Analisi non lineare : i quaderno ; 'G. Prodi, A. Ambrosetti.

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t'Ma ltjQ% SCUOLA NORMALE SUPERIORE PISA CLASSE Dl SCIENZE

G. PRODI

-

A. AMBROSETTI

ANALISI NON LINEARE I QUADERNO

'o' 'tflPeCr c:',i pr-

PISA

-

1973

----.

COPYRIGHT MCMLXXIII BY « SCUOLA NORMALE SUPERIORE)) PISA EDITRICE TECNICO SCIENTIFICA PISA

PREFAZIONE L'Analisi non lineare (come tutto ciò che è definito solo mediante negazione) ha confini piuttosto incerti. Anzichè alla materia trattata, occorre forse riferirsi a certi metodi tipici che hanno cominciato a strutturarsi fin dall'inizio dell'analisi funzionale e che in questi ultimi decenni hanno avuto un notevole impulso. Volendo fare una lista di quelli che, dal nostro punto di vista, riteniamo centrali, noi elenchiamo i seguenti: I) Metodi diretti basati sul calcolo differenziale negli spazi di Banach. Con questi metodi di caratt ere veramente elementare si colgono facilmente alcuni importanti risultati riguardo all'inversione delle applicazioni e ai problemi di biforcazione. -

-

2) Metodi variazionali. Fra questi, i più classici consistono nella ricerca dei punti di minimo di certi funzionali, i più sofisticati nella ricerca dei punti critici per mezzo della teoria di Lusternik-Schnirelman o per mezzo della teoria di Morse. 3) Teoria del grado (di Leray-Schauder), la cui importanza nell'analisi non lineare è ben nota. Con la teoria del grado e con metodi variazionali si ottengono anche ulteriori importanti risultati per i pro blemi di biforcazione. 4) Metodi basati sullo studio del comportamento asintotico delle soluzioni di equazioni di evoluzione. E la lista potrebbe ancora continuare. In questa lista non includiamo la teoria degli operatori monotoni e delle disuguaglianze variazionali, perchè costituisce un campo a sè, in cui la convessità ha un ruolo preminente. Questo quaderno riguarda il punto 1); lo scopo che ci prefiggiamo è quello di introdurre il lettore ai procedimenti più significativi, senza

INDICE pretendere di essere esaurienti o di esporre le cose più raffinate. Ogni argomento teorico viene seguito da alcune applicazioni significative; ciò non solo per presentare esempi, ma per una ragione più profonda: che, nell'analisi non lineare, spesso sono le applicazioni ad orientare tutta la teoria. Nel redigere questo quaderno non potevamo non avere presente il volume "Problemi di esistenza in analisi funzionale" di C. Miranda, anch'esso originato da un corso tenuto presso la Scuola Normale Superiore. Può apparire presuntuoso ricollegarci con questo straordinario libret to, a cui molti analisti italiani devono il loro orientamento nella ricerca: ma lo facciamo solo per attestare il nostro tentativo di mantenere vivo l'interesse per una materia che in passato è stata coltivata con tanto successo nel nostro paese.

Prefazione Cap.!: L'inversione delle applicazioni differenziabili 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13.

i Il differenziale di Fréchet .......... pag. 5 Il differenziale di Gteaux .......... 10 Differenziabilità di alcuni importanti operatori 20 Derivate successive ............. 30 Il teorema di inversione locale ......... 39 Applicazioni dipendenti da un parametro 47 Teoremi di inversione in grande ........ 57 Inversione in grande per applicazioni differenziabili 65 Esempi notevoli .............. 82 Applicazioni analitiche ........... 92 Composizione di applicazioni analitiche ..... 102 Applicazioni olomorfe ............ 108 Applicazioni della teoria precedente ...... "

.."

"

"

.

"

.

"

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"

"

Antonio Ambrosetti Giovanni Prodi

Cap. lI: Problemi di biforcazione Introduzione. Un esempio semplice ....... Studio dell'equazione di biforcazione. Caso dell'autovalore semplice .............." Studio dell'equazione di biforcazione. Caso dell'autovalore multiplo .............." Problemi di biforcazione in presenza di simmetrie

115

Bibliografia ...................."

173

14. 15. 16. 17. 18. 19.

122

134 143 Onde d'acqua ..............." 150 Alcuni problemi di biforcazione atipici ....." 161 .

"

CAPITOLO I L'INVERSIONE DELLE APPUCAZIONI DIFFERENZIABILI

L'obbiettivo di questo capitolo è lo studio dell'inversione delle applicazioni differenziabili tra spazi di Banach: dapprima localmente, poi "in grande". Ogni risultato di carattere teorico verrà accompagnato da numerosi esempi concreti. Per rendere questa trattazione autosufficiente, cominceremo con l'esporre alcune nozioni di carattere elementare riguardanti il calcolo differenziale negli spazi di Banacli.

§ i. ILdifferenziale di Frécliet. Siano X cd Y spazi di Banach reali e sia £2 un aperto di X. 1.1. Definizione. Si dice che un' applicazione f: £2 -. Y è differenzia bile secondo Fréchet nel punto x0 e £2 se esiste un'applicazione lineare continua A X Y detta differenziale. tale che, posto -

(1.1) f(x0 + li) =f(x0) + A li + a(h) Il a(h) Il si abbia a) o(II h Il) (cioè lim h-.o 11h11

=

O)

1.2. Osservazione. Il differenziale è unico: infatti, se A1 e A2 so no due applicazioni lineari di X in Y soddisfacenti alla definizione precedente, dalla (1.1) ricaviamo:

2 O('A1-A)hll litri 11k Il

=0.

1.4. Osservazione. Com'è noto, due diverse norme il lii, il assegnate in uno stesso spazio di Banach X inducono la stessa topologia se e solo se esistono due costanti positive k1 k2 tali che ,

Ouesta relazione ci dà subito A1 A2 = O. Inf atti, preso un arbitrario e > 0, esiste un 6 > O tale che per ogni h ý 0, con Oh 11 = IIf(x2) -f(x1) Il. Si ottiene così la (2.1).. 2.3. Teorema. Se f: $2 -. Y è derivabile secondo Gdteaux e se $2 -ý2(X, Y) è continua in x0, f è differenziabile secondo Fréchet in e si ha f'(x) = Dimostrazione. Basta applicare il teorema 2.2 alla funzione h - u(h) = f(x0 + h) - f(x0) - f (x0) h Tenendo presente clic è o(O) = 0, si ha, per Il h Il non superiore ad un p > O fissato: -

-.

tx2 + (1 - t) x1 (I E [0,1])

sia tutto contenuto in $2. Vale allora la diseguaglianza:

[il

lia('h) il C

(

sap Ilf(x0+ li) 11k IIC,,

-

f(x0) Il) 11h11

F(t) =

relazione che fornisce subito la tesi. "

f()

d

si ha, come nel caso elementare:

In pratica, per dimostrare la differenziabilità secondo Fréchet di un'applicazione, si ricorre al teorema precedente: si verifica la derivabilità secondo Gàteaux e la continuità della derivata. Per completare l'esposizione delle nozioni preliminari, è necessario richiamare brevemente la teoria dell'integrazione delle funzioni di variabile reale, a valori in uno spazio di Banach,continue. Evidentemente, basta prendere l'integrale nel senso di Cauchy: per una funzione f: [a, b] -* X continua, la convergenza delle somme integrali è assicurata dall'uniforme continuità. Si ottiene poi facilmente la disuguaglianza:

F'(t)

=

fW

-

inoltre, a meno di una costante, F è l'unica primitiva di .f. Per questo basta sempre applicare la disuguaglianza (2.1) che, iii questo caso particolare, ci dà: Il F(t2)

-

F(t1) IL c sup IIf(t) Il 112 -

-

ti

I

i1

Nel caso in cui è f(t) = O V i, si trova Ffl) = costante. Notiamo, in particolare, che se f: sì Y (sì C X aperto) è una applicazione di classe t' si ha, per ogni coppia di punti x1, x2 tali che il segmento che li congiunge stia in Sì: -ý

,

di C

Il dt

(a < b)

Basta, infatti, passare al limite, a partire dalla seguente disuguaglianza, valida per le somme integrali (dove è t11 C C t, con le solite notazioni): Il f(r.) (t.- t.

Il < IIffr.) (t.- t.)II

=

IIffrjII (t.

-

f'(x1+ t(x2- xD(x- x) dt

f(x,)

=

=

(22) =

[j'ffr1+ t(x2_x,Edtj (x2- x1)

t1)

E' interessante notare che l'ultimo passaggio non sarebbe ammissibile, in generale, se Il Il fosse un "modulo di Fréehet" anzichè una norma. Ciò dà un'idea ulteriore delle difficoltà che si trovano quando si cerca di estendere le nozioni che stiamo esponendo agli spazi vettoriali topologiei, sia pure di Fréehet. Sia ancora f: [a, bl -ý X, con f continua ed X uno spazio di Banaeh. Posto

-

(in quest'ultima espressione l'integrazione è fatta considerando a valori in 2 (X, Y)). Per la dimostrazione, basta riconoscere che, posto 7(1) = + + (x2- x1) t, si ha, dal teorema di composizione 15, (fo

a')' (t)

f'(x1+ t(x2- x1))(x2- x1)

Per ottenere la (2.2) basta allora integrare membro a membro que-

'o

11

sta relazione nell'intervallo [0,1]. (Lasciamo allo studioso il compito I di verificare che il termine (x2 x1) si può "portare fuori" del simbolo cli integrazione). -

3.1. Lemma. Per ogni successione un convergente verso i in misura, Øu, converge in misura verso U. Dimostrazione. Sia e un numero positivo arbitrario. Poniamo:

§ 3. Differenziabilità di alcuni importanti operatori. Sia Kl un aperto limitato di 1K" e sia f(x,

Poichè è continua in t (q.o. in £2), si ha che

t): 2 X IN " iN

una funzione verificante la seguente condizione di Caratheodory: (e) f(x, t) è continua in t per quasi ogni x E £2 ed è misurabile in x, per ogni t. In corrispondenza ad f; consideriamo l'operatore

k=i k

Essendo ovviamente £2 C

£22

C

si ha allora

qi

lim

mis =

mis £2

k

(3.1)

bu(x) -f(x, u(x,)) e quindi dato

definito nella classe delle funzioni reali su £2. Osserviamo subito che se u è misurabile in £2,bu è misurabile. infatti è immediato verificare, tenuto conto dell'ipotesi (e) che se u è una funzione semplice, allora Øu è misurabile. Sia poi ti una qualunque funzione misurabile; detta ti,, una successione di funzioni semplici che converge q.o. in £2 ad u, si ha, sempre per la ipotesi (c): f(x, u('x))

f(x,

s('9) q.o. in £2

Poichè Øu = f(x, u è misurabile, per l'osservazione precedente, segue che f(x, u(x)) = Øu(x) è misurabile in £2. E' interessante studiare più in particolare il caso in cui trasforma funzioni di Lc in funzioni di L. Cominciamo con un Lemma

i

ad arbitrio, 3 tale che

mts

£1

-

mis

O 6 > O tale che per ogni &1' C &2 con mis &Z' < 6 si ha

2q1

41[2a(x)i +

[tf(x, u('xi+ if(x, 11(x)»] C

biu (xflP+ bi11q'x)IE]

Poichè ti,, E LP,11 E LI' e a E L", segue la (3.3). Le i) e ii) ci permettono l'applicazione del teorema sopra citato e quindi si ha la conclusione. 3.3. Osservazione. Si può dimostrare in generale (cfr. M.M. Vainberg [4] pp. 154 e seg.) che nella sola ipotesi (c), se V u E LI' scgue che Ø a E VI allora è continuo come operatore di LI' in LI'. Inoltre la condizione (3.2) è anche necessaria affinchè " trasfor; mi funzioni di LI' in funzioni di L'i. Tralasciamo, per breviU, di approfondire queste considerazioni. Studiamo ora come si comporta 0 riguardo alla differenziazione. In questo caso occorre distinguere il caso p> 2 da quello p = 2. 34 Teorema. Sia p> 2. Supponiamo che f sia una funzione verificante l'ipotesi (c), che sia derivabile rispetto a t con derivata f verificante anch 'essa la (c). Supponiamo inoltre che (3.4) if;(x, z) C a(x) + b i z iP.2

p con aEL1'2 e b>O. Allora VUELP l'operatore :LP-*Lq +

p q

=

i

è differenzia bile secondo Fréchet e. si ha

6v

.

15

14 '(u) [vi

=

Applicando la disuguaglianza di H61der

f(x, u(x)) v(x).

Dimostrazione. Integrando primo e secondo membro della (3.4) si ottiene If(x, z) I C a(x)- Iz I + b Iz

Ma

J c dx J

Sia u, v E L. Calcollamo:

=

{f

f[f;(x a(x) + t v(x)) -f;(x, u(x»]d dx C

11w #

f(x,u(xj)GL con

v) = II(u +

=

ti) - Ø(u) -f'(x. u) v

fix, u(x)

r

'-'

Questa relazione rende evidente il fatto che se a E LI' allora

w(u,

J)

llwil w(a,v)C llvfl p

=

+ vfr))-f(x, u(x»-f(x,

u(x))vfr)Idx

}4

j

ir L'1f;fr)t_f;fr u(x)) dt

llf;fr, a +

ti)

=

-f'(x, u)IV dt

Poiché f verifica la (34), per il Teorema 3.2 induce uz operatore tra LI' ed LT r

=

che è continuo. Allora se ti -ý O

p-2

in L"

Per il teorema del valor medio, si ha f(x, u(x) + v(x)) -f(x, u(x)) = v(x) Jf(x

u(x)

+

v(x))

IIf;(x, u(x) + v(x)) -f(x, u(x)) 1V-. 0

dt

wu,v

Quindi, integrando rispetto ad x in 2 si ottiene co(uv)={ f

in

Iv(x)w(x) dx}

mare che le è:

"

iv

-

O e questo basta per affer-

è differenziabile secondo Fréchet, e che il suo differenzia-

v(x) ft'x, u(x)) v(x)

ove s'è posto w(x)

e qumdi il w il,. -* O. Allora

= J(X.

a(x) + v(x))

-f;fr ufr))i d t

Passiamo ora al caso p

=

2.

-

"

17 16 forte pone infatti delle limitazioni alla struttura di 3.5. Teorema. Sia p = 2. Supponiamo che f verfichi la (c), che sia derivabile rispetto a t con f' verificante la (c) econ tf'(x, z) 1CM. Allora Ø -* L2 è differenziabile secondo Gdteaux in ogni punto ue 1) e risulta

f.

3.6. Teorema. Sia p = 2 e siano verificate le otesi del teorema precedente. Allora se è di differenziabile secondo Fréchet in a0 E L2 è lineare in t. Dimostrazione. Non è restrittivo supporre f(x, 0) = O e a0 = 0. Se è differenzialbile secondo Fréchet in 0, il suo differenziabile 070) deve necessariamente coincidere con (0) (Teorema 2.3). Sia x0 E Z e sia E5 (x0) = E5 la palla di centro x0 e misura 8. Consideriamo le funzioni

Øju) [vi =f;(xfr u(x)) v(x) Dimostrazione. Secondo la definizione 2.1 occorre calcolare lim T-+0 T

Ragionando come nel Teorema 3.4, si trova ±

mi- Ø(a)]

-

0'u)v

=

v5fr)

I-

=

0

ove i è un numero fissato. Se 6 -ý 0 v6 -. 0 in L2. Allora, per quanto è stato osservato sopra, dovrà essere 0(v5) (3.7) lim

I

070) v8 112

[0(u+rv)_0(u)i-0(U)[vi=0. Ma

,.0 T

L'applicazione

110(v5)

(3.8)

è ovviamente lineare, ed è limitata, perchè If I C M. " A differenza di quanto accade negli altri casi, quando p = 2 la 0 non è in generale differenziabile secondo Fréchet. Tale differenziabilità

-

0'(O) S

___

Poichè si ha q.o. in l

I

lim -

r

11161/2

11v6 112

v-af(x,u)v

I

-

11v5 112

8-.0

-

xB5

v J(x a + t r v) -f4u)idf

Se r-'0 allora trvO q.o.in 2 equindifq'x,u+ru)-f;fr,u)-.o q.o.in &2. Inoltre If(x,u+rru)_fvx,u)IC2M. Quindi, per il Teorema di Lebesgue, si ha

lim

xEB5

f

fl'x)dx=ù(x0)

f

f(x,l)-f(x, 0)112 dx

}1/2

19

in3

w(u + v)

si ricava da (3.7) e (3.8) che (3.11)

f('x0, 1) = f;fr0. 0)1

=

La nozione di operatore- gradiente, data nel § i per il caso degli spazi di Hilbert, può essere estesa in modo naturale al caso di un'applicazione F: X -. X (X spazio di Banaeh, X duale di X). Precisamente F si dirà un operatore-gradiente (o variazionale) se esiste un funzionale f definito in X tale che f7x) = F(x). Si vede immediatamente che l'operatore q definito sopra è un operatore-gradiente.

w(u)

-

u, v>

u+v

q.o. in gì

Dando ad i valori presi in un insieme numerabile denso e tenendo presente la continuità di f rispetto a t, si ha la tesi.

-

L

J'

f(x,t)dt- ff('xu)vdx

Facciamo il cambiamento di variabile t diventa:

f f dx

[f(x, a + rv) -f(x, u)I v d =

L

=

u('x) + v(x). La (3.11)

dtj (x,

Applicando la d.isuguaglianza di ilfilder, si ottiene:

i(u+v)- w(u)- IC fuv V (u+v) I 3.7. Teorema. Sia p, q > 1, con +

=

Ø(u) 1q dt

-

1. Sia f(x, t) una frnMa per la (3.10) e per il Teorema 3.2, l'applicazione 0 Lt' -. L'J è continua. D'altra parte se 1v U, -* O anche O v U, -* O e quindi il differenziale di w nel punto u si può esprimere con

zione soddisfacente la (c) e tale che (3.9) f(x, t) I C a(x) + bit P

-

a=

,

a E L, b > O < u, v >

Allora, detta Fq'x, z)

(3.10) (u)

=

=

f

f

f(x, t) dt, il funzionale

F(x, u(x)) dx

,

u E LI'

è tale che w'(u) = Ø(u). Dimostrazione. Il funzionale w è definito in Lt' (&2), poichè f verifica la (3.9). Calcoliamo

ovvero y'(x) = (x). . I teoremi dimostrati possono essere generalizzati, considerando operatori più generali di 0. Ci limitiamo ad enunciare alcuni risultati, perle dimostraz!oni si ottengono, con semplici modifiche o aggiunte, dalle precedenti. Sia k.('x, y) una funzione definita in gi X fl, e valori in 11?, simmetrica, misurabile e tale che

/

21 20 d2f(x0) = df'(x0) X Indichiamo con K l'applicazione

K: u(y) -.

J

-

2(X, Y)

Se f' differenziabile in ogni punto di a, allora resta definita un'applicazione

k(x, y) u(y) dy

(L K è un operatore lineare e compatto di I)' in L'1 + = 1), con p q I

O taleche OCE-a I), 8.6- Teorema. IV una varietà chiusa, connessa, di classej!3 di codimensione I nello spazio di Banach X- Allora 1V non può avere più di due componenti.

abbia nucleo di dimensione I e l'immagine chiusa di I) codimensione I.

G

Dimostrazione. Supponiamo, per assurdo, che vi siano tre aperti A1 NoA, A3 non vuoti, disgiunti, e tali che X \ IV = A, u A, u liamo che, essendo X \ IV aperto, ognuno degli A1 è aperto non solo relativamente ad X \ IV, ma anche ad X. Indichiamo con ., '2 d3, rispettivamente, le frontiere di A,, A,, A3; esse non sono vuote perchè se A1 avesse frontiera vuota sarebbe un chiuso-aperto di X- Evidentemente, poi, si ha F c IV. Per la proprietà di IV, preso ùn qualunque punto x0 E IV, si trova un intorno aperto U di tale che U n IV consta esattamente di due componenti connesse: dunque solo due degli insiemi A1 possono avere intersezione non vuota con U. Ne segue che U fl può essere contenuto in due soli (al più) degli insiemi D'altra parte, se è C 3, una delle due componenti connesse di Un IV è contenuta in A., pertanto ogni punto di U r) IV è punto di frontiera di A1, cioè appartiene ad .S. Gli insiemi sono allora dei chiusi-aperti di IV. Essendo, per ipotesi, IV connessa si ha IV = ?. Ma questo contrasta col fatto, constatato sopra, che ogni punto di IV appartiene a due soli insiemi 9.

8.8. Teorema. Siano X ed Y spazi di Banach, A un sottoinsieme aperto di X. L'applicazione Ø : A -ý Y sia di classe 91e con k>r. Sia E A tale che

Il) Detto v0 C X un vettore non nullo tale che Ø'(x0) v0 = O, e ; unfrnzionale di Y tale che Imj'Ø'(x0)) = {z : =O}, il funzionale lineare

-

z -'- < Ø (x0) [z] [v0] ; > non sia nullo. Allora la varietà IV di è, in un intorno di x0, una varietà di classe 'e k-, di codimensione I. Se la lI) viene sostituita con l'ipotesi più forte: 11*) < Ø"(x0) [v0] [v0] y > ý O ,

-

8.7. Osservazione. Non sappiamo se, nelle ipotesi del teorema 8-6, le componenti connesse di IV sono in ogni caso due.

C

si può trovare un intorno aperto U di tale che (IV n U) è una varietà di classe 'e k- i di codimensione I. La dimostrazione si fonda nel seguente lemma di perturbazione che è ben noto (rientra in risultati generali riguardanti gli operatori di Fredholm), ma che, per comodità, preferiamo esporre in modo completo. 8.9- Lemma. Sia : X

-*

Y (X, Y spazi di Banach) un'applicazio-

61 ne lineare continua con Immagine chiusa. il nucleo e il conucleo di T0 abbiano dimensione 1. Allora ogni applicazione lineare T abbastanza vicina a T0 (nella norma consueta) o è un isomorfismo di X su oppure ha anch'essa nucleo e conucleo di dimensione 1.

(8.3)

wMq'irg-irSXv0)

Sostituendo nella seconda, si ottiene: ir'S('Xv0 - Mir 5 X v0) = ir' g -

Dimostrazione del lemma. Sia {X v0 } (X E IR) il nucleo di T0; sia un funzionale non nullo definito in Y tale che Im (T0) = {z Sia 6 unfunzionaledi X taleche esia s unelementodi Y taleche 1. L'applicazione p x -. x - v0 < x, 6 > è un proiettore in X; sia .k il sottospazio lineare invariante (evidentemente, di codimensione 1) relativo a p. Analogamente, l'applicazione ir : -* y s < y, i > è un proiettore in Y; il sottospazio invariante ad esso associato, f, coincide con Im (T0). Sia r' il proiettore coniugato di Sia T una qualunque applicazione lineare X -ý Y; per vedere se T è invertibile, poniamo T= T0 +5 e v = Àv0 + w con w E I. Si tratta di studiare l'equazione -

(8.1)

T0w+S (Xv0 +w)=g

essendo g assegnata in 1'. Applicando a questa i proiettori ir e si trova il sistema equivalente T0w + ir 5 (X v0 + w) = irg (8.2) ir' 5 (X v0 + w) = ir' g L'operatore T0 è un isomorfismo di X su f; tale risulta anche T0 + ir 5 per S abbastanza piecolo. Poniamo M = (T0 + irSf'. Allora la prima equazione del sistema (8.2) equivale a (i Cfr. i Teoremi 5.5 e 13.1.

ir'

SM ir g

che si può scrivere esplicitamente così: X < .S v0- SM ir Sv0, 'y0> = < g- SM ir g, 'y > A questo punto, occorre distinguere due casi: a) *O (cioè: il vettore 5 vo- SM ir Sv0 non appartiene all'immagine di T0). In questo caso, per ogni g E Y, il sistema(8.2) ha un'unica soluzione e pertanto T X -* Y è un isomorfismo. b) < S v0- SM ir 5 v0, y > = O. In questo caso, perchè vi sia una soluzione, deve essere < g - S M ir g, ; > = O. Notiamo che, per 5 abbastanza piccolo, il funzionale g - non è nullo. Allora X può assumere valori arbitrari, e il nucleo di T ha dimensione 1. " 8.10. Osservazione. Nel caso b) per le soluzioni proprie del sistema omogeneo si ha X * O. Possiamo perciò fare À = 1, al fine di rappresentare il nucleo di T. Dalla (8.3), facendo g = O, ricaviamo: IIwIIC IlMII IlirlI 11511 11v o Il Questa ci dice che il nucleo di T, sempre nel caso b), può essere * O, costante, e w che tenindividuato dal vettore v0 + w, cc de a zero al tendere di T a T0.

63 62 tuno intorno di x0) così definita: E' facile ora dimostrare il teorema 8.8. Prendiamo in luogo di T0, '(x) in luogo di T, e conserviamo il. significato degli altri simboli. Scriveremo: 5(x) = '('x) Ø'(x0), e indicheremo con M(x) l'applicazione inversa di '(x0) + ir 5(x) (come applicazione di I in 2). E' importante notare che x -ý Mfr) è di classe k- i Un punto x appartiene a JY se e solo se si verifica il caso b). Posto

x



q'x) + s < N(x) vo, yo >

-

N(x) = ('(x)

-

Ø'('x») - (Ø'q'x)

-

Ø'(x0)) M(x)

ir (Ø'('x)

-

la condizione b) si esprime con la relazione

=

Poiché il funzionale x-' < N(x) v0, y > si annulla su 1V, coincide con su IV. Il differenziale di ì nel punto x0 è: x -+

Per vedere se questa relazione individua localmente una varietà di codimensione 1, cli classe k- i, basta notare che N('x) è di classe e che il differenziale del funzionale

[v0],

y >

Un breve calcolo ci dice che *'(x0) è invertibile se e solo se
O. diventa allora: Allora esistono dei numeri positivi e, i- tali che:

Ø'(x0) w + r(X v0 + w) = is

Trasformiamo la (8.4) in un sistema, applicando i proiettori ir e IT'. Avremo:

{

w + r(X v0 + w) = O

(8.5)

Quest'ultima equazione si tratta facilmente mediante il seguente lemma, del tutto elementare.

ir

r('Xv0 + w)=s

Dalla prima delle (8.5), sempre tenendo presente l'invertibilità di tra I e f ed il fatto che r'(O) = O, si ricava, applicando il teorema del Dini (teor. 6.2): w = a (X)

per ogni v IO, e] l'equazione y'(X) = t ha due soluzioni, di segno opposto, in [-r, +r] per ogni t E [-e, O[ l'equazione w(X) = t non ha alcuna soluzione in {-r, + -il. La conclusione della dimostrazione del teorema 8.12 si ha subito ponento w(X) = < r(X v0 + a(X)), y > e notando che è (O) '(O)O, mentree (O)ý O..

§ 9 Esempi notevoli. In questo paragrafo esporremo alcuni esempi di applicazione dei teoremi di surgettività e di inversione "in grande". In tali esempi preferiamo eliminare le complicazioni accessorie, ed in tale spirito non ci por-

66 remo nelle ipotesi più generali possibili. Considercrcmo problemi al contorno del tipo y"f't)+ gi(y('t))=f(t) 0< t< ir (9.1)

b) Ogni autovalore è semplice e la autofunzione corrispondente a si annulla n-1 volte in ]O, ir[. c) p è funzione non crescente del coefficiente p. Se p1a) 0, continua e g1, g2 due funzioni integrabili. Allora se risulta g2 > g1 q.o. in (a, b) e > g1 in un insieme di misura positiva, tra due successivi zeri di x in (a, b) cade almeno uno zero di y.

si ha che: a) ji,, è una successione di numeri positivi, non decrescente e tendente a +oo: 0<


I I lu p(v)=- - I ; 1 1

Quindi esiste un 17 tale che pOT) = I. Tale valore è unico perchè À è monotona decrescente (cfr. Proposizione 9.1 (c)). Dunque la retta v z + a incontra 1V in un unico punto. Si vede facilme te che tale punto dipende con continuità da z E Z. "

ì'(x(tjJ tE

Ricordando infine che x autovalore di

E

]O, irE.

Jì-, si ha che X = i è anche il primo

-

-

Infine, per studiare la struttura di (1V) e cli ciaino il seguente lemma:

1t'('1JW,

enun-

9.17. Lemma. Se fE (iV) allora q'x) = f ha un'unica soluzione 'tfIO, id,). Dimostrazione. Sia f e (1V) e supponiamo che esistano due elementi x ed I tali che q'x) = Ø(Y) = f Poniamo ì

fr(t))

-

(x(t))

dove risulta x('t) ý q't) dove è

x(t)

=

(t)

Allora si ha che (Y- x )"+

wfr-

x

)= O

(x-

)(O) = (x-? )

Ma poiehè i' < (t) < 1" < 4, si deduce che autofunzione e À = I è il primo autovalore di

-

v"+XovO v(O)=vfr)=0

(iv)

=O

x è la prima

m/' +X4,'(x)v=O Questo è in contraddizione con la (9.17) (cfr. Proposizione 9.1 -c)."

Dimostrazione del Teorema 9.12. è un'applicazione di classe (¬2 propria. IV è una varietà chiusa e connessa e quindi anche p(1V) è chiusa e connessa(*); inoltre per il lemma 9.17 è biiettiva fra 1V e (1V) e quindi, essendo anche propria, " induce un omeomorfismo tra IV e ØflV). Poiehè tutti i punti di 1V sono "ordinari", allora per il Teorema 8.8, anche (W) è una varietà regolare di codimensione 1. Di conseguenza, per il Teorema 8.6 'W(IO, ir\(W) ha al più 2 componenti connesse. Poichè i punti x E IV sono punti "singolari ordimri" allora possiamo applicare il Teorema 8.12 ed affermare che: esiste un intorno U di x E IV e un segmento A trasversale a ØflV) in y = (x) tali che se f varia su A, il numero NJ/') delle soluzioni di Øq'x) = f che stanno in U è 2 olipure O a seconda che f appartiene ad una o all'altra delle componenti connesse di A \ «IV). Ora osserviamo che per ogni intorno U di x0E IV esiste un intorno V di y0= Ø('x0) tale che 1 (V) c U. Inf atti se così non fosse esisterebbe un intorno (*) Poicli propria, trasforma chLusi in chiusi.

;

83 U* di ed una successione x U tale che (x) -* y0. Poicliè " è propria, da x,, si può estiarre una sottosuccessione converQuesto è in contrasto col lem gente a con Y U e Ø(7) = ma 9.17. Si può anche concludere che: le componenti connesse di 'e ([O,ir])\ \ p(W) sono esattamente due (A1 ed A2) e le soluzioni di Ø(x) =f sono due o nessuna a seconda che f appartiene all'una o all'altra di tali componenti. La (a) e (b) sono così dimostrate. La (c) segue subito dal Lemma 9.17. " -

9.18. Osservazione. L'esempio III può essere esteso al caso di un operatore ellittico del secondo ordine, con condizioni di Dirichlet al bordo (cfr. [13]).

Calcoliamo ora le derivate successive del monomio di grado n. Differenziamo unaprima volta, ricordando la regola di Leibnitz, la quale vale, ovviamente, per le applicazioni multilineari. Il differenziale primo è l'applicazione:

h1-ý a[h11 [vi [vi .....[vi + a[vj Eh1] [vi -----[ v]+ -----+ a[v][v] -----[v][h1].

Per la simmetria di a, possiamo scriverlo nella forma:

&(v) = {h1 - na Eh1] [v] -----[ v]}

Il differenziale secondo è l'applicazione bilineare

=

§ 10. Applicazioni analitiche. La teoria della derivazione delle applicazioni tra spazi di Banach ci ha condotto a considerare applicazioni multilineari simmetriche. Siano X, Y spazi di Banach e sia cz[v1] [v2] -----[ v] un'applicazione n-lineare simmetrica continua di X" in Y. L'applicazione v -. &('v) = ottenuta componendo l'applicazione diagonale A:

a :v I,



(v, i,.......v ) (n volte)

con l'applicazione a, verrà detta monomio di grado n generato da a.

{(h1, h2)

-

n(n- 1) a[h1] Eh2] [vi -----[ vi}

così proseguendo si ricava: (10.1)

&"'

(v) = {('h1,h2,..., h)

-.

xi!

a[h1] [h2]

...

[h]}

Si ha subito &"'

(v) = O

Abbiamo così ottenuto un risultato molto importante: La derivata n-sima del monornio di grado n è uguale alla forma n-lineare simmetrica che lo genera mottiplicata per ti! Pertanto, dato un monomio di grado n, la forma n-lineare simmetrica che lo gens -

84 ra è univocamente individuata. Essa è dell a forma polare associata al monomio. Per un inwiomio di grado n vi è un modo naturale di introdurre una norma; si pone:

=

.1-

f'&',t + 72h2+ .....+ ih) Eh1 Il dt

-

(....f &)(h1t1+ h2t2+

....

.1_1 I_i

ll&(v) Il

evidentemente, si ha Il & Il c Il a Il, essendo I &(vf' I C Il a Il IlvII....IIvlI= n volte

ha 1111v ir' 11 fatto che il monomio individui univocamente la sua forma polare fa pensare che si possa trovare una maggiorazione in senso opposto. Infatti, vale il =

+

h t ) Eh1] Eh2]

....

Elz] dt1dt2...dt

Ma, come sappiamo, la derivata n-sima di & è costante ed è uguale a nl a; quindi l'espressione risulta uguale a +1 +1 +1

n! aflz1) (li)

....

(li)

-

L, J----- L,

dt1dt2.....dt

=

Così la formula risulta dimostrata. . 10.1. Teorema. Posto &(v) = aEvl [v] .....Lv] (10.2) nl a('h1, h2,.., h) =

=

I 2

a[v]", si ha l'identità: &(71h1+

2

dove l indicano numeri variabili tra i valori + 1, -1, e la sommatoria è estesa a tutte le disposizioni con ripetizione di questi simboli. Dimostrazione. Parliamo dal secondo membro, utilizzando la formula che dà l'incremento di una funzione differenziabile per mezzo di un inte grale. Si ha: I

I

F ..... -

7

Da essa si ottiene.subito la maggiorazione desiderata. Infatti essenper definizione do la li =sup{hla [h1] Eh2].....Eh]II : 11h111 CI,..., hIhhI C I}

+ ih)

6jh1+ 2h2+ .....+ yh)& (-h1+ 72h2+

=

+1 +1

=

llàll= sup v*o

7

dalla (10.2) si ricava immediatamente nn

(10.3) ha Il C

-

n!

hI& Il

10.2. Osservazione. Questa maggiorazione è la migliore possibile: vi sono dei casi in cui essa è verificata soltanto col segno = Prendiamo infatti X = 11 (spazio delle successioni reali sommabili, con norma Il x Il = Ix,, I), Y = IR e consideriamo l'applicazione

86

87

(10.4) a:x-*x1x2.

X

Siha

(prodotto delle prime n coordinate). Vediamo se questo è un mortomio di grado n; dati n vettori x(2) ....., x" possiamo pensare di procedere così: fare il prodotto della prima coordinata del primo, per la seconda coordinata del secondo ecc.; in tale modo otteniamo x(')

a[x'J .....[ x"]

il a li>

(a»

=

ni

a...a I

'

t'a2) (a 2

)

t

I ni

Perciò (tenendo presente che è O x() li = -----=

x(2)

in questo modo si ha una forma n-lineare che, per diagonalizzazione, ci fa ottenere à, ma non è simmetrica. Basterà allora simmetrizzarla. Poniamo (1O5)

a[x(1)I [(2)][ x"]

il O = 1)

-

Tenendo conto della (10.3) si ricava che è, nel nostro caso, i! a i = 'In

n!

ilafl

Ci sono però dei casi notevoli in cui le due norme sono uguali. A parte il caso elementare in cui X sia IR, oppure C, possiamo considerare, più in generale, il caso in cui X sia un'algebra di Banach con identità(*) ed Y sia un X modulo (in altre parole, ha senso "molti. plicare" gli elementi di Y per elementi di X a sinistra: questo accade evidentemente, in particolare, nei casi X = IR oppure X C). Consideriamo allora i monomi di grado n dati da -

dove (a1 a......a ,) descrive l'insieme delle permutazioni degli indici I.......n . Quindi & è un monomio di grado n e la sua forma polare è la a data dalla (10.5). Calcoliamo ora la norma di &; basterà prendere l'estremo superio re dei valori quando sia lix Il C 1; dovendo essere 1x11+ ix2l+. + lx I C I, si avrà un massimo, raggiunto per i1 = = .......1 =xn

=

-.

O=xn+i =xn+2

Perciò I Il&li= nn

xn

c

'I

(essendo c , un elemento di Y) (si tratta di monomi speciali, non i più generali che si possano avere in base alla nostra definizione). La forma polare (non valendo necessariamente la proprietà commutativa) è data da

-

I Basterà ora minorare la norma di a; possiamo prendere 0) x(2) (0,1,0- -----, 0) = (1,0- ------O......, x" (0, 0-----1 , 0------) (all'n-mo posto)

-

x x x a a an

aa..a 52 n

dove la sommatoria è presa al variare di a1, a2 ------, a,, fra tutte le (1 Si suppone che ta nonna in X sia tale che Ox.yUC il il ily O.

88 possibili permutazioni degli indici 1, 2., n. La norma della forma polare è e Il, ma anche la norma del monomio è Il c,, IL Che non possa essere più piccola, lo si vede prendendo x = 1 (identità). 10.3. Osservazione. Se a[v111 [v2] .....[ vi è una forma n-lineare continua, anche non simmetrica, a[v] [vi .....[ v] = &[vi" è, in ogni caso, un monomio di grado n; infatti esso può essere fatto derivare

ko II&j

(10.7)

converga. Evidentemente, la serie (10.6) risulta convergente per tutti i 1) tali che liv Il C r. (Si ricordi sempre che lo spazio Y è completo! ). 11 numero 1? > 0, estremo superiore dei valori r per cui la (løi eonverge, si dirà raggio di convergenza della serie di potenze (10.6) Conviene considerare, in luogo della (10.7) un'ulteriore serie numerica:

dalla forma simmetrizzata a[v ] [v i .....[ v I, dove TI! a1a...a 1 2

a1 a2 .....a ,, indica una permutazione degli indici 1, 2.....n . Si ha evidentemente Il & Il C a Il anche in questo caso. Si vede poi facilmente che, componendo fra loro più monomi, o, più in generale, componendo più monomi nella stessa variabile tramite una forma n.lineare continua, si ottiene sempre un monomio. Ad esempio, se a[v,] [v2 i è una qualsiasi forma bilineare continua, y(u) un nionomio di grado r, 6(u) un monomio di grado s, a[y('u)] [6(u)] è un monomio di grado r + s Introduciamo ora la nozione di applicazione analitica fra spazi di Banach. Siano X ed Y due spazi di Banach (lineari sul corpo reale o su quello complesso). Chiamiamo serie di potenze, definita in X, a valori in Y, una serie del tipo:

(10.8) E li an Il r" on

L'estremo superiore dci valori di r per cui questa risulta convergente si dirà raggio di convergenza stretto della (10.6); lo indicheremo con R*. Vediamo ora che relazione sussiste fra R ed R*. Per quanto abbiamo dimostrato sopra, si ha: han il C nn

-

id,, il C DaI, li

Applichiamo ora il teorema di Cauchy.Hadamard,prendendo la radice n-sima; poichè è lim ,,-..

n"

o

e, si ha:

11 I I -C- c dacur e R* R -jj-;

-

(10.6)

-

R _ 0, a,, rappresenta un'applicazione n-lineare continua simmetrica a : X" -. Y. Indiehiamo con & il monomio di grado n associato ad a,,. Supponiamo ora che per un numero reale r > O la serie

10.4. Definizione. Sia £2 un aperto di X ed f: £2 -. Y. Si dice che è analitica in E £2 se esiste una serie di potenze E a on

i

[v]

con raggio di convergenza positivo, tale che, in un intorno di x si aL'-

91

90 bia f('x0 + v) = on a [vi". Risulta abbastanza ovvio che la nostra definizione, nel caso X = IR oppure X = C ci ridà la definizione elementare. Infatti in que to caso le forme n-lineari sono date dal prodotto delle variabili moltiplicate per un coefficiente appartenente ad Y: a(x1, x2 ......x )

=

x1 x2.....x,, crfl, I......, 1).

infiniti, mentre la serie di potenze E n! a [x]" ha R* = I, R = e. Risulta ora facile dare un teorema di sviluppo di un'applicazione in serie di Taylor: si procede esattamente come nel caso delle funzioni di variabile reale. Siano X ed Y spazi di Bariach (sul corpo reale o su quello conj plesso, entrambi). Sia 2 un aperto di X e sia B(x0, r) = {x: x-x0 II X1 è sempre uguale a I. -

-

11'

110 Se le condizioni 1) e 2) sono verificate, allora per il teorema 13.1 il sot toinsienie di A per cui.l'applicazione x -. Ø(X, x) è invertibile è aperto. Supponiamo inoltre che Ø sia tale da soddisfare la ulteriore con dizione: 3). Il sottoinsieme di A per cui l'applicazione x tibile è non vuoto e chiuso.

-.

Ø('x, x)

13.4 Teorema. Se sono verificate le ipotesi 1,), 2), 3); allora l'applicazione lineare x Ø(À, x) è inverti bile per ogni X E A. -

Applichiamo questo teorema alla risoluzione delle equazioni ellittiche con il metodo di Schauder. Sia 2 un aperto limitato di 1R", con frontiera I' di classe Consideriamo la famiglia di operatori ellittici

i=1,2.......n

k

a,jx) EtEk V x E £2 VE

=

(E1 ......, E) ¬JR"

Supponiamo inoltre che esista una costante M, tale che risulti (13.3) hla1 oa C M li b1 "o,a C M Il chi0 C M

hA

=

sup

4k

(Il a.k 0o,a

,

O bihhoa, Il c Il)

Nel nostro caso A sarà aliora l'insieme delle funzioni A = {a.k, b, c } con e C O a valori in 1R5, hòlderiane di esponente a, tali che sia lA C M e che valga la (13.2). A è un insieme convesso (e quindi connesso) di 1k5) Consideriamo l'applicazione Ø: A X 'z.a(').. (ea(,)x g2.a(f) definita da (13.4)

(A, u) -ý (L4u, uft)

con LA a dato dalia (13.1). Invertire la Ø, per un A fissato, significa risolvere il problema di Dirichiet

J

ove le funzioni a1 k (alk (x) = a 1('x)), b, c sono funzioni Hòlderiane in di esponente O < a < 1, c C O in K da forma è effittica: (13.2)

-.

è inver-

Allora si ha la segue!ite proposizione di immediata dimostrazione:

(13.1) Lu=.jaj,u.X+YP'lUX1+Ct1

Indichiamo globalmente con A la funzione {ak, i,1, c } a valori (n+1)(n+2) in 1W s holdenana di esponente a; lo spazio = 2 wo.a(, JRS) ditali funzioni sarà dotato delia norma

a('x) u('x)

+ bfx) ufr) +

cfr)

ufr)

=

Vogliamo vedere se sono verificate le condizioni 1) 2) e 3) del Teorema 13.4. Le 1) e 2) si dimostrano facilmente. La cosa importante a questo scopo è osservare che gli spazi di funzioni llòlderiane sono algebre di Banach. Notiamo anche che la corrispondenza

*

A. LA

112

113

è analitica. Dimostriamo ora la 3). Sia una successione di funzioni tali che l'operatore ('A", a) sia invertibile. E supponiamo che A0' -+

ottiene così l'operatore di Laplace Au

=f

u!r

=

(13.8) Il problema di Dirichlet ýa(")u +Eb" u +cuf ik

{ XiXk

(13.5)

i

(n-1,2,...)

ha Vn una soluzione (unica), che indichiamo con Teniamo con to del fatto che c('x) C O in e ricordiamo che allora vale la seguen te maggiorazione a priori (dovuta a Schauder [1 41 nel caso n = 2 e adAgmon.Douglis.Nircmberg [15] nel caso n > 2) per le soluzioni di (13.5): C k(Iif ii + li w (13.6) ti 2,a

con k costante indipendente dai coefficienti dell'operatore presente in (13.5). Allora da u" si può estrarre una sottosuccessione (che de noteremo ancora con u0') convergente in 2 verso u". Passando al limite in (13.5) si ottiene (ajL (13.7)

I. Uft

xJCktx.f

=

Si osservi che come conseguenza della maggiorazione a priori (13.6) si ha anche che la soluzione di (13.7) è unica. Quindi anche l'applica. zione "limite" 0(1.4*, a) è invertibile. Resta da verificare che esiste almeno un A tale che Ø (A, ti) è invertibile. A questo scopo basta prendere a4k = I b = e = O. Si

Il problema (13.8) ha una ed una sola soluzione in 'W per fe o,a e E come abbiamo già visto in precedenza. Possiamo quindi applicare il Teorema 13.4. Ricordiamo anche che la dipendenza di 0 da A cd u è analitica. Quindi il Teorema di in. versione per applicazioni analitiche (cfr. Teor. 11.6) ci consente di affermare che la soluzione di LA ti = f dipende analiticamente dai coef. ficienti A = (ak, b., c). Riassumendo si ha il seguente Teorema: 13.5 Teorema. Sia 7 un aperto di liV' di classe W Se a, c sono funzioni verificanti le ipotesi (13.2) e (13.3), e se c(x) C allora 'v'fE cg O,a(j) e V E2.a(a Q), il problema C O in ,

f Za.u +b.u +cuf XiXj,

ti

ha una ed una sola soluzione in W2;m(). Tale soluzione dipende analiticamente dai coefficienti a., b, e 13.6 Osservazione. Se si lascia cadere l'ipotesi e C O in , allora è noto che il problema di Dirichiet può non essere risolubile. Volendo proseguire l'indagine fatta, si tratterebbe di studiare lana tura del sottoinsieme di A per cui il problema non è risolubile. IL Come applicazione ulteriore del Teorema di inversione nel caso analitico, consideriamo il problema al contorno ,'t4O

-'-Y\

114 f_au+u2=f in &2 (13.9) =

o

con £2 aperto di 1k", fE 'f o.a(s2) e la soluzione u cercata in cg 2.a(-)" Se per una soluzione T, l'equazione "tangente"

CAPITOLO LI

PROBLEMI DI BIPORCAZIONE

-Av+211v=g Vj3

=

§ 14. Introduzione. Un esempio semplice.

O

è univocamente risolubile,la (13.9) è localmente invertibile in un intorno di g e la soluzione dipende analiticamente da f. Analoghe considerazioni, complicate però dalla necessità di dare un'impostazione convenientemente generalizzata al problema, portano a constatare (cfr. Ladyzenskaia [16]) che nel sistema di Navier-Stokes stazionario in dimensione n = 2 o n = 3,

u. ax

-

v Auf- vp

u = (u)1=123

div u = O la soluzione dipende analiticamente da f, nell'intorno di ogni u tale che l'equazione "tangente" sia univocamente risolubile.

Per studiare la struttura dell'insieme delle soluzione di un'equaziQ ne funzionale, conviene assumere un'atteggiamento "genetico" e considerare in quali circostanze da una soluzione, in seguito a una piccola perturbazione, se ne creano altre. Si tratta di una metodologia che è ben conosciuta nelle ricerche classiche sotto il nome di "teoria della diramaziowe o biforcazione". Possiamo, in concreto, procedere in vari modi; ad esempio sia X -ý Y un'applicazione di classe Sf' avente come punto si golare. Se è = Ø(x0) allora, preso un intorno U di x0 ed un intorno V di abbastanza piccolo, per E v è possibile che vi siano più punti in U tali che fr) = y (riflettiamo al caso elementare dell'applicazione C -. C data da z -+ z2). In questo caso la perturbazione consiste nel far variare il secondo membro. Ma, in generale, è più conveniente introdurre un parametro e con siderare un'equazione che abbia una soluzione fissa al variare del parametro. Potrà allora accadere che, per certi valori del parametro, da questa soluzione se ne stacchi un'altra (o più altre). Precisamente, siand X ed Y spazi di Banach, e sia F 111 X X -ý Y un'applicazione di classe ý'', soddisfacente la condizione '

F(x,O)=O Vxc1R

117

116 14.1 Definizione. Si dice cile il punto X0 è di biforcazione per F, se in ogni intorno di (N0, O) esistono punti (N, x), con x ý O, tali che F(X, x) = O. (Questi punti potranno essere detti soluzioni proprie dell'equazione).

Un caso particolarmente notevole, è quello in cui si ha X F(X, x)

=

Xx

-

=

Ye

A (X, x)

con ipotesi particolari su A. Ancora più in particolare,se è Occorre notare subito (e lo constateremo tra poco negli esempi che forniremo) che questa definizione, pur non essendo la più generale possibile, inquadra molli problemi che si presentano nelle applicazio ni. La soluzione nulla rappresenta spesso una soluzione di quiete, o una soluzione banale del problema; il parametro X ha una interpretazione fisica (è il valore del carico in certi problemi di elasticità, il nu mero di lteynolds in certi problemi di idrodinamica, ecc.). aUn primo risultato importante è già praticamente implicito nella formulazione del nostro problema:

F(X, x)

=

Xx

-

A(x)

allora la Proposizione 14.2 si può esprimere così: 14.3 Proposizione. I valori di X che sono di biforcazione per F(X, x) = x x Afr) sono i punti dello spettro di AP(O)(*). -

14.2. Proposizione. Condizione necessaria affinché X0 sia di biforeazione per F è che l'applicazione P (N0, O) non sia invertibile.

E' opportuno qui dedicare qualche parola ad un caso particolare, che è molto illuminante: quello di un operatore A lineare. In questo caso A coincide con il suo differenziale e gli autovalori di A sono, ovviamente, punti di biforcazione per Xx A(x). in questo caso si può facilmente dimostrare un risultato più preciso:

Dimostrazione. Consideriamo l'applicazione : 1K X X -ý 11? x Y data da Ø(X, x) = (N, F(X, x)). Essendo FJ'X0, O) = O, risulta che '(X0, O) è l'applicazione

14.4 Proposizione. Se A è lineare un punto N0 è di biforcazione per l'operatore Xx -Ax se e solo se 0 è un punto aderente dell'4j sierne degli autovalori.

(p, v)



(p,

F' (X0, O) v).

Allora se F' (X0, O) fosse invertibile, tale sarebbe anche Ø'(X0,O). Quindi, per il Teorema di inversione locale, i punti di un opporta no intorno di (X0, O) E 1K X Y avrebbero un'unica controimmagine in un intorno di (X0, O) E IN x X. In particolare, ogni punto (X, O) ha come unica controimmagine (N, O), ciò che esclude la possibilità di biforcazione. .

-

Come conseguenza, possiamo subito vedere che la proposizione 14.3 non può essere invertita, nemmeno nel caso lineare. Cioè un punto dello spettro di A'(O) può non essere di biforcazione per Xx -A(x). Infatti basta,ad esempio, prendere l'operatore (lineare) di Volterra A x(t) -.

fo

x(s) ds x Ere ('10, 11); in questo caso non ci sono au-

(*) Nel caso F'X, x) = X x A('X, x) i valori di biforcazione appartengono all'insieme dei valori di X per cui l'operatore i' -+ Xu AJX, .0) o non è invcrtibile;in questo caso si tratta di un problema spettrale in cui la dipendenza dal parametro è non lineare: il problema è meno consueto, ma è stato studiato in certi casi particolari. -

-

118

119

tovalori; il punto 0 = o è un punto dello spettro, ma, non essendo punto di accumulazione di autovalori, non può essere di biforcazione. Inoltre un punto può essere di biforcazione senza essere un autovalore. Infatti si possono costruire facilmente esempi cli operatori (lineari) per cui un punto X0 non sia un autovalore ma un punto di accumulazione di autovalori. Ad esempio l'operatore A definito in L2aa, b]) A xa) =

J k(t, s) x('s) ds a

Esempio. (trave compressa: teoria di Eulero-Bernoulli).

E' data una trave di lunghezza 1, incernierata ad un eremo e con l'altro estremo variabile sull'asse x Si suppone che la lunghezza non vari e ehè nell'estremo variabile sull'asse x sia applicata una forza P diretta lungò l'asse x. Siano (x('s), y(s)) le coordinate di un punto della trave infunzione dell'aseissa curvilinea s e sia yj's) l'angolo della tangente alla trave nel punto (x('s), y(s)) con l'asse delle x. Poichè, com'è noto, la curvatura della trave in ciascun punto è proporzionale al momento della forza applicata l'equazione da studiare è -

con k(t, s) simmetrico, a quadrato sommabile in [a, b] X [a, bi, de finito positivo. A ha una successione cli autovalori, convergente a O, ma O non è un autovalore. Nel caso non lineare può accadere che un punto X0 sia un auto valore per A'(O) senza però essere un punto di btforcazione per Àx A(x). Consideriàmo infatti l'applicazione A : 1R2 " 1K2 così definita: -

(x, y)

-

(x + y3, y

-

x3).

11 punto X0 = I èun autovalore per A'(O). Ma non è di biforcazione; infatti dalle equazioni 7¼ X

xy

-

-

X

= -

y + x3

=

(14.7)

i

Py

=

[ds

do k -j--

-

k costante fisica

sin

O O

si ricava, moltiplicando la prima per y e la seconda per x e sottraen do: y4 + x4 = O. Prima cli procedere ad una trattazione teorica, vediamo un esempio molto semplice in cui il calcolo può essere condotto elementarmen te.

con le condizioni ai limiti si traduce in

y(O)

=

yfl)

=

O, x(O) = O. 11 sistema (14.7)

P (14.8) ['(O)

=

p71) = O

Questa equazione rientra nella impostazione che abbiamo delineato. Infatti possiamo considerare lo spazio X delle funzioni p E c?2 ([0,1])

120

121

tali che o'q'O) = = O; Y sarà lo spazio '9 ([O, i]) e E: 1ftX X-. Y sarà l'applicazione

(X, )

-*

---j- +

r1P

X sin

il differenziale E' (X, O) è dato dall'applicazione d2 ' ds2

+"

Gli autovalori (tenuto conto che "(O) = = O) sono dati da in2 2 Xm = j2 (in = 0, 1......) . Si osservi che per x = O si ha la famiglia di soluzioni = cost, pertanto c'è una biforcazione, ma le soluzioni che così si trovano non hanno significato fisico. Infatti le condizioni 'p'(O) = w'(l) = O traducono le y(O) = y(7) = O solo per P* 0. Nel caso banale P = O bisogna imporre le condizioni y(O) = = y(1) = O e si ottiene così solo la soluzione nulla. La nostra equazione è la ben nota equazione del pendolo. Ponendo p

-

=

-i-,

1

Ora quest'ultimo integrale deve essere un multiplo intero del semiperiodo i-, che è dato,com'è noto,mediante un integrate ellittico:

-

si ottiene dp p- +X Stfl.w=O do

Le soluzioni possono avere andamento diverso: vi sono le soluzioni oscillanti che nel grafico (pag. 121) sono rappresentate da una curva chiusa e quelle non oscillanti; le due famiglie sono separate dalle soluzioni che tendono ai punti singolari (r, O) (- ir, O). Poichè le condizioni ai limiti poste sono '(O) = w''l) = O, le soluzioni che cerchia mo corrispondono agli archi i', eventualmente percorsi più volte; che congiungono due punti, distinti o coineidenti, che si trovano sull'asse dw p = 0. Deve essere, essendo u =

r2

avendo posto e = sin

--

/2f ('0

ff/2

do v'1_c2

5in20

l'ascissa di un estremo di

r).

Dunque, la condizione da imporre è (143) mr('X,w»=l ,nEZ La funzione i- ('X, p) è, per X fissato, una funzione crescente di w0 pero C