Della immortalità dell'anima umana [First ed.]

162 16 20MB

Italian Pages 68 Year 1868

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Della immortalità dell'anima umana [First ed.]

Citation preview

.

r r'

DELLA

IMMOUTALITÀ DELL'ANIMA 1

I

UMANA. DISCORSO DELLAMARCHESA

MAI !ANNA ~~~~~~,~:::ADDINGTON

FIR!ìNZE.

A

SUCCESSORI ~E MONNIER. 1868. -·

.......

•· f

-.

....__

~

Ot:LLA

lll)IOllTALIT.\DELL'A:'illl.\ U)l,\NA.

DELLA

IMMORTALITÀ DELL'ANIMA U)!Ai\'A. UI8CORSO OELU

tlARCIIESA

.11AlllA1iNAFLORENZI WADDE'ìGTOX SOCIA COIIIIISPO~Dll~Tll DUf.~

11.. ALll ACCADUIIA

DI S(ll;tlt

11011.\LJ Il POLITJCJJ'-

,. I

FIRKNZE. SUCCESSORILE MONNIEII. 1808.

ILlsTRE

SIGNon CAVALIERE

ANci:lEA (f

MAFFEI. '

Non so a ~i mcglia dedicare questo discorso su l' Immortalit1,che a Voi, clte interpretando.con. sentire delicato~i Anwri degli Angeli ci avete fatto pregustare «n ~1]$0di vita p~ù bello, .stando a,;_ ..com quaggiù, ~ come i vostri Soavi versi fanno presentireall'animo qualchecosache non è terrena, così bramerei, se il mio desiderio1Wnfosse ardilo, eh.e questo libretto potesse additare alla ragione qualchesaldo fo~·idaraento per sostenernela credenza ed avvalorarnela speranza. Certoil vedereuomini pari vostri, i quali sono lantom~ritevoUd'immortalità, e che fliehi di ')loria ne assaporano una parte ancora viventi, è non pie,coloargomento di 'agognaree di le1!f-kre a destini sempremigliori. Accoglieteiz\lantoJ insiemealla tenue offerta,i sentimenti della mia profondastima cd osservanza.• ·_;! MAUIA:-.NA FLORENZI WADDINGTON.

DELL'IMMORTALITÀ DELL'ANIMA UMANA .

., In Gott i.ù der Mell!lci, nur in 1einer W.ihrbrit, nieht in set11u UnmittelLarlr.tit ..,.{genommen , und io i11 diue Lehre nieht d.i,, w.11wir P:intheUm,u bei11eQ;denn dit1er Wt du unmitlelbare "" e1 i~r, bw.eht:n. ~

(HegeJ,GmMJit•derPhilosophie,)

.. I.

Voglioincominciarecon dichiararei principiidella ftlosofiaalemanna,specialmenteper quelloche concerne la personalità umana, secondo il mio modo di vedere. Comunemente si crede che la filosofia tedesca, ed in particolarel' hegeliana,porti alla negazionedella pefso•

nalità umana e per conseguenzadella immortalità;con• fondendo]acol panteismo volgare. - Nulla è più falso

di questo.Hegelstesso, come si può scorgere dal luogo che ho posto in fronte al mio discorso~ distingue due maniere differenti d'immedesimare l'uomo con Dio. L'u01noè io Dio soltantonellasua verità, non già nella

sua immediatezza.Il Panteismo"volgare crede l'uomd un modo della sostanzadivina, un semplicefenomeno. Hegel al contrario considera l'uomo come una vera persona la quale si solleva a Dio, come processo dello ~piritvche nellasua energia è infinito.Queslaconcilia•

4

DELL' I!IIMORH.LlTl

DELL'ANIMA UMANA.

zione o identificazione non distrugge nessuno dei termini, ma li conserva, e li avvalora l'uno éon l'altro. Il progresso vero non distrugge i suoi momenti precedenti per sollevarsi più in alto, ma si solleva appoggiandosi ai gradi inferiori. Esso non va di ruioa in ruina, ma da una forma più angusta e più inviluppata ad un'altra più sviluppata e più larga. Hegel non parte dal nulla, nè tende al nujla, come falsamente da alcuni si crede. Egli al contrario parte dal!' attività primigenia del pensiero ed arriva all'attività pensante riflessa, cioè alla persona umana. Ora si può egli ammettere che, secondo questo pr► cesso, la personalità umana debba annullarsi appena arrivata--alla coscienza, che era la meta a cui tcndeva'f Chi ben riflette vedrà di leggieri che ciò è impossibile. L'annullamento di una forma si fa sempre in vista di una forma più universale. Ma al di là della coscienza riflessa non si .può ammettere nè C(tncepire nulla.,di più universale. Dunque questa forma non deve soggiacere ad altre ulteriori ·trasformazioni sostanziali, ma deve rimanere identica a se i.tessa e quindi immortale. Per ciò Ilegel dice che l'uomo non è in Dio nella sua immeùiatezza, ma soltanto nella sua verità. Ciò significa che l'uomo conserva sempre la sua propria imme, diata individualità, e che egli s'immedesima con Dio solo nella sua universalità; cioè come arte, come religione, come scienza. Se I~ sua personalilà rimanesse annullata e quasi sommersa in Dio, si cadrebbe nell'inconveniente del panteismo volgare, ed è appunto quello che Uegel rifiuta. Lo spirito assoluto, o Dio, non potrebbe sussistere nel sistema hegcliaoo so non come

DELL' nnlORTALTTÀ rmt.L' Aknli\

UMANA..

5

verità drgli spiriti individ..ali. Dunque se glf spiriti in•· dividuali si annullassero, si annullerebbe ancora lo spirito ajsofo.to. La personalità umana de.ve'dunque eSsere considerala come -permanente ed immortale. , Benchè Hegel -non avesse mai tantò chiaramente confessato la soluzione di questo problema, noi pur nondimeno la troTiam'o pro.venire direttamente e,rioces• sariamcnte dalle sue premesse. •

li. È'assai nota la·dissenzione avvenuta fra l discepoli di Hegel intorno alla questione della immorta.lillì. dell'anima. I discepoli della sinistra l'hanfto negata, e tra questi senza dubbio il più fiero sostenitore della mortalità è U Feuerbach. Egli, a mio avviso, ha svilup- ' pato il lato negativo del sistema hcgeliano. Il colmo del perfezionamento, per lui, è l'annullarsi, ma non già l'annullarsi per rinascere, ·ma l'annullarsi assoluto. Per lui l'essenza di ogni essere è il-limite, ed il limite ò il nulla; senza il limite tutto saTebbe indistinto Dell'essere indeterminato; col limitè comincia·Ja distiòzione e la sussistenza degli esseri particolari. Feuerbaeh chiama la limitazione un'arma- contro il nulla, ed una difesa del proprio essere. 1 Il limite è veramente necessario. Però Ti ha due 1 • NureineWalTe giebt es gegen das Nicbt,und dietie\Vnffe ist dia Grenze, sie ist der cinzige Haltpuncld elne_sDings die-Schanze seines Selns. ,; Feuorbnch. G~ Ubor Tod UM Sltrbllchùit, pngg. ,o;14.

DELL' IlDtOBTALJTi

DELL' .U'IIIA 1Jll!IAlfA.

specie di limiti, uno esterno, l'allro inrerno. Il limilè esterno si toglie col lenre. la posizione natural~ .in cui si trova . J'essere. L'anima come naturale si aenulla adunque al disciogliersi . dell'organismo. Ma l'anima umana .non è solamente anima naturale, ma è ancora spirilo. Ora.che cos;i è Io ~piriLOanche per Fcuerbach "f. Non è sottant.Q.dilTerentc dal\a,nalura, ma è il resultato della propria attività: è una differenza post~ da la_i stesso. 1 Quando dico lor che è l' espressione della coscienza ·riflessa, nessun altro potrebbe farmi pronunziare questa parola se non che la mia spontanea auività: çlevandosi l'anima sino all'Io, essa diventa spirilo·: Il lim,itc, che fino ad ora era semplicemente. esterno, in questo sollevamento diviene- interno. Divenuto in... terno, appartiene a me e&senziahncnte, e-come nessuno può porre I' lo, nessqno parimçnti puù toglierlo. L' indi• pendenza dello spirjto sarebbe lncomplela, se· fosse soltanto i~dipendenza di origine e non egu\llmcnte ùi fine. Il limile, dunque che secondo Feuerbacb ~ l'armo contro j~ nulla,: diventato.?, me ,intrinseco· proJcgge, la poco nolo, sebbene a mio avviso sia molto importante e quinùi meritevole dl essere conosciuto. Ritter prima di tutto non considera l'anima ed il corpo icol:nedue attività divise e.poscia riunite quasi -accideni talmente;' per lui v'è una sola attività, una unità primitiva la quale si manir!Na in un doppio processo, e quindi si'mostra come uì1a duplice attivitt Tn quailto si riferisce· al di fuori, e si mette in contatto col mondo esteriore si dice attività transitiva. Per contrario quando ·si ripiega sopra se stessa,· e torna in sè, si chiama attirità ri{le&sim.Entrambe queste attività, la transitiva, cioè il corpo, e la riflessiva, cioè l'anima, sono due faccie di una medesima at,tività fondamentale, e·perO inseparabili, ed evidei1temente relative l'una T,erso l'altra. Onde quando si parla della immortalità 1 1: Al-sdie Subslanz odcr das wahre W cscn dcs lebcndi~n Dinges habcn wir weder seine Scele, nocb seinen Leib zu betrachfen, sonder der sewUnliche Sprachgcbraucb .ist In vollcm Rccht, wenn er das febcndige Ding als das wahre Subject bczeichnet, welchcm Leib undScele, Geist und KBrper zuJ.:ommen.• Ritter, Unsterblich~it, pag. {5G.

bELL' UllilORTALITi

IJELI.' ANIMA UMANA.

35

dcli' anima, la questione non è ben posta e si deve piuttosto ricercare dcli' immortalità dell'intero soggetto umano. 1 Ma in qual modo si deve ricercare la vcr3 sostanziale attivilà,a\\a quale compete una perenne durata 't Il modo. è questo. È d'uopo dispogliare la sostanza da tutte le apparenze, esaminare ciò che nelle nostre azioni v'è di esclusivamente nostro, o ciò che proviene dal nostro rapporto col mondo esteriore. Una parte delle nostre operazioni scaturisce dalla nostra libera ed indipendente attività; un'altra invece richiede soltanto la cooperazione nostra, ma oltre a questa ci vogliono altre. sostanze esterne ed altre condizioni, le quali non tli• pendono più dalla nostra volontà, col!le si può esperimentare chiaramente nel fatto delle sensazioni.! Quando io voglio, non ho bisogno della cooperazione di nessuna altra forza, ma senza il concorsp i;I.el.mondo esterno, per quanto io VQlessi,"non arriverei mai ad avere una sensazione. Ciò che ci appartiene esclusivamente costituisce la nostra vera sostanza; ciò poi che ci appartiene solo accidentalmente e èol concorso e coopcrazi~ne .di.. altre aUività esteriori, è per noi un fenomel}O, un' ap- • parenza. Dunque la vera sostanza è l'Io, l'attività che è per sè, mentre il corpo, il quale non è altro che un'apparenza esterna dcli' lo, è passeggero, potendosi a quo1 • ••• die rincxive Bt"Sflheinllogswcise dcs besondern Dinges nenncn wir r.eine Seele, die transitive seinen Leib. " Opere citata, pag ◄ 57. 1 • Sowcit dic Naturuothwendigkeit uber uos gcbietctl, sind wir Producte odcr Ersi:holnung der Natur; wo aber das Reieh un• sercr Freibeil beglnnt, da baben wir da& zu suchen, was wabrbart unser 1st, unser Wesen, und unsere unvergiinglicbe Sub11lanz., Pagioa Si:.

36

DELJ.' IMMORTALITA DELL'ANIMA

UMANA.

sta apparenza esterna dell' lo Sol'tiluirne .un• altra senza che patisse difetto ta sostanza intrinseca del!' Io. Il fenomeno non esiste se non per un altro; è I' apparire di una sostanza ad un'altra sostanza, talmentechè se fosse po.5sibilel'esistenza di una ·sola sostanza, il fe• nomeno òon vi sarebbe. Il fenomeno sta propriamente nel legamè delle sostanze; nel modo di -essere di una sostania verso delle-altre. 1 Il fenomeno è quindi necelòl• sarioed indispensabile ad ogni sostanza, allorehè si coa• sidera questa come parie di un sistema. PP,rò nòn è necessario questo o quell'altro fenomeno; basterebbe soltanto che la sostanza rivestisse un fenomeno qua• lunqnl). Il corpo, come abbiamo· veduto, è I' attil 1ità transi• tiva dell'uomo, cioè a dire è il-fenomeno della persona umana: esso può dunque mutare senza cbn muti la persona. Benchè all'anima sia indispensabile un corpo, non è però indispensabile questo dato corpo, perchè non si debbono mettere in uO fascio l'attività sostan• 2iale del!' lo coJla sua fenomenica esistenza. La mutazione e la morte appartengono al corpo, ossia al feno• 1 « Wlr oennen das ibre freie That , wclchc ihr ohne Abzug und obne Schmiilerungibres Antbcils zur.int, deren unbcdingtcs Subject si.e1st, Weon wir sie erlqmot haben, dann ho.benwlrctwas gcfundcn, ins der Substanz In ihrer nacL:tcnW ahrheil angehort; denn es war die Voraussctzuog, dass wlr sie nur durch eine Amrlyso finden ktlnnten, welche die Substanz von allem Scheln Ihrer Umgebungen cntkleidet. Alles dagegen, was Ihre Umgebungen von ihr en.wingen, wozu sie nur a\soln Werkzeug dcr Natur odcr anderer Dinge gebraucht wird obne Scbnld oder Verdienst, a11es das dUrfen "'·ir 1hr nlcht in Warhc\t zurechnen, sondr.rn haben es nur als einen Scbcln an ihr zu bctracbten. • Pag. 8-i.

IJELL' IMMORTALITA DELL' ArELL' IMIIIORTALlTA. DELL' ANl!IIA UMANA,

45

custri,' la pietosa sollecitudine dei morti, la cura che si trova posta nel tumularli, insieme con altri vestigi di lor religione, è chiarissima prova che in loro non mancava la fede -dell'immortalità. Lo stesso si verifica nei popoli selvaggi di cui si ha nolizia. s Ma lasciando queste tradizioni Lriie scope,rte dalla laboriosa industria dei geologi, e mellendoC, n~ua via regia tiellastoria, pili splendida ci apparirà questa persuasione. Sopratutle le stirpi poi la religione dcllct razz.1 ariana, che è quella a cui noi apparteniamo, sono piene di speranze· immortali, di leggiadri miti, di tradizioni, di misteri che pale~ sano, come è conveniente a forme religiose, la ferma credenza e l'invitto istinto verso l'immortalità. ~enza parlare del Cristianesimo, che si potrebbe sostenere essere religione di origine semitica, chi ignora i misteri celebrati di Eleusi, gli Elisi di Omero e di nisée, du feu, du soleil, et de la lune. l'ne croyance d'une vie outre--tombe semble ~•ètre perpétuée depuis !es tiges de l'Ours et du Reooe. 11 L'homm, fo,sil11,J..e-Hon, pag. W2. 1 ,. Quand on se trans porte au pied des immenses collines tumulaires de la première période et des blocs gignntesques dressés par des effi>rtsinouis, on prouve le sentiment que le peuple, qui malgré l'imperfection de scs instrument.s faisait de telle conslruction en l'bonneur des morts et des Dieux, devait étre vivement préoccupé de la destinée de l'homme au delà du tombeau et du besoin de se ren-· dte !es Divinités favorables, 11Troyon, Habùalioni lacmlreidu ~mtn ancil!W el modames. 1 ,. La più parte delle tribù indiane dell'America del Nord crede ali' esistenza di un grande spirito ed ali' immortalità dell'anima, ma esse non sembrano neppure avere avute praticbereligiose e meno ancora edifltj sacri. » Lubock, pag. 421. • Presso i Patagoni quando alcuno muore sono tosto immolati anche i suoi cavalli perchè egli possa servirsene nell' Albue Mapu, ossia il paese dei morti." Lubock, op. cii., pag. "-O

46

DELL' INXORTALITi DELL'ANIMA milA!'i'A.

Virgilio,creazionispontaneeed ingenuerivelazionidella coscienzadei popoli? Platone non i$degn6introdurre que' miti nella filosofiadei suoi dialoghie specialmente nel Fedone, stimandoli gravidi di altissimo e riposto signilicato.E spingendocipiù.avanti sino alla culla della nostra razza, nei poemi indiani troviamo dellecomma~ venti e magnifichenarrazioni, ove brilla l'imagine serena ed incancellabiledi una vita immortale quantunque intesa a modo orientale. Nel Bhagavad-Gitaun immortaleparla eosl ad un guerriero; con le quali parole porrò fine al mio discorso. • Tu piangi &ugliuomini, su cui non bisognapiangere, benclièle tue parole sieno quelle della saggezza. I savi non piangononè i vivi nè i morti. • Perchè giammai non m'è mancata l'esistenza; e neppure a te, nè a questi Principi; e giammai noi, noi tutti non cesseremodi essere nell'avvenire. • Come in questo corpo mortale si avvicendano l'Ìnfanzia,la gioventil,.lavecchiezza,similmenledi poi l'anima acquista un altro corpo; ed il savio qui non si turba. , L' incontrarsi degli elementi che producono il freddoed il caldo, il piacere ed il dolore, si succedonoe non sono eterni. Sopportali, figliodi Ruoti. • L'uomo, cui questi non turbano, l'nomo fermo nei piaceri e nei dolori divie!Je,o Dharata,partecipe del1'immortalità. • Questicorpiche finisconoprocedonoda un'anima eterna, indistruttibile,immutabile.Combattidunque, o Bharata. ·, Come si lasciano delle vestimenta logore per

DELL' l'OIORTAÌ.ITA

DELL' ANHJ:A l'.MANA.

1,,7

prenderne delle nuove, cosi l'anima lascia i corpi logori per rivestire dei nuovi corpi. • Invisibile, ineffabile, immutabile, ceco i suoi attributi. Perchè la sai tale, non piangere dunque. •~ 1 Il Bbagavad Gita XVI, li SbastahBadha e il codice di Manou rinchiudono questa dottrina.

"

DEL PROGRESSO DELL'UNIVERSO SECO~OO LA, DO'ITIUNA

DEL CONTE TERENZIO

MAMIANI.

Del progresso oggi si parla da tutti, e forse se ne parla lroppo; ma però pochiricercanoseriamentequale sia il vero concello che ·dobbiamo farcene, e come .e fin dove possiamo sperare di conseguirlo.

Il conte Mamianiè uno di questi.pochi, e la rilaturiLàdegli studii e l'accurata esperienzadella vita ed il nobile istinto di poeta gli danno il dirilto di parlarne a

prererenza di ogni altro. Io avvezza da molto tempoad ammirare l'ingegno di questo illustre filosofo, che mi

compiacciodi chiamare ancora amico, ho voluto esaminare fra le moltissimedottrine che ultimamenteha esposto, nelle sue laboriose Confenioni di un Metafisico, questa che riguarda il progressonell'universo.So.. pra questo medesimotema vadd meditandoanch'io da qualchetempo, e perciò voglìo rendermi contodi tullo quello che si viene serivendosu questo proposito. Qnat'è il concettoche il conte Mamianiha del progresso'tEglimedesimoce lo fa sapere con queste parole: « Il progresso in universale deve venire definitoun sueGià pubblicato nella Nuova ,tnlologia, voi. VI , fascicolo Xl, nov,, anno t867,

50

DEL PROGRESSO DELL'UNIVERSO

• ces!ivo incrementodi essere disposto e coordinato al e fine. , 1 Applicandoquest.ade.finzioneall'universo,il nostro filosofone ricava la dottrina di un progresso indefinito.La prova di questa sua teoria si fonda sul doppio concetto del finito e dell'indefinito. Da una parte l'infinito operando fuori di sè .non può produrre un altro infinito, percbè due infiniti sarebbero ripugnanti, e L'unoLimiterebbe l'altro. Dall'altra parte il finito dovendo avere un fine, e questo dovendo essere fuori di lui, ne segue che il finito debba tendere sempre verso il suo fine, mentre il line deve essere sempre inarrivabile. Poste queste premesse ne nasce un avvicinamento sempre continuo del finito verso l'infinito, senza che i due termini potessero giammai combaciarsi. Tale è, secondo il nostro avviso, la somma di tutti gli argomenti del Mamiani.Noi osserviamo prima di tutto che Per lui l'essenza del iìnito non è niente di necessario, perchè l'infinito lo ha Creaio liberamente e, come dice il Mamiani, per stia bontà. Da questo principio deriva che la finalità del "tfuito non si trova più nella sua nozione medesima, ma bensì nella determinazione arbitraria che ne fa l'infinito. Questo difetto si distende in tutta la teoria del progresso, e lo lascia indeterminato e senza vero fine. Quando, difatti, il Mamiani dice che il fine del finito è l'infinito, egli è cert.amente logico secondo i suoi principii, perchè il finito no_n - avendo una nozione propria deve necessariamente r~t lizzare quella di un altro. Ora si può chiamare ·qriesia,.. uria vera finalità? Il fine vero di una cosa non è già un'altra cosa che dal di fuori la circoscriva, ma bensl la su11propria forma che internamer..te la determina in

7at.~

• Con(usioni.di un Neta(uico, Vol. Il, p:ig.

SECONDO IL MANlANI.

questo modo o in quest'altro. La limitazione esterna vi è pure, ma è accidentale, potrebbe essere questa come un'altra; la vera limitazione è ·quella che rampolla dal• l'interno medesimo della cosa. L'infinito considerato verso il finito è un esterno; dµnque non è, nè può essere la vera finalità del finito. E che non possa esserlo si vede anche da ciò, che il finito, per quanti sforzi faccia a raggiugnere l'infinito, non vi riesce mai. Se dun·que•il fine del finito consistesse veramente-nell'infinito, in fondo in fondo questo fine sarebbe il nulla. Il finito, secondo la dottrina m~esima del Mamiani, è l'opposto dell'infinito; nè si può dire che abbiano altro di comune se non l' assoluta negazione, e di loro non si può dire altro che questo: il finito non è l' infinito. Un fine che non si può conseguire non è un fine vero. ma invece è la privazione di ogni fine.·I filosofi perciò, fino dai tempi di Aristotile, hanno sempre distinto l'infinito dall'indefinito; ed il Mamiani conosce benissimo questa distinzione, ma nella teoria del progresso viene a confonderli insieme. Quando il tìne non è concreto e conseguibile, e si pone al contrariò ad una iµflnila dista11zadal\' essere che dovrebbe conseguirlo, il progresso diventa illusorio, ed in realtà si toglie del tutto. Se il fine della creatura è di arrivare a Dio: se Dio è infinitamente lontano sl dalle creature infime come dalle supreme, tutte egualmente si troveranno lontane da lui. Il dire che una è più vicina o è più lontana non ha senso, perchè nell'infinita distanza, in cui tutti Sono, non vi c3.denè più nè meno. I mistici, i quali partivano

69

DEL

,p"noom:ssoDEl.L'

UNIVERSO

tia questo concelto d'infinita lontananza da Dio, non avevano difficoltàdi considerare l'uomo come un verme, o come una foglia, o come qualuoque altra cosa di piecol pregio. Dopo avere· stabilito l'infinito come fine del tutto, dopo avere collocato questo infinito al di- fuori dell'universo ed in un'altezza inaccessibile, ogni gerarchia sparisce, e tutti i gradi si trovano livellati insieme, come ad una grande distanza le montagne sem.brano adeguarsi alle valli. A parer nostro dunque due gravi inconvenienti s'incontrano nella teoria del Mamiani. Uno nella intrinseca nullità del flniio; l' allro nella inaccessibilità del fine. Benchè però in forza de' suoi principii egli sarebbe stato costretto a non riconoscere nessuna gradazione tra gli esseri finiti, nondimeno molto accuratamente ha distinto il progresso della natura inorganica da quello dell11. vita razionale. 11primo è un progresso tutlo esteripre e soltanto quantitativo, il quale si attua per la sola moltiplicazione degli atti: il secondo per contrario è interiore e migliora sempre più la qualità degli esseri razionali. Per Mamiani la sempre crescente partecipazione al bene assoluto costituisce il vero fondamento del progresso. Io sono d'accordo con lui nell'anteporre il Lene al semplice sapere teoretico; ma però credo che il bene sia anch'esso un pensiero, perocchè questo non è soltanto speculazione, ma pratica e moralità. Dico ciò perchè mi è sembrato che il pensiero sia stato da lui riguardato come semplice e sterile sapere; onde ha bia-

,imato quelli « i quali chiudonotu·tto iuom~ bel solo • pensiero;•, 1 . Il verO"pensiero non solo.è sape~t:-maè pui:e-far~ Del progressQdella vita razionale nell'universo ii Mami~niassegnaOllaprov.aspeciale, che chiama psicologica, e .consistenell'aspirazioneil1finita.verso·~lbe.ne, la quale.non potendo essere un'illusione, bisogna:che abbia un t~rmine adeguato._ _ Questa"provaè stata àdottata aure _yotte.ed eraformulata dagli antièl1i in.quell'adagio-,che la natura non può desiderareniente invano.Questa prova mi pare: ancora insufficiente.L'essenzamedesima·del desiderio •impor.lail Selltiredi c~ntinu~ il difetto-di·qualchec~sa, e dopo es.Sere.stato appagato rin.isce_-.come-desiderio di altra cosa.Da-ciònon si pilò inferire l'infinitàdéll'og• gett9 a cui tende percl~èdi quest9desider!oinappagabile sonoforniti anche gli stessi animai~bruti, i quali non si pul.idit_echè tendano ad un oEgeuo infinito; L' inll_Iirlà dunque si trova nella tendenza subbiettiva,-non giàitnel• terffiineobbiettivò,.per.chèOgnitermine ob.bÌettiv~. rie-. sce sempre m.iooi:e.della tendenzae perciò incapacedi riempierla. • Qui· si potrebbe ~bbiettareche q_ues~a .incapacità•di appagareIQ.. tendenza del desiderio è proprià degli.oK-• getti naturali, IJla non di Dio, il quale èssendoinfinito non solo ~a~ta_ a_colmare ognj tendenza, _maanzi ~e-s.o• pravanza tutt~. Questa difficoltàsi fonda nel crede_reche la tendenza è posta, e,creata·aall'oggetlo, e non al contrarlo che I' oggetto sia posto dalla tep.denza.tnche aminesso 1

Opera citata I pag. 764,

.,.

M,

DEL P,~OORESSO DELL' UNl'li'.E~SO

• per poco -che ia tencÌew i~tìnita• si svegli3sse • in: noi dall'·apprensione dell'.infinito .oggetto:_cOwe si• spiegbe• rebbe poi la medesima tendenza infinita; inappagabile, che si. manifesta· negli animali irragionevoli, i qu~li cer• la.mente non concepiscono l'infinito oggelto't Il de~ide• rio è ~unque infinito come tenden~a, •non già pe11thè sia in lìnito• I' oggello a cui tenùe. In tutta la natura. si manifesta questo infinito sforzo, non ostante.che gli og• getd -nah1rali_siano tutti finiti. li vero infinito non è nessun ogge~to, ma· è la lelaziont! .Universale di tatti i ..finiti. • Dopo aver~ concepito Dio come un essere infinito posto fuori dèll'universo,_ e verso cu·i tutti gli ess~ri non banno afouo3.proporzione, come ha fatto il nostro illustre filosofo. era .beu neee5sario .concepire il progresso Come v.b continuo ma sfortupato-sforzo di avvicinarsi a quel• l'essere in cu·i risiede ogni perfeZione e dal quale, non os·Lante.tutti- i nostri sforzi~ resteremo pur sempre in• finitamente lontani. • Nel leggere la teoria del progresso cosl ·bene· de• 5C:rittadal mio valoroso amico, mi sono risovvenuta di una delle statue veduta da me, qualche annq fa nel• l'~sposizione di Firenze, che rappresentava la pietosa favola di Clizia. L'amorosa e sventurata g.ipvinelia•se ne stna.sdrajata ·per terra guardando in allo con occhi cupidi ed :ardetJ.tiil su_oceleste amante senza poterlo at• t\rate a sè .e appagare i suoi l'oli. Quella Cliiia è lo spifilo umano, qnel sole è il Dio infinito verso il quale tendiamo sempre con inutili sforzi . . Sel'uomo nonsape~se verso qual meta si dirige, egli errerebbe a caso, e non sarebbe progresso, ~a svia-

SECONDO IL llUUANl.

55

~n~o. Se.poi SaPf:SSe la.meta; .m: ~Ve§secert~zza di non poterla raggiugner_e,sarebbe fo)Ua·it camminarè • verso di essa. Dall'3.ltra·parte se la mèta foss_e cosi~assa• e cosi-vicina, il suo progresso sarebbe cosa di" poc·o -momento,nè si. richiederebbeqÙellaportentosaattivilà • di cui jl pensiel'oumano è dotato. ·t A-·me seqibra adunque che l'ideale di noi mede·sinii sia la meta alla quale c'._indirizziamO: ideale ctie sì va realizzandosempre più,.•ma.che venendonella realtà, e perciò cadendo·sotto le accidentaiitàdella natura rilllane sempl'e·inferiore del"concepitomodello:." Qnant&" più l'uomo _siadèl.entra.uella cognizionedi se medesimo, tanto.pi~ il su.oi~c;ilesi Va facendo'per(etto;e in.oltr.e quan&c(piùegli riesce a domare le forze naturali ed· a sottrarsi·perciò sempre più "alloro fataleinflu"Sso, tantò più.da v_icin_o ~i.a~osta 31:~u.o interno ideale.La scienza 8 la moralità, Cio~!a·.ton&apevolezza della ragiqne e Jii" sua eccenenzar~cono,c;tulaal .di sopra di tutte le forze natQrali, cÒstitubconO ~ it. fondamen.todel proS'resso. L'uomo dunque non tende ad accostarsiad un e~ere esterno, io.abeasi ad esplicareil suo interho contenuto. L'uomo mettequ~t .~uo ideale al di sppra di ogni cosa e ue fa il suo Dio: percìò vediamo che quanto più è sviluppato il suo i)ensiel'O", ianto più è eccellente il· concettoche egli si forma della