorie le voci allora note (una cinquantina), come segue: Categoria A: opere grammaticali e filologiche (scritti nn. 1–6 Browning); Categoria B: opere teologiche e pastorali (scritti nn. 7–33 Browning); Categoria C: opere storiche e occasionali (scritti nn. 34–49 Browning). L’elenco – basato non solo sul materiale edito al 1962, ma anche su testi allora inediti, con particolare considerazione del già menzionato codice Scor. Y.II.1087 – oggi appare soprattutto come una testimonianza sullo „stato dell’arte“ eustaziana di circa mezzo secolo fa. A parte le edizioni critiche succedutesi dal 1971 al 2006, e anche non insistendo su disattenzioni88 o problematiche attribuzioni di genere letterario89, essa presenta un elemento di distorsione, ovvero la progressione numerica. La categoria A di Browning consta di 6 lemmi, la B di 27, la C infine di 1690. Su un totale di 49 opere dichiarate (100 % del corpus) la relativa incidenza percentuale ammonta a circa il 12 % per la categoria A, al 55 % per la B, al 33 % per la C. Più della metà del corpus Eustathianum risulterebbe attenere dunque al genere teologico-pastorale. Valutando invece lo sviluppo quantitativo dei testi secondo il numero delle pagine a stampa91, i risultati relativi al corpus testimoniato sarebbero ben diversi. Prescindendo dunque dalle nuove edizioni e acquisizioni e accettando la classificazione di Browning, si otterrebbe questa ripartizione:

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Vd. al proposito le osservazioni di Kazhdan 1979. Vd. supra, n. 13 e contesto. Per es. l’elenco numerato delle opere „storiche e occasionali“ di Browning 1962 passa dal n° 40 al n° 42, omettendo il n° 41, sicché a 49 lemmi dichiarati corrisponde una effettiva consistenza di 48 opere. Il testo dimenticato era, nella vecchia edizione del Regel (1892), l’Orazione 2, alle pp. 16–24 (oggi Or. 12, pp. 195–201 nell’edizione Wirth). La presente Esegesi, per es., viene ascritta alle opere di carattere teologico-pastorale anziché a quelle grammaticali e filologiche (Browning 1962, p. 189). I due editori del presente testo hanno costantemente espresso diverso parere, vd. per es. Ronchey 1981; Ead. 1985, p. 243; Cesaretti 1987a; Id. 1987b, p. 186, etc. Ora almeno Schönauer 2006, p. 10*, ascrive l’opera alle „Philologische Abhandlungen“ dell’Autore. Per comodità espositiva assumiamo qui come presente il lemma 41 del catalogo di Browning (vd. supra, n. 88). Ancora più appropriato sarebbe un computo basato sul numero di caratteri per pagina: per es., una pagina di Op. nell’edizione Tafel (sino a 5000 caratteri per pagina) non è commisurabile alla prassi editoriale moderna, con specchi di scrittura più ridotti.

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Prolegomena

Categoria A Commento all’Iliade (ed. Stallbaum) Commento all’Odissea (ed. Stallbaum)92 Proemio a Pindaro (ed. Drachmann) Commento ad Aristofane (ed. Koster-Holwerda) Commento a Dionisio Periegeta (ed. Müller)93

= pp. 1515 = pp. 777 = pp. 22 = pp. 20 = pp. 10394 Totale

Categoria B Opere citate da edizioni a stampa Sviluppo a stampa (in base a edizioni recenti) delle opere che Browning cita in base a manoscritti pp. (17 + 38 + 9 + 6 + 17)95

= pp. 429

= pp. Totale

Categoria C Opere citate da edizioni a stampa Sviluppo a stampa (in base a edizioni recenti) delle opere che Browning cita in base a manoscritti pp. (22 + 41 + 14)96

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94

95

96

87

pp. 516

= pp. 302

= pp. Totale

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pp. 2437

77

pp. 379

I due commenti omerici verranno nel prosieguo di questa Introduzione ricompresi in una categoria a sé (A1), vd. infra, pp. 22*–24*. Le opere dedicate a Pindaro, Aristofane e Dionisio Periegeta verranno ricomprese nella categoria A2, vd. infra, pp. 24*–26*. Alla medesima categoria appartiene idealmente l’Esegesi (vd. p. 28*). L’edizione del Müller sviluppa 206 pagine a stampa, ma la metà è occupata dalla traduzione latina, che non è da calcolare ai nostri fini. Si tratta per la precisione del cod. Scor. Y.II.20 (per il quale vd. supra, n. 13 e contesto; infra, nn. 96 e 155), ff. 26v–30v, inc. dikon« ti« (Or. 18, pp. 294–310, già menzionata supra, n. 36); ff. 37v–44v, inc. gvmen, nteÜuen in Browning 1962, p. 188 (Or. 2, pp. 17–45 = 1 Or. Quadr., pp. 5–43, inc. Egeresue, gvmen nteÜen); ff. 46r–48v, inc. ok lgoi« tn rti (Or. 3, pp. 46–54); ff. 55r–56v, inc. neidism!n prosedkhsen (Or. 4, pp. 55–60); ff. 50v–60v, inc. e ka asx nomai (Or. 5, pp. 61–77). Ancora cod. Scor. Y.II.20, ff. 157r–164v, inc. eper tin tn 4pntvn (Or. 6, pp. 78–99); ff. 164v–178v, inc. o pr! polloÜ (Or. 7, pp. 100–140); ff. 34v–57v, inc. tax mn "mÖn (Or. 1, pp. 3–16).

Vita e opere di Eustazio

21*

Il numero totale delle pagine del corpus eustaziano testimoniato ammonta così a (2437 + 516 + 379) 3332. Ricomposto in base ai diversi generi offre le relative incidenze percentuali (fatto 3332 = 100 %): categoria A 73 % (anziché 12 %) categoria B 16 % (anziché 55 %) categoria C 11 %. (anziché 33 %) Sono, questi, dati indicativi e non assoluti: da un lato, come detto, le diverse edizioni a stampa non presentano un costante numero di caratteri per pagina; dall’altro, le opere filologiche (ad eccezione dei proemi) sono più colloquiali e meno elaborate letterariamente rispetto alle altre. Restano però significativi in merito alla netta prevalenza della categoria A, filologica. In essa è l’Eustazio omerista a primeggiare, con il 94 % della relativa quota (2292 pagine su 2437) che corrisponde poi al 69 % del totale computato da Browning97. Per questa edizione della Esegesi il vasto corpus di Eustazio rimastoci viene presentato diversamente da Browning, e cioè in due partizioni, la seconda delle quali ulteriormente articolata. Dapprima si considerano le opere che hanno impegnato Eustazio per tutta la vita, i suoi lifelong works98, ovvero le parekbola omeriche testimoniate nei cosiddetti manoscritti omerici „autografi“ (il Laurenziano Plut. 59, 2–3 per il commento iliadico, il Parigino greco 2702 e il Marciano greco 460 per il commento all’Odissea)99. Concepite da Eustazio per l’insegnamento a Costantino97

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Ulteriori correzioni, ovviamente, sarebbero necessarie se riportassimo la presente Esegesi nell’ambito di sua competenza, che è quello filologico: vd. supra, n. 89. L’editore di Eustazio omerista, Marchinus van der Valk, sembra avere specularmente introiettato in sé la dimensione non solo scientifica ma più pienamente umana della intera vita dedicata a un autore del passato. – Al termine della sua elaborata Praefatio al primo volume delle parekbola (Valk 1971, p. cxlviii) egli avanzava un riferimento letterario moderno: The moment comes – It is already come – when thou must write The absolute total of thy life’s vast sum. Forse in tacito omaggio alla consetudine eustaziana della citazione allusiva, egli nascondeva la sua fonte ponendo i lettori dinanzi a un enigma letterario da risolvere. Il suo rimando va inteso a Samuel Taylor Coleridge, nella sua traduzione schilleriana The Piccolomini, or the first part of a Drama translated from the German of Schiller (1800). Il testo – atto IV, scena VII, vv. 226–228 – si legge in The complete poetical works of Samuel Taylor Coleridge, ed. by E. Hartley Coleridge, II, Oxford 1912 (rist. anast. 1957), p. 704 (dove non si trova come ma here: forse van der Valk, fedele al suo modello bizantino, citava a memoria). Mi rifaccio qui al filone interpretativo che – dopo Martini 1907 – fa capo in anni recenti a Formentin 1983 (poi ripreso da Pontani 2000), cui rimando anche per la bibliografia. Cautele in merito all’autografia del Laurenziano erano state espresse in Del Corno 1972. – Nel recente Makrinos 2007, nuove considerazioni in merito ai codici „eustaziani“ dell’Odissea.

22*

Prolegomena

poli quando era grammatik«, esse vennero con ogni verisimiglianza formalizzate per iscritto entro il trasferimento a Tessalonica100, restando però aperte a continui accrescimenti da parte dell’Autore, che anche in veste di metropolita rimase un „productive scholar“101. Gli additamenta marginalia, dunque, fanno parte integrante del testo nel processo di redazione da parte di Eustazio, che vi attendeva come a un work in progress. Questo è particolarmente evidente nel manoscritto laurenziano del commento iliadico, fitto di additamenta102. Vengono poi considerate le opere che, nella loro stragrande maggioranza, sono state motivate da, o completate per, specifiche esigenze e occasioni. A esclusione dei due lifelong works omerici, possono qui ricomprendersi tutti i lemmi del corpus eustaziano. Seguendo la classificazione del Browning, ci troveremmo dinanzi al 95 % circa del corpus Eustathianum. Sulle base delle precedenti osservazioni, si tratta invece del 30 % complessivo del suo corpus 103. Un elemento di speciale importanza, come già detto, è costituito dall’investitura arcivescovile in Tessalonica, rispetto alla quale la produzione di Eustazio si distingue in anteriore (I.2.c.1)104 e posteriore (I.2.c.2): caratterizzata quest’ultima, come è logico, dalla crescita percentuale delle opere che Browning definì „teologico-pastorali“.

I.2.b Lifelong works: i commenti a Omero (A1 Browning) Se il Commento all’Iliade può fregiarsi dell’ammirevole edizione nei quattro volumi prodotti da M. H. L. van der Valk (1910–1992)105, meno felice è la situazione editoriale del Commento all’Odissea, che ancora si legge comunemente nella versione prodotta da J. G. Stallbaum (1793–1861) a Lipsia nel 1825–1826 100

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Valk 1971, pp. cxxxvii–cxxxviii, segnalava per tale ‚conclusione‘ l’anno 1174, in base alla cronologia della vita Eustathii allora corrente (vd. supra, pp. 11*–12* con nn. 35–45). Kazhdan 1984a, p. 133. – Le aggiunte tessalonicensi al materiale costantinopolitano sono debitamente contemplate, inserite ed evidenziate nell’edizione van der Valk (vd. Valk 1971, pp. xiii–xv, cxl–cxli). – Vd. anche infra, Ronchey, p. 306*. In Pontani 2000, p. 44, cenni sull’ipotesi che solo uno degli autografi omerici (il codice Parigino del commento all’Odissea) rispecchi un livello di elaborazione testuale perfezionata e pienamente approvata da Eustazio (lo studioso impiega al proposito l’espressione „copia in pulito“). Ciò non ne implica in alcun modo una „svalutazione“, soprattutto dal punto di vista stilistico; difatti la massima parte delle opere filologiche eustaziane, inclusa la nostra Esegesi, è redatta pressoché tutta in modo cursorio e colloquiale, a eccezione dei proemi. A questo periodo si lasciano ascrivere le opere filologiche non dedicate a Omero (da ricomprendere nella categoria A2), a eccezione della nostra Esegesi, che è posteriore. Vd. supra, p. 4*.

Vita e opere di Eustazio

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sulla base dell’edizione romana del 1549106. I due grandi commenti eustaziani hanno avuto una vicenda largamente parallela, non solo per quanto attiene alla tradizione manoscritta ma anche per le modalità e i tempi di stesura107. L’opera – la più ingente intrapresa di commento a Omero ascrivibile a una singola persona che ci sia pervenuta dal complesso della tradizione antica e medievale – si presenta sotto forma di digressioni, parekbola108, che costituiscono il più ampio bacino collettore dell’erudizione omerica (e non solo omerica) antica e bizantina anteriore al 1204, data della conquista di Costantinopoli da parte dei crociati occidentali, che marcò una drammatica cesura e perdita nella storia bizantina non meno che nella trasmissione dei classici greci109. L’analisi eustaziana, destinata anzitutto a un pubblico scolastico110, attiene alla critica del testo, alla morfologia, all’ortografia, alla dialettologia, alla grammatica, alla sintassi, alla costruzione della trama basata sul concetto espresso sin dagli esordi (Eust. 2, 6) di piuanth« t « plsev« („credibilità della finzione“). I due commenti sono introdotti da proemi letterariamente elaborati, dove Omero è interpretato come padre di ogni letteratura, assimilabile dunque all’Oceano cui attinge ogni mare e ogni fiume (Eust. 1, 9–10), sicché risulta agevole al commentatore proiettare l’eredità di Omero sull’intero lascito della letteratura greca, fino alla sua propria epoca, considerata anche nella sua espressione linguistica comune e quotidiana111. Eustazio sottolinea l’utilità di Omero non solo per la letteratura ma anche per l’etica e la vita112; è in questa prospettiva che egli, umanista cristiano oltreché ecclesiastico di alta responsabilità, accoglie la presenza, nei poemi, delle 106

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Pontani 2000, p. 42, adombrava la possibilità di una nuova edizione. Il compito sembra ora intrapreso da Eric Cullhed, cfr. Cullhed 2014 (benché messoci prontamente a disposizione dallo studioso, che ringraziamo, il testo non è stato utilizzabile per la stesura di questa Introduzione). La cronologia relativa dei commenti di Eustazio, ricostruita nelle grandi linee da Kuhn 1889 e da Cohn 1907, fu sostanzialmente accolta (con l’aggiunta, a partire da Koster - Holwerda 1954, del commento ad Aristofane) dalla bibliografia successiva, sino a Kambylis 1991b, pp. 6–7; Pontani 2000, p. 14 con n. 11. La sequenza cronologica dei commenti ad autori classici di Eustazio appare perciò la seguente: Aristofane; Pindaro; Dionisio Periegeta; Iliade; Odissea. Sul termine (già analizzato da Valk 1971, p. lix; Id. 1976, p. xxxvi) vd. la dotta analisi di Kambylis 1991b, pp. 14–18. Anche Pontani 2000, p. 41. Tra le molte voci al proposito vd. Wilson 1983, p. 218: „It is clear that after 1204 Byzantine scholars rarely if ever show direct acquaintance with literature that we cannot read today … The Fourth Crusade put an end to the survival of a quantity of literature which is difficult to estimate“. – L’effetto di questa drammatica cesura potrebbe essere rispecchiato anche dalla trasmissione manoscritta di questa Esegesi, vd. infra, Ronchey, pp. 225*, 269*, 268*–269*. Vd. Eust. 2, 19–22 con le osservazioni di Valk 1971, p. l. Vd. per es. Kalitsunakis 1919; Hedberg 1946; Valk 1976, pp. lxxxvi–lxxxviii; Rotolo 1984. Passi raccolti e discussi da Valk 1976, p. xxx. Sull’argomento anche Pontani 2000, pp. 39–40.

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Prolegomena

divinità elleniche, interpretandole alla luce della tradizione allegorica113. L’esposizione eustaziana, oltre al suo pregio erudito celebrato da sodali e discepoli114, risultava anche assai accattivante all’ascolto, a quanto si apprende dalla monodia di Michele Coniata115, che ne segnala l’apprezzamento da parte di un pubblico più ampio rispetto ai soli giovani discenti116. Appare felice, in anni recenti, la definizione non funzionale ma individualizzata, per cui quella di Eustazio sarebbe stata una „personal meditation“ su Omero117.

I.2.c Altre opere I.2.c.1 Opere anteriori alla designazione arcivescovile (A2, B, C Browning) Indipendemente dalla datazione dell’orazione giovanile menzionata in apertura di questa Introduzione118, l’esordio letterario di Eustazio va ricondotto alla sua attività di docenza in Costantinopoli. Nasce così il Commento ad Aristofane sotto forma di scoli sparsi119. Al commento aristofaneo segue, entro il 1160, un Commento a Pindaro, di cui è rimasto conservato solo il Prologo120, ricco di osservazioni stilistiche preziose; si è ipotizzata una rielaborazione da parte dell’Autore verso la fine della sua vita121. Diversamente dalle parekbola omeriche e dalla presente Esegesi, il commento pindarico, concentrato sugli Epinici122, doveva essere concepito sotto forma di scoli sparsi, comun-

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Cesaretti 1991, pp. 205–301. Euth. Mal. Mon. Eust. Thess. 5, pp. 82, 34 – 83, 5 Bonis (= PG 136, 764B); Mich. Chon. Mon. Eust. Thess. 15, p. 289, 21–27 Lambros (= PG 140, 344B). Ivi, 8–9 e 16 (p. 287, 6–16; p. 290, 5–10 Lambros = PG 140, 341AB e 344C rispettivamente). Ivi, 14–15, p. 289, 7–21 Lambros (= PG 140, 344AB). Il passo sembra meritevole di confronto con il riferimento di Eust. 2, 21 all’ nr lgio« che, in quanto tale, non abbisognerebbe delle sue spiegazioni. – Interessanti osservazioni sulla capacità eustaziana di ampliare costantemente il pubblico di riferimento primario in Metzler 2006c. Vd. anche infra, pp. 123*–126*. Browning 1995, p. 86. Vd. supra, nn. 6–9 e contesto. Vd. Koster – Holwerda 1954; Cesaretti 1987b, con analisi di carattere ermeneutico. Vd. Kambylis 1991a; Id. 1991b. Anche Negri 2000. Così, alla luce della precisazione öti n diaknoi« nto« leggibile nel titolo, ne motiva la presenza nel codice di Basilea A.III.20 (dai contenuti estranei a questioni filologico-letterarie) Schönauer 2000, p. 240. Kambylis 1991b, p. 27. – Si è lungo dibattuto se l’opera comprendesse solo epinici o anche altri componimenti: riassunto della questione in Gallo 1997, p. 321 („Il perduto commento di Eustazio riguardava solo gli Epinici“; vd. anche Id. 1973; Id. 1977); anche Negri 1998, specie p. 221.

Vita e opere di Eustazio

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que a uso didattico123. Ancora successivo è l’importante e analitico Commento a Dionisio Periegeta124. Non è fondata l’ipotesi di ascrivergli Scoli a una raccolta di epigrammi125; sembra azzardato attribuirgli un Commento a Oppiano126. Sull’attività filologica, contestualmente alla nomina a „maestro dei retori“, si innesta un crescente numero di opere occasionali di carattere retorico, fra le quali merita ricordare almeno: – il primo discorso tradizionalmente ritenuto opera di Eustazio „diacono e maestro dei retori“ in rapporto con l’ambiente di corte è la Supplica a Manuele I Comneno in merito alla penuria d’acqua in Costantinopoli, solitamente datato all’inverno del 1168127; – una Monodia per Niceforo Comneno128, successiva al 1171, ma anteriore all’ascesa al soglio arcivescovile, ciò per cui divergono le datazioni del testo proposte dagli studiosi129; – un’Orazione a Michele  το Αγξι λοψ patriarca pronunciata in occasione di una festività di san Lazzaro130; 123

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Vd. Negri 2000, p. 15: „scelta antologica di odi pindariche approntata da Eustazio per i suoi studenti“. Il testo è ancora in attesa di una adeguata valorizzazione in termini di storia culturale e letteraria. – Sul committente, Giovanni „Duca“ figlio di Andronico Camatero (vd. Comm. Dion. Per. 201, 1–5), il pinax proposto da Polemis 1968, pp. 127–130 (con identificazione del committente dell’opera in „Ioannes Doukas“, n° 99 del catalogo prosopografico, vd. soprattutto p. 127 con n. 16 e p. 128 con n. 9) è disputato. In merito, dopo Darrouzès 1970b, pp. 45–46, vd. Karlin-Hayter 1972, specie p. 265, dove quel singolo personaggio di Polemis viene distinto in almeno sei diverse individualità; anche Kazhdan 1984a, p. 139 con n. 73; Stone 1999a (il Giovanni Duca „soldato e diplomatico“ di cui si ricostruisce la carriera non è il destinatario del Comm. Dion. Per.; sul personaggio vd. anche le osservazioni di Wirth 2000, pp. 35*–36* in riferimento a Or. 12, ivi pp. 195–201). Così, in merito a un perduto manoscritto escorialense, Miller 1848, p. vi. Riserve espresse già da Browning 1962, p. 187. In Schönauer 2006 il commentario è ritenuto „unecht?“. In de Andrés 1968, p. 128 (cod. Esc. I.17, n° 286), leggiamo che il manoscritto perduto conteneva, dopo il testo del commento di Eustazio a Dionisio Periegeta, una raccolta di scoli a epigrammi dovuta invece ad Arsenio arcivescovo di Monemvasia, da identificarsi, secondo West 1964, p. 179, con „Aristoboulos Apostolides“: attivo dal 1489, morì nel 1555. Ciò ben si concilia con l’indicazione „recens“ relativa al codice (de Andrés 1968, ibid.). – Segnalo che in Fedalto 1988, I, p. 512, Arsenio di Monemvasia risulta datato invece tra 1572 e 1591. Ipotesi avanzata da Dyck 1982. Non viene considerata dallo studioso la questione della datazione. Vd. anche Wilson 1983, p. 197. Or. 17, pp. 289–293. Per la datazione Wirth 2000, p. 43 *, ricapitola le precedenti ipotesi. Di recente Loukaki 2007, pp. 216–217, riesamina la questione proponendo di datare il testo agli anni 1170–1173. Su questo „protettore“ di Eustazio vd. Kazhdan 1984a, p. 138. In Barzos 1984, II, pp. 87–95, il personaggio è ascritto al periodo 1144–1173. Kurtz 1910, p. 285, postula una datazione anteriore al 1175, e addita il 1173 (con lui Sideras 1994, pp. 183–184); Kazhdan 1984a, p. 138 con n. 71, propone data anteriore al 1179. Vd. anche Schönauer 2006, p. 13* con n. 32 (ante 1178). Or. 6, pp. 78–99. L’editore (Wirth 2000, pp. 23*–25*) assegna il testo all’ampio periodo 1174–1178, collegandolo all’ascesa arcivescovile di Eustazio. Kazhdan 1984a, p. 112, lo

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Prolegomena

– un’altra Orazione a Michele  το Αγξι λοψ patriarca131; – un’Orazione all’imperatore Manuele I Comneno, con menzione dell’assedio di Ancona (1173) e di una vittoria contro gli ‚Ismaeliti‘, ovvero i Turchi Selgiuchidi132; – la Petizione al logoteta del dromo Michele Agioteodorita133; – la Monodia per Nicola Agioteodorita, pronunciata in Tessalonica134; – una prima Orazione per la Quaresima, pronunciata a Costantinopoli, quando ancora vi risiedeva (e dunque, con ogni probabilità, anteriormente alla sua elezione metropolitica)135; – il già menzionato Discorso d’intercessione (λγο« πομνηστικ«) a Michele  το Αγξι λοψ patriarca, spesso interpretato in merito alla „degradazione“ datata al 1177, e dunque significativo anche per i successivi sviluppi della carriera ecclesiastica di Eustazio136. A questo periodo, con netta prevalenza dell’anno 1173, appare da ricondursi anche la grande maggioranza delle lettere databili testimoniate nel corpus epistolare dell’Autore a noi giunto137.

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riconduce invece all’elezione patriarcale di Michele, spingendosi ad avanzare la precisa data del 28 marzo 1170. Schönauer 2006, p. 14*, indica il periodo 1171–1173. In Loukaki 2007, specie p. 213, il discorso viene invece datato „aux samedis 28 mars 1170, 20 mars 1171, 8 avril 1172“, con spiccata propensione per le ultime due possibilità. Or. 7, pp. 100–140. L’editore (Wirth 2000, p. 28*) data anteriormente al settembre 1174. – Per Magdalino 1993, p. 484, è del 1173. Kazhdan 1984a, pp. 126–127, addita decisamente il 16 aprile 1177. Schönauer 2006, p. 14*, data al 1173–1176. Loukaki 2007, p. 213, indica recisamente il „samedi 31 mars 1173“. Or. 16, pp. 261–288. Wirth 2000, pp. 41*–42*, registra come terminus post quem l’assedio di Ancona. Schönauer 2006, p. 11* con n. 25, data al 1173–1176, con riassunto delle varie posizioni degli studiosi, tendenzialmente orientati al 1174. – Al testo dedicò vari studi Paolo Lamma (1915–1961) sulla base della vecchia edizione del Regel 1892 (dove si trattava della quarta orazione, ivi pp. 92–125). Vd. Lamma 1953; Id. 1957, pp. 244–253, con riferimenti alla bibliografia precedente. Or. 8, pp. 141–151. Wirth 2000, p. 29*, data al 1174–75, ciò su cui conviene la maggioranza degli studiosi. Or. 1, pp. 3–16, estate 1175 (Wirth 2000, p. 16*). Nella disamina del testo offerta da Sideras 1994, pp. 185–187, si postula che Eustazio fosse all’epoca già insediato in Tessalonica quale arcivescovo (ivi, p. 181, n. 5). Or. 2, pp. 17–45, del febbraio 1176 secondo Wirth 2000, p. 18*; testo edito anche in Schönauer 2006 come 1 Or. Quadr. alle pp. 5–43, con la medesima datazione (p. 66*). Or. 18, pp. 294–310. Wirth 2000, p. 44*, appare prudente in termini di datazione, nonostante si debbano proprio a lui i contributi relativi al collegamento del testo con l’affaire Plakenos (vd. supra, nn. 35–36 e contesto). La sua prudenza è stata colta anche da Loukaki 2007, p. 214 con n. 30, dove si propone di datare il testo agli inizi anziché verso la fine del patriarcato di Michele, scindendolo dalla questione di Plakenos (e dunque anche dalla promozione arcivescovile!) – Vd. anche Schönauer 2006, p. 15* con n. 37. Deduco l’informazione da Kolovou 2006 („Regesten der Briefe“), pp. 87*–174*, in assenza di un pinax cronologico.

Vita e opere di Eustazio

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I.2.c.2 Opere posteriori alla designazione arcivescovile (A2, B, C Browning) Va ricondotta a questo periodo la maggioranza dei testi costitutivi del corpus Eustathianum, con l’Autore che, nella sua tarda età, assume connotazioni di poligrafo, in grado di cimentarsi persino con la composizione poetica138. Si segnalano qui alcune fra le opere più significative a noi pervenute, con particolare riguardo per quelle più prossime al testo dell’Esegesi139 e più utili a una funzionale ricostruzione del percorso biografico di Eustazio140. – Al periodo della sua designazione a vescovo di Myra, cui non fece séguito un effettivo trasferimento, risale una ulteriore e significativa Orazione all’imperatore Manuele I Comneno141; – la prima Orazione per la Quaresima da riferire con certezza al periodo di Tessalonica è la seconda della serie pubblicata da Sonja Schönauer142; – l’Orazione di benvenuto composta da Eustazio metropolita di Tessalonica per Agnès di Francia – promessa sposa di Alessio II, figlio ed erede di Manuele I Comneno – giunta con ingente flotta navale a Costantinopoli nella primavera/estate del 1179, lo rivela attento testimone oculare dei fatti143; – l’Orazione per i banchetti nuziali dei porfirogeniti di Manuele Comneno presenta nuovamente il metropolita di Tessalonica come testimone oculare delle cerimonie svoltesi a Costantinopoli nel febbraio-marzo dell’anno 1180 dinanzi alla corte bizantina (era presente ai fatti anche Guglielmo arcivescovo di Tiro144): si tratta delle nozze tra Maria Porfirogenita e Ranieri di Monferrato (poi „cesare“ Giovanni) e della promissione nuziale tra Alessio II e Agnès di Francia, poi rinominata Anna145; 138 139

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Vd. in merito l’analisi di Schönauer 2009. Recentemente evocata da Paschalidis 2008, pp. 539–540 e 545–546 per talune tangenze contenutistiche e cronologiche con l’Encomio di san Fozio tessalo: vd. supra, n. 85 e contesto. Per l’Autore come „fahrender Scholiast“ (Schönauer 2004) va ricordato che il suo insediamento in Tessalonica – al di là della data – non implicò una rigorosa stanzialità. Vd. le pp. 11*–12* supra. Or. 13, pp. 202–228. Vd. supra, nn. 6–9 e contesto; preferiamo l’ipotesi di datazione avanzata da Sonja Schönauer. 2 Or. Quadr., in Schönauer 2006, pp. 44–66, con datazione al febbraio 1179 (p. 68*). In Wirth 2000 il brano appare come Or. 9, alle pp. 152–169; l’editore addita (ivi, p. 30*) una datazione al 1180. – La „prima“ Omelia per la Quaresima della tradizione (vd. Browning 1962, p. 187 con n. 2, dove si avverte che la numerazione non implica „any assumption regarding the order of their delivery“; vd. anche Kazhdan 1984a, p. 128) diventa la „quarta“ nel nuovo ordinamento Schönauer, quindi 4 Or. Quadr., alle pp. 81–99 di Schönauer 2006 (con proposta di datazione al 1184, vd. pp. 70*–72*). In Wirth 2000 il testo compare come Or. 15, alle pp. 250–260. Vd. da ultimo, in merito, Tomea 2012. Guill. Tyr. Hist. 22, 4 (p. 1011, 43–54 Huygens). Or. 10, pp. 170–181. – Kazhdan 1984a, p. 126, attribuisce erroneamente il testo al 1179.

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Prolegomena

– ancora a Costantinopoli e dinanzi alla corte, verisimilmente pochi giorni dopo la morte dell’imperatore (24 settembre 1180), fu pronunciata la grande Orazione funebre per Manuele I Comneno146; – secondo Paul Magdalino, i difficili anni 1181–1185 non avrebbero lasciato traccia di sé nella produzione eustaziana147, laddove Karin Metzler, editrice e commentatrice del trattato eustaziano sulla Riforma della vita monastica lo ascrive, seppure cautamente, proprio a tale ambito cronologico148. L’ultima produzione dell’anziano Eustazio si incentra sempre più su Tessalonica, cui va ricondotta una fitta sequenza di opere: – anzitutto, la successione delle altre Orazioni per la Quaresima149; – notevole e fortunato, come si è detto, anche per le implicazioni relative al rapporto con l’Occidente, è il resoconto della Espugnazione di Tessalonica accaduta nell’estate 1185; si tratta di un’opera mista di storiografia e di parenesi, che alcuni studiosi hanno interpretato come orazione edificante150; – veniamo ora alla presente Esegesi, posteriore all’estate 1186, compiuta a partire dalla Pentecoste 1187 e probabilmente da datare verso la metà del decennio successivo151; – coeva al suo allontanamento da Tessalonica è invece la sua presenza in Filippopoli al séguito di Isacco II, testimoniata dall’Orazione all’imperatore Isacco II intorno alla Pasqua del 1191152; – alle medesime vicende della „fuga“, e probabilmente agli anni tra 1191 e 1192–1193, va ricondotta la cosiddetta Lettera dall’esilio ai tessalonicesi 153. 146

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Questo scritto, notevole quanto impegnativo (e l’Autore ne era consapevole), si legge ancora nella vecchia edizione del Tafel 1832 (Op., pp. 196–214). Vd. le osservazioni di Gallina 1980, pp. 35–54; Sideras 1994, pp. 188–189; Stone 2000. Magdalino 1996, p. 227. – Ma vd. supra, n. 142; infra, n. 149. Metzler 2006b, pp. 23–24. Per 4 Or. Quadr. secondo Schönauer (ex „prima“) vd. supra, n. 142. – La ex „quarta“ è ora la 5 Or. Quadr. in Schönauer 2006, pp. 100–141 (a p. 73* proposta di datazione al marzo 1185). – La ex „seconda“ (Kazhdan 1984a, p. 132, vi fa riferimento due volte definendola però „terza“) diventa 6 Or. Quadr. in Schönauer 2006 (edizione alle pp. 142–182; alla p. 75* proposta di datazione al 1191–92). – Per ulteriori osservazioni si rimanda direttamente alla prefazione di Schönauer 2006, pp. 1*–84* nonché alla n. 388 infra, relativa a 7 Or. Quadr. e a una sua possibile contiguità cronologica alla nostra Esegesi. Vedi supra, nn. 53–54 e contesto. – Per una destinazione parenetica vd. Kyriakidis, 1961, p. xxxi e soprattutto xxxiv. Contra, Schönauer 2004, p. 149. In Odorico 2005, pp. 24–34, nonché Id. 2006, pp. 160–172, specie p. 172, prevale invece una interpretazione „apologetica“: il testo viene cioè letto come autodifesa nei confronti di accuse ricevute, riprendendo intuizioni presenti già in Angold 1995, pp. 180–188. Come già detto supra (n. 89) si tratta di un’opera filologica (A2). Per la datazione: vd. infra le pp. 69*–72* e le pp. 154*–156*. – In merito alle ultime opere di Eustazio e alla loro datazione, con riferimento al manoscritto perduto Scor. L.II.11 (= S ), vd. infra, Ronchey, pp. 261*–263*. Testo in Op., pp. 41, 35–45, 82. Testo in Op., pp. 158–165. – Vd. Kyriakidis 1961, pp. lv–lvi.

Vita e opere di Eustazio

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I.2.d Ricapitolazione A questa breve ricognizione di Eustazio interprete e autore di testi va apposto un cenno in merito alla sua importanza per la storia dei libri, considerando la sua grafia, la tradizione manoscritta e la composizione della sua opera sia di classicista154 sia di poligrafo155, la consistenza stessa della sua biblioteca156. Le questioni relative alla sua grafia (tema che coinvolge necessariamente anche l’interpunzione157), in base ai già menzionati autografi omerici e al manoscritto Marciano greco 448 del Lexicon Suidae a lui attribuito158, si intrecciano con quelle concettuali: la scrittura e i caratteri grafici sono da lui definiti „bei tesori della memoria“, mentre elogia i libri in quanto „dimore, custodie, ripari“159, e ancora dà testimonianza appassionata e spesso amara circa gli oggetti-libro che entrarono nella sua esperienza di vita160. Così, i già menzionati affreschi di ambito athonita e balcanico che rappresentano il „santo“ metropolita di Tessalonica con un libro sacro in mano non si limitano a rispecchiare una consuetudine iconografica, ma rispondono alla verità storica di Eustazio uomo dai molti libri161, testimone e interprete della tradizione classica nonché poligrafo dai rilevanti interessi teologici, politici e storico-culturali. Se il corpus Eustathianum costituisce uno dei più rilevanti lasciti intellet154

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Fondante, al proposito, lo storico contributo di Martini 1907. Vd. poi Valk 1971, pp. ix–xxxi; Id. 1976, pp. ix–xiii. Wirth 1972 aveva ipotizzato l’esistenza di una Eustathiosedition autorizzata dall’Autore e a lui postuma: vd. le osservazioni avanzate infra, Ronchey, pp. 228*–229*, 263*–265*. – Più di recente Schönauer 2000 ha sottolineato l’omogeneità programmatica e contenutistica dei corpora eustaziani contenuti nei codd. Bas. A.III.20 e Scor. Y.II.20, ciascuno dei quali portatore in sé coerente di un mannello di opere dalle diverse e specifiche caratterizzazioni. – Il medesimo vale per il perduto Scor. L.II.11 (= S ), per cui vd. infra, Ronchey, specie pp. 261*–263*. Vd. Stone 1999b, Bianconi 2005 (pp. 28–30); per la „biblioteca di Eustazio“, con i relativi „filtri“ circa l’utilizzo delle fonti, Ronchey 1985, pp. 245–247. – In merito si vorrebbe disporre di uno studio anche attento ad aspetti pratici e fisici (cfr. Cortassa 2006 sulla biblioteca di Fozio). Vd. Liverani 2001. Da segnalare anche i contributi di Ead. 1999 e 2000. Così Formentin 1983, che dal corpus degli autografi aveva decisamente escluso il cod. Bas. A.III.20, come già ben visto dal Kyriakidis 1961, pp. xvi–xix. – Sul fatto che il codice di Basilea non sia autografo è oggi unanime il consenso degli studiosi. Così nel notevole trattato De oboedientia magistratui christiano debita (in Op. 16, 87 – 17, 29). Per es.: episodio del manoscritto miniato di Gregorio di Nazianzo svenduto da un igumeno tanto spregiudicato quanto ignorante in Op. 249, 24–94 (Vit. Monach. § 142, 1 – 145, 8, pp. 160–162 Metzler); destino dei libri nel corso della espugnazione di Tessalonica in Op. 295, 57–60 (Exp. Thess. § 97, p. 112, 14–16 Kyriakidis); 304, 66–67 (ivi, § 135, p. 148, 4–5); sottrazione di un libro di soggetto „magico“ nella medesima circostanza, in questa Esegesi, Prooem. 190–194. Sempre qui, Prooem. 82–86 il riferimento alla sua scoperta libraria di un testo ascritto a Giovanni Mansur (Damasceno), per cui vd. anche Comm. Dion Per. 387, 16–19. Vd. inoltre infra, per es. n. 376 e contesto nonché pp. 154*–156*. Vd. supra, nn. 52, 156; infra, n. 615, con i loro contesti.

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tuali del XII secolo, in ambito non solo bizantino162, è perché fonde in unum questi due volti, che troppo spesso la specializzazione accademica ha separato163.

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Wirth 1987, p. 123, giunge a definire Eustazio il maggiore „corifeo“ dell’intera epoca bizantina. La stessa Esegesi testimonia „fusione“ tra le attenzioni classicistiche e quelle per la produzione letteraria a lui cronologicamente più vicina: vd. in merito infra, specie alle pp. 143*–162*. Vd. inoltre Valk 1971, pp. cxvi–cxix; Id. 1976, pp. lxxiii, lxxxviii–xic; Hunger 1978b, p. 66 con n. 10. Anche Theodoridis 1988b, p. 249, etc. – Sulla fusione tra elementi classicistici e altri, più specificamente religioso-sacrali, nella concezione stessa dell’Esegesi vd. anche Ronchey 1985, pp. 244–247; Ead. 1991, pp. 153–154; Cesaretti 1987b, pp. 174–181.

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II. L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale II.1 Innografia e tradizione esegetica a Bisanzio Per contestualizzare opportunamente questa Esegesi è necessario un cenno su due complementari filoni di produzione letteraria: anzitutto l’innografia bizantina, in cui si inscrivono i tre „canoni giambici“ fra i quali quello per la Pentecoste, commentato da Eustazio; quindi la tradizione erudita che accolse e commentò quella produzione innografica, e che trovò il suo culmine proprio nella presente Esegesi.

II.1.a Cenni di innografia bizantina II.1.a.1 Dal contacio al canone Nella codificazione del calendario, del rituale e della vita cerimoniale tipica del VI secolo, voluta soprattutto da Giustiniano164, si strinse il legame tra innografia165 e liturgia166. Probabilmente sotto l’influsso dell’ufficio cattedrale di Costantinopoli, cominciarono a imporsi omelie in forma di inno, solo più tardi note con il nome di „contaci“167, fra le quali specialmente illustri quelle del melodo Romano, siriaco di Emesa (attuale Homs), che con un 164

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Tra le pubblicazioni recenti vd. Croke 2005, specie pp. 76–79; anche Krueger 2005. –– Quanto all’anno liturgico vd. almeno ODB III, p. 2215, s.v. „Year, Liturgical“ (R. F. Taft); Stoelen 1928; Wellesz 1961, specie pp. 125–129, 162–166; Donadeo 1991. Utile anche la sintesi di Follieri 2002. Per quanto attiene allo sviluppo dell’innografia bizantina, le grandi linee della presente esposizione si rifanno a ODB II, pp. 960–961, s.v. „Hymnography“ (E. M. Jeffreys); Beck 1959; Wellesz 1961, al. e più di recente a Follieri 1997; D’Aiuto 2004, cui si rinvia per approfondimenti ulteriori. Vd. Wellesz 1961, per es. p. 26 („it was indispensable to place Byzantine hymnography in its liturgical environment“ […] „words and music are inseparably linked together“). Cenni su Giustiniano legislatore in ambito innologico e liturgico ivi, pp. 125–127, 165. Il termine kontkion invero si afferma solo in età posteriore, vd. Maisano 2002, I, p. 15, all’interno di una limpida Introduzione (pp. 7–38). Vd. anche ODB II, p. 1148, s.v. „Kontakion“ (E. M. Jeffreys); NGDMM X, pp. 181–182, s.v. „Kontakion“ (Chr. Thodberg); Wellesz 1961, p. 179; Maas-Trypanis 1963, pp. xi–xv, al.

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Prolegomena

„monumental achievement“ letterario integrò „liturgical performance and the liturgical calendar“168. Anche alla festa della Pentecoste egli dedicò un contacio (incipit #te katab« t« glssa« synwxee)169. Dopo Romano il contacio ebbe altri interpreti e imitatori, e la sua vicenda proseguì con alterne fortune nei secoli; mentre tra VII e VIII secolo, con ogni probabilità a partire dalla Palestina allora posta sotto il califfato omayyade170 e nell’ambito di una rivisitazione dell’ufficio monastico, cominciò ad affermarsi una nuova e diversa forma di inno, il „canone“ (kann). Più meditativo che omiletico171, assai più elaborato per lingua e stile oltreché maggiormente connotato in termini melodici e musicali rispetto al contacio172, il canone ebbe grande sviluppo, sino a coprire tutte le festività dell’intero anno liturgico bizantino, dove alle grandi feste canonizzate in età giustinianea173 si aggiunse, all’epoca di Eraclio, la festa della Esaltazione della Croce174. Sin dai suoi esordi, che tradizionalmente – ma tutt’altro che concordemente – si riconducono ad Andrea metropolita di Gortina in Creta175, questa 168

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Così Krueger 2005, p. 297, entro una vivida sintesi su Romano all’interno della devozione di età giustinianea (ivi, pp. 297–300). Vd. anche Follieri 1997, pp. 3–14, con sunto della bibliografia precedente. Maisano 2002, II, pp. 48–63 (con testo critico e traduzione). – Il testo è critico nei confronti della cultura pagana e ciò ha indotto alcuni a datarlo intorno al 529, anno della cosiddetta ‚chiusura‘ dell’Accademia di Atene. Nella „preistoria del canone“ tratteggiata di recente da Petrynko 2010, pp. 21–50, è ben caratterizzato il ruolo trainante di Gerusalemme attraverso i secoli, specie attraverso la chiesa dell’Anastasis. Peraltro, come ricorda Frøyshov 2000, il monachesimo anacoretico cristiano dei primi secoli aveva manifestato una vera e propria „réticence à l’hymnographie“. Sviluppa questi aspetti anche in relazione ai diversi pubblici di riferimento Grosdidier de Matons 1981, p. 41 („poème chanté lors de synaxes largement frequentées“ il contacio, elemento essenziale di „une spiritualité avant tout monastique“ il canone). Vd. ODB II, p. 1102, s.v. „Kanon“ (E. M. Jeffreys); NGDMM X, pp. 794–795, s.v. „Kanon“ (M. Velimirovi´c); Follieri 1997, pp. 14–17; Ead. 2002, pp. 88–91, al., tra i quali Hannick 1999, che deplora la costante e paradossale sottovalutazione dell’elemento propriamente musicale di tutta l’innografia bizantina. In proposito una auctoritas come Wellesz 1961, pp. 203–204, sottolineava la compenetrazione con la liturgia come elemento determinante del successo del canone rispetto al contacio. – Elementi specificamente letterari della forma del canone, con riferimento ad Andrea di Creta, sono stati considerati da Kazhdan 1999, pp. 46–49, al. – In Louth 2002; Id. 2006, specie pp. 253–258, utili osservazioni in merito alla transizione (tutt’altro che una sostituzione meccanica) dal contacio al canone. Sulle attenzioni giustinianee per l’anno liturgico vd. per es. van Esbroeck 1968; Perrone 1980, pp. 53–59; in particolare Taft 1992, pp. 28–41. All’interno di una bibliografia sterminata offre un orientamento in merito ODB I, pp. 551–553, s.v. „Cross, Cult of the“ (R. F. Taft – A. Kazhdan). Vd. ODB I, pp. 92–93, s.v. „Andrew of Crete“ (A. Kazhdan); NGDMM I, p. 412, s.v. „Andrew of Crete“ (E. Follieri). – Ampia analisi del personaggio in Kazhdan 1999, pp. 37–54. – Louth 2002, p. 257, anche avvalendosi di precedenti osservazioni di Eustratiadis 1931, preferisce sottolineare uno sviluppo comune nell’ambito del califfato più che il „creative genius of any individual“. Petrynko 2010, p. 91, scorge in Gerusalemme „Ort der Entstehung des Kano-

L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale

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nuova forma di canto ecclesiastico espone una caratteristica struttura seriale. Il punto di partenza è la successione dei cantici biblici propri all’officiatura monastica dell’Orthros (il Mattutino): si ritiene che unitamente a tale sequenza di „odi“, $da, venissero recitate, opportunamente inframmezzate, strofe di nuova composizione176. Nel corso del tempo esse si sarebbero affrancate progressivamente dai loro modelli, per porsi come elaborazioni autonome, rispettando e opportunamente funzionalizzando alle pertinenti occasioni liturgiche la successione fissa delle odi bibliche e dei loro contenuti177, come segue: ode 1: cantico di Mosè dopo il passaggio del Mar Rosso (Esodo 15, 1–19); ode 2: cantico-testamento di Mosè dopo la proclamazione dei comandamenti (Deuteronomio 32, 1–43)178; ode 3: preghiera di Anna (Libro primo dei Re 2, 1–10); ode 4: preghiera di Habacuc (Habacuc 3, 2–19); ode 5: preghiera di Isaia (Isaia 26, 9–20); ode 6: preghiera di Giona (Giona 2, 3–10); ode 7: preghiera dei tre fanciulli nella fornace di Babilonia (Daniele 3, 26–56); ode 8: cantico delle creature – inno dei tre fanciulli salvati dalla fornace (Daniele 3, 57–88); ode 9: Magnificat di Maria Vergine e Madre di Dio (Luca 1, 46–55) e cantico di Zaccaria (Luca 1, 68–79). Ciascuna ode del canone si apre con una prima strofe, detta „irmo“, e%rm«, dotata di un suo caratteristico e specifico sviluppo musicale e melodico179, che viene ripreso dalle strofe successive (due o più) pertinenti alla medesima ode: i cosiddetti „tropari“, tropria180. Questa articolazione può essere

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nesdichtung“ (e dell’opera poetica che ascrive al Damasceno: vd. infra, specie nn. 201 e 530 con i loro contesti). La bibliografia in merito è legione. Segnalo lo studio seminale di Longo 1965–66, specie pp. 223–238, variamente ripreso sino alla recente sintesi di Petrynko 2010, specie pp. 21–50. Caratterizzazione bizantina delle nove odi già nel commento di Giovanni Zonara all’Ottoeco (testo in Christ 1870, pp. 79–81). Ben presto la seconda ode venne eliminata dall’uso, tranne che in tempo di Quaresima. Vd. Weyh 1908, pp. 65–66; Bernhard 1969; Louth 2002, p. 255, al. – Nella presente Esegesi, vd. le osservazioni di Eustazio in merito alla „caduta“ della seconda ode in Prooem. 320–327 con apparato F ad loc. – Testo di Giovanni Zonara sulla caduta della seconda ode in Christ 1870, pp. 81–83. Per il testo di Giovanni Zonara sul significato di e%rm« – corredato da osservazioni di Wilhelm Christ – vd. Christ 1870, pp. 84–90. Anche Kominis 1960a, p. 130. „Tropario“ è termine utilizzato talvolta in senso generico e non tecnico per designare qualsiasi strofe del canone, irmi inclusi. Vd. Vocabularium technicum apposto alla presente Esegesi, s.v. troprion (p. 357). Cenni in merito si trovano in Christ 1870, pp. 90–94, specie p. 93. Testo di Zonara su troprion ivi, p. 84; anche Kominis 1960a, pp. 130–131.

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considerata un affinamento del modello del contacio, composto in base alla costante ripetizione della struttura dei versi della sua prima strofe (o&ko«), e di essa sola, nelle successive. A cavallo degli anni settanta dell’Ottocento, Jean-Baptiste Pitra (1812– 1889)181 e Wilhelm Christ (1831–1906)182 fornirono importanti contributi in merito alla caratterizzazione metrica dei canoni, nel senso rispettivamente dell’isosillabia (perfetta rispondenza dei versi di irmo e tropari nel numero delle sillabe), e dell’omotonia (rispecchiamento del sistema accentuativo di ciascun irmo nei relativi tropari). Queste e altre nozioni metriche andarono perdute non solo nella tarda età bizantina183 ma vennero a confondersi ben prima, se è vero che il già menzionato e autorevole Lexicon Suidae184 fa riferimento a canoni composti katalogdhn185 e lo stesso Eustazio in questa sua Esegesi impiega, a proposito di inni, il paradigma della pezologa186. Ma una produzione di canoni „in prosa“ non è mai esistita nei fatti. Va sottolineato un elemento di continuità tra canone e contacio, ovvero l’acrostico, più o meno sviluppato. Estrapolando cioè da ciascuna strofe (o anche da ciascun verso) del componimento la prima lettera, quindi disponendole l’una di séguito all’altra, si ottiene un testo di senso compiuto, anche con specifiche caratterizzazioni metriche. È una importante testimonianza di cultura scritta a fronte della fortuna orale, liturgica e musicale dei canoni187. 181 182

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Pitra 1867, specie pp. 10–11. Vd. Wellesz 1961, pp. 3–7; D’Aiuto 2004, specie pp. 262–267. Vd. Christ 1870; Christ – Paranikas 1871, p. lxxx. Ancora Wellesz 1961, pp. 5–7; d’Aiuto 2004, pp. 267–268. Vd. le osservazioni di Follieri 1997, pp. 1–3. – Può essere curioso ricordare Comm. Byz. in Art. Dion. 2 (p. 569, 39–43 Hilgard), dove si legge che se un poeta vuole poi sai kanna, prton deÖ melsai t!n e%rmn, e&ta pagageÖn t tropria sosyllaboÜnta ka motonoÜnta t' e%rm'. Che il passo si debba al Teodosio Grammatico primo fra gli „esegeti“ dei canoni liturgici è controverso, vd. Kominis 1960a, p. 101; Skrekas 2008, I, pp. xiv–xv, xxi. Eustazio vi faceva riferimento come a  Soyda«, vd. Cohn 1907, col. 1481; vd. poi Valk 1971, pp. lxvi–lxvii; Id. 1976, p. xlii. Suid. i 467: o% (smatiko kanne«, ambiko te ka katalogdhn (II, p. 649, 31–32 Adler). Vd. Vocabularium technicum apposto alla presente Esegesi, s.vv. pezolgo«, -ik«, -ik« (infra, p. 336). Anche infra, p. 144* e nn. 753–755 (Cosma melodo); p. 159* e n. 836 (Metodio di Costantinopoli). – Merita osservare che anche Gregorio di Corinto, precursore di Eustazio nella esegesi dei canoni, contrappone ai canoni di „Giovanni“ per il Natale e la Teofania, composti j mbvn ovvero mmwtrv«, quelli di Cosma per le medesime festività, che definisce scritti pez' lg8, t' mwtr8 dhlad. Il passo è riportato da Montana 1995a, p. lxi, dove si interpreta nel senso di una distinzione tra „metro giambico“ e „ritmo accentuativo“. Sull’acrostico nel contacio e nel canone sono classici gli studi rispettivamente di Krumbacher 1904 e Weyh 1908, il quale ultimo peraltro sottolinea la sostanziale estraneità di Andrea di Creta alla seduzione dell’acrostico (p. 38). In questa sede basta ricordare che il processo creativo che presiede alla composizione del canone investe anche l’acrostico. Se è azzardato sostenere che esso sia stato composto e concluso sempre e necessariamente prima del canone (il quale diventerebbe in tal modo funzione dell’acrostico), è impossibile che sia avvenuto il contrario. Nel canone giambico pentecostale, la predilezione arcaizzante dell’acrostico da un

L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale

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II.i.a.2 Il canone e i μελ8δο Il canone nacque in un’età della cultura bizantina che fu già giudicata „buia“ („Dark Ages“)188, anche se l’ambito culturale ellenizzato di ambito siropalestinese – allora sottoposto al califfato omayyade – è stato negli ultimi decenni rivalutato come roccaforte di tradizione classica189. In quel contesto spaziotemporale sarebbero vissuti i due autori di canoni – „poeti“ o meglio „melodi“ (mel8do) – assunti a modello dalla tradizione bizantina, in un singolare gemellaggio nel segno dell’ „incomparabilità„190, ovvero san Giovanni Damasceno191 tradizionalmente ritenuto monaco di San Saba192, e san Cosma di Gerusalemme, poi ritenuto vescovo di Maiuma193.

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lato, quella del canone per le nuove coniazioni e i vocaboli composti dall’altro, sono i due volti complementari di una medesima concezione poetica. Vd. apparato F a 179, 6–7. ODB I, pp. 340 e soprattutto pp. 350–352, s.v. „Byzantium, History of: ,Dark Ages‘“ (P. A. Hollingsworth); Kazhdan 1999, pp. 15–16, al. – Sempre utile in merito Bryer – Herrin 1977. Per la contestualizzazione della specificità culturale palestinese all’epoca vd. Louth 2002, pp. 3–12; per la Palestina e la Siria come baluardo della tradizione ellenistica, con specifica attenzione alla sopravvivenza dell’eredità letteraria e retorica classica, vd. per es. Mango 1991; Perria 1999; Lauxtermann 2003, pp. 131–147, al. Per l’incomparabilità della produzione innografica: Suid. i 467: o% goÜn (smatiko kanne« … s gkrisin ok dwjanto od dwjainto, mwxri« n  kau "m»« bo« peraivusetai (II, p. 649, 36–38 Adler). Per la tradizione iconografica vd. Patterson Sˇevˇcenko 2006, specie pp. 317–322 e 335–336 con figg. 3 e 4. Nella sintesi di Kazhdan 1999, pp. 76–77, è datato ca. 675 – ca. 750–753, ma studi più recenti presentano cronologie diverse: per es. Conticello 2000, pp. 1002–1003, fa riferimento agli anni 655 – ca. 745; Louth 2002, p. 5, mentre accetta una data di morte ca. 750, è assai prudente circa la nascita (comunque intorno al 650–660); Petrynko 2010 alle pp. 51–83 evita datazioni precise, ma alla p. 17 indica la morte intorno al 745, etc. La bibliografia scientifica più recente mette in forte dubbio questa tradizionale appartenenza monastica di Giovanni, contestando il quadro tradizionale della vita di Giovanni Damasceno presentato ancora da Nasrallah 1950 sulla base delle Vite BHG 394 e BHG 884 – la prima dedicata a Cosma e a Giovanni Damasceno, la seconda solo a quest’ultimo – largamente leggendarie, e sottolineando invece il suo rapporto con la chiesa dell’Anastasis di Gerusalemme: lì, e non a San Saba, egli sarebbe stato monaco e sacerdote a partire da ca. il 706. Vd. per es. Auzépy 1994, p. 183, 191, 193 nonché Ead. 2001, p. 305 con n. 4; Conticello 2000, p. 999; Louth 2002, pp. 6–7; Petrynko 2010, pp. 72–74, al. – In un’amplissima bibliografia sul personaggio segnalo Auzépy 1994, 2001 per significative considerazioni sulla creazione posticcia del „mito ortodosso“ di Giovanni Damasceno; Kazhdan 1999, pp. 75–94 (pinax eminentemente storico-letterario); il lemma in PMBZ II, pp. 258–262, s.v. „Ioannes von Damaskos“ (# 2969); Conticello 2000, per la lettura stratificata delle fonti relative alla sua biografia; Louth 2002 per un tentativo di visione unitaria della sua produzione, nel mutato contesto del Mediterraneo del VII–VIII secolo; Griffith 2006, che invita vigorosamente a radicare Giovanni Damasceno „nella sua patria islamica della prima metà dell’VIII secolo“, prescindendo decisamente „dalla prospettiva della più tarda sintesi della teologia ortodossa“ (p. 52). Lo studio di Detorakis 1979 (dove si avanza l’ipotesi che quel melodo sia l’inventore della forma del canone) segna una svolta in merito alla valutazione di Cosma, sulla cui Weltanschauung è più volte intervenuto Alexander Kazhdan, con asserzioni anche categoriche (Kazhdan –

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Prolegomena

Accomunati dall’eccellenza poetica, dalla fortuna letteraria, dalla stessa tradizione iconografica, i due autori vennero accostati anche a livello biografico, e si elaborò per loro una comune paidea dai tratti fiabeschi per cui Cosma, orfano, sarebbe stato adottato dal potente padre di Giovanni Damasceno; i due sarebbero divenuti ‚fratelli di latte‘ e sarebbero stati istruiti nell’arte poetica da un altro Cosma, di origine „italiana“ – evidentemente italomeridionale194. Ulteriore elemento comune tradizionale appare la compresenza, nella produzione che va sotto il loro nome, di poesia e di attività prosastica erudita. Di impressionante vastità, soprattutto nel campo teologico, quella del Damasceno, annoverato nel rango dei Padri della Chiesa greco-ortodossa; più ridotta, e legata alla sola tradizione letteraria, quella di Cosma, cui si ascrivono commenti all’opera poetica di Gregorio di Nazianzo, anche se non è pacifico fra gli studiosi che il Cosma commentatore e il Cosma melodo siano veramente la stessa persona195, e tanto meno quale di essi – se non coincidono – sia eventualmente da identificarsi con il Cosma vescovo di Maiuma destinatario del prologo introduttivo alla Dialettica di Giovanni Damasceno, sulla cui dedica sono state avanzate motivate riserve196. L’indagine critica ha proble-

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Gero 1989; Kazhdan 1990; Id. 1991) poi rivedute e attenuate in Kazhdan 1999, p. 114 con n. 7. Quanto alle date di Cosma „melodo“, è genericamente definito „contemporaneo“ di Giovanni Damasceno (ivi, p. 110). Per Detorakis 1981, p. 103, è di poco posteriore. Sulla effettiva assunzione di sede episcopale da parte di Cosma esprime molta cautela Kazhdan 1999, pp. 107–111. – Ricapitolazione su Cosma in PMBZ II, pp. 609–612, s.v. „Kosmas von Maïumas“ (# 4089). Dubbi sulla „fratellanza di latte“ tra Giovanni e Cosma già in Jugie 1924a; Id. 1924b, al. È quanto leggiamo nella Vit. Io. Dam. BHG 884 (PG 94, 429–489): testo che Conticello 2000, p. 998, definisce felicemente la „Vita ufficiale“ di Giovanni Damasceno, elaborata nella seconda metà del X secolo da „Giovanni di Gerusalemme“, anche per conferire „une restructuration logique“ (ibid.) alla precedente Vita di Cosma e Giovanni BHG 394 (ivi, pp. 994–997) ascritta a Michele Sincello. Vd. al proposito, oltre a Kazhdan 1999, pp. 107–126, le osservazioni di Kazhdan – Gero 1989. – Per il Cosma „italiano“ vd. infra, n. 300 e contesto. Kazhdan 1991, p. 412; Id. 1999, p. 119, avanza riserve sull’identificazione di Cosma melodo con Cosma commentatore di Gregorio di Nazianzo. Vd. anche Lozza 2000, pp. 5–11, che in assenza di „prove decisive“ circa „l’attribuzione tradizionale e l’identificazione … con Cosma vescovo e poeta“ (ammesso – ripetiamo – che si tratti della stessa persona) mantiene la datazione „entro la prima metà o più probabilmente nei primi decenni del secolo ottavo“ (p. 11), ovvero nel consueto arco cronologico di Cosma melodo. Sulla cultura di Cosma commentatore vd. ivi le pp. 21–25. Io. Dam. Dial., prooem. (pp. 51–53 Kotter): l’apprezzato editore, il benedettino Bonifatius Kotter (1912–1987), non sollevava alcuna questione in merito, laddove ha presentato non pochi dubbi Kazhdan 1999, pp. 107–108, riprendendo spunti avanzati in Kazhdan – Gero 1989, p. 123. Fatta cioè salva l’autenticità damascenica del testo, rivolto a una comunità di confratelli identificati al plurale, la dedica al singolo Cosma potrebbe essere una aggiunta posticcia, forse del X secolo. – Per le innegabili corrispondenze tra questo testo, specie prooem. 8–26, p. 51 Kotter (= PG 94, col. 521AB), e singoli passi dell’inno pentecostale oggetto della Esegesi di Eustazio (documentati nell’apparato F ad 1, 16; 2, 13–15.15–16; 5, 2–4; 12, 2–5; 14, 5) vd. anche infra, p. 46* con n. 244.

L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale

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matizzato anche la contemporaneità tra Cosma „melodo“ e il Damasceno ed è stata messa in dubbio persino l’effettiva contrapposizione di Cosma all’iconoclastia197. In effetti, se si accetta che la forma letteraria del canone sia stata portata a perfezionamento e successo nell’VIII secolo, anche ad opera di un campione dell’iconodulia come il Damasceno, la questione del rapporto tra la forma del canone fiorita in ambito palestinese e l’iconoclastia al potere in Costantinopoli prima dal 730 al 787, poi dall’813 all’843, è tanto elusiva quanto ineludibile, come sottolineato in vari contributi dalla coeditrice dell’Esegesi Silvia Ronchey. E oltre ai due mel8do investe Andrea di Creta, che sottoscrisse il monoteletismo e che studi recenti mostrerebbero ben disposto verso Leone III, campione dell’iconoclastia: almeno, nei suoi primi di anni di regno198. Si aggiunga che la storiografia bizantina del X secolo ambienta presso la corte di Costantinopoli, nell’epoca del Secondo Iconoclasmo (813–843), una scena tanto forte quanto problematica199, opportunamente ricordata da Silvia Ronchey in rapporto alla fortuna dei canoni „giambici“200. Si tratta dell’omicidio (dolo ona) dell’imperatore iconoclasta Leone V Armeno, ucciso la notte di Natale dell’820 mentre cantava un passo del suo canone giambico preferito, quello per il Natale – v. 81, t' pantnakto« je a lisan pu8 – attribuito tradizionalmente a Giovanni Damasceno: a rigore, si tratterebbe di un „avversario politico-culturale“ dell’imperatore, sicché a buon diritto la scena desta interrogativi201.

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Vd. infra, p. 47* con n. 248; Kazhdan 1990; Id. 1999, pp. 107–118. L’assenza di esplicita polemica anti-iconoclastica nei canoni di Cosma non basta comunque a sostenere una loro interpretazione in senso filo-iconoclastico. Beck, 1959, p. 500; Kazhdan 1999, pp. 38–41. Per altri aspetti l’ha riportata all’attenzione degli studiosi Afinogenov 2001. Vd. Ronchey 2001, pp. 332–333 con n. 30; anche infra, pp. 99*–101*. Ead. 2001, ibid.: si riferisce a Theoph. Cont. Chron. 1, 25 (pp. 38, 23 – 39, 4 Bekker). Da ricordare che il testo del Teofane Continuato è stato redatto a notevole distanza dagli eventi, ovvero tra 945 e 959: vd. Hunger 1978a, I, p. 340; Ronchey 2001, p. 332, n. 29, al. – Vd. anche la versione dei fatti data da Genesio (del medesimo periodo 945–959), Io. Gen. Reg. 1, 16 (pp. 14, 37 – 15, 43 ed. Lesmüller-Werner – Thurn) nonché dai posteriori Giovanni Scilitza (Syn. Hist., Leo 11, p. 22, 29–35 Thurn) e Giorgio Cedreno (Hist. Comp., II, p. 66, 6–13 Bekker), che si possono prestare a uno studio comparativo di amplificazione letteraria. In Petrynko 2010, pp. 101–104, le versioni sono messe a confronto: nell’ottica della datazione del canone (ritenuto composto da Giovanni Damasceno prima del 730: ivi, p. 104) più che per spiegarne la presenza alla corte iconoclastica di Costantinopoli (ma nel contenuto non vi erano elementi espressamente anti-iconoclastici, né si vede perché sarebbero dovuti comparire, se la datazione ante 730 è corretta). – La prima esplicita testimonianza su Giovanni Damasceno autore di canoni „giambici“ (come per es. quello per il Natale) si ritrova in Suid. i 467 (vd. supra, nn. 185, 190 e loro contesti); la tradizione manoscritta diretta del testo, per secoli, si riferì semplicemente a Giovanni monaco (lo ricorda anche Petrynko 2010, p. 103).

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Prolegomena

Non meno significativo, ancorché toto caelo diverso, un passo di provenienza agiografica che vorrei ricordare in riferimento a san Niceforo (755–813), fondatore del monastero di Medikion in Bitinia, un „epicentro della resistenza all’Iconoclasmo“202. Fr. Halkin ha evidenziato la sostanziale affidabilità cronologica della Vita (BHG 2297) a lui dedicata, redatta in prossimità all’epoca del santo203. In una allocuzione del protagonista riportata al § 22, Niceforo impiega un monstrum linguistico che non si lascia motivare dalla sola tendenza retorica del testo, ben rilevata dalla critica204: si tratta di κτιστοσψμπλαστοψργοσνυρονον 205. Quell’aggettivo sostanzia di sé il v. 119 dell’inno pentecostale oggetto dell’Esegesi di Eustazio, che lo commenta in Exeg. 206, 1–14; 212, 5–9. E dunque, già prima dell’813 il santo confessore iconodulo Niceforo avrebbe avuto sulle labbra il canone giambico commentato da Eustazio: almeno, questo ci dice l’agiografo che tra 824 e 837 (in pieno Secondo Iconoclasmo e non lontano da Costantinopoli) fece ricorso all’aggettivo in questione per elevare il registro letterario del suo testo con un complesso intrico di citazioni206. La stesura di BHG 2297 deve essere comunque considerata un terminus ante quem, almeno dal punto di vista letterario. Dell’evidenza paleografica si dirà tra poco. Quanto al sovrano iconoclasta, egli cantava un altro canone giambico nella sua ultima notte, quella del Natale 820. E non era la prima volta che lo faceva, come specifica il passo del Teofane Continuato (pollki« toÜto d t!

lon at'). È possibile che una tale precisione di dettaglio (anche se la fonte storiografica è di decenni posteriore) sia una mera invenzione letteraria? E a che scopo? Meglio ritenere anche questo un indizio cronologico: fonti diverse ci presentano narrazioni relative all’esistenza, intorno all’820, almeno di questi due „canoni giambici“ (Natale e Pentecoste): esistenza a Costantinopoli presso il sovrano iconoclasta e nei paraggi, in ambito monastico iconodulo.

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Vd. anche infra, nn. 220, 438, 456, 498, 500, 526, 527, 532, 533, con i loro contesti. – La questione del contrasto tra iconoclasti e iconoduli „non seulement sur les teste des hymnes, mais sur la manière de les composer et sur la façon de les chanter“ è ricordata da Auzépy 1994, pp. 212–213 con nn. 203–205. Così ODB II, p. 1328, s.v. „Medikion Monastery“ (A. M. Talbot). Vd. anche Janin 1975, pp. 165–168. Halkin 1960, pp. 398–399, ritiene il testo composto entro una generazione (824–837) dalla morte del santo e in una cerchia prossima al monastero stesso. Ibid. – Vd. inoltre Efthymiadis 2006, p. 165; Id. 2011a, p. 106. Halkin 1960, p. 398. Ivi, p. 426 con nn. 4–7.

L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale

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Resta il fatto che la tradizione bizantina, sin dal X secolo del Lexicon Suidae 207 ha presentato nei mel8do Cosma e Giovanni Damasceno gli autori che esaltarono il genere letterario del canone in termini sia qualitativi sia quantitativi208. Gli inni a loro attribuiti entrarono sempre più nell’uso, anche per l’evoluzione della liturgia promossa dal monastero studita, punto di collegamento con gli ambienti monastici palestinesi209. Canoni giambici tradizionalmente ascritti a loro vennero poi tradotti in altre lingue210, mentre singoli lemmi e interi versi delle loro opere si affermavano – lo vedremo presto – nella letteratura erudita come modelli di riferimento.

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Non trovo cenni espliciti sulla data di composizione del Lexicon Suidae negli scritti di Theodoridis 1988a; Id. 1993, che ne hanno sottolineato la funzione di repertorio di poesia bizantina, con speciale riferimento all’innografia. In Adler 1931, col. 679, la datazione proposta è intorno all’anno 1000. In Lemerle 1971, p. 299, ci si riferisce alla „seconde moitié du Xe siècle“. In Wilson 1983, p. 146, si avanza una prudenziale datazione intorno al 975–980. Dalla bibliografia recente segnalo Detorakis 2006, p. 261 e pp. 263–264, con elaborazioni quantitative che sembrano da valutare con prudenza. In Skrekas 2008, I, p. vii, si legge di oltre mille componimenti poetici a vario titolo riferiti a Giovanni Damasceno. Da segnalare che in Canart 2000, pp. 153–154, in base al cod. Vat. gr. 1257, è stata pubblicata l’editio princeps di un componimento „giambico“ sulla Trinità per cui l’autore, con il cauto avallo di Francesco D’Aiuto, chiama in causa la paternità del Damasceno (ivi, pp. 151–153). – Ricordo che nel seminale studio di Hoeck 1951 sullo status editoriale del corpus damascenico la produzione poetica ascritta al Damasceno – tale la sua mole – non era stata considerata. Vd. Wellesz 1961, pp. 132–133 (dove l’introduzione delle innovazioni liturgiche palestinesi da parte dei monaci di Studio è posta dopo l’843, ma ciò pare ormai superato da Taft 1992; Id. 1993); Arranz 1976, pp. 53–54; Taft 1992, pp. 52–66 (specie pp. 57–59); Id. 1993, specie p. 276 (con precisa datazione della „adaptation of the Palestinian monastic offices“ compiuta presso il monastero di Studio in Costantinopoli „in the restoration following the first wave of Iconoclasm“, quindi dopo il 775, „under the leadership“ di Teodoro Studita: è, questo, un possibile aggancio per spiegare la presenza del canone in Costantinopoli prima dell’820 della dolo ona di Leone V?); Auzépy 1994, specie pp. 216–217; Follieri 2002, pp. 88–90; Louth 2002, p. 256., al. – Va comunque ricordato che l’influsso palestinese-studita rimase per lungo tempo circoscritto agli ambienti monastici, come già ammoniva Mateos 1962, p. xii: cette influence se limita aux monastères (l’eloquente corsivo è suo). Più di recente vd. fra gli altri Luzzi 1995, p. 69 („rito d’origine palestinese … caratteristico dell’ambiente monastico costantinopolitano sùbito dopo la vittoria degli iconoduli sugli iconoclasti“), Patterson Sˇevˇcenko 1998, p. 112, con riferimento al IX secolo („the canon plays no part in the cathedral service as it was performed in Hagia Sophia in this period“). Nel Typicon della Grande Chiesa l’unica flebile traccia relativa ai canoni in Mateos 1963, p. 11 e n. 1; vd. anche ivi p. 299 s.v. kann („inconnu à l’orthros constantinopolitain“). Traduzione siriaca del canone giambico pentecostale effettuata già nell’882: vd. Kazhdan 1999, p. 88 e n. 23, con riferimento a Baumstark 1941.

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Prolegomena

II.i.a.3 I tre canoni giambici di „Giovanni“ La già menzionata erronea ascrizione dei canoni alla „prosa“ non è mai invalsa per tre canoni definiti „giambici“211, tradizionalmente ma non concordemente ascritti a san Giovanni Damasceno: quelli per il Natale e per la Teofania, cui va riferita, nella presente Esegesi eustaziana, l’espressione despotiko ambeÖoi (Prooem. 61–62), e quello per la Pentecoste commentato da Eustazio (forse il primo „canone“ dedicato alla festa in questione212). La caratterizzazione „giambica“ è di stampo classicistico; l’evoluzione della lingua in senso quantitativo e accentuativo si era già compiuta, i versi sono perciò da equiparare ai „dodecasillabi bizantini“213, con una difficoltà aggiuntiva per la versificazione, ovvero la necessità di integrarsi con l’elemento musicale richiesto dall’impiego liturgico214. Gli acrostici dei tre componimenti sono costituiti sempre da due distici elegiaci: esametri e pentametri dai ricercati effetti letterari, che nel caso del canone giambico pentecostale generano un ulteriore e non casuale acrostico: ue«215. Non sono solo queste scelte metriche a marcare prima facie la costante alterità dei tre canoni giambici rispetto agli altri componimenti del corpus innologico216: si impone anche lo sviluppo quantitativo. La successione di irmi e tropari nelle varie odi sviluppa un numero di versi pressoché costante, 130 versi i due canoni per Natale e Teofania, 135 il canone pentecostale oggetto del commento di Eustazio217. 211 212

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Questa connotazione è già presente in Suid. i 467 (vd. supra, nn. 185, 190, 201 e loro contesti). Vd. peraltro infra, pp. 95*–96* con nn. 494–499; p. 144* con nn. 756–758, a proposito di prokatel uh (Exeg. 147, 16–17). L’eventuale anteriorità di Cosma al „vero“ autore dell’inno implicata da Eustazio potrebbe comportare che il primo „canone“ per la Pentecoste sia stato in realtà quello di Cosma. Studio classico di Maas 1903. – In relazione ai canoni giambici, decisa l’opzione per il „dodecasillabo bizantino“ da parte di Somma 1967, laddove in Jammers 1969, p. 196, è segnalato un „affinamento classicistico“. Più di recente Afentoulidou 2004 propone di integrare la visione tradizionale del „dodecasillabo bizantino“ con la specificità musicale richiesta dalla destinazione liturgica dei componimenti. Vd Exeg. Prooem. 141–142 dove Eustazio definisce l’autore dell’inno t te lla so !n ka moysikn. In Lauxtermann 2003, p. 136, il canone giambico è felicemente sintetizzato come „a metrical tour de force to combine the complicated rhythmical patterns of hymnography with the prosodic demands of classicizing poetry“. Per lo studioso, l’autore dei tre canoni giambici („John Arklas“, ibid.: ma vd. infra, n. 500) riuscì appieno nel difficile compito attingendo lo statuto di „modello“ esemplare per quella specifica forma espressiva. Weyh 1906, p. 44, rivendica la paternità di questa osservazione. Per l’impatto a livello attributivo (i tre canoni opera di un autore altro rispetto al Damasceno) e per distinzioni interne al corpus dei tre canoni – con il canone pentecostale oggetto della presente Esegesi separato dagli altri due – vd. infra, pp. 85*–88*. Esso „aggiunge“ un tropario alla ottava ode che consta dunque di quattro anziché di tre strofe complessive come i due canoni per le feste despotika.

L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale

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Ulteriori elementi di coerenza sono da ricercarsi nella patina letteraria elevata, con effetti arcaizzanti che attingono anche all’eredità dei dialetti (specie ionico) testimoniata dall’antica epica; nell’abbondanza di parole rare; nelle audaci nuove coniazioni di vocabolario, che specie nell’inno pentecostale si presentano sotto forma di elaborati composti. Frequenti sono inoltre le figure, sia di parola sia di discorso. Coerente appare anche il contenuto teologico dei tre canoni giambici in questione, che solo con qualche forzatura si lascerebbe ricondurre a posizioni preconcette218: si tratta soprattutto di un’elevata elaborazione poetica della teologia cristiana in base all’antica tradizione conciliare219. Si insiste su temi cristologici e trinitari, sottolineando sia la consustanzialità divina delle tre persone sia le loro specifiche caratteristiche, con attenzione all’unione ipostatica delle due nature nel Verbo incarnato; si bada al ruolo tipologico dell’antico Testamento con particolare attenzione per le parole dei Profeti; statuto speciale ha Maria Vergine e madre di Dio; convinta e a volte irriverente è la polemica nei confronti della tradizione pagana. Frequente è l’alternanza tra discorso diretto – quasi „apostrofe“ riferita soprattutto al Verbo e Figlio di Dio, interlocutore privilegiato dei testi, data la sua assunzione di umanità – e la presenza di scene che invece hanno dimensione narrativa, in coerenza con il modello delle odi bibliche di riferimento. Particolare sottolineatura assume l’esperienza del canto sacro, con speciale considerazione per i cantori degli inni stessi, questi ultimi considerati doni della grazia divina. Nel novero dei cantori si inserisce il poeta stesso, sottolineando a volte la difficoltà del suo compito. A questa dimensione astratta fanno da contrappeso, con bella alternanza, attenzioni specifiche per temi come la luce e l’acqua, il fuoco e la musica, che consentono anche vivide immagini e ricchi effetti fonetici. Si è precedentemente scritto che i tre canoni giambici sono „tradizionalmente ma non concordemente ascritti a san Giovanni Damasceno“. Dopo i 218

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Peraltro Skrekas 2008, I, pp. xlv–xlvi e pp. lii–liii, individua nei tre canoni giambici alcuni indizi per una loro coerenza concettuale iconofila o quanto meno non riconducibile all’iconoclasmo. Si tratta di Hymn. in Nat. Dom. 7 (zvgra oymwnh = PG 96, 820A), 101 (ekonzoysi = ivi 824B); Hymn. in SS. Lum. 86 (zvgra oÜsan = ivi 829B); nel nostro Hymn. in Pent. è indiziato il v. 4 (r) t!n nta) nonché i vv. 38–40 per il loro carattere ritenuto ‚iconico‘. Potrebbero peraltro valere qui, specularmente, osservazioni affini a quelle avanzate nei confronti di certe forzature ‚filo-iconoclastiche‘ nella lettura dei canoni di Cosma: vd. supra, n. 197; infra, n. 532 e contesti. Anche la contesa sulle immagini aveva richiamato in causa l’antica tradizione conciliare, vd. i testi raccolti in Hennephof 1969, pp. 34–39 e 58–82. Per l’impatto positivo sul „rinascimento bizantino“ della querelle relativa alle immagini la bibliografia è legione, rimando alle sintesi classiche – Lemerle 1971, passim, specie pp. 104–108; Impellizzeri 1975, pp. 297–365, entrambe con ricca bibliografia – e ai più recenti Schreiner 1988b (specie pp. 392–399); Auzépy 2007. Ancora utile Bryer – Herrin 1977.

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Prolegomena

cenni dalla produzione storica e agiografica, veniamo ora alla tradizione manoscritta diretta dei canoni, per osservare che le prime attribuzioni espressamente e univocamente riferite a Giovanni Damasceno dalla tradizione diretta di questi testi sono tarde220, mentre i più antichi manoscritti che documentano il corpus dei canoni giambici sono poco espliciti. Peraltro, essi sono ubicati in ambito sinaitico, zona non solo prossima alle concrete coordinate di Giovanni Damasceno ma in stretto contatto con la Palestina e Gerusalemme all’epoca in cui i rapporti con Costantinopoli si erano invece allentati a causa dell’espansione arabo-islamica221. Si tratta di manoscritti dei Nwa E*rmata (d’ora innanzi NE) di Santa Caterina del Sinai che vengono fatti risalire al IX e anche a quell’VIII secolo222, in cui Giovanni Damasceno visse e operò all’interno del califfato223. Si tratta in particolare dei seguenti codici: – manoscritto Sinaitico Greco NE MG 5 (VIII–IX secolo)224, codice pergamenaceo in ogivale inclinata contenente un Tropologion di straordinaria impor220

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Il recente Hajdú 2012, pp. 396–403, consente di postdatare al XV secolo la testimonianza del cod. Mon. gr. 263, gia datato al XIII secolo (Hardt 1806, pp. 106–113). Esso attribuisce a Giovanni „Damasceno“ i canoni giambici per il Natale (f. 421r) e la Teofania (f. 425v), quello per la Pentecoste è invece genericamente ascritto a un „Giovanni“ (f. 430v). Nel Sin. gr. 2105 (1205 in Gardthausen 1886, p. 249) del XIV secolo (Kamil 1970, p. 137), tutti e tre i canoni giambici sono per la prima volta ascritti a Giovanni Damasceno. Ringraziamo Dimitrios Skrekas per i controlli e le discussioni in merito. Vd. infra, nn. 438, 456, 500, 501, 507, 526, 532, 533 e loro contesti. Vd. Géhin 1998, p. 157; Petrynko 2010, p. 115. Vd. in un’ampia bibliografia Politis 1980; Nikolopoulos 1998; Perria 1999; Géhin – Frøyshov 2000; Nikiforova 2012; Ead. 2013; Chronz – Nikiforova 2014. Riprendendo osservazioni che già furono di Jugie 1929, p. 38; Detorakis 1986, al., il notevole studio di Louth 2002 segnala che il Damasceno, campione di „bizantinismo“, tuttavia non pose mai piede nel territorio dell’impero bizantino. Nikolopoulos 1998, p. 142 e ill. 49 (mnmh di Teodosio Cenobiarca). È a questo codice che si riferisce Politis 1980, p. 10, datandolo (e fu il primo) a fine VIII – inizio IX secolo; la sua tavola 3 ne produce un apprezzabile esempio di scrittura, riferito a Cosm. Hier. Hymn. in Occ. Dom., acrostico e vv. 1–23 (PG 98, 509AB). La medesima datazione in Géhin – Frøyshov 2000, p. 179 (e vd. anche Skrekas 2008, I, pp. cxiv–cxv). – Oltre a definirlo il più spettacolare fra i manoscritti liturgici dei nuovi ritrovamenti sinaitici, Géhin – Frøyshov lo riunirono su base codicologica in una sola unità documentaria con il breve ms. MG 56. Inoltre segnalarono che la titolazione Tropologion ne dichiara la discendenza dal kanon dell’Anastasis di Gerusalemme. Come già anticipato alla n. 192 supra, il legame di Giovanni Damasceno con quella chiesa anziché con San Saba è messo in risalto dalla più qualificata recente ricerca. – Sul „sensational find“ costituito dal cod. MG 5 (così Nikiforova 2013, p. 157) si sono profuse recenti ricerche che avvalorano la posizione ‚unitarista‘ di Géhin – Frøyshov, laddove la datazione a volte si spinge al IX secolo (ivi, p. 158, n. 6), altrove permane tra VIII e IX (Ead. 2012, specie pp. 29–30; Chronz – Nikiforova 2014, specie p. 148). Evidente l’importanza di un manoscritto che „reflects the order of services in Jerusalem“ (Nikiforova 2013, p. 158), e particolarmente della chiesa dell’Anastasis cui Giovanni Damasceno verisimilmente afferì, databile a pochi decenni dalla morte dello scrittore e teologo.

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tanza per la tradizione liturgica, che attesta il canone giambico per la Teofania, con alcune particolarità225, e nella sua interezza quello per la Pentecoste; – manoscritto Sinaitico Greco NE MG 56 (VIII–IX secolo)226, codice pergamenaceo in ogivale inclinata che recenti ricerche ritengono doversi raggruppare con il precedente in un’unica unità documentaria227; testimonia il canone giambico per il Natale, sino al v. 94228; – manoscritto Sinaitico NE 167 (datato tra VIII e X secolo)229, palinsesto vergato in minuscola, con i soli acrostici dei canoni giambici per Natale e Teofania; – rotolo Sinaitico NE MG 91 (IX–X secolo)230, pergamenaceo, in onciale tranne le lettere a e m, con il canone giambico pentecostale. Di questi preziosissimi documenti, il primo – in relazione al solo canone per la Teofania – e l’ultimo – in relazione al canone per la Pentecoste – esplicitano oltre al testo poetico anche un nome di autore: e quel nome è Giovanni Monaco. Se anche è vero che la tradizione di opere in prosa di inequivocabile paternità damascenica ne caratterizza l’autore come Ivnnh« monax«231 resta che l’indicazione dei più antichi manoscritti testimoni dei canoni giambici non è del tutto dirimente, data la diffusione del nome „Giovanni“ in ambito bizantino (in altre parole: se Giovanni Damasceno assai frequentemente coincide con Giovanni monaco, non di necessità ogni Giovanni monaco è da identificarsi con il Damasceno)232. 225

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Come anche da segnalazione di Nikolopoulos 1998, p. 142, è qui presente la seconda ode, generalmente omessa; dopo l’irmo della settima ode il testo è danneggiato. Ringraziamo Dimitrios Skrekas per la conversazione in merito. – Vd. inoltre Nikiforova 2013, pp. 174–175, con riflessioni sulla ‚interpolazione‘ della seconda ode. In Nikolopoulos 1998, p. 150 (vd. anche ill. 11, riferita ad acrostico e vv. 1–3 del canone giambico per il Natale, PG 96, 817D – 820A), il codice è invece datato al IX secolo. – Vd. Skrekas 2008, I, pp. cxiv–cxv. Vd. Géhin – Frøyshov 2000, pp. 172 e 179, con l’ipotesi di cui alla n. 224 supra; ulteriori precisazioni in Skrekas 2008, I, p. cxv. – Anche Nikiforova 2012; Ead. 2013; Chronz – Nikiforova 2014. Il codice è utilizzato anche da Petrynko 2010 per la sua nuova edizione del canone per il Natale, dove risulta datato all’VIII–IX secolo (pp. 111–113), in collegamento con MG 5 alla luce di Géhin – Frøyshov 2000. Nikolopoulos 1998, p. 183 (anche ill. 144) data a IX–X secolo. Per l’VIII secolo si pronuncia invece l’autorità paleografica di N. G. Wilson (in Skrekas 2008, I, p. cxv). Nikolopoulos, 1998, p. 157 (vd. anche ill. 101). Skrekas 2008, I, pp. cxv–cxvi, dove si avanza una ipotesi di antedazione („first decades of the 9th century“). Vd. supra, n. 192 e contesto, per la recentemente disputata questione relativa alla sede gerosolimitana del Damasceno. Vd. in proposito gli elementi addotti da Petrynko 2010, pp. 97–104. – Non sarà fuori luogo ricordare qui che quello di „Giovanni“ Damasceno è un nome monastico. Il grande „luminare della Chiesa“, come lo definisce Eustazio in Exeg., Prooem. 252–253, prima della monacazione si chiamava Mansur ibn Sarjun (Auzépy 1994, p. 197; Louth 2002, p. 6).

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Prolegomena

In sintesi: in base alla datazione più alta dei manoscritti, i canoni risultano testimoniati per la prima volta in un ambiente geografico e culturale extracostantinopolitano (sia il Sinai che ha serbato i manoscritti, sia il „Damasceno“ cui sono tradizionalmente attribuiti i testi, si trovavano al di fuori dei confini dell’Impero)233, ma non periferico in termini culturali, data la sopravvivenza della tradizione poetica ellenistica nonché la ridefinizione dell’ortodossia stimolata anzitutto dal confronto con le altre Chiese cristiane e con l’Islam234. La prima menzione dei canoni giambici nel contesto della capitale e della corte, cui farà presto séguito la loro valorizzazione letteraria, va collocata nell’epoca del Secondo Iconoclasmo, che in san Giovanni Damasceno poteva trovare ora un „avversario storico-culturale“ (da parte iconoclastica: eppure Leone V Armeno cantava l’inno a lui tradizionalmente ascritto), ora un „campione“ (come nel caso del confessore iconodulo Niceforo di Medikion). Una proposta di contestualizzazione della stesura dell’inno nella cultura del Secondo Iconoclasmo costantinopolitano – anziché in quella iconodula palestinese – è stata avanzata da Silvia Ronchey235, nell’ambito di una più ampia ricognizione della cultura iconoclastica236, con particolare riferimento all’elaborazione poetica237. Su questo si tornerà infra, alle pp. 96*–103*, dedicate alle Ipotesi critiche su Giovanni „Arklas“.

II.i.a.4 Il canone giambico per la Pentecoste In termini contenutistici, il canone giambico per la festa della Pentecoste presenta omogeneità ma anche differenze rispetto ai due canoni per le despoti233

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Insiste su questo elemento – già sottolineato da Kazhdan 1999, p. 77 – tutta la monografia di Louth 2002. Per la contestualizzazione della specificità culturale palestinese all’epoca del „Damasceno“ vd. Louth 2002, pp. 3–12; per la Palestina e la Siria come roccaforte della tradizione ellenistica nelle „Dark Ages“ bizantine vd. supra, n. 189 e contesto. Ronchey 1986a; Ead. 1991, pp. 156–157; Ead. 2001, p. 332–333, nn. 26–32. Anche Ead. 2011. Per la cultura di età iconoclastica, da non equipararsi di per sé a una „età oscura“, vd. n. 219 supra. Per la produzione giambica di età iconoclastica vd. Speck 1978, per es. I, p. 190; II, pp. 606–619 (n. 90) dove lo studioso riprende la questione relativa all’elaborazione di carmina figurata da parte di autori iconoclastici presso la Chalke costantinopolitana (realizzati entro l’815) e alla contrapposizione stilistica oltreché contenutistica da parte di Teodoro Studita, sulla quale anche Id. 1995. Insistenza sugli acrostici „fehlerfrei“ di Teodoro Studita in Id. 1964, p. 343; vd. anche Id. 1968, specie pp. 298–300, 307–309. Più sinteticamente, vd. Hörandner 1990, pp. 13–15. Anche nn. 466, 783 infra. In generale sulla cultura poetica degli iconoclasti ancora Schreiner 1988b, p. 396.

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ka Yorta, che celebrano Gesù Cristo, Figlio e Verbo divino. In questo componimento il protagonista è invece lo Spirito Santo238, disceso sugli apostoli come in forma di lingue di fuoco e di impetuoso soffio di vento nella domenica della Pentecoste in base al dettato neotestamentario di Act. Ap. 2, 2–3. Nel contempo, e fin dall’acrostico – che può interpretarsi anche come sviluppo e completamento degli acrostici per i due precedenti canoni – lo Spirito Santo è posto in rapporto diretto con il Verbo di Dio. L’acrostico pentecostale si rivolge allo Ueiogen« Lgo«239 osservando che tale Logos invia nuovamente ai „terrestri“ un secondo Paracleto, inteso come avvocato e consolatore (vd. Io. 14, 16–17.26; 15, 26; primo Paracleto fu il Verbo stesso nella sua okonoma terrena, sulla base di 1 Io. 2, 1), proveniente dal grembo del Genitore. In questo modo viene asserita quella processione dello Spirito dal Padre ingenerato attraverso il Figlio generato, che fu antica dottrina nicena-costantinopolitana ed è costante nell’ortodossia240, alludendo alle caratteristiche teologiche delle tre persone trinitarie: il Genitore preserva infatti la sua gennhsa di Padre, lo Spirito è unito al Verbo dalla funzione consolatoria verso i „terrestri“ ma è distinto nella specificità della sua processione, laddove nel Verbo si implica la „generazione“. Lo Spirito è inviato „come in lingue di fuoco, che portano segno della divinità immateriale“ (vv. acr. 3–4 ) della natura propria del Verbo e che nel contempo arrecano „grazia ai cantori“ (v. acr. 4 ), con una autocelebrazione poetica che implica anche una sottolineatura teologica sulla necessità della Grazia divina nel poetare241. Come l’acrostico collega il Figlio allo Spirito, connotandoli anche nella specificità delle loro caratteristiche, così accade anche nello sviluppo del canone attraverso la serie obbligata delle odi bibliche, ma con effetti di originalità dovuti al diverso ruolo di volta in volta agito dai diversi prsvpa trinitari242. Nell’irmo della prima ode, per es., il poeta non si riferisce come di con238 239

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Vd. Kazhdan 1999, pp. 89–90. Per l’interpretazione vd. qui Acrost. 13–24, dove sembra essere implicata una polemica interpretativa (forse nei confronti della più semplice lettura data da Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 2, 9): Eustazio non considera il Verbo „di generazione divina“ (come invece fa Gregorio) ma piuttosto come colui „attraverso il quale si compie la divinizzazione“. Ferma restando la consustanzialità trinitaria dello Spirito (vd. vv. 33, 34, 60), il canone giambico pentecostale insiste in più passi sul rapporto speciale tra Figlio e Spirito; la processione attraverso il Figlio è esplicitata al v. 28 di %oÜ. Vd. Skrekas 2008, I, pp. lxx–lxxvi. Osservazioni in proposito, con riferimenti sia al corpus dei tre canoni giambici sia allo studio di Alexakis 2004, in Skrekas 2008, I, pp. lxxxvii–lxxxviii, che se ne avvale sia in riferimento all’unità „autoriale“ dei componimenti, sia alla loro finale (ancorché prudente) attribuzione unitaria a Giovanni Damasceno. Vd. infra, n. 532 e contesto. Su tutti spicca la definizione di #ro« bebhk« riservata al Logos divino (v. 11), cui Eustazio dedica speciale attenzione con un vero e proprio opusculum svolto all’interno della sua Esegesi, in fitto dialogo logico e teologico con il pensiero di Giovanni Damasceno. Vd. infra, pp. 124*–126* e 140*–142*.

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Prolegomena

sueto al prodigioso attraversamento del Mar Rosso (Ex. 15, 1–19)243, bensì all’episodio narrato a partire da Ex. 20, 21 in cui il „tardilingue“ Mosè si accosta sul Sinai alla „nube divina“ per ricevere da Dio il codice dell’Alleanza, istruzioni, precetti, le stesse tavole della Legge; così egli „vede Colui che è e viene iniziato alla conoscenza dello Spirito“ (vv. 4–5 ). Ciò allude – con parallelismi letterari ricchi di interesse244 – alla costante presenza dello Spirito Santo nella divinità, ovverosia a ciò che potrebbe definirsi la sua „coeternità trinitaria“. Il successivo riferimento (v. 5 ) agli ispirati canti celebrativi di Mosè appare essere una prefigurazione tipologica del mistero della Pentecoste, dove gli illetterati apostoli colmati dalla grazia dello Spirito si esprimono felicemente in lingue che neppure conoscono. I due successivi tropari della prima ode (vv. 6–15 ) legano strettamente la discesa pentecostale dello Spirito all’adempimento della promessa (Io. 15, 26) di Cristo agli apostoli, tratteggiati come „amici“ (vv. 7, 13 ). Privo di seconda ode245, il canone passa alla terza ode il cui irmo svolge, come da repertorio, il tema di Anna, sottolineando che la preghiera di uno „spirito contrito“ (v. 19 ) può ottenere esiti apparentemente impossibili. Nel caso di Anna si tratta del concepimento del figlio Samuele, nella Pentecoste (cui fanno espresso riferimento i due successivi tropari, vv. 21–30 ) si tratta invece del successo degli apostoli nei confronti dei sofisti prima, della diffusione della luce divina tra le genti poi. La quarta ode, legata programmaticamente nell’irmo al tema della sovranità divina, ne estende la potenza allo Spirito e al suo benefico operato, con i tre tropari – ai vv. 36–50 – che sviluppano il tema della dispensazione della grazia attraverso lo Spirito, con riferimenti a elementi sensibili come l’acqua, la luce, il fuoco. La quinta ode insiste ancora nell’irmo sul tema della grazia dello Spirito, legandola a un tema di purificazione/redenzione246 il cui rapporto con la preghiera di Isaia appare tenue247, laddove nei successivi due tropari si svilup243 244

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Lo ha osservato anche Skrekas 2008, II, p. 128. Primo fra tutti il proemio alla Fonte della conoscenza di Giovanni Damasceno, cui già si è fatto riferimento supra, n. 196 e contesto, segnalando il rapporto tra i vv. 1–5 dell’inno pentecostale e Io. Dam. Dial., prooem. 8–26, specie 15–24 (p. 51 Kotter = PG 94, col. 521AB). Tale rapporto non mi sembra invece considerato nel commento di Nikodemos Hagioreites 1836 (sua rivalutazione in Louth 2002; Skrekas 2008, I, pp. xxxiii–xxxiv) ad loc., pp. 554–556. – Per la figura di Mosè sul Sinai in un contesto didattico vd. infra, Ronchey, pp. 224*–225*. – Vd. anche supra, n. 64, per una equiparazione tra Eustazio e Mosè in Michele Coniata. Vd. supra, n. 178 e contesto. Nikodemos Hagioreites 1836, p. 565, connette questo tema alla consuetudine di impartire il Battesimo in occasione della Pentecoste: l’implicazione che coinvolge i catecumeni (vv. 51–53) appare dunque una innovazione del poeta. Il riferimento più pregnante, al v. 54, non riguarda il „canonico“ Is. 26, 9–20, bensì Is. 2, 2–3.

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pano nuovamente temi teologici legati al rapporto dello Spirito con il Padre e il Figlio (vv. 56–65 ). Nell’irmo della sesta ode compare il tema atteso di Giona strappato da Cristo Signore al ventre della balena; anche senza riferimenti evidenti alla Pentecoste, si sottolinea l’onnipotenza di Cristo, ripresa poi nei due tropari (vv. 71–80) in riferimento allo Spirito e alla sua azione salvifica. L’irmo della settima ode sviluppa la vicenda dei tre giovani ebrei in Babilonia, condannati alla fornace per aver rifiutato di venerare l’idolo pagano di Nabucodonosor248. Il valore di prefigurazione tipologica della Pentecoste che caratterizza l’episodio è evidenziato in chiave teologico-ortodossa: il canto dei tre giovani è qui rivolto non genericamente a Dio come nell’ascendente biblico ma esplicitamente alla Trinità249 per la Grazia luminescente del Paracleto (vv. 83–85 ). Si registra qui una proiezione retroattiva dello Spirito Santo nel tempo, affine a quella già osservata (vv. 4–5 ) in relazione a Mosè. – Con sicura abilità letteraria, il poeta conclude non solo l’irmo (v. 85 ) ma ciascuno dei tre successivi tropari (vv. 90, 95, 100 ) con la medesima invocazione di benedizione eloght!« e&, che in questo modo non solo assume un valore di „ritornello“ interno all’ode settima dell’inno pentecostale, ma anche e nel contempo rimanda a Dan. 3, 54–56, ovvero ai tre versetti conclusivi della preghiera dei tre fanciulli nella settima ode biblica. Si collega in tal modo, e vigorosamente, il modello antichissimo con il nuovo tempo pentecostale, sviluppato dal poeta sia in riferimento alla conoscenza delle lingue straniere da parte degli apostoli (vv. 86–90 ), sia nel rapporto con la profezia di Gioele evocata da Pietro (vv. 91–95, vd. Act. Ap. 2, 14–21), sia nel fatto che la discesa dello Spirito avvenne nell’ora terza (v. 96), con ulteriore prefigurazione della Trinità250. Anche l’ottava ode sviluppa sin dall’irmo il tema dei fanciulli nella fornace, con l’ovvio riferimento pentecostale del fuoco, mentre tocca ora ai tre fanciulli essere presentati come modello della Trinità (v. 102,  trisso egg« t « uearxa« t po«). Nei tre successivi tropari l’azione dello Spirito viene celebrata nelle forme dell’invio da parte del Verbo (vv. 106–110 ), della discesa per volontà propria (vv. 111–115 ), dell’adempimento cristico delle ispirazioni 248

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Kazhdan 1990, specie pp. 337–346, avanzò l’ipotesi di una possibile sovrapposizione tra l’idolo pagano di Nabucodonor e le icone – equiparate a „idoli“ dai loro avversari – per elaborare una immagine di Cosma melodo assai meno ‚ortodossa‘ del consueto, con particolare riferimento al suo canone per l’Esaltazione della Croce. Tale ipotesi fu ampiamente ritrattata dallo studioso, vd. Id. 1999, pp. 114–118 (vd. specialmente la n. 17). Vd. anche infra, n. 352 e contesto. A sua volta necessariamente implicata, dato che i giovani erano tre. Skrekas 2008, II, p. 169, sottolinea il tema del „play on the numbers three and one“ all’interno del tropario.

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Prolegomena

profetiche accompagnato dall’azione dello Spirito (vv. 116–120 ). Contraddizioni e sovrapposizioni solo apparenti, risolte alla luce dell’onnipotenza divina. La nona ode, ultima del canone, verte di necessità su temi mariani. Dinanzi alla Vergine Madre anche una bocca „sciolta e faconda“ (irmo, v. 122) si smarrisce, perciò non resta che glorificarla. In quella bocca appare lecito cogliere riferimenti impliciti sia alla figura del poeta sia all’eloquenza degli apostoli nella Pentecoste, con la quale viene così stabilito un ulteriore legame tipologico. Inoltre (primo tropario, vv. 126–130 ) la Vergine generatrice ha dato vita al Verbo che ha poi a sua volta inviato la grazia dello Spirito (con riferimento sia all’acrostico sia a Io. 14, 16–17.26; 15, 26). Nel secondo tropario, con cui si conclude l’intero componimento (vv. 131–135 ), i riferimenti puntuali alla Pentecoste si risolvono in una celebrazione della Trinità251, „sapiente essenza trilucente“ (v. 135 ), salutata da chi (apostoli allora, cantori nell’eterno presente della festa) è stato trasformato dall’azione non esplicita epperò presente dello Spirito pentecostale.

II.1.b Cenni sulla fortuna dei canoni nella tradizione erudita Testimoniati per tradizione diretta a partire dai manoscritti sinaitici di Santa Caterina che gli studiosi ascrivono al periodo tra VIII e IX secolo; citati, come già detto, in fonti agiografiche e storiografiche dei primi decenni del IX secolo, i canoni giambici e più in generale gli inni ascritti ai due mel8do erano solo all’inizio del loro successo nella tradizione bizantina, che presto investirà anche la produzione erudita252.

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Si osservi in merito che i vv. 132–133 sono entrambi costituiti di tre parole ciascuno, nel primo caso tre participi al nominativo maschile plurale, nel secondo caso tre aggettivi all’accusativo femminile singolare: l’intento del poeta di marcare con insistenza l’effetto „tre in uno“ non potrebbe essere più chiaro. Kazhdan 1990, p. 330, contesta Krumbacher 1897, pp. 679–680 (ripreso da Demetracopoulos 1979, p. 148), che alla base della fortuna erudita dei canoni aveva posto soprattutto la loro difficoltà linguistica, per sottolineare invece la „sostanza“ delle composizioni commentate dagli eruditi, anche dal punto di vista politico. – Detto che tale difficoltà linguistica si riscontra quasi solo nei tre canoni giambici – e specialmente nel nostro canone pentecostale – la ragione del loro successo pare a noi da scorgersi nella compenetrazione del testo con la musica (ciò che non valeva invece per componimenti artisticamente non meno elaborati e significativi, per es. le poesie di Gregorio di Nazianzo) e nella funzionalizzazione liturgica, che implicava il necessario traguardarsi non solo dei testi ma anche delle loro interpretazioni a una dimensione totalizzante, che in quanto tale comprendeva anche il corpo politico. – In Wellesz 1961, p. 158, si coglie la compenetrazione tra innografia, ortodossia, Chiesa e „Stato“.

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Nelle cerchie della più elevata cultura costantinopolitana, i canoni erano divenuti exempla letterari: infatti venivano impiegati nelle opere grammaticali ed ermeneutiche253 del grammatico e „maestro ecumenico“ Giorgio Cherobosco254, che considerò e utilizzò oltre alla produzione dei mel8do anche quella dell’innografo Clemente, perseguitato e morto in esilio durante il cosiddetto Secondo Iconoclasmo“, tra l’813 e l’843 dunque255. Sono queste citazioni dal corpus innografico che consentono ormai di collocare il Cherobosco, dopo lunghi decenni di indeterminazione, ben all’interno del IX secolo256. Citazioni innologiche di „Cosma“ e di „Giovanni“ – inclusi i vv. 91 (uwspin katebrnthsen  blwpvn pa) e 123 (htreÜon o suwnei se) del presente canone giambico pentecostale – sono presenti anche all’interno degli Epimerismi a Omero257, come per primo avvertì Christos Theodoridis, che ascrisse la composizione degli Epimerismi al periodo che segnò il primo ritorno degli iconoduli al potere (787–813)258, dunque antedatandoli alla fioritura del Chero253

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Nel decisivo articolo di Bühler – Theodoridis 1976 erano considerati brani dai soli Epimerismi ai Salmi, dove un passo, p. 80, 4–10, prende in esame i vv. 4–5 del presente canone giambico pentecostale, peraltro lungamente commentato nella nostra Esegesi (14, 14 – 18, 13). In Theodoridis 1980, p. 345, sono considerati anche gli Scoli a Teodosio Alessandrino. Giorgio Cherobosco è riferimento costante della erudizione dell’Autore. Vd. in proposito Valk 1971, pp. lxx–lxxiv (specie lxxii–lxxiii, dove si considera anche il Proemio della nostra Esegesi); Id. 1976, p. xliv; Kejzer 1995, pp. 522–531. Viene menzionato con accenti elogiativi anche nel testo della presente Esegesi eustaziana (Prooem. 127–130; 137–138). Inoltre a 219, 1–8, potrebbe ipotizzarsi un riferimento velato all’opera del Cherobosco e alla sua vicenda di trasmissione p! vn «, sulla cui interpretazione vd. Richard 1950, specie pp. 203, 206; Lemerle 1971, pp. 79–80, al. A parte le citazioni riunite nell’Index locorum laudatorum (p. 447 infra), altri riferimenti al Cherobosco sono qui necessariamente filtrati dai rimandi alle parekbola omeriche di Eustazio. – Vd. anche infra, pp. 89*–90* e soprattutto p. 100* con nn. 518–520 in relazione alla questione delle denominazioni scoptiche. In Theodoridis 1980, p. 343, si considera per il Cherobosco una prossimità cronologica a Fozio („Choiroboskos während oder eher nach der zweiten Phase des Bilderstreites lebte“). Per Clemente innografo, in cui Theodoridis scorge il „terminus post quem für Choiroboskos“ vd. Beck 1959, p. 518; PMBZ II, p. 467, s.v. „Klemes“ (# 3650). Kazhdan 1999, p. 262, ne ipotizza la nascita prima del 765 e la morte poco dopo l’824. Nel libro ‚epocale‘ di Lemerle 1971, p. 79, prevaleva ancora la datazione del Cherobosco al VI secolo. – Invece Hunger 1978a, II, p. 14 con n. 21, avvalendosi di Bühler – Theodoridis 1976, poteva già datarlo alla seconda metà dell’VIII secolo; Wilson 1983, pp. 69–70, lo collocava tra fine VIII e inizio IX secolo. In ODB I, p. 425, s.v. „Choiroboskos, George“ (R. Browning) il suo floruit viene posto a inizio IX secolo. – Vd. da ultima PMBZ II, pp. 7–8, s.v. „Georgios Choiroboskos“ (# 2200). – Nei suoi scritti Silvia Ronchey ha offerto interpretazioni su Giorgio Cherobosco in rapporto non solo alla datazione del canone giambico pentecostale ma anche alla sua paternità e contestualizzazione culturale, vd. Ronchey 1986a; Ead. 1991, pp. 156–157; Ead. 2001, pp. 331–334. Rispettivamente in n 6 (nos izomeua) ad B 81 e s 18 (suwno«) ad B 451, in Dyck 1995, pp. 514, 49 e 663, 10. Dato il contesto politico-culturale dell’epoca, Theodoridis 1979 ritiene che l’inserimento di passi di un avversario dell’iconoclastia come Giovanni Damasceno in un’opera a connotazione scolastica come gli Epimerismi non potrebbe essere avvenuta se non „um die Wende

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bosco259, cui altri studiosi attribuiscono invece la paternità dell’opera260. Come che sia, questi sono ulteriori elementi in merito alla fortuna critica dei componimenti e alla loro ricezione nel corpus letterario con valore di auctoritates. Tanto più che gli Epimerismi a Omero vennero utilizzati nell’Etymologicum Genuinum, che la pluralità degli studiosi reputa composto entro la seconda metà del IX secolo261, e che è alla base della fortuna dei canoni nella tradizione etimologica mediobizantina. Soprattutto Theodoridis ha evidenziato la fortuna di lemmi o nessi tratti dall’innologia nella tradizione grammaticale, lessicografica e scoliastica262, con acquisizioni critiche particolarmente significative in merito al già citato Lexicon Suidae263, e al cosiddetto Lexicon Zonarae264, tra XII e XIII secolo (ma l’opera dedicata dal ‚vero‘ Giovanni Zonara all’interpretazione di inni del Damasceno, di cui si dirà in séguito265, è altra questione). Il Lessico di Fozio non sembra invece accogliere lemmi tratti dagli inni266. Tutt’altro discorso vale per la tradizione etimologica bizantina, dal IX secolo del già citato Etymologicum Genuinum all’XI–XII secolo dell’Etymologicum Magnum, repertorio quest’ultimo utilizzato da Eustazio in questa Esegesi non meno che nelle parekbola omeriche267. A fronte del lacunoso stato della pubblicazione a stampa di questo ingente corpus, costante oggetto di dibattito e confronto fra gli studiosi, ci si limita qui a osservare la presenza di

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vom 8. zum 9. Jh.“ (ivi, p. 5), ovvero nel periodo compreso tra primo e secondo iconoclasmo. Vd. le osservazioni avanzate supra, n. 209 e contesto, in riferimento alla liturgia; inoltre (vd. n. 256) attribuire una diversa paternità al canone pentecostale può incidere sui termini della questione. La citazione dal v. 123 (htreÜon o suwnei se) non fu invero colta dal Theodoridis. Dyck 1983, pp. 5–7; Id. 1995, pp. 23–24. Vd. Alpers 1969; Id. 1991, pp. 525–526 (dove si addita come terminus post quem il periodo 813–820, come terminus ante quem il periodo 858–872); Id. 2001. Vd. Theodoridis 1988a; Id. 1988b; Id. 1993; Id. 1996. Id. 1988a (specie pp. 472–473); Id. 1993 (specie pp. 491–493). Sul suo lavoro si innesta anche Papagiannis 2004. – La benemerita editrice Ada Adler aveva già evidenziato passi di Cosma e Giovanni in Suid., Index Auctorum, s.vv. „Ivnnh« Damskio«“ (sic) e „Kosm»« Hieros.“ (V, pp. 89 e 92 Adler rispettivamente) – Notevole lettura dell’ „orizzonte di aspettative“ cui risponde il Lexicon Suidae in Hunger 1991. Per lo Ps.-Zon. Lex. resta di riferimento lo studio di Alpers 1972, con datazione del testo fissata nell’arco compreso tra 1170 e 1253 (col. 737). Citazioni del Lexicon attinte ai melodi „Giovanni“ e „Cosma“, oltre che ad altri innografi, in Theodoridis 1996, pp. 169–171. Vd. infra, nn. 310–312 e contesto. Vd. Index locorum laudatorum (infra, p. 478) per le tangenze tra Exeg. e il Lessico foziano: che esistono, ma che sembrano attenere al campo dell’interpretazione erudita anziché all’ambito di riferimento letterario. Sul rapporto di Eustazio con gli Etymologica vd. Valk 1971, pp. lxv–lxvi; Valk 1976, p. xlii. Vd. sintetico cenno in Alpers 2001, col. 204. I numerosi riferimenti all’Etymologicum Magnum individuati dai coeditori dell’Esegesi e presenti nell’apparato F sottoposto al testo critico sono raccolti nell’Index locorum laudatorum, alle pp. 452–453 del presente volume.

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una linea tendenzialmente „costantinopolitana“ (che comprende l’Etymologicum Genuinum 268, il coevo Etymologicum Parvum269, nel XII secolo l’Etymologicum Symeonis 270, quindi il Magnum 271) e di una linea „laterale“, rappresentata dal cosiddetto Etymologicum Gudianum, originatosi probabilmente nel medesimo ambito italo-meridionale cui viene ascritto anche il preminente codice Vat. Barb. gr. 70272. È soprattutto la tradizione del Gudianum a intrecciarsi profondamente con quella degli inni, e particolarmente con i canoni giambici ascritti al Damasceno (incluso quello dedicato alla Pentecoste). Difatti certe ricorrenti sigle X, F, N, del cod. Vat. Barb. gr. 70 – interpretate erroneamente dal Reitzenstein273 – si riferiscono, come mostrò Edoardo Luigi De Stefani (1869–1921), a „glosse illustranti voci che ricorrono rispettivamente nel primo, nel secondo e nel terzo dei Canoni giambici di Giovanni Damasceno“ e che vengono inserite nel Gudianum274. Il De Stefani aveva intravisto come fonte di queste glosse una raccolta perduta di Epimerismi ai canoni, che avrebbe conferito materiale sia al Gudianum sia a epimerismi alfabetici editi dal Cramer275 – a loro volta da porsi fra le fonti del Gudianum.

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Vd. Alpers 1969; poi l’ambiziosa ma sfortunata edizione sinottica di Et. Magn. Gen. Per le occasionali tangenze dell’Exeg. all’Et. Parv., vd. l’apparato F e l’Index locorum laudatorum, infra, p. 453. Frammenti di edizione in Et. Magn. Gen., vd. supra n. 268; alla nuova edizione di Et. Sym. (con una occorrenza in Exeg.) sta attendendo Davide Baldi. Da questo testo dipende più tardi la Megale Grammatike inedita, per la quale vd. da ultimo la nota di Schironi 2004, pp. 18–19. Pubblicato parzialmente come Magnum Auctum in Et. Magn. Gen. – ma l’edizione cui abbiamo riferito i rimandi eustaziani resta quella del Gaisford, vd. supra n. 267. – Vd. di recente Rance 2007, con bibliografia. Fondamento quale è dell’intera tradizione del Gudianum, il cod. Vat. Barb. gr. 70 presenta cruciali questioni di datazione. – Per Alpers 1991, alle pp. 531–540, specie p. 539, essa va posta nella seconda metà del X secolo, con ciò che ne consegue per la redazione del testo. Vd. anche Alpers 2001, col. 203. – Nel ricco studio di Cellerini 1988, le analisi delle pp. 62–69 puntano invece sulla seconda metà dell’XI secolo. Lo studio più paleografico che storico di Maleci 1995 si riferisce in generale all’XI secolo. Schironi 2004, pp. 22–23, data il codice al XII secolo a fronte di una formazione dell’opera nell’XI (pp. 22–23). – Cautele in merito a una meccanica iscrizione all’Italia meridionale erano state espresse da Wilson 1982, pp. 371–372. Segnalo che un recente riesame del codice da parte di André Jacob (che già aveva studiato il manufatto in vari suoi contributi, fra cui Jacob 1977, decisivo per l’origine salentina), punta con risolutezza alla prima metà del XII secolo, con argomenti di prossima pubblicazione. Ringraziamo l’illustre paleografo per la discussione in merito. – Vale anche per il Gudianum, in questa pubblicazione, quanto già osservato supra, alla n. 267, in relazione all’Etymologicum Magnum. Reitzenstein 1897, soprattutto pp. 101, 138–155. Vd. De Stefani 1907, specie p. 52 (dove si apprezza la magnanima n. 1). Anche Cohn 1911, specie pp. 205–206. Le sigle vanno sciolte come segue: X = kan+n e« tn XristoÜ Gwnnhsin; F = kan+n e« t Fta; N = kan+n e« tn Penthkostn. Vd. anche Cellerini 1988, pp. 55–59. Επιμ. κατ. στοιξ.

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Di un ulteriore filone esegetico originato dai canoni dei melodi e presente in altre raccolte lessicali276 – ma anch’esso confluito nei suddetti epimerismi alfabetici e poi nel Gudianum – lo studioso scorse la fonte in un testo già noto come Lwjei« gkemenai toÖ« kansi kat stoixeÖon t « XristoÜ gennsev«, tn Ftvn ka t « Penthkost «277, di cui egli dapprima precisò i contenuti e pubblicò l’edizione278, per identificarne poi l’autore in Teodosio Grammatico279: da una versione fusius tractata di tale scritto, una certa quantità di glosse sarebbe stata progressivamente scorporata per entrare nel corpus lessicale degli Etymologica, ivi incluso il Gudianum280. L’ipotesi appare praticabile anche per questioni di geografia culturale (Teodosio e il cod. Vat. Barb. gr. 70 del Gudianum provengono rispettivamente dalla Sicilia e dal Salento); permette inoltre di scorgere in Teodosio il punto di partenza della tradizione esegetica d’autore ai canoni di Cosma e Giovanni. Nel contempo, a evitare ipotesi troppo meccaniche, nel Gudianum continuano a essere scoperte citazioni innografiche da attribuirsi all’ingenium del compilatore281. La presenza delle glosse ai canoni negli Etymologica bizantini, al di là della correttezza delle singole interpretazioni – e anche dell’attinenza ai fini delle datazioni e delle cronologie relative – è rilevante sia in termini di influsso storico-culturale sia per la „tradizione indiretta“ dei componimenti stessi. Vi si dimostrò particolarmente sensibile August Nauck (1822–1892) nella sua edizione (postuma) dei tre canoni giambici ritenuti „damascenici“; edizione che non poté giocoforza avvalersi delle scoperte del De Stefani ma che, nell’assenza o in attesa di nuovi lavori più recenti, costituisce ancora un riferimento necessario per il discorso critico sul testo sia di questo canone giambico sia degli altri due282.

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Per es. entro le Εκλ. διαφ . λω". Una versione parziale delle Λω"ει« era compresa entro le summenzionate ; Εκλ. διαφ . λω"., pp. 473–474 Cramer. De Stefani 1907, pp. 58–66. Vd. infra, pp. 53*–57*. De Stefani 1912, specie p. 435. Theodoridis 1996, pp. 166–168. Nauck 1894. – A una nuova edizione critica dei canoni, da più parti invocata (vd. anche Borovilou-Genakou 2002, p. 264), lavora Dimitrios Skrekas (Oxford-Londra), quale sviluppo della tesi di PhD (= Skrekas 2008), di prossima pubblicazione, da lui resa gentilmente disponibile a noi curatori della Esegesi di Eustazio. – Invece non appare propriamente critica, priva quale è di riscontri condotti sulla tradizione manoscritta, l’edizione del canone giambico pasquale „damascenico“ prodotta da Gahbauer 1995. Diverso discorso vale per l’edizione del canone giambico sul Natale curata da Petrynko 2010, che considera anche i recenti manoscritti sinaitici, sebbene l’attenzione dell’editore sia più teologico-dogmatica che filologicoletteraria.

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II.1.c Tradizione esegetica d’autore Assurti al rango di „classici bizantini“283, i canoni dei mel8do divennero oggetto di interpretazioni di carattere ermeneutico e poi anche letterario, testimoniate da opere ad essi specificamente dedicate284. Questa importante tradizione – che in certa misura riguarda anche colui che tradizionalmente è ritenuto inventore del genere letterario del „canone“, ovvero Andrea di Creta285 – sarà coronata proprio dalla Esegesi di Eustazio che qui si presenta. Lo snodo da cui partire per delineare questa tradizione esegetica, che non si limita ad accogliere lemmi all’interno di opere generali di riferimento, etimologiche o grammaticali che siano, ma presenta una finalità interpretativa espressamente destinata ai canoni, va posto nella già menzionata figura di Teodosio Grammatico.

II.1.c.1 Da Teodosio Grammatico a Gregorio Pardo Si deve a Teodosio Grammatico un testo dalla complessa tradizione manoscritta, che ancora attende una vera e propria edizione critica286. La versione fusius tractata dell’opera a noi pervenuta287, che chiameremo qui Lettera esegetica per distinguerla dai suoi abrégés, si apre con una allocuzione rivolta dall’Autore a un non meglio identificato Giovanni, che l’inscriptio dice ueo ilwstato« presb tero« ka n Xrist' del «288. Dopo la dedica a Giovanni si leggono gli acrostici (ed essi soli) dei tre canoni solitamente attribuiti al Damasceno (nell’ordine: Natale, Teofania, Pentecoste), ciascuno dei quali seguìto dalla sua specifica parafrasi (definita s ntaji«). Poi, una nuova e breve allo283

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Sembra, questa, una ulteriore smentita della teoria di Mango sulla atemporalità della letteratura bizantina, per cui vd. supra, n. 53. Il primo tentativo moderno di una storia sistematica della esegesi innologica è in Kominis 1960a, pp. 100–123. – Ulteriori elementi sono presenti negli studi dei due curatori della presente edizione (Cesaretti 1986; Id. 1987a; Id. 1987b; Id. 1988; Id. 1991; Ronchey 1981, frutto di nostra elaborazione comune; Ead. 1985; Ead. 1986a; Ead. 1986b, anch’esso frutto di nostra elaborazione comune; Ead. 1987; Ead. 1991; Ead. 2001) e in quelli di Fausto Montana nell’ottica dei suoi studi su Gregorio di Corinto (Montana 1989, pp. 31–33; Id. 1995a, pp. l–liii). Vd. Giannouli 2007, con una ulteriore ricapitolazione (pp. 14–24) della tradizione bizantina di esegesi innologica. – Sulla questione di Andrea di Creta „inventore della forma letteraria del canone“ vd. anche supra, n. 175 e contesto. Testo (Per tn lwjevn tn n toÖ« kansi tn 4gvn Yortn) in de Andrés 1973, alle pp. 387–395. – Precisazioni di carattere filologico, insieme a una storia della fortuna editoriale dell’opera, in Montana 1995b. Vd. anche Id. 1989, pp. 32–33; Id. 1995a, p. li. Montana 1995b, p. 194. Anche supra, nn. 276–281 e contesto. De Andrés 1973, p. 387.

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cuzione al destinatario, che l’autore definisce illogo« ka ilpono« (lasciando intuire una sua competenza letteraria)289; viene così introdotta una sezione esplicativa di lwjei« presenti nelle singole strofe (dette genericamente tropria) dei tre canoni. Tali lwjei«, disposte in ordine alfabetico (kat stoixeÖon, e sono presenti tutte le lettere a eccezione della C), sin dai manoscritti più antichi comprendono peraltro – e senza spiegazione – anche voci desunte da altri canoni, tradizionalmente ascritti a Cosma di Gerusalemme: ovvero dai suoi canoni per le feste del Natale, dell’Epifania (come per Giovanni) e anziché della Pentecoste, della Purificazione (Hypapante)290. Al termine della sezione lessicografica Teodosio torna a rivolgersi all’amico (, lo«) sottolineando (forse in ossequio a un topos letterario) che il suo lavoro è stato lungo e faticoso. Eppure il numero complessivo delle glosse supera di poco le 250. In particolare Teodosio rimarca che la sua opera è „più ampia“ rispetto alla richiesta di Giovanni, che si presenta dunque sia come destinatario sia come committente dell’operetta291. L’amico potrebbe avere dunque richiesto solo la spiegazione degli acrostici, Teodosio nella sua Lettera esegetica avrebbe invece aggiunto le lwjei« relative alle strofe (tropria), cooptando nella spiegazione, ex silentio, anche testi di Cosma. Teodosio non fornisce alcun elemento di valutazione estetica, né considera problematiche di carattere attributivo: i nomi tradizionali dei melodi „Cosma“ e „Giovanni“ neppure compaiono. La loro precisa identificazione non doveva apparire pertinente all’intento dell’operetta che, nei suoi limiti, appare però completa, con una sua innegabile strutturazione: – allocuzione introduttiva; – parafrasi degli acrostici dei canoni (opera, in base alla tradizione, del solo „Giovanni“); – allocuzione di ampliamento „al mezzo“292; 289

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Quanto all’identificazione del destinatario, vd. infra, p. 118* con nn. 593–594. – Da segnalare che la terminologia è simile a quella che Eustazio impiega per definire Giovanni „Arklas“ in Exeg., vd. Prooem. 126–127 ilopn8 ken8 ka megalo n8 ka ilos 8 ndr, con apparato F ad loc. – Per l’erronea interpretazione di Sathas in merito vd. infra, nn. 468, 500 e contesti. Punto, questo, non rilevato dal de Andrés nella sua edizione, significativa in merito al codice madrileno ma poco interessata a una più ampia contestualizzazione del testo. Theods. Gramm. Comm. Hymn. 395: met ka .n perthsa«. – Da osservare che sia il codice Matrit. Complut. Villamil 30 usato dal de Andrés sia il cod. Laur. gr. 57.42 recano anche un ringraziamento a Teodosio (de Andrés 1973, p. 383) da parte del non identificato Giovanni (ibid., p. 380): qui Teodosio è definito oltre che grammatik« anche twleio« n monaxoÖ«. Così indichiamo una partizione di testo che, pur non essendo posizionata all’inizio dell’opera (dove sarebbe più logico attenderla), svolge funzione esplicativa e introduttiva, riprendendo intenti espressi dall’autore nel proemio vero e proprio, oppure sostituendo un proemio intenzionalmente od occasionalmente assente. – Vd. Porciani 1997, specie pp. 120–121 con note e

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– esplicazione delle glosse dei canoni (che la tradizione attribuisce e a „Giovanni“ e a „Cosma“); – commiato. Questo „Teodosio Grammatico“, dopo un periodo di indeterminazione cronologica293, è ormai identificato294 con l’autore noto come „Teodosio di Siracusa“295, altrimenti detto „Teodosio Monaco“296, studiato come testimone della tradizione anacreontica nella Sicilia bizantina297 e soprattutto come autore di un altro, più famoso e più drammatico testo epistolare: quello rivolto all’arcidiacono Leone in merito alla caduta di Siracusa in mano araba nel maggio 878298. La Lettera esegetica di Teodosio grammatico, verisimilmente posteriore agli Epimerismi a Omero e a Cherobosco, testimonia della diffusione dei canoni, e del loro successo, in una „Bisanzio fuori di Bisanzio“299 come la Sicilia, nel IX secolo nota come centro di produzione poetica300 e che alla luce dell’opera

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riferimenti bibliografici, per la teoria dei „proemi al mezzo“; vale a dire presentazioni generali del contenuto e delle caratteristiche letterarie di un testo poste non al suo inizio ma calate all’interno del suo sviluppo. Esempi illustri nella letteratura latina – si pensi a Virgilio (Georg. 3, 1–48) – nella storiografia greca – Dionigi di Alicarnasso (Ant. Rom. 11, 1, 1–5) – e, come mi ricorda Augusta Acconcia Longo, che ringrazio, anche in quella bizantina: Psell. Chron. 6, 21–28 (ed. Impellizzeri 1984, I, pp. 266–276 = ed. Renauld 1926, I, pp. 127–132). Vd. anche infra, n. 323 e contesto. Ancora Kominis 1960a, p. 103, lo datava, con prudenza, tra VIII e IX secolo. – Non va confuso con l’omonimo versificatore che compose giambi relativi all’attacco arabo a Costantinopoli nel 674–678 e su cui vd. Olster 1995, con riepilogo della bibliografia precedente. Anche PMBZ IV, p. 509, s.v. „Theodosios“ (# 7817). Elementi per l’identificazione del Teodosio commentatore dei canoni con il cronista della espugnazione di Siracusa in de Andrés 1973, pp. 378–380. Da notare che la redazione del testo di commento innologico viene dal de Andrés posta „antes del 878“ (p. 379). – Rognoni 2010, p. 223, data invece il testo sull’espugnazione di Siracusa post 884–885. Il testo della nostra Lettera esegetica non offre elementi per una „cronologia relativa“. Di recente sull’argomento vd. Falkenhausen 2013, che a p. 844 sottolinea similitudini nella modalità della trasmissione manoscritta della Lettera esegetica e del resoconto sull’espugnazione di Siracusa. Vd. anche infra, n. 302. Hunger 1978a, I, pp. 359–360. ODB III, pp. 2053–2054, s.v. „Theodosios the Monk“ (A. Kazhdan). Classico studio di Lavagnini 1979, specie pp. 295–299. Sulla questione vd. Zuretti 1910; Mercati 1935, p. 59 e pp. 320–330; Lavagnini 1959–60; Anastasi 1981; Rognoni 2010. La felice espressione, modellata sul Byzance après Byzance (Bucarest 1935) di Nicolae Iorga (1871–1940), credo si debba a Guglielmo Cavallo (vd. Cavallo 1991). Per Teodosio „poeta“ vd. De Andrés 1973, pp. 378–379; precisazioni alla luce del rapporto intertestuale con Sofronio di Gerusalemme in Lavagnini 1979, pp. 295–299. – Per Metodio di Siracusa (cui fa ricorso nell’Esegesi Eustazio, vd. infra, n. 836 e contesto) e la sua produzione poetica vd. Kazhdan 1999, pp. 367–371. – Siciliano anche Giuseppe Innografo, vd. ivi, p. 270; su di lui è più dettagliato PMBZ II, pp. 403–405, s.v. „Ioseph Hymnographos“ (# 3454); vd. anche Patterson Sˇevˇcenko 1998. – In Kazhdan 1999, passim, Teofane di Sicilia, e ancora

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di Teodosio Grammatico assume anche una meno usuale connotazione criticoerudita301. Questa cultura ermeneutica può ben essere connessa con la produzione di libri manoscritti, e proprio dall’Italia meridionale sembrano provenire tutti i codici a noi pervenuti dell’opera di Teodosio nella sua versione più estesa302. Meno casuale può così apparire la ripresa di glosse tratte dall’operetta di Teodosio nell’Etymologicum Gudianum, già individuato come „laterale“ rispetto alla lignée costantinopolitana degli altri etimologici e testimoniato a partire da un codice salentino303. Con tutto ciò, resta compito della critica accertare se vi sia originalità nella Lettera esegetica di Teodosio Grammatico304; dimostrarne l’effettivo utilizzo da parte di Eustazio appare difficile305. Lo sviluppo delle successive esegesi dedicate ai canoni ancora attende una ricognizione completa; a mezzo secolo di distanza dal quadro di massima schizzato da Kominis306, le ricerche più recenti hanno considerato un fitto

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Costantino Siculo, per le cui anacreontee rinvio a Spadaro 2001. – Da aggiungere che era di origine „italiana“ (necessariamente italomeridionale) anche il già menzionato (supra, n. 194 e contesto) e assai elusivo Cosma, maestro poetico dei melodi Cosma e Giovanni in base alla controversa Vit. Io. Dam. BHG 884, capp. 8–11 (PG 94, 440C–448A: alla col. 441A j Itala« rmmeno«). Trypanis 1981, p. 442, ne fa un „siciliano“. Per Kazhdan 1999, pp. 109–110, con ricapitolazione delle precedenti bibliografie, era invece calabrese. Definito „misteriosa figura“ in Lozza 2000, p. 6, ha comunque una voce „Kosmas“ dedicata in PMBZ II, pp. 613–614 (# 4097). Rognoni 2010, pp. 224–227, esplora la testimonianza sia cronistica sia esegetica di Teodosio in un contesto più ampio, che considera anche la parallela fioritura di studi retorici (specie ermogenici) nell’area soggetta alla dominazione araba. Del resto la lettera di Teodosio sulla caduta di Siracusa è testimoniato in un manoscritto che costituisce una silloge di testi retorici a elevata connotazione ermogenica, il cod. Par. gr. 3032, sul quale vd. Irigoin 1986, specie pp. 75–77. Lo studio ha comunque valore di riferimento per i secoli X–XII. – Per il X secolo (che coinvolge anche la figura di Giovanni di Sicilia) vd. anche Wilson 1983, pp. 211–212; per gli ulteriori sviluppi, in età ormai normanna, Houben 1999, pp. 127–146. Almeno, questo risulta dal catalogo presente in Montana 1995b, p. 194. Il tema può meritare ulteriore approfondimento anche alla luce di Falkenhausen 2013 (vd. supra, n. 294). Vd. (con minor supporto documentario rispetto a oggi) De Stefani 1907; Id. 1912; anche supra, p. 51*. Cellerini 1988, p. 58, parla dell’opera di Teodosio come di un „estratto da una fonte degli Epimerismi“: a fronte delle acquisizioni di De Stefani 1907; Id. 1912, la definizione appare riduttiva. – In Borovilou-Genakou 2002 importanti precisazioni sulla dipendenza di Teodosio Grammatico da precedenti tradizioni esegetiche. Nell’Index alle pp. 418–421 infra (De Eustathio testimonio ad hymni textum constituendum) sono stati evidenziati alcuni casi che sembrano documentare coincidenza più che evidenziare dipendenza. Il medesimo vale per i passi esibiti dai coeditori nell’apparato F e da me raccolti nell’Index locorum laudatorum. Vd. supra, n. 284.

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tessuto di opere anonime307, indizio di una continua tensione interpretativa; altri contributi sparsi hanno lumeggiato ulteriori, inattesi aspetti, per es. in riferimento a Michele Psello308. Il quadro generale dell’attenzione critica per i canoni si avvale ora di nuove acquisizioni, relative ad Andrea di Creta309, mentre è ancora da valutare l’opera dedicata da Giovanni Zonara310 all’interpretazione degli nastsimoi kanne« del cosiddetto Ottoeco tradizionalmente ascritto a Giovanni Damasceno311. È quello di Zonara un testo prolisso, a forte caratterizzazione teologica; si presenta in due versioni di diversa estensione, introdotte da un proemio di cui sono pervenute tre differenti versioni312. L’opera è tuttora in massima parte inedita. Se le esegesi dei canoni „belong to the scholarly tradition of Byzantine literature“313 non si deve però a nessuna delle intraprese finora menzionate. Fu solo nella Costantinopoli del XII secolo che i canoni ascritti ai due mel8do entrarono nel corpus dei testi ‚scolastici‘ e vennero sottoposti a una intensa attività di lettura e commento con finalità sempre didattiche, quasi sempre ermeneutiche, spesso anche attributive, da parte di studiosi e intellettuali fra i maggiori dell’epoca. In questo filone, che parte da Gregorio Pardo metropolita di Corinto, si inserisce l’Esegesi di Eustazio.

II.1.c.2 Gregorio Pardo A un ambito didattico costantinopolitano, forse in rapporto con la già menzionata Scuola Patriarcale, è ricondotta buona parte dell’attività di Gregorio Pardo, che poi fu metropolita di Corinto in data compresa tra il 1092 e il 307 308

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Vd. per es. Montana 1992; Id.1993. Vd. Varalda 1998–99, pp. 205–206 (interessante al proposito potrebbe essere il confronto con Psello lettore di Gregorio di Nazianzo, quale lo tratteggia Maltese 1994). – Diversa prospettiva su Michele Psello in Kominis 1960a, pp. 103–105. Giannouli 2007. Per l’autore, fiorito nella metà del XII secolo, vd. ODB III, p. 2229, s.v. „Zonaras, John“ (A. Kazhdan); anche Ziegler 1972. ODB III, p. 1520, s.v. „Oktoechos“ (R. F. Taft – N. Patterson Sevˇcenko); Follieri 2002, pp. 89–90. – Per l’opinione di Eustazio in merito all’Ottoeco vd. infra, pp. 94*–95* con nn. 490–493, in relazione a Exeg. 148, 1–15. Per il commento di Zonara vd. Christ 1870, con ampi stralci dal proemio; Kominis 1960a, pp. 108–111. Versione brevius tractata in PG 135, 421–428 che riproduce l’edizione di Mai 1841, pp. 384–389 (di séguito alla editio princeps della nostra Esegesi). In Kominis 1960a, pp. 130–132, saggio di una versione più ampia. Vd. al proposito Demetracopoulos 1979, p. 157.

58*

Prolegomena

1156314. L’autore, che ha un suo ruolo nella storia della erudizione bizantina315, commentò – probabilmente nella sua giovinezza, comunque prima del 1125316 – l’intero corpus dei canoni dei mel8do (incluso il canone giambico pentecostale poi oggetto dell’Esegesi di Eustazio317), con esito che è stato definito „pionieristico“318. Ecco perché: – in termini qualitativi, esso inaugura un nuovo tempo nella valutazione dei canoni, segna cioè il „passaggio dalla primitiva fase lessicografica a quella esegetica“319; – in termini quantitativi, esso definisce il corpus dei canoni dei mel8do320 in ventitre componimenti, articolati secondo una specifica successione321. Qui di séguito si presenta l’ordo dei canoni e dei relativi commenti, rispettato con minime oscillazioni dalla ricca tradizione manoscritta dell’opera322, muovendo quindi dal Natale per giungere all’Esaltazione della Croce.

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Decisivo, per la biografia dell’autore, lo studio di Kominis 1960a, soprattutto pp. 18–20 e 30–36; vd. poi Id. 1960b; Donnet 1966; Id. 1967, specie pp. 13–15. Vd. anche Browning 1963, pp. 19–20; Demetracopoulos 1979, pp. 150–157, con particolare riferimento alla docenza di Gregorio presso la Scuola Patriarcale di Costantinopoli (per cui supra, p. 10* e n. 31). Ricapitola i vari punti Montana 1995a, pp. xlviii–l. In Laurent 1963a, p. 422, pubblicazione del sigillo episcopale di Gregorio (n. 566). – La diversa e anticipata datazione di Gregorio proposta da Becares 1988 non sembra aver trovato credito presso gli studiosi. Per una generale (e non entusiastica) valutazione della scholarship di Gregorio vd. Wilson 1983, pp. 184–190. Ulteriore rivisitazione riduttiva del complesso della sua oeuvre in Negri 1993. Più generoso fu Bolognesi 1953. Gregorio fiorì con ogni probabilità tra 1120 e il 1140/1150; l’opera dedicata ai canoni ascritti a Cosma e Giovanni fu composta prima del 1125, data del più antico benché incompleto codice testimone, il Vat. gr. 1926, di area italo-greca. Descrizione del codice in Canart 1970, pp. 689–693; vd. anche infra, Ronchey, pp. 307*–308*. Edizione critica commentata in Montana 1995a. Ivi, p. liii. Id. 1989, p. 33, laddove Id. 1995a, p. li, segnala la fase „parafrastica“ rappresentata da Teodosio Grammatico, dove cominciano a emergere elementi soggettivi. – Per una prima caratterizzazione critica dell’opera di commento di Gregorio di Corinto vd. Kominis 1960a, pp. 92–94. Montana 1995a, p. lxi: Gregorio „mostra di riconoscere non più di due melodi“. Epperò la tradizione di manoscritta di Gregorio offre cenni su Teofane e Giovanni per il canone sull’Assunzione della Madre di Dio (ivi, p. xxxi) nonché su „Marco d’Otranto“ (vd. infra, specie pp. 161*–162*) in relazione al canone del Sabato Santo. Kominis 1960a, pp. 91–92. – Montana 1995a, pp. xxx–xxxi (con tabella di comparazione). Kominis 1960a, pp. 94–98; Montana 1995a, pp. xii–xxxi (specie xii–xiii). Anche Mavrommatides 1998.

L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale

59*

N. Autore

Titolo

1

Cosma

In Nativitatem Domini

Edizione PG 98, 460A–465B = Christ – Paranikas 165–169

2

Giovanni

In Nativitatem Domini (giambico)

PG 96, 817D–825A = Christ – Paranikas 205–209

3

Cosma

In Sancta Lumina

PG 98, 465B–472A = Christ – Paranikas 169–173

4

Giovanni

In Sancta Lumina (giambico)

PG 96, 825A–832C = Christ – Paranikas 209–213

5

Cosma

In Occursum Domini

PG 98, 509A-513C = Christ – Paranikas 173–176

6

Teofane/ Giovanni

In Annuntiationem Deiparae

Teofane (odi 1–7) Christ – Paranikas 236–240; ‚Giovanni‘ (odi 8–9) PG 96, 852A–853A = Christ – Paranikas 240–242

7

Cosma

In Dominicam Palmarum

PG 98, 497C–501D = Christ – Paranikas 183–186

8

Cosma

In Magnam Secundam Feriam

PG 98, 472B–473A = Christ – Paranikas 187–188

9

Cosma

In Magnam Tertiam Feriam

PG 98, 473A–C = Christ – Paranikas 188

10

Cosma

In Magnam Quartam Feriam

PG 98, 473C–476C = Christ – Paranikas 189–190

11

Cosma

In Magnam Quintam Feriam

PG 98, 476D–481B = Christ – Paranikas 190–193

12

Cosma

In Magnam Parascevem

PG 98, 484B–485B = Christ – Paranikas 194–196

13

Marco/ Cosma

In Magnum Sabbatum

Marco (odi 1–5) Christ – Paranikas 196–198; Cosma (odi 6–9) PG 98, 485B–488D = Christ – Paranikas 198–201

14

Giovanni

In Sanctum Pascha

PG 96, 840B–844B = Christ – Paranikas 218–221

15

Giovanni

In Sanctum Antipascha

Christ – Paranikas 221–226

16

Giovanni

In Assumptionem Domini

PG 96, 844B–845D = Christ – Paranikas 226–228

17

Cosma

In Pentecostem

PG 98, 489A–492C = Christ – Paranikas 201–204

18

Giovanni

In Pentecostem (giambico)

PG 96, 832B–840B = Christ – Paranikas 213–217

19

Cosma

In Transfigurationem Domini

PG 98, 492D–497B = Christ – Paranikas 176–180

20

Giovanni

In Transfigurationem Domini

PG 96, 848A–852A

21

Cosma

In Dormitionem Deiparae

Christ – Paranikas 180–183

22

Giovanni

In Dormitionem Deiparae

PG 96, 1364A–1368A = Christ – Paranikas 229–232

23

Cosma

In Exaltationem Crucis

PG 98, 501D–509A = Christ – Paranikas 161–165

60*

Prolegomena

L’opera di Gregorio non esibisce un proemio generale relativo alla sua genesi, alla sua funzione d’uso, neppure alla caratterizzazione letteraria dei testi poetici e degli autori cui è dedicata, ricorrendo semmai a occasionali „proemi al mezzo“323, ma la sua destinazione si lascia cogliere con ogni evidenza in un ambito scolastico, come per es. quello della Scuola Patriarcale di Costantinopoli. Eloquenti al proposito le caratteristiche dell’esposizione, finalizzata a una dimensione didattica funzionale anziché a una dimostrazione di dottrina o di capacità retorica324. Il commento di Gregorio a ciascun canone è concepito secondo una struttura ripetitiva e seriale. Si apre con il titolo del componimento, che talvolta (non sempre) ne indica l’autore325. Segue l’acrostico (a volte introdotto da una breve formula) con la relativa interpretazione. Ha quindi inizio lo svolgimento ordinato delle odi, nella successione di irmo e tropari di cui già si è detto, per cui il commento di Gregorio rappresenta un importante testimone di tradizione indiretta326. Ogni strofe è seguita dalla pertinente „frazione esegetica“ (Yrmhnea). Essa comprende sempre una parafrasi, che occasionalmente si amplia per lumeggiare le ascendenze letterarie e teologiche del segmento di testo poetico di volta in volta considerato. Fonti privilegiate del commentatore sono le Sacre Scritture, i classici antichi (soprattutto Omero), i Padri greci (prevale san Gre-

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325

326

Vd. supra, n. 292, con riferimento a Porciani 1997, specie pp. 120–121. – Si avvale di questa categoria critica Montana 1995a, pp. lx–lxii, specie alla n. 103, per sottolineare il carattere estemporaneo e digressivo delle caratterizzazioni stilistiche dei singoli inni offerte da Gregorio di Corinto nel suo commento; non le presenta necessariamente all’inizio ma a séguito delle sezioni testuali che di volta in volta ritiene meritevoli di particolare approfondimento critico. Nel commento di Gregorio al canone giambico per la Pentecoste si trova un esempio di „proemio al mezzo“ (aggiuntivo e non sostitutivo rispetto alla delineazione delle caratteristiche del canone espresse nel commento all’irmo della prima ode) in relazione all’irmo dell’ode quinta (Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 40, 7–17). Vd. Kominis 1960a, pp. 93–94; Montana 1989, pp. 37–38. Nel commento al canone giambico pentecostale si pensi a passi come o te kat d namin taÜta didskonte« ka o% skop' ilouw8 manunonte« (Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 84, 2–3). Un veloce esame condotto sugli antichi codd. Vat. gr. 1926 e 2078 (vd. infra, Ronchey, p. 308*) indurrebbe a ritenere costante la presenza delle indicazioni relative a „Cosma monaco“, frequente quella relativa a „Giovanni monaco“ (Damasceno?) per i canoni non giambici, tendenzialmente assente l’ascrizione di paternità in merito ai canoni giambici di quest’ultimo. Vd. Montana 1995a, pp. lviii–lx. Vd. supra, pp. 35*–44*; infra, pp. 83*–103*. Osserva Montana 1995a, p. xlv con n. 38, che „gli autori dei commentari devono essere considerati al tempo stesso editori degli inni“. L’osservazione vale soprattutto per Eustazio, che chiama in causa come nessun altro la tradizione manoscritta. Vd. infra, nn. 331–332 e contesto; la trattazione di cui alle pp. 73*–82*; l’indice De Eustathio testimonio ad hymni textum constituendum (pp. 418–421).

L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale

61*

gorio di Nazianzo)327. Nel commento puntuale, che Gregorio connota come

jghsi«328, si considerano anche caratteristiche di lingua e stile, relative a peculiarità morfologiche o a figure di parola e di discorso, laddove le interpretazioni più propriamente critiche o estetiche sono sporadiche, da ricercarsi preferibilmente verso l’inizio o intorno alla metà dei commenti ai singoli canoni. Perciò è stata avanzata l’ipotesi di una „formazione non sistematica del corpus esegetico di Gregorio“329. Alla conclusione di ciascun commento compare con una certa regolarità la captatio benevolentiae del commentatore, che insiste volentieri sulle proprie limitate forze o sulla propria inadeguatezza, forse in omaggio a un criterio di metrio ros nh330. L’impalcatura esegetica tracciata da Gregorio sarà seguita dai successivi e autorevoli commentatori, Teodoro Prodromo ed Eustazio di Tessalonica, per i quali egli verrà a porsi come bacino collettore e canale di trasmissione di interpretazioni testuali e di problematiche ermeneutiche. Teodoro ed Eustazio seguiranno la sua tecnica di presentazione dei testi, con le strofe inniche alternate alle frazioni esegetiche; analogamente a Gregorio, anche Teodoro sarà da considerare testimone di tradizione indiretta dei testi considerati, laddove soprattutto Eustazio assurgerà a ruolo di vero e proprio „editore“331. Nell’Esegesi di Eustazio l’opera di Gregorio di Corinto è definita con felice perifrasi la „vecchia esegesi“ del „santissimo esegeta“, con un costante seppur non acritico apprezzamento, espresso anche da citazioni dirette, riprese e allusioni332. Il grande erudito e metropolita di Tessalonica sembra avere

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Per struttura e livello stilistico dell’opera di Gregorio di Corinto vd. Montana 1989, pp. 36–46, con sottolineatura della „diligente alternanza di testo ed esposizione“ (p. 36). Vd. anche Id. 1995a, pp. lii–liii. Vd. Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 6, 12–13; anche 8, 3.11; 42, 1. Il termine indica un commento perpetuo e continuo, diversamente da parekbol. Vd. Kambylis 1991b, pp. 17–18; Pontani 2000, p. 41; anche supra, p. 23* e n. 108. – Potrebbero peraltro proporsi altre interpretazioni: conto di intervenire altrove in merito. Così Montana 1995a, pp. lx–lxi con n. 103 (e relativi passi). Significativo al proposito Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 8, 3.7, dove il nesso kat d namin (che compare anche a 84, 2–3) viene opposto binaristicamente per due volte a *pr d namin (8, 8.10). – Sulle „dichiarazioni di modestia“ di Gregorio vd. Montana 1989, p. 44 con n. 58. Vd. supra, n. 326 con il suo contesto e i suoi rimandi. Sul rapporto tra i due commentatori vd. le osservazioni di Montana 1995a, pp. lvi–lviii, con sottolineatura della „stima rispettosa“ di Eustazio verso il predecessore. Si segnalano al proposito cinque espressi riferimenti di Eustazio a Gregorio e al suo commento, evidenziati anche nell’apparato F alla presente edizione: – Acrost. 53–54 = Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 4, 11; – 107, 9–11 = Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 32, 16 – 34, 3 (è qui il riferimento di Eustazio al „santissimo esegeta“); – 196, 8–11 = Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 74, 7.11; – 223, 10–11 = Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 80, 9–10 (con citazione letterale);

62*

Prolegomena

scorto nell’esegesi di Gregorio un’affidabile guida a un trattamento di base del difficile testo innologico, quasi una „mappa di primo orientamento“ nel difficile terreno testuale (graikn ödao«, 108, 20) che andava a investigare. Da considerare inoltre che Eustazio, con la sua interpretazione, si configura anche come portatore di tradizione indiretta del testo di Gregorio333. – Sarebbe comunque improprio limitare la fruizione eustaziana del commento gregoriano al solo commento all’inno pentecostale, in una sorta di corpoa-corpo ravvicinato. Di particolare interesse al proposito è il passo di Exeg. 10, 1–2 dove Eustazio prospetta la balbuzie di Mosè come effetto di una bruciatura causata da carboni ardenti, riprendendo una leggenda (ebraica?) testimoniata da Gregorio di Corinto in altro commento, volto all’interpretazione di un canone di Cosma. E non è l’unico caso334. Diverso, e spesso corrosivo, fu invece il giudizio di Teodoro Prodromo verso Gregorio335; eppure i corpora di commento innologico di questi due autori, nel corso del tempo, ebbero anche la ventura di fondersi in unum336. Per il pubblico fruitore delle esegesi quando istituzioni come la Scuola Patriarcale del XII secolo non esistevano più, la paternità intellettuale dei commenti sembrerebbe esser stata meno importante della loro agevole disponibilità e completezza337.

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– 228, 6–8 = Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 80, 3.10 (è qui il riferimento di Eustazio alla „vecchia esegesi“). Queste sono solo le occasioni esplicite. Altre sono più velate, ma anche quando discordanti (vd. già supra, n. 239 e contesto) evitano la polemica diretta (vd. anche Montana 1995a, p. lviii con nn. 94 e 95), diversamente da Teodoro Prodromo (vd. infra, p. 65* con n. 349). Per la trattazione del rapporto tra Eustazio e Gregorio in merito al canone giambico pentecostale vd. più distesamente infra, pp. 172*–186*. – Segnalo inoltre che Negri 1993, nel suo „confronto“ tra Eustazio e Gregorio, non considera l’orizzonte dei commenti innologici. Significativo al proposito l’inserimento di passi della Esegesi eustaziana negli apparati di commento alla interpretazione del medesimo canone data da Gregorio Pardo: Montana 1995a, pp. xlvii – xlviii. – Per altro verso, nel codice Alex. Patr. 62 (107), testimone prezioso della nostra Esegesi, troviamo ampi brani del commento di Gregorio vergati in margine al commento di Eustazio, con ogni probabilità a mo’ di „sunto“ per scopi didattici. Vd. infra, Ronchey, pp. 201*–204*, con n. 99. Il riferimento, esplicitato nell’apparato F ad loc., è Greg. Cor. Comm. in Cosm. Hier. Hymn. in Pent., cod. Vat. gr. 2078, f. 126rv. Possibili parallelismi dalle tradizioni ebraiche segnalati in Ronchey 1985, apparato a p. 260, 3–4. Ulteriori casi in cui Eustazio cita o impiega altri commenti innologici di Gregorio, registrati nell’apparato F della presente edizione, sono raccolti nell’Index locorum laudatorum, pp. 468–469. Kominis 1960a, pp. 33–35, p. 112; Demetracopoulos 1979, pp. 152–153; Montana 1995a, pp. lv–lvi. Per la successiva contaminazione tradizionale tra le esegesi di Gregorio e quelle di Teodoro vd. infra, nn. 340–341, 344 e contesti, nonché infra, Ronchey, pp. 307*–308*. Vd. Montana 1995a, pp. xiii–xviii, specie pp. xvii–xviii. – Per ulteriori precisazioni in merito vd. Mavrommatides 1998. Vd. infra, n. 533, per una ipotesi di contestualizzazione culturale della questione relativa alla paternità non dei commenti ma dei canoni, specie giambici.

L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale

63*

Il corpus dei commenti innologici di Gregorio non sembra destinato a una rapida pubblicazione organica338, anche per la mole e la complessità della tradizione manoscritta.

II.1.c.3 Teodoro Prodromo Cruciale è il ruolo di Teodoro Prodromo nella tradizione di esegesi innologica bizantina, tanto che in prosieguo di tempo lo si definì tn %ern kannvn prto« sa hnist«339, volendo con ogni evidenza sottolineare non una sua precedenza cronologica ma un suo primato stilistico e concettuale, testimoniato anche dalla copiosa tradizione manoscritta del suo corpus esegetico340, che assorbì progressivamente in sé, come appena detto, anche parte della tradizione di Gregorio Pardo, causandole numerose perturbazioni e velando l’identità e l’anteriorità del suo autore a favore del più rinomato Teodoro341. In effetti il prestigio di quest’ultimo (vissuto ca. 1100–1170), poligrafo eccellente e retore di corte342, era tale che presentare sotto la sua egida almeno alcuni degli scarni commenti di Gregorio poteva accrescere il valore del corpus esegetico, e soprattutto conferirgli completezza. Difatti Teodoro non aveva commentato, per ragioni non dichiarate343, sei dei ventitre componi-

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341 342

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Oltre mezzo secolo fa Kominis 1960a, p. 94, n. 5 prometteva la pubblicazione del corpus di Gregorio. Vd. anche Id. 1960b. Più di trenta anni fa, affine auspicio fu formulato da Demetracopoulos 1979, p. 149. Montana 1995a, p. xii, non accenna a progetti di edizione integrale. Così Nic. Blemm. 1 Or. Proc. S. Spir. 10 (PG 142, 541CD). Vd. al proposito Pitra 1888, p. viii. Tale tradizione si presenta ardua a decifrarsi e una moderna edizione critica, completa, dell’opera esegetica di Teodoro è un desideratum: vd. in proposito Browning 1981, p. 61 e soprattutto Mavrommatides 1998, p. 111, che desta aspettative in merito. A oggi ci si basa ancora sulla vecchia edizione Stevenson 1888, contenente il proemio generale, il commento ai primi 5 dei 17 canoni commentati da Teodoro, e una porzione del commento a un sesto canone. Detta edizione si fondava sul codice Angel. B.5.11 con il conforto di altri codices Romani (vd. Stevenson 1888, pp. xxvi–xxvii), in tutto tredici. Mancava qualsiasi apparato. Vd. anche infra, Ronchey, p. 308*. Vd. Browning 1981, p. 61; vd. supra, nn. 335–336; infra, n. 344. Per un quadro della vita e della produzione letteraria di Teodoro Prodromo in base a criteri scientifici vd. Hörandner 1974 (nell’ampia Einleitung le pp. 44–45 vertono sul commento ai canoni, di cui lo studioso sottolinea anche l’influsso su Nikodemos Hagioreites); poi Kazhdan 1984c. Montana 1995a, pp. xxvi–xxvii con n. 28, suggerisce una formazione non sistematica del corpus esegetico prodromico: l’esclusione del canone giambico pentecostale potrebbe dunque esser stata dovuta a ragioni puramente contingenti. – Nel suo commento ai canoni Nikodemos Hagioreites 1836, p. 554, si duole di non poter avvalersi dell’opera di Teodoro Prodromo per spiegare il nostro canone giambico pentecostale, cui peraltro dedica un’ampia analisi (pp. 553–584), le cui fonti (ivi inclusi escerti eustaziani probabilmente letti attraverso l’Allacci) e le cui reticenze (vd. infra, n. 500 e contesto) meriterebbero una analisi dedicata.

64*

Prolegomena

menti studiati da Gregorio (fra essi anche il canone giambico pentecostale oggetto dell’attenzione di Eustazio), ovvero, per rifarci alla precedente tabella: – – – – – –

6 (Teofane/Giovanni In Annuntiationem Deiparae); 15 (Giovanni In Sanctum Antipascha); 16 (Giovanni In Assumptionem Domini), 18 (Giovanni In Pentecostem, giambico); 21 (Cosma In Dormitionem Deiparae); 22 (Giovanni In Dormitionem Deiparae).

Nel corso del tempo si affermò dunque la tendenza a presentare un corpus esegetico „misto“, posto intenzionalmente sotto la paternità di Teodoro Prodromo, anche se almeno i testi dei sei canoni non commentati da Teodoro erano invece attinti alla tradizione di Gregorio344. I commenti originali di Teodoro si riferiscono pertanto a diciassette componimenti in tutto, dei quali ben tredici da ricondursi a Cosma345. Si delinea in tal modo una sorta di criterio evolutivo della tradizione esegetica innologica, per cui „Nel passaggio da un esegeta al successivo si assottiglia il numero degli inni commentati (ventitré da Gregorio, diciassette da Teodoro, il solo pentecostale di Giovanni da Eustazio), crescono però in via inversamente proporzionale le dimensioni e la qualità delle esegesi, poco più che scolî quelle del primo, veri e propri commentari teologici e grammaticali quelle del secondo, vasto trattato filologicoletterario e insieme teologico l’esegesi del terzo“346. Diversamente da quella di Gregorio Pardo, l’opera di Teodoro Prodromo si presenta provvista sia di un titolo unitario sia di un proemio generale, nel quale Teodoro esplicita anche il committente dell’opera, che la ricerca preferisce scorgere nell’orphanotrophos Alessio Aristeno347. Potrebbe trattarsi di un elemento 344

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346 347

Montana 1995a, p. xvii–xviii, a fronte del cod. Par. Coisl. 219 (XIII sec.), pone l’inizio della contaminazione tra i due filoni tradizionali nel XIII secolo, e dunque in collegamento con l’interruzione della continuità culturale costantinopolitana per cui vd. supra, nn. 61, 109 e contesti. – Cenni in merito alla contaminazione anche in Ronchey 1991, pp. 153, 155. Ulteriori elementi in Mavrommatides 1998. Nello stesso titolo dell’opera è il nome di Cosma a comparire per primo, vd. Theod. Prodr. Comm. Hymn., prooem. 1, 5. – Privo di indicazione d’autore nel cod. Angel. B.5.11, f. 139r è il titolo per il canone del Sabato Santo, la cui prima parte (odi 1–5) è ricondotta a Marco d’Otranto – vd. supra, n. 320; infra, pp. 161*–162*. Montana 1995a, pp. lii–liii. Vd. Theod. Prodr. Comm. Hymn., prooem. 1, 7–8: il titolo porta invero una dedica a Costantino di Nicomedia accettata ad litteram da Kazhdan 1984c, p. 94, per cui si tratterebbe del metropolita di Nicomedia, „known from seals and documents“. In Fedalto 1988, I, p. 95, questi

L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale

65*

utile ai fini della datazione dell’opera, che risulterebbe composta entro il 1157, data in cui Alessio dovette abbandonare i suoi impieghi secolari, tra cui quello di orphanotrophos348. A distinguere ulteriormente Teodoro dal predecessore Gregorio, va segnalata anche la costante ricerca di innalzamento stilistico rispetto alla „prosa di servizio“ praticata da quest’ultimo, come dimostra il proemio generale all’intera opera. Gregorio non è mai menzionato esplicitamente da Teodoro, ma è stato agevole per la critica cogliere nelle parole del poligrafo costantinopolitano elementi di rivalità e anche di irrisione nei confronti del predecessore349. Eppure, come osserva Fausto Montana, le interpretazioni di Gregorio „che Teodoro accoglie appaiono in realtà di gran lunga superiori per numero a quelle che egli tanto platealmente rigetta“350. Teodoro contesta Gregorio anche nell’ordine di successione degli inni, dando inizio alla sua jghsi«351 con l’inno di Cosma per l’Esaltazione della Croce (14 settembre) che invece, nel corpus di Gregorio, concludeva la sequenza (nº 23 della tabella)352. Al proposito, Teodoro afferma con decisione di voler seguire la successione delle feste nel corso dell’anno, e a Bisanzio l’anno sia civile sia liturgico aveva inizio a settembre353. La critica ha scorto in una forte connotazione individualizzata il tratto che caratterizza l’opera letteraria di Teodoro Prodromo354; appare coerente che proprio lui sia stato il primo esegeta a sottolineare l’individualità specifica, il

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occupò la sede tra 1094–1095 e 1136. – In Kominis 1960a, alle pp. 113–114 con n. 1, alla luce di riferimenti alla tradizione manoscritta, l’opera viene invece ricondotta ad Alessio Aristeno, influente canonista, per cui vd. anche Kazhdan 1984c, pp. 95–96; ODB I, p. 169, s.v. „Aristenos, Alexios“ (A. Kazhdan). Ancora Alessio Aristeno è presentato come destinatario del commento in Darrouzès 1970b, p. 53 con n. 39; alle pp. 53–57, una ricostruzione la carriera del canonista (vd. anche le pp. 175–177). In Hörandner 1974, pp. 466–468, presentazione della carriera di Alessio Aristeno, scorto come destinatario del commento innologico di Teodoro Prodromo (p. 466), il quale gli dedicò quattro componimenti poetici (ivi, pp. 460–466, con introduzione ed edizione critica). Per una contestualizzazione della figura di Alessio Aristeno nel periodo di Manuele I Comneno vd. Magdalino 1993, specie pp. 307–308. Vd. Grumel – Darrouzès 1989, n° 1048 (p. 505). Kominis 1960a, p. 112; Demetracopoulos 1979, pp. 152–153. Montana 1995a, p. lvi. L’impiego di questo termine è comune a Theod. Prodr. Comm. Hymn., prooem. 1, 3.12; 2, 17, al. e a Gregorio, vd. supra, n. 328 e contesto. Vd. infra, n. 542 e contesto in relazione a Eustazio; anche infra, Ronchey, p. 299*. Notevole ancorché tendenzioso esame del commento di Teodoro all’inno in questione da parte di Kazhdan 1990 (vd. supra, n. 248). Vd. Theod. Prodr. Comm. Hymn., prooem. 2, 15–20. Kazhdan 1984c, p. 112: „his own personality, his own attitudes, aspirations and emotions, constantly intrude into all that he writes (…) Prodromus rejected the anonymity, the generality, the universality of early Byzantine literature“.

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proprium letterario dell’uno e dell’altro mel8d«355. Non si tratta solo dell’attribuzione di paternità letteraria nei titoli dei singoli componimenti, che in Gregorio era sporadica356, mentre in Teodoro è costante: ecco invece vere e proprie connotazioni espressive, con Cosma „leone ruggente“ (3, 4–14), versato in teologia (pol« t ueÖa, 57, 30–31), asseverativo ed elevato (58, 7), virile e vigoroso (98, 23), distinto da un „Giovanni Damasceno“357 caratterizzato invece in termini di dolcezza musicale (57, 32 – 58, 12), con elementi persino femminei (98, 23–25). Nell’articolazione del commento ai singoli inni Teodoro riprende il modello di Gregorio e al contempo lo innova. Anch’egli alterna, per ciascun componimento, il testo innografico del melodo (della cui tradizione è anch’egli portatore358) alle sue frazioni esegetiche, ma dopo il titolo di ciascun canone e prima del relativo acrostico egli introduce un proemio particolare, che propone la specifica chiave interpretativa del testo di volta in volta commentato. È questa un’ulteriore ricerca di individualizzazione e di approfondimento, che incide sulla struttura di ogni singolo commento (ben diversa dagli occasionali „proemi al mezzo“ del predecessore). Come già detto, mentre il numero degli inni commentati si riduce, l’analisi si affina. Il proemio generale di Teodoro dichiara un intento di dias hsi« dei passi di ardua comprensione (2, 25–26), sicché le singole frazioni esegetiche insistono sullo schema logico di pora-l si«. Gli aspetti linguistici, grammaticali e retorici degli inni sono negletti a favore di una prevalente connotazione logico-filosofica; del resto nel titolo l’autore è presentato quale ilso o« (1, 2). Se ciò sia compatibile con la sua postulata attività di insegnamento presso la Scuola Patriarcale di Costantinopoli tra il 1143 e il 1147 resta da dimostrare appieno, anche alla luce dell’eventuale committenza dell’orphanotrophos Alessio Aristeno359. La lezione critica di Teodoro fu ben nota a Eusta355

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Non casualmente, è legato proprio a temi attributivi il già accennato (n. 345) passo in cui Teodoro sottrae a Marco d’Otranto la paternità delle odi 1–5 del canone In Magnum Sabbatum per ascriverla a Cassia: vd. infra, pp. 161*–162*. Vd. supra, n. 325 e contesto. Teodoro fa qui espressamente il nome del Damasceno: non si tratta di un generico Giovanni „monaco“ e neanche di un Giovanni „melodo“: vd. supra, n. 320, infra, n. 438, con i loro contesti. Vd. supra, n. 326 e contesto, per la connotazione editoriale dei commentatori degli inni. Nella lignée Gregorio – Teodoro – Eustazio, il meno „editore“ è proprio il secondo. Per Teodoro Prodromo e la Scuola Patriarcale vd. Browning 1963, pp. 22–23, con attenzione per la scuola dei SS. Pietro e Paolo n t' r anotro e8, sulla quale vd. Id. 1962, pp. 174–177 nonché Magdalino 1993, p. 330, che insiste sulla sua connotazione grammaticale. – Dubbi in merito a Teodoro Prodromo docente sono stati espressi da Hörandner 1974, pp. 27–28. Nella „rivalutazione“ di Teodoro Prodromo offerta da Kazhdan 1984c non trovo cenni in merito.

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zio, che nel proemio della nostra Esegesi non si limita a menzionarne l’opera di commento360 ma con ricercati effetti stilistici recepisce l’innalzamento di registro operato da Teodoro nel genere del commento innologico, e gli risponde, tanto che l’incipit proemiastico eustaziano è esemplato, con ulteriori effetti allusivi, sul modello di quello di Teodoro361. Peraltro l’esclusione del canone giambico pentecostale dal corpus degli inni commentati da Teodoro sembra essere il pretesto per alcune gustose ancorché indirette pointes critiche eustaziane, da ricondursi al vivace contenzioso letterario del XII secolo362.

II.1.d Commenti perduti e anonimi Nell’Esegesi di Eustazio si incontra almeno un passo, attinente a questioni ecdotiche legate alla comprensione puntuale del testo (II tropario dell’ode VII, vv. 93–94), in cui l’Autore sembra chiamare in causa non solo manoscritti (171, 13 kat tina tn ntigr vn) ma anche interpretazioni (apparato M a 171, 15–19: kat tina«) che non sono però leggibili nel precedente commento al canone giambico a opera di Gregorio Pardo, e neppure in altre fonti a noi disponibili363: è qui possibile che possa trattarsi di riferimenti a commenti per noi perduti. Anche altri passi implicano una consimile compresenza di problematiche legate sia alla tradizione del testo sia alla sua interpretazione, per es. in riferimento a jelhl uei (v. 54, commento in 131, 6–14), laddove concerne la sola sfera ermeneutica l’asserzione proemiastica di Eustazio (Prooem. 293–294) in merito alle k re« gra « („mende di scrittura“) dell’autore del canone, che gli vengono rimproverate da parte di certi non identificati perergoi – e ciò 360

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Exeg., Prooem. 326–327  odimo« n so oÖ« Uedvro«  Prdromo« … kanna« %ero«

jhghsmeno«: si direbbe un esplicito riecheggiamento del titolo dell’opera (Stevenson 1888, p. 1, 1–8). Theod. Prodr. Comm. Hymn., prooem. 1, 10–15 öoika«, nurvpe toÜ UeoÜ ktl. – Nella nostra Exeg., Prooem. 1–4 5Eoika«, / del w, Än pr! makroÜ diwtribe« ktl. Vd. apparato F ad loc. con le argomentazioni offerte da Ronchey 1991, pp. 153, 155. Anche infra, p. 131*–132*. Tema presente in Criscuolo 1975 e sviluppato con riferimento all’esegesi innologica da Demetracopoulos 1979. Per le pointes eustaziane presenti in Exeg. vd. per es., con apparato F ad loc., Prooem. 9–10; 16–26; 325–327 nonché 226, 9–12 (in merito alla questione di Marco d’Otranto, per cui infra, pp. 161*–162*). – Diverso e più pragmatico l’orientamento critico di Eustazio nei confronti di Gregorio di Corinto, per cui vd. supra, specie n. 332 e contesto. Merita segnalare che di questo tropario ci è giunta, sotto il nome di Niceta di Eraclea (il cui ruolo nella storia della esegesi dei canoni deve essere ancora delucidato, vd. Kominis 1960a, pp. 105–106; Skrekas 2008, I, p. xxii), testimoniata dal cod. 260 della Società Storica ed Etnologica Greca (f. 240r), una interpretazione diversa da quella di Gregorio di Corinto, con la quale il resto dell’esegesi di „Niceta“ viene altrimenti a identificarsi. Ma non vi è nessun punto di contatto con la lettura eustaziana.

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senza fondata ragione, scrive Eustazio. Non sembra trattarsi di Gregorio di Corinto, che è invece generoso nei confronti del testo e del suo autore364. L’esistenza di commenti perduti (forse di un medesimo commento?) appare rafforzata da Exeg. 132, 4–6, in relazione al vocabolo composto (v. 55 ) glvssopyrsmor o« che, a dire di Eustazio, sarebbe stato oggetto di critica da parte di taluni365, che egli definisce e« odn dwon perergoi t grammatik, con notevole sovrapponibilità di paradigma al passo del Proemio appena segnalato. L’esegesi di Gregorio di Corinto in merito è specialmente preziosa, perché in relazione al medesimo vocabolo dell’inno egli aveva scritto che il melodo doveva essere ritenuto o memptwo« (Comm. Hymn. Pent. 40, 13), quasi che anch’egli dunque avesse dovuto difenderlo da una „critica negativa“ che a questo punto può essere antedatata all’epoca di Gregorio. Osservazioni affini sono possibili anche altrove (vd. per es. 251, 1–3) e potrebbero valere per la questione relativa alla paternità del canone366 come pure per l’ignoto interlocutore oggetto della diffusa e polemica trattazione di Eustazio (31, 1 – 50, 33) in merito all’interpretazione del lemma #ro« nel v. 11, di cui si dirà in séguito367. Possiamo quindi pensare che la fortuna del canone – non solo in termini di tradizione manoscritta ma anche di interpretazione (scritta o magari semplicemente orale) – abbia conosciuto anche altri episodi oltre alla qui tratteggiata lignée da Teodosio Grammatico a Eustazio. Del resto alcune „parafrasi anonime“ sono state portate all’attenzione degli studiosi368. È questo un campo della ricerca che potrebbe consentire nuove scoperte369. Eustazio entra in questa complessa tradizione con chiara consapevolezza del commento innografico come specifico genere letterario della „scholarly tradition of Byzantine literature“, in base alla formalizzazione „pionieristica“ di 364

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Montana 1995a, pp. lx–lxi. Vd. infra, pp. 172*–176*. – Per il vero Gregorio considera in più punti i neologismi, le espressioni inconsuete, i vocaboli composti che caratterizzano l’inno, ma sempre volge in lode la sua constatazione: vd. Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 6, 7–8,1; 40, 7–17. Scrive Eustazio jauerizmenon (Exeg. 132, 4), che implica una critica con una pointe beffarda, prossima al „dileggiare“ oltreché al „disprezzare“ (LBG, s.v., p. 526), lungi dal sobrio e tecnico „riprendere“. Per la presenza del verbo jauerzv anche in Prooem. 269 vd. infra, p. 85*, p. 100* con n. 516. Altre occorrenze in Eust. 489, 32; 590, 39 con le osservazioni di van der Valk ad loc.; 1046, 58; 1910, 2 (invero jauwrisi«, dove può prospettarsi il significato di „svalutazione“, „critica negativa“) nonché in Op. 271, 40 (= Exp. Thess., p. 18, 2 Kyriakidis) e soprattutto nella chiusa del Proemio a Pindaro (Op. 61, 56 = Prooem. Pind. § 38, p. 31, 25 Kambylis), che Negri 2000, p. 63 (vd. n. 2 ad loc.) rende con „disprezzare“. Vd. infra, in relazione a Neofito il Recluso, n. 441 con il relativo contesto. Vd. infra, in merito al referente polemico dell’Esegesi, alle pp. 124*–126*. Vd. Montana 1993. Cenni in merito emersi già in Kominis 1960a, pp. 119–122; Demetracopoulos 1979, pp. 152–157. Vd. Browning 1981.

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Gregorio, poi elevata nello stile e individualizzata nei contenuti da parte di Teodoro. Ma infine Eustazio si allontana anche da quest’ultimo, e non solo perché commenta una singola opera anziché un ciclo di componimenti. Ma a che punto della sua carriera di erudito e scrittore egli si confrontò con il canone giambico per la Pentecoste?

II.1.e L’Esegesi di Eustazio e la sua datazione Come le opere di Eustazio sono la migliore fonte per ricostruire la sua vita, così il testo della presente Esegesi è la migliore risorsa per datare l’opera stessa, come già dimostrato più volte dai due coeditori370. Presentazioni autorevoli, anche recenti, della carriera di Eustazio, nonché studi specificamente dedicati alla tradizione di commento agli inni, hanno riferito l’Esegesi agli anni dell’insegnamento eustaziano presso la Scuola Patriarcale di Costantinopoli371, ma è questo un errore. Tanto più che gli elementi utili alla corretta datazione sono pacifici da oltre un secolo372. Poiché la tradizione manoscritta del nostro Autore presenta spesso titolature accurate, che consentono di attribuire specifiche opere a specifici periodi della sua vita373, l’inscriptio dell’Esegesi merita qualche considerazione. Eustazio è definito 4gitato« rxiepskopo« Uessalonkh« nel codice Vaticano, 4gitato« mhtropolth« Uessalonkh« nel codice Alessandrino, coincidente con il manoscritto perduto dell’Escorial374. Indipendentemente dalla questione della „santità“ dell’Autore e dal diverso significato del titolo ecclesiastico375, può essere, questo, un indizio di posteriorità della stesura rispetto all’elezione di Eustazio al soglio di Tessalonica. Tale indizio è avvalorato e precisato da due passi del Proemio. Nel primo (Prooem. 147) si legge che Eustazio non fa più parte dell’ordine dei diaconi, 370

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Il presente paragrafo riprende, con ulteriori precisazioni, uno scritto frutto in massima parte di una elaborazione comune fra i due coeditori (Ronchey 1986b, debitamente considerato soprattutto da Schönauer 2006, pp. 7*–8* con n. 8); altri elementi in Ronchey 1985; Cesaretti 1987a; Id. 1988; Ronchey 1991. Vd. per es. Demetracopoulos 1979; Kazhdan 1984a, pp. 121–123; con qualche sfumatura anche Metzler 2006a, p. 4* con n. 9. Vd. per es. Kuhn 1889; Krumbacher 1897, p. 539; Cohn 1907, col. 1488. Cfr. l’intestazione dell’Introduzione a Pindaro (Op. 53, 31 = Prooem. Pind., tit., p. 5 Kambylis) che ascrive l’opera all’Autore öti n diaknoi« nto«, per cui vd. l’ipotesi di Schönauer 2000 (supra, p. 24* e n. 121). In Wirth 1972, riflessioni su una „edizione autorizzata“ delle opere di Eustazio, per la quale vd. infra, Ronchey, pp. 228*–229*, 263*–265*. Per questi temi vd. infra, Ronchey, pp. 265*–266*, pp. 281*–282*. Vd. supra, pp. 14*–17*.

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è logico perciò evincerne che il suo rango gerarchico sia superiore; nel secondo (Prooem. 191–193) Eustazio lamenta la perdita di un suo manoscritto durante l’occupazione „latina“, cioè occidentale, di Tessalonica (agosto-novembre 1185) descritta dall’Autore stesso nell’Espugnazione di Tessalonica (dove è anche menzionata la dispersione del suo patrimonio librario376). Eustazio ricorda non solo l’occupazione straniera della sua sede ecclesiastica, ma anche la sua liberazione (Prooem. 193, pr!« toÜ leyuervtoÜ t' nti UeoÜ lwlymai), che cadde, come sappiamo, nel novembre 1185. È questa la data da porsi dunque come primo terminus ante quem non. Sappiamo del pari che la stesura dell’Espugnazione impegnò Eustazio almeno sino al febbraio 1186, se non oltre377, e appare improbabile che in un così breve periodo egli potesse attendere anche all’ingente commento all’inno pentecostale. Tanto più che il testo dell’Esegesi offre al riguardo uno spunto significativo, che consente di precisare ulteriormente la datazione. L’Autore segnala difatti (89, 13–14) di essere impegnato nella stesura „nel corso di una limpida giornata d’estate“. La prima estate cui riferire questa osservazione è di necessità quella del 1186378. Nel 1186 la Pentecoste cadde il 1° giugno e forse non è fantasia pensare che durante l’ufficio mattutino Eustazio e i suoi fedeli possano aver cantato (Prooem. 8) l’inno oggetto del commento. L’insistenza dell’Autore su un „oggi“ (smeron, Prooem. 6.8.27.38) in cui l’amico e committente379 gli avrebbe avanzato la richiesta di comporre il commento, se interpretata ad litteram, potrebbe riferirsi alla Pentecoste del 1186 e a ogni successiva Pentecoste, sino alla morte dell’Autore; ma il fatto che contestualmente alla richiesta Eustazio presenti all’amico il „prodotto finito“, in una vasta gamma di atteggiamenti interiori ed emotivi (Prooem. 38–41; 255, 15–17), segnala la presenza anche di un elemento di finzione, che sottolinea l’eterno presente della festa380. 376

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Vd. supra, p. 13*, p. 28*, n. 160 e contesto; infra, pp. 154*–156*. Il defectus memoriae espresso da Eustazio in merito al contenuto del libro perduto sembra implicare che non poco tempo sia trascorso dallo svolgimento dei fatti, ma potrebbe anche trattarsi di una forma di prudenza, vd. infra, n. 811 e contesto. Cohn 1907, col. 1488, ipotizza il febbraio 1186. Anche Kyriakidis 1961, p. xxxi e p. xxxiv. Odorico 2005, p. 28, e Schönauer 2006, p. 16*, si riferiscono più genericamente al 1186. Sembra persino capzioso postulare che Eustazio possa avere intrapreso il lavoro anteriormente all’occupazione normanna, e che solo dopo abbia apposto il proemio con la menzione dei fatti posteriori alla liberazione del novembre 1185. A parte la n. 376 supra, vd. anche infra l’osservazione relativa a Venezia, nn. 381–383 e contesto. Per la questione della committenza vd. più specificamente infra, pp. 117*–127*. Vd. anche Skrekas 2008, I, p. xcviii; II, p. 139. – Sul tema della festa come „eterno presente“ attraverso la storia delle religioni rimando agli studi sull’antropologia del sacro di Julien Ries, vd. per es. Ries 1989, pp. 56–57 (R. Boyer, „L’esperienza del sacro“). Vd. anche le osservazioni di Krueger 2005, p. 298, sul tema del „presente liturgico“ in Romano il Melodo.

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Attenendosi comunque alla pura lettera del testo, la prima Pentecoste cui riferire il completamento dell’opera risulta quella dell’anno 1187, posteriore alla liberazione di Tessalonica e comprendente una estate (a partire da quella del 1186) dedicata alla stesura del commento. A seguire, tutte le successive ricorrenze della festa dello Spirito Santo, sino alla morte dell’Autore. A precisare – e in parte a corroborare – questa ipotesi vale l’elogio della costituzione mista di Venezia presente in 210, 13–20. Risale difatti al febbraio 1187 la ripresa di regolari rapporti diplomatici tra Bisanzio e Venezia381 dopo le misure antiveneziane di Manuele I Comneno nel 1171382; sarebbe stato pericoloso o improvvido celebrare Venezia prima di allora, sicché la prima estate evocata nel testo e utile ai fine della datazione potrebbe essere, ancora, quella del 1187383. Va aggiunto che nel febbraio 1192 vennero rinnovati importanti rapporti commerciali con un’altra repubblica marinara italiana, cioè Pisa384, di cui è pure menzione nell’Esegesi, in rilevante sede proemiale (Prooem. 131–136). Il contesto però è in quel caso scoptico, non elogiativo, sicché l’interpretazione del passo non va forzata385. Per un’ulteriore approssimazione potrebbero eliminarsi le ricorrenze di Pentecoste cadute durante il cosiddetto e dibattuto „esilio“ di Eustazio (1191–1193?)386, se non altro perché i riferimenti a Tessalonica presenti nel proemio (Prooem. 96–102; 190–193) appaiono più che sufficienti a localizzare in quella sede la stesura dell’opera, che, come si dimostrerà in séguito, non fu cosa leggera. Sembra semmai da valorizzare la testimonianza del perduto codice Scor. L.II.11, il cui ordinamento potrebbe esser stato concepito su base cronologica – e l’ultimo scritto eustaziano presente nel codice era proprio la nostra Esegesi 387. A voler enfatizzare al massimo questo elemento conoscitivo, la prima Pentecoste utile per il completamento del testo sarebbe quella del 1194, tanto più che confortano in tal senso talune tangenze con il testo di

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Dölger – Wirth 1995, ni 1577–1578, pp. 292–294. Vd. anche Pozza – Ravegnani 1993, pp. 77–99. Dölger – Wirth 1995, ni 1500–1501, p. 260. Elemento, questo, già sottolineato in Cesaretti 1988, p. 226. Dölger – Wirth 1995, n° 1607, pp. 306–308. Analisi del passo infra, pp. 164*–167*. Vd. supra, pp. 13*–14* e n. 58. Vd. gli elementi di datazione presenti nei brani 8 e 14 della lista di Darrouzès 1963b, p. 233 (= brani 9 e 15 in de Andrés 1968, p. 258), con le considerazioni ivi avanzate a p. 234. Ma soprattutto vd. infra, Ronchey, pp. 253*–272*.

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7 Or. Quadr., del febbraio 1194388: quasi allo scadere della vita di Eustazio, di cui questa Esegesi potrebbe considerarsi, in assoluto, l’ultima opera (con quel che ne consegue in merito alla interpretazione edificante della chiusa, e non solo)389. Il commento al canone giambico pentecostale resta comunque l’ultima interpretazione di un testo letterario che il grande studioso bizantino di Omero concepì, intraprese e completò nella sua estrema età, definendosi egli (Prooem. 261) gwrvn nurvpo« « bau oltreché facendo riferimento, come già detto (p. 8*), alle „facoltà vitali di un ottantenne“ (Exeg. 72, 15). La stesura del testo appare databile nell’arco temporale di quasi un decennio, tra l’estate 1186 – ancor meglio dopo la ripresa di rapporti diplomatici tra Bisanzio e Venezia (febbraio 1187) – e la morte dell’Autore, escludendo il periodo dell’allontanamento del metropolita dal suo seggio in Tessalonica390. Numerosi elementi inducono a datare l’opera intorno alla metà dell’ultimo decennio del XII secolo.

II.2 Il canone giambico pentecostale nell’Esegesi di Eustazio Si è già detto che Gregorio Pardo e Teodoro Prodromo furono in qualche modo ‚editori‘ dei testi innografici che commentarono391, ma è la presente Esegesi eustaziana, ed essa sola, a dover considerarsi la prima edizione critica concepita e commentata secondo costanti criteri filologico-ermeneutici di un testo bizantino. Grazie a questo testo Eustazio consegue nella storia della filologia bizantina un primato affine a quello che le parekbola gli concedono nel campo degli studi omerici.

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Per la datazione di 7 Or. Quadr. vd. Schönauer 2006, pp. 75*–76*. – Tra le corrispondenze segnalate nell’apparato F della presente edizione (vd. ora p. 464 dell’Index locorum laudatorum) indico per es. quelle relative a Exeg. 102, 7; 110, 6; 156, 7, quasi che il calamo dell’Autore insistesse su spunti che nel periodo gli erano graditi. Il tema può meritare analisi ulteriore. Vd. per es. infra, Ronchey, pp. 262*–263*, le implicazioni relative all’identificazione di una „ottava“ e di una „nona“ orazione quaresimale eustaziana; alle loro datazioni; al loro rapporto con la nostra Esegesi. Per il probabile rapporto di quasi contiguità del perduto cod. Scor. L.II.11 agli ultimi anni di Eustazio vd. de Andrés 1968, p. 258; Darrouzès 1963b; Schönauer 2006, pp. 27*–28*; e soprattutto, con rapporto alla trasmissione del nostro testo, infra, Ronchey, pp. 268*–269*. Vd. supra, nn. 326, 332 e contesti.

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II.2.a Eustazio editore del testo Nell’Esegesi si incontrano due volti diversi e complementari di Eustazio editore di testi letterari. Da un lato, essa evidenzia il suo rapporto con la tradizione manoscritta, ovverosia ciò che potremmo definire la sua attività di collatio e di recensio alla ricerca della lezione che gli appare più confacente. Dall’altro, essa documenta il suo processo interno di rappresentazione del testo, in base al quale egli ne valuta il dettato, lo soppesa a livello intratestuale confrontando affinità lessicali e semantiche, ne indica intertestualmente le fonti, giungendo anche a proporre lezioni alternative al testo tràdito, con emendationes originali per singoli vocaboli, nessi o interi versi.

II.2.a.1 La tradizione manoscritta e i suoi problemi La tradizione manoscritta costituisce un cruccio costante per Eustazio in quanto editore del testo. Già al termine del commento all’acrostico392 l’Autore segnala (Acrost. 63–65) che, „come apparirà in séguito“, 0« n toÖ« j «

aneÖtai393, il canone in alcuni passi si presenta „scorretto“, plhmmel« öxei, a causa di „errori da lungo tempo invalsi nei manoscritti“ (t! tn ntigr vn k makroÜ marton)394: egli salvaguarda così l’autore dell’inno da qualsiasi sospetto di scorrettezza, sottolineandone le peculiarità e anche gli artifici ( pithde sei«, Prooem. 292–293), ma assolvendolo dall’accusa di presentare „mende di scrittura“, k re« gra « (Prooem. 294)395, come invece fanno altri, innominati e non identificati esegeti396. Più che una coincidenza tra Eustazio e Gregorio Pardo397, è una testimonianza in merito alla compenetrazione, tipica del metropolita di Tessalonica, tra momento ecdotico e momento critico398. 392

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E dunque prima della vera e propria esegesi del canone? O invece già al suo interno? Vd. infra, n. 543 e contesto. Lecito domandarsi se questo sia indizio, oltreché di accurato controllo del testo (con tessitura dei riferimenti interni), anche di una possibile posteriorità nei tempi di stesura. Vd. inoltre infra, pp. 113*–117*, specie le nn. 587–588. Per il termine marto« in Eustazio vd. Valk 1971, p. cxxvii; Id. 1976, p. lxxxi; Eust. 1365,40 e Valk ad loc. Cfr. Op. 54, 65 (Prooem. Pind. § 4, p. 8, 14 Kambylis) 4martmata gra «. Anche in questo caso Eustazio tende a valorizzare come „peculiarità“ della scrittura pindarica le apparenti anomalie del testo. Vd. supra, pp. 67*–68* con n. 363. Vd. Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 6, 7 – 8, 1. Tale compenetrazione, cui si è già accennato supra, p. 4*, sarà nuovamente evocata infra, in relazione alla paternità del canone giambico commentato da Eustazio, p. 83* con n. 431.

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Prolegomena

L’enunciazione eustaziana in merito a t! tn ntigr vn k makroÜ

marton segnala fin dall’inizio, e benché il contesto di stesura dell’Esegesi fosse, come si è detto, quello „arretrato“ di Tessalonica, che egli considerò non un singolo manoscritto recante il testo del canone, ma una loro pluralità: del resto era già accaduto per il commento a Omero, che però era stato da lui redatto nella sua massima parte con il conforto delle biblioteche costantinopolitane399. E ancora: oltre che alla „tradizione diretta“ del canone egli accedeva anche alla sua tradizione indiretta sia attraverso le possibili altre esegesi cui allude400, sia grazie al commento di Gregorio Pardo, con cui si pone in costante confronto, tanto che in almeno due casi (v. 113 1ka« / 1ke« e v. 127

n dn3si / ndnoisi) il suo esame del commento del predecessore esegetico investe varianti testuali relative al canone401. Nel presente volume, l’indice De Eustathio testimonio ad hymni textum constituendum offre una rassegna completa delle varianti testuali a vario titolo esaminate nel complesso dell’Esegesi. Basta qui osservare che la tradizione manoscritta viene chiamata per la prima volta in causa per i vv. 28 e 29 dell’inno (tropario 2 della ode III). Le lezioni prodotte da Eustazio in riferimento sia al v. 28, patrik « joysa«, sia al v. 29, sym y ryktvran, coincidono con quelle corrispondenti di Gregorio Pardo (Comm. Hymn. Pent. 26, 4–5), ma a 87, 7–13 il metropolita tessalonicese osserva che esistono altre lezioni tràdite, ovvero rispettivamente patrikn joysan e sym yeÖ ryktvr6. Queste alternative testuali, con l’interpretazione che ne risulta, vengono discusse a 92, 29 – 93, 11, come una possibile alternativa, senza però che si giunga a una decisa presa di posizione402. L’irmo dell’ode V (vv. 51–55 dell’inno)403, data la presenza di vocaboli composti e di neologismi, si presenta a Gregorio Pardo come occasione pro399

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A tale proposito, e in riferimento alle parekbola iliadiche, vd. Valk 1971, pp. cxiii–cxv; Id. 1976, pp. xxiii–xxv. Ancora vd. supra, pp. 67*–68*. Vd. supra, n. 332 e 67. Anche infra, pp. 79*–81*. Entrambi i nessi sono testimoniati nella tradizione manoscritta del commento di Gregorio, vd. Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 26, 4–5 con apparato ad loc. Circa l’inizio dell’irmo, v. 51, da notare non solo il loytrion di Eustazio a fronte del lytrion della tradizione manoscritta (Christ – Paranikas 1871; Nauck 1894; vd. anche Skrekas 2008, II, pp. 31, 149–150) e di Gregorio di Corinto (Comm. Hymn. Pent. 40, 2 – testo innico – e 42, 5 per l’interpretazione), ma anche una singolare divaricazione dell’interpretazione eustaziana, che considera il termine alternativamente, ora come sostantivo, il pur raramente attestato t! loytrion (128, 1; 142, 10–12; 151, 7; 175,5), ora invece (127, 11; 129, 1.6.14; 130, 16.26) come aggettivo, implicando dunque una forma /" loytrio«, t! loytrion debitamente registrata con riferimento alla nostra Esegesi nel LBG, s.v., p. 950 (dove compare ibid. anche l’affine, e anch’esso eustaziano, loystik«). Opportuno scorgere qui una neoconiazione eustaziana. Come che sia, il metropolita di Tessalonica collega il suo

L’Esegesi dedicata da Eustazio al canone giambico pentecostale

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pizia per uno dei suoi „proemi al mezzo“. Qui il „santissimo esegeta“ solleva da qualsiasi sospetto di biasimo il melodo, anzi giunge a lodarlo per le soluzioni da lui adottate nonostante la costrizione metrica (Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 40, 7–17). Ma in riferimento al v. 54 jellyue Gregorio non solleva problematica alcuna (Comm. Hymn. Pent. 40, 5 e 42, 6), laddove Eustazio, che pure accetta la lezione, la dibatte nel corso della sua esegesi puntuale (131, 12–24). Con jellyue il verso gli appare difatti scorretto in termini metrici, eppure sanabile (uerapea, 131, 14) attraverso il confronto con Hom. Il. 14, 1 Nwstora d ok ölauen ax – passo per il quale, già nel commento puntuale a Omero (Eust. 936, 47–50 e van der Valk ad loc.), aveva fatto ricorso al criterio della koin syllab404. Alla giustificazione della forma jellyue, che sembra così ricondotta al dettato originale del melodo, Eustazio poi contrappone una grafia del verbo al tempo piuccheperfetto, ovvero jelhl uei, anch’essa per altre ragioni problematica; segnala che non si tratta di sua congettura ma che è lezione testimoniata altrove (τιν$« δ$ %γραχαν jelhl uei, 131, 16). Ignoriamo se, scrivendo così, l’Autore si riferisse a manoscritti della tradizione diretta dell’inno oppure a commentatori innologici di cui sono andati perduti i commenti. Di certo la possibilità del -n efelcistico jellyuen attestata in parafrasi anonime405 e presente nelle edizioni di Nauck e di Christ – Paranikas non è da lui contemplata406. La prima variante significativa per la quale Eustazio si confronta decisamente con la tradizione manoscritta compare intorno alla metà dell’inno, nel commento all’irmo dell’ode VI, v. 66, %lasm!« … ka svthra. Nell’esplicazione puntuale del passo (146, 2–5) il metropolita di Tessalonica segnala che, in luogo della grafia al nominativo da lui prodotta nel testo innico (coincidente con Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 50, 2), „alcuni manoscritti“ (tin d ntgra a, ciò che nuovamente implica il ricorso a una loro pluralità) presentano invece l’accusativo %lasm!n ka svthran. La prima lezione, prth gra  (146, 4–5)407 al nominativo, viene da Eustazio ritenuta preferibile per ragioni di semnth«, in quanto consente di riferire l’uno e l’altro sostantivo al

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loytrion al v. 36 dell’inno, loytrn, con effetti di coerenza interna legati al suo processo di autorappresentazione della genesi del testo (vd. infra, pp. 81*–82* con n. 428, p. 95*, pp. 114*–115*), attento in particolare al vocabolario dell’acqua, per cui vd. infra, pp. 185*–186*. Vd. Valk 1971, pp. cxxxiii–cxxxiv. È artificio frequentemente impiegato dal metropolita, vd. per es. Eust. 12, 19–20; 625, 13; 654, 47–48; 963, 47–50 con le osservazioni di van der Valk ad locc. Montana 1993, p. 73. Sia -ei sia -en nell’apparato critico di Fausto Montana a Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 40, 5. Qui gra  vale „variante manoscritta“, vd. GEL s.v. gra  II 2 d. Nonostante le numerose occorrenze in Eustazio, a partire da Eust. 14,12; 26,19, al., questa accezione del termine non sembra discussa da van der Valk.

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Prolegomena

Cristo. Eustazio dirime dunque una questione filologica in base a una precisa scelta di carattere stilistico che chiama in causa l’intenzione poetica del melodo. Nel tropario 1 dell’ode VI, il v. 75 dell’inno scorre  poy te pant!« yptikn, Pantokrtor, in piena sintonia con Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 52, 6. Lo svolgimento dell’esegesi eustaziana in proposito (150, 10–16) non fa generico riferimento, come nel passo precedente, a un’indistinta pluralità di manoscritti, ma guarda a manoscritti „antichi“, palai ntgra a: si tratta dunque senza dubbio di tradizione diretta legata all’inno, non di mediazione esegetica408. In questi manoscritti antichi, scrive Eustazio, „è stata trovata“ (e7rhtai, 150, 10) la variante  poy renn te yptikn, Pantokrtor. Eustazio collega questa variante al tropario 2 dell’ode V (vv. 61–65; al v. 61 compariva il termine rwna«) con un criterio di rispondenza e coerenza interna: quel precedente tropario avrebbe cioè formulato una enunciazione che questo tropario volge, con una variatio (9meicen, 150, 14–16409), in preghiera. Se infine Eustazio non si pronuncia, è perché l’antichità dei manoscritti testimonianti la variante – antichità da lui percepita come elemento significativo – determina la sua pox critica410. Il testo del tropario 2 dell’ode VI, vv. 76–80, presenta problemi per la cui soluzione Eustazio giunge persino a richiedere illuminazione divina (153, 22). Le questioni specificamente relative alla tradizione manoscritta sono tre, tutte da riferirsi al v. 80, che Eustazio produce come deikn« pyrpno« kauidr ei«. Che la costituzione del testo non fosse pacifica, lo indica già la „vecchia esegesi“ di Gregorio Pardo, dove gli ultimi due vocaboli (Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 54, 6) si leggono pyrpnv« kauidr 3, con forma avverbiale anziché aggettivale e modo verbale congiuntivo anziché indicativo, come poi conferma lo svolgimento puntuale del commento (ivi 54, 10–11). Nella sua interpretazione puntuale ad loc. (153, 18–22) Eustazio sembra alludere a Gregorio quando si domanda se l’aggettivo non sia piuttosto avverbio; trascura invece la differenza nel modo verbale e si concentra sulla persona, domandandosi se anziché della seconda persona (comune al testo suo e di Gregorio) 408

409

410

Che l’espressione palai bibla implichi di necessità ingombranti manoscritti in onciale assume Impellizzeri 1975, p. 359, in riferimento a Phot. Bibl. 77 (Eunapio) m oÖn d taÖ«

kdsesin n palaioÖ« net xomen bibloi« (I, pp. 159, 37 – 160, 1 Henry). Vd. anche Cortassa 2006, p. 115. Del resto i manoscritti testimoni della tradizione diretta del canone potevano ben essere codici liturgici, dalle caratteristiche grafiche e codicologiche notoriamente „conservative“. Il paradigma di mebv, moib, non pare presente nelle parekbola. Il solo verbo metamebv è impiegato in Eust. 715, 28: vd. l’osservazione di van der Valk ad loc. Il testo offerto dai più antichi manoscritti testimoni del canone a noi ora noti, i sinaitici MG 5 e MG 91 (vd. supra, pp. 40*–44*), presenta significativa compatibilità con l’informazione data da Eustazio (vd. Skrekas 2008, II, p. 33, apparato al v. 75).

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non possa trattarsi invece della terza, ciò che implica la lezione kauidr ei411. Quindi Eustazio si interroga in merito a un’altra grafia di deikn «: evidentemente ed ex silentio si tratta di - n, neutro come PneÜma, v. 78, soggetto del verbo412. Eustazio sanerà il maschile del v. 80 a 158, 4–7 presupponendo nel melodo un implicito „atticismo“, stante la connotazione di PneÜma come ue«413. Queste tre varianti verrebbero a turbare il senso della strofe, il suo noÜ« svolto (153, 7–15) come önnoia414, poi sintetizzato a 153, 17–18, dopo essere stato giudicato come „raccolto“ dai manoscritti (ancora una pluralità) in cui l’Autore si è imbattuto, ciò che sembra implicare una qualche limitazione: 0«

k tn parapesntvn ntigr vn :ranismeua noÜn (153, 16–17)415. Ma proprio a proposito di manoscritti, in apertura di commento puntuale al medesimo tropario 2 dell’ode VI, Eustazio aveva scritto (153, 1–4) un brano che merita riprodurre e tradurre: Ejmeua n t' parnti tropar8 perityxeÖn ntigr 8 s lt8; o τ* ποιητικ* α5το %ργα, NS 26 (1931), pp. 385–401; 497–512; 530–538; 610–617; 666–681; 721–736; NS 27 (1932), pp. 28–44; 111–123; 165–177; 216–224; 329–353; 415–422; 450–472; 514–534; 570–585; 644–664; 698–719; NS 28 (1933), pp. 11–25. Eustratiadis 1932 S. Eustratiadis, ΕOρμολγιον, Chennevières-sur-Marne. Eustratiadis 1948 Sofronio di Leontopoli [S. Eustratiadis], Ταμε4ον ΕκκλησιαστικA« Ποι,σε7«, EF 47, pp. 142–160. Gahbauer 1995 F. Gahbauer, Der Osterkanon des Johannes von Damaskos. Text, Übersetzung und Kommentar, SMGBZ 106, pp. 133–174. Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. Gregorio di Corinto, Esegesi al canone giambico per la Pentecoste attribuito a Giovanni Damasceno, Introduzione, edizione critica, traduzione a cura di F. Montana, Pisa 1995: Vd. anche s.v. Montana 1995a. Montana 1995a vd. Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. = Gregorio di Corinto, Esegesi al canone giambico per la Pentecoste, etc.

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334*

Prolegomena

Bern. Marag. Ann. Pis. Bernardus Marago, Annales Pisani, a c. di M. Lupo Gentile = Gli Annales Pisani di Bernardo Maragone, Bologna (RIS 6, 2). Vd. anche s.v. Lupo Gentile 1930. Max. Conf. Quaest. Maximi Confessoris Quaestiones et dubia, ed. J. H. Declerck, Turnhout 1982 (CCSG 10). Io. Merc. Vit. Io. Dam. Ioannes Mercouropoulos, Βο« κα> πολιτεα τ?ν σ7ν κα> υεοφρ7ν πατωρ7ν Uμ?ν κα> α5ταδωλφ7ν κα> μελισσ?ν τA« το Υεο .κκλησα« Ι7 ννοψ το Δαμασκηνο κα> Κοσμ», in Αν λεκτα OεροσολψμιτικA« σταξψολογα«, ed. A. Papadopoulos-Kerameus, IV, St. Petersburg 1897 (rist. anast. Bruxelles 1963), pp. 305–350. Moschop. Sched. Manuelis Moschopuli De ratione examinandae orationis libellus, ToÜ so vttoy ka logivttoy Manoyloy toÜ Mosxopo loy Per sxedn, ed. H. Estienne, Lutetiae 1545. Vd. anche s.v. Estienne 1545. Nikolopoulos 1973 P. G. Nikolopoulos, ΑO εK« τ/ν Ι7 ννην Ξρψσστομον .σφαλμων7« ποδιδμεναι .πιστολα, Athenai. Noiret 1889 H. Noiret, Lettres inédites de Michel Apostolis, Paris. Parenti – Velkovska 2000 L’eucologio Barberini gr. 336, a c. di S. Parenti – E. Velkovska, Roma. Pertusi 1979 A. Pertusi, Le profezie sulla presa di Costantinopoli (1204) nel cronista veneziano Marco (c. 1292) e le loro fonti bizantine (Pseudo-Costantino Magno, Pseudo Daniele, Pseudo-Leone il Saggio), SV, N.S. 3, pp. 13–46. Phot. Bibl. Photius, Bibliotheca = Photius, Bibliothèque, éd. par R. Henry, I–VIII, Paris 1959–1977. Psell. Chron. Michele Psello, Imperatori di Bisanzio (Cronografia), ed. S. Impellizzeri, trad. it. S. Ronchey, I–II, Milano 1984 = Michel Psellos, Chronographie ou histoire d’un siècle de Byzance (976–1077), éd. É. Renauld, I–II, Paris 1926–1928. Ps.-Dion. Ar. Div. Nom. Ps.-Dionysius Areopagita, de Divinis Nominibus, ed. B. R. Suchla, Berlin – New York 1990. Ps.-Greg. Cor. Τρπ. Ps.-Gregorius Corinthius, Περ> τρπ7ν, in Rhetores Graeci, ed. Chr.

Fonti

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Walz, VIII, Stuttgartiae – Londinii – Lutetiae 1835 (rist. anast. Osnabruck 1968), pp. 761–778. Ps.-Theodot. Hom. in s. Deip. Theodotus (dub.), Homilia in sanctam Deiparam et in Nativitatem Domini, ed. M. Jugie, Homélies mariales byzantines II, PO 19, pp. 318–335. Ps.-Zon. Lex. Iohannis Zonarae lexicon ex tribus codicibus manuscriptis, ed. J. A. H. Tittmann, I–II, Leipzig 1808 (rist. anast. Amsterdam 1967). Sch. Dion. Thr. Art. Gramm. Scholia in Dionysii Thracis Artem Grammaticam, rec. A. Hilgard, Lipsiae 1901 (GG I 3). Vd. anche s.v. Hilgard 1901. Sch. Marc. in Art. Dion. Scholia Marciana in Artem Dionysianam, in Sch. Dion. Thr. Art. Gramm., pp. 292–442. Io. Scyl. Syn. Hist. Ioannis Scylitzae Synopsis Historiarum, rec. I. Thurn, Berolini et Novi Eboraci 1973 (CFHB 5). Spanos 2010 Codex Lesbiacus Leimonos 11. Annotated Critical Edition of an Unpublished Menaion for June, ed. A. Spanos, Berlin. Swainson 1884 C. A. Swainson, The Greek liturgies: chiefly from original authorities, London. Theoph. Chron. Theophanis Chronographia, ed. C. de Boor, I–II, Lipsiae 1883–1885. Theoph. Cont. Chron. Theophanes Continuatus, Chronicae, ed. I. Bekker, Bonnae 1838 (CSHB 43). Tim. Timarione, ed. R. Romano, Napoli 1974. Io. Tz. All. Il. Tzetzae Allegoriae Iliadis. Accedunt Pselli Allegoriae quarum una inedita, cur. Jo. Fr. Boissonade, Parisiis 1851 (= Anecdota greca, ed. P. Matranga, I, Romae 1850). Io. Tz. Exeg. Il. Ioannes Tzetzes, Exegesis Iliadis, ed. G. Hermann, Lipsiae 1832. Viteau 1897 Passions des saints Écatérine et Pierre d’Alexandrie, Barbara et Anysia, éd. J. Viteau, Paris. Westerink 1968 Vd. s.v. Areth. Caes. Ξοιρ., etc.

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Prolegomena

III. REFERENCE WORKS Beck 1959 H.-G. Beck, Kirche und theologische Literatur im byzantinischen Reich, München 1959 (BHRHAW II 1). Browning 1969 R. Browning, Medieval and Modern Greek, London 1969. Combefis 1648 F. Combefis, Novum auctarium I, Parisiis. Dölger – Wirth 1995 Regesten der Kaiserurkunden des Oströmischen Reiches von 565–1453, bearb. von F. Dölger, 2. Teil, Regesten von 1025–1204, zweite Auflage bearb. von P. Wirth (CGUMNZ A 1). Efthymiadis 2011 S. Efthymiadis (Ed.), The Ashgate Research Companion to Byzantine Hagiography, I, Farnham 2011. Fabricius – Harless 1809 J. A. Fabricius – G. C. Harless, Bibliotheca Graeca, XII, Hamburgi (rist. anast. Hildesheim 1970). Fedalto 1988 G. Fedalto (a c. di), Hierarchia Ecclesiastica Orientalis. Series Episcoporum Ecclesiarum Christianarum Orientalium, I–II, Padova. Fedalto 2012 Id. (a c. di), Hierarchia Catholica usque ad saecula XIII–XIV. Series Episcoporum Ecclesiae Catholicae, Padova. Grumel – Darrouzès 1989 Les regestes des actes du Patriarcat de Constantinople. I 2–3, Les actes des patriarches. Les regestes de 715 à 1206, par V. Grumel, Deuxième édition revue et corrigée par J. Darrouzès, Paris (PB, sér. 1). Guillou – Lemerle – Papachryssanthou – Svoronos 1977 A. Guillou – P. Lemerle – D. Papachryssanthou – N. Svoronos, Actes de Lavra. II, De 1204 à 1328, Paris (AA 8). Hunger 1978a H. Hunger, Die hochsprachliche profane Literatur der Byzantiner, I–II, München 1978 (BHRHAW V, 1–2).

Reference Works

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Janin 1953 R. Janin, La géographie ecclésiastique de l’empire byzantin. I, Le siège de Constantinople et le patriarcat œcuménique. 3, Les églises et les monastères, Paris (GEEB 1). Janin 1969 Id., La géographie ecclésiastique de l’empire byzantin. I, Le siège de Constantinople et le patriarcat œcuménique. 3, Les églises et les monastères, Paris 19692 (GEEB 1). Janin 1975 Id., Les Églises et les Monastères des grands centres byzantins, Paris (GEEB 2). Krumbacher 1897 K. Krumbacher, Geschichte der byzantinischen Litteratur von Justinian bis zum Ende des Ostroemischen Reiches (527–1453), I–II, München 18972, rist. anast. New York 1970 (HKA 9). Laurent 1963a V. Laurent, Le corpus des sceaux de l’empire byzantin. V: L’église, 1. L’église de Constantinopole, A. La Hiérarchie, Paris. Legrand 1885 É. Legrand, Bibliographie hellénique, ou description raisonnée des ouvrages publiés en grec aux XVe et XVIe siècles, I, Paris. Legrand 1895 Id., Bibliographie hellénique, ou description raisonnée des ouvrages publiés par des grecs au XVIIe siècle, III, Paris. Montfaucon 1708 Palaeographia graeca, sive de ortu et progressu literarum graecarum, opera et studio D. Bernardi de Montfaucon, Parisiis. Müller-Wiener 1977 W. Müller-Wiener, Bildlexikon zur Topographie Istanbuls: Byzantion, Konstantinupolis, Istanbul bis zum Beginn d. 17. Jh., Tübingen. Oikonomidès 1984 N. Oikonomidès (éd.), Actes de Docheiariou, Paris 1984 (AA 13). Ostrogorsky 1963 G. Ostrogorsky, Geschichte des Byzantinischen Staates, München 19633 (BHRHAW I, 2). Paspates 1877 A. G. Paspates, ΑO .ν Κ7νσταντινοψπλει μωξρι τοδε σ7ζομωναι βψζαντινα> Εκκλησαι, Oστ μεναι κα> .ρειπμεναι, in A. G. Paspates, Βψζαντινα> μελωται τοπογραφικα> κα> Oστορικα, en Galata tes Konstantinoupoleos, pp. 277–386. Pitra 1867 J.-B. Pitra, Hymnographie de l’Église Grecque, Romae.

338*

Prolegomena

Psaltes 1913 S. Psaltes, Grammatik der Byzantinischen Chroniken, Göttingen. Reitzenstein 1897 R. Reitzenstein, Geschichte der griechischen Etymologika. Ein Beitrag zur Geschichte der Philologie in Alexandria und Byzanz, Leipzig (rist. anast. Amsterdam 1964). Sandys 1908 J. E. Sandys, A History of Classical Scholarship, III, Cambridge. Schwyzer 1939 E. Schwyzer, Griechische Grammatik auf der Grundlage von Karl Brugmanns griechischer Grammatik. I. Allgemeiner Teil. Lautlehre. Wortbildung. Flexion, München 1939 (HAW II 1, 1). Schwyzer – Debrunner 1950 Id., Griechische Grammatik auf der Grundlage von Karl Brugmanns griechischer Grammatik. II. Syntax und syntaktische Stilistik, vervollst. und hrsg. von A. Debrunner, München 1950 (HAW II 1, 2). Setton 1978 K. Setton, The Papacy and the Levant, II, Philadelphia. Spatharakis 1976 I. Spatharakis, The Portrait in Byzantine Illuminated Manuscripts, Leiden (BN 6). Taft 1993 R. Taft, The Liturgy of the Hours in East and West. The Origins of the Divine Office and Its Meaning for Today, 2nd edition revised, Collegeville, Minn. Trypanis 1981 K. Trypanis, Greek Poetry. From Homer to Seferis, London. Ughelli 1647 F. Ughelli, Italia sacra sive de Episcopis Italiae […] opus singulare, I, Romae. Wellesz 1961 E. Wellesz, A History of Byzantine Music and Hymnography, 2nd edition revised, Oxford.

Cataloghi di manoscritti e fondi – Repertori paleografici

339*

IV. CATALOGHI DI MANOSCRITTI E FONDI – REPERTORI PALEOGRAFICI de Andrés 1961 G. de Andrés, Dos listas inéditas de manuscritos griegos de Hurtado de Mendoza, CD 174, pp. 381–396. de Andrés 1964 Id., Documentos para la historia de San Lorenzo el Real de El Escorial, VII, Madrid. de Andrés 1965a Catálogo de los Códices Griegos de la Biblioteca de El Escorial, II, por G. de Andrés, Madrid. de Andrés 1965b Id., Relaciones de los incendios del monasterio de El Escorial: 1671, in G. de Andrés, Documentos para la historia de San Lorenzo el Real de El Escorial, VIII, Madrid, pp. 65–81. de Andrés 1968 Id., Catálogo de los códices griegos desaparecidos de la Real Biblioteca de el Escorial, San Lorenzo de El Escorial. Barvoet 1647 A. Barvoet, Catalogus praecipuorum auctorum ineditorum graece mss. qui in Bibliotheca Scorialensi asservantur (1647), in Cyrilli Archiepiscopi Alexandrini Homiliae XIX in Ieremiam prophetam […], Antverpiae, pp. xxxiii– xxxv. Beltrani 1886 G. Beltrani, Libri di Fulvio Orsini nella Biblioteca Vaticana, Roma. Bick 1920 J. Bick, Die Schreiber der Wiener griechischen Handschriften, Wien – Prag – Leipzig. Buonocore 1986 M. Buonocore (a c. di), Bibliografia dei fondi manoscritti della Biblioteca Vaticana (1968–1980), I–II, Città del Vaticano 1986 (ST 319). Canart 1970 P. Canart (rec.), Codices Vaticani Greci, codices 1745–1962, I, Romae in Bibliotheca Vaticana.

340*

Prolegomena

Canart – Peri 1970 P. Canart – V. Peri (a c. di), Sussidi bibliografici per i manoscritti greci della Biblioteca Vaticana, Città del Vaticano (ST 261). Ceresa 1991 M. Ceresa, Bibliografia dei fondi manoscritti della Biblioteca Vaticana (1981–1985), Città del Vaticano (ST 342). Ceresa 1998 Id., Bibliografia dei fondi manoscritti della Biblioteca Vaticana (1986–1990), Città del Vaticano (ST 379). Ceresa 2005 Id., Bibliografia dei fondi manoscritti della Biblioteca Vaticana (1991–2000), Città del Vaticano (ST 426). Constantinides – Browning 1993 C. N. Constantinides – R. Browning, Dated Greek manuscripts from Cyprus to the year 1570, Washington D. C. Gamillscheg – Harlfinger 1981 E. Gamillscheg – D. Harlfinger, Repertorium der griechischen Kopisten 800–1600. I 3, Handschriften aus Bibliotheken Großbritanniens, Wien. Gardthausen 1886 V. Gardthausen, Catalogus codicum Graecorum Sinaiticorum, Oxonii. Gesner 1545 K. Gesner, Bibliotheca universalis, I–II, Tiguri. Granstrem 1963 E. Granstrem, Katalog greˇceskich rukopicej leningradskich chranisiliˇsˇc, VV 23, pp. 166–204. Graux 1880 C. Graux, Essai sur les origins du fonds grec de l’Escurial, Paris. Hajdú 2012 Catalogus codicum manu scriptorum Bibliothecae Monaceusis. II, Codices graeci Monacenses. Codices graeci Monacenses 181–265, beschr. von K. Hajdú, Aquis Mattiacis [Wiesbaden]). Hardt 1806 Catalogus codicum manuscriptorum bibliothecae regiae Bavaricae. I, Codices graeci, cur. I. Hardt, 3, Monachii. Hobson 1975 A. Hobson, The iter italicum of Jean Matal, in Studies in the Book Trade in Honour of Graham Pollard, Oxford, pp. 33–61. Hobson 1999 Id., Renaissance book collecting, Cambridge.

Cataloghi di manoscritti e fondi – Repertori paleografici

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Hunger 1953 H. Hunger, Codices Vindobonenses graeci. Signaturenkonkordanz der griechischen Handschriften der österreichischen Nationalbibliothek, Wien. Hunger – Kresten – Hannick 1984 Katalog der griechischen Handschriften der österreichischen Nationalbibliothek, III 2. Codices Theologici 101–200, hsgb. von H. Hunger – O. Kresten – C. Hannick, Wien. Hunger – Lackner – Hannick 1992 Katalog der griechischen Handschriften der österreichischen Nationalbibliothek, III 3. Codices theologici 201–337, hsgb. von H. Hunger – W. Lackner, unter Mitarbeit von C. Hannick, Wien. Hutter 1982 I. Hutter, Corpus der byzantinischen Miniaturenhandschriften, III 1. Oxford, Bodleian Library, Stuttgart. Iriarte 1769 J. Iriarte, Regiae Bibliothecae Matritensis Codices graeci mss. I, Madrid. Kamil 1970 M. Kamil, Catalogue of all manuscripts in the Monastery of St. Catharine on Mount Sinai, Wiesbaden. Labowsky 1979 L. Labowsky, Bessarion’s Library and the Biblioteca Marciana: six early inventories, Roma. Lambeck 1672 P. Lambeck, Commentariorum de augustissima Bibliotheca vindobonensi libri VIII, V, Vindobonae. Lambeck – Kollár 1778 P. Lambeck, Commentarii de Augustissima Bibliotheca Caesarea Vindobonensi, V, opera et studio A. F. Kollarii, Vindobonae 17782. Lilla 2004 S. Lilla, I manoscritti vaticani greci. Lineamenti di una storia del fondo, Città del Vaticano (ST 415). Lucà 1985 S. Lucà, Il Vaticano greco 1926 e altri codici della Biblioteca dell’Archimandritato di Messina, SM 8, pp. 51–79. Martini 1902 E. Martini, Catalogo dei manoscritti greci esistenti nelle biblioteche italiane, II, Milano. Martini-Bassi 1906 E. Martini – D. Bassi, Catalogus codicum Graecorum Bibliothecae Ambrosianae, I–II, Milano.

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Prolegomena

Miller 1848 E. Miller, Catalogue des manuscrits grecs de la Bibliothèque de l’Escurial, Paris (rist. anast. Amsterdam 1966). Moschonas 1945 T. D. Moschonas, Κατ λογοι τA« πατριαρξικA« βιβλιου,κη« Αλε"ανδρεα«, Alexandreia. Moschonas 1965 Id., Πατριαρξε4ον Vλε"ανδρεα«. Κατ λογοι τA« ΠατριαρξικA« βιβλιου,κη«. I, Ξειργραφα, Salt Lake City (rist. con suppl. dell’ed. Alexandreia 1945). Muccio – Franchi de’ Cavalieri 1896 G. Muccio – P. Franchi de’ Cavalieri, Index codicum graecorum Bibliothecae Angelicae, praefatus est Ae. Piccolomini, SIFL, pp. 1–184. de Nessel 1690 D. de Nessel, Catalogus sive Recensio Specialis omnium Codicum […] Bibliothecae Caesareae Vindobonensis, Vindobonae & Norimbergae. Nikolopoulos 1998 P. Nikolopoulos, Τα νωα εψρ,ματα τοψ Σιν , Athenai (= Id., The New Finds of Sinai, Athens 1999). Omont 1886 H. Omont, Catalogue des manuscrits grecs des bibliothèques de Suisse, Bâle, Berne, Einsiedeln, Genève, Saint-Gall, Schaffouse et Zurich, ZBBW, pp. 385– 452. Phirippidis 1939 N. S. Phirippidis, Κατ λογο« τ?ν κ7δκ7ν τA« βιβλιου,κη« το Πατριαρξεοψ Αλε"ανδρεα«, EF 38, pp. 79–82. Piccolomini 1898 A. Piccolomini, Index codicum graecorum Bibliothecae Angelicae ad praefationem additamenta, SIFC 6, pp. 167–184. Revilla 1936 Catálogo de los Códices Griegos de la Biblioteca de El Escorial, I, por el P. A. Revilla, Madrid. Schreiner 1988a Codices Vaticani Graeci, codices 867–932, rec. P. Schreiner, Romae in Bibliotheca Vaticana. Steinmann 1982 M. Steinmann (Hrsg.), Die Handschriften der Universitätsbibliothek Basel. Register zu den Abteilungen A I–A XI und O, Basel.

Cataloghi di manoscritti e fondi – Repertori paleografici

343*

Turyn 1980 A. Turyn, Dated Greek Manuscripts of the Thirteenth and Fourteenth Centuries in the Libraries of Great Britain, Washington D. C. Unterkircher 1968 F. Unterkircher, Vom Tode Maximilians I. bis zur Ernennung des Blotius (1519–1575), in A. Kisser – J. Stummvoll (Hrsg.), Geschichte der österreichischen Nationalbibliothek, I. Die Hofbibliothek (1368–1922), Wien, II, pp. 61–162. Vaccaro – Giorgetti Vichi – Mottironi 1961 Catalogo dei manoscritti della biblioteca Vallicelliana, I, a c. di A. M. Giorgetti Vichi e S. Mottironi, pref. di E. Vaccaro, Roma. Vogel – Gardthausen 1909 M. Vogel – V. Gardthausen, Die griechischen Schreiber des Mittelalters und der Renaissance, Leipzig (rist. anast. Hildesheim 1966).

344*

Prolegomena

V. STUDI MONOGRAFICI Actes 1964 Actes du XIIe Congrès International d’Études Byzantines. Ochride, 10–16 Septembre 1961, I–III, Beograd. Adler 1931 A. Adler, s.v. „Suidas“, in RE IV A 1, coll. 675–717. Afentoulidou 2004 Eir. Afentoulidou, Zur Akzentuierenden Metrik der dem Johannes Damaskenos zugeschriebenen jambischen Kanones, in Wiener Byzantinistik und Neogräzistik. Beiträge zum Symposion vierzig Jahre Institut für Byzantinistik und Neogräzistik der Universität Wien im Gedenken an Herbert Hunger. Wien, 4.–7. Dezember 2002, hsgb. von W. Hörandner – J. Koder – M. A. Stassinopoulou, Wien, pp. 45–52 (BNGV 24). Afinogenov 2001 Dm. Afinogenov, The Conspiracy of Michael Traulos and the Assassination of Leo V: History and Fiction, DOP 55, pp. 329–338. Agapitos 1998 P .A. Agapitos, Mischung der Gattungen und Überschreitung der Gesetze: die Grabrede des Eustathios von Thessalonike auf Nikolaos Hagiotheodorites, JÖB 48, pp. 119–146. Agati 2000 M. L. Agati, Pietro Devaris di Corfù, „Scriba Librarius Vaticanus“: l’identificazione di uno Pseudo-Onorio, in The Greek Script in the 15th and 16th centuries. Proceedings of the International Symposium Η ελληνικ, γραφ, κατ τοψ« 15º και 16º αιCνε«. Athens, 18–20 October 1996, Athenai, pp. 215–259. Agati 2002 Ead., Nuovi manoscritti copiati da Pietro Devaris, in Κανσκιν. Studi in onore di Giuseppe Spadaro, a c. di A. Di Benedetto Zimbone – F. Rizzo Nervo, Soveria Mannelli, pp. 249–262. Ahrweiler 1975 H. Ahrweiler, L’idéologie politique de l’empire byzantin, Paris. Akten 1981 Akten des XVI. Internationalen Byzantinistenkongresses. Wien, 4.–9. Oktober 1981 = JÖB 31 I/1–2 e Beiheft.

Studi monografici

345*

Alexakis 2004 A. Alexakis, The modesty topos and John of Damascus as a not-so-modest author, BZ 97, 2, pp. 521–530. Alexander 1967 P. J. Alexander, The Oracle of Baalbek. The Tiburtine Sibyl in Greek Dress, Washington, D. C. Allacci 1646 L. Allacci (Allatius), De Libris ecclesiasticis Graecorum, Parisiis. Alpers 1969 K. Alpers, Bericht über Stand und Methode der Ausgabe des Etymologicum Genuinum (mit einer Ausgabe der Buchstaben Λ), København (KDVSHFM 44, 3). Alpers 1972 Id., s.v. „Zonaras. B. ‚Zonarae‘ Lexicon“, in RE X A, coll. 732–763. Alpers 1991 Id., Marginalia zur Überlieferung der griechischen Etymologika, in Harlfinger – Prato 1991, I, pp. 523–541. Alpers 2001 Id., s.v. „Lexikographie“ in HWR V, coll. 194–209. Altaner 1927 B. Altaner, Zur Geschichte der Handschriftensammlung des Kardinals Johannes von Ragusa, HJ 47, pp. 730–732. Ambaglio 1990 D. Ambaglio, Gli Historikà Hypomnemata di Strabone. Introduzione, traduzione italiana e commento dei frammenti, Milano, pp. 377–425 (MILASL 39, 5). Anastasi 1981 R. Anastasi, L’Epistola di Teodosio Monaco, in Bizantini e Musulmani in Sicilia, Siracusa, pp. 169–182 (ASSSSSP, Suppl. 3). de Andrés 1969 G. de Andrés, El cretense Nicolas de la Torre, copista griego de Felipe II: biografía, documentos, copias, facsimiles, Madrid. Angold 1995 M. Angold, Church and Society in Byzantium under the Comneni. 1081–1261, Cambridge. Arco Magrì 1978–79 M. Arco Magrì, Il canone in requiem monachi di Teodoro Studita, Hel 18–19, pp. 276–292. Arranz 1976 M. Arranz, Les grandes étapes de la liturgie byzantine: Palestine – Byzance – Russie. Essai d’aperçu historique, in Liturgie de l’Église particulière et liturgie de

346*

Prolegomena

l’Église universelle. Conférences Saint-Serge, XXIIe Semaine d’Études Liturgiques, Paris, 30 juin – 3 julliet 1975, Roma, pp. 43–72. Arranz 1996 L’eucologio costantinopolitano agli inizi del secolo XI, a c. di M. Arranz, Roma. Asutay Effenberger 2007 N. Asutay Effenberger, Zum Datum der Umwandlung der Pammakaristoskirche in die Fethiye Camii, Byz 77, pp. 32–41. Asutay-Effenberger 2008 Ead., Das Kloster des Ioannes Prodromos τA« Πετρ « in Konstantinopel und seine Beziehung zur Odalar und Kasım A˘ga Camii, Mill 5, pp. 299–325. Auzépy 1994 M. F. Auzépy, De la Palestine à Constantinople (VIIIe–IXe siècles): Étienne le Sabaïte et Jean Damascène, TM 12, pp. 183–218; poi in Ead. 2007, pp. 221–257. Auzépy 1995 Ead., L’Adversus Constantinum Caballinum et Jean de Jérusalem, BSl 56, pp. 322–338. Auzépy 2001 Ead., Les Sabaïtes et l’Iconoclasme, in J. Patrich (éd.), The Sabaïte Heritage in the Orthodox Church from the Fifth Century to the Present, Louvain, pp. 305–314 (OLA 98); poi in Ead. 2007, pp. 209–220. Auzépy 2007 Ead., L’Histoire des Iconoclastes, Paris. Babi´c 1987 G. Babi´c, Kraljeva crkva u Studenici, Beograd. Bakaros 1989 D. Bakaros, Ε5στ υιο« Υεσσαλονκη«:  Oερ ρξη« κα> Mγιο«, in Kontakis 1989, pp. 97–116. Bakirtzis 2003 Ch. Bakirtzis, The Urban Continuity and Size of Late Byzantine Thessaloniki, DOP 57, pp. 35–64. Barsanti 2001 C. Barsanti, Costantinopoli e l’Egeo nei primi decenni del XV secolo: la testimonianza di Cristoforo Buondelmonti, RINASA, S. III 24, pp. 83–234. Barsanti 2011 Ead., The Marble Floor of St. John Studius in Constantinople: A Neglected Masterpiece, in M. S¸ ahin (Ed.), Mosaics of Turkey and Parallel Developments in the Rest of the Ancient and Medieval World: Questions of Iconography, Style and Technique from the Beginnings of Mosaic until the Byzantine Era. 11th International Colloquium on Ancient Mosaics (October 16th-20th, 2009, Bursa, Turkey), Istanbul, pp. 88–98.

Studi monografici

347*

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348*

Prolegomena

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Studi monografici

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Browning 1977 Id., Studies on Byzantine History, Literature and Education, London 1977. Browning 1981 Id., Projects in Byzantine Philology, in Akten 1981. Akten I/1 = JÖB 31/1, pp. 59–74. Browning 1995 Id., Eustathios of Thessalonike revisited, BICS 40, pp. 83–90. Bryer – Herrin 1977 A. A. M. Bryer – J. Herrin (Eds.), Iconoclasm. Papers given at the Ninth Spring Symposium of Byzantine Studies, University of Birmingham, March 1975, Birmingham. Bua 1971 M. T. Bua, I giuochi alfabetici delle tavole iliache, AANLMCSMSF, S. VIII 16, 1, pp. 3–35, con 7 tavv. Bühler – Theodoridis 1976 W. Bühler – Chr. Theodoridis, Johannes von Damaskos terminus post quem für Choiroboskos, BZ 69, pp. 398–401. Calia 2010 A. Calia, Documenti greci dei primi sultani ottomani, tesi di laurea (inedita), Venezia. Canrt 2000 P. Canart, Le Vaticanus Graecus 1257 et une poésie inédite de Jean Damascène, BBGG, N.S. 54, pp. 141–154. Canart 2010 Id., Notes complémentaires sur le Vaticanus graecus 1409, in Alethes Philia. Studi in onore di Giancarlo Prato, a c. di M. D’Agostino, Spoleto, pp. 77–92. Canfora 1988 L. Canfora, Il „reading circle“ intorno a Fozio, Byz 68, pp. 222–223. Canfora 1998 Id., Le „cercle de lecteurs“ autour de Photius: une source contemporaine, REB 56, pp. 269–273. Canfora 2001 Id., Il Fozio ritrovato. Juan de Mariana e André Schott, Bari. Carrara 2007 E. Carrara, Il carteggio in volgare di Giovanni Della Casa con Pietro Vettori, in Giovanni Della Casa ecclesiastico e scrittore, a c. di Stefano Carrai, Roma 2007, pp. 125–170. Cassella 2004 P. Cassella, Alcune osservazioni sulla γοργτη« nel commento di Eustazio alla Orbis descriptio di Dionigi il Periegeta, in L’ultima parola. L’analisi dei testi:

350*

Prolegomena

teorie e pratiche nell’antichità greca e latina, Atti del terzo Colloquio italofrancese, Napoli 13–15 marzo 2003, a c. di G. Abbamonte – F. Conti Bizzarro – L. Spina, Napoli, pp. 49–54. Cassin 2013 M. Cassin, Bibliothèque du monastère de la Sainte-Trinité de Chalki, in Manuscrits en Méditerranée. Recherches sur les manuscrits et les bibliothèques dans le monde grec et l’Orient chrétien, 21 octobre 2013, in www.manuscrits.hypotheses.org/36. Cataldi Palau 2008 A. Cataldi Palau, Studies in Greek Manuscripts, I–II, Spoleto. Cataldi Palau 2008a Ead., The Manuscript Production in the Monastery of Prodromos Petra (TwelfthFifteenth centuries, in Ead. 2008, I, pp. 198–207. Cataldi Palau 2008b Ead., The Library of the Monastery of Prodromos Petra in the Fifteenth Century (to 1453), ivi, pp. 209–218. Cataldi Palau 2008c Ead., Learning Greek in Fifteenth-Century Constantinople, ivi, pp. 219–234. Cataldi Palau 2008d Ead., Legature costantinopolitane del monastero di Prodromo Petra tra i manoscritti di Giovanni di Ragusa, ivi, pp. 235–280. Cataldi Palau 2008e Ead., Un nuovo manoscritto palinsesto di Giorgio Baiophoros, ivi, pp. 281–301. Cataldi Palau 2008f Ead., I colleghi di Giorgio Baiophoros: Stefano di Medea, Giorgio Crisococca, Leon Atrapes, ivi, pp. 303–344. Cattin 1997 Da Bisanzio a San Marco. Musica e Liturgia, a c. di G. Cattin, Bologna. Cavallo 1991 G. Cavallo (a c. di), Bisanzio fuori di Bisanzio, Palermo. Cavallo 2000 G. Cavallo, Scritture informali, cambio grafico e pratiche librarie, in G. Prato (a c. di), I mss greci tra riflessione e dibattito. Atti del V Colloquio Internazionale di Paleografia Greca. Cremona, 4–10 ottobre 1998, Firenze, I, pp. 220– 238. Cavallo 2007 G. Cavallo, Leggere a Bisanzio, Milano. Cellerini 1988 A. Cellerini, Introduzione all’Etymologicum Gudianum, Roma (ANLBC, Suppl. 6).

Studi monografici

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Prolegomena

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Studi monografici

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Cupane 1997 C. Cupane, La „guerra civile“ della primavera 1181 nel racconto di Niceta Coniate e Eustazio di Tessalonica. Narratologia historiae ancilla?, JÖB 47, pp. 179–194. C´urˇci´c 1979 S. C´urˇci´c, Graˇcanica. King Milutin’s Church and its Place in Late Byzantine Architecture, University Park – London. D’Aiuto 2004 F. D’Aiuto, L’innografia, in Lo spazio letterario del Medioevo. III, Le culture circostanti. 1, La cultura bizantina, a c. di G. Cavallo, Roma, pp. 257–300. Dalle 2008 I. Dalle, Un Européen chez le Turcs: Augier Ghiselin de Busbecq, 1521–1591, Paris. Darrouzès 1957 J. Darrouzès, Autres manuscrits originaires de Chypre, REB 15, pp. 131–168. Darrouzès 1962a Id., Deux lettres de Grégoire Antiochos écrites de Bulgarie vers 1173, I, BSl 23, pp. 276–284. Darrouzès 1962b Id., Notice sur Grégoire Antiochos (1160 à 1196), REB 20 (1962), pp. 61–92. Darrouzès 1963a Id., Deux lettres de Grégoire Antiochos écrites de Bulgarie vers 1173, II, BSl 24, pp. 65–86. Darrouzès 1963b Id., Notes d’histoire des textes. 1. Des oeuvres perdues d’Eustathe de Thessalonique, REB 21, pp. 232–235. Darrouzès 1970a Id., Recherches sur les ΟΦΦΙΚΙΑ de l’Église byzantine, Paris. Darrouzès 1970b Id. (éd.), Georges et Dèmètrios Tornikès, Lettres et Discours, par J. Darrouzès, Paris (MB 2). Darrouzès 1981 Id., Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae. Texte critique, introduction et notes, Paris. De Gregorio 1991 G. De Gregorio, Il copista greco Manouel Malaxos. Studio biografico e paleografico-codicologico, Città del Vaticano. De Gregorio 1995 Id., Studi su copisti greci del tardo Cinquecento: I. Ancora Manuel Malaxos, RHM 37, pp. 97–144.

354*

Prolegomena

De Gregorio 1996 Id., Studi su copisti greci del tardo Cinquecento: II. Ioannes Malaxos e Theodosios Zygomalas, RHM 38, pp. 189–268. De Gregorio 2000 Id., Manoscritti greci patristici fra ultima età bizantina e Umanesimo italiano. Con un’appendice sulla traduzione latina di Atanasio Calceopulo dell’Omelia In principium Proverbiorum di Basilio Magno, in Tradizioni patristiche nell’Umanesimo. Atti del Convegno. Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento – Biblioteca Medicea Laurenziana, a c. di M. Cortesi – C. Leonardi, Firenze, pp. 317–396. De Gregorio 2001 Id., Una lista di commemorazioni di defunti dalla Costantinopoli della prima età paleologa. Note storiche e prosopografiche sul Vat. Ross. 169, RSBN, N.S. 38, pp. 103–194. De Gregorio 2010 Id., Teodoro Prodromo e la spada di Alessio Contostefano (Carm. Hist. LII Hörandner), in 5Ε"εμπλον. Studi in onore di Irmgard Hutter, a c. di S. Lucà – F. D’Aiuto, II = NR 7, pp. 191–295. De Groote 2004 M. De Groote, Joannes Geometres’ Metaphrasis of the Odes: Critical Edition, GRBS 44, pp. 375–410. Del Corno 1972 D. Del Corno, recensione a Valk 1971, RFIC 100, pp. 501–506. Demetracopoulos 1979 Ph. A. Demetracopoulos, The Exegeses of the Canons in the Twelfth Century as School Texts, Dipt 1, pp. 143–157. De Stefani 1907 E. L. De Stefani, Per le fonti dell’Etimologico Gudiano, BZ 16, pp. 52– 68. De Stefani 1912 Id., Il Lessico ai Canoni Giambici di Giovanni Damasceno secondo un ms. romano, BZ 21, pp. 431–435. Detorakis 1979 Th. Detorakis, Κοσμ»«  Μελ8δ«. Βο« κα> %ργο, Thessaloniki 1979 (ΑΒλ 28). Detorakis 1981 Id., Vie inédite de Cosmas le Mélode. BHG 394b, AB 99, pp. 101–116. Detorakis 1986 Id., La main coupée de Jean Damascène (BHG 885c), AB 104, pp. 371–381.

Studi monografici

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Prolegomena

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Studi monografici

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Per Gabriella. Studi in ricordo di Gabriella Braga, a c. di M. Palma – C. Vismara, Cassino, II, pp. 835–848. Fatouros 1992 Theodori Studitae Epistulae rec. G. Fatouros, I–II, Berolini et Novi Eboraci (CFHB 31). Fatouros 2001 Id., Eustathios von Thessalonike und Horatius, SIFC, S. III 19, pp. 185–189. Fenoglio 2009 S. Fenoglio, La riflessione sui dialetti nei Commentarii all’Odissea di Eustazio di Tessalonica, QDFLTC, N.S. 8, pp. 239–254. Fernandes Pereira 1993 B. Fernandes Pereira, A livraria de Aquiles Estaço, librorum venator et helluo, Hum 45, pp. 255–305. Finocchiaro 2011 G. Finocchiaro, Vallicelliana segreta e pubblica. Fabiano Giustiniani e l’origine di una biblioteca ‚universale‘, Firenze. Förstel 1992 C. Förstel, Les grammaires grecques du XV e siècle: étude sur les ouvrages de Manuel Chrysoloras, Théodore Gaza et Constantin Lascaris, Thèse présentée pour l’obtention du diplôme d’archiviste paléographe. École Nationale des Chartes, I–II, Paris. Follieri 1964 E. Follieri, Problemi di innografia bizantina, in Actes 1964, II, pp. 311–325. Follieri 1974 Ead., Tommaso di Damasco e l’antica minuscola libraria greca, ANLRCSMSF, S. VIII 29, pp. 145–163, con 1 tav. e 3 figg. Follieri 1997 Ead., L’innografia bizantina dal contacio al canone, in Cattin 1997, pp. 1–32. Follieri 2002 Ead., I libri liturgici della Chiesa bizantina, in L. Vaccaro (a c.di), Storia religiosa della Grecia, Milano, pp. 83–100 (ER 8). Formentin 1983 M. Formentin, La grafia di Eustazio di Tessalonica, BBGG, N.S. 37, pp. 19–50. Frøyshov 2000 S. Frøyshov, La réticence à l’hymnographie chez des anachorètes de l’Égypte et du Sinaï du 6e au 8e siècles, in A. M. Triacca – A. Pistoia (éd.), L’Hymnographie. Conférences Saint-Serge. XLVIe semaine d’Études liturgiques. Paris, 29 juin – 2 juillet 1999, Roma, pp. 229–245.

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Prolegomena

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Studi monografici

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corrispondente testo paleoslavo del „Codex Suprasliensis“, in Scripta Minora di Ciro Giannelli, Roma = SBN 10, pp. 113–129. Georgiadou 1998 A. Georgiadou, Eustathius and the Graeco-Roman Exegesis of Homer, Mnem, S. IV 51, pp. 337–340. Giannouli 2007 A. Giannouli, Die beiden byzantinischen Kommentare zum Großen Kanon des Andreas von Kreta. Eine quellenkritische und literarhistorische Studie, Wien 2007 (WBS 26). Gill 1959 J. Gill, The Council of Florence, Cambridge. Gonnelli 1991 F. Gonnelli, Notizia sul Catoblepa (Giorgio di Pisidia, Hexaemeron vv. 959 ss.), AAP, N.S. 40, pp. 355–363. Gouillard 1967 J. Gouillard, Le Synodikon de l’Orthodoxie: Édition et Commentaire, TM 2, pp. 1–313. Griffith 2006 S. H. Griffith, Giovanni di Damasco e la chiesa in Siria all’epoca degli Omayyadi, in Chialà – Cremaschi 2006, pp. 21–52. Grosdidier de Matons 1981 J. Grosdidier de Matons, Liturgie et Hymnographie: Kontakion et Kanon, DOP 34–35, pp. 31–43. Grumel 1962 V. Grumel, Sur la fuite et le retour de l’archevêque Eustathe de Thessalonique, REB 20, pp. 221–224. Guarducci 1978 M. Guarducci, Dal gioco letterale alla crittografia mistica, in ANRW XVI 2, Berlin – New York, pp. 1736–1773. Guilland 1965 R. Guilland, Études sur l’histoire administrative de l’empire byzantin. L’Orphanotrophe, REB 23, pp. 205–221. Halkin 1960 Fr. Halkin, La Vie de Saint Nicéphore fondateur de Médikion en Bithynie († 813), AB 78, pp. 396–430. Hannick 1999 Chr. Hannick, Exégèse, typologie et rhétorique dans l’hymnographie byzantine, DOP 53, pp. 207–218. Harlfinger – Prato 1991 D. Harlfinger – G. Prato (a c. di), Paleografia e codicologia greca. Atti del 2.

360*

Prolegomena

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Studi monografici

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Hunt 1966 R. W. Hunt, Greek Manuscripts in the Bodleian Library from the Collection of John Stojkovi´c of Ragusa, SP 7, pp. 75–82. Impellizzeri 1975 S. Impellizzeri, La letteratura bizantina. Da Costantino a Fozio, Firenze – Milano. Irigoin 1986 J. Irigoin, La tradition des Rhéteurs Grecs dans l’Italie byzantine (Xe-XIIe siècle), SG 39, pp. 73–82. Jacob 1977 A. Jacob, Les écritures de Terre d’Otrante, in La paléographie grecque et byzantine, Paris, pp. 269–281 (CICNRS 559). Jammers 1969 E. Jammers, Die jambische Kanones des Johannes von Damaskos. Eine paläographische und stilistische Studie, in Id., Schrift, Ordnung, Gestalt. Gesammelte Aufsätze zur älteren Musikgeschichte, Bern – München, pp. 195–256. Jeffreys 2006 Proceedings of the 21st International Congress of Byzantine Studies. London 21–26 August 2006, ed. by E. Jeffreys, I–III, Aldershot. Jugie 1924a M. Jugie, s.v. „Jean Damascène“, in DTC VIII, coll. 693–751. Jugie 1924b Id., La Vie de saint Jean Damascène, EO 23, pp. 137–161. Jugie 1929 Id., Une nouvelle vie et un nouveau écrit de saint Jean Damascène, EO 28, pp. 35–41. Kakoulidi 1968 E. Kakoulidi, ’Η βιβλιου,κη τA« μονA« Προδρμοψ-Πωτρα« στ9ν Κ7νσταντινοπολη, Ell 21, pp. 3–39. Kaldellis 2006 Mothers and Sons, Fathers and Daughters. The Byzantine Family of Michael Psellos, ed. and transl. by A. Kaldellis, Notre Dame, Ind. Kalitsunakis 1919 J. E. Kalitsunakis, Mittel- und neugriechische Erklärungen bei Eustathius, Berlin. Kambylis 1991b A. Kambylis, Eustathios über Pindars Epinikiendichtung. Ein Kapitel der klassischen Philologie in Byzanz, Hamburg – Göttingen (BSJJG 9,1). Karathanasis 1936 D. K. Karathanasis, Sprichwörter und sprichwörtliche Redensarten des Altertums

362*

Prolegomena

in den rhetorischen Schriften des Michael Psellos, des Eustathios und des Michael Choniates sowie in anderen rhetorischen Quellen des XII. Jahrhunderts, Speyer a. Rh. Karla 2007 G. Karla, Das Rednerideal bei Eustathios von Thessalonike und seine Rhetorische Tradition, BZ 100, pp. 85–99. Karlin-Hayter 1965 P. Karlin-Hayter, Arethas, Choirosphactes and the Saracen Vizir, Byz 35, pp. 455–481. Karlin-Hayter 1970 Ead. (Ed.), Vita Euthymii Patriarchae Cp., Bruxelles (BB 3). Karlin-Hayter 1972 Ead., 99. Jean Doukas, Byz 42, pp. 259–265. Kassel 2001 R. Kassel, Reminiszenzen und Anspielungen in der Schrift des Eustathios über die Eroberung Thessalonikes, RhMPh 144, pp. 225–230. Katsaros 1988 B. Katsaros, Ι7 ννη« Κασταμοντη«. Σψμβολ, στη μελωτη τοψ βοψ, τοψ ωργοψ και τη« εποξ,« τοψ, Thessaloniki 1988. Kazhdan 1964 A. Kazhdan, recensione a Kyriakidis 1961, in VV, N.S. 24, pp. 254–257. Kazhdan 1979 Id., Der Mensch in der Byzantinischen Literaturgeschichte, JÖB 28, pp. 1–21. Kazhdan 1983a Id., La produzione intellettuale a Bisanzio, trad. it., Napoli. Kazhdan 1983b Id., Some Little-Known or Misinterpreted Evidence about Kievan Rus’ in TwelfthCentury Greek Sources, in Okeanos: Essays presented to Ihor Shevchenko on His Sixtieth Birthday by His Colleagues and Students = HUS 7, pp. 343–358. Kazhdan 1984a Id., Eustathius of Thessalonica: the life and opinions of a twelfth-century Byzantine Rhetor, in Kazhdan – Franklin 1984, pp. 115–195. Kazhdan 1984b Id., Gregory Antiochus: writer and bureaucrat, ivi, pp. 196–223. Kazhdan 1984c Id., Theodore Prodromus: a reappraisal, ivi, pp. 87–114. Kazhdan 1990 Id., Kosmas of Jerusalem 2. Can we speak of his political views?, Mus 103, pp. 329–346.

Studi monografici

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Prolegomena

κοQ« καννα« Ι7 ννοψ το Δαμασκηνο κα> Κοσμ» το Μελ8δο, in Akten des XI. internationalen Byzantinistenkongresses, hsgb. von F. Dölger – H. G. Beck, München, pp. 248–253. Kontakis 1989 Chr. Kontakis (Ed.), 6Αγιο« Ε5στ Lιο«. Praktik UeologikoÜ Synedroy e« timn ka mnmhn toÜ n 4goi« patr!« "mn Estauoy rxiepiskpoy Uessalonkh«, 7–9 Noembroy 1988, Thessaloniki. Koster – Holwerda 1954 D. J. W. Koster – D. Holwerda, De Eustathio, Tzetza, Moschopulo Planude Aristophanis Commentatoribus, Mnem, S. IV 7, pp. 136–156. Kotter 1969 Iohannes Damascenus, Institutio Elementaris. Capita Philosophica (Dialectica). Als Anhang: Die philosophischen Stücke aus cod. Oxon. Bodl. Auc. T. I. 6, hrsg. von B. Kotter, Berlin – New York (PTS 7 = Die Schriften des Johannes von Damaskos, 1). Koukoules 1950 Ph. Koukoules, Υεσσαλονκη« Ε5σταυοψ τ* Λαογραφικ , I–II, en Athenais (ΕΜΣ 5–6). Koukoules 1953 Id., Υεσσαλονκη« Ε5σταυοψ τ* Γραμματικ , en Athenais (ΕΜΣ 8). Kouroupou – Géhin 2008a M. Kouroupou – P. Géhin, Catalogue des manuscrits conservés dans la Bibliothèque du Patriarcat œcuménique: les manuscrits du monastère de la Panaghia de Chalki, I–II, Turnhout. Kouroupou – Géhin 2008b Idd., Reliures d’époque Paléologue dans les fonds du Patriarcat Œcuménique, in N. Tsironis (Ed.), The Book in Byzantium. Byzantine and Post-Byzantine Bookbinding. Proceedings of an International Symposium. Athens, 13–16 October 2005, Athenai. Kresten 1967 O. Kresten, Der Schreiber Andreas Darmarios. Eine kodikologisch-paläographische Studie, Diss. Wien. Kresten 1974 Id., Nugae Syropulianae. Betrachtungen zur Überlieferungsgeschichte der Memoiren des Silbestros Syropulos, RHT 4, pp. 75–138. Krchnák 1960 A. Krchnák, De vita et operibus Ioannis de Ragusio, Romae. Kristeller 1970 P. O. Kristeller, A Latin Translation of Gemistos Plethon’s De Fato by Johannes Sophianos Dedicated to Nicholas of Cusa, in Nicolò Cusano agli inizi del mondo

Studi monografici

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Prolegomena

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Studi monografici

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Studi monografici

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Prolegomena

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Studi monografici

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Studi monografici

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382*

Prolegomena

Theodoridis 1988a Id., Quellenkritische Bemerkungen zum Lexikon des Suidas, Herm 116, pp. 468–475. Theodoridis 1988b Id., Verse byzantinischer Dichter im Ilias-Kommentar des Eustathios, BZ 81, pp. 249–252. Theodoridis 1993 Id., Kritische Bemerkungen zum Lexikon des Suidas, Herm 121, pp. 484–495. Theodoridis 1996 Id., Verse byzantinischer Dichter in grammatischen Schriften und byzantinischen Lexika sowie Scholien-Sammlungen, JÖB 46, pp. 163–173. Theodoridis 2001 Id., Bemerkungen zum Text der Schrift De Expugnatione Thessalonicae des Eustathios, BZ 94, pp. 232–238. Theodorou 1989 E. Theodorou, Τ/ μορφ7τικ/ν Kδε?δε« το 4γοψ Ε5σταυοψ, ρξιεπισκποψ Υεσσαλονκη«, in Kontakis 1989, pp. 131–149. Theoharidou 1988 K. Theoharidou, The Architecture of Haghia Sophia, Thessaloniki. From its erection up to the Turkish conquest, Oxford (BARIS 399). Thornton Forster – Blackburne Daniell 1881 C. Thornton Forster – F. H. Blackburne Daniell, The Life and Letters of Ogier Ghiselin de Busbecq, I–II, London. Tinnefeld 1973 F. Tinnefeld, „Freundschaft“ in den Briefen des Michael Psellos. Theorie und Wirklichkeit, JÖB 22, pp. 151–168. Todi´c 1988 B. Todi´c, Graˇcanica. Slikarstvo, Beograd – Pristina 1988. Todi´c 1993 Id., Staro Nagoricino, Beograd 1993. Tomasin 2000 L. Tomasin, Note di antroponimia veneziana medievale (con un testo inedito del primo Trecento), SLI 26, pp. 130–148. Tomea 2012 P. Tomea, Echi di Passio Agnetis BHL 156 – BHG 46 in un’orazione di Eustazio di Tessalonica?, Aev 86, pp. 581–587. Trapp 1994 E. Trapp, Lexicographical Notes, Illustrating Continuity and Change in Medieval Greek, DOP 48, pp. 243–255.

Studi monografici

383*

Trautmann – Klostermann 1934 R. Trautmann – R. Klostermann, Drei griechische Texte zum Codex Suprasliensis. II. Das Martyrium von Konon dem Isaurer, ZSPh 11, pp. 299–324. Tronzo 2001 W. Tronzo, Shield, Cross, and Meadow in the opus sectile Pavements of Byzantium, Southern Italy, Roma and Sicily, in Ellenismo 2001, pp. 241–260. Turco 2001 G. Turco, La „diatheke“ del fondatore del monastero di S. Giovanni Prodromo in Petra e l’Ambr. E 9 sup., Aev 75, pp. 327–380. Uthemann 1983 K.-H. Uthemann, Der Codex Vaticanus gr. 1409. Eine Beschreibung der Handschrift, Byz 53, pp. 639–653. Varalda 1998–99 P. Varalda, recensione a Montana 1995a, Orph 19–20, pp. 204–208. Vassis 2002 Leon Magistros Choirosphaktes, Chiliostichos Theologia, hsgb. von I. Vassis, Berlin – New York (SB 6). Vernet 1961 A. Vernet, Les manuscrits grecs de Jean de Raguse († 1443), BZGAK 61, pp. 75–108. Volk 1954 O. Volk, Die byzantinischen Klosterbibliotheken von Konstantinopel, München. Wendel 1907 C. Wendel, Die Technopägnien-Ausgabe des Rhetors Holobolos, BZ 16, pp. 460–467. Wenger 1955 A. Wenger, L’Assomption de la T.S. Vierge dans la tradition byzantine du VIe au Xe siècle, Paris (AOC 5). West 1964 M. L. West, The Medieval and Renaissance Manuscripts of Hesiod’s Theogony, CQ, N.S. 14, pp. 165–189. Weyh 1908 W. Weyh, Die Akrostichis in der byzantinischen Kanonesdichtung, BZ 17, pp. 1–69. Wilson 1973 N. G. Wilson, Three Byzantine Scribes, GRBS 14, pp. 223–228. Wilson 1975 Id., Books and Readers in Byzantium, in Byzantine Books and Bookmen: A Dumbarton Oaks Colloquium, Washington, D. C., pp. 1–15.

384*

Prolegomena

Wilson 1982 Id., On the Transmission of the Greek Lexica, GRBS 23, pp. 369–375. Wilson 1983 Id., Scholars of Byzantium, London 1983. Wirth 1959 P. Wirth, Ein bisher unbekannter Demetrioshymnos des Erzbischofs Eustathios von Thessalonike, BZ 52, p. 320; poi in Wirth 1980, p. 47. Wirth 1960a Id., Zu Nikolaos Kataphloros, CM 21, pp. 212–214. Wirth 1960b Id., Die Flucht des Erzbischofs Eustathios aus Thessalonike, BZ 53, pp. 83–85; poi in Wirth 1980, pp. 39–41. Wirth 1961 Id., Ein neuer terminus ante quem non für das Ableben des Erzbischofs Eustathios von Thessalonike, BZ 54, pp. 86–87; poi in Wirth 1980, pp. 43–44. Wirth 1962 Id., Michael von Thessalonike?, BZ 55, pp. 166–168. Wirth 1963 Id., Nikolaos  Καταφλ?ρον und nicht Nikolaos  κατ* Φλ?ρον, Eustathios  το Καταφλ?ρον und nicht Eustathios  το κατ* Φλ?ρον, BZ 56, pp. 235–236; poi in Wirth 1980, pp. 5–6. Wirth 1966 Id., Zur Biographie des Eustathios von Thessalonike, Byz 36, pp. 260–282; poi in Wirth 1980, pp. 11–33. Wirth 1967a Id., Zur Frage nach dem Beginne des Episkopats des Eustathios von Thessalonike, JÖBG 16, pp. 143–146; poi in Wirth 1980, pp. 35–38. Wirth 1967b Id., Zur Geschichte des Diakonats an der Hagia Sophia, BF 2, pp. 380–382; poi in Wirth 1980, pp. 101–103. Wirth 1967c Id., Michael „von Konstantinopel“ und kein Ende, Byz 37, pp. 421–422. Wirth 1972 Id., Spuren einer autorisierten mittelalterlichen Eustathiosedition, BF 4, pp. 253– 257; poi in Wirth 1980, pp. 65–69. Wirth 1980 Id., Eustathiana. Gesammelte Aufsätze zu Leben und Werk des Metropoliten Eustathios von Thessalonike, Amsterdam 1980. Wirth 1987 Id., Tradition und Fortschritt in Byzanz, BF 12, pp. 119–123.

Studi monografici

385*

Xyngopoulos 1955 A. Xyngopoulos, Thessalonique et la peinture macédonienne, en Athenais 1955 (ΕΜΣ 7). Xyngopoulos 1964 Id., Mosaïques et fresques de l’Athos, in Le Millénaire du Mont Athos. 963–1963. Études et Mélanges, II, Venezia, pp. 247–262. Ziegler 1972 K. Ziegler, s.v. „Zonaras. A“, in RE X A, coll. 718–732. Zardin 2002 D. Zardin, Nell’officina del poligrafo: la biblioteca ‚ideale‘ di Cardano e le fonti dell’enciclopedismo librario, in Libri, biblioteche e cultura nell’Italia del Cinque e Seicento, a c. di E. Barbieri – D. Zardin, Milano, pp. 317–372. Zorzi 2002 M. Zorzi, I codici greci del Bessarione, in L’eredità greca e l’ellenismo veneziano, a c. di G. Benzoni, Venezia, pp. 93–121. Zuntz 1965 G. Zuntz, An Inquiry into the Transmission of the Plays of Euripides, Cambridge. Zuretti 1910 C. O. Zuretti, La espugnazione di Siracusa nell’880. Testo greco della lettera del monaco Teodosio, in Scritti per il centenario della nascita di Michele Amari, I, Salerno 1910 (rist. anast. Palermo 1990), pp. 165–173.

386*

Prolegomena

1

Estauoy Uessalonkh« Ejghsi« e« tn ambikn kanna t « Penthkost «

2

Tabula notarum in apparatibus V, M, F adhibitarum

3

Tabula notarum in apparatibus V, M, F adhibitarum CODICES A

cod. Alexandrinus Patriarchalis 62 (107), saec. XIII exeunte A1 = cod. A manus prior A2 = cod. A manus altera A3 = cod. A emendator

Bas.

cod. Basileensis A.VII.1, saec. XV

S

cod. Scorialensis L.II.11 (deperditus), saec. XII exeunte ( ? )

V

cod. Vaticanus graecus 1409, saec. XIII exeunte Va = cod. V librarius Vb = cod. V emendator Vd Ve Vf = cod. V lectores

Vall.

cod. Vallicellianus F 44 (graecus 94), saec. XV

W

cod. Vindobonensis Palatinus Theologicus graecus 208 Nessel (298 Lambecius), saec. XVI

EDITORES ET COMMENTATORES Ad Eustathii commentarium in hymnum pentecostalem pertinentes Allatius 1 Allatius 2

Allatius 3

Leo Allatius, De Ecclesiae Occidentalis atque Orientalis perpetua consensione, Coloniae A. 1648, coll. 613–614 Id., De Georgiorum scriptis diatriba, in Γεργοψ το Ακροπολτοψ το μεγλοψ λογουωτοψ Ξρονικ σψγγραφ […] Parisiis 1651, postea in Fabricius – Harless 1809, pp. 18–20 Id., Prolegomena in Ioannis Damasceni Opera omnia, ed. P.M. Lequien, I, Parisiis 1712, §§ 78–80, pp. lxvi–lxix

4 Mai Migne

Tabula notarum in apparatibus V, M, F adhibitarum

Angelus Maius, Spicilegium Romanum V 2, Romae 1841, pp. 161–383 (editio princeps) Jean-Paul Migne, Patrologia Graeca CXXXVI, Lutetiae Parisiorum 1865, coll. 504–754

Ad Eustathii commentarium in Homeri Iliadem pertinens Valk

Marchinus H. L. van der Valk, Prolegomena et adnot. crit. ad Eustathii Archiepiscopi Thessalonicensis Commentarii ad Homeri Iliadem pertinentes ad fidem cod. Laurentiani editi, cur. M. van der Valk, I–IV, Lugduni Batavorum 1971–1987

Ad canonis iambici pentecostalis textum pertinentes Christ – Wilhelm Christ – Matthaios K. Paranikas, Anthologia Graeca CarParanikas minum Christianorum, Lipsiae 1871 (praesertim pp. 213–217) Nauck August Nauck, Iohannis Damasceni Canones Iambici cum commentario et indice verborum ex schedis Augusti Nauck editi (ed. P. Nikitin), „Mélanges gréco-romains tirés du Bulletin de l’Académie Imperiale des Sciences de St-Pétersbourg“, VI (Bulletin NS IV 36), pp. 199–223 (praesertim pp. 210 – 215) Ad interpretationem Eustathii commentarii in canonem iambicum pentecostalem pertinentia Proleg.

Paginae 3*–313* huius voluminis, Introduzione storico-letteraria et Introduzione storico-filologica continentes

DOCTI QUI PER COLLOQUIA ET LITTERAS EDITIONI AUXILIO FUERUNT Braccini Fiaccadori Kambylis Matelli Paramelle Skrekas

Tommaso Braccini Gianfranco Fiaccadori Athanasios Kambylis Elisabetta Matelli Joseph Paramelle Dimitrios Skrekas

Tabula notarum in apparatibus V, M, F adhibitarum

5

CETERA ! " { } [ ]

addita seclusa suppleta

fr. = fragmentum genet. = genetivus casus gramm. = grammatica, grammaticalis ibid. = ibidem a./aa. = annis, anno id. = idem acc. = accusativus casus i.e. = id est acr. = acrostichis inc. = incipit, incipient add. = adde, addendum, addit, inscr. = inscriptio additur, additus, etc. inseq./inseqq. = addit. = additamentum insequens/insequentes *addit. marg.* = additamentum instr. = instrumentalis marginale intell. = intellige, intelligendum, adiect. = adiectivum intelligit, intelligitur, etc. adnot./adnott. = interpr. = interpretatio, interpretatur, adnotatio/adnotationes etc. al. = alia, alibi intransit. = intransitivus modus ktl. = ka t loip alt. = alter, -a, -um etc. l./ ll. = linea/ lineae a.m. = alia manus Lat. = Latine antec. = antecedens laud./laudd. = laudat, laudatur, ap. = apud laudatus/laudati, laudavi, etc. Arab. = Arabice liturg.= liturgicus, e liturgia Byz. = Byzantinus, -a, -um etc. cf. = confer, conferendus, conferre, loc./locc. = locus/loci marg. = margo, margine etc. masc. = masculinum genus cod./codd. = codex/codices ms. = manuscriptus col./coll. = columna/columnae neutr. = neutrum genus coll. = collatus nomin. = nominativus casus coni. = coni(e)cit om. = omittit, omittitur, omissus corr. = correctio, corrigit, etc. p./pp. = pagina/paginae dat. = dativus casus p.c. = post correctionem dist. = distinctio, distinguit part. = particulariter, praecipue dubit. = dubitanter particip. = participium e.g. = exempli gratia plur. = pluralis numerus etc. = et cetera praep. = praepositio etym. = etymologia prov. = proverbium f./ff. = folium/folia R = recto femin. = femininum genus rec. = recentior fort. = fortasse

6

Tabula notarum in apparatibus V, M, F adhibitarum

resp. = respice, respicit, respicitur, etc. rhet. = rhetorica, rhetoricus S. = Sanctus schol. = scholium scil. = scilicet sec. = secundum secl. = seclusit, secludendum, etc. signif. = significatio sim. = similis sing. = singularis numerus s.l. = supra lineam sq./sqq. = sequens/sequentes ss. = superscriptum subintell. = subintellige, etc.

subst. = substantivum s.v. = sub voce s.v.l. = si vera lectio theol. = theologia, theologicus, etc. tit. = titulus transit. = transitivus modus V = verso v./vv. = versus, vox/versus, voces v.d./vv.dd. = vir doctus/viri docti vd. = vide vid. = videtur, videntur v.l./vv.ll. = varia lectio/variae lectiones voc. = vocabulum vocat. = vocativus casus

[161]

Προομιον

7

Proomion e« tn jhghuhsmenon ambikn kanna tn p t e ort toÜ 4givt toy Pne mato« o prooimoy pr« t twlei keÖtai ka  kat keÖnon krostix«

5

10

Prooem. 5Eoika«,  delw, Än pr makroÜ διωτριβε« pneymatikn jvsin τριχημερ ν ka laln promhuwsteron mwn, rwma d kat’ el beian, piteÖnai rti « son jn, « prouwsuai ka e« man« negkeÖn ka spoydn poisasuai gageÖn atn e« ntwleian. di tn toia thn γνμην π σεαψτ λλν, kau ti« öh, ka « oon paralaln λεπταλω ν, smeron jetr nvsa«, ka uwlhsa« e« pr»gma d sergon m προκαλωσασυαι, per stn !"γησι« et’ o!n dieykrnhsi« "mnoy mel8dikoÜ toÜ smeron #domwnoy t 4givt t8 Pne mati, parevramwnoy mn toÖ« t$ toiaÜta meteluoÜsin pimelwsteron, o mn ka e« tde baumoÜ kauest suai joy peykto« %pouwse&« te g$r öxetai orana« ' toioÜto« "mno« di$ tn %peroyr nion Par klhton, | (n posemn nei peri)dvn, ka at« ken* synejaretai e« son on te, t$ mn pez pro+,n t r sei « e ka semn$ b dize, t$ d ka öpoxo« metrik "cei diekainmeno« . sysxhmatizmeno« t$ per tn

V

Inscr. Estauoy toÜ 4givt toy rxiepiskpoy Uessalonkh« proomion e« tn jhghuhsmenon ambikn kanna tn p t Yort toÜ 4givt toy Pne mato« o prooimoy pr« t twlei keÖtai ka  kat/ keÖnon krostix« SA toÜ 4givt toy mhtropoltoy Uessalonkh« kyroÜ Estauoy proomion e« tn jhghuhsmenon ambikn kanna o prooimoy pr« t twlei keÖtai ka  kat/ keÖnon krostix« V de re vd. Proleg. 265*–267*, 281*–282*

F

Prooem. 1 5Eoika« – delw: cf. Theod. Prodr. Comm. Hymn., prooem. 1, 10 5Eoika«, nurvpe toÜ ueoÜ. Vd. etiam infra 255, 15 1–2 διωτριβε« – τριχημερ ν: Ar. Vesp. 849 omoi diatrcei« kpoleÖ« trichmern 5 γνμην – λλν: Ar. Nub. 761 m nyn per saytn e0lle tn gn&mhn e 6 λεπταλω ν: Hom. Il. 18, 571 6–7 pr»gma d sergon: vd. infra Prooem. 27 (meg l8 pr gmati), 28–29 (#ρτον … βαρ$ν), 57 (%γγαρε&α«) necnon infra 219, 25–26 (kpoy … kpon) et al.; vd. Proleg. 121* cum adnot. 612 7 προκαλωσασυαι – !"γησι«: cf. Theod. Prodr. Comm. Hymn., prooem. 1, 10–12 pr« tn … jghsin prokalo meno« 9 toÖ« – pimelwsteron: ad Theod. Prodromum, qui hunc pentecostalem canonem explicare neglexit, spectare vid.; vd. Proleg. 63*–67* 13–14 t$ mn – diekainmeno«: cf. Eust. 661, 17–20 ti t« 1ta 2ac8da«  mn öpoxo« rv+k "cei pigra toia th …  d peze oysa a"th et Valk ad loc., quod nobiscum Cesaretti communicavit (cf. etiam Suid. i 467), vd. Proleg. 176*–177* cum adnott. 934–935; cf. Comm. Dion. Per. 207, 10–12 ka o"tv« nt 4ploÜ ginmeno« oon dglvsso«, o p nth metwvro«, od/ k metrikoÜ t$ p nta laln 3xmato«, ll/ östin ph ka b dhn t lg8 pro+&n

8 15

20

25

30

35

Ε σταυοψ Υεσσαλονκη«

[163]

ueiot thn önnoian ka lwjesin gkroanvn poihtik&teron (östi d o ka o p ny synhuwsteron), toÖ« tribwsi t$ toiaÜta, o« t el« pelhtai, dokeÖ di’ ayt e« ekna oon ueiot thn pro6stasuai probeblhmwnhn mn proskynht«, o mn kathjivmwnhn ka tino« peri ptoy k lloy« toÜ p jhgsev«. o"tv g$r atiologeÖn parstata moi t tn jhghsamwnvn perstroon p toide kal, e m ti ra kenoi« ehrwsthto tn glayr$n 4gan sragÖda ta thn paraknhton eÖnai t kat’ ato7« nepiskwpt8, 9 ka llv« π»σαν τ'ν δ#!αν toÜ toio toy ueoy :smato« (σ pare»sai katakeÖsuai, ok e« nepibo leyton, ll$ pr« m uhton uaymasithta, ;na t mysthri&dei uaym zoito m»llon 9 t k nsei, ox’ o;< te oϊs* t megale8 t« Yort« syneparesuai. >ll’ o"tv mwn,  ilth«, p o"tv meg l8 pr gmati smeron telesorsa« pr« önstasin tn ’ mÖn jvsin, #ρτον mÖn pwuoy, eue m « twlo«, βαρ$ν. g, dw, xrvsue« ok o0da ete üxr8 ete ryumati ’ o« jvmai (ka γ)ρ ?ma α*δ« te κα+ #βο« %pluw me,  mn m, pan*n meno«, sk&comai polyeid«, ' d mpote, katane sa« e« örgon ka o"tv toÜ stadoy genmeno«, posyrixusomai klvzmeno« toÖ« ka toÜto t kaln n toÖ« rti ilotimoymwnoi« eper ti llo tn di$ spoyd« poll«), mv« maytn sympesa«, ;na m p plwon eltai per s logism« 3rwjev« (uea« mn t @nti, | 3xlhr»« d e mhdwpote potelesueh), gnomai, do , toÜ soÜ uelmato«. ka peid p lai 4gan piuyman n cyx σψλλαβ#μενο« ka ,διν"σα« !ωτεκε« tn smeron « oon kairoylaksa« pthde«, mai&sesuai Akv t potexun ka kurwcasuai, « perest moi toÜ öxein, ka podoÜna

V

29 « V: e« A 31 sk&comai VA servavimus (cf. infra 1, 13 lelwjetai): skvusomai Migne 39 (kurwc)a(suai) VaA3 super rasuram: (kurwc)e(suai) Vb super rasuram

F

15 gkroanvn: cf. infra 243, 11; vd. Eust. 263, 11; 837, 38 et al.; Valk II, lxxxi 18–19 kathjivmwnhn – jhgsev«: cf. Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 8, 10–12 kaln ka kaln k lliston  tn uevn to tvn #sm tvn genhsomwnh jghsi« ka saneia 20 t – perstroon: cf. supra ad Prooem. 9 21 tn – sragÖda: cf. Ap. 5, 1 biblon … katesragismwnon sragÖsin Ypt ktl.; cf. Theod. Prodr. Comm. Hymn., prooem. 2, 11 stryntero« lwgv noÜ«  lwji« glayrvtwra; Comm. in Cosm. Hier. Hymn. in Nat. Dom. 30, 13–14 pr« katanhsin tn glayrvtwrvn 2hm tvn ?ma ka nohm tvn to7« p t mysthr8 to t8 "mnoy« diermhne svmen 23 π»σαν – (σ: cf. Ps. 44, 14 p»sa  dja … ösvuen 28–29 #ρτον – βαρ$ν: cf. Ps. 37, 5, necnon Matt. 23, 4 ορτ&α βαρωα, quod Skrekas nobiscum communicavit 30 ka γ)ρ – me: cf. Hom. Il. 15, 657 sxe g$r ad,« ka dwo« 32 toÜ – genmeno«: cf. 1 Cor. 9, 24 33–34 toÖ«1 – poll«: cf. supra ad Prooem. 9 37 σψλλαβ#μενο« – !ωτεκε«: ad Ps. 7, 15 (do7 Bdnhsen dikan, synwlaben pnon ka öteken noman) spectare vid.

[164] 40

45

50

55

60

Προομιον 15 – 61

9

soi ok o0da mn eper r8da tin$ gwnnan, piuhkda dw tina p ntv« n, o;an toÖ« 4ploystwroi« ka atn periblwpesuai. κατωγνμεν g$r τ'ν %νυρπ&νην $σιν, odwn ti tn n t kau’ m»« b8 ponhm tvn p nth p ntv« joyuenoÜsan ’ ?pasin, od t ayltaton ka, « epeÖn, ο.δεν#σρον ka östi t pr»gma moion « e ka tn k g« nadidomwnvn lloi« lla pr« rwskeian eprsita ökkeintai. gapsv goÜn ka at« e ka tisi metroi« jivusetai e« ntyxan lueÖn per rti gaun, kat’ m krnonta, rg somai ka östai lwgein ka mo di’ kenoy« to7« pr« mo @nta« t toÜ glykwv« epnto« « ra κα+ γ/ ν τ γ τι« α&νομαι ε0ναι. e d ka to toy diekpesoÜmai toÜ semn&mato«, rkwsomai t s ka mn* earestsei, ka t levoro menon uaÜma m öxvn, ilsv t monre«, ka t toÜ loy ka t« @ntv« ila« r8 parapja« tn Yniaan ta thn g phn di$ tn nteÜuen peporismwnhn moi exn, ok eϊjomai pleonektsai « uelsai plhuynuna moi lgoy« emoy«, oa poll ki« %polaleÖn kat’ maytn evu,« «, kau$ σον βο$λεψμα 1ν τ)« πολλ)« ξε3ρα« νικ4, o"tv ka ma ex gau tn myron öpainon. ginmeno« o!n, toÜ loipoÜ, t« s« %γγαρε&α« p μιλιασμο3«, 'psoi« eod&sei t ?gion PneÜma k tn son deln elmenon x rin, o«  4givt th toÜ UeoÜ kklhsa pwplhuen, n rjomai o per zthsa«. | Ka d n pr&toi« parashmanomai ti, polln %pagntvn t toÜ prokeimwnoy mÖn skwmma kanno« e« tn kuwmenon to7« despotiko7«

V

41 post o;an add. putat te Paramelle, fort. recte

M

Prooem. 41–42 gn&mh VA

F

40 piuhkda: cf. Op. 325, 44–46 (Ep. 19, 44, p. 61 Kolovou) t$« m$« piuhkda« … perigymnoÜn; Io. Sicel. Comm. in Herm. Id. 6, 229, 19 (Walz) puhkoi piuhkda« kat$ tn paroiman; Ptochoprodr. 4, 18–22 (Eideneier), ut Cesaretti nobiscum communicavit 41–42 κατωγνμεν – $σιν: cf. CPG II 345, 22–23 (Apost.); Stob. 4, 56, 7 (V, p. 1125, 3–4 Wachsmuth), ex Euripidis Inone (fr. 7 Jouan-Van Looy) 44 ο.δεν#σρον: Hom. Il. 8, 178; cf. Eust. 706, 1 49 κα+1 – ε0ναι: Theocr. 11, 79 55 σον – νικ4: Eur. Antiop. fr. 22, 3–4 Jouan-Van Looy, quod laud. etiam sch. in Hom. Il. 2, 372b (I, p. 265, 21 Erbse); cf. Eust. 240, 42–43 %pertuhsin o!n t« ndra« tn rnhsin, kau$ ka Eripdh« hs son Cn bo leyma t$« poll$« xeÖra« nikD et Valk ad loc. 57 %γγαρε&α« – μιλιασμο3«: ad Matt. 5, 41 ka sti« se ggare sei mlion Fn, "page met/ atoÜ d o spectat 60–95 Ka d – Damaskhn: de Eustathio hunc pentecostalem canonem nullo modo Io. Damasceno (ut usitatum) tribuendum, alii quamquam obscuro auctori (Io. Arclae) adscribendum adfirmante cf. infra Prooem. 107–145; 249–307, necnon infra ad Prooem. 125; de re Proleg. 83*–103* 61–62 to7« despotiko7« ambeoy«: de Hymn. in Nat. Dom. (PG 96, 817D – 825A) et Hymn. in SS. Lum. (PG 96, 825A – 833B), vulgo Io. Damasceno adscriptis, intell.

56 öpainon p.c. A

57 t« p. c. V

55 gn&mh VA

10

65

70

75

80

85

Ε σταυοψ Υεσσαλονκη«

[165]

ambeoy« tn e« tn gwnnhsin toÜ Svtro« XristoÜ ka tn e« t b ptisma, kenoy« d a!ui« e« tn p mmegan /Iv nnhn tn Damaskhnn, g&, ok öxvn genwsuai 2rkl»n d laloÜnte« poukh« toia th« e0en p jioi, $n plattmenoi toiaÜta pigr vsin ndr si perivn moi«. ka ok

V

132 ka deest ap. Allatium2 135 toÖ« C lloi« VABas. grandiore littera, suadente Paramelle, scripsimus: toÖ« ciloÖ« maluerit Fiaccadori 136 tmv« VABas.: twxnv« Allatius2 dw VA: om. Bas. 138 sillanoysin VA: silanoysin Bas. syb&t* VABas.: syb&thn Allatius2 140 toiaÜta VABas.: t$ toiaÜta Allatius2

F

126–127 ilopn8 – ndr: cf. possis Theods. Gramm. Comm. Hymn. 382 illoge ka ilpone, de Ioanne quodam, cui eius opus dedicatum est 127–128 tina son did skalon: ad Georgium Choeroboscum grammaticum Eustathius spectat; de ratione inter Choeroboscum et auctorem hymni intercedente vd. Proleg. 49* cum adnott. 254–256, 89*, 100* cum adnott. 518–520, al. (Cesaretti) 129 Xoiroboskn: de contumeliosa signif. huius epitheti, quod non solum subulcum sed etiam lenonem valere dixeris, cf. possis Ps.-Io. Dam. Vit. Barl. Ioas. 11 (p. 110, 149 – 111, 166 Volk = PG 96, 957BC) öpemcen atn … e« to7« gro7« atoÜ bskein xoroy« tn traxyt thn ka bdelyr$n 4martan o"tv kalwsa« et Suid. x 601 xoÖro« … t gynaikeÖon adoÖon. önuen … xoiropvlsein, nt toÜ … misuarnsein 130 te – okeÖa: cf. possis Hsch. Eul. 34, p. 2 Latte d< xeir gr vn g&, al. 131 tn Massalivtikn Psan: de Massalia cf. possis Comm. Dion. Per. 230, 27 – 231, 14; de Massiliensibus Pisis (aliae quam /Olympiak Psa illa ab Eustathio laud. infra 91, 12 et al. in scriptis suis) vd. Proleg. 164*–165* 132–133 dyshmeÖn – 3nmasi: de re Proleg. 165*–167* 133 sk lon: Henricus Canis Pisanus alt. parte saec. XII eminebat, vd. Proleg. 165* skl bon: ad cognomen mercatorum quorundam ex Venetiis (Schiavo/i vel Sclavo/i), minime Pisis, spectat, vd. Proleg. 165*–166* 134 pag non: ad cognomen Paganum (-no/-ni) vel etiam Paganellum (-lo/-li), quod Pisis commune erat, spectat, vd. Proleg. 165*–166* 135 ( – pisymbwbhken: error Eustathii, qui Psyllorum (cf. Her. 4, 173, Et. Gud., Sturz 574, 63 C lloi, @noma öunoy«, al.) Atarantiumque (cf. Her. 4, 184, 3–5 /At rante«, o[ n&nymo esi moÜnoi nur&pvn 4lwsi mn g$r s sti /At rante« oϊnoma, Yn d Yk st8 atn oϊnoma odn keÖtai, Stob. 4, 2, 25 [IV, pp. 158, 19 – 159, 3 Wachsmuth]) nationes confundit, ut nobiscum Braccini communicavit 139 poukh« toia th«: i.e. arculae, vd. supra Prooem. 125 cum adnot. et Proleg. 90* cum adnot. 471

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Ε σταυοψ Υεσσαλονκη«

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pagore v « t p»n ndra uetwon keÖnon, t te lla son ka moysikn, pistmona prouwsuai ka o"tv« 4rmsasuai to7« ueoy« "mnoy« pr« mwtron zl8 llg8 pe toi pollo7« odamen ka toio toy«, ön te toÖ« palait toi« ka n toÖ« kau’ m»«, o[ t$ graik$ metatiuwmenoi jhll ttonto. ’O goÜn n 4goi« patri rxai« odimo« Loyk»«, (« νεωλην ξρψσ;ν eergesa« mÖn (βρε!εν te 1men n diaknoi« teloÜnte«, ntetyxhk,« poimati r xnh« uaymast kat$ popoi6an (per n spdi mn gwgrapto, nwkeito d e« uaÜma per poy t$ nt« toÜ meg loy rontisthroy per demato Sto dio« ' ’RvmaÖo«), pohsw ti ka at« moion, e ka m p ny n xr pr« gg thta (1n g$r lhu« keÖno t palain mmhton), oϊ t poy pazvn odam« od ' ?gio« gwrvn keÖno« ll , n t sx sai t s ntonon toÜ pneymatik« uleÖn, poio meno« ka tn deian örgon ka tn n paylan spoydn tina ka tn nesin öntasin e« glyk7 gaun, . ti« prosanasx,n öxoi Hn lwgein « od’ o"tv kak«. Pr d kenoy odamen örgon logikn po|nhun te t ’Rvma+kn skptron üruoy ' Komnhn« >lwjio« o örgoy skop« ?ma ka potwlesma stxoy« rv+ko7« kuwsuai, koryoymwnoy« mn e« posn t dokoÜn t kat’ keÖnon mo s*, riumoymwnoy« d Fkaston gr mmasin soi«, « mhd Cn öpo« %perpaein t prosexw«, od goÜn Yn stoixe8. ka ökeinto t$ stoixeÖa p nta kau’ eJrmn, « e0nai dlhn tn n atoÖ« jsvsin. ka t mn pl to« t« popoi6a« kenh« perieÖxen nnoa« posemnyno sa« tn atokr tora, oJ d t$ tn stxvn d o kra

V

146 goÜn VABas.: g$r Vall. patri rxai« VABas.Vall.: patri rxh« Allatius1 Mai 148 uaymast VABas.: -n Vall. 151 m om. Vall. 160 keÖnon (scil. tn stxon) V exeunte pagina A: keÖno (scil. t örgon) dubit. Kambylis

F

141–142 t te lla – pistmona: cf. infra 134, 19 et 248, 12 (so« melik«) 146 ’O – Loyk»«: de Luca Chrysoberga episcopo Cpolitano (1157–1169/70) intell.; de familiaritate inter Lucam et Eustathium vd. Proleg. 9*, 153* 146–147 νεωλην – (βρε!εν: Pind. Olymp. 7, 34; nota paronomasiam (xrysn – Xrysobwrgh«) hic adhibitam ab Eustathio 148–150 poimati – ’RvmaÖo«: carmen figuratum inscriptum in averso lapideo scuto quod ap. Studitarum coenobium Cpolitanum proponebatur intell., probante Cesaretti (Proleg. 150*–152*) 148 kat$ popoi6an: cf. supra Prooem. 80–81, infra 133, 1, al., necnon Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 26, 8; cf. possis Eust. 3, 46 et Valk ad loc.; fort. de iambicis vv. intell., vd. Proleg. 152*–153* 150–151 pohsw – gg thta: de Lucae Chrysobergae carmine figurato vd. Proleg. 149*–153* 157–158 odamen – /Alwjio«: quo de carmine figurato, hexametris tamen composito Alexioque Comneno imperatori dicato, vd. Proleg. 153*–154* 159 stxoy« rv+ko7«: cf. infra Acrost. 3 cum adnot. ad loc.

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Προομιον 141 – 193

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perierxmenoi nagnstai ka stoixeÖon stoixe8 pistoib zonte« e"riskon k dejin öpo« potelo menon rv+kn ka j ristern moion Fteron. ka 1san di zoysai krostixde« kyrv« taÜta kau’ Yayt$ Yk tera, odwn ti toÜ daoy prosaptmenai. ka kategr eto e« tetr gvnon krib« keÖno t pohma, pleyraÖ« periexmenon o grammikaÖ« ll$ grammatikaÖ«. ka aJ di metroi, ll$ ka ata uaymast« shmeioÜnto gr mmasin ryuroÖ« 3nmata g$r semn$ twssara sogr mmata, katasyrmena n t et ktv« teueÖsuai, parwainon rx$« diamwtroy Ykatwra«. ka e0xen nu mion ' blwpvn mhdwn ti kvl esuai tn texnthn toÜ poihtikoÜ tetrag&noy kenoy ka keraoi« diamwtroi« xi sai t atoÜ mbadn, eper Vuelen ok Vuelen d ra keÖno« ll , diametrsa« rxik« ka e« t$« rx$« ntimet&poy« keÖsuai lllai« « nnoeÖsuai diamwtroy« kena« pr« ntwleian, texn sato n t mesait t8 t« popoi6a« atoÜ ka sxm

ti 2omboeidw«, k tess rvn gramm tvn at diagr ca«. ka 1n steÖon keÖno t pnhma, ka llv« mn ka di$ toÜ deji« d at diagranai t$ mn g$r pleyr$ toÜ loy tetrag&noy ka aJ tn diamwtrvn n 3nmasi katar|xa ka ' 2mbo« ryuroÖ« ganoÜnto parayg zonta gr mmasin, ' d loip« 'lk« ' kat$ t mbadn synuv« e0xe t« gra«. ka 1n at pangyr« te @cev« ka sron galma cyx«. Ka  nh ' nurvpo« keÖno« mÖn deji«, na dw, od ce deto tn dejithta pr« lueian, vr uh d o kat rja« at« toÜ kaloÜ toÜde ponmato«, ll$ paralab,n at j e%rwsev« palai»« prowkeito g$r kenoy ’Ellhnikn toioÜto pohma, « t p»n par llakton dxa ge tn nnoin t mn g$r pr« mmhsin deytereÜsan basilwv« eseboÜ« exeto, t d rxwtypon jvterikn nnoin Vrthto. ka t$ mn lla kenoy parluw me `xeto g r moi t biblon ö« poy tn Latnhn (omoi dw, ti nemnsuhn oa öpauon axmalvtisue« ka o"tv doylvue« e! moi dw, ti pr« toÜ leyuervtoÜ t @nti UeoÜ lwlymai),

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170 ll$ grammatikaÖ« in marg. supplevit A3

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169–179 tetr gvnon – 2omboeidw«: cf. Comm. Dion. Per. 401, 28 – 402, 5 187–189 prowkeito – nnoin: de hoc carmine figurato vd. Proleg. 154*–156* 189–190 basilwv« eseboÜ«: vd. supra Prooem. 157–158; cf. Or. 14 (p. 236, 61 – 237, 65 Wirth) /Alwjio« … (n ndot tv t« cyx« wrv kemenon 191–193 `xeto – lwlymai: cf. Op. 295, 57–60 (Exp. Thess. § 97, p. 112, 14–16 Kyriakidis) et al.; quod Eustathio fortunae librorum cordi fuerunt, scitur; vd. etiam Op. 249, 57–84 (Vit. Monach. § 144, 1–20, pp. 160 – 162 Metzler) 193 leyuervtoÜ – UeoÜ: cf. infra 118, 14–16

188 toioÜto scripsimus: toioÜton VA

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Ε σταυοψ Υεσσαλονκη«

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brax7 dw ti memnhmwno« öxv nawrein « man mn rxn diamwtroy parwsyren ' S rapi«, daimnion at @noma, t$« d loip$« treÖ« Ftera moia, sogr mmata ka at . tn d 2mbon tetrag&nizen ' Ze «, n toiDde katagra z e

200

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y s

oa toÜ mn z keimwnoy mwson stxoy d< kau’ Yayt, toÜ d s %pobeblhmwnoy met$ öpo« Fn, « oon kat tina k ueton, n d t mws8 to tvn moÖn stx8 parakeimwnvn toÜ e ka y symmwtr8 mesolabsei stoixeoy 9 stoixevn, « Hn gwnvntai at$ %potenoysa koin toÖ« dys trig&noi« toÜ 2mboy, diagrawnto« m la ekrin«, peid t$ öph keÖna o pr« p knvsin toÖ« gr mmasin stoib zonto, ll$ er umv« raioÜnto pr« edi rurvton. ka toiaÜta mn keÖna t$ d o kat$ popoi6an plateÖa, tetrammwna par$ ndr sin o« 1n ka  sxol spoyd. | ’O d metrsa« m»« xrno« öhne ka at« ndra leythn dejin jan ein logik$« gxeirsei« a« Hn pib loi, /Olynthnn t pklhn. ka edomen Jstn (n keÖno« j ane metrik« ka uaym samen, ko onte« mn t twxnhma ka k palaioÜ, oϊpv d peritetyxhkte« toio t8 mwxri ka « atn. 1n d t Jsto rghma keÖno toioÜton. stixid8 pr&t8 %pwkeito Fteron moion, stoixeoi« graikoÖ« « par leipton kat’ keÖno poso menon, ka t deytwr8 trton %pwstrvto mer« t ge e« riumn gramm tvn, ka t trt8 twtarton, ka toÜto xomwnv« Fv« o keÖno« ete Vuelen ete d nato. ka t$

V

194 nawrein corr. Mai: nawrvn VA 208 plateÖa scripsimus: platwa VA tetrammwna Migne (post platwa): tetr mena V (tetramwna W) tetr gvna A gegrammwna maluerit Kambylis, fort. recte 217 t trt8 V: t trton A

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195 ' S rapi« – @noma: cf. Eus. Caes. Praep. Ev. 4, 22, 15 (PG 21, 504) 196–197 n – katagra: eiusdem generis figura rhombi etiam in commentario ad Dionysium Periegetam descripta invenitur, cf. Comm. Dion. Per. 401, 35 207 pr« edi rurvton: cf. possis Eust. 106, 12 210–211 leythn – /Olynthnn: de quo vd. Proleg. 156*–157* cum adnott. 212–231 ka – son: de hoc carmine figurato cf. Eust. 407, 7–9 *addit. marg.* /Istwon dw, ti t kau/ 6Omhron %anesuai lgoy« (Il. 3, 212) rwuisw tina« tn %stwrvn syntiuwnai stxoy« « n t p8 % nsev«, o?« ka Jsto7« Bnmazon et Valk ad loc. („hoc genus carminum tantum ex Eust. notum esse videtur“); vd. et inseqq. adnott.

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Προομιον 194 – 236

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gr mmata (kionhdn oon diatetagmwna kat’ ekrneian n t Fkaston stxon Yk st8 pikeÖsuai nakemenon, « e ka lllvn t$ stoixeÖa jrthnto)  ntazon stylskoy«, to7« mn kat$ pl to«, to7« d kat$ b uo«, 3ruo7« ?panta«. ka symbibazomwnvn tn n Ykatwroi« nnoin nagnvstik« krostixdvn dkhn, klhroÜnto da« mn nnoa« oJ kat$ pl to« @rdinoi p’ rx« mwxri toÜ teleytaoy, da« d sa tv« oJ kat$ b uo«. ka 1n o Phnelph« Jst« keÖno« ' ka Jstoro meno« ka nagmeno«, 9 ’Elwnh« pwplo« ’EllhnikoÖ« eule masi kat pasto«, ll$ mplok soa«, ]« örgon kaln ka t p rergon. JstoÜ d to toy stmone« mn oon t$ kat$ b uo« öph, krkh d t$ toÜ pl toy«, ka logzetai  mn to toy pohsi« "ansi«, « oon d n lysi«  n gnvsi« ka ' stsa« keÖnon prosy« Hn 2hueh lgon jy nai son. « d d sergon t toioÜton j asma gn&setai ' peirasmeno« at diaxeirsesuai, so« mn smeno« eper at krib&setai, o dynhsmeno« d di$ twloy« od’ at« n polloÖ« e0nai kat$ tn o"tv« epnta so«. Ptwryga« dw | ge ka jna« ka Z$ ka bvmo7« u rmata ka at$ Moysn (semnteron d  nai, g lmata) Uekrito« paradeikn tv, ka

V

222 Ykatwroi« p. c. V 225 Jstoro meno« VA: Jstoyrgo meno« possis 226 ka nagmeno« in marg. supplevit A3 228 to toy VA: t[oi]o toy maluerit Kambylis

F

222–225 ka – b uo«: cf. Eust. 407, 9–10 *addit. marg.* stxoy« … {n Fkasto« n sthti gramm tvn plvmwno« kat$ pl to« mn llv« negin&sketo, Ytwrv« d kat$ b uo« n nomoithti nnoin 225–226 Phnelph« – nagmeno«: cf. Hom. Od. 2, 94–105 sthsamwnh mwgan Jstn n meg roisin "aine ktl. et Eust. 1436, 49–53; vd. praesertim 1437, 19–31 cum allegorica explicatione 226–227 ’Elwnh« – soa«: cf. Hom. Il. 3, 125–128 Ä d mwgan Jstn "aine dplaka poryrwhn, polwa« d/ nwpassen wuloy« Tr&vn u/ Jppod mvn ka /Axain xalkoxit&nvn ktl. et Eust. 1436, 49; 392, 29–40; vd. praesertim 392, 32–36 (Helenae peplum poemati cuidam adsimulatum) ka poieÖ tn bblon ta thn Qsper ’Elwnh« llon Jstn et Valk ad loc. Pwplo« per metaphoram dictum est infra 241, 24; Op. 54, 19–21 (Prooem. Pind. § 2, p. 6, 18–19 Kambylis) 227 örgon – p rergon: cf. Op. 54, 62–63 (Prooem. Pind. § 4, p. 8, 11–12 Kambylis) « e0nai östin o tn parwkbasin t p rergon toÜ örgoy t« Zd« mezona; vd. et Theod. Prodr. Comm. Hymn., prooem. 2, 33 toÜ örgoy meÖzon poieÖsuai t p rergon 227–229 JstoÜ – "ansi«: cf. Eust. 407, 7–10 *addit. marg.* syntiuwnai stxoy« « n t p8 % nsev«, o?« ka Jsto7« Bnmazon … ka 1n n toÖ« toio toi« öpesi t mwn ti [b uo«] sane stmvn, t d [pl to«] « oon krkh; cf. et 407, 4–5 « g$r  t« krkh« keÖ t stmoni pis nuesi« poteleÖ "asma, o"tv ka lgon  synukh tn lwjevn et Valk ad loc. 229 n lysi«: cf. Eust. 1437, 21–22 n lysin … toÜ toio toy JstoÜ %ponoeÖ tn o"tv par$ toÖ« ilosoi« legomwnhn 230–231 lgon – son: 233–234 od/ at« – so«: ad Hom. Il. 3, 212 m uoy« ka mdea … "ainon spectat Hom. Il. 23, 670–671 od/ ra p« 1n n p ntessi örgoisi damona ta genwsuai resp. 235–236 Ptwryga« – paradeikn tv: ad Ps.-Theocriti Technopaegnia (Anth. Pal. 15, 24; 15, 22; 15, 27; 15, 25–26) spectat; de Theocritea Syringe vd. supra Prooem. 108–110 236 Moysn – g lmata: cf. possis Comm. Dion. Per. 204, 32 Xartvn g lmati

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255

Ε σταυοψ Υεσσαλονκη«

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e ti« llo« toioÜto« kanetai o spoydaoi« keÖno« gelooi« kdido7« Yaytn, kat$ to7« diakrtoy« jetast «, ll$ pr« o a lhn spoydn ste+zmeno«. n o« östin epeÖn « 1n atoÖ«  toia th rg8da κ#πο« krostix«" Ueiogen« Lge, PneÜma par klhton p lin llon /Ek Genwtoy klpvn ]ka« pixuonoi« Oa pyr« gl&ss*si wron uethto« loy Sma te«  tlh« ka x rin %mnoploi«.

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acr. 1 acr. 2 acr. 3 acr. 4

Acrost. To tvn d tn tess rvn pn t mn prton ka t trton r esin, legeÖa d t de teron ka t twtarton potapn d t ron ka oon t legeÖon nalektwon k tn jhghtn. ' d noÜ« atn toioÜto«  k UeoÜ Patr« gennhue« Lge, öpemca« mÖn toÖ« pixuonoi« ka di$ toÜto tapeinoÖ«, « n gl&ssai« pyr«, kau$ ka ' kan,n did jei, PneÜma par klhton p lin llon Vgoyn de teron toÜton nÜn met$ s nalhuwnta e« orano «, ;na parakltoy Vdh soÜ toÜ €JoÜ katab nto« e« m»« par klhto« p lin ölu* deyter&mato« lg8 k tn klpvn toÜ Patr« t pestalmwnon ?gion PneÜma, wron at toÖ« %mnhtaÖ« t« 4ga« Tri do« ka shmeÖon loy uethto« te«  tlh« Vgoyn t« s«  sev« 9 gennsev«, ka toÖ« %mnhtaÖ« x rin tn p toÖ« "mnoi«. /En to toi« d t mn ueiogen« k prou rvn,  asi, diekanei tn metrikn n popoi6ai« biaan periolkn, di’ Än ueiogen lwgei tn Lgon, dwon dy stv« epeÖn m n diugg8, ll’ n mn8 t e stoixe8, ueogen prdhlon g$r « llo mn Ue«, llo d ueÖon (

V

STROPHA acr. 2 ]ka« Bas: ]ka« Vgoyn öpemca« VA Vgoyn öpemca« deest ap. WMai acr. 3 wron V: wrvn A Acrost. 7 nalhuwnta p.c. V 11–12 toÖ« %mnhtaÖ« fort. secl.

M

STROPHA prope strophae textum  krostix« VA Acrost. 1 önnoia t« krostixdo« in col. disposita VA 13 ueiogenw« in col. disposita VA

F

Acrost. 1–2 To tvn – twtarton: cf. Theod. Prodr. Comm. in Io. Dam. Hymn. in Nat. Dom. 58, 11 3 ron … legeÖon … k tn jhghtn: cf. sch. in Hephaest. B V 13–14, pp. 282 – 283 Consbruch 4  – gennhue«: cf. Theods. Gramm. Comm. Hymn. 387 e! Lge ueigene«, ' k UeoÜ gennhue« 5–6 kau$ – did jei: cf. infra vv. 14, 55, 58, 108 7 s – orano «: cf. Marc. 16, 19 ' mn o!n K rio« met$ t lalsai atoÖ« nelmuh e« tn orann, al. 8 par klhto« – ölu*: cf. Io. 14, 16.26; 15, 26; 16, 7 11  tlh«: vd. infra Acrost. 53–60 13 k prou rvn: cf. Eust. 3, 10

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κροστιξ« 1 – 35

23

goÜn cyx, Ue« m o!sa, ueÖn stin), Qste ka llo mn ' ueogen« Lgo«, llo d ' ueiogen«. sv« d o par$ gwnnhsin tn n dysn metabloi« Lgo« nÜn rrwuh ueiogen«, ll$ par$ t koin« legmenon genwsuai, | pe di’ atoÜ Vgoyn toÜ UeoÜ Lgoy meÖ« ueÖoi ka ueoeideÖ« ginmeua. e dw ti«, t ueÖon o parag&gv« !e«" metoysiastikn lamb nvn ll$ tn Uen atn o"tv non, ueiogen lwgei tn k ueoy Vgoyn k UeoÜ Patr« Lgon, ok o0da eper e%rsei tn pragmnv« podexmenon toÜto m goÜn oϊkoyn rwskei o"tv noeÖn. Per d parakltoy ersetai t dwon n toÖ« Yj«. T d llon 9 4plo+k« sv« erhtai nt toÜ Fteron 9 pr« krbeian dogmatikn, Än o0den ' kribvs meno« t Ισρα'λ μωγα τ Pνομα α.το@, poy ka ' c llvn « μεγαλ$νομεν κα+ χο@μεν τ το@ Κψρ&οψ Pνομα, kal« ölegen keÖ g$r %perlan megal neto.  d toia th gnsi« ete edhsi« ka k p ntvn paiteÖtai nur&pvn, δετε g r, hsn, Zτι γ ε*μι Ue«, per st gnte, nosate. ll$ prtai mn a tai ka de terai gn&sei«, aJ mn atoÜ aner« o!sai UeoÜ, aJ d mÖn j kenoy ll mpoysai. es d

V

73 13 («- pithde mata in marg. A 17 p nta A super rasuram megal neto iterat A, exeunte et ineunte pagina 10 (de)te s. l. V ta A1

M

73 16 per toÜ edwnai ka gin&skein VA sevn VA

F

11 Uen – gn&sevn: cf. supra 68, 1 cum adnot. 12–13 t$ – πιτηδε$ματα: 1 Regn. 2, 3 m kayx»sue ka m laleÖte %chl , m jelu tv megalorrhmos nh k toÜ stmato« %mn, ti ue« gn&sevn k rio« ka ue« Ytoim zvn pithde mata atoÜ 14–15 Yayt – uevran: ad 1 Regn. 2, 3 spectat 16–17 σS – ιλ σε: Io. 21, 15–17; cf. supra 73, 6–7 19–20 t – ation: vd. Procl. Diad. Comm. in Plat. Tim. 28a (I, p. 263, 19–21 Diehl); cf. possis et Alex. Aphr. Comm. in Arist. Met. 990a18 (p. 73, 18–19 Hayduck); Simpl. Comm. in Arist. De An. 414a4; 415b12; 418a29; 429a10; 430b5; 433b13 (pp. 104, 2–3; 111, 15; 130, 15; 218, 23; 251, 4; 302, 12 Hayduck); Syrian. Comm. in Arist. Met. 1084a7 (p. 147, 5 Kroll); Ascl. Comm. in Arist. Met. 990a12 (p. 68, 8–9 Hayduck) 22 « – ansetai: vd. infra 74, 9–10 74 3 mhdwna – Κψρ&οψ: Is. 40, 13 t« ögnv noÜn kyroy, ka t« atoÜ s mboylo« gwneto, (« symbibD atn; 5 γνστ« – Υε#«: Ps. 75, 2 7 ν – α.το@: Ps. 75, 2 8 μεγαλ$νομεν – Pνομα: Ps. 33, 4 10 δετε – Ue«: Deut. 32, 39

20 shmevsai VA

o0da« s. l. A 74 9 11 (prta)i A2: pr-

74 1 tn (om. A) gn&-

[240]

15

5

10

15

Εγησι« 73, 11 – 76, 2

93

ka llai par$ ta ta« gn&sei« UeoÜ, aJ tn kardin mn ka tn trbvn mn, e« ~« ka at$«  proti« pone oysa %pomimnskein dokeÖ tn Uen, « ka καρδ&αν καυαρ)ν öxein atn o0de ka euyporoÜsan narwtv« gin&skei. di ka zhteÖ j kenoy ntxarin, « Ytoim sai Vgoyn Ytomv« ka penteÜuen atn pithde sasuai ka t di’ ex« at. ka tonyn peuei proseyjamwnh ka pitygx nei toÜ etoÜ atmato«. | 75 E d ka YteroÖai gn&sei« es par$ t ’€cst8 m Hn synariumhsmenai taÖ« ken8 lai«, ka kenvn p ntv« at« k rio«, metaskey zvn at$« pv« Hn uwloi ka katakyrie ein ok ie« ka lymanesuai toÖ« atn uerape oysin, ll$ ka kena« p gvn 9 lloin ka t$« okea« nteis gvn katalpt8 x riti, Än ' öxvn ueologeÖ kat$ to7« prota« ka to7« mauht$« toÜ XristoÜ o katapnemeno« ponhroÖ« pne masi parenoxloÜsi toÖ« uevrhtikoÖ«, ll$ ka skepazmeno«, « ösv mwnvn skhn« uea« 9 4goy naoÜ, tn kreittnvn toÜ mvsa+koÜ gnfoy ka « o"tv« epeÖn uevn syxasthrvn. σκεπ7σ g r, hsn, α.τ#ν, Zτι (γν τ Pνομ7 μοψ. toia th d ka  proti« Žnna, gin&skoysa tn Uen n t skep zesuai %p’ atoÜ ka o"tv« n syx< kardiak« at ntygx noysa ka kragn mn o kr zoysa ka tran« ka torn, llv« dw, kau$ ' ?gio« /Ivn»« k toÜ ktoy«, bosa k synox« kardiak« ndmyxo«. di pansv« ka ' Day6d, met$ t skwpasma t di$ tn gnsin toÜ UeoÜ, pgage t κεκρ7!εται πρ#« με κα+ πακο$σομαι α.το@, « ge ka (τι λαλο@ντο« toÜ gauoÜ nur&poy ka prin d laleÖn κλ&νει τ ο[« κα+ πακο$ει α.το@. 76 To tvn d o"tv« xntvn, kal« Hn öxoi epeÖn m»« ka ti, u sasa  uaymasa proti« n t kat’ atn Zd pokvlÜsai

V

75 7 ka A: om. V

M

76 1 tn uen tn gn&sevn VA

F

13–14 tn – mn: cf. Ps. 138, 23 dokmasn me, ' ue«, ka gnui tn kardan moy, ötasn me ka gnui t$« trboy« moy 14 proti«: de Anna intell. 15 καρδ&αν καυαρ)ν: Ps. 50, 12 kardan kauar$n ktson n mo 16–18 ntxarin – ex«: cf. supra 67, 10–12 17 Ytoim sai: cf. 1 Regn. 2, 3 pithde sasuai: cf. 1 Regn. 2, 3; cf. supra 73, 12–13 75 9 gnoy: ad v. 1 spectat, cf. supra 3, 1 sqq. 10 σκεπ7σ – Pνομ7 μοψ: Ps. 90, 14 12 n syx< kardiak«: ad v. 12 spectat 13 o kr zoysa: cf. 1 Regn. 1, 13 ka1 – torn: cf. infra 173, 2 cum adnot. 13–14 kau$ – ktoy«: cf. Ion. 2, 2–3 15 skwpasma – UeoÜ: cf. supra 75, 10 16 κεκρ7!εται – α.το@: Ps. 90, 15; cf. etiam Ps. 16, 6 et 101, 2; Is. 58, 9 16–17 (τι λαλο@ντο«: Is. 58, 9 17–18 κλ&νει – α.το@: Ps. 16, 6; cf. etiam Ps. 85, 1 et 101, 3 76 2 Zd: Annae canticum, 1 Regn. 2, 1–10

18 pako ei A: %pako ei V

76 1 (m»«) Vb: %m»« Va

94

5

10

15

20

25

5

Ε σταυοψ Υεσσαλονκη«

[241]

to7« %p’ at« didaskomwnoy« toÜ χηλ) e« %peroxn λαλε3ν ka t« megalorrhmos nh« Än t καψξ"σει 3padn odamen, « notvn @ntvn tn toiaÜta poio ntvn ka noÜn m xntvn ka gnsin ka di$ toÜto pestrammwnvn t Ue, atka ilosoeÖ « atxrhma gns« stin ' Ue« ka Ue« gn&sevn ka iln | to7« @ntv« at gnvsto «. di, toia t* ilos8 prosesxhk,« ' Ue« ka « e« kryka logis meno« ka atn ka did skalon, poddvsin at t di’ ex«, tn gaphtn dhlad tkon (n ”tsato. /Ep to toi« östi gorg« r sai « Uen gn&sevn  makarivt th Žnna epoÜsa tn K rion ilosv« ntipptei toÖ« blasmv« amwnoi« ε* (στι γν σι« ν τ ’gχ&στ8, mononoyx lwgoysa « meÖ« oJ nurvpoi ok pist meua ka di’ at, oa gnsin m öxonte«, 3elomen ka ato lwgein t τ&« (γν νο@ν Κψρ&οψ, (« π7ντα ο0δε ka πρ γενωσε«; at« g$r mno« t @nti so&tato« ka kau$ p nsoo« o"tv ka paggn&sth«, ka o gn&sev« 9 gn&sevn ll$ tn gn&sevn pasn K rio«. j {n syn getai ka « kaka« odemi»« keÖno« atio«.  g$r 4marta o gnsi« ll’ atxrhma gnoia. $n d at gnoia, od soan ra ' 4mart nvn öxei, kau 4mart nei. p nsoo« ra ka 4gi&tato« ' tn gn&sevn K rio«. e d ma tn gn&sevn ka  kat$ tn damiaan eloghtn syzygan, kau’ Än (γν hδ)μ τ'ν γψνα3κα α.το@, gin&skoysan dpoy ka atn keÖnon, ka ta th« ra t« gn&sev« ue« ' Ue«. poisei ra ka p’ at jiolog&taton sympwrasma ka pitdeyma, pine sa« e« symplrvsin o at hϊjato. 77 Ok nwndekton d epeÖn ntaÜua ka « ueologeÖ syneptygmwnv«  proti«, p ntvn tn gaun ation e0nai doj zoysa tn Uen. Ue« g r, hs, gn&sevn, odema d gnsi« dhmioyrgik rgoÜsa par’ ken8 pkeitai, ll$ p»sai e« örgon poteloÜntai gaun, ka at p ntv« ka prwpon toio t8 panag u8 dhmioyrg. Ok Hn d eh p rergon epeÖn ka ti symparektenontai t gn&sei t | gau t kat$ Uen ka  painet prgnvsi« ka  di gnvsi«

V

3 toÜ V: t$ A 7 @ntv« V: @ntvn A 25 hϊjato p. c. V 77 3 ma d in marg. A 4 poteloÜntai V (po)te(loÜntai) s. l. A1: poloÜntai A2 6 gn&sei V: gn&s* A

M

11 tn uen tn gn&sevn VA gn&sevn VA

F

3–4 χηλ) – καψξ"σει: 1 Regn. 2, 3 7 Ue«2 gn&sevn: v. 20; 1 Regn. 2, 3 13 ε* – ’gχ&στ8: Ps. 72, 11 15 τ&« – Κψρ&οψ: Is. 40, 13 15–16 (« – γενωσε«: Sus. 35a (42) 22–23 (γν – α.το@: Gen. 4, 1 25 pitdeyma: ad 1 Regn. 2, 3 spectat 77 2–4 p ntvn – gaun: ad 1 Regn. 2, 4–10 spectat

13–14 uikn VA

18–19 shmevsai VA

77 6 per

[243]

10

15

Εγησι« 76, 3 – 78, 9

95

ka  pgnvsi« ka  p u sasi ptasmasi dikaa kat gnvsi« ka  llgimo« j ggnoia et’ o!n syggn&mh ka  polyvn mv« kaloymwnh met gnoia ka met noia ka met gnvsi«, Vdh dw pote ka  mgnoia, te syzhtoÜsi pneymatik« oJ mignooÜnte«. gn&sei« g r tine« ka t$ toiaÜta ueoileÖ«. /En to toi« d shmeivtwon ka ti deji« ka so« ' mel8d« ntaÜua parwueto t dyn st* tn Uen tn gn&sevn, deikn7« «, kau$ tn twleion nurvpon dkimon odamen e0nai ka lg8 ka örg8, o"tv ka tn Uen edwnai prwpei ka dyn sthn ka gn&sthn, m lista d %peroxik« %pr toio toy« ?panta«, (« toioÜto« n ka gin&skvn t p t Žnn* poihtwon, ?ma d ka dynat« ün, pohsen at, oden« lloy sympr ttonto« prosdehue«.

!trop rion a2"

5

5

Žlhpto« stn  uearxikvt th. ’Rtra« g$r jwhne to7« gramm toy« —li« soist$« systomzonta« lg8 Ka t« bauea« nykt« jairoymwnoy« Lao7« peroy« strap toÜ Pne mato«.

21 22 23 24 25

78 5Estin, o0mai, tolmsa tina epeÖn ntaÜua örgoy kaloÜ toÜ kat$ t kteun trop rion m p ny τηλαψγD« προτευ;ναι πρ#σπον, ( d paiteÖ ' Ubhuen palatato« lyr8d«. e mn g$r n t pwmpt8 stx8 kemenon t strap toÜ Pne mato«, ok östi dotik, ll$ kat’ eu7 pwptvken  strap ka synt jei ti« ti lhpt« stin  uearxikvt th strap toÜ Pne mato«, ok Hn m la painoÖto t« | kra« %perb sev« ka t«, « n ti« tolmhrteron %perb loi, Zσον ο.ραν#« στ’ %π γα&α« diast sev« 9 kat$ "co« oranoÜ p g« 9 goÜn ll$ « son j %per}oy t$ %p gn deÖn 9 katakolymbsai b uion. ' g$r

M

STROPHA in tit. trop rion a2 t« g2 Zd« V trop rion prton t« g2 Zd« A strophae textum Yrmhnea VA

F

14 parwueto – gn&sevn: ad v. 20 spectat 78 1–2 örgoy – πρ#σπον: ad Pind. Olymp. 6, 3–4 rxomwnoy d/ örgoy prsvpon xr uwmen thlaygw« spectat 3 lyr8d«: cf. infra 91, 12; 92, 27 (Lyrik«); cf. Valk I, xc; II, li 5–6 lhpt« – uearxikvt th: v. 21 6 strap toÜ Pne mato«: v. 25 7–8 Zσον – γα&α«: Hom. Il. 8, 16 7–9 Zσον – b uion: cf. Eust. 694, 44–48 et Valk ad loc.

post

96

Ε σταυοψ Υεσσαλονκη«

[244]

15

t« pardoy nurvpo« ' pr gmvn ka el«, ko sa« « lhpt« stin  uearxikvt th, atka deÖn ntranzei ka t« kenh st, ka 3kneÖ namwnein p makrn tn pdosin. ka o"tv mn ok napa ei kon t makrn %perbatn. E dw ti llo nosei ti«, p koinoÜ lab,n @noma kat$ synueian palai n, ll$ toÜto jensei tn m ntrib« kro&menon. t xa g$r östai epeÖn ti, kau per k toÜ basile ein 2mato« @nto« e"rhta poy Ylkmenon kat$ koinoÜ @noma t ' basile7« 9 ' basile vn n t ο. μDν γ7ρ τι κακν βασιλεψωμεν, α0χ7 τω οL Vgoyn t basileÖ δ μ’ %νειν πωλεται, sa tv« d ka n t δικ7σ, *υε3α δD (σται,  k toÜ dik sv dhlad %pakoysueÖsa dkh, o"tv kntaÜua k toÜ jwhne 2mato« pareisd etai t nno< kat$ koinoÜ uhlykn @noma  ökansi« koinvnoÜsa t strap, ka lwgoi Hn o"tv«  önnoia ti lhpt« stin ökansi«  2tora« to7« gramm toy« knasa. 79 Epoi d’ n ti« 'mov« bias meno« ka « k toÜ lhpto« %ponohunai d natai s ltv« p koinoÜ  lci«  uearxikvt th, Än dhlad lamb nomen ka « lmma ndojtaton oJ Xristiano ka p gkoinon dgma öxomen, uearxikvt thn ka pareilhte« ka yl ssonte« tn triadikn n Yn Ue %pero sion joysan tn trisypstaton. Ati« lci« et’ o!n lab ka kat lhci« Ytwr8 lg8 lhpt« stin, pe ka το@το μ#νον α.τ;« ληπτ#ν, ^ %καταληχ&α, kat$ tn o"tv ilososanta. D natai d ka k toÜ uearxikvt th parelkysunai  kat rxoysa toÜ toio toy 3n|mato« uearxa ka potelwsai sal« ka 3ru« 'moan s ntajin. Ete tonyn kat$ tn prton lgon tn kat$ makrn %perbatn sxma tn rastikn t jin toÜ troparoy meuode sei ti«, ete kat$ to7« treÖ« to7« p koinoÜ ranisamwnoy« uhlykn eu7 @noma, o %ponohuwnto« dotik mwnei t strap toÜ Pne mato«, s nnoian

V

78 22 lwgoi A: lwgei V

M

79 6 lhpto« V lhpton A

F

13 %perbatn: apud Eust. 1001, 24 (ed. Valk) lectio %perbatn in textu praebetur, sed %pwrbaton in notis criticis 17–19 ο. – πωλεται: Hom. Od. 1, 392–393; cf. Eust. 1425, 21–22 et 27–29 19 δικ7σ1 – (σται: Hom. Il. 23, 579–580; cf. Eust. 1316, 59–62 79 1 lhpto«: v. 21; cf. Theods. Gramm. Comm. Hymn. 388; Et. Gud., De Stefani 86, 23–26 7 pe – %καταληχ&α: Io. Dam. Exp. Fid. 4 (II, pp. 12–13 Kotter = PG 797B – 800C) per toÜ t sti Ue«; ti kat lhpton, praesertim 4, 32–33 (II, p. 13 Kotter = PG 800B) toÜto mnon atoÜ katalhptwon,  peira ka  katalhca 15 strap toÜ Pne mato«: v. 25

10

15

20

5

10

[245]

5

10

5

Εγησι« 78, 10 – 81, 7

97

t prsvpon toÜ prokeimwnoy mel8dikoÜ örgoy mpoieÖ t peritygx nonti ka tn @cin « at pirrptonti. pikrinwsuv o!n t iloue moni 'poÖon bo letai, o0mai d « ' prto« rwskoi Hn lgo« di$ t proan« xlhton. 80 /E’ o ka uevrhtwon tn kat$ t trop rion önnoian boylomwnhn lwgein ti  uearxikvt th strap toÜ Pne mato« lhpt« stin per stn kat lhpto«, katanhto«, m %pokeimwnh labaÖ«  stin 4aÖ«, Qsper o taÖ« kat$ sma, o"tv« od taÖ« kat$ noÜn, e m ra keÖno« ll mpoito log ggelik, « öxein o"tv labwsuai pyr« ka vt « proslamb nein ka t τ ν τν o"tv prospel zein Πατρ+ t meg l8 Ue. puen toÜto dlon; j atoÜ d toÜ smeron ua mato«. 2htorik« g r, atka d ka ilosv«, to7« gramm toy« stmvse mauht «, ka xrnv« ka « n tm8 soo7« jwhnen ?li«, per stn at rkv«, to7« di&ta«, systomzonta« t oke8 lg8 toytwstin n t mr ttein t$ xelh pistomzonta« t par’ 6Ellhsi soistikn Ülon ka t t« uea« didaskala« jastr ptonti vt j gonta« το@ κατ) τ'ν %γνσ&αν ζ#οψ nyktwroy per nwrghma p ntv« kat lhpton 'mologhueh n. 81 Kauestamwnh« d {de t« nnoa«, t$ kat$ lwjin toÜ troparoy öxoysin o"tv«. lhpto« mn o!n, « rrwuh, |  kat sxeto«, ]« ok östi labwsuai. dhloÖ dw pote  lwji«, 'm&nymo« o!sa, ka tn mempton 9 nurvpon 9 bon, o ka atoÜ « narwtoy dr jasua ti« o d natai lg8 ati sev«. dokeÖ d metenexunai  lwji« k palaistn texnikn, o[ ka leimenoi ölaion ka llv« d %pekklnonte« deji« pithde ontai m ndidnai toÖ« ntip loi« lab «. uen p ny glykwv«

V

80 6 prospel zein V: prospel zei A 7 toÜto dlon V: dlon toÜto A 81 1 nn(noa«) (sic) super rasuram A 2 o!n A: nÜn V 6 ()l(ei)(menoi) super rasuram A

M

80 1–2 lhpto« önnoia toÜ troparoy VA

F

80 2–3 lhpt« – kat lhpto«: Hsch. Lex. a 2941; Suid. a 1198; vd. et Synag. a 304, necnon Theods. Gramm. Comm. Hymn. 388 (5Alhpto« kr thto«); Et. Gud., De Stefani 86, 23–26 3 kat lhpto«: cf. supra 79, 7 cum adnot. ad loc. 3–4 m – 4aÖ«: cf. Poll. 5, 169 (naw« … lhpton) 5 log ggelik: cf. supra 29, 20 et 46, 20 cum adnot. ad loc. 6–7 τ ν – Πατρ+: Iac. 1, 17 8–10 2htorik« – jwhnen: ad v. 22 spectat 10–12 ?li« – Ülon: ad v. 23 spectat 12–13 t – nyktwroy: ad vv. 24–25 spectat 13 το@ – ζ#οψ: Men. Rom. 9 sept. (I, pp. 110 – 111 = IHEG I 53, inc. Agl* t s, Ueomtor, tn noÜn moy) 81 2 lhpto«: v. 21 2–3 lhpto« – labwsuai: cf. Et. Gud., De Stefani 86, 23–26; Hsch. Lex. a 2941; Suid. a 1197–1198; vd. etiam Theods. Gramm. Comm. Hymn. 388

81 2 lhpto« VA

98

10

15

5

10

15

Ε σταυοψ Υεσσαλονκη«

[246]

lhpto« lwgoit’ Hn ' s&rvn /Ivs ' tn Agyptan dwspoinan gymn« yg&n, « m lhunai katadej meno«. t d o"tv« lpt8 kat$ lgon p lh« ntkeitai ' elab«, o dhlad 2Don Hn ' boylmeno« l boito. T dw st, di$ tn koloyuan toÜ eJrmoÜ 3j netai, ;na t lhpto« st, syn)doi t örrhje gastr«, kat$ tn 3jytnhsin. llv« dw, « oJ texniko bo lontai, gklnesuai 3elei. ' d 3knn ko ein toÜto, parakoywtv, ulbvn m»« odwn. 82 ’H d uearxikvt th p»san ptasin %perbanei l mcev«. %pertwra mn g$r llh llh« strap« ka ueiotwra ka rxik ti« Ytwra« ka rxikvtwra ka rxikvt th. t« d uearxikvt th« strap« toÜ Pne mato«, atka d ka toÜ Patr« ka toÜ €JoÜ, ok Hn 3ru« epoimen e0na ti %pwrteron. UeoÜ g$r a"th nwrgeian telikvt thn shmanei, sozoysan ksmon polyeid« ka o"tv s}zoysan. o t Hn %perwroi örgon UeoÜ met$ tn önsarkon okonoman önua t$ p nta e« svthran mn ka o"tv« naplrvsin toÜ nv ksmoy orD; Ueologik d lwji« ka  uearxa ka t$ nteÜuen paragmena. T d 2tra« properisp&menon,  sti 2tora«, o twtriptai e« plateÖan xrsin, « od t patwra« p tra«, mhtwra« mtra« 9 llo ti toioÜton. υ$γατρα« mwntoi e"rhtai sygkekommwnon | k toÜ 4ploÜ. 9 goÜn o0dw ti« xrsin t« lwjev« 'uenoÜn, 9 ll$ napemptwon e« deian poihtikn ka tn di$ mwtron ta thn tn n gkhn. llv« mwntoi 2tra« amn parojytnv« gwnei uhlyk t$« p tisi 2htoÖ«

V

82 3 Ytwra« scripsimus: Ytwra VA ue(arxikvt th«) s. l. VA1: rxikvt th« A2 u gatra« p.c. A 15 tn2 A: om. V

M

12 stn V st A

F

8 ' s&rvn /Ivs: de re vd. Gen. 39, 11–12 10 elab«: cf. Et. Magn. 392, 40–42 elab« ' e! tn pragm tvn pilambanmeno« … oon, elab« m xaira, ka elab« luo« 12 st: v. 21 13 örrhje gastr«: v. 16 13–14 llv« – 3elei: cf. Eust. 32, 45–46; 147, 20 82 1 ’H – uearxikvt th: v. 21; cf. Et. Gud., Sturz 256, 24–26; Et. Magn. 444, 28–30 6–7 sozoysan – s}zoysan: cf. 2 Petr. 3, 15–16 11 2tra« – 2tora«: cf. Theods. Gramm. Comm. Hymn. 394 12–13 p tra« – υ$γατρα«: vd. Et. Magn. 159, 8 13 υ$γατρα«: Hom. Il. 22, 66; 6, 238; Od. 11, 329 et 23, 222; cf. Eust. 392, 6; 1514, 16; 1594, 5 (uygatrn) 16–17 2tra« – synuka«: cf. Eust. 1765, 9 östi d 2trh symvna ka synukh p tisi 2htoÖ«,  stin rismwnoi«. oJ mwntoi met$ tn 6Omhron 2trhn tn dhmhgoran as, kau$ ka ' Lykrvn; Suid. a 154 necnon Hsch. Lex. r 282–284; Et. Gud., Sturz 492, 5–8; Et. Magn. 703, 43

82 1  uearxikvt th VA

13

11 2tra« VA

[247]

20

25

5

10

Εγησι« 81, 8 – 83, 12

99

synuka«, {n Ynikn t %λλ’ gramm toy« d 9 to7« μ' ε*δ#τα« Zλ« γρ7μματα lwgei, o?« %ναλαβ"τοψ« öh ti«, 9 to7« 3ligogramm toy«, di’ o shmainomwnoy synhgoreÖtai ka ' gr ca« m kvl esuai e0nai ka gr mmaton pskopon, et’ o!n 3lgoi« ntribwnta bibloi« Jern gramm tvn. ' g$r mhdn lv« ed,« 3knsoi n, o0mai, ka Jer$ l xna n ptein. 83 T d ?li«, ( shmanei mn t at rkv« « prrhma, gnetai d k toÜ 4lzv 4lsv t urozv, öxei symbib zesuai bi stv« ka pr« t 2tra« ka pr« t gramm toy« ka pr« t systomzonta«. Soista d par’ 6Ellhsi dix« ka m lista mn oJ plasmatogr oi 2tore«, sozonte« keÖnoi n t melet»n plast$« %pouwsei« to7« p’ lhue< dikhgroy«. o"tv goÜn soist« Lib ni« ti« ka >unio« ka loipo. 1san d ka ilsooi soista dialektiko, soizmenoi texnik« to7« atoÖ« koinvnoÜnta« ka paralogizmenoi ka n t o"tv poieÖn legxmenoi ka lwgxonte«. o zhlvto mn keÖnoi « ka prokauwzesuai didaskalevn, pono menoi d mv« per twxnhn ta thn 3xlhr n. uen labnte«, meÖ« soistn kaka« amn ka p n|ta mn kakn, m lista d tn rxwkakon damona.

V

18 ()r(trh) super rasuram Vb: trh ex rasura A 83 1 at rkv« A: rta kv« V 2 urozv scripsimus: urosv VA 8 (texn)i(k«) s.l. V 10 pono menoi VA: 3nmenoi conicere possis, coll. Suid. d 1573 et s 814

M

19 jwhne V (-nen A)

F

17 %λλ> gwnnhton d « keÖnn hsi di$ tn €Jn, « mn ka keÖnon @nta, gennhtn d « erhtai. lg8 dw tini polyvnyma«, e« tatn ntaÜua 1ktai t Patr t  o«. llv« g$r ok Hn ezlv« t gwnnhton vt prosarmttoito, e m « Ue Patr. T d pansuenoyrgvton bradyglvssa« pall ttei tn meloyrgn t kat$ s nuesin gorgthti. lwjei« g$r twssara« t p»n, t suwno«, t örgon ka t « goggylsa« oon e« man synhmmwnhn %n gorg« örasen, pithdeys meno« at nagkav« mwtroy katepegonto«. e d oJ palaio kvmikoÖ« poihtaÖ« 4rmttein t$ toiaÜta nomzoysi, parashmeio menoi spanzein ti m la par$ toÖ« p lai tn toia thn s nuesin, nomouetetvsan YaytoÖ«, iwnte« to7« ueoy« ndra« r zein pneymatik« t$ pneymatik$ pv« Hn ka kxvroÖnto. DhloÖ d  2hueÖsa lwji« ti pansuenw«,  sti pantod namon, Œn t ?gion PneÜma rg zesuai t$ ueoprep ka vt« e0nai d natai potelestikn utoy, ( smeron Yort zomen. ka llv« d swla«, 'poÖon erhtai t ?gion PneÜma, öh ' mel8d« kat$ jareton par dojon. odn g$r llo swla« pr« t vtzein ka pansuenw« sti ka pantoyrgn.

V

90 3 mn s.l. A 4 4rmttein scripsimus: 4rmttvn VA gennhtn V: gennht« A2, ss. (gennht)n A3 tini V: ti A (prosarmo)ttoi(to) A1: prosarmssoito A2 (-s- tertium s.l.)

M

90 7  oy« VA

F

90 3 !;λυον – Πατρ«: Io. 16, 28 7 F o«: v. 26 10 /Agwnnhton: v. 26 10–11 /Agwnnhton – gennhtn: cf. supra 88, 2–3 et 10–11; 89, 1–3 et 9–12 cum adnott. ad locc. 11 lg8 – polyvnyma«: cf. supra 52, 17 et 89, 17–18 cum adnott. ad locc. 14 pansuenoyrgvton: v. 27 bradyglvssa«: cf. supra 10, 3 21 pneymatik« – pneymatik$: cf. supra 9, 16 (t semnn semn«) 22 pansuenw« – pantod namon: cf. Hsch. Lex. p 386; Phot. Lex. II, 51 Naber 24 swla«: v. 27

10 j genntoy  oy« VA

10 mn V: om. A 11 13 prosarmttoito V 26 t V: t A

14 pansuenoyrgvton V

[254]

5

10

15

Εγησι« 90, 1 – 91, 18

107

91 T d uiton epoi mn n ti« s ltv« son d nasuai t dyton « p vt« liakoÜ, pe ka  kat$ tn liakn d sin Qra uin « stin. p toÜ uv d  lwji« gnetai, uen ka ' umeno« ka ' uit«. kvl ei d odn ka p toÜ unv parxuai. e d ok ögkeitai t | uematikn met bolon t toia t* lwjei, ;na ƒ uinton « n klintron, kainn odwn, pe toi od ' kat krito« od ' krit« « k toÜ krnv p gontai t toÜ nestto« %grn. toÜ mwntoi pnv oϊte toioÜtn ti jegwneto oϊte lloÖon, ll’ keÖno mn pkeitai monre«,  d s stoixo« at lwji« t potn llouen polebetai. o"tv d ka t pÖso« Vtoi ' %gr« tpo«, j o dhlad östi pieÖn, « t π&σεα ποι"εντα. toÜ pv g$r ka at j&rmhtai, o xrsi« mwllonto« par$ t Lyrik uen ka  /Olympiak Psa, « e ti« reÖ potstra. keÖuen d ka  rmakon pistn t pinmenon, Qsper xristn t xrimenon. /Istwon d ti pansuenoyrgvton swla« t ?gion PneÜma ersuai anetai « p loy toÜ ka polysuenoÜ« ka vsroy n t ksm8 stoixeoy. di xvrzvn p nth tn %pr noÜn Alion toÜ asuhtoÜ ' mel8d« uiton keÖnon lwgei  stin dyton, « toÜ unein ka p d sev« loy legomwnoy, kau$ erhtai.

V

91 5 (ui)n(ton) s. l. A1: uiton A2 potstra p. c. V

M

91 1 uiton V

F

91 1 uiton: v. 27; cf. Et. Gud., De Stefani 242, 1–2; vd. etiam Eust. 170, 34–36 et Valk ad loc.; 1619, 60–63; Hsch. Lex. a 8660 3–4 uv – unv: cf. Et. Gud., Sturz 552, 12–18, necnon Suid.  490–493 5–7 uinton – %grn: cf. Et. Magn. 785, 35–41 zhteÖtai, diat p toÜ pl nv o as pl nth«, ka krnv krint« ktl. 6 n klintron: vd. Eust. 1400, 25 krit«; cf. Hom. Il. 7, 434 et Eust. 689, 25 7–9 pnv – potn: cf. Eust. 137, 13; 1050, 50 10–12 pÖso« – Psa: ex Et. Magn. 673, 13–25, prope iisdem verbis 10–11 π&σεα ποι"εντα: Hom. Il. 20, 9 11–13 toÜ – xrimenon: cf. Eust. 1050, 49–51 *addit. marg.* ' mwntoi pist« Vgoyn pot«, toytwsti pinmeno« kat$ t xrist$ ka pist$  rmaka, k toÜ pv psv parktai, kau$ ka t$ psea, per {n llaxoÜ dhloÜtai; vd. etiam 464, 37–38; 1193, 19–22; 1554, 45–47; Et. Magn. 671, 16–17 necnon 673, 13–25 11 xrsi« mwllonto«: ad Pind. Isthm. 6, 74 (psv) spectat 12 Lyrik: cf. supra 78, 3  /Olympiak Psa: Pind. Olymp. 1, 18 et al.; cf. Comm. Dion. Per. 292, 8–12 tn %mnoymwnhn Psan, Ati« … p krnh« öxei Psh« @noma. A"th d  krnh o"tv lwgetai, oJone pstra ti« o!sa,  sti potstra, par$ tn psv mwllonta, o  xrsi« par$ Pind r8; vd. supra Prooem. 131 13  rmakon – xristn: vd. Eur. Hipp. 516 (xristn 9 potn t  rmakon) necnon Aesch. Prom. 480 (o xristn, oϊte pistn, ll$ arm kvn); cf. Eust. 464, 38 et Valk ad 1050, 49 14 pansuenoyrgvton swla«: v. 27 15 « p loy: cf. Eust. 1908, 40 stwon ti swla« o mnon pyr« ll$ ka loy 18 kau$ erhtai: vd. supra 91, 1–3

10 pieÖn V: poieÖn A

psea p. c. V

12

108

5

10

15

20

25

Ε σταυοψ Υεσσαλονκη«

[255]

92 T d swla« öxei mn diaor n tina leptn pr« t 4pl« « par$ toÖ« rxaoi«. nÜn dw, polyvnyma« lg8, nt vt« elhptai. ’H d di$ t« patrik« toÜ €JoÜ joysa« symy«, « erhtai, ryktvra toÜ 4goy Pne mato« o periorzei tn ue+kn joysan e« mnon tn Patwra oa e« phgn tina 9 dejamenn, « keÖuen mn öxein atn €Jn, p’ atoÜ d metoxete esuai ka diabanein e« t ?gion PneÜma. trisenwrghto« dw, « o"tv« epeÖn, joysiastik kntaÜua ryktvra dhloÜtai Patr«, €JoÜ ka 4goy Pne mato«, 'moÜ ka sa tv« proballomwnh %p tn trin. ma g$r joysa n t 4g< Tri di ka pantel«  at, ok peiserxomwnh, o diapempomwnh pr« n|dea« naplrvsin, o kat$ x rin diadidomwnh, ll’ atoy« at e prosoÜsa ka paroÜsa ka 'motmv« nergoÜsa, e ka  kau’ m»« glssa ka r si«, nurvpnv« Yrmhne oysa t$ ueitata ka %gr phl t kat$ stma ka glssan ntypoÜsa xaraktra« ue+ko «, jakriboÜn o d natai t raton jeiknisma.  goÜn patrik joysa  at ka toÜ €JoÜ sti ka n t €J sti ka  toÜ €JoÜ d sa tv« n t Pne mati. /Emanzetai d di$ t« patruen joysa« toÜ €JoÜ  symy« t Pne mati ryktvra, diti kat$ tn kenoy %psxesin, « proerhtai,  toia th m neia gwgonen, ok %pejoysoy @nto« t Patr, ll$ kat$ tn atoÜ joysan nergsanto« t rykt&rhma, oϊkoyn nepikoinvntv« t toÜ synergoÜnto« Pne mato« od t toÜ Patr«, o tn paggelan pwsteile toÖ« mauhtaÖ«. T d manzei prwpei t Yort, « ka proerhtai, kau’ Än narg« ka man« ka n&pion polln @cevn ka « epeÖn pcion t toÜ 4goy Pne mato« uaÜma gwgone.

V

92 3 toÜ €JoÜ joysa« V: joysa« toÜ €JoÜ A 5–6 atn €Jn p.c. A1 (cf. Valk I, cxxii cum adnot. 2): atn tn €Jn A2 (a)t(n) t(n) €Jn Vb atn tn €Jn p.c. Va 20 atoÜ VA: kenoy Mai 20–21 nepikoinvntv« A: nepikointv« V

M

92 1 swla« VA kanzei A

F

92 1 swla«: v. 27 1–2 swla« – elhptai: cf. Theods. Gramm. Comm. Hymn. 394; Eust. 700, 19–20; 1125, 39; 1908, 40–42; vd. etiam Hsch. Lex. s 373; Synag. s 47; Phot. II, 150 Naber; Et. Gud., Sturz 498, 16–21; Et. Magn. 709, 20–24; Suid. s 193 3–4 ’H – ryktvra: vv. 28–29; cf. Io. Dam. 2 Hom. in Dorm. Deip. 6, 31–32 (V, p. 524 Kotter = PG 96, 732C) t ryktvr< lampomwn* toÜ Pne mato« 7 trisenwrghto«: vox al. ignota 9–12 ma – nergoÜsa: cf. possis Io. Dam. Exp. Fid. 8 (II, pp. 18 – 31 Kotter = PG 94, 808B – 833A) per t« 4ga« Tri do«, praesertim 8, 217–222 (II, pp. 27 – 28 Kotter = PG 94, 825B) 17–18 /Emanzetai – ryktvra: ad v. 29 spectat 18 « proerhtai: cf. supra 92, 3–4 21–22 o – mauhtaÖ«: Luc. 24, 49 ka do7 g, japostwllv tn paggelan toÜ patr« moy / %m»« 23 manzei: v. 29 « – proerhtai: cf. supra 87, 20–22 23–25 narg« – gwgone: cf. Act. Ap. 2, 1–4

3 o tn di/ €JoÜ ka Yj« VA

13 shmevsai VA

17 manzei V:

[256]

30

5

10

15

20

Εγησι« 92, 1 – 93, 21

109

Tn d symy dynatn mn ka my lexunai kat$ tn par$ t rxa8 Lyrik keimwnhn 'moiosmanton önnoian, t pant d k llion t toÜ JeroÜ mel8doÜ. t g$r koinopoin t« syn prouwsev« triadikn poanei sawstata ka tn ntaÜua keimwnhn ryktvran. ll$ toiaÜta mn t$ kat$ tn önnoian t« kteueimwnh« pr&th« toÜ troparoy gra«, n — symy ryktvran kat$ Ynikn atiatikn ögnvmen 93 pe d  Ytwra gra, prodedhlvmwnh ka at, lwgei ti ' pyr&dh« 1xo« ' smeron uaymatoyrghue« manzei tn di$ toÜ €JoÜ patrikn joysan toÜ 4goy Pne mato« ka aner$n poieÖ di$ t« symyoÜ« at Vgoyn t | pyr&dei Vx8 ryktvra«, tatn d’ epeÖn kanei t kat’ atn symyeÖ ryktvr< Ytero< oϊs* par$ tn prosex« rmhneymwnhn. dokeÖ g$r lwgein  mel8da ti ' smeron pyr&dh« 1xo« ' symbolik«, ' di$ toÜ 4goy Pne mato«, synoysivmwnhn Yayt tn toia thn öxei ryktvran. pyr&dh« g$r ün, ?ma ka ryktoeid« stin. ( d poll ki« ka t wri pisymbanei, kat$  sin mwntoi at, o mn kat ti mysthride« t Ue prwpon ter stion, 'poÖon t nÜn Yortazmenon. Shmevsai d ka « YteroÖn ti par$ t gwnnhton  o« ka t pansuenoyrgvton swla« t erhmwnon rykt&rhma toÜ pyr&doy« Vxoy. keÖna mn g$r ka %perksmia ka pagksmia, toÜto d t Si,n mn* mperi&ristai nÜn, ryktoÜ tino« dkhn paramonmoy ka eilampoÜ«. Per d ryktoÜ ka anoÜ ka tn kat’ at$ n toÖ« Yj« 2husetai, poy lgo« östai per toÜ pyrsomoroÜn. T d pyrde« shmevsai dhloÜn ka at o pÜr atxrhma t$« gl&ssa« e0nai, ~« perilaltoy«  Yort wrei, ll$ pyroeideÖ«. llo g$r p ntv« t pÜr ka llo t metoysiastik« legmenon pyrde«. o"tv d YteroioÜntai ka t j lon ka t jylde« ka ' o0no« ka t

V

93 1 d V: ka A2 d ka A1 (dw add. in marg.)

M

26 symy ryktvran VA VA 18 pyrde« VA

F

26–29 symy – ryktvran: v. 29 26–27 kat$ – önnoian: ad Pind. Olymp. 11, 19–20 t g$r my« oϊt/ auvn l&phj oϊt/ rbromoi lwonte« diall jaint/ Hn 1uo« spectat 27 Lyrik: cf. supra 78, 3; 91, 12 93 1 prodedhlvmwnh: vd. supra 87, 9–11 2–4 tn – ryktvra«: de vv. 28 (-n, -an) et 29 (-eÖ, - tn trida monda e nai. Ka tonyn dielnte«, « e ka symyeÖ« kldoi ll%lvn xmenoi ka o/on sympeykte« ma diast!sin e« &son dwsuai ka atka e« symy]an dramoÜntai tn prteron, o ato ka e« noÜn t n kat’ )nurvpon ka e« lgon toioÜton ka e« pneÜma, stox8 toiot8 smpnoyn ka sn|dromon, probibzoysi tn t« 4ga« Trido« nhsin. ka jeiksante« t kau’ +m»« kal tridi tat tn pntimon

kenhn ka 0pwrtimon, ngoysi katanoeÖn +m»« « dynat n k tath«, p!« ka kenh ka tra st ka =n. & te g*r n +mÖn patr noÜ« ka 

n at lgo« ka t j atoÜ ka di’ atoÜ pneÜma, tra ka Tnta ka metromena, e« =n ti synneoysin xvrstv« ka  mwgisto« Patr ka  4gi:tato« atoÜ Lgo« ka t pangion PneÜma mo8 d% tini trp8 katalambnontai. Qn d pntv« + Tri*« a9th, ka tra + mon« o kat* t* n +mÖn, t* atiat, t* parhgmwna, t* poiht pntvn d ka +m!n ka t!n )llvn t!n te )nv ka t!n ktv, at* d ka mna kyrv« a tia. 117 Ka o9tv pv« o gioi, o kat’ nur:poy« lal%sante«, ll* gl:ssai« ggwlvn (m»llon dw, ueoparadtv« t* toiaÜta katast%sante«, « östin +mÖn nalwgesuai k t!n uevn ka er!n gra!n), ilotim%santo mbibsai +mÖn e« noÜn ka )llv« tn

V

116 18 t!n )llvn deest ap. Mai

F

116 1–4 Ka – e nai: cf. supra 108, 16–18 cum adnot., i.e. Greg. Naz. Or. 6, 22 (PG 35, 749C) et 40, 41 (PG 36, 417BC) laudd.; infra 237, 6–9 5–7 « – prteron: cf. supra 114, 2–5 7–10 o – nhsin: vd. Io. Dam. Exp. Fid. 6, 11 – 7, 4 (II, pp. 15–16 Kotter = PG 94, 804A–C), 3 Orat. Imag. 21, 27 (III, p. 129 Kotter = PG 94, 1341B), Contr. Man. 8, 4–8.12 (IV, p. 355 Kotter = PG 94, 1512D et 1513 A), ubi imago eadem est atque ap. Eustathium, i.e. noÜ« = Pater, lgo« = Filius, pneÜma = Spiritus. Cf. etiam infra 139, 11 t at okeÖon t n noÜn 12 patr noÜ«: cf. supra Prooem. 270 gauoÜ patr « no«; possis etiam Eust. 10, 12 et Valk ad loc. 117 1–2 o – ggwlvn: cf. 1 Cor. 13, 1 *n taÖ« gl:ssai« t!n nur:pvn lal! ka t!n ggwlvn

134 5

10

15

20

25

Εσταυοψ Υεσσαλονκη«

[278]

toiathn ilosoan euyblv« ma ka so!«. « o kon mwn tina 0pouwmenoi t n mwgiston ksmon, lxna d o/on 0pancante« 0pouetik!« tra, tn trvton 4gan Trida, ka to« mn lxnoy« d7 uevroÜnte« klmponta« ka t n o kon vtzonta«, t*« d keÖuen lmcei« ka ktinobola« ilosooÜnte« di’ ll%lvn +kosa« ka synergosa« Qn poieÖn gau n kairi:taton ka skopim:taton telik!«, tn toÜ Csphtoy diokhsin di* vtismoÜ ka kauypodejev« pragmatik«, $« xrin t* toiaÜta lxna jan%uhsan. ka didskoysi ka k t« toiath« paradejev« t t« 4ga« Trido« monenwrghton synwrgasma, « m%te t triadik n at« skisuai di* sygxsev« ll* aner!« kanesuai ka t nwrgh|ma d koinvnik!« ka sygxtv« nepik:lyton e nai at. ka es mn pnsoa ka t* toiaÜta pr « myroi« )lloi« didasklia ka 0chl* ka dianoi!n nuwvn e0r%mata, paxtera d ka at* &mv« ka svmatik* ka o/a m öxein plhrooreÖn )nurvpon polyprgmona pr « syz%thton katlhcin e m at «  Ue« (pokalca« to« Cualmo« t!n > mblyvpontvn > )llv« dysvpoymwnvn tn pr « t n flion t« lhuea« nblecin) Yayt n mansei ka didjei t* 0pr nurvpikn katanhsin. okoÜn, 6na m nagkasu!men atxrhma metalambnein t* t!n 4gvn Patwrvn, j ntigrvn ranizmenoi t* ka +m!n dxa ökdhla e« öndeijin aner*n toÜ man n tris pros:poi« e nai tn 4givtthn uethta ka ek poneÖsuai per t* p»sin eprista, perivrsuv +mÖn =v« `de ka  toioÜto« noÜ«. T d ölamce !« + xri« toÜ Pnemato« dix!« nohtwon > g*r &ti petwlese lmcin vtzoysan cyx*« + xri« toÜ Yortazomwnoy

V

117 21 tn s.l. A1

M

117 28 ölamce !« ka Yj« VA

F

5–12 « – jan%uhsan: fort. eam imaginem resp., sec. quam Pater soli, Filius radio, S. Spiritus lumini respondent. Qua imagine utitur Greg. Cor. ad Cosm. Hier. Hymn. in Pent. 30–32 (PG 98, 489C) n pyr PneÜma katemersuh, ka jwnai« gl:ssai« nwhnen explicandum, vd. Greg. Cor. Comm. in Cosm. Hier. Hymn. in Pent., cod. Vat. gr. 2078, f. 124v: hs g*r  t« ueologa«

p:nymo« od g*r ölipw pote > y « patr > pneÜma y ma g*r patr y « ka gion pneÜma « flio« kt« ka !«. Vd. Greg. Naz. Or. 31, 32 plin flion neuym%uhn, ka ktÖna, ka !« (PG 36, 169B) 10 skopim:taton telik!«: cf. supra 102, 27 (skopim:taton a tionq; Eust. 760, 31 (skopim:taton twlo«q; 1182, 26 (skopimvtth jvsi«) et Valk ad locc. 21 t n – lhuea«: cf. infra 147, 4; supra 84, 14 23–26 6na – eprista: vd. Op. 115, 5–8 necnon 249, 58–59 et 88–92 (Vit. Monach. § 144, 2–3, p. 160 et § 145, 3–6, p. 162 Metzler), ubi scriptores quidam rerum theoll. laudantur. Cf. possis etiam Op. 174, 82–93 28 dix!«: cf. Eust. 56, 26

[279] 30

Ej%ghsi« 117, 5 – 118, 12

135

Pnemato« > &ti s%meron jwlamcen nateÖlan !« o t snhue« ka pr « a suhsin, ll* + xri« toÜ 4goy Pnemato«, 6na tat n e h !«

ntaÜua epeÖn ka xrin 4goy Pnemato«.

!troprion g2"

5

5

10

TeleÖsue pnte« t uearxikvtt, 6Osoi latreyta t« trieggoÜ« osa« ’pery!« teleÖ g*r « eergwth« Ka pyrsomoroÖ Xrist « e« svthran, 6Olhn porzvn tn xrin toÜ Pnemato«.

46 47 48 49 50

118 Huikeetai  mel8d « )ma n t parnti tropar8 ka t* t« Yort« ilosoeÖ. ka + mn pr « \uo« padeysi« | lwgei &ti pnte« &soi st latreyta t« trieggoÜ« osa« teleÖsue, toytwsti mstai gnesue teletn Yortzonte« ka o9tv teleioÜsue t toiat uearxikvtt os7 + d ilsoo« uevra plhrooreÖ &ti + toiath osa di* toÜ XristoÜ, (« eergwth« &ntv« stn, 0pery!« te teleÖ 3goyn myeÖ, toytwsti mystagvgeÖ didskvn ka paidevn ka pyrsomoroÖ o pr « ruhma adoÜ« e te klloy« ll* e« svthran, porzvn toÖ« mstai« atoÜ &lhn tn xrin toÜ Pnemato«. O g*r tel«  Ue«, @sper o tn plhrestthn sin atoÜ > )llo ti t!n kat’ at n ka per atn, o9tv« od tn eergesan ka tn xrin tn j atoÜ pr « to« atoÜ e g*r ka pny

V

118 1 Huikeetai p.c. Vb

M

STROPHA in tit. troprion trton t« d2 d« V: troprion t« tetrth« d« A post strophae textum Yrmhnea VA 118 10 &lhn VA

F

30 nateÖlan !«: fort. Is. 58, 10 nateleÖ n t sktei t !« soy resp. 118 1 Huikeetai: ad vv. 46–47 spectat. Vd. Eust. 602, 31; 903, 40 et Valk ad locc. 2 ilosoeÖ: ad vv. 48–50 pr « \uo« padeysi«: cf. infra 235, 4 |uik!« paidey:meua 5 ilsoo« uevra: cf. infra 191, 2 (ap. Eust. 1017, 56 eadem verba de allegorica interpr. adhibentur) 7 myeÖ – mystagvgeÖ: cf. supra 2, 15–16 8 ruhma – klloy«: cf. infra 245, 10–11; vd. etiam Op. 95, 40–41 toÖ« pros:poi« e« ra‚sm n ueÖon reuontai; 239, 49 (Vit. Monach. § 106, 13–14, p. 118 Metzler) pr « kllo« nreton reyumeno«; Or. 15 (p. 254, 70–71 Wirth), ubi de Ludovici VII Francorum regis filia scribit t t« adoÜ« prokalycamwnh parapetsmati ka p»n t prsvpon xrvsueÖsa porreon Yayt« \n

n t deest ap. Mai

136

Εσταυοψ Υεσσαλονκη«

[280]

15

mikr* lambnvn prosetai, &« ge ka proskyn%sei xarei t kat’ Cruthta ka elog7 egn:moni « ka Tntv« eloght«, ll’ at « megaldvr« sti &ti ka leyuerithto« 4psh« ka megaloprepea« despth« ma ka paradth« ka  t n namrthton )nurvpon &lon proslabmeno«, &lon Yayt n ken8 ntiddvsin, e per )jio« totoy gwnhtai. 119 Istwon d &ti prostaktik« te gklsev« t teleÖsue ka &ti mystik!« 4ga + toiath lwji«, sstoixo« t telet ka t teletarx7 ka toÖ« telestaÖ« t!n mysthrvn kntorsi toioÜton d ka t teleÖ, &per nvtwrv keÖtai. ποκαρανοται dw, ( d% ti« öh, taÜta ka &sa toiaÜta `n ka proemn%suhmen, sa!« d epeÖn kealaioÜtai ka or? e« tn kat’ )nurvpon televsin Än epragoÜsin o pr « Crun l%ueian ka Cruthta, o mn e« krma > e« katkrima, t* ueÖa myomenoi. txa d toiath ti« önnoia ka to« n twlei semnnei & sti to« jivmatiko«, kat* t το« +ν τωλει βεβσι πε)σομαι. Ka t* | polemik* d tgmata sv« nteÜuen twlh lwgontai, di* tn kat’ at* sane mhsin tn p etaj7 di’ Än ka t per toiotvn 0pouwsevn biblon semn!« taktik n lwgetai. Per d toÜ rxikvtt, progwgraptai osa d pntv« a9th, lhueÖsa kat* t p koinoÜ sxma ntaÜua ok ök tino« prohghsamwnoy ll’ k t« n t deytwr8 stx8 keimwnh« osa«.

V

16–17 &lon proslabmeno« deest ap. Mai

M

119 1 teleÖsue VA

F

15–16 leyuerithto« … paradth«: cf. supra Prooem. 193 leyuervtoÜ t Tnti UeoÜ. Fort. e Gal. 5, 1 t leyuer7 +m»« Xrist « |leyuwrvsen pendet 16–17  t n – ntiddvsin: fort. liturg., cf. Pent. Rom. 370 &lon me, Xristw, proslabmeno« (IHEG III 93, id. inc.); etiam Io. Maur. 5 Can. Paracl. 171–172 (= p. 128 Follieri) &lon me t n )nurvpon ilanur:pv« … nelbeto 119 1–12 Istwon – lwgetai: e suis antecc. commentariis in Aristophanem et Homerum pendere vid., cf. Eust. 752, 14–25; 789, 11–16; 881, 24–30; 892, 38–42 (*addit. marg.*) et Valk ad locc. Vd. etiam Valk II, xlvi (de commentario Eustathii in Ar. Ran. 368 teletaÖ«) 3 mysthrvn: cf. supra 15, 1 – 16, 6 3–4 teleÖ – keÖtai: ad v. 48 4–6 ποκαρανοται – or?: cf. Aesch. Choeph. 528 karanoÜtai lgo« et sch. ad loc. (p. 29, 5 Smith kealaioÜtai). Cf. etiam Hsch. Lex. k 767; Phot. Lex. K 172 karanosuv (II, p. 358 Theodoridis), al. 6 tn – televsin: cf. Col. 1, 28 6na parast%svmen pnta )nurvpon twleion

n Xrist. Cf. etiam Eph. 4, 13 e« )ndra twleion, Iac. 3, 2 twleio« n%r 7 o – katkrima: cf. e.g. Lit. Chrys. 387, 27–28 m e« krma > e« katkrima, al. 8–9 to« – jivmatiko«: cf. Eust. 818, 59. Fort. cf. etiam Et. Gud., Sturz 524, 37–38 9 το« – πε)σομαι: Soph. Ant. 67 (etiam ap. Eust. 818, 60) 10–11 Ka – etaj7: cf. Eust. 686, 14; 881, 24 (quibus in locc. strativtik pro polemik invenimus) 13 Per – progwgraptai: cf. supra 78, 5–6; 82, 1–10

15

5

10

119 8 myomenoi A: mimomenoi V

d om. A

13 t uearxikvtt VA

[280]

5

10

15

Ej%ghsi« 118, 13 – 120, 17

137

120 T d latreein plai mwn pote nt toÜ doyleein e lhpto di ka ltri«  doÜlo« lwgeto, par* t la pitatik n mrion ka t treÖn & sti t obeÖsuai. o9tv g*r pr « to« despta« t doÜlon gwno« diakeÖsuai xre:n, pe toi ka  doÜlo« par* t dwoy« &lo« e nai "nmastai.  mwntoi )llv« diakemeno« doÜlo« o ltri« ll* tre« kaleÖsuai Hn egenwsteron uwloi, « o/a dedi « m ka tres»« klhueh, kat* t n o9tv« p deil7 kvm8domenon. 6Ote dw, ' o1to«, e9roi« tin* gramenon t porne7 latreein > t ilargyr7, o kteire t n )nurvpon toÜ mykthrismoÜ ka t« leeinthto« « e ka edvloltrhn 3koysa« o/a dedoylvmwnon kakai« toiatai«. Istwon d ka &ti t &soi latreyta, diasahtikn stin ekrin!« toÜ teleÖsue pnte«. dlon g*r « o pnte« 4pl!« ka diakrtv« telesu%sontai t* t« 4ga« Trido«, ll* pilwgdhn mnoi pnte« o at« latreyta. T d trieggoÜ« osa« p euea« Cjytnoy syn%uoy« kl%uh ka östin « + polyegg« o9tv ka + triegg%«. e0rsketai d ka Yteroa«

V

120 2 ltri« ss. (ltr)h(«) VA t 2 A: toÜ V 3 t om. A 5 ltri« VA: ltrh« Mai 10 edvloltrhn ex rasura A 13 teleÖsue – diakrtv« deest ap. Mai o om. A 16 syn%uoy« VA: possis syn%uv«

M

120 1 latreyta VA

F

120 1 T – e lhpto: cf. possis Aesch. Prom. 966–967 t« s« latrea« tn mn dysprajan … ok Hn lljaim g: cum sch. (p. 286, 12–18 Dindorf), 968 tde latreein pwtr7; Soph. Trach. 35 latreonta et 70 ltrin cum sch. (p. 281, 19 et p. 283, 18 Papageorgios) 2–3 ltri« – obeÖsuai: cf. Et. Magn. 557, 35–37. Alia explicatio ap. Et. Gud., Sturz 363, 21–23 treÖn – obeÖsuai: cf. supra 37, 24–25; tr! t deili! Eust. 110, 2 3–5 o9tv – "nmastai: ap. lexica voc. despth« e dwo« („pavorem“) mpoieÖn vel sim. saepe derivatur (cf. Et. Magn. 258, 11–12 et 19–20; Et. Gud., De Stefani 347, 4–9.25; 348, 14–15; Et. Or. 47, 19); alia tamen de voc. doÜlo« leguntur. De re cf. etiam Eust. 493, 21 5–6  – uwloi: de Atreo haec intell. Cf. Et. Magn. 165, 33–35 (ex - et treÖn, vd. etiam ll. 29–32); vd. etiam Et. Gud., De Stefani 230, 3 (cum adnot.). Cf. Plat. Crat. 395b kat* t teir« ka kat* t )treston ka kat* t thr n pantax Cru!« at t Tnoma (scil. Atre«) keÖtai 6–7 tres»« – kvm8domenon: cf. Eust. 386, 1 (trwsa« editio Romana); 772, 12; 944, 50–51; 1000, 11 et Valk ad locc. 8 ' o1to«: supra 50, 1; etiam ap. Eust. 658, 25 8–9 e9roi« – ilargyr7: cf. e.g. Xen. Mem. 1, 5, 5 (doyleein taÖ« +donaÖ«), 1, 6, 8 (doyleein gastr, 9pn8, lagne7); Luc. Nigr. 15 (latreein t +don), al. 16 trieggoÜ«: commemorandum vid. quod hymni v. 47 trissoeggoÜ« pro t« trieggoÜ« legitur ap. Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 38, 3 (vd. etiam 38, 8), Christ – Paranikas, Nauck

16 t« trieggoÜ« osa« VA

138

20

5

10

Εσταυοψ Υεσσαλονκη«

[281]

l%jev« + toiath lwji« n t treggon osan dojzomen. pohse d

keÖno + t« xasm8da« poyg ka t dysmel« e m o9tv memwlisto. Treggo« d ka triegg« mologoymwnv« + trvto« !« g*r ma ka !ta + 4ga Tri«, kau’ Än n vt !« ue:meua, o mn n skt8 ko|smik:teron. Pardojon d pntv« ka 0peryw«, man osan triegg e nai di ka mn8 t n Tridi Yn Ue t toioÜton diazntv« kevtai. 121 Istwon d &ti t treggo« ka triegg« moithta öxei pr « t )terpo« ka terp%«, `n t mn keÖtai par* t epnti τωρποψ >Hζο« +κλελαυωσυαι, t d par* t rsanti τερπωα αFλιν 3goyn lyphr*n katask%nvsin. T d 0pery!« teleÖn sal!« e rhtai myhunai mn gr tina pr « twxnhn )kran ok öxei ti 0peryw«, telesunai dw tina mystik!« « o mnon ggsai > eselueÖn e« t n Ue n ll* ka parastnai at 0coÜ, postolik!« ruwnta, 0peryw« te ma st ka eergesan ployteÖ nypwrblhton. di t 0pery!« teleÖ kal!« pktai t eergwth«,  Xrist « dhlad%. T d pyrsomoroÖ, 4plosteron mn nt toÜ jomoioÖ pyrs, kau* ka progwgraptai, > lamprnei tn toÜ mstoy sin. mor gr, « prowhmen, ka + si« > ka t prsvpon, kau pote dedjasto ka Mvs« t kat* prsvpon anthti, pist n keÖno« tte pro-

V

23 0peryw« ex rasura A

M

121 5 0pery!« teleÖ VA

F

18 treggon – dojzomen: ad v. 135 19 + – poyg: de hiatus doctrina ap. Eust. vd. Valk II, lxxix. Ap. Eust. 840, 42 et 902, 63 vocabulum xsmhma invenitur t – memwlisto: eo quod v. 135 son treggon v. 125 noeÖn &uen se respondet. De re vd. infra 176, 14–18 cum adnot. 21–22 n – kosmik:teron: cf. 2 Cor. 4, 6 k sktoy« !« lmcai, &« (scil.  Ue«) ölamcen n taÖ« kardai« +m!n 121 2 )terpo« – terp%«: quibus de vocc. vd. Eust. 642, 8–9 et 14–15; 686, 8; 864, 30 2–3 τωρποψ – +κλελαυωσυαι: Hom. Il. 6, 285 3 τερπωα αFλιν: Opp. Hal. I 34 4 lyphr*n katask%nvsin: vd. sch. Opp., loc. cit., p. 263A, 34 CatsBussemaker 8 0coÜ – ruwnta: 2 Cor. 12, 2 4rpagwnta … =v« trtoy oranoÜ resp. postolik!«: de S. Paulo agitur, cf. supra 165, 1; 167, 16 cum adnott. 11 4plosteron: fort. de Greg. Cor. intell., qui scripsit (Comm. Hymn. Pent. 38, 13–14) teleÖ +m»« pneymatiko« ka pyrnoy« ka t &lon ueoeideÖ« 11–12 kau* – progwgraptai: vd. supra 51, 25; 118, 7–8 12 mor: exaequatur verbis osa et si« (cf. supra adnot. ad 108, 14), vd. supra 51, 19–20 mor% ~ si«; cf. Io. Dam. Inst. el. 1, 2 (I, p. 20 Kotter = PG 95, 100B) osa ka si« ka mor kat* to« 4goy« patwra« tatn stin, supra laud. (ad 108, 14) simul ac Dial. fus. 31 = brev. 11, 23–25 (I, p. 94 Kotter = PG 94, 593A), fus. 41 = brev. 24, 8–10 (I, p. 107 Kotter = PG 94, 608B) 13–14 kau – anthti: ad Ex. 34, 29 dedjasuai + Tci« toÜ xr:mato« toÜ pros:poy atoÜ spectare vid. 14–17 pist n – uerapeoysi: de re vd. Matt. 17, 1–13; Marc. 9, 2–12; Luc. 9, 28–36

121 1 d om. A

12 mstoy VA2: mysthroy post rasuram A1

9–10 « eergwth« VA

11 pyrsomoroÖ V

[282] 15

5

10

Ej%ghsi« 120, 18 – 123, 3

139

deja« ka t t« Metamor:sev« uaÜma, n V 0pr flion ölamcen  Xrist«, önua thnikaÜta par n ka keÖno« ömauen e« plwon &pv«  Ue « pnta &sa öxei dianwmei ka toÖ« at n uerapeoysi. ka taÜta mn 4plosteron per toÜ, « rrwuh, pyrsomoroÜn. 122 llv« d e« svthran pyrsomoroÖ  Ue « to« lhueÖ« atoÜ latreyt*« « mor!n ka edopoi!n ato« e« pyrs n & sti an n ka rykt n t Tnti svt%rion, (« prokemen« poy > n%soy > g« paraigiloy svt%rio« prolmpei toÖ« > magnooÜsin &poy prowrxontai g« > ualssh« > ptooymwnoi« kndynon proan. toioÜtoi d pr « | toÜ UeoÜ ka di* t n Ue n ka )lloi mn myroi, &soi le%mone«

keÖnoi tn cyxn ka oktrmone« ka ildeloi ka pr pntvn ilueoi, mlista d o basileÖ« ka o prosex!« basiliko ka o t!n

piskpvn d e« 0pwrpleon, o/« ka + klsi« k toÜ periskopeÖn ka o9tv ylssein kexristai, e m%poy (&per m s«, ' Krie, gnesuai) > sdra kataig« t n lamptra noÜn atoÖ« posbwsei ka lgon > kni« paxlsasa sygxwei t Cptik n ( sygkroteÖ t n

pskopon. Cru!« oJn o mai ka o9tv pyrsomoroÜn lwgetai  n Tridi Ue « e/« to« Cru!« at latreonta«. 123 Istwon d &ti tat n an « ka pyrs « ka rykt«. Ka  an « mwn, (n ka pan n di* toÜ p groysi t!n tine« palai!n, p toÜ anv an! t lmpv lmcv gnetai j kenoy d

V

122 4 magnooÜsin VA: servavimus, coll. Eust. Op. 142, 26, al. (vd. LBG s.v. magnowv, TGL s.v. mignowv); mignooÜsin exspectaveris (cf. supra Prooem. 262; 77, 11) 9 piskpvn Kambylis: piskop!n VA 123 3 lmpv lmcv scripsimus: lmcv ss. (lm)pv V, ss. (lm)p(v) A

M

122 1 )llv« VA

F

122 1 e« – pyrsomoroÖ: fort. alludit ad Greg. Naz. Or. 18, 2 (PG 35, 988A) t n pist%mona kybern%thn, > t n lamptra t« zv« +m!n … )nvuen +mÖn tn svthran pyrseonta, loc. ap. Byz. scriptores illustrem (cf. Suid. p 3247). De re etiam infra 123, 1 – 124, 3 2 « – pyrs n: cf. supra 51, 25 2–3 pyrs n – svt%rion: cf. Op. 188, 13–14, ubi stylita quidam pyrs « svt%rio« laudatur 2 pyrs n – an n: cf. Eust. 709, 47 2–5 an n – ualssh«: cf. Eust. 1189, 22 6 le%mone«: cf. Matt. 5, 7 makrioi o le%mone« 7 oktrmone«: cf. Luc. 6, 36 gnesue oktrmone« ildeloi: cf. 1 Petr. 3, 8 pnte« … ildeloi 7–8 ilueoi: cf. 2 Tim. 3, 4 il%donoi m»llon > ilueoi 8 basileÖ« – basiliko: de regum magistratibus intell., cf. Eust. 713, 34; 736, 36 et Valk ad locc. 8–13 o3 –

pskopon: cf. Eust. 810, 25 ( pskopo« definitur skopeyt« krib%«) 9–10 o/« – kexristai: cf. Eust. 788, 8 et Valk ad loc.; Et. Magn. 364, 14–15; Et. Gud., De Stefani 508, 12 123 1 – 124 3 Istwon – lamprn: vd. tractatiunculam ad logicam partem philosophiae pertinentem, fort. e sch. in Greg. Naz. Or. 18, 2, supra laud. (p. 240 Piccolomini); Suid. p 3247 haustam. Vd. supra 100, 6–12 cum adnot. 2–3 an « – anv: vd. Et. Magn. 807, 40; Et. Or. 162, 33–34 (n – palai!n: cf. e.g. Aesch. Ag. 284 mwgan … pann, Eur. Ion 195 pan n pyrlekton, etiam Athen. 15, 700E pan«. Vd. etiam Eust. 1139, 21 (*addit. marg.*); 1189, 22–25 et Valk ad loc. 3–4 j – anrion: cf. Eust. 1571, 3–4

5–6 |uikn VA

123 1 per anoÜ ka pyrsoÜ ka ryktoÜ VA

140

5

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15

20

5

Εσταυοψ Υεσσαλονκη«

[283]

anon 0pokoristik!« t par’ +mÖn anrion. mvnmoy d Tnto« toÜ anein ( lwgeto g*r anein #ttik!« ka t ndeknysuai, &per \n e do« kathgora« pittkvma iloÜn lwgesuai dhmotik lali?), Fan «

sk:ptet ti« #u%nsi dik!n 0pograe«, « o/a anvn ka o9tv blptvn tin«. ka pv« Fkei  toioÜto« t sykont, (« ka at «

k toÜ p sykaÖ« o9tv anein "nmastai. ka toioÜton mwn ti  an«, svt%rio« †n « t* poll. ’O d rykt « anei mn ka at«, "nmastai d ok p toÜ örgoy o1 p svthr7 poieÖ, ll’ k t« 0panaptosh« at n 9lh«, fper st perygmwna jla e te ka rgana. ka pargetai p uwmato« toÜ rgv rjv, j o1 ka p toÜ prv t* mor … vtein, > t* vtoeid). Vocc. mor% et si« exaequaverat supra 121,10, vd. adnot. ad loc. 5–9 + – mraze: cf. Io. Chrys. 1 Hom. in Pent. 5 (PG 50, 460) gl!ssai se pyr« ox pyr«, ll se pyr«, 6na mhdn asuht n 0poptes« per toÜ Pnemato« 10 grmmatoi – soisuwnte«: fort. vv. 22–23 to« grammtoy« li« soist« resp. 10–11 lgoy« – jhrejanto: cf. Ps. 44, 2 jhrejato + karda moy lgon gaun 11–12 ilsooi – battrisan: de re vd. Act. Ap. 2, 5–13, praesertim 2, 13 =teroi d diaxleyzonte« ölegon &ti glekoy« memestvmwnoi esn. Fort. etiam ad hymni v. 23 systomzonta« spectat. Cf. Op. 51, 56–57 kollhuesh« – Ykst8: cf. Ps. 21, 16 + gl!ss moy kekllhtai t lrygg moy; 136,6 kollhueh + gl!ss moy t lrygg moy

150

5

10

15

20

Εσταυοψ Υεσσαλονκη«

[291]

134 Tn toÜ 4goy Pnemato«  mel8d « ilosoeÖ kuodon n t nakeimwn8 tropar8, didskvn &ti o doylik!« pwmuh nvuen e« to« mauht*« p’ "ele7 t!n syneilegmwnvn unik!n, ll* kauper, hsn, edkhsen, d7 te dhlad edok7 ka koin d t kat* tn 4gan Trida ll* ka atejoysv« ka dwspoton katwrxetai patruen, | « t« at« kau* edoka« o9tv ka joysa« ka despotea« oϊsh« ka t tn toiathn kuodon synapodexomwn8 Patr ka t  d @sper ka t 4g8 Pnemati. katwrxetai dw, hs, sozon

n gl:ssai« 3goyn di* glvss!n pyrnvn a/« t gion shmaneto PneÜma to« postloy«, ka pisragzon 3toi bebaioÜn t n erwsbion lgon (n  Svtr öh 3goyn t n toÜ Svtro« XristoÜ, t n lhu!« epnta lesesuai t n Parklhton t PneÜma t« lhuea«

p to« mauht« ka dhg%sein ato« e« p»san l%ueian. T n d toioÜton toÜ oÜ lgon ka patrosuen Cnomzei, « keÖuen öxonta t kat’ nwrgeian suwno«, ka jmmoron di* tn l%ueian > ken8 t Lg8 ka  t atoalhue7 > t s8 Patr nt toÜ symy, kat* t shmainmenon t« mor« ( tn sin dhloÖ pnta g*r &sa te suwnei  Patr ka &sa sympwyken at « pansueneÖ Ue ka toÜ oÜ esi. dokeÖ g*r uelsai bisasuai  so « melik « o1to« t* toÜ oÜ, 3goyn t patrosuen« toytwstin sosuen« t Patr ka t pr « keÖnon symyw«, ka t 0p’ kenoy 3goyn toÜ oÜ bebhktv« 0pesxhmwn8 ka lhuestt8 lg8 uermteron prosarmsai. ka toiath mwn, &sa ge +m»« pibaleÖn, + önnoia toÜ troparoy kat* tn proenhnegmwnhn gran atoÜ. 135 E dw ti«, erwsbion lgon at n t n toÜ UeoÜ Patr « no%sa« n, uel%sei pr « at n keÖnon symbibsai t patrosuen ka

V

134 14 ka post « add. A

M

134 2 önnoia toÜ troparoy VA

F

134 2 didskvn: de poeta magistro cf. etiam Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 26, 8  ueÖo« o1to« didskei popoi« 3 t!n – unik!n: de re vd. Act. Ap. 2, 5 )ndre« elabeÖ« p pant « öunoy« 12-13 lesesuai – l%ueian: Io. 16, 13 resp., prope iisdem verbis 17 symy cf. vv. 29 et 42 kat* – dhloÖ cf. supra 121, 10 cum adnot. 17–19 pnta – esi: Io. 16, 15 resp. pnta &sa öxei  patr m stin. Cf. etiam Greg. Naz. Or. 41, 9 (PG 36, 441C), de Pentecoste: pnta &sa  Patr toÜ oÜ 19 so « melik «: id. infra 248, 12 legitur 20 patrosuen«: ad v. 60 spectat sosuen«: cf. vv. 33, 85, 134 21 symyw«: vd. v. 42 22 bebhktv« – lg8: v. 11 respici vid. 135 1–4 E – öh fort. de quadam interpr. cui tempus non pepercit intell. Ita ap. Greg. Cor. Comm. Hymn. Pent. 44, 11 – 46, 2 t n zvhron toÜ XristoÜ lgon, (n öh t n pantodnamon «  toÜ Patr « ka smmoron t kenoy … poÖon d lgon  Svtr öh toÖ« mauhtaÖ«; Mταν δω, 4ησ)ν, GλυN  παρ κλητο« ktl. (ex Io. 16, 13)

14 patrosuen jmmoron VA

[292]

5

10

5

10

Ej%ghsi« 134, 1 – 136, 12

151

jmmoron, ok Hn o mai dyn%setai