Sulla riproduzione della capacità umana vivente. L'industrializzazione della soggettività

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Sulla riproduzione della capacità umana vivente. L'industrializzazione della soggettività

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Romano Alquati

Sulla riproduzione della capacità umana

• vivente

L'industrializzazione della soggettività

Introduzione. Per leggere Alquati Archivio Romano Alquati 1

Con Sulla riproduzione della capacità umana vivente (di seguito, La riproduzione), testo inedito del 2002, l'Archivio Alquati e DeriveApprodi inaugurano un percorso di pubblicazione degli scritti del sociologo e militante politico Romano Alquati (1935-2010), a oltre dieci anni dalla sua scomparsa. Chi era Romano Alquati? Alcuni lo conosceranno per la militanza operaista negli anni Sessanta, per la pratica della «conricerca»2, per l'elaborazione di concetti chiave come «operaio massa» e «composizione di classe», per i suoi articoli su «Quaderni rossi» e «Classe operaia», successivamente raccolti nel fondamentale volume Sulla Fiat e altri scritti (1975). Dell'operaismo politico è stato una figura centrale, al punto che è difficile pensare quella straordinaria esperienza senza Alquati3• Meno noto, ma altrettanto im1 / L'Archivio Romano Alquati è un gruppo di lavoro, costituito da militanti, allievi e ricercatori sociali, finalizzato al reperimento, raccolta e sistemazione di testi, interventi, appunti, lettere, registrazioni e dei variegati materiali esistenti di e su Alquati Lo scopo è quello di renderli accessibili, sia tramite pubblicazioni editoriali sia attraverso un sito di prossima costruzione. 2/ Ad Alquati è spesso attribuita la paternità della «conricerca» operaista degli anni Cinquanta e Sessanta, ruolo rispetto al quale egli aveva un atteggiamento cauto. sia per i travisamenti legati all'impiego di questa categoria sia per l'uso sostanzialmente depoliticizzato che molti ne fecero in seguito, riducendola ad «accattivant~ tecnica di inchiesta sociologica. Soprattutto, Alquati era categorico nel negare alla figura di Raniero Panzieri (contestando alcune ricostruzioni che accreditavano tale lega.me) un qualsivoglia coinvolgimento nella pratica tutta politica della conricerca, che nella sua cartografia attribuiva - tenuto conto delle differenti impostazioni e soprattutto finalità politiche - a un «triangolo» che aveva i suoi vertici nel gruppo legato al sociologo Alessandro Pizzorno, nella figura di Danilo Montaldi - fonda.mentale per la~ formazione - e nel gruppo da egli stesso promosso, a Torino, a ridosso dell'~rienza dei «Quaderni rossi». Questi temi sono stati esplicitati in particolare n~ volume Camminando per realizzare un sogno comune (Velleità alternati~. Torino 1994). J / Per sostenere questa tesi è sufficiente leggere le pagine a lui dedica~ da Toni Nf:gri nel suo primo volume autobiografico Storia di un comunista {Ponte alle gr.a.z.ic. Mi~ lano 2015). Altrettanto rilevante, diremmo fondamentale ~r posizionare b figllr.l di

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portante, è il suo percorso di ricerca degli anni Settanta sull'industrializzazione dell'università e della formazione. la nascita di un «proletariato intellettuale)) e dell'«operaio sociale» ◄. Quasi sconosciuti. invece. sono i suoi contributi dagli anni Ottanta fino ai primi Duemila. quando fu colpito dalla malattia che gli impedl di proseguire l'attività. L'opera di Alquati è un'Atlantide in buona parte da far emergere: la gran parte dei suoi scritti maturi è infatti inedita o è circolata in circuiti ristretti. Negli ultimi anni, tuttavia, alcune sue elaborazioni hanno cominciato a essere riprese e discusse, mentre vari ricercatori e militanti- che l'hanno direttamente conosciuto o l'hanno studiato - hanno intrapreso percorsi seminariali. In questo quadro si colloca l'impresa di pubblicazione e ripubblicazione dei suoi volumi. inediti o già editi 5• La scommessa che anima questa iniziativa non è solo volta a rendere merito a una figura di maestro e ricercatore militante, ma soprattutto a scoprire un giacimento di ipotesi forse più attuali oggi di quando sono state scritte. Per quali ragioni, nella scelta dei testi, si è deciso di aprire questo percorso con La riproduzione? Rinviando alla Postfazione per una più profonda disamina delle proposte teoriche e delle implicazioni politiche di questo scritto, è preliminarmente utile collocarlo nel percorso di ricerca dell'autore, richiamare il contesto culturale e politico in cui è stato prodotto, anticiparne alcuni spunti salienti.

A1qua:ti orll'opcra.ismo politico dei primi anni Sessanta, è il saggio del 2001 n bandolo 4dio mcwmu del politologo Damiano Palano, che ricostruisce con rigore la «carriera» dei amcetto di ccomposizione di classe», giustamente ritenuta fondativa del filone teoria> dell'operaismo e che correttamente attribuisce, nella sua formulazione originaria. aJ cootributo di Alquati (in D. Palano, n bandolo della matassa. Forza lavoro, composizione di dosse, capitale sociale: note sul metodo dell'inchiesta (2001), ora in Id., n baiulalo della motasso. Pensiero critico nella società senza centro, Multimedia Publishmg. Milano .2009); si veda anche S. Wright, L'assalto al cielo. Per una storia deU'operaiaso. Edizioni Alegre. Roma 2008. , J Si 1led.a in particolare L'università e la formazione. L'incorporamento del sapere sociale nd looroPiw. •Aut~. n. 154, luglio-agosto 1976; insieme a N. Negri e A. Sormaoo. ~ di uto ,mdi ~ non per sé.

movimenti e della lotta per una grande politica piuttosto rivoluzionaria? Per qualcosa come un altro e nuovo comunismo 6 ? Ripeto. il capitalismo è pure un modo di sopravvivere. una civiltà. Se non se n·è proprio tanto contenti, in varie minoranze. si pensa che debba o possa essere combattuto, cambiato, solo da fuori dei suoi rapporti? O si vuole fuggire altrove, magari nel protocapitalismo che circonda l'Occidente con residuali isole di civiltà contadina7? C'è una ripresa del terzomondismo di fuga? n vecchio comunismo operaio dei professionali, di proletariato operaio dei mestieri, e poi quello embrionale dell'operaio massa sono fuori gioco, soprattutto col loro vecchio linguaggio, con certe loro topiche, col loro immaginario e simbolicità. Ma non è proprio il caso di piangere o di storcere la bocca. L'iperproletariato. nella sua nuova composizione, ha non del tutto esigue minoranze nuove che nella moltitudine soggettiva talora riescono a esprimere una maggiore radicalità che non il nostro vecchio e residuale movimento operaio degli anni Sessanta e Settanta, ancora impregnato dal vecchio socialcomunismo operaio, naufragato nel socialismo reale statalista e proletarista. Quelli, almeno in quell'inizio dove li hanno fermati, ci giravano intorno; invece questi iperproletari di oggi. almeno a parole, talvolta sembrano voler andare direttamente alle radici internazionali delle grandi questioni strategiche del capitalismo e della sua accumulazione di dominio e di tecnoscienza~ curvata nell'uso capitalistico e della sua religione tendenzialmente universale (proprio malgrado i fondamentalismi). Ma l'iperproletariato è pur sempre almeno una classe, almeno o piuttosto «oggettiv~. in se stessa, ben più che per se stessa? Tuttavia esiste ancora una grande-classe-parte nuova o una forza sociale capace di configurare una dualità, o di consentire eventuale contro-lavoro politico verso ciò che qui ho esplorato? Consentendoci pertanto di muoverla in qualche modo pure per se stessa, in autonomia, o volendo farlo? Oppure oggi dobbiamo guardare ad altro, o limitarci a voler eliminare qualche negatività minore, e per il resto compiacerci? In fondo questo è il sistema sociale che anche noi abbiamo voluto, salvo dettagli? Un'ipotesi è che adesso vadano emergendo davvero certe condizioni di qualcosa come un nuovo comunismo plurale di ceto medio iperproletario, a partire dall'autoriproduzione diversa, nel lavoro 6/ Benché si sia bruciato il nome? 7/

Come proponeva Lin Biao.

trasversale odierno e nella compresenza dei non contemporanei, soprattutto soggettivi. Nei prossimi vent'anni qui in Occidente, se non aspettate che vengano a «liberarvi» da fuori quelli del Terzo mondo, oppure gli operai cinesi, indiani o indonesiani miracolosamente usciti da soli dal labirinto della cosalità e dalla condivisione dei capisaldi ideologici comuni alla borghesia, vi resta solo il sogno (o la profezia?) di una nuova rivoluzione in qualche modo significativo anticapitalistica di questo che chiamo ceto medio iperproletario occidentale, e soprattutto di quello incluso nel nuovo proletariato, e nelle nuove contraddizioni scaricate su di esso - se si può ancora parlare di proletariato, nuovo o iper. Come forza di riproduzione e autoriproduzione di capacità-umana-vivente singolare e collettiva? O almeno per un grande riformismo che cominci a muoversi qui sopra, verso una nuova ondata rivoluzionaria adesso forse allo stato nascente? O per di qui o tanti saluti? Il continuismo ha respiro corto: bisognava proprio saper morire per rinascere diversi. Gli zombie sono nostri nemici: vogliono portarci con loro nei sepolcri. Lotta sulla formazione, sulla ricreazione/restauro della capacità-umana-vivente, sul piacere, ma non solo questo. La moltitudine anche soggettiva ha magari certi nodi di maggior forza anche oggettiva? Rispetto a ciò questo testo è un pezzo di un discorso che ha almeno potenzialmente un respiro strategico. Mi pare che non sia difficile tradurlo sperimentalmente su un piano tattico e pratico. C'è di nuovo in giro, perfino in Italia, nella moltitudine soggettiva e nell'odierna classe oggettiva, una vasta minoranza che converge pure nel dire e finanche nel gridare che è ancora possibile pensare a un mondo diverso da questo, progettare una nuova e diversa società. Qui la nostra riproduzione è uno dei nodi su cui riflettere, cercare e conricercare per questo progettare plurale. Conricercare soprattutto su rivoluzione, comunismo e transizione. Da anni sto riscontrando l'ipotesi che tutto il nostro agire in questa società è lavoro capitalistico, nella totale indifferenza e disinteresse dei «compagni». Se è lavoro tutto il nostro mantenerci in sopravvivenza, e tutta la nostra stessa sopravvivenza, e lavorativa è la capacità di sopravvivere che diamo all'accumulare capitale, possiamo anche ricavarne forza per strappare una vita completamente diversa? Intanto senza esplorazione politica del lavoro-umano di consumo come lavoro-specifico non si va lontano.

Appendice

Produzione e riproduzione 1.

Abbiamo già visto, con molte ripetizioni, qualcosa dell'interazione sottostante e orizzontale tra produzione/artefattura delle utilità-comuni e riproduzione della solita capacità-umana-vivente: tra lavoro-umano-specifico di produzione/artefattura e lavoro-umano-specifico-di-consumo-finale riproduttivo; orizzontalmente, allo stesso livello medio-basso. Questo è stato un leitmotiv in questo testo, proprio per ciò ora considero questo paragrafo un riepilogo fuori testo. Risalendo da qui al punto già accennato di considerazione critica dell'affermazione, ora frequente ma da dubitare assai, che «oggi non c'è più distinzione tra produzione e riproduzione». Come si è già intravisto, io sostengo - esplorando ipoteticamente - che questo non è vero, da più punti di vista. Il fatto è che le parole (produzione e riproduzione) hanno vari e diversi significati. Innanzitutto, molti intendono dire con questa battuta incauta che oggi tutto è produttivo e quindi lo è sempre anche la riproduzione, senza granché riflettere nel merito del riprodurre capacità-lavorativa-umana. Ma intanto: è vero che oggi «tutto è produttivo»? In senso proprio no. Se produttivo vuol dire remunerativo, che rende più di quel che costa a chi investe, redditivo di capitale. «Produttivo» con la maiuscola, allora non è affatto vero che adesso tutto rende all'investitore più di quel che gli costa. No, per niente. È ancora facile perdere soldi per investimenti sbagliati, anche in riproduzione di capaàtà-umana-vivente. Anche la riproduzione può avvenire in rosso per uno o più investitori: nel riprodurre capacità-lavorativa-umana possiamo perderci, srnenarà, in soldi. in energia, in tempo. Il semplice fatto che le possibilità sono due (guadagnarci o perderci) e non c'è solo quella positiva, à dice che l'affermazione suddetta è spesso falsa. Dunque, ribadisco che oggi non tutto è in sé produttivo in senso proprio. C'è pure una riproduzione di capacità-umana-vivente che può costare più dì quel che rende: sia a uno o a entrambi i due partner interni che fanno il 175

lavoro-di-consumo-finale-riproduttivo, sia a un terzo (il capitalista, cli norma) che di solito ha cofinanziato questo lavoro di consumo riproduttivo e poi impiega la capacità-umana ottenuta in produzioni e vendite di altre merci. O alla società. Dipende dai livelli. Quindi. c'è anche una riproduzione di capacità-umana-vivente improduttiva: da ridurre ed eliminare, perché per il nostro sistema può essere un intollerabile spreco. L'affermazione suddetta è di nuo,·o proprio falsa! Questo è il nodo forse principale in cui si deve scavare. Qui qualche problemino teorico o interpretativo può venire dall'identificazione di questo investitore, dal fatto che spesso ci sono diversi investitori a diversi livelli di realtà e magari bisogna specificare: produttivo esattamente per chi, per quale investitore? Tutta,ia, in senso improprio molti intendono spesso dire «produttiYo» solo nel significato (diverso, qui sostanzialmente errato e comunque sottostante) di utile per chi compra, che serve a qualcosa. almeno che ha un valore d'uso per chi offre e vende; o magari che ha un'utilità sociale, nel significato cli utile in e a questa società- per qualche suo aspetto. Però oggi magari talora si producono ancora cose, prestazioni, rapporti e scambi che sono inutili in ogni senso, perfino al realizzo di sovrappiù. Pertanto non proprio tutto ciò che si produce è utile. Ma qui quel che ora ci interessa è che :nemmeno la riproduzione della nostra capacità è sempre apriori utile. Produrre ad esempio capacità-lavorativa umana obsoleta non dà nulla a chi lo fa. Dipende. Di nuovo, se le possibilità sono due l'affermazione non è vera. Diversamente stanno le cose se, come normalmente avviene, si artefanno o si producono (con la minuscola) proprio delle effettive utilità/valori d'uso, o almeno certe potenzialità di ciò: cose utili almeno a chi le fa, magari nel senso che ci prova gusto. Allora, in questo caso «speciale» ma normale, bisogna salire un poco più sopra e vedere se l'investimento in quel produrre utilità differenti rende (a chi?) più di quel che costa oppure no. Questo costare magari non si intende solo in senso strettamente economico. Le cose si complica.no ma non diventano un indecifrabile groviglio. Dipende. Produttivo allora perché produce, con la minuscola, utilità o anche valori d'uso di merci di fatto: vendibili, che poi magari si possono vendere/affittare con guadagno? Ossia ricavando dall'affitto/vendita (o magari anche da certi successivi usi) più di quel che sono costate? Si, ma allora e soltanto allora subentra la redditività: pertanto Produttive perché, soltanto cosi vendute, affittate

o usate con guadagno, le utilità differenti possono rendere più di quel che sono costate, e c'è un incremento della ricchezza iniziale, come contenuto di capitale. Incremento che tuttavia non derivi da formazione di capacità-umana-vivente perché questo è un sub-caso specialissimo: bisogna tenere distinta la Produttività da11a formazione di capacità-umana, sebbene quest'ultima spesso vi sia inclusa, anche come il dare e crescere la vita umana, e appunto la sua capacità. Però il rivendibile con guadagno è un'altra cosa. La regola più generale è: produciamo tutti capacità-umana-vivente in mercità per affittarla, scambiarla, venderla vantaggiosamente. Che la riproduzione sia uguale al nostro Produrre con guadagno è il nostro comune sogno di iperproletari di fatto salariati, ma questo non ci è affatto garantito in partenza. Per quanto rilevanti le potenzialità restano da realizzare! Pertanto è meglio chiamare l'utile-differente «utile (differente)» e tenere la parola «produttivo,. per altri referenti un poco soprastanti, per altri significati meno bassi. Ma, ripeto, la riproduzione di capacità-umana-vivente coincide con il produrre una redditività qualsiasi? A mio parere no. Solo potenzialità. Comunque si deve raffrontare la riproduzione di capacità-umana-vivente a questa situazione e processo per cui qualcosa rende più di quel che costa. E ciò sappiamo già che ci rimanda anche alla questione delle risorse, appunto potenzianti, alla capacità-umana come risorsa calda in mercificazione che pure potenzia il lavoro, trasversale, se si combina con la potenza essa pure potenziale dei mezzi. Potenza potenziale e produttività. Pertanto potenziando la produzione di capacità potenziante può rendere alla fine più di quello che complessivamente è costata. Tuttavia la sua utilità-differente di risorsa calda non è qualsiasi. C'è da distinguere.

Frammentariamente più dentro Abbiamo così di nuovo intravisto che per poter approfondire questo punto bisogna anche ritornare ai diversi concetti di Produzione e di Produttività già incontrati nella prima parte di Nella società industriale d'oggi. Replico: nel mio linguaggio in primo luogo Produzione con la maiuscola è Produzione di capitale: di tutta e qualsiasi ricchezza volete, ma come contenuto di capitale. in significato alto (e cosl anche quando s'intende produzione di merci. e qltind.i dì valore in esse contenuto, da realizzare e capitalizzare). Cosi in qu~ sto senso alto la Produttività è la capacità di valorizzlre capitJ.l~. ~

Produttivo vuo] dire che valorizza capitale. Poi però, appena p1ù sotto, diciamo a un raggio medio-aJto, abbiamo visto che produttivo è ciò che, incJuso neJ1a Produzione di capitale, rende più di quel che costa e che cosi dà un sovrappiù, reaJizzabilt:: pure in un plusvalore. Con que] sovrappiù, incrementa e valorizza capitale: è cir>(: contenuto di incremento di capitale. Così possiamo sa:.--ndere fino a dire produttivo ne] significato classico: un lavoro o un Javoratort:specifico artefà o produce utiJità di merci vendibili Ja cui artefattura o produzione, reaJizzando sovrappiù ne11a vendita o nell'affitto, alJa fine reaJizza questo rendere più di que1 che costa. Si ripn.1p011e Ja classica questione de11'origine de] sovrappiù di capitale• e anche Ja sua cJassica soluzione, aJmeno fino a un certo punto. AIJora in primo luogo ]'affermazione precedente verso l'alt.o vorrebbe dire che oggi non c'è più distinzione tra una riproduzione che va]orizza capitale e una che non lo valorizza, ma solo riproduce, forma, una capacità-umana-vivente che non è necessariamente sempre contenuto di capitale? No, quest'affermazione non è vera. Se la ricchezza di capacità-umana non indude quest'ultima come contenuto di capitale, il riprodurla non lo incrementa sempre. Al contrario, ci sono ancora in talune pieghe del sistema capacità-attive-umane-viventi erogate per conseguire fini del tutto autonomi: ci interessa pccuJiarmente che si riproduca capacità-vivente utiJc al lavoratore-di-consumo ma non al capitaHsta, perché questa riproduzione davvero autonoma non incrementa capitale. Questo però è molto raro: è iJ sogno, ]'utopia di alcuni e soprattutto di alcune. Nella sua rarità ciò è comunque significativo per noi, proprio perché qui la Produzione (di capitale) non c'è. Comunque, è un caso che smentisce l'affermazione suddetta falsificandola perché cosl non c'è Produzione ma solo produzione; ripeto, è purtroppo un caso piuttosto raro o un'ipotesi teorica, non certo la regola generale. Bisognerebbe che questa capacità-umana-vivente in forte mercificazione (scomposta e separata) fosse appunto contenuto di capitale-umano e come tale si incrementasse. Soltanto allora si potrebbe dire non c'è quasi più differenza di funzionalità accumulativa a livelli alti, nell'indifferenziatezza, e solo ll, tra una ri-Produzione che incrementa capitale-umano e una Produzione che valorizza, incrementa, Produce capitale in generale: non ci sarebbe quasi differenza tra una formazione di capacità-lavorativa-umana-mere.e e 1/

Abbastanza in termini di teoria del valore-lavoro?

una valorizzazione di capitale in generale. Qualunque sia più sotto il suo contenuto. Da un lato, ciò è tautologico; vale per tutto quanto perché lì in alto nessuna differenza tra Produzioni (di capitale) conta. Anche nel mio Modellane in alto (come in Marx), nella mercificazione, le merci al secondo livel1o di realtà sociale sistemica specifica della Produzione di capitale (e dunque di valorizzazione del capitale), al Meta-livello e dunque nella fascia alta, sono per definizione indifferenziate qualitativamente e indifferenti alla differenza-utile qualitativa che includono, tanto più come risorse-merce di produzione di capitale: come il lavoro indifferenziato e soltanto quantitativo che ne ca-Produce appunto il valore-capitale. Dall'altro lato, qui il capitale-umano ha solo una potenzialità accumulativa: questo è il punto. In alto, al Meta-livello (secondo-livello gerarchico della piramide rappresentativa delJa nostra società-specifica), nella mia ipotesi e in quella classica contano le merci (anche la capacità-lavorativa-umana-merce) esclusivamente come ricettacoli di quantità di valore (o magari di cosiddetto valore di scambio) capitalizzato-capitalizzando, indifferente a ogni differenza qualitativa e quindi anche al sottostante valore d'uso differente ri-produttivo di capacità-umana che include. Qui in alto c'è Produzione ma conta solo la differenza di quantità. A questi livelli alti di realtà sociale specifica il valore d'uso, utile-differente, non c'è, per cui qui non ha senso parlare di riproduzione o altro distinguendo qualità-utili del valore d'uso, anche quando è riproduttivo però cosi differenziato, differente, tale solo a livelli sottostanti e inclusi in quelli alti A meno che per produzione non si intenda, con la minuscola, l'artefattura dei prodotti/merce {anche come produzione di utilità calda di servizi riproduttivi di capacità-lavorativa-umana-vivente). Benché i confini orizzontali tra i grandi-ambiti si vadano facendo labili, la dichiarazione incauta di uguaglianza (tra produzione/ artefattura di utilità e riproduzione di capacità-umana-vivente) è tuttora piuttosto falsa. Al medio raggio e in modo crescente più giù, c'è ancora notevole differenza tra produrre merci comuni e produrre la merce specialissima forza-lavoro-umana. Proprio in quanto è tuttora non comune ma specialissima per noi, sia come risorsa calda sia nella sua peculiare utilità e significato2 • Cosl ricadiamo nell'altra interazione già trattata, riproduzione-artefattura.

2/ E poi questo lo si sente neU'amministrare l'insieme correggendo il mercato e ri• mediando ai suoi difetti. 179

dove per definizione c'è differenza e dunque non è vero che c'è uguaglianza. Scendendo nel suo contenuto sottostante e nell'utilità differente dal medio raggio in giù, il capitale-umano resta differente dal capitale in generale, perché ne è una parte particolare: quella parte specialissima d1e si riproduce stando dentro i corpi-umani-viventi interi, singoli o collettivi, che siamo noi. Così scendendo il valore d'uso/utilità si distingue, sì differenzia. Comunque tale parte ha certe potenzialità, può essere utile a qualcuno che ha lavorato a riprodurla o a farla riprodurre per accumulare. Ma scendendo non c'è più la Produzione di capitale, indifferenziato, ma incontriamo solo ì suoi contenuti bassi. Allora, se invece intendiamo così non il capitale-umano indifferenziato, bensì la capacità-umana-vivente merce ma differente nei valori-d'uso utili differenti sottostanti, ritorniamo alla relazione e situazione sottostante e orizzontale intravista sopra: produzione con la minuscola di utilità di merci/ consumo-finale-riproduttivo di queste utilità differenti. Torniamo lì. e le due funzioni e ambiti funzionali sono appunto differenti, dunque non uguali. la riproduzione impresìzzata di capacità-umana-vivente diventa a sua volta un luogo importante di Produzione di capitale, almeno come \'.Ùorizzazione di capitale-umano, finanche nella famiglia impresìzzata, partendo dal fatto che vi si fa un lavoro-specifico ìperindustriale che rende più di quel che costa e il sovrappiù si capitalizza; àononostante, Produzione di capitale e riproduzione di capacità-utile-umana stanno in ogni maniera su livelli cli realtà differenti; così sono ancora analiticamente ben distinte. Paragonare Produzione e riproduzione vuol dire paragonare verticalmente ~tità e processi che stanno a livelli di realtà differenti: valore di scambio soprastante con valore d'uso/utilità sottostante. Valore d'uso/utilità sottostante alla Produzione e il lavoro-specifico indifferente e indifferenziato (detto «astratto» dai marxisti) che sta sopra: la riproduzione e formazione di capacità-utile-differente e ì gnndi ambiti di valore d'uso differenti stanno invece sotto; sono inclusi in quella, nella prima, e nel lavoro-indifferenziato e indifferente soprastante: c'è dunque questa relazione di inclusione. e non dì identità. Non c'è dunque uguaglianza.

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Ancora formazione di capacità-lavorativa-umanavivente Sull'altro versante va distinto proprio il caso della formazione, che abbiamo già intravisto. Nel mio modello ipotetico, è la riproduzione allargata della capacità-umana-vivente e il suo incremento come capitale-umano, e capitale/risorsa calda; quando però sia proprio cosi, perché ci sono in giro molte formazioni finte. Piccolo approfondimento problematico già incontrato prima. Anche la forza lavoro, ossia la capacità-umana-lavorativa-vivente mercificata, si include nel capitale tendenzialmente già come il problematico (e controverso) capitale-umano, onde lo stesso riprodurre con incremento forza lavoro o capacità-umana-vivente (ossia il formare) è produrre potenziale capitale come potenziale capitale-umano. Anche inteso come dare vita e capacità, e crescere fanciulli capaci. Ma allora va approfondita questa potenzialità. Come la formazione crea un potenziale che si può realizzare e si realizza come nuovo capitale, ovvero suo incremento3• L'incremento però va usato facendo rendere il tutto più di quel che è costato. Nondimeno sappiamo già che ci può essere anche una formazione che consuma più capacità di quella che produce, ci può essere un incremento di capacità-umana che costa più di quel che rende: formazione diversamente, in verticale, improduttiva. Nella nostra scuola certo non manca. Dal punto di vista capitalistico, generare o allevare una capacità-umana-vivente tanto più merce, che non sia effettivamente valorizzativa e accumulativa, è un grande e immorale spreco. Già spreco d'aria, d'acqua, di alimenti e indumenti, di tempo: oggi non si tollera un consumo-riproduttivo improduttivo!

Altro ancora Prima però si può esplorare la possibilità che il capìtale--umano possa anche essere sia in proprietà sia in possesso del suo contenitore, sviluppatore, erogatore-umano vivente necessario. il quale allora può accumularsi un po' di capitale in quanto è lui il contenitore attivo di capitale-umano: capitalista proletario. la m3ssì.nu J/ Secondo la mi:a definizione, partorire o :illt>,·3~ bambini dì ~'1.ito ~ ,1 ~ ~ftM'n «form:izione»: incrementa cap.acità-um:in:i•\'iwnt\", ,·:il0tt-J1 C.lp.l\.iti--um..1~~, 181

ambiguità e ambivalenza! Oggi di tali ambigui lavoratori ce ne sono tanti e ce ne saranno sempre di più. Siamo tutti imprese. Qui dire che non è vero che è tutto uguale dal medio raggio in giù. come ho affermato. può invece enfatizzare e promuovere un'autonomia almeno potenziale o un'ambivalenza dentro tale capac:ità-umana-,ivente. magari sottratta al lavoro specifico. Allora, come abbiamo intra,isto prima. si mette sul tavolo la possibilità che questa a.pacità-umana-,ivente possa essere utile anche 12 • Persiste dunque un macro-conflitto tra questi grandi ruoli: «Talora la conflittualità, almeno oggettiva, potenziale si manifesta ai bassi livelli perché la contrapposizione tra le due parti è scesa giù. In basso la forma del sistema cambia parecchio e velocemente anche per la lotta tra le due grandi figure/parti, rideterminate. La parte alta del sistema invariata, ma resta relativamente invariata proprio mediante il fortissimo cambiamento sottostante. Il segreto della crescente velocizzazione necessaria scendendo è proprio l'innovazione-specifica, cuore dell'industrialità, inclusa nel capitalismo»13. Anche quando descrive il sistema capitalistico. Alquati ha sempre in mente che può darsi una effettiva autonomia e che esiste una possibilità di liberazione, di ricomposizione di una con11/ Alqw1ti. Dt1ll'i,ulustriolismo, cil. 12/ Alquati. Ndfo sodc:tcl inclustriulc:. cit. ll/ lvi. 207

tro-forza soggettiva. Ma oltre certi limiti questo processo non si dà spontaneamente, abbisogna di progettualità e forme organizzative adeguate capaci di ridefinire un diverso e altro uso delle risorse.

I servizi nella neomodernità Nel testo Alquati analizza e definisce i servizi in rapporto alla riproduzione umana in generale e alla riproduzione della capacità umana in particolare; espone poi le successive trasformazioni delle loro funzioni nelle diverse fasi del capitalismo. In epoche precapitalistiche i servizi sono ambiti di attività svolte da qualcuno a vantaggio di altri agenti umani o entità sociali, quindi per fini altrui. Qui si riscontra un aspetto di alienazione. Al loro sviluppo consegue un ulteriore allargamento e ridefinizione nella divisione sociale del lavoro. Nel capitalismo i servizi vengono ricostruiti e si trasformano notevolmente perché si ridefiniscono nuovi meta-scopi che ne cambiano la funzionalità, il significato, il senso; nell'attuale fase neomoderna, i servizi si sono industrializzati. In particolare, la costruzione di nuovi processi operata dal capitale muta gli aspetti delle prestazioni, e ridefinisce rapporti e ruoli tra gli iperproletari in una trama di lavori funzionali sistemici A livello delle utilità differenti, appare evidente che i servizi diventano merci che permettono particolari fruizioni destinate ai consumatori/utilizzatori finali e riproduttivi. Nella fruizione si danno differenze importanti perché non in tutti i servizi ciò che si trasmette ad altri ha natura intangibile, «talora in certe prestazioni si trasmette magari, insieme al servizio, pure qualcosa di percepibile, di tangibile». In altre prestazioni, invece, «non si percepisce, la sostanza della relazione tra loro, quel che passa dall'uno all'altro (...] in prestazioni ad esempio di cura, spesso non si dà niente di percepibile ma tutto è solo relazionale, e così comunicativo». Alquati si sofferma sul processo di mercificazione dei servizi riproduttivi di capacità umana vivente. La capacità ha due peculiarità distinte: la potenza e la ricchezza. La prima oggi serve più al capitalismo, la seconda è, forse, più indirizzabile verso percorsi di soggettivazione. Per la produzione di servizi il capitale ha bisogno di una capacità flessibile adatta a combinarsi con la scienza, acquisendo anche la dimensione telematica e il lavorare per immagini. Quando il la208

voro riproduttivo viene industrializzato, si ridefinisce e si estende in ambiti differenti; è un lavoro che deve sempre più rispondere alle esigenze di fabbrichizzazione dove la capacità umana è portata a rapportarsi al sistema macchinico organizzativo, che a sua volta pretende una continua e accelerata trasformazione e innovazione di se stesso. Da tempo il sociale si sta trasformando ed è sempre più condizionato da sistemi di macchine che sviluppano organizzazione tecnoscientifica, ridefinenendo la vita e il territorio. La socialità e la socializzazione è già ridefinita coinvolgendo e inserendo i proletari in reti organizzative sempre più complesse che scompongono e poi ricostruiscono competenze e macchine. Nella finalizzazione al profitto e al dominio, imposta dal padrone collettivo assume sempre più un ruolo importante la comunicazione che interscambia non solo tra persone ma tra queste e i macchinari artificiali (e anche tra macchinari e macchinari differenti per funzione e collocazione gerarchica), e di di tele-comando che hanno forti aspetti direttivi, formativi e performativi. Siamo davanti a trasformazioni che richiedono nuove prestazioni e disponibilità ai lavoratori e in generale agli umani coinvolti come attivatori di questi servizi e come consumatori dei prodotti fomiti da questi. Una grande capacità di anticipazione porta Alquati a spiegare quanto in tendenza l'introduzione del taylorismo cambia complessivamente la forma dei servizi. La centralità dell'artificiale innerva anche il sistema dei servizi, caratterizzandosi per uno specifico rapporto con i mezzi, con la tecnoscienza, con la costruzione di un sistema di fabbricazione della società. L'innovazione odierna del macchinario è fatta per l'accumulazione di capitale e di dominio, ma al contempo potrebbe aprirsi a processi di soggettivazione antagonista. Allora lì si pone la questione reciproca della riproduzione di capacità-umana e del suo interagire col dominio capitalistico riuscendo a incidere in quest'ultimo, o cercando efficacemente di farlo; e questo, sottolineo, sarebbe forse il punto di vista su di essa più importante di tutti: politicità-intrinseca e riproduzione, e viceversa riproduzione e politicità-intrinseca1-4.

Alquati si domanda - formulando più ipotesi - quale possa essere una nuova classe soggettiva, quali possano esserne le avanguardie u/ lbid. 209

interne e le forze motrici, quali organizzazioni sarebbero necessarie, come dovrebbe essere un partito di tipo nuovo della classe-parte. Bisogna però chiarire cosa si intende per classe, specificando che cosa cambia e che cosa si ridefinisce ai diversi livelli di realtà. Un'ipotesi potrebbe essere quella di considerare l'emergere di una nuova operaietà, non più manuale ma psichica, relazionale, mentale, che elabora particolari conoscenze. Queste hanno a che fare con una certa scientificità, comunicazione, formazione. Ci sarebbe allora da ripensare la figura dell'operaio sociale. Un'altra ipotesi è quella di considerare l'emergere di una proletarietà non più operaia. Queste due ipotesi non possono essere verificate e arricchite nel dibattito astratto; non si può separare la teoria dalla prassi. Esse devono definirsi come processualità di un progetto concreto agito: funzione del partito che ricompone e potenzia - nel produrre ricchezza - le soggettività politiche che si definiscono nei movimenti conflittuali della classe.

Riproduzione e ruolo delle donne Con l'avanzare della modernità la capacità-umana-vivente si riconfigura progressivamente perché le è richiesto di plasmarsi secondo le contingenze e di avere determinate qualità: la sua principale fonte non è quasi più l'esperienza personale diretta ed empirica, trasmessa per tradizione e per imitazione dell'esperire e del praticare altrui, com'era nell'intersoggettività antica; è invece sempre più la conoscenza tecnoscientifica, la quale ha selezionato per altri fini e trasformato, razionalizzandola.

Nella produzione della merce-servizio cresce l'iperindustrializzazione e cresce ulteriormente la psichicità e l'artigianalità di certi aspetti della riproduzione rinnovati e ridefiniti dalla tecnoscienza. La riproduzione è sempre più lavorizzata in processi in cui prevale la fabbrichizzazione 15• Gli iperproletari sono chiamati e costretti a un particolare lavoro, sempre più combinato con i mezzi che richiede, «per la difficoltà perdurante di macchinizzare prestazioni timiche e intellettuali umane-viventi» di produrre conoscenza in15/ La fabbrichlzzazione è l'imposizione ai processi sociali di una funzione a loro esterna col fine di alimentare i livelli soprastanti. 210

ventiva e di sviluppare maggiormente capacità psichiche, timiche, affettive, cognitive medio-alte. In questi processi c'è un particolare coinvolgimento delle donne. Secondo Alquati le donne sono sempre più centrali nel lavoro riproduttore di capacità umana vivente, che è lavoro relazionale. Con questa espressione si intende che esso avviene non solo in meri rapporti di ruoli ma anche in scambi personali primari, attraverso relazioni. Per Alquati cambia anche i] modo in cui il sistema sociale capitalistico definisce il ruolo delle donne singolarmente e collettivamente nelle sue varie fasi, come le colloca negli ambiti sociali e nei processi produttivi e riproduttivi. La riproduzione era ed è in gran parte fatta dalle donne proletarie. Ci sono tre grandi vie universalmente riconosciute con le quali il patriarcato capitalistico deruba tuttora le donne proletarie e iperproletarie (e con ciò tutto l'iperproletariato): 1) pagare meno il lavoro femminile a parità di prestazioni; 2) collocare il lavoro femminile a gradi della gerarchia più bassi del dovuto, col mancato riconoscimento della qualità e valore della capacità-umana-vivente posseduta ed erogata dalle femmine nelle loro occupazioni e prestazioni; 3) sottopagare moltissimo le prestazioni riproduttive o far finta di non vedere la loro mercità. la loro importanza, il loro valore. E molto spesso le donne accettano.

Si corrisponde meno di quanto il lavoro femroioiJP. vale7 ma poi c'è una seconda modalità, più determinante, in cui si realizza lo sfruttamento che permane e deriva dal modo di appropriarsi. da parte del capitalista collettivo, dell'attività lavorativa. Nel processo di appropriazione tale attività viene svalutata, svuotata. consumata grazie alle modalità in cui è prestata e utilizzata la capacità umana vivente; si tratta di una forma di sottrazione ed espropriazione principalmente qualitative che si aggiunge a quella quantitativa già sottolineata e che dipende dal fatto che le donne collocate al centro del processo riproduttivo (oggi produttivo dì valore). che sono cioè costrette a stare dentro e non all'essere lasciate ai margini. Alquati propone «una distinzione ipotetica tra le donne effettive e le femministe» e afferma che «bisogna ripartire dalle donne effettive, dalla conricerca sulle e con le donne effettive. Capire cosa sono e come sono le donne effettive, e perché. e con che conseguenze». Esplora i cambiamenti. soffermandosi sul muta.re delle ambivalenze, e afferma che si è dato ~,un processo storico dì lungo 211

periodo, di sei o sette secoli, di crescita graduale ma continua del peso e potere delle donne che, ripeto, chiamo donnazione, effettiva e sostanziale». Sottolinea inoltre che «abbiamo condizioni sempre più favorevoli alle donne e strappate da loro, dalle donne effettive: c'è una forza e un potere crescenti delle donne intere ed effettive nel capitalismo. (...] Un nuovo femminismo meno precario dovrà ripartire dal chiedersi cos'è davvero una donna, oggi, conricercare. Ma è proprio vero che il capitalismo con la sua mercificazione della capacità umana e mercantilizzazione dei rapporti pseudo-umani sottomessi al profitto piace alle donne e non ha negatività per loro?».

Militanza come confronto e rigore nella teoria Dalla fine degli anni Cinquanta fino ai primi anni Duemila, nel suo lungo percorso di ricerca e di proposizione politica, Alquati è stato punto di riferimento per numerosi ricercatori e militanti con i quali ha condiviso percorsi e confronti. Altrettanto importanti sono state le interlocuzioni con studiosi e personaggi significativi del secondo Novecento, sia italiani che internazionali: Renato Rozzi, l'amico di una vita, Paolo Caruso, Giovanni Bottaioli, Danilo Montaldi, Franco Fortini, Alessandro Pizzorno, Edgard Morin, Jean-François Lyotard, Cornelius Castoriadis, Daniel Mothé, Raniero Panzieri, Vittorio Rieser, Pier Luigi Gasparotto, Gaspare De Caro, Mario Tronti, Toni Negri, Guido Davide Neri, Karel Kosic, Enrico Filippini, Giairo Daghini, Guido Bianchini, Maria Rosa Dalla Costa, Alisa Del Re, Ferruccio Gambino, Sergio Bologna, Mario Dalmaviva - per citarne solo alcuni. All'Università di Torino Filippo Barbano e Claudio Napoleoni l'hanno chiamato a insegnare Sociologia industriale nella facoltà di Scienze politiche, dove ha collaborato con Massimo Egidi, Andrea Sormano, Marino Guglietti e altri. Vi è rimasto con il ruolo di professore associato, sovente osteggiato dai vertici accademici, ma indirizzando e contribuendo alla formazione di molti allievi che hanno seguito i suoi corsi e discusso le tesi di cui sceglieva di essere relatore. Alquati non si pronuncia mai per il gusto della polemica; cerca invece sempre di comprendere quanto viene proposto da altri autori e interlocutori. Opera continuamente delle scelte, cogliendo quel1o che ritiene sia utile, sottoponendolo a rielaborazione e 212

approfondimento. Anche quando sottolinea le debolezze degli impianti teorici che analizza, lo fa per costruire un discorso differente e trasformare quanto gli appare errato o insufficiente in un punto di vista adeguato ai problemi posti. Complessivamente la stessa sintesi operata nel modello è frutto di questa costante attività di comparazione tra permanenze e variazioni, tra processi in divenire e in via di esaurimento, e soprattutto tra percorsi di trasformazione. Nel confronto con gli altri punti di vista, Alquati esercita dunque la capacità di individuarne gli elementi di forza, mutandoli e ricombinandoli nello sviluppo e nell'approfondimento della sua sintesi. Ripropone nella sua ricerca la stessa tensione alla problematizzazione e al compimento di un salto in avanti. Non si accontenta dell'oggetto definito, è necessario portarlo a un ulteriore passaggio di critica e approfondimento. Alquati ribadiva che la conoscenza va intesa come un'arma sempre riaffilabile e riadattabile da riprendere opportunamente, non è mai esaustiva o definitiva: il punto è quale uso se ne fa, che direzione si traccia, che fine ci si propone. Non è possibile né necessario ricostruire ogni volta ex novo, ci si deve anche avvalere degli elementi già a portata di mano, a patto che questi vengano continuamente messi a verifica, problematizzati ed eventualmente trasformati per uno scopo definito. Perciò Alquati propone percorsi che devono essere capaci sia di piegare le conoscenze, i saperi, le risorse esistenti, riattualizzandoli, ricollocandoli e ridefinendoli, sia di costruirne di nuovi, più adeguati a potenziare le soggettività individuali e collettive per conseguire scopi antagonistici. Cosi fa il padrone collettivo, cosi può e deve fare chi si vuole opporre a esso con progettualità. Con questi presupposti Alquati inserisce nella sua sintesi le osservazioni che dei singoli autori effettivamente gli sono utili. Certo, sceglie, seleziona, si schiera, ma non rinunciando mai alla valutazione e al senso critico. Questo suo impulso a prendere posizione gli consente di muoversi liberamente e criticamente attingendo a più aspetti di differenti discipline. Ribadiva sempre che solo in percorsi concreti si può mirare a definire progressivamente una «scienza altra». Di Marx, per fare un esempio cruciale, intende confermare le categorie e teorizzazioni fondanti che hanno permesso la comprensione dell'essenza della civiltà capitalistica, sostiene la politicità di molti suoi passaggi mentre ne rivisita altri discutendone anche il senso, senza conformarsi ed essere incatenato alla loro perpetuazione deterministica. Allo stesso modo, 213

può trovare i varchi che si aprono nel pensiero di nemici di classe o di avversari teorici per una lettura alternativa. Così le elaborazioni delle scienze sociali, benché sviluppate come conoscenze sistemiche per potenziare l'altro campo, possono diventare diversamente importanti per la costruzione della conoscenza politica antagonista. Alcuni autori rappresentano un punto costante di confronto: dicevamo Marx, ma anche Lenin, oggi da quasi tutti considerato un cane morto, è determinante come artefice di teoria e pratica per il ribaltamento sistemico e la rottura rivoluzionaria. Con il suo pensiero Alquati si confronta intensamente, in modo esplicito o implicito. Dai sociologi statunitensi attinge il metodo e gli strumenti della ricerca sociale: da Robert Merton per i presupposti della teoria del medio raggio, l'attenzione alla latenza, gli approfondimenti delle ricerche sulla scienza; da Randall Collins per la sociologia del conflitto e la comparazione delle teorie e dei modelli sociologici; da Herbert Simon per le scienze dell'artificiale intese come intersecazioni tra biologia, sociologia, linguistica, psicologia ed economia. Alquati valuta, seleziona e gerarchizza le posizioni, considera alcuni autori un costante punto di riferimento e interlocuzione, che permettono la comprensione critica dei livelli alti del sistema capitalistico; altri autori invece rimangono stimolanti per sviluppare e approfondire la comprensione sia dei livelli medi e bassi di realtà sia degli argomenti per i quali il confronto verte su dimensioni e temi contingenti.

Promuovere la conricerca come atteggiamento critico e alternativo Alquati è spesso citato come ideatore della conricerca, tuttavia raramente si è posta sufficiente attenzione al considerare come la intendesse e come la praticò. Distinguendosi da altri, egli propone la conricerca come un insieme di pratiche e di interventi in ambiti sociali che realizzandosi costruiscono importanti differenze in primo luogo politiche. I tratti caratterizzanti sono: chi la promuove, il contesto dove si attua, gli strumenti che impiega, gli scopi e i fini che si vogliono realizzare. Alquati considera e approfondisce alcuni problemi di organizzazione della conricerca e di come que-

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sta possa proporre e attuare adeguate forme di contro-organizzazione negli ambiti di intervento 16• Il conricercare è un intervento continuativo, ridefinito in successive «ondate», attivato consapevolmente da un'avanguardia politica che sceglie di collocarsi per attuare percorsi di aggregazione e ricomposizione in ambiti sociali considerati importanti (baricentrali), perché in essi si presume che esistano le potenzialità e quindi in qualche modo possa avvenire un conflitto rilevante tra parti collettive portatrici di interessi almeno oggettivamente contrapposti. La peculiarità della conricerca alquatiana è nel costruire una cooperazione sinergica tra protagonisti differenti dotati di competenze diversificate, singoli e gruppi già presenti nel contesto, ricercatori e militanti politici esterni che decidono di apportare conoscenze e capacità per far crescere e progredire una progettualità politica. In questo senso la ricerca attiva, muove e trasforma sia il contesto sia i soggetti che vi partecipano. Lo scopo della cooperazione è costruire e formare nuove forze che, sviluppandosi e caratterizzandosi antagonisticamente, sappiano contrapporsi alla realtà sistemica esistente. La conricerca si realizza come agire consapevole e progettualmente condiviso da militanti per costituire un processo di formazione di soggettività individuali e di gruppo, attingendo a potenzialità anche differenti presenti nel contesto sociale così da riprodurre nuove e più avanzate forme di militanza, per ricomporre una soggettività collettiva più forte e allargata. Il conricercare è un processo aperto in avanti, sempre ipotetico, che prevede quindi «una dimensione descrittiva sul come è fatta una realtà, una dimensione esplicativa sul perché è fatta così, e una simulativa che vuole immaginare come potrebbe evolvere e poi prova a prefigurare questo movimento nel futuro» 17• È un processo pratico, flessibile, sempre applicativo: anche quando propone «aspetti di invenzione e innovazione teorica si tratta sempre di teoria applicata», perché occorre possedere il funzionamento del contesto per agire dentro e contro di esso. Ci deve essere chiarezza sul fine strategico e su quali sono i fini subordinati. Altrimenti non emerge il potenziale di questo processo. La conricerca richiede una costruzione e un'applicazione inU./ Cfr. Alquati, Camm~n~ndo per re~lizzare un s~gno c~mune, cit. . I?/ R. Alquari. Elementi di metodologia della conncerchana, manoscritto inedito 1992 _ 215

nanzitutto di conoscenza critica per la produzione di altra conoscenza - senz'altro di parte ma scientifica, da mettere in pratica, perché dice Alquati: La scientificità, nella sua ambivalenza, che va assai meglio capita e ap-

profondita in concreto, dà potenza al conoscere e all'agire. Il suo orientamento come qui lo si propone è strategico; anche nel senso forte dei giochi di strategia con applicazione pure sperimentale di un metodo-atteggiamento, volto a rompere sempre l'equilibrio dell'esistente e alla sua ulteriore trasformazione in altro, ma con un certo riferimento a un contropercorso e a una certa vaga contro-progettazione flessibile e sempre con una certa progettualità e qualche grande scopo, e obbiettivo strategico 18•

Lo scopo dei conricercanti è di acquisire nuova, ulteriore conoscenza più potente, più estesa, più profonda e più aggiornata. Essa non può che essere complessa, molto complessa, anche perché non è solo rivolta a far luce su problemi pratici o anche teorici locali e frammentari, ma perché sono da reinventare, almeno in certe parti, la teoria generale e i modelli organizzativi che da tale teoria sono derivati. Alquati scrive: lo parlo di scientificità nella conricerca e di uso della potenza della scienza: come di qualsiasi mezzo nella sua ulteriore e peculiare ambivalenza. un'inestinta utilizzabilità alternativa dei mezzi. Usare la potenza di capacità per produrre ricchezza di capacità! Ma qui bisogna anche andare oltre, vedendo la scienza stessa come un sistema stratificato. ma che funzioni praticamente per il raggiungimento di certi nostri fini 19_

Il conricercare è anche conoscenza di se stessi e delle proprie potenzialità come soggetti, soggettività collettive, classe. Conoscenza delle dinamiche soàali che muovono ed esprimono forme di contrapposizione, conflitti, lotte, movimenti. Consapevolezza dell'importanza della teoria, per rischiarare l'agire e dare prospettiva alla progettualità. Ritorno alla ricerca nella consapevolezza dell'insufficienza ed erroneità della nostra teoria. Affrontando il nodo del metodo Alquati esplicitamente afferma che: 11/ R-Alquati, Perfan conriarca. Calusca, Pado,-a 1993. 19/

Alqtuti. Bonaui dj metodologia. cit

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Non mi interessano le tecniche, ma semmai il metodo-atteggiamento, inteso come sempre nuova rottura e rilancio in avanti dell'equilibrio o dell'equilibrato neo-costituito, lungo un cammino di conoscenza-liberazione, che sempre riparte riaprendo, rimuovendo per nuove ulteriori aperture. Muovendo sia noi che il contesto/oggetto della conricerca stessa in peculiare reciprocità critica e dialettica (parola bandita dai cretini). Il Metodo si pone quindi come principale contenuto 20 .

Anticipazione Nel suo percorso di militante politico, ricercatore e teorico, Alquati si caratterizza e anche si contrappone ad altri compagni che si sono collocati al vertice dell'operaismo: Panzieri, Tronti e, in misura diversa, Negri. Tra i tanti suoi tratti distintivi sicuramente vanno rimarcati, come già fece Gaspare De Caro 21 , la capacità di anticipazione e la lettura del processo. Si tratta di peculiarità sostanziali che lo rendono unico, perché non intellettualizza mai il suo ricercare sempre finalizzato a una politicità che è al contempo anti-istituzionale e rivolta a scegliere i modi e le forme dell'agire per modificare il divenire. Più volte ripeteva parlando di sé che «è meglio, nonostante tutto, essere sociologi che filosofi». Alquati non ha la pretesa di fornire una visione onnicomprensiva, né di coltivare specialismi. Egli mira a cogliere l'essenziale, svelando perché esso si costituisce con determinate modalità e rapporti, quali forze servono per un'alterità. Alquati ha chiara la necessità di una ricomposizione collettiva. A questo fine, oltre che per carattere, non ha mai cercato di emergere individualmente come leader distributore di certezze rassicuranti ma ingabbianti e condizionanti, di costruirsi come un intellettuale vezzeggiato e acclamato che pensa per gli altri, perseguendo l'edificazione di un «io» sterile e saccente. Per contro, si è sempre collocato e ha lavorato per un «noi collettivo», perché l'elaborazione teorica e la pratica dell'intervento si costituissero su basi sostanziali e durature, da raggiungersi anche faticosamente, non aderendo a mode tanto velleitarie quanto temporanee. Ha mirato a definire una posizione di parte, a rafforzarla criticamente nell'approfondimento, per cogliere alcuni nodi fondamentali e comprendere le relazioni Alquati. Per fare conricerca, ci~. . G. De Caro - E. Grillo. Esperienza storica della rivista Classe operaia, manoscritto inedito 1973. 20/ 21 /

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che Ki danno e si modificano tra di essi. Il concentrarsi su una selezione di clementi sostanziali costituisce il punto di forza delle sue elaborazioni.

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Indice Introduzione. Per leggere Alquati La costruzione del «ModelJone» P 7 • Il libro-macchinetta • Contesto di dibattito P 9 • I1 lavoro di riproduzione P 11

PS P

8

1. Questioni pre-preliminari sulla riproduzione Alcune ipotesi generali P 16 • Società complessiva P 19 • Grandi ambiti P 23 • Dentro i servizi di riproduzione della capacità di lavorare P 32 • Sulla nuova qualità del lavoro iperindustriale P 38 • Qualcos'altro sulla riproduzione del lavorante-umano P 46

P

15

2. Altri frammenti preliminari: servizi in generale

P53

Il terziario come comparto merceologico pattumiera e i servizi P 54 • Classi di servizi P 61 3. Altri frammenti sui servizi riproduttivi Questioni preliminari anticipate: società riproduttiva? p 67 • Capacità-lavorativa-umana-vivente-merce (specialissima) p 72 • Più dentro la ricreazione o restauro di capacità-lavorativavivente P 117 • La solita formazione P 119 • Un pochino di storia: richiamo alcune tappe P 123

p67

4. Nel terzo momento: in Italia ed Europa, americanizzazione? pl]J Iperindustrializzazione dei servizi riproduttivi p 137 • Riarticolazione dei cicli dì riproduzione P 138 • Decentramento odierno (seconda fase di impresizzazione) di sotto-funzioni riproduttive P 140 • Verso l'alto, terza fase: «impresizza.zione» interna ed esterna P 142 • Più dentro la razionalizzazione dei servizi riproduttivi pubblici P 144 • Parentesi: altro ancora, nella terza fase P 144 • Politica e servizi riproduttivi p 1S7 5. Breve morale di questa favola

P16S

Appendice Produzione e riproduzione Frammentariamente più dentro P 177 • Ancora formazione di capacità-lavorativa-umana-vivente P 181 • Altro ancora p 181 1.

P175

2.

Donnazione e crisi dei femminismi

P

183

P

189

Lo specifico psichico femminile? r 183 • li patriarcato r 184 • Femminismi r 186 • Un nuovo femminismo plurale ma rivoluzionario? r 188

Postfazione. Dentro il